C
ome promesso, ecco una nuova visitazione del libro di padre Tiziano Tosolini, giovane missionario saveriano, ora in Giappone. Diciamo subito che il libro val davvero la fatica d’esser letto con attenzione, anche se non tutti i motivi che mi spingono a dirlo sono di apprezzamento per il suo contenuto. È ben scritto, documentato sui vari aspetti della vita di un popolo e la sua storia. È un testo complesso, articolato, con un ottimo lessico, vario, dove religione, antropologia, psicologia e

sociologia si equilibrano e si intrecciano. Il Giappone ed i suoi abitanti vi sono rappresentati con occhio attento, seppure questa attenzione a volte si arresti, non giunga sino in fondo. In ogni caso la quantità di spazio che vi stiamo dedicando testimonia, penso, del fatto che non si tratti di un libro irrilevante. Trovate qui l’articolo che state leggendo in formato pdf, completo delle note che non hanno trovato posto nel testo che segue.
Il punto di maggior criticità -ed anche l’unico sul quale mi soffermerò- è quello che riguarda l’atteggiamento di padre Tosolini (d’ora in poi p. T.) nei confronti del buddismo e del “dialogo” religioso. Usando alcuni degli esempi possibili mi servirò delle sue parole per spiegare ciò che voglio dire; sono cosciente che citare un testo puntando il dito è spiacevole: me ne scuso con l’Autore e con i lettori, ma con questo mezzo di comunicazione mi sarebbe molto difficile operare diversamente.
Cominciamo non dall’inizio ma da p. 73, dove p. T. cita una frase del Prajñāpāramitāhṛdayasūtra, noto come Sutra del cuore. Non importa che consideri scritta in giapponese la versione citata quando è invece scritta in cinese…

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Sono periodi molto pieni di iniziative e la Stella non si nega: è presente e viva e il suon di lei questa volta è affidato a Paolo Sacchi, sul blog meglio noto come “Doc”. Il tema è di quelli da far tremare i polsi, ed anche il resto. Si parla, pudicamente, di “fine vita” e di come accompagnar color che se ne vanno.

Se potessi scegliere vorrei che nei momenti cruciali vi fosse chi, gentilmente, mi porgesse un bicchier d’acqua (morire mette sete, si sa) e mi ricordasse che
Ma, certamente, vi sono casi in cui tutto questo non basta ed esser quello a cui è affidato lo star con qualcuno che improvvisamente scompare, definitivamente, per sempre, non è facile: non si può recitare una lezione imparata a memoria.

dunque ignorava che quando a questo mondo ci si univa,
ciò avveniva per un tempo breve, breve, breve,
che non si intendeva come si fosse arrivati a darsi del tu
dopo non essersi conosciuti per un tempo infinito
e pronti a non rivedersi mai più per un altro infinito tempo
.

(Italo Svevo, La coscienza di Zeno)

Qui, il programma completo (absit iniuria verbis…)

Vi sono luoghi dove più forte risuona il richiamo del mistero. Assisi è uno di questi. Purtroppo quel richiamo è da tempo coperto da altri suoni: la cittadina medioevale è stata trasformata nel palcoscenico di una rappresentazione mondiale a cui il nome del luogo -sorretto sullo sfondo da Francesco- continua a dare una

sorta di imprimatur, di sacralità speciale. Il valore aggiunto del Poverello, si potrebbe dire. Recentemente c’era Benedetto XVI, l’erede di Pietro, col treno speciale, assieme a tutte le religioni del mondo. Il prossimo fine settimana ci sarà Panikkar, nelle parole a lui dedicate in tre giorni di incontri tra appartenenti alle tre culture religiose di cui quell’uomo era crocevia: cristianesimo, buddismo, induismo.
In tanta assise, poteva mancare la Stella? Sabato 5 novembre, al monastero benedettino di san Giuseppe, Jiso Forzani parlerà sul tema Lo spirito della parola – Panikkar e il rinnovamento della lingua religiosa.

