In una conferenza tenuta al Congresso mondiale degli abati benedettini a Roma nel settembre 2000, Timothy Radcliffe – maestro generale dei domenicani dal 1992 al 2001 – affermava che i monasteri sono, o dovrebbero essere: «Luoghi in cui la gloria di Dio rifulge, troni per il mistero. Questo non per una sorta di diritto divino, né per qualche automatismo nominalistico, ma proprio a causa di ciò che i monasteri non sono e di ciò che

non fanno, perché l’invisibile centro della vita monastica si manifesta nel come i monaci vivono. I monaci, infatti, non fanno nulla di particolare, non comprendono se stessi né sono compresi come quelli che hanno una particolare missione o funzione nella chiesa: essi sono là e, felicemente, continuano a essere semplicemente là… Le loro vite non conoscono carriere e promozioni, non hanno altro traguardo che la venuta del Signore: sono fratelli e sorelle, non possono aspirare a essere nulla di più, non hanno altra via di progresso che quella dell’humilitas».
Se al posto di “humilitas” inseriamo “zazen” (humilitas viene da humus)
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