Nel post precedente, prendendo spunto da un articolo di giornale, abbiamo posto un problema che poi ho compendiato (@ 39) con le parole: “possibile che i buddisti, gli zen, con tanta voglia di pontificare, insegnare, aprire centri, far vedere quanto sono bravi, illuminati e svegli non sappiano dire una cosa che fanno tutti i giorni cento volte al dì, ovvero: come si distingue il bene dal male? Su quali basi appoggiamo (appoggi, appoggio) la nostra etica? Senza affrontare questo punto “dirsi”, “sentirsi”, “viversi” come buddisti è aria fritta”. I motivi per cui continuo a porre il problema etico all’attenzione di chi ci legge, sono di carattere generale e contingente.

Ritengo che un uomo, una donna di religione non possa prescindere dall’etica, cosa che invece pare possibile nel panorama buddista europeo dove circola un malinteso senso di superiorità dello zen nei confronti dell’etica. I motivi contingenti, già ampiamente premessi nell’articolo citato dal post precedente, sono elencati con toni estremamente forti ed espressioni anche sopra le righe nell’articolo di don Farinella che vi proponiamo oggi, e che trovare qui di seguito. È un esempio che riguarda la contingenza ed è anche di parte, ma è un coinvolgimento etico. Dallo zen, -non tanto su una qualche situazione come l’attuale italiana che è e resta un caso particolare- sull’etica, che suggerimento possiamo trarre?

* * *

   Sig. Cardinale,
speravamo che lei non fosse andato al pranzo governativo del mercato dei cardinali o, meglio, vi fosse stato escluso dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, per il quale ormai abbandoniamo ogni velleità di conversione. In ambedue i casi, lei appariva un gigante, seppure in miniatura, …

(altro…)

Porgiamo all’attenzione del dotto pubblico un articolo (La Repubblica, 4 dic. 2010, p. 18) a firma Benedetta Tobagi che ci pare interessante. Ma non interessante e basta. Il desiderio, sino a prova contraria, in tutte le culture orientali (induista, buddista, jaina, confuciana, daoista) è considerato molto vicino a ciò che noi consideriamo “peccato”, non tanto nel suo sorgere perché -si sa- siamo tutti di carne, ma nel suo svilupparsi davanti ai nostri occhi (quelli della coscienza intendo), prendere forma, identificare la preda, congeniare tutti i sotterfugi affinché la cattura possa avvenire

e … poi ancora e ancora, senza fine. Senza limite di quantità, di tempo, niente.
Secondo quelle culture, religioni nulla è più vicino ad essere la causa prima di tutti i nostri guai di quanto lo sia nutrire e lasciar sviluppare il desiderio. Nell’articolo invece, con aria di nulla, in modo convincente, circostanziato si sostiene che solo il desiderio può salvare questa Italia sospesa nel vuoto, pietrificata nel cinismo, esausta, smarrita, sfibrata. Il desiderio come nuovo umanesimo italiano? Possibile? Non vi è nulla di meglio da proporre?

Nuovo umanesimo antidoto al vuoto

“Rilanciare il desiderio”: non è la ricetta di un manuale per coppie in crisi, ma l’invito conclusivo della serissima relazione del Censis, fotografia di un’ Italia che ha retto ai colpi della crisi economica, ma appare esausta, smarrita, sfibrata. Contro “il deserto che cresce” dentro e fuori dagli italiani,

(altro…)

Sabato 27 novembre, a Torino, organizzato dalla Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, si è svolto il convegno Democrazia, diritti umani, libertà religiosa: rapporti con il pensiero laico, il cattolicesimo e le altre confessioni religiose.

Tra gli invitati al convegno vi era anche la Stella. Offriamo alla vostra attenzione la relazione che Paolo Sacchi (ai frequentatori di questo blog più noto come Doc, il babbo di Buddazot) ha tenuto al Convegno, relazione dal titolo Pratica buddista e sue ricadute sul tessuto sociale.
Siamo abituati a leggere il buddismo prodotto da filosofi o dai cosìddetti professionisti della religione (magari della famigerata “combriccola del soto zen”, cfr. qui, n° 219), la relazione di Paolo è figlia di altro padre, con altra esperienza ed altra formazione.
Per carità, intendiamoci, son le solite cose. Son le cose che non son mai le stesse.
Per chi ama cercare il pelo nell’uovo: il fatto che il titolo del convegno porti al centro il cattolicesimo mentre le altre religioni sono, appunto, “le altre”, è voluto (almeno lo speriamo): dice proprio quanto vi sia da lavorare affinché il pensiero laico, non condizionato da una parte, abbia libero e pieno corso.

