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Marzo 20th, 2006 at 11:29 am
Riflessioni sulla risposta di Mauricio Y. Marassi al mio articolo Alla scoperta della via maestra.
Credo che la risposta di Mauricio Y. Marassi alla mia recensione de La via maestra contenga alcuni spunti rilevanti e meritevoli di una analisi più approfondita. L’accolgo, dunque, come un’occasione per chiarire meglio il tipo di riflessione che da tempo sto conducendo sul buddhismo e che hanno fatto da sfondo alle considerazioni da me proposte nella citata recensione.
Su di un punto, tuttavia, mi sembra opportuno replicare esplicitamente: trovo perlomeno contraddittorio attribuirmi l’attitudine di combattere “Lucifero”, così resuscitandolo, proprio mentre viene condivisa la mia affermazione che “bisogna maneggiare l’orgoglio con molta cura, con grande delicatezza”. Mi sembra piuttosto evidente che quella cura e quella delicatezza traducono proprio l’atteggiamento di non contrapposizione caldeggiato dallo stesso Marassi, e non vedo proprio come esso possa essere trasformato in bellicoso per il semplice fatto che considero l’orgoglio universale e “l’essenza del problema fondamentale dell’uomo”. Che l’uomo navighi in acque perigliose in ragione di un suo “problema” esistenziale fondamentale è addirittura il predicato delle prime due Nobili Verità del buddhismo, e da ciò non consegue alcuna automatica definizione dei contenuti e della modalità della cura. Per quello che mi riguarda, anni di pratica nella vipassana mi hanno insegnato che l’unico modo per accostarsi a ciò che viene avvertito come un problema esistenziale è esserne consapevoli, accoglierlo in modo equanime e lasciare che sia, così com’è, osservando ciò che accade nel nostro corpo-mente e, nel caso, rendendo oggetto di consapevolezza anche l’attitudine della mente a volersene sbarazzare. La mia concezione dell’orgoglio è perfettamente coerente con questo atteggiamento fondamentale.
Il fatto è che io, a differenza di Marassi, non trovo affatto “alquanto simpatico” Lucifero, e la ragione potrà apparire paradossale solo se non si è compreso il senso della mia argomentazione: perché non credo per nulla alla sua esistenza – e, a fortiori, al suo “illuminare il cammino”. Al di là dell’ironia che pervade le considerazioni di Marassi sul “portatore di luce”, io ritengo che sia questo il punto in cui si rivela la sostanziale diversità fra le nostre due impostazioni, e che a mio parere non è affatto irrilevante, perché concerne la diagnosi della causa di dukkha, ossia, nientedimeno, che la seconda Nobile Verità..
Non c’è dubbio che la mia convinzione che sia l’orgoglio, e non l’ignoranza o il desiderio, alla radice di dukkha è debitrice del cristianesimo, ma in un senso affatto diverso da quello che conduce i “tanti agitati predicatori cattolici” di cui parla Marassi a redarguire un’umanità in preda al peccato. Per me – ma chiunque avesse l’interesse e la pazienza necessaria potrà constatare che la mia interpretazione corrisponde esattamente sia al testo biblico, sia a quanto affermato da molti Padri della Chiesa – l’orgoglio, che non ha nulla a che vedere con la presunzione, di cui è invece la perfetta antitesi, si sostanzia nel rifiuto della propria vulnerabilità, impermanenza e dipendenza, che spinge all’emulazione di un modello di perfezione, ritenuto incarnare le qualità ambite dell’autonomia, dell’autosufficienza e del potere. Già da questa breve descrizione appare evidente la compatibilità dell’orgoglio, inteso in questo modo, con l’affermazione buddhista che a generare tutta la sofferenza dell’uomo è la brama di possedere un io autonomo ed autosufficiente.
In questo senso, Lucifero – o, più correttamente, Satan (letteralmente “l’accusatore”, per cui ad “accusare”, a combattere Satana si diventa come lui), ossia ciò che diventa l’angelo più luminoso dopo una caduta determinata proprio dall’orgoglio: “Tu dicevi in cuor tuo: Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio…, sarò simile all’Altissimo” (Is. 14:12-14) – è il simbolo di questa attitudine tipicamente umana, perché descrive il processo per cui, l’ambizione a divenire “come Dio” (Gen. 3:5), porta di fatto alla negazione del proprio semplice esistere, così come si è e, in nome dell’acquisizione di un’autonomia assoluta e divina, proprio perché nega l’essere in nome di un fantasticato dover essere, in realtà porta alla “caduta”, trascina verso il basso, fino all’autodistruzione.
So bene che il termine di “autonomia” è sempre “correlativo a ‘dipendenza’”, ma proprio questo è il problema di ogni orgoglioso: sa di essere dipendente dal maestro-modello e vuole diventare come quello s’immagina che sia, autonomo ed autosufficiente. Il paradosso dell’orgoglio è che si coltiva una dipendenza col fine ultimo di divenire infine totalmente in-dipendenti. Naturalmente l’orgoglioso si vergogna della sua attuale dipendenza per cui, in genere, o la dissimula accuratamente, pretendendo di essere già autonomo nel proprio giudicare e scegliere, oppure denuncia solo modelli nobili e approvati culturalmente (come un “maestro” zen). E’ anche vero che tutto ciò è paradossale, perché mostra “l’assurdità di una relazione pretesa liberante ma che, invece, crea dipendenza”, ma questa assurdità è proprio il gioco dell’orgoglio, la satanica e sottile omeopatia del voler sacralizzare se stessi coltivando una dipendenza che liberi da ogni dipendenza. In questo senso più profondo, dunque, l’autonomia non è il contrario della dipendenza, perché il binomio autonomia-dipendenza è tutto interno alla logica dell’orgoglio, ne rappresenta la più autentica sostanza. In questo contesto, chiunque si faccia paladino dell’autonomia e possegga una certa autorevolezza, diviene automaticamente un candidato a rivestire il ruolo di modello agli occhi dell’orgoglioso, perché quell’autonomia è, ripeto, proprio ciò che, emulandolo, il discepolo ambisce ad acquisire.
E a nulla giova ricordare che l’autonomia “corrisponde a ‘prendere rifugio in se stessi’”, perché quel “prendere rifugio” non avviene nel vuoto esistenziale, non determina automaticamente la liberazione dalla vocazione a sbarazzarsi della propria vulnerabilità in nome di un modello di perfezione. Al contrario, finché l’orgoglio non viene dissepolto e reso consapevole, è la pratica che viene messa al servizio delle sue mire, e l’insegnante-maestro diviene il nuovo modello di perfezione, più o meno occultato dalla parola d’ordine – rassicurante per l’orgoglio – di “prendere rifugio in se stessi”. Va rilevato, infatti, che la dinamica maestro-discepolo, così acutamente svelata e descritta da Marassi nel suo libro, non è una caratteristica tipica dello zen occidentale ma, per limitarmi a un esempio di cui ho esperienza diretta, si ritrova anche nella vipassana, in forma più sottile ma anche più invasiva e difficile da riconoscere, perché s’instaura proprio laddove vi è la minore enfasi possibile sulla figura dell’insegnante, definito quale semplice “amico spirituale” (kalyanamitta). E proprio la tradizione Theravada, col suo mettere al centro la pratica meditativa, il “prendere rifugio in se stessi”, rappresenta una riprova estremamente pregnante della pervasività dell’orgoglio. Il quale, giova precisarlo, non è un’attitudine della mente rozza e mondana, ma propriamente religiosa, è l’essenza del religioso tradizionale (mi si consenta, in questa sede, questa semplificazione), perché si sostanzia nello sforzo di trasformare se stessi applicando diligentemente i dettami – etici, rituali, sacramentali o meditativi – propri di una qualche via religiosa. Va da sé che quei dettami sono sempre veicolati da una persona in carne ed ossa, comunque lo si chiami: maestro, insegnante, amico, guida spirituale.
L’orgoglio, dunque, è un’attitudine esistenziale e non morale e, in via di principio, addirittura incompatibile col “peccato” (l’errore), perché si nutre proprio dello sforzo di emendarsi da ogni imperfezione o traccia di vulnerabilità e, dunque, anche dalla vulnerabilità all’errore. Il “peccatore” e l’orgoglioso sono due tipi radicalmente diversi: il primo sa di non rispettare le regole della propria religione e non si erige a giudice di nessuno, mentre è l’orgoglioso che è predisposto a divenire un “agitato predicatore”, perché ha un senso abnorme e paradossale dell’errore (o del peccato), trasfigurato in ambiguo segnale lungo la via: da un lato è ciò che testimonia della distanza dall’ideale perseguito; dall’altro è ciò su cui occorre lavorare, che bisogna “combattere”, in sé e negli altri, al fine di addivenire alla perfezione. Al contrario, la consapevolezza dell’orgoglio, essendo inscindibile dall’accettazione della vulnerabilità, genera uno sguardo compassionevole sulla propria e altrui fallibilità, vede nell’errore o nel peccato niente di più che l’inevitabile conseguenza di essere creature limitate, né onnipotenti né onniscienti, insicure ed esposte alla prevaricazione in difesa del proprio piccolo, fragile, impermanente e tuttavia prezioso io. Proprio quello sguardo di cui sono incapaci i “tanti agitati predicatori cattolici”, che solitamente censurano moralisticamente le umane debolezze in nome di principi assoluti di cui, naturalmente, si ritengono i più autentici interpreti, e per i quali sovente chiamano a raccolta battaglioni armati fino ai denti.
Ma anche costoro vanno compatiti e non giudicati, e tanto meno si può ironizzare sul loro comportamento, perché rivelano, con la loro intransigenza, la lacerazione interiore che li devasta e che consegue dal continuo giudizio di conformità fra ciò che sono e ciò che vorrebbero, o pretendono, essere. Nell’ergersi a modelli, mostrano di aver lungamente logorato ed isterilito se stessi nella diuturna opera di emulazione del loro ideale, e di pretendere che tutti combattano la medesima battaglia contro la loro stessa umanità.
In questo quadro, l’unico modo per aiutare l’orgoglioso è mostrargli (o meglio, suggerire una via che gli consenta di vedere in se stesso all’opera) questo gioco perverso e assurdo, che produce solo la proroga e l’intensificarsi di una dipendenza auto-distruttiva e generatrice di sofferenza. Consapevolezza che apre non all’autonomia, ma alla serena accettazione dell’universale ed irrimediabile interdipendenza, nel bene come nel male, nella bontà e nell’errore, nell’orgoglio come nell’umiltà. Tutta la storia umana può essere letta con la chiave della lotta contro la nostra vulnerabilità. I sogni di immortalità, di potere, di fama, di successo, di ricchezza, di bellezza imperitura e così via altro non sono che traduzione della fuga dalla condizione fragile e insicura che irrimediabilmente ci appartiene, talmente imprevedibile che “perfino” da un pervicace orgoglioso ci si può aspettare un po’ di luce. Ma non in quanto tale, piuttosto perché, nel suo rivelare, pagandone lo scotto sulla sua pelle, la sfrenata ambizione alla sacralizzazione, può apprendere e diffondere un po’ di compassione e di saggezza.
Ha ragione Marassi, nel ricordare il Sutra del Diamante, ad affermare che il segno “buono” è “quello della non esibizione dei non segni”. Ma, “quanto al resto”, il parlare che è profanare riguarda solo la pretesa di comprendere e di enunciare la verità, di afferrare la vita – ambizione che, non casualmente, caratterizza sempre coloro i quali finiscono per divenire dei modelli. Ma c’è un parlare che non profana, ed è quello che ci aiuta a comprendere il nostro errare, ciò che turba ed agita il nostro cuore-mente (citta), e che può sostenere con una conoscenza più adeguata delle proprie difficoltà l’investigazione pratica, consapevole e accogliente di sé (come ben mostra la sequenza circolare e sinergica dei fattori dell’Ottuplice sentiero, dove la retta visione “precede” i fattori più propriamente pratici, per esserne, poi, a sua volta nutrita e trasformata). Invece, il ritenere che, in nome dei “nondue” buddhisti, questo “prendere rifugio in se stessi” che costituisce il nucleo della pratica sia, sempre e comunque, inscindibile dal “risultato”, per cui non se ne possa parlare cercando di comprendere i termini ed il contesto esistenziale in cui inevitabilmente la pratica viene accolta, non nobilita il discorso in dialettico ma, se si vuol essere realmente conseguenti, consegna solo al silenzio assoluto.
Carlo Di Folca
Marzo 20th, 2006 at 8:30 pm
De hoc satis?
Larga la foglia …
mym
Maggio 5th, 2006 at 9:36 am
Nel commento all’”Arpa Birmana” mi pare sia necessaria una chiarificazione.
Dapprima mym scrive:
e via col primo tema che è quello della religiosità Birmana. OK
Poi, il secondo tema è introdotto dalla frase:
che, come si evince proseguendo nella lettura, è qualcosa di profondamente settario, nazionalistico. Ed il ragionamento è sviluppato senza capovolgimenti dialettici.
Ora, secondo me, dovrebbe essere spiegato meglio cosa ci sia di ‘religioso’ in una visione profondamente settaria e nazionalistica della vita e della morte (perché di ciò si parla nel film); o almeno quale uso viene fatto in questo contesto del termine ‘religioso’.
Il tema è probabilmente interessante, ma detto così non posso che trovarmi in disaccordo.
Maggio 8th, 2006 at 11:49 pm
Il tema proposto da Paolo è interessante e complesso. Prima o poi occorrerà occuparsene in modo sistematico perché le implicazioni particolari (influenza diretta sul buddismo giapponese e perciò anche sullo Zen) e generali (concetto di religione) sono tutte in gioco ed hanno una valenza che non deve essere ignorata…
Continua in una pagina apposita
Maggio 12th, 2006 at 11:41 am
Edizioni Marietti, 285 pagine, prezzo € 20,00.
Maggio 13th, 2006 at 7:41 pm
Grazie.
Sì, potevo essere un poco meno irruente… più amorevole nei confronti del vecchio Fromm.
Su un altro piano si può dire che “interdipendenza” intesa come pratītyasamutpāda ha come fondamento il vuoto/śūnya, né essere né non essere, per cui essenzialmente diciamo la stessa cosa: la differenza parrebbe tattica, come si diceva una volta. Un aspetto interessante nella risposta è l’invito a ripensare al ’68 (numero che è sineddoche) in termini attuali: con occhi che -in parte grazie al ’68- hanno “visto” anche il buddismo.
Ringrazio il direttore Torrero per le parole di apprezzamento che ha scritto a proposito del libro sul Buddismo Mahāyāna. Parole che pubblico per completezza, essendo parte integrante del suo articolo.
Luglio 4th, 2006 at 11:06 am
Non so come mai nella chiesa manchi la religiosità che fa gridare alle abitudini oscene di allevare animali con metodi contro natura e di trattare la loro vita come giocattolo.
Al cuore della religiosità biblica c’è il sacrificio, ossia l’immolazione della vita di un essere vivente. Ciò è nato proprio dall’aver percepito che la vita, negli animali come negli uomini, è sacra e tale santità custodisce intimamente la funzione di sacrificarsi per le altre forme di vita.
La vita è ricevere e dare, ma in una legge santa, insegnata dalla natura. Nessuna vita vive per se stessa, ma nell’economia della vita universale. Così molti animali vivono di altri animali; così anche l’uomo nell’equilibrio della sua funzione si nutre della carne degli animali di cui ha cura. Solo come atto sacro, per la conservazione di un equilibrio naturale. L’unica usanza contro natura che fa gridare la chiesa, purtroppo, è quella circa la genetica umana: ciò è ovviamente giusto, ma la legge che guida la genetica umana anima tutta la vita nelle sue forme.
Tra l’altro, la chiesa non si rende conto che il separare il valore della genetica umana dalla economia universale della vita indebolisce il suo insegnamento, perché appare snaturato.
p.Luciano
Luglio 5th, 2006 at 1:29 am
Se avete lo stomaco forte e volete capire che cosa prova un cacciatore quando alla fine dell’appostamento – con grande eroismo e sangue freddo – riesce a piazzere il colpo perfetto, potete leggere la cronaca dell’abbattimento di un capriolo o ancora meglio di un cinghiale o di un altro capriolo.
Dobbiamo fermare questa pazzia.
Pierinux
Luglio 18th, 2006 at 11:18 am
Nel Paleolitico l’istinto primordiale ha indirizzato alla caccia in quanto unico mezzo per assicurare la continuità della specie umana che, in seguito, ha trovato per garantirsela mezzi ben più intelligenti e adeguati a una specie, appunto, intelligente. Alcuni individui dell’età paleolitica sono sopravvissuti fino ad oggi, senonché, all’interno di civiltà più avanzate, hanno dovuto travestire l’ormai inutile istinto primordiale con la maschera di una nobile attività sportiva e di un sano divertimento…
Cristina
Agosto 1st, 2006 at 12:20 pm
Sottoscrivo caldamente quanto dice Mauricio: sparare ad un animale non può essere come dilettarsi al tiro al piattello. Desidero però introdurre una piccola ma significativa integrazione, dovuta anche al fatto che vivendo io sull’Appennino (e amando questi luoghi) ho a cuore pure il problema dell’abbandono di queste terre e del fatto che stanno diventando sempre di più zone depresse.
Leggo dal quotidiano “La Repubblica”, di domenica 25 giugno 2006, dall’articolo di Giampaolo Visetti, dal titolo “Messner-Corona. Addio Alpi” (sottotitolo: Il re degli Ottomila e l’alpinista-scrittore in cammino insieme per lanciare un allarme. La cultura delle nostre montagne sta per essere cancellata da avidità e ignoranza.):
“Prendiamo la caccia – sta parlando Mauro Corona, scrittore, scultore ligneo, alpinista e arrampicatore, nonché sopravvissuto alla tragedia del Vajont – poche balle, una montagna di carne è una risorsa. Come i pesci nel mare: perché lasciarla marcire nei boschi? Sulle Alpi la selvaggina può far vivere osterie, salumifici, macellerie, piccole concerie. I primi a non sprecare la fauna sono i montanari. Nelle capitali si è pubblicamente ambientalisti e privatamente vandali”.
Ecco, mi sta bene pure quello che dice Corona. No dunque alla caccia come gioco, ma sì come attività legata alle radici di un luogo. (Ad esempio: perché non consentire la pratica della caccia solo ai residenti in quella determinata area?)
Federico Battistutta
Agosto 1st, 2006 at 12:25 pm
[…] Per evitare doppioni i vari commenti a questo articolo sono stati spostati nell’analoga pagina dell’ambito buddista. […]
Agosto 2nd, 2006 at 3:26 pm
Consiglio a tutti coloro che ne hanno la possibilità di frequentare il Corso di Laurea specialistica in Sociologia della multiculturalità dell’Università di Urbino.La mia seconda laurea è infatti quella in Antropologia ed Epistemologia delle Religioni, antesignana dell’attuale corso di laurea nel quale si è trasformata. E’ un corso di laurea veramente interessante e molto, molto formativo. Il presidente del corso, il Prof. Alfieri è un’istituzione ad Urbino ed è una persona veramente squisita dal punto di vista umano (oltre che professionale).
David Monticelli
Agosto 4th, 2006 at 6:46 pm
Capisco che cosa vuol dire Federico. A suo tempo avevo letto anch’io le parole di Corona e non mi erano piaciute. Considerare gli animali selvatici dei boschi “carne” che addirittura “marcisce” se non viene macellata a fucilate mi pare eticamente identico al pretendere di cacciare per passione o divertimento perché si è pagata la tassa venatoria o perché si è sempre fatto così: è l’uomo che tratta la natura, il mondo attorno a sé, acqua, aria, alberi, animali come cose a sua disposizione. Per il piacere o per la borsa.
Vorrei si provasse a ragionare in modo differente. Per quanto possa essere scomodo e poco economico, affrontare la vita in armonia con la vita, con le altre vite, dovrebbe essere primario a quasi tutte le altre valutazioni, economiche, politiche, ideologiche, dottrinali. Che cosa questo significhi non è possibile dirlo prima, caso per caso, momento per momento occorrerà prendere delle decisioni almeno riducendo il danno che l’esistere di una vita causa alle altre vite. Respirando inquino, mangiando uccido e distruggo. Accendendo la luce aumento la necessità di sconquassare l’ambiente con centrali sempre più potenti, comprando il giornale causo l’abbattimento degli alberi necessari per la carta, uscendo in automobile… ecc. ecc. Siccome così stanno le cose, se pensassi che non c’è nulla da fare potrei dedicarmi al cannibalismo, magari di bambini, più teneri e delicati delle coriacee carni degli adulti. Se non lo faccio, se riconosco un limite al danno che il mio esistere può causare alle altre vite, è possibile un discorso diverso. Chiamiamolo di riduzione del danno. Non necessariamente a partire da una base etico religiosa quale potrebbe essere il non voler, per principio, nuocere ad altre vite, o il non voler versare sangue.
Si potrebbe pensare in termini di interesse personale in modo più ampio che l’incasso immediato di piacere, denaro, carne o nutrimento. La sostenibilità della vita, nel suo complesso, del pianeta Terra, così come vanno le cose, non è più possibile. Al primo posto certamente la pretesa di crescere ad ogni costo, anche a quello di distruggere la razza umana. Le guerre, che sempre più appaiono un modo per non dover fare i conti con il diritto dei terzi e dei quarti mondi a “consumare” come i primi e i secondi, o guerre più “semplicemente” dettate dall’esigenza di mantenere il controllo di risorse strategiche e impedire che il prezzo delle materie prime (che cosa determina il “prezzo” del petrolio?) possa calare. In mezzo a tutto questo c’è anche la caccia. Non è un problema primario, ma è un simbolo, la faccia esposta del sistema di rapina su cui si basa buona parte del nostro mondo.
mym
Agosto 8th, 2006 at 7:36 pm
“Caprioli, la caccia non è l’unica soluzione”
Fulco Pratesi Presidente del WWF:
L’ARTICOLO di Francesco Merlo sui caprioli piemontesi pubblicato [su La Repubblica] in prima pagina il 5 agosto, merita qualche considerazione, al di là degli atteggiamenti disneyani (comunque degni di rispetto) o di scherno.
Il nostro è un paese che certamente, in alcuni contesti territoriali, ha per qualche specie di animali problemi di soprannumero di capi. Sono comunque animali che pagano scelte dell’uomo, il quale – sterminando i predatori naturali o facendo reintroduzioni sbagliate per motivi venatori -ha alterato quegli equilibri che governano i rapporti tra le varie specie. Quando però si tratta di gestire questi problemi, la scelta cade sempre sulla caccia. Si chiamano abbattimenti selettivi, ma sempre caccia è.
Le catture e altri possibili interventi per limitare l’espandersi delle popolazioni, ricercando comunque soluzioni alternative, sono ipotesi che non vengono neppure prese in considerazione. E vero che spostare questi caprioli all’interno di tanti parchi che ne sono privi e li ricercano per reintrodurli, come proposto oltre che dal ministro dell’ambiente anche dal Wwf, non risolverà il problema (anche se per i cinghiali le catture sono molto più efficaci delle fucilate per contenerne il numero). Ed è anche vero che altre specie vengono abbattute senza sollevare analoga emotività.
Ma altrettanto vero è che rispondere in qualche modo all’indignazione che molti hanno avuto per l’ennesima mattanza significa affermare che una società civile può e deve cercare e darsi soluzioni, magari a medio o a lungo termine, per gestire questi problemi senza necessariamente dover imbracciare una carabina, oltretutto in periodi di caccia chiusa.
(La Repubblica, 8 agosto 2006)
Settembre 3rd, 2006 at 10:23 pm
[…] Riportando un articolo da Repubblica, a proposito del post sulla caccia… Fulco Pratesi Presidente del WWF: […]
Settembre 3rd, 2006 at 10:23 pm
[…] (a seguito delle recenti dichiarazioni del Dalai Lama apparse su La Stampa del 8/8/2006, fa seguito questo articolo, sempre su La Stampa, il giorno dopo) […]
Dicembre 31st, 2006 at 6:18 pm
[…] Eccoci, ci siamo, il DRM sta entrando nelle nostre vite in modo massiccio: attraverso i telefonini, quale migliore opportunità per un controllo totale ? Non vogliamo creare falsi allarmismi, ma la situazione delineata in questo precedente articolo è obiettivamente preoccupante. […]
Dicembre 31st, 2006 at 6:19 pm
[…] Avevamo segnalato qualche tempo fa nell’articolo Prove di dittatura informatica i pericoli che il DRM (Digital Right Management) nasconde. […]
Dicembre 31st, 2006 at 6:19 pm
[…] A proposito dei due articoli recentemente apparsi su questo sito riguardo la successione al Dalai Lama (Dalai Lama eletto per sfidare la Cina e Il Dalai Lama: dopo di me basta con le reincarnazioni), M.Y.Marassi ci spedisce questo commento. […]
Gennaio 1st, 2007 at 6:46 pm
Domanda:
Se il buon giorno lo si vede alla sera, adesso che è pomeriggio che famo? Aspettiamo sera?
Gennaio 2nd, 2007 at 1:37 pm
Non so come si aggiungono commenti ai commenti, ma, sapendolo, direi a “Doc” (mi par di non ignorare lo pseudonimo) che se ha meglio da fare che aspettar sera lo può fare tranquillamente, e se poi ce lo vuole anche dire, finalmente, cosa di meglio ha da fare, lo ascolteremo con grande interesse (mentre aspettiamo sera…)
Gennaio 3rd, 2007 at 1:55 am
Ho pulito a fondo la tavernetta. Aspettando la sera.
Buon anno
doc
Gennaio 3rd, 2007 at 12:33 pm
Brilla la tavernetta
mentre la sera aspetta:
dice un antico adagio
che chi comincia bene
a metà l’è del viagio;
gli risponde il cinese
che se di cento miglia
devi fare una strada,
calcolare conviene
che la metà del tutto
sia circa a novantotto.
Se la vedano loro,
di rane insulso coro:
noi non facciamo conti
né domandiamo sconti…
ma gli auguri sinceri
graditi riceviamo
con la voce del cuore
squillanti ricambiamo.
Aprile 4th, 2007 at 9:05 am
[…] Dubito che questi consumatori di carni appartenenti ad animali appena nati (nella tradizione romana l’abbacchio non deve avere più di 20 giorni), abbiano mai visto un macello, un mattatoio o anche solo l’uccisione di un agnello, di un capretto. Non sarebbe sciocco vedere per sapere. Rendersi conto delle conseguenze, anche di sofferenza, dovute alle nostre scelte alimentari non può che affinare le motivazioni legate a tali scelte. Chi produce, immette sofferenza nel mondo -ovvero in un sistema interconnesso- si assume una grave responsabilità. Da altri punti di vista, abbiamo già preso in considerazione il problema con un post e nell’introduzione ad un recente libro. […]
Aprile 6th, 2007 at 5:25 pm
Grazie per l’articolo. L’atto di uccidere un qualsiasi animale non può lasciarci indifferenti; molti mangiano la carne, ma pochissimi hanno visto uccidere un animale: è atroce! Non si può fare a meno di specchiarsi in quegli occhi.
Buona Pasqua
Aprile 7th, 2007 at 3:07 pm
[…] Condividendo la posizione espressa da «La Stella del Mattino» aderiamo volentieri alla campagna «Lasciami vivere» lanciata da Gattivity e Species invitando la blogosfera a fare un post contenente il banner realizzato da Veganitalia… […]
Aprile 9th, 2007 at 10:42 am
E’ una bella domanda. Direi che le cose, le cose umane almeno, non siano dotate di moto proprio e vadano come e dove uomini e donne le fanno andare: finché scene come quella che ha “sorpreso” l’amico Y. riempiranno le chiese di gente e faranno accorrere i fedeli a gremire le piazze, avranno ogni diritto di riprodursi. Molti secoli or sono tale monaco Francesco si presentò davanti a Papa e Cardinali e, sconvolto e sbigottito, esclamò: “Guardate i gigli del campo!”. Ma nemmeno la sua risposta fu sufficiente, la povertà sua sposa restò solo a caratterizzare un ordine religioso… Che fare? Bisogna modificare le norme per modificare gli esseri umani, o è necessario che questi ultimi cambino per cambiare le norme?
Aprile 9th, 2007 at 1:37 pm
Ricordate nel film “Roma” di Fellini: quella surreale sfilata di moda per gli alti prelati? In effetti siamo per certi versi un po’ nel surreale, ma nel “secolare” anche l’arte e lo styling chiedono la loro parte, gli italiani poi…
Al
Aprile 9th, 2007 at 3:38 pm
…ho letto il nuovo post: se la cosa ti fa piacere (ma dovrebbe allarmarti, tale sintonia…) quelle cose lì che scrivi me le sto chiedendo sempre più spesso, da un po’ di tempo a questa parte.
Però anche tua moglie e tua figlia hanno ragione: i rivoluzionari che abbattono i riti, poi ne introducono degli altri… l’umanità non si “accontenta” di un muro bianco o un fiore che sboccia. sono riusciti a ritualizzare perfino il buddismo, e perfino il cristianesimo, fondato da Uno che, proprio il giorno di pasqua, è stato definito il Non-è-qui.
Aprile 9th, 2007 at 6:53 pm
Il miglior commento che mi sento di farti è questa poesia dell’amico leo (Leopoeto):
TEATRINO
Aprile 10th, 2007 at 4:02 pm
Ho visto la foto … Da chierichetto qual ero (monaguillo in spagnolo, vero?) tutta questa pompa mi piace, fa molta atmosfera… Tutta questa magnifica fuffa mi evoca le stesse sensazioni che mi risveglia un bel melodramma italiano: pieno di sentimenti eroici, di grandi emozioni, pianti e urla, di morti santi e malvagissimi cattivi, e fondamentalmente senza senso.
Aprile 13th, 2007 at 12:01 pm
Caro mym sei troppo democratico 🙂
Non c’è paragone, qui è tutto molto più essenziale, indubbiamente.
Sono stato invece in qualche tempio tibetano e ho visto tantissimi tessuti finemente disegnati e colorati da tutte le parti. Ma era un bel vedere e rallegrava la vista. Sarò io lo strano?
Al
Aprile 13th, 2007 at 7:43 pm
Anche la mancanza di fronzoli può diventare un fronzolo. Si è liberi quando lo si è da tutto, anche da niente. 😉
Aprile 14th, 2007 at 11:56 am
L’abito non fa il monaco, dice un adagio nostrano: vuol dire, credo, che non si deve giudicare una persona da come si veste, ricca interiormente se di splendidi abiti addobbata, indigente di cuore se di laceri panni rivestita. Anche se non è lo specchio dell’anima, l’abito non è però sempre innocente: vestirsi per un rito religioso non è indossare a caso la prima cosa che si trova nell’armadio: c’è dietro una scelta, un’intenzione. La domanda dunque è lecita e solo in parte retorica: perché tanti prelati di tante religioni si conciano, per celebrare riti che simboleggiano la libertà dello spirito, in modo da suscitare, alla vista, non il raccoglimento e l’ardore, ma incredulo ironico stupore? La vanità è un peccato, e pazienza, nessuno è perfetto: ma il ridicolo è letale, perché non suscita lo stimolo al perdono.
Aprile 15th, 2007 at 11:24 am
Caro Mauricio, hai fatto una buona Pasqua? Mi immagino la danza di colori delle colline marchigiane!
Sono stato occupato in questi giorni […]
Hai chiesto il mio parere sull’olocausto degli agnelli pasquali. Anzitutto mi domando quanti agnelli debbano nascere ogni anno soprattutto per l’iid el kebir, la grande festa del sacrificio, che i musulmani celebrano un mese circa dopo il Ramadan. (Nel mondo cristiano l’agnello pasquale è molto ridotto al confronto).
Gesù ha celebrato l’ultima cena col pane e col vino, e lo fece non assecondando l’usanza registrata e prescritta dall’Esodo e dal Deuteronomio biblico. Il Vangelo non è certamente caratterizzato dal sacrificio degli animali; anzi presenta il sacrificio volontario di Gesù come perfetto una volta per sempre. Quindi l’agnello pasquale senz’altro è da un richiamo ebraico e rende opaca la novità della cena pasquale di Gesù proiettata tutta sulla morte e vita di cui si compone l’esistenza umana.
Tuttavia io so per esperienza (quando facevo le elementari anche mio padre teneva un gregge di un centinaio di pecore che pascolavano lungo il fiume Taro) che quella metà di agnelli nati maschi durante l’inverno, ben presto ad alcuni mesi di vita percependo l’energia sessuale cominciano a darsi cornate senza pietà. Ricordo una volta che impietosito tentavo di separarli e allora ambedue i contendenti si sono messi a dare cornate al sottoscritto. La natura non permette che a pochi agnelli maschi di crescere nella normalità. Se l’uomo o gli animali rapaci non intervengono, si creano l’equilibrio fra di loro e letteralmente si abbattono l’un l’altro. Io credo che l’uomo abbia cominciato a nutrirsi di carne vedendo quello che facevano gli animali.
Io mi chiedo che significhi il fatto che senza la legge predatori – prede non ci sarebbe l’equilibrio della vita. Alcuni ritengono che però l’essere umano, dotato di riflessione, debba prendere le distanze da questa legge del mondo dei viventi. Io li rispetto, mentre da parte mia scelgo di mangiare la carne in media una volta la settimana (ma non è che ne ho fatto una norma). Ricordo mio padre, allevatore e contadino, come trattava gli animali come membra della sua famiglia. Eppure il sabato un abitante dell’aia veniva sacrificato. Mio padre mangiava le zampe della gallina, perché non voleva che si buttasse via niente. Certamente il guardare negli occhi la gallina mentre le si tira il collo è un dovere naturale e religioso. Il sapere che la mia vita mi è nutrita dalla vita sacrificata degli altri esseri viventi mi insegna molto e anche mi commuove. So che deve essere anche della zanzara a cui indispettito dò la manata fatale.
Mauricio, auguri e arrivederci.
Aprile 15th, 2007 at 7:19 pm
Sono appena rientrato dal sesshin, dopo una discussione animata su questo tema.
Il consumo della carne ci fa riflettere sulle diverse sensibilità individuali, siamo fatti soprattutto di esperienze, io non riesco a vedere un film dove si picchia una donna, probabilmente perché ho assistito in casa a scene di questo tipo e ad averle subite.
Spesso, non sempre, ho una reazione analoga di fronte alla carne: forse perché ho vissuto in campagna dagli zii e ho potuto assistere all’uccisione di animali, non posso fare a meno di immedesimarmi. Ho riflettuto a lungo se questo non fosse frutto di un’idea di me stesso da difendere e a dire la verità non sono ancora giunto a una risposta definitiva, comunque spesso la vita non ti da il tempo di capire, si deve agire e chiarire come nel caso della discussione che abbiamo avuto in comunità. Bene, sono giunto al punto che chiederò al responsabile della comunità se quest’ultima continuerà, durante i sesshin, i ritiri, a consumare carne; dopo di che deciderò se continuare quest’esperienza danzando sul filo di un rasoio. Oppure, data la mia sensazione di “disagio” decidere molto dolorosamente di interrompere questa esperienza.
Con Padre Luciano, che stimo e saluto, abbiamo già discusso di questo e anche nei confronti della religione cristiana il fatto di avere essa il simbolo della passione e crocifissione di Gesù (e della sua resurrezione, in verità) ha creato a me non poche difficoltà. L’uccisione di un animale penso sia accettabile solo in caso di necessità. Comunque la storiella del buon predatore e un po’ ridicola; la necessità di uccidere gli animali per chissà quale equilibrio non è plausibile se il 99% della carne che si mangia viene dagli allevamenti, smettiamo di allevarla.
Grazie dell’opportunità
Aprile 16th, 2007 at 7:40 pm
Onanismo solitario o di gruppo?
Ringrazio Yushin per aver accettato di aprire questo piccolo dibattito e raccolgo la sua esortazione a non lasciarlo morire senza qualche ulteriore arricchimento.
Sono effettivamente un po’ stupito dalla sua presa di posizione così netta, almeno nelle conclusioni; cerco quindi di capire perché ritenga opportuno sbilanciarsi così.
La prima cosa che mi salta agli occhi è che, dato il ruolo che svolge, Yushin non poteva dire molto di più: dopo aver onestamente confessato il ‘peccato’ (seduto da solo 13 anni…) tenta di balzare al di là della contraddizione assestandosi in una posizione ‘politicamente corretta’. E certamente il consiglio che se ne ricava, cioè che è meglio soprassedere allo sedersi da soli in quanto pratica sterile, è un consiglio di buon senso e di prudenza; come missionario di una scuola (o tradizione o chiesa che dir si voglia) quale lo Soto Shu, effettivamente mym non poteva che prenderla da quel verso. Un buon padre dà sempre consigli sensati e di prudenza. Corretti. E pensa alla sua famiglia.
Già, è proprio il politically correct, in questo caso meglio il ‘religiosamente corretto’, che per cominciare mi lascia perplesso, poiché in nome di quella sorta di ideologia oggi assolutamente dominante, controllata ed alimentata a sua volta dei ‘media’, che mi spingerei provocatoriamente a chiamare ‘idolatria del sociale’, si rischia di banalizzare ogni argomento senza penetrarne più di tanto la superficie.
Pensiamo – ad esempio – alla parola ‘interdipendenza’, sempre più utilizzata come traduzione del termine pratityasamutpada, che è stato a lungo tradotto in italiano con ‘co-produzione condizionata’ o ‘produzione condizionata’ o ‘originazione dipendente’: perchè si preferisce oggi questo brutto termine (interdipendenza)? La mia preoccupazione, anche considerando i contesti nei quali viene per lo più utilizzato e l’età generazionale di coloro che oggi pensano e scrivono sull’argomento (pur senza scomodare il ’68), è che con l’uso di questo termine si insinui di fatto, non dico coscientemente o volutamente, una valenza ‘sociale’ all’idea che pratityasamutpada vuole esprimere. Si colora così, inconsciamente e sottilmente, di tinte formente sociali/sociologiche e quindi umano-centriche la chiave di volta dell’impianto dottrinale buddista (la produzione condizionata); la si ontologicizza perdendo di vista il tratto distintivo di pratityasamutpada che è sostanzialmente ‘vacuità’ (‘tale la vacuità, tale per noi la produzione condizionata’, mi pare reciti ripetutamente il buon Nagarjuna): qualcosa dunque che va ben al di là di opposizioni dialettiche/mentali quali il sociale-non sociale, uguaglianza-diseguaglianza, diritto-non diritto.
Lasciarsi prendere la mano ed accettare acriticamente la prevalenza della ‘dottrina sociale’ è una tentazione inevitabile e forse irresistibile, un percorso che un po’ tutte le religioni sono prima o poi indotte a fare, trasformandosi così in chiese e mescolandosi e contrapponendosi alla politica o alle scienze, in una pericolosa commistione di interessi e di valori che, se non si sta in campana, può generare orribili mostri. La storia di tutte le chiese è lì a testimoniare questo pericolo.
Ed un cenno, a questo punto, credo debba essere fatto riguardo l’uso del termine ‘religione’, termine strategico che come il prezzemolo è diventato buono per condire ogni tipo di minestra e per adeguarla ad ogni tipo di palato, come se una cosa solo chiamandola religione assumesse quella valenza di importanza e di inattaccabilità, divenisse uno scudo protettivo che ci mette al riparo da dubbi ed incertezze e, soprattutto, dagli ‘altri’. Nel corso del tempo mi è capitato di veder ascrive a radici etimologiche diverse e anche non proprio in sintonia tra loro, il termine religione. Ma lascerei questo tema agli appassionati, poiché mi pare molto più rilevante l’uso corrente che si fa della parola viva. Questo spazia da risvolti cultuali (di credenza, credo, confessione) riferiti in linea di massima ad un impianto dottrinale che prevede una ‘spiegazione’ della realtà di origine trascendente e ad una serie di regole comportamentali cui attenersi, spiegazione e regole di cui nessuno si assume la responsabilità perché derivanti da una qualche ‘rivelazione’ di natura non umana; a risvolti mistici (devozione, adorazione; di qualcuno, per qualcosa..) per lo più sostenuti da impianti dottrinali dogmatici o confessionali; fino ai risvolti socio-politici propri almeno di tutte le forme di integralismo. E’ un contenitore così generoso che può contenere praticamente qualunque cosa: dal misticismo al fondamentalismo o all’integralismo, dall’anacoretismo al ritualismo e così via.
A quale scopo introdurre questa parola come chiave di lettura al nostro tema? E’ il Buddismo una religione? Lo è lo Zen? E lo zazen, shikantaza, è una religione?
Lo so che è un tema dibattuto, ma mi pare anche un tema da superare in fretta perché ostacola la nostra ricerca. Ho sottomano l’ed. Ubaldini della < ‘Realtà dello zazen’ di Uchiyama Roshi: a pag 78 il tema è sviscerato in modo ampio e (per me) esaustivo. Lo zazen non è una religione nel senso di una setta o una professione di fede e neppure in quanto sottomissione alla autorità di un Dio. Se con la parola religione invece intendiamo ‘la dottrina del comportamento più intimo di fronte alla vita’, allora il Buddismo (lo zen) è religione ‘ nel senso più puro del termine’.
Mi fermo qui; tanto mi basta.
Ma allora, se uno si siede da solo con questo atteggiamento, orientato a vivere il sé che vive pienamente la vita del sé e null’altro, allora non è una cosa seria? Non è abbastanza ‘religioso’?
Dicevo all’inizio che quello di mym è sicuramente un buon consiglio. E’ evidente che sia meglio praticare in compagnia e, potendo, sotto la guida di un insegnante o comunque di chi è più esperto di noi. Non ho dubbi, non dobbiamo avere dubbi al proposito. E’ un po’ come le massime alla Catalano, di televisiva memoria: è meglio star bene che male, è meglio una moglie bella e ricca…e via sorridendo. Ma non è questo il punto.
Il punto è che non è una impostazione corretta (dal punto di vista dell’analisi, evitiamo facili ironie…) quella di porre il ‘sedersi da soli’ versus il ‘sedersi in compagnia’. Come se una cosa escludesse l’altra. Non si tratta di un aut aut. Se di questo si trattasse sarebbe, per me, un tema privo di ogni interesse, una contrapposizione sensa senso.
No; la domanda che dobbiamo farci qui, per non truccare le carte, è: “quando si è soli è bene sedersi da soli o no? Quando si è in compagnia è bene sedersi in compagnia o no?” E poi, così come studiamo nei dettagli i modi e l’atteggiameto migliore per sedersi in compagnia, possiamo chiederci anche: “Quale è l’approccio migliore alla pratica seduta da soli?”
Ma potremmo parlare della recitazione del Nembutsu, o della presenza mentale nelle attività quotidiane o di qualunque altra cosa: per quale motivo, quando siamo da soli, dovremmo fare le cose male o non farle affatto, svilire le cose che facciamo e sentirci per di più egoisti, e invece in compagnia dare il meglio di noi stessi?
L’unico motivo ostativo, che renda ragione alla posizione di Yushin, potrebbe essere quando/se noi appositamente, intimamente, ricerchiamo la condizione di ‘soli’ contro una visione plurale della vita; allora siamo particolarmente malati di orgoglio, di misoginia o – come vuole mym – troppo amanti del comodo ed anche un po’ troppo pigri. Ma anche qui ci sarebbe da discutere…
Bisogna anche sgomberare la mente da una altra ambiguità, determinata dall’uso della parola ‘soli’.
In realtà chi pratica da solo non necessariamente è un misogino o un pratyekabudda che si è arroccato in una caverna sul M. Bianco. Anzi, quasi mai è così.
Solitamente si trova in questa necessità, di sedersi da solo, chi vive in famiglia ed ha un lavoro, magari abita fuori città o si muove continuamente per affari: chi è, quindi, proprio all’interno del sociale, nel cuore profondo della ‘condivisione’. Pensiamo alla condizione con figli piccoli o con genitori anziani e via di seguito. Di solito – ma non ho fatto una indagine al proposito – si tratta di persone che comunque frequentano periodicamente un centro di pratica, che hanno forse dei referenti o degli insegnanti ‘qualificati’ i quali, per varie ragioni, sono raggiungibili con difficoltà; persone che non ignorano il valore dei 3 gioielli e che rispettano ed onorano e frequentano la sangha con modi e tempi propri, non correlati a formali rituali ‘di esercizio’. Almeno, questo è ciò che spero.
Lo zazen è una pratica per la vita (intesa come buddha-dharma, per dirla con Uchiyama, al di là della dicotomia tra illusione ed illuminazione); voler fare della vita una pratica per lo zazen, lasciando immutate le condizioni, è un rischio e può diventare un errore fatale. Chiunque può fare la prova.
Chi vuole impostare la propria vita in funzione della pratica ‘religiosa’ e null’altro, se ha buon senso non rimane in una condizione laica, evita di costruirsi una famiglia da sostentare con un lavoro, si fa monaco e si reca dove si deve recare per il tempo che verrà stabilito; non tiene il piede in due staffe. Così è sempre stato, perché questa è la condizione migliore per fare una pratica che sia ad un tempo mezzo e fine.
Confondere i due piani significa fare tutto male, mandare a carte quarantotto famiglia, lavoro e ambiente sociale di riferimento; non è questa la lettura raccomandabile del passo evangelico in cui Gesù esorta ad odiare i propri figli ed i propri parenti e amici per guadagnare il regno dei cieli… Oppure significa disamorarsi presto della pratica.
Naturalmente il mio è un ragionamento da ‘laico’, da laico che non si augura di vedere il mondo trasformato in una immensa teocrazia ma piuttosto si augura che la luce del ‘fondare la fede sul Sé’ permei questo mondo così come è, con le strategie che il Sé ritiene più opportune, anziché seguendo modelli precostituiti da altri uomini, in altri tempi e luoghi, che calzano alle singole realtà spesso come scarpe troppo strette.
Infine, il sedersi da soli è pratica che ha una lunga tradizione, anche di tutto rispetto.
A cominciare dal fondatore Sakyamuni, ad altri illustrissimi personaggi come Bodidharma o Milarepa, per finire, attraverso molti altri, con Uchiyama roshi che narra della sua pratica da solo (vedi ad esempio quando narra di come lui ed il suo confratello Sodo-san, in Antaiji, sedessero in stanze separate; commento al Bendowa di Dogen/ trad. di S. Okumura Tokyo 1993/ pag 142 ed altrove, ma siccome non trovo più le pagine e per ora non posso citarle…; tra l’altro, rispondendo ad una domanda sul perchè, anzichè operare nella società, siede solo in un posto così isolato U.R. risponde: “Society always moves without direction. Within such a society it is the greatest contribution to sit immovably by oneself”. Siamo ai margini del nostro tema, ma non mi pare uno spunto cos’ irrilevante), fino ai succitati 13 anni di Yushin.
Ho buoni motivi di ritenere che nei paesi dove la cultura buddista è radicata da tempo, nelle famiglie o in altre situazioni, ci si sieda in zazen tranquillamente, anche da soli: cosa che il cinema (ad esempio) talvolta ci permette di osservare.
E questo ci conduce ad una ulteriore, interessante considerazione, che giustifica e riporta nella sua giusta luce la correttezza e la prudenza della risposta di Yushin: siamo pronti, noi occidentali, noi italiani? La nostra pratica è sufficientemente matura da balzare al di là di questi dilemmi che possono sembrare un po’ assurdi ed artefatti ma che tali, a mio modesto avviso, non sono?
Saremo sufficientemente maturi per sederci lasciando che il sé sia semplicemente il sé, per fare della pratica non un mezzo e neppure un fine o un rifugio al nostro proprio ego, ma una condizione piena, che possa anche rinvigorire la nostra vita e quella di chi ci sta vicino ed indirettamente anche quella di chi vicino non è? Inclusi piante, animali, aria e via discorrendo? In compagnia quando le circostanze sono ‘compagnia’, da soli quando le circostanze sono ‘soli’.
Ma poi: quando siamo realmente soli?
Che la nostra ricerca e il nostro sforzo possano essere di beneficio a tutti gli esseri.
PS
Aprile 17th, 2007 at 10:26 am
Oggi, lapidario lapido: la frase “Che la nostra ricerca e il nostro sforzo possano essere di beneficio a tutti gli esseri” senza sedersi in compagnia, con tutti gli annessi e connessi che questo comporta, rischia di sembrare un po’… vuotarella.
Ciao
PS: in “Onanismo religioso” ho aggiunto una precisazione, all’ultima riga.
Aprile 17th, 2007 at 10:37 am
E se l’ umanità avesse un meccanismo, in sé, di autoregolamentazione? Se in quelle situazioni dove la popolazione raggiunge un certo grado di benessere scattasse come una sorta di meccanismo in modo che alcuni individui di quella popolazione cominciassero ad essere insofferenti a delle abitudini acquisite, ma che sentono superate? non è il piantare i cavoli tra gli igloo, Con la mente spesso cerchiamo una risposta esauriente, ma non c’è. Nell’Italia contadina si uccidevano gli animali, e si insegnava da bambini e si faceva assistere all’uccisione degli animali (anche al sottoscritto), ed era giusto: si sacrificava un essere considerato inferiore per la sopravvivenza dell’ uomo. Ora non è più così e qualcosa nell’ animo c’è lo dice, non è più in discussione la sopravvivenza dell’ uomo al punto da dover uccidere, tenendo presente che a quel tempo si uccideva si, ma la carne non era consumata così spesso come oggi. L’assistere o attuare l’uccisione ci faceva sentire anche la compassione per quell’ essere che doveva essere vinta, si doveva vivere. Ecco perché c’era più rispetto per la vita perché era una sorta di coinvolgimento totale emotivo e istintuale.
Ora di carne se ne mangia molta e già pronta confezionata al supermercato emotivamente asettica.
Ciao,
Silvano
Aprile 17th, 2007 at 4:54 pm
Che buffo: perchè mai uno non dovrebbe sedersi in compagnia?
Comunque anche qui si potrebbe aprire un bel capitoletto.
Ma, come ti ho scritto, perchè il dibattito non inaridisca ci vorrebbe qualcuno che allarghi il gioco sulle fasce, che so…. Pirlo!
ciao
p
Aprile 17th, 2007 at 6:09 pm
Ribaltando il discorso: secondo Pascal, l’origine di tutto il MALE del mondo sta nel fatto che NON riusciamo a stare seduti da soli in una stanza.
Vado bene come Pirl…o?
Aprile 17th, 2007 at 8:14 pm
Una volta i ministri del culto di molte religioni, prima di avvicinarsi all’altare, si lavavano le mani e indossavano abiti puri per non contaminarlo con le lordure della vita quotidiana: quegli abiti dovevano rendere onore al dio cui si rivolgevano ringraziamenti e preghiere, e i fedeli erano lieti di rinunciare a una fetta di pane per offrire ai ministri un frammento di quell’abito.
Una volta la maggior parte delle persone vivevano in dieci in una stanza senza pavimento e senza mobili e offrivano ai ministri il loro centesimo, risparmiato sulla lana per coprirsi, perché potessero ornare la parete del tempio con drappi di porpora e oro.
Una volta i ministri celebravano i riti servendosi di lingue e formule arcane, incomprensibili ai fedeli, cosicché questi erano colti da timore reverenziale davanti a chi, con tale linguaggio, sapeva comunicare con la divinità.
Una volta i ministri, paludati nella porpora e parlando latino, reggevano i fili della vita di ognuno che, ammirato e sbigottito, sceglieva di ubbidire a chi sapeva e poteva tanto di più.
Una volta il popolo straccione e incapace di parlare bene non avrebbe mai pensato di poter chiedere “perché?” a chi vestiva e parlava con tanta evidente superiorità.
Una volta?
Aprile 18th, 2007 at 8:01 pm
Intanto devo pubblicamente ringraziare Licia per la sua presenza nella Comunità che fa rendere il luogo “vivo”. Sono d’accordo con Y. pratica è anche cura del luogo,
la mia cura purtroppo la riservo da qualche anno nel venire in Agosto per circa una settimana è un pò poco, ma finora è quello che posso fare e penso che lo farò anche quest’anno sperando nella disponibilità di Jiso per fare qualche ora di “studio”, ho notato che le sesshin sono state inframezzate dal lavoro, anche se preferirei un ritiro intensivo, capisco che solo così si può avere la presenza delle persone per svolgere le mansioni necessarie. Penso che lo zen deve entrare nella vita anche avendo a cuore e nel cuore il luogo. Licia ha bisogno di un aiuto nell’orto, si accettano volontari.
Silvano
Aprile 20th, 2007 at 7:04 pm
Approfitto della pausa di silenzio sul blog per dire ancora la mia; scusate.
Ho molto apprezzato l’introduzione postuma al tema, che Yushin ha messo in home page col titolo Zazen? Da soli!, e da questo vorrei trarre spunto per qualche altra riflessione.
Il “sacrificio del dono della legge” di Vimalakirti, a mio modesto avviso, non è da leggersi come obbligo morale, neppure è da misurare con una qualche scala di meriti né tantomeno va soppesato come causa dell’effetto ‘uomo della via’.
Quel sacrificio non può essere cercato, sennò è viziato da calcolo, da intenzione: non può essere rifiutato o evitato, sennò si contrappone una volontà propria al corso delle cose e siamo daccapo. In realtà non è un sacrificio nel significato comune della parola; se non fosse un modo di parlare un po’ arcaico dovremmo dire che è un non-sacrificio.
Se può, può essere solo come ‘agio’ del presente che realizza il presente: “grazie al quale gli esseri maturano senza principio né fine”.
Per noi uomini comuni, questa parrebbe una buona rotta da seguire. Con un po’ di prudenza.
O mi sono perso qualcosa?
Cosa significa poi, ciò, in termini concreti? Ad esempio che ognuno segua innanzi tutto la sua propria ‘vocazione’ naturale, il religioso come religioso, il laico come laico (Vimalakirti docet! se non ricordo male infatti, proprio il sutra di Vimalakirti segna la legittimazione storica della condizione di ‘praticante laico’); che ciascuno misuri – se proprio vuole misurare – il suo impegno con la scala delle proprie possibilità e potenzialità, delle circostanze personali, sociali ed ambientali in cui si trova a vivere. Dei propri talenti e dei propri limiti.
E’ vitale, certo, tenere in alta considerazione il parere, il giudizio e l’esempio di altri, soprattutto quando giungono da ambiti ‘qualificati’: ma poi facciamo comunque, necessariamente, le nostre scelte con la nostra propria testa, assumendocene la responsabilità (a chi altri potremmo addebitarla?) evitando nei limiti del possibile di scimmiottare, divenire succubi o di farci plagiare o indottrinare più di tanto. Rischiando. Sbagliando. Cadendo anche e cercando la forza di rialzarci ogni volta.
E’ “sacrificio del dono della legge”, a mio avviso, anche un piccolo atto di vita quotidiana, quando riusciamo a mettere da parte per un attimo il nostro io ed agiamo nel presente che si realizza proprio in quel piccolo atto: lo è lo stare con persone che neppure conoscono il buddismo, donare la nostra attenzione ed ascoltare, anche perché nessuno è nato ‘imparato’ e tutti, proprio tutti, hanno qualcosa da insegnarci. Lo è anche donarsi in toto ad una chiesa, per chi sente questa scelta come sua , come lo è donarsi ad una famiglia, a una comunità religiosa o ad altro ambito laico, oppure ad attività non cercate necessariamente in funzione del nostro esclusivo profitto o vantaggio. Pulire il sedere ad un vecchio parente malato o dedicarsi ad attività di volontariato verso terzi. E, perché no?, anche sedersi da soli anziché andare in discoteca o a andare a cercare del (questo sì, solitario) sesso a pagamento (siamo su questa terra). O scrivere su questo blog senza voler vincere, e leggervi senza temere di perdere.
C’è già da troppe parti un costante tentativo di omologare lo standard dei comportamenti corretti: mi asterrei dal creare ‘modelli’ con cui misurare il ‘sacrificio’.
Perché dunque catalogare forme non standardizzate come ‘disimpegno’? Mi pare, scusa mym, un atteggiamento un po’ sprezzante. Perché – ad esempio – partire dal presupposto che dietro una pratica da soli ci siano prevalentemente arroganza, orgoglio e sovrastima di sè, e non invece – che so – difficoltà, paure, disabilità, insufficienze o necessità di altro genere? (Non tanto diversamente che nella pratica collettiva, peraltro. Siamo comunque un mix di tutte quelle cose.) Il quale interrogativo consiglierebbe forse un ascolto più attento, piuttosto che comandamenti o richiami all’ordine.
Mi rendo conto che predicare bene è facile, quasi quanto razzolare male: è la mia vita, è la nostra vita. Non possiamo fare che errori, temo: ma l’errore peggiore mi sembra ‘giudicare’ gli errori altrui.
Un’ultima precisazione: non intendo minimamente millantare una qualche presunta superiorità del sedersi da soli rispetto alla forma collettiva o comunitaria, tutt’altro. Non nutro e non insinuo nessun fascino particolare nello stare soli. Non ci trovo nulla di eroico o di vantaggioso. Nè nego che makyò (forse la scrittura è errata, intendevo riferirmi alle vivide illusioni/allucinazioni che si presentano talvolta durante la pratica e che a volte scambiamo per realtà) stile eremita-samurai-non-ho-bisogno-di-nessuno possano più facilmente tentarci, stando soli. Fa parte del rischio. Per questo non è consigliabile così, senza riserve. La pratica da soli rimane in qualche modo un ripiego dettato dalle circostanze, ad esempio come integrazione di una pratica collettiva quando non è possibile (qui sì, concordo che non debba diventare un alibi per imbrogliare noi stessi) frequentare regolarmente un gruppo o una comunità o si sente l’esigenza di una maggiore applicazione, oppure in altre circostanze delle quali si possono, volendo, cercare testimonianze presumibilmente non prive di interesse.
Questo mi sembrava si dovesse evincere chiaramente dal contesto della mia precedente. Temo pertanto di essere stato frainteso, ovvero di essermi espresso male.
Penso però che, ponderata attentamente e con le dovute cautele, sia una pratica – quella da soli – che non merita nemmeno di essere demonizzata a priori, al di fuori dei contesti in cui viene adottata. C’è situazione e situazione, c’è persona e persona e così via; le generalizzazioni assolutistiche mi lasciano sempre molto, molto perplesso.
Infine due righe su Pascal: Dario, hai gettato un amo come si deve. Però è abboccando che si supera la contraddizione.
Confesso di non aver letto Pascal; immagino che avrà (e avrai) ampiamente commentato quella riflessione di grandi potenzialità.
Aprile 21st, 2007 at 6:19 pm
L’aspetto normativo non va certamente al primo posto: solo perché se mangio la gallina non avrò più uova, porre la legge salvagalline al primo posto non mi salverà dai mangiagalline. Tuttavia è indispensabile che, se mi occupo di galline, io sappia che una volta che ho fatto l’ultimo arrosto…: fine della storia, per me, per tutti. Perché dico questo? Perché nella mia esperienza (e da quello che leggo nei testi penso si possa dire lo stesso di molti nel passato) appare chiaro che sedersi da soli è di grande comodità, appagante, soddisfacente e privo di inconvenienti (un bell’arrosto già pronto, cotto come piace a noi) e contiene in sé stesso l’antidoto affinché ogni diversa inclinazione si spenga: chi non conosce la radicalità con cui in un pomeriggio di zazen scompare tutto quello che al mattino ci pareva doveroso?
Io penso che il sacrificio di cui si parla nel Vimalakirti non sia da interpretare troppo largheggiando di senso. Certamente in Estremo Oriente l’attenzione a mantenere sempre attivi i conti del dare e ricevere (ovviamente si va in attivo quando si è dato più di quello che si è ricevuto) fanno sì che certi discorsi solo raramente vengano affrontati e quasi unicamente su un piano accademico: il rubagalline (ho spiegato sopra il senso di “furto”) non è, non sarà mai considerato -da sé o da altri- un legittimato.
L’idea che mi sta venendo è che allo stesso modo si discuta del tema qui in Occidente, ovvero in modo altrettanto astratto: siccome vanno in paradiso anche i rubagalline, allora perché no? Sì, va bene, ma è come tagliare il ramo sul quale siamo seduti.
Da un lato. Dall’altro, provare per credere, la rotondità della vita dedicata alla pratica sente l’assenza del sacrificio del dono della legge quando questo ci è negato, non solo quando lo abbiamo rifiutato.
Aprile 22nd, 2007 at 8:47 am
Raccolgo la sfida di P. Luciano, la natura ci mette alla prova, ci chiama a fare il nostro ruolo, mette alla prova le nostre convinzioni più profonde e le nostre presunte etiche-tte da supermercato. Attenzione Luciano però, perchè il discorso ci può portare su un terreno minato e vorrei un tuo commento su “il dovere del medico” di Pirandello.
sc
Aprile 24th, 2007 at 3:57 pm
Però, contraddicendo in parte quanto affermato sopra, è vero che
la ritualità è una costante antropologica, però è anche vero che
bisogna dirsi ben chiaro: se il Crocifisso ha dato origine a dei
RITI in cui il fedele rivive il Suo sacrificio, allora il cristianesimo
è un banale culto misterico, come Iside o Mitra. Se invece la
forza eterna del Cristo consiste nella sua capacità di creare
“scandalo”, allora diventa lecito dubitare che lo scopo della
sua missione fosse quello di inventare nuove cerimonie (neppure
troppo nuove, peraltro…).
Aprile 28th, 2007 at 9:54 am
Assieme agli amici vegetariani ho discusso spesso se sia giusto mangiar carne o no. Io, ammetto, non sono un vorace carnivoro, perchè nella mia famiglia si mangiava carne quasi sempre, sia a pranzo che a cena. Perciò ho sviluppato in me un senso di sazietà ad essa; nonostante ciò non riesco a trattenermi davanti alla carne di maiale. Golosità? Certamente. Nonostante ciò, sono convinto che l’umanità, nei secoli, abbia sviluppato un modo di cibarsi conforme sia all’ambiente circostante che alla quantità di lavoro da svolgere; è un fatto: senza la carne, moltissime popolazioni umane si sarebbero estinte. Ma è un fatto altrettanto assodato che, soprattutto nell’antichità, l’animale sacrificato era rispettato come un dio, perchè donava vita. L’esempio più ecclatante che possiamo adottare è quello dei bisonti delle praterie americane che venivano usati dalle popolazioni autoctone per tutto: dal cibo, alle scarpe, alle tende. ai vestiti ecc. Moltissimi capi venivano abbattuti ogni anno; ma, per millenni, i bisonti non si sono estinti, anzi, a quanto pare, aumentavano. E’ bastato qualche anno di caccia “non sacrale” e questi si sono praticamente estinti.
Oggi, nel Villaggio Globale, con la produzione “in batteria” di carne da consumare voracemente, tra una telefonata e l’altra, mi sembra giustissimo che molte persone preferiscano cercare un modo di cibarsi che eviti questa mattanza. Quello che vorrei, però, e che i vegetariani abbiano quella tranquillità interiore di non trasformare la propria scelta in un gesto eroico per salvare gli animali da macello o l’umanità dalla barbarie; riconoscendo, semplicemente, che la maggior parte dell’umanità oggi non ha la possibilità di scegliere di cosa cibarsi e neanche la certezza che si ciberà di qualcosa durante la giornata. Questo vale per tutte le nostre scelte, non incensiamole troppo, acquisiamone consapevolezza e non meriti.
Aprile 28th, 2007 at 11:46 am
Su blogsfere (gia’ ampiamente “gemellato” con il nostro sito) prosegue parallelamente un dibattito su questo stesso tema, vi segnalo un paio di link interessanti:
Animale e uomo e
Il parere dell’esperto
Aprile 28th, 2007 at 7:11 pm
Sono d’accordo con Pietro di non fare guerre sante, ma chiediamoci come mai gli esperti ci consigliano il consumo della carne rossa non più di una o due volte al mese e il pollo una o due volte la settimana. Pietro abita a Verona come me ha visto i numerosi capannoni di allevamento dei polli sulle nostre colline, e la grande azienda nota in tutta Italia sotto casa. Mi chiedo se il consumo della carne non sia un business. Allora, giustamente, a parte i vegetariani, qual’è il nostro reale bisogno?
Aprile 30th, 2007 at 6:31 pm
È più facile meditare che fare effettivamente qualcosa per gli
altri. La mia sensazione è che limitarsi a meditare sulla compassione
equivale a optare per l’opzione passiva. La nostra meditazione dovrebbe
creare la base per l’azione, per cogliere l’opportunità di fare
qualcosa.
Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama
Aprile 30th, 2007 at 11:33 pm
Non sono un nutrizionista, ne un dottore. Da quando è nata mia figlia (10 mesi orsono) ho capito però che ogni “luminare” ha la sua tesi personale riguardo l’alimentazione. Io mi rivolgo, per fiducia, ad un medico che ha approfondito la sua conoscenza della medicina “ufficiale” con molti altri aspetti del corpo umano che vengono genericamente chiamati “psico-somatici”. Ma, devo dire la verità, non gli ho mai domandato nulla sulla carne.
La carne è un business, certamente. Proprio nel numero di “Internazionale” di questa settimana c’è un articolo di Le Monde che s’intitola “L’argentina in vendita”: il 10% del territorio (un superficie grande come l’Italia) è in mano alle multinazionali della carne, il resto è stato venduto a poco prezzo, nel momento della crisi economica, a famiglie ricche argentine che non rispettano l’antica tradizione dell’ “estancias” perchè abitano in città oppure all’estero.
Anche il biologico ha il suo bel giro di soldoni, seppur in tono minore rispetto alle multinazionali (hai mai fatto un giro al “Natura Sì”?). La dieta macrobiotica, per esempio, impone un import sempre maggiore di cibi di origine orientale che in Europa non sono disponibili in natura. Ultimamente anche il “The economist” britannico ha tentato di fare contro informazione scorretta ai danni delle reti di distribuzione biologiche ed equo e solidali, scrivendo un articolo delirante ma che ben mostra quanto, oggi, la ricerca di un cibo più sano e più giusto eticamente stia facendo tremare i polsi a diverse imprese influenti.
L’unica via più semplice per risparmiare, ed uscire il più possibili dal giro dei megastores sono i GAS (Gruppi d’Acquisto Solidali http://www.retegas.org): gruppi di famiglie che comprano dai piccoli produttori della zona. In questo modo: evitano la grande distribuzione, scelgono il produttore che effettivamente usa tecniche agricole salutari, controllano che il personale non sia sfruttato, riducono l’inquinamento e la circolazione dei maledetti TIR, costituiscono una rete vasta di amicizia e scambi d’idee. Anche questo è un piccolo passo, non illudiamoci però che i supermercati spariscano in un batter d’occhio. Io stesso, pur facendo parte di un GAS, devo recarmi nei supermercati a fare la spesa per tutti gli alimenti che il Gruppo d’Acquisto non fornisce.
Pietro
Maggio 1st, 2007 at 6:20 pm
Ringrazio Pietro per la notizia dell’esistenza dei GAS. Ho visitato il sito http://www.retegas.org se ne trovano sparsi in tutta Italia, andrò sicuramente a vedere come funziona e lo consiglierò a chi conosco.
Grazie ancora, Ciao
Maggio 1st, 2007 at 11:59 pm
Date un’occhiata per i gruppi d’acquisto anche a http://www.mondobiologicoitaliano.it
Ciao,
Al
Maggio 2nd, 2007 at 12:09 pm
[…] Nei commenti ad un post pubblicato nel periodo di Pasqua, si sta sviluppando un dialogo attraverso il quale sta emergendo anche un diverso modo di rapportarsi ai cibi in quanto merci. Per questo vi invitiamo, se condividete, a votare quel post ora in evidenza qui, un sito di segnalazione dei post più interessanti […]
Maggio 3rd, 2007 at 10:08 am
Nella discussione “carne sì-carne no” ho trovato, finalmente, un punto di vista interessante pubblicato da un carnivoro. E’ pubblicato qui
Maggio 3rd, 2007 at 9:52 pm
La discussione non ha fine, spero comunque che tutto serva a mangiare meno carne e più coscientemente, evitando di produrre sofferenza. Può essere un piacere mangiarla, ma spero che col tempo si insinui il sospetto che il più delle volte se ne può fare a meno.
Ciao
Maggio 4th, 2007 at 11:01 am
Le battute a proposito della Chiesa affondano tristemente nei luoghi comuni, che è la peggio cosa (a meno che non si aprano dibattiti elevati, come su questo sito). Però anch’io, a leggere che l’OR ha usato il termine “terrorista”, ho provato un senso di disgusto per il Vaticano che usa un linguaggio da campagna elettorale padana. Allora, visto che diventa lecito sparare a raffica, lo faccio anch’io: aridatece er puzzone, cioè la Chiesa cattolica com’era prima del Concilio, quando non aveva tutta ‘sta smania di “dialogare alla pari” con il “mondo contemporaneo”.
Maggio 4th, 2007 at 5:49 pm
“E’ vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa”.
I sassi???
Chi lancia i sassi va in galera, non mi sembra questo il caso.
Nei giornali per farsi le ossa, un tempo, si cominciava con l’occuparsi di cronaca o di sport, prima di diventare opinionisti.
Maggio 4th, 2007 at 7:08 pm
Attenzione a non fare il gioco di chi provoca per arrivare a scontri senza fine, o peggio, a chi li crea per essere martirizzato. I provocatori sono una specie antica come l’uomo, una volta stavano vicino ai cortei, oggi in Vaticano, in Parlamento e sui giornali.
Maggio 5th, 2007 at 1:38 am
Non ho visto lo spettacolo e non conosco il “terrorista” in questione, ma se le frasi dette da quel signore son quelle e la risposta del vaticano quell’altra (riportata nel link), mi par che fra i secondi ci sia profonda nostalgia dei bei tempi del Sant’Uffizio, neanche tanto celata…
Spulciando poi su internet ho letto due ineffabili dichiarazioni. Ne riporto alcuni passaggi chiave:
1) “…Ci sono due forze oggi contro l’occidente. Una è la sfida islamica, l’altra è la sfida interna all’occidente che odia se stesso. Oggi l’odio antioccidentale emerge nel mondo, unisce l’America latina al mondo islamico. E figure che hanno espresso l’identità dell’occidente e l’unità dell’occidente come Bush, Blair, Berlusconi e Aznar, non hanno più tanto potere da suscitare odio. L’unica figura odiabile dagli occidentali di occidente e dagli antioccidentali d’occidente è la chiesa cattolica. E segnatamente questo grande Papa, che ha difeso l’appartenenza all’occidente della cristianità assieme all’universalità della fede cristiana…” (Gianni Baget Bozzo su Il Foglio)
No comment
2) “…Gli scriteriati ci sono sempre, ci sono sempre persone che usano linguaggi al di sopra delle righe. Chi ha più buonsenso lo usi, diceva sempre mia madre: cerchiamo di usarlo” (Prodi su La Stampa)
No comment bis
Ciao, Al
Maggio 5th, 2007 at 9:56 am
UOMINI
Mi ricordo circa trentanni fa, era la metà degli anni ’70, i miei erano molto legati alla Madonna e spesso capitava che andassimo alla messa in un santuario della Madonna di Lourdes. Bene una domenica un solerte sacerdote ci invitò ad uscire perchè mia sorella (handicappata) recava disturbo (?).
Ci trovammo sotto il sole sulla scalinata vergognosi e colpevoli.
Poco dopo venne il momento di far fare la comunione a Cristina, il parroco del paese si rifiutò dicendo che tanto lei non capiva niente, intervenne l’ex curato allontanato dalla parrocchia per idee troppo progressiste che aveva grande seguito fra i giovani, volle fare una cerimonia solo per lei e, guarda caso nello stesso santuario dove qualche tempo prima eravamo stati cortesemente invitati ad uscire. Fu molto bello, mi ricordo ancora, con commozione, i giovani che suonavano la chitarra. Nel 2003 mia sorella è morta e fu ancora quel curato divenuto parroco di un piccolo e sperduto paese di montagna a celebrare i funerali.
Maggio 6th, 2007 at 7:08 pm
A proposito di rigurgiti da Sant’Uffizio sapete di questa?
http://www.uaar.it/news/2007/05/05/una-vergogna-italiana-chiusura-ergo-sum
Amen, Al
Maggio 7th, 2007 at 12:54 am
Oggi spulciando su Internet ho trovato casualmente questa citazione:
“La realtà è che quando un clericale usa la parola libertà intende la libertà dei soli clericali (chiamata libertà della Chiesa) e non le libertà di tutti. Domandano le loro libertà a noi laicisti in nome dei principi nostri, e negano le libertà altrui in nome dei principi loro” Gaetano Salvemini
Maggio 7th, 2007 at 10:08 am
“Sogno una chiesa più umile, meno autoritaria, nel senso di più conscia della sua ‘umanità’ e che la fa vicina a tutti in quanto ‘sorella e discepola’ proprio per essere ‘mater et magistra”
Luigi Sartori, sacerdote della diocesi di Padova
Maggio 24th, 2007 at 8:51 pm
Giugno 4th, 2007 at 10:54 pm
Non si può tacere, non si deve tacere, quando le libertà sono solo del più forte
allora qualcuno deve difendere il debole.
Facciamolo firmando, informandoci, parlandone anche se a qualcuno potrebbe dare fastidio, quel qualcuno farebbe bene meditare sulla propria miseria.
Grazie a Pierinux.
Silvano
Giugno 4th, 2007 at 11:02 pm
Sono sempre titubante quando si tratta di “abolire qualcosa” o di “non permettere a qualcuno di fare qualcosa”. La libertà è sacra.
Eppure stavolta non ho dubbi. Quando la libertà è a senso unico perché l’altra parte – la controparte – non dispone degli strumenti per esercitare la propria, allora si deve agire.
Blocchiamo questa brutalità.
Giugno 5th, 2007 at 7:53 pm
Da perfetta atea, iconoclasta, egocentrica ecc., riconosco un unico valore: la dignità della persona. La pedofilia è una grave violazione di questa, sia da parte di chi subisce sia anche da parte di chi si impone con la violenza. Tanto mi basta.
Giugno 6th, 2007 at 10:21 am
Che cosa si può dire per commentare tanta brutalità. Non c’è nessuna giustificazione che possa spiegare tanta brutalità, se non che per soddisfare le proprie perversioni, il proprio bisogno di affermazione, l’uomo è capace di tanta crudeltà. E’ come se facesse calare un velo, un filtro che intensifica solo il proprio “godimento” e cancella la sofferenza, il calvario che inevitabilmente viene inflitto alla “Vittima”..
Pensare ad un modo che faccia provare la stessa sofferenza delle vittime, ai loro carnefici!!, Questo li farebbe star fermi, forse, ma almeno non si azzarderebbero a proporre cose oscene come questa!!
Mi viene in mente Gesù Cristo sulla croce che urla a Dio, “Perdona loro, perchè non sanno quel che fanno”… Chissà se lo direbbe anche in questo caso?!
Giugno 8th, 2007 at 9:25 pm
L’uomo è stato educato a essere una merce, me ne accorgo al lavoro, sui mezzi pubblici, appena accendo la televisione: l’uomo è una merce di scambio preziosa. Il suo accedere a forti somme di denaro o meno, gli permettono di essere più protetto dalla legge o meno.
In Italia si aggiunge, a questo nefasto meccanismo, quello delle “conoscenze”: basta dare uno sguardo alla ridicola situazione del nostro parlamento e moltiplicarlo per ogni posto di “gestione dello stato”: dalle panetterie fino ai vertici militari: se io conosco posso, se invece non conosco non posso.
I bambini, in questa enorme macchina, non contano nulla, sono anch’essi merce di scambio, materiale grezzo da manipolare, esporre, litigare nei tribunali, scambiare, educare a diventare oggetti.
Ma come facciamo a non comprendere che la strada presa dalla nostra società porta proprio dritto alla pedofilia? Com’è che possiamo sopportare pregiudicati seduti comodamente al Parlamento e una manifestazione di orgoglio pedofilo no? Se guardiamo hanno la stessa matrice: io, uomo potente e influente, posso decidere che violentare i bambini è lecito, faccio una legge “ad personam”. Nessuno di noi ha ancora detto nulla che un gruppo di imbecilli con la legge Biagi ci ha fatto diventare tutti precari, tutti schiavi, mettendo sulle spalle dei nostri figli oneri che loro, i criminali non vogliono portare (tanto loro in tre anni vanno in pensione).
Perchè dovrebbe interessare qualcosa al Parlamento europeo l’incolumità dei nostri figli? Non hanno già il nome e l’indirizzo delle agenzie di viaggio che fanno miliardi con i pedofili occidentali che vanno a divertirsi nel sud est asiatico, perchè nessuno fa nulla? Perchè non smettiamo di pensare che chi ha potere si interessi di noi e dei nostri figli?
Ho quasi finito di leggere “Memorie di un soldato bambino” scritto da Ishmael Beah, un ex bambino soldato della Sierra Leone. Leggetelo, se avete tempo. Bene, gli stessi che oggi dicono in Europa di sostenere e proteggere i nostri figli sono quelli che sono sponsorizzati da chi fornisce armi a questi ragazzi.
Come può un paese che produce bombe anti uomo, che appoggia le guerre in Iraq e Afghanistan, come l’Italia, avere il coraggio di dire di essere dalla parte dei bambini? Uccidere, violentare, mutilare sono la stessa identica cosa. Ho fatto il servizio civile con i bambini e le bambine violentate e credetemi non c’è nessuna differenza.
Ora vorrei che la BBC, così giustamente precisa sui crimini pedofili del Vaticano, faccia un altro bel video su queste persone che in Olanda vogliono il partito pedofilo. Vorrei nomi e cognomi e soprattutto sapere da chi sono sostenuti, chi li protegge e a quale loggia massonica appartengono, perchè solo da lì può essere sostenuta questa idea di legge diabolica.
Giugno 9th, 2007 at 12:42 am
Condivido lo sdegno verso ogni prevaricazione compiuta su deboli ed indifesi, bambini in primis. Mi trovo anch’io impreparato a questa cosa, però dubito che sia conveniente liquidare l’argomento in modo puramente emotivo. Mi permetto di segnalare, a chi lo avesse perso, il bel film di Kevin Bacon, THE WOODSMAN.
Il termine pedofilia indica un peculiare orientamento sessuale (‘polarizzazione dell’interesse erotico verso i bambini’), sia dal punto di vista etimologico che da quello del linguaggio scientifico; come altre –filie… ce ne è per tutti i gusti. E’ una realtà per alcuni nostri simili, che piaccia o no a noi ed a loro. Ed è cosa diversa dalla intenzione di agire, di nuocere o dall’adozione di comportamenti più o meno esecrabili o delittuosi (adescamenti, violenze, stupri, omicidi e via discorrendo). Questa distinzione tra imprinting ‘karmico’ e azione/intenzione di nuocere/comportamento delittuoso, in democrazia è costituzionale. E anche dal punto di vista buddista – e cristiano – è assai rilevante.
Che il fenomeno pedofilia resti una questione nascosta e sotterranea, che non ci siano interlocutori visibili con i quali aprire un dialogo, che rimanga un tabù non conoscibile e non analizzabile, credo non vada, prima di tutto, a vantaggio delle (potenziali) vittime. Conoscere per prevenire, anche in questo caso, mi pare la regola aurea. Almeno quanto reprimere senza sconti atteggiamenti lesivi ed abusi di ogni sorta (ma per far questo dobbiamo aspettare la vittima….).
Pertanto non mi sento di condannare a priori iniziative come quella olandese che, (forse…confesso di non saperne praticamente nulla), mirano a sdoganare per far emergere un fenomeno nascosto, sotterraneo e proprio per questo doppiamente pericoloso.
Giugno 9th, 2007 at 4:05 pm
Vorrei chiedere a Paolo Sacchi di spiegare questa affermazione che non mi è molto chiara:
“Questa distinzione tra imprinting ‘karmico’ e azione/intenzione di nuocere/comportamento delittuoso, in democrazia è costituzionale. E anche dal punto di vista buddista – e cristiano – è assai rilevante.”
Ricordandoti che la Verità non è soggettiva ed essa deve essere ricercata nei frutti che dà. Da questo segue la seconda domanda: l’atto pedofilo è vitale o mortale?
Giugno 9th, 2007 at 5:51 pm
Paolo, credo ci sia un argomento che taglia la testa al toro: in tutto cio’ che riguarda i bambini non ci sono praticaemnte affermazioni che possiamo fare con certezza. Nella fattispecie e’ impossibile dire con certezza quanto danno psichico potrebbero subire da rapporti sessuali con adulti. Gli psichiatri tendono a dire che questi danni sono enormi.
In ogni caso, anche ammettendo per un istante che la pedofilia potrebbe essere considerato un orientamento sessuale “normale” o per lo meno “discutibile”, nel dubbio sarebbe criminale correre il rischio di fare del male a esseri incapaci di difendersi, sia fisicamente che psicologicamente.
Fatte queste premesse, se la pedofilia resta un tabu’ e non verra’ mai “razionalizzata”, pazienza, che resti tale. Tanto comunque andra’ sempre e comunque repressa perche’ prima ancora di considerare sia pur remotamente la possibilita’ che possa avere la dignita’ di tema razionalizzabile, prima di allora viene la difesa del piu’ debole, un principio che non ammette deroghe.
Le “potenziali” vittime sono tutt’altro che potenziali. Ce ne sono gia’ a iosa, e a Palermo il 23 giugno la fiaccolata silenziosa servira’ anche a ricordarle. Quelle che non possono piu’ raccontare quello che e’ loro successo e sopratutto quelle che non l’hanno mai fatto e non avranno mai il coraggio di farlo.
Pierinux
Giugno 9th, 2007 at 6:46 pm
Ci provo comunque, a chiarire.
Per imprinting karmico intendevo un po’ quello che, scientificamente, si può chiamare genotipo (DNA)/fenotipo (es. una violenza subita): la discussione se le cosiddette devianze siano di origine genetica o ambientale, se siano malattie o solo alterità, penso non avrà mai fine. Per il buddismo si potrebbe dire che sono l’effetto delle azioni (karma) passate, anche se ci sono probabilmente da fare infiniti distinguo tra le scuole e tradizioni; per il cristianesimo direi che sono un modo di esplicarsi di ciò che viene chiamato peccato originale.
La pedofilia è, appunto, un aspetto della personalità ( o dell’ego o della persona, come si vuole). Bene o male che sia, il fatto esiste: è una realtà. Questa è la verità. Il lupo va guardato negli occhi. Non è questione di opinioni: rifiutarsi di prenderne atto non giova a nessuno.
L’atto (atto pedofilo, dici) è cosa più complessa: nel decidere di compiere una azione ( es adescare un ragazzino) la persona si assume la responsabilità della sua scelta, della sua battaglia interiore, della sua azione e delle conseguenze che ne derivano.
L’imprinting karmico, in sostanza, orienta il desiderio: al desiderio può corrispondere una azione efficace alla soddisfazione, ad esempio l’impossessarsi della cosa desiderata. E’ questa azione che crea effetti, sia sul piano giuridico che su quello della retribuzione karmica. Anche soltanto attaccarsi ad un pensiero, pur riconoscendolo non salutare, e coltivarlo, da questo punto di vista è azione (una formula confessionale mi pare sia ‘perdona perché ho peccato in pensieri, parole ed azioni). Mentre invece la legge dello stato non punisce i pensieri e garantisce i diritti costituzionali a qualunque cittadino, indipendentemente dalle sue convinzioni e dai suoi orientamenti sessuali.
Insomma, se io vado pazzo per le bionde di un metro e settanta, mi innamoro di una e la desidero, è una cosa. Se le salto addosso in ascensore e la violento, è altra cosa.
Non mi interessa fare un discorso morale: voglio essere pragmatico. Dopo il tempo dell’indignazione, assolutamente legittimo, viene il tempo dell’azione: non possiamo sempre delegare a qualcun altro (a chi? ai professionisti della politica o della religione? ) la soluzione dei problemi dell’umanità. Perciò, che fare? Che fai tu? Che faccio io?
Sono a favore della logica preventiva per un semplice motivo: potendo, preferisco evitare un abuso agendo prima che succeda, piuttosto che punire, dopo, i colpevoli.
E’ piu difficile? Forse. Ma può –in teoria- spezzare il circolo vizioso che crea mostri e vittime.
Giugno 10th, 2007 at 12:12 pm
Tra pensiero e azione non c’è che un piccolissimo margine; e comunque amare le bionde e desiderarle a livello sessuale è una cosa, mentre desiderare le bionde e violentarle è tutta un’altra cosa; o pensi che fare l’amore con una bionda consenziente sia la stessa cosa che violentarla?
Dunque, che fare:
1)Abituare i bambini, attraverso le fiabe e la figura dell’Orco, a distinguere l’adulto molesto da quello amico. E soprattutto a scappare più velocemente possibile se dovessero fare brutti incontri.
2) Lo Stato deve garantire a tutti i cittadini che chi compie l’atto pedofilo, dopo un processo regolare, deve essere punito con il carcere e tenuto sotto controllo a vita. Non deve più nuocere. Se lo stato non s’impegna a farlo s’innescherebbe subito l’oscuro periodo dei processi sommari, anche contro gente innocente, e i conseguenti linciaggi; dove sarei costretto a diventare, mio malgrado, carnefice del carnefice.
3)”Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino e fosse gettato negli abissi del mare”.
Il punto terzo è un pò duro? Ma chi ci ha insegnato che Gesù era un buon fricchettone che andava in giro a dire “Volemose bene. Peace and Love”?
Caro Paolo, penso che non avresti coraggio di fare questi ragionamenti se fossi una vittima. T’invito a passare un periodo da volontario nei centri di recupero dei bambini violentati. Così, come è capitato a me, incontrerai lo sguardo di S. prostituta di 6 anni, mentre M. per i primi mesi non avrà il coraggio di guardarti in faccia solo perchè sei un “maschio violentatore”, sentirai L. non dormire la notte perchè era il momento in cui lo zio entrava in camera sua per divertirsi un pò con lui, dopo qualche mese A. ti racconterà tutto per filo e per segno cosa le hanno fatto questi onesti pedofili chiedendoti di spiegarle il perchè e così via. Quando la smetteremo di coltivare e mascherarci dietro graziosi pensieri borghesi?
Giugno 10th, 2007 at 2:52 pm
Io penso che cercare motivazioni genetiche o karmiche alla base delle proprie deviazioni sessuali sia un po’ come cercare delle scuse per dire “non e’ colpa mia, ma dei geni o del karma” per essere più accondiscendenti verso se’ stessi.
Mah, a me non pare mica del tutto vero. Una persona può assumersi la responsabilità delle proprie azioni solo quando le conseguenze dei propri atti ricadono solo su di lui, cosa palesemente falsa nel caso del pedofilo che adesca un ragazzino. Anzi, è vero proprio il contrario. Il problema è proprio che le conseguenze dell’atto pedofilo ricadono in modo quasi esclusivo sul minore, cosa che fa del pedofilo un irresponsabile (oltre che criminale).
Certo, però non è che possiamo fare molto nella nostra posizione, se non aiutare chi ci sta attorno (a cominciare dai nostri figli, i nostri amici, le persone con cui ci relazioniamo) a sviluppare un senso critico solido ed equilibrato, capace di digerire mattoni come questi, ma anche di riconoscere la pericolosità di un pensiero che vuole solo mascherare con argomentazioni pseudo-logiche quello che è soltanto una manifestazione di misero egoismo. Questo è – secondo me – il senso della pubblica denuncia su questo ed altri blog…
Pierinux
Giugno 10th, 2007 at 8:07 pm
Bene, pare che la pubblica denuncia su questo blog abbia davvero un senso, almeno quello di approfondire una questione delicata come questa. Peccato sia così difficile capirsi, però… Ad esempio, PB scrive ‘..e comunque amare le bionde e desiderarle a livello sessuale è una cosa, mentre desiderare le bionde e violentarle è tutta un’altra cosa’. Ma scusa, non è esattamente quello che avevo scritto io?
La mia tesi ,comunque, resta quella che lavorare sulla prevenzione paghi in termini di efficacia molto più di qualunque altro approccio (forse dove c’è la pena di morte certi reati sono diminuiti?!); anche se è molto meno spettacolare e più faticoso di altri metodi. E per fare prevenzione sono premessa essenziale l’analisi, la conoscenza e la comprensione del fenomeno.
La prevenzione ha tuttavia un grosso limite: può raramente dimostrare la sua efficacia, poiché è impossibile quantificare eventi che non sono mai accaduti essendo stati evitati. Quindi la pubblica opinione, i politici, i burocrati, non investono in mezzi e risorse per questa attività. Non credo proprio sia roba per fricchettoni…ma certo si potrà anche vedere così.
Ciò che mi rallegra è sapere che tra chi scrive su questo blog almeno uno si spende davvero, in prima persona, proprio sul fronte della prevenzione . Infatti il lavoro di cui narra Pietro con le piccole vittime, potrebbe parere il cardine centrale di un serio progetto preventivo: è probabile (statisticamente certo, oseri dire) che alcune delle piccole vittime di oggi, abbandonate a se stesse, divengano i mostri di domani. Prendere coscienza di essere in un ruolo ‘preventivo’ significa lavorare meglio e con più determinazione razionale. Tanto di cappello per la tua forza di volontà! ma non pensare, per questo, che sensibilità e compassione siano peculiarità solo tue e di pochi altri che ti danno ragione; per favore. Così offendi molti.
Infine, non sono ovviamente d’accordo con l’affermazione di Pierinux: ‘una persona può assumersi la responsabilità delle proprie azioni solo quando le conseguenze dei propri atti ricadono solo su di lui’. Forse ho capito male. Ma se non sono io responsabile delle mie azioni, chi lo sarà mai?
Giugno 10th, 2007 at 9:15 pm
Grazie dei chiarimenti, Paolo, su questi argomenti e’ facile che gli animi si scaldino, tanto siamo carichi di emotivita’. L’importante poi è capirsi.
Si, intendendo dire che “assumersi la responsabilità delle proprie azioni” significa assumersi l’onere di riparare se si fa uno sbaglio, proclamare la propria disponibilità a pagare di tasca propria gli errori o le conseguenze delle proprie azioni. Cosa che i pedofili evidentemente non possono fare. Codardi e vigliacchi fanno solo il proprio egoistico interesse sapendo perfettamente che chi paga poi sono solo gli altri.
Comunque capisco il tuo punto di vista: parlarne, razionalizzare, aiuterebbe a conoscere il fenomeno e forse prevenire. In linea di massima sarei d’accordo, se non fosse che: a) il problema di fondo, non superabile, sta nel fatto che l’atto pedofilo è un atto fondamentalmente egoista la cui vittima è una persona che non ha gli strumenti per difendersi, non vedo cos’atro ci potrebbe essere da razionalizzare…, b) il pericolo – viceversa – è che da questa razionalizzazione alcuni possano trovare pure una plausibile giustificazione alla loro perversione e quindi venire allo scoperto ed agire (cosa che pare sia già successa in passato, negli Stati Uniti, con conseguenze tragiche).
