La comunità “Stella del Mattino” prende forma nell’autunno del 1987 per iniziativa di un gruppo di monaci buddisti zen italiani e giapponesi. Nell’ottobre del 1987, dopo un lungo periodo di residenza nel monastero Antaiji, in Giappone, tre monaci italiani seguendo l’indicazione del loro maestro e abate del monastero, organizzano il ritorno in Italia per continuare nel proprio Paese il cammino religioso. L’abate, Watanabe Kōhō, decide di unirsi a loro assieme a un altro monaco giapponese. Prima della partenza dal Giappone si cerca allora un amico referente cattolico con cui iniziare un dialogo serio e costruttivo, e viene chiesto al responsabile per il dialogo della diocesi di Tokyo (un gesuita spagnolo, all’epoca) di indicare una persona adatta per questo abbozzo di progetto: viene così indicato il padre saveriano Luciano Mazzocchi, per vent’anni missionario in Giappone e particolarmente sensibile al tema del dialogo con il buddismo zen nella forma di esperienza diretta da condividere. Rientrato in Italia il gruppo approfondisce i contatti -sino allora telefonici ed epistolari- con padre Mazzocchi e un progetto comincia a prendere forma: nel 1988 il gruppo decide di dar vita ad una associazione che rappresenti la comunità, e viene scelto il nome di “Stella del Mattino – comunità buddista zen italiana”. L’intenzione del gruppo fondatore è quella di dar vita ad una comunità buddista, zen, che non sia chiusa in se stessa, ma aperta al dialogo con altre visioni culturali e religiose, in particolare con il cristianesimo cattolico; non per considerazioni di opportunità diplomatica ma per un’esigenza personale, considerando il dialogo come parte integrante del cammino di ciascuno. L’idea iniziale è quella di trovare un edificio inutilizzato dalla Chiesa per farne la sede della “Stella del Mattino – comunità buddista zen italiana” che ha fra i membri del consiglio direttivo padre Mazzocchi, nella veste di consigliere cristiano ed ha come soci fondatori: Giuseppe Jisō Forzani, Mauricio Yūshin Marassi, Massimo Daidō Strumia. L’abate Watanabe Kōhō è il presidente onorario. Il progetto non riesce a realizzarsi nella forma auspicata. Dopo quasi tre anni di tentativi infruttuosi, il gruppo di monaci buddisti fonda con le proprie forze la comunità Stella del Mattino a San Costanzo, vicino a Fano (estate 1990) mentre padre Mazzocchi fonda a Figline Valdarno, non lontano da Firenze, la comunità “L’origine: la Croce e il Nulla”: due comunità in fraterno rapporto, con nomi differenti a rimarcarne l’autonomia reciproca. Dopo altri tre anni (estate 1993) e varie vicende (fra cui il rientro in Giappone dell’abate Watanabe, gravemente malato) la comunità di Figline chiude: padre Mazzocchi, cui la Congregazione Severiana aveva nel frattempo affidato un incarico a Mazara del Vallo, al termine del proprio impegno in Sicilia decide di trascorrere un anno sabbatico presso la Stella del Mattino di San Costanzo, dando forma, nel modo possibile in quel momento, al progetto originario: inserirsi nella comunità buddista come membro cristiano per vivere l’incontro sul piano della vita quotidiana. Al termine di quell’anno si pone il problema di come continuare l’esperienza: la casa di San Costanzo si rivela una sede problematica. Dopo aver pensato a due comunità separate in due luoghi vicini, si decide, vista anche l’esiguità delle forze, sia numeriche che economiche, di proseguire l’esperienza insieme, in una nuova sede, con una nuova formula: una comunità mista (col nome provvisorio di “Vangelo e Zen”) come forma di dialogo da realizzarsi nella vita comune. Padre Mazzocchi trova il suo inserimento nella diocesi di Lodi (fine 1994), gli viene affidata provvisoriamente la chiesetta di Galgagnano, dove il sindaco segnala la probabile disponibilità di una grande cascina che diverrà la nuova sede. Viene fondata una nuova associazione, che prende il nome anch’essa di Stella del Mattino, di matrice cristiana con lo scopo precipuo del dialogo buddista-cristiano e che affianca l’altra associazione Stella del Mattino – comunità buddista zen italiana. Di