Tempo addietro qualcuno, preso da fantasie, propose di indire un concorso per chi avesse inviato il più pregevole racconto. Breve mi raccomando. Così, vuoi e non vuoi, ridendo e scherzando, tra il lusco e il brusco è arrivato il primo -che ancora non sappiamo se sarà il primo- dal titolo Mandala. Ve lo propongo, sperando di fare cosa gradita. L’autore, come usa dotato di

un nick: aa, ha una particolarità che lo rende interessante allo sguardo: è un cristiano che non solo pratica zazen ma, dice, non potrebbe essere cristiano senza lo zazen. Se ne sente ogni giorno una nuova e questa, per me, è davvero nuova.
Anche se, mi vien da dire, una volta che fai zazen, che bisogno hai di essere cristiano (o buddista)? Ma questa è un’altra storia.
Allora: il concorso. Va bene, è indetto. Per quanto riguarda i premi pensavo di premiare solo i primi tre, a meno che non abbiate proposte migliori. Il regolamento è semplice: chi invia un racconto si impegna a rispettare punto per punto il regolamento, e non si fanno eccezioni. Mi occupo di tutto io, così semplifichiamo.

Mandala

Benvenuto, vieni amico, entra pure, non restare sulla soglia. Del the? No? Immagino che anche tu sarai qui per visitare il tempio.

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h, già Dhr, ci invia un’altra recensione delle sue. Garbato come sempre, questa volta la sottigliezza del testo in esame tracima nel suo commento creando un contatto profondo tra la parte orientale e la parte occidentale dell’animo umano. Parlando di Lui, secondo

Gregorio, h chiosa con: “il suo Dio è così trascendente che la Sua onnipresenza sfiora la onni-assenza”. Chiunque sia interessato al dialogo interreligioso, a mio modesto avviso, dovrebbe passare da queste parti. Nelle parole di h, poi, sullo stesso Argomento, compare “Quello”. E mi par di sentire il coretto dei cinesi Chan del IX secolo: “io l’avevo detto, io l’avevo detto…” solo perché qua e là nei loro dialoghi si interrogano su 其, Quello, che loro chiamano Qí.
Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini, con testo greco a fronte, a c. di Chiara Somenzi (coll. Letture cristiane del primo millennio, 47), Paoline, Milano 2011, pagg. 402, euro 36

Giorni or sono a Bergamo, durante il mese dedicato alla cultura cinese, ho tenuto una conversazione dedicata alla parte di quella cultura che definiamo Daoismo, già Taoismo. Ve ne propongo il testo. Il motivo di tanto rumore attorno ad un evento passato risiede nel fatto che, nei prossimi giorni, spero di pubblicare una rivisitazione del libro di padre Tosolini

Interno giapponese. Tracce di dialogo tra Oriente e Occidente di cui abbiamo parlato in un recente post. Uno dei leitmotiv di quel testo è una visuale del buddismo mutuata da una particolare “corrente” della scuola di Kyoto. La lettura di quella conferenza sarà utile per comprendere perché ritengo limitante questa scelta da parte di padre Tosolini. Insomma, questo più che un post è un trailer…

L’anno scorso di questi giorni a Torino lasciava questo mondo Massimo Daido Strumia. In un certo senso se ne andò “bene”, con humor, proprio senza smanie. Siccome lo conoscevo da molti anni, penso di poter dire che la sua uscita di scena sia stata una delle sue pièce migliori.

Ci informa Jiso: “Questa sera al Dojo Zen de Chatelet, a Paris (56, rue Quincapoix), la cui responsabile è Katia Robel, alle 19 il consueto zazen del venerdì e a seguire breve cerimonia alla memoria presente di Daido. Il dojo è una specie di piccola catacomba, la cantina riattata di una galleria d’arte nel centro di Paris, alle spalle del Beaubourg, il grande museo di arte contemporanea progettato da Renzo Piano, quello con i tubi colorati: la location perfetta per il Nostro”.
Già un anno. Ce n’andiam che vola via tutto

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