Quindi il mio punto di vista, lo stesso espresso dal presidente dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) ieri in una mailing list interna degli associati, è che “il sito va bannato“, punto e basta.
Ciao, Pierinux
Giugno 10th, 2007 at 10:11 pm
Non ho problemi ad offendere i molti se c’è in gioco la vita delle persone. Su tutte le altre questioni umane (religiose, politiche, filosofiche ecc.) preferisco ascoltare, contemplare e condividere il cammino di ricerca con tutti. Ma se essere chiari vuol dire offendere, allora sono fatti di chi s’offende, non certo miei.
Caro Paolo, io mi sto disintossicando con fatica dall’ “oppio mentale”, fratello gemello, ma meno conosciuto, del famoso “oppio religioso”. E nei tuoi discorsi ne ho sentito il profumo e il sapore. L’ “oppio mentale” ce lo hanno piantato nel cervello da piccoli, a scuola e poi lo hanno coltivato ben bene attraverso tutti le altre agenzie educative in cui ci siamo imbattuti.
Che effetto ha questa droga? Confonde la Verità con le opinioni, creando paesaggi possibili ma lontani anni luce dalla realtà. In questi mondi i pedofili possono esserlo anche senza far violenza sui bambini; oppure esiste la “guerra umanitaria” e gli esempi possono essere moltissimi.
La nostra mente è allenata a toglierci dal reale e spostarci in un soffice mondo dove non sentiamo e non vediamo più nulla tranne che il nostro piccolo orticello. Fa così perchè difficilmente sopravviveremmo all’assurda società in cui viviamo.
Lo zazen mi sta aiutando molto a disintossicarmi ma, allo stesso momento, sono conscio che, come ogni forma della spiritualità, può riportarmi indietro nella dipendenza.
Per uscire immediatamente dagli effetti devastanti di questa dipendenza celebrale c’è un interessante “gioco” che mi è stato insegnato: chiedersi se ciò che vedo, ciò che penso e ciò che scelgo di fare sia “mortale” o “vitale”. Alla domanda è “giusto o no?” “E’ bene o male?” Il nostro cervello reagisce con degli imput ben precisi che fanno diventare tutto un “dipende”. Col “mortale” o “vitale” non hai scampo, o scegli l’uno o scegli l’altro, o continui a farti d’oppio o ne vieni fuori, ma lì è tua/mia libera scelta.
Concludendo, non scrivo sul blog per farmi lodare o cercare rissa…anche se qualche pugno mediatico, ogni tanto, ci sveglia dal nostro comodo e fumoso torpore. Infatti, Paolo, osserva il tuo primo intervento e il tuo ultimo e dimmi se non hai acquistato mille volte in chiarezza, grazie (forse) alle punzecchiature mie e del buon Piero. “Ma se non sono io responsabile delle mie azioni, chi lo sarà mai?” La strada è ancora lunga per tutti, ed è bello condividerla.
Giugno 10th, 2007 at 10:17 pm
Grazie, così si scioglie la competitività…
Pericoli ce ne sono qualunque scelta si faccia: non penso sia ipotizzabile ‘estinguere’ la pedofilia in tempi medio-lunghi. Nè so dire se sia meglio ‘bannare’ i siti oppure no: non avremo mai un convincente ritorno di informazioni che ci dica cosa è (era) più giusto fare.
Ciascuno fa il suo mestiere e ne è condizionato: i ‘preventori professionisti’ danno valore a tante razionalizzazioni e considerazioni che, a chi non è del mestiere, possono apparire insignificanti. Ciao
Giugno 10th, 2007 at 10:31 pm
Scusate, non avevo ancora visto la risposta di Pietro Bizzini. Che dire? Non ti conosco ma ti vboglio bene. Dal tuo alto soglio… hai acquistato qualcosa anche tu? o preferisci continuare a “giocare”?
Giugno 11th, 2007 at 1:56 pm
Amo la parte ludica della vita; grazie a Dio, faccio fatica ad essere serio su tantissime cose, ma sulla pedofilia non scherzo.
Non ho un alto soglio da cui guardarti, non lo voglio, non lo cerco. E mi spiace se hai percepito questo dai miei ragionamenti, ma non ci posso fare nulla. “La Verità vi farà liberi” questa è la mia ricerca che non ammette comode deviazioni.
Ti ringrazio del tuo affetto che ricambio volentieri, da fratello a fratello, nella nostra confusa umanità. Sono sicuro che su tantissime altre questioni andremmo d’accordissimo e magari sarai tu a tirarmi fraternamente l’orecchio se dovessi deviare in ragionamenti barocchi. Ci conto!
Giugno 11th, 2007 at 2:03 pm
Scusa, posso sapere quanti anni hai?
Ciao
p
Giugno 11th, 2007 at 2:15 pm
Ho 29 anni, perchè?
Giugno 11th, 2007 at 3:01 pm
Volevo capire se avevo sbagliato approccio: evidentemente sì. Ti facevo assai più giovane. Così posso solo lasciarti alle tue Verità, sperando che non ricadano su altri. Auguri.
Giugno 11th, 2007 at 3:16 pm
Anche su questo non posso essere d’accordo, Paolo. Se Pietro sbaglia le vittime dei suoi errori ne avranno ricevuto forse solo una limitazione della libertà di agire secondo le proprie pulsioni. Pazienza. Se invece ha ragione, avrà salvato delle vite.
Se non fosse altro, per il principio del minor danno ha ragione lui: l’eventuale ricaduta delle sue Verità non fa male a nessuno.
P.S. …e sono pure molto più vecchio di Pietro 🙂
Giugno 14th, 2007 at 1:03 am
Orgoglio pedofilo, sito bloccato
Gentiloni contro “Love boy day”
Oscurato in Italia il sito tedesco che sostiene la giornata dell’orgoglio pedofilo
ROMA – Almeno in Italia, il sito tedesco che sostiene il Love boy day, la giornata dell’orgoglio pedofilo, è stato oscurato. Dopo lunghe e accese polemiche, non si farà più pubblicità online “sull’abominevole giornata”, come l’ha definita il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.
L’invito è per il 23 giugno, tra appena dieci giorni, quando “tutti i pedofili della Terra – come scrivevano i sostenitori dell’iniziativa – accenderanno una candela azzurra per ricordare i pedofili incarcerati, vittime delle discriminazioni, delle leggi ingiuste e restrittive”. Il tam-tam tra i pedofili ribalzava da settimane su internet e il sito tedesco oscurato in Italia era la piazza vituale sulla quale i sostenitori dell’iniziativa si davano appuntamento e si scambiavano opinioni.
Parlando della decisione di cancellare dai computer italiani il sito tedesco, il Ministro Gentiloni ha sottolineato il “particolare significato di questo successo, sia per l’ubicazione all’estero dell’inidirzzo elettronico (come tale non assoggettabile all’autorità italiana), sia per la collaborazione prestata dagli Internet Service Provider italiani e dal mondo delle associazioni di volontariato, come la Meter di don Fortunato di Noto, i quali hanno cooperato per contrastare l’iniziativa pedofila”.
(13 giugno 2007)
Giugno 15th, 2007 at 12:50 pm
Meglio tardi che mai!
Giugno 22nd, 2007 at 9:54 am
“Affida i fiori al tempo e gli uccelli al vento”
(Shobogenzo – Bodaisattva Shishobo)
sc
Giugno 28th, 2007 at 9:01 pm
Leggendo SF3:
cosa ha fine? Cosa si compie? Niente ha inizio, niente ha fine.
La fine è solo nei films.
Luglio 3rd, 2007 at 11:14 pm
Magnifico Yokoyama. Non manca nulla, nulla che ecceda. Complimenti a chi ha scovato e curato questa rara chicca di un autore così pudico nello scrivere…
Luglio 6th, 2007 at 6:49 am
Quella volta a ricevere l’ospite e metterlo alla prova fu mandato un monaco con un occhio solo. L’ospite, andandosene, disse di aver perso la prova perché quando aveva indicato con un dito il Buddha aveva ricevuto come risposta due dita a significare Buddha e il Sangha; allora aveva esposto tre dita per indicare i tre gioielli ma gli fu risposto “unità” con la mano serrata. Il guercio era arrabbiato dicendo che era stato preso in giro perché dell’ospite, mostrando un dito aveva inteso ricordargli: hai un occhio solo. Lui con due dita prendeva atto che l’ospite ne aveva due. Ma quando l’ospite alzò le tre dita indicando che c’erano tre occhi soltanto in quella stanza deridendolo di nuovo, lo minacciò con un pugno.
Luglio 18th, 2007 at 7:27 pm
Salve, sono Gennaro Iorio.
Ho letto il suo commento al ”Il papa chiede perdono”.
La ringrazio di aver letto la mia scheda e di aver trovato il
tempo di fare un commento.
Tuttavia non ho capito bene cosa volesse dire.
Vorrei solo precisare un punto: quello non è un articolo, ma una scheda di commento ad un libro da me letto.
Se avessi scritto un articolo, avrei dovuto precisare tanti punti
che in quella scheda sono omessi.
Penso alla complessità della figura di Giovanni Paolo II.
Davvero grazie per il commento e spero che lei possa commentare, là dove sono interessanti per lei, anche le altre schede che verranno.
Un saluto.
G. Iorio.
Luglio 18th, 2007 at 7:32 pm
Caro Iorio,
grazie per la precisazione sul post.
Le perplessità a cui mi riferivo sono quelle espresse dal teologo Kung e che erano riportate nel link che ho citato. Non sono un vaticanista esperto, ma da semplice osservatore laico non mi sembrano considerazioni peregrine e, a un anno dalla sua dipartita, inducono a riflettere in modo più distaccato e obiettivo sulle scelte istituzionali operate da quel, comunque grande, papa.
Ma ripeto, non me ne intendo più di tanto. Rimasi però molto sorpreso quando un mio caro amico mi riferì che il prete della sua parrocchia gli confidava in privato che papa Wojytila era “una disgrazia per la chiesa perché ultraconservatore, assolutista” e aggiungeva “quanta superbia, quanta mancanza di carità e di rispetto per i preti!”. Io invece ne ero affascinato e avevo tutta un’altra immagine di lui…
Saluti
Al
Luglio 23rd, 2007 at 5:08 pm
Da qualche parte ho letto che l’estrema vetta della poesia è arida.
Questa mattina il cielo era pieno di uccelli che cacciavano insetti,
tutto era così…semplice e nello stesso tempo spettacolare, non saprei con quali altre parole descriverlo.
Luglio 30th, 2007 at 11:17 am
Descrizione di un’interessante esperienza post-mortem… o è la vita?
Da E. A. Poe, “The Colloquy of Monos and Una” (1841)
“For that which was not – for that which had no form – for that which had no thought – for that which had no sentience – for that which was soulless, yet of which matter formed no portion – for all this nothingness, yet for all this immortality, the grave was still a home, and the corrosive hours, co-mates”.
Per ciò che non era – per ciò che non aveva forma – per ciò che non aveva pensiero – per ciò che non aveva sensibilità – per ciò che era senz’anima, senza però che neppure la materia ne costituisse la minima parte – per tutto questo nulla, e tuttavia immortale, la tomba era ancora una casa, e le ore distruttrici erano compagne.
Luglio 30th, 2007 at 5:21 pm
Finché ci siamo noi, non c’è la morte. Quando c’è la morte non ci siamo più noi. Così diceva un filosofo greco per fugare la paura della morte. Io non credo che basti questo argomento razionale. Nessuno sinceramente vorrebbe mai morire. Anche chi le va incontro precocemente o in fretta secondo me lo fa spinto sempre dalla paura (della serie: farla finita per superare l’angoscia). Ma è bello e consolante pensare, come propone mym, che la morte invece è un’opportunità per celebrare la vita. Forse chi ha paura della morte, in realtà ha paura della vita.
Ciao,
Al
P.S. Suggestiva la citazione di Dario. Ho incontrato uno di quelli clinicamente deceduti e poi recuperati in extremis. Dice che “di là” si stava una vera meraviglia, sarà…
Luglio 31st, 2007 at 4:39 pm
Commercio equo: i contrari…
Nel post di ieri sottolineavamo come l'acquisto di prodotti nel circuito del commercio etico, potesse garantire una maggiore giustizia nei confronti dei produttori e lavoratori dei paesi in via di sviluppo.Ci sono però aspetti, sia sul piano…
Agosto 2nd, 2007 at 11:40 pm
Senza corpo non c’è sensualità e di conseguenza comunicazione e coinvolgimento. Lo percepisci, oltre che nella poesia (e in Lesbo c’è con una potenza sconvolgente), soprattutto nell’arte scenica: un attore/attrice, un ballerino/a, un/a musicista senza corpo non ha neanche anima/vita. Cupido è una versione molto annacquata di Eros.
Ciao,
Al
Agosto 3rd, 2007 at 4:22 pm
Vero. Eros e Cupido, come anche le rispettive madri Afrodite e Venere, benché abbiano caratteristiche in comune abitano però Olimpi diversi: sono cioè espressione di due culture profondamente diverse. Perciò non si può rimproverare all’uno di non essere pari all’altro: equivarrebbe a rimproverare ai Romani di non essere Greci, o viceversa… come a un pensatore non potremmo rimproverare di non essere un ballerino o a un matematico di non essere un attore! Ciao
Agosto 3rd, 2007 at 7:56 pm
Sono d’accordo. Non era infatti un rimprovero, solo una considerazione supplementare e una constatazione. I Romani comunque erano ancora molto vicini; siamo noi che, ahimè, abbiamo perso tanto di quella vitalità originaria. Oggi questo straordinario mito della potenza della natura è ridotto a un insulso e frigido puttino per i fumetti. Mi astengo dal dire per colpa di chi…
A proposito, complimenti per il dotto e interessante post!
Felice week end,
Al
Agosto 4th, 2007 at 6:57 pm
Nemmeno il mio era un rimprovero… Il fatto è, credo, che essendo entrambe le culture quasi altrettanto lontane da noi, poco avvertiamo la distanza che c’è tra l’una e l’altra… Grazie a te per l’interesse e per i complimenti, e buona domenica, Cristina
Agosto 6th, 2007 at 1:10 pm
Ringrazio Mauricio per avermi citato, non in giudizio 🙂 Invece lì speriamo che, oltre al tribunale della storia, ci siano realmente trascinati, come tutti i comuni cittadini, anche quei prelati che adesso se la cavano con un congruo “rimborso spese” ai parenti delle vittime della pedofilia. Oltretutto a spese dei contribuenti (vedi 8×1000). Certo il potere è potere, è sempre stato così. Possono raccontarci tutte le balle, pardon bolle che vogliono…
Ciao,
Al
Agosto 9th, 2007 at 3:55 pm
Ciao, ho letto la bolla papale che hai pubblicato.
Sono pienamente d’accordo con te, quando affermi che ci sono passaggi agghiaccianti.
La storia della Chiesa è lunga e con tante, forse troppe, zone d’ombra. Maritain su questo punto osservava: bisogna distinguere il personale della Chiesa dalla Persona della Chiesa.
Questa osservazione del pensatore francese è l’unica via per salvare il salvabile. Anche se, credo, che la Persona della Chiesa si formi sulle persone.
Per fortuna, o grazie a Dio, in circa 2000 anni la Chiesa ha avuto degli uomini degni come S. Francesco, Madre Teresa, ecc. Questa istituzione antica si regge sulle spalle di pochi giganti.
Potrà avere un futuro, credo, solo se avrà altri giganti, di contro diventerà troppo pesante e tutto crollerà. Ciao.
Agosto 11th, 2007 at 2:41 pm
Sono venuta a conoscenza della vostra realta’ per puro caso, da una rivista.
Grazie a voi posso ora informarmi su antiche tradizioni, vicine a casa che non conoscevo…
grazie
Ada
Agosto 12th, 2007 at 4:53 pm
Prego,
benvenuta
mym
Agosto 21st, 2007 at 11:26 pm
c’è anche un post di Grillo sull’argomento…
Pierinux
Agosto 24th, 2007 at 12:11 am
Per ogni persona che incontriamo c’è una parte di noi che nasce e vuole vivere.
Le persone vanno e vengono e noi nasciamo e moriamo in ogni istante. E’ difficile sia partorire che lasciare andare, ma questa è la vita…
Silvano
Agosto 24th, 2007 at 10:12 am
Partorire lasciando andare potrebbe essere una soluzione, comunque difficile.
Agosto 26th, 2007 at 7:32 am
Molto difficile, si. A volte il dolore è lo scotto che paghiamo per qualcosa di veramente importante che per un attimo abbiamo trattenuto.
Un po’ di dolore forse va messo in conto per un “attimo fuggente”.
Prima di morire potremo dire di aver sofferto e sorridere per aver sofferto di un qualcosa che ci ha dato molta gioia.
Buon rientro a tutti.
roccia
Agosto 26th, 2007 at 12:33 pm
Prego, accomodatevi. Ognuno è ciascheduno. Poi, però, non venite a piangere… 🙂
Ciao,
mym
Agosto 27th, 2007 at 12:57 pm
Ci voleva, grazie a Yushin e collaboratori. Nel campo dello zen è vero che si trovano informazioni diciamo pure inadeguate per non dire di peggio.
Agosto 30th, 2007 at 12:00 pm
La mia intenzione era di parlare di quello che crediamo sia il nostro “io”, che spesso cerchiamo negli sguardi altrui o nelle ipotesi che continuamente fa la nostra mente,
la sua inconsistenza è come quel detto che dice che ogni cosa precipita anche quella a cui ti sei afferrato per non precipitare, al quale mi sono ispirato negli ultimi versi.
Settembre 3rd, 2007 at 5:45 pm
[…] [il filosofo Epicuro si trova nel “vero” inferno, Democrito no!, eccolo tra i savi del limbo. Anzi, l’aspetto fisico dell’inferno stesso somiglia al cosmo di Democrito, con quei suoi atomi che volano e si aggregano nel vuoto, creando le nebulose. Vedi anche G. Semerano, L’infinito: un equivoco millenario] […]
Settembre 12th, 2007 at 12:42 am
[…] Ecco la seconda puntata de L’ovra inconsummabile. Potete trovare qui la prima […]
Settembre 12th, 2007 at 7:46 pm
Il caro Cibì scrive per se stesso?… Qual è la chiave per l’ovra incosummabile?
Ciao,
Cri
Settembre 19th, 2007 at 2:04 pm
per il Sig. Gennaro Iorio
Ciao sono Gabriele, tra me e specialmente Fulvia abbiamo letto quasi tutti i libri del Dalai Lama, che troviamo veramente istruttivi anche dal punto di vista cristiano. Ti chiedo un favore, il titolo di un libro; come per i cristiani c’è il vangelo, sulla vita e gli insegnamenti del Buddha che libri ci sono da leggere?
RingraziandoTi anticipatamente, un caloroso saluto da Gabriele e Fulvia
Settembre 19th, 2007 at 7:00 pm
Ciao Gabriele, grazie per la domanda e grazie per la fiducia che essa comporta.
Non posso darti un titolo, per il buddismo, che corrisponda ai Vangeli Cristiani.
Perchè, io credo, non vi sia nel buddismo un equivalente.
Tuttavia, vi è una letteratura sterminata sulla vita e su ciò che ha detto il Buddha, se mai ha detto qualcosa!
Mi permetto di rinviarti al sito de La stella del mattino in bibliografia commentata, qui puoi trovare una divisione ragionata degli argomenti ed ogni libro è seguito da un breve commento utile per la scelta.
La letteratura buddista è davvero sterminata, i Sutra, che raccolgono l’insegnamento del dharma, sono decine e decine per migliaia di pagine.
Uno dei punti centrali del Buddha è: tutto ciò che verificate da un punto di vista concettuale, tendete sempre a verificarlo nella vostra vita. Sostanzialmente il buddismo è pratica.
Ecco perché c’è chi pensa che Buddha non disse proprio nulla.
Spero, anche se non in modo diretto, di aver risposto alla tua domanda.
Resto sempre a disposizione per un ulteriore scambio di opinioni.
Gennaro
Settembre 27th, 2007 at 11:02 am
mah, non sono del tutto d’accordo. nel caso specifico mi pareva che stessero occupandosi della sopravvivenza della loro gente piu’ che di politica. o anche questo e’ politica ?
grazie,
pierinux
Settembre 27th, 2007 at 11:09 am
Se fossero andati a coltivar patate (forse) non sarebbe stata attività politica. Scendere in piazza è¨ “far politica”.
Augh!
Ciao
y
Settembre 27th, 2007 at 11:10 am
ok, capito, sono un po’ meno in disaccordo ora, ma solo un po’.
bye!
pfm
Settembre 27th, 2007 at 11:21 am
Sono d’accordo sull’ultima frase “certi errori vanno fatti, altrimenti non ha senso essere religiosi”. Ricordo i vescovi combattenti dell’America Latina, pagarono sulla propria pelle. Anche “coltivar patate” è una scelta politica, quella di astenersi o far finta di niente. La peggiore!
Al
Settembre 27th, 2007 at 11:33 am
Il senso della vita. L’errore dei monaci birmani…
I monaci non si dovrebbero occupare di politica. La loro resistenza pacifica è un errore di cui pagheranno le conseguenze. Tuttavia, in alcuni casi, certi errori vanno fatti, altrimenti non ha senso essere religiosi….
Settembre 27th, 2007 at 11:35 am
Ci sono alcune petizioni online che si occupano dell’argomento:
http://www.petitiononline.com/Relieve/
http://www.PetitionOnline.com/kha8954b/
http://www.PetitionOnline.com/9848/
http://www.PetitionOnline.com/UNSCFRC/
http://www.amnesty.org/actnow/myanmar/myanmar_eng.htm
Settembre 27th, 2007 at 12:38 pm
Vivere senza commettere errori, che bella vita serena!
Settembre 28th, 2007 at 12:57 am
Anche se Samsara e Nirvana sono non due,le vie del mondo e la via del risveglio non sono la stessa cosa.
Uchiyama dice che (vado a memoria) seppur è sacrosanto liberarsi della povertà, la pratica del risveglio è totalmente su un altro piano.
Condivido questa tesi.
Certo, ho avuto un moto di orgoglio personale nel sapere degli accadimenti di Birmania. Mi rendo anche conto però di aver pensato in termini emotivi, a partire da quelle categorie occidentali che mi costituiscono e mi condizionano profondamente: benessere, democrazia, progresso scientifico e tecnologico, uguaglianza. Categorie relative. Categorie che, peraltro, mostrano oggi anche la loro faccia oscura, della quale non ci siamo forse ancora resi ben conto: la democrazia è sempre più una oligarchia; il progresso uccide il pianeta; il benessere allarga la forbice tra ricchi e poveri; l’uguaglianza, la libertà…restano quel che sono. Sogni.
Dunque, che dirne? Mi piace pensare che molti di quei monaci si siano mossi animati da un sincero senso di compassione ed abbiano scelto di donare un po’ del loro ‘buon’ destino a favore di tanti più sfortunati, per favorirne la liberazione. A costo di guadagnarsi un po’ di inferno karmico in più.
Ma non sarà stato così per tutti: molti si saranno mossi spinti dalle loro emozioni mondane, altri per acquisire meriti, altri per ordini di scuderia. O un po’ di tutto ciò.
E molti saranno rimasti nei loro monasteri, alcuni anche coltivando aspettative opposte a quelle dei manifestanti.
Bisognerebbe conoscere la situazione dall’interno, per capirne qualcosa.
Intanto però due cose sento che sono successe. E’ stato pesantemente incrinato il luogo comune che vede, almeno in occidente, il Buddhismo come dottrina della quiete e dell’estinzione; ed è iniziato un processo di liberazione e consapevolezza per un intero popolo che tanto ha già duramente pagato le coseguenze del colonialismo e della guerra, ed alla fine il sadico fanatismo di pochi oligarchi.
E mi sento meglio; ed anche un po’ migliore.
Settembre 29th, 2007 at 11:06 am
Complimenti, bell’articolo, direi che hai centrato il nocciolo del problema, purtroppo però il tuo programma non è né urlato con un “vaffa” né scritto su 240 pagine, né proclamato in 10 punti. E’ solo sussurrato, e nessuno ascolta chi sussurra.
Pierinux
Settembre 29th, 2007 at 6:02 pm
Segnalo la campagna “Free Burma”: http://blogosfere.it/2007/09/blogosfere-lancia-la-campagna-free-burma.html
Al
Settembre 30th, 2007 at 9:57 am
[…] 106. La Stella Del Mattino – Ambito Buddista: Il Senso della Vita (post e fascetta) […]
Settembre 30th, 2007 at 11:41 am
Forse tra qualche settimana, ripreso il solito tran-tran, avremo dimenticato ciò che avviene in quei paesi lontani così come ciò che troppi esseri umani patiscono ogni giorno in vari luoghi del pianeta… Questi monaci che sfilano a migliaia e si fanno ammazzare ma non demordono, muovono intanto qualche emozione profonda. Ci fanno ricordare che “non si vive di solo pane…” Chissà?
Il mio contributo ideale: http://protonutrizione.blogosfere.it/2007/09/free-burma-e-la-canzone-della-liberta.html
Al
Settembre 30th, 2007 at 4:47 pm
“Free Burma” e la canzone della libertà…
Aderiamo alla campagna "Free Burma" e marciamo anche noi idealmente con i monaci birmani. Dedico a questi eroici difensori della libertà il testo di una vecchia canzone dei Gufi (anni '60):CANZONE DELLA LIBERTÀ G. Lunari / …
Ottobre 2nd, 2007 at 5:07 pm
Un caro amico mi scrive:
Mingalabar,
notizie non ne ho ne’ posso averne, riguardo alla domanda che pone il tuo
articolo e quello che scrive Bianchi, se da un lato il Dalai Lama decise di
abbandonare la lotta armata, forse a Ceylon oltre ai laici anche i monaci
non hanno mai smesso di sparare.
Che Ne Win, il primo dittatore Birmano, fosse appoggiato dalle alte sfere
Buddhiste è noto ma interessante che anche ora, mi risulta, la giunta sia
benedetta dagli alti rappresentanti del clero.
Purtroppo per loro (i Birmani), oltre alla posizione strategica
“problematica”, una eventuale democrazia giovane salterebbe in aria dopo
poco sotto alla spinta delle richieste di autonomia delle tribù (tra 60 e 70
etnie) almeno delle più numerose come i Karen
che da sempre combattono e
vengono regolarmente massacrati dall’esercito Birmano, e Cinesi, Indiani
Indu’ e Mussulmani e i Birmani che vivono tutti compressi dalla dittatura,
se poi qualcuno volesse buttarci un cerino…
In sostanza, comunque sia, la vedo brutta, l’unica cosa che mi è parsa
strana è che i militari sparino sui monaci che da queste parti sono
veramente rispettati da tutti. Ciao
dm
Ottobre 2nd, 2007 at 11:11 pm
Temo di dire di essere d’accordo con Yu Shin. Non lo siamo quasi mai.
Tuttavia curiosando sul Web si è rinnovata in me una preoccupazione che nutro da tempo, quella cioè che il Buddismo, manipolato da noi occidentali (ma non solo) e filtrato dalle nostre categorie, stia assumendo il vero carattere di un –ismo, sulla falsariga di altre religioni, dottrine ecc.
Il rischio che il Buddismo prenda una forma, segnatamente quella di una ideologia, è stato messo a mio avviso in risalto da quanto accade in Birmania (mi rifiuto di usare quell’altro nome imposto dai miltari) e dalle conseguenti reazioni emotive di molti occidentali…
Continua qui
doc
Ottobre 3rd, 2007 at 5:11 pm
Possibile che a nessuno sia venuto in mente che non fanno quel che fanno perché sono monaci e buddisti, ma perché sono esseri umani con un po’ di coscienza della condizione in cui si trovano? Dove sta la meraviglia? Che siano monaci e buddisti fa parte della contingenza, come il fatto che sono birmani. Se lo facessero come monaci e come buddisti dovrebbero essere sempre in piazza per qualunque minima questione in qualunque parte del mondo (dell’universo?): oppure non muoversi per nessuna ragione. E soprattutto lasciamo stare l’orgoglio di parrocchia: questo sì che è disdicevole, standosene sul divano a pontificare sull’altrui pelle. Sarebbe anche il caso di non scordare che è la gente comune quella con cui solidarizzare: il clero se la sfanga sempre, sia con le dittature che con le democrazie. Quindi tutta la stima e la solidarietà pudica ai birmani che non ci stanno, laici o monaci che siano.
Un saluto, Jiso
Ottobre 3rd, 2007 at 5:12 pm
Non concordo con quanto dice Jiso perché -da quel che appare con evidenza- i monaci son scesi in piazza in quanto tali o soprattutto in quanto tali (oltre che come birmani, esseri umani ecc.). Gli idraulici non hanno fatto il loro corteo, magari in salopetta, e così via tutti gli altri. Non penso vi sia nulla di male né in questo, né in quello, anzi; ma il fatto che siano scesi in piazza (anche?) come monaci buddisti ha una forte valenza in Birmania dove sanno di contare, e molto, proprio come monaci, ben più dei semplici esseri umani/birmani. É, mutatis mutandis, la stessa valenza che hanno i parroci quando consigliano i loro fedeli, in Italia. E, a giudicare a posteriori, la loro uscita ha una forte valenza anche nel resto del mondo. Anche se forse un tale impatto mediatico non se lo aspettavano e, per la maggior parte, forse, neppure lo sanno.
mym
Ottobre 3rd, 2007 at 11:32 pm
Pensare alla vostra comunita’ e leggere cio’ che offrite sul vostro sito, mi riempie il cuore di serenita’ e pace…..
Pur nella quotidianita’ di tutti i giorni, tra impegni e lavoro, tornando a casa al tramonto e sapere di poter leggere pensieri di amore e speranza mi riempie il cuore….
Il tutto, nel rispetto della verita’ …
Grazie
Ottobre 4th, 2007 at 12:51 pm
Grazie, Adalgisa, per le buone parole che ci dedica. Il sito è più patinato e splendente della realtà…
Un saluto
mym
Ottobre 5th, 2007 at 6:44 pm
La soluzione sarebbe semplice: la guerra costa una cosa veramente esagerata e anche il volume d’affari che ne consegue. Basterebbe un minimo aumento (pochi punti percentuali) di tassazione ai produttori di materiale bellico e risolverebbero il problema dell’assistenza sanitaria.
Ovviamente preferirei che non ci fossero né guerre, né venditori di armi, ma queste sarebbero considerazioni, se non banali, quantomeno scontate in questo contesto.
Al
Ottobre 5th, 2007 at 6:54 pm
Mi sembra un’ottima idea. Far sì che “il male” renda meno e in più con gli incassi finanziarci “il bene”. Se si riesce a far diventare business conveniente anche “il bene” … abbiamo una speranza.
Grazie Al,
mym
Ottobre 5th, 2007 at 7:33 pm
Follia criminale: Bush nega l’assistenza sanitaria ai 4 milioni di bambini…
Si commenta il recente veto di Bush alla proposta del Congresso di allargare l’assistenza sanitaria a 4 milioni di bambini indigenti: i soldi servono per continuare la guerra in Iraq….
Ottobre 15th, 2007 at 7:45 pm
Ho letto qui (http://www.sullanotizia.ilcannocchiale.it:80/post/1630806.html) queste cifre: 500 miliardi di dollari l’anno per le forze armate + 620 miliardi aggiuntivi per la guerra senza fine. Davvero impressionante! Se un parlamentare chiede invece di stanziare 35 miliardi per assistere almeno i figli di chi non può pagare le cifre da riscatto chieste dalle assicurazioni private, viene tacciato di “stalinismo”.
Al
Ottobre 22nd, 2007 at 12:15 pm
Non capisco la divergenza, mi pare che entrambi negate legittimità all’uso politico della religione,e nel caso specifico, del buddhismo: sono completamente d’accordo con questa impostazione, che però molti buddhisti spesso dimenticano.
Dopo di che ognuno ha il diritto dovere di agire politicamente, ma certo un grosso problema si pone per coloro i quali la religione rappresenta il loro modo totale di vivere, come i monaci, nel caso buddhisti.
Si tratta di questioni delicate, ma io credo che i religiosi di professione debbano essere forza di chiarimento interiore,di pacificazione, di dialogo, ma non i protagonisti della battaglia politica, altrimenti dovrebbero dedicarsi ad altro, rinunciare al loro status formale di religiosi.
Ottobre 22nd, 2007 at 12:16 pm
Che ne pensate di Bernie Glassman, a proposito di buddhismo e impegno sociale? Sul fatto che i religiosi non debbano fare politica, sono del tutto d’accordo col redattore di questo splendido sito.
Ottobre 22nd, 2007 at 3:42 pm
“Splendido sito”? Wow! Grazie, troppo buono. Gli errori sono tutti del webmaster, i meriti… si sa: meglio non caricarsi di troppo bagaglio o dalla porta senza ingresso non si passa… :-).
Su Glassman preferisco non dir nulla, qualcuno si potrebbe offendere.
Ciao,
mym
Ottobre 22nd, 2007 at 4:34 pm
Sì, non c’è stata op-posizione. Avrei letto con interesse l’esposizione di una tesi divergente. Per non correre il rischio di adagiarsi su posizioni di comodo.
Ciao
PS: non conosco Glassman.
Novembre 12th, 2007 at 7:50 pm
Ho visto questo film un sacco di volte, ho una vecchia videocassetta, anche io lo sto cercando
in dvd.
E’ molto bello.
Un cordiale saluto da Peter C
Novembre 14th, 2007 at 11:25 pm
siamo sempre piu’ vicini ai figli-fotocopia. ormai non ci sono piu’ scuse tecnologiche. si puo’ fare e basta, ed e’ solo una questione etica farlo o non farlo. mi piacerebbe che ci fosse un po’ di discussione su questo tema…
pierinux
Novembre 14th, 2007 at 11:35 pm
Passi da gigante verso la clonazione umana. Per la prima volta gli scienzati hanno creato embrioni da primati adulti….
Per la prima volta gli scienzati hanno creato qualche decina di embrioni da primati adulti. Ma quali sono le implicazioni di questo impressionante passo avanti per il futuro dell’umanità ?…
Novembre 14th, 2007 at 11:55 pm
Già da alcuni anni si sa che le cellule staminali presenti nei tessuti adulti posseggono la stessa plasticità di quelle embrionali. (Vedi ad esempio, tra le altre, questa ricerca) Utilizzando cellule emopoietiche presenti nel midollo osseo diventa poossibile qualsiasi tipo di terapia cellulare senza dover far uso di cellule embrionali, senza cioè dover utilizzare i cosiddetti embrioni soprannumerari creati nella fecondazione in vitro. E’ stato accertato che esse si possono differenziare in muscolo e che quelle derivate da tessuto nervoso e muscolare possono ricostituire a loro volta il sistema emopoietico. Studi hanno anche documentato la capacità delle cellule del midollo osseo di ripopolare il fegato dopo trapianto o di trasformarsi in cellule che esprimono marcatori neuronali. Inoltre, a differenza di quelle embrionali, l’uso delle cellule staminali adulte non crea problemi di rigetto perchè possono essere prelevate dalla stessa persona che poi le riceverà come tessuto da impiantare. Ci sono anche alimenti ed erbe che favoriscono la migrazione endogena delle staminali dal midollo verso organi e tessuti da riparare. Ma perché non si spinge in questa direzione? Semplice: non creerebbe abbastanza profitti ai mercanti di staminali.
Novembre 15th, 2007 at 12:41 am
sicuramente ci sono enormi interessi economici in gioco, per prima l’industria cosmetica come la potentissima industria della salute (per i ricchi).
tuttavia penso che molto si giochi anche sul concetto che l’uomo vuole a tutti i costi dimostrare di poter costruire se stesso ed affrancarsi cosi’ da Dio.
pierinux
Novembre 15th, 2007 at 3:41 am
E’ da sempre (o se preferisci dopo la cacciata dall’Eden) che l’uomo cerca l’immortalità con vari sistemi (alchemici, magici, scientifici). A parte i soldi, penso che questo sia il desiderio principale che lo muova. Per le staminali io penso che sarebbe un grande progresso della medicina riuscire a trovare i modi di stimolare quelle endogene ed evitare i farmaci. E’ un processo che già avviene fisiologicamente e naturalmente. Si tratta solo di favorirlo e indirizzarlo meglio. Già con alcuni nutrienti e fitopreparati giusti possiamo dare una mano.
Vedi ad esempio qui:
Novembre 15th, 2007 at 8:25 pm
[…] Siamo lieti di annunciare che Martedì 20 novembre, l’Università Carlo Bo di Urbino conferirà a monsignor Gianfranco Ravasi la laurea ad honorem in Antropologia ed Epistemologia delle Religioni. […]
Novembre 23rd, 2007 at 1:03 pm
[…] SAN DIEGO — Per un gruppo di docenti universitari che studiano teologia, il Flying Spaghetti Monster (di cui abbiamo avuto modo di parlare tempo fa) – icona “spirituale” di una nuova religione nata e cresciuta su Internet – è qualcosa di più di un piatto piccante di cultura pop. […]
Novembre 23rd, 2007 at 7:52 pm
Il Flying Spaghetti Monster ispira un dibattito religioso traballante…
Per un gruppo di docenti universitari che studiano teologia, il Flying Spaghetti Monster – icona “spirituale” di una nuova religione nata e cresciuta su Internet – è qualcosa di più di un piatto piccante di cultura pop….
Dicembre 3rd, 2007 at 2:54 pm
Molto chiaro ed esplicativo il ragionamento di Jiso. Quello che non si evince chiaramente è, però, come il difetto stia (anche o soprattutto) nel manico: infatti la veste con cui il Dalai Lama si propone e presenta ad un incontro di questo genere è comunque sempre duplice, e cioè quella di guida spirituale di una comunità ormai transnazionale e contemporaneamente quella di capo politico di una regione o nazione che dir si voglia. Quando è l’uno e quando è l’altro?
Come si può essere credibili sul piano del dialogo religioso, nell’accezione di Jiso, se contestualmente si incarnano le istanze politiche di centinaia di migliaia di persone? Se tu operi a difesa degli interessi del tuo popolo, anche io opero allo stesso modo per il mio: mi pare ovvio.
Quando Cesare e Dio parlano per bocca di una sola persona, dovrebbe essere specificato ad ogni frase se si tratta di una o dell’altra opzione. Oppure, parlando con Bush bisognerebbe indossare’giacca e cravatta’ e parlando col Papa l’’abito talare’; ma sarebbe una ridicola messa in scena. Una teocrazia è per definizione e sua propria natura inscindibile, i suoi rappresentanti ne incarnano l’unità e l’ambiguità ad un tempo. E quando poi la teocrazia non è più espressione di una dottrina di pace – come nel caso del buddismo – ma di ‘guerra’ (comunque la si intenda) allora le cose si fanno tragiche….
L’idea stessa di potere politico-religioso (teocrazia) è oggi anacronistica prima che pericolosa.
La battaglia per la laicità non è solo un velleitario tentativo di affrancarsi da superstizioni ‘religiose’ o di liberarsi da imbarazzanti quesiti etici: proprio per quello che Jiso dice e che il voltafaccia Vaticano dimostra, appare sempre più come un indispensabile cammino da percorrere per potersi incontrare con trasparenza, con franchezza, senza ambiguità e finzioni.
doc
Dicembre 3rd, 2007 at 4:56 pm
Un appunto tecnico: il tipo di potere incarnato dal dalai lama non si chiama teocrazia (forma di governo in cui il potere civile e politico è esercitato da un’autorità, una persona, una casta o un’istituzione che si ritiene essere stata investita da Dio) ma è più simile alla ierocrazia -o gerocrazia- (ordinamento politico fondato sul potere della classe sacerdotale). Più prossimo al potere teocratico è quello papale: i cardinali che lo eleggono sono ispirati dallo Spirito Santo ed il suo ruolo (in questo caso religioso) è “vicario di Cristo”.
Anche secondo me l’ambiguità è duplice: sono ambedue monarchi (il papa lo è, oggi, più in piccolo ma in modo più reale), sono ambedue appartenenti al clero. Se al dalai lama, ed al suo entourage, spiace per il mancato incontro è certo a causa di un calcolo politico. Un tipo di calcolo simile a quello che muove l’altra parte.
Concordo sul fatto che il dialogo abbia poco o nulla a che vedere con le istituzioni: sono ambiti formali adatti a simboleggiare atti (per questo incontro sì/incontro no ha importanza) e non a compierli. La titolarità dell’azione religiosa è altrove, nel normale aprir la porta a chi suona, senza chiedere certificati di battesimo.
mym
Dicembre 7th, 2007 at 12:21 am
Interviste Intraviste – Katsushika…
Come previsto, il pittore è di una cortesia squisita. Un vecchietto arzillo di un’età indefinibile tra 70 e i 140 anni. Ci offre il tè che ha preparato lui stesso, in questa casa disordinatissima e piena zeppa di disegni buttati in ogni angolo pos…
Dicembre 11th, 2007 at 11:24 pm
Già, gli scarafoni… Personalmente sono molto scettico nei confronti di quel dialogo interreligioso che si realizza a livello di istituzioni, come anche sull’efficacia ed i risultati che esso possa raggiungere; mi sembra ormai una attività formale, una “moda” avviata verso il tramonto, con i relativi esperti in materia destinati a doversi reinventare.
Quando un’esperienza di fede finisce con l’ istituzionalizzarsi, perde una grossa fetta della propria autenticità, diventa meno libera, si incontra e si imparenta con il potere temporale (politico, economico, ecc), il quale impone di essere difeso ed accresciuto. Ecco allora la necessità del calcolo, del muoversi secondo quanto più opportuno e l’uomo è sufficientemente intelligente per inventarsi tutte le motivazioni e le scuse del caso, a prescindere anche dai ruoli e formalismi religiosi dietro i quali si nasconde. E poi, esperienza quotidiana di ognuno, non è neanche facile entrare in relazione con chi ritiene di essere inevitabilmente nel giusto e pensa all’altro come uno che si trova nell’errore, per dirla in termini occidentali. Ben venga allora il dialogo vissuto a livello informale, tra persone che non abbiano molto da difendere e forse, proprio per questo, più capaci di ascoltare…
Dicembre 12th, 2007 at 10:27 am
Grazie per il commento Max. Nel caso specifico (incontro tra capi di stato detentori di alte cariche clericali) non penso che il dialogo -che comunque non c’è stato- avrebbe avuto profondo senso religioso. Sarebbe stato prima di tutto un atto di sensibilità nei confronti della situazione civile, politica dei tibetani. E avrebbe avuto anche ricadute inerenti al dialogo religioso: il fatto che il “capo” dei cattolici incontri il presunto (e in qualche misura “sedicente” visto che il titolo di “sua santità” compare accanto al nome del dalai lama anche nel suo sito ufficiale) “capo” dei buddisti sarebbe almeno un segnale di accettazione della religione buddista a livello paritetico: se i due “capi” si incontrano e si omaggiano quantomeno si riconoscono…
Più interessante il discorso del dialogo religioso di base. Al di là del superamento delle intolleranze e delle discriminazioni (ottimo motivo per dialogare), ha anche un senso religioso? Quale?
Un saluto
mym
Dicembre 14th, 2007 at 3:41 pm
Le morti “bianche” – I morti sul lavoro non sono un caso ma effetto di una strategia complessiva…
I morti sul lavoro non sono un caso ma effetto di una strategia complessiva. Il modo con cui i cittadini possono opporsi alla cultura che pone il profitto al primo posto, riaffermando la cultura della vita, è attenzione, informazione, denuncia di ogni…
Dicembre 15th, 2007 at 4:21 pm
Mi siedo nello zazen da alcuni anni, quasi cinque. Ne capisco ancora poco ma ho cominciato da poco a “vedere” e vivere i buchi che ci sono nei pensieri o tra i pensieri. Secondo me cambia tutto, prima è un’altra cosa. E senza migliorare la posizione si riesce a poco. Scusa ma è tutto quello che ti posso dire.
Et
Dicembre 16th, 2007 at 1:43 am
Intanto hai visualizzato ‘il turbinio di pensieri che affollano la mente’, che mi pare il primo e indispensabile passo. Il resto verrà da sé, senza fretta. O quantomeno, questa è la speranza di ogni praticante che diviene gradualmente fede.
Scusa se mi permetto di dire la mia; non è perché io pensi di sapere qualcosa che tu già non sappia, ma perché accomunato a te dall’età, da un corpo irrigidito dagli anni e da una certa affinità emotiva; almeno, così mi è parso.
Stati d’animo come quelli che tu esprimi non sono una rarità: in un certo senso paiono connaturati alla ricerca; il dubbio è il sale, è carburante. Non si tratta di estirparlo, a mio avviso, ma di farlo ardere senza bruciarsi.
Come fare?
Non so, ma ti dico le mie riflessioni.
Il shanga. Per molti anni, se non fossi stato trainato da un’onda di amici, avrei mollato o sarei andato fuori di senno. E anche oggi la mia pratica sarebbe ben misera, senza gli ‘altri’.
Per quelli come me ,e forse come te, cavalli indolenti, una seduta di zz ogni tanto non è sufficiente ad ‘entrare’ nello spirito della pratica. Sarebbe utile concedersi un periodo di ‘vacanza dal mondo,’ in ambiente protetto, ove poter apprendere nelle migliori condizioni possibili. Sì…ci saranno pure anche i cavalli che partono al galoppo al solo veder l’ombra della frusta…ma questo lo sanno solo loro. E …dove andranno mai?
Non meno importante credo sia il rapporto privilegiato con qualcuno che identifichiamo come nostra guida, l’amico spirituale – o il ‘maestro’ come molti amano definire un po’ enfaticamente questo tipo di relazione – colui cioè che ha superato l’esame del nostro spirito critico e della nostra diffidenza, e ci ‘garantisce’ di non operare per secondi fini.
‘Intestardirsi’ è un termine assolutamente eloquente: ricordo ancora di quando fui rimproverato di mettere nella pratica un sforzo intenso ma ‘ottuso’. Non ho più scordato quell’aggettivo: ottuso. Cioè intestardirsi. Tuttavia, senza intestardirsi un po’, non si va da nessuna parte. Cerchiamo di essere testardi, ma non ottusi.
L’età: conta anche quella. Penso che più si va avanti con gli anni, più sia dura iniziare. Un proverbio dice; chi non ha testa abbia gambe. Noi non più giovani dovremmo ribaltarlo: chi non ha gambe, abbia testa.
Cosa significa aver testa? Penso debba significare innanzi tutto sforzarsi di ‘pacificare’ la nostra vita, in modo da non coltivare troppo il senso di colpa e di rivalsa (rancore, emotività, passione…): così potremmo, come effetto collaterale, arrivare allo zendo con l’animo il più possibile sereno e sgombro dai pesi della quotidianità o della nostra ‘storia’ personale. E poi, non aspettarsi nulla di particolare – un riscontro, un risultato – dallo zazen. L’ordinarietà è la dimensione di Buddha. Qualunque ‘di più’ ci rappresentiamo, causa inevitabilmente, prima o poi, frustrazione e disagio. E aggrava le nostre difficoltà. Proviamo a riconsiderare lo stato di Buddha come ordinario, ed invece il nostro disagio, la nostra sofferenza come straordinari. Come ci siamo finiti, in questa situazione?
Infine lo zazen. Se non lo si pratica con una certa diligenza, si perde del tempo. Certo, ognuno ha il suo metro di ‘diligente’: ma quando mettiamo zazen al primo posto dei nostri valori, la nostra disposizione diviene più diligente. Senz’altro.
Dicembre 17th, 2007 at 7:47 am
Anch’io ultimamente non riesco a praticare senza il dolore alle ginocchia e la necessità di sciogliere la pozizione spesso e vivo nel completo sconforto e la voglia di alzarmi e andarmene definitivamente e abbandonare tutto, sorge in me l’abbattimento e sto lì abbattuto e cerco di lasciar scorrere, con i pensieri di ogni genere, ultimamente con un senso di solitudine abissale. Effettivamente non so come fare e cosa fare, non saprei aggiungere altro.
Un saluto
Dicembre 18th, 2007 at 1:24 am
Caro River,
la tua franchezza è stimolante e di questo ti ringrazio. Francamente non vedo niente di particolarmente eccezionale nel resoconto della tua esperienza: mi pare generalmente condivisa dai più, con modalità e tempi differenziati secondo i caratteri e le circostanze: il senso di fallimento non è certo un problema, si tratta di renderlo anche salutare anziché semplicemente frustrante. Col passare degli anni comincio a pensare che lo zazen sia in gran parte quello che sembra: una posizione del corpo a volte molto scomoda, più per alcuni che per altri per motivi anatomici, a volte assai confortevole (ebbene sì, succede anche questo) a cui comunque è estremamente difficile adeguare la posizione dello spirito, mente, cuore, psiche e via dicendo. Due anni di pratica discontinua, come tu la definisci, ritengo siano pochi per tirare bilanci, ma forse possono bastare per capire se ti va di continuare oppure no, quali che siano le motivazioni occasionali. Non saprei che ricette in cui credere consigliarti, ma forse, dato che esordisci dicendo di “esserti avvicinato allo zazen”, puoi anche verosimilmente dire che lo zazen si è avvicinato a te: chissà che se lo ascolti con più attenzione, con un po’ più di costanza e con gli occhi aperti non abbia cose più interessanti da dirti. Prova a considerare il fatto di poterti sedere in zazen, con la compagnia di altri amici e la guida di una persona come MYM, come una fortuna, e non come una frustrazione, anche se non sapresti dire neppure a te stesso perché mai dovrebbe essere una fortuna: non ti costa niente e chissà che non ti aiuti a vedere anche altre prospettive. Un caro saluto e tanti auguri. Giuseppe
Dicembre 18th, 2007 at 8:51 pm
Voglio rispondere ai quattro commenti ricevuti .
Comincio col ringraziarvi per la gentilezza con cui avete accolto il mio intervento , sinceramente mi aspettavo qualche frase del tipo :
“Di che ti lamenti , te l’ha ordinato il medico di fare zz ? …”
Invece arrivate voi , con consigli da amico .
Ringrazio ET , in poche righe mi suggerisce che “qualcosa” inizia a vedere e vivere , grazie ad una pratica composta ( cura nella posizione ) e costante .
Grazie a “Doc” e Giuseppe che mi danno buoni consigli e incoraggiamenti senza usare argomentazioni o linguaggi troppo accademici .
Ultimo ( ma non per ordine di importanza ) un grazie a Roccia che è nelle mie condizioni ( e per questo lo sento particolarmente vicino ) .
Non sa darmi suggerimenti e mi offre quel che può , la sua solidarietà .
Vorrei poter contraccambiare , davvero , ma io non possiedo proprio nulla .
Grazie tante , spero di non perdervi , fatevi risentire
Ciao
Dicembre 18th, 2007 at 11:17 pm
Questa sera a “Katori” il maestro ha citato che bisogna essere sempre all’altezza delle situazioni anche nella sconfitta. Chi mette il cuore penso lo sia sempre. grazie a te River.
Ciao
Dicembre 19th, 2007 at 5:44 pm
Anch’io vorrei ringraziare River, per aver aperto questo interessante dialogo e per avermi dato di conseguenza l’opportunità di riflettere su alcune importanti questioni .
A risentirci presto
doc
Dicembre 19th, 2007 at 7:14 pm
Però. Non l’avrei mai detto che si sarebbero accumulati 7 commenti sette. Voglia di partecipazione? Mostrarsi in pubblico? Solidarietà? Argomento stimolante? Anch’io anch’io? Chissà.
Certo a casa nostra “da sempre” si fa zazen. Non c’è dubbio che siamo tutti (noi, quelli che fanno zazen) partecipi della stessa storia ma sul filo di questa storia siamo saliti in momenti diversi. Anche per questo il panorama che ciascuno di noi vede ora è diverso da quello visto dagli altri. Confrontare, palesare i panorami su internet (non dimentichiamo dove siamo), davanti a tutti, può avere senso? Non dico di no.
Grazie
mym
Dicembre 21st, 2007 at 11:06 pm
Approfitto dell’occasione che ci viene offerta… per questa volta, poi non saprei. Lo faccio con solidarietà nei confronti di River, che ringrazio ed al quale dico di trovarmi anche io in una situazione simile alla sua. Scoprii lo ZZ nei primi mesi del 2004 (mi sembra!)per reazione ad una esperienza spirituale che stavo vivendo da anni e che mi era diventata sempre più asfissiante. Semplicemente iniziai a starmene quieto da seduto su di un cuscino, davanti ad un muro, come poi questa “cosa strana” si chiamasse lo seppi mesi dopo, dopo aver letto uno dei testi scritti da MYM. Da allora nella pratica dello ZZ ho incontrato tutta la mia incostanza e molti dolori, alle gambe, alle anche, alla schiena… Non ho consigli o ricette da dare, non mi sembra nemmeno che ne esistano, ognuno eventualmente ha le prorie motivazioni e risposte da trovare e sentieri da percorrere. Dallo ZZ fino ad oggi ho imparato semplicemente a riconoscere che la mia testa era intasata da una moltitudine, un turbinio di pensieri e che questi sono un qualcosa che possono condizionarmi molto, pur non essendo tangibili e presenti soltanto nella mia mente…
Dicembre 23rd, 2007 at 10:27 am
Caro Max è un piacere leggere la tua mail sintetica, sincera ed eloquente, anche a te va il mio ringraziamento e colgo l’occasione per salutare Doc, Et, Giuseppe e Roccia.
In ultimo vorrei aggiungere che mi rendo conto dei motivi tecnici per cui non è possibile creare un vero e proprio “blog-Zen”.
Noi non siamo un gruppo appassionato di gastronomia, dove potersi scambiare ricette in continuazione o indicazioni sull’ultima trattoria visitata.
Pertanto credo che questo scambio di opinioni sia stata una piacevole e proficua avventura, finita presto, come spesso accade per le cose belle.
……… però mi dispiace.
river
Dicembre 23rd, 2007 at 7:16 pm
[…] Presentiamo il nuovo capitolo delle Interviste Intraviste. Trovate qui la serie completa. […]
Dicembre 24th, 2007 at 2:20 pm
Ciao a Tutti,
volevo sottoporre agli Amici e cmq tutti i gentili “meditanti”
una domanda domanda che sta accompagnando da un po’
“il valore di una persona”
Quanto vale ognuno?
…ammesso che abbia un valore…
grazie e vi abbraccio
Sara
Dicembre 25th, 2007 at 4:47 pm
Cara Saralultimastella, la domanda è birbantella.
Quasi da monella il giorno del Natale quando, come si sa nelle risposte puntute c’è da farsi male.
Allora calcoliamo pure, però prima occorre un poco di partecipazione. Il valore, come lo vorrebbe calcolato? Perché a seconda del tipo di valuta le cose cambiano assai. In moneta della galassia, per dire, una persona in più o in meno sul nostro pianetino squinternato e periferico suppongo valga meno di un volo di farfalla. Essì che di voli le sventatelle ne fanno un bel po’. Per sua madre, sua figlia, suo marito o affini qualsiasi pulzella a me sconosciuta è la luce degli occhi, più preziosa di ogni somma, in qualsiasi valuta. Ecc. ecc.
Per cui: se vuol sapere se -diciamo- fra un miliardo di anni quello che io sto scrivendo ora e che lei sta leggendo avrà una qualche importanza le dico che non lo so, ma dovessi proprio dire direi che né questo né le nostre singole esistenze conteranno più nulla. Però il mare è composto di gocce: tolte quelle… niente più mare. Insomma, dica lei: dove sono i Pirenei?
Buon anno
mym
Dicembre 26th, 2007 at 12:01 am
mym dice in forma piu’ elegante cio’ che penso anch’io: che il valore di ciascuno puo’ e deve essere nullo o infinito (in termini matematici), a seconda della prospettiva e quindi e’ nullo ed infinito allo stesso tempo.
l’importante e’ essere in grado di accogliere queste prospettive (che mettono alla pari lo zero e l’infinito con buona pace dei matematici) con equilibrio e coscienza, senza farci sconvolgere e imparando a trovarvi un senso compiuto come se fosse l’unica cosa vera.
pierinux
Gennaio 3rd, 2008 at 11:20 am
I miei complimenti!
Grazie a tutti gli editor e commentatori del sito.
Gennaio 3rd, 2008 at 11:41 am
grazie Rune, mi fa molto piacere reincontrarti anche su questo sito, torna presto a trovarci e buon Anno!
pierinux
Gennaio 8th, 2008 at 1:03 pm
domanda
dagli occhi lucidi
risposta
schietta e delicata come miele
beh…mi avete regalato una finestra
luminosa
un grazie di cuore ad entrambi
(^_^)
Sara
Gennaio 8th, 2008 at 11:26 pm
Nei giorni scorsi ho concluso la seconda lettura di questo testo ed ora il suo aspetto è ampiamente usurato…La prima volta fu quella, appena uscito, di una scorsa generale, nella quale rimisi insieme ben poco sul suo contenuto. Recentemente è giunto invece il momento di una forma diversa di lettura, quella che utilizza il lapis…. Ora al suo interno vi sono tutta una serie di segni strani e passi posti in evidenza… Lo ammetto, mi è piaciuto molto ed ha svolto il compito di entusiasmarmi non poco in certi suoi passi, oltre ad avere suscitato non poche domande su di me ed il mio vivere la vita…. Ora “i fiori del vuoto” riposa tranquillamente in libreria…
Gennaio 12th, 2008 at 8:55 pm
Dans ma maison divento uno di quei sfigati del digital divide (vergogna tutta italiana dei passati governi e peggiorata, Gentiloni docet, dai nuovi) che di vedere i filmati su Internet se lo sogna. Se ne riparla lunedì dal mio ufficio, farò sapere. Per ora foie gras mi evoca solo “alta cucina”.
Gennaio 13th, 2008 at 1:02 am
povero Al, te lo racconterei ma e’ meglio che aspetti lunedi e lo guardi con i tuoi occhi. probabilmente dormirai meglio anche nel weekend…
Gennaio 13th, 2008 at 2:10 am
Grazie Pierinux, so più o meno di che si tratta (alimentazione forzata, gabbie, dissanguamenti…) ma vedere suppongo farà molto più effetto. Sono già abituato purtroppo ai film dell’orrore che mi propongono continuamente gli animalisti. C’è anche, non dico sadismo, ma un po’ di morbosità da parte di qualcuno: una volta un superintegralista mi mostrò anche il “dolore” della lattuga quando viene “strappata dalla terra” tramite elettrodi che registravano variazioni d’onda… Personalmente cerco di attenermi ad una scala di valori al contempo nutrizionale ed etica. Certi prodotti non sono essenziali e si possono sicuramente evitare, ma ho visto negli anni bambini, figli di alcuni di questi estremisti, fortemente denutriti e ci è scappato anche qualche decesso a causa dell’ideologia. Certi video, che sono una giusta denuncia di crudeltà superflue, possono fomentare ulteriormente alcuni fanatismi alimentari. Bisogna andarci cauti.
Gennaio 13th, 2008 at 3:07 am
Il filmato è di quelli che colpiscono, buono per far partire una lunga catena di commenti dove ogniuno razionalmente spiega come è giunto alla propria scelta personale in merito, servirà a poco perchè ogniuno resterà probabilmente sulle proprie posizioni e il foie gras continuerà ad essere prodotto. Alla fine della fiera cosa resterà? Forse Dogen ci aiuterà a risolvere questo “koan”? O forse un bel pò di zazen?
Gennaio 13th, 2008 at 10:41 am
Sono in armonia, almeno teoricamente, con il principio jaina per cui esistere è solo a scapito di altre forme di vita. Perciò non c’è un esistere innocente (è la traduzione più letterale di ahimsa). La mia opinione è che per quanto non si sia mai assolutamente innocenti c’è una gradazione in questo. Nutrirsi di bambini, vitelli, oche torturate, cacciagione, pesci, uova, formaggi, latte, verdure, erba di campo non è tutto allo stesso livello di innocenza. E siccome più cerco di essere innocente meglio sto, la mia scelta è fatta
Ciao
mym
Gennaio 13th, 2008 at 11:40 am
sono d’accordo, non c’e’ l’esistere innocente, ma chi lo cerca? c’e’ il vivere in modo equilibrato cercando di fare il meno male possibile a chi ti sta intorno. ora, costringere un essere vivente a una esistenza di sofferenze atroci per soddisfare pochi minuti di piacere nostro non e’ equilibrato. il caso del foie gras aiuta a capire che l’asse di questo equilibrio puo’ essere molto lunga, delimitandone un estremo (per lo meno spero che sia un estremo e che non esista nulla di piu’ atroce di cio’ che ho visto). secondo me questo tipo di considerazione, se meditata e fatta propria, non e’ perduta quando finisce il filmato.
Gennaio 13th, 2008 at 6:53 pm
[…] Da settembre a dicembre del 2007, il Soto Zen Shumucho, braccio amministrativo di quella piramide di potere, ha organizzato in Francia la prima ango europea, pare proprio con l’intento di riprodurre in Europa lo stesso meccanismo all’interno del quale lo zen giapponese è una holding di amministrazione del lutto, le cui filiali sono i singoli templi. Quando l’ango europea era ancora in preparazione, Jiso Forzani, Daido Strumia ed io avevamo inviato una lettera all’Ufficio europeo del Soto Zen, in cui sconsigliavamo di procedere in quella direzione. Ora, ad ango conclusa, pubblichiamo l’intervento di Jiso Forzani alla riunione di chiusura. Riunione nella quale vi è stato chi, come Pierre Dokan Crepon, dendo kyoshi (un rango tra quelli ora detti, appositamente studiato per gli occidentali) direttore del centro zen di Vannes, auspica una continuazione delle ango per contrastare “l’anarchia spontaneista” che a suo dire dilagherebbe tra i praticanti zen. Vi sono stati altri, come Jean Pierre Taiun Faure, dendo kyoshi, direttore del tempio Kanshoji a Limoges, che auspicano senz’altro che le prossime ango “rilascino attestati ai partecipanti in modo da certificarne la maestria”. Se quello che sta accadendo proseguirà nella medesima direzione, avremo un Soto Zen europeo di rito confuciano giapponese. Il buddismo occorrerà cercarlo altrove. […]
Gennaio 14th, 2008 at 5:02 pm
Caro mym,
di queste cose ne parlavamo già molti anni fa, ricordi? Beh, prima o poi doveva diventare palese; inutile sorprendersi oggi.
Gli uomini sono sempre uomini, in ogni latitudine, e cercano e desiderano ciò che gli esseri umani cercano e desiderano. Potere, dominio, controllo delle situazioni. E lo strumento – sul piano collettivo-sociale – è sempre uno, la logica colonialista, che si avvale di tre opzioni principali: quella economica (oggi quella più in voga) quella militare e quella religiosa.
Sapevamo bene che saremmo diventati strumenti della logica colonialista giapponese, nel momento in cui abbiamo preso il bambino (il buddismo zen/lo zazen) con l’acqua sporca (tutto l’ambaradan che ci ruota attorno). Per questo – ognuno a modo suo – abbiamo cercato di mantenere vivo lo spirito critico senza abboccare troppo a facili allettamenti e coinvolgimenti che facessero leva sulle nostre fragili emozioni umane, cioè sul nostro ego. Certamente nel cercare di separare il bambino dall’acqua, abbiamo (ho) fatto molti errori; molti li abbiamo (ho) pagati, altri li pagheremo… Ma sono altresì certo che ben più pesanti errori sono quelli che siamo riusciti ad evitare, per noi stessi e per tutti coloro che sinceramente e senza secondi fini – se non il proprio ed altrui risveglio – desiderano avvicinarsi alla pratica tramite nostro. Ciò non per merito, ma per pura fortuna: considero infatti un mero ‘colpo di culo’ l’essere capitato in quel filone ‘zen’ che fa riferimento ad Antaiji, ad Uchiyama. E l’esserci capitato in anni in cui la ricerca non era ancora condizionata da tanti ‘dottorini in carriera’ che, come avviene in sanità, più che dalla consapevolezza del dolore e dall’impulso di portare aiuto sono mossi dal desiderio di carriera personale: entrare nelle grazie del primario, guadagnare visibilità, esibirsi su palcoscenici prestigiosi (conferenze, simposi, magari la TV!) per arrivare infine a gestire un reale potere di comando o di controllo su altri; e giocare un po’ a risko, infine. E’ questo il meccanismo con cui i colonialismi attecchiscono nei territori di conquista.
Ecco, se dovevo buttare un sassolino nello stagno, l’ho fatto. Ciò non toglie però che esistano problemi reali anche sul versante opposto: è vero che c’è una certa improvvisazione (la parola anarchia viene sempre usata a sproposito, come sinonimo di disordine, ed anche questo uso è indicativo di un atteggiamento di potere da parte di quel sig. Crepon, anche se magari mi sbaglio non conoscendolo); è vero che nascono come funghi monaci ‘saputi’ senza una sufficiente esperienza e preparazione ecc. Basta pensare a quanti anni di preparazione sono richiesti per esercitare la psichiatria, la medicina o analoghe arti, mentre i ‘dottori dello spirito’ si sentono spesso ‘abilitati’ dopo training preparatori di pochi anni, di pochi mesi, a volte addirittura di poche settimane…Forse che lo spirito è meno delicato/importante della materia?
Già anni fa, ricordi?, proponevo di ragionare sul tema di una Verifica Qualità delle scuole e dei (se-dicenti o detti da altri) maestri. E’ un tema importante, che certo non può, a mio avviso, essere affrontato in modo gerarchico secondo parametri giapponesi, tibetani coreani o altri.
Per ora grazie a te, a Jiso e a Daido che avete entusiasmo e voglia per spendere le vostre energie anche partecipando a situazioni formali ed ambigue come quella oggetto dell’editoriale. Grazie per il vostro lavoro e per la netta presa di posizione che, ovvio, condivido pienamente.
Saluti
doc
Gennaio 14th, 2008 at 5:08 pm
Grazie.
Non ce l’ho con nessuno in particolare. Però se ci fosse qualcuno che non è interessato al rito giapponese e cercasse “solo” un po’ d’aria pura è bene che sappia che da qualche parte esiste un’alternativa.
Ciao
mym
Gennaio 14th, 2008 at 5:21 pm
Aggiungo una cosa che mi è rimasta nella penna, a proposito del discorso ‘verifica-qualità’: penso che per iniziare sarebbe oltremodo utile una profonda riflessione (anche collettiva) su ciò che distingue, in ambito ‘religioso’, il principio di “autorità” da quello di “autorevolezza”.
Gennaio 14th, 2008 at 5:32 pm
Questa verifica non s’ha da fare. O meglio c’è già: è demandata al tempo, prima o poi le fesserie si perdono nel vento. Sostituirsi al tempo non è cosa. Ognuno, dal basso deve armarsi di solide motivazioni (chi cerca le pinzillacchere se si perde… fa la sua strada) pazienza, studio, costanza, senso critico e un po’ di fortuna.
Poi poi poi…
ci chiamavano teddy boy… 🙂
Ciao,
mym
Gennaio 25th, 2008 at 6:55 pm
Sono un’insegnante della regione Veneto e a sentire le grida esultanti dei miei concittadini alla caduta di “Prodi”, mi sono cascate le braccia. Ritenevo che, al di là, delle appartenenze ideologiche e di partito,non si potesse non riconoscere a Prodi l’ onestà e la volontà di lavorare per il bene del nostro paese. Capisco che per molti, soprattutto nella mia regione,l’ interesse proprio non coincida con l’ interesse della popolazione italiana, ma sentire volgarità e accuse infondate contro una delle poche persone che non ha mai dato adito a scandali ( nonostante ci abbiano provato in vari modi ad accusarlo ) e che ha riportato almeno un po’ sopra la sufficienza la nostra immagine all’estero, mi fa perdere tutte le speranze.
Non riesco proprio a darmi pace per questa dilagante cecità che ha colto così tante persone. Mi sembra che ritengano che le persone pubbliche, per essere degne dii governarci, debbano manifestare non virtù come coerenza, rispetto, attenzione ai bisogni, moralità ma arroganza, volgarità disprezzo verso tutto e tutti. Viene apprezzata la potenza e la capacità del singolo di ottenere comunque ragione al di là d ogni evidenza.
Mi domando come non ci senta presi in giro da alcune persone che tranquillamente ti dicono oggi una cosa e domani il suo esatto contrario.
Io credo che l’ alternanza politica sia una cosa giusta. Non riesco a capire perché i miei compaesani non tollerassero che questo governo potesse rimanere in carica per il tempo di una normale legislatura. Forse semplcemente perché dovevano pagare un po’di tasse e si sentivano ill fiato sul collo? Sinceramente io non trovo altre spiegazioni, perché, anche pensando che il governo Prodi non avesse fatto nulla, almeno non faceva i propri loschi interessi. Ma che dire? Forse questo dava un po’ fastidio a chi invece i suoi vuole farli senza preoccuparsi del futuro del nosro paese. Con grande amarezza saluto coloro che, come me, speravano di essere un po’ usciti dal tunnel. Marta
Gennaio 25th, 2008 at 7:19 pm
Cara Marta, io la penso un po’ diversamente anche se rispetto il suo punto di vista. Anche Prodi ha i suoi fantasmi nell’armadio, per citare solo i piu’ noti la questione Cirio, lo scandalo SME, le consulenze Nomisma, ma non tralascerei i conflitti di interesse nel grande affare della TAV. Se ne parla anche nella sua pagina su Wikipedia, che certamente non si può sospettare essere di destra. Personalmente non e’ tanto il suo passato (preoccupante) a darmi fastidio quanto un modello di politica che lui stesso rappresenta egregiamente, e che con tutto ha a che fare eccetto che con il bene dei cittadini.
Destra o sinistra non c’e’ differenza, lo dimostrano mille episodi, non ultimo il fatto che il buon Mastella ballonzoli un po’ qui e un po’ la a seconda di dove tira il vento (di governo). E neppure Prodi fa eccezione. Lui non ballonzola ma semplicemente utilizza appieno i metodi della destra anche nella sua sinistra.
Grazie comunque per l’intervento. Buona serata,
Gennaio 25th, 2008 at 8:38 pm
Grazie Marta. Pur condividendo molte delle cose che scrive (per esempio non mi importa dei fantasmi di Prodi ma di che cosa ha fatto il suo governo) tuttavia torno a ribadire che per me che pratico la politica in privato e la religione (anche) in pubblico, è la posizione dei cattolici in quanto tali che mi interessa. Se religione cattolica oramai fa rima solo con potere forse più che espandere il dialogo sarebbe bene pensare ad una profonda rifondazione.
Un saluto
mym
Gennaio 25th, 2008 at 11:26 pm
Gentilmente mym ci ricorda che siamo andati OT (mi ci metto anch’io per quello che sto per dire) rispetto al contesto del suo post. Ma, rispetto alla maggiore sfrontatezza di certi personaggi, che riconosco con Marta, mi chiedo come mai nel primo governo Prodi e poi D’Alema non si volle affrontare la questione del conflitto d’interesse o quella delle TV e qui non s’è sistemata rapidamente, oltre a quelle, la “porcata” della legge elettorale di Calderoli? Per citarne solo alcune che oggettivamente hanno favorito il contestato, a parole, contendente. Chi ha il potere lo usi, come ha dimostrato efficacemente con tutta una serie di leggi a proprio uso e consumo il Cavaliere… e qui mi fermo, altrimenti mym, che voleva parlare d’altro, giustamente mi sgrida 🙂
Gennaio 30th, 2008 at 12:03 pm
la frase di Leibniz: “questo è il miglior mondo possibile.”
Gennaio 30th, 2008 at 12:30 pm
Ho censurato, eliminandolo, uno dei due commenti di Runix. Conteneva, mitigati dai puntini di sospensione, degli insulti personali a Mastella, Dini e alle loro famiglie.
Ribadisco che l’intento di questo post non è discutere dello stato etico dei governanti ma sollecitare una presa di posizione etica della chiesa cattolica sui politici che ad essa si richiamano di continuo. L’impressione è che, tacendo, si mischino al gregge i lupi, non pecorelle smarrite.
mym
Gennaio 30th, 2008 at 8:37 pm
Ciao,
sono un po rammaricato che in questo tecnotopo si parli di politica applicata.
Ci sono numerosi spazi in cui fare sfoggio delle proprie posizioni in merito.
Detto questo, visto che avete voluto tirare fuori questo, che dovrebbe essere nobile, argomento, devo dire la mia.
Temo che, mentre il fantasma che si aggirava a meta del XIX secolo
e che mi ha dato l’opportunità di studiare, di avere un asilo per mio figlio etc.
stia perdendo, eccessivamente, il suo giusto posto nelle nostre visioni e utopie intese come dichiarazioni d’intenti,
l’uomo qualunque sia diventato la nostra maggiore aspirazione.
La differenza tra destra e sinistra c’e’ ed è profonda, viscerale.
Entrambe sono in crisi, ma continuano a indicare delle idee di società e di realtà antitetiche.
Non sono tra quelli che credevano in una palingesi politica con le ultime elezioni, un analisi à la Marx rendeva una conclusione del genere impossibile, ma speravo che si interrompesse lo schifo legislativo del periodo dello psico nano e questo de facto c’e’ stato, per poco, ma c’e’ stato.
Se ci chiediamo perchè certe questioni di maggior interesse per la sinistra non sono state portate avanti e per una questione di numeri, resa ancora più problematica per una gestione alla Moggi della politica, in cui le regole del gioco, la legge elettorale, vengono cambiate a proprio piacimento con un giro di telefonate.
Per quanto riguarda la famiglia Mastella, c’e’ poco da dire, ma non dimentichiamoci della famiglia Dini, entrambe con le mogli nei guai giudiziari ( articolo ).
Oltre a quanto detto ci sarebbe, da affrontare anche le questioni Veltroni e magistratura, ma il discorso diventa troppo lungo e come detto non penso che questo sia il luogo adatto.
Sicuramente, se Leibniz fosse un italiano di oggi non avrebbe potuto mai immaginare e dire la famosa frase: “questo è il miglior mondo possibile.”
Ciao,
R
Gennaio 30th, 2008 at 9:55 pm
[…] 106. La Stella Del Mattino – Ambito Buddista: Il Senso della Vita (post e fascetta) […]
Gennaio 31st, 2008 at 1:40 pm
Questo ‘è’ il miglior mondo possibile, se non altro perchè è l’unico ‘reale’. Il fatto poi che possa non piacermi dipende da me, non da lui.
E se l’errore (mio, vostro, della Chiesa)dipendesse dal fatto che a causa della nostra insoddisfazione, delle nostre opinioni e dei nostri ‘credo’ ed interessi privati, tutti tiriamo a modificare la realtà in funzione di un nostro personale vantaggio, chiamando questa aspirazione ‘miglioramento’ o progresso? Per vedere con chiarezza questo meccanismo, basta osservare una micro-comunità, ad esempio una famiglia o una comunità di lavoro, ove tutti cercano di modellare le regole e i comportamenti secondo la propria idea di ‘buono’, che in realtà è l’espressione di un interesse soggettivo diretto o mediato. La risultante di tutte queste pulsioni, è appunto il miglior mondo possibile; espressione, summa dei componenti.
Anche la Chiesa tira l’acqua al suo mulino, come tutti i componenti di questa comunità di uomini-bambini molto capricciosi che siamo noi. E non va molto per il sottile …
Non sarò certo io a dire perchè e percome: sta di fatto che la Chiesa rappresenta inequivocabilmente un potere forte (politico, economico e indirettamente anche militare) col quale, chiunque intenda operare per dare una sua impronta al mutamento di questa realtà socio-politica(insoddisfacente), deve fare i conti. Sperare che sconfessi i propri politici? sperare che sconfessi la ‘guerra santa’? sperare che sconfessi le proprie banche e i propri scandali? le proprie alleanze inopportune? che si tenga in disparte?
perchè mai dovrebbe? Anche lei gioca per vincere; nel segno di Dio.
Però anche la Chiesa non pare poi così monolitica: al suo interno esistono orientamenti diversi, posizioni varie e variabili che lasciano un sottile spiraglio di evangelica speranza.
Gennaio 31st, 2008 at 6:34 pm
Il 27 febbraio il vescovo di Ivrea, monsignor Bettazzi, ha pubblicato una lettera aperta in cui non sconfessa i politici che si adunano sotto le sottane dei preti per lucrare consenso, ma assume posizioni interessanti, religiose, chiare. Penso che possa essere una risposta adeguata, anche se indiretta al quesito che, nel post, indirizzavo al cardinal Ruini.
mym
Febbraio 5th, 2008 at 10:47 am
I appreciate this article very much and I find it a very concerning matter.
I was not so interested in going to La Gendronniere ( I am ordained in the Deshimaru lineage) at some of this “historical” events because of thoughts like these, if I may dare to say so. However, my thoughts were more vague and
not as clear as your article. Indeed a good work. The mentioning of the Harappa civilisation
is indeed a deep trace in the sands of time.
but alas, the future…I think/feel that you may be very right on this issue. But do not know what would be the alternative. If we want to practice we need to have a sangha; as it is, in general in the group-situation we can push ourselves further beyond ourselves than we can go by ourselves. And in organizing the group…The japanese really know how to do that, no?
If I understand you correctly you are asking for another way of decision-making and as Europeans we have another way of doing that.
I have been at Antaiji and liked it very much.
It felt fresh. I was impressed by the way things were run. The “clique-atmoshere”, I have experienced in many other zen-temples/dojos did not exist and I felt that the practice probably terminates many , if not all attempts and ambitions to be “special”, (at least when you are there).
And if this “specialness” dont exist, there is more possibilities for communication between different kinds of people, and that may be the exact way to proceed.
Thank you very much
Febbraio 6th, 2008 at 11:31 am
Dear Fredriksson (is it right?),
Thank you for your kind comment.
The first blade of grass in a bare field grows alone. If it is healthy, sooner or later around him has brothers. If, as it is alone, we build around him a structure similar to grass tufts of its species, its true brothers may not be born, will be blocked. Perhaps for a while we must grow alone, doing mistakes, correcting them and doing again (new and same) mistakes. Just like a blade of grass someone will disappear, others will succeed and there will be a true reality. If we use an imitation of Japanese world to build an artificial reality, it will be dead from the beginning. So I think, but it’s not easy for anyone.
Take care of you
yushin
Febbraio 14th, 2008 at 8:06 pm
[…] Tempo addietro, subito dopo la caduta del governo Prodi, pubblicammo un post intitolato Mastelliade nel quale chiedevamo alla chiesa cattolica italiana di prender posizione nei confronti dei politici che, a nostro parere per mero calcolo, si proclamano cristiani, cattolici. Nei commenti di quel post segnalammo la lettera aperta di monsignor Bettazzi, un garbato riconoscimento allo stile etico di Prodi e del suo governo. […]
Febbraio 16th, 2008 at 11:01 pm
Ho avuto poco tempo fa il dubbio che mio figlio fosse omosessuale da una sua affermazione sul suo sito, rivelatasi poi una spacconata. Quello che ho provato in quel momento ve lo assicuro non è stato bello lo ammetto. Da parte mia ho provato cosa vuol dire amare fuori dai canoni…
Non posso e non voglio dire altro.
Febbraio 17th, 2008 at 10:48 am
“…ho provato cosa vuol dire amare fuori dai canoni…”
Roccia ha toccato il cuore del problema. Stavo per commentare, ma dopo aver letto questa frase qualsiasi cosa avessi detto mi sarebbe apparso superfluo.
Febbraio 17th, 2008 at 11:32 am
roccia sa essere “lapidario” 😉
Febbraio 17th, 2008 at 11:58 am
Ringrazio per i commenti, e aggiungo un piccolo chiarimento. L’idea di base che ho colto in quel video nasce forse dalle mie convinzioni, secondo le quali le chiese si dovrebbero rivolgere ai loro fedeli anche quando esprimono principi generali. Chiedere a tutti di obbedire a principi che discendono da un credo non condiviso è una forma di totalitarismo antireligioso. Sin qui le mie opinioni. Il video però è apparentemente di “grana” più grezza: pare intervenire sulla coerenza e la corretta applicazione giudicate dal di dentro della comunità religiosa (i due ragazzi partecipano alla funzione religiosa quindi sono legittimi destinatari del messaggio del pastore) evidenziando una sorta di malafede del predicatore. Ma, e questo è il punto che rischia di essere il più debole riguardo alle motivazioni che mi hanno spinto a pubblicarlo, il tutto si risolve con uno sberleffo, una scelta umoristica e per questo (a mio parere) liberatoria, a maggior ragione anche per chi non si sente parte di quella comunità. Un umorismo che richiama l’ironia legata alla supplica alla madonna di Lourdes del post precedente. Grazie
Febbraio 17th, 2008 at 12:44 pm
Il video pubblicato non è un documento-denuncia ma una ‘fiction’: ragioniamo su una illazione. Per dare corpo alla cosa bisognerebbe avere ‘pretesti’ di vita reale, (un discorso di un qualunque Baget Bozzo sull’argomento o una notizia di cronaca…): sono convinto che la realtà superi spesso la fiction, ma non ho sottomano prove da produrre.
Il nostro interesse – dato il pretesto fornito – mi pare possa essere soprattutto quello di interrogarci su come leggiamo o pensiamo vada letto il tema omosessualità (o analogo) da una angolatura ‘religiosa’ o di persona della Via. Così come ci ha proposto Roccia, con un brivido davvero eloquente.
Ma così il discorso si sposta; dai guasti che produce un certo dogmatismo protervo ed ignorante, tipico di molti uomini (anche) di Chiesa, ad una riflessione profonda sulla natura umana e sui suoi perchè e percome.
Effettivamente il video pare quasi ‘liberatorio’, appunto perchè è fiction. Nella vita reale è (quasi) sempre tragedia.
Febbraio 21st, 2008 at 9:37 pm
Mi ha fatto venire in mente un racconto, che segue, di Jodorowsky.
Dopo la guerra
L’ultimo essere umano vivo rovesciò l’ultima palata di terra sull’ultimo morto. In quel preciso istante seppe di essere immortale, perché la morte esiste solo nello sguardo dell’altro.
Chiedo venia,
R
Febbraio 21st, 2008 at 9:51 pm
A Verona c’è stata una manifestazione in piazza Bra’ con i monaci cingalesi sindaco e presidente della provincia in testa .
Compassione e consapevolezza .
C’ero con tutta la famiglia .
Fradamiano
Febbraio 21st, 2008 at 9:58 pm
ottima citazione 🙂
ciao, pierinux
Febbraio 22nd, 2008 at 4:08 pm
Grazie per la segnalazione Fradamiano
Un saluto
mym
Febbraio 22nd, 2008 at 4:24 pm
Grazie Runix, la citazione è molto intrigante. Se vuol dire che quando io non son che io senza neppure tu per cui non ci son più neppure io ma solo un me, allora è tremendamente attinente.
Ma a questo punto bisognerebbe che Roccia dicesse la sua. Se è ancor tra noi … 🙂
Ciao
mym
Febbraio 22nd, 2008 at 9:57 pm
Non mi sento in grado di argomentare, già quello che dice mym mi mette in difficoltà.
Quello che avevo da dire e che sono in grado di dire, l’ho detto. Comunque è una poesia d’amore questo solamente mi sento di sottolineare. Grazie per l’interesse.
Silvano
Febbraio 22nd, 2008 at 11:44 pm
Ho cominciato a praticare meditazione zen nell’1982 , a casa di un liutaio , discepolo di Guareschi.Ricordo parecchie persone sedute su coperte arrotolate sotto i violini appesi come panni ad asciugare . Poi è nato il dojo a Verona in via Filippini, a venti anni si hanno grandi entusiasmi e grandi delusioni .Seshin a Verona ,a Fidenza . Periodi di grande pratica si sono alternati a periodi di nulla . Poi c’è stato l’incontro con il Cristianesimo , la fede Cattolica . Ma sempre praticando zazzen . La nascita della comunità La croce ed il nulla dove ho soggiornato per un po’ di tempo. Il mio ritorno alla vita normale , fidanzamento , matrimonio ,lavoro , passaggio alla fede riformata . Ho comunque continuato a praticare meditazione . E dopo l’11 sttembre si è sviluppata in me la sfiducia nell’ idea di Dio . Dio non migliora il mondo. Forse lo peggiora : guerre di religione ,scontri culturali. Meglio il nulla,meglio il buddismo , niente Dio : Cercare solo di superare la sofferenza , propria e del Mondo . Sono giunto a considerarmi ateo , il cerchio si è chiuso,ma comunque sempre zazzen davanti al muro, bianco . La pratica più dura per me è stata da solo, in un eremo camaldolese , un giorno completamente solo. NOn c’era nulla a cui attaccarsi , la stanza spoglia , nessuno con cui condividere nemmeno lo sguardo.Il mal di gambe , il mal di schiena , in fondo la nostra esistenza è già così dura , la nostra solitudine così grande , perchè torturarsi ancora di più con i sensi di colpa .Negli anni il mio cammino religioso non è andato molto avanti . Non ho incontrato il maestro , non sono diventato monaco ,non ho raggiunto l’illuminazione ,non ho trovato la grande fede con la F . In fondo un vero fallimento , ma continuo comunque a praticare , Il mattino quando non sono troppo stanco , o la sera . Il mio zafu ha più di venti anni , ed è logoro e lucido , un po’ come me ,più vecchio ma forse un po’più consapevole . In fondo zazzen non è un gioco , esattamente come la vita ma come essa estremamente prezioso . Va curato e nutrito come la pupilla dei propri occhi.
Febbraio 23rd, 2008 at 1:40 am
Un vero ‘sangha virtuale’ pare prendere forma in questa pagina.
Parafrasando mym, non dico che abbia senso. Ma perchè no? nel nostro piccolo si fa girare un po’ anche noi la ruota del dharma. Sperimentale.
Ai tempi del Budda non c’era internet?
Un grazie ed un saluto a tutti
Febbraio 23rd, 2008 at 11:46 am
Caro Fradamiano, se dici “Non ho incontrato il maestro, non sono diventato monaco, non ho raggiunto l’illuminazione, non ho trovato la grande fede con la F” mi pare che il tuo cammino non sia andato indietro. Se parli di fallimento allora forse ne parli sul piano mondano. Dove ruggine e tignola fanno il loro lavoro.
Se il tuo zafu è così mal ridotto, poveretto: sarebbe ora di rinnovarlo…
Ciao
mym
Febbraio 23rd, 2008 at 4:34 pm
Ho imparato a cucirmeli da solo, adesso incomincio a farne uno per mio figlio, ma permettimi di essere anche un po’ affezionato al mio vecchio . un po di attaccamento ci vuole.
Febbraio 28th, 2008 at 1:04 pm
ed io infatti tra la croce ed il nulla ho scelto il nulla
Febbraio 28th, 2008 at 1:48 pm
Aaaaaah, il ganimede… Occhio: non è una barzelletta buddista. È della ditta che fabbrica le pentole senza coperchio…
Ciao
mym
Febbraio 28th, 2008 at 7:40 pm
ma il mio non è un nulla buddista.
Che sia della stessa ditta!?
Febbraio 28th, 2008 at 10:21 pm
Mi sembra che tutto il film graviti attorno alla scritta su una pietra : alla fine il protagonista la gira e legge la risposta .
Nella mia versione del film non c’erano sottotitoli a tradurre la scritta. Qualcuno ne conosce il significato.
( credo che sia una specie di indovinello su come fa una goccia d’acqua a non asciugarsi fonte socka gokaj o giù di li.)
Febbraio 28th, 2008 at 10:39 pm
Kim ki Duk è cattolico , ed anche a me il film non è sembrato molto “buddista”.
Tra l’altro il monaco non medita mai , cosa abbastanza strana. L’ambientazione denota un sottofondo culturalmente buddista ma a volte lascia profondamente perplessi.Soprattutto se lo si confronta con il film coreano “perchè Bodhidarma è partito per l’ oriente “di Yong Kyun Bae (sconosciuto ai più…) che vinse il festival di Locarno nel lontano 1989 , e oggi introvabile anche in rete .
Sicuramente per molti versi Kim Ki Duk si ispira al film di Yong Kyun Bae . Esempio il bambino orfano . La scoperta da parte del bambino della sofferenza . L’isolamento dei monci . Il mondo esterno che irrompe nella loro pratica . Ma in Estate… Kim Ki Duk dimostra la sua scarsa dimestichezza co il buddismo mantenendosi in superfice a una generica ricerca spirituale. La mia impressione è che il film Perchè Bodhidharma … in corea abbia quasi creato un genere , che viene molto apprezzato in occidente anche se la copia non raggiunge l’originale . Degenerazine del Dharma ?
Febbraio 28th, 2008 at 10:41 pm
Non sono riuscito a vederlo tutto, troppo crudo. Ma non capisco cosa centri il buddismo .
Febbraio 29th, 2008 at 11:41 am
Mah, direttamente c’entra poco, come in tutti i film di Duk, a parer mio. Possiamo dire che c’entra come condizionamento ambientale e per le pretese di Duk di richiamarsi -attraverso certi simboli, per esempio il nome Vasumitra- al buddismo, di cui, forse, in questo modo intende presentarsi come esperto, o quantomeno culturalmente partecipe.
Ciao
mym
Febbraio 29th, 2008 at 11:54 am
Sì, anche a me ha ricordato Perché Bodhidharma…, devo averlo scritto da qualche parte. Le differenze sono estetiche e di contenuto: il film di Duk è più “bello”, il film di Bae è un tentativo serio di esprimere religiosità, o almeno lo si può considerare tale; quello di Duk è un’operazione -non solo ma decisamente- commerciale. Bisogna ammettere, però, che il film di Bae è di una noia … buddista (?).
mym
Febbraio 29th, 2008 at 12:06 pm
Peccato non aver visto la versione con i sottotitoli: per lo meno elimina il senso di “indovinello”. La prima volta sotto la pietra c’è scritto (più o meno): “Come si può impedire ad una goccia d’acqua di asciugarsi?”. La seconda pietra reca la scritta: “Immergendola nel mare”. Il mezzo cinematografico è difficile da usare (più della parola scritta) per esprimere religiosità. Ho avuto un’esperienza diretta a riguardo. Penso che il tentativo rappresentato da questo film sia il migliore attualmente su piazza. A parte il film girato da noi, naturlicht… 🙂
mym
Febbraio 29th, 2008 at 4:41 pm
Allora: il nulla buddista, il nulla non buddista, quell’altro lì né buddista né non buddista, e … mannaggia, chi si è fregato il mio nulla?
mym
Marzo 2nd, 2008 at 6:50 pm
grandissima Marge/Teresa!
ciò che faccio più fatica a credere è che abbia osato spegnerti il PC…
quello nemmeno il terremoto… 😉
Marzo 4th, 2008 at 1:38 pm
[…] Presentiamo il nuovo capitolo delle Interviste Intraviste. Trovate qui la serie completa. […]
Marzo 22nd, 2008 at 8:21 pm
Se volete farvi un idea di cosa pensano i cinesi della situazione in Tibet , andate sul sito di Associna c’è un forum su questo argomento . Da far accapponare la pelle , e pensare che sono cinesi di seconda terza generazione ……
Marzo 22nd, 2008 at 8:25 pm
Il forum di Associna di cui parla Fradamiano lo trovate qui
mym
Marzo 24th, 2008 at 9:47 pm
E 30 anni fa l’economista Ernst F. Schumacher, autore tra gli altri di “Piccolo è bello” e “Guida per i perplessi”, diceva che l’aspetto quantitativo dell’economia, livellando i beni e attribuendo a ciascuno un prezzo per lo scambio, fa sì che denaro divenga il valore più elevato. La produzione/lavoro diviene solo il mezzo ed il consumo il fine. Il lavoro dovrebbe essere invece (lo diceva già nell’800 K. Marx in altri termini) creatività e socialità, innanzitutto, e solo secondariamente la produzione di beni e servizi. Bisognerebbe semplificare e ridurre i bisogni (la cosiddetta “decrescita felice”), non trasformare il superfluo in necessità.