questa nuova associazione è presidente padre Mazzocchi mentre Jisō Giuseppe Forzani è membro del consiglio direttivo come consigliere buddista. In seguito entrano nel Consiglio direttivo anche Mauricio Yūshin Marassi e Federico Battistutta. L’idea di fondo è quella della vita quotidiana condivisa dal sacerdote e dal monaco zen in ogni suo aspetto, dalle rispettive pratiche religiose, al lavoro, allo studio, ai pasti… In particolare in questa fase si accosta la pratica dello zazen a quella dell’eucaristia, una a seguire l’altra nella medesima sala, con la partecipazione di tutti i presenti senza distinzione di appartenenza, riferimento, pedigree religioso. C’è un intensa attività di lavoro (ristrutturazione della casa), di studio (traduzioni di testi buddisti zen, commenti ai Vangeli, bollettino mensile) e di diffusione della proposta all’esterno (gruppi in varie città d’Italia). Si propone alle persone che si riconoscono in questo stile fino a farne il punto di riferimento del proprio orientamento di vita, spirituale e pratica, anche fuori dalla comunità, di formalizzare questa scelta con dei voti laici e dei precetti da assumere e rinnovare annualmente. Questa modalità prosegue più o meno inalterata per quasi 5 anni. Nel 1999 alcuni segnali indicano che è il momento di un nuovo cambiamento: segnali interni ed esterni. Sul piano “interno” ci sono alcuni elementi che vanno profondamente ripensati: lo stile della comunità ha una forte componente “missionaria verso l’esterno”, l’accostamento delle pratiche, una a seguire l’altra nella medesima sala, dopo una prima fase in cui è stata una stimolante novità, rischia di diventare una formula ripetitiva e costrittiva, che non rende piena giustizia alla dignità autonoma di entrambe; si percepisce il rischio di creare una sorta di nuovo “movimento religioso”; emerge la responsabilità, verso le persone che si rivolgono allo zen, di una testimonianza più incisiva su quel versante; e di conseguenza la necessità di proseguire l’avventura del dialogo recuperando una più chiara identità: se i dialoganti non hanno un’evidente e differente identità l’uno dall’altro, che dialogo è? È forte il rischio che il dialogo diventi in realtà un monologo in cui il sacerdote cattolico ingloba la meditazione zen nella propria pratica cristiana mentre il monaco zen partecipa all’eucaristia più per fedeltà all’impostazione dialogante che per intima convinzione. I rilievi critici che vengono dall’esterno sono altrettanto degni di considerazione: citiamo solo, sul versante cattolico, un lungo articolo de La Civiltà Cattolica in cui si criticano dal punto di vista teologico-dogmatico i testi di commenti ai Vangeli e si vedono elementi di confusione in certe forme di commistione delle pratiche religiose proposte. Sul versante zen, rilievi critici vengono da parte di chi vorrebbe approfondire l’esperienza buddista senza necessariamente accostarla alla partecipazione alle funzioni cattoliche. Curiosamente, pur nella radicale differenza di intenzione, di toni, e di prospettiva i rilievi “si assomigliano”: viene fatto notare che la formula perseguita, nonostante l’attenzione ad evitarlo, non rende giustizia piena ai due messaggi religiosi di cui siamo i rispettivi testimoni: dal versante cattolico viene detto che lo zen fagocita il cristianesimo, e dal versante zen che lo zazen così praticato diviene una pratica assorbita dal cristianesimo. Alcuni elementi non marginali indicano che è il momento di un rinnovamento radicale: ciò che aveva costituito novità rischiava di diventare routine. Fino ad allora il dialogo era stato impostato sull’evidenziare le affinità fra i dialoganti e i rispettivi messaggi religiosi: si è compreso, a un certo punto, che non c’è dialogo (ma solo due monologhi) là dove non si evidenziano le differenze inconciliabili, le diversità radicali, le alterità incommensurabili: così come non c’è dialogo fra le persone se non si rispettano e non si lasciano emergere le reciproche irriducibili differenze. Ma cambiare in corso d’opera è molto difficile, soprattutto se c’è una formula