Dom, 6 Nov 2011
C
ome promesso, ecco una nuova visitazione del libro di padre Tiziano Tosolini, giovane missionario saveriano, ora in Giappone. Diciamo subito che il libro val davvero la fatica d’esser letto con attenzione, anche se non tutti i motivi che mi spingono a dirlo sono di apprezzamento per il suo contenuto. È ben scritto, documentato sui vari aspetti della vita di un popolo e la sua storia. È un testo complesso, articolato, con un ottimo lessico, vario, dove religione, antropologia, psicologia e
sociologia si equilibrano e si intrecciano. Il Giappone ed i suoi abitanti vi sono rappresentati con occhio attento, seppure questa attenzione a volte si arresti, non giunga sino in fondo. In ogni caso la quantità di spazio che vi stiamo dedicando testimonia, penso, del fatto che non si tratti di un libro irrilevante. Trovate qui l’articolo che state leggendo in formato pdf, completo delle note che non hanno trovato posto nel testo che segue.
Il punto di maggior criticità -ed anche l’unico sul quale mi soffermerò- è quello che riguarda l’atteggiamento di padre Tosolini (d’ora in poi p. T.) nei confronti del buddismo e del “dialogo” religioso. Usando alcuni degli esempi possibili mi servirò delle sue parole per spiegare ciò che voglio dire; sono cosciente che citare un testo puntando il dito è spiacevole: me ne scuso con l’Autore e con i lettori, ma con questo mezzo di comunicazione mi sarebbe molto difficile operare diversamente.
Cominciamo non dall’inizio ma da p. 73, dove p. T. cita una frase del Prajñāpāramitāhṛdayasūtra, noto come Sutra del cuore. Non importa che consideri scritta in giapponese la versione citata quando è invece scritta in cinese…