Aprile 9th, 2008 at 10:51 am
Ciao a Tutti!
In questa fredda ma bella giornata di primavera
una piccola domanda
un “diritto”
qual’è la caratteristica che ne fa una cosa tanto.. forte
Mangiare e bere?
la libertà, l’affetto etc?
sono questi?
ma soprattutto, se si, perché
O se no….quali altri, se esistono
scusate se vi coinvolgo nel mio lucubrare!
ma grazie cmq
Si leggono spesso davvero
cose interessanti qui
(^_^)
S
Aprile 9th, 2008 at 6:55 pm
A SC: la tua premessa a ‘Senza titolo’ mi ha ricordato questa breve poesia dell’amico Leo (Leopoeto) che volentieri rubo (mi perdonerà certo) e qui ripropongo.
Grazie delle tue ‘visioni’ condivise con noi.
DICA
D’incanto mi par
d’ascoltare la luna…
inseguire la pioggia…
Nubili spose del mio soliloquio.
Il poeta di parole
non è raccoglitore,
è il raccolto.
Aprile 10th, 2008 at 1:17 pm
Grazie Doc e soprattutto a Saralultimastella, consapevole o no mi ha fatto capire di quanto a volte io possa essere un presuntuoso.
A volte si
mi par d’ascoltare la luna,
ma poi…
Un saluto.
Aprile 12th, 2008 at 7:46 pm
Cara Saralultimastella, anche questa volta fai una domanda da un milione di dollari. Cerco di essere serio, per una volta …
I diritti, in quanto tali non esistono. Nascono come risposta a sopraffazioni dolorose. La vita viene spesso negata, o uccidendo o imprigionando, in vario senso. Proclamare il diritto alla vita è iniziare a condizionare il mondo in una cultura che non la neghi, la difenda. Senza la vita è inutile parlare del resto. Così è pure per tutto ciò che sia indispensabile alla vita. Aria, acqua, cibo… amore, libertà ecc. ed ecco i diritti fondamentali, poi quelli civili ecc. ecc. Ma se la tua domanda presuppone l’esistenza di un valore oggettivo, detto “diritto”, allora devo deluderti e ripeto: i diritti non esistono. Per questo occorre farli esistere. In molti casi però noi rinunciamo ai nostri diritti volontariamente. In una situazione in cui spontaneamente mi sottopongo ad un regime (monacale, sportivo, educativo…) che preveda delle privazioni o delle severità, fisiche o morali, sino a che io sono d’accordo i diritti sono sospesi. Se però io non sono più d’accordo e con la scusa che prima lo ero mi si impongono delle privazioni (di diritti) il gioco cambia. È forse (il condizionale lo metto perché non c’ero e non so quindi se menta la superiora o la monaca) il caso di quella monaca filippina che ha denunciato per maltrattamenti e sfruttamento la superiora del convento in cui prima praticava la religione (perché accettava spontaneamente le privazioni) poi, pur facendo la stessa vita, era sfruttata.
Un saluto
mym
Aprile 15th, 2008 at 12:55 pm
Ho letto in queste ore, girovagando tra i blog, che molti paventano involuzioni autoritarie nel nostro paese. Furono già preannunciate con eclatante evidenza a Genova nel 2001. Avete sentito le dichiarazioni di Fini in merito? Fini: mai un inchiesta su Genova. Iersera nel salotto di Vespa siedeva tra i vincitori Scaiola che all’epoca era il ministro dell’interno.
Aprile 15th, 2008 at 1:58 pm
Sulla distanza culturale da Bertinotti, che ieri sera in TV discuteva in maniera più che civile con personaggi quanto mai distanti dalle sue idee (es. Fini), vorrei citare per contrappunto un altro dei vincitori: “…manderemo Veltroni in Africa, ma forse è meglio di no perchè anche gli africani meritano un futuro”…(Maurizio Gasparri, ieri 14 aprile in TV)
Aprile 15th, 2008 at 3:33 pm
Personalmente avevo scommesso — non dei soldi, per fortuna! — che TUTTI i partiti “piccoli” sarebbero emersi: quelli di tutte le connotazioni politiche, dalla Destra ai Socialisti.
Abbe’…
Se non altro mi ha fatto piacere sia per l’Udc che per Di Pietro.
La scomparsa di Bertinotti, come notazione sociologica, in effetti colpisce molto. E’ vero che quando era al governo ha dimostrato di non saper governare (non si fa opposizione contro se stessi) però è anche vero che aveva onestamente detto, in campagna elettorale, che desiderava tornare a fare opposizione come ai vecchi tempi. Ci si aspettava che raccogliesse parecchio malcontento.
Quanto a Berlusconi, guardiamo le cose in faccia: Veltroni è stato disgustoso quanto lui: il populismo e il gregarismo della peggior specie.
Bossi? Non l’ho (mai) votato, eppure dal punto di vista sociologico è forse il più autentico “politico” d’Italia (Indro Montanelli l’aveva notato fin dagli anni ’80). Incasellarlo sotto la voce “xenofobia” significa voler evitare la questione. Anche Giulio Cesare e Napoleone, dai loro contemporanei, erano considerati dei beceri agita-popolo, ma la politica “rampante” fin dall’antichità è proprio questo, è carne e sangue, è una forza che sale dall’interno. L’idea che il politico debba essere un intellettuale illuminista è, appunto, un’idea degli intellettuali illuministi (che finirono con il tagliarsi la testa a vicenda).
In definitiva, i due leader dei partiti maggiori rappresentano esattamente il tribalismo, il sentimentalismo e il mammismo dell’italiano medio, che vincesse uno o l’altro. Su quali basi antropologiche “sognare” una classe dirigente diversa?
d.r.
Aprile 15th, 2008 at 3:33 pm
come voleva titolare (e non ha fatto) stamattina un noto giornale…
“E’ una Walterloo!”
Aprile 15th, 2008 at 3:44 pm
ragazzi, i voti li hanno dati gli italiani. le scelte erano tristissime e tutte ampiamente impresentabili, ma in fin dei conti la scelta l’hanno fatta gli italiani che hanno deciso chi tra i vari candidati meglio li rappresentava. evidentemente il risultato e’ cio’ che loro stessi hanno chiesto (e quindi che si meritano).
non parlerei di distanza tra i candidati. quella era ovvia fin dall’inizio. la distanza l’hanno marcata gli italiani col voto.
amen
Aprile 15th, 2008 at 5:15 pm
A proposito di “tribalismo”, menzionato da dr, ecco come ci vedono da fuori: http://vistidalontano.blogosfere.it/2008/04/elezioni-le-reazioni-allestero-attenti-e-tornato-berlusconi-liberation.html
Aprile 16th, 2008 at 12:55 am
La questione, come la pone mym, suggerisce già una risposta. Temo che questo sia un modo cristallizzato di analizzare le cose, il terremoto che ha investito la politica italiana.
Forse sarebbe meglio sospendere le abitudinarie categorie di giudizio ed osservare umilmente la realtà dei fatti.
Aprile 16th, 2008 at 10:17 am
Concludo (per ora?) questo giro di commenti. Il mio post nacque non da una valutazione politica ma etico morale, ovvero un’area che -per poco o tanto- si sovrappone alla zona che chiamiamo religione. Da almeno 5 anni Bertinotti ha espresso principi la cui lettura, a mio avviso, li colloca nell’area di cui sopra: la difesa dei deboli, la giustizia sociale, la dignità del lavoro inteso come parte costituente della vita (e perciò non solo come parte dell’equazione lavoro=reddito), i diritti, la sicurezza sul posto di lavoro, la pace, il rifiuto della guerra come sistema ecc. ecc. La distanza tra lui e gli altri (è la mia proposta) va misurata proprio su questi temi: non è un sacerdote della religione della “Crescita” o del “Mercato”, i nuovi dei che tutto possono. Per chiarezza aggiungo che siccome la mia cerca di non essere una valutazione politica, non ho preso in considerazione il “come” Bertinotti proponga di avvicinarsi a quelli obiettivi.
Grazie, mym
Aprile 16th, 2008 at 11:32 am
Provo rabbia, disgusto e tristezza per gli esiti di queste elezioni. Mettevo in conto l’ennesima vittoria di berlusconi, ma ero ben lontano dall’immaginarmi un’ecatombe di queste proporzioni per la sinistra. Lo dico senza mezzi termini, non mi riconosco nelle scelte compiute dal popolo italiano o per meglio dirla, nel suo modo di essere e di agire!! Abito in terra di Toscana e non pochi amici e colleghi di sinistra non sono andati a votare, perchè delusi o traditi dai partiti che in questi anni li hanno rappresentati. Così mi hanno detto…
Aprile 16th, 2008 at 11:39 am
Caro Max, non ti angustiare. Se la giustizia è tra i vincitori: benvengano! Se non c’è … be’, è normale: la giustizia non è di questo mondo.
Shanti
mym
Aprile 16th, 2008 at 3:37 pm
Il commento di mym dice un’aspetto della questione, una faccia della medaglia. Può essere condivisibile, ma ritengo indispensabile girare la medaglia e guardare anche l’altra faccia che la compone, senza la quale non sta su neppure la prima. In quell’altra metà io leggo che stiamo parlando di politica, della situazione italiana da un punto di vista politico: e non della filosofia politica ma della politica “attiva”, la quale ha dei parametri che la connotano. In particolare in Italia la politica attiva in cui Bertinotti è impegnato con onore da una vita ha le fattezze della democrazia rappresentativa sostenuta dal suffragio popolare. Bertinotti non è solo un portatore di idee, è (per sua scelta) un rappresentante votato sia per le sue idee sia per rappresentare le idee di chi lo vota. La responsabilità di dar voce a chi rappresentiamo, se ci poniamo nella posizione di rappresentare qualcuno, non è un optional della politica: è una conditio sine qua non. Se io presento le idee che rappresento in modo tale che non mi votano neppure quelli che intendo rappresentare (e che non hanno certo tutti cambiato idea, ma non si fidano più di me come loro rappresentante) questo è un fallimento politico gravissimo perché significa che nonostante la bontà delle mie idee io non so più interpretare il sentimento neppure di chi le condivide. Il fallimento è rappresentato dal fatto che quelle idee non hanno rappresentanza politica proprio là dove mi sono impegnato a portarle (in questo caso il parlamento italiano). Imputare quel fallimento alla “situazione italiana” è un ragionamento impolitico, che un politico non si può permettere. Il dovere di un politico “attivo” è starci dentro, alla situazione, e se si presenta alle elezioni per (ri)diventare un rappresentante parlamentare del popolo deve trovare il modo di esserci in parlamento, anche se la puzza è insopportabile: questo è il suo lavoro, per cui ha chiesto fiducia. Bertinotti dice bene, e probabilmente pensa bene: ma non è un filosofo morale, è un politico italiano che rappresenta(va) milioni di persone: il risultato che ha ottenuto è stato che ha parlato tanto lui e ha tolto voce ai tanti per cui credeva di parlare. Penso che in politica si debba valutare un politico dal binomio “intenzioni-risultati” e non da uno solo dei due fattori. Ottime intenzioni – pessimi risultati è politicamente parlando non meno grave di pessime intenzioni – ottimi risultati: questa mi pare sia la situazione italiana. Lo stato etico che prescinde dallo stato della realtà (o meglio, che impone l’etica alla realtà) è appannaggio dei regimi etico-totalitari (al giorno d’oggi Iran, Talibani e compagnia): Bertinotti mi sembra passato da quella tentazione “bolscevica” (cui meritoriamente ha resistito, anche perché in Italia non funziona) a quella opposta, di far sermoni etici senza sapere interpretare e incanalare la volontà di coloro per conto dei quali li esprimeva. Molto male: ha sbagliato completamente i conti, facendo fallire la sua “impresa”: se imputasse questo alla situazione italiana, o al fatto di non essere stato capito, sarebbe un doppio tradimento. Gli va dato merito di avere il buon gusto di non farlo e di ritirarsi in silenzio.
j
Aprile 16th, 2008 at 3:47 pm
Un poco insolitamente, per lui, J si dilunga. Però nel suo rovescio della medaglia si vede solo il politico Bertinotti. Che ha sbagliato e perso, lo sanno tutti. La misura che proponevo aveva due estremità: con una sola ci si può “misurare” solo… l’infinito
mym
Aprile 16th, 2008 at 5:22 pm
E’ scritto in quale Sutra che il dibattito “buddista” sulla situazione politica italiana debba ruotare intorno a Bertinotti?
Va bene: personaggio importante nel panorama ecc., che ha detto anche tante belle PAROLE, e non ci si aspettava che ecc. ecc., però adesso basta, addio, ciao ciao, “la strada è aperta in avanti” (Teilhard de Chardin).
dr
Aprile 16th, 2008 at 7:53 pm
Da ex iscritto e simpatizzante ed anche fortunato nel conoscerlo personalmente Bertinotti non mi piace più. Snob frequentatore di salotti romani,da sfoggio di una cultura e di un intelligenza di cui nutro forti dubbi .Ci ha messo otto anni a finire l’istituto tecnico . Non mi sono piaciuti i suoi interventi sull’Alitalia ne sulla fiera del libro di Torino . Troppo ideologico e forse e opportunista nel prendere prima una carica istituzionale per poi rigettarsi in campagna elettorale contro tutti.
Credo proprio che se la siano voluta e non vedo tutta questa superiorità morale .
Continuiamo a lottare con quello che ci resta cioè il PD , nella speranza che questi cinque anni non siano un disastro
Aprile 16th, 2008 at 8:45 pm
A questo punto mi pare proprio che DR abbia colto il punto. E a capo.
mym
Aprile 17th, 2008 at 5:14 pm
Il risultato delle elezioni poteva andare persino peggio e se è vero che le difficoltà aguzzano l’ingegno, per la sinistra, ahimè, qualche anno fuori dal parlamento forse potrà essere utile per riconsiderare i problemi reali degli elettori e formulare proposte concrete per tentare di risolverli accantonando per ora i sogni e le nostalgie.
carlo
Aprile 17th, 2008 at 5:21 pm
meglio accantonando che accattonando, imho.
Aprile 20th, 2008 at 11:41 am
Mi stupisco del mio stupore, meglio dire “stizza” di fronte a questi risultati elettorali.In fin dei conti,mi sento di dire, non hanno vinto loro, persone quasi indefinite dal punto di vista politico, hanno vinto le loro maschere dietro alle quali ci stanno molti italiani ( anche noi forse? ) che hanno delegato ad altri il loro “non coragggio” di sbattere la porta allo straniero, di risolvere i problemi ambientalii ( senza toccare i propri privilegi ) e che non vogliono sentire prediche che possono compromettere il loro benessere personale ( che questo sia a scapito di altri, pazienza….basta non dirlo). Speranze zero, quindi? Ma, mi viene da dire che forse,proprio questi motivi, guardati da un’ altra parte,dal punto di vista dei rapporti personal, quotidiani, possono farci pensare che, dopo aver dato fondo alle cose ( e quante ce ne sappiamo creare ) si vedrà che non è per questo che ha senso vivere e quindi neanche morire. ( Quanta resposabilità e quanta strada per le chiese del nuovo millennio )Forse toccare con mano la “povertà” di quelli che sono i deboli, ma anche la possibiità con-vivere in modo diverso, può far cambiare idea riguardo a chi deve darci le leggi necessarie a farci superare le nostre angustie mentali.
Aprile 20th, 2008 at 12:29 pm
Grazie Marta. Se ho capito quello che vuoi dire, una volta provato che le cose non danno la felicità… “loro” rinsaviranno. Se è così temo sarai delusa. Se una cosa non mi dà la felicità è perché non è abbastanza grande, costosa, alla moda, griffata, coordinata… la strada è infinita. L’uomo più ricco d’Italia non ha mica smesso di cercare felicità nel soddisfare i suoi desideri. Temo occorra una “cura” molto più radicale e perciò da non doversi neppure sperare: non bisogna augurare disastri all’umanità. Sarà sempre che là dove ci si accontenta di nulla, o almeno ci si prova, non ci sarà la fila per entrare…
Un saluto, mym
Aprile 24th, 2008 at 1:56 am
Butchlazy, sei un grande artista. Splendida esecuzione. Sembra che la chitarra suoni da sola mentre tu la accarezzi.
Aprile 24th, 2008 at 9:57 am
Ogni volta che sento e “vedo” la sua musica mi pare che voli, si separi dal solo strumento in vista: una chitarra che pare un’orchestra
Maggio 19th, 2008 at 1:02 am
che meraviglia queste vignette!
chredo che solo la serenità nel proprio cammino e la compassione per i nostri giri di trottola possa costituire la base di un umorismo così radicale e autoironico… complimenti!!!
Maggio 19th, 2008 at 10:36 am
Grazie Alice. Troppo buona!
E’ un vero piacere rendersi conto di essere ‘in comunicazione’ con altri attraverso il sottile filo dell'(auto-)ironia. Quanto alla serenità, mi faccio il mio bel po’ di idee al proposito, non dubitare.
Giugno 10th, 2008 at 4:40 pm
ma è poetico, il poverino , non potendo volare,si costruisce uno sfondo verticale di alberi, sui quali sfrecciare in una caduta, la quale sebbene segni la sua fine, avvererà anche il suo sogno , poichè l’immagine dalla sua prospettiva è quella di un volo.
Triste, poetico e MOLTO Zen 🙂
Giugno 10th, 2008 at 5:44 pm
Nyaaaa… troppo facile. Che bisogno avrebbe di inchiodare le radici dell’albero? E poi, le nuvole seguono il suo “senso” di orizzontale… Nonnonò, non mi convince
Giugno 13th, 2008 at 5:28 pm
Eh no, caro ebbubba. Il ragazzo vola davvero, per volare serve l’ambiente del volo, e lui lo ricostruisce: l’arte imita la vita, la vita imita l’arte: sennò, che interdipendenza sarebbe? Quando il giovanotto si butta, trova subito l’ambiente del volo e quando giunge alla fine del volo/caduta può tranquillamente virare e volare orizzontale perché già lo stava facendo nel suo mondo. Guarda bene il video e capirai la sua lacrima d’aria e di pace. Zen, poetico e normale. ciao jisokiwi
Giugno 25th, 2008 at 2:51 pm
Sulla base delle acute osservazioni di mym, propongo una variante di interpretazione: è solo osando “ribaltare” il mondo, che si scopre un lato inedito – pragmaticamente reale – del mondo.
Giugno 25th, 2008 at 4:03 pm
Volate troppo alto per me. Non so, ma il finale che propongono gli autori (?!), nei 15 secondi del filmato subito successivo, ci riportano dove la forma è forma, ed i kiwi non volano. Vivono da kiwi.
Giugno 25th, 2008 at 4:52 pm
mi riferivo al filmato che compare in successione, al termine del video, e che corrisponde alla URL: http://www.youtube.com/watch?v=T2SnDB_orzQ
dove il nostro eroe apre un prudente paracadute alla fine della corsa.
Vedo però anche , smanettando goffamente in Yu Tube, che altri buontemponi hanno elaborato filmati a partire dal ‘nostro’, quindi quello potrebbe non essere il ‘finale autorizzato’ prodotto dagli stessi autori … anzi, è quasi certamente così.
Voliamo dunque liberamente, o Pindari!
Giugno 25th, 2008 at 4:59 pm
Molto bella la “soluzione” del paracadute. È proprio questo tipo di visuale che mi ha fatto rifiutare l’idea di un finale a senso unico.
Nota tecnica: il filmato è stato realizzato con software open source perciò tutti (se ne hanno le capacità) lo possono modificare. Ve ne sono decine di versioni. Quello linkato sul post è il “primo”.
Luglio 12th, 2008 at 7:08 am
Ci possiamo sbizzarrire sulle soluzioni, ma l’unica è quella che che sorge spontaneamente senza l’analisi dei particolari, magari è un’ emozione…
il filmato è bello così senza troppe parole.
Luglio 12th, 2008 at 11:38 am
Concordo
Luglio 16th, 2008 at 11:00 pm
Mi chiamo Gianluca,sono un praticante avvocato e detesto il diritto dei tribunali. Ho avuto modo di approfondire alcuni concetti giusfilosofici della tradizione orientale grazie alla mia tesi di laurea che si occupava precipuamente del Codice di Manu.Ora,ciò che mi interessa sapere,al di là di dotte disguisizioni,è se sia possibile diventare un monaco buddista. Se sia possibile seguire concretamente questa strada e vivere nella contemplazione rinunciando al mondo.
Grazie per l’interessamento, porgo i miei più cordiali saluti.
Luglio 17th, 2008 at 12:48 pm
Buongiorno Gianluca,
La risposta alle sue domande è: sì, è possibile diventare monaci buddisti e seguire concretamente questa strada rinunciando al mondo.
Le consiglio però di non utilizzare per le sue domande la pagina biografica dei collaboratori del sito. Se vuol scrivere a qualcuno in particolare è meglio usare l’indirizzo e.mail che compare in fondo a ciascuna pagina biografica. Per scrivere “al sito”, può scrivere al Webmaster o a me, che ne sono il curatore
Un saluto
mym
Luglio 17th, 2008 at 10:36 pm
Gentile Mauricio Yushin Marassi,
La ringrazio per la sua sollecita risposta.
Scendendo nel dettaglio vorrei sapere se e quali prove un novizio deve sostenere per entrare a far parte della comunità e dove sia possibile reperire del materiale utile in tal senso.
Cordialmente
Gianluca (Sakun)
Luglio 19th, 2008 at 10:48 am
Caro Gianluca,
Prima di pensare di “lasciare il mondo” per entrare “a far parte della comunità” le consiglio di pensarci molto bene e a lungo. In pratica il momento “buono” per un passo del genere è quando il lasciare e il voler entrare hanno solide basi. Leggendo libri, conoscendo vari tipi di comunità, esaminando possibili percorsi. È un passo ancor più complesso, coinvolgente e rischioso di un matrimonio. Per quanto riguarda le letture ne trova qui: http://www.lastelladelmattino.org//index.php/category/pubblicazioni
e ne trova parecchie altre, qui: http://www.lastelladelmattino.org//index.php/bibliografia-commentata
Riguardo alle possibili comunità, dalle sue parole ritengo le sarebbe utile cominciare a conoscere Santacittarama:
http://santacittarama.altervista.org/welcome.htm
e la Stella del Mattino:
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/vita-della-comunita/la-casa-di-galgagnano
Buon proseguimento
mym.
Agosto 18th, 2008 at 8:50 pm
Manto stellato,
silenzio siderale
verso di un rapace notturno
dove sei?
E’ cosi lontano questo luogo…
Ottobre 12th, 2008 at 3:10 pm
Per un’amica lontana questa musica è un regalo molto prezioso…
Ottobre 15th, 2008 at 10:05 am
Le amiche lontane sono doppiamente preziose… 🙂
mym
Ottobre 22nd, 2008 at 9:40 pm
Le esperienze più importanti sono dei doni anche se complessi da portare…
Ciao MP
Roccia
Ottobre 29th, 2008 at 1:30 pm
“…è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci…” Per me era acuto e aveva la vista lunga. Infatti la teoria s’è pesantemente concretata. Platone sosteneva che le democrazie inevitabilmente si trasformano in dittature, poi queste vengono rovesciate e si ricomincia. C’aveva forse azzeccato anche lui?
Ottobre 29th, 2008 at 1:39 pm
Sì, secondo me ci aveva azzeccato: la democrazia è una conquista, un valore che brilla in relazione a ciò che era senza di lei. A mano a mano che il ricordo dei tempi dell’arbitrio e del despotismo si affievolisce anche la democrazia perde valore (percepito) e così… la si perde.
mym
Ottobre 29th, 2008 at 6:02 pm
Da giorni stavo pensando che il primo passo dei regimi aspiranti dittatoriali è quello di inibire il libero pensiero e perciò di colpire di striscio la scuola dove c’è il forte rischio che qualche insegnante “pagato troppo” pretenda di educare proprio al libero pensiero.
Guarda guarda, qualcuno l’ha pensato prima di me!
Cristina
Ottobre 29th, 2008 at 6:10 pm
“Di striscio”… vuol dire che questo è ancora nulla? 🙂
Ottobre 29th, 2008 at 6:45 pm
Proprio nulla no… ma forse si può fare anche peggio. Il nostro capo non manca di iniziative in questa direzione.
Ottobre 30th, 2008 at 10:32 am
Ma la vogliamo finire di definire “dittatura” la nostra situazione
politica?? può piacere o non piacere, e questo è un altro paio di
maniche… Ma gente che si affolla in piazza a gridare “questa è una
dittatura!” è talmente contraddittorio che fa ridere. Venite nella
rossa Umbria, dove da 60 anni è al potere lo stesso Partito, e provate
a fare affari senza avere la tessera del Partito, o senza essere amici
o parenti o amanti di uomini del Partito…
dr
Ottobre 30th, 2008 at 10:53 am
dr afferma che le “dittature” in Italia già esistono da tempo. Che siano attuate anche a livello locale e da chi non è adesso al governo non ci consola di certo, non fa che peggiorare ulteriormente il quadro di questo nostro povero paese.
Ottobre 30th, 2008 at 4:08 pm
Non chiamiamola dittatura allora – anche se sono contenta che qualcuno possa ridere di questa definizione – ma “regime patriarcale” come ci suggerisce Papà B. dicendo di aver agito nei confronti della scuola come avrebbe fatto un buon padre di famiglia…
Ottobre 30th, 2008 at 5:02 pm
Lui per “la famiglia” farebbe qualsiasi cosa, bravo papà com’è…
Ottobre 31st, 2008 at 12:42 am
Gentili Signori,
e’ da un po che cerco una traduzione della Mahavamsa in lingua Italiana. Sareste cosi’ gentili da suggerirmi delle possibili fonti per reperire questo documento che ho letto in Inglese e che tanto mi sta’ a cuore? Mille grazie.
migdebattista@yahoo.co.uk
Ottobre 31st, 2008 at 10:48 am
… tra l’altro, la riforma NON sta affatto favorendo la scuola privata contro quella pubblica. ANCHE le scuole parificate si trovano con i fondi azzerati! non idolatriamo “profezie” che c’entrano un ciufolo, anche se fanno un figurone in pagina. dr
Novembre 1st, 2008 at 10:52 am
Uno dei nemici che dobbiamo temere, secondo me, in questi momenti è l’ insorgere della paura e del senso di impotenza di fronte direi non solo ad un governo ma ad una società ha impoverito la nostra cultura attraverso una dittatura mediatica ( credo che anche dr possa essere d’accordo )che ci ha creato bisogni indotti che tra l’ altro non riesce più a soddisfare. Io personalmente come insegnante sono stata, al di là dei risulati che si otterranno, contenta che le persone che credono nel loro lavoro, si siano ” risentite” di essere state trattate come fannulloni o comunque persone in eccesso da tagliare.
Avevo infatti l’ impressione che ci fossimo già rasseganti a tutto. Chi vive nella scuola, credendoci, sa quanta strada c’è ancora da fare perché il “fare educazione” possa diventare un momento condiviso, comunitario tra persone che, assieme, potessero trasmettere alle nuove generazioni i valori, necessari, tra l’altro, alla sopravvivenza del pieneta.
Investire nella scuola, dovrebbe voler vuol dire non solo soldi e persone ma anche fare una politica di speranza, di fiducia in chi, come la scuola, ha mano la possibilità di influenzare la formazione delle persone.
Molte sono le situazioni in cui c’è veramente bisogno di cambiare per tantissimi e validi motivi. ma gli strumenti per i controlli ci sono già, a volerli applicare. Ma con questi decreti non si vogliono sanare queste reali situazioni di spreco e di mal conduzione della “cosa pubblica”, si sta facendo solamente un cambio di direzione, togliendo ossigeno proprio dove ce n’era più bisogno, cioè alla possibilità di continuare a lavorare assieme per un nuovo modello di società (quante cose potrebbe dire un Parlamento per aiutarci a migliorare in questo senso ).
QAuando mi troverò sempre per 24 ore da sola di fronte a 28 bambini ( già 25 sono un’assurdità) che metodo d’ insegnamento pensano che possa attuare?
Lasciatemi almeno pensare che il fine di tutto questo, non è certo il miglioramento della scuola e della società!
Ma per non entrare in contraddizione con l’ inizio di questo intervento ( scusate la lunghezza), sono convinta che dopo questi giustificati momenti di sconforto e di rabbia, ci rimboccheremo ancora le maniche e, nonostante il voto, i tentativi di farci ritornare alle bocciature per merito, il ritorno all’ individualismo, torneremo ( pochi o tanti )a considerare la scuola pubblica il possibile luogo in cui, grazie alla pluralità di idee, si possa educare per i futuro.
Novembre 1st, 2008 at 7:10 pm
Grazie Marta, la forza dell’ottimismo e l’esperienza personale sono il carburante necessario per chi vuole continuare ad avere uno spazio personale, attivo nella costruzione del futuro
Novembre 2nd, 2008 at 4:00 pm
Gentile lettore,
purtroppo non ci risulta che sia reperibile una traduzione in lingua italiana del Mahavamsa, tuttavia, oltre alla traduzione inglese
wikipedia segnala anche una traduzione in tedesco. Qualora ci fossero novità le segnaleremo.
Novembre 6th, 2008 at 4:44 pm
Vorrei condividere una mia sensazione anche se non è direttamente legata all’ argomento. Non trovate che sia stupefacente che una nazione come gli Stati Uniti in piena crisi finanziaria globale abbia scelto di votare Obama come proprio Presidente? A me sembra che sia un evento che possa quantomeno far sperare in un mutamento della visione che l’ umanotà ha di se stessa. Ma… forse sbaglio, perchè attorno a me sento totale indifferenza.
Novembre 6th, 2008 at 4:53 pm
Questo pensiero è venuto anche a me. Qualche volta, preso dall’ottimismo, mi dimentico del mondo nel quale viviamo e penso in termini di ciò che sarebbe possibile fare… Poi mi ricordo che “tutto ciò” si basa su delle pulsioni umane così forti (avidità e ignoranza soprattutto, combinate o singolarmente) che anche Obama è una piccola speranza. Si può tentare, in questi momenti di grazia, di allargare le maglie dell’ottusità che sta distruggendo l’umanità e il pianeta, rallentare un poco il processo. Non molto di più, temo.
Novembre 10th, 2008 at 6:17 pm
Gino Cassano si è seduto in Zazen con noi per tanti, tanti anni: è morto all’improvviso, nel Giugno dell’anno in corso, a Torino.
Lo ricordo così, come penso avrebbe gradito; con leggerezza.
doc
Novembre 18th, 2008 at 5:36 pm
Ma è lei l’autore della poesia Pour? E’ davvero molto bella.
Novembre 18th, 2008 at 5:38 pm
No, non sono io, l’autore è SC, in arte Roccia, il nostro poeta ufficiale…
Trova qui alcune delle sue opere.
Novembre 19th, 2008 at 11:42 am
La mia vita in Parigi è piena di Poesia. E la poesia è piena di sofferenza e di gioia insieme, piena di trascendenza.
Dicembre 2nd, 2008 at 10:15 am
Personalmente non sono mai andato in corteo a gridare a favore dei diritti degli omosessuali, ma la “giustificazione” del Vaticano è (a essere gentili) veramente grottesca. Dicano chiaro e tondo: “A noi quelli lì fanno schifo e orrore”. Sarà poco aulico e curiale, ma almeno si assumerebbero pubblicamente la responsabilità delle proprie idee. Invece hanno preferito un atteggiamento da politicanti buzzurri, da borgatari che si schermano dietro un “che? no, io? maddài, maddeché”. Visto che ritengono di avere la Verità in tasca, si dimostrino all’altezza di questa loro altissima presunzione (nel senso dell’inglese presumption).
Dicembre 4th, 2008 at 9:26 am
Sono assolutamente daccordo con l’operato del Vaticano. Mi meraviglia, anzi, questa impostazione “progressista” del sito.
Dicembre 4th, 2008 at 11:26 am
Caro Marcello, grazie per il suo mail. Sono lieto che lei sia assolutamente d’accordo con l’operato del Vaticano: finalmente ce lo potrà spiegare, visto che sino ad ora non mostra alcun senso religioso visibile. Grazie anche per l’aggettivo “progressista” che lei attribuisce all’impostazione del sito, non me ne ero accorto e perciò ne sono ancor più lieto. Pensavo che la difesa dei discriminati fosse un’impostazione religiosa tout court. Un saluto
Dicembre 4th, 2008 at 5:18 pm
Sono stufo delle censure e della ipocrisie vaticane. L’omosessualità non è una deviazione, un sintomo, una malattia; l’omosessualità è un effetto del discorso della Legge.Dopo una millenaria tolleranza, la Chiesa prese a reprimere l’omosessualità utilizzando l’argomento che vede nel rapporto omosessuale un rapporto contro natura.Dunque l’omosessualità è contro-legge perchè e contro-natura.La credibilità della legge è infatti proporzionata alla sua capacità di con-fondere i nomi con le cose;l’efficacia dei suoi nomi è nella loro capacità di assorbire completamente le cose in modo che l’ordine legale, l’ordine dei nomi, possa apparire come ordine naturale, come ordine delle cose.Sui manuali di giusnaturalismo del XVIII sec. si considera la schiavitù un diritto.Così come oggi nessun buon cristiano potrebbe accettare la schiavitù mi chiedo se in uno stato laico siano lecite le continue e moleste interferenze del Vaticano nel discorso giuridico.
Dicembre 4th, 2008 at 5:37 pm
Grazie Homosex per il suo commento. L’argomento, la sua logica non fanno una grinza. La domanda finale, forse, va posta in termini di rapporto col futuro: saremo mai un Paese (un mondo?) in cui la cosa pubblica è amministrata dai cittadini e quella privata… anche? Consigliati, istruiti anche educati dalle chiese ma amministrati da noi medesimi. Non butterei tutta la croce (si fa per dire, veh!) sul Vaticano. Il mondo laico ci commercia e ci guadagna mica poco. Ad ogni elezione promettere il finanziamento delle scuole private (ovvero: cattoliche) ecc. ecc. rende bei votarelli… Poi bisogna pagare il conto.
Dicembre 4th, 2008 at 6:05 pm
Il deja-vou è il conto salato che pago all’infame commercio del sacro con il profano.
Dicembre 4th, 2008 at 7:44 pm
Concilio Vaticano II addio, ormai non ne resta altro che qualche briciola; il cattolicesimo ormai da anni è in piena restaurazione e sempre più mostra il suo volto “autentico”: arrogante, ideologico, intollerante… Sentiti auguri a chi vi si riconosce!!!
Dicembre 4th, 2008 at 8:48 pm
Forse non ci sbarazzeremo (si fa per dire) del Dio cristiano perchè crediamo troppo alla
grammatica.La grammatica serve per determinare l’indeterminato, su cui è impossibile qualsiasi iscrizione, perchè non è soggetto nè oggetto, e quindi non è rappresentabile su nessuna scena. Una sessualità indeterminata è una sessualità inafferabile dove esplodono le per-versioni, perchè sfugge quel ‘verso’ che la legge ha fissato nella riproduzione della specie, dove si nasconde la riproduzione del medesimo, del figlio ‘fatto a immagine e somiglianza’. Di qui la necessità per la legge di dare ai corpi quell’identità che diviene poi la loro realtà. A questo punto all’omosessuale non resta che la trasgressione che però è un gesto che riguarda il limite, dove il tratto che esso incrocia e spezza si ricompone alle sue spalle come un’onda di poca memoria dietro lo scafo di uin’imbarcazione che l’ha solcata. La trasgressione è la glorificazione del limite e il cristianesimo inchioda l’omosessuale al suo limite. Eppure di trasgressioni si alimentava il sacro prima che, bandito l’o-sceno, nello spettacolo cristiano il corpo fosse usato come supporto di due scene: quella della passione e quella della resurrezione, promessa di un godimento differito, dove un amore spiritulale si alimenterà di quel che in parte avrà perduto
l’erotismo dei corpi.La sessualità non cesserà di essere congiunta alla passione, ma questa
sarà solo il patire di un corpo necessariamente sofferente che, incapace di trasgredire e quindi di accedere al sacro, sosterà il bisognoso di salvezza, alle soglie dei divieti, in attesa del godimento dell’Altro, a cui si sacrifica non più con la trasgressione, ma con la sofferenza attraverso cui soltanto, nella concezione cristiana, può filtrare il godimento. I beati, infatti, lo dice San Tommaso, godono della visione della sofferenza dell’altro, di quelle ‘pene dei dannati’ che costituiscono il godimento celeste.
Dicembre 4th, 2008 at 9:24 pm
Be’ una volta li arrostiva direttamente, adesso si limita a non sottoscrivere. E’ già un passo avanti, no? Magari fra qualche secolo…
Dicembre 5th, 2008 at 7:15 am
Come sisente il vento delle “sorti magnifiche e progressive” nelle vostre parole, e inoltre che attaccamento al sociale!!!
Povero Buddha…
Dicembre 5th, 2008 at 7:24 am
Ci sono dei buddisti che sono cristiani nell’animo …è inutile che si facciano buddisti…sono cristiani!! Dove si vede? In questo attaccamento al sociale…qui in occidente abbiamo sostituito a Dio, lo Stato e dunque tutta questa attenzione allo Stato, a quello che fa a quello che non fa…questo è un’altra forma di monoteismo, un problema con l’autorità…non si riesce a essere semplici, tranquilli….non ci si rende conto che il mondo debba essere vario, che qualche stato abbia la necessità di uccidere, perchè no? Può darsi che quella popolazione abbia delle esigenze diverse. Vogliamo tutto uguale, e poi con quest’aria falsa tipo “volemose bene” alla “we are the world” di Michael Jackson. Che tristezza….
Dicembre 5th, 2008 at 7:26 am
Se il Sudan, o l’Arabia hanno bisogno di leggi tremende IO RIESCO AD ACCETTARLO. Voi no?
Dicembre 5th, 2008 at 11:27 am
Caro Marcello, si commenticchia, si commenticchia, eh. Grazie. Peccato lei non ci spieghi il senso religioso della posizione sociale del Vaticano visto che la condivide. Grazie anche per le “magnifiche sorti e progressive” (l’ordine delle parole, qui, conta molto) che sente vibrare nel sito. Persona interessante, il Marinetti dico. Mi dispiace, però, abbiate sostituito Dio allo stato e che vi provochi tutti quei problemi, perdita della tranquillità e, Madonna mia!, perfino la necessità di uccidere. Siete messi maluccio lì da voi. Spero le vostre condizioni migliorino presto. Un saluto
PS dimenticavo: proprio perché, purtroppo, occorre accettare che ci siano Paesi con leggi tremende si può chiedere che vengano cambiate. Altrimenti: una bella guerra e via. Accettare però non significa necessariamente pensare che ne “abbiano bisogno” e bona lè. I bisogni si possono ridurre, cambiare, poi, il tempo a volte fa miracoli nelle culture.
Dicembre 5th, 2008 at 6:07 pm
Caro Mym, forse sono stato un pò “forte” con itoni. Me ne scuso. Ma mi perdoni, non ne posso più di questo “occidentale” che va in giro a dire agli altri quello che devono fare, quando, sappiamo benissimo che il più bisognoso di cure è proprio l’homo occidentalis. Dovremmo fare autocritica molto severa sul nostro stile di vita che ci appare molto “politically correct”, altro che andare a fare le ramanzine agli altri.
Non so quale sia il senso religioso dell’iniziativa vaticana. Ma personalmente ho indagato a lungo la uestione omo (proprio perchè è continuamente all’attenzione pubblica)e sono arrivato alla conclusione che sia meglio non promuoverla quantomeno.
Una discussione suul’argomento sarebbe lunga.
Per ora mi limito a ringraziarti della chiacchierata. Saluti.
Dicembre 5th, 2008 at 6:15 pm
“Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’umanità” recitava J. Donne. Questo atteggiamento di sensibilità e partecipazione nei confronti del dolore altrui, verso l’umana sofferenza, trascende a mio avviso Buddismo e Cristianesimo e li accomuna nel contempo. La passione di Gesù non avrebbe senso, se non fosse motivata da questo senso di com-passione.
Altro è la politica. Quella Vaticana in questo caso. Il grande gioco di Risiko prevede anche delle mosse ‘opportuniste’, non c’è da stupirsi troppo. Il fine giustifica i mezzi.
Però io continuo a non capire la motivazione (“…senza tener conto che, se adottate, esse creeranno nuove e implacabili discriminazioni”) che mi pare suoni risibile in sè, e ancor più considerando tutta la retorica sulla difesa della vita che la stessa Santa sede ha elargito in questi anni. Senza contare millenni di evangelizzazione anche cruenta delle culture ‘pagane’.
Mi piacerebbe che Marcello – l’unico che ha capito, a quanto pare – mi charisse il significato reale di quelle dichiarazioni, di quelle contraddizioni, sia sul piano politico che teologico (trattandosi del Vaticano le due cose devono andare a braccetto). Da ‘spirito laico’ non omologato sono sempre curioso di capire cosa c’è dietro le cose, anche le più sorprendenti.
Certo che si può accettare che in certi paesi si uccida e si torturi! E’ un dato di fatto e come tale non si può che accettarlo. Come si può accettare che dei missionari vengano bolliti nel pentolone o delle suore stuprate e sgozzate. Chi se ne frega. Ma…non c’è un ‘ma’ che riguarda anche me?
Dicembre 5th, 2008 at 6:23 pm
Sono arrivato tardi:neanche Marcello capisce il senso dell’iniziativa del Vaticano. Restiamo con la nostra curiosità.
Dicembre 5th, 2008 at 7:51 pm
Grazie Marcello, chi anima il sito con i suoi commenti è ben accetto… anche quando non lo è 🙂
Un saluto. mym
Dicembre 5th, 2008 at 7:57 pm
Ciao Doc, grazie. Il problema, a mio avviso è proprio quello: se “da religioso” per un calcolo politico (quello del vaticano così mi appare) e per di più proiettato su un ipotetico futuro non vedo il dramma presente, be’, una volta un po’ prosaicamente si diceva. “ciau balle!”. Se poi non di calcolo politico si tratta ma, come suppone dr nel primo commento, è la solita caccia al diverso nei panni dell’omosessuale, è anche peggio.
Dicembre 5th, 2008 at 9:11 pm
non è difficile, comprendere il vaticano. Qualoraa passasse un documento del genere, ci sarebbero gli stati “canaglia”, e ci sarebbe una pressione internazionale affinchè gli stati si adeguino agli “standarda”, Sarebbe un veicolo un cavalllo di troia per l’introduzione di norme ultra favorevoli. Signori, siamo in una mente collettiva bruciante. Lo spirito libero non può comprendersi.
Dicembre 6th, 2008 at 1:24 am
Se ben capisco, quindi, si tratta del timore che, allentando le pene, l’omosessualità dilaghi e si auto promuova liberamente. Un ulteriore cambiamento in questa direzione è considerato in Vaticano un grave pericolo per la razza umana e merita il sacrificio di importanti principi e valori cristiani (in primis: non uccidere), nonchè di qualche vita.
Parrebbe effettivamente in sintonia con le prese di posizione della S. Sede su staminali, eutanasia,aborto, divorzio ecc.
L’uomo devia dalla retta via e per contro tenta di sostituirsi a Dio per quanto concerne la riproduzione.
E’ una chiave di lettura. Grazie.
Probabilmente non è solo questo: ci sono anche altre opportunità, ad es. mantenere relazioni non conflittuali con i paesi islamici (paura del terrorismo) e via di seguito.
E’ una scelta di conservazione, che si è radicalizzata assai, con quest’ultima puntata. Indipendentemente dalla mia opinione in merito, sarà dura farla digerire ai fedeli.
Dicembre 6th, 2008 at 3:13 am
La questione è più facile di quanto appaia; dipende tutto dalla prospettiva etica con cui si giudica il mondo. La mia prospettiva etica è quella dell’arroganza (presumption). Il Vaticano insegna la tolleranza, privilegia la virtù dell’azione spontanea e delle ardite decisioni, promuove l’amore verso il prossimo cioè L’Altro dovrebbe (si fa per dire) provocare un sentimento etico nella coscienza. E allora? Oggi assistiamo a continui scempi, specie nella sfera della Giustizia. Per mescolare un po’ di sacro al profano è di ieri (5.12.08) la notizia che il Quiranale ha secretato gli atti delle procure di Salerno e Cosenza per chiarire il caso De Magistris mentre l’Ue con il beneplacito del Vaticano si è reso connivente (co-responsabile) della violazione dei diritti umani e Bush si è pubblicamente scusato del fatto che un suo errore di valutazione ha causato la morte di 4000 soldati americani. Come obietta legittimamente Marcello:’E allora?’ se la filosofia non può giustificare il pensiero che il prossimo può ben essere impiccato, e che chi pensa così non è un comune delinquente ma un pensatore, allora la filosofia è soltanto un giuoco, e se ne conoscono di migliori. Il punto è capire la funzione politica del Vaticano. E’ presto detto: la Chiesa serve a trascinare il rovinoso passato in un penoso presente verso un perfetto futuro per poi distruggerlo; lo ha sempre fatto fino all’esilarante (si fa sempre per dire) risultato di aver ucciso Dio. Dio è morto e stolto chi ancora si attarda su tali elucubrazioni. Dopo la morte di Dio lo spazio pubblico occupato dalla Chiesa è diventato necessariamente un focolaio di malattie e diavolerie dello spirito perché oggi il Vangelo è un virus alieno e noi umani possiamo solo immaginare una zona informe, densa, cangiante, un enorme nebulosa di pensieri, idee, immagini, prodotte anche dall’inconscio collettivo, che è la Rete (il mondo senza Dio?). La morte di Dio è la condizione perché il Verbo possa rinnovarsi. Abbiamo smarrito l’urgenza di dire attraverso il Verbo, di comunicare un sogno, una prospettiva. La Chiesa, una istituzione che dovrebbe essere un vivaio di anime pure, votate al culto della verità e della bellezza, è diventato un lurido mercato, invaso da ogni sorta di affaristi e sporchi cammellieri. Dove una volta allignava la religiosità non alligna oggi neanche più la serietà.
Dicembre 6th, 2008 at 3:47 am
Oggigiorno i giusti confini del lasciar correre, del fingere di non udire, sono stati valicati, sconfinando nell’eccesso, e in economia a furia di chiudere un occhio, e un orecchio, si è arrivati a una decadenza morale che si usa a volte definire “la nebbia nera”. Questa non è tolleranza, ma puro e semplice lassismo. Solo quando si fondono su severe norme e principi morali possono, il lasciar correre e il far finta di non aver inteso, qualificarsi come virtù umane giustappunto come tolleranza; allorché la morale della compassione è crollata, lasciar correre e non udire possono, invece, diventare dei vizi disumani.
Dicembre 6th, 2008 at 10:06 am
Uno dei più bei regali del buddismo è la realizzazione che, in quanto mente, creiamo solo convenzioni. Creiamo un mondo umano e lo consideriamo reale e su quello basiamo tutte le nostre elucubrazioni. La realtà è ben diversa dal mondo umano. Quantomeno sconosciuta. Qundi la nostra condizione ideale è quella degli ignoranti. Noi siamo, prima di tutto, degli ignoranti.
Anzi, “il mondo umano”, è proprio il nostro continuo tentativo di mettere a tacere questa ignoranza. L’etica è la più alta invenzione del “mondo umano”. Ma anch’essa si liquefà di fronte all’ignoranza.
Quindi, avere l’etica come bussola della vita, come metro di giudizio, non basta.
Un uomo libero è libero anche dall’etica.
Però viviamo nel mondo umano dove l’etica è il massimo e viene usata per giustificare il nostro muoversi nel mondo e anche per tenere un certo ordine.
Quello che vorrei dire è che queste storie delle petizioni, dichiarazioni, compresa quella della pena di morte, sono cose “da ragazzini”, mi si perdoni il termine, che si auto-ingannano su fatto che abbiano una qualche importanza.
La portata della stupidità dell’uomo, va ben oltre la pena di morte concessa o negata.
Questo per parlare a un certo livello.
Venendo alle cose umane, abbiamo le religioni. Le quali neanche loro sanno bene cos stanno facendo. Semplicemente si limitano a ripetere un disco spesso rotto, di cui non ricordano più come era quando uscì dalla fabbrica. Però c’è in loro il ricordo di una condizione primigenia. C’è il senso del “naturale”. Magari a qualcuno non gliene frega nulla che ci siano due sessi, ma a me si. Vorrà pure dire qualcosa ‘sto fatto, no?
Alla luce di tuto questo discorsone, possiamo dire due cose sul’omosessualità.
Abbiamo tanti omosessuali e tanti lo diverranno (solo ieri che stavo facendo un viaggio, ne ho “intuiti” una ventina), quindi questo è un fatto. Come ci poniamo di fronte a questo fatto? Tollerare, reprimere, quali sono le cause, positivo, negativo, ecc. Tante domande, ognuno e ogni stato, da la sua risposta.
La mia è che, se esiste qualcosa come “il bene” comune, meglio non promuovere l’argomento.
Se fossimo una società più sveglia, come minimo ci domanderemmo perchè certe cose accadono, ma è dura, molto dura….
Dicembre 6th, 2008 at 11:12 am
Buongiorno a tutti, sarò via un paio di giorni. Se il dialogo continua, per favore, mantenete i toni all’interno del rispetto reciproco. Altrimenti Px, il Webmaster, vi farà tottò 🙂
Arrivederci
mym
Dicembre 6th, 2008 at 7:07 pm
Insegna il Vaticano: ‘Mirando alla purezza personale e superando il male i cristiani e simili cercano l’unione spirituale tra loro e con Dio. Ubbidendo alla legge del Vecchio e del Nuovo Testamento si percorre il sentiero dell’amore e si giunge a Dio che è Spirito’. Il buddista invece cerca in “Dio”, propriamente nello Spirito, non l’”amore” ma il Nirvana ovvero la pace che sopravviene con il cessare di tutti i desideri. Il sentiero del Buddha è quello della liberazione, una preparazione alla morte. Se è vero che dell’intero universo è fondamento il dharma, la legge dell’essere, intesa come norma non statuita né da Dio né dagli uomini compendio di lex eterna et naturalis, è anche vero che solo una mente prelogica e magica può comprenderlo. Misurare lo iato che separa preti,politici e simili, dai buddisti è dura in assenza di una concezione dello Stato nella dottrina buddista. Mi limito a rinviare agli artt. 1 e 2 della Dichiarazione dei diritti umani e in verità vi dico “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt, 22,15-22).
Dicembre 7th, 2008 at 10:44 am
Sicuramente il sentimento che suscitano queste posizioni della Chiesa ufficiale, non è certo di “benevolenza” ma di un profondo disagio anche perché c’è sempre la tendenza, da parte di chi si reputa collocato in una edterminata “religione”, a identificarsi almeno in parte in essa. Mi viene da fare però una riflessione: per fortuna i veri cambiamenti di civiltà nascono dall’ uomo, dall’ uomo direi comune. Le leggi, quando sono realmente efficaci hanno, secondo me, una base condivisa, si inseriscono “in un tempo giusto” riconosciuto, magari inconsciamente, dalla maggioranza delle persone a cui si rivolgono ( la presentazione di questo progetto fa quindi ben sperare). Senza questo le leggi corrono il rischio di rimanere lettera morta ( nel bene e nel male.)
Sono convinta perciò che coloro che credono nel messaggio del Vangelo non siano influenzabili da queste posizioni che palesemente sono contrarie ai principi professati dalla fede a cui appartengono e che ognuno per la propria parte farà il possibile perché si giunga ad una visione diversa anche da parte della ” gerarchia”.
Dicembre 7th, 2008 at 2:26 pm
Se il ruolo delle religioni dev’essere quello di supportare gli sforzi della società “civile”, per creare un’umanità migliore, sarebbe la fine delle religioni stesse. Questo le renderebbe inutili. Potremmo dunque farne a meno.
Il compito delle religioni è indicare che nel mondano c’è il sacro. Ma il sacro lo devi trovare tu.
Se la religione si limita a rendere sacro, il mondano così com’è, decreta la propria fine.
Dicembre 7th, 2008 at 2:57 pm
Proviamo a sostituire alla parola “Vaticano”, la parola “Bodidharma”. Come avrebbe risposto Bodidharma, se gli avessero chiesto di firmare quella petizione? “Mu”, io credo. Vogliamo sempre guadagnare, progredire, agguantare….. Per una religione pura il guadagno, vissuto proprio come guadagno, è intollerabile.
Dicembre 7th, 2008 at 3:40 pm
Comunque, al di là delle parole, religioni, Vaticani, stati e quant’altro, alla base del mio rifiuto degli omosessuali, e di una qualsiasi loro promozione c’è che questa “categoria” mi ciede di dire una BUGIA CHE NON HO VOGLIA DI DIRE. E’ proprio più forte di me. Io voglio essere libero di affermare la mia verità che è: ci sono due sessi. Ci sono due sessi. Ci sono due sessi.
Siamo arrivati al punto che un essere umano non può affermare questa cosa senza rischiare di essere tacciato di omofobo!!!
Voglio e devo ribellarmi a questa follia!!.
Questo creare questa specie protetta che sarebbero gli omosessuali mi ha rotto i c……… e qui mi fermo sennò il web master mi fa tottò.:)
Dicembre 7th, 2008 at 4:27 pm
Penso che per un buddista del XXI sec. il cinema abbia una sorta di incompiutezza ontologica. Rappresenta il massimo della definizione consegnato a un’infinita indefinita meccanica. Ogni film non finisce mai, ma ricomincia in continuazione: è un eterno ritorno. Come se l’immagine si sostituisse al testo.
Dicembre 7th, 2008 at 6:00 pm
Scusa, Marcello, ma, posto che è vero che ci sono ( almeno nell’ uomo ) due sessi, posto che è altrettanto vero che talvolta le inclinazioni sessuali non sono così determinate come si vorrebbe( pensiamo al periodo adolescenziale), sei veramente convinto che possa esserci “una categoria” che possa essere punita senza che le persone ad esse appartenenti compiano atti punibili perché arrrecanti danni a persone o a cose? Qui, mi sembra, non si stava parlando se l’ omosessualità può essere equiparata alla sessualità normalmente intesa! Non ti sembra un po’ azzardato parlare di “specie protetta”?
Dicembre 7th, 2008 at 6:42 pm
Cara Marta, anche a me dispiace che, nel mondo, delle persone vengano punite per le loro tendenze sessuali. Non sono mica un mostro.
Questo è il testo che verrà presentato.
Io credo che non è eccessivo parlare di specie protetta.
Dicembre 7th, 2008 at 7:17 pm
Ora, se uno crede alle favole, alle belle dichiarazioni, ai bei proponimenti e pensa di vivere in un mondo tipo “cuore” alla De Amicis, okkei.
Siccome io non sono il tipo e conosco “l’uomo bianco”, e sò che è la stessa persona che distrugge il pianeta, ammazza le foche, si uccide per strada(camorra, criminalità), vive nell’avidità, rapina gli altri per ottenere quello che vuole, ecc,ecc., allora non mi fido.
Qualsiasi cosa dica questo criminale (noi occidentali), devo porre molta attenzione, anche quando si traveste da agnello, egli è un lupo.
E allora gli chiedo: senti lupo, perchè non ti guardi la tua squallida società, che tu arrogantemente ritieni il meglio, invece di andare a fare la paternale agli altri?
C’è, per me, un’unica conclusione. Questa paternale è falsa, ipocrita e stumentale.
Nasconde dei secondi fini.
E questi, io credo che siano, lo sdoganamento forzato dell’omosessualità.
Dicembre 7th, 2008 at 7:25 pm
Ti ringrazio per il testo che ho letto con attenzione. Rimango comunque del parere che sia atto di civiltà difendere coloro che per qualsiasi motivo corrono il rischio ( e non puoi negare che questo succeda ) di essere privati della loro dignità di persona. Questa volta si è parlato di loro, in altre occasioni si sono difese altre minoranze. Capisco che questo argomento possa essere più scottante di altri e forse se ne parla in modi non sempre adeguati, ma personalmente credo che l’ Umanità sia talmente grande che c’è posto anche per loro e… spero anche per noi che sicuramente abbiamo altri difetti! Unn caro saluto e un grazie per la compagnia in questo uggioso pomeriggio di dicembre.
Dicembre 7th, 2008 at 7:52 pm
Un saluto e un grazie anche a te 😉
Dicembre 8th, 2008 at 12:53 am
Le voci fuori dal coro sono sempre interessanti. Ciò che mi ha fatto riflettere dei discorsi di Marcello – tante cose non le ho ben capite, su altre dissento, personalmente – è stato il suo porre l’accento su quanto continuiamo tutti a ragionare per categorie, categorie che diamo per scontate perché ci sono famigliari e fanno profondamente parte della nostra cultura anche cattolica (ad esempio la difesa di alcune minoranze o certe posizioni su diritti, uguaglianza ecc). Col rischio di appiccicarle al buddismo come ne fossero parte integrante. E così il buddismo si colora, il vuoto si riempie di contenuti e la ‘liberazione’ dai condizionamenti e dalle dipendenze culturali fugge lontano come l’uccello-realtà di Gaber. Effettivamente questo è un rischio enorme per chi è chiamato alla delicatissima operazione di travasare il messaggio di Buddha in occidente. Non ci piacerebbe, qualora avvenisse un analogo trapianto del buddismo o dello zen in Iran ad esempio, accorgerci che alcune categorie del pensiero islamico sono state assimilate al dharma di Buddha colorandolo in qualche modo e riempiendolo di contenuti che non condividiamo o che consideriamo estranei al vero buddadharma. E’ un invito a vigilare, quello di Marcello, che a mio avviso va accolto con attenzione. Le opinioni politiche, sociali, economiche e di costume sono legittime sul piano personale: ed altrettanto l’impegno personale su questi versanti. Ma attenzione a non contaminare con esse la ‘pratica’, onde evitare che le nostre visioni personali offuschino il buddadharma e falsino il messaggio vanificando il nostro lavoro ed il travaso della dottrina in occidente. In sostanza, possiamo essere omofobi od omofili. Ma qualunque cosa siamo, la siamo NON perché siamo buddisti o perché pratichiamo lo zen.
Dicembre 8th, 2008 at 8:48 am
“Good morning babylonia!”
L’obbiettivo prioritario del Vaticano è ottenere concreti benefici dalla parte politica al potere, siano essi l’arruolamento di sacerdoti, scelti dalle curie, come professori di ruolo nelle scuole pubbliche, oppure fondi per scuole e strutture sanitarie private, in larghissima parte facenti capo alla Chiesa.
La Chiesa vuole affermarsi a livello di strutture sociali privilegiando la politica italiana ritenendosi l’unica depositaria dell’etica. Un’etica prerogativa esclusiva della religione avvicina notevolmente il cristianesimo alla mentalità islamica. Per fortuna abbiamo avuto l’illuminismo e lo stato laico che ci hanno parzialmente immunizzati. Da parte della Chiesa, comunque, si tende a negare che l’etica sia una qualità dell’uomo, come diceva Kant, per affermarne invece la derivazione dalla dogmatica religiosa. Gli uomini sarebbero incapaci di produrre una morale, ma di questo passo si finisce nello Stato teocratico.Le morali altro non sono che regole di convivenza volte a ridurre i conflitti. Queste regole gli uomini se le possono dare da sé: l’etica è una categoria antropologica.Le diverse etiche non sono su un piano di parità: quelle basate sulle religioni sono molto retrograde. Il buddismo sarebbe una religione?Piuttosto una filosofia evolutiva.
P.S. A Bodidharma (cioè all’inumano ascetismo dei monaci) preferisco il “Body-dharma”: la legge che regola gli umori sprigionati dall’amplesso. L’eros è mondano oppure una categoria del sacro?E l’amore tra omosessuali pornografia?Ahi,ahi,ahi, povera pecorella smarrita…
Dicembre 8th, 2008 at 9:08 am
Bene, quindi abbiamo bisogno di un’etica. E io, buddista, per avere un’etica, devo venirla a prendere da te? Dove troverebbe la sua etica il buddista, nelle pieghe della modernità? Nel sollazzo? Pechè mai un buddista dovrebbe dare il suo imprimatur agli sforzi di una categoria di bugiardi?
Perchè dal mio punto di vista, gli omo sono dei bugiardi e dei casinisti.
Se permetti, avendo bisogno di un’etica, me la prendo a “imitatio naturae”.
Dicembre 8th, 2008 at 9:32 am
Bravo Doc. Hai colto il senso di quello che volevo dire. Sono questioni dalle quali faremmo meglio a stare lontani.
Quando sediamo in za zen nn ci sono etero o omo!.
Dicembre 8th, 2008 at 3:54 pm
Noi tendiamo a soffrire per l’illusione di essere capaci di morire per una fede o una teoria. Lei sostiene che persino una morte spietata, una futile morte che non dia né frutto né fiore, non abbia la sua dignità nonostante sia la morte di un essere umano. Se diamo tanto valore alla dignità della vita, come possiamo tollerare la morte di un essere umano? Nessuna morte può essere detta inutile.(Cfr.Dichiarazione dei diritti umani, artt.5,6).
Dicembre 8th, 2008 at 3:58 pm
Concludo il mio intervento precisando quanto segue:”Dichiaro solennemente il mio risoluto e consapevole rifiuto di leggere una sola e ulteriore riga in proposito al dibattito Stato-Chiesa. Per un annoso processo di saturazione neurologica il mio cervello non è più in grado di immagazzinare nuovi dati riferibili alle voci ‘reato’,’peccato carnale’, jus naturali et concupiscientiae e categorie apparentabili. Non solo: anche i dati equivalenti a 666 megabyte di parole e frasi quasi tutte ripetute centinaia di migliaia di volte negli ultimi mille anni, sono oramai andati perduti. Ne consegue che a ciascuna delle suddette voci, e apparentabili, nel mio cervello corrisponde un vuoto assoluto e definitivo, che me la fa considerare totalmente estranea alla mia percezione sensoriale, ai miei interessi personali e alla mia vita passata, presente e futura. In seguito a questa condizione, che presumo estesa a molti fedeli, diffido chiunque anche legalmente, dal considerarmi, a qualunque titolo, destinatario di notizie relative alle voci ‘Messia’, ‘Vangelo’ e consimili”.
Dicembre 8th, 2008 at 5:17 pm
Buongiorno. Eccomi di nuovo in “servizio”. Nel frattempo il discorso si è ampliato, e approfondito. Il dibattito riguardo a se un uomo di religione trovandosi davanti ad un problema sociale sia bene che lo affronti laicamente o santamente è antico. I buddisti, storicamente, hanno sempre tentato un distacco, o totale del tipo: “niente politica, siamo buddisti”, oppure individuale: “sono buddista ma/e faccio ciò che faccio perché lo ritengo giusto non perché sono buddista”. Apparentemente la seconda posizione pare più moderna e illuminata, la prima pare legata a una religione che non comprende il mondo. Tuttavia seppure sia parzialmente vero che davanti al muro non c’è distinzione di sesso, è altrettanto vero che non passiamo tutta la giornata lì seduti e perciò (a meno che lo zz sia episodio separato dalla vita) le occasioni di confrontarsi col sociale/politico sono estese a tutti, seppure in proporzioni diverse, e sono da declinare secondo il buddismo. Cioè: se sono buddista (o cristiano ecc.) non esiste un me a prescindere, con i suoi gusti e le sue idee. I monaci birmani ci hanno dato modo di discettare a lungo sulla loro… pelle, e le loro scelte. È pur vero che siamo “anche” cristiani -come possiamo negarlo?- ma anche per questo le iniziative di zio Ratzi e soci ci sono comprensibili. Insomma, non è questione in cui basti prender cappello come pare voglia fare Homosex…
Dicembre 8th, 2008 at 7:20 pm
Sì, guai a metterla sul personale. Bisogna evitare di sentirsi personalmente coinvolti per argomentare in modo costruttivo. Non ci si deve sentire parte in causa per poter davvero ascoltare e, grazie a questo ascolto, elevare il proprio punto di vista lasciando andar via le nostre convinzioni radicate. Il buddismo non è cosa che mi dice cosa fare o dove stanno il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. Al massimo mi dice: se ‘soffri’ è perchè ancora non hai capito come si deve capire; non hai ancora ben chiarito il vero significato di quella parola – ‘retto’ – che accompagna le otto braccia del Sentiero. Non ci si può conformare al buddismo come ci si conforma ad esempio al cattolicesimo, per il semplice fatto che non esistono dogmi o regole cui conformarsi. Diagnosi, patogenesi, guarigione e terapia: le quattro nobili verità. E la terapia, anziché una serie di regole, qui è solo l’indicazione di una ‘retta’ vita. Punto.
Quindi complimenti a Marcello, per quanto mi riguarda, poichè ha saputo sostenere la sua ‘provocazione’ non ostante la sua condizione di minoranza, e ci ha permesso appunto di ragionare e di sfidare i confini del nostro recinto mentale. E’ questo il lavoro che dobbiamo fare. E’ questo il vero buddismo. Poi naturalmente continuerò a pensarla come voglio sulle singole questioni, laicamente affrontando i temi della vita con la massima libertà e sincerità interiore concessami. Partecipando comunque – è inevitabile, anche sedersi contro al muro è partecipare! – e battendomi se lo riterrò necessario. A chi altri mai potrei chieder consiglio? Chi mi darà mai delle risposte ‘certe’?
Dicembre 8th, 2008 at 7:23 pm
Mi sono letto l’articolo sulla politica buddista e sui monaci birmani e concordo con te, mym.
Per quanto riguarda Ratzi, loro sono uno stato!! Hanno un seggio all’ONU!! Problemi come questo sono il loro modo di pagare il karma del continuo interventismo nel sociale. Ma devono farlo. Il cristianesimo, basando tutto sull’etica, se crolla l’etica è finita….
Ciao:)
Dicembre 8th, 2008 at 8:24 pm
Soltanto oggi sono venuta a conoscenza di questa diatriba che, vedo, è in corso da una settimana: chissà come mai nei giorni scorsi sul mio pc non ce n’era traccia. Mi auguro di non arrivare troppo tardi con le mie considerazioni, per quanto non di ordine religioso che non è il mio specifico interesse, bensì di ordine storico dal momento che grecista sono, grecista resto e come tale do’ molto peso al filo che lega la nostra cultura a quella che ne ha posto le basi in tempi remoti. Nel mondo antico l’omosessualità è comune, anzi è la norma, né c’è un termine apposito per designarla: l’eros è eros, a qualunque essere umano si indirizzi. Soltanto l’esigenza di assicurare la sopravvivenza della specie in tempi in cui la mortalità è elevatissima ha originato provvedimenti legislativi a tutela dei figli legittimi e del matrimonio: si tratta di un contratto sociale simile a tutti gli altri contratti sociali, che non ha niente a che vedere né coll’amore né col sesso. Presumibilmente anche la chiesa di Roma alle origini appoggia le unioni eterosessuali per la medesima ragione: non ricordo nel Vangelo nessuna condanna esplicita degli omo. Ma, col tempo, il bisogno di rafforzare e proteggere il potere temporale dell’organismo ecclesiastico ha indotto ad escludere dai privilegi quante più persone possibile, inventando una serie di colpe che potessero essere usate come arma discriminante, e la condanna dell’omosessualità è sopravissuta ai secoli, unica capace di resistere al tempo dal momento che oggi quasi nessuno crede più alle streghe o agli indemoniati, mentre essendo l’omosessualità, come dimostra la storia ma anche il comportamento attuale di molte specie animali non vincolate da leggi scritte, una forma di sensibilità del tutto naturale , non può essere eliminata dagli anatemi né dalla sua penalizzazione. Quando ero giovane, si volevano costringere i mancini a scrivere colla mano destra. Oggi si è riconosciuto l’errore, essere mancini è una caratteristica naturale: nessuno pensa più che ciò sia meritevole di condana. Ma i mancini non turbano le istituzioni.
Dicembre 8th, 2008 at 9:17 pm
In parte, io credo, queste storie dell’antichità sono un mito. Nel senso che vorrei veramente vedere uno squarcio della vita quotidiana di un greco di 3000 anni fa….mah, non so quanto spazio ci sia stato per l’omosessualità. Ci sarà stato sicuramente un meccanismo di sodomia, questo è molto maschile, ma c’è empre stato. Mi ricordo quando a 20 anni volevo andare in viaggio in turchia, mi dicevano: “attento che quelli tre lo mettono…”. E’una dinamica maschile di dominio e soggezione di cui non sento la mancanza.
Credo di aver colto un punto interessante.
Stiamo parlando di sociale, quindi di collettività. Qui abbiamo una “parte” di questo “corpo sociale” che chiede qualcosa alle istituzioni. Questo non va fatto. Perchè?
1) Da adito a una nuova categoria che vuole essere riconosciuta e gli da dei benefit (le cose migliori si fanno per tutta la collettività non per una parte altrimenti davvero si fanno discriminazioni)
2)Fa intendere che “le istituzioni” si debbano occupare del privato dei loro membri (questo è una concessione di una parte del mio privato alle istituzioni, una perdita di libertà)
3)Da notare che questo atteggiamento mentale deriva dal pensare le istituzioni come qualcuno a cui chiedere qualcosa!!!!!!!
Questo è terribile, perchè invece che creare un membro della collettività crea un’ameba.
Il punto 3 potrebbe rovinare la comunità.
Dicembre 8th, 2008 at 9:29 pm
Vi offro l’ultima.
Immedesimiamoci nello Stato, nelle Istituzioni. Ognuno di noi è “le istituzioni” (che poi, in un certo senso è così).
Essendo voi le istituzioni, avete piacere che qualcuno vi venga a chiedere qualcosa? Intendo qualsiasi cosa. Ora, noi tutti siamo “le istituzioni”. Se abbiamo a cuore noi stessi, cioè le istituzioni, ci fa piacere essere messi in allarme? Cosa ci guadagna veramente la collettività tutta da questo bailame?
Se abbimo davvero a cuore la collettività pensiamo che meno noie ha la collettività e meglio è, o no?
Dicembre 8th, 2008 at 10:16 pm
Caro Marcello, è sufficiente che tu legga uno qualunque dei classici greci, da Omero a Socrate attraverso Platone, nonchè a tutta la produzione poetica fino alla conquista di Roma, e anche a Roma stessa, pensa a Giulio Cesare!, per trovare tutte le testimonianze che vuoi a proposito dell’omosessualità che non è prerogativa maschile, anzi: nei tiasi femminili le ragazze imparavano l’arte dell’eros attraverso i rapporti con le compage (vedi Saffo). Il dominio e la soggezione non c’entrano proprio niente, è ovvio che, dedicandosi le persone di sesso diverso ad attività completamente diverse, i rapporti sociali si sviluppavano nell’ambito esclusivamente maschile o femminile e nello stesso ambito la sessualità aveva il suo luogo naturale.
Ti confesso che non mi sento affatto parte dell’istituzione statale berlusconiana, né dell’istituzione ecclesiastica… Vorrei anche io che non si occupassero del privato. Ma il “diverso”, il “non socialmente accettabile” può costituire un pericolo: ecco che il comportamento privato diventa un pericolo per la stabilità pubblica. Da qui la necessità di provvedere in proposito. Al rogo!
Dicembre 8th, 2008 at 10:50 pm
Quando si racconta l’antichità, io credo, si deve pensare al mondo di un’elite. Avrei voluto vedere una famiglia contadina greca di 3000 anni fa….si pensa alla vita dei ricchi, ma ci sono stati anche i poveri. Dobbiamo togliere dalla testa quest’idea malsana da noi e dagli altri, che lo stato, le istituzioni si occuperanno di noi. Nessuno ha il diritto di abbassarsi a chiedere l’elemosina allo stato. Con l’atto di chiedere riconoscimento ti qualifichi per quello che sei: un mendicante. Se si ha a cuore lo spirito della gente, si desidera che il tuo prossimo sia forte, non debole.
Perciò occorre stigmatizzare un comportamento errato: un comportamento da mendicante.
Dicembre 9th, 2008 at 12:59 am
Accusatio non petitat patrocinia manifest_i.
Dicembre 9th, 2008 at 2:20 am
Nella solitudine della mia città, non avendo nessuno a cui manchi la mia presenza e nessuno che rimpianga la mia assenza ho l’impressione di cominciare a vivere perché vivo con i privilegi di un morto che ha obbedito alla Legge per servire il futuro e onorare il passato, non dovendo più niente al presente.
Dicembre 9th, 2008 at 12:14 pm
Vorrei che non si dimenticasse il punto iniziale: un’istituzione chiede ad altre istituzioni di “depenalizzare” l’omosessualità. Un’altra istituzione -in questo caso: religiosa- interviene per dire che no, non bisogna depenalizzare. Non ostante la penalizzazione comporti gravi sofferenze e persino la morte. La mia perplessità è tutta in quel termine: “religiosa”. Se la stessa posizione l’avesse presa, chessò, la Lega Calcio, la banca europea, l’UMI (Unione mondiale degli idraulici) forse (forse!) avrei pensato: “Ma guarda ‘sti str…ani”. Ma qui ha parlato l’istituzione che si fa carico di essere l’ufficiale, autentica, unica, giusta rappresentanza dell’insegnamento di Gesù Cristo e, spesso, della religione tout court. Allora: “Da non crederci”.
Dicembre 9th, 2008 at 12:19 pm
Px, il Webmaster, mi fa notare che quota 50 commenti non l’abbiamo raggiunta neppure la volta in cui abbiamo chiesto pareri sulla foto della signora Sabrina Ferilli in topless. Bene.
Dicembre 9th, 2008 at 8:07 pm
Hai fatto bene, mym, a richiamarci all’ordine: mi ero accorta che si stava andando fuori tema. Permettimi un’ultima domanda piccola piccola: dovrei sentirmi una mendicante se chiedo, anzi pretendo che il potere istituzionalizzato, ecclesiastico o laico che sia, non solo non penalizzi ma rispetti le mie caratteristiche individuali e le mie scelte personali quando queste non danneggiano nessuno? Tutt’altro: credo di esercitare un mio diritto.
Dicembre 9th, 2008 at 9:57 pm
Bene, Cristina. Quindi la tua è una protesta. Secondo te, una giusta protesta. Il problema è che viviamo in un mondo di media, di parole, di simboli. Di emozioni. E quello che tu chiedi, insieme all’inno “laico” che hai scritto (che viene ripetuto come un mantra), l’avrò sentito 2000 volte.
Sembra quasi che “il progresso delle libertà”, la nuova frontiera, passi da lì.
E non ce n’è per nessuno. Se uno negasse questa tua logica è come minimo un dittatore.
Scusa, ma io mi sento in una specie di “trappola della logica dei diritti umani”, da cui se ne esce solo rompendola (me l’ha insegnato il buddismo).
E poi attenzione a dire che non danneggiano nessuno. I tuoi atti non sono neutrali.
Che bisogno hai di scomodare la società, di oinvolgere gli altri in quelli che sono i tuoi progetti? Perchè scomodare le istituzioni (cioè gli altri e quindi anche me) pe realizzare i tuoi fini?
Dicembre 10th, 2008 at 12:07 am
Secondo me il riconoscimento della dignità della persona umana, e quindi delle scelte individuali, non è una trappola della logica, ma è -dovrebbe essere -un basilare principio di ogni società e di ogni cultura: né mi pare che il buddismo neghi questo. Mi sembra anche che, se voglio seguire la mia strada e l’istituzione mi penalizza per questo, non sia io a scomodare l’istituzione ma piuttosto il contrario… Se la religione ufficiale è quella cattolica romana, questo non ti impedisce tuttavia di essere buddista. In modo analogo, se l’unione tra maschio e femmina è protetta dalla legge, questo non impedisce l’unione tra maschio e maschio, tra femmina e femmina. Non è questa un’azione “cattiva”, che generi un danno universale superiore a quello generato da rapporti eterosessuali. Il “buono” e il “cattivo” non sono idee platoniche universali…
Certo che la mia è una protesta, e certamente tu avrai sentito mille volte, no, duemila, l’inno alla libertà. Spero che tu, io, tutti quanti possiamo sentirlo ancora centomila altre volte!
Dicembre 10th, 2008 at 12:12 am
Buon giorno notte.Mi sembra che Marcello abbia le idee chiare. Il mio voleva essere un commento onesto senza bugie di nessun genere, mi pareva di avere qualcosa di così semplice da dire.Un messaggio che potesse essere utile un po’ a tutti, un messaggio che aiutasse a seppellire quello che di morto abbiamo dentro e invece Marcello è il primo a non avere il coraggio di seppellire proprio niente.Adesso ha la testa piena di confusione, questa torre tra i piedi…Chissà perché le cose vanno così, a che punto l’umanità ha sbagliato strada…Non ho più niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso: chi non abita nella civis Dei abita nella civis Diaboli.Ma i suoi spiriti perché non mi vengono in aiuto, ha sempre detto che erano carichi di messaggi per noi, avanti che si diano da fare.
Dicembre 10th, 2008 at 2:11 am
Marcello, saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo?Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a falla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto proprio tutto perché la tua fedeltà la fa diventare infinita, saresti capace? Se ti decessi che la felicità consiste nel poter dire la verità senza mai fare soffrire nessuno?Dire la verità, quello che so, quello che non ho ancora trovato. E’ una festa la vita viviamola insieme, non so dire altro a te a agli altri. Accettami per quello che sono se puoi, è l’unico modo per provare ad incontrarci.
Dicembre 10th, 2008 at 8:06 am
Cari Amici, come si vede l’argomento mi ha dato modo di riflettere a lungo. Fondamentalmente il fastidio che provo, non è per i singoli o per i loro comportamenti, ognuno fa quel che vuole, ecc,ecc. Il fastidio è nato quando a questa cosa si è cercato di dare una dimensione sociale. Questo ha fatto partire una grancassa mediatica. Ora, mi pare che pur di ottenere i loro fini, certe persone, dicono di tutto e di più. In più, tutta la parte “progressista”, si è schierata a fianco dei “deboli” e si sa, aiutare i deboli è un’attività molto caritatevole e fa guadagnare punti presso “l’opinione pubblica” (e forse fa andare anche in paradiso!). Io spero di aver fatto qualche buona riflessione.
Di sicuro, il dibattito pubblico sull’argomento è sclerotizzato ed è viziato da tante falsità.
Se proprio la volete sapere tutta, per me questo di cui parliamo, non è che un sintomo di un generale stordimento. L’Occidente, fondamentalmente, è un brutto posto. Tenuto a galla dai soldi in abbondanza, tende a dimenticare il reale e a non riflettere profondamente. In sostanza, ci permettiamo di parlare di questi argomenti, non perchè ce ne sia reale necessità, ma solo perchè siamo un branco di borghesi annoiati, che non trovano nient’altro di meglio che parlare dei diritti degi omo. Il futuro crollo economico, forse ci renderà più realistici.
Saluti
Dicembre 10th, 2008 at 10:03 am
Ancora un tentativo di focalizzazione. Il tema proposto non è se la santa sede, l’associazione amici del lombrico, la lega per la difesa dell’uccello o la corte costituzionale possano o meno esprimere pareri, indicazioni o anatemi. Il tema riguarda(va?) la congruità delle posizioni assunte su un dato problema -in questo caso: la depenalizzazione dell’omosessualità- in relazione alla natura dell’istituzione che esprime il parere. Per quanto il Vaticano sia anche uno stato sovrano, le opinioni espresse dai suoi rappresentanti all’ONU non possono prescindere, secondo me, dalla funzione/origine/realtà/legittimazione all’esistenza di quel particolarissimo stato. Affermarne la laicità (e perciò il diritto a qualsiasi posizione) è non vederne la realtà costitutiva. Se fosse uno stato come tutti gli altri non avrebbe alcuna ragione di esistere.
Dicembre 10th, 2008 at 12:17 pm
Seguendo il dibattito mi sono formato questa opinione: il Vaticano intende difendere la sovranità degli Stati. Ovvero, tra il diritto ad essere ‘diversi’ dei singoli e quello degli Stati, ha scelto di tutelare quest’ultimo. Messa così pare una presa diposizione rispettabile, direi condivisibile: a prescindere dagli ‘interessi politici’. Che diritto abbiamo in fondo di giudicare e condannare altre culture come se la nostra fosse ‘superiore’? Forse che la sedia elettrica è tanto più umana della impiccagione o della lapidazione? In questo mi pare che Marcello abbia buoni argomenti.
Se il tema fosse un altro (ad esempio il velo islamico o l’esproprio dei proprietari terrieri o il diritto a coltivare la coca ecc) molti di quelli che oggi qui sono inorriditi, applaudirebbero. In sostanza la S. Sede inviterebbe – secondo questa lettura – a rispettare e non interferire con le altre culture e sovranità. Quello che non mi quadra però è che il Vaticano da sempre, su altri temi, interferisce eccome con le culture e con le sovranità degli Stati, a cominciare dal nostro. E allora il sospetto di ‘omofobia’ effettivamente rimane. E rimane un po’ da capire il perchè. Se non erro c’è anche stata di recente una svolta interna del Vaticano sul tema omosex: mi pare che ci sia una pre-selezione delle ordinazioni ecclesiastiche per cui, se si è omosessuali, non si dovrebbe più poter essere ordinati sacerdoti. Vi risulta? Si può così pensare che, oltre a difendere la sovranità degli Stati, il Vaticano si sia accorto e sia molto preoccupato di cosa succede in casa propria, ove l’omosessualità da sempre è di casa, e voglia assumere quindi una posizione più netta che nel passato sul tema.
Dicembre 10th, 2008 at 1:45 pm
La vita di ogniuno è così vasta, ogni situazione che ci si presenta unica. che dire?
basta un diverso stato mentale e si è su un altro pianeta.
Ciao
Dicembre 10th, 2008 at 4:22 pm
Ahi ahi ahiiii, “il Vaticano … ove l’omosessualità da sempre è di casa” dice il Doc. Le fonti, vogliamo le fonti o dobbiamo censurare. Che diamine, possiamo mica titolare il prossimo post “Le notti gay del Vaticano ” o “Balletti verdi: l’altra sponda del Tevere”… Minimo minimo occorre spiegare l’affermazione, por favor.
Dicembre 10th, 2008 at 4:36 pm
Bravo mym. 8 e 1/2…
Dicembre 10th, 2008 at 4:46 pm
8 e 1/2? Fellini spero. Se è un punteggio ti sego una gamba.
Dicembre 10th, 2008 at 4:51 pm
Quando ero giovane (when I was young) lessi che l’arte è un aspetto della conoscenza che non bisogna trascurare, e ciò mi basta. Non chiedo nessuna prova: mi fido.Può una forma di ‘militanza’ artistica trasformarci in una Umanità ardente e forte che come sole spunti dietro scure montagne illuminando la Via?
Dicembre 10th, 2008 at 4:52 pm
Giusto! Il film…
Dicembre 10th, 2008 at 5:05 pm
Vox populi… un bel po’ di scandali e la stessa preoccupazione che ha indotto Ratzi a prendere quella posizione (verifica della non-omosessualità prima di intraprendere la carriera ecclesiastica) mi paiono elementi sufficienti a sostenere l’affermazione. Non credo meriti perdere troppo tempo per cercare studi statistici che ci dicano quanti ce ne è in percentuale. Non mi pare tanto importante. Nessuno ha detto che in Vaticano si fanno le orge. Per favore, non tiriamo a confondere l’omosessualità (cioè l’orientamento sessuale ed affettivo omofilo, che è trasversale ed è presente in circa il 10% di individui se ben ricordo, ed esiste sia nella società civile che nelle istituzioni religiose e no)con il comportamento omosessuale, con gli atti sessuali veri e propri o con la violenza sessuale! Questa confusione c’è nel blog fin dall’inizio. Forse qualcuno crede davvero che nei paesi ‘omofobi’ non ci siano omosessuali? avete mai girato in medio oriente? sono tranquillamente tollerati finchè non incorrono in comportamenti che – in quella cultura – sono considerati scandalosi e lesivi della morale.
Comunque, forse Messori potrebbe fornirci i dati…
Dicembre 10th, 2008 at 5:15 pm
Ah be’, son più tranquillo. Soprattutto che, pur essendo (forse?) tanti non facciano le orge mi solleva un po’. Certo che però, se le cose fossero davvero così, facendo anche lo screening per dividere l’oro dalla paglia, con la crisi di vocazioni che c’è rischiano di trovarsi in pochini…
Dicembre 10th, 2008 at 5:26 pm
Già, è un problema serio per le gerarchie.
In 2 minuti, su google ne ho trovate parecchie di conferme. Ad es queste, quasi a caso:
http://vaticano.noblogs.org/post/2007/09/30/preti-gay-i-segreti-svelati-in-tv
http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/monsignore-gay/monsignore-gay/monsignore-gay.html
http://www.cardinalrating.com/cardinal175_article_2635.htm
(La presenza degli omosessuali nella Chiesa “è una grande, enorme, immensa sciagura e una delle cause è la mancata attenzione nei seminari, dove i superiori devono essere educatori”. Card E. Tonini)
basta navigare 10 minuti per leggerne delle belle.
Dicembre 10th, 2008 at 5:32 pm
Insomma, se accettiamo la tua teoria l’uscita del Vaticano contro la depenalizzazione è una sorta di tafazzismo*: tende a far mantenere stretta la guardia sugli homo di casa propria… se cominciassimo a depenalizzarli altrove… qui chi li ferma più?
*Da un personaggio televisivo, chiamato Tafazzi, noto per colpirsi di continuo -e apparentemente senza motivo- i genitali.
Dicembre 10th, 2008 at 5:40 pm
Penso che sia davvero un nervo scoperto per la S Sede: questo taglio di visuale mi spiega molto della attuale rigidità. Non c’è peggior rigido salutista di chi vuole smettere di fumare…o ha smesso da poco.
Dicembre 10th, 2008 at 5:43 pm
Intendiamoci; non è tutto qui, naturalmente.
Dicembre 10th, 2008 at 7:35 pm
Ooooooh mai gaad! Non è tutto qui?!? Non mi dire…. Checc’è checc’è ancora? 🙂
Dicembre 10th, 2008 at 7:59 pm
Ritengo che doc (intervento n. 68) abbia colto esattamente nel segno. Lo confermo un po’ per letture freudiane, un po’ per aver frequentato in passato certi ambienti…
Dicembre 10th, 2008 at 8:43 pm
Dubito che l’arte possa avere effetti così dirompenti — anche se in fondo sarei il primo a desiderarlo. Meglio, e più carino, permettere che l’arte faccia incursioni semi-clandestine, possibilmente dadaiste. dr
Dicembre 10th, 2008 at 9:30 pm
Mym, non so mettere le faccine qui, sennò ti spernacchiavo.
Dicembre 14th, 2008 at 11:59 am
Buongiorno a tutti, dopo un po’ di pausa mi sorge questa riflessione. La tendenza ad accettare come vero o semplicemente come valido quello che già si conosce e che fa parte di noi è una cosa molto umana da cui nessuno è immune.( Talvolta è anche una necessità cognitiva: trovare cose che confermono le nostre idee per poi solo sucessivamente modificarle.)
Ma se si vuole veramente entrare in dialogo con una persona o una realtà diversa ( e non credo di dire niente di nuovo soprattutto per chi è all’interno della Stella del mattino)si dovrebbe essere veramente disposti a considerare le proprie ideee e il proprio credo come una delle possibili visioni della realtà. A scanso di equivoci non voglio con questo dire che una cosa vale quanto un’ altra o che sono intercambiabili ( ma questo credo sia già assodato da tempo ), semplicemente mi sembra che ci voglia uno sforzo costante e consapevole per tenere aperta, o aprire, la porta del dialogo, a qualsiasi livello: personale, lavorativo, religioso.. ( soprattutto, direi, in quei campi in cui ci si sente “esperti” e ci si trova di fronte a chi, si presume, ne sa meno di noi…) A volte, mi sento di poter dire, si confina il “dialogo” all’ interno di alcuni aspetti della nostra vita, quasi fosse una cosa da farsi in certe particolari occasioni ( magari con chi è già aperto al dialogo .)
Mi vien da rammentare che lo scoglio più grande non è quello di far la pratica ( che naturalmente pur veicola in sè apertura e condivisione..), ma il non lasciare chiuso nella pratica quello che dovrebbe essere l’ atteggiamento nella vita quotidiana.
Rimanendo fermo il fatto che è una gran fatica. Ciao
Dicembre 14th, 2008 at 12:25 pm
Grazie Marta per il tuo commento. Hai un’opinione lusinghiera di chi è “all’interno della Stella del mattino”, grazie. Penso varrebbe la pena riflettere un poco su che cosa significhi “non lasciare chiuso nella pratica quello che dovrebbe essere l’atteggiamento nella vita quotidiana” e che relazione ciò abbia con quello che chiami dialogo.
Dicembre 14th, 2008 at 7:40 pm
Dato che questo “argomento ” mi sta particolarmente coinvolgendo in questi ultimi periodi, colgo l’ occasione per esprimere ad alta voce ( si fa per dire ) alcune riflessioni. Mi scuso se parlo della mia personale esperienza e se non uso termini “tecnici” ma mi sentirei a disagio ad usarli date le mille angolature e interpretazioni che possono avere.
Nell’ atteggiamento della pratica ( meditazione. lettura del vangelo e studio di testi….) si è portati , direi quasi istintivamente, a lasciarsi compenetrare, a lasciarsi quasi plasmare da quanto avviene in noi in quei momenti. Forse anche perché accettiamo a priori ( anche se dopo un lungo percorso ) che quello che stiamo “facendo” è una parte essenziale della nostra vita. ( A volte ci si lascia trasportare troppo e si pensa che solo quella sia la vita vera).