A metà ottobre, organizzato dall’Ufficio Europeo del Soto Zen, si è svolto alla Gendronnière, un castello tra i boschi presso Blois, il seminario dedicato alle prospettive dello zen -in particolare il Soto Zen- in Europa. È la prima volta che ciò accade: i seminari del Soto Zen sino ad ora erano stati dedicati allo studio dei riti e delle cerimonie canoniche, in particolare le ordinazioni di vario livello. Da questo punto di vista, quindi, vi è certamente uno sviluppo, una

differenza marcata con il passato. Le relazioni seminariali sono state tenute da Pierre Dōkan Crepon (1° da sin. nella foto), francese, responsabile del tempio Kokaiji a Vannes e proprietario direttore della casa editrice Editions Sully. Da Fausto Taiten Guareschi (4° dall’alto), italiano, rsponsabile del monastero Fudenji. Da Eric Rommeluère (2° da sin.), francese, per lungo tempo responsabile di un centro zen a Parigi, ora in una fase di riflessione. Da Isshō Fujita (1° a dx), già monaco residente di Antaiji, poi responsabile del Valley Zendo in Massachussets, attualmente responsabile del Soto Zen International Center di San Francisco. Da Carl Bielefeld, professore di buddismo dell’Estremo Oriente (in particolare Dōgen, di cui è uno specialista) presso l’Università di Stanford e responsabile del Soto Zen Text Project. La cosa, difficile da concepire e ancor più da organizzare soprattutto per la deriva creatasi in anni di consuetudini e per l’impossibilità di far parlare tutti creando perciò disparità e mugugni, fu mirabilmente organizzata da Jisō Forzani (al centro, in piedi), direttore dell’Ufficio Europeo; ecco il suo discorso introduttivo. Dell’evento vi offriamo alcune valutazioni dopo un sunto, in francese, delle 5 relazioni, un’analisi approfondita -vera e propria controrelazione- in spagnolo, e qui a seguire la mia breve opinione sull’insieme.

Considerazioni sul seminario presso la Gendronniére del 16-17 ottobre 2010

A poco a poco si chiariscono le aspettative secondo le quali ognuno vorrebbe che…

(altro…)

L’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
L’articolo va confrontato con la dichiarazione rilasciata il 22 ottobre dal ministro degli esteri della Repubblica italiana Franco

Frattini all’Osservatore Romano, organo ufficiale della Santa Sede, di fatto uno stato straniero: «I cristiani dovranno essere consapevoli anche di ricercare con i musulmani un’intesa su come contrastare quegli aspetti che, al pari dell’estremismo, minacciano la società. Mi riferisco all’ateismo, al materialismo e al relativismo. Cristiani, musulmani ed ebrei possono lavorare per raggiungere questo comune obiettivo. Credo che occorra un nuovo umanesimo per contrastare questi fenomeni perversi, perché soltanto la centralità della persona umana è un antidoto che previene il fanatismo e l’intolleranza». Dal sito del Ministero degli Affari Esteri. Mi chiedo dove abita questo signore, chi frequenta, come giudica quello che avviene attorno a lui, che cosa pensa che facciano gli atei, i materialisti e i relativisti per poterli definire “fenomeni perversi” da “contrastare”, chiamando a raccolta cristiani, mussulmani ed ebrei per scongiurare questa minaccia alla società.

Il tre novembre, mercoledì, presso la basilica di san Carlo, a Milano in p.zza San Carlo, alle ore 19 si terrà la commemorazione di Raimon Panikkar, una liturgia che comprende la proiezione di un video.

Informazioni: tel. 0276020496 – 0277330248
Trovate qui il programma completo

Non è facile la vita di chi

conosce la vergogna,
è umile, puro di cuore
e distaccato, ha integrità
morale ed è riflessivo.

Dhammapada, 245

Se ci ritroviamo a pensare: “Questo è troppo. Non posso lasciarlo andare”, dobbiamo essere ancora più attenti. È facile lasciar andare piccoli attaccamenti ma quelli davvero seri sono un’altra storia. Il Buddha conosceva quest’altra storia, quella nella quale tendiamo a credere quando siamo di fronte ad attaccamenti profondi […]
Bhikkhu Munindo
(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

« Pagina precedentePagina successiva »