che sembra funzionare. Così Giuseppe Jisō Forzani decide di prendere il suo periodo sabbatico ed esce fisicamente dalla comunità di Galgagnano (primi mesi 2000). Dopo un periodo di ripensamento, si stabilì di procedere nel modo seguente: il dialogo prosegue nella modalità di far convivere nel medesimo contenitore (la casa di Galgagnano) due esperienze differenti ma contigue: una, ispirata da padre Mazzocchi, che si configura, schematizzando, come un’esperienza cristiana che contiene lo zazen – una, organizzata da Forzani, che propone l’esperienza mensile di un ritiro basato integralmente sullo zazen. Sono due modalità differenti, che dialogano attraverso il fatto di accadere entrambe nello stesso luogo e che possono essere partecipate dai medesimi attori. Ci sono poi momenti di esperienza comune durante l’anno. Questo stile inizia a funzionare alla fine del 2000 e dura fino all’estate 2005. Da questa nuova modalità nascono come è normale nuove realtà e problematiche. In effetti si creano come due comunità che utilizzano lo stesso luogo in tempi differenti. Dopo cinque anni di questa modalità, si prospetta un nuovo cambiamento, che prende la forma di una specie di inversione delle parti: dal settembre 2005 Jisō Giuseppe Forzani diviene responsabile unico della conduzione comunitaria della struttura di Galgagnano, mentre padre Mazzocchi inizia un’attività a Milano, sia come responsabile dell’ambito cristiano della Stella del Mattino sia come responsabile, per conto della Diocesi di Milano, della comunità cattolica giapponese ivi residente (cappellania giapponese della diocesi) e si trasferisce a Milano. Inizialmente ogni mese vengono organizzati due ritiri di tre giorni, uno diretto da padre Mazzocchi, di impostazione cristiana, uno diretto da Forzani, dedicato allo zazen e allo studio di testi. Tuttavia la lontananza fisica di padre Luciano diviene presto assenza ed i ritiri di “matrice” cristiana diminuiscono sino a cessare. Da quel momento la casa di Galgagnano è organizzata come una comunità buddista zen di cui Forzani è il direttore, i residenti aumentano di numero, l’attività della Casa è caratterizzata da ritiri mensili dedicati integralmente allo zazen (sesshin) e da incontri di studio mensili.
Nell’aprile 2009 le figure di riferimento della Comunità decidono di chiudere la sede di Galgagnano, considerando conclusa la sua attività e di sciogliere la seconda Stella del Mattino, quella di matrice cristiana nata nel 1994. Una sorta di eutanasia decisa al fine di permettere al buddismo zen italiano, occidentale, di manifestarsi in nuove forme, senza i legami vincolanti del retaggio passato, contemporaneamente la direzione della comunità è affidata a Mauricio Yūshin Marassi. Senza una sede residenziale, né una sede centrale l’attività della “Stella del Mattino-Comunità buddista zen italiana” prosegue in diverse città d’Italia in modo autonomo e spontaneo. Contemporaneamente padre Mazzocchi fonda una nuova comunità, dal nome Vangelo e Zen, che ha a Desio la sua sede.
La Stella del Mattino – Laboratorio per il dialogo religioso è anche il titolo di una rivista trimestrale, pubblicata per otto anni, sino alla fine del 2009 quando ha sospeso le pubblicazioni. Un laboratorio per il dialogo religioso, cui hanno collaborato prestigiosi autori, testimoni di un cammino religioso e di un approfondimento culturale che vedono nel dialogo una componente essenziale della propria esperienza intellettuale, spirituale e di vita. Da molti anni i membri della comunità sono attivi nella pubblicazione di testi buddisti, cristiani oltre che di dialogo e confronto tra le due esperienze religiose. Il dialogo è un elemento naturale nella vita di chi, allevato in una cultura nella quale è radicata una data religione, ad un certo punto del suo cammino si rivolge altrove, incontrando un nuovo messaggio spirituale, spesso racchiuso in, o espresso da, un’altra cultura. L’armonizzazione in una stessa persona di queste due “anime” è la fonte più autentica del dialogo interreligioso.
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