Poi nella normale vita quotidiana non si è più disponibili ad accettare ” a priori “quello che viene ( sia esso persona, fatto ….) ma si pone immediatamente un filtro valutativo che fa emergere le categorie di giusto, sbagliato, piacevole non piacevole… ( non serve che dica che spesso le cose sono sbagliate ..)che incasellano la realtà. Al massimo si arriva a tollerare, a compatire ( nel senso coumne del termine). Quella parte di verità che mi viene incontro non la riconosco come mia. Ecco quindi il non- dialogo, la non- pace, l’ arrabbiarsi quando le cose non vanno come “dovrebbero” ( dal mio punto di vista naturalmente!).
E magari mi lamento perchè non c’è dialogo! Si vive una frattura tra ciò che si vive durante la pratica e ciò che si vive nella quotidianità, nonostante tutti gli sforzi mentali per far quadrare il cerchio.
Ma se il dialogo è, prima di tutto, ascolto di ciò che è diverso da me e partecipazione reale e non fittizia, allora, è proprio nella vita di ogni giorno, penso, che “la pratica religiosa ” porterà “frutto” ( lo so che qui potrei essere fraintesa ) o meglio diventerà pratica di vita: cercando continuamnete di togliere la polvere che si accumula per le troppe parole, per il rumore….e ricominciando sempre da zero. Ma non perché questo mi debba rendere migliore ( come neanche il fatto in sè della pratica rende migliori ) ma perchè forse è una delle poche cose che risponde alla mia ricerca di senso. E’ un atteggiamneto che mi permette di azzerare continuamente gli errori compiuti da me e dagli altri e di poter intravedere sempre nuove strade. Mi permette di cancellare la ricerca della “meta” e di essere presente in ciò che mi accade cercando il mio posto, o meglio cercando di sentirmi al mio posto.
Chissà se mi sono spiegata: quello che volevo forse semplicemente dire è che, solo se nelle mie “mani vuote” della pratica posso vedere anche “le mani vuote” nella normale vita, recupero il senso della vita globalmente intesa. Grazie dell’ attenzione
Dicembre 15th, 2008 at 12:02 pm
Il senso di “dialogo” inteso come rapporto continuo, giornaliero -apparentemente banale- con ciò che ci circonda mi piace assai. E il resto anche. Apprezzo molto. Grazie.
Dicembre 17th, 2008 at 12:51 pm
Suggestioni sul tema del tempo e della fugacità della vita: tra Leopardi e Ungaretti … preferisco Pascoli!
Tu dici, É l’ora; tu dici, É tardi,
voce che cadi blanda dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi
l’albero, il ragno, l’ape, lo stelo,
cose ch’han molti secoli o un anno
o un’ ora, e quelle nubi che vanno.
(L’ora di Barga)
Dicembre 17th, 2008 at 7:37 pm
Un altro modo di intendere il tempo, dovuto a una sensibilità né migliore né peggiore: diversa… come ogni persona è diversa da ogni altra.
Dicembre 22nd, 2008 at 8:38 pm
Sono pienamente d’accordo riguardo la “giapponesizzazione” dello zen in Europa vista come un colonialismo etno-religioso. Sono rimasto stupefatto riguardo il discorso degli appartenenti del clero giapponese scelti dalla famiglia come eredi della – non di rado redditizia – attività del tempio. Tutto ciò è incredibile!
Come dice Merton (sono pienamente d’accordo con lui!): lo zen NON E’ una religione! Tutte le persone, sia laiche, cristiane o mussulmane possono liberamente praticare lo zen, che è esclusivamente come dice la parola stessa “dhyana”: pura meditazione, vivere il presente!!! Il Buddha c’insegna ad essere uomini LIBERI da ogni tipo di condizionamento mentale, identificazione, convinzione e attaccamento! Sono sicuro che Buddha vivesse ancora ai tempi nostri e vedesse tutte queste cose si farebbe una grassa risata! E ciò non vuole essere assolutamente una provocazione ma solo un mio punto di vista.
Dicembre 22nd, 2008 at 8:51 pm
Concordo pienamente quando dice che il buddismo non esiste: è solo un’altro gioco della mente; personalmente non penso di essere un buddista, perchè ciò equivarrebbe a creare una falsa identificazione di me stesso, sono Filippo e mi sento parte dell’intero universo, perciò ad esso mi sento connesso. Poniamoci questa domanda: Ma Buddha era Buddha o era un buddista? Che cosa significa essere buddista? Cerco solo di vivere il momento presente, il qui e ora, nella meditazione e fuori dalla meditazione, anche se la stessa meditazione può indurre a creare falsi obiettivi.
In un suo testo (Il fascino del buddismo) Pannikar dice che tempo fa domandò ad un suo amico monaco hindu, buddista therevada come mai in India, la patria del Buddha, non ci fossero buddisti e il monaco lo guardò dicendogli: “Ah sì? Non ci sono buddisti?”. Non ci sono buddisti perchè non c’è gente che non si dichiara buddista, perchè il buddismo come religione in India non esiste. Siamo noi che vogliamo classificare tutto. Loro badano allo spirito più profondo del buddismo e non al fatto di metterci un’etichetta che sia un’ideologia, un partito o una religione.
Dicembre 23rd, 2008 at 8:45 am
Il frutto della mia givinezza non è altro che la rimembranza di feste e banchetti al modello del Simposio.Un ricordo avvizzito dalle odierne e borghesi cene di lavoro o di famiglia, in cui si esclude il cazzeggio o il delirio(controllato) e si riempono le pance. Sebbene ci si alzi da tavola dopo aver assoporato le pietanze più prelibate e i vini migliori, ci si sente denutriti di valore e di senso.La nostalgia del mondo greco è nostalgia del politeismo; di una cultura che ha avuto il merito di concedere al divino la facoltà di esprimersi con tutte le forme umane (ciò rappresentano gli dèi) esemplificando al sommo grado la tolleranza.Il principio della tolleranza si basa proprio sulla molteplicità, di cui non è capace il monoteismo, detentore di una verità assoluta.Le domande assillanti allora sono queste: Ridendo della morte del dio crisiano siamo condannati ad un paganesimo senza Olimpo?E come si fa a riprendersi la vita?E il tempo?
Dicembre 23rd, 2008 at 10:16 am
Eccezionale quando parla dell’etica e soprattutto dello spirito profondo dello zazen presente sia dentro che fuori dallo zazen stesso, NON sono due cose separate. Se viviamo una vita senza etica morale è assolutamente inutile fare meditazione, diventa appunto un esercizio ginnico!
Molto chiaro anche nello spiegare il male, vorrei aggiungere che secondo me l’egoismo e l’avidità sono forme di attaccamento e come ben sappiamo ogni forma di attaccamento genera sofferenza!
Nella normale gestione che percorre la vita religiosa (che non significa assolutamente far parte di una religione) vorrei aggiungere come elemento di rilevante importanza l’onestà sia verso se stessi che verso gli altri.
Dicembre 23rd, 2008 at 10:21 am
Fondamentale il concetto di impermanenza da dove nasce automaticamente, dopo aver interiorizzato quest’ultimo, il concetto di non attaccamento. Se sappiamo che tutto il mondo che ci circonda è precario è da stupidi attaccarsi alle cose o no?
Ed è solo quando non vi è più attaccamento che si genera il vuoto in se stessi, da dove non può che nascere Amore verso tutto e tutti.
Condivido pienamente infine l’ultima frase relativa allo zazen che rischia di essere uno strumento col fine di far diventare qualcuno o sembrare qualcosa: la stessa meditazione può indurre a creare falsi obiettivi e quindi false identità.
Complimenti per l’autenticità.
Dicembre 23rd, 2008 at 11:05 am
Grazie. In Giappone il “prete buddista” è un lavoro come un altro, la differenza più evidente (con gli altri lavori) è che si tramanda all’interno di una casta di tipo famigliare. Non identificherei in modo così netto zen e zazen: tutte le persone (delle più varie tendenze o appartenenze religiose) possono praticare lo zazen. Poi si alzano dal cuscino e continuano a “servire” la loro appartenenza. Direi, per chiarezza, che praticare lo zen ha un senso più globale. Infatti: il Buddha c’insegna ad essere uomini liberi ecc. ecc. mym
Dicembre 23rd, 2008 at 11:10 am
Mmm, se lei dice di “essere” Filippo… sostanzialmente non è molto diverso dal dirsi buddisti. Con quell’articolo di Panijkkar ho ampiamente polemizzato qui. mym
Dicembre 23rd, 2008 at 11:16 am
Mah, insomma… Segue il solito ordine delle cosiddette “grandi religioni”: man mano che compaiono induismo, buddismo ecc., tutto il resto della Terra resta grigio come se non ci fosse nulla da segnalare. Il cristianesimo risulta nato “da un miracolo, la morte e la risurrezione di Gesù”: oltre al fatto che non è preciso definire “miracolo” la risurrezione, la morte “miracola” un po’ tutti…
Dicembre 23rd, 2008 at 11:17 am
Il rapporto sīla-samādhi è parte integrante della cultura esperienziale buddista e religiosa in senso generale. Per questo ne richiamavo il senso nel post di qualche giorno fa. mym
Dicembre 23rd, 2008 at 11:24 am
A mio avviso (anche se so che specie nel b. vajrayana le posizioni divergono su questo punto) dal vuoto di sé non è detto che automaticamente nasca amore universale. La via mentale all’amore è piena di ostacoli. Anche in questo occorre coltivare il terreno e il buon concime è ancora sīla.
Dicembre 23rd, 2008 at 11:31 am
Là, là, là. Facile criticare. Provare per credere. Però questa cosaqquà che il cristianesimo risulta nato da un miracolo mi convince anzichennò. Allora: senza morte non ha senso parlare di resurrezione quindi la dicitura “morte e resurrezione” è un compound solido. Poi: se togli la resurrezione che cosa resta del cristianesimo: le cose che diceva GC senza la Salvezza (che solo la resurrezione fa porre in maiuscolo) le dice qualsiasi saggio padre di famiglia: fate i bravi, vogliatevi bene, non fatevi abbindolare dalle sette religiose…
Dicembre 23rd, 2008 at 12:22 pm
non stavo affatto negando che quella fosse l’origine e la peculiarità del Xmo. dico solo che la risurrezione non è un “rollback” biologico, e che il fenomeno religioso è ben più vasto e interessante della solita tiritera da manualetto. infine, GC ha detto cose più interessanti che “vai a scuola, e attento al gatto e alla volpe” 🙂
Dicembre 23rd, 2008 at 12:43 pm
Vabbuò.
Mo’ viénnatale. Facimmola passà ‘sta grande festa…
Buon compleanno GC!
Ciao
y
Dicembre 23rd, 2008 at 1:20 pm
Si, forse avrei semplicemente dovuto dire “sono” :-). Grazie
Dicembre 23rd, 2008 at 11:15 pm
Bella domanda: come riprendersi la vita e il tempo? Non credo proprio che esistano formule capaci di rispondere ugualmente a tutti, formule universalmente valide che restituiscano individualmente ad ognuno il “proprio” tempo: pensa che Proust ci ha impiegato sei ( o sette) volumi? e ha ritrovato solo il suo… Personalmente non mi è servito nessun dio, né unico né appartenente a un pantheon variegato, né alcuna fede o ricetta trascendente o al di là dell’umano: l’ho trovato dentro di me, ma devo stare attenta a non perderlo di nuovo, anzi a ritrovarlo ad ogni passo… Non credo che i Greci di allora si ponessero il problema in questi termini: la ricerca della Verità ha cominciato a turbare le menti solo in tempi molto più tardi di quelli che videro il fiorire dei poeti interessati essenzialmente a cogliere i fiori della vita – che allora era ben più difficile di quanto la possiamo conoscere noi oggi!
Dicembre 24th, 2008 at 1:34 am
Io ho ritrovato me stesso e pure il tempo.Detto in termini metafisici il trascendente (Dio) è divenuto immanente, cioè contenuto della ragione.Avendo ritrovato me stesso (e godendo di buona salute) non voglio ri-scrivere la Recherche, però se non scrivo mi perdo…La Verità?La bellezza? Sono passati i tempi, ora ci vuole di più molto di più.Il problema del tempo si pone in termini di pazienza. Per esempio quanto tempo ci vuole per ‘vedere’ 5000 anni di storia delle religioni?Cominciando dagli indiani, escluso i greci, in due minuti è
tutto finito.Ma se invece di tempo parliamo di pazienza e chiediamo:”Quanta pazienza ci vuole per arrivare dai Greci a noi?”. Se si parla di tempo in un’ora si è già arrivato a Parmenide. Se si parla di pazienza io non ci ho ancora messo piede.Ecco perchè si parla continuamente di tempo:perchè in men che non si dica tutto è fatto. Per questo il mio turbamento è la pazienza.
Felice Natale.
P.S. Penso che anche per gli indigenti poeti contemporanei (poveretti) sia difficile,al pari
dei greci, cogliere i frutti della vita.
Dicembre 24th, 2008 at 8:54 pm
Credo che per cogliere quei frutti ci volesse molto più impegno allora che oggi: pensa solo all’eventualità che quei poverini avessero mal di denti!
Sono contenta, per te, che il tuo dio sia divenuto, da trascendente, immanente, anche se non mi è chiaro come ciò possa succedere: mi è invece chiaro come una soluzione che soddisfa uno non soddisfi necessariamente un altro. Ne abbiamo già parlato pur se in altri termini: così se ci sono cose belle non conosciamo tuttavia la Bellezza, e a questo punto si deve scegliere se credere che da qualche parte ci sia e continuare a cercarla, oppure accontentarsi di godere delle cose belle: perciò, buon Natale a te! Cristina
Dicembre 30th, 2008 at 11:18 am
Buongiorno, vorrei fare una domnanda che può forse risultare polemica ma che nasce solo da una mia probabile ignoranza. Premetto che il mio piccolo percorso in questo ambito è nato da un incontro personale e dallo studio di autori ai quali mi rapporto, ma che, per scelta e per necessità, non partecipo a nessun momento comunitario ( in senso stretto )per cui molte cose non le conosco proprio. Tempo fa ho letto che l’ ambito buddista e l’ ambito cristiano hanno preso, in qualche modo, delle strade differenti pur rimanendo fratelli. Ora, vorrei chiedere, pur nella diversità degli approcci, in che modo ” la verità contenuta nel vangelo” assume trasparenza e manifestazione nello zen del buddismo? Mi sembra che alcuni aspetti delle due religioni siano portatori congiunti di alcune peculiarità religiose. Orbene ( non voglio essere polemica, vorrei solo capire ) nell’ ambito cristiano del sito, trovo spesso ( anzi sempre ) riscontro dell’ incontro di due realtà ( cristiana e buddista ) mentre nell’ambito buddista questo appare molto sfumato. Al di là dell’ impostazione del vostro sito ( a dir la verità molto più dinamico e interattivo )la posizione di coloro che ” vi abitano” ha assunto caratteristiche tali da considerare il proprio cammino religioso difforme da quello cristiano? Se sì, come si colloca in questo contesto nato dal dialogo tra le due religioni? Grazie per l’ attenzione. Ciao
Dicembre 31st, 2008 at 12:35 pm
Interessante osservazione, Marta. Io la vedo così, e scusa se ti sembrerò banale.
La Via che indicano Buddha e Cristo è via che porta allo stesso luogo, ovvero ‘nessun luogo’. Allo stesso risveglio. E, aggiungerei, ciò vale per moltissime altre tradizioni, anche se forse non per tutte (ma non è questo il tema).
Sia Gesù che Shakyamuni furono ‘riformatori’ di precedenti involucri religiosi dei quali evidenziarono le contraddizioni e rifiutarono le sovrastrutture dogmatiche, superstiziose ed ideologiche: per riportare alla luce l’essenziale. Quello che tu chiami ‘verità’, presumo; ma che non è ‘contenuta’ nel vangelo né nei sutra, bensì pre-esiste ad essi. Vangeli e Sutra, come mappe di un tesoro perduto che non sappiamo più ritrovare, ce la indicano ma non ‘contengono’ proprio nulla.
Nel momento in cui i due messaggi originali divennero ‘religioni’ (Cristianesimo e Buddismo) si rivestirono di un nuovo involucro dottrinale, culturale e dogmatico; ovviamente differente poiché sviluppatosi in ambiti geografico-storico-culturali differenti. Per vari motivi, nel Buddismo l’attenzione al nucleo essenziale della faccenda fu considerata questione prioritaria, ed il messaggio rimase esplicito; in particolar modo direi che ciò vale per il Buddismo Zen.
Il Cristianesimo involse velocemente in struttura gerarchica, con forti connotazioni socio-politiche, ed il messaggio originale venne ‘criptato’, reso difficilmente accessibile. Ovviamente sono necessari dei distinguo: per esempio tra l’esichia di Monte Athos e la dottrina di Comunione e liberazione mi pare ci sia una bella differenza.
Questo forse rende ragione del fatto che, qui, in ambito cristiano sia più sentita la necessità di usare pietre di paragone per ‘sfrondare’ sovrastrutture mentali-culturali particolarmente ridondanti ed ostative. Senza negare naturalmente la reciprocità di questa esigenza, laddove il Buddista troverà nell’altra parte elementi utili per correggere ‘distorsioni’ quali certa tendenza al solipsismo, al nichilismo ecc.
Quanto all’’incontro’, per i buddisti di casa nostra l’incontro con il cristianesimo preesiste a quello col buddismo. E’ già avvenuto: noi siamo cristiani ab inizio. Anche se ci volessimo dichiarare atei od agnostici, non potremmo farlo a prescindere da quelle categorie che abbiamo cominciato ad assumere col latte della mamma e poi in ogni ambito socio culturale.
Perciò a mio avviso, neppure di ‘incontro’ si tratta; ma di uso oculato e proficuo di ‘strumenti’ atti a ripulire noi stessi – la nostra piccola mente – da sovrastrutture limitanti la chiara visione delle cose. La quale ‘chiara visione’ non è, a mio avviso, né cristiana né buddista. Né altra.
Quanto al ‘dialogo’, infine, ti confesserò che è una parola che mi piace davvero poco: sembra sempre che si debba trovare un compromesso, un punto d’accordo o di sintesi tra mondi culturali (sovrastrutturali). Per quanto mi riguarda, è un altro ambito.
Gennaio 1st, 2009 at 10:28 am
Buongorno, anzi buon anno, visto che ci stiamo inoltrando nel 2009. Chissà perché poi, diamo così importanza alla scansione temporale,.. quasi fosse un’entità al di fuori di noi.
Bè, tornando all’ argomento affrontato,Doc, non mi sembra affatto banale il tuo commento. Non so se ho compreso bene tutti i passaggi.., ma vorrei continuare nella riflessione ( se c’è voglia e tempo naturalmente). Se si presume che le religioni in quanto tali con, le loro istituzioni e sovrastruttute, ( più o meno gerarchizzate ) nascondino più che rivelare la realtà che pre-esiste ad esse, sarebbe possibile il mantenimento del messsaggio originale che ci permette la chiara visione delle cose? Non fosse altro per andare oltre anche a questo?
Non è quasi una necessità “imposta” dai nostri limiti, quella di usare comunque un linguaggio ( inteso in senso lato )che si manifesta come religioso-culturale, senza il quale l’ uomo avrebbe fatto (e farebbe) fatica ad assumere coscienza della sua esistenza?
Non è, per me, questo un tema puramente
teorico e intellettuale perché non ho ancora risolto la questione personale dell’appartenenza religiosa, nella considerazione, come tu dici , che non si può prescindere da quelle categorie in cui siamo stati immersi dalla nascita.
E’ possibile e come,( non so però se intendevi questo,) usare le pratiche solo come strumenti “purificatori” ?( il termine non è forse idoneo) Ma se così fosse sarebbero quindi intercambiabili con altre pratiche? Più precisamente lo stare “semplicemente seduti” dello zazen che non ha altro scopo che stare semplicemente seduti, può diventare una semplice pratica per….? Faccio fatica a pensarlo, anche se non mi sentirei di dire ( per il fatto stesso che la realtà si manifesta anche in modo diverso )che è l’unica pratica che avvicini l’ uomo all’ essenziale. Lo stesso discorso mi sentirei di fare per l’ eucarestia ( correttamente intesa ).
Un’ultimissima cosa, anzi due,se la “chiara visione” prescinde ( o può prescindere )dagli ambiti religiosi come posso , in quakche modo, definirla? E se questo non è possible, non mi troverò comunque a dover parlare ( e pensare ) attorno alle cose penultime che mi vengono offerte dalle religioni e/o culture? E se questo è in qualche modo vero, come faccio a non pormi il problema del dialogo interreligioso ( nonché intrareligioso)? Naturalmente concordo pienamente sul dialogo come compromesso, non è quello che intendo. Intanto buona giornata!!
Gennaio 1st, 2009 at 2:32 pm
Cara Marta; innanzi tutto, buon anno anche a te. Un tale argomento, man mano che si tenta di approfondirlo, diviene sabbia mobile. Temo fraintendimenti, temo di dire sciocchezze. Un po’per i limiti del linguaggio – l’ambiguità delle parole! – e molto di più per i limiti alla ‘chiara visione’ determinati dalla mia persona. E tuttavia, proprio questo nostro sforzo di parlarci, di intendere cosa vogliamo dirci al di là delle mere espressioni verbali, è in qualche modo – a mio parere – cammino religioso; è dialogo. Altri più qualificati di noi potranno intervenire per puntualizzare, correggere ed indicare punti di vista più elevati.
Penso si debba dire che il senso delle religioni non sia quello di nascondere (perché mai?) ma di ‘proteggere’ il messaggio, affinché sia correttamente fruibile: se finiscono per nasconderlo, c’è qualcosa che non va in quella costruzione che chiamiamo ‘religione’. Proteggere e ‘non contaminare’. In una storiella zen i protagonisti del dialogo concludevano (cito a memoria): ‘non è che non esistano, pratica e risveglio, ma non dovremmo contaminarli’; ‘proprio così, proprio così. Non contaminare. Tu ed io siamo questo…’
I nostri limiti – dici – ci impediscono di andare oltre il linguaggio, oltre il messaggio: e restiamo ancorati alle cose ‘penultime’ offerte dalle dottrine. Vero: cosa ci impedisce di andare oltre? La paura forse, l’altra faccia di ‘attaccamento/desiderio’!? Ci siamo arrampicati in cima al palo di 100 piedi, ma non osiamo fare un ultimo passo. Fossati la dice così: ‘Difficile non è nuotare contro la corrente/ma salire nel cielo e non trovarci niente’ . Solo quando si fa quel passo, credo di poter dire, lo stare seduti dello zazen può essere semplicemente ‘stare seduti’. Ed allora lo zazen non è più uno ‘strumento purificatorio’, una pratica ‘finalizzata’ a star solo seduti: ma è proprio star solo seduti. ‘Solo inchinarsi’ dice Uchiyama. A che serve ‘definirlo’? Solo inchinarsi.
Non direi che le dottrine e le pratiche siano intercambiabili. Piuttosto, c’è una via per tutti: ci sono articoli adatti a tutti i portafogli ed a tutte le capacità. Provo a dirla in altro modo, più nostrano: Dio ha sparso sulla terra i semi di verità in innumerevoli forme, affinché ognuno possa seguire la strada che più gli si confà. Vedere la verità in ognuna delle varie forme, delle varie ‘religioni’, è chiara visione. Rimarcare le differenze per affermare o demolire – come avviene quando si nutre ed esalta il senso di ‘appartenenza’ religiosa – è Babele. Ed allora il ‘dialogo’ (correttamente inteso, l’ascolto) è medicina necessaria, è correttivo.
Gennaio 2nd, 2009 at 8:05 pm
Ciao Silvano, la mia pagina internet è disastrata e non riesco a trovare le “tue” poesie. Aiuto!!! C.
Gennaio 2nd, 2009 at 8:48 pm
Naturalmente, madame, come si legge nella colonna a destra, nel gruppo dei “contributi”, le poesie sono nella pagina delle poesie; poffare.
Gennaio 3rd, 2009 at 2:46 pm
Buongiorno! Sì forse hai ragione quando dici che manca il coraggio di fare l’ ultimo passo, almeno a me! Forse per arrivarci ho ancora bisogno di rimanere attorno alle cose penultime, nela speranza, forse di riuscire a vedere, almeno da un punto di vista, quella parte di verità che, come dici, sta in ognuna delle forme religiose. Rimanendo nell’ ambito di questo discorso, non trovi che la lettera di Padre Luciano, nell’ ambito cristiano, sia quasi uno specchio di quanto stavi dicendo? Da un altro versante, ma, il tema della ” gloria mundi ” con la sua necessità di transitorietà non assomiglia un po’ al’ ultimo passo?
Non è che voglia trovare per forza delle convergenze tra sistemi di credenze diverse, ma mi ha colpito questa “vicinanza”. Ciao
Gennaio 3rd, 2009 at 3:12 pm
Sempre io, mi è venuta in mente una cosa: non è sempre ( anzi quasi mai ) semplice “vedere” la propria strada. A volte dopo averne intrapesa una che sembrava “l’ideale” ti riscopri a dover comunque ricominciare da capo. Può essere la propria strada quella di dover “comunque ricominciare da capo”? ( e non parlo delle grandi scelte, da dello stare al mondo ogni giorno). L’ autentica adesione alla propria via è in qualche modo “verificabile”?
Mi rendo conto che la domanda è quasi assurda. Ma ogni tanto il dubbio affiora spprattutto quando ci si scopre diversi da quello che si vorrebbe essere.
Ultima riflessione: è bello però avere le parole anche se possono essere ambigue. Di nuovo arrivederci.
Gennaio 3rd, 2009 at 6:08 pm
Buongiorno a te, Marta.
Sì, certo: mi ritrovo piuttosto a mio agio nella visuale che propone P. Luciano. Molto bello; soprattutto l’immagine di non-dualismo tra Creatore e Creato.
Personalmente prediligo una visione ‘mistica’ del gioco della vita – e perciò mi accordo meglio con la prima parte della sua lettera – ad una visione storica, escatologica delle cose, così cara a grande parte del mondo Cristiano. Ritengo che quel famoso ’ultimo passo’ da compiere, preveda anche un salto ’oltre’ il tempo. Anche il tempo, anche quello inteso come ‘storia umana’, come successione di ere, deve essere infatti trasceso: perché il tempo siamo noi, è ‘io, e quindi non si può lasciare l’io portandosi il tempo – cioè una parte essenziale dell’io – nello zaino. L’io è, infatti, una funzione dello spazio-tempo. La nostra idea del tempo mi pare, appunto, una ‘cosa penultima’. Fa parte in qualche modo della ‘gloria mundi’.
Ma forse sto parlando di cose troppo più grandi di me. O forse è solo quel…’dover comunque ricominciare da capo’. Ogni anno, ogni giorno, ogni minuto, ogni istante. Il risveglio non è qualcosa che possiamo acquisire, metterci in tasca e non pensarci più perché tanto ormai ce lo abbiamo. Appena ci pare di averlo intravisto … ecco, non c’è più e siamo di nuovo nella c…. (Pardon!) …per chissà quanto ‘tempo’.
Ed anche la strada non è sempre la stessa, ma cambia in continuazione.
Forse l’unica cosa che permane è proprio – come tu dici – quel ‘dover ricominciare da capo’. E per questo dover sempre ricominciare – mi pare dica Uchiyama – abbiamo, in modo del tutto naturale, il ‘voto’ ed il ‘pentimento’. Ed infine, l’aprire le mani del pensiero.
Un ultima cosa. Non so se sia ‘verificabile’: e soprattutto non so cosa sia una ‘autentica adesione alla propria via’. Se è la mia propria via, me la sono fatta io, sono io! Più aderente di così! La questione non mi pare posta in modo da poter avere risposte. Penso vada riformulata. O sono ’io’ che non capisco cosa intendi dire.
Ciao
Gennaio 4th, 2009 at 12:23 pm
Buongiorno. Rileggendo quanto è stato detto finora e lasciando un po’ scorrere il pensiero mi accorgo che ci sono tantissime cose su cui vorrei ritornare per poi ripartire. A proposito di parlare delle cose troppo grandi, credo che l’ atteggiamento faccia proprio la differenza. ( Neanche Panikkar, in una sua intervista diceva di essere originale ma solo di interpretare quanto sapeva alla luce della sua propria esperienza ).
Sono andata a rileggere l’ intervista di Uchiyama in Addio ad Antaiji, dove forte è il richiamo ad andare oltre e altrettanto al non sprecare la propria vita. Per fortuna ha ribadito che pochi capiscono il vero signifiato di dharma e ciò che ne consegue, così mi sento meno sola. Paradossalmente sembra molto semplice nella teoria ma appare decisamente complesso nella realtà.
E’ proprio questo che spesso mi mette in crisi e a cui forse facevo riferimento con la necessità che appare ralvolta di ” verificare”. Lo lego al ” pentimanto” a cui hai accennato assieme al “voto”.
Vorrei togliere di mezzo alcuni possibili fraintendimenti: non mi riferisco alle azioni che palesemente sono errate o a peccati che hanno bisogno di chiara (?) conversione. Penso all’ atteggiamento ( che comunque provoca azione ) che talvolta ( o quasi semore ) esula dalla volontà personale. Come posso esimermi dall’ analisi di ciò che sono, attraverso l’analisi di ciò che faccio? Se fossi saggia forse questa domanda non avrebbe senso, ma siccome non lo sono dovrei sapere o capire o intuire da dove e come sorge il pentimento che pure avverto come necessario? Può essere un pentimento tout cout? Non mi viene da dare questa riposta, anche se mi posso rendere conto che in realtà molte delle cose che faccio possono avere conseguenze che io non avverto e non conosco ( anzi probabilmente è proprio così ma non mi sembra possa essere “esaustivo”.)
Potrebbe essere non importante o comunque non necessario per seguire la propria via, ma mi sembrebbe disarticolare una parte dell’io dal tutto.
Tra un po’ le vacanze natalizie saranno finite, se per caso ci sarà meno tempo per dialogare dimmelo così ti saluto. Ciao
Gennaio 4th, 2009 at 6:30 pm
mym, leggi bene: ho per prima cosa precisato che la mia pagina internet è disastrata: non c’è alcuna colonna a destra. Chissà dov’è finita…
Gennaio 4th, 2009 at 7:35 pm
Con pardon, madame, non pensavo fosse così disastrata. Provi a cliccare qui.
Gennaio 4th, 2009 at 7:56 pm
Ciao Marta,
credo che tu possa sentirti davvero in buona compagnia.
Abbiamo messo molta carne al fuoco, forse troppa, in questo dialogo pubblico. Sperare di arrivare a qualche conclusione convincente sarebbe quantomeno presuntuoso.
Mi permetto tuttavia di comunicarti le riflessioni che hai stimolato in me rispetto alla parola pentimento, così come la usa Uchiyama. Dovremmo tutti riflettere attentamente sul significato di certi termini. Non credo personalmente che l’accezione corrente del termine ‘pentimento’ sia la migliore, per interpretare quel messaggio. In genere pensiamo di doverci pentire di azioni cattive, di pensieri malvagi e via dicendo. Il pentimento – per noi di matrice cattolica – presume senso di colpa, macerazione ed autopunizione redentrice. Mi ha sempre colpito vedere un certo atteggiamento di preghiera o compunzione dei fedeli nelle chiese, inginocchiati con il viso tra le mani, con aria sofferente ed implorante, dopo la Confessione o la Comunione. Ricordo mio padre. Ricordo il fastidio, il disappunto nel vedere lui e tantissimi altri in quell’atteggiamento che non mi pareva sincero né opportuno, che profumava di ipocrisia e di ostentazione, perché sapevo che cinque minuti dopo tutto sarebbe stato come prima. Perché potevo capire: ma anche capivo che, anziché rappacificarsi direttamente con coloro che avevano offeso o ferito – cosa che avrebbe comportato un atto di sottomissione e di umiltà – chiedevano ad un ‘Altro’ di intercedere, di perdonare. Ed in pegno, in pagamento di questo perdono, offrivano una scena di macerazione, di autopunizione, di sacrificio, una esibizione.
Mi ricordo la statua del pensatore di Rodin, ripiegato su se stesso, così lontana dalla postura del loto. Certo che posso capire: ci sono situazioni in cui non c’è più modo di chiedere perdono, di riappacificarsi, ed allora non resta che affidarsi alla misericordia divina. Ma sono casi eccezionali, non ordinari..
E questo è un aspetto della faccenda.
Ma poi, ‘in realtà molte delle cose che faccio possono avere conseguenze che io non avverto e non conosco’. E’ una tua espressione. La condivido, certamente. Ma, giustamente osservi, non è tutto qui. C’è anche tutto ciò che penso e che faccio con ‘intenzione’, più o meno lucida, più o meno consapevole. Quello e questo significano comunque che interferisco col corso delle cose, per lo più per ottenere vantaggio personale: guadagnare; sapere. Questo mi allontana dal ‘voto’, dal modo ‘impersonale’ di essere. Qui, a mio avviso, si genera dukkha; il disagio, la sofferenza (anche stavolta si impone una riflessione profonda sul termine). C’è un io che spadroneggia, e dukkha compare.
Il mio stesso vivere come individuo ‘separato’, mi allontana dal voto: di questo mi ‘pento’, pur sapendo che è inevitabile. Questa sorta di ‘pentimento’ è a sua volta un ritornare al voto, alla non intenzione di nuocere, di arraffare. E’ una sorta di denuncia del mio limite, come individuo. E’ un affidarsi, in qualche modo, ad una forza che mi trascende. E’ quello che facciamo in zazen, quando lasciamo andare i pensieri e cerchiamo di affidarci a… mente-corpo; qui ed ora; né mente né corpo. Non-guadagnare non-sapere. Il buddhadharma, come lo definisce Uchiyama col koan di Sekito.
Quante espressioni! Usando le parole si può costruire un discorso; tutto può sembrare facile e chiaro. Ma poi, nel vivere quotidiano, i nodi della nostra superficialità e distrazione, vengono inesorabilmente al pettine. La ‘verifica’ è spietata.
Per fortuna è caduta dal cielo la gemma del Sangha, per cui siamo in buona compagnia. Nel tuo disagio, non sei sola. Non sono solo.
Gennaio 5th, 2009 at 5:12 pm
Caro Doc, è vero che abbbiamo messo tanta carne al fuoco, ma, a volte credo sia importante ( almeno per me )rivisitare il “contenitore”, magari con chi ha la pazienza (e ti ringrazio per questo)di condividere l’avvvicendarsi dei pensieri e delle riflessioni. Non sono sicuramente un’esperta nel campo del buddismo e ho bisogno veramente di ” ricostruire “continuamente il signoficato di concetti, termini affinché non rimangano o scivolino verso l’essere concetti. Però c’è una cosa che sta a monte di tutto questo e che mi è “balzata” alla mente leggendo i tuoi ricordi relativamente al ” pentimento cattolico”.
Parto da lontano: quando ho visto l’immagine del propagarsi della religione cristiana nel video iniziale mi ha fatto sorgere immediatamente due pensieri: quanto “rompiscatole” ( per usare un eufemismo ) siamo stati per arrivare dappertutto e cosa c’è del messaggio originario in questo cristianesimo dilagante? La mia esperienza deli’istituzione chiesa cattolica è stata abbastanza devastante, tanto da generare un rifiuto molto forte verso questa religione.
Però, per farla breve, un giorno per caso, ho incontrato il buddismo e mi sono avvicinata ( con molta diffidenza devo dire ) all’ esperienza di persone come Forzani, Mazzocchi, e poi Doghen e poi
Panikkar… e paradossalmente attraverso di loro ( le loro opere intendo e scritti )ho cominciato a vedere prima e ad “aderire” ( non è la parola adatta forse ) poi ad una religiosità cristiana completamente diversa da quella in cui sono stata sempre immersa. Sono rimasta “ostile” ( almeno è così per il momento ) ad una partecipazioe comunitaria, semplicemente perché in momenti assembleari di questo tipo ( anche fosse nel silenzio dello zazen )mi creano notevole disagio e incapacità di condivisione. Perché ti racconto questo? Perché una domanda di senso mi sorge spontanea ( forse anche più d’una ): cosa può voler significare ” l’adesione ad un esperienza religiosa?” Qualcuno dice che in realtà non possiamo capire e condividere realmente l’esperienza del buddismo se non si “partecipa con immersione quasi ” alla cultura che l’ha generata. Una cosa similare potrei dire dell’ esperienza cristiana: cioé pur immersa nella cultura che l’ha generata ( volendo sottilizzare forse sarebbe da rivedere anche questo )si può dire che si aderisce a questa esperienza non partecipando a ciò che caratterizza la pratica comune? E’ realmente possibile prescindere dall’ appartenza religiosa per “fare” esperienza religiosa?
E poi, è pur vero che il linguaggio dell’ “occidente” mi risulta più semplice da capire, ma per coglierlo “veramente” devo continuamente faticare per togliere tutta la polvere dei condizionamenti che mi è depositata sopra ( e non sempre ci riesco ). Nell’esperienza zen “sembra” più semplice coglierne l’essenza ma forse questo è dovuto alla “scrematura” e all’ interpretazione già effettuate da chi l’ha portata in occidente.
Mi rendo conto che la non appartenza mi genera continuamente dubbi, ma l’accettazione di un’appartenenza con la “presunta certezza” che da questa può derivare mi spaventa ( troppo spesso vedo l’arroganza di chi pensa di essere nella verità).
Ehm, mi sorge un dubbio: può essere questo uno dei tanti modi dello spadroneggiare dell’io?
Ti saluto. Quando hai voglia, mi racconti della gemma del Sangha?
Gennaio 6th, 2009 at 1:20 pm
Ciao Marta,
quando parlavo di ‘tanta carne al fuoco’ intendevo sia l’accavallarsi di temi piuttosto impegnativi che la lunghezza dei nostri interventi, cose che mi pare rendano faticoso seguire il filo del discorso. Non credo che qualcun altro ci sia venuto dietro con attenzione fin qui, infatti nessuno è intervenuto: trattandosi di un blog ‘pubblico’, non dovremmo dimenticarci della sua ‘funzione’.
Questo è il motivo per cui divido la mia risposta in tre parti.
Gennaio 6th, 2009 at 1:23 pm
Quello che più mi ha colpito, nelle tue parole, è la costante preoccupazione della adesione/appartenenza. Mi pare un problema tipicamente occidentale: non credo che in oriente il cambiare religione – è questo il tema, no? – sia vissuto come un tradimento della casa dei padri e sia accompagnato da sensi di colpa così come capita sovente agli occidentali; a noi italiani in particolare.
Forse non guasterebbe mettere noi stessi al primo posto, al centro del quadrato, nell’osservare questo aspetto. Noi sentiamo il disagio di una separazione: tra noi e il modo; tra il nostro fuori e il nostro dentro; tra verità ed illusione. A partire da questo disagio, iniziamo a sentire la necessità di un percorso di riunificazione, di ri-legamento della nostra schizofrenia esistenziale. Cerchiamo di costruirci una ‘Via’, e di solito partiamo attingendo dalla Via tradizionale che la nostra cultura offre. Per noi, il Cattolicesimo; ma solo perché siamo nati qui, in questo tempo. Nulla vieta, tuttavia, di esplorare altri campi, altri percorsi, altre culture od esperienze. Cosa ritenuta normale e positiva in tutti i campi del sapere e della ricerca…tranne che in quello religioso. Personalmente ho smesso di sentirmi un ‘traditorte di Gesù’ tanto tempo fa, ma capisco. (In fondo in fondo, forse, mi gioca ancora un sottile disagio…). Per di più l’aver studiato altre proposte culturali – segnatamente lo zen – mi ha permesso di rileggere a suo tempo i Vangeli con occhi del tutto nuovi, evidenziandone aspetti e significati che prima mi sfuggivano completamente.
Ma non per questo mi sento di ‘appartenere’ al Buddha, al Tao o a Shiva. Casomai sono loro, le dottrine, le scritture, che appartengono a me. Che mi si offrono amorevolmente affinché ne faccia buon uso. Affinché io contribuisca a renderle nuovamente ‘vive’ ed utili anche per altri.
La famosa zattera, che serve ad attraversare il fiume della sofferenza ed approdare all’altra sponda: non è che io appartenga al veicolo che mi traghetta. Uso quel veicolo, poi posso – in teoria – anche lasciarlo. Oppure posso caricarmelo in spalla e tenerlo ben pulito ed in ordine casomai qualcun altro volesse servirsene.
Proteggere e non contaminare. E’ ben diverso dall’appartenere, no?
Io appartengo al Milan; io alla Juve. Io appartingo al partito…Cosa c’è dietro questo continuo bisogno di ‘appartenenza’?
Gennaio 6th, 2009 at 1:26 pm
Quanto al Sangha, che dire? Conosci il termine: in origine la comunità dei monaci. Sempre di più, per estensione in un mondo ‘laico’, la comunità virtuale di tutti coloro che sono sinceramente impegnati in un cammino.
Tu: io sono. Io: io sono.
A partire da questa identità, possiamo farci coraggio e compagnia, aumentare la nostra determinazione ed energia praticando, studiando e discutendo insieme. Come ora. Tu ed io siamo sangha, in questo momento-blog. Esponiamo i nostri dubbi e cerchiamo un punto di vista più elevato attraverso la sinergia degli intenti. Lo saremmo altrettanto se ci sedessimo insieme in silenzio. Nello stesso tempo, col confronto e l’emulazione, ridimensioniamo il nostro io e ci scrolliamo di dosso un po’ delle nostre idee fisse. Ci accorgiamo poco a poco di essere ‘interdipendenti’. Tra esseri umani; con gli animali e le piante; con tutte le cose; aria, acqua, terra fuoco e vento. Non è una gemma di grande valore, il Sangha?!
Gennaio 6th, 2009 at 4:58 pm
Ciao, hai ragione, mi ero parzialmente dimenticata di essere in un blog pubblico che ha una sua funzione. ( Mi scuso, forse non ne sono molto avezza.) E’ che, a volte, ci sono momenti in cui il dialogare è particolarmente pregnante e significato per un cammino e poter trovare un “tu”, in questo senso, non è così facile ( almeno per me ). Un tempo non vale un altro. E questo tempo in cui ho potuto confrontarmi con te è stato un bel tempo. E tutto sommato personalmente non ritengo importante che non sia intervenuto nessun’altro. Lo spazio c’è in ogni momento, grazie a questo sito molto aperto e stimolante: sia per ascoltare che per comunicare. Un grazie di cuore a tutti. Marta
Gennaio 6th, 2009 at 5:05 pm
No, non è intervenuto nessun altro, ma siete molto seguiti (ieri vi hanno “ascoltati” in più di 800), con una media di 500 al dì. Effettivamente se riuscite a ridurre un poco la lunghezza è più agevole seguirvi, però siete interessanti comunque. Vi ho mandato una mail, potete controllare la posta? Grazie. Un saluto
Gennaio 6th, 2009 at 6:01 pm
Grazie a te, Marta. E’ stato un bel tempo.
Possiamo ponderare con calma l’idea di mym.
Essere stati così ‘seguiti’ è sorprendente. Ciao.
Gennaio 9th, 2009 at 1:57 am
Sottoscrivo gli interventi n. 16 e 17 di doc, tuttavia il vulnus del discorso è proprio il senso di appartenenza.Vivo nel profondo sud italia e l’unico linguaggio religioso in acto è quello cristiano per cui, contro voglia, penso e agisco da cristiano. Dunque sono cristiano?Sì, nella misura in cui appartengo a qui vili e miserabili ‘confratelli’ corresppnsabili di molte delle sciagure umane.Persino l’amore, per i cristiani, è una tortura che deve far soffrire, deve far sentire in colpa. Per fortuna i cristiani non sono l’Umanità.Un caro saluto.
Gennaio 13th, 2009 at 5:20 pm
A proposito di piazzate: il Papa concede l’indulgenza plenaria a chi seguirà PER TELEVISIONE l’Incontro mondiale delle famiglie, che sta per iniziare a Città del Messico (sito http://www.emf2009.com, già, proprio così: “punto com” non “punto org”). Sigh, io che non guardo mai la tv dovrò rassegnarmi a finire all’inferno. Poi si stupiscono che nel mondo ci sia gente “di altre religioni”…
Gennaio 13th, 2009 at 5:34 pm
Wow! Lo registro, e poi lo affitto a voi peccatori 😎 .
Ciao, mym
Gennaio 20th, 2009 at 7:13 pm
Beh a me piace il suono delle campane. A determinate condizioni, però. Cioè
– quando le campane sono VERE;
– quando il paesaggio è rurale;
– quando la stagione è estiva;
– quando l’ora invita alla contemplazione;
– quando l’umore è giusto;
– quando il suono non è eccessivamente prolungato;
– quando non si sta facendo conversazione nelle vicinanze;
– quando ripenso che Antonio Ligabue di notte si immergeva in verticale nel fieno e cantilenava “dinnn donnn”;
– e tutta un’altra serie di fattori.
ciao ciao, dinnn donnn…
Gennaio 20th, 2009 at 7:48 pm
Passo subito la lista al don (senza din), che prenda nota….
Ciao, mym
Gennaio 21st, 2009 at 12:56 am
Ti immagini che ulteriore strazio una chiesa con le cacofoniche campane virtuali e di fronte un minareto con un muezzin stonato come una campana? Ha ragione Poletto, meglio stare in campana.
Gennaio 21st, 2009 at 11:16 am
È esattamente quello che volevo dire con il post: non è questione di maggioranza e minoranza, occorre senso della misura e non rompere le scatole. In Marocco, a Meknes, anni fa fui in un albergo adiacente a un minareto: era una follia ancor peggiore di quella del don (senza din) qui a fianco.
Gennaio 23rd, 2009 at 5:29 pm
Buongiorno Marta. Eccoci qui, dunque; a partire – giustamente – dal risveglio.
Ahi ahi! Un tema ostico ai bradipi serotini tra i quali ho l’onore di annoverare la mia modesta persona. Anche noi bradipi, nel nostro piccolo, ci troviamo, al mattino, con gli occhi cisposi di sonno, già a fantasticare sul tempo che viene e ad organizzarci in qualche modo la giornata. Non mi è difficile esserti controparte su questo tema; mi sembri una personcina ‘serenamente organizzata’, che non si lascia prendere facilmente in contropiede nella quotidianità.
Il ‘tema del risveglio’ incarna a mio parere una delle maggiori difficoltà della vita ‘laica’: non essendoci una regola di comunità che ci permetta di agire momento per momento perché qualcun altro (la comunità, la regola, l’abate) scandisce il tempo per noi, ognuno si organizza a modo suo ma nessuno sfugge alla tirannica ‘legge della programmazione’. C’è chi stende elenchi infiniti di cose da fare, scadenzati magari con orari e tempi (i tempi/metodi delle programmazione industriale trasferiti concettualmente alla vita famigliare); c’è chi lo fa la sera prima, per poi addormentarsi con la coscienza a posto. C’è chi cerca di ridurre al minimo questa fonte di stress, chi invece ci sguazza e ne fa una ragion di vita.
Per me rimane a tutt’oggi un nervo scoperto; una delle difficoltà maggiori che mi sono trovato ad affrontare negli ultimi 26-27 anni, da quando, cioè, ho cercato di far quadrare il connubio tra una vita ‘contemplativa’ ed una vita sociale-produttiva.
Non esistono regole, neppure in questo campo.
Tuttavia una considerazione che mi pare interessante è questa: nella nostra esigenza di costruirci ‘sicurezza’ – è vero, una buona programmazione dà senso di sicurezza e di potenza – stiamo attenti a non metterci da soli in trappola. Voglio dire: troppo spesso ci costruiamo bisogni impegni e scadenze che hanno giustificazione ed origine solo nella nostra mente e poi…ci sentiamo obbligati a rispettare quel programma ad ogni costo. E poiché di solito il programma è ridondante – quante cose dovremmo/vorremmo fare! – non solo non abbiamo più tempo per noi stessi e di conseguenza per gli ‘altri’, ma qualunque intoppo od imprevisto (ad esempio l’interferenza con i programmi altrui, la ‘crisi del bagno occupato’…) rischia di divenire per la nostra mente via via più eccitata una sorta di congiura, nei nostri confronti e nei confronti del nostro ‘santo sforzo’ di vivere ordinatamente. E così si porta via quell’ultima, residua speranza di tranquillità dello spirito.
Se ho ben capito, tu sei molto abile a costruirti la giornata; semmai il tuo stress si chiama ripetitività. Ma, ne converrai, molti tendono a capitalizzare, monetizzare il tempo; e questo sovente – molto sovente – collide con gli interessi (‘programmi’) altrui generando contrasti e tensioni. E inibendo anche la capacità di apprezzare buona parte delle ‘cose che si presentano a me’, impreviste ed inaspettate. Uniche, come tu osservi.
Quanti fiori calpestati, quanti paesaggi ignorati, nella nostra folle corsa verso…il nulla. Quanti clacson suonati senza nessunissima allegria!
Gennaio 23rd, 2009 at 8:12 pm
Caro doc, bentrovato! Il tuo commento mi ha fatto ritornare alla mente una domanda che mi ha assillato per parecchio tempo e per la quale non credo, tutto sommato, di avere ancora una risposta “certa”.
Quanto è necessario per una persona “laica” ricavarsi uno spazio-tempo per “coltivare” la vita contemplativa? Cosa fa nascere in una persona “normale”, l’esigenza di porsi di fronte al problema del perchè della sua esistenza? E di tentare di cercare una risposta appunto attraverso un percorso di studio, di meditazione, di pratica, che vada al di là della normale partecipazione ai riti ( senza nulla togliere al significato che questi hanno)? Se la scelta di vita è stata quella dell’ inserimento nella società, diciamo produttiva e familiare, quanto è giusto ricavarsi il tempo per sè e magari sentirsi insofferenti quando gli impegni ti impediscono di “rientrare” nel tuo spazio-tempo?
Decisamente non è un problema di poco conto tentare di conciliare questi due aspetti della vita, senza che uno prevalga sull’ altro o che entrambi “sovrastino” sulla vita che dovrebbe (?) essere vissuta nel modo più autentico possibile. A dire il vero, a volte sono stata tentata di ridurre al minimo ( se non di eliminare ) i momenti “meditativi” e per qualche periodo l’ho anche fatto per vari motivi. Ma dopo un po’, anche l’altro versante ( quello familiare e sociale ) ne ha risentito perché quello che mi mancava non era “altro” rispetto alla normale vita ma ne faceva così parte che nell'”eliminazione” ( perdonami il termine) avevo tolto, come dire, una parte di linfa che alimentava tutto il resto. Chissà se mi sono spiegata! Intanto… buona serata!
Gennaio 24th, 2009 at 2:33 am
Ciao Marta,
hai centrato il nocciolo della questione, secondo me. Anzi, di due questioni.
Ti propongo di analizzare la prima col metro del dolore’, del ‘disagio’. ‘Dukkha’ nelle sue molteplici forme; la prima nobile verità. E’ quella che ci introduce al problema fondamentale, alle domande fondamentali: fatte salve possibili eccezioni, tutti si parte da lì no?
Doghen rimase orfano di entrambi i genitori in tenera età, per fare un esempio a noi ‘vicino’. Lui, che era Doghen, ha reagito allo shock con una domanda ‘autentica’ (cioè al di là dei riti) di ‘verità’. Altri avrebbero reagito forse con spirito di rivalsa sulla vita, di vendetta rabbia odio frustrazione ecc. Molti avrebbero vagato ancora a lungo prima di raggiungere un carico di sofferenza tale da costringerli di nuovo a fermarsi e ‘convertire’ la loro visione delle cose.
Non credo che con questa chiave di lettura ci siano ancora tante persone ‘normali’: la sofferenza è nella vita, è in noi come è fuori di noi. Nessuno ne è esente, anche se qualcuno ne è solo sfiorato ed altri ne sono sovrastati. Però, mi pare tu dica anche, cosa è quella ‘sensibilità’ che fa si che allo stesso stimolo doloroso, due persone reagiscano in modo difforme? Immagino che un buddista dovrebbe qui tirare in ballo la questione della ‘maturazione karmica’ o qualcosa del genere. Un cristiano potrebbe forse parlare di ‘èntità’ del peccato originale?
Però mi sembra uno di quegli interrogativi che ci portano a spasso inutilmente, un po’ come la storiella buddista del soldato colpito da una freccia, che non si fece troppe domande ma se la fece estrarre.
Gennaio 24th, 2009 at 2:34 am
E questo mi conduce alla seconda questione. Mi pare che, per chi entra nella via, man mano che la funzione del dolore come carburante del processo di autosviluppo diminuisce, subentrino altri elementi: la volontà, la comprensione, anche l’attesa di risultati, una sorta di entusiasmo, per arrivare alla fede ed a quello che la fede di ogni tempo e latitudine esprime a parole come l’inarrestabile desiderio di stare sempre più vicini a…. E nello stesso tempo una sorta di ‘disinteresse’, distacco dalle cose del mondo. E infine la testimonianza. Più che elementi irrinunciabili credo siano tutti aspetti del proprio modo di (tendere a) vivere in modo autentico. Dovremmo forse recitare una parte? E che parte? In un cero senso, recitiamo sempre delle parti, ed ogni tanto abbiamo bisogno di ritrovarci, perché umanamente, tra uno spettacolo e l’altro, ci siamo persi.
La pratica “meditativa” e la vita famigliare –sociale-produttiva si influenzano pesantemente l’un l’altro. Interdipendono strettamente, come il cerchio e la botte. Si va avanti così: un colpo al cerchio…uno alla botte… Così ci si affina, alla scuola dei mastri bottai: sbagliando, sbagliando e sbagliando ancora. Almeno, questo è quanto mi capita, e certo ogni buon consiglio è il benvenuto
Gennaio 24th, 2009 at 11:16 am
Buongiorno a voi, Marta e Doc. Ieri ero in viaggio e non ho potuto contribuire con il mio augurio: buon futuro al vostro blog nel blog della Stella!
Gennaio 25th, 2009 at 9:50 am
Grazie mym. Ciao doc. Adesso andrò sicuramente fuori tema ( ahi ) ma vorrei comunque comunicarti i pensieri che mi sono apparsi durante una passeggiata pomeridiana “pensando” a quello che avevo letto sul blog. Premessa: io sono, a detta di chi mi frequenta, una persona notoriamente (sig!) seria, del tipo ” il giorno vissuto è sempre imperfetto quindi…” ecc
Sentire la tua conclusione sulla “ineluttabilità” dello sbagliare ha risvegliato in me il pensiero: ma sbagliamo proprio sempre? …….facendomi riflettere su alcune mie posizioni. Ma non voglio entrare in merito alla cosa che mi porterebbe in un’altra direzione. Mi ha colpito il fatto che ad un ceto punto alcune parti di me venivano portate, per così dire, alla mia “coscienza” attraverso l’ascolto delel tue parole ( cosa che probabilmente avviene nella normale comunicazione ma senza rendercene conto ).
Hai presente quando hai la percezione di toccare con mano un’idea che avevi letto da qualche parte ( che magari ti sembtava di avere capito ma che era rimasta a livello intellettuale? )
Ecco, l’idea era proprio questa: che si comincia a conoscere veramente sè stessi quando ci si trova di fronte ad un altro, che cessa di esssere “altro ” da te ma diventa un “tu”. Conosco “me” quando trovo qualcuno ( a volte qualcosa ) che com-partecipa della mia stessa situazione ( in senso lato ): con questo non voglio chiaramente dire che si debba essere d’accordo sulle cose, si può averle anche opposte ma è la dimensione e l’atteggiamento che fa la differenza.
Ecco, questo ri-annodare una parte interiore di me con un’altra, in una conoscenza reciproca, mi fa intuire uno dei possibili motivi di senso di essere in questo blog. Tu cosa ne dici? Un saluto
Gennaio 25th, 2009 at 4:43 pm
Penso anch’io che questo dia significato al blog. E’ vero, è una specie di ‘dimensione’ quella che fa la differenza. Le persone (noi tutti) si incontrano di solito per competere, affermare, affermarsi e via dicendo: su quest’altro versante accade invece che ci accorgiamo che c’è un ‘filo’ che ci unisce tutti per cui non ci sentiamo più cose diverse, separate, antagoniste. Siamo ‘lo stesso funzionamento’. Come le zucche della parabola di Uchiyama, che dopo aver litigato a lungo si accorsero di essere tutte collegate allo stesso ramo.
Ma questo non risolve naturalmente i problemi e le difficoltà della vita di ogni giorno dove, come singole monadi separate e sovente impazzite, sbagliamo in continuazione. Ma cosa vuol dire che sbagliamo? è chiaro che quella mia è una affermazione relativa e discutibile. Perciò, essendo per me troppo difficile definire lo ‘sbagliare’ al di là della accezione corrente della parola, preferisco cercare di caratterizzarlo in negativo. Quando è che NON si sbaglia? Casualmente sto leggendo un libro degli anni ’70 che non avevo mai letto, di tal Daniel Goleman; qui ho trovato questa frase: “il frutto del Nirvana per il meditante è la purezza morale senza sforzo; infatti la purezza diviene l’unico comportamento possibile”. Ecco, lì non si sbaglia. Ma basta lo spazio di un capello per essere in errore, in un certo senso. E’ un po’ come dire, con Paolo: “ogni uomo è mentitore, solo Dio è verità”.
Scusa se le ho sparate un po’ grosse: quando si affrontano certi temi sarebbe più prudente forse tacere, per non ‘mentire’ troppo. Ma se tacciamo tutti …
un amico mi ha detto, non molti giorni fa, per incoraggiamento: ‘senza castronerie, non c’è Zen’.
Gennaio 25th, 2009 at 7:35 pm
Che bello! Un mondo che canta è sicuramente un mondo migliore.
Gennaio 25th, 2009 at 7:50 pm
Sì, grande musica, grandissima dimensione. Sapere che vi sono persone che impiegano così una grossa parte del loro tempo, energie e risorse apre il cuore.
Gennaio 25th, 2009 at 8:17 pm
Carissimi, essendo un grafomane rompitasche parteciperei ben volentieri alla seduta, ma non si potrebbe “concentrare” un pochino? in fondo è molto zen: mettere bene a fuoco, per poter lasciar-andare meglio… E qui m’interrompo, altrimenti (come scriveva Confucio) rompo gli zebedei. ciaooo
Gennaio 25th, 2009 at 10:48 pm
Lo sto leggendo, mi sta prendendo, lo recensirò, lo pubblicizzerò, forse un giorno lo metterò addirittura in pratica (ehhhhh ‘sagerato!)
Gennaio 26th, 2009 at 12:28 am
Grazie dr, hai ragione. Stiamo provando a trovare una cadenza equilibrata. Troppo diluito o troppo concentrato, non va bene. Benvengano dunque i suggerimenti e gli inserimenti di questo tenore; ed anche nel merito. Buona settimana a tutti.
Gennaio 26th, 2009 at 5:33 pm
Sì in effetti l’argomento scelto è molto stuzzicante: svelare finalmente come si ottenga l’illuminazione buddista una volta per tutte. E poi i segreti dei koan, le misteriose pratiche daoiste dell’eterna giovinezza, gli affascinanti legami tra lo zen e le arti marziali, la Via Della Seta, le spedizioni nel deserto detto Della Morte Certa (Taklimakan), le grotte in cui fu trovato quel testo antichissimo da secoli considerato scomparso… Insomma … Un sullucchero 🙂 🙂 🙂
Gennaio 27th, 2009 at 10:26 am
… oops, mica stavate aspettando me? non ho argomenti “in proprio” da lanciare. ma se buttate un sasso in piccionaia, farò volentieri da piccione. buona settimana anche a voi.
Gennaio 27th, 2009 at 3:55 pm
No dr,rilassati pure. Non “aspettiamo” nessuno: il tuo intervento è stato già interessante e utile così. Certo, se la prossima volta sarai della partita, sarai il benvenuto! ciao
Gennaio 30th, 2009 at 8:35 pm
Caro doc e caro Homosex, rispondo con una certa pena nel cuore, perchè questo senso di isolamento di cui avete parlato è stato un mio compagno di vita per parecchio tempo. Tanto forte da pensare che nessuna appartenenza religiosa mi era possibile a causa del sentimento di diversità, di frattura direi, che avvertivo tra me e l’ ambiente religioso circostante. Poi alcune cose sono cambiate e il senso di solitudine si è allentato, tanto da poter ritrovarmi nelle parole di padre Luciano quando, nella sua ultima lettera, diceva che non noi apparteniamo alla religione ma è il vangelo ( nel caso del credente cristiano ) che ci appartiene. Questo, credo, ci permette di poter essere “religiosi” nel senso reale del termine e di non essere seguaci di una dottrina che, molto spesso o qualche volta, non ci sentiamo di condividere.
Credo sia importante provare “disagio” di fronte ad alcune realtà religiose ( o che si mascherano tali )perchè significa che siamo sempre in cammino, alla ricerca del significato “ultimo” della nostra propria esistenza e che non ci si “accontenta” di risposte standard uguali per tutti.
In questo caso, mi sento di dire, pur nella diversità, siamo “nella stessa barca” e chissà che, remando tutti assieme, non ci si trovi allo stesso approdo.
Un saluto Marta
Gennaio 30th, 2009 at 9:18 pm
Riguardo alle pressioni sociali, nel buddismo “però” c’è un bell’insegnamento a proposito di un famoso rinoceronte che proseguiva diritto per la sua famosa strada. Nel caso di homosex c’è in più tutto il peso dei pregiudizi da portarsi addosso, quindi la questione è ben più delicata. Ma, in linea generale, mi sembra “italiano, troppo italiano” preoccuparsi di che cosa penserà il dirimpettaio.
Gennaio 31st, 2009 at 1:09 am
D’accordo Marta. Però qui, a prescindere da una confessione piuttosto che un’altra, mi pare si denunci la solitudine, l’isolamento di chi si trova a percorrere la Via in un ambito laico, cioè nel tessuto sociale e produttivo usuale. Due mi paiono gli ostacoli: il conformismo religioso, che nulla ha a che fare col cammino (autenticamente) religioso, e lo scetticismo/nichilismo. Sono atteggiamenti trasversali, in qualche modo ideologici, ampiamente prevalenti nella società. Chi desidera percorrere un cammino spirituale si trova costretto a procedere in solitudine o, quando è fortunato, a frequentare ‘ a tempo’ una nicchia di persone, animate dallo stesso suo intento. Cosa che i buddisti chiamano shanga, i cattolici credo comunità ecc. A meno di essere un ‘eroe-rinoceronte’, peraltro simbolo Hinayana se non sbaglio, come suggerisce dr. Esserlo nell’India antica però, da dove ci arriva la similitudine: laddove la ricerca spirituale non era sintomo di qualche pericolosa malattia mentale, ma era piuttosto una scelta virtuosa da tutti riconosciuta.
Gennaio 31st, 2009 at 4:31 pm
Buongiorno a tutti. Forse, nel precedente intervento, mi sono spiegata male. Non era mia intenzione misconoscerre il peso dei condizionamenti nel contesto in cui siamo cresciuti e viviamo. Contesto religioso, ma non solo, perchè a volte è addirittura più difficile porsi a confronto con un “credo” non religioso, elevato a sistema, in cui la verità sembra più oggettiva e quindi, forse, meno soggetta a critiche sul “fondamento”. Si può arrivare a considerare quasi superfluo disquisire sul grado di autenticità delle “religioni tradizionali”, in quanto ci si sente in un “ambiente” che sembra avere eliminato la dimensione religiosa.
Ma (non voglio essere positiva ad ogni costo) non mi sembra che possiamo fare altrimenti che renderci comunque consapevoli della nostra inevitabile condizione di essere condizionati e condizionanti nella nostra piccola o grande “comunità” e da lì partire per…
In un’altra occasione, doc, ( vado a memoria sperando di non sbagliare ) mi avevi ricordato che ciò che costituisce il fondamento più importante non è, nè buddista, nè cristiano ( nè ha, aggiungerei, nessuna altra etichetta)ed è proprio a questo, forse, che dovremmo fare riferimento quando ci sembra di essere “oppressi” da realtà che, in qualche modo, ci rendono difficoltoso quella che pensiamo essere la nostra via.
Speriamo che lo spazio della nostra libertà sia sempre più ampio di quello che pensiamo talvolta….
Gennaio 31st, 2009 at 5:02 pm
Avvisato da un amico mi sono imbattuto in questo saccente scambio (un po’ stucchevole, invero) e ho alcune domande: hinayana è termine in disuso perché insultante e, per di più, perché non indica nulla: chi sono gli hinayana visto che nessuno mai si è riconosciuto né si riconosce nel veicolo inferiore? E poi: come si fa a distinguere con tanta sicurezza un testo hinayana da uno che non lo è? Kosho Uchiyama, abate negli anni settanta di un monastero Zen giapponese apprezzava il testo del rinoceronte, significa che era hinayana?
Gennaio 31st, 2009 at 6:42 pm
La cosa sta scivolando (o lo è già) verso una specie di pietismo.
Cosa si potrebbe dire? Beh, anche il Buddismo mahayana, oltre al rinoceronte theravada, mostra fulgidi esempi di forza. Uno per tutti: Bodhidharma.
Quando ti sembra che il mondo ti sovrasti, vuol dire che sei debole, con poca energia, rinchiuso nelle tue cose, introvertito.
Quando senti che “mangeresti il mondo”, sei forte, attivo, estroverso, positivo, solare.
Sulla base di questa semplice autodiagnosi, puoi costruire il cambiamento.
Potresti dover diventare più forte, e potresti dover calmarti. Come si fa? Beh, ci sono tante scuole…..
Gennaio 31st, 2009 at 6:45 pm
Sì, pietismo è più appropriato di stucchevole, grazie: un capolavoro di equilibrio il tuo intervento, Marcello.
Gennaio 31st, 2009 at 7:19 pm
Ti ringrazio chop.
Le religioni “primitive”, come ad esempio l’animismo africano, ci mostrano quale era anticamente il ruolo della “religione” nella comunità.
In caso di problemi, lo stregone africano, dopo aver fatto dei riti, ti dà da mangiare un erba, ti dice cosa devi fare per un certo periodo di tempo, insomma ti dà anche dei consigli pratici. Questo nell’accezione moderna della religione, è dimenticato. Ma ogni religione, in realtà, ha delle pratiche volte a liberare il praticante dalle sue nubi: (i buddisti tibetani conservano un pò di questo stile) preghiera, digiuno, ecc. Ecco, il digiuno. Sembra una sciocchezza, ma il digiuno di solidi e liquidi è una pratica potentissima. Non è un caso che si parli del digiuno di 40 giorni di Gesù…..
Anticamente la religione era anche medicina, del corpo e (di conseguenza) dell’anima. Mi sembra quasi di dire delle ovvietà se noto l’assonanza di parole come Medicina e Meditazione. Ciao a tutti.
Gennaio 31st, 2009 at 8:18 pm
Beh, innanzitutto grazie davvero: per tutti gli interventi che aiutano a trovare una dimensione di linguaggio equilibrata. E’ ciò che stiamo cercando.
E poi complimenti! Fa piacere sentire voci così autocentrate ed autosufficienti nel Cammino. Sia detto senza polemica, persone così presumo vivano sulla cima del simbolico monte Sumeru: infatti non le incontro mai (mettiamoci un ‘quasi’, per prudenza) , in carne ed ossa. E quando le incontro, persone con così tanta certezza e nessun dubbio, diffido. O si sgonfiano da sè.
Ho usato il termine Hinayana appositamente, nell’accezione terminologica più comunemente diffusa: è Hinayana un processo di autosviluppo che ha come meta la liberazione personale. E’ Mahayana la rinuncia a questo obiettivo a favore della altrui liberazione. Così dicono per lo più i testi che ho studiato negli anni. Certo che è una divisione scolastica, forse in disuso; e molto si potrebbe dire al proposito, finanche ribaltarne i termini. Ma ‘parliamo’: e se parliamo di operare in ambito ‘laico’, direi che la prima ipotesi si autoesclude e quindi rimane la seconda. Se l’obiettivo è far mettere radici solide alla pianta del buddhismo (o se volete del cammino religioso autentico, senza etichette), i rinoceronti non bastano. Anzi, rischiano molte volte di strappar via i germogli.
Mi pare che il discorso sia insabbiato sul piano della mera ‘conoscenza’: ma superata la conoscenza, si apre la dimensione della sapienza. Ed oltre alla sapienza c’è la compassione. Poi, ognuno si ferma un pò dove gli pare. O questa mia è solo fuffa?!
Gennaio 31st, 2009 at 8:45 pm
Vero, le religioni di successo sono primitive. Quelle che invitano all’autogestione sono poco seguite. Più o meno inconsciamente nel prete si cerca il suo antenato sciamano, gli si portano i problemi affinché li risolva. Perciò poi il prete sciamano non vede di buon occhio la concorrenza, laica o religiosa che sia. Il business del potere sulle anime/animi non ha età né prezzo. Additare il diverso per radunarsi nel distinguersi è un giochetto antico che compatta. Interessante questa cosa med-icina med-itazione.
Gennaio 31st, 2009 at 9:30 pm
I rinoceronti ci sono indispensabili. Senza rinoceronti non si va da nessuna parte. E i rinoceronti sono il nostro stimolo per fare meglio, meglio di loro. Un vero rinoceronte desidera essere superato.
Non c’è separazione tra me e gli altri, quindi non si può dire “riuncio alla mia liberazione per quella degi altri”. Le due cose sono una.
Quello che cerchiamo non sono parole: compassione, sapienza, conoscenza. Cerchiamo l’intuito, che abbiamo già, ma abbiamo dimenticato a favore del mentale. Ma non cerchiamo il nostro individuale intuito. Cerchiamo l’intuito di tutti gli esseri senzienti, detto anche “istinto perfetto” o “forza cosmica” o “forza vitale” o “vitalità”. Insomma l’origine della vita, che ci permea sempre e comunque.
In questo senso è “vietato” lamentarsi. T’immagini una comunità di gente che si lamenta? Quanta strada può fare?
Gennaio 31st, 2009 at 10:25 pm
Caro Marcello, tu e chop avete vivacizzato la discussione. Bene. Ma dimmi: sai di cosa parli o ci meni in tondo solo con ‘parole’? quanto dici, mi sa un po’ di ‘scolastico’.
Come si può cercare con successo – cioè, secondo il mio lessico, ‘appropriarsi di’ – la ‘forza cosmica’? c’è un modo, senza abbandonare se stessi!? io sarei interessato… 🙂
Temo si rischi il delirio di onnipotenza.
E diversamente, come dimenticare se stessi senza abbandonarsi a ciò che è altro da noi? e cosa è ‘altro’ da noi? forse un triangolo luminoso, su una nuvola, con una lunga barba bianca; o una spirale multicolore di energia magnetica che ci penetra e ci trasforma in veri duri che non piangono mai, in superman?
Gennaio 31st, 2009 at 11:22 pm
Caro doc, io scrivo quello che mi rimbomba dentro, le letture, le esperienze…mica sono arrivato da nessuna parte…mi sono fermato a fare due chiacchiere. Mi ha colpito il tono del lamento di omosex e alcune frasi di marta…che dovrei dirgli? Suvvia, tiratevi un pò sù…l’ho detto in termini “spirituali”, ho detto che ci sono anche dele vie pratiche, che non è giusto crogiolarsi nelle proprie paturnie. “L’uomo nasce felice, se non è felice la colpa è sua” diceva Epitteto. A me questa frase piace molto, ma non è questione di essere superman o di raggiungere Dio. E’ proprio il minimo che ci viene richiesto dalla vita. “io sono responsabile”, “non incolpo gli altri delle mie menate”. Il minimo che dovrebbe esere riciesto a un rappresentante della razza umana. E ora vado a letto. Ciao!
Febbraio 1st, 2009 at 1:43 am
Perdona quel pò di ironia che mi sono fatto scivolare dalla penna, Marcello. Un chiarimento sembrava necessario, e questa tua ultima nota mi pare un ottimo terreno sul quale, volendo, si potrà lavorare ancora. Le tue parole toccano temi di grande profondità e complessità. Buona notte: e grazie.
Febbraio 1st, 2009 at 11:06 am
Buongiorno! Sì, stamattina ho letto il vostro vivace dialogo e devo riconoscere che al rischio del “pietismo” ( ci sarebbero tante cose su cui soffermarsi, ne prendo solo alcune, altre emergeranno sicuramente più avanti )si può aggiungere il rischio del “quietismo”( tanto per rimanere in tema di -ismo) se si procede e si rimane sulla scia della lamentazione. A volte però, io penso, è anche necessario un’analisi della realtà che ci circonda e che abbiamo dentro ( e se a volte non è positiva ma “depressiva” pazienza!si parte ognuno da punto diversi! Ma torniamo alla necessità di essere “vitali”, sono pienamente d’accordo sulla necessità di andare oltre all’espressioni verbali per recuperarle nella vita ( è una cosa alla quale tengo moltissimo!!) e a tal proposito le ultime poesie di SC mi avevano fatto sorgere proprio la riflessione di quanta parte di noi stessi( uomini della modernità) siamo capaci di investire nelle “emozioni” della vita! Quanto siamo portati a “vivere con superficialità” le “cose” che ci accadono per evitare l’ altra faccia della gioia di vivere, cioè quella della sofferenza che inevitabilmente arriva ( in forma di delusione, mancanza, distacco….)? ( e dagliela, dirà qualcuno a parlare di sofferenza!)Ma, non mi fermo qui. Credo che la “paura” del salto nel vuoto ( necessario a mio parere nella vita in svariate occasioni)esiste ma, mi sento concorde con il nostro poeta, e forse anche Marcello sarà d’accordo, nel dire che non c’è scampo se si vuole vivere veramente.
Un’ultima cosa sulla felicità: leggevo un giorno una cosa che mi è rimasta impressa e che mi torna alla mente spesso: c’era un “santo” che viveva eremita su una montagna e ogni giorno si prostrava a terra e “pregava” con queste parole ” Gli uomini non sanno essere felici”. Penso sia assolutamente vero, e forse è compito dell’ uomo del terzo millennio “recuperare” la possibilità di “essere” dal vuoto che ci ritroviamo sotto i piedi. Non è un’espressione zen ” far luce su quello che sta sotto i piedi? ”
Se sbaglio perdonatemi!
E come comunque, ci sarebbe da riflettere sul fatto “se ” il compito delle religioni è quello di costituire uno strumento utile per rendere più felice la vita degli uomini. ( direi- lo dico perchè condivido questa visione detta da altri ben più autorevoli di me- che anche se in passato è stato spesso così, non è necessario che così dovrebbe essere)
A questo punto dr potrebbe dire: ma non è proprio possibile essere più stringati? Ma cosa vuoi a volte è bello seguire anche i propri pensieri e condividerli.
Buona giornata a tutti!
Febbraio 1st, 2009 at 1:04 pm
E se dicessi che non so cosa significhi, la parola felicità?! Ciò verrebbe preso per un ulteriore piagnisteo? Con buona pace del sig Epitteto (scusate l’ignoranza, non ho avuto il piacere…), la felicità mi sembra una di quelle tante bubbole che si raccontano ai bambini: “…e vissero/ nacquero per sempre felici e contenti”.
Se un bambino nasce focomelico, o è mutilato da una bomba ad 1 anno di vita, è dunque colpa sua? Molto scolasticamente si potrebbe dire di sì, il Karma! E dunque, ben gli sta: ca…voli suoi. Ma altrettanto scolasticamente si può rispondere: no; sì; ni; non ni. Questa risposta, che azzera tutte le elucubrazioni, mi riporta alla concreta realtà ed al pragmatismo con cui affrontarla. I soldi, il successo con le donne, il SUV , la cocaina, gli addominali scolpiti. Oppure gli sciamani, gli analisti, l’alchimia, l’acquisizione dei dieci poteri sovrumani dei buddha.
Se penso che il sig Seneca mi disse un giorno:<Uomo, non puoi vivere del tutto senza pietà!..
Masochista!
Febbraio 1st, 2009 at 4:05 pm
E se dicessi, e con questo lascio (per il momento) il computer, che, noi uomini e donne normo- dotati e viventi nell’area del mondo che vive spesso solo i problemi degli altri, ci preoccupiamo di trovare i modi per essere “felici” o comunque di sentirci all’ altezza, perchè abbiamo perso il senso della “realtà”? Perchè non la sappiamo riconoscere o meglio vivere ( e magari ci riescono quelli che noi pensiamo emarginati), nella sua, posso dire, vera essenza? E non chiedetemi qual è : ci sono gli esperti per questo!
Elucubrazioni a parte, spero che l’ umanità non si risolva nel “voglio essere felice!” Arrivederci.
Febbraio 2nd, 2009 at 3:31 am
Good morning people! Sono commosso da questo spazio celebrativo della mia solitudine…Provo a riprendere il filo. Il fondamento della mia pietà è l’odio per gli esseri umani. Quella generalità dei consociati che sono costretto a incontrare in ossequio alla evangelica pratica religiosa.In questo senso il Vangelo è la massima accortezza politica.Che cos’è la compassione? Parlare agli uomini, parlare con gli uomini è ‘amarli’. Non so cosa sia la libertà. Solo chi non deve fare i conti con il problema di un’esistenza borghese può essere libero…di non essere. Di non essere soprattutto una persona morale, cioè di superare l’ipocrisia sulla morale.Non esiste nessuna morale ma solo un dibattito fra specialisti. Alla impotenza dell’azione, della morale, non restano che solo le parole…
La neikosofia (Neikos-Odio)risponde,invece,ad un’esigenza diversa. E’ una tensione negativa verso l’umanità, odiarla, e tuttavia non poterne fare a meno in virtù di suddetta tensione.Conseguentemente il neikosofo è atterrito dall’umanità e la odia per il sapere o per quel che il sapere gli fa sapere.Non è pessimismo…La neikosofia(l’odium dei, il taedium dei,etc.) sostiene: philosophus philosofo lupus. Senza l’odio per l’umanità di cui testimonio chi supererebbe le tre prove: il drago fiammeggiante, il gigante cattivo, il pettine avvelenato? E se non saranno superate, chi potrà mai amare il sapere, chi mai potrà parlare agli uomini?
Febbraio 2nd, 2009 at 6:59 am
Un pensiero che dichiara il mondo cattivo è per lo meno cattivo quanto il mondo.Questa è la mia generosa tesi(ma ho sempre in mente lo scopo).Ogni religione identifica la propria fede con la verità unica e assoluta. Questa identificazione è ovviamente impropria, perché la fede “crede” proprio perché non “sa”.Di questo pensiero irrazionale non vi è sistema ma solo narrazione. Io non credo che due più due faccia quattro perché lo so, mentre “credo” nell’immortalità dell’anima proprio perché non lo “so”. Identificare la “fede” con il “sapere”, fare questa confusione, come tutte le religioni fanno, è il primo atto che rende impossibile il dialogo. Come si fa infatti a dialogare con chi è pregiudizialmente convinto che la propria fede sia l’unica e assoluta verità?
Febbraio 2nd, 2009 at 7:40 am
Nel mondo senza regole e confini dove tutto è possibile, nel mondo della fantasia e della intuizione, in cui ci ritroviamo ogni volta che riflettiamo, la nostra lucidità ne guadagna e si estende. Ma l’abisso in cui ci mette ci costringe a tornare al grigiore abituale, almeno nelle cose della vita.E’ così che questa resta sempre indietro, e non segue l’intelligenza che vorrebbe trasportarla chissà dove. Ecco perché il primato della vita, occulto o manifesto, si afferma sempre.Per questo si pone il problema se le teologie non debbano essere sottratte alle chiese e restituite ai ‘brahamani’, agli ‘immoralisti’, ai ‘rinoceronti’ affinché si metta la parola fine alla pax religiosa e si combatta una guerra fatta di evidenze ed idee e non di armi. Le parole greche che incominciano con il prefisso “dia” segnalano infatti una massima opposizione, come la parola “dia-metro” che indica i punti massimamente distanti della circonferenza, o la parola “dia-volo” che nomina il massimamente distante, anzi l’avversario di Dio.Gli incontri concilianti non servono a niente e non mi fido delle religioni che non entrano in conflitto.La neikosofia si annida laddove l’individuo è compiuto e non può essere più oggetto di ‘fede’ ma di concetto. E se i concetti sono la mia anima e attraverso di essi filtro i miei umori gli individui altro non sono che concetti incarnati.Che mi importa delle religioni?L’immagine di un Dio di cui niente si può sapere se non incarnandosi (schema presente anche nel buddismo) mi sembra invecchiata e legata ad un’immagine diveniente dell’uomo. Nell’uomo compiuto non si ha divenire ma solo distruzione.Migliorare l’istinto è una patetica contraddizione ed esaurite le risorse dell’agire non rimangono che le virtù taumaturgiche della parola.
Buona settimana a tutti:e grazie.
Febbraio 2nd, 2009 at 2:06 pm
“Gli incontri concilianti non servono a niente e non mi fido delle religioni che non entrano in conflitto”(n.20): ben detto, perbacco! Invece non mi quadra “Non esiste nessuna morale ma solo un dibattito fra specialisti”(n.18). Fatto salvo che nel 99,99% dei casi è così, quando la morale è funzione di un fine: esiste, relativamente (come ogni cosa nel mondo) ma esiste.
“Tensione negativa verso l’umanità, odiarla, e tuttavia non poterne fare a meno”(n.18), qui il volo si fa teso, rischioso e interessante. Se tu non dessi l’impressione di passar la vita a “guardarti l’ombelico” ci divertiremmo un sacco.
Febbraio 2nd, 2009 at 3:47 pm
Ho ricevuto molte emozioni dalle vostre mail lasciate che vi doni tutto quel che ho e non nasconda nessun recondito pensiero.Se devo parlare con il ‘cuore’ preferisco quello generoso di Re Lear, che lo portò alla rovina, a quello prudente e lungimirante di chi raddoppia i suoi beni, affinché mi ri-trovi solo nella landa in tempesta come quel vecchio pazzo.Lasciate dunque che io sbraiti e dica sciocchezze:forse vi si nasconde una perla.
Febbraio 2nd, 2009 at 4:35 pm
Senza “discriminare” nessuno, ma l’intervento n. 22 è il più bello in assoluto. Così sia.
Febbraio 2nd, 2009 at 4:36 pm
Caro M. io ho ragioni da vendere per questo mi lamento.A dispetto di quanto sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana, art. 4, parte 2°, non mi interessa contribuire allo sviluppo materiale e spirituale di questa società. Il mio impegno civile si esaurisce nell’indifferenza e nell’apatia.Se il mondo è andato in malora io non ne ho nessuna colpa; di più è la mia irresponsabilità che mi rende beato e felice. E il karma? E’ causato dalle generazioni precedenti, che c’entro ‘io’? L’incoscienza promessa dal neikosofo può solo dirci di non abitare la verità, ma semplicemente una cultura con le sue limitate caratteristiche. E’ all’interno della conflittualità,invece, che va ricercata l’autenticità di una religione. E’ possibile dialogare e reperire un punto di convergenza solo se i dialoganti sono disposti ad ammettere che la posizione dell’altro disponga di un gradiente di verità almeno pari alla propria. Questa infatti è la vera essenza della “tolleranza”, che non significa tollerare la posizione dell’altro (questa se mai è solo buona educazione), ma ipotizzare, almeno in linea di principio, che le tesi dell’altro possano essere vere o addirittura più vere delle proprie. Sono disposte le religioni, quando si confrontano, a disporsi in questo atteggiamento mentale? La mia risposta è no, per la ragione che segue.Quando con la sua nascita, la filosofia volle emanciparsi dal mito, e in seguito da tutte le religioni, Platone prese a parlare di un “grande capovolgimento (meghíste matabolé)” dovuto al fatto che Dio abbandonò il timone del mondo e gli uomini, lasciati soli, non ebbero altra possibilità di governare se stessi se non inventando la politica, ossia la libera discussione tra loro che consentisse a maggioranza di prendere decisioni (Politico, 272 e – 273 b). Il dialogo, dunque, come oltrepassamento della religione, la libera discussione politica come oltrepassamento delle credenze fideistiche, le quali, radicandosi e definendo le basi antropologiche delle diverse culture, sono nell’impossibilità di dialogare tra loro e quindi di pervenire a una comune conciliazione. Se le religioni non sono in grado di aprire un dialogo fra loro, non resta che prender dimora in quella che Kant definiva “l’isola della ragione nell’oceano dell’irrazionale” che, pur con tutti i suoi limiti, trova la sua applicazione pratica in quella che Platone ha chiamato “politica”. Il mio sogno ridicolo è creare una neikosofia ‘giusta’, che non millanti credito, con uno scopo sopra gli altri:l’allargamento della coscienza già raggiunto privatamente, fino ad una illuminazione collettiva che portasse luce su tutto, e quindi fino all’acquietamento della conoscenza. Inventare un mondo, cioè, dove il saputo metterebbe alla gogna il sapere.Non a torto, le filosofie ‘serie’ si affrettano a deridere la mia Utopia bollandola come una nuova neverland o un empio sangh
Febbraio 2nd, 2009 at 5:07 pm
Una nuova neverland non mi dispiacerebbe. Le “religioni” non esistono, ci sono gli autonominati rappresentanti professionisti del classico chiacchiere e distintivo. Suppongo che, se interpellati, i rappresentati per lo più si dissocerebbero. Ma, mi sovvien, perché poi le religioni dovrebbero dialogare? Sì è vero: le guerre ecc. ecc. A ben guardare benché si parli di crociati o mezzelune dietro c’è il petrolio, i diamanti, le colonie… Che sia la politica che ha fatto, e fa, i più danni? Dogen, san Francesco non mi pare.
Febbraio 2nd, 2009 at 5:35 pm
Più che lamentarmi, bestemmio molto…Mi ripeto:può l’idea di Dio essere a me ipso facta?Può essere inventata un’idea semplice?Forse Dio si dà tutto in esteriorità e non ha ‘interno’. Ciò che si prende per tale è la proiezione dell’esteriorità in esso e il fatto che la rifletta.E’ l’esteriorità ad un altro livello…
Febbraio 2nd, 2009 at 6:03 pm
Dai cheppalle, anche tu con ‘sto “dio”, neanche fosse tuo cugino. Comodo averci quella paroletta a cui appiccicare qualsiasi cosa senza mai assumersi responsabilità. Proposta: invece di usare il nome del Trino, uscir di metafora, parlar chiaro. Oppure, necessitando: in questo commento col termine “dio” intendesi: e via elencando. Altrimenti fai la parte del prete, che tanto lui lo sa e tu no.
Febbraio 2nd, 2009 at 8:03 pm
Sono appena rientrato da una passeggiata.:)Nel momento in cui trovo che l’idea di Dio non si può inventare l’apprentissage è compiuto.Anche oggi ho adempiuto al mio proposito:togliere qualche attributo divino a Dio.Ci sono riuscito?Mah?!Ho preferito valorizzare il quotidiano e la sua banalità, ho fatto della banalità la mia grandezza.”Essere un ‘uomo’ in mezzo agli uomini.Affrontare la vita quotidiana e le sua banalità:ecco la nostra vera grandeur”(Descartes).Ho approfittato della vita così com’è;e certi giorni così com’è non significa nulla.E’ vero, non si può vivere filosoficamente, ma ben si può pensare filosoficamente, o ce lo vieteranno?
Adieu mon auditerues.
P.S. Con riserva di dedurre e articolare ulteriormente(magari in un’altra occasione,non ho tempo per i dizionari…Pazienza!).
Febbraio 2nd, 2009 at 8:23 pm
Insomma si pensi a me non come ad un dotto dottore di teologia, o ad un prete travestito ma piuttosto come ad un disadattato.Che so io, ci si immagini un tipo alla woody allen che invece di avere la ventura di nascere a NY sia nato nel sud italia.Porco dinci.
Febbraio 3rd, 2009 at 12:48 pm
Grazie, alla prossima volta.
Febbraio 3rd, 2009 at 9:48 pm
In alternativa, la puntata n. 9 della rubrica “Intruso”, dedicata a Morticia Addams, sarebbe stata la seguente. SPEZZONE da una puntata della classica serie tv “La famiglia Addams”: Morticia decapita accuratamente un mazzo di rose, poi butta i fiori e mette in vaso le spine. — > Compitino per gli smanettoni di YouTube
Febbraio 4th, 2009 at 5:11 pm
Di Morticia mi piaceva soprattutto la Huston, da giovane…
Secondo te, come fa a metter le spine in vaso? Una per vaso? A manciate?… 😛
Febbraio 4th, 2009 at 5:25 pm
Nel senso di “i gambi con le spine”. Sei maestro in Israele e non sai queste cose?
Febbraio 7th, 2009 at 7:43 pm
Bello.
Tradurrei:
Desiderio avvicina
qui nuota così profonda mente
che si scorda il ricordo
ciao
j
Febbraio 7th, 2009 at 7:44 pm
pardon, va diviso come segue:
desiderio avvicina
qui nuota così profonda mente
che si scorda il ricordo
Febbraio 7th, 2009 at 10:34 pm
bellissimo. potremo anche fare che ogni mese mando in anticipo a Jiso l’inglese e lui lo traduce. una lavoro a quattro mani (senza pretendere di essere scimmie). facciamoci un pensierino e… non scordiamolo. ciao! grazie.
Febbraio 9th, 2009 at 11:10 am
Quando Luciano, una decina di giorni or sono, mi inviò quella lettera gli scrissi: “Mi è piaciuta la tua lettera a proposito di guardare alla vita ed alla morte con medesima dignità, vi è un ché di blasfemo in tutto questo rifiuto della morte”.
Febbraio 9th, 2009 at 12:20 pm
Qualcuno ha detto, riferendosi a questa dolorosa vicenda, “invidio chi ha certezze”. Personalmente ho il dubbio che quella di Eluana sia vita ma penso che tutti, anche chi non ha alcun dubbio, dovremmo osservare, di fronte alla scelta sofferta di un padre, un rispettoso e dignitoso silenzio.
Febbraio 9th, 2009 at 12:30 pm
Sì, il silenzio “era”, anche secondo me, la risposta più partecipe sino a un paio di giorni or sono. Mi ha scandalizzato non l’assenza di senso etico del Presidente del Consiglio (non è una novità) ma l’appunto fatto a Napolitano, da parte della Chiesa, per aver fatto il suo dovere. Per la velocità con cui è stato compiuto un simile passo è difficile non vedere una saldatura tra gli interessi più bassi di chi intende le Istituzioni come il proprio strapuntino e la Chiesa cattolica. Mi ha ricordato il rapporto tra il franchismo ed i vescovi spagnoli.
Febbraio 9th, 2009 at 12:39 pm
L’intervento di p. Luciano è quanto di meglio si sia sentito su questo delicato (e italiotamente sbraitato) argomento. Da parte mia, riporto l’opinione di un cattolicissimo biologo, docente all’università, che su questi temi ripete sempre “Non vorrei essere io a dover decidere” proprio perché di scontato e di divisibile con l’accetta non c’è niente. Sul caso Eluana in particolare, aveva lui stesso delle perplessità a ritenerla “viva”. Ma anche nell’ipotesi sia giusto salvare Eluana, aggiungo: si era fatto un roboare infinito sul caso Welby, il presidente Napolitano e tutti gli altri che esortavano: “Ora occorre una legge”… e dov’è?
Febbraio 9th, 2009 at 12:52 pm
Nel “dovremmo” includevo anche gli “sciacalli” delle varie istituzioni. Ma visto che essi non hanno avuto quel sano pudore di tacere, sono d’accordo con mym a sottolinearne lo strumentale operato.
P.S. Persino il vecchio Andreotti (cattolico) si è dissociato…
Febbraio 9th, 2009 at 12:59 pm
Sì, ho notato Andreotti, e mi è tornato a mente un altro “ricordo” antico: “Arridatece er puzzone!”
Febbraio 9th, 2009 at 11:46 pm
Di Eluana in questi ultimi giorni ne ho parlato in casa con le mie figlie, fuori con gli amici ed i colleghi di lavoro, così sarà stato per molti di noi. Ogni volta ho percepito la limitatezza delle mie parole e tutta la loro inadeguatezza, per questo motivo esse finivano ogni volta per ricondurmi ad una necessità di silenzio. Troppe facile e babbeo parlarne senza quelle conoscenze tecniche che credo necessarie per non scadere in discorsi da bar e più ancora, senza essere psicologicamente ed affettivamente toccati dalla tragicità di una situazione simile. Allora solo una considerazione si faceva largo in me: la vita e la morte sono strettamente connesse tra di loro e senza l’una non esiste neppure l’altra. E soprattuto che di essa ne abbiamo una terribile ed angosciante paura! Per questo tutto il pensare su Eluana si è fatto ideologico, per ambedue gli schieramenti formatisi. Sono decisamente mancati in tutta questa vicenda delicatezza e rispetto, in questa società che ormai tutto trasforma in spettacolo, inclusi i momenti più delicati della nostra vicenda umana.
Poi ho provato sdegno e forte preoccupazione per l’atteggiamento del presidente del Consiglio, per il suo attacco alla Costituzione ed alla Democrazia nel nostro Paese. Lo sappiamo bene, troppi politici italiani sono soltanto a caccia di voti e consensi per rafforzare il loro potere, altro non gli interessa. Ma anche disgusto nei confronti della gerarchia della chiesa Cattolica e le sue continue e pressanti ingerenze nella vita dello Stato. Ma in tutto questo Eluana e Beppino Englaro non c’entrano un bel niente.
Febbraio 12th, 2009 at 5:30 pm
Grazie Marta e Doc, spero proprio ci sia un prossima volta…
Febbraio 15th, 2009 at 6:57 pm
“E’ proprio dell’anima il logos che accresce se stesso”. Lo si potrebbe interpretare così: l’uomo ha un’anima nella misura in cui il suo logos si sviluppa? Ossia, anima non come punto di partenza ma di arrivo? estendendosi fino al Logos universale “cibernetico” teorizzato da Spinoza (ma anche da Dante: le anime del Paradiso non attingono più dal proprio bagaglio di memoria, bensì da quello globale condiviso, alias Dio. Per questo i beati danteschi non hanno “personalità” come i dannati dell’Inferno)
Febbraio 15th, 2009 at 10:01 pm
Il logos è uno e comune, scrive Eraclito. C’è di sicuro la percezione di qualcosa di universale, però è difficile poter precisare di che cosa intenda parlare il filosofo data la frammentarietà del suo testo. Certamente non era interessato, né poteva esserlo nel momento storico in cui viveva, alla personalità individuale: piuttosto il problema è quello della conoscenza.
Febbraio 16th, 2009 at 12:06 pm
ottimo, grazie. Appuntamento al prossimo “caffè filosofico” (qui a Perugia esiste davvero… ma non lo frequento)
Febbraio 17th, 2009 at 10:10 am
Molto male…. Nel caffé sta meglio la filosofia che lo zucchero!
Febbraio 17th, 2009 at 10:43 am
Cara Cristina, la mia impressione era che al Caffè in questione, più che filosofia, si facesse “cazzeggio”… e non credo che sarebbe una legittima traduzione di “logos” 🙂 Vero è che esisteva il termine equivalente “spermòlogos”, che non è una roba erotica come penserà il lettore non grecista.
Febbraio 17th, 2009 at 5:41 pm
Ei ei ei! Niente turpiloquio bel quì. Pazienza cazzeggio che oramai anche all’asilo, ma quell’altra no. Che poi zio ratzi ci fa tottò!
Comunque, già leggendo il Grande Semerano, che accostava la Sfera de L’Essere-tutto-pensante di Parmenide al logos di Eraclito, mi era balenato. Ora mi sembra più evidente: se è uno e comune, addirittura universale, alligna nell’anima ma non è l’anima, anzi le anime non attingono più dal proprio bagaglio di memoria, bensì da quello globale condiviso… non c’è dubbio: l’è lu, è il berlusca!
Febbraio 17th, 2009 at 7:18 pm
Eraclito mi ha comunicato attraverso il logos universale cui mi pregio di attingere: Finalmente uno ha capito! Bravo!
Ma questo cazzeggio è adatto a queste pagine?
Febbraio 17th, 2009 at 7:20 pm
🙁 🙁 🙁
Va bene, vado dietro alla lavagna e mi taccio
Febbraio 18th, 2009 at 10:31 am
Accipicchia. Ho toccato i fili dell’alta tensione. Almeno così sembra dalle mail che continuo a ricevere (otto ad oggi) in cui mi si accusa di: A) trattare con leggerezza e superficialità temi seri e pregnanti. B) Mancanza di correttezza (sic) e sensibilità per chi redige certi articoli che implicano anche un coinvolgimento personale. Mi scuso. Volevo “solo” scherzare sull’argomento “Dio”. Scherza coi fanti…
Febbraio 18th, 2009 at 10:47 am
“E chi ti avrebbe autorizzato?”
(firmato) Dio
p.s. se io, Dio, sono la memoria universale, sono ANCHE dentro di te. Tratta bene il tuo corpo, come dicono le pubblicità dei centri fitness. Does it fit?
Febbraio 18th, 2009 at 6:22 pm
Occhio mym, il 17 febbraio è un giorno pericoloso per chi ha il vizio di scherzare su Dio.
(Firmato): Giordano Bruno
Febbraio 18th, 2009 at 10:32 pm
Caro mym, secondo me Dio ti ha perdonato: sei andato dietro la lavagna, hai abbassato gli angoli della bocca… Quali segni di pentimento possono essere più convincenti?Sempre secondo me, per questa volta hai evitato il rogo… anche se il perdono degli uomini è più lento.
Febbraio 18th, 2009 at 11:12 pm
M’ym-lumino d’immenso. (firmato: Lucifero, etimologicamente preso)
Febbraio 19th, 2009 at 1:52 pm
Per questa volta? Bene. Siccome è sempre questa volta … Però, così, tanto per dire, com’è che tanta gente prende le difese o interpreta il pensiero di dio? Non è per dire: se si tratta di atei vuol dire che smargiffano. Se si tratta di credenti: al rogo al rogo!
Febbraio 19th, 2009 at 2:18 pm
Bella domanda. Speriamo che qualcuno di questi difensori e/o interpreti voglia risponderti su queste pagine, e aspettiamo…
Febbraio 19th, 2009 at 4:34 pm
Se Dio è il famoso Logos universale (ecco, tutta colpa di Cristina!), per definizione “parla” attraverso tutti.
Se Dio viceversa non esiste, se qualcuno parla a Suo nome, Lui non può offendersi. Q.E.D.
(p.s. dimostrazione di Spinoza per l’esistenza di Dio, Etica, I, 11: Dio esiste perché nessuno glielo può impedire)
Febbraio 19th, 2009 at 6:42 pm
Elamadò…. Se esiste tutto ciò che non si può impedire come mai non ti si gonfia il naso per il pugno che non puoi impedire che esista? Eppoi, ammesso e non concesso che parli, ma proprio con me se la doveva prendere?
Febbraio 19th, 2009 at 7:04 pm
infatti, se mi arrivasse “effettivamente” un pugno, il naso subirebbe quel genere di processo somatico. in questo momento però lo IMPEDISCE la distanza (thank God for creating distance).
Poi, mica ce l’ha con te: se è il Logos universale, ha preso in giro Se stesso per bocca di una parte di Se stesso chiamata mym.
Febbraio 19th, 2009 at 7:24 pm
Di qualcosa sono sicuramente colpevole, ma non di aver stabilito che logos=dio… Anche se devo ammettere che, ammesso che egli ci sia, non poteva scegliere voce migliore della mia per esprimersi alla comprensione dei vostri nasi!
Febbraio 19th, 2009 at 9:44 pm
Infatti. Noi PENSIAMO (logos) molto più con il naso che con il cervello. Parola di Friedrich Nietzsche.
Febbraio 20th, 2009 at 1:01 am
Per sostenere quella affermazione bisogna partire dal presupposto che l’olfatto è considerato normalmente il più ‘antico’ dei sensi, sennò non è che stia tanto in piedi. Quindi Nietzche aveva memoria lunga e fa risalire i primi mattoni del pensiero alla sensazione olfattiva, direi. Ma mi vien da pensare che il tatto dovrebbe essere, a rigor di logica, più antico dell’olfatto; quantomeno nell’aspetto di sensazione propriocettiva, in quanto non presuppone neppure un’esterno. Vista così, è l’essere-ciò-che-siamo – cioè la sensazione propriocettiva ‘base’ – che ci fa pensare prima, e quindi più, del naso o del cervello.
Scusate il cambio di prospettiva.
Febbraio 20th, 2009 at 7:31 pm
Bravo doc! Così, cantagliele chiare a quel todèsch, che poi anche Canetti diceva che il tatto. E Canetti è Canetti, eh!
PS: me la posso prendere con le puzze di Nietzsche o succede un patatrac come quando me la son “presa” con Lui…?
Febbraio 21st, 2009 at 12:38 pm
Ah, beh! meno male che mi legittima il sig. Canetti…Sennò…
Senza un accredito eccellente, chi si osa più banfare!?
Febbraio 21st, 2009 at 3:30 pm
non fatemi dire bestialità, oggi che compio 40 anni
Febbraio 21st, 2009 at 4:43 pm
Be’, già questa non è male… 🙂
All’epoca che fu si diceva di non fidarsi di nessuno che avesse più di trent’anni. E dico poco se dico poco.
Comunque poi non accusate me di eccesso di cazzeggio
Febbraio 21st, 2009 at 5:08 pm
Chissà perchè la vocazione segue tutto questo iter lungo, formativo e complesso quando si tratta del genere maschile. Le vocazioni femminili sono ancora nell’ombra: siamo inadeguate noi all’ Istituzioni o sono loro che sono inadeguate a noi?
Devo dire che almeno nel campo della mistica cristina possiamo trovare qualche “importante” figura femminile .. ma per quanto mi sforzi, non riesco a trovarne nè nel buddismo, nè nell’ ebraismo ecc. Ciò mi fa sorgere un “serio” dubbio: non è che la religione sia ancora “un affare” da maschi? E, di conseguenza, la femminilità, dal punto di vista religioso, è un’utopia verso cui tendere o …qualcosa da evitare?
Ciao a tutti
Febbraio 21st, 2009 at 5:19 pm
Tra i sutta del Tipitaka (e sono migliaia) ve n’è solo uno la cui redazione è attribuita ad una donna, l’Itivuttaka. Tra i sutra mahayana neppure uno. L’unica analisi fatta veramente bene da me trovata sino ad ora sull’argomento “la religione è una “cosa” da maschi?” l’ho ascoltata (per bocca di una donna) nella scena finale de Samsara, quello che a mio vedere è il miglior film buddista prodotto ad oggi. Forse è possibile meno perigliosamente rispondere al quesito finale, ovvero se “la femminilità, dal punto di vista religioso, è un’utopia verso cui tendere o …qualcosa da evitare”. Io direi da evitare, come ogni genere, maschile, bi, tri ecc. Quel poco che ho capito di religione mi porta a dire che è uno dei pochi luoghi sufficientemente profondi da potersi dire androgini o asessuati o dove non ci sono (più) differenze neppure di genere. Interessante, comunque, che sia una donna a scrivere sul “mestiere di prete” e ancora una donna ad aver scritto un commento a questo post
Febbraio 24th, 2009 at 9:48 pm
Ciò che io sono e posso non è affatto determinato dalla mia individualità.Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne.E quindi io non sono brutto,perchè l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva è annullata dal denaro.Io sono un uomo malvagio,disonesto,senza scrupoli,stupido; ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo
possessore.Il denaro è il benbe supremo, e quindi il suo possessore è buono.Io sono uno
stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le coe, e allora come potrebbe essere
stupido chi lo possiede?Inoltre costui potrà sempre comprearsi le persone intelligenti, e
chi ha potere sulle persone intelligenti non è più intelligente delle persone intelligenti?Io che col denaro ho la facoltà di procurarmi tutto quello a cui aspira il cuore umano non possiedo forse tutte le facoltà umane?E se il denaro è il vincolo che mi unisce alla vita umana, che unisce a me la società, che mi collega con la natura e gli uomini, non è il denaro forse il vincolo di tutti i vincoli? Non può esso sciogliere e stringere ogni vincolo?E quindi non è forse anche il dissolvitore universale?Esso è tanto la vera moneta spicciola quanto il vero cemento, la forza galvano-chimica della società. In quanto moneta corrente il denaro è ricchezza.In quanto gforza galvano-chimica che struttura tutte le relazioni sociali il denaro è sistema. Che me ne faccio dell’illuminazione se non ho denaro?Per questo la nolontà o l’etica della rinuncia non è più percorribile.E sul cristianesimo che dire?Il suo colpo di genio fu la carica di ottimismo impresso all’occidente grazie alla vittoria sulla morte con la promessa di una vita ultraterrena.Ma io non sono cristiano, o per intenderci sono pessimista e il pessimismo lo apprendo da mestesso, non me lo insegna nessuno.Jai guru deva (om).
Febbraio 26th, 2009 at 12:10 pm
Jai guru deva om. Mi riporta ai Beatles, tanto tempo fa. Invece la galvano-chimica ai “Gatti di Vico Miracoli”: Travaiava alla foto galvanica, el crediva n’tel bum economico, el disian ch’era filobolscevico, perché andava a dormire alle tre…
Uno dei meriti del pezzo di Uchiyama presentato nel post è il tentativo (alchemico? Galvanico?) contrario alla norma comune: trasformare il denaro-potere in mezzo di sussistenza mondato, puro. Per fare ciò, propone l’atteggiamento della questua: basare (anche) la sopravvivenza economica, materiale, su un atteggiamento privo della coltivazione del desiderio, indirizzato alla gratuità. Secondo il principio del Vinaya: non impossessatevi di ciò che non vi è stato liberamente e consapevolmente dato. Non cercate di ottenere null’altro che il necessario ad una vita volta alla pratica religiosa.
Febbraio 26th, 2009 at 2:07 pm
Se ho ben inteso, concordo.
Ne consegue che: A) la questua come mezzo per la sussistenza, è una attività economica come qualunque altra (per evitare equivoci verbali consideriamo solo quelle che i testi legittimano a cortollario del ‘retto sostentamento’). B) che quello che fa la differenza nelle attività ‘economiche’, cioè finalizzate alla sussistenza, non è il ‘cosa’ ma il ‘come’, cioè l’atteggiamento indirizzato alla gratuità o al non-tornaconto personale. C) che la questua è una ‘pratica’, un esercizio suggerito per comprendere ed imparare a praticare quell’atteggiamento. D) che, dato C, considerare la questua ‘il’ modo per sbarcare il lunario presuppone la scelta di non entrare a far parte attiva della società comune, con forte sospetto di ‘spocchiosità religiosa’.
Febbraio 26th, 2009 at 2:18 pm
Un aspetto che mi ha colpito maggiormente della questione denaro nel racconto di Uchiyama è la dimensione del tempo: tutti quegli anni vissuto e sofferti senza in realtà vedere ( neanche pensare )ad una fine nè a breve nè a lungo termine…. è tanto lontano da noi ( soprattutto occidentali )come attteggiamento, quanto l’uso del denaro…
E poi un cambiamento della sua “tecnica di questua” da chi è stato provocato? Non dalla pratica di zazen, non dallo studio.. ma da un colombo! Incredbibile!
A proposito, non mi ero accorta della possibilità dei libroline, è un bel servizio, grazie.
Febbraio 26th, 2009 at 4:13 pm
Ehilà, ciao doc. Dato che quando ho scritto il mio intervento non c’eri, ti rispondo …
Io personalmente sottolinerei la B), soprattutto considerando le necessità di allargare la “base” di coloro che intendono seguire le via. La “questua” come esercizio religioso lo vedo collocato in un determinato tempo e spazio in cui farlo era quasi una cosa consueta ( mi vengono in mente tutta la serie di questuanti di cui parlava ) forse adesso, in questo tempo e spazio, altri modi possono essere trovati per rispettare il principio di Vinaya.
Forse meno appariscenti ma ugualmente validi….forse..
Febbraio 26th, 2009 at 4:53 pm
Ciao Marta,
è vero che lo spazio-tempo cambia molte cose. Non a caso ci fu la svolta di quel patriarca cinese (il 7°,l’8°?…)che stravolse l’ormai anacronistico (ab)uso della questua coniando il motto: ‘un giorno senza lavoro, un giorno senza cibo’. Questa opzione, se la memoria non mi tradisce , salvò il buddhismo da una deriva gravissima e addirittura forse dal rischio estinzione in quelle lande. (Mym, fresco di ripassi, mi cazzierà e avrà la compiacenza di correggermi se i miei ricordi sono troppo appannati e distorcono la verità storica). Aggiungerei, a titolo personale, che paesi a regime tuttora ierocratico farebbero bene a riconsiderare certi eventi storici.
Febbraio 26th, 2009 at 5:07 pm
Spezzo il mio intervento in due parti per comodità di lettura.Non ti si può nascondere nulla caro mym,eh?L’attualità del marxismo è impressionante tuttavia dopo una giornata spesa a guadagnarsi il pane chi ha tempo e pazienza di studiare(e capire) le 1529 p. de Il Capitale?Meglio stordirsi con le boiate del GF9 e i proclami alla nazione del nostro ‘intelligente’ premier…Tuttavia l’ordinamento capitalistico è un’enorme cosmo, in cui il singolo viene immerso nascendo, e che gli è dato, per lo meno in quanto singolo, come ambiente praticamente immutabile in cui è costretto a vivere.Allora, per me, comunismo è il legame solidissimo che si crea in occasioni di catastrofi quando gli uomini si tengono stretti sull’orlo dell’abisso per affrontare il pericolo di essere. E qui si pone il problema del desiderio.Io desidero essere me stesso, voglio cioè unire carne e idee in quanto il problema dell’incarnazione mi ricorda come ciò che si fece carne fu Logos. E allora se la giustizia è l’effetto del compimento della vocazione naturale di ognuno, cioè la misura di sé(Platone, Repubblica,cap.I), non desiderare di essere se stessi significa rinunciare ad essere un filosofo in senso ontologico per fingere di essere quello che non si è: un ens immaginarium.A me scorrono le lacrime dagli occhi (come Amleto) e domando: cosa fare se lavorando rinuncio al mio talento?(Oppure, cosa ho da guadagnare se conquisto il mondo e perdo me stesso?).
Febbraio 26th, 2009 at 5:08 pm
Across the universe…Se la cifra di questo secolo è la brevità solo la canzone riesce a inseguirla e a raggiungerla, essa di brevità se ne intende.La canzone è un occhio puntato contro questo tempo: come uno gnostico il batterista punta l’arma e spara direttamente contro il cielo…Dio mi pesta a dovere e io gli canto in faccia.La musica, quell’occulto esercizio matematico dell’anima che non sa numerarsi, ha lo scopo di divertire.Nell’età del pessimismo, cioè la nostra, il divertimento è la risposta di chi sa.In questo stupido mondo ridere e divertirsi è la massima che dovrebbe figurare sul frontespizio di un’etica buontempona.Una buona etica (magari un’etica alla buona) si riconosce dal riso che concede.La musica è la risposta della nostra epoca al pessimismo più cupo.L’addio al mondo sarà cantato:”This is the end,beautiful friend..”. L’inno alla musica è un ringraziamento reso al godimento che essa genererebbe.Il suono ci lega alla vita.L’animo riluttante che vuole sfuggire ogni legame si sente catturato e in trappola.”Un’altra catena mi è stata legata,un altro chiodo mi è stato ribadito”lamenta il Buddha.Tuttavia una conoscenza approfondita del mondo può portare contemporaneamente al pessimismo e all’ottimismo(come comunemente si chiamano), al dolore universale e alla placida serenità.
Febbraio 26th, 2009 at 5:41 pm
Il lavoro è fatica e messa alla prova dei propri “talenti” (a parte quel minimo 99% dei casi in Italia in cui è semplice parassitismo).
Ora, sul secondo aspetto (la realizzazione di sé ecc.), per quanto suoni accattivante a noi padani, è tuttavia lecito sollevare qualche dubbio, perché può essere tutta un’auto-illusione.
Però quanto alla fatica, è lì che ci si deve confrontare con il samsara. E senza samsara, ciao ciao nirvana.
Febbraio 26th, 2009 at 5:43 pm
Direi che doc mette più di un dito nella piaga. Il fatto è che l’unico modo che il Buddha mostra per procurarsi da vivere è la questua. Il corollario è che allora l’unico modo per percorrere la via era quello monacale (in comunità o da eremita). Per di più la storia del patriarca cinese che disse “ogni giorno ecc.” è una doppia bufala: l’episodio è stato costruito (per motivi di necessità di copione) trecento anni dopo che Dai Daoxin (così si chiamava) era morto (probabilmente mai sognandosi di riformare la questua) e, clamoroso, in nessun monastero chan o zen (a parte Antaiji) nessuno ha mai lavorato se non in termini simbolici, rituali. Interessante (ciao dr) questa cosa di confrontarsi col samsara per “salvare” il nirvana.
Febbraio 26th, 2009 at 5:54 pm
Bè, homosex, meno male che alla fine la conoscenza può portare contemporaneamente sia il dolore che la placida serenità. Trovo sinceramente che fra il Capitale di Marx e i proclami del nostro premier ci sia spazio per qualcos’ altro ( almeno lo spero ). Tu per primo ci hai messo Platone, Amleto, la musica e pure il Logos… Scherzi a parte,credo che ognuno si sia trovato almeno qualche volta, a volte molto spesso, in un posto che non riconosce come suo e pertanto si sente “fuori” da se stesso ( neanche Uchiyama si sentiva tanto al suo posto ad essere un questuante, per un certo tempo almeno…)ma questo non ritengo voglia dire non poter avvicinarsi al proprio sè…
Sarei d’accordo con te sull’ importanza della musica, ma più che come risposta al pessimismo come segnale di continua speranza. Cosa vuoi sono un’inguaribile ottimista.
Febbraio 26th, 2009 at 10:44 pm
Perdonate la lunga assenza ma quando il capo chiama…e poi tornato dal lavoro ho avuto problemi di connessione (solo per questo sito,mah!).Non è la fatica che mi spaventa quanto appunto il talento, la vocazione, il demone (daimon) da cui sono posseduto e che non può esprimersi.Detta meglio: sono un pessimo avvocato ma (potenzialmente) un pensatore capace di usare la filosofia in modo geniale.Rivendico il diritto al lavoro, ma ad un lavoro che non sia parassitario(per fare l’avvocato la competenza giuridica è irrilevante,basta sapersi vendere, una bella cravatta,un abito di buona fattura e una dialettica mendace sono più che sufficienti e di simili avvocati i tribunali ne sono pieni!). Allora amici tutto ciò che posso concedermi è stare insieme e filosofare insieme per un breve momento!Oltre non credo possano andare le ambizioni di un fugace ragionamento.Sempre più gli effetti del filosofare si vanificano e ogni dialogo è un dialogo infelice.Tuttavia parliamo?Allora scrivo di filosofia, perdonatemelo,è un lusso che con il lavoro che svolgo non mi concedo (quasi) mai.Sulla questua credo che si addica ad asceti che mortificano carne e spirito, mentre io,che non voglio mica farmi il suv, desidero vivere, ebbene?Nei prossimi brevi interventi spero di spiegarmi meglio.
Febbraio 26th, 2009 at 10:44 pm
Apprendo dai Lineamenti di filosofia del diritto (Hegel):il meglio non è altro che la realtà così com’è.Ciò che mi meraviglia è l’impossibilità di sottrarmi alla costrizione logica.I fatti logici sono fatti bruti e nulla c’è di vitale in una logica che costringe.Al mio sguardo ogni relazione causale è data come un nesso tra incubi.Se la ragione non è che un sistema nervoso, le sue Idee sono solo ambivalenti barriere che con la loro efficiente pazzia difendono l’individuo da qualcosa di peggiore e l’idea di Mondo è l’idea di qualcosa che ha vinto e che, per conservarsi, deve continuare a vincere.(L’idea di qualcosa che fa continuamente vittime).Ora, il dolore non deve mai presentarsi da solo se non vuole restare inefficace, ma deve armarsi di tutte quelle regole della retorica che non lasciano la sofferenza trascinarsi come un miserabile patire, ma la ingabbiano in un sistema di nessi non meno rigoroso di quello formato dai concetti di una scienza logica.La vulgata pessimista(che include Schopenhauer,il Buddha d’Occidente) non rende onore al PESSIMISMO perché indulge ai lamenti del soggetto sofferente e tosto seguono pianti e lamenti e un dolore da gabinetto dentistico.(Tuttavia è vero, autentico soggetto chi soffre.Oppure sofferenza e lotta:pessimismo greco, corpi atletici e mano alle spade…pessimismo del futuro).
Febbraio 26th, 2009 at 10:45 pm
Il pessimismo, o meglio, il Peggio, appartiene all’immaginazione filosofica.Nessun ente corrisponde a questa parola.Ma il Peggio accade.Una volta accaduto, accade ciò che dice.Qualunque che sia il suo statuto ontologico, è quando lo si pronuncia che prende esistenza, come se la aspettasse da millenni.Le parole del genio della lampada gli si addicono: ho aspettato migliaia di anni etc.etc.Esso entra nel pensiero e il pensiero diviene fido depositario.La vita meschina dei più o il dolore di una decina di Werther non sono ancora pessimismo, così come la felicità di chi ‘sta meglio’ o quella degli stupidi non sono ottimismo. Allora come può esserci un pessimismo felice?
Febbraio 26th, 2009 at 10:45 pm
In quegli atteggiamenti che comunemente si chiamano pessimismo e ottimismo il dolore è necessario e insufficiente insieme.La fessura del dolore tuttavia sembra faccia entrare l’uno e l’altro.Permane l’avvertimento di Platone:”…all’uomo non conviene considerare, riguardo a se stesso e riguardo alle altre cose, se non ciò che è l’ottimo e l’eccellente, e inevitabilmente dovrebbe conoscere anche il peggio, giacchè la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima”(Fedone,97 d).Allora il filosofo pessimista vulgaris è semplicemente un illuminista fallito, o uno che, pur avendo lo sguardo al pessimum, cammina tuttavia di buon umore recando doni e promesse, fossero pure il ‘nulla’.Il pessimismo invece lotta per il suo futuro.Nel Fedone Platone induce a pensare che il meglio e il peggio in qualche modo si appartengano. Come se avesse voluto dire che il meglio che può toccare al mondo è il peggio per cui esso è.O più sommessamente:il pessimismo è la ‘migliore’ filosofia per coloro che abitano il ‘peggiore’ dei mondi.(Del resto che non ci sia niente di peggio del mondo non si deve dimostrare).
Febbraio 26th, 2009 at 10:46 pm
Una nota pseudobuddista.(Oppure sul ‘buddismo del futuro’ o che so io….).La tecnica mi sembra una specie di rinuncia, una specie di nirvana di tipo occidentale.L’uomo inventa la macchina per sfuggire alla vita. La pace della ‘macchina’, la pax tecnica, è questa immensa quiete davanti allo schermo.L’era della vita, che si pensò interminabile, e su cui vivono tuttora strani pregiudizi, finisce.La tecnica è la rinuncia dell’uomo maturo alla vita selvaggia per farsi impassibile macchina.La tecnica è la via occidentale del nirvana.Lo spirito della tecnica non è lo spirito diabolico né la cieca fede attivistica.L’uomo-cosa è esaltante come il vuoto mistico, e il suo sangue è freddo come sangue di serpente.Ci laveremo con esso e ne avremo refrigerio.Ecco il nuovo modo di essere e di avere a che fare con se stessi.Il processo di ‘macchinizzazione’ del sociale è impegnato a far sparire il vitale.Il collegamento della tecnica col pessimismo mondiale non viene individuato.Questo pessimismo non frigna.Ha altro da fare.Non mira all’annullamento come soluzione individuale, come autorinnegamento della volontà, tipico della fase neobuddhista.Questo pessimismo è trapassato nella realtà, si è oggettivato.Il pessimismo decifrato deve decifrare i suoi duri passaggi, non la rassegnazione dell’uomo desolato.Esso ormai rifugge dalla volontà, che ha fallito la propria negazione.Ma spia l’annullamento realizzarsi nelle cose.La tecnica mi appare come il compiuto processo dell’annullamento della volontà sfuggito alla volontà individuale.L’assimilarsi alle cose realizza la nolontà, fallita sul piano individuale.Le cose sono nolontà coagulata.Il vecchio racconto di Schelling – “…nelle cose dorme uno spirito gigante…”- esalta il momento in cui lo spirito si sveglia e riconosce nelle cose se stesso.Ma è tempo, pare, che lo spirito torni ad addormentarsi in esse, e s’acquieti in un sonno senza sogni.Appena scosso da impercettibili movimenti che indicano il palpitare tranquillo del suo cuore.Un caro saluto a tutti.
Febbraio 27th, 2009 at 5:07 pm
Per questa volta è andata. Ero pure assente… Dalla prossima ti censuro. Non per quello che scrivi -a parte le bizzarrie erpetologiche- ma perché 1) vai costantemente e consapevolmente fuori tema, 2) occupi tutto lo spazio. Se ti accontenti di essere fuori tema ma lasci che altri si esprimano prima di continuare ben, altrimenti: taglio. E se altri non si esprimono? Allora vorrà dire che la “discussione”, per quella volta, è finita.
Febbraio 27th, 2009 at 9:49 pm
Prendo atto di questo irrigidimento e me ne dispiaccio.A mia discolpa preciso che il mio era un tentativo, assolutamente ingenuo, di ravvivare un post interessante(per me) ma che non decollava.Ho cercato di seguire un filo logico economia-guadagno,politica-religioni non pensando che eventuali uscite dal tema potessero scatenare addirittura la censura.Rilevo,senza voler polemizzare e proprio perchè nella vita assomiglio molto più a un Candido che a un Faust,che nel post su Eraclito si passa disinvoltamente dal logos alle puzze di Nietzsche…Dunque anch’io finisco dietro la lavagna sperando nel perdono e magari, col tempo, di imparare un pò di etichetta ‘cibernetica’.
Ciao
Febbraio 28th, 2009 at 11:34 am
Chi è senza peccato… Insomma: dietro alla lavagna c’è (ci dovrebbe essere) più gente che davanti. In altre parole: a chi la tocca la tocca. Ciao
Marzo 5th, 2009 at 2:40 pm
C’è anche chi si adopera alacremente per non modificare la fantasia con la realtà. Sua Emittenza docet.
Marzo 5th, 2009 at 5:01 pm
Sì, in effetti questo è il “lato laico” della cosa, o il suo uso politico. È anche vero che la notizia di una cosa è, in qualche misura sempre una finzione: o distorce o comunque non esaurisce la cosa. Ma quando ciò che deve essere rappresentato, per esempio il potere politico ed economico, e il mezzo di rappresentazione -per esempio Mediaset e parte della Rai- sono praticamente la stessa cosa, ecco realizzato, al rovescio, uno degli slogan del ’68: “La fantasia al potere!”, ossia: la finzione è al potere.
Marzo 5th, 2009 at 6:02 pm
Sì, però ciò che non è “strutturato da noi” manco è percepito. O mica esisterà una “realtà vera” da scoprire “dietro” le nostre percezioni? Il teista dirà: “certo, la realtà come la percepisce Dio!”. Ennò, cocco, senti cosa risponde Leibniz: Dio non ha il “vero” punto di vista, ma “tiene presenti simultaneamente infiniti punti di vista”. tutti validi.
Marzo 5th, 2009 at 6:16 pm
Mmmm. Il “non ricoprire” (che cosa? Ogni cosa ricopribile) con le nostre fabbricazioni ha due campi di fruizione: quello relativo e quello non relativo. Nel primo si tratta semplicemente di non depistar(ci) dalla perfetta ignoranza: non so che cos’è, in realtà, né questa cosaqqua su cui batto cosìcché sul video appaiano queste parole, né che cos’è (chi è?) che sta battendo… Men che meno so come fa questo qui, detto me, a battere sui tasti. L’aspetto non relativo è che il perdere (o non aggiungere) è per non ritrovare.
Marzo 5th, 2009 at 6:21 pm
Hmmmmm, convince e non convince. “Non so cos’è questa roba qui” però a pranzo ho usato la forchetta per prendere i fusilli, e non viceversa. Idem mia moglie. La “distinzione cosale” ha funzionato ben due volte, anzi (ovviamente) milioni di volte.
Marzo 5th, 2009 at 6:24 pm
Fuochino… Non ho detto che non so come si chiama la tastiera del PC o che non la so usare…
Marzo 5th, 2009 at 8:02 pm
Ma certo che la femminilità è un qualcosa da evitare!! Quantomeno da un’ottica maschilista… Si può affermare anche l’esatto contrario, se come punto di osservazione e valutazione scegliamo invece quello femminista. Ma entrambi non sono altro che i due “inutili” opposti! Sottoscrivo quanto affermato da mym, ossia che la religione sia un ambito sufficientemente profondo da poter dire che non vi siano più differenze neppure di genere. Affermazione interessante…
Marzo 5th, 2009 at 9:43 pm
beh ma allora il caso è chiuso, ispettore. Ogni cosa “è” nella misura in cui avviene un’interazione transeunte. Non esitono oggetti “fissi”.
Marzo 6th, 2009 at 5:31 pm
Né aperto né chiuso, direi, in assenza di caso. Torniamo all’inizio: chi vede un’ascella all’apertura del video è sano? Chi vede una donna nuda no? Questo è proprio il caso che non c’è. Il video è una metafora, non un test. In “ambiente buddista” si tratta di lasciare l’illusione. In altre parole l’invito è ad accorgersi del sogno. Imho, solo chi è morto non sogna.
Marzo 6th, 2009 at 8:24 pm
Quella gran f… dell’ascella 😛
Marzo 16th, 2009 at 10:17 pm
Certo, bisognerebbe capirci sul significato della parola “religione”, ma penso che la discussione sarebbe piuttosto lunga. Vorrei essere però un po’ polemica: non è che a forza di stare sul “fondo”, si corra il rischio di dimenticarsi di quello che succede in “superficie” dove le differenze di genere e d’altro hanno un’ influenza decisamente marcata?
Negare le differenze ( sia pure sul piano religioso ) non favorisce, in qualche modo, il mantenimento di uno status quo, dove la dimensione religiosa della vita ( che prevede rispetto, condivisione ecc. ) sembra talvolta essere un lusso per pochi?
Marzo 17th, 2009 at 8:50 pm
A me sembra che nella religione, come in qualsiasi altro ambito cui ogni persona si impegna con tutto il suo essere, proprio per questo siano di gran peso, anzi determinanti, le caratteristiche dell’essere stesso. In questo caso, essere donna o essere uomo: non è un particolare insignificante, “io” sono donna o uomo al 100 per 100, quindi sono “donna di religione” o “uomo di religione” al 100 per 100. E quanto più profondamente sono una cosa, tanto più profondamente sono l’altra…
Marzo 18th, 2009 at 9:20 pm
Se non ho capito male, ogni persona porta con sè, inevitabilmente, nei vari ambiti, tutto ciò che fa di lei quel che è, e quindi anche il suo genere. E sono d’accordo, ma questa potrebbe essere solo una differenza individuale tra le altre… oppure il fatto di essere donna o uomo porta con sè delle caratteristiche, a prescindere quasi dalla singola individualità? …
Personalmente non mi piace parlar per categorie, però talvolta è difficile non farlo, non fosse altro per cercare di evitarle almeno nelle dimensioni più “vitali”…
Marzo 18th, 2009 at 10:14 pm
Si, hai capito bene. Naturalmente non sono in grado di generalizzare, e nemmeno mi piacerebbe farlo: mi sento di parlare solo per me. In questo caso, di sicuro sono “donna”, qualunque cosa io faccia o dica o pensi: non so se ci sia differenza tra quello che, in un determinato ambito, faccio, dico, penso io “donna” e quello che nello stesso ambito farebbe, direbbe, penserebbe un uomo… non ho mai provato a essere uomo! Però ci sono delle divergenze comportamentali, cioè derivanti da una diversa lettura della realtà, facilmente riscontrabili, che credo si possano attribuire genericamente alla differenziazione sessuale. E’ chiaro che questo non intacca minimamente l’individualità, ogni essere umano è comunque “altro” da ogni altro essere umano. Unico, inimitabile, irripetibile.
Marzo 19th, 2009 at 4:47 pm
Sono fondamentalmente d’accordo con te. Ma se noi proviamo a tornare nel fondo dell’ambito religioso da cui siamo partiti, non è che alla fine queste (indiscutibili) divergenze comportamentali “diventino” solo parziali punti di vista? E quindi come tali da superare?
Tu dici, giustamente, che si rimane donna o uomo qualunque cosa si faccia…
Però quando mi siedo in zz non mi “sento” donna, quindi, in qualche modo, in questo caso almeno,le differenze non influenzano un modo di essere…
Mi verrebbe da concludere che ci sono livelli diversi anche in ambito religioso. Credo che un prete- donna ( o un suo equivalente in altre realtà religiose )sarebbe sicuramente diverso da un prete-uomo e ciò sarebbe, a mio parere, una ricchezza, per svariati motivi, che vanno al di là di un approccio maschilista o femminista..
Andando più a fondo, dato che l’essere religiosi non si esaurisce certamente nell'”abito”..forse non ha più senso parlare di differenze…
Marzo 20th, 2009 at 12:48 pm
Mah, io non sono così addentro nella pratica religiosa da poterne parlare con piena cognizione di causa. Tuttavia, c’è in me la convinzione che, anche quando sono seduta in zz e nella mia mente c’è il vuoto, questo vuoto sia diverso da quello di chiunque altro… anche o proprio perché è diverso il “pieno” che sta dall’altra parte e delimita, definisce il vuoto. O forse perché, se il non essere è, allora anche il non essere è condizionato dalla stessa soggettività che condiziona l’essere, cioè l’ umana conoscenza dell’essere. Ma con questo mi accorgo di sconfinare clamorosamente dall’argomento iniziale rischiando inoltre di dire troppe stupidaggini: meglio che smetta salvando la dignità… e prima che qualcuno commenti: discorsi da donne!
Marzo 20th, 2009 at 5:27 pm
Haa haaa! Ma allora C’È un poco di resipiscenza nell’animo femminile, almeno quando le sparano grosse… Le diversità del vuoto. Effettivamente quando non c’è nulla questa assenza È un po’ colorata da ciò che la circonda. Mi ricorda quella del Negroni: “Mi prepara un Negroni senza fettina d’arancia, per favore?” “Mi spiace signore, le fettine d’arancia sono terminate”, “Pazienza, me lo prepari senza fettina di limone allora.” 🙂
Marzo 20th, 2009 at 10:24 pm
Ci avrei giurato su quanto “tu” hai di più caro che quello che sarebbe intervenuto in proposito saresti stato tu, però la storiella del Negroni io la sapevo al contrario!
Marzo 21st, 2009 at 11:38 am
[36]Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [37]Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. Mt, 5.
La storiella del Negroni al contrario? Wow! Dev’essere bellissima. Comunque, quello che intendevo dire, in sintonia con Matteo, è che certi argomenti non vanno presi alla leggera. Le ipotesi buttate lì su ciò che è al cuore della vita spirituale delle persone quando vengono prese in modo… umoristico occorrerebbe ringraziare: potevano arrivare scrosci ben più sonori.
PS: il Negroni prevede una fettina d’arancia nella sua ricetta base. Chiedere un Negroni senza fettina di limone, anche in assenza di limoni, di regola, non sortirebbe lo stesso risultato.
Marzo 21st, 2009 at 9:08 pm
A questo punto, se ribatto mi comporto da petulante; se non rispondo, da indifferente e maleducata. Qual è il male minore? Forse un brindisi a suon di Negroni senza la scorzetta di cedro?
Marzo 22nd, 2009 at 11:58 am
Noooo! La scorza di cedro non ci sarebbe comunque. Sarebbe come chiedere un Negroni senza un topo dentro…
Però, in quello che diceva Cristina c’è una parte di “vero”, inteso come reale. Per questo, o partendo da questo, le sue conclusioni eccentriche hanno una base che condivido. A volte succede.
Il fatto a cui mi riferisco è che durante zazen il ritorno a me in quanto non-me (e perciò privo di qualità o attributi) è appunto un ritorno. “Ciò” da cui torniamo è maschio, femmina, ambedue ecc. come pure è questa persona e non un’altra. E questo è parte integrante della pratica, non è una deviazione. Per cui si può dire che durante la pratica religiosa profonda uomo donna, ricco povero, giovane anziano hanno ancora senso, anche se è un senso negato, di cui ci si libera appena possibile.
Marzo 24th, 2009 at 9:34 pm
Il mio dubbio è che quello del Papa non sia un ragionamento logico puro, bensì riproponga quell’infausta condanna della sessualità naturale che è stata tetro strumento ideologico di potere e causa di tanta perversione, morbosità e veri e propri orrori sia nell’Istituzione medesima che nella società da essa controllata o influenzata.
Marzo 25th, 2009 at 12:28 am
Sì, certo: quel dubbio rimane anche a me. Tanto quanto mi rimane il dubbio sui veri obiettivi delle strategie dei nostri governi occidentali che, quanto ad infausto passato nonchè presente, anche in Africa, non sono secondi a nessuno.
Marzo 25th, 2009 at 12:34 am
Il dubbio ci rende liberi! (bella questa, no?)
Marzo 25th, 2009 at 1:34 am
Sei troppo buono, Aloisius, a chiamarlo “dubbio”. Fosse stato un funzionario del WHO a spiegare che i condom non sono la soluzione definitiva al problema dell’AIDS sarebbe stato un conto, ma un papa in viaggio ufficiale parla da papa, non da funzionario del WHO.
Certamente Benedetto XVI pur non avendo esperienza diretta sa tutto di questo argomento dal punto di vista scientifico, ma altrettanto certamente non sono le sue vesti pontificie ad essere le più adatte ad intavolare un discorso di strategie epidemiologiche.
@Doc: A me pare che il tema fosse questo, non tanto che Benedetto avesse ragione o no. Che il condom non sia la soluzione all’AIDS è assolutamente evidente. Ci vuole una sessualità matura e responsabile. Chiaro. Temo però che nella maggior parte delle lingue sub-sahariane il concetto “sessualità matura e responsabile” trovi difficoltà di traduzione. Nella lingua Alùr che conosco abbastanza bene escludo che ci sia modo di tradurre il concetto in modo intelligibile.
Peccato invece che il cieco e ottuso putiferio mediatico abbia fatto passare in secondo piano il vero argomento degno di nota, che finalmente anche il papa ha detto qualcosa contro le multinazionali e il profitto che non guarda in faccia a nessuno. Questa sì che era una notizia. Finalmente. Ma quasi nessuno se n’è accorto. E questa è vera ottusità. Da una parte e dall’altra.
Marzo 25th, 2009 at 10:17 am
Ciao Px, speravo proprio che dicessi la tua, da persona concretamente impegnata sul campo.
Prendendo anche spunto da quanto dici, aggiungerei una considerazione: per l’efficacia delle strategie di prevenzione è indispensabile che il messaggio, cioè l’informazione-educazione, sia reso comprensibile alle popolazioni locali. Concetti come retrovirus, pandemia, rischio, protezione, corretto uso ecc. devono essere quindi tradotti in lingua Alùr, o altra che sia, e riproposti secondo le modalità culturali del luogo in modo da renderli assimilabili a livello di massa. Per questo è prioritario formare gli operatori locali nel rispetto della loro cultura, affinchè siano in grado di svolgere efficacemente quel ruolo. Questo lavoro di informazione efficace non lo svolgeranno nè le multinazionali nè i governi dei paesi colonialisti che, come dici, sono motivati solo dal trarre profitto: solamente gli autoctoni potranno. E questo penso – o meglio mi piacerebbe pensare – sia il senso dell’espressione ‘se gli africani non si aiutano’ usata da papaRatzinger.
Qualche dubbio mi rimane sul fatto che il parlare da papa debba essere limitato ad alcuni ambiti, cosicchè, ad es., il parlare di prevenzione o di economia esuli dalle sue competenze e venga letto come indebita interferenza.
Marzo 25th, 2009 at 11:45 am
Caro Doc, come non darti ragione. Il punto vero di tutta la diatriba secondo me è che nessuno di loro si sporcherà le mani accompagnando per mano questa gente come avrebbe bisogno, e che in realtà tutta la faccenda è una sterile polemica pretestuosa.
Forse il tedesco Pastore (solo adesso noto la sottile e geniale ironia) poteva spiegare meglio, circostanziare, sapendo che le sue parole vengono soppesate con il bilancino. Magari si evitavano le polemiche, o magari no.
Certo, siamo tutti d’accordo che non si risolve il dramma dell’AIDS sommergendo l’Africa di preservativi, ma i preservativi aiutano senz’altro. In molte zone l’AIDS è talmente diffuso che è proprio un terno al lotto. Ci sono persone di ogni rango, estrazione sociale e moralità che se lo prendono. I comportamenti a rischio aggravano, evitarli aiuta ma non basta. Anche un preservativo può aiutare, e allora mandiamo anche i preservativi (con tutto il resto). Non si può pretendere che un continente diventi improvvisamente casto. Non è applicabile.
E poi è talmente drammaticamente singolare questa mescolanza di ambiti… morale, sanitario… una polveriera! Scegliere di avere un atteggiamento equilibrato e responsabile di fronte al sesso dovrebbe essere un passo che uno fa dopo averci sufficientemente ragionato, per sua intima convinzione, non perché altrimenti rischia la vita per motivi sanitari. E cavalcare la questione della moralità sessuale come soluzione di un problema vero, concreto, drammatico come l’AIDS è un atteggiamento intellettualmente scorretto, imho.
Ciao!
Marzo 25th, 2009 at 3:34 pm
imho?!? è una parola in Alùr?
Sembrerebbe tutto così ovvio…
Namu Kanzeon Bosatsu per l’Africa!
Buone cose.
Marzo 26th, 2009 at 12:38 am
no no, IMHO = in my humble opinion
afoyo (=grazie) per quella roba la’, capisco via google che e’ un mantra, ma non so cosa significhi.
venendo da te non puo’ essere che una cosa buona 😉
Marzo 26th, 2009 at 11:18 am
Una invocazione (onore a…) al bodhisattva Kanzeon (Kanzeon, Kannon in giapp.; Guanyin in cin.; Avalokitesvara in sans.)
< <… il grande bodhisattva che incarna la compassione…chiamato anche Lokanatha, “Protettore del mondo”…>> (Cornu, pag 38)
Il suo culto ‘compare fin dall’inizio del Mahayana in India come un bodhisattva che salva gli esseri che soffrono nel samsara…’
Emanazione del Buddha Amitabha, ‘si esprime in tutte le forme possibili per soccorrrere gli esseri senzienti’.
Invocarlo non può far male a nessuno.
Aprile 2nd, 2009 at 9:02 pm
feroce e stupenda
Aprile 2nd, 2009 at 11:26 pm
assolutamente, condivido. gianfalco – che ho conosciuto di persona – possiede una matita assai acuminata. quasi quasi potrebbe essere perfino buddista…
Aprile 3rd, 2009 at 8:38 am
che meraviglia il buddismo “cattivo”, ebbasta con ‘sto Dalai Lama che la mena sulla pace e la felicità
😀
Aprile 3rd, 2009 at 4:22 pm
Potrebbe essere “perfino buddista”? E perché non “donna” allora?
È abbastanza cattiva da essere buddista, questa? 🙂
Aprile 3rd, 2009 at 9:37 pm
Dal dizionario dei sinonimi: Donna = persona cattiva = buddista…
Aprile 4th, 2009 at 5:53 pm
Ho trovato il DVD sul sito videoteca videflash a questo indirizzo a 39 euro. http://www.videotecavideoflash.it/messaggidaforzesconosciute.htm.
Ma su e-bay.co.Uk si trova a circa 10 sterline. Non sono sicuro che sia in lingua italiana (comunque l’ho acquistato). Comunque ho impostato la ricerca con “silent flute DVD”.
Ciao
Aprile 4th, 2009 at 6:25 pm
Ho trovato il film a questo indirizzo e a al prezzo di 39 euro
http://www.videotecavideoflash.it/messaggi_da_forze_sconosciute_.htm.
Su e-bay co. Uk si trova a 10 sterline circa. L’ho appena acquistato. Non sono sicuro che sia anche in lingua italiana.
Ciao.
Roberto
Aprile 4th, 2009 at 10:53 pm
Da un palo alto cento piedi si esita.
Più facile fare un passo in più su un marciapiedi.
Un clochard o un ladro?
Si è fermato un autobus e ha aperto le porte,
sali?
Salta!!!!!!!
rocher
Aprile 6th, 2009 at 11:07 am
Ottima scheda.M sa vedere al di là, nella parte invisibile, ulteriormente; ma l’invisibile non è ciò che non appare, è il suo apparire che incarnato, non coincide né si esaurisce nella sua apparenza. La lettura è tanto più “esatta” in quanto estatica, eccessiva, ulteriore, alla ricerca del senso: non adeguazione all’oggetto ma rivelazione della “cosa” spirituale. In questo, in fondo, sta la sua originalità e la sua forza, di pensiero come di stile.
Aprile 7th, 2009 at 7:34 pm
Grazie. Sì, la scheda è fatta bene, merito di JJ. Bella l’idea che l’invisibile non sia ciò che non appare. Sei un entusiasta, si direbbe.
Aprile 7th, 2009 at 11:53 pm
WRONG.Il mio spirito sciamanico si desta in occasioni di catastrofi(Cfr.6.04.09 e 26,12.08). I was born with the wrong sign,in the wrong house With the wrong ascendancy.
Aprile 8th, 2009 at 11:26 am
Grazie della segnalazione. Però, che prezzo ha la curiosità…
Aprile 8th, 2009 at 6:46 pm
Visti i risultati, forse, allora, sarebbe bene che il tuo spirito sciamanico tornasse a quietare, magari a lungo…
Aprile 8th, 2009 at 10:53 pm
Oppure, data la sincronicità dei miei stati di trance in prossimità di una crisi, sarebbe bene prendere sul serio i profeti di sventura…
Aprile 8th, 2009 at 11:05 pm
E se un Dio non ci venisse a salvare?
Aprile 9th, 2009 at 1:46 pm
Be’, se citi i “testi canonici” non posso che essere d’accordo… 🙂
Aprile 11th, 2009 at 8:22 am
Mi è piaciuto molto questo commento. Mi ha dato l’impressione di un racconto elicoidale, dove dimensione profonda e quotidianità si intrecciano in piena armonia.
Aprile 12th, 2009 at 4:21 pm
Le aquile non volano a stormi.Mi hanno cacciato dalla scuola delle buone maniere…Delirio faticoso e avvilente quello del compilatore di grossi libri, del dispiegatore in 400 pag. d’un concetto la cui perfetta esposizione orale capirebbe in pochi minuti! Meglio fingere che questi libri esistano già, e presentare un ‘riassunto’ ,’un commento. Happy Easter.
Aprile 12th, 2009 at 4:35 pm
Caro Homosex, ti preferisco mellifluo e sognatore, sciamanico e visionario. Quando fai il cattivo non mi pari all’altezza: è in grazia di lenti e arruffoni lettori come (…omissis) che si fa l’improba fatica. Poi, quell’unico concetto non c’è e ciò che resta è il meno possibile. Allora si può parlare di buon libro.
Aprile 12th, 2009 at 4:56 pm
Ci sono due modi, almeno secondo me, di leggere un libro ( che non sia ricreativo ), o andando alla ricerca di quello che si sa già, o cercando di capire “ciò” che ci vuole dire l’autore, per integrarlo con le nostre conoscenze in modo da “ricombinare” il quadro con qualche pezzo mancante in meno.
A parte questo, quello che mi ha colpito maggiormente nei “testi canonici” dell’ autore è la modalità di interagire con “il lettore”, più esplicita forse nei primi testi ma sempre presente ed “energica” ( non mi viene un termine che mi renda meglio l’idea )anche negli ultimi due.
Questo, unito al linguaggio e allo stile usati, induce ( sempre dal mio punto di vista ), almeno durante una prima lettura, ad “arrivare in fondo”. Cosa abbastanza strana, trattandosi di argomenti non immediatamenti accessibili.
Aprile 12th, 2009 at 6:17 pm
Grazie Marta. È un gran complimento. Tu sei insegnante quindi…. ti è più facile capire questa cosa: quando fai lezione scrivi un libro ogni volta nella testa dei ragazzi. Farlo con la scrittura è più difficile perché non hai il contatto diretto. Si sopperisce anche con la fatica che ci deve mettere il lettore. Ma tecnicamente ho sviluppato quel modo nel rapporto con i ragazzi. È a quel rapporto, quindi, che ne va il merito.
Aprile 19th, 2009 at 12:24 am
Auguroni GS! e non dimenticare mai i maestri Zen della felicità coniugale: Raimondo Vianello e Sandra Mondaini.
Aprile 19th, 2009 at 5:28 pm
A nome della categoria: questa “immagine” dei maestri Zen, minimo minimo, è una sciapata. ! mym
Aprile 19th, 2009 at 10:13 pm
che roba è una “sciapata”? che barba che noia che noia che barba…
Aprile 19th, 2009 at 10:18 pm
Come dici quando alla pasta manca il sale? È sciapa! Il participio passato qual è? Scommetto che non sai nemmeno che verbo è… 🙂
Aprile 20th, 2009 at 1:26 am
e perché a Casa Vianello mancherebbe il sale, di grazia? lasciamo che a deciderlo siano gli interessati (e poi, semmai, razza di maschilista che non sei altro, hai detto che “si sposa l’amico GS” come se fosse da solo…)
Aprile 20th, 2009 at 1:37 am
Nooo, non si sposa da solo, o meglio la moglie sposa solo lui -questo sì- però per innata delicatezza e riservatezza non la nomino; sai, appena sposati, si glissa sempre un po’…
Aprile 27th, 2009 at 4:03 pm
Brindo con gioia a questa fine. Del resto chi desidera an EASY RIDE? E poi si sa,Buddha, il Divino,dimora nel circuito di un calcolatore con lo stesso agio che in cima ad una montagna o nei petali di un fiore.Agli ‘nostalgici’ propongo un tema: il bios dell’homo tecnologicus conserva la stessa verità d’espressione dell’homo naturalis?
Aprile 27th, 2009 at 5:25 pm
Grazie.
Tu sulle cose che scompaiono, muoiono, si estinguono ci sguazzi, eh!. Anch’io, in effetti.
Il bios non conserva nemmeno se stesso, a maggior ragione…
Però, per non lasciare a mezzo storie vaghe, la risposta è chiara: trovato il bios risolto l’arcano.
Aprile 27th, 2009 at 11:43 pm
Bè, a me dispiace, pur non essendoci mai stata presente fisicamente.
Forse sbaglierò, ma, a mio parere, si festeggia un inizio, non una fine, che comunque si voglia o si possa viverla, è sempre la fine di qualcosa… che come tale non è più…
Aprile 27th, 2009 at 11:49 pm
Ciao Marta. Capisco. Festeggiare la fine è un modo di esprimere il proprio apprezzamento per ciò che è stato, invece di rimpiangerlo. Permette di vedere il nuovo con occhi accoglienti. E il nuovo non temerà di essere visto.
Maggio 1st, 2009 at 10:15 am
La “dimensione eroica” di Edipo, qui proposta, ricorda la frase “Dobbiamo immaginare Sisifo felice” di Albert Camus.
Maggio 2nd, 2009 at 2:27 am
Rat-Man contro l’Uomo Lumaca.
Maggio 2nd, 2009 at 9:46 am
Pispole ragazzi, sarà che non ho fatto le scuole “alte” ma dei due commenti precedenti non ho capito nulla. Grazie comunque, sono sempre lieto se un articolo, un post, suscita commenti garbati. Sono garbati, vero?
Maggio 2nd, 2009 at 10:44 am
quello su Camus sì, assolutamente.
Maggio 2nd, 2009 at 11:40 am
Sono in sintonia con mym: nemmeno io ho capito niente. E sì che ci ho pensato tutta la notte… Ragazzi, mi volete spiegare? Grazie.
Maggio 2nd, 2009 at 2:30 pm
Appunto: come Edipo è vittorioso pur nella sconfitta, così Sisifo – secondo Camus (Il mito di Sisisfo) – è felice nonostante la sua condizione di condannato a trascinare in eterno un masso. Felice perché è cosciente di sé.
Maggio 2nd, 2009 at 7:02 pm
Sarà: se lo dice Camus… Per quanto risulta a me, Sisifo era un imbroglione che si divertiva a prendere per il… naso uomini e dei: quando questi ultimi ne hanno avuto le tasche piene, lo hanno mandato all’inferno. Che lì sia diventato cosciente di sé?
Maggio 2nd, 2009 at 7:15 pm
P.S. E poi, cosa ha che fare costui col povero Edipo il quale ha cercato senza riuscirci di contrastare un destino che lo voleva incestuoso e parricida?
Maggio 2nd, 2009 at 7:26 pm
… tocca leggere Camus, che gnucco non era. In ogni caso, sulla condizione “in vita” di Sisifo esistono tante versioni, più o meno irrilevanti: il punto cruciale è il suo “mito” eterno. Non riassumo Camus ma cito uno dei suoi filosofi preferiti, Nietzsche: “Perché nel divenire, negli errori ecc., facciamo consistere il dolore… e non la gioia?” (qualunque accenno polemico al buddismo era volutamente voluto)
Maggio 2nd, 2009 at 11:01 pm
Questo, cioè il quesito del filosofo, lo capisco, che io condivida o meno la risposta implicita nella domanda. Ma Sisifo… E’ vero che l’essere riuscito a ingannare gli dei è un merito non da poco – mi sembra che tutte le versioni del mito concordino su questo fatto anche se non sui particolari dell’inganno -, mentre continua a sfuggirmi il nesso colla vicenda di Edipo. Sono un po’ testona… chiedo una paziente sopportazione!
Maggio 3rd, 2009 at 8:02 am
Il nesso sarebbe in questo riscoperto valore positivo della tragedia. Il cristianesimo (spesso) fa consistere il proprio punto di forza nella “vittoria”: sul peccato, sulla morte… La ripresa dei greci invece dà valore alla “gloria del tramontare”.
Maggio 3rd, 2009 at 8:07 am
Un altro esempio: Marsia. Dante nella Commedia (Paradiso 1) lo considera simbolo di chi osa sfidare gli dèi e viene giustamente punito. Ma per i greci Marsia, nonostante la sua sorte – o proprio per quello – era un eroe.
Maggio 3rd, 2009 at 11:36 am
Cfr. Ivan Morris, La nobiltà della sconfitta, Guanda.
Maggio 3rd, 2009 at 11:56 am
Bang,bang!I miei interventi non sono mai garbati…Per capire il commento di dr ho fantasticato di un incontro pugilistico fra i due miti che mi hanno ricordato la titanica lotta tra rat-man e l’uomo lumaca(cfr.EdipoRe 1186-92) Ma “non” ho capito.GET STUPID.
Maggio 3rd, 2009 at 12:18 pm
Forse il busillo dipende anche dal fatto che non tutti i frequentatori del sito conoscono rat man e l’uomo lumaca. Chi erano (sono?) costoro?
Maggio 3rd, 2009 at 5:59 pm
Li ho scoperti per caso venerdì notte (video su Utube) e ho indirizzato l’oudience su questo caso fortunato. Ho riso molto nel vederlo.Get ready è una famosa canzone di Madonna il cui video è davvero esilarante(fonte sempre Utube). Ciao.
Maggio 3rd, 2009 at 7:26 pm
Grazie a dr, grazie a tutti. Anche a me Marsia è simpatico, mentre in quella storia apollo ci fa proprio la figura del… Ora io che sono documentata su questi tali mi sento avvilita per non conoscere rat man né l’uomo lumaca, e per non capire quelll’inquietante GET STUPID… vado subito a rimediare!
Maggio 3rd, 2009 at 10:06 pm
Non ti stancare troppo Cristina,sinceramente non c’è niente da capire…I miei cattivi capricci mi inducono a prender dimora in India, un mondo senza realtà che acquista senso solo nella dimensione sonora.TRY AGAIN(?)
…
Maggio 4th, 2009 at 11:39 am
Bada a te! Se continui a scrivere in inglese ti spernacchio! (faccina: non sono capace di inserirla)
Maggio 4th, 2009 at 2:14 pm
ok.Passo e chiudo.
Maggio 4th, 2009 at 9:40 pm
Dimmi almeno cosa significa TRY AGAIN… se no, non posso dormire!
Maggio 4th, 2009 at 9:54 pm
Concordo. Consiglio agli amanti del genere canon rock final dell’adolescente Mattrach(solita fonte).
Maggio 5th, 2009 at 10:18 am
Vero, Mattrach è forse più bravo di Sungha Jung. Ma anche meno simpatico.
Maggio 5th, 2009 at 10:20 am
Ragazzi, questa non è una chatroom…
Maggio 5th, 2009 at 4:59 pm
The screens turn pale
the sexual freak passes throught
THE DOOR OF SUPREME FRIGHT locked
Maggio 5th, 2009 at 5:04 pm
E.R. –
the screens turn pale
the sexual freak passes trought
the door of supreme fright –
Maggio 5th, 2009 at 7:58 pm
la risposta esatta era “Huisc… Huiusc… / Huisciu… sciu sciu, / Sciukoku… Koku koku, / Sciu / ko / ku.”
Maggio 5th, 2009 at 8:36 pm
chiedo sorry ai professionisti dell’haiku, è stato un refuso di collera.C’è qualcuno che ritiene il mio inglese non all’altezza della situazione…
Maggio 6th, 2009 at 10:16 am
1) Non vi “appiccicate”
2) Fatevi capire
Grazie
Maggio 6th, 2009 at 12:29 pm
oh basta là, ma il mio inserto conteneva DAVVERO la risposta esatta. basta risalire alla fonte (abbastanza nota, peraltro).
Maggio 6th, 2009 at 7:48 pm
Lasciate-ci divertire.
dr. ama Palazzeschi.
homosex ama Battiato(cfr. la porta dello spavento supremo,CD X stratagemmi 2004)
Maggio 6th, 2009 at 8:11 pm
Ottimo. Per la verità anche dr amava Battiato (andando un suggestivissimo concerto alle Terme di Caracalla) prima che il cantante cominciasse a prendersi troppo sul serio. Quindi ho dirottato su autori come mym e Alan Lasting.
Maggio 6th, 2009 at 9:43 pm
Beh, volendo continuare la ‘sfida’ a chi ride di più, spengo il Cd di Battiato, chiudo la connessione e me ne vado in giro a fischiettare la camnzone della galassia.A bien tot.
Maggio 7th, 2009 at 12:15 pm
Emmenomale che hanno chiuso i manicomi… 😉
Maggio 7th, 2009 at 3:35 pm
“L’unica differenza tra me è un pazzo, è che io non sono pazzo ” (Salvador Dalì)
Maggio 8th, 2009 at 7:49 pm
Che stia attento. Edipo finì male…
Maggio 9th, 2009 at 10:55 am
ma non si era detto che Edipo era un eroe??
Maggio 9th, 2009 at 11:51 am
Si, Edipo si autopunì trafiggendosi gli occhi non appena giunse alla consapevolezza delle proprie azioni e se ne assunse la responsabilità. Parole come “consapevolezza” e “responsabilità” entreranno un giorno nel lessico agito dal personaggio de quo ?
Maggio 9th, 2009 at 12:00 pm
Be’, poniamo, se qualcuno dice/pensa/è consapevole di essere il più abile, il più “in gamba”, il più ricercato (onny soi…) e si assume tale responsabilità elargendo sé stesso al popolo in modo anche divertente, benché un poco pecoreccio (la battuta “posso palpare un po’ la signora?” in mezzo a una tempesta come quella attuale sfiora il sublime) non è già un ingresso in gioco di queste categorie nel lessico agito?
Maggio 9th, 2009 at 1:22 pm
Oh, si! ma è solo il primo passo: sicuramente Lui può fare anche di meglio!
Maggio 9th, 2009 at 6:30 pm
Speriamo di no… 🙂
Maggio 14th, 2009 at 11:10 am
Comincio a capire perché il buddismo non abbia un Sant’Uffizio: sarebbe autolesionistico 😀
Maggio 14th, 2009 at 12:17 pm
Sì, in effetti, “dal punto di vista buddista” (e già questa non è male… 8) ) prendersela con chi critica stereotipi, dogmi, autorità autoreferente, autoritarismi e gerarchie buddiste è una cavolata tale che anche il rogo farebbe ridere…
Maggio 14th, 2009 at 12:22 pm
Comincio a capire perché il buddismo non abbia un Sant’Uffizio: sarebbe autolesionistico 😀
Maggio 14th, 2009 at 12:23 pm
Sì, in effetti, “dal punto di vista buddista” (e già questa non è male… 8) ) prendersela con chi critica stereotipi, dogmi, autorità autoreferente, autoritarismi e gerarchie buddiste è una cavolata tale che anche il rogo farebbe ridere…
Maggio 14th, 2009 at 1:05 pm
meno male… mi sovviene che una delle accuse che portarono Giordano Bruno al rogo fu di aver spiegato la SS. Trinità con la metafora dei genitali del mulo: il Padre e il Figlio e poi… lo Spirito Santo che si erge.
Confidando nella benevolenza del ‘punto di vista buddhista’….
Maggio 14th, 2009 at 3:57 pm
Anche. Ma intendevo anche nel senso che, in caso di un’Inquisizione sistematica all’interno del buddismo, alla fine non resterebbe in piedi nessuno… neppure gli inquisitori. Meglio un miliardo di eretici che nessuno! (Un modello difficilmente esportabile)
Maggio 14th, 2009 at 5:27 pm
Uhh così, dici. Questa è la teoria, in realtà alla minima occasione se le danno, ce le diamo, di santa (si fa per dire…) ragione. Ci sono pure le scomuniche. A volte non durano molto. Altre volte sì. Poi, anche tra di noi, non proprio noi noi, comunque anche tra i buddisti girano parecchi quattrini e, si sa, lo sterco del diavolo ha un odore stupendo…
Maggio 14th, 2009 at 8:38 pm
allora diamocele, ma alla Buddazot! (non alla “porcogiuda”)
Maggio 15th, 2009 at 12:45 am
Honi soit qui mal y pense.Fatico a pensare ad una ‘inquisizione buddista’ che per davvero bruci dei giordano bruno; in effetti la religione più fanatica è guerrafondaia è proprio il cristianesimo eppure manca una iconografia guerresca del Cristo (mi sovvien il post da non credere con annessa arma da fuoco…)
Maggio 15th, 2009 at 11:51 am
Dicevi questa immagine, suppongo. Vero, manca l’iconografia guerresca del Cristo, come quella di Buddha d’altronde. Sono (siamo) gli uomini che li tirano per la giacchetta per giustificare le loro azioni. Molti buddisti (per esempio Kodo Sawaki) hanno partecipato, proprio in quanto buddisti, alle guerre di invasione del Giappone imperiale, partecipando a massacri giustificati col fatto che andavano a portare il Verbo, buddista in questo caso.
Maggio 15th, 2009 at 3:14 pm
Tuttavia è significativo il dato che le iconografie guerresche più pregnanti del panorama orientale(indiana-giapponese)abbiano generato le uniche autentiche democrazie asiatiche(che a ragione imitano il modello occidentale).Se una civiltà si misura dalla creazione dello stato di diritto in che termini si può parlare di civiltà buddista?
Maggio 15th, 2009 at 3:27 pm
Qui casca più dell’asino: “stato di diritto” è la Birmania? La Thailandia? Il Nepal? Il Bhutan? Il Vietnam? Lo era il Tibet? Lo è la Cina? Direi di no e forti perplessità mi suscita il Giappone, per quanto sia certamente da considerarsi tale. A parte l’India, che tra l’altro non ha mai dato vita ad una guerra in più di 2000 anni, diritto e buddismo pare non siano associabili. Sono anni che “cerco” qualcuno disposto ad ingaggiarsi su questo tema.
Maggio 15th, 2009 at 5:16 pm
In effetti una teocrazia illuminata potrebbe sembrare nel lunghissimo periodo il solo stato possibile.Quando cioè, al modo del codice di Manu, si alleveranno gli uomini separati in caste.Non per promuovere un tipo superiore d’uomo, ma per controllare il numero della popolazione mondiale.Se non si capisce che la soprapopolazione è il problema (e non un problema) non ci si riesce a districare tra i cavilli giuridici.
Maggio 15th, 2009 at 6:01 pm
Parla il critico:Cfr. Marassi, Piccola guida al buddismo zen nelle terre del tramonto,Marietti,2000.Con quale ambagia la penna si posa, e pecca di concepire l’immenso concetto di questo grande uomo?
Mi va di cantare, perdonatemelo:ITALIAN VIOLENCE di morgan.Adieu mon amì.
Maggio 15th, 2009 at 6:51 pm
Ecche, ‘ssi sciuto pazz?
Ambagia non l’avevo mai sentito.
La sovrappopolazione forse sarà il problema: se prima qualcuno non preme il bottone rosso.
Italian mothers
Maggio 16th, 2009 at 12:34 am
Anch’io non l’avevo mai sentito.L’ho pescato nella solita fonte:sono i versi di una adolescente fan di morgan(indirizzo vattela a pesca)che continua…mi ha condotto a te, le belle maniere, creanza, compostezza alternate al tuo dire sregolatezza, sfacciatagine sfrontatezza, è irriverente la tua spontaneità, tradotta in genio.Pensavo:a(l)bagia=all-wahr: sincero, schietto, ma anche alterigia, boria oppure amgag(e)=tortuoso.
Maggio 16th, 2009 at 8:58 am
Chiudo:non sono uno scrittore sciatto, semplicemente mi proibisco gli occhiali da vista quando non sono al lavoro muovendomi in una condizione di ‘pericolosa’ ipovedenza.[Errata Corrige: Ambàg(e)].Ciao.
Maggio 17th, 2009 at 9:33 am
Non volermene, e mi scuso per l’inopportuna intromissione, ma..
per il solo fatto che questo luogo, per me, riveste di un particolare significato, mi permetto di dire che mi sembra che tu abbia raggiunto il tetto delle possibili scemenze dicibili. Forse è meglio che ti metta gli occhiali anche fuori dal lavoro, magari per vedere gli appigli con cui ridiscendere…
Probabilmente anche questa mia è una scemenza, ma tamt’è…..
Maggio 17th, 2009 at 12:14 pm
marta, la mia posizione “istituzionale” mi impedisce di firmarmi e il fatto che non sono del “ramo” mi impedisce di documentare la mia opinione con le dovute citazioni, ma permettimi solo di dirti che hai espresso in modo pressoché perfetto il mio punto di vista su questa faccenda. grazie
Maggio 17th, 2009 at 12:42 pm
Ragazzi, ragazze, non perché siamo in un blog buddista, ma per semplice ospitalità, accogliamo l’espressività altrui in modo gentile e curioso: non è bello (solo) ciò che piace a me. E così pure non è cretino, necessariamente, ciò che reputo tale. A volte così mi pare quello che non capisco e, se lo capissi, forse lo riterrei geniale. Homosex non è il massimo della netiquette, a volte lo fa anche apposta, e non è sempre un simpaticone. È un interlocutore e sino a che è tale (ovvero non è un guastatore, o un troll come si dice in gergo) ha diritto anche lui ad essere qui con noi.
Maggio 17th, 2009 at 1:51 pm
Ma ci mancherebbe altro. Se così è stato inteso il mio intervento me ne scuso.
Maggio 17th, 2009 at 3:59 pm
Bene. Detto questo, se vai a vedere interventi e post del passato vedrai ho rimproverato varie volte la sua ermeticità e (quasi) completa assenza di cortesia per i lettori. Cortesia che si misura, a mio parere, anche nel cercare di farsi capire. Senza escludere l’apparire intelligenti.
Maggio 17th, 2009 at 8:32 pm
Il testo di questo commento è, a mio insindacabile parere, ozioso e lezioso in modo esagerato. Non lo cancello ma lo considero SPAM.
mym
RIGHT NOW ON MY COMPUTER:Mr. Bad Guy by F.Mercury!Se si tralasciano i colore freddi e neutri della mia cameretta qui si esprimono le tinte calde dei corpi nella volontà precisa di creare un forte contrasto cromatico in grado di liberare un effetto bidimensionale dagli esiti stilistici assai interessanti.Dev’essere così: sono FIGLIO DI UN RE(!)
Maggio 18th, 2009 at 2:22 am
Il testo di questo commento è, a mio insindacabile parere, ozioso e lezioso in modo esagerato. Non lo cancello ma lo considero SPAM (secondo avviso). mym
Per la precisione.Pesco a caso tra gli ispirati versi della ‘nostra’ poetessa classe ’87. Dalla sua Ode a Morgan:..ambagia(sic)…Esuberatnte e superba la tua esteriorità, in pochi sanno guardare scuoti la titubanza che c’è non può sotterrarci, gli occhi miei immancabilmente si immergono
P.S. – Dalle mie parti è tempo di feste patronali e concerti in piazza.Sarò assente da ‘scuola’ per un pò…
Maggio 18th, 2009 at 2:46 pm
Proprrei di regalare a Narciso uno specchio personale, ove possa rimirarsi a suo piacimento.
Ma anche ad ‘anonimo’ forse gioverebbe…
Ragazzi, sembra di essere in gondola: e dire che non ho ancora bevuto un goccio, di oggi!
Maggio 18th, 2009 at 4:45 pm
… e nel frattempo nessuno ha più minimamente pensato a Buddazot, che era il vero, serio (per quanto umoristico) argomento. Direi di chiedere scusa al bravo Paolo Sacchi.
Maggio 18th, 2009 at 5:28 pm
@doc: temo che il mio definire la mia posizione “istituzionale” sia stato infelice. intendevo dire che essendo semplice webmaster non dovrei intervenire sul merito di queste discussioni perché non è la mia materia e quindi non ho nemmeno l’autorità per poter dire che cosa sia una stupidaggine e che cosa “semplicemente” ermetico. parlavo da semplice lettore e condividevo l’opinione di marta sul fatto che questo thread fosse andato ben oltre il seminato e con espressioni (secondo me) completamente off-topic. mi sono espresso sicuramente male…
comunque… lunga vita a Buddazot! 😉
Maggio 18th, 2009 at 6:03 pm
Lunga vita a Buddazot!
Maggio 22nd, 2009 at 9:52 pm
Mi metto gli occhiali..Dunque il furore di leggere libri tradisce una specie di fuga vacui;non avendo pensieri propri li si attira a forza nel vuoto di pensiero del proprio cervello per pensare con la testa altrui anzicchè con la propria,l’arte di NON leggere è quindi molto importante.Porsi una domanda e leggere un libro, non è sciocco?
Maggio 23rd, 2009 at 7:49 pm
Il furore è un cattivo maestro, in questo caso la pre messa rischia di inficiare le con seguenze. Leggere con la testa vuota è impossibile, l’azione di leggere comporta la fabbricazione del concetto o, a seconda dei casi) dell’immagine. Ed è un’operazione personale, unica. Quello che leggiamo funziona da miccia ad un processo di dimensioni molto, molto, più ampie. Le implicazioni, le associazioni, le antitesi, le digressioni. Una grande lettrice era Virginia Woolf, descrive il “meccanismo” del leggere in modo -ancora- insuperato. Accontentarsi di quegli straccetti che consideriamo, erroneamente, “pensieri nostri” e praticare il non leggere… sì, perché no, anche il contrario di intelligenza può essere libera scelta. Non ne farei una bandiera, comunque.
Porsi una domanda forse è sciocco, certo, non possiamo comporre quesiti (se non pleonastici) senza sapere di che cosa parliamo, ergo… Tuttavia sapersi porre di fronte ad una certa domanda senza ostruirla con una risposta: quella è la via dei saggi.
Maggio 24th, 2009 at 7:50 am
L’uomo di fede mette alla propva il proprio credo quando si confronta con persone che non la pensano come lui, specie oggi con internet in cui si scopre che la nostra verità di fede è declassata da milioni di uomini e donne a una semplice e confutabile opinione.Questa la domanda: è inevitabile rassegnarci a un mondo in cui la fede è opinione?
Maggio 24th, 2009 at 10:37 am
No, infatti, laddove la fede è un’opinione… non è fede, è pensiero o altro, comunque costruito da noi per cui: idolo. L’uomo di fede che mette alla prova il proprio credo quando si confronta con persone che non la pensano come lui è, tecnicamente parlando, un idolatra.
Maggio 24th, 2009 at 2:35 pm
Vorrei però segnalare una piccola sfasatura che si è venuta a creare nel discorso. La pratica del discernimento non riguarda “l’oggetto” (Dio, p.es.) ma la valutazione della propria condizione psicologica per verificare se si stia compiendo una scelta di vita con l’atteggiamento giusto, o meno; con tutte le conseguenze a catena. (Sarebbe però impervio, oltre che fuorviante, riassumere tale pratica in un blog.)
Maggio 24th, 2009 at 3:55 pm
Semiologia? Capisco. Il discernimento (l’applicazione del) è (anche) nel leggere un libro? E nel non leggerlo apposta? Non poniamo limiti al discernimento riguardo al … discernimento 🙂
Maggio 24th, 2009 at 4:53 pm
Il discernimento dei Padri della Chiesa e di Ignazio di Loyola NON consiste affatto nella lettura di libri. I testi scritti servono solo per fissare le esperienze comprovate, in modo che possano tornare utili alle generazioni successive. Vedi anche “La scala del paradiso” di Giovanni Climaco, monaco del monte Sinai del VII secolo d.C.; o gli scritti dello starec russo Ignatij Briancaninov.
Maggio 24th, 2009 at 5:52 pm
Peccato non poter mettere un po’ a fuoco i possibili criteri di discernimento. Vista la mia naturale propensione a perdermi nei vari bicchieri d’acqua quotidiani, ascoltare dei punti di vista su tale argomento non mi sarebbe dispiaciuto, pur fermo restando il fatto che ogni situazione richiede una risposta che non può essere standard…
Mi verrebbe da chiedere come prima cosa ( forse banale): è possibile acquisire una capacità di discernimento?
Maggio 24th, 2009 at 5:58 pm
Aver chiaro un obiettivo e scegliere un metodo potrebbe essere un buon inizio
Maggio 24th, 2009 at 6:40 pm
Sì, ma forse, quando riesco ad avere chiaro l’ obiettivo e ho scelto il metodo, ho già messo in opera il mio saper discernere o meno.
Quello che volevo dire ( e sicuramente non mi sono spiegata ) è che il discernimento, inteso nel senso espresso da dr, mi risulta ostico da “realizzare” soprattutto nelle scelte quotidiane dove intervengono le variabili più svariate.
Maggio 24th, 2009 at 7:13 pm
In effetti Ignazio è lontano (15..).Ritengo che quando si compra un libro bisognerebbe anche “comprare” il tempo di leggerlo..Allora la filosofia risulta più pratica dell’economia producendo beni come “Dio”, “anima”,”libertà”,etc.
Maggio 24th, 2009 at 7:27 pm
Ignazio è lontano ma “l’argomento” suo è molto vicino. E il tempo è gratis: fornito in quantità uguali a tutti, ogni giorno, si tratta “solo” di scegliere come usarlo. Volendo trovare un aiuto nei libri, un buon manuale del discernimento sono gli otto punti dell’Ottuplice Sentiero: tre minuti per leggerli, una vita per provarci. Quello che manca, nell’Ottuplice, si impara seduti in silenzio, lasciando il pensiero ogni volta che ci porta a spasso.
Maggio 25th, 2009 at 9:36 am
La conversazione mi sta acchiappando un sacco, e sono felice che l’argomento susciti interesse. Mi spiace solo per Marta, ma se provassi a riassumere la “via” del discernimento, sarebbe come proporsi da “testimone affidabile”… sai le risate… Mi permetto di rimandare, ancora, a uno dei volumi indicati; ok, sono “solo” dei libri, ma scritti da persone che la strada l’avevano percorsa. E dal ‘500, anzi dal VII secolo a oggi, non è cambiato davvero niente.
Maggio 25th, 2009 at 9:37 am
NOTA: quei libri contengono all’inizio espressioni atte a “spaventare” chi è poco motivato a proseguire.
Maggio 25th, 2009 at 3:45 pm
Cercherò di non lasciarmi spaventare. Grazie Ciao
Giugno 1st, 2009 at 9:02 pm
Cattivaccio, li hai spaventati con lo shampoo della velina mistica, e così adesso nessuno nota gli alti concetti (??) contenuti nell’haiku, che era il vero argomento. Preciso quindi che il titolo quasi sicuramente è stato scelto da Lasting perché “suonava bene”, non perché i versi volessero commentare quel quadro specifico.
Giugno 2nd, 2009 at 10:22 am
Forse servirebbe un po’ d’ermetismo in meno, altrimenti, non trovando altre uscite, anche grazie agli innocenti (?) richiami di certe immagini si rischia di scadere nel pecoreccio
Giugno 2nd, 2009 at 10:29 am
L’ermetico (sperando non “emetico”) è Lasting. Io mi limito a pigliare e tradurre; i commenti finali servono giusto a non lasciare il testo appeso al nulla, ma per enucleare l’eventuale validità del messaggio sarebbero necessari gli interventi degli “esperti” (cioè chiunque “fa esperienza”).
Giugno 2nd, 2009 at 8:28 pm
Penso che davanti alla verità (quella di Lasting in questo caso) non ci sia proprio più niente da dire.
Giugno 3rd, 2009 at 9:43 am
ullapeppa! bene, il mio filo-anglismo ne esce rafforzato.
Giugno 9th, 2009 at 11:35 am
Farei firma per avere un intervento dell’autore ogni volta che
recensisco un libro. dhr
Giugno 9th, 2009 at 10:50 pm
Non ho capito se la ragione di queste precisazioni dipendano più dalla ‘cattiveria’ di dhr ovvero dalla vanità del gentile Autore tamt’è:io lodo il critico per questo piccolo ‘terremoto’.A questo punto proporrei di recensire un libro sulla historia diabolica della Chiesa di un altro Autore (magari vivente).
Giugno 9th, 2009 at 10:59 pm
Sono così colpito da queste parole che quasi mi faccio battezzare…Non ho fede che il disprezzo del ‘tranquillo’ papa ci liberi dal morbo berlusconiano ma ho fede (si fa per dire) che gli oppressi e i poveri di spirito (autentici depositari delle fede cristiana) si ravvedano.
Giugno 10th, 2009 at 10:13 am
Auspicare (seppur per burla di fede) il ravvedimento degli oppressi e dei poveri di spirito è quantomeno insolito. Vien da chiedersi che cosa dovrebbero fare gli altri, ovvero gli oppressori e i superbi…
Lunga vita a don Farinella!
Giugno 10th, 2009 at 10:20 am
L’autore di un testo, di un libro un articolo, spesso compie l’errore di supporre (o addirittura di volere) che le sue parole vengano lette secondo l’angolatura dalla quale lui le ha viste nello scriverle, un’angolatura spesso condivisa (e questo da forza all’idea di oggettività…) da chi con quell’autore condivide esperienze, ruoli, formazione. Ma ogni testo una volta licenziato ha vita propria, diversa per ogni lettore. A questo punto, a volte, gli autori chiedono che la vita di quel testo continui ad essere secondo il loro respiro. Vi è un esempio qui di questa evenienza.
Quel tal libro, perché non lo recensisci tu?
Giugno 10th, 2009 at 10:25 am
Non volevo dirlo… ma se mi rubate le parole di bocca!
😉
Giugno 10th, 2009 at 7:30 pm
Mi spiace amici ma ho perso l’appunto dove avevo segnato quel tal libro e poi gli esperti di cose religiose siete voi…
Giugno 12th, 2009 at 3:53 pm
Perdonate se non rispetto il protocollo: Opus Diaboli di Deschner Karlheinz, ed. Liberilibri, 2003.
Giugno 14th, 2009 at 5:57 pm
GRAZIE Don Farinella della sua testimonianza e delle sue parole inequivocabili, ma una rondine non fà primavera.. Chiunque deve dire qualcosa dovrebbe parlare ora, anzi ieri.. Comunque anche i nostrani buddhisti (chi si ritiene o crede di essere tale)dovrebbero “agitare il ventaglio”(v. ghenjokoan), per quanto gli sia possibile, per evitare la deriva di un paese che ormai si muove spinto solo dalla pancia.
Giugno 17th, 2009 at 10:14 am
Parole sante. Senza tanti ghirigori, arriva dritto al punto. (Ma non potrebbe scegliersi dei titoli più umani per le sue opere??)
Giugno 17th, 2009 at 10:22 am
Il riciclo è agli atti della natura in ogni cosa: le cellule, gli atomi, del nostro corpo sono già stati parte di altri corpi (nella mia orecchia sinistra ci sono due parti che furono di Cleopatra…), altri oggetti. Ma non siamo quei corpi, quegli oggetti.
Il titolo: Le stanze del cuore della relazione interdipendente. Ora lo aggiungo al testo, grazie.
Giugno 17th, 2009 at 10:32 am
Comunque in Occidente “dovremmo” già saperlo per via autoctona: le monadi di Leibniz, quello erano. (Nel giovanilismo attuale è diventato di moda sparlare delle monadi come fossero una forma di egocentrismo… sigh…)
Giugno 17th, 2009 at 10:42 am
Le monadi… Mi distrassi quando se ne parlò, giù al liceo… Forse la differenza è che, nel Nagarjuna-pensiero, anche le “monadi” sono dei composti di parti riciclate…
Giugno 17th, 2009 at 10:54 am
Ogni cosa è composta di altre, e queste altre di altre ancora, e così – letteralmente – all’infinito. Altro spunto leibniziano: le monadi sono inestese, e tutte le cose sono aggregati di monadi. Ma zero + zero + zero… darà sempre zero. La prossima volta che ti reincarni e torni al liceo, studia!
:-)>
Giugno 17th, 2009 at 11:03 am
Là là là, zero+zero+zero darebbe zero se la matematica fosse la legge del cosmo. Grazie al Cielo ‘o miracolo fa premio sulla matematica…
Giugno 17th, 2009 at 11:22 am
sei sempre il solito cattolicone
Giugno 17th, 2009 at 3:33 pm
Segnalo il mio cambiamento di indirizzo di posta elettronica: criscarb@vodafone.it.
Giugno 17th, 2009 at 7:49 pm
Cado dal pero. Mi arrendo. Mi cospargo il capo di cenere. Carino però il sasso: posso tenercelo per dipingerci sopra una classica civetta?
Giugno 17th, 2009 at 7:55 pm
Sì, ma solo se la civetta è molto classica, veh.
Giugno 17th, 2009 at 8:07 pm
Più classica di così: il simbolo di Athena, dea della sapienza… e della guerra, se è per questo. Maremma mahayana (forma di buddismo diffusa in Toscana). Quanto al risveglio, comunque, meglio di gran lunga la versione di Nagarjuna.
Giugno 18th, 2009 at 10:25 am
Bella questa cosa delle varie versioni del risveglio: il pluralismo dell’esoterismo
Giugno 18th, 2009 at 5:27 pm
Hello
I had a little contact with you before.
i am sorry to see this place closed down since I wanted to come there this summer if you had a sesshin Antaiji style.
Now it seems there is not so I ask you–do you know somewhere in Europe I can do a lot of zazen in a real sesshin and not waste time. Soto, of course.
Please answer me as quickly as possible
Giugno 18th, 2009 at 5:44 pm
To do zazen without to waste time it looks like a good koan… Aniway, since you are looking for Antaiji styled sesshin, why don’t you ask directly to Muho, up there?
Giugno 18th, 2009 at 10:27 pm
“…così ci segue il bene quando parliamo o agiamo con mente tranquilla.” Fosse davvero così! Ma forse il problema sta nell’impossibilità di determinare il bene con una definizione univoca. Cos’è il Bene?
Giugno 18th, 2009 at 10:30 pm
Ciascun lo sa per sé. Sino a che non è un fatto teorico, poi scompare.
Giugno 19th, 2009 at 8:45 am
Buon sangue, non mente.
Giugno 19th, 2009 at 9:39 am
Sì, in un modo o nell’altro il seme contiene il frutto. Per cui tanto vale mettersi a vento, imho
Giugno 19th, 2009 at 7:02 pm
Ho un attacco di trance..Il concetto principale è che tutto nel mondo scaturisce dalla derivazione dipendente.Il mondo compare dipendente da cause collegate a circostanze.All’interno di ogni essere umano tutto proviene dalla prima causa che è la nascita.L’ignoranza è la mancanza di conoscenza della incondizionata natura della mente che, poi, è il vero insegnante.Allora Dio è un termine tecnico o un pezzo di carne?
Giugno 19th, 2009 at 7:23 pm
Dio è il nome di tutto quel che non
Giugno 20th, 2009 at 4:59 pm
Non ho capito come, in tutto ciò, si inserisca il “vedi anche.. Cristina Carbone”. Forse non ho proprio capito come funziona il “vedi anche”…
Giugno 20th, 2009 at 6:53 pm
Be’, capisco, voi perfetti non avete bisogno di esami di coscienza. A noi, esseri comuni, capita invece di trovarci a vivere una situazione o l’altra per cui un memento esplicito aiuta ad avere meno dimenticanze.
Giugno 21st, 2009 at 11:49 am
Beato te che capisci. Io capisco sempre meno… ci penserò domani!
Giugno 21st, 2009 at 11:52 am
Non c’è molto da capire: o si prova a “fare i bravi” oppure no.
Giugno 21st, 2009 at 1:08 pm
Dio è niente non davanti alla logica
delle definizioni ma perchè annienta continuamente ogni determinazione, perchè è
l’annientante.La natura di dio, non creata
in alcun modo è presente in noi fin
dall’inizio come stato naturale.Non è una
invenzione,un idea,una teoria filosofica è
una realtà incondizionata (vuoto che ha
cognizione); la sua identità è nessuna
cosa.Non è un’oggetto che si possa
vedere,udire,odorare,gustare,afferrare ma
allo stesso tempo è in grado di conoscere.Queste due cose sono
inscindibili.
Giugno 21st, 2009 at 1:09 pm
La violenza fatta alla trascendenza si paga sempre. Vedi anche “L’Edipo Re”.
Giugno 21st, 2009 at 4:08 pm
L’altra violenza, if any, è gratis?
Giugno 21st, 2009 at 6:41 pm
Beh allora, se si dice: “19. Chi diffama l’Illuminato (il Buddha), o un suo discepolo… costui è un fuoricasta”… perché, a diffamare qualcun altro si fa bene?
Giugno 21st, 2009 at 6:49 pm
La difesa della casta dando del fuori casta a che vi attenta dici… Però, nel punto 19, si parla anche dei laici. D’accordo, c’è un ordine di comparsa, una gerarchia, ma … insomma. A Homosex ho risposto in modo un po’ troppo secco, è vero, ma mi pareva (per effetto della lettura del commento 5) che fosse più papista del papa 🙂
Giugno 21st, 2009 at 9:27 pm
La natura della mente è amorfa come lo spazio -tempo..Non capisco,invece, perchè mai chi mira ad onori e ricchezze seguendo la Via venga scambiato, nelle stanze di potere, per un dissoluto..Cmq non faccio mai l’elemosina e, allora, come si fa ad intentare un processo buddista come è solita tra (con) “papi”?
Giugno 22nd, 2009 at 7:54 am
Si noti che la precisione è distinta dalla chiarezza, che implica la possibilità di accedere facilmente alla comprensione di un insieme di conoscenze, conservando una visione delle reciproche relazioni che caratterizzano i singoli elementi illustrati, nonchè dall’esattezza, che è il compimento di una procedura di calcolo e che non riguarda la proprietà linguistica nell’esposizione di un concetto.Insomma sogno un viaggio morbido nel mio spirito e vado via che vado via, mi vida così sia!
Giugno 22nd, 2009 at 12:00 pm
Leggo alla strofe 321: “Gli individui che hanno addestrato se stessi
a tollerare la violenza
sono ovunque preziosi”. Ciò significa che la violenza va tollerata? oppure… che cosa?
Giugno 22nd, 2009 at 12:44 pm
Significa che occorre imparare a non soccombere interiormente, a non lasciarsi addolorare dalla sofferenza. Il Dhammapada è un testo di spiritualità, non è un manuale di politica.
Giugno 22nd, 2009 at 4:22 pm
Naturalmente ti credo, non è un campo in cui possa permettermi di discutere; solo che “non lasciarsi addolorare dalla sofferenza” e “tollerare la violenza” non mi sembra la stesssa cosa.
Giugno 22nd, 2009 at 4:59 pm
Non ti sembra la stessa cosa perché non dai fortemente per scontato, da subito, a quale aspetto della vita si rivolga il sutra, ti fermi alla lettera. L’ingiunzione: “affogatelo” ha significati profondamente diversi secondo i contesti. Se la frase continua con: nel cognac prima di servire, è un conto, se continua con: e poi gettate il cadavere ai coccodrilli… forse cambia qualche cosa. Quando si parla dello spirito, “tollerare” è un’attività interiore.
Giugno 22nd, 2009 at 9:13 pm
Dando per scontato che, purtroppo, mi muovo in una logica diversa dalla tua, posso accetto l’attività interiore della tolleranza, va bene: ma questa tolleranza interiore rimane tale o nella prassi può invece diventare fattiva e anche combattiva? Se anche “cristianamente” perdono il violento ecc., ciò mi esime dall’agire con decisione nei suoi confronti? Grazie.
Giugno 23rd, 2009 at 9:19 pm
Se hai “tollerato” non ti sei alterata, sei serena, potrai prendere decisioni (meglio per il bene) a partire dalla serenità. Con l’augurio di non perdere quel bene prezioso.
Giugno 24th, 2009 at 12:07 pm
Credo di aver capito. Le decisioni è sempre opportuno prenderle a partire da uno stato d’animo che tu definisci sereno, io lucido… E grazie per l’augurio.
Giugno 24th, 2009 at 12:40 pm
Io non penso che sereno e lucido siano sinonimi in questo caso. Esiste la lucida collera e anche la lucida follia, per non parlare della lucida depressione. Difficilmente possiamo comprendere serena collera, serena follia o serena depressione. Il senso di sereno, in questo caso indica uno stato d’animo piacevole in senso leggero. Non la capacità di ragionare ugualmente.
Giugno 25th, 2009 at 11:56 am
Mi ha colpito l’ ultima frase per il contesto in cui è stato inserito “l’avere cura”.
Espressione che esprime dolcezza, forse perchè è solitamente legata alla cura dei figli, assume in questo caso,per me naturalmente, un significato molto particolare. E’ quasi come vedere l'”attenzione” da un’angolatura diversa, più dolce appunto..
Tanto importante da diventare quasi una discriminante per alcune ( o tutte ?) decisioni…
Magari chi ha scritto voleva intendere tutt’altra cosa, ma tant’è…
Giugno 25th, 2009 at 2:40 pm
Credo che lucida collera, lucida follia ecc. siano figure retoriche che si riferiscono al manifestarsi di queste passioni senza l’accompagnamento di vistose manifestazioni esteriori: tuttavia passioni restano e perciò comunque irrazionali.Sostituendo con “serenità”, d’altra parte, eliminiamo la possibile ambiguità….
Giugno 25th, 2009 at 5:44 pm
Dire “no” è una delle cose più difficili e importanti. Con i figli, il coniuge, a scuola. Molti dicono sempre sì (finendo per deludere) proprio per non affrontare la difficoltà del no. D’altro canto vi sono momenti in cui sta a noi dire no. Se lo facciamo quando abbiamo cura (di un figlio, di uno studente) sarà un atto buono anche per chi quel no deve accettare. Imparare ad accettare il no è una crescita indispensabile sulla via dell’adulto.
Giugno 26th, 2009 at 8:07 pm
Caro “pellegrino cherubico”, facile fare questi giochetti a partire dal Dio trascendente. Però ha tutto un altro spessore farne con un Dio di carne, un orrore crocifisso. Ad esempio: “Il Padre appare colui contro il quale Gesù bestemmia, tanto che non si dà via di scampo: bisogna scegliere tra il credere a Gesù o il ritenerlo il vertice dell’empietà (…). Se Gesù ha bestemmiato, il Padre deve manifestarsi come giudice, e poiché tutto prosegue in modo coerente fino alla fine – la crocifissione, gli insulti, le bestemmie contro il Cristo – dobbiamo ritenere che Gesù è il bestemmiatore e il Padre è il giustiziere…” (Don Giuseppe Dossetti, Pasqua 1977)
Giugno 26th, 2009 at 8:30 pm
Non sottovaluterei, anche nel senso della resa pratica, il: “Chi luce non diventa…”
Giugno 26th, 2009 at 8:48 pm
La differenza tra un credente e uno come me è che io non mi pongo più certi problemi,
eppure c’è luce nei miei pensieri,e,malgrado nell “ambient intimancy” si inventino parole rimpiango la luce, la luce del sole.(2 bad).
Giugno 27th, 2009 at 1:39 am
Il buddismo è oltre la storia perché sofferenza e dolore sono di origine metafisica cioè trovano la loro origine ultima in un impulso cieco, senza alcun fine. L’errore non è che una sorta di egoismo ontologico, un solipsismo etico scaturente da un naturale quanto illusorio solipsismo conoscitivo, quell’antagonismo che la nostra coscienza empirica (prestrutturata alla frammentazione) scava tra me e l’altro.
Giugno 27th, 2009 at 5:38 pm
(a mym) beh noi siamo GIA’ luce, a tutti i livelli: fisico, psichico… effetti percepiti di una vibrazione.
Giugno 27th, 2009 at 5:41 pm
Già, ma lì si parla di diventare.
Giugno 27th, 2009 at 5:43 pm
appunto: diventare sempre di più luce… fino a svanire. come fece il Risorto, un flash di luce (cfr. Sindone)
Giugno 27th, 2009 at 5:46 pm
Dove ci si segna? Io comincerei subito
Giugno 27th, 2009 at 6:57 pm
Il Benedetto (da non confondere con il Beato) direbbe che “ci si segna” con il battesimo. E conseguente vita di chiesa. Però non chiedere a me, ché son fuori dal giro.
Giugno 27th, 2009 at 7:01 pm
Se sei fuori dal giro un motivo ce l’avrai: quella roba lì del Risorto, i flash di luce ecc. non mi sembra altrettanto serio del proporre di “diventare” luce da parte di Silesius. Che, si presume, parlava per esperienza, non per dottrina.
Giugno 27th, 2009 at 7:50 pm
In verità credo che niente diventi e tutto sia una distruzione continuata.Cioè per assimilare le fondamentali intuizioni della religiosità orientale bisogna approcciarsi con una mentalità filosofica transculturale.Insomma dico basta alla bimillenaria missione della Chiesa di evangelizzare l’India e la Cina.Semmai è la saggezza indiana che rifluisce verso l’Europa,per produrre una trasformazione radicale della nostro sistema-pensiero.
Giugno 27th, 2009 at 8:00 pm
Penso che sarà maggiormente la Cina ad avere questo ruolo. In Occidente ciò che conta sono “il conto in banca” e i cinesi ce l’hanno più grosso, e poi il numero di baionette: per cui toccherà a loro dominare il mondo, diverremo una provincia, come l’ex Tibet…
Giugno 27th, 2009 at 8:06 pm
(un po’ a tutti e nessuno) Alla fine aveva ragione il Qohèlet: “Il saggio ha gli occhi in fronte, mentre lo stolto cammina nel buio [non-luce]. Eppure io so che a tutti e due è riservata la stessa sorte”.
Giugno 28th, 2009 at 6:57 pm
Sì,ma c’è chi non si vuole reincarnare..Il Tibet è un unicum:50 anni di storia non violenta(scusate se è poco).Credo che i lama tibetani abbiano tutti i numeri per diventare la massima autorità spirituale del mondo.In fin dei conti abitano sulle montagne più alte..Come si spiega la mentalità colonialista della Cina tipicamente occidentale?E’ sbagliato ritenere che il concetto di dirito umano sia estraneo alla cultura asiatica;essa tende alla liberazione individuale.
Giugno 28th, 2009 at 7:47 pm
È vero, il contrasto tra “non diritti” e “liberazione individuale” sembra assurdo ma è reale. In tutti i Paesi in cui la liberazione individuale ha grande importanza i diritti (quelli che noi chiamiamo così) sono scarsi. Anche in Tibet la situazione, da questo punto di vista non era migliore. La Cina è un animale a sé, l’obiettivo è il gruppo, il più ampio possibile. Tutto è subordinato al successo del collettivo, anche i diritti, anche la liberazione individuale. Se non in campo daoista. Ma qui la faccenda si complica.
Giugno 28th, 2009 at 8:30 pm
Vedi anche ciò che succede in questi giorni in Iran.
Luglio 3rd, 2009 at 9:14 am
“Dio salvi la regina” ma… che colpa ne ho se Lasting sceglie gli argomenti X piuttosto che Y? Il “traduttore” può anche essere “traditore” però traduce quello che passa il convento. 🙁
Luglio 3rd, 2009 at 9:34 pm
In effetti una cosa è tradurre dall’inglese all’italiano, un’altra dall’italiano all’inglese.Per es.:Quando l’aurora mi inonda di purpuree malie/mi sento/aria trasparente/Non so dirlo/eccedo/palefaces kill sound – taste of Arcadia/and air is not enough.”God save the Queen”.P.S.A me il convento non passa niente.
Luglio 4th, 2009 at 9:28 am
Splendido.
PS: mi auguro tu apprezzi questo “niente”.
Luglio 6th, 2009 at 11:05 am
La quinta Nobile Verità: W la diffusione della cultura!
Luglio 6th, 2009 at 11:31 am
Domanda da un milione di svanziche: che fine ha fatto la tua tesi?
Luglio 6th, 2009 at 11:38 am
Il problema (?) dei buddisti in rapporto alla politica è ancora tutto da scoperchiare. C’è chi automaticamente si sente in dovere di lottare per l’indipendenza del Tibet chi altrettanto automaticamente pensa si debba astenere…
Luglio 6th, 2009 at 12:33 pm
Mi sembra un’ottima idea: molte volte mi sono chiesta perché mai il risultato di anni(?)di studio e di impegno debba finire in un archivio inutilizzato. Certo è difficile che qualcuno abbia lo sfizio di leggere tomi ponderosi di compilazioni e altro, però ci può sempre essere qualcuno interessato almeno a qualche parte delle tesi di laurea. Molto bene.
Luglio 6th, 2009 at 12:36 pm
Grazie, prof 😀
Luglio 6th, 2009 at 2:57 pm
Ho appena finito di correggere le bozze di una una ‘tesi finale’.Titolo:Ozio e letteratura digitale.Ma a che pro pubblicarla?Ormai c’è l’audiovisivo.Non è meglio, forse, una conoscenza esoterica ad uso della ‘scuola’ o del ‘maestro’?
Luglio 11th, 2009 at 11:48 am
mmmmhhh…si parte dalla metafisica e si arriva alla politica….potenza dei pensieri?
Luglio 11th, 2009 at 12:23 pm
Non capisco la negazione iniziale. Quando, chi, perché mai si dovrebbe ritenere saggio uno che parla molto?
Luglio 11th, 2009 at 12:50 pm
Sì, in effetti -anche se non è sua abitudine- Homosex la butta in politica ed io lo seguo. Poi esce l’Iran, ma forse troppo random (ex abruptu? Alla c.d.c.?) per essere seguito.
Luglio 11th, 2009 at 12:53 pm
Già, perché? Nessuno, infatti, ha mai sentito una predica a braccio di un prete, un religioso, un chierico che parla parla si ascolta e non la finisce più, e neppure ha letto quelle lunghe pagine dei bollettini parrocchiali (o assimilabili) in cui si spiega tutto a tutti, per non parlare di quelli che scrivono i commenti sul web in risposta ad altri commenti e scrivono scrivono
Luglio 12th, 2009 at 11:24 am
In effetti è difficile saper tacere.Ad es. davanti ad un prete divento muto e scrivo pochissimo (tra l’altro quello che scrivo è talmente artefatto che non meriterebbe nemmeno di essere letto).
P.S. Molto bella la tesi finale sul perdono.
Luglio 12th, 2009 at 4:44 pm
Grazie per aver letto il mio lavoro. Lo scopo di questa iniziativa è proprio quello di condividere la propria ricerca con gli altri ed in tal modo crescere. G.I
Skype: jjiorio
msn: jjiorio81@hotmail.it
Luglio 18th, 2009 at 8:28 pm
Che animali strani che siamo: più un messaggio è profondo e ben detto, più è difficile trovare un commento…
Luglio 19th, 2009 at 10:13 am
“Un bel tacer non fu mai scritto”. Anonimo.
Luglio 19th, 2009 at 10:16 am
… il quale Anomimo però HA scritto questo insegnamento.
Luglio 20th, 2009 at 10:18 am
Snidato: l’Anonimo non è più tale: Claudio Monteverdi, nato a Cremona il 15 maggio 1567 e morto a Venezia il 29 novembre 1643. Ne Il ritorno di Ulisse in patria del 1640, all’inizio della scena ottava del quinto atto, Ericlea conclude il proprio monologo con queste parole: “Ericlea, che farai? Tacerai tu?
Insomma un bel tacer mai scritto fu.”. La stessa frase è ripresa da Carlo Gozzi ne La Marfisa bizzarra, poema faceto del 1911.
Luglio 20th, 2009 at 12:06 pm
Nulla è più serio del faceto.
Luglio 22nd, 2009 at 9:44 am
I agree. While living in Japan and participating in a Rinzaizen temple, it seemed the final message of zen was somehow lost in the “doing”. Zen is timeless. But it has to reflect the moment.
Luglio 22nd, 2009 at 9:41 pm
Qui c’è di mezzo un discorso particolarmente fine. Perché di per sé ANCHE i fondamentalisti considerano i pro e i contro, e giudicano caso per caso… ma ritengono che i casi siano i soliti 3 o 4, e che i pro e i contro siano facili da determinare in base alle proprie “convinzioni” (cioè, di fatto, le loro pulsioni inconsce).
Luglio 24th, 2009 at 11:53 am
Io non credo che sia proprio così, cioè che i fondamentalisti giudichino in base a pulsioni inconsce. Credo invece che abbiano consapevolmente ridotto a tre, quattro assiomi l’infinito e riescano a far rientrare in essi tutto quanto, cioè quel poco che conoscono e vogliono conoscere…
Luglio 24th, 2009 at 1:02 pm
… e appunto questa è una pulsione radicata, inconscia, “animalesca”, di sopravvivenza. Si adotta il criterio più semplice, diretto, immediato. Anche se alla lunga è controproducente… (Il pulcino considera suoi “fratellini” le sagome che vede quando esce dal guscio. Se però sono oggetti buttati lì, si condanna da solo a soccombere).
Luglio 24th, 2009 at 10:07 pm
A me, questa storia delle pulsioni inconscie non mi ha mai convinto. preferisco quell’altra, altrettanto nota, interpretazione o definizione: “Il sonno della ragione genera mostri”…
Luglio 24th, 2009 at 10:30 pm
Concordo con Cristina.Il fondamentalismo semplifica le cose.Per es.:il Vaticano è la nostra Cina; l’Italia il suo Tibet,ma senza baluardo spirituale di Dalai Lama è invertebrata, arresa per obbligo e vocazione all’iniquità.
Luglio 25th, 2009 at 10:56 am
Mi fa piacere che tu sia d’accordo sulla “funzione” riduttiva del fondamentalismo, anche se nella mia citazione sono andata un po’ oltre l’intenzione: intendevo limitarmi a stabilire l’identità: pulsione inconscia = sonno della ragione.
Luglio 25th, 2009 at 11:06 am
@Cristina: però mi pare che le due prospettive non coincidano. Il “sonno della ragione” suppone che venga PRIMA la ragione, che poi per qualche motivo si addormenta. Parlare di pulsioni implica invece che anzitutto c’è il caos irrazionale, e solo a fatica può venirne fuori una propsettiva più “ragionevole”.
Luglio 25th, 2009 at 5:05 pm
Il raffronto dei binomi Cina/Tibet, Vaticano/Italia è splendido. Grazie.
PS: intendiamoci, non è da prendere alla lettera, non ostante Papa e “Papi”.
Agosto 9th, 2009 at 7:53 pm
Thank you, sir
Agosto 14th, 2009 at 9:24 pm
Veramente carina! Arcangeli e oroborus: chi mangia chi?
Agosto 15th, 2009 at 10:00 am
Oroborus… perbacco, chi era costui? Speriamo che Cibì sia più preparato di me.
Agosto 16th, 2009 at 12:49 pm
Che io sappia, l’Uroboro è il serpente cosmico che “si morde la coda”, simbolo del perenne rinnovarsi dell’universo. La soluzione ipotizzata da doc è intrigante: gli angeli si nutrono di buchi neri… ma i buchi neri a loro volta li ingoieranno??
Agosto 19th, 2009 at 5:12 pm
Magnifico. Ora attendiamo un’immagine della Via Lattea fotografata dal lato “esterno”!
Agosto 19th, 2009 at 6:16 pm
Sì, dopo però. Ora stiamo tentando di fotografare una mela da dentro…
Agosto 20th, 2009 at 7:04 pm
Quel fotografo è un verme!
Agosto 20th, 2009 at 7:53 pm
🙂
Agosto 24th, 2009 at 8:47 am
Non sarà reato, in Italia, invitare a “lasciarsi alle spalle la sicurezza meschina”???
Agosto 24th, 2009 at 10:37 am
La vera sicurezza, caro fratello, quella che libera, quella non meschina, è solo leghista!
A noi!!!
Agosto 24th, 2009 at 10:45 am
Allora per procedere spedito verso la libertà prenoto un set di stivali delle sette Leghe.
Agosto 30th, 2009 at 5:03 pm
Ma bravi porcelloni, scaricate l’immagine senza commentare la poesia!…
Agosto 30th, 2009 at 8:00 pm
Vabbè: bella ‘sta poesia.
Agosto 30th, 2009 at 8:44 pm
aggrazzie, aggaaanzo ‘sto comento…
😀
Agosto 31st, 2009 at 8:54 am
Se ti piace questa roba, sei veramente degenerato….
Agosto 31st, 2009 at 10:04 am
Allora ne ho conferma.
Agosto 31st, 2009 at 10:21 am
Ciao Marcello, mi piace anche questa roba, ma in quanto ad esser degenerato non capisco che cosa significhi. Sarà perché son degenerato?
Agosto 31st, 2009 at 7:10 pm
Tra le mille cose: Hegel nella storia della mistica! Sono… al settimo cielo, appunto. Ho appena terminato di ri-ri-ri-(ecc.)-leggere l’ “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”, che sembrerebbe centrare un piffero, e invece Hegel si rivela come l’ultimo esponente della teologia cosmica & mistica medievale. Di fatto, un remake dell’ “Itinerarium mentis in Deum” di san Bonaventura da Bagnoregio. Bene bravo bis all’autore, e al recensore che ha segnalato un’opera come questa.
Settembre 1st, 2009 at 8:19 am
Ciao mym. Complimenti per il sito e per lo sforzo che fai per mantenerlo vivo e sano. Volevo solo giocare un pò….siamo tutti un pò degenerati! Buon lavoro/gioco 🙂
Settembre 3rd, 2009 at 12:14 pm
Ho trovato molto interessante questo testo, grazie per averlo tradotto! Attualmente è uscito un libro che si chiama proprio “Il cammino del cercatore” dello stesso discorso con un commento di Dai Do Strumia, molto interessante anch’esso.
Volevo sapere se qualcuno ha provato a tradurre il libro “The Dharma of Homeless Kodo”.
Grazie di tutto!
Settembre 3rd, 2009 at 12:39 pm
Di Sawaki in italiano ha tradotto varie cose Sono Fazion (le trovi qui), non so se però ha tradotto quel testo. Fazion non traduce dal giapponese. Con ogni probabilità il testo lo trovi tradotto in inglese nel sito di Antaiji (trovi il link in home, a destra in basso). Ciao, mym
Settembre 5th, 2009 at 8:23 am
Chissà come verrà recepito – o se verrà recepito – il messaggio di Jiso, in un ambiente in cui la filosofia di vità è “massì, con un po’ di buona volontà si risolve tutto, o magari versando la quota di euro … sul conto corrente numero …”
Settembre 5th, 2009 at 5:36 pm
Chissà. Ma, come diceva mr. Butler, “Frankly, I don’t give a damn” ovvero, francamente me ne infischio. In consessi del genere o non si va, o, dovendo andare, con 15 minuti di tempo a disposizione per parlare, l’unica è dire senza parafrasi quel che uno pensa vada detto. E se anche solo un orecchio si drizza… altrimenti pazienza, sarà un altro sasso in fondo al mare, dopo aver fatto i suoi quattro salti in superficie, in barba alla gravità.
Settembre 5th, 2009 at 8:07 pm
Ottimo: a Cracovia di’ anche questo!
😉
Settembre 6th, 2009 at 5:20 pm
Aggiungo un’altra provocazione: ritengo Hegel – che affermava l’assoluta transitorietà di tutto – più facile da far dialogare con il buddismo che non san Francesco, il quale aveva tutta una serie di certezze: il “signor papa”, la “realtà” del mondo ecc.
Settembre 6th, 2009 at 5:30 pm
Sì, concordo per ciò che concerne la fenomenologìa o, se preferisci, la filosofia. Ma questa conta poco in ambiente serio (con pardòn) perciò il Poverello la sapeva abbastanza lunga da farci un tresette, con Hegel … solo chiacchiere.
Settembre 6th, 2009 at 7:13 pm
Uno a zero. Però, se il criterio è saperla lunga e “non costruire”, penso che siano esistiti personaggi ancora più dialogabili, p.es. quel mistico inqualificabile di Jeroen van Aken, alias Hieronymus Bosch.
Settembre 8th, 2009 at 3:24 pm
Uno specchio?!
Settembre 8th, 2009 at 3:47 pm
La foto di mammà?
Settembre 8th, 2009 at 4:58 pm
… No, è Superman!
(a doc: quella dello specchio l’aveva già sfruttata H.P. Lovecraft)
Settembre 9th, 2009 at 4:16 pm
Dante sosteneva che il Veltro cristiano caccerà la Lupa (il demonio) “per ogni Villa”.
Quindi occhio, non siete ancora al sicuro!!!
Settembre 9th, 2009 at 4:37 pm
Al sicuro? Una noia mortale. La lupa poi, poverina, per noi buddisti DOC è un povero essere senziente da salvare. Lasciate che le lupe vengano a me…
Lupacchiotte? 🙂
Settembre 9th, 2009 at 6:01 pm
Per uscire dall’ ottica della pace come un processo di crescita in cui si mettono “ con buona volontà” tanti mattoncini uno sopra l’ altro sperando di costruire un mondo migliore, credo ci voglia un cambio di visuale, a dir poco, impegnativo da tanti punti di vista.
All’ interno di questo possibile nuovo atteggiamento verso la costruzione di una pace non solo individuale ma anche collettiva, che emerge dall’ intervento di JF, le riflessioni sul proprio modo di stare al mondo, sono sicuramente molteplici. Tra le altre, la difficoltà di abbinare la parola “violenza”, per esempio, al dolore per la morte di una persona cara o al dolore insito nella nascita….
Oppure sul possibile “come” l’ opera della pace che sottrae è infinita mentre la violenza ( comunque? ) è relativa …
Grazie
Settembre 9th, 2009 at 9:07 pm
Già però san Francesco, il lupo lo ha ammansito. Che lo si cacci o lo si rimbecillisca, il lupo cattivo è sempre da rendere innocuo…
Settembre 10th, 2009 at 4:32 pm
La pace di cui parla Gesù, in cui Buddha è seduto, e a cui noi volgiamo lo sguardo, non può nascere che dalla pace: la pace dello spirito, del cuore, dei sensi è il “luogo” unico in cui si verifica e da cui si diffonde. E’ possibile, nel nostro cuore agitato dal contrasto di sentimenti, pensieri, passioni, nel nostro mondo intrecciato dal concorso incessante di pace e di guerra, “quella” pace? Bisogna crederci per provare e provarci per credere. Ogni volta che faccio silenzio, il silenzio si fa. All’apparenza il rumore del mondo procede incurante, ma il mio mondo è silenzio. I latini dicevano “omnia munda mundi”, tutto è puro per il puro – perché allora non “tutto è pace per chi è in pace”? Questa è la logica dell’assoluto, se così posso esprimermi.
La fede poi consiste (anche) in questo: che individuale e collettivo non sono separati. Perché questo non sia un delirio dell’io, bisogna sfilare il sostegno dell’io. Qui cadono i dubbi insieme a tutto il resto. “Come”, lo suggerisce (dovrebbe) l’insegnamento religioso cui ciascuno si affida, che a ciascuno è affidato. Nel mio intervento faccio il nome del come indicato dal buddhismo zen.
Comprendo la difficoltà di abbinare la parola “violenza” alla morte, alla nascita. L’ho usata in un’accezione differente da quella usuale, di violenza dell’uomo sull’uomo. Intendevo richiamare l’attenzione sulla naturalità del fenomeno: non è violenza un terremoto, un’inondazione, un’eruzione che sconvolge la terra e le vite? Non è la violenza di una sopraffazione bensì quella di una rottura. Ogni rottura la chiamo violenza, perché è principio di dolore. Così è la morte, che lascia un vuoto incolmabile, così è la nascita, che è la rottura di un equilibrio per la fuoriuscita di un mondo. Forse c’è una piccola forzatura (violenza?) nell’uso della parola, che giustifico come tentativo di mostrare che la realtà non è naturalmente pacifica, e che la pace non è la condizione naturale: anzi, in un certo senso è la non condizione, l’incondizionato. Operare la pace in se stessi e nel mondo è aprire la porta all’incondizionatoà: opera infinita che si realizza ogni volta e ogni volta inizia da zero.
Settembre 10th, 2009 at 4:50 pm
Quest’ultima frase (L’opera invisibile della pace che sottrae è infinita, mentre la violenza che aggiunge per grande che sia è relativa.) pare anche a me piuttosto criptica. Chissà se c’è qualcuno così caritatevole da farla capire anche a questa testa di legno?!
Settembre 10th, 2009 at 7:39 pm
Chissà. Nella mia intenzione, la metafora del muro (una somma impilata di mattoni) descrive una realtà relativa: l’enormità del muro è data all’assommarsi, è cioè relativa a ogni aggiunta. È una quantità, per immensa che sia. La sottrazione non è l’operazione relativa del togliere un mattone per volta: è azzeramento, immediato, non quantitativo, non graduale. Toglie tutto, in questo senso è infinita, senza aggiungere nulla, ogni volta.
Settembre 10th, 2009 at 8:58 pm
Piiiiiccola tirata d’orecchie a JF, su una questione secondaria: “omnia munda mundis” (tutto è puro per i puri) non è un detto latino ma una frase di san Paolo; che nell’immaginario collettivo si è cristallizzata in latino a causa della Vulgata, la Bibbia in latino che era di prassi fino alla metà del Novecento.
Non sempre però san Paolo ha contribuito ad alimentare una mentalità “pacifica”.
Settembre 11th, 2009 at 12:48 am
Una spiegazione ed una indicazione insieme. Se non è esser caritatevoli questo…!
Settembre 11th, 2009 at 10:51 am
Ringrazio Dr, davvero, per la tirata d’orecchi che ha da essere duplice – ho due orecchie anch’io. La citazione infatti, era errata non solo nell’attribuzione ma anche nella forma latina: (pur declinata al singolare la frase sarebbe “omnia munda mundo” e non “omnia munda mundi” come ha scritto questo pretenzioso ignorante – cosi’ imparo a fare il furbo.
Dr, signorilmente, non ha infierito, ma a ciascuno il suo. Dunque, Paolo di Tarso, Lettera a Tito, 15,1 – sono andato a controllare. Sul fatto poi che San Paolo non sempre abbia contribuito ad alimentare una mentalita’ di pace, sono d’accordo (proprio la lettera in questione e’ non poco virulenta, tra l’altro) ma senza attriburgliene necessariamente la responsabilita’. Era un gran combattente, certo, il che di per se’ non vuol dire non essere persone di pace – vedi Gandhi. Gli epigoni, poi, capiscono e fanno quel che possono e vogliono: siamo riusciti a rendere occasione di guerre persino l’amore di Cristo e il silenzio di Buddha.
Settembre 11th, 2009 at 11:24 am
Ribadisco, era davvero un’osservazione piccola così, in confronto ai temi che avevi sollevato. (Ah già, dimenticavo che la Stella del amttino è l’unico sito italiano in cui le osservazioni critiche sono le benvenute. Sareste benemeriti anche solo per questo).
Settembre 11th, 2009 at 11:30 am
Seee, ciccicoccò. E bravo il sollevatore di temi… 😛
Settembre 13th, 2009 at 7:54 pm
Buddazot è straordinario: in “altre” religioni i fumetti hanno scopi melensamente propagandistici; qui invece la strategia è quella dello spiazzamento costante.
Poi, come fan della fantascienza, aggiungo un plauso supplementare alle scenette in cui l’interdipendenza si allarga – in simultanea – non solo allo spazio ma perfino al tempo (dal presente al Medioevo, al futuro).
Insomma, sempre bravo PS.
Settembre 14th, 2009 at 1:51 pm
Ciao dr,
grazie per l’apprezzamento, che incoraggia. Comunque non ignoro che – forse per le stesse considerazioni, ‘capovolte’ – Buddazot risulti indigesto a molti.
Settembre 14th, 2009 at 4:02 pm
Ah ma “doc” coincide con Paolo Sacchi?? in questo sito l’identità è più inafferrabile di qualunque altra realtà buddista 🙂
Mi spiace per le indigestioni. Forse gli italiani, perfino tra quelli convertiti allo zen, hanno troppo bisogno della Mamma Rassicurante, che sia quella biologica, o la chiesa, o la politica, o il “rifugio nel Buddha”…
Strano però che le massicce e drastiche cure MYM non facciano effetto.
Settembre 14th, 2009 at 11:39 pm
Ops! c’era una identità segreta…?!
In ogni modo, dire ‘molti’ è gonfiare le cose: non sono molti neanche i lettori di BZ, figuriamoci i detrattori. A qualcuno piace ed a qualcuno no. I più se ne infischiano.
Settembre 15th, 2009 at 8:06 am
… Peggio!!!
Gli ignavi non sono degni neppure dell’inferno (Dante)
😉
Settembre 15th, 2009 at 9:16 am
L’uso delle immagini è relativamente recente nel buddismo (IV-III sec. a.C.), attualmente se ne hanno esempi in America e Giappone con fini didascalici simili -mutatis mutandis- al catechismo cattolico. Buddazot è più di un fumetto buddista, in realtà la definizione di fumetto vi si attaglia solo per la presenza dei balloons, fumetti in italiano, quelle aree variamente contornate che contengono il dialogo. L’arte buddista è uno degli esercizi più difficili, non per nulla da secoli abbiamo pressoché solo riproduzioni.
Settembre 17th, 2009 at 3:30 pm
Strano ma vero, questo resoconto “pepatino” – grazie a una talpa – verrà pubblicato, con qualche edulcorazione ma minima, anche sul settimanale cattolico umbro La Voce del 18 settembre. Fatto tanto più notevole, se si considera che il mensile progressista Jesus se l’è cavata con uno spottone pubblicitario della Comunità di Sant’Egidio, lungo una spataffiata di pagine. Mala tempora currunt (in una parola: samsara).
Settembre 17th, 2009 at 3:42 pm
Penso che la pubblicazione su La Voce abbia una valenza di dialogo poco appariscente ma fattuale come raramente.
Settembre 17th, 2009 at 7:08 pm
Ciò che non appare [humei] è il più importante 😉
Grazie soprattutto a Jiso, ancora. Perché, se oggi da un lato trionfa il becerume, dall’altro gli risponde il piattume piagnone, indi altrettanto dannoso. La terza via è quella delle… stilettate inferte con buona grazia.
Settembre 18th, 2009 at 11:23 pm
Ma dove sta il “pepatino”? Mi sembra un ottimo spot per sant’egidio
Settembre 19th, 2009 at 3:26 pm
La versione “vociana” dell’articolo di Jiso è on line all’indirizzo
http://www.lavoce.it/articoli/20090918162.asp
Settembre 19th, 2009 at 3:58 pm
Grazie, si dialoga si dialoga, perbacco!
Settembre 20th, 2009 at 1:29 pm
Non vedo il dialogo. Il mio commento vedo che non è stato pubblicato.
Settembre 20th, 2009 at 3:00 pm
gentile Antonella, può anche capitare che uno al venerdì pomeriggio abbia – per esempio – un impegno di lavoro tale da non permettergli di approvare al volo i commenti in attesa di moderazione. il dialogo ha i suoi tempi, e nel mio personalissimo caso deve anche fare i conti con le contingenze di lavoro e familiari. in ogni caso benvenuta e buona domenica. pierfrancesco
Settembre 20th, 2009 at 5:55 pm
@lilly
Il pepatino è tra le righe, direi. Notare i dettagli del racconto.
Settembre 23rd, 2009 at 4:03 pm
Approvo.
Cristo ha dato un esempio “trasformandosi” in un velo, silenzioso, muto, con gli occhi chiusi, praticamente invisibile se non a determinate condizioni.
Settembre 24th, 2009 at 7:36 pm
Ma… il contrasto tra le due donne è così forte, che alla fine mi fa quasi tenerezza la donna che, nascosta dietro la maschera, in qualche modo “imposta” dalla società in cui vive, cerca comunque, magari in modo altisonante e sbagliato, di esprimere un suo disagio …
Settembre 24th, 2009 at 10:08 pm
“Mea culpa” per noi maschietti. Marta ha colpito nel segno.
Settembre 25th, 2009 at 1:53 pm
Meno male. Di tutto abbiamo bisogno, in questo nostro povero mondo, tranne che di un nuovo integralismo (buddista, questa volta).
Il giorno che questo, grazie anche alle signore con i raiban a specchio e il SUV, divenisse inevitabile – come accade per le dittature – sarà un giorno molto triste.
Settembre 25th, 2009 at 1:57 pm
però…che occhi ammalianti!
Settembre 25th, 2009 at 3:12 pm
Il contrasto fra due modelli, proposto con intenzionale malizia” (son pur sempre un maschietto italiano di fronte al femminile), non era certo inteso come invito a scegliere uno dei due come preferibile. Nessun modello è portatore di libertà, neppure (specialmente?) quando grida di esserlo; nessun modello annichilisce la libertà (voglio credere, altrimenti non ce ne sarebbe più traccia a questo mondo da tempo immemorabile) anche se può mortificarla, ferirla, ostacolarla. Là dove un modello, quale che sia, produce disagio e avvilimento (e la malizia maschile nei confronti della donna lo fa nei secoli dei secoli, ovunque) la libertà è offesa. Riusciamo ad essere impudichi anche quando difendiamo il pudore.
Settembre 25th, 2009 at 3:43 pm
Ben detto, perbacco! Sottoscrivo.
Settembre 25th, 2009 at 8:12 pm
Anch’io! Ciao doc!
Ottobre 1st, 2009 at 2:51 pm
a proposito di Commenti… ma qualcuno sa che fine ha fatto homosex??
Ottobre 1st, 2009 at 3:40 pm
Mi dicono che, scherzando scherzando, sia diventato un avvocato di grido (Aaaaaaaah!) e che abbia assunto la difesa di Roger Rabbit. Ma la suocera, mangiata la foglia, lo ha messo di profilo. Roger nel frattempo… Ma il resto (?) lo racconterà lui.
Ottobre 1st, 2009 at 4:02 pm
Alan, perdonali, perchè SANNO quello che dicono!
Ottobre 2nd, 2009 at 3:47 pm
Questo haiku mi ha fatto tornare alla mente una poesia di Daiugu Ryokan che, presentata durante un corso,aveva fatto sorgere parecchie perplessità negli astanti. Diceva così ( purtroppo ho perso il testo originale ):
Non so davvero
cosa sarà di me
in avvenire;
per oggi basta
bere allegramente.
Ottobre 2nd, 2009 at 5:09 pm
Perplessità comprensibili & condivisibili, almeno a interpretare il testo nel senso più immediato. Come è scritto nel (??? … mym, soccorrimi!), si possono trasgredire le regole, purché lo si faccia in vista di un bene che la regola non potrebbe ottenere, e se ne paghino le conseguenze: vedi la storia del monaco che salvò una donna che stava per annegare.
Ottobre 2nd, 2009 at 6:32 pm
Regole?!
Ottobre 2nd, 2009 at 8:10 pm
Intanto mi scuso per un errore, il nome è Daigu e non Daiugu. Vorrei inoltre aggiungere che, se non ricordo male, l’ intento del relatore era quello di far cogliere la leggerezza e la libertà di vivere l’oggi, considerata la mancanza di aspettative ( e di desideri ) riguardo al futuro.
Ottobre 2nd, 2009 at 8:49 pm
Anche il libro del saggio Qohèlet dice: “Tutto è vanità e un rincorrere il vento… l’uomo non ha altra felicità sulla terra che mangiare, bere e stare allegro” MA dice anche che, SICCOME tutto è vanità, allora “c’è un tempo per costruire e un tempo per demolire, un tempo per piangere e un tempo per ridere”.
Ottobre 3rd, 2009 at 8:28 pm
Sì e, mi vien da dire, c’è anche, forse, il tempo per essere un po’ poeti e un po’ folli ( come era definito, mi sembra, Ryokan . Mi viene un dubbio, però, chissà come si fa a riconoscere il “tempo giusto” per le cose….
Ottobre 3rd, 2009 at 9:52 pm
E’ lì il bello!
Sennò a che servirebbe essere buddisti?
Ottobre 5th, 2009 at 7:38 pm
Non è per mettere sugli altari i morti, con la scusa che “se ne vanno sempre i migliori” oppure sfruttando la tendenza a santificare e mitizzare chi non c’è più per poter brillare della sua, attribuita, luce. Gianni aveva un mare di difetti, chi lo ha conosciuto lo sa. In un’epoca in cui fare zazen, per lui, significava anche pagare di tasca propria l’affitto della soffitta dove ci riunivamo, un operaio, sposato, con due figli, ha continuato per 15 anni a sedersi e ad offrire la possibilità di sedersi a chiunque, senza mai eccepire sulla provenienza di nessuno. Non penso si possa fare molto di più.
È stato molto divertente, interessante non solo partecipare alla realizzazione del filmato ma anche vedere, udire le reazioni -anche scomposte- che hanno accompagnato questo progetto. Forse qualcuno pensava che potessimo appropriarci della sua memoria. Mah…
Ottobre 6th, 2009 at 10:01 pm
Sarà strano innamorarsi a Milano, ma è carino che lo zen nasca a Torino.
😉
Ottobre 7th, 2009 at 10:59 am
Torino, caro ‘lme amìs, è (era?) un posto molto particolare. A parte le storie da Codicedavinci tipo che la città è uno dei vertici del triangolo magico ecc. però sino a trent’anni fa a Torino si trovavano più gruppi esoterici che piòle. Ci saranno anche motivi storici ma penso dipenda anche dal fatto che i turinèis sono così introvertiti che il mondo dell’interiorità in qualche modo suona loro famigliare. A volte in modo un po’ grottesco, magico o misterioso ma anche in modo serio.
Ottobre 7th, 2009 at 11:23 am
“Lei sa come adulare”
Ottobre 9th, 2009 at 3:29 am
Sperimentando la forza divina dello zazen cybernetico esco da me stesso e divento spettatore..Il ricordo di Gianni mi sconvolge e mi getta nel Panico:Torino mi fa pensare a Milan che mi fa pensare ai cavalli..
P.S. Dio ha tentato di uccidermi.(Proprio così.DT,32,31,”Io ucciderò e farò uccidere”.Insomma un pirata mi ha investito mentre ero sulle strisce pedonali – niente di rotto.Amici:non ci sono amici).
Ottobre 9th, 2009 at 3:55 am
Siccome non difendo conigli redigo la requisitoria che condannerà secondo giustizia il mondo e Dio davanti al Tribunale supremo.Per la serie fututologia dello ius publicum europeaum.
L’immagine filmica è parte di quest’epoca sconvolta e miserabile a cui si crede come ai fantasmi;direi che il film è lo spiritismo del nostro tempo.
Ottobre 9th, 2009 at 8:36 am
Ciao Homosex, bentornato allo scoperto. Lieto che tu non difenda il presidente del coniglio… Riguardo a film e spiritismo mi sovvien di popoli tuttora presenti dove la ripresa fotografica è proibita per rischio di perdere pezzi di tempo di anima. Non so se è così ma ho sempre evitato di farmi fotografare e, ancor di più, filmare. Gianni è sempre più un fantasma (una varietà di fantasmi) nelle memorie. Normale che lo si trovi in un filmato, voodoo moderno.
Ottobre 9th, 2009 at 10:12 am
Bentornato anche da parte mia.
Ci erano cari i tuoi commenti… e anche le tue ossa, se è per quello.
Ottobre 9th, 2009 at 10:35 am
Ma se non si è rotto niente, nemmeno un ossicino. Pensa a quel poveretto che lo ha investito, che spavento, sulle strisce per di più, sai i guai che gli farà passare…
Ottobre 9th, 2009 at 11:51 am
dallo Zen allo zan-zaaannn (della serie: becca là!)
Ottobre 9th, 2009 at 11:57 am
Apparire è come vestirsi da pernice in un bosco, durante la stagione della caccia
Ottobre 9th, 2009 at 3:08 pm
Sparire è invece come vedere un film.Forse la paura della riproduzione tecnica delle immagini deriva dal fatto che un tempo da queste si trassero miti e religioni ora restano i film dopo che tutto questo se ne è andato.La citazione è tratta dalla versione greca della bibbia(se la vedano i bibbiomani).Comincio a pensare che il diritto subentri alla speranza(che suppone spiriti smarriti) e che il Panico aguzzi l’ingegno.Mi sovvien chi, mentre se la spassa, viene afferrato dal Panico e perciò deve pensare..
Ottobre 9th, 2009 at 3:48 pm
Sì, concordo, per “godersi” un film, ma anche un libro, una poesia, un quadro, occorre sparire per il noto processo di identificazione (momentanea, plurima o antagonista) ma senza il ricomparire non vi è l’appropriazione intellettuale, il giudizio, il mi piace non mi piace, il raffronto, la critica, la valutazione estetica erotica ecc.
Idem nel far l’amore.
Ottobre 9th, 2009 at 4:58 pm
Ma come la fate complicata, voi intellettuali! E’ poi solo un filmetto amatoriale. Un omaggio alla memoria (ed in questo senz’altro discutibile, perché no?).
Viviamo tempi in cui l’idolatria della personalità orienta le menti. Le ‘scienze tradizionali’ non fanno eccezione, con l’invenzione della figura del ‘Maestro spirituale’ e con tutta l’enfasi che circonda questi personaggi, che spesso sfiora appunto l’idolatria. E crea una sorta di mercato.
Il film propone, tra l’altro, una specie di figura di non-maestro, e certamente questo può disturbare. Chi si sente ‘disturbato’ e si ferma lì, perde una buona occasione per riflessioni salutari.
Mi pare che nella tradizione islamica le immagini antropomorfe siano bandite: questo però non scongiura forme di idolatria, talora anche fanatica.
Non è tanto l’immagine quanto l’occhio che la guarda, il vero punto.
Ottobre 9th, 2009 at 9:43 pm
Certo che qui tra DOC, MYM, DHR sembra un salotto elettronico tra cyborg. Quando arriva C-3PO?
😛
Ottobre 10th, 2009 at 3:07 am
– hic sunt leones.Siccome ho il blocco del commentatore la sparo grossa(e chi capisce è bravo).L’immagine è trasparente per cui non contano gli occhi,buoni a misurare la grandezza estensiva,ma gli echi e le sonorità del corpo.Insomma l’immagine filmica,sublime fantasma dell’artificiosità,non si vede ma si sente.Per es. se (ri)vedo Eyes wide shut sento IL CIELO SU TORINO cristallizzarsi nel ricordo di un uomo che abbracciava un cavallo..(Per la serie tecnica e subliminazione della paranoia).Onore a Gianni onesto testimone della malattia storica.Di più ad un maestro non si può chiedere.
Ottobre 10th, 2009 at 3:10 am
P.S.Comm. 9.Un pirata è colui che dopo averti investito fugge lasciandoti a terra dolorante.Che guaio che sto passando..Se lo becco mica lo denuncio,gli marchio a fuoco la fronte con il logo di canale 5.
Ottobre 10th, 2009 at 8:47 am
Al n. 16: notevole la “riflessione” (cfr specchio, appunto) sull’immagine che si sente.
Al n. 17: rinnovo la solidarietà. Suggerisco di marchiargli sulla fronte il ritratto del “Giudice” del film “Pink Floyd – The Wall”.
Ottobre 10th, 2009 at 11:28 am
Eyes wide shut non l’ho visto, per i noti motivi. Però gli abbracci ai cavalli torinesi, magari in lacrime, mi ricordano il crucco veggente. Nonché matto come un… cavallo. Gianni era più terra-terra, per lui un cavallo era un cavallo. Anche se ammetteva volentieri di non sapere che cosa sia un cavallo.
Ottobre 10th, 2009 at 2:53 pm
… ovviamente dimenticandosi che l’unica differenza tra Nietzsche e un pazzo era che Nietzsche non era pazzo.
Ottobre 10th, 2009 at 5:00 pm
Leggo i commenti e, con pardon, mi viene voglia di aprire la finestra, di far circolare un po’ d’aria nella soffitta di questo cybercenacolo così “torinese”. Lo so, non sono il più adatto, son della banda dei c’ero anch’io e dunque da che pulpito…
Però il film è in rete oggi, sono molto contento che ci sia, senza memoria il presente è solo funzionamento fisiologico e la memoria è tanto ricordo quanto oblio. Il ricordo di Gianni interessa il presente – il Gianni che ricordo al presente si interessava. Per questo mi piacerebbe sapere cosa ci vede chi vede il film adesso, senza avere l’immagine del Gianni che fu. Qualcuno per cui ci sono solo queste immagini, immediate e innocenti. Io posso fare lo sforzo (artificioso, ma di arte stiamo parlando) di usare la memoria per non ricordare ciò che fu e non scordare ciò che è. Vedo un uomo normale, in luoghi, situazioni normali, che cerca di spiegare con parole normali quel che non può spiegare pur essendo l’unica cosa che vorrebbe e varrebbe la pena spiegare. Lo vedo dirigersi verso un muro e un cuscino, per sedersi e invitare a sedersi. Si può fare di più facendo di meno?
Passato, presente, manca una ruota al triciclo del tempo – anch’io vorrei lasciare il vuoto sul cuscino per potersi continuare a sedere.
Non posso scordare di più e non voglio ricordare di meno.
Ottobre 10th, 2009 at 7:09 pm
E così ecco JF (senza K), l’ultimo dei cyborg 😀
Ti dirò la verità (“No! Perché?” – Massimo Troisi). Ho guardato diciamo i due terzi del cortometraggio, ma poi ho spento. Il tema era interessantissimo (nel senso di “inter-esse”) e il personaggio meritevole ma… orrore!… questa produzione alternativa aveva la stessa cadenza, gli stessi ritmi, in sostanza i difetti, del cosiddetto “cinema impegnato” italiano e francese: gente che chiacchiera in casa e per strada. Parole difficili appiccicate su immagini banali.
Non si poteva, che so, ricostruire visivamente il mondo di Gianni? Non inquadrare “lui” (un attore) ma immagini, scene, sequenze, colori, oggetti, con relativi suoni, che facessero percepire qualcosa del suo vissuto, del suo cammino, della sua “mahatma”?
Scusate i giudizi tagliati con l’accetta. Lo scopo è solo contribuire al dibattito.
Ottobre 10th, 2009 at 7:21 pm
Lo sapevo, ecco i “mai cuntènt”. Quelle SONO le immagini le scene del suo vissuto. Sono riproduzioni quasi registrate, intercettazioni filmate del suo vissuto. Anche lo sfondo: il luogo da cui esce l’attore è davvero l’azienda in cui lavorava Gianni, la “casa di ringhiera” è proprio quella dove c’era la soffitta… e poi il film è bellissimo.
Ottobre 10th, 2009 at 8:48 pm
Per rappresentare BENE una realtà, ciò che un’immagine NON deve assolutamente fare è copiare para-para quella realtà. Regole basilari della comunicazione, monsù.
Oppure si decide che lo zen è apofatico, e si rinuncia in partenza a filmeggiarlo.
sgrunt
Ottobre 10th, 2009 at 8:53 pm
p.s. anche i filmini delle vacanze sono bellissimi, per chi ci è stato. Ma per comunicare a terzi quelle sensazioni serve altro…
Ottobre 11th, 2009 at 1:05 am
Ignoro i motivi per cui mym non ha visto E.W.S.(non avrai mica paura del fantasma di Kubrick?).Ai ‘disturbati’ dal fantasma di Hitler suggerisco Inglourious Bastards(a cui devo l’ispirazione della truculenta immagine del comm.17).
A proposito di fantasmi..A Torino nel 1889 il ‘veggente’ era attenzionato dai servizi segreti americani,inglesi,francesi pontifici.Dopo 2 anni di vuoto esistenziale il nostro,ritrovando una seconda giovinezza, editava libri di caratura internazionale e portata storica.La forza emotiva era al suo apice perchè egli intendeva modificare alcuni “fatti” politici c.d. Realpolitik di Bismark, agendo in modo risoluto sul piano europeo per cambiare il corso della storia.E, dato l’uomo, direi che se non fosse “capitata” la follia sarebbe stato
sicuramente un fatto plausibile.Mi fa specie che alcuni storici non specifichino che i fatti che indicano la “follia” non sono così folli, considerato l’uomo, la sua storia e la sua forza.Assecondato nelle conversazioni personali da abili spie, l’autostima del filosofo strabordò sviluppando comportamenti poco comprensibili a occhi quotidiani,eccezionali in linea con la sua visione del mondo e con la sua sensibilità. Presto i suoi comportamenti sarebbero risultati talmente “anomali” da ricevere una repentina certificazione clinica(paralysis progressiva)con tanto di firma del dottore.N passerà dall’apice della sua potenza a una situazione in cui verrà guardato da tutti con pietà..e se per caso regge per qualche tempo alla follia poi diviene davvero folle per la depressione..Capirete come i servizi inglesi e americani si impanicarono quando tutto il loro lavoro di mungitura-spremitura passò ai nazisti..Dunque una filosofia che ha i suoi postulati all’interno della realtà e che attraversa il reale con una forza sferzante e risoluta,capace di far sorgere un sistema alternativo all’attuale( i suoi postulati impongono al mercato di essere solo un mezzo e non il fine)viene bandita per la folle testimonianza che ne da la Storia. Ovvero perchè appena dichiarato folle venne prelevato dall’odiatissima sorella E.(coniugata ad un ufficiale nazista)e rinchiuso nella clinica di Jena.Non c’è che dire una bella fortuna ereditare il suo ‘pensiero’.Un tesoro così composto: manoscritti tipo l’Anticristo (25),quaderni di varie dimensioni(176) da cui trarre aforismi a iosa,appunti filosofici(64) etc. Insomma abbastanza per fare la gran dama alla corte di Hitler.Da allora niente.In realtà il filosofo è “morto” nel 1889 perchè in nessun modo egli ha potuto esporre nuovamente il suo pensiero.La vulgata della follia di N è stata creata ad arte per mantenerlo lontano dai vari sessantottini e forze di alternativa proprio da coloro che hanno speculato su ricerche inglobate al sistema che si stava progettando.
In ‘Gianni’ (ri)vedo,meraviglie delle meraviglie,me stesso.
P.S.Devo partecipare ad una seduta spiritica silicet vado al cinema.Good night.
Ottobre 11th, 2009 at 1:08 am
P.S.Non t’arrabbiare per le lungaggini ma non sono portata per la storia(e manco per la sintesi).
Ottobre 11th, 2009 at 9:45 am
Grazie di cuore a homosex che ci ha restituito il vero Nietzsche. Consigliabile anche il bellissimo saggio “Nietzsche e il circolo vizioso” di Pierre Klossowski (fratello del pittore Balthus, tra parentesi).
Sembreremmo scantonare da Gianni. Eppure, se tutto è interdipendente, co-generato, simultaneo…
E se tutto si svolge tra le nebbie (mitologiche) di Torino…
Ottobre 11th, 2009 at 2:32 pm
Vorrei fare una riflessione da “esterna” ( ohibò, sono l’unica che non è o non è stata dentro al “giro”? Mi sento un po’ sola!) riguardo al filmato. Ciò che mi comunica non può essere chiaramente il ricordo di qualcuno, ma è qualcosa che, per me, a che fare con il modo di essere di chi percorre la via.
Sotto sotto, qualche volta o spesso, magari si coltiva l’idea che praticare lo zen possa portare a dei cambiamenti ( in meglio naturalmente ) di vita, per sè o per chi ci vive accanto. Il filmato ( e leggendo di chi si stava parlando )mi sembra sottolinei che la vita ( almeno apparentemente ) scorre proprio come se non ci fosse nessuna pratica: rimangono le difficoltà di farsi comprendere, rimane la routine del lavoro quotidiano, rimangono i tramonti…
Non so se è poco, ma io la sento come una cosa importante, perchè talvolta, quando le cose proprio non vanno, si può essere portati ( almeno a me è successo )ad allontanarsi dalla pratica, quasi “addebitando” ad essa la mancata capacità di essere …di fare… ecc.
Forse è una stupidaggine…. ma tant’è, mica sono del giro!! Ciao…
Ottobre 11th, 2009 at 10:42 pm
Vi assicuro che non ho dubbi sulla natura dell’agire.Ho raggiunto la pace.La coscienza ‘buona’ fissa ciò che accade dandolo in pasto alla responsabilità e distinguendo colpevoli da innocenti(Certo dalla riflessione sull’agire si pretenderebbe altro).Dunque N muore nel 1889,nasce il cinema e Torino è il set.E Gianni?.”Entro in scena senza una prova”mi dice un attore.”Come nella vita”aggiunge.Ciao.
Ottobre 12th, 2009 at 9:23 am
Cara Marta, grazie. Basta il tuo commento per compensare tutta la fatica e le difficoltà e le piacevolezze che è “costato” realizzare il film. Lo zazen non è un toccasana che ti fa diventare più… intelligente, buono, saggio, accorto ecc. ecc. Caso mai, nel caso migliore, è una modalità di vivere serenamente non ostante i proprio limiti.
Gianni in gioventù, dopo essere stato nella Legione Straniera ed esserne fuggito fu attore, a teatro.
Ottobre 12th, 2009 at 10:21 am
Marta coglie nel segno due volte con un colpo solo, non male. Del primo centro ha già detto mym – aggiungerei solo che di quando in quando tutti coltiviamo la speranza che zazen ci renda un pochino migliori, di noi stessi e degli altri. Smascherare quest’alibi senza banalizzare lo zazen a passatempo, mantenendone la meravigliosa unicità, è essenziale per fare zazen per bene: e in questo Gianni era veramente maestro.
Il secondo centro di Marta è antropologico. Hai ragione, c’è un sentore di conventicola, una specia di invisibile cerchio che delimita chi è dentro e chi è fuori. Penso sia un difetto dello zen nostrano (e forse non solo) che ci portiamo dietro nonostante le dichiarazioni di incondizionata apertura e di indiscriminata accoglienza. Il “nostro zen” è molto poco cattolico, nel bene e nel male, e forse questo sito è l’occasione di rompere il cerchio magico e di far ciò che caratterialmente abbiamo tanta difficoltà a fare, vale a dire accogliere altri senza pretendere che diventino come noi. Penso che la nascita torinese dello zen nostrano, che qualcuno ha rivendicato, abbia a che fare con questo marchio di fabbrica. Gran Torino! Anch’io mi son sempre sentito un po’ forestiero, ai tempi, pur facendo “parte del giro”. Mi piace allora qui ricordare un altro polo degli albori dello zen italiota (sceneggiatura di un prossimo film?) in una città non meno caratterialmente chiusa ma geograficamente spalancata sul mare e sconosciuta alle nebbie. Del resto lì il tedesco profeta incazzoso non veniva perseguitato dal ludibrio e dal sospetto, fin a doversi consolare abbracciando i cavalli (a questo proposito consiglio una deliziosa pagina di Kundera nell’Insostenibile leggerezza dell’essere, dove si afferma che N. abbraccia piangendo il cavallo per chiedergli scusa del modo in cui Cartesio parlava degli animali, macchine viventi senza coscienza di essere). Lì scrisse la Gaia Scienza, concepì Zaratustra ed era talmente gentile ed amato da essere chaimato, nei vicoli, “il Santo”. Cosicché ebbe a scrivere, prima di salire a nord e nelle nebbie: “Quando uno va a Genova è ogni volta come se fosse riuscito ad evadere da sé: la volontà si dilata, non si ha più coraggio di essere vili. Mai ho sentito l’animo traboccante di gratitudine, come durante questo mio pellegrinaggio attraverso Genova.”
Ottobre 12th, 2009 at 11:27 am
Insomma, se ho capito bene, la qualità filmica dell’opera (al di là dei contenuti, su cui nessuno ha niente da ridire) è intoccabile?
Ottobre 12th, 2009 at 11:49 am
Giusto, mon chère, soprattutto non mi toccate la qualità filmica, veh…
Ottobre 12th, 2009 at 1:46 pm
A me, proprio volendo, chiedendo permesso e ottenutolo, la qualità filmica si può anche toccare – a difesa della quale c’è da dire che più che un film l’opera è una pièce teatrale (del resto quanti film eccellenti sono stati tratti da opere teatrali, uno per tutti Chi ha paura di Virginia Wolf?). Se cerchi l’azione in un film sul non fare sei nel posto sbagliato. E’ una pièce teatrale con personaggi e atmosfere degli anni settanta – riguardalo un pò così se hai voglia e tempo, e poi sappici dire.
Ottobre 12th, 2009 at 3:23 pm
Chi ha parlato di azione? Racconta più cose un quadro di Giorgio Morandi che cento puntate di Walker Texas Ranger.
Ottobre 12th, 2009 at 9:30 pm
,,,non so da che punto di quel che voglio dire posso iniziare, perchè è lunga, per me è un film visto e rivisto! ho avuto il mio passato mistico, ho creduto ai sogni, ho combattuto i cinici a spada tratta, e sono certo del valore di alcune frasi contenute nel filmato. Ma oltre che pensare che sia un pò come dare perle ai porci, ho la consapevolezza che il tutto (cioe quel che di buono è stato messo in bocca agli attori) per quanto possa essere una possibilità di stile di vita, non potrà mai essere messa in pratica da occidentali, per lo più viventi in un tempo inesistente dal punto di vista” uomo collegato all’universo” che in linea di massima non riesce a collegarsi neanche con il pianeta in cui vive. Dalle mie esperienze ho capito che l’uomo non può sfuggire a se stesso,( cioè dalla sua parte negativa che c’è sempre) anche se riesce a volte a convincere gli altri a farlo. ma gli altri si sà….sono manipolabili basta schiacciare il tasto giusto, ed è facile…troppo facile tenere una carota in mano, dolce, amara,arancione scuro o chiaro, ben matura, piccola o grande …sempre di carota si tratta, il film l’ ho già visto nella mia vita e più volte. C’è sempre qualcuno che ha qualcosa in più di te…,che la sa molto lunga…, che fugge dalle sue responsabilità,creando vittime sul suo cammino, che ti fotte la donna come è successo a me,certamente fà e dice anche di buono ma fondamentalmente un opportunista.E che ad una certa età perdendo il suo fascino e la sua tonicità, psicofisica si trova perso, e tutti i suoi insegnamenti? Benchè una buona parte abbiano motivo valido d’essere,umanamente e spiritualmente, si perdono in una nuvola. Troppo facile dire agli altri di vivere aspettando la casualità delle cose, magari potessi farlo, è tutta la vita che ci provo, infatti sono nella M….(cacca).Atteggiarsi a santoni è un lusso!! almeno qui in occidente, pena rischio esagerato dell’esserlo veramente, magari bruciati vivi in qualche panchina di un parco qualunque.NON SCHERZIAMO CON LA REALTA’ dei nostri tempi.Ormai i tempi sono cambiati, ne ho conosciuti troppi di Gianni, e guardacaso tutti poi hanno cambiato idea e modo di vivere.Allora!! Dov’è la verità? E di quale verità si parla? si ho capito e anche troppo che c’è e ci deve essere un motivo per tutto, ma non capisco per quale motivo mi devo affannare a cercarlo per forza, sono stanco…esageratamente stanco.Anche il nulla mi stanca ormai e anche il riposo.
Ottobre 13th, 2009 at 7:21 am
Mi vorrei scusare se con le mie parole ho offeso qualcuno,o se qualcuno pensa che abbia in qualche modo criticato Gianni, io come lui vivo da sempre in una zona degradata, conosco bene certe realtà e la voglia di evasione che ne deriva a viverci in mezzo, la tristezza e l’amarezza di un mondo cieco, che forse ha accecato anche me.In alcuni punti mi sono un lasciato andare alla rabbia, ma è una rabbia onesta, e se qualcuno pensa che il mio scritto abbia infangato il nome di Gianni gli faccio le mie scuse.Io non so che cosa gli sia successo, nè come in realtà ha vissuto, il film mi ha dato degli imput e mosso ricordi della mia vita passata, che mi hanno portato a reagire così,anch’io sono operaio da sempre, ho 50 anni, ho provato e riprovato a praticare buddismo, ad essere in simbiosi con la natura,e l’universo, ed ho sempre cercato di capire gli altri anche coloro che hamnno commesso grossi errori: C’è sempre un perchè delle cose, ma ho visto almeno per me, che alla fine, solo il distacco da tutto e da tutti è la salvezza dalla sofferenza.Ma ho visto che l’uomo non è fatto per la solitudine, o per auto annullarsi, deve interagire con gli altri esseri,da lì gli inevitabili compromessi ai quali dobbiamo assoggettarci ma non riesco a darmene una ragione:… sempre col dubbio che mi ha portato a riscrivere queste righe, vi pongo e mi pongo un’ultima domanda: Secondo voi l’abolizione dell'”IO” è possibile per un uomo? Non potrebbe essere il contrario? E se lo fosse, sarebbe meglio credere il più possibile in se stessi, fino anche a decidere di trascinare gli altri, ma non c’è il rischio che troppi si credano pastori? Visto che non c’è un giudice che può dare certe facoltà, o che le pecore finiscano in un burrone che non hanno fatto in tempo a scorgere. Non per incolpare il pastore, ma a volte la situazione può sfuggire di mano e potrebbe non avere il tempo di avvisarle tutte, specie se credentogli ciecamente si sono moltiplicate. E se ci riesce per forza di cose ha creato un’organizzazione, che a sua volta deve essere gestita da altre pecore (ma sempre esseri umani)che se fossero perfetti non sarebbero pecore! ecc. ecc…..mi scuso ma stanotte ho dormito poco!! Sarebbe bello se qualcuno mi togliesse qualche dubbio, sulla domanda: …alla fine c’è sempre qualcuno che ci rimette di suo per salvare gli altri?
Ottobre 13th, 2009 at 3:39 pm
Vabbène, o presépio nun te piace.
Ottobre 13th, 2009 at 7:09 pm
Certo che si! te ce metto a fa er lupacchiotto, cò a gallinella en bocca, e speramo che nun te vada de traverso, ce arresterebbe maluccio, e io direbbe che avrebbe stato molto più assai migliore che nun ce fummo mai conobbi. a Mymmo!!… te saluto. ce vedemmo a Natale.
Ottobre 14th, 2009 at 10:57 pm
Salve a tutti.
mi intrometto ormai a partita conclusa direi.
vorrei però dare la mia impressione, prescindendo dalla qualita filmica e dalla scelta delle immagini.
personalmente è interessante, io classe 1978, in cui le proposte dell’esperienza zen sono in un certo senso “incanalate”, vedere come poteva essere inizialmente.
In maniera spontanea in una soffitta in città, un posto per fare zazen, prendere un the e parlare.
direi “bella storia”…
tanto di capello a chi si è prodigato …..
Ottobre 15th, 2009 at 10:07 am
Quello di cui parla Alessandro è un altro aspetto -o motivazione- del film e dell’averlo pubblicato qui. Il mondo, noi, il modo di “fruire” quello che c’è è molto cambiato. Per dire: all’epoca di cui si parla nel film non solo in Italia c’erano sì e no tre posti in cui si poteva fare zazen, ma non esisteva neppure una pubblicistica, una letteratura (a parte il professor Suzuki), anche la parola “buddismo” era pura immaginazione. Non c’era neppure il modello (errato) costruito in seguito dagli imitatori dei giapponesi. La spontaneità era una necessità e per questo molto autentica. Non vuol dire non vi fossero difetti: la tentazione di fare il santone o cedere alla deriva di trasformare lo zen in una propaggine del beat o del freak era talmente facile che per molto tempo Castaneda e Zen sono andati a braccetto, trasgressione e buddismo si sono spesso incontrati.
Ottobre 15th, 2009 at 10:27 am
Caro Efheso (un operaio con nick così mi fa pizzicare lì, nella scatola della curiosità), sì sì ci si può sempre lamentare e le cose non andranno mai bene, nessuno è perfetto e non ci sono più nemmeno le mezze stagioni. Sei sicuro di aver praticato davvero una forma di buddismo? Da come fai le domande direi che più che altro ti parli un po’ addosso. Poi, capisco che sei un operaio (una volta gli si perdonava tutto in nome della cultura proletaria…) ma l’espressione “C’è sempre qualcuno …che ti fotte la donna come è successo a me” è più da utilizzatore finale che da buddista. Dove la tenevi ‘sta donna, nell’armadio pronta all’uso? Poi hai dimenticato la porta aperta e ‘sto santone l’ha fottuta… mah, po’ pure esse, a Centocelle, fuori da un ambito buddista, tra i burinacci… 🙂
Ottobre 15th, 2009 at 12:52 pm
Vorreri fare una piccola osservazione a margine di questo dibattito che – prescindendo dal filmato – ha toccato temi di grande interesse. L’osservazione è relativa al ruolo del cercatore, del ‘discepolo’ (uso questi termini fuorvianti per semplicità), : chi, alla ricerca della via, si imbatte in un presunto ‘maestro’, non è scevro di responsabilità. Non c’è nessun maestro. C’è un detto che dice che è il discepolo che fa il maestro. Ora, è compito del discepolo mettere alla prova il (presunto) maestro, fino all’esasperazione, onde verificarne la affidabilità ed eventualmente fino a smascherarne il ruolo, qualora questo abbia divorato l’Uomo. Certo, oggi il Buddhismo è essenzialmente ‘square’, la ‘forma’ ha ripreso il suo dominio; ciò da un certo punto di vista è/vorrebbe essere una sorta di garanzia contro ciarlatani, esaltati ed impostori. D’altra parte impone però le regole dell”organizzazione’, il che significa scollamento, gerarchia, ritualità d’importazione, distanza tra il cercatore e l’oggetto della sua ricerca (tant’è vero che siamo qui a parlarci per internet…!). Per cui diventa sempre più difficile entrare in contatto così intimamente da mettersi reciprocamante alla prova e da porre le condizioni necessarie ad un reale travaso di esperienza da un contenitore all’altro. La ‘spontaneità’ cui accena mym diviene affettata, falsa. Nell’era del beat-zen le cose erano profondamente diverse, forse più vicine a quel che poteva essere il buddhismo delle origini (forme ancora vive, per quanto ne so e mi auguro, in molte tradizioni, non solo buddhiste). Quel tempo è passato: ciò comporta che sia ulteriormente necessaria una attenta ed approfondita verifica della persona cui ci affidiamo. Non basta che un medico abbia laurea e titoli accademici, per farne un medico davvero affidabile anzichè un buon funzionario. Le organizzazioni religiose, tutte, rispondono a ben altre esigenze e c’è effettivamente il rischio che, nel mondo dello ‘square’, i rappresentanti titolati trovino più gratificazioni ed interesse in queste che non nel rapporto ‘cuore a cuore’ con chi si rivolge loro con sincerità.
Tutto ciò dal filmato non si evince: è un limite delle immagini, che pongono l’accento sul ‘protagonista’ anzichè sul ruolo dinamico delle relazioni, esaltando involontariamente il culto della persona.
Ottobre 15th, 2009 at 12:53 pm
Nel mondo dell’immagine, dei media, di internet, ci pare di essere più vicini perchè siamo tanti: ma siamo certamente più lontani. E’ il regno della quantità, che non può che generare sconforto e pessimismo. Urgono provvedimenti.
Ottobre 15th, 2009 at 2:47 pm
@doc
n. 44: “è compito del discepolo mettere alla prova il (presunto) maestro, fino all’esasperazione”. Allora sono sulla buona strada!
n. 45: sottoscrivo il Manifesto della lotta al regno della quantità.
Ottobre 15th, 2009 at 5:37 pm
n. 44: lo saresti se bastasse quello… 🙂
Ottobre 15th, 2009 at 9:04 pm
Lo vedi, lo vedi che sei esasperato??? yu-huuuuuUUUUUUUU
Ottobre 15th, 2009 at 11:55 pm
Galeotto fu il 44 e chi lo scrisse.
Ottobre 16th, 2009 at 8:10 am
Ciao mym, si hai ragione, al tempo della donna ancora non praticavo e la persona in questione “era un falso predicatore”, come si è rivelato e non ovviamente zen.Ed io sono stato anche se per qualche anno un fraquentatore dei gruppi che praticano” il buddismo di nichiren, che conoscerai”,che è un buddismo non buddismo, una vera e propria setta. Sono capitato per caso in un sito che mi ha aperto gli occhi definitivamente, facendomi capire quanto tempo ho perso si chiama”no soka gakkai,sito di carlo”, un’amico mi ha parlato di cristianesimo-zen, per questo sono finito nel tuo sito.E ne ho sparato un pò. Ma come dici tu un pò mi piango addosso, un pò marcio con luoghi comuni, e vorrei aggiungere che oltre alle mezze stagioni, non si trova neanche il posteggio.Ciao sono certo di non aver inciso negativamente sui tuoi umori, e se fosse perdona questo operaiaccio. Tra l’altro oggi dolorante per un lavoro fatto ieri su di un terrazzo nel centro di genova.Beh un piccolo lamento ci voleva, P.S. avrei giurato che quel che ho scritto lo avresti cancellato,ma cosi non è stato! Grazie e a presto. e dimentica le mie domande è meglio!!
Ottobre 16th, 2009 at 9:33 am
Belìn che pittima… 🙂
Fai pure tutte le domande che vuoi, chi pensa di poter rispondere lo farà. Questo in parte è avvenuto, se ne hai altre o di non pienamente soddisfatte per una volta dedicati solo alla domanda: la censura la rischi se invece di postare un commento (sui 500 caratteri) scrivi una filippica da 2500 (37, 38 e 44) o più. Salutami il Righi…
Ottobre 16th, 2009 at 10:12 am
Non ricordo quella frase nei Vangeli: Giovanni?! apocrifi?! Qualcuno sa darmi un riferimento bibliografico? grazie
Ottobre 16th, 2009 at 10:27 am
Lc 11,36.
Ottobre 16th, 2009 at 10:36 am
grazie
Ottobre 16th, 2009 at 11:05 am
Nel testo che ho io (ed. Paoline ’86) la frase si legge così: “Se dunque il tuo corpo è tutto nella luce, senza alcuna parte nelle tenebre, sarà tutto splendente, come quando una lampada ti illumina con il suo fulgore”.
Mi pare che ci sia una differenza non da poco, determinata dal senso che diamo a quel secondo ‘tutto’.
Ottobre 16th, 2009 at 11:15 am
Penso che il “ti” di “ti illumina” spiani la possibile differenza riferendo “tutto” (in ambedue le versioni) a “tuo corpo”. Aspettiamo che si svegli l’esperto per una parola dotta in materia.
Ottobre 16th, 2009 at 11:18 am
Ho preso il testo come compare nel libro, che forse cita la nuova versione Cei. Comunque, in generale, le edizioni italiane moderne sono un pianto: qui lo scopo era solo accennare alla bella frase pronunciata da Gesù, ma senza approfondire i dettagli.
Traduzione letterale dal greco: “Quindi, se il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere nessuna parte di tenebra, (allora) tutto sarà luminoso come quando la lampada ti illumina con il suo splendore.”
Ottobre 16th, 2009 at 11:42 am
Sarebbe risolutivo avere la vera versione letterale originale, ma … ad impossibilia nemo tenetur.
Ottobre 16th, 2009 at 2:57 pm
In ogni caso la frase è suggestiva. E’ vero che il ‘ti’ di ‘ti illumina’ sembra riferire tutto al corpo: però è anche pleonastico, dato che è stato appena detto. Questa ambiguità è intrigante.
Ottobre 16th, 2009 at 4:19 pm
Testo greco originale per il signor mym.
“ei oun to somà sou hòlon photeinòn, mè echon méros ti skoteinòn, éstai photeinòn hòlon hos hòtan ho lychnos te astrapè photìze(i) se.”
Chiedo venia per accenti, spiriti, iota sottoscritti… e grazie per la fiducia…
Ottobre 16th, 2009 at 4:24 pm
Ora che ho controllato de visu son più tranquillo.
Certo che il senso dell’umorismo di voi dotti è imparagonabile alla vostra kultura. In altre parole -come s’usa dire oggi- siete più dotti che intelligenti… 🙂
Ottobre 16th, 2009 at 6:28 pm
Personalmente, sono più bello che intelligente.
Ottobre 16th, 2009 at 6:40 pm
La frase del vangelo di Luca l’ho letta e riletta nelle due versioni ma non ci trovo nulla di interessante. Qualcuno mi vuole aiutare? È una bella frase, sì, ma o vuol dire una cosa del tipo “se ti tocchi diventi cieco” oppure… oppure?
Ottobre 16th, 2009 at 6:50 pm
Quella frase di Gesù, nei vangeli, è isolata, non ha paralleli. D’altro canto la domanda posta prima da doc conferma che non se la fila sostanzialmente nessuno, la Chiesa non l’ha promozionata come la molto più “sfruttabile” sentenza: Tu sei Pietro, e su questa pietra…
Ciò detto, padre Gruen la riporta come promessa implicita della risurrezione, di una trasfigurazione bella e profonda della nostra corporeità.
Al recensore piaceva soprattutto per la sua evocatività, senza che per forza se ne ricavino delle conseguenze.
Ottobre 16th, 2009 at 6:53 pm
Grazie, anch’io penso sia una bella frase, evocativa di belle immagini. Chissà che cosa ci ha visto Doc…
Ottobre 16th, 2009 at 6:54 pm
Al recensore/bis piaceva inoltre quell’espressione come descrizione di sé da parte di Gesù, di quando il suo corpo sarebbe stato trasformato in puro “disegno di luce”, foto-grafia.
Ottobre 17th, 2009 at 8:39 am
Daccordo con in buona parte…stabilire ruoli non è cosa facile,tutti possiamo essere l’uno il maestro dell’ altro.Ma forse è un punto di arrivo, non alla portata di tutti.Ricerca? A volte mi domando di cosa? Di un respiro profondo e duraturo,in un mondo caotico?Il distacco: essere al di sopra delle parti, pur uniti al tutto, o al nulla, non rischia d’essere una pura e semplice vita non vita? O solo una via per darsi una ragione, nell’esserci? O semplicemente non ho capito un tubo?Vai doc! Dai una compassionevole risposta a questa entità virtuale vagante.
Ottobre 17th, 2009 at 10:41 am
Scusate, mi sono assentato un attimo. Forse è solo la mia fantasia. Comunque di interessante ci ho trovato una suggestione di parallelismo con altre tradizioni come lo yoga (il lavoro sulle nadi, la purificazione interiore attraverso il lavoro sul corpo) o anche lo zen di Doghen (la Via si raggiunge soprattutto tramite il corpo). O l’eschia con le tecniche di respirazione/recitazione, che svolgono un lavoro sul corpo.
Mi fa pensare che ciò che viene definito ‘maculazione’ o ‘contaminazione’ nelle tradizioni più devozionali, o ‘nodo/tensione/blocco’ in linguaggio più moderno ma anche nello yoga appunto, posa avere un corrispondente, più preciso di quanto abbia finora immaginato, nell’idea di ‘peccato’.
Non mi sovvengono altri spunti o indicazioni di ‘lavoro sul corpo’, di pratica del corpo, nella Bibbia. Anzi, il corpo sembra di solito negato.
In questa ottica la purificazione del corpo(/mente) è condizione/prelude alla chiara visione del ‘tutto’.
D’altronde non vi sembra un po’ banale dire che se tutto il corpo è luminoso, allora tutto il corpo è luminoso?
Ottobre 17th, 2009 at 10:42 am
Però! 559 caratteri. Disciplina forense o del battilastra? L’animo umano è una miniera di misteri. Vai Doc, si puedes, altrimenti qualcuno finisce che conferma il suddetto tubo…
Ottobre 17th, 2009 at 11:04 am
Hai un pallottoliere sulla scrivania?
Temo di essermi un po’ perso…
Ricerca? Non so bene cosa si dovrebbe cercare. Personalmente la metto più sul ‘lavoro’ indirizzato a ricomporre le tendenze di opposizione/antagonismo con la realtà che mi circonda.
Probabilmente Hui-neng ha tutte le ragioni: non c’è nè polvere nè specchio. Tuttavia a me tocca pulire lo specchio per vagamente intuire, ogni tanto, un barlume di pacificazione.
Ciò si ricollega ai commenti sulla frase evangelica citata da dhr nel post Cosa c’è dopo la morte.
Ottobre 17th, 2009 at 11:19 am
@doc
Di per sé il corpo non è “negato” nella “Bibbia” tutta intera. Nel c.d. Antico Testamento ha un valore positivo, e un rabbi non sposato – come Gesù – faceva addirittura cattiva impressione. E’ stata la storia del cristianesimo a premere sulla questione del sesso peccaminoso: il senso di colpa è un’arma formidabile. Mentre nell’ebraismo NON esiste neppure il concetto di peccato originale.
Ottobre 17th, 2009 at 11:22 am
oh finalmente un po’ di interdipendenza anche nei blog
Ottobre 17th, 2009 at 11:25 am
A dire il vero non ho proprio la scrivania.Io pensavo ad una ricerca in se stessi,per capire meglio come ci si rapporta nei confronti di tutto ciò che ci circonda “umani” compresi, e forse forse scoprire se c’è troppa arroganza, o autostima… o se ce nè poca, non mi sembra cosa da poco. Riguardo al lavoro la ricerca è continua visto che lavoro saltuariamente con ditte interinali.”Lo specchio”?…ne ho uno solo, e non lo pulisco molto, tranne che nel punto dove mi si vede la faccia.L’idea del pallottoliere però non è male Grazie.Ora me lo compro!
Ottobre 17th, 2009 at 12:23 pm
Scusa, la frase sul pallottoliere era rivolta a mym che ormai ha preso il vezzo di contare i caratteri…
Quanto al lavoro, ovviamente intendevo il lavoro su se stessi, intesi come corpo-mente, lavoro che trova un eauriente paradigma nella pratica (ad es.) dello zazen. Sono dell’idea che procedere sul piano del ‘capire’ sia assolutamente insufficiente, se non mettiamo anche in relazione i processi mentali e percettivi con quelli corporei.
In un certo senso, non ‘Il distacco: essere al di sopra delle parti’, ma proprio il suo opposto: essere completamente (dentro) le cose, il momento che viviamo. Corpo-mente, appunto.
Ottobre 17th, 2009 at 12:33 pm
E’ vero. Tuttavia, mentre nelle tradizioni orientali – salvo direi rare eccezioni – il corpo è valorizzato come strumento, come terreno di pratica religiosa, non mi pare altrettanto succeda nella tradizione giudaico-cristiana; con l’eccezione appunto dell’esichiasmo.
Ottobre 17th, 2009 at 1:20 pm
Esicasmo.
Circa l’attuale pratica ebraica – che comunque saranno “pratiche” al plurale – non saprei.
Nel cristianesimo degli ultimi decenni si tenta spesso di rilanciare il “valore positivo del corpo”; l’impressione generale però è di un certo isterismo, che è semplicemente l’altra faccia della medaglia del disprezzo tradizionale.
Ottobre 17th, 2009 at 1:22 pm
“il lavoro su se stessi, intesi come corpo-mente”
… cos’è corpo e cos’è mente? (al di là di ciò che viene dato per scontato nel linguaggio ordinario)
Ottobre 17th, 2009 at 1:42 pm
Furbacchiotto!
Se non ci vedi (più) alcun dualismo, allora…’tutto è nella luce’.
Una volta le montagne erano montgne, i fiumi erano fiumi: poi le montagne non erano più montagne…
La storia a l’è bela, a fa piasì cuntela…
Ottobre 17th, 2009 at 1:43 pm
ebbene sì, ogni tanto mi piace pisciare fuori dal vaso.
Ottobre 17th, 2009 at 2:20 pm
No problem doc, ho realizzato,è il mio complesso di inferiorità che ogni tanto affiora, inoltre mi piace ironizzare,… ma con senso.Vorrei dire a dr che corpo è corpo e mente è mente. possiamo non dar senso a nulla o credere importante tutto, comunque di sicuro corpo è quello che ci fa stare diritti. Mente è quello che ci frega,o ci aiuta, o tutte due insieme.Perdona il mio linguaggio ordinario ma con i miei limiti non vedo altre possibilità.Dimmi tu….Caro doc di certo essere dentro alle cose implica il fatto che c’è da girare con paraocchi e tappi negli orecchi se non si è al di sopra delle parti,o “distaccati”, si rischia l’influenza (A). Anzi… già accuso dei sintomi, speriamo che non si attacchi virtualmente.
Ottobre 17th, 2009 at 2:34 pm
Grazie per la correzione.
Esicasmo, esichiasmo, esichia sono forme usate con una certa indifferenza in letteratura. Senza dubbio la prima è quella linguisticamente corretta.
Ottobre 17th, 2009 at 2:49 pm
C’è un tempo per i tappi e per i paraocchi; e c’è un tempo per l’influenza. Siamo sempre noi, la vita che si manifesta.
Ognuno ha i suoi percosi e le sue esperienze, a prosito delle quali – soggettive ed aleatorie come sono – meno si dice, in fondo, meglio è.
Personalmente ritengo che prendere rifugio nel buddha che è me stesso, raccogliendo corpo e mente in una adeguata postura, sia una buona medicina. Meglio se in compagnia.
Ottobre 17th, 2009 at 4:07 pm
n. 59: “Se non ci vedi (più) alcun dualismo, allora…’tutto è nella luce’”.
Per citare un maestro che non cito (ma inizia per M): “Il buddismo comincia quando smetti di chiederti: Che cos’è?”
Ottobre 17th, 2009 at 11:26 pm
Che c’entra il buddismo? O:-)
Ottobre 18th, 2009 at 9:46 am
Che ne so, chiedilo a lui!
😀
Ottobre 18th, 2009 at 2:05 pm
…giusto per rompere il ghiaccio, in questo pomeriggio d’autunno in cui il cielo è così terso da non far “pensare al male”…
La prima riflessione mi sorge se penso al “male” come ad una “deviazione ( errore, sbaglio..)” dalla via che sto percorrendo, per cui prima della ricaduta eventuale ( ma forse anche non necessaria ) su qualcun altro o qualcos’ altro, ciò che viene colpito è il “me stesso” che viene a trovarsi fuori…
Se poi considero il “me stesso” comprensivo del mondo che mi circonda, facendo “il male” a qualcuno o a qualcosa ( che solo apparentemente è fuori di me), il cerchio si chiude …sempre su me stesso.
Detto così mi sembra troppo semplice, però può essere un piccolo inizio… o no? Ciao
Ottobre 18th, 2009 at 2:33 pm
Che cosa sia il male – così come il bene – lo si impara facendolo.
Ottobre 18th, 2009 at 2:34 pm
Oppure quando smetti di chiederti perchè ? Ma forse c’è poca differenza.Di certo sai perchè!… ma non è altrettanto certo che puoi sapere cos’è,senz’altro saprai che è solo una cosa tua,e come tutte le cose nostre, difficile da spiegare, in questo dò ragione a doc, meno si parla e meglio è. Grazie per l’insegnamento… anche se io purtroppo sono un chiacchierone, ed ho deciso di accettarmi così.
Ottobre 18th, 2009 at 4:29 pm
Nonnonnò, né perché né cos’è. Insomma, siete proprio una disperazione. L’unica cosa che conta è realizzare il come e continuare per sempre. Quale come? Il come uscirne. Il resto son chiacchiere perse, che sian tante o che sian poche non fa differenza. Se poi avete la bontà di rivedere il film, alla fine vi è una famigliola di criceti in una gabbietta. Chi non si identifica o chi si identifica “solo” per chiedersi perché et similia…
Ottobre 18th, 2009 at 5:01 pm
Non è troppo semplice e neppure un piccolo inizio, piuttosto è -con altre parole- proprio quello di cui parla il sutta. Io però chiedevo se qualcuno fosse disponibile a sbilanciarsi un po’ di più, cioè se qualcuno sia pronto a dire che cos’è o come distingue. Apparentemente dr -detto anche lingua tagliente- è nel vero, si sa in realtà solo ciò che si vive. Però in pratica ripete il grido di battaglia di Pierinux quando gli chiedo di aiutarmi a risolvere un problema sul sito: “Ranges!”. Che in veneto corrisponde più o meno al più mite adagio “aiutati che ‘l ciel t’aiuta”.
Ottobre 18th, 2009 at 5:32 pm
OKAY.
Definizione: il Male è voler definire il Male.
Ottobre 18th, 2009 at 5:35 pm
Capisco. Però, almeno, prima di farlo, come lo distinguo, oppure (che è più o meno lo stesso), come faccio a scegliere il bene?
Ottobre 18th, 2009 at 6:17 pm
Basta fare il contrario di quello che faccio io.
Ottobre 18th, 2009 at 6:22 pm
Vabbe’, intanto che cerchiamo il contrario di quel che fa dr, che poi equivale al contrario di “2”, speriamo che qualcuno sia più generoso…
Ottobre 18th, 2009 at 6:31 pm
A non rispondere alla domanda, almeno a sè stessi, sembrerebbe quasi di procedere alla cieca, a pensare di rispondere si potrebbe pensare che ci sia veramente una risposta nascosta da qualche parte che ci consente di poter scegliere sempre ( o quasi ) la strada giusta. Personalmente non vedrei altra strada che il riferimento al proprio percorso. Le indicazioni date dagli insegnamenti credo siano abbastanza chiare, il come metterle in pratica, è la sfida continua di ogni giorno …
Certo che è tosta questa domanda…. ma porsela ogni tanto non può fare altro che bene. Ciao
Ottobre 18th, 2009 at 6:34 pm
Grazie, Ciao.
Ottobre 18th, 2009 at 7:08 pm
ciao a tutti..
io quando si parla di questo argomento, bene e male,
ho in mente quel passo che dice che, quando non siamo rapidi nel bene la mente si diletta nel male.
ora, se non erro, nel buddismo si dice che bene è tutto ciò che mi mantiene nella “via” e male ciò che mi fà deviare da essa, il famoso “inciampo” probabilmente.
a questo punto direi che la questione è spostata a cosa sia questa benedetta via da seguire…
azzarderei che questa via voglia condurre ad una modalita dell’essere, del modo in cui cammino, che spontaneamente mi fà agire in modo conforme alla situazione( emancipazione da schemi precostituiti).
per cui questo male lo posso trovare nelle possibili ipostatizzazioni dei concetti di bene e male, che appunto essendosi fissati non mi fanno agire in maniera creativa e responsabile agli eventi…quindi il rischio di nascondersi dietro la regola…mi sembra che era confucio che disse che il saggio seglie caso per caso.?!
Ottobre 18th, 2009 at 7:42 pm
“Certo che è tosta questa domanda…. ma porsela ogni tanto non può fare altro che bene”, anche rispondendo ad Alessandro direi che si può fare qualcosina di più: “…. ma porsela spesso non può fare altro che bene.” Un altro discorso interessante potrebbe essere la relazione con ciò che noi (dico “noi” perché in due terzi del pianeta non esistono neppure le parole per dirlo) chiamiamo senso di colpa.
Ottobre 18th, 2009 at 8:21 pm
Va bene, ci riprovo: PRIMA di agire siamo mossi dall’istinto (automatismi psichici), ANCHE quando pensiamo di avere “ponderato bene”. Solo a posteriori comprendiamo il valore positivo o negativo di ciò che abbiamo fatto, e questo incide sugli automatismi successivi, ma in tutta la vita sarà grasso che cola se riusciamo a modificare l’1%.
Ottobre 18th, 2009 at 8:23 pm
Alla seconda domanda di mym: il senso di colpa PRECEDE l’azione cattiva, non viceversa.
Ottobre 18th, 2009 at 9:18 pm
..si hai ragione,e mi scuso ancora una volta.Il fardello è individuale,e le risposte non possono esserci.Il mio uscir dal tema in origine di questo sito, come ormai hai compreso, e causato dalla mia difficoltà a dare un senso minimo alla mia esistenza,così è da sempre.E mi ritrovo a cercar domande, senza risposte possibili.Avevo notato i criceti ma senza dar loro molto peso.Ora credo di aver capito.Ma non credo di farcela.Almeno non in questo periodo.(Tra i peggiori).
Ottobre 19th, 2009 at 10:02 am
Questa cosa della precedenza mi pare interessante. Sarebbe quindi il senso di colpa già desto prima della mala azione a far sì che noi si sappia… Diabolico! È il gusto del peccato. Se fossimo nel “secolo giusto” a dr comincerei a mostrare gli strumenti…
Ottobre 19th, 2009 at 10:08 am
@12
Pare di capire che la “salvezza” intesa come libera possibilità di scegliere il bene sia negata a priori dagli “automatismi/istinto”. È però un modo di negare la possibilità del distacco. Per non andar troppo lontano, anche Eckhart…
Ottobre 19th, 2009 at 10:32 am
al n. 14 – La sfumatura era un po’ diversa: compiamo cattive azioni PERCHE’ avvertiamo già una colpa, un peso, una inadeguatezza dentro di noi.
Però va anche precisato che Agostino e Pelagio avevano sotto gli occhi (materialmente, fisicamente) lo STESSO mondo.
al n. 15 – La libertà potrà essere un punto di arrivo, non di partenza. Trovo abbastanza assurdo, per esperienza vissuta, il presupposto: “Siccome possediamo la libertà del volere, allora dobbiamo…”
Ottobre 19th, 2009 at 8:35 pm
… ‘mazza che silenzio. Ma che ho detto di Male? …
Ottobre 20th, 2009 at 10:03 am
“… le nubi sono già più in là”…
Ottobre 20th, 2009 at 10:14 am
I periodi peggiori… fanno star male. Mi spiace. A mio parere dovresti lasciar perdere (almeno per un po’) il buddismo e pensare in termini più liberi, ariosi. Chi te lo fa fare di cercar domande? I peggiori periodi hanno, almeno, il pregio di preludere ai migliori.
Ottobre 20th, 2009 at 6:02 pm
fischia, in 18 frasi abbiamo già risolto il problema del Male! ma chi ci batte, a nnoi???
Ottobre 20th, 2009 at 6:07 pm
È il mondo dello zapping, honey…
Ottobre 20th, 2009 at 6:41 pm
meglio “honey” che l’ape “Maia”
Ottobre 22nd, 2009 at 5:38 pm
Riemerge il male, dunque, non un male individuale ma un male che coinvolge la Terra con tutto ciò che comprende. Difficile dire, a mio parere, se la colpa sia solo di coloro che compiono l’atto finale, mi viene da pensare che siamo coinvolti un po’ tutti, perchè queste azioni sono possibili per il tipo di società in cui siamo inseriti ( cosa banale e risaputa se vogliamo, ma che dovrebbe metterci di fronte alle nostre responsabilità, non fosse altro per come “fruiamo” i beni costruti anche con ciò che poi diventa rifiuto tossico). Quanto e come sia possibile evitare questa fruizione, non lo so, già il mezzo che sto usando in questo momento, mi sembra, è di “difficile” riciclaggio.
Probabilmente c’è un modo per trattare in modo conveniente i rifiuti di vario genere, ma, da quel poco che so, la cosa più importante e sulla quale bisognerebbe forse scommettere è la capacità dell’ uomo di cambiare la modalità di, diciamo, “produrre rifiuti” che comporta anche un nuovo ( o antico )modo di vivere ( mangiare, divertirsi, muoversi..)
Mi sembra che, oltre alle necessarie denunce ( necessarie perchè il prendere coacienza del problema è il primo passo per potere cambiare qualcosa) , sia questo, forse, un possibile contributo da parte dello zen, alla “cultura” occidentale intesa in senso lato. Cioè far scorgere che c’è un’alternativa al modo di vivere ” consumistico” ( con tutto quello che comporta) a cui siamo abituati. Un modo di vivere in cui magari, ci si sente più uomini ( o donne ) e meno soggetti ( o oggetti ) di consumo.
Scusate se mi sono dilungata un po’….
Ottobre 22nd, 2009 at 7:33 pm
Sì, certo, tutte queste cose. Oltre ad un senso d’impotenza. Se si guarda da un’ottica buddista il cambiamento deve essere personale, senza curarsi dei numeri, una sorta di continuità nel fare come se dal nostro singolo gesto dipendesse tutto. Nella misura in cui si riesce a farlo tutto comincia a cambiare. Il futuro non è una nebulosa in mano a qualche entità misteriosa. Il futuro è quello che facciamo giorno per giorno. Praticare la libertà con caparbietà.
Ottobre 24th, 2009 at 12:33 pm
Torna con forza la questione dell’origine dl male sopratutto alla luce della dimensione del “con-essere”, la quale nell’uomo,in particolare, è inevitabilmente riflessione politica.
Ottobre 24th, 2009 at 6:16 pm
Certamente la religione vissuta nel sociale -possibilità evitabile solo con mai perfetti isolamenti eremitici- ha luoghi, aspetti che attengono al politico. La scelta dei consumi (cibi, beni vari) è tra questi. La potenza politica di tali scelte è funzione della profondità dell’etica personale. In termini più “comuni”: la fede muove le montagne.
Ottobre 30th, 2009 at 5:13 pm
Tiscrivo qui perché ormai da giorni non riesco a reggiugerti al tuo indirizzo: la posta mi è rimandata indietro con la nota che è impossibile trasmetterla, appunto, all’indirizzo indicato. Come mai? E’ un problema della mia macchina o della tua? Ciao
Ottobre 31st, 2009 at 2:25 pm
Se c’è qualche blogger umbro: il 19 novembre, ore 16, il libro verrà presentato a Perugia presso il Centro ecumenico (via del Verzaro, 23). Presenti lo storico Mario Tosti e il traduttore. Doveva venire l’autore Hesemann, ma ha pensato bene, buddisticamente, di dileguare in silenzio…
Ottobre 31st, 2009 at 5:43 pm
Saremo lì. Buddisticamente naturlicht…
Ottobre 31st, 2009 at 6:18 pm
“natuerlich” bitte
🙂
Novembre 5th, 2009 at 8:46 pm
ciao, cristina, non so se il messaggiodove dicevi che non riuscivi a raggiungermi era riferito alla mia richiesta, se era possibile soggiornare per un week end presso la vostra comunità. sono interessato allo za zen che ho praticato per un periodo presso un dojo.gazie
ivan cecca
e-mail ivan.cecca@libero.it
Novembre 6th, 2009 at 4:42 pm
Errore!
Scusa Ivan, il mio programma di posta agisce in modo autonomo rispetto quello che le chiedo, certamente il mio messaggio non era indirizzato a te!
Auguri. Cristina
Novembre 6th, 2009 at 5:13 pm
Caro Ivan, al momento non c’è una sola sede ma più sedi dove può praticare. Provi a vedere qui http://www.lastelladelmattino.org//index.php/vita-della-comunita se c’è un gruppo vicino a casa sua. Un saluto, mym
Novembre 7th, 2009 at 9:52 pm
Salve a tutti!
Volevo sapere se a questo concorso poteva partecipare anche il mio elaborato. Solo che si tratta dell’elaborato finale della scuola triennale di Rimini di Filosofia Orientale e Comparativa.
E tratta di stati di coscienza (anche se punta alla multiculturalità).
Vi ringrazio anche per l’incontro della settimana scorsa ad Urbino con Forzani e Marassi: è stato davvero interessante e soprattutto mi ha trasmesso una grande serenità. A presto e complimenti per il vostro lavoro.
Carlo Maria Cirino
Novembre 8th, 2009 at 8:34 pm
Caro Carlo Maria,
Ci ha scritto pubblicamente perciò le rispondo pubblicamente. Il comitato che si occupa dell’esame delle tesi ha risposto negativamente alla sua richiesta. Come può vedere, all’interno del bando si specifica chiaramente che la borsa è destinata ai soli laureandi presso l’Università di Urbino.
Un saluto,
mym
Novembre 10th, 2009 at 11:51 am
Immagino che per l’occasione il priore Enzo Bianchi insisterà sul valore del nascondimento e del silenzio 😛
Vai, mym, spacca!
Novembre 10th, 2009 at 1:27 pm
Non credo, per come conosco Enzo Bianchi più che esperto di nascondimenti e silenzi lo ricordo come combattivo e tenace. Staremo a vedere, come sempre nella tenera parte dell’agnello… 🙂
Novembre 10th, 2009 at 2:03 pm
mannaggia che tocca fare come Achille Campanile che spiegava le battute. Il riferimento ironico era a uno che, siccome è sempre a parlare in radio e in tv…
🙁
Novembre 10th, 2009 at 4:11 pm
Figurati che a me tocca fare quello che le battute non le capisce… 🙁
Novembre 10th, 2009 at 5:36 pm
😀
Certo che se il dialogo a Bose procederà con la capacità di comprensione reciproca che sta avvenendo in questo blog…
😀
“Che botte, quella notte”
Novembre 13th, 2009 at 6:03 pm
questo film mi riporta in luoghi e tempi di cui non so dire…
Novembre 13th, 2009 at 7:23 pm
Il ricordo dei semi scomparsi sono gli alberi del nostro tempo
Novembre 14th, 2009 at 1:39 am
focalizzarsi sui semi perdendo di vista gli alberi… forse è un “male”
Novembre 14th, 2009 at 9:12 pm
Biella ciao! Buon viaggio, e quando torni ‘contaci com’è l’è andata neh?
Novembre 19th, 2009 at 4:57 pm
“Mauricio Yūshin Marassi fa emergere, attraverso un approccio rispettoso delle specifiche identità, le differenze sostanziali che separano il buddhismo dal cristianesimo.”
La seconda metà della frase capovolge la prima metà. Della serie: A buon intenditor…
Novembre 19th, 2009 at 6:01 pm
Occorre rispetto per dire, in casa d’altri, che casa mia è diversa, grazie a Dio… 🙂
Novembre 19th, 2009 at 10:28 pm
Nuovo slogan per il dialogo interreligioso. Invece di “Cerchiamo ciò che ci unisce, invece di ciò che ci divide” ora vale: “Venezia è bella, ma non ci abiterei” !
Novembre 19th, 2009 at 11:36 pm
Già.
Sono con quelli che considerano la parola ‘dialogo’ ambigua se non perniciosa. Se ci si incontra per conoscersi, confrontarsi, magari capirsi e con questo si spera di pervenire ad un rispettoso riconoscerci, allora il prerequisito minimo è di saper dire ‘Venezia non mi piace’.
La piaggeria è una falsa strada per la pace.
Novembre 20th, 2009 at 4:46 pm
Può essere che la parola dialogo sia usata impropriamente in vari contesti, ma all’ interno di un “confronto” sincero sulle proprie identità religiose, non trovo un’altra modalità di comunicazione che possa portarci ad un “rispettoso riconoscerci”.
Non so, ma in un dialogo mi sembra sia importante lasciare comunque aperta la possibilità che l'”altro” mi possa cambiare, anche radicalmente…
Novembre 20th, 2009 at 9:38 pm
Scusate, ma sono solo io a vederci una sottile, ironica, affettuosa…presa per i fondelli?
Novembre 20th, 2009 at 10:23 pm
Ciao Marta,
è ineccepibile quanto tu dici. Ma non ritiro la mia considerazione. Anche se riconosco che, grazie a Dio, ci sono tante persone che usano la reciprocità dell’uso della parola (dialogo) anche come reciprocità, ad es., di ascolto. Non solo per sbattere la lingua o fare la ruota. O peggio.
Questo Cd si intitola ‘confronti’: già questo mi pare un buon segno.
Novembre 21st, 2009 at 10:39 am
Capperi, Doc, così spiattellata fa un certo effetto, però considera che -come sai- la presa per i fondelli come non presa è stata insegnata. Perciò è detto presa per i fondelli, presa per i fondelli. Forse così è più chiaro, no?
Novembre 21st, 2009 at 11:52 am
Proprio così, proprio così o Mym-Subuthi!
(Ma non sarà che studiare troppo i sutra può far male?)
Comunque la mia Signora, cui ho trasmesso la pagina web come gentile omaggio, ha immediatamente colto la venatura ironica (o la vogliamo chiamare linguaggio-intenzionale?). Più veloce del cronometro!
Novembre 21st, 2009 at 11:59 am
Be’ era un post per soli maschi, ovviamente… E poi gliel’avevo detto che quel “quasi imprendibili” faceva acqua da tutte le parti. Complimenti alla sua Signora, comunque, le manderemo il kit omaggio.
Novembre 21st, 2009 at 2:07 pm
Giuro, non sono io l’autore di quei versi. Basta confrontare il livello dei bellissimi haiku di Lasting con quello penosetto dei miei haiku pubblicati nella sezione “In English” di questo stesso sito. Se la signora vince il kit, io nella competizione vincerei il kat…
Novembre 21st, 2009 at 4:05 pm
L’intreccio s’infittisce: assodato che attorno è fuffa -di gran lusso ma pur sempre fuffa- di chi sono i versi attribuiti ad Alan? Al primo che lo scoprirà un CD in omaggio, al secondo due CD in omaggio, al terzo…
Novembre 22nd, 2009 at 10:52 am
Ciao doc, già, confronti importanti, tra le altre cose, anche da ascoltare. Non sempre si è in grado di porsi come interlocutori ( parlo per me ovviamente ) all’interno di un contesto ampio di confronto tra fedi e dottrine diverse, ma il porsi in ascolto delle varie diversità e somiglianze mi sembra permetta ( anche ) di mettere in crisi alcune “certezze” cresciute dentro di noi, magari senza che ce ne rendessimo conto, con quel che ne consegue…
Per questo ( e non solo )mi sento di ringraziare chi in questa continua ricerca investe una parte “non da poco” della sua vita….
Novembre 22nd, 2009 at 3:20 pm
semi e alberi sono la stessa cosa, uno dipende dall’altro.il “male” ? é la parte povera dell’uomo che ha avuto il dono della ragione, ma aimè… troppo spesso ne è vittima, perchè il sacco è troppo grande rispetto a quel che può metterci dentro, e sembra sempre vuoto.
Novembre 22nd, 2009 at 3:41 pm
io intanto l’ho comprato, ma non aspettatevi una recensione… 😉
Novembre 22nd, 2009 at 4:44 pm
Il convento ringrazia. Nel post ho dimenticato di aggiungere che il ricco incasso andrà interamente alla comunità di Bose. Mettere a frutto i talenti è arte antica in quel dei cristiani…
Novembre 22nd, 2009 at 5:47 pm
E’ normale vendersi. Lo facciamo tutti in questo mondo, inclusi gli eremiti. Con i soldi la sostanza non cambia, è solo meno ipocrita.
Sono d’accordo che il dialogo interreligioso non significa fare minestroni newage, lo ha detto anche il Papa 🙂
D’altra parte se si trova qualche analogia di precetti o intenti morali, notarlo non guasta.
Ciao
Novembre 22nd, 2009 at 6:18 pm
Grazie Al, è vero lo ha detto anche il Papa. Vorrei davvero sbagliare ma l’impressione che ne ho tratto ascoltandolo è che lo dicesse affinché non si confondesse l’oro (loro) con la paglia (gli altri), ma sai, sono un filino prevenuto per cui…
Novembre 22nd, 2009 at 6:42 pm
Be’ il Papa è un po’ come qualche altro noto aspirante monarca. Basta aggiungere “lui escluso”. Premesso ciò si può condividere anche quello che ha detto alla FAO contro il lusso e gli sprechi…
Sul sincretismo idem. E’ indubbio che in politica si trasforma facilmente in trasformismo e in filosofia/religione in qualunquismo ideologico.
Novembre 24th, 2009 at 8:00 pm
Guarda guarda, con un anno e mezzo di ritardo mi sono imbattuta in questa denuncia di Jiso: non so come mi sia sfuggita allora… nè c’è altro da aggiungere, in realtà, alla più che esauriente, lucida, precisa delineazione e denuncia dell’aberrazione da parte di Jiso stesso. Posso solo dargli il sostegno, in pauroso ritardo, della mia totale adesione…
Novembre 25th, 2009 at 3:36 pm
Ringrazio Cristina per il sostegno dell’adesione, non tardiva per il semplice fatto che le cose non vanno certo meglio. L’unica differenza è che non siamo più a maggio, ma il tempo continua a essere bruttino. A forza di resistere cesseremo di esistere, ma qui sta il bello della faccenda. Tutto ciò che inizia ha fine, e verrà dunque anche il giorno che le nostre “denunce” saranno osbolete. En attendant…
Novembre 25th, 2009 at 7:44 pm
Il fatto è che cesseremo di esistere sia che resistiamo, sia che accettiamo e/o subiamo… e nessuno di noi individualmente ha il potere di cambiare le “cose”. Per me il problema è: Che fare? ( ti ricordi “Fontamara”? Plus ça change, plus c’est la mème chose!)
Novembre 29th, 2009 at 11:42 am
Se semi ed alberi sono “la stessa cosa” allora anche bene e male sono la stessa cosa. Quando parlavo del “ricordo dei semi passati” intendevo, in metafora, il loro lascito: gli alberi. Invitavo a vedere nell’albero anche il seme che lo ha prodotto. Fuor di metafora: il periodo di frontiera, spontaneità e fantasia di cui si “parla” nel film La Tana del Buddha è padre di questo presente, quindi un po’ si assomigliano.
Novembre 30th, 2009 at 12:47 pm
Sì, è proprio così. Una delle ragioni per cui ho accettato l’esilio (chi scrive vive e lavora a Parigi) è stata per vedere se riesco a costruire qui un approdo, magari anche solo momentaneo, per giovani fuoriusciti dal nostro disgraziato paese, che non è più un Paese per giovani (neanche per vecchi, se è per questo, ma noi in fondo possiamo acquattarci più o meno ovunque). Prima di tutto per i mei figli, se vorranno, ma non solo per loro.
E’ la misura di quanto triste sia la situazione, il fatto che si debba
invitare i propri figli ad andarsene dal futuro che gli abbiamo preparato.
Perché per quanto le proporzioni delle responsabilità siano diversamente
distribuite, non possiamo chiamarci fuori, e attribuire la colpa di questa
miseria morale e umana a solo chi ha in mano le leve del potere. Gliele abbiamo date noi o almeno abbiamo lasciato che se le prendessero, ma non solo. Qui (in Italia) il degrado è endemico, il pesce non puzza solo dalla testa. Quando leggo con incredulo terrore (sì, perché ormai non fa più ridere, fa davvero paura) che un ex ministro della giustizia (!) propone di mettere la croce sulla bandiera, per arginare massoni ed islamici, senza che i custodi (che tali si impalcano a essere) di quel simbolo urlino all’oltraggio e lo fulminino con i loro anatemi, senza che i suoi colleghi lo invitino a un ricovero urgente, senza che da ogni parte si levino voci ad ammonire che le croci si uncinano, a maneggiarle con le mani e la mente sporche, allora mi accorgo, un mattino, che è finita davvero, è solo questione di giorni, anche fossero mesi. Abbiamo lasciato un’altra volta che i nemici del bene, il pubblico bene che è la casa del bene privato, trafugassero le chiavi e ci sequestrassero tutti. Glielo abbiamo lasciato fare, e questo è concorso di colpa. Ieri ero in metrò, nel ventre di Parigi, domenica c’è poca gente. Un tragitto un po’ lungo, mi siedo e di fronte un signore orientale legge un quotidiano cinese. Il retro della pagina che stava leggendo è di fronte ai miei occhi, mi ci cade uno sguardo.
Sulle prime credo a un abbaglio, guardo meglio. E’ una pagina intera dedicata al primo ministro del nostro paese. Al centro campeggiano due foto accostate: una è quella del Nostro, l’altro è Benito, vestito da gerarca fascista: appaiati, gemellati, quasi indistinguibili. Mannaggia, ho pensato, lo san pure i cinesi, solo noi non vogliamo vedere! Ragazzi, andate via, oggi il mondo è più accogliente del vostro paese. Andate via, e non perdonateci.
Novembre 30th, 2009 at 1:04 pm
@mym: “Da quando ha iniziato l’università le consiglio di provare a pensare ad un futuro all’estero”. Beato chi c’è già arrivato e chi ci andrà. E’ anche il mio sogno.
@JF: “Non possiamo chiamarci fuori, e attribuire la colpa di questa
miseria morale e umana a solo chi ha in mano le leve del potere”. Ecco, appunto.
Novembre 30th, 2009 at 1:48 pm
Vero vero, facciamo esame di coscienza, autocritica e quant’altro. Nel frattempo cheffamo co’ ‘sti ragazzi? Io non me la sento di dir loro: state qui e lottate per il vostro Paese. Soprattutto perché temo non servirebbe a nulla. Allora: all’estero all’estero!
Dicembre 1st, 2009 at 1:45 am
Vorrei sommessamente riportare una chiave di lettura alternativa. Se ne parla qui: http://www.federicasgaggio.it/2009/11/celli-e-la-lettera-al-figlio-sullespatrio/
Forse qui il tema non è tanto il contenuto della lettera quanto il modo in cui è stata proposta e “macinata” nel circuito mediatico.
Io nel mio piccolo mi chiedo: servirà a qualcosa andarsene ? Nel frattempo che ci penso vado a preparare il passaporto…
Dicembre 1st, 2009 at 9:39 am
Ho letto le considerazioni di Federica Sgaggio che Pierinux ci invita a prendere in considerazione, e mi pare che in effetti spostino l’attenzione dal messaggio al mezzo, per dirla in termini mediatici. Anch’io, leggendo la lettera del direttore generale Celli ho avuto retropensieri assai simili a quelli esposti nel blog di cui sopra. In particolare l’argomento Alitalia mi è parso uno dei meno pregnanti fra i tanti che si potevano scegliere per invitare i propri figli all’abbandono della patria e per di più presentato con un taglio ricattatorio e antipatico. Anch’io, per seguire la giovane giornalista nel suoi ragionamenti, penso ogni tanto che Saviano, col suo copyright su ogni sospiro, potrebbe personalizzare un po’ meno la sua battaglia. Però ho paura che siamo alle solite: il Titanic affonda e qui si discute se l’orchestra doveva suonare Mozart o Vivaldi o se il primo violino sia lì perché è brava o solo perché è l’amante del direttore. La lettera di Celli è uno spunto di riflessione, quali che siano i più o meno reconditi motivi per cui l’ha scritta e Repubblica gliela pubblica in prima, proprio perché l’esemplare figliolo non ha nessun bisogno di lavorare per vivere, né di faticare per cercare un posto, né rischia di fare il precario a vita: se, per strumentale che sia l’operazione giornalistica, è ammissibile pensare che uno così ben piazzato dal destino possa preferire l’espatrio agli agi di una vita da privilegiato, vuol dire che siamo proprio mal messi. Non è quando scappano i topi che ci si deve preoccupare davvero: è quando salgono alla chetichella sulle scialuppe gli ufficiali di bordo.
Quindi il punto è: servirà a qualcosa andarsene? E chi lo sa! E’ una scelta in perdita, questo è chiaro, la ratifica di una sconfitta. Ma serve qualcosa restare in un paese dove, sul fronte dei resistenti, chi frequenta i vertici come il signor Celli (ex-direttore generale della RAI!!!) sembra indignarsi più che altro per i ritardi dei voli Alitalia, e chi stimola la riflessione indipendente si incaponisce nella critica al narcisismo di colleghi che comunque rischiano la pelle per dire la loro?
Dicembre 1st, 2009 at 10:53 am
Sì, mi era stato segnalato il post di Federica appena uscito, non avevo commentato (se non per mail) tuttavia credo che, una volta disquisito della correttezza politica o meno degli argomenti a supporto, il tema posto dalla lettera di Celli andasse affrontato nel merito. Che riassumo: indicare ai giovani, figli e non, la via di una sconfitta pressoché certa nel buio delle conseguenze o favorire una scelta (quasi?) altrettanto difficile (chi non ha esperienza del migrante non sa quant’è salato l’altrui pane), magari pronti a tornare quando e se…
Dicembre 1st, 2009 at 4:04 pm
In Italia – è vero, è un paese pieno di difetti gravi – ci sono più leaders che seguaci. Vogliamo essere tutti leaders: armiamoci e partite!
Tutta ‘sta storia secondo me rientra nella strategia ‘politica’ di Repubblica, giornale-partito che non amo partcolarmente, visto che da un quotidiano cerco se possibile un po’ di informazione; non mi piace il lavaggio dei cervelli né la manipolazione strumentale (come ad es. nel nostro caso il rinforzo ossessivo della delusione-depressione, nella speranza che le masse trovino il famoso sussulto di orgoglio, a favore di ‘buoni’ naturalmente). Questo genere di strategia, spesso impantanatasi nel gossip più squallido, fa leva sull’emotività dei fedeli di parte e si propone come centro di potere mediatico alternativo. Mi puzza. La ritengo corresponsabile del degrado del nostro paese. (In sintesi, non è la destra che ha vinto, miei cari, ma la sinistra che ha perso!).
Qualche tempo fa mi furono tirate le orecchie da un caro amico per aver espresso l’umano desiderio che mio figlio raggiunga un titolo di studio ed una professionalità che possano aprirgli una qualche strada per la sopravvivenza futura: mi fu fatto notare che da un punto di vista buddista, preoccuparsi per il futuro dei figli e tentare di ‘indirizzarli’, è proprio ciò che non si dovrebbe fare.
Noto quindi che, appena la si gira in ‘politica’, la passione ridiventa incoercibile, ed i figli ridiventano ‘figli e mammete’
Emigrare? In quale paese? Uno dei paesi ‘ricchi’, immagino: Usa, Canada, nord Europa… . E magari con un posto di prestigio: ambasciatore, scrittore ecc…. Siamo alle solite. Credo che nessuno speri per i suoi figli di farsi strada con le proprie capacità – magari partendo dalla gavetta – a Kabul o in qualche angolo dell’Africa, dal Congo al Biafra se ancora esistono, o giù di lì. Se non da ‘ricco europeo’ con babbo alle spalle o, nella migliore delle ipotesi, funzionario di rango o leader di qualche organizzazione umanitaria.
Forse sarebbe il caso di vedere i nostri rampolli con un po’ più di fiducia e stima, magari evitare di condizionarli. Non è possibile che siano meglio di noi, che abbiano occhi più chiari dei nostri? Suvvia, un po’ di fede!
Dicembre 1st, 2009 at 4:59 pm
Caro doc,
la mia adesione alla “proposta” di mym non era certo dovuta all’influsso nefando di Repubblica, che di certo non leggo, anzi neppure ho letto il testo riportato qui nel blog; ho semplicemente visto l’introduzione di mym.
Essendo un libero professionista relativamente giovane, non vorrei mica andare all’estero a fare l’ambasciatore; però sogno un Paese qualunque dove, se mandi in giro il CV, la gente almeno gli dà un’occhiata, anche se non sei parente – amico – amico degli amici – amante di nessun intrallazzatore.
Dicembre 1st, 2009 at 5:20 pm
Caro doc, aspettavo un tuo intervento, visto che sei uno dei pilastri di questo sito, sei padre e sei, pensavo, per vari motivi coinvolto dal tema. Mi permetto dunque quello che credo sia un uso improprio di questa pagina, rivolgendomi a te personalmente. Ma visto che lo faccio in modo pubblico per un discorso allargato, forse il guardiano del sito mi concederà l’eccezione.
Per me la questione è assai semplice, e vorrei tanto sbagliarmi. L’Italia, se non succede qualcosa che non saranno le prossime elezioni, è ormai destinata a diventare un paese “fascista”. Uso intenzionalmente la parola proibita, perché condensa, nella mia sensibilità, quell’insieme di protervia, egoismo, vitellonaggine, cattiveria, meschinità, razzismo, stupidità, mancanza di visione ideale, ottusità… elevata a sistema di potere che il fascismo ha incarnato così egregiamente nel secolo scorso. E allora vorrei che i miei figli e i tuoi e quelli di chiunque non vivessero in un posto così.
Non ho nessuna aspirazione dirigenziale per i miei figli, se mi dicessero che vanno in Congo a guidare un trattore o a Stoccolma a suonare in un gruppo rock la mia preoccupazione sarebbe solo per la loro salute, come ovunque peraltro. E’ l’aria che si respira in Italia che mi preoccupa, per quanto io possa avere fiducia nelle loro capacità critiche. Se il fumo passivo fa male anche a chi non fuma, perchè mai non dovrebbe far male il fascismo passivo?
Tutto qui.
Certo, questo modo di vedere, che è anche uno stato dell’animo, ha a che fare col pensiero che mio padre mi ha consegnato un paese appena liberato dal fascismo e io lo riconsegno a mio figlio in questo stato. E’ più che probabile che i miei figli siano meglio di me, non ci vuole poi molto. E dunque ho fiducia in loro, ma questo non c’entra col nostro discorso. Anzi. Oggi andare all’estero, magari per qualche anno, anche non da rampolli di dirigenti, è un’esperienza che fa respirare aria nuova, fa vedere le cose da altri profili. E magari fa venire in mente soluzioni, per il proprio Paese che non verrebbero in mente se non si uscisse a prendere un po’ d’aria meno viziata.
Dicembre 1st, 2009 at 5:30 pm
“Quell’insieme di protervia, egoismo, vitellonaggine, cattiveria, meschinità, razzismo, stupidità, mancanza di visione ideale, ottusità” che si trova benissimo anche in Umbria, dove da 60 (SESSANTA) anni di seguito senza interruzione governa la c.d. sinistra. Italiana.
Dicembre 1st, 2009 at 9:20 pm
Il che, caro dr, è ,ahimé, irrilevante. Il fascismo di cui parlo non è un partito politico, è un modo di essere (anche se in Italia siamo riusciti nel “miracolo” di incarnare in un partito politico uno stile di vita, ed è per questo che lo chiamiamo così, quello stile). E’ una forma mentis, e come tale si ritrova ovunque. Dunque in questo dx o sin per me pari sono. Anzi, visto che per storia storica e personale la stragrande maggioranza delle persone che ho frequentato in vita mia sono state (e sono) di sin, mentre quelle dichiaratamente di dx le conto sulle dita di una mano, va da sé che, per la legge dei grandi numeri, i peggiori fascisti che ho conosciuto erano di sin. Me compreso, a volte. E sì, perché essendo una forma mentis, una categoria dello spirito, un comportamento di vita, e non una tessera, si è fascisti quando lo si è. Il lato buono della faccenda è che, essendo un modo di essere, si può dismettere, volendo, come ogni altro modo d’essere. Però bisogna saper riconoscerlo. Qui torniamo all’Italia di oggi. Un’occhiata allo specchio è un dovere che abbiamo prima di tutto verso noi stessi, credo. Ama il prossimo tuo come….
Dicembre 1st, 2009 at 10:36 pm
1. “Anzi, visto che (…) va da sé che, per la legge dei grandi numeri, i peggiori fascisti che ho conosciuto erano di sin.”
Quello che adoro di questo “luogo” (situs) è che vi si dicono cose che nessun altro sa dire.
2. “Il lato buono della faccenda è che, essendo un modo di essere, si può dismettere, volendo”.
Hmm, fosse così facile…
Dicembre 1st, 2009 at 10:39 pm
ah, @doc volevo aggiungere: niente di personale!
… nel senso che nel buddismo non c’è “niente” che corrisponda alla categoria ontologica di “persona”
😀
Dicembre 2nd, 2009 at 12:47 am
Ciao Jf e ciao Dr,
…tuttavia siamo su un sito buddista a parlare di persone.
Il tema si è fatto molto ampio e non ho una posizione particolare da sostenere, salvo concordare che sì, viaggiare ed avere esperienze anche all’estero certamente è una grossa opportunità per una crescita personale, a patto che la si sappia cogliere nel modo giusto. E questo può essere utile, come suggerisce Jf, a migliorare anche il proprio paese d’origine.
Poi, a volte, al bar, si può anche dire che sì, piuttosto che gli italiani, meglio andare all’estero…
Ma il tema originale, quello della lettera a Repubblica, è un’altra storia: a me pare un artefatto giornalistico che dà fiato ad un piagnisteo misto di pessimismo, autocommiserazione e rassegnazione, di facile presa emotiva. E’ una scena ad effetto studiata ‘politicamente’ (eh sì, purtroppo siamo a questi livelli…) e politicamente direi quantomeno di ‘cattivo gusto’. Non credo che meriti analizzarla ulteriormente.
Tuttavia mi viene da dire: i nostri figli non meritano certi consigli, soprattutto da padri che hanno fatto brillanti carriere sapendo benissimo come si fa a fare brillanti carriere.
(scusate il ritardo, ma sono rientrato tardi :-[ )
Dicembre 2nd, 2009 at 1:05 am
Mi viene da rilevare che, in realtà, non si parla di fuggire dall’italia bensì dagli italiani. Pertanto, non siamo tanto un paese fascista, quanto un paese popolato da ‘fascisti strutturali’.
Ma sapete quanti italiani ci sono in giro per il mondo? come scansarli? 😀
Dicembre 2nd, 2009 at 2:25 am
Siamo responsabili del degrado della nazione quanto lo potrebbero essere delle aspiranti pulci in confronto a consolidati elefanti.
La sinistra è colpevole ma non così becera e volgare come i cialtroneschi neo-crociati dell’altra sponda.
Repubblica non sarà il quotidiano ideale ma lo preferisco mille volte al Giornale.
Il declino politico-morale dell’Italia è innegabile ma quando vedo i livelli di censura, oppressione, miseria e precarietà dell’esistenza di tre quarti dei paesi del mondo, penso quanto sono fortunato a vivere qui…
Dicembre 2nd, 2009 at 8:50 am
Caro doc,
all’estero è pieno di italiani, però il mondo del lavoro – almeno in parte – funziona in modo alternativo. Perfino nella Cina monopartitica, iper-funzionarizzata e insabbiatrice c’è posto per la meritocrazia, quando la si ritiene utile allo sviluppo del Paese.
Perciò se V. (figlia di mym) avesse bisogno di aiuto per fare le valigie, non ha che da chiamarmi.
Un altro piccolo addentellato a quel “volendo” scritto da JF: se nulla possiede consistenza e tutto è impermanente, perchè l’unica realtà affidabile dovrebbe essere la volontà? Che anzi…
Dicembre 2nd, 2009 at 9:43 am
Caro doc,
l’Italia la fanno gli italiani (come diceva Garibaldi, o era Nino Bixio? o Claudio Bisio?) e il fascismo lo fanno i fascisti. Non ho detto, e non lo penso, che gli italiani siano fascisti in quanto italiani e dunque il problema degli italiani all’estero in questi termini per me non si pone. Ho semmai suggerito che, se il fascismo è una categoria mentale e un modo di essere prima di tutto individuale, gli italiani hanno regalato al mondo e alla storia la capacità di renderlo partito politico, nel senso di aggregazione organizzata per la gestione e l’amministrazione della polis, della res pubblica. E non è poco. Per cui oltre che guardarci allo specchio ogni tanto per dare una controllata a noi stessi come individui, sarebbe il caso di farlo anche come collettività a rischio. La lettera di mr. Celli, quali che siano i motivi per cui l’ha scritta, è per me un’interessante provocazione, nel senso etimologico di “chiamarmi fuori” dal mio habitat mentale e costringermi a guardare in un altro specchio. Ricordate il Sutra del Loto? Ai figli nella casa in fiamme, inconsapevoli, il padre non dice: Voi che siete tanto bravi, state dove siete, gettate acqua sul fuoco e spegnete l’incendio! Li alletta con un dono stupendo perché escano fuori e si salvino. La questione è: la casa (nella fattispecie l’Italia) sta bruciando o è solo un fuoco di paglia, e il fumo una manovra dei disfattisti? Mi sa che presto lo sapremo.
Caro dr, “volendo”, fra due virgole, non stava a dire che per dismettere un modo d’essere basta volerlo né che si fa con la forza di volontà. Stava a dire che per dismettere un modo d’essere bisogna volerlo fare, innanzitutto. Volerlo e farlo son due cose distinte, ma credo sia il volerlo che conduce sulla soglia del farlo.
Dicembre 2nd, 2009 at 10:28 am
(Esco lievemente di topic, ma resta comunque legato alla “possibilità di redenzione” di un singolo o di una nazione)
“Credo sia il volerlo che conduce sulla soglia del farlo”: sulla base di Spinoza, tendo a capovolgere la questione. Si fa – di fatto – qualcosa, per cui lo si percepisce come “voluto” (“Se un sasso lanciato in aria potesse pensare, penserebbe di muoversi di sua spontanea volontà”). A decidere che cosa si fa, a monte, sono una serie di spinte inconsapevoli difficilmente controllabili.
Pessimismo? Attendo smentite con trepidazione. Le attendo dalla vita; a cominciare dalla mia.
Nel frattempo, se c’è bisogno anche di un facchino per le valigie, ecc.
Dicembre 2nd, 2009 at 11:01 am
Caro Jf, non è che io non veda gli aspetti preoccupanti che tu sottolinei: è, innanzi tutto, che spero che tu ti sbagli. E’ che voglio/devo aver fiducia nei più giovani. E’ che penso che un sano spirito critico vada applicato sempre (quindi anche di fronte ai giochini come quelli di Repubblica); mentre il rinunciare allo spirito critico quando a spararle grosse sono quelli che consideriamo ‘amici di parte’ rientra proprio tra quei vizi italiani, modi di essere, che tu stigmatizzi e che stanno alla base del ‘fascismo strutturale’ e dei nostri ragionamenti. Così un po’ come vedere l’erba del vicino sempre più verde.
Non sono d’accordo nello stiracchiare la metafora del sutra del Loto per applicarla a situazioni contingenti. Una metafora vale per il campo di applicazione per cui viene proposta: nella fattispecie qui si tratterebbe di scappare di casa abbandonando nella casa che (forse) brucia, donne e bambini. Oltretutto nutrendo quella che mi pare un’altra bella illusione: che fuori di casa si trovi tout court l’Eldorado, i ‘veicoli’ di ogni foggia e rivestiti di mille pietre preziose. E’ vero, è molto tempoche non viaggio e non ho poi girato il mondo così tanto: ma se andiamo a guardare i paesi ‘esteri’ e la loro storia con spirito critico, così come facciamo per il nostro stivale, non mi pare che ci sia poi così tanto da ridere.
Certamente, chi vuole andare via fa bene a farlo (per ora, almeno, è possibile!); casomai, se e quando ci ripensa, torna indietro.
A questa sera…
Dicembre 2nd, 2009 at 11:01 am
Sarà pure che io arrivo a credere di voler fare questo o quello per una serie incontrollabile di spinte e controspinte che risalgono al big bang (o chi per esso), però se mi fermo nella risalita alla decisione (di tirare il sasso che poi se potesse pensare crederebbe ecc..) conta o non conta la mia voluntas? Ho un margine per cui posso decidere di tirarlo o no? Non sempre, certo, ma almeno in qualche caso. Altrimenti che bruci la casa, metto anch’io la mia fascina, è così bello il fuoco! Lo so, è vexata quaestio, però posso almeno credere di voler credere che posso credere di poter volere. O no?
Dicembre 2nd, 2009 at 11:30 am
E così siamo arrivati a Llosa: ”Posso anche immaginarmi che scrivo che già avevo scritto che mi sarei immaginato che scrivevo che avevo scritto che mi immaginavo che scrivevo che mi vedo scrivere che scrivo” (La zia Julia e lo scribacchino). Comunque oggi su La Repubblica c’è un interessante articolo (on line non lo trovo) di Benedetta Tobagi che è ben rappresentato nel titolo “Ma i padri non devono invitare alla fuga”. Egregiamente argomentato.
Dicembre 2nd, 2009 at 11:32 am
Che ritmo, comincio ad ansimare. La mia precedente era, con evidenza, per dr.
Caro doc, è proprio perché ho fiducia nei giovani che gli consiglio di farsi un giro. A casa si sta bene, fa caldo, si capisce la lingua, in fondo non manca niente e qualche frustrazione si può anche mandar giù. Fuori non c’è il Bengodi e l’erba è verde se la innaffi. Però ogni erba non è un fascio (absit iniuria verbo). Qui dove mi trovo parlo con un giovane italiano che fa studi umanistici, è sostenuto economicamente da questo governo di destra che spende per la ricerca (perfino quella umanistica che non serve a niente!) e finanzia senza guardare la nazionalità (“non ce n’è per i nostri, figurarsi per luri” direbbe un ministro nostrano) e incoraggiato dai professori solo sulla base del suo impegno (che è qualcosa di diverso dal merito). Non è che al di là della siepe c’è l’Eldorado, è che al di qua l’erba è secca. E poi, guarda, andare a vivere lontano dal proprio paese non è come fare un viaggio, per lungo che sia. E’ un gran sacrificio, anche se non sei un sans papier, come dicono qui, un extracomunitario clandestino, come si dice da noi. Non è una bazzecola neanche per chi va per star meglio e non solo per fuggire a un orrore. Però sembra che tiri un’altr’aria, finché dura, mentre da noi a me pare viziata. Ma chissà, forse è solo il mio naso ad esser viziato. Spero, con te, di aver torto. E se ho torto la metafora del Loto me ne scuso: lo sapevo che qualcuno avrebbe eccepito. Però le situazioni sono sempre contingenti. E i giovani non lasciano donne e bambini, a meno che non siano molto precoci.
Dicembre 2nd, 2009 at 1:32 pm
Il commento di Louis (N° 16) era rimasto nei filtri del server ed è giunto ora, peccato perché è controcorrente, almeno rispetto a certe correnti…
Dicembre 2nd, 2009 at 2:40 pm
Concordo con Louis per quanto riguarda la lettura dei quotidiani.
Anche a proposito dei neo-crociati.
Lo stesso sul fatto che nascer qui è una specie di fortuna, ma se ci si paragona al peggio un colpo di machete è una carezza in confronto a uno di bazooka (si scrive così?).
Tante pulci pesano come un elefante.
Dicembre 2nd, 2009 at 2:46 pm
Poi a meno di uscite fantasmagoriche depongo le armi.
L’articolo di Benedetta Tobagi è davvero da leggere (anche per chi ha in uggia La Repubblica). E’ l’altra faccia dell’articolo di Celli. Lei poi il rapporto adulto col padre se lo è dovuta inventare. Mi pare abbia fatto un egregio lavoro.
Ma allora quelli di Repubblica non sono così malfidati se mettono in prima entrambi i lati della medaglia (l’ho detto, però non ricominciamo daccapo, per cortesia).
Dicembre 2nd, 2009 at 4:38 pm
Ho trovato on line l’articolo/lettera della Tobagi, per chi lo vuol leggere risparmiando l’acquisto del giornale, eccolo qui
Dicembre 2nd, 2009 at 7:23 pm
Molto bene. Un punto per Repubblica, per quanto mi riguarda. E si può perdonare la tardività della ‘risposta/punto di vista complementare’: voglio sentirmi magnanimo . (O sarà la magnanimità che si traveste da volontà per farmi fare la solita figura del fesso?!)
Dicembre 2nd, 2009 at 7:34 pm
Complimenti anche alla sintesi di Louis (n. 16), con cui concordo.
Aggiungerei solo una cosina, non certo per critica ma per rinforzo: quel quarto di mondo che non citi è proprio quello dove tutti vorrebbero andare per ‘stare meglio ed avere maggiori opportunità’: ed è anche quello la cui popolazione si crogiola in agi determinati dalle ricchezze sottratte agli altri 3/4 del pianeta con mirabile sprezzo del prossimo e crudeltà passate presenti e, temo, future inaudite. E’ quello che consuma ed inquina non so quante volte più degli altri 3/4 di mondo ed è quindi particolarmente responsabile del disastro ecologico planetario. E’ quello che ha inventato la guerra preventiva; è quello che ha appena votato al referendum per continuatre a produrre e vendere armi e non vuole i minareti; eccetera eccetera
Non è tutto oro quello che luccica.
Dicembre 2nd, 2009 at 8:47 pm
E così – contro tutto il senso del discorso imbastito da JF – si è arrivati alla rassicurante conclusione che chi vuole emigrare per lavoro è un imperialista e un fascista.
Peccato che a lanciare la discussione “pro espatrio” sia stato mym, che in comune con “lui” ha giusto la pelata.
Dicembre 2nd, 2009 at 9:30 pm
Hai ragione doc, e qui si aprirebbe più che un nuovo canale di discussione, una voragine. Non parlavo comunque di equità, ma di fortuna. Tale è purtroppo, in questo mondo, il “normale” diritto di non morire di fame e di stenti o di bombe. Aggiungo che il poter ancora parlare liberamente in un blog, non essere, come avviene nei regimi teocratici, lapidati o decapitati per preferenze sessuali o per aver manifestato idee contrarie al ras di turno ecc. sono valori che la laicità e l’illuminismo hanno portato nella nostra cultura e noi dobbiamo preservare con tutte le nostre forze. Non gettiamo l’acqua sporca insieme al bambino (non dico a te, ma in generale a chi tende a rappresentarsi solo il marcio e gli aspetti meno edificanti della nostra civiltà).
Dicembre 3rd, 2009 at 12:32 am
Ciao anche a Louis.
Io, caro Dr, ero arrivato ad altra conclusione ,che provo a tratteggiarti. (Ho notato una certa propensione ad una visone ‘personale’ del tema, in questo blog: o è solo la mia sensibilità?!)
Ovunque siamo, siamo ‘qui’ ed abbiamo a che fare con i problemi e la gente di ‘qui’: che non è un posto geografico, naturalmente, ma – vergognosamente citando a mente le criptiche parole di Doghen – è nientemeno che il “mondo della trasmissione del dharma”!. Le cose cambiano e così le condizioni esterne a noi. Gli stessi paesi attraversano, tutti, fasi cicliche e non esiste un mondo fisico a nostra personale misura. Se non tutto almeno una parte del nostro disagio profondo, inteso come dukkha, non dipende dalle condizioni ambientali.
Che poi la mia volontà sia causa efficace e sufficiente ad eliminare il ‘velo’che mi tiene ai margini di quel “mondo della trasmissione del dharma” , non saprei; ma non posso fare a meno di volere. Ci sarà pure un motivo…
Dicembre 3rd, 2009 at 8:47 am
Caro doc,
in sé hai ragione, ma se a sentire quel disagio sono anche personaggi come mym e jf, che sicuramente sanno riconoscere i trabocchetti delle “false fughe illusorie”, allora qualche problema ci sarà sul serio.
Quanto ai toni “personali” dei miei post, verissimo. Vorrei guadagnarmi onestamente da vivere con il sudore della fronte… sì, l’ho detto, arrestatemi!!
Dicembre 3rd, 2009 at 10:38 am
Oggi, 3 dicembre, su La Repubblica vi è il terzo articolo della serie, s’intitola “I miei figli all’estero col cuore italiano”, di Veronesi Umberto. Tratta del Villaggio Globale. Fa sbadigliare fin dal titolo…
Dicembre 3rd, 2009 at 11:20 am
Ah beh, allora è da leggere prima della nanna…
Caro dr, capisco cosa vuoi dire: è buona cosa avere dei punti di riferimento che ci aiutino ad orientarci, soprattutto quando trattasi di ‘buoni amici’ al di sopra di ogni sospetto. Ma appoggiarsi ad altri è comunque perdere l’equilibrio. Ed in più si rischia di caricare questi altri di responsabilità che non hanno, quale quella di aver indirizzato una nostra scelta: un domani potremmo dire ‘ecco, è colpa dei suoi consigli se oggi mi trovo in questa situazione!’
Andare, venire, stare: perchè preoccuparsi tanto delle opinioni altrui? perchè dire ad altri cosa è bene fare e cosa no? quali sono le reali motivazioni che ci spingono a fare una scelta o l’altra?
Nessuno ti arresterà nè ti criticherà, se vorrai andare: anzi, se trovi un bel posto magari invitami chè mi farebbe giusto bene muovere un pò il sedere da qui…
Dicembre 3rd, 2009 at 11:55 am
Un bel posto, dici? Te ne invierò uno in visione… con gli auguri di Natale.
😉
Dicembre 3rd, 2009 at 4:02 pm
grazie. ciao
Dicembre 4th, 2009 at 2:53 pm
Mi ero persa questa questione, e forse nessuno leggerà più, chissà, meglio così.
Se torniamo alla “frasetta” e al monito di leggerla buddista, mi viene da pensare che male non sia sostantivo, ma aggettivo e avverbio (non ci sono sostanze in casa di Buddha). Male è la qualifica che può avvighiarsi a ogni cosa, come quel rampicante a quell’albero. E’ l’effetto male di una causa male. Anche amare, non lo sappiamo?, può avere effetto male. Come è possibile? Perché ho amato male. Se amiamo bene c’è l’effetto bene. Si vede dopo, però di solito lo si sapeva anche prima. E questo è doppio male, perché non posso dire che non lo sapevo, eppure l’ho fatto. Questa è la vera megalomania, di pensare che posso mutare in effetto bene la causa male. E quando non lo so, se quel che sto pensando, che sto per dire, che vorrei tanto fare è causa bene o male, ci son apposta i precetti a suggerire. E là dove tutto tace, la coscienza e i precetti, non fare niente è sempre bene fare.
Per il resto ogni torto è irreparabile e c’è solo il momento che viene.
Dicembre 4th, 2009 at 4:17 pm
Bene, allora non facciamo(ci) male. Se non sono cose non si può neanche chiedere che cosa sono. Le modalità non si possono fissare, anche brucia! non ha temperatura, figuriamoci lento e veloce. Però, stabilito che non sono cose, vi è un conoscerle o no?
PS: i commenti non passano mai inosservati. A volte inevasi.
Dicembre 6th, 2009 at 11:30 pm
(copio un post che avevo scritto su un altro blog tempo fa)
Strano ma vero, la cosa [la questione del crocifisso] potrebbe essere considerata in chiave polemica anche da un punto di vista cristiano.
Infatti per almeno 500 anni — quindi ben oltre le necessità di “segretezza” imposte da persecuzioni a ritmo alterno — i cristiani per primi non si sarebbero mai sognati di esibire dappertutto l’immagine del Crocifisso. Il quale, per ammissione dello stesso Gesù e poi di Paolo, aveva un valore scandaloso, quasi orrorifico, una “medicina forte” contro qualsiasi pericolo di idolatria. E invece… si è riusciti a trasformare in un idoletto perfino quello, soprattutto a partire dal XIV secolo a opera dei francescani.
Una storia che, nel suo insieme, ha risvolti davvero paradossali.
Dicembre 7th, 2009 at 10:34 am
“per ammissione dello stesso Gesù”. Fammi capire meglio: il crocifisso esisteva già come simbolo in Palestina/Israele, prima della crocifissione di Cristo?
Dicembre 7th, 2009 at 10:40 am
Caro doc,
esisteva come PATIBOLO ed esclusivamente così. Un patibolo riservato agli schiavi senza dignità e ai peggiori delinquenti — i cittadini romani venivano decapitati, che era considerata una forma di onore, diversamente dalla gigliottina nel ‘700. Per gli ebrei era sinonimo non solo di esecrazione ma di maledizione.
Per questo, adottare la croce come “trono della divinità” era uno scandalo inconcepibile.
Dicembre 7th, 2009 at 6:11 pm
Già, e come uno “scandalo” viene percepito da coloro che, non “resi ciechi” dall’abitudine, lo vedono per la prima volta. Non è infrequente nelle scuole elementari trovarsi a dover “giustificare” la strana presenza di “quell’uomo” messo in croce ai bambini stranieri. Certamente non viene vissuto come un simbolo di pace e di amore. E spiegarne la storia veramente non è semplice…
Ci sarebbero tante altre cose da dire prima…
Dicembre 11th, 2009 at 7:42 pm
Intervengo con un sensibile ritardo perché ho pensato a lungo se, e come, esporre il mio dubbio in relazione a quanto scrive padre Luciano. Leggo nel suo Corollario: ” Chi può comprendere un islamico ignorando il suo tipo di religiosità? Oppure un orientale, o un sudamericano? E chi può comprendere la storia di questa Italia, ignorando la religione cattolica?” Questo mi trova pienamente d’accordo: nell’attuale convivenza di culture diverse è, più che importante, essenziale conoscere la componente religiosa di ognuna di esse. Ma a questo punto mi sconcerta l’affermazione successiva che “il messaggio religioso, quindi universale” sia declassato a “messaggio culturale, quindi locale”. Cosa significa? Come può essere universale un messaggio che si può comprendere, come è stato appena detto, solo in relazione a una determinata cultura e viceversa? Se è un messaggio universale, è ugualmente comprensibile in quasiasi tipo di cultura, per definizione stessa del concetto di “universalità”. Oppure tutte le religioni sono universali, ma qualcuna è più universale delle altre?
Dicembre 11th, 2009 at 9:55 pm
Cara Cristina, il dubbio che proponi è, almeno formalmente, solo in apparenza problematico come a te appare. Infatti Luciano (mi permetto qui di interpretarlo, ma credo di non sbagliare) scrive “come si può comprendere la storia di questa Italia, ignorando la religione cattolica?” e non come si può comprendere la religione cattolica ignorando la cultura italiana (o europea o occidentale). E’ vero che nella prima frase c’è un doppio scarto, perché si parla della religiosità di un islamico (che non è una definizione né etnica né geografica ma religiosa) poi della religiosità di un orientale o di un sudamericano (cioè del sentire religioso in base alla geografia culturale) e poi dell’influsso della religione cattolica (la Chiesa? l’educazione ricevuta? il sentimento diffuso? il fatto che comunque dai e dai qualcosa è permeato del messaggio religioso cattolico?). Però è difficile negare, quale che sia l’accezione in cui quell’affermazione è dichiarata, che la storia italiana non è comprensibile ignorando la religione cattolica (italiana, aggiungerei io). Tutt’altra storia è parlare di radici cristiane dell’Europa, questa sì un’affermazione incomprensibile dal punto di vista religioso. Ammesso e non concesso che la religione abbia e metta radici (il Figliol dell’Uomo non ha dove posare il capo, ma dove piantare i piedi sì?) visto che l’albero si giudica dai frutti e l’Europa è il frutto dell’albero cristiano… auguri. Ma sopratutto, dire che le radici dell’Europa sono cristiane equivale a dire che le radici cristiane sono europee (a ogni albero la sua radice, da una radice un’albero), e dunque l’unica possibilità di essere cristiani è europeizzarsi, almeno nel modo di intendere la religione. Questo è il piccolo grande trucco pseudo-religioso dei nostri tempi, a questa greppia li trovi tutti, cristiani europei, islamici arabi, buddhisti giapponesi e via cantando. L’equazione cristianesimo uguale fede evangelica più logos greco che manda in visibilio papi e teologi è, alla fin fine, una forma di colonialismo culturale che ogni Chiesa declina a modo suo ma che, a me pare, con la religione nulla ha a che fare.
Dicembre 11th, 2009 at 10:09 pm
A Luciano, piuttosto, chiederei altro, ma non so se mi sente, quindi lo chiedo a che ascolta. Scrive: “L’aver declassato la religione a materia facoltativa e confessionale è stato una scelta miope”. Ma in Italia l’insegnamento della religione è sempre stato confessionale, anche quand’era obbligatorio. E definire la religione una materia mi pare discutibile. Penso che si dovrebbe sì insegnare a scuola la religione, altroché, ma so anche che la religione non si insegna. Oggi si pongono problemi che un tempo non sussistevano. Ai miei tempi, nel medioevo di cinquant’anni fa, la religione era una e “insegnare” quella voleva dire insegnare tutta la religione. Non è più così e non lo sarà mai più, per quanto scalcino i nostalgici. Che fare?
Dicembre 12th, 2009 at 7:49 pm
Grazie di mantenere viva l’attenzione sul “politico”.
Ricordare è significare(se ji è JUYUzanmai..), altrimenti poi sono le ricostruzioni pre-potenti che si impongono, altrimenti poi “siamo” costretti a invitare i giovani ad andarsene all’estero.
Aiutiamoci a risignificare,aiutiamoci a ricostruire, aiutiamoci a con-vivere.
Dicembre 12th, 2009 at 8:30 pm
Quando il politico penetra con violenza, con l’inganno nella vita di tutti non è “solo” politico. È anche banditismo, terrorismo. Il vulnus che provoca è nella totalità della vita. Pur con differenze di ambito e di strumenti nessuno dovrebbe chiamarsi fuori. Fare, per esempio, il parroco a Corleone o a Casal di Principe non può non deve prescindere da tutto quello che vi accade di “politico”.
Dicembre 12th, 2009 at 11:43 pm
C’entra eccome, eccome se c’entra. Quelle bombe del 12 dicembre di quaranta anni fa hanno cambiato il corso delle nostre vite, come quando si devia un fiume con la dinamite. Viviamo ancora nel cono d’ombra proiettato da quell’evento, noi che avevamo vent’anni e tutti quelli che son venuti dopo. Il nostro qui e ora non è un attimo senza tempo, avulso dal prima e sconnesso dal poi. A ciascheduno il suo, ma ciascheduno è fatto della materia con cui siamo fatti tutti.
Dicembre 13th, 2009 at 12:57 pm
Dice bene mym: è un pezzetto della nostra storia. Ed è sacrosanto ravvivare la memoria per comprendere il presente e costruire il futuro.
Anche altrove ci sono state stragi o delitti irrisolti (mi sovviene ad es. la saga dei Kennedy), ma qui da noi la storia rimane ‘politico’, tanto che ancora non è definitivamente storia neppure l’epoca del fascismo. Ciò premesso, concordo: il ‘politico’ diventa materia in noi e ci costituisce. Come il pane consumato, come l’aria che abbiamo respirato, le letture e gli amori di cui ci siamo nutriti . Anche l’espressione della nostra ‘religiosità’ ne risulta di conseguenza condizionata.
Non ne consegue però, a mio avviso, che il ‘religioso’ debba o possa diventare ‘politico’. Sennò è un guaio peggiore. Mi auguro che i parroci, così come gli imam o i loro colleghi ministri di altri ‘credo’, colgano la differenza.
Non entro nel merito del bell’articolo di Ferrarella: non sono abbastanza preparato in materia, non è la sede, e poi si aprirebbe un vaso di Pandora. Concedetemi solo una piccola, ironica considerazione: alla fin fine mi risulta che l’unico ‘mandante’ accertato dell’epoca delle stragi, che si è fatto tutta la sua bella galera, sulla sola base delle dichiarazioni di un ‘pentito’, senza riscontri oggettivi, sia stato Adriano Sofri. Ha proprio ragione il Sire Nostro in The Sky a prendersela con la magistratura politicizzata!
Dicembre 13th, 2009 at 3:21 pm
Dice bene doc: il politico diventa materia in noi e ci costituisce. Ma non finisce qui, temo. Non di solo passato vive l’uomo. Il politico è anche ciò che noi (come e cosa pensiamo, diciamo, facciamo) materializziamo nel nostro ambito, quale che sia. Il nostro modo di stare nella polis, nella vita associata. D’istinto tendo a concordare sulla considerazione che non ne consegue “che il religioso possa o debba diventare politico”. Ma poi mi dico: c’è un religioso astratto, che non si incarna nella vita vissuta? E c’è una vita vissuta che non tange il politico? E poi, quale “religioso”? E Gandhi? E Bonhoffer? E don Puglisi e don Diana? In un contesto brahamanico separare religioso e politico non ha senso, così come, mi pare di capire, in un contesto ebraico, islamico e in fondo anche cristiano. L’imperatore Asoka, il principe Shotoku han fatto del buddhismo religione di Stato, uno in India, l’altro in Giappone. Sulla base di quale riscontro possiamo dire che questi eventi politici non hanno influito sulla vicenda, anche spirituale, del buddhismo? Questioni antiche e amare. Forse è lecito dire che si può (deve?) provare a vivere religiosamente anche il politico: cesare e dio stanno su facce opposte dell’unica medaglia, la terza faccia sono io che le tengo insieme.
Dicembre 13th, 2009 at 4:16 pm
Ciao Jf. Era chiaro che scoprivo un fianco, con le mie affermazioni. E giustamente tu ti ci infili. Però credo che converrai con me su un punto: che va preservato uno ‘spazio’ – che possiamo anche non chiamare ‘religioso’, ma come chiamarlo? – dove chi ne ha necessità possa ‘ritrovarsi’. Se lo zen avesse avuto, ai tempi, connotazioni ‘politiche’ nè tu, credo, nè io ci saremmo mai lasciati coinvolgere. E non avremmo avuto questa splendida opportunità. Opportunità che io spero venga preservata per altri.
Inoltre, seppur io nutra poche convinzioni in materia, credo che ciò che chiamiamo ‘politico’ non sia l’unica nè la principale causa della sofferenza: personalmente non metto il ‘sociale-politico’ al primo posto nella genesi di dukkha.
E’ naturale che, percorso un cammino di liberazione, il praticante ritorni poi a considerare il mondo che lo circonda e quindi anche a riconsiderare il ‘politico’ come parte integrante della (propia) esistenza. Ma questa è un’altra storia.
Mi piace pensare che è proprio quella ‘opportunità’- simboleggiata se vogliamo dallo zazen – che faceva dire al Patriarca: non dobbiamo contaminarlo!
Dicembre 13th, 2009 at 4:29 pm
Perdonate ancora una piccola chiosa ‘politica’.
Forse sarà per l’età o per vecchio vizio italico, ma sembriamo troppo spesso più orientati al passato che al futuro.
Va bene la ‘memoria’, ma intanto la storia è andata avanti… Oggi i grandi temi politici sono anche e soprattutto quelli che si dibattono e si combattono per le strade di Copenhagen.
Alla enorme, spietata, tracotante violenza delle multinazionali e dei loro lacchè, si contrappone il sacro e santo furore di giovani che si battono per poter domani ancora respirare l’aria o bere l’acqua che gli lasceremo (se glie ne lasceremo), seppur imputridita dai reflui del nostro folle stile di vita.
Dicembre 13th, 2009 at 4:43 pm
Il politico ha cicli brevi (20-30 anni, max. una generazione). Il religiso ha cicli lunghi (secoli, millenni). Il religioso include il politico, non viceversa. Per questo il politico di turno si allea sempre strumentalmente al religioso. Sia il politico che il religioso sono sovrastrutture che celano e giustificano ideologicamente il potere reale, concreto e materiale. Politico e religioso – in pratica la cultura – sono omnicomprensivi o esiste una natura più profonda dell’uomo che sussiste al di là di essi?
Dicembre 13th, 2009 at 4:54 pm
La domanda è birbante. Se sussistesse farebbe parte anch’essa del calderone, a volte politico a volte religioso, comunque: potere reale e concreto. Se non sussistesse: be’ ragazzi, scendete dal pero, siete come gli altri ecc. ecc. Il problema è antico. Il fatto di dire che “tutto è illusione” non è in contraddizione col fatto che io mi tenga alla larga dalla galera: c’è illusione e illusione. Il punto per il quale sia la vita sottoposto al 41 bis, sia un soggiorno nella suite reale di Maracaibo sono illusioni alla pari…. ecco lì si può cominciare a parlare di natura profonda che sussiste aldilà.
Dicembre 13th, 2009 at 9:31 pm
“… sovrastrutture che celano e giustificano ideologicamente il potere reale, concreto e materiale”.
Un onesto riassunto del marxismo, ma ingannevole. Il potere è TOTALMENTE virtuale. Esempio: se nel momento in cui il padrone X esigesse la cosa Y, NESSUNO gli obbedisse, il suo potere crollerebbe.
Certo, se A disobbedisce, e invece B, C, D ecc. obbediscono e sbattono A in galera, allora la cosa non funziona e il potere sussiste. Quindi è “reale, concreto e materiale” solo perché si troverà sempre qualcuno che, per un qualsiasi motivo, acconsentirà a fare il “lavoro sporco”.
Dicembre 13th, 2009 at 9:42 pm
Postilla. Il marxismo tutto sommato è una forma ottimista di utilitarismo: la gente fa le cose “per soldi” (qui si stanno ovviamente tagliando le cose con l’accetta).
Ma sono arrivato alla conclusione che la gente NON agisce affatto per il proprio utile. Si potrebbero “guadagnare molti più soldi” se si agisse diversamente.
Per tornare al precedente blog sull’emigrazione all’estero: gli italiani credono di essere molto furbi e di procurare l’ “utile” proprio e dei propri amici con l’uso sistematico dell’ammanicamento. Invece l’unica cosa che hanno ottenuto è di trasformare l’Italia in una pozza di m***a.
Dicembre 13th, 2009 at 9:45 pm
Ciao Doc, concordo con quasi tutto ciò che scrivi nel 6. Credo anche che lo spazio di cui parli, che mi ha attirato a suo tempo e sempre mi richiama, debba “inghiottire” tutto il tempo della mia vita e non essere un ritaglio di tempo fra altri tempi. La meta della via mi pare quella. Altrimenti quell’opportunità (rappresentata idealmente e praticamente per me dallo zazen) diventa nicchia di rifugio, e questo può essere un altro modo di contaminare. Quanto al 7, certo, non di solo passato, ma anche di futuro… Però senza la luce sul passato il futuro è più buio. Se i ragazzi di Copenhagen, coi quali probabilmente correrei fossi ragazzo, guardano solo il presente per sperare nel futuro, senza vedere il passato che li conduce lì, che vuol dir anche essere disposti a rinunciare a parte degli enormi benefici che quel passato ha loro regalato, il rischio è che domani buona parte di quei ragazzi si trovino a schierare la polizia contro i loro nipoti, se ci sarà ancora qualcuno in giro.
Una parola al 9, non per sproloquiare su tutto, ma perché il tema è fondamentale. La vita dentro al 41bis e quella nella suite di Maracaibo sono parimenti illusorie ma forse non sono illusioni alla pari. Forse il 41bis è così cogente che può indurre più dell’altra condizione reazioni radicali, conversione o suicidio; mentre la suite coltiva la mollezza. Però dalla suite si può uscire in qualunque momento, dal 41bis è un bel po’ problematico. Infatti, nel mito fondativo, Sakyamuni è uscito da una suite, non da Bad’e Carros.
Dicembre 13th, 2009 at 9:50 pm
Sono illusioni alla pari… in quanto illusioni. Che ci sia illusione e illusione è già scritto il rigo prima.
Dicembre 13th, 2009 at 11:02 pm
Grazie Jf, ottime precisazioni. Ciao.
Dicembre 14th, 2009 at 11:02 am
Dalla bellissima Divina Commedia a fumetti di Go Nagai (il creatore di Goldrake), un dialogo che avviene nel cerchio infernale degli avari, parole non presenti nel testo originale del poema:
DANTE – Dimmi, maestro: per quale ragione la brama umana è senza limiti? Perché ci si riduce a esseri così meschini?… Oppure quella è la vera essenza dell’uomo?
VIRGILIO – Io non ti posso rispondere. Non sono un santo. E forse ciascun uomo deve sforzarsi di trovare dentro di sé la risposta a quella domanda.
Dicembre 14th, 2009 at 2:02 pm
Chiarimento per dr n.10: sono d’accordo con l’osservazione. I tre attributi con cui ho connotato il potere si includono l’uno nell’altro. Reale è il contenitore più ampio che implica anche gli aspetti psicologici, motivazionali ecc. Marxianamente invece avrei dovuto parlare di “rapporti materiali di produzione”, ma non credo che si esaurisca tutto lì.
Dicembre 14th, 2009 at 4:50 pm
@louis
Spero comunque che i lettori apprezzeranno il nostro sforzo di dare i Massimi Sistemi in pillole 🙂
Shakyamuni ci è riuscito bene con la seconda Nobile Verità.
Dicembre 14th, 2009 at 7:11 pm
Caro jf, forse non mi sono spiegata bene: convengo pienamente sul fatto che la storia d’Italia, ma non solo la storia: anche la letteratura, l’arte, le tradizioni popolari e la concezione stessa dei rapporti sociali, non è coprennsibile a prescindere dalla religione cattolica, e convengo altrettanto pienamente sul fatto che qualsiasi altra storia, di qualsiasi altro paese, non sia comprensibile ignorandone la, o le religioni. Precisamente questo è, secondo me, il punto: la religione si dimostra, proprio perciò, un importantissimo fattore “culturale”. E con altrettanta chiarezza si dimostra “non universale”: a ogni cultura la sua religione, a ogni religione la sua cultura. Suggerisco di abbandonare la metafora dell’albero: certo un albero ha un’unica radice e da’ frutti tutti uguali. Pensando all’Europa, non mi pare proprio che – cito a caso – Greci, Lapponi, Svedesi, Islandesi, Portoghesi siano frutti tutti uguali dello stesso albero dall’unica radice. Semplificazioni di questo tipo sono eccessivamente riduttive, il linguaggio figurato ha un suo fascino evocativo ma a a volte è opportuno non lasciarsene suggestionare. Dire che le radici dell’Europa sono cristiane equivale a fare un’affermazione senza senso. Meglio tacere, lasciar parlare il silenzio. E non perché io abbia paura a parlare.
Dicembre 14th, 2009 at 7:49 pm
Cara Cristina, pienamente d’accordo ad abbandonare la metafora dell’albero: le metafore sono come le zattere, servono fin quando servono, poi sono d’ingombro. Credo che nel nostro discorso si mischino almeno due piani. La religione è certo un fattore culturale, ma la formula “cuius regio, eius religio” (a ogni regione la sua religione) non dice tutto. Un cristiano lappone (ce ne sarà uno), un cristiano vaticano, un cristiano del Bangla Desh, hanno un quid religioso in comune? E se ce l’hanno, è quella l’universalità del cristianesimo? O è nel fatto che un lappone, un vaticano e un Bangla Desho possono riconoscersi cristiani? Io da un po’ di tempo a questa parte penso che l’universalità, intesa come fattore che tutti accomuna consista nell’unicità di ciascuno, non in qualche forma di generica eguaglianza. Ognuno di noi è unico, siamo nati tutti, ma ciascuno è nato lui , lei, non altro; moriamo tutti, ma solo io muoio come me. In questo siamo accomunati e uguali, nell’essere ognuno unico, e qui ci possiamo ritrovare. Francamente non so se c’entra molto con il discorso che stavamo facendo, ma mi viene di “risponderti” così.
Dicembre 14th, 2009 at 8:53 pm
Prima e oltre Shakyamuni e Marx siamo interpellati dall’E-mergenza , e anche oggi da lì partiamo e lì dobbiamo con-venire.
L’esperienza luogo della relazione inesauribile tra verità e illusione, politica e religione, luogo della sofferenza e della (possibile?) libertà..
o quantomeno non ne vedo un’altro.
Dicembre 14th, 2009 at 9:31 pm
Sono d’accordo quasi su tutto, tranne su “and zen”.
Dicembre 15th, 2009 at 12:16 pm
Credo di capire. E se ho capito quel “siamo interpellati” è la nostra vita ora, qui. L’esserci, insomma. Per cui l’esperienza.
Dicembre 15th, 2009 at 12:25 pm
Be’, per non essere seriosi ad ogni costo una parte all’intrattenimento leggero ogni tanto ci può pure stare, no?
Dicembre 15th, 2009 at 1:20 pm
ohssì… è il resto che non ci può stare
😀
Dicembre 15th, 2009 at 1:29 pm
Allora dovrò togliere il riferimento al sesso …
Dicembre 15th, 2009 at 1:51 pm
ci arrivo sempre in ritardo, sgrunt…
🙁
Dicembre 15th, 2009 at 7:54 pm
Nemmeno io so bene se c’entri, che ridere! ed è forse per questo che ora mi sento sulla stessa lunghezza d’onda. In effetti le definizioni perdono consistenza di fronte al fatto che “ognuno è nato lui/lei; solo io muoio come me.” Questo, si, è “universale”… Ciao.
Dicembre 15th, 2009 at 11:28 pm
Esco dalle mie nebbie lisergiche(preso come sono dalla farsa dell’esame per abilitazione)e scrivo senza disposizione mentale(insomma non letto un bel niente).L’ostensione della vagina, come immagine corrente, ne rivela il segreto e la sputtana.Le prestazioni ginniche degli amanti hanno lo scopo di abolire la madre e codificare il figlio come un incidente erotico che non meritava attenzione.La pornografia è lo sbarazzarsi infastidito di ciò che copre ancora le pudende e gli atti inerenti come un paio di vecchie brache.Si apre la via per una nuova castità che non costerà rinuncia e martirio ma sarà spontanea come il profumo di un fiore o l’aria che si respira.Lo sfrontato principio di vita non troverà più la bruciante materia prima.
PS.Ho il karma della tartaruga, sosto ancora nella tana del buddha..
Dicembre 16th, 2009 at 11:06 am
@JF
Parigi val bene un sesshin.
Dicembre 16th, 2009 at 3:27 pm
a dr
Semmai, un sesshin val bene Parigi.
Ma poi, un sesshin non è una messa, io non sono Enrico IV né un convertito per l’occasione che occasione non è. Au contraire, si tratterebbe di convertire Parigi….
Dicembre 16th, 2009 at 7:33 pm
>Au contraire, si tratterebbe di convertire Parigi….
è vero, la nouvelle cuisine grida vendetta davanti a Dio
Dicembre 16th, 2009 at 7:50 pm
Ma non riuscite a star seri un momento? Mannaggia, qua si tratta di RE LI GIO NE!
Dicembre 16th, 2009 at 9:24 pm
– Appunto.I sistemi religiosi costituiscono una sorta di metafisica popolare destinata a comunicare Dio al popolo(un pubblico vastissimo).Se la natura popolare di tutte le religioni è un limite insuperabile e Dio per i pastosi sentimenti della gente non significa nulla(o al massimo ‘parigismo’),come si fa a comunicare la verità senza l’abuso religioso?Adieu mon ami(si fa per dire).PS.Sono sconvolto dal grande insuccesso..
Dicembre 17th, 2009 at 11:18 am
Non penso vi sia una verità da comunicare. Al più, per chi ama quel tipo di cose, potrebbe esservi una verità da cercare. Mi spiace per il grande insuccesso. Dalle “mie” parti si dice “a golpes se echen los hombres”, quindi, in quel senso puoi considerarti fortunato, almeno come hombre.
Dicembre 17th, 2009 at 3:00 pm
Anche a me spiace per il grande insuccesso, di qualsiasi cosa si tratti. Spesso però un grande successo è ben peggio.
Comunque, che c’entrano Dio, il popolo e la verità con la RE LI GIO NE? E poi (10), io sono SERISSIMO…
Dicembre 17th, 2009 at 3:54 pm
anch’io!
Dicembre 18th, 2009 at 12:52 am
Rifletto sul grande insuccesso.E’ così:forze soprannaturali mi sono contro.Se i divulgatori di religioni non possono che esprimere la verità sensu allegorico per il tramite del veicolo mitico spetta alla filosofia comunicarla sensu proprio per via immediata. Secondo il concetto la verità è unica ed eterna.Quando conoscere la verità diventa un pericolo mortale il meno che si possa fare è comunicarla agli altri.Se lo stato di diritto ci difende dallo stato di natura chi ci difende dalla società?La metafisica non è altro che la politica di una mente più accorta.
PS.Agli spiritualisti dico:se non volete leggere le tracce di diritto penale sessione 2009 di ieri(16.12.09)guardate blob di oggi (17.12.09).Giusto per comunicare la CO MU NI CA ZIO NE.
PS.Dalle “mie” parti si dice “My love is a revolver!Do you wanna die happy?”.
Dicembre 18th, 2009 at 11:30 pm
Siccome vengo da una infernale maratona di tre giorni questa argomentazione non vuole essere un pezzo di bravura.Premesso che senza una seria riflessione sulla musica rock non si può parlare di etica, secondo la cosmologia buddhista il mondo NON è la mia rappresentazione. Da amateur dissento in toto sulla ‘Proposta europea’.Le spiegazioni mistiche sono superficiali e rivendico il primato della teologia. Tuttavia resto un antiagostiniano: la verità sopravviene all’individuo come un incidente, dal di fuori per cui è l’idea del visibile che alletta, non ciò che si vede.L’appello terapeutico è mendace.Gli occidentali non hanno mai sentito parlare di una salute che passa attraverso la rinuncia ad essa.L’esistenza del medico attesta che c’è qualcosa per cui la società gli sfugge, e soprattutto sfugge al suo naturale rappresentante, il politico.La politica introietta la malattia, e quindi il medico, nell’ordine di sua pertinenza.La salute diventa un fatto politico e il medico politico a sua volta.Oggi se la ‘società’ ti cura stai fresco.(N in illo tempore come se l’avesse previsto indico un’altra via:naufragare nella malattia).
P.S. Capite?Io posso conoscere tutto,ma proprio non voglio. Al silenzio preferisco i LIT FI BA – Apapaia – (pleasure listening).Della serie ‘critica’ ai nervi di mym..
NB.Je ne recherches pas le temps..
Dicembre 18th, 2009 at 11:58 pm
Insomma dire che la salute è verità è roba da medici.
Hasta siempre.
Dicembre 20th, 2009 at 1:00 am
@ homosex
Leggere i tuoi commenti è fantastico.Mi sento leggera e sicura nella fortezza delle tue parole anche se non le capisco.Visto come scrivi sono fiduciosa sull’esito fausto del tuo esame.Ciao.
Dicembre 20th, 2009 at 11:52 am
Caro Doc, leggo in ritardo e in ritardo intervengo, così, tanto per scaldarmi un po’ in questa gelida domenica mattina parigina. Mi riferisco al 4. Capisco che la parola “dialogo” ti sia in uggia, spropositamente usata com’è, ma non c’è granché altro fra umani. Ma non di questo volevo dirti. E’ la questione di saper dire “Venezia non mi piace” che non mi convince. Venezia, cioè il luogo dell’altro, è per lui il suo tutto (parliamo di religione, no?) come per te è Torino, per restare alla metafora campanilista. Mentre per te, di e da Torino, Venezia è luogo di visita, di pensoso turismo, al meglio. Non ha senso che tu gli dica che non ti piace, come prerequisito minimo del”incontro. La piaggeria non c’entra. Tu di quello che è per lui “Venezia” non sai niente, o meglio, sai solo che è per lui quel che per te è “Torino”. E’ proprio la tua idea di Venezia, il sentimento che ti piaccia o no, che devi scordare, per ascoltare come te la racconta lui, che è la sua casa, la sua vita. Sempreché tu lo voglia o lo debba incontrare. Altrimenti è meglio guardare le foto da soli.
Dicembre 20th, 2009 at 1:54 pm
Ciao Jf, sono orso , è vero, ma non poi così tanto. Mi piace ‘smascherare’ quel po’ di ipocrisia che traspare a volte da certo politically correct.
Nella fattispecie l’accento era sul ‘saper dire’: il fatto che Venezia mi piaccia o no lo consideravo irrilevante (per altro Venezia è, a mio avviso, uno splendido luogo dell’anima). Se, per accattivarmi la simpatia o l’attenzione dell’interlocutore, o semplicemente per non dispiacerlo, dico che amo Venezia anche se non è vero, apparentemente il dialogo è favorito. In realtà tutto quanto ne segue è basato su una menzogna o quantomeno un misunderstanding di fondo, che vizia ascolto e comprensione reciproche. Poi, ci sono modi e modi…
Sono del parere che (di solito) sia meglio una verità, anche se poco gradevole all’orecchio, che non una armonica bugia. La sincerità è quindi il prerequisito minimo che mi preme. E non interdisce l’ascolto, quando il mio ruolo nel dialogo è di ascoltare.
Anche se noi torinesi siamo famosi per essere falsi e cortesi!..
Dicembre 20th, 2009 at 2:41 pm
Sono d’accordo, se con “mente” si intende una cosa del tipo: “la sintesi neuronale della sequenza delle nostre azioni, e dei nostri progetti (per l’immediato, non i sogni)”.
Dicembre 20th, 2009 at 4:42 pm
Capisco, se il pelo nell’uovo fosse un capello di vipera, be’, allora, si potrebbe eccepire…
Dicembre 20th, 2009 at 5:30 pm
Oooooh! Sono proprio contento. Finalmente qualcuno che non solo apprezza ma (addirittura!) si trova leggera e sicura nella prosa di Homosex. Mi ero scervellato, avevo chiesto aiuto ai pezzi da novanta per scrivergli due righe a tono. Ma nessuno era in grado neppure di rilevarlo, il tono. Ed ora Isabela. Grazie. E un “in bocca al lupo” a H. Che il grande insuccesso fosse “solo” percepito?
Dicembre 20th, 2009 at 7:49 pm
Gna gna, sempre spiritoso. Volevo evitare un concetto di “mente” molto niùeig come se fosse chissà che cosa. Meglio una visione minimalista, ma pratica, che produce appunto quegli effetti auspicati dal Dhammapada citato.
Dicembre 20th, 2009 at 8:32 pm
Pardòn, pensavo volessi definire “mente”, che è una cosa un po’ sull’eretico spinto… Sono l’ayatollah del sito per cui me ne corre.
Dicembre 20th, 2009 at 10:31 pm
Se sapevo che era una cosa eretica spinta, lo avrei fatto volentieri. La prox volta avverti prima!
😛
Dicembre 21st, 2009 at 8:58 am
Leggero leggero forse no, ma apprezzo anch’io.
😉
Dicembre 21st, 2009 at 3:55 pm
Caro doc, mi spiego meglio. La sincerità (l’onestà intellettuale) è senz’altro un requisito necessario anche se non sufficiente. Ma quello che volevo dire è che se di dialogo religioso si tratta, la “città” dell’altro va in linea di principio accettata in toto: è una questione di sincerità anche questa. Fuor di metafora, se A è il testimone buddista e B è il testimone cristiano, A deve accettare di farsi raccontare il cristianesimo da B, e non partire dal presupposto che il ii cristianesimo “non gli piace” perché la sua frequentazione, i suoi studi, la sua esperienza glielo hanno reso spiacevole. Poi semmai, gli potrò fare degli appunti: Venezia è umida, ci sono un sacco di topi, troppi turisti e troppo da camminare… oppure fargli notare che fra il suo racconto e quello che tu vedi ed esperimenti ci sono discrepanze. Ma se parti a dire che non ti piace, che ci si incontra a fare? Credo che la cosa che più conta in questa faccenda del dialogo sia l’intenzione: a che pro’ dialogare? Forse è su questo che ci si dovrebbe mettere d’accordo come prima cosa.
Dicembre 21st, 2009 at 4:11 pm
Io non so se apprezzo, perché troppo mi sfugge, ma due notazioni le faccio.
Prima, le spiegazioni mistiche non possono essere superficiali (né profonde) perché non sono spiegazioni, nel senso che non sono esaurienti: c’è sempre un resto. Il passaggio mistico (la porta stretta?) è lì, in quel resto.
Seconda, non è vero che gli occidentali non hanno mai sentito parlare di una salute che passa attraverso la rinuncia ad essa: vedi Paolo di Tarso e/o Francesco di Assisi, per fare solo due casi lontani nel tempo e nel linguaggio.
Con l’aggiunta che se al posto del silenzio ci fossero davvero sempre i Liftiba, forse anche homosex preferirebbe il silenzio.
Dicembre 21st, 2009 at 9:40 pm
In effetti hai ragione Jf, la frase ‘venezia non mi piace’ è un paradigma sbagliato ( a chi mai può importare se mi piace o no?), e devo ammettere che l’ho tirata in ballo proprio io al n° 4. Impropriamente, l’ho già detto qui sopra. Chiedo venia.
Mentre il tema era più o meno ‘il mio modo di vivere è diverso dal tuo’, oppure ‘la mia religione è diversa dalla tua’. Quello che mi premeva dire è che, in ogni caso, c’è il rischio che il non saper dire, nel senso di non osare dire, vizi la reciproca comprensione. Molto spesso la parola ‘dialogo’ viene usata come se implicitamente contenesse in sè l’obiettivo di trovare una quadra, una formula che faccia sembrare tutti d’accordo, tutti contenti; ad esempio, concludere che tutte le religioni sono uguali ecc ecc Anche per questo, nasconde molte insidie. Perciò ‘confronto’ mi pare un termine più sincero e meno ambiguo.
PS- Mentre cenavo, lasciata questa mia in sospeso, ho sentito Bersani dire la stessa cosa (la parola dialogo è ‘malata’ ecc ecc). Mentre altri personaggi politici intervistati, di quelli cui non affiderei le chiavi di casa neanche per un secondo, continuavano ad usare enfaticamente il termine ‘dialogo’. Che Bersani segua questo blog?! Che ne abbia anche lui le scatoline piene di demagogia e di politicamente corretto?!
Dicembre 22nd, 2009 at 9:48 am
Magari, caro doc, ne avesse Bersani le scatole piene di quella roba. Sono del tutto d’accordo, la parola dialogo è malata, ma lo è perché sono “malati” (leggi in malafede) i dialoganti, e lo sarebbero anche si usasse la parola “confronto”, che in italiano significa anche “paragone”, motivo per cui non mi pare adatta per il ….(non so più come chiamarlo) religioso: “non facciamo paragoni” si diceva una volta. Io ogni tanto la metto così: il dialogo è un’impossibilità logica (non si può che constatare irriducibili differenze, a cominciare dai linguaggi) e una necessità esistenziale (vivere implica dialogare, prima di tutto con se stessi). Comunque auguri a Bersani. E un consiglio da amico: non guardare la tele o ascoltare la radio, quando ceni, soprattutto le news: ti fa andare i bocconi di traverso. O forse mi sbaglio, e Bersani era a cena da te.
Dicembre 22nd, 2009 at 11:19 am
Ciccìcoccò, coccòciccì. Buon Natale
Dicembre 22nd, 2009 at 11:40 am
Dialogando dialogando…siamo alla frutta
Buon Natale a Voi tutti.
Dicembre 22nd, 2009 at 1:11 pm
Milano in questo momento non mi piace… ma ci andrei (in treno, per le vacanze in Piemonte). Se lo Yeti non ci rapisce e il Dalai Lama non viene a salvarci.
– – – – –
AUGURI A TUTTI !!!
Dicembre 22nd, 2009 at 4:48 pm
Meno male che Natale c’è.
AUGURI!
Dicembre 26th, 2009 at 7:51 pm
…e poi non ci sono più nemmeno io.
Buon Natale a tutti da questo niente!
Dicembre 27th, 2009 at 5:44 pm
Mai ricevuto auguri dal niente. Questa mi mancava, grazie 🙂
Dicembre 31st, 2009 at 1:28 pm
fiiiiùùùùùùùùùùùùùù che roba! Anzitutto, grazie della fiducia, per avermi immeritatamente inserito tra gli eletti… beh, arrivo subito al sodo: sono d’accordo. ok ok, anche nella chiesa cattolica ogni tanto salta su uno a dire “torniamo all’essenziale, liberiamoci dagli orpelli” ma poi in realtà non lo fa nessuno. invece, conoscendo i tipi, so che VOI state dicendo sul serio. anzi, QUESTA è la differenza QUALITATIVA che il “buddismo zen di scuola Soto del sito La stella del mattino” ha nei confronti di qualunque religione, filosofia, setta, movimento ecc. ecc.
“Più forte, ragazzi!” (Bud Spencer)
😉
Dicembre 31st, 2009 at 1:30 pm
Grazie, dhr, iniziare con un’approvazione proprio non me l’aspettavo… Buon anno
Dicembre 31st, 2009 at 1:33 pm
caro Yushin, hai ragione quando dici che trasferire l’esperienza giapponese in materia di formazione e approfondimento è sbagliato. Non ti seguo quando dici che i centri non hanno ragione di esistere. Mettiti nei panni di qualcuno che senta il desiderio di capire cosa ha da offrire lo Zen. Si compra un libro — magari uno dei tuoi — e si dice: mmmm, interessante, voglio saperne di più. Cosa fa?
Adesso fa un google e scopre che in Lombardia c’è un centro Zen, dove i responsabili hanno una traiettoria personale non da buttare, e che ha uno spazio dove ogni settimana a tale e tal ora ci si siede in zazen. Prende su e ci va. Gli fa male il culo ma ritorna. Fa un passo in più nella conoscenza dello zen e poi può decidere di lasciarlo oppure di farne un altro.
Se tu abolisci i centri, come ci si raccapezza chi vuole saperne di più in prima persona su che cosa è lo zen? Come trova il fratello a fianco del quale sedersi? Facebook? Un abbraccio,
CG
Dicembre 31st, 2009 at 1:46 pm
Caro CG, grazie, sei coraggioso: mettere i piedi nel piatto espone a rischi… Il tuo intervento, in una certa ottica, è perfetto. Molto chiaro e diretto. Allora: o sono un pollo e non ho pensato ad una cosa così platealmente chiara, oppure… Se clicchi qui trovi un “centro”. Per cui sarei doppiamente pollo: dico una cosa e ne faccio un’altra. Oppure… A mio modesto avviso, la parte interessante di questo breve scritto sta esattamente nella tua domanda. Per non essere troppo sibillino, una cosa penso sia bene dirla: chi ha parlato di “abolire i centri”? E poi, a proposito di chi legge dello zen in un libro e vuol saperne di più… prima di preoccuparmi voglio vedergli le mani: se non sono scorticate a forza di bussare a destra e sinistra… può continuare a leggere libri.
Dicembre 31st, 2009 at 5:55 pm
Caro Yushin, Tutto questo è molto molto interessante e di attualità, dato che siamo entrati – dopo la fine di Galgagnano – nella via invisibile di Buddha. Abbiamo già parlato di questo con Jiso e sono d’accordo, senza esitazioni, con la tua interpretazione. Ho appena discusso di questo nel mio testo nell’ultimo numero de “La Stella del mattino”: il buddismo come ricerca – attraverso l’appartenenza a un centro – di una nuova identità individuale e sociale. Per me, leggere questo, è una boccata d’aria fresca. Ma come puoi immaginare, per tanti altri – in particolare la “scuola” di Deshimaru – sarà preso come un attacco, un discorso scandaloso di un uomo che vuole dare
lezioni su ciò che non è il buddhismo. Eppure ha il merito di essere detto apertamente. Però nessuno chiuderà “il suo” centro, come tu e Jiso avete giustamente deciso per Galgagnano. Penso che questo messaggio possa
essere d’aiuto per un giovane che stia provando a percorrere la via del buddha, praticando in un centro, a sviluppare la domanda interiore: cosa sto facendo cosi? Fu (è ancora) per me una domanda interiore durante anni con la vicinanza di “insegnanti” che – penso- non avevano più aperto questa domanda da molto tempo. Sì, è un testo molto controverso, perché si vuole rovesciare tutto il movimento della storia del Buddismo Zen in Occidente. Lo Zen è venuto dai missionari giapponesi motivati dalla diffusione del loro insegnamento. Mi riferisco, naturalmente, alle “scuole” che ho frequentato qualche tempo fa, Deshimaru in Francia, Suzuki Roshi a San Francisco e Maezumi Roshi a Los Angeles. Credo che Uchiyama abbia fortemente incoraggiato i suoi successori alla creazione di centri. Dato che questo mondo oggi è così fragile e falso, la tua raccomandazione, relativa a una prassi più solitaria e invisibile, è una discussione sull’onestà e l’integrità della nostra fede in zazen e nella vita, prima di condividere questo in un gruppo. Un funzionamento con incontri
“organici” di fratelli praticanti (è infatti una caratteristica della
tradizione Theravada, credo) mi sembra anche più vicino della via del dharma che una costruzione piramidale di un centro.
Spero di essere un poco utile in questa risposta. Ci vediamo presto spero. Un abbraccio – OP
Dicembre 31st, 2009 at 6:03 pm
Caro Op, grazie per il commento, la tua lunga e varia esperienza su tre continenti fa di te un testimone prezioso. Una precisazione: il testo di cui stiamo parlando, è un documento interno alla Stella del Mattino, se gli appartenenti ad altre “scuole” vogliono discuterlo sono i benvenuti, con il rispetto e la cautela che avremmo noi qualora discutessimo i loro documenti interni.
Dicembre 31st, 2009 at 6:05 pm
Caro Y, permettimi di sprecare qualche parola in difesa delle persone comuni che incorrono nell’errore segnalato in “Pantomima”, errore dovuto sì ai costruttori di fantasie che si concretizza in centri per insegnare, per far fare –al servizio della propria vanità e della propria borsa -, ma non solo, credo. L’errore fa parte della nostra struttura mentale costruita negli anni: gli autodidatti sono una specie generalmente irrisa da chi si è formato lungo i percorsi accademici e sotto la guida dei più quotati maestri, e questo vale in tutti i campi della conoscenza umana, dall’arte del cuoco a quella del pensatore. Difficile per la persona comune cogliere subito dal primo approccio la differenza sostanziale tra queste conoscenze e la pratica del Buddismo. Inoltre, in ogni attività che si esercita è prassi ed anche esigenza materiale farlo nel luogo adatto: non è pensabile studiare o scrivere di filosofia, per esempio, nel ripostiglio o nel gabinetto di casa! D’altra parte, il cercare tenacemente il confronto con chi ha esperienza richiede un luogo fisico dove poterlo fare! Io parlo da non iniziata, però penso che il discorso possa essere esteso a molte persone che non hanno raggiunto una consapevolezza pari alla tua e degli altri che come te hanno impegnato in questo per intero la loro persona. Ti scrivo tutto questo come augurio per il nuovo anno: augurio per te e per tutti noi.
Dicembre 31st, 2009 at 6:08 pm
Grazie Cristina. Sono sostanzialmente d’accordo con quanto scrivi, mi pare però che tu colga un problema. Se c’è, vuoi mostrarmelo, per favore?
Dicembre 31st, 2009 at 6:32 pm
Ciao! Non so se vada “cercato tenacemente il confronto con chi ha esperienza”, probabilmente si, e certamente ci sono delle persone che vanno cercando questo rapporto. Quelle che vengono qui, immagino, abbiano anche questa motivazione. Alla fine, dal mio punto di vista – che è il punto di vista non di chi cerca un rapporto ma di chi si offre ad un rapporto – la questione di fondo è: con quale intenzione ti offri alle persone? Perché è evidente che mi offro ad una relazione innanzitutto e, in quella relazione, porto quello che posso portare e ciò che sono e ciò che mi muove. Le persone si usano a vicenda, comunemente, ma non è detto che debba essere per forza così. Perchè mi offro? Perché è nelle cose che mi offra, sarebbe innaturale non farlo. E’ manifestazione di un protagonismo? E’ un esibire? Queste sono domande pertinenti e dalle quali ho dovuto partire, da tempo. Che cosa mi rispondo? Che un tempo c’è stata una traccia evidente di egoità e, misurandomi con essa, ho potuto lavorarla e trasformarla. Misurandomi con essa. E’ scomparsa? Non saprei, di certo non è condizionante. Se sono andato oltre me stesso, in una qualche misura, è perché ho accettato la sfida che da me stesso veniva. Oggi non ho alcun particolare interesse per me ed offro ciò che sorge dalla mia esperienza di vita: potrei tacerlo o posso offrirlo, qual è la differenza se questo non mi riguarda,
cioè se non sollecita nulla sul fronte della mia identità? Sono in gioco io? Mi “riguarda” quel che propongo, mi torna come “guadagno”? Nel tempo il mio sguardo su me e sulla realtà è diventato più vasto e con esso è anche sorto quel gesto naturale del mettere a disposizione. Sarei uno stupido e brucerei questi anni se non avessi uno sguardo lucido sull’intenzione che mi muove. Dal mio punto di vista si possono aprire centri come si possono chiudere, si può tacere o si può parlare, si può ricavarne un reddito oppure no, tutto dipende dall’intenzione che ci muove. Ciao!
Dicembre 31st, 2009 at 6:35 pm
Grazie RO. Il problema dell’intenzione è certamente centrale in tutta “questa storia”.
Dicembre 31st, 2009 at 7:19 pm
Il problema è per me quello segnalato sopra da CG: “Se tu abolisci i centri, come ci si raccapezza chi vuole saperne di più in prima persona su che cosa è lo zen? Come trova il fratello a fianco del quale sedersi?” Ce n’è un altro ad esso legato: quello della consapevolezza: ma questa non è un’intuizione immediata, bisogna impararla…
Dicembre 31st, 2009 at 7:31 pm
Forse devo ripetere: chi ha parlato di abolire i centri? Per quanto riguarda la consapevolezza, tempo al tempo, polvere alla polvere…
Dicembre 31st, 2009 at 8:08 pm
Mmmmm…. questo non l’ho capito!
Gennaio 1st, 2010 at 2:18 pm
…. Ricorderete la storia del diavolo e un suo amico che, camminando, vedono un uomo chinarsi, raccogliere qualcosa da terra e metterselo in tasca. L’amico chiese al diavolo: “Che cosa ha raccolto?”. “Un pezzo di Verità”, rispose il diavolo. “Un brutto affare per te”, disse l’amico. “Per niente!”, rispose il diavolo.
“Aspetterò che la organizzi!”….
Forse qualcuno ricorda questo passo tratto dal ‘discorso dello Scioglimento dell’Ordine della Stella’ (ma guarda un po’ a volte le analogie…)di Krishnamurti: 2 agosto 1929.
Può essere interessante andare a rileggersi tutto il discorso.
Gennaio 1st, 2010 at 2:20 pm
Lo si trova ad es qui: http://www.riflessioni.it/testi/verita.htm
Gennaio 1st, 2010 at 4:02 pm
Perdonate, devono essere ancora i postumi della sbronza di stanotte: ma in questo giorno, che inaugura il nuovo calendario, sono in vena di Amarcord.
Spero di non tediarvi dunque con un’altra citazione, forse non così autorevole ma a mio avviso ben centrata sul tema posto da mym e Cristina (12 e 13).
A seguire…
Gennaio 1st, 2010 at 4:03 pm
…. “Molto contiene la dottrina del Buddha cui la rivelazione è stata largita: a molti insegna a vivere rettamente, a evitare il male. Ma una cosa non contiene questa dottrina così limpida, così degna di stima: non contiene il segreto di ciò che il Sublime stesso ha vissuto, egli solo tra centinaia di migliaia. Questo è ciò di cui mi sono accorto, mentre ascoltavo la dottrina. Questo è il motivo per cui continuo la mia peregrinazione: non per cercare un’altra e migliore dottrina, poiché lo so, che non ve n’è alcuna, ma per abbandonare tutte le dottrine e tutti i maestri e raggiungere da solo la mia meta o morire. Ma spesso ripenserò a questo giorno, o Sublime, e a questa ora, in cui i miei occhi videro un Santo”…. Omissis …. “ Se io diventassi ora uno dei tuoi discepoli, o Venerabile, mi avverrebbe – temo – che solo in apparenza, solo illusoriamente il mio Io giungerebbe alla quiete e si estinguerebbe, ma in realtà, esso continuerebbe a vivere e a ingigantirsi, poiché lo materiereri della dottrina, della mia devozione e del mio amore per te, della comunità con i monaci!” …
Dal dialogo tra Siddharta e Gotama.
Hermann Hesse – Siddharta – 1922. pagg. 56-57
Gennaio 1st, 2010 at 4:30 pm
L’intreccio s’infittisce… 🙂
Gennaio 1st, 2010 at 5:42 pm
Essere o appartenere.
Lo zen senza la pratica cos’è?
E senza insegnanti?
E quali insegnanti?
Girare con un sudoku al collo?
Essere riconosciuto all’interno di un gruppo?
OK si capisce cosa non è.
Parlarne non é facile.
Vivere “francamente” senza nascondersi dietro a niente non é uno scherzo.
Ogniuno se la veda da solo.
speriamo di rivederci da qualche parte.
Gennaio 1st, 2010 at 5:47 pm
Non poniamo limiti alla provvidenza… 🙂
Gennaio 1st, 2010 at 10:32 pm
Condivido.
Penso che le ultime parole della frase conclusiva siano “fondamentali”:al riconoscimento del limite deve accompagnarsi la consapevolezza(e responsabilità)della doverosa testimonianza di chi “ha già esperienza”.
Gennaio 2nd, 2010 at 12:05 am
@ Roccia
‘Ogniuno se la veda da solo’, mi pare l’estremo opposto della ‘pantomima’.
Non due! non è ‘da solo’, ne convieni?
Se qualcuno sa testimoniare questo, …beh, la faccenda si fa interessante.
Gennaio 2nd, 2010 at 11:24 am
@21, 22 Concordo, concordo. Chi cerca tenacemente e chi ha esperienza non sono né due né uno. Ma più uno che due, nel senso che ciascuno è anche l’altro, per questo il senso non è “da solo” in senso escludente o autarchico. Ma da solo in quanto nessuno può fare al mio posto, né in un ruolo né nell’altro.
Gennaio 2nd, 2010 at 5:07 pm
OK, alla fine si arriva che ci si stanca “a raccontarsela”: c’è sempre un topolino che rosicchia tutto quello che trova e la sotto c’è una bella tigre che si lecca i baffi. La soluzione? Penso che nessuno possa rispondere.
anche negli zendo girano di quei topoloni…
Gennaio 2nd, 2010 at 5:21 pm
Ne tigri né topi, temo. Chi non sa che fumare fa male, accorcia la vita ecc.? Bastasse saperlo per chiuderla lì anche il Cristo sarebbe stato a girare i pollici con Maddalena. Ci facciamo pena, poveri noi, ecchesarammai ed ecco che d’un tratto siamo vecchi e coglioni, troppo tardi anche solo per pentirsi
Gennaio 2nd, 2010 at 5:35 pm
Topolone pentito! 🙂
Gennaio 3rd, 2010 at 10:13 am
A ogniuno il suo.
me la vedo la Maddy che impreca verso il Redentore: “te e i tuoi apostoli ve la menate e poi alla fine tocca sempre a me di ramazzare”.
Anche la vita di coppia è una bella palestra.
Gennaio 3rd, 2010 at 11:04 am
Vita di coppia est via di santità! Garantito al limone.
Gennaio 3rd, 2010 at 1:26 pm
Non è per fare il topolino ad oltranza. Ma ho come l’impressione che il discorso si sia un po’ incartato, o quantomeno sbilanciato. Ci sono momenti e casi della vita in cui l’incontro e la frequentazione di un “buon amico” può letteralmente salvarci ed aprirci ad una nuova occasione. Così come c’è il tempo in cui si sente l’urgenza di stare, di praticare con altri compagni di strada: ed il luogo di pratica non è solo un rifugio ove nascondersi.
Questo è ben diverso dalla ‘pantomima’, secondo quanto io ho inteso.
Perciò con l’acqua sporca non butterei anche il buon consiglio di Uchiyama: “Contribuite e mirate a creare un dojo dove i praticanti sinceri possano praticare senza disturbo”.
Poi…si fa quel che si può.
Gennaio 3rd, 2010 at 1:31 pm
Per questo – più che per motivi di dialettica dottrinale – rosicchiavo il ‘da solo’ di H. Hesse e di roccia (17 e 19).
Gennaio 3rd, 2010 at 1:39 pm
Organizzare un luogo in cui praticare al meglio, accogliendo chi vuol fare lo stesso. Il resto è fuffa. A volte si può stabilire che la fuffa serve per un momento, in un’occasione, ma con cautela e smettendo subito. Non si scherza con la vita, né con la propria né -soprattutto- con quella altrui.
Gennaio 3rd, 2010 at 5:27 pm
Per quanto possa apparire strano, organizzare un luogo senza orpelli, solo perché si possa praticare al meglio, è la cosa più difficile del mondo. Non solo occorre esser passati e ripassati per la porta stretta, ma continuare a passarci pur sapendo che non è quello l’obiettivo. Non solo, occorre poi fare per tutti e perciò non avere mio. E poi: occorre saper pensare.
Gennaio 4th, 2010 at 1:04 am
> E poi: occorre saper pensare.
Non ci avevo mai pensato…
Gennaio 4th, 2010 at 1:14 am
Non pare, invece, che “i buddisti” gli abbiano dato molto peso. Chissà perché 🙂
Gennaio 4th, 2010 at 1:53 am
Dio tiene conto non delle cose che si fanno, ma dell’animo con cui si fanno, e il merito e il valore di colui che agisce non consistono nell’agire ma nell’intenzione.(Abelardo, Scito te ipsum) La pantomima natalizia è stata un successone.Ho riso sempre per finta e nessuno se ne è accorto(Il trucco è giocare seriamente con le persone..).Dopo una overdose da buone maniere rompo il protocollo e un bel commentone è il mio biglietto d’auguri.Buena suerte.
Gennaio 4th, 2010 at 2:04 am
Grazie Homosex, te siento mucho
Gennaio 4th, 2010 at 11:58 am
E’ una proposta fattibile smettere di aprire o gestire centri?
Perché non provare invece a rinnovare l’idea di centro. Lo scopo dei “centri” buddisti dovrebbe essere sostenere il risveglio dei praticanti.
Un centro dovrebbe avere le caratteristiche di un laboratorio di apprendimento e, se possibile, di ricerca. Gli insegnanti in quanto tali dovrebbero occuparsi di andragogia e metodologia e fornire gli strumenti necessari, i mezzi abili, a coloro che si avvicinano al buddismo. Chissà che in questo modo…
Gennaio 4th, 2010 at 12:14 pm
Non so se sia “fattibile smettere di aprire o gestire centri”, non ci avevo mai pensato, però mi pare una cosa abbastanza priva di senso. Perché questa domanda (cfr. 3, 4, 12)? Non penso che “lo scopo dei centri buddisti dovrebbe essere sostenere il risveglio dei praticanti”, perché non penso che questo sia possibile: chi e come farebbe una cosa simile? L’idea di laboratorio di apprendimento e di ricerca mi piace. Invece non penso proprio che esistano “insegnanti in quanto tali”, anzi: è proprio questa (auto)convinzione che ha condotto i gruppi zen europei, occidentali, nelle pessime condizioni in cui si trovano.
Gennaio 4th, 2010 at 12:43 pm
Anche se è già passata molta acqua sotto i ponti
“smettere di aprire o gestire centri”
è una frase del documento in questione.
Cancelliamo pure “in quanto tali” ma gli attuali insegnanti dei
centri zen occidentali però ci sono e continuano a svolgere
la loro funzione. Perchè non dare un suggerimento per tentare di rinnovare il loro ruolo?
Gennaio 4th, 2010 at 12:49 pm
Non bariamo: la frase è “smettere di aprire o gestire centri per insegnare, per far fare, occorre interrompere subito questa pantomima al servizio della propria vanità e -spesso- della propria borsa.”, l’estrapolazione rischia di diventare manipolazione. Come si può rinnovare il ruolo di qualchecosa che non esiste? Il fatto che lei dica “ci sono” non mi pare basti a farli esistere. So che ci sono persone che si autodefiniscono (o accettano di essere definite) in quel modo. Ma è una sciocchezza priva di senso. Basta chiedersi: “che cosa insegna, o dovrebbe insegnare, l’insegnante di un centro zen?”.
Gennaio 4th, 2010 at 1:00 pm
Non era mia intenzione manipolare la citazione se così è sembrato
mi spiace e la ringrazio delle risposte.
Gennaio 4th, 2010 at 1:08 pm
Prego, siccome avevo citato 3, 4 e 12 pensavo fosse chiaro che il documento non afferma, semplicemente, che occorra “abolire i centri” o simili. Prima che il “centro” (prima o poi usiamo un altro termine?) della mia città aprisse i battenti, mi sono seduto a casa mia, da solo, per 13 anni. Ora, oltre a sedermi a casa mia, mi siedo anche in un luogo aperto ad altri. Si parla, pochissimo, ci si scambia gli auguri. Per lo più tra persone che non riuscirebbero (per tanti motivi che conosce chi ci ha provato) a sedersi a casa loro, senza essere in contatto con altri che fanno quella strana, folle cosa che consiste nello stare fermi davanti ad un muro.
Gennaio 4th, 2010 at 1:11 pm
Con riferimento a (35) – buon anno, homosex – ‘sta storia dell’intenzione salta sempre fuori, ma non mi convince poi mica tanto. Troppo comoda. L’intenzione conta, sì, ma anche il risultato: provate ad entrare in sala operatoria come pazienti e pensare che ciò che conta è che il chirurgo abbia… buone intenzioni!
Il karma è azione: l’effetto è causato dalle azioni. L’intenzione non agisce su questo piano. Abelardo forse non conosceva il detto “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.
Gennaio 4th, 2010 at 1:48 pm
Ben detto doc-tore, ben detto ;-). La cernita delle intenzioni, infatti, vale in negativo: chi ha cattive intenzioni va tenuto lontano, evitato comunque. Poi, come in ogni cosa … In “questo caso”, però, non c’è modo di sapere prima come si fa, né qualcuno ce lo può insegnare. Per cui il detto “nel dubbio astienti” andrebbe capovolto: “astenersi chi non ha dubbi”. Ma siamo, di nuovo, nel campo del negativo.
Gennaio 4th, 2010 at 5:33 pm
Caro Mauricio, sono contento della mail che mi hai inviato che non mi ha creato sconcerto ma anzi mi da l’opportunità di riflettere su quanto vado facendo da 26 anni.Quando ho iniziato per quanto fossi preso dalla cosa in un periodo di confusione mentale,avevo intuito che era una pantomima, non ho mai amato le divise e le gerarchie infatti non ho ceduto alle lusinghe di prendere i voti da monaco e consegnare la mia vita “al maestro” per ottenere l’illuminazione e risolvere tutti i problemi. Qualcosa nella vita pur frequentando situazioni pericolose mi ha preservato dal prendere decisioni radicali,non dovendone subire le conseguenze. Percio a partire da questi presupposti ho continuato la mia ricerca dando importanza allo zazen e fortunatamente ho trovato in te e Giuseppe gli stimoli giusti per sviluppare la mia incompatibilità al luogo comune, al già fatto, al simulacro che sono esattamente l’opposto a quanto ho capito dello “spirito zen” se vogliamo usare quest’ espressione che è cogliere ogni momento nella sua transitorietà.Ti chiedo però i testi nella loro inaffidabilità a causa delle traduzioni e dell’interpretazione delle parole in tempi diversi, sono la riprova della giustezza dell’insegnamento buddista? é probabile che nessun testo prescriva l’apertura di un centro,ma non è sempre stato detto che la via è nella vita quotidiana che le scritture, bruciare incenso e prosternarsi non serve a nulla? La vita quotidiana è il sangha perciò un gruppo di persone si forma attorno ad una persona che ha più esperienza, ed eccoci daccapo.Ora se questo anziano pensa di esercitare un potere, di avere fama e profitto questa è un’aberrazione e su questo ammoniva Dogen nel 1231. Sedersi nell’anonimato è la cosa che faccio da sempre, mi fa molto piacere vedere però che chi potrebbe usufruire dei benefici di un certo status sociale ed economico rinuncia a tutto questo per amore della chiarezza e della verità.Per questo apprezzo il tuo continuo pungolare affinche tutto non si istituzionalizzi e si atrofizzi,
fabio
Gennaio 5th, 2010 at 5:26 pm
Ciao Fabio. Sono contento sia intervenuto anche tu, ora -tra i soliti noti- mancano solo i romani… Due cose vorrei enucleare in quello che dici. Seguire la via detta zen implica scelte radicali, quantomeno perché si possa parlare davvero di zen. Pantomima (che poi è fare un po’ di scena per attirare persone da abbindolare) e scelte radicali non sono necessariamente la stesa cosa. La radicalità è necessaria per attuare la conversione che non può essere parziale, altrimenti non è. Poi le scritture: non penso siano il Vangelo 🙂 tuttavia poiché molti (tutti?) in certi ambienti danno per scontato che sia normale aprire centri dove si insegna lo zen, da dove è nata questa convinzione? Da che cosa è sostenuta? Dicevo: dalle scritture certamente no. Ciao
Gennaio 6th, 2010 at 6:36 pm
Anche Zot si iscrive tra quelli che “c’erano già arrivati”, (come già 5, 9, 45 e qualche altro che mi scrive via mail e non vuol apparire) e mi segnala un vecchio numero di Buddazot, sempre godibile e graffiante. Però, in questo caso, davvero Zot è precursore del discorso di questo post?
Gennaio 6th, 2010 at 8:49 pm
Ha ragione mio suocero: “Non c’è più religione!” 🙂
Gennaio 6th, 2010 at 9:52 pm
Mym, sei sempre il solito terrorista. Nei nuovi detector in dotazione agli aeroporti dovranno aggiungere un rilevatore di (kalyana)mitra.
A proposito, che mi dici di tre anziani signori agghindati da principesse che circolavano nei paraggi? erano mica Drag Queens?
Gennaio 7th, 2010 at 11:00 am
I trafficanti? Quelli li abbiamo messi subito in gattabuia, il loro travestimento non ha ingannato il maresciallo: “Certamente amici di Esperancia, sorella del noto D’escobar…” ha detto.
Gennaio 7th, 2010 at 12:48 pm
Esperancia d’escobar, eh? con chi? con Mirra? (la “scellerata” di cui parla Dante)
Gennaio 8th, 2010 at 11:35 am
Non entro nel merito della discussione sui luoghi (va meglio di “centri”?) che consentono e “facilitano” la difficile pratica, né sulla pantomima (46 ci spiega cosa si debba intendere in questo contesto con quel termine e, per altro verso, sappiamo bene che tutto può diventare pantomima, anche una discussione sulla pantomima medesima – questo per dire: non sentiamoci mai al sicuro noi, rispetto ad altri). Vorrei invece portare l’attenzione su quella che secondo me è la questione cruciale, che non mi pare sia stata ancora rilevata a dovere e che il titolo dello scritto indica invece chiaramente: “ci si può perdere, scioccamente, la vita”. La vita si perde comunque, e perdere la propria vita è, tutto sommato, “in religione”, il da farsi (e.g. Vangelo Matteo 10,39) Tutto si concentra allora su quel “scioccamente”. Ci sono sciocchezze forse inevitabili: se una macchina guidata da un ubriaco mi falcia mentre cammino tranquillamente sul marciapiedi, potrete poi dire che, in un certo senso, ho perso scioccamente la vita, ma non di questo tipo di sciocchezza si sta qui parlando. E’ la sciocchezza che si può e dunque si deve evitare, quella da cui guardarsi. Per questo bisogna anche saper pensare (vedi 32), per discernere sciocchezza, che si annida ovunque.
Gennaio 8th, 2010 at 5:09 pm
Già, perder la vita è quel che fanno tutti. Per cui perderla seduti davanti a un muro o tra un viaggio e una settimana bianca, in definitiva cambia solo il panorama e dipende da molte cose, per lo più fuori controllo. Ma farci pure la figura dei pisquani, degli uccellati, sfruttati e derisi, quello dipende solo da noi. Non dovrebbe un minimo solleticare l’orgoglio degli zen italioti? Possibile che una vita gregaria, nella speranza di un inversione dei ruoli, valga davvero la vita?
Gennaio 8th, 2010 at 6:04 pm
“Non si scherza con la vita, né con la propria né -soprattutto- con quella altrui”(31).
Se non ci fosse questa sorta di ‘responsabilità’, le pisquanate farebbero tutt’al più sorridere.
Gennaio 8th, 2010 at 6:22 pm
Complimenti: se oltre a perderci la vita (mi sto toccando di qua e di là) e far la figura del pisquano riesci anche a sorriderci… ci hai gli attributi come silviuccio nostro… 🙂
Gennaio 8th, 2010 at 6:35 pm
Manipolatore! 😛
Gennaio 9th, 2010 at 6:57 pm
“A Rosarno c’è una situazione difficile come in altre realtà, perchè in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un’immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall’altra ha generato situazione di forte degrado” (Roberto Maroni, Ministro della Repubblica)
“Chiunque faccia qualcosa -non importa per quali motivi- in grado di ostacolare l’invasione, a questo punto mi sta bene” (sostenitore della Lega sul Forum di Radio Padania)
No comment.
Gennaio 9th, 2010 at 7:09 pm
A Rosarno la situazione più difficile è la criminalità organizzata e la completa assenza di coscienza civile. Sino a che gli immigrati si fanno sfruttare in silenzio… non problem. Se protestano bisogna cacciarli.
Gennaio 9th, 2010 at 7:12 pm
Di fronte a questa cosa, e già in passato a cose analoghe, mi chiedo: al di là di esprimere lo sdegno, c’è qualcosa che io, CC da Chiavari, posso concretamente fare? Avete dei suggerimenti? Mi sento impotente…
Gennaio 9th, 2010 at 7:17 pm
I cinesi antichi dicevano: aiutali a salire, più presto cadranno. Allora ho votato per la Lega, ma pare non siano saliti abbastanza…
Gennaio 9th, 2010 at 8:21 pm
A Cristina: se possibile sporcarsi le mani nella vita pubblica, condividere idee, votare, scrivere articoli come questo=
indignarsi (dovrebbe essere “naturale”..)e non stare in silenzio.
Non si tratta di trovare il meglio, ma di provare a realizzare il meno peggio.
Gennaio 9th, 2010 at 9:54 pm
Vorrei proporre a J di pubblicare la sua riflessione da qualche parte dove possa essere accessibile a un pubblico più vasto e non solo a noi pochi eletti… Si può fare?
Gennaio 10th, 2010 at 1:38 pm
Cara Cristina, quella “riflessione” ha già una sua circolazione internautica (facebook e altri snodi, mi dicono) e peraltro varie considerazioni analoghe di altri si trovano qui e là, sui giornali e in rete. Comunque è del tutto pubblica, e se qualcuno vuole diffonderla per altri canali, prego. Gli eletti, poi, son sempre pochi, per definizione: non è la quantità che conta, ma l’intensità. A salare tanta acqua basta poco sale, ma se il sale non sala….
Gennaio 10th, 2010 at 9:54 pm
D’accordo, ma ci vuole anche l’acqua perché il sale la sali, e più ce n’è più ne sala… A questo dovrebbe servire, secondo me, la divulgazione di massa..
Così mi autorizzi a mandare la tua “riflessione” al Secolo XIX, il giornale di Genova, nella rubrica in cui si concede la parola ai lettori? Se si, ti ringrazio; se no, ti ringrazio lo stesso…
Gennaio 11th, 2010 at 12:49 am
A Cristina.Il senso di radicale impotenza è la condizione dell’anima moderna che può ‘limitarsi’ a sorvegliare il futuro.Un tema per il futuro può essere la Rete ovvero la variante elettrificata della comunicazione universale incorporea(WOW!)oppure il koan 41 — Adornate il cuore di chi la contempla,perchè il Buddha della sala infiorata non è altrove.
Gennaio 11th, 2010 at 12:51 am
Dal programma delle Nazioni Unite del 1997 apprendo che l’83% del reddito mondiale è spartito da 800milioni di Occidentali mentre all’82% della popolazione mondiale va il resto.In Occidente gli stati nazione hanno fatto le guerre perseguendo il nobile fine delle tasse e dello stato sociale ovvero di una più equa distribuzione della ricchezza.E’ chiaro che i paesi terzomondisti non possono fare la guerra ‘nobile’ all’Occidente per spartirsi il bottino e allora vai col mercato dell’odio.E chi si odia?Chi, vivendo una non-vita, reagisce alla logica violenta del profitto con una impotenza rozza e proditoria(che porta botte,cazzotti e guai..)Mentre l’impotenza degli schiavi in giacca e cravatta è rispettata..Spero che nessuno si offenda ma al sud siamo ai livelli dell’africa(giusto un pò più eleganti) e al nord?
Gennaio 11th, 2010 at 1:45 am
A Cristina: manda pure a chi vuoi, il Secolo poi è stato il “mio” giornale per anni.
A homosex: al nord non siamo neppure eleganti: ti pare elegante un fazzoletto verde che spunta dal taschino? Questa storia scoperchia un verminaio, uno dei tanti del belpaese (le galere nostrane sono un altro, contiguo): faranno in fretta a ricoprirlo, a non parlarne più, e a continuare peggio di prima. La civiltà di una nazione si vede da come tratta i disgraziati, più che da come educa le élite: e le due cose potrebbero (dovrebbero?) andare di pari passo.
Gennaio 14th, 2010 at 8:57 pm
La discussione continua, con uno scambio di mail tra SP e mym, in questa pagina.
Gennaio 15th, 2010 at 7:44 pm
Yushin, riesci sempre a spiazzare chi si rivolge a te. questo credo sia dentro ciò che sei e lo sento profondamente stimolante. la domanda di Stefano- non chiara, è vero- io la sento così: si sente una cesura tra te, Jiso e noi “orfani” di galgagnano. Come la colmiamo?
A me sembra di capire che non c’è altro che il cercare. Sono stata a Roma alla sesshin, ho sentito ancora la forza dello zazen, ho sentito che per me è importante farlo con altri.
So che sia tu che Jiso ci siete per le domande, ma a me sembra di non avere ancora domande sensate, e cerco di fare come il mio cane che ogni mattina mi fa le feste come se fosse la prima volta
Gennaio 15th, 2010 at 7:58 pm
appena prima della chiusura di Galgagnano avevo chiesto a Jiso di prendere i precetti. Dopo tanta frequentazione sentivo il bisogno di un passaggio avendo l’impressione che anche nella pratica si potesse innestare un automatismo. Allora cercavo come un testimone esterno, una sorta di necessità di render conto di ciò che facevo.
Jiso mi deve ancora una risposta, ma nei fatti la risposta c’è stata e defragrante.
e questo scambio nato dalla “pantomima” di Y. ne è la prova. eppure ancora non sono capace di essere testimone di me stessa….e chiamo questa cosa bisogno di sangha….
Gennaio 16th, 2010 at 1:55 pm
Ciao billibello,
Grazie, l’argomento è centrale e ancora in ombra. Come hai compreso, è la fine degli automatismi che stanno uccidendo il bambino prima ancora che venga concepito, una sorta di ambiente sterile, soffocante. Sui bisogni dovremmo fare un po’ di cernita. È vero che lo standard religioso attuale assieme alle indicazioni “fornisce” la comunità (parrocchia o centro zen fa poca differenza). Per cui se manca il gruppo pare che la religione sia in debito. Io penso che religione sia un grande lusso, la risposta a un bisogno che non riguarda quelli “elementari” (cibo, tetto, affetti) un bisogno forte, chiaro ma diverso dagli altri. Così come la sete è diversa dalla fame; per cui occorre una riflessione ulteriore. Se poi, al termine di questa, in un certo caso si stabilisce che per cercare senso profondo, serenità nella pace non derivata da ottenimenti concreti materiali, è utile un gruppo/sangha allora per un po’, in quel caso lo si organizza. Non lo si pretende già organizzato. Il “pacchetto tutto compreso” fa parte di quegli automatismi di cui sopra… E poi, ancora più importante, ciascuno di noi si deve dar da fare per conto suo, non c’è qualcuno -il prete il monaco- delegato a quello scopo per cui noi siamo fruitori di un servizio che in qualche modo ci deve essere garantito. Ciascuno è il protagonista, parliamo rivolti a uno specchio.
Gennaio 16th, 2010 at 6:43 pm
Certo che i cattolici il papato la chiesa hanno fatto un bel disastro con i nostri cervelli. Perché mi vuoi tagliar fuori dagli orfanelli? Caso mai, come ero orfano io prima ora lo sei anche tu, benvenuta. La cesura la fai tu, non farla ed è già colmata. Specialmente con SP non intendevo proprio essere spiazzante, anzi. A modo mio (non sono il re dei diplomatici) ho cercato di essere attento, vicino, capire ascoltare per collaborare. Mi ha sbattuto la porta sul naso due volte. A un povero orfanello! E poi giù lamentazioni e “signora mia…!”.
Gli animali si divertono ogni giorno, anche cento volte al giorno con lo stesso giochetto, dice Kundera, perché loro non sono stati scacciati dal paradiso terrestre. Noi sì (pare), per questo ecco tutto ciò.
Gennaio 16th, 2010 at 9:32 pm
Caro Yushin,
condivido pienamente il tuo documento.
E sono responsabile del centro Dojo Zen Sanrin.
Yushin
Gennaio 16th, 2010 at 10:10 pm
Grazie. Sei coraggioso: “centro Dojo Zen Sanrin” sembra una summa del contrario… ovvero pantomima completa. Proprio vero che la forma, a volte, non conta. Ciao, mym
Gennaio 17th, 2010 at 1:28 pm
Continua la discussione anche via mail. In questa pagina lo scambio con Nello Genyō
Gennaio 17th, 2010 at 5:14 pm
Buon pomeriggio,
Ho letto tutto con attenzione, mi sono sentita chiamata in causa in quanto io sono quella che da anni cerca un centro o qualcuno con cui sedersi senza successo. Senza centro, zazen si fa ugualmente peró si fa piú fatica perché non si ha alle spalle una realtá che ci protegge. Non si ha un posto dove tutto é preparato per noi: qualcuno che organizza gli orari, ci fa trovare i cuscini pronti, ci corregge la postura ecc ecc. Si soffre di piú nel confronto con gli altri, perché non c’é un luogo in cui andare a rifugiarsi e dove trovare amici che praticano zazen come noi e coi quali confrontarsi. D’altra parte, lo zazen diventa un pratica quotidiana come le altre, come mangiare, fare la lavatrice e stirare. E’ il momento in cui “Sara sta insieme a Sara” ed é tanto importante quanto lavare i piatti o rifare il letto. Fa parte del mio quotidiano, non é qualcosa che va oltre l’essenziale, come possono essere la palestra, la piscina o il ristorante… voglio dire che, forse, il non frequentare un centro toglie “l’aura di solennitá” alla pratica quotidiana dello zazen e non sono sicura che questo sia completamente negativo. La prima volta che l’ho incontrata, otto anni fa, Lei spiegó che “zazen non é altro che l’essere in grado di sedersi senza fare nulla” e tutto il resto sono conseguenze, effetti collaterali che arrivano. L’incontrarsi in un luogo per fare una determinata cosa crea inevitabilmente un atteggiamento settario o conferisce significati ‘deformati’ (credo). Le casalinghe non si incontrano per fare il bucato, eppure lo fanno ogni giorno ed é necessario che lo facciano. Si incontrano per bere il tea e magari discutono su quale detersivo utilizzano… tutto qui. E’ probabile che il mio punto di vista sia del tutto fuori da ogni contesto proprio perché mi arrangio da sola, se é cosí, mi spiace averle fatto perdere tempo. E’, credo, la prima volta che intervengo su una cosa importante e mi sento molto impacciata e fuori luogo. Mi scusi. Spero di incontrarla ad Urbino presto,
Un caro saluto
sara
Gennaio 17th, 2010 at 5:16 pm
Non è che scrivi tutte ‘ste belle cose perché non hai ancora “dato” l’esame con me e… :-). Grazie, bel lavoro.
Gennaio 18th, 2010 at 11:38 am
Caro Mauricio,
Cosa dire se non che condivido pienamente quello che scrivi.Già altri maestri ci hanno messo in guardia dal materialismo spirituale e la stessa psicoanalisi più recentemente ha messso al centro del suo dibattito il tema del falso-Sè. Ma il falso Sè si traveste in mille modi e perchè no anche di spiritualità,l’esoterismo è di moda
e spesso al servizio proprio di quell’ego che tanto vorrebbe ridimensionare
PS
Gennaio 18th, 2010 at 11:42 am
Grazie, PS. L’espressione “altri maestri” ne presuppone almeno uno. Potrebbe anche stare, non bisogna aver paura delle parole, anche se a volte hanno implicazioni molto negative.
Gennaio 18th, 2010 at 11:55 am
Pubblico qui di seguito una risposta alla mail di SP che ha dato inizio allo scambio che trovate al n. 53, mym.
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Caro SP,
come ti avevo promesso, ho cercato di leggere con calma la tua lettera, non senza avere però letto anche tutto il dibattito che c’è stato sul sito della “Stella” in merito alla “pantomima” e, in fondo, alla chiusura di Galgagnano. Provo a esporti il mio pensiero. Credo che il motivo di fondo per cui ho amato quel posto e la sua situazione è stata fin dal principio la profonda”laicità” che mi è sembrato di trovarci. Per “laicità” (non credo che sia il termine esatto ma non ne trovo uno migliore) intendo il senso di “non chiesa” che c’era; un senso che, secondo me, era dovuto alla essenzialità estrema delle pratiche che si seguivano. Laicità che continuo a trovare nel pensiero profondo di Padre Luciano, che pure è inquadrato formalmente nella chiesa più chiesa di tutte, e in Jiso che è diventato addirittura il rappresentante ufficiale della sua chiesa.
Il discorso religioso che fanno entrambi, ognuno dal suo punto di vista, è l’unico discorso religioso che è riuscito a richiamare e a trattenere il mio interesse per un periodo di tempo così lungo, e questo proprio grazie alla loro carica anti-istituzionale e totalmente umana (nel senso di interessata all’uomo in quanto tale, per quello che ciascuno di noi è).
Insomma mi considero molto fortunato per avere avuto l’opportunità di fare questo incontro. Fatta questa lunga premessa, non riesco in nessun modo a esprimere un giudizio critico nei confronti della scelta di Jiso di chiudere Galgagnano, le cui motivazioni sono forse state espresse, almeno in parte, nei due documenti, il primo firmato anche da Yushin e il secondo dal solo Yushin. Nella tua lettera dici che sei disposto a “qualche compromesso iniziale se questo può aiutare”. Credo che proprio lì sia il nocciolo del dissenso, troppe volte (per qualcuno forse sempre) i compromessi iniziali sono causa di deviazioni forse non del tutto imprevedibili. Nel sito poi ho trovato un dibattito molto ricco e articolato e, per la verità, non parolaio, proprio sul problema che sta particolarmente a cuore a te, a proposito dei centri e dei luoghi dove “sedersi” e mi sembra che le cose sono ampiamente sviscerate, anche con opinioni molto vicine alla tua, senza nessuna polemica, e ancora una volta con risposte che mi sono sembrate comprensibili e non didascaliche. Tra l’altro, diversi interventi, compreso uno, molto sottotono di Yushin, sono del tutto allineati con la tua (nostra?) iniziativa di Rovofiorito. Insomma non mi sembra che ci siano motivi per polemizzare. Questa è, ovviamente, la mia opinione del tutto personale molto caratterizzata dal fatto che se ho trovato nella pratica del “sedersi” una pratica (religiosa?) che in qualche modo mi corrisponde, non riesco peraltro in nessun modo a definirmi o a considerarmi un buddhista o un adepto di qualche particolare scuola.
A presto risentirti, un abbraccio anche a C,
Stefano
Gennaio 18th, 2010 at 12:20 pm
Grazie, Stefano. Il tema della laicità, che interpreto come “non appartenenza”, non era ancora venuto in luce, almeno in modo esplicito. A mio vedere il percorso/veicolo/proposta che chiamiamo buddismo zen da un lato implica un riconoscimento di appartenenza assoluta, universale, ovvero come facenti parte della stessa barca assieme a tutte le creature. Dall’altra implica una completa non appartenenza, una libertà che è anche solitudine. Cercarsi, costruirsi un’identità o una confraternita d’appartenenza tramite lo zen o il buddismo è antitetico, una contraddizione superabile solo superficialmente: a volte occorre che mi dica buddista (in qualche caso addirittura “monaco zen”) per tagliar corto, offrire un’etichetta da cui poi uscire, se me ne viene offerta la possibilità.
Gennaio 18th, 2010 at 4:27 pm
Ciao Mauricio.
Ho seguito con interesse e quasi in diretta lo svolgersi della discussione, non sono intervenuto perché mi sembrava che l’argomento fosse già ben sviscerato, d’altro canto mi viene da pensare al motivo per cui tu abbia scritto quel testo.
Personalmente io vi scorgo l’incitazione al cammino personale “cercando tenacemente” e responsabile “continuando per sempre”, con il sonoro richiamo ad una visione disincantata rispetto a quello che viene dall’esterno, ed alle forme attraverso cui i messaggi di ogni genere, e nello specifico quello buddista , ci giungono. La provocazione arrivando da te direttore della stella e promotore di un “centro di pratica”, è chiaramente indicativo del fatto , che anche se in maniera imperfetta e con tutte le precauzioni possibili, la porta per chi bussa va aperta. E una porta dove bussare ci deve essere. dall’altro per chi bussa ci deve essere la coscienza che non c’è nessuna “ PORTA”. Anche se forse questa nozione arriva solo dopo aver a lungo bussato. Da un altro punto di vista vedo anche una provocazione a chi inneggia alla indispensabilità delle comunità ma non se ne serve, oppure le usa tutte senza valorizzarle o sostenerne nessuna.
a.p.
Gennaio 18th, 2010 at 4:33 pm
Grazie AP, è vero, vi è l’accento che ho messo sull’esigenza indispensabile di bussare e ancora bussare. Però c’è un altro aspetto, che pare in contraddizione, del quale sino ad ora solo Sara ha colto il segno in modo chiaro: la religione, lo zazen, il percorso è un fatto personale, individuale da scoprire con le proprie forze e da percorrere da soli. Altrimenti è un associarsi, partecipare, esserci anch’io con quelli “giusti”, nel posto giusto ecc. ecc. Tempo perso, insomma.
Gennaio 18th, 2010 at 7:38 pm
Ciao! Ricevo le tue mail anche se sono 3 anni che ho deciso di non aderire più alla Stella del Mattino, facevo parte del gruppo di Luciano. Ti risparmio i perchè della mia scelta.
Ti scrivo per dirti che la tua lettera è molto coraggiosa, ma poco “umana”. Spiego: l’uomo è un essere da sempre comunitario, identitario dunque anche quelli che si riconoscono nella pratica zen (la più personale, la meno comunitaria di tutte le pratiche) hanno bisogno del gruppo, del luogo, della persona di riferimento. Se lo zen è una proposta per pochissimi, quello che presenti tu nella mail è per ancora meno. Ammiro molto la capacità del silenzio, del non voler insegnare nulla a nessuno, dello smettere le pantomime; io credo che sia ora di sciogliere la Stella definitivamente, anche via web. Sarebbe un gesto di libertà enorme soprattutto per chi non se ne fa una ragione, la “comunità” si trascina ormai da anni e, in buona fede, crea confusione. Se non riesce a farlo Luciano, abbi il coraggio di Jiso. Buon cammino. Pietro
Gennaio 18th, 2010 at 7:48 pm
Grazie, Pietro. Sì, non è umano (almeno nell’accezione solita) essere adulti. Persone in grado di compiere il proprio destino senza dipendere da pacche sulle spalle e rassicurazioni dovute alla vicinanza di sodali. Il fatto è che la posta in gioco è inumana. Per questo la risposta è altrettanto inumana. Oppure finalmente umana. Vendi quello che hai, distribuisci il ricavato ai poveri, lascia la tua casa, non ti preoccupare del cibo e del vestito, lascia che i morti seppelliscano i morti, non andare neppure al funerale di tuo padre. Che cosa c’è di umano in ciò? È adulto. Ma siamo tutti bamboccioni in eterno?
Sciogliere la Stella dici. Di più ancora? Che cosa c’è di legato che possa essere sciolto? Se non vuoi più ricevere le mail basta cancellarsi e fuuu niente più … Cosa? Parolette sullo schermo. È quella la Stella? Che legame può costituire una pagina colorata su uno schermo… I legami sono nella nostra testa.
Gennaio 19th, 2010 at 10:34 am
Caro Yushin,
Di ritorno dal Giappone, Buon Anno !
Sono grato di cuore per avermi inserito nella lista.
Avevo già avuto modo di leggere la “Pantomima”, domande e risposte e avevo pensato di non potermi inserire in una riflessione che coinvolge, a volte mi rendo conto anche molto intensamente, persone esperte, che hanno inoltre seguito un percorso comune molto diverso da quello su cui ho incontrato la “pratica” (che non oso certo chiamare zazen).
Rispondo sollecitato dal tuo gesto amichevole e sei ovviamente autorizzato alla pubblicazione (anche perchè ho dimenticato la procedura per scrivere i commenti).
Ho ripreso a sedere dopo una pausa consapevole di qualche mese e in un momento non facilissimo.
La scelta delle poche righe di testo che leggo una volta conclusa la pratica sono quelle del Ghenjokoan, e mi è sembrato subito di essere tornato a casa (magari un po’ diroccata…, ma tant’è).
Il punto centrale mi pare quello di sempre ri-tornare a una/la presenza, corpo e spirito.
La mia esperienza di questi primi giorni di gennaio, in cui siedo a sera da solo, mi ha tuttavia reso ancora una volta perfettamente chiaro che la pratica – se non è “pantomima” – non è certamente la mia/nostra pratica, in un mio/nostro luogo.
Eppure altri altrove così si siedono, e il sedersi avviene; so per esperienza diretta che è così, e che questo, in un modo misterioso (viceversa non saremmo qui a parlarne… o no 🙂 ), cambia di fatto le cose.
L’esperienza del sedersi insieme è qualcosa di cui sono grato; e lasciare spazio a (luoghi di) gratuità e fiducia, sarà allora (semplicemente?) dare tempo a questo spazio (vogliamo chiamarla vita?).
Forse, ciò che accade in questo inverno piuttosto freddo, è proprio un invito a stare anche con le foglie secche, che pure alimentavano il fuoco del povero Ryokan-Sama nell’eremo di Gogoan; lui che non aveva paura di lamentarsi della solitudine, ma non aveva perso la fiducia nel soffio del vento.
E noi, abbiamo ancora fiducia in una/nella pratica, che non è (solo) nostra?
Nella tradizione in cui sono cresciuto, esiste questo koan; il Figlio non ha luogo ove posare il capo, e il vento soffia dove vuole; ma il Figlio, quando torna, trova ancora fiducia?
Oh uomini, ecco,
nel vento invernale
custodite una palla di neve;
risplende nel silenzio
il vostro cuore sincero
[Hitobito ya
yuki dama mamoru;
fuyu no kaze.
Kokoro no makoto
shizuka ni ikaru]
(anonimo)
Grazie come sempre,
A presto,
Giorgio
Gennaio 19th, 2010 at 10:54 am
Già, il punto è che “cambia di fatto le cose”. Ora, non si pretende che si lascino le cose come stanno, abbastanza difficile, ma che almeno non ci si metta a tocchignare aggiungere impiastricciare. Perché questo “cambia di fatto le cose”. Per cosa, poi? Sentirsi leader in mezzo a quattro zendipendenti? Apparire su qualche libro-rivista-trasmissione TV per dire finalmente come si fa? Fregiarsi di qualche titolo confuciano-giapponese? Oppure appartenere a un gruppo che ci qualifichi in qualche modo? Se vogliamo giocare meglio trovare qualche cosa di più dignitoso.
Ciao Giorgio, grazie. In quest’epoca l’esperienza del perdurare nello zazen da soli è fondamentale.
Gennaio 20th, 2010 at 7:53 pm
Buongiorno Mauricio,
Innanzitutto grazie.
“Chiedere, cercare, a volte sedersi a fianco per un po’, permette di rifare tutto, da capo, ogni volta. Continuando per sempre, ciascuno provi a scoprire la difficile strada da sé, cercando tenacemente il confronto con chi ha esperienza.”
Mi scuso, le poche righe che seguono non hanno nessun valore, sono soltanto un’opinione personale molto poco significativa.
Se il “luogo della via” non si facesse conoscere come “luogo della via”, come sarebbe possibile incontrarsi e scoprire?
“Sedersi nell’anonimato” dovrebbe significare comunque non essere silenziosi ed anonimi quando serve.
Non ho le mani “scorticate a forza di bussare a destra e sinistra”, ma se non avessi avuto l’occasione di frequentare il dojo di Vercelli e di conoscere proprio quelle persone, non avrei ancora idea neppure di quale direzione prendere.
Mi chiedevo come dovrebbe essere quel “posto” che permetta un’esperienza autentica. L’unica risposta che so darmi è quella che a mia volta ho sentito: “tiepido in inverno e fresco in estate”.
Sono convinto che chiedersi “come dovrebbe essere” sia fuorviante, almeno per principianti come me, che rischiano di voler provare qualcosa a loro misura, più che trovare un “luogo della via”.
C’è anche l’impossibilità oggettiva di discriminare chi possa sedere al fianco di chi (buon senso a parte), per cui forse il problema non si può porre in termini generali.
Certo in ognuno entra ed esce quel che può. Può essere che senza il passaggio dalla pantomima non si possa raggiungere nulla, un po’ come i bambini, che per imparare qualcosa scimmiottano gli adulti, e poi, cresciuti, smettendo di imitare, fanno.
E’ importante che qualcuno coraggiosamente ci riporti all’essenza della cosa: la responsabilità dell’esperienza personale è in parte dell’insegnante, ma viene condivisa individualmente da noi principianti, nella nostra tenacia e onestà di intenti.
E senza un impegno condotto da soli, continuativo e sincero, non si va lontano.
Volevo scusarmi se scrivo senza “aver fatto bene i compiti”, mi ero riproposto di leggere con attenzione gli interventi, ma impegni famigliari, di lavoro, ecc… mi lasciano poco tempo in questi giorni, e ieri notte quando mi sono svegliato sul divano con il mio portatile in bilico sulle ginocchia mi sono detto che era meglio rimandare.
Siccome assolutamente non ci conosciamo, ma tralasciando i particolari: ho scarsissima esperienza, sono assolutamente un principiante, mi sono accostato al buddhismo da pochissimi giorni (da giugno scorso ho cominciato a leggere qualcosa, da settembre frequento il ******* di Vercelli). Ancora grazie
Massimo
Gennaio 20th, 2010 at 7:56 pm
Grazie Massimo. Penso che una cerca, una vocazione, un impegno tiepido conducano ad una pratica tiepida.
Gennaio 21st, 2010 at 5:16 pm
La Chiesa aveva già assunto una prospettiva del genere quando, sotto Leone XIII all’inizio del ‘900, aveva deciso di reintrodurre ovunque la teologia Scolastica medievale.
Si trattò di pan-tomismo.
Gennaio 21st, 2010 at 6:44 pm
Chiedo scusa ma so poco di queste cose: di quale prospettiva si tratta e/o che cos’è il pan-tomismo? Grazie. Se stai in 500 battute (più o meno, veh!)…te ne saremo grati in tanti.
Gennaio 21st, 2010 at 7:31 pm
Tomismo = teologia di san To(m)maso d’Aquino, massimo autore della Scolastica medievale.
Pan = universale.
Sebbene il termine “pantomismo” non sia mai esistito, può essere ora chiamato all’esistenza quale “pantomima del tomismo”. E la peggiore pantomima è quella che lo prende (e si prende) troppo sul serio.
😛
Gennaio 21st, 2010 at 7:45 pm
Sei un guastatore. Oooooh!
Gennaio 21st, 2010 at 8:07 pm
Senti chi parla, quello che abbatte i Centri !!!
Gennaio 21st, 2010 at 8:29 pm
Un breve chiarimento sul perché ho citato Enzo Bianchi. Le parole che mi hanno colpito sono: “Noi monaci non abbiamo una particolare missione o funzione nella chiesa: siamo semplicemente uomini e donne insieme, da un punto di vista umano, quasi per caso. Siamo qui, siamo là, nei deserti o nelle selve, sui monti o nelle valli, per che cosa? Per stare davanti a Dio insieme, in una vita comune, niente più. Non facciamo nulla di particolare se non rimanere davanti a Dio […] Lo ripeto, i monaci non hanno compiti, non hanno missioni particolari: se sono fedeli alla vocazione ricevuta «fanno segno», sono come dei segnali sul cammino, niente di più.”, il resto l’ho citato per contestualizzare. Penso di poter dire che vi venga espressa una “posizione” estremamente simile a quella contenuta nel testo La Pantomima.
Gennaio 24th, 2010 at 8:58 am
Prendendo spunto dal film Avatar, una serie di agghiaccianti notizie su schiavitù e sterminio (conquistadores e francescani furono ancora più efficienti di Hitler!) dalle pagine di The Guardian. Una traduzione dell’articolo si trova su Internazionale del 22 gennaio; una diversa traduzione italiana è on line all’indirizzo
http://www.alessandracolla.net/?p=368
Gennaio 24th, 2010 at 12:06 pm
Dal link proposto da dr (12):
La mattanza ebbe inizio con Colombo. Fu lui a massacrare la popolazione di Hispaniola (ora Haiti e Repubblica Dominicana) servendosi di mezzi incredibilmente brutali. I suoi soldati strappavano i bambini dalle braccia delle madri e ne spaccavano la testa contro le rocce. Davano in pasto ai loro cani da guerra bambini vivi. Una volta impiccarono 13 Indiani in onore di Cristo e dei suoi 12 apostoli, «ad un patibolo lungo, ma abbastanza basso da permettere alle dita dei piedi di toccare il terreno evitando lo strangolamento […]. Quando gli indiani furono appesi, ancora vivi, gli spagnoli misero alla prova la loro forza e le loro spade, li squarciarono in un solo colpo facendo fuoriuscire le interiora, e c’era chi faceva di peggio. Poi gettarono intorno della paglia e li bruciarono vivi» [cit. da Bartolomé de Las Casas, History of Indies, trad. e cura di Andree Collard, Harper&Row, New York 1971, p. 94, in: David E. Stannard, Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo, Bollati Boringhieri 2001, p. 136.
Gennaio 25th, 2010 at 1:16 pm
Di solito, dalle accuse di genocidio contro i Conquistadores, “si salva” almeno Colombo. La cosa andrebbe approfondita. A casa di mia madre, non qui sottomano, ho un libro con le descrizioni fatte da Colombo della scoperta e dei primi contatti (solo i primi, però), e lì non mi pare che comparissero scene truculente. Però è vero che, già pochi anni dopo, Ariosto nell’Orlando Furioso esaltava (sic) la sottomissione violenta degli indios per opera degli europei. Viceversa, a metà ‘600, il poeta inglese John Milton descriverà le efferatezze dei Conquistadores, ma per denunciarle.
Gennaio 27th, 2010 at 1:33 am
Getto la maschera:sono un eresiarca della comunità degli uomini suono. Per la comunità il prossimo può impiccarsi senza che ciò commuova il cuore. Verso Dio si ha solo un cosciente impegno a non amarlo. La funzione dei monaci è quella di fare soldi (cfr.G.Mombiot).Per questo le comunità vanno in bancarotta. I monaci del passato sono esempi inattuali e impossibili mentre i truffatori di oggi hanno poca ambizione.
Gennaio 27th, 2010 at 1:35 am
Ricollegandomi ad Avatar credo che il metastorico eresiarca indiano Aldo Rane confermi il pan-nazismo come il più romantico degli ideali politici. Al lato cristiano dico: questa eresia la si apprende stando seduti a guardare il muro senza cuscino e con la camicia di forza.. (della serie Pan-tomismo). La chiusura della sede storica della Stella mi sembra una acutezza sprecata alla luce della ricchezza dei contenuti del sito mentre scioglierla definitivamente via web una crudeltà e una sconfitta (seppur nobile).Convengo che il futuro non è più quello di una volta e che la strada è incerta.
Gennaio 27th, 2010 at 11:00 am
Mi auguro che i lettori abbiano sufficiente pazienza (e acume) da perdonare/accettare le originali aggressioni pacifiche di Homosex. Altrimenti dovrei censurarle.
Gennaio 27th, 2010 at 11:28 am
Ti prego di non farlo. Mi piace l’odore del napalm al mattino.
Gennaio 27th, 2010 at 4:33 pm
Compagneros constato che le mie spiritosaggini producono svenDole non solo al Sud..(Il trucco è essere onesti e avere un buon antidolorifico).A Kamakura ho appreso lo ‘zen sull’istante’ analizzando l’esperienze dei nyudo.Durante le meditazioni veniva praticato il ‘pensare l’impensabile’ ovvero l’espressione hi-shiryo. Mentre gli anziani stavano in zazen i novizi erano impegnati con l’acciaio dei bilancieri. Allora chi è ‘0 bbuono e chi ‘o malamente(?).
Gennaio 27th, 2010 at 4:33 pm
Nadie comprende lo que sufro yo,todos me miran y se van.. ma un vero basterd non vuota mai il sacco.Sulla sua collana pendono denti di lupo e cucita è la sua bocca ,o no? (^_^)
Gennaio 27th, 2010 at 5:11 pm
Santa polenta, cumpa’, qui fai scappare i vivi e i morti… E l’odiens, dove mi finisce l’odiens? Per non parlare dello scear … Qui l’Editore ci stacca la spina a tutti. Ciao, mym
Gennaio 28th, 2010 at 2:24 am
Sono fuori dal circuito del’editoria.Di scrivere un libro prima di compiere il 45esimo anno d’età non mi passa neanche per l’anticamera del cervello. L’odiens italiano lo salto a piè pari mentre sullo scear internazionale ha ancora un certo appeal la cara vecchia madonnina..It’s incredibile,let’s finish what we started.Ciao.
Gennaio 31st, 2010 at 3:42 pm
Il guaio è, a mio parere, che la stessa domanda può essere fatta, ( se c’è una certa sensibilità ), da chi ha una casa, un lavoro che magari gli piace.. oppure da chi è senza lavoro, magari emarginato ecc…
E viceversa, c’è chi trova un senso al vivere sia che abbia un lavoro oppure no, che stia bene oppure no…
Non mi sembra che ci sia la possibilità di riconoscere in una situazione “oggettiva” ciò che dà un senso alla vita e questo, talvolta, è abbastanza drammatico, perchè si corre il rischio di non trovare un “serio motivo” per alzarsi al mattino…
Da questo punto di vista, è proprio dura…
Gennaio 31st, 2010 at 5:30 pm
Ciao Marta, bentornata.
Infatti. Per questo la considero una “domanda” interessante: è generalizzabile e, per di più, viene da un privilegiato.
Gennaio 31st, 2010 at 6:56 pm
Ciao mym, grazie. Certo, la domanda riguarda tutti. Molti di noi vivono, credo, in una situazione privilegiata, per un motivo o per un altro, e si sono trovati ( e si trovano ) comunque, a dover rispondere a questo interrogativo, che spesso non si sa neanche da dove nasce….( Già cercare questo magari…)
Le risposte che ci si dà cambiano, a seconda dei momenti, delle circostanze, di ciò in cui si crede e delle persone che si incontrano. A volte non si trovano proprio, nonostante tutto…
Tutte cose ovvie…
Mi verrebbe da dire che queste sono domande destinate a rimanere tali, eppure non possono non avere una risposta, sia pur mutevole e individuale…
Sì, lo so che non ho azzardato nessuna risposta, ma.. a chiedermelo adesso ( se la mia vita ha un senso), ho paura che mica saprei cosa rispondermi!
Un saluto
Gennaio 31st, 2010 at 8:40 pm
“oltre” me stesso:il volto dell’altro.
“oltre” la rabbia:l’impegno.
Una riflessione, non una risposta.
Gennaio 31st, 2010 at 11:00 pm
Il 21enne non ragiona male. Personalmente sono un fanatico del lavoro, e sono assai poco filo-sessantottino, però mi capita spesso di chiedermi: questi giovani (non il 21enne, credo) che arrivano ad alcolizzarsi, drogarsi… è perché non hanno capito niente, o sono gli unici che hanno capito tutto? Trovassero pure il mega-lavoro brillante e scintillante, il sogno della loro vita… a che servirebbe? a tenere in piedi che cosa?
…
[Torquato] TASSO – Che rimedio potrebbe giovare contro la noia?
GENIO – Il sonno, l’oppio e il dolore.
Febbraio 1st, 2010 at 10:55 am
Sì, però…Allora? La traduzione, un po’ libera ma certamente precisa, di “adulto” è “lo scaricabarile finisci qui”. Siamo uomini, donne o …?
Febbraio 1st, 2010 at 11:32 am
Mira sempre ottima, mym.
Infatti aggiungo che la celebre sentenza di Qohélet 1,2 ha come diretta conseguenza non lo svacco, bensì Qohélet 3,1-8.
Febbraio 1st, 2010 at 11:45 am
Dai, non ce li far cercare: dopo i numeretti metti i versetti…
Febbraio 1st, 2010 at 12:22 pm
La pappa pronta la si fa trovare ai bambini, non agli “adulti”…
Febbraio 1st, 2010 at 12:53 pm
Già, per quello pensavo che gli adulti scrivendo ai meno adulti… Vabbe’: Qoelet 1,2 “Vanità delle vanità, dice Qoelet, vanità delle vanità, tutto è vanità”. Qoelet 3,1-9: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?”
Sì, però, allora?
Febbraio 1st, 2010 at 2:10 pm
(L’ultima frase c’entra un piffero: si era detto fino al v. 8, non 9)
Appunto: SICCOME tutto è vanità, ALLORA il bello – e il difficile – è sapere fare la cosa giusta al momento giusto. Anche l’indifferenza o l’apatia sarebbe una scelta unilaterale.
Questo mi insegnò tempo fa uno-dei-qui-presenti.
Febbraio 1st, 2010 at 4:55 pm
Non mi pare che una risposta in termini ‘religiosi’ sia pertinente a questo caso.
Ri leggendo la lettera del 21 enne, a me viene da pensare: o non la conta giusta, o non la conta tutta…o si atteggia a …
A un 21 enne si può giustificare quasi qualsiasi espressione: compreso il sentirsi fregato ancora prima di cominciare.
Ma tutto questo non è ancora una presa di coscienza del ‘disagio’, di dukka. Manca una domanda che parta dal cuore. E fintanto che questa domanda non venga formulata, qualsiasi risposta verrà assorbita da una smorfia di scetticismo.
Febbraio 1st, 2010 at 5:06 pm
Sono d’accordo. Il giovanotto ha posto le cose in modo impeccabile per ottenere consenso, ma si è tenuto ben distante dalla radicalità estrema. In altri termini, a me pare che chieda soprattutto come tenersi/godersi il malloppo
Febbraio 1st, 2010 at 5:46 pm
“Se sono solo i soldi che vuoi, avrai solo quelli!” (principessa Leila a Ian Solo)
Febbraio 1st, 2010 at 5:57 pm
Al giovanotto, come a chiunque altro del resto, a cominciare da me, darei le due classiche notizie, quella cattiva e quella buona. La cattiva è che, siccome è nato, gli tocca morire. La buona è che deve morire proprio perché è nato. La porta è strettina ma qui s’ha da passare, dalla radicalità estrema è un po’ difficile tenersi ben distante. Allora tanto vale occuparsene un po’ più da vicino, della “fregatura”, ma questo deve venire a ciascuno da dentro, non si può suggerire.
Qoelet non mi pare così pertinente. Il tempo di cui parla è il tempo dell’alternanza, del condizionato: siamo ancora nella fregatura, tutto sta prenderla bene. Deboluccio, non ci metterei le fondamenta. Infatti Qoelet ha poi bisogno del timor di Dio per darsi una mossa. Il nostro fantomatico giovanotto (si) chiede: il tempo che fine fa? La fine che fa lui stesso. Dunque, gli direi, lo tenga un po’ più in conto. Del resto a 21 anni chiedere come tenersi/godersi il malloppo mi par più che legittimo: temo però lo abbia chiesto alle persone sbagliate….
Febbraio 1st, 2010 at 6:04 pm
“Vale più la sapienza che le armi da guerra,
ma un solo errore può distruggere un bene immenso.”
Qohélet 9,18 (aveva evidentemente previsto la possibilità di fare una figuraccia di fronte a JF…)
Febbraio 2nd, 2010 at 10:42 am
La frase “L’uomo pericoloso è l’uomo che ha letto un solo libro” significa che di quel libro fa poi il suo idolo perciò non ha senso l’affermazione successiva “Figuriamoci se non ne ha letto nessuno”
Febbraio 2nd, 2010 at 1:51 pm
relata fero: mio figlio Alessandro mi dice che non fu affatto Gorgia a sostenere per primo che la parola per l’anima e’ come i farmaci per il corpo, bensì Protagora, una cinquantina d’anni prima. non sarà rilevante per la discussione ma mi sono sentito improvvisamente un vecchietto rinco…
come avrà fatto a sfuggirmi questa cosa ? 😉
Febbraio 5th, 2010 at 1:01 pm
A dr: “Fare la cosa giusta al momento giusto”? Cosa vuol dire “giusto”? Chi o che cosa determina cosa è giusto e cosa non lo è? Foprse solo l’esito del Fare?
Febbraio 5th, 2010 at 2:25 pm
A Cristina: Cerca la risposta nel profondo del tuo cuore. Nessuno potrà fornirtela dall’esterno.
Che, ovviamente, è un modo elegante per defilarsi. Ma, in questo momento, mi pareva la cosa giusta da fare.
Febbraio 5th, 2010 at 5:29 pm
Caro Yushin,
Trasferisco questa citazione del sempre più attuale Ryokan-Sama, apparsa dopo la pratica di qualche giorno fa.
Nel poema “Shoudoushi” : 唱導詞 (se non ho sbagliato a copiare 🙂 leggiamo:
“Se la Legge avesse permesso fondare delle sette,
Chi tra gli antichi non lo avrebbe fatto?
Se gli uomini fondassero ciascuno la sua setta,
Ah! Quale seguire?”
Anche Ryoukan dunque aveva affrontato un dubbio analogo (“centri” versus “sette”?) al nostro. E che risposta aveva dato?
Consapevole, ritengo, del fatto che 迷い と 悟り, (“mayoi to satori”, sempre a scanso di equivoci), ecco cosa scrive pochi versi a seguire:
“Per preghiera e indicazione del cammino, c’è naturalmente un inizio:
Lasciate che io cominci dal monte Grdhara (in nota: il luogo di preghiera di Buddha Sakyamuni, quindi – nota mia – là dove il Buddha storico semplicemente sedette in silenzio).
Giacchè Buddha è il Cielo del Cielo,
Chi oserà discuterlo?”
I necessari riferimenti:
Mitchiko Ishigami-Lagonitzer, “Ryokan Moine Zen”, CNRS Editions, Paris, 2001, pg. 93-94 e ivi n. 23 per le edizioni e 24).
P.s. (un po’ insinuante) a proposito del Cielo del Cielo… ma non abbiamo forse una indicazione altrettanto precisa nel “siate dunque perfetti come è perfetto il Padre, quello nei Cieli?”
Ahi ahi ! Qui la “pantomima” sconfina nel versante cristiano… Mi fermo subito… 😉
Grazie per la pazienza,
Giorgio.
Febbraio 5th, 2010 at 5:32 pm
Se gli uomini fondassero ciascuno la sua setta… non ci sarebbe bisogno di seguirne altre 🙂 Grazie, ciao, mym
Febbraio 5th, 2010 at 8:03 pm
“Devo fondare un Sistema mio personale, per non essere schiavo di quello di un altro.”
_____William Blake
Febbraio 5th, 2010 at 10:09 pm
Il cuore, poverino, pulsa e nemmeno sa di farlo. Cosa può sapere di tutto il resto? Ebbene, mio caro dr, io intendevo piantare una grana del tipo: come puoi tu, che a volte ti manifesti piuttosto sottile, cadere in simili banalità e/o luoghi comuni? Ma con questa risposta mi hai disarmata. Bravo!
Febbraio 6th, 2010 at 12:15 pm
Grazie!
… O no?… 😀
Ma la banalità, il luogo comune sarebbe quell’insegnamento di Qohelet?? Ammappa, io trasecolo.
In ogni caso, sì: a definire un’azione come giusta non è l’intenzione che si ha PRIMA di compierla, ma il suo risultato DOPO. Le intenzioni sono chiacchiere, e notoriamente servono solo a lastricare le strade dell’inferno.
Febbraio 6th, 2010 at 1:22 pm
Nonnonnonnò! La banalità è parlare di “cosa giusta al momento giusto”, cioè inserire una cosa qualunque, concreta, in una categoria astratta difficilmente definibile: la Giustizia platonica è un’astrazione, le singole cose sono giuste o no sempre e soltanto in relazione a qualche altra cosa… e in genere la definizione è soggettiva! E’ “giusto” dare un cocco in testa a uno che mi minaccia col coltello, è “giusto” farlo un momento prima che abbia il tempo di usarlo, ma non è più “giusto” dare lo stesso cocco in testa a uno che mi contraddice… E questo si può dire per ogni azione, fermo restando quello su cui concordi, cioè che in genere possiamo valutare solo dopo, e quindi “fare la cosa giusta al momento giusto” può essere al massimo un autocompiacimento a posteriori.
Febbraio 6th, 2010 at 1:37 pm
Sì. Però in questo caso (n. 20) “giusto” perde ogni senso religioso.
Febbraio 6th, 2010 at 2:15 pm
Mi sono accorta che l’esempio che ho portato da’ ragione al detto. Ne ho pensato uno più appropriato, eccolo. Cesira si è sposata a 25 anni con l’uomo dei suoi sogni, ha avuto il primo figlio a 27 e il secondo a 30, è ora appagata e soddisfatta delle sue scelte giuste. Caterina si è sposata a 25 anni con l’uomo dei suoi sogni, ha avuto il primo figlio a 27 e il secondo a 30, ora è frustrata e depressa. Il “momento giusto” e la “cosa giusta” sono strettamente soggettivi! Mym, permettimi questo esempio.: mi sembra che abbia carattere religioso come ce l’ha ogni scelta di vita.
Febbraio 6th, 2010 at 2:43 pm
>Mym, permettimi questo esempio: mi sembra che abbia carattere religioso come ce l’ha ogni scelta di vita.
In risposta al n. 22, mi associo alla contro-obiezione fatta da Cristina.
Febbraio 6th, 2010 at 5:20 pm
Ego vos absolvo … (speriamo si dica così…).
Comunque. Se ogni scelta di vita ha carattere religioso non c’è spazio per fare distinzioni, quindi non c’è più religione, mezze stagioni ecc. È sempre inverno o sempre estate. Almeno nella religione delle sacrestie (non le sacre stie… 🙂 se do uno schiaffo ad un giovane collassato per abusi vari, ne stimolo la vita, lo salvo. Sono un eroe. Se incrocio il don all’uscita della chiesa e gli appioppo uno smataflone perché “ai preti questo e altro” sarò sempre un eroe per qualcuno (è sempre estate…) ma … Pietà l’è morta. Nulla toglie, però, che per lo schiaffo al giovanotto di cui sopra debba comunque andare all’inferno (la violenza non paga…) ma, fuori dalle sacrestie (e dalle sacre stie) religione non c’entra con inferno e paradiso.
Febbraio 6th, 2010 at 7:08 pm
Esatto, esattissimo, caro mym. “Tra il samsara e il nirvana non c’è la minima differenza”.
A parte il fatto, ovviamente, che sono l’uno l’opposto dell’altro.
Febbraio 6th, 2010 at 7:11 pm
>nessun titolo più grande di nessun titolo
… e Non-Nome più valido di qualsiasi nome !!
😉
🙂
😀
Febbraio 6th, 2010 at 7:16 pm
Amen!
Febbraio 6th, 2010 at 8:10 pm
Mym, ego quoque te absolvo… se dai uno schiaffo al giovane non ti mando all’inferno. Ma se tu rubi senza farti prendere, e io sono già stata presa più di una volta, la tua scelta -perlomeno quella del momento giusto- è stata migliore della mia: hai l’ammirazione di tutti i ladri! Se scelgo di fare il ladro anzi la ladra, sarò condannata dalle persone che non rubano ma non dagli altri ladri! E comunque la mia è stata una scelta “religiosa”, cioè vincolante, che mi obbliga, per ragioni che tu non conosci e che evidentemente per me erano determinanti. A proposito. Quanto contante tieni nel cassetto della scrivania?
Febbraio 6th, 2010 at 8:12 pm
P.S. Quanto sopra non significa che io approvi o apprezzi il ladro: vuol essere un paradosso…
Febbraio 7th, 2010 at 3:04 am
Cheers Maestro!
Ma anche tu ultimamente hai letto l’anticristo di Nietzsche?;)
Scherzi a parte, e me ne scuso, a questo punto non farei che chiudere tutti questi discorsi, per limitarmi alla pubblicazione dei luoghi e giorni in cui sedersi.
Ti chiamo maestro non perchè qualcunque cosa tu dica sia oro colato.. ma perchè che tu voglia o no hai una maestranza maggiore della mia in certe tematiche.
Con affetto,
Rune
Febbraio 7th, 2010 at 11:41 am
L’Anticristo di Nietzsche? No, non sono mai riuscito a leggerlo. Capisco cosa vuoi dire, purtroppo pubblicare solo luoghi e giorni non basterebbe. Siamo animali complicati e anche il mantenere semplici le cose semplici è un affare complicato. Però, soprattutto giocando pulito, è anche abbastanza divertente, no? Ciao, mym
PS: per la tua (e la sua) “salute” ti consiglio di non chiamare nessuno “Maestro”. Tra l’altro, in quest’area, l’ultimo è finito in croce.
Febbraio 8th, 2010 at 12:56 am
L’aspetto interessante di tutta questa faccenda, per quanto mi riguarda, è che; quanto si constata che il re è nudo, tanto tocca imparare a pensare ed agire come un re.
Febbraio 8th, 2010 at 12:16 pm
… che poi è il finale di “1984” di George Orwell.
Il grande Doc con il suo inquietante humour…
Febbraio 8th, 2010 at 12:22 pm
Ho letto col consueto grande interesse la tua pagina e quella di Comolli, senza però riuscire a mettere a fuoco del tutto se tu concordi, e in che misura, con quello che dice lui. In realtà anch’io penso che nei decenni scorsi l’interesse grande per le dottrine orientali sia sorto in gran parte proprio per il loro essere “diverse” rispetto a una cultura cui ci si sentiva vincolati per educazione, tradizione, imposizione, e si voleva rompere con le tradizioni che uno si trovava offerte bell’e pronte e imposte da tutto il “sistema”. Credo che in gran parte, per molti, il fascino dell’esotico prevalesse sulla reale adesione a una dottrina e che, nel Buddismo in particolare, piacesse la mancanza del principio di autorità, dell’essere supremo, di una dottrina particolareggiata che regolasse ogni momento della vita e anche i pensieri. Non per tutti, ovviamente, ma certo per molti il fascino dell’Oriente ha giocato la carta vincente. Questo ora è finito, l’Oriente si è occidentalizzato e la sua voce suona molto simile a quelle che siamo soliti sentire… Cosa ne dici? Ciao. Cristina
Febbraio 8th, 2010 at 12:29 pm
Comolli l’ho citato non per i contenuti ma perché se un autore valdese ha sentito l’esigenza di occuparsi del “problema” vuol dire che il cattivo odore si è sparso ben oltre le stagnanti acque buddiste. All’interno delle quali, invece, pare che si preferisca turarsi il naso piuttosto che scoperchiare il verminaio. Il buddismo non è Oriente, almeno non più di quanto il cristianesimo sia -tout court- Occidente, il fascino anarcoide che si percepiva, perché vi è connaturato, nel buddismo zen, non ha nulla a che fare con l’Oriente, tant’è che Cina prima e Giappone poi hanno ingabbiato lo scugnizzo, temendo facesse guai.
Febbraio 8th, 2010 at 12:45 pm
Ciao,
trovo una certa ripetitività nella tessitura di questo ordito.
Tuttavia, penso che quanto ho letto nell’allegato voglia preludere a un linguaggio diverso da quello ordinario.
Sento che c’è un forte desiderio di non aderire a quella forma a quel linguaggio ritenuti appannaggio di altre storie diverse e lontane dalla nostra non solo geograficamente.
Tuttavia, chi usa un linguaggio ordinario non dovrebbe essere criticato nel senso ordinario del termine, penso che ognuno possa essere libero di parlare la lingua che più gli aggrada o gli corrisponde.
Se uno si sente affine a una modalità esistenziale, quella perseguirà e a nulla serviranno le critiche.
Io ho un figlio di 24 anni e per quanto mi sia sforzato di insegnarlgli a rapportarsi in un certo modo con l’esistenza, lui continua a fare, naturalmente, di testa sua con tutti i pro e i contro del caso. Tuttavia, ho potuto verificare che una possibilità di comunicazione e relazione con lui si produce solo con il mio fare, il mio esempio, quello lo elabora, lo considera, può anche farlo suo, e non quello che dico per quanto realistico e razionale possa essere.
Questo per dire che non credo che il dibattito sulle cosidette “pantomime” possa sortire un qualche effetto positivo ai fini dell’approfondimento del Dharma e dello zazen dalle nostre parti. E in definitiva ripeto, ognuno è libero di adottare il linguaggio che a lui è più affine, se altri lo troveranno adottabile procederanno per il loro cammino…che può darsi non giunga in nessun posto…ma ognuno non può che percorrere il suo karma, anche dentro allo zazen. E lo zazen non è contaminabile nè dagli usi cino-giapponesi, nè dagli usi europei. In definitiva, se non si trova propedeutico aderire a una forma, a una esperienza ritenuta troppo connotata, se la si ritiene un ostacolo sul proprio e altrui cammino realizzativo, l’unica via d’uscita non è provare a cambiare gli altri (impossibile comunque), ma partire sempre da se stessi, vale a dire dare forma ed espressione alla propria modalità religiosa senza curarsi troppo delle pantomime altrui, eterne in ogni modalità vengano a porsi in essere.
Nel Dharma.
Nello Genyo
Febbraio 8th, 2010 at 12:50 pm
Sono d’accordo due volte: è un problema esistenziale ben prima che religioso quello che pone di fronte alla scelta se dedicare la propria vita a correr dietro ad una … sottana oppure
qualcuno vuol suggerire un’alternativa?
E poi: senza esempio di vita le parole diventato chiacchiere.
Febbraio 8th, 2010 at 2:59 pm
Vedo che doc (5) sostiene che la nudità del re lo fa più re ancora: interessante. Sarà perché per nudi che si sia non lo si è mai abbastanza,
stante che anche il corpo è, in fin dei conti, un abito?
Febbraio 8th, 2010 at 7:32 pm
Ciao Nudelook, benvenuto. Conosco doc per cui azzardo: il re che è nudo era re per l’abito (le pinzillacchere). Il pensare ed agire come un re è il… uuuh, come si dice, la … il coso lì, l’uomo interiore insomma, che -liberato dagli alibi- finalmente sboccia, libero e solo come un rinoceronte. O come un re.
Febbraio 9th, 2010 at 2:31 am
Grazie mym. Però anche vederla come Nudelook – che la nudità del re lo fa più re ancora – è molto intrigante e a suo modo poetico. Solo che cambia un po’ il discorso.
Febbraio 9th, 2010 at 10:37 am
Prego. Non credo che Nudelook intendesse esattamente così, ma, se azzardo finisce che qualcuno pensa che mi impiccio, e la cosa gli potrebbe essere nociva.
Febbraio 9th, 2010 at 3:08 pm
Bello, si potrebbe lasciare così, con interpretazioni appena accennate, una eccentrica rispetto all’altra. Volendo però (ri)stabilire il senso della mia uscita, questo intendevo dire: se è l’abito a fare il re, tolti tutti i vestiti resta pur sempre il corpo nudo, che è un abito anch’esso, giovane o vecchio, sano o malato… – corpo di re perché senza alibi, credevo volesse dirci doc. La regalità allora consiste forse nell’indossare abiti il più semplici possibile, che vestano senza mascherare. O forse la nudità del re è togliergli lo specchio, più che i vestiti…
Febbraio 9th, 2010 at 4:47 pm
Trovo su un giornale cattolico regionale:
>Racconta Carla, che ha una nipote affascinata dal buddismo: “Purtroppo, in giro, c’è troppa cattiva letteratura su Gesù e la Chiesa, gente che non lo conosce e si ostina a rimanere nei propri pregiudizi”.
Suggerirei alla nipote di Carla di tenerselo stretto, il buddismo, perché “purtroppo” la Chiesa non si è mai posta il problema della pantomima…
Febbraio 9th, 2010 at 5:31 pm
Per ritornare all’argomento iniziale – o meglio come io l’ho inteso – la ‘pantomima’ è metaforicamente la forma che il Grande veicolo ha preso in questo periodo storico. Se questo è vero il re, cioè il veicolo, è mascherato dai scintillanti abiti dei suoi ministri, ovvero dalla ‘pantomima’. Ora, mym lo ‘smaschera’. Il re è nudo. I figli e figlie di buona famiglia che sinceramente si rivolgevano al veicolo (mascherato) per entrare nella corrente del risveglio, si ritrovano ad appoggiarsi su un veicolo denudato, che mostra adesso la sua vera natura. Che è quella della vacuità. Dunque non ci sono ministri, non ci sono maestri. Il gioco dei ruoli è effimero. Non c’è nessuno che possa dirci cosa fare, come pensare ed agire; nessuno che possa ottenere il risveglio per noi e servircelo preconfezionato in virtù della nostra adesione e sostegno ad una ‘chiesa’; del nostro farci ‘discepoli’ di qualche sottana illuminata.
Tolto l’abito della pantomima, il re è nudo: ed allora sono cavoli nostri. Se vogliamo entrare nel veicolo buddhico, se vogliamo ereditare la regalità del Buddha, dobbiamo agire in prima persona, smettendo di delegare ad altri la nostra salvezza, e farci re (di noi stessi) con le nostre sole forze. Per dirla con le parole dei patriarchi, lasciar cadere corpo e mente.
Compito immane! Cosa rimane a sostenerci? Una idea-forza (il Buddha), le orme di chi ci ha preceduto (il dharma) e i buoni amici (il shanga).
Febbraio 9th, 2010 at 5:55 pm
>Cosa rimane a sostenerci? Una idea-forza (il Buddha), le orme di chi ci ha preceduto (il dharma) e i buoni amici (il shanga)
… e fiaschi de vin
Febbraio 9th, 2010 at 5:57 pm
Basta che sia…vin santo.
Febbraio 9th, 2010 at 5:59 pm
dr sei un bestemmiatore. E dico poco se dico poco.
Febbraio 9th, 2010 at 6:07 pm
Doc, la tua interpretazione della pantomima ti fa onore. Tu pensi ad una allegra congrega di persone che, sinceramente, senza aver mai neppure dubitato di star facendo coglionate spacciate per insegnamenti religiosi, ha rivestito quel povero veicolo con le sottane attuali. Da mal fidente qual sono, penso che vi siano sì eccezioni ad un semplice andazzo ciabattoso e sciatto (in senso religioso e con tutto il rispetto, naturalmente), ma che siano proprio eccezioni.
Febbraio 9th, 2010 at 6:22 pm
>sei un bestemmiatore
“Se Giove stanchi ‘l suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
onde l’ultimo dì percosso fui;
o s’elli stanchi li altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
chiamando: Buon Vulcano, aiuta, aiuta!,
sì com’el fece a la pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza,
non ne potrebbe aver vendetta allegra”.
(Chi era già? Alan Lasting, se non erro per una selva oscura…)
Febbraio 9th, 2010 at 6:27 pm
A mym. Nessun onore, sai che so essere malizioso Q.B. Ma tu m’insegni <<...persino in quel tempo (del crollo della buona dottrina), Subuthi, ci saranno Bodhisattva dotati di buona condotta, di qualità virtuose, dotati di sapienza e che...comprenderanno la verità (di questo sutra)>>.
Parola di vèrita. Osi tu dubitare?! :-\
Febbraio 9th, 2010 at 6:38 pm
Lo sventurato rispose: sì.
Febbraio 9th, 2010 at 6:42 pm
(22): abbi pazienza dr/Alan, ma non ci capisco un’acca. Muta, naturalmente.
Febbraio 9th, 2010 at 7:18 pm
sono le parole del bestemmiatore Capaneo all’inferno: “Scagliami pure addosso tutti i fulmini che vuoi, io non mollo!”
😀
Febbraio 9th, 2010 at 8:40 pm
Fulmini finiti, va bene qualche accendino?
Febbraio 9th, 2010 at 9:10 pm
L’accendino non servirebbe, perché, in perfeto Nagarjuna-pensiero…
Questa non è una pipa.
http://www.artsci.lsu.edu/phil/philo/fs_Magritte_Pipe.jpg
Febbraio 9th, 2010 at 9:12 pm
Già. Il “problema” è ben posto, ma la strada è ancora lunga. Minimo minimo occorre fare un altro paio di passi: una domanda e una qualche risposta.
Febbraio 9th, 2010 at 9:15 pm
Quando ho incontrato lo zen, non ho incontrato solo una pratica ma anche un modello interpretativo di me,della realtà, della vita.
Stare davanti al muro è stare davanti alla vita che accade, essere vita che accade: la portata di questa affermazione la si comprende solo nel tempo,
man mano che i processi interiori accadono lo sguardo cambia, si fa più profondo e meno condizionato.
Ci sono molti passaggi, molte stagioni nella vita di comprensione di una persona la quale si afferra, lungo il cammino, a molte “verità” transitorie.
In fondo non è altro che l’incontrare modelli interpretativi di sé e della realtà, accoglierli o respingerli, calarvisi dentro e sviscerarli, o lasciarsi appena sfiorare.
Ciò che si presenta nel nostro quotidiano viene interpretato alla luce del paradigma dentro al quale ci si sta calando: quel paradigma offre degli strumenti di lettura di sé e se si ha ancora bisogno di una definizione della propria identità, si piegherà il paradigma alla propria necessità; se si sta coltivando un abbandono radicale si utilizzeranno gli aspetti del paradigma che sono utili per quella fase.
Un paradigma è sempre abbastanza vasto ed elaborato da poter corrispondere alle esigenze della persona sia quando questa si stà edificando come individuo, sia quando va verso la scomparsa del suo esserci distinto e separato. Che allora esistano forme, pratiche, simboli, riti, concetti e filosofie, psicologie e teologie, libri sacri e libri profani, ruoli e funzioni, è nelle cose.
La vita delle persone è costituita di tutto questo e a questo esse sono più o meno attaccate, più o meno identificate: possono farne a meno?
Può fare a meno il bambino del suo corpo bambino? Può fare a meno l’adolescente della sua psiche adolescente? Posso farne a meno io? Ogni giorno mi misuro con un perdere, un lasciare andare; ogni giorno osservo parti di quell’uomo che è stato che scompaiono ed osservo ciò che resiste.
E’ possibile un paradigma che proponga solo la resa e l’abbandono? Direi proprio di si, ma sarà utilizzato da persone che sono in un divenire, che da un lato hanno necessità identificative di sé e dall’altro vivono questa necessità di togliere: quelle persone si attaccheranno a qualcosa, anche nel niente, e attraverso l’insegnamento che il loro attaccamento produrrà avranno una occasione per andare oltre.
Passaggio dopo passaggio, quello sguardo presente sulla realtà, quel continuo lasciar andare, diventano un consapevole lasciar andare l’interpretazione che noi diamo del reale. Ma se muore l’interpretazione, muore l’individuo: quando c’è solo l’accadere e nulla viene aggiunto alla realtà, allora e solo allora, esiste soltanto quel che è.
Credo che la via sia questo incedere di interpretazione in interpretazione finchè, dentro di te, sorge un silenzio, accompagnato da uno stupore: ti rendi conto che sulla vita che accade non hai più niente da aggiungere.
Chiaro che a questo punto non c’è più colui che si interpreta come il discepolo, come il monaco, come il maestro: scompaiono i gesti, i riti, le vesti, i libri, le parole.
Altrettanto chiaro che quegli occhi non vedono più alcuna via, alcuno zen, alcuna pratica.
Che cosa rimane?
La vita.
Febbraio 10th, 2010 at 11:21 am
Direi che così è più che sufficiente. Però c’è un però. Da sempre, per vocazione e per inevitabilità, la Stella si propone (anche) come indirizzo generale. Per cui non solo per ciò che è sufficiente ma per ciò che esubera. Ed esubera di modo che il gioco continui. Se non avanza non basta, dicono nelle Marche… Per usare la metafora proposta da doc, una volta che tutti i re sono nudi, se voglio che il gioco continui servirà comunque una bandiera da sventolare (“Hei! Siamo qui!”) e una forma di comunicazione (non finalizzata ad una lettura della realtà, alla definizione di identità ecc.) affinché il gioco riproduca se stesso. Qui la “cosa” si fa molto difficile: tutti son chiamati a collaborare, non è alla portata di tutti.
Febbraio 10th, 2010 at 7:26 pm
Appunto. Il re nudo è pure invisibile, se nudo è davvero, perché è re di niente, un niente di re. Ma nulla vale occuparsi del niente, per cui, per inevitabile vocazione, ecco che ci riguarda il resto di niente (l’avanzo di cui parla mym). Cercasi dunque una sottoveste per il re, magari trasparente il più possibile, facile da mettere e da togliere, ma pur sempre (ri)conoscibile come abito (con tutte le implicazioni etimologiche). Roba da sarti sopraffini: qui comincia l’avventura…
Febbraio 10th, 2010 at 8:28 pm
Ciao Nudelook, in effetti il gioco è aperto e tale dovrebbe restare. Il primo che dice “è così” è il primo da spogliare. Se sotto al vestito si troverà qualcuno sarà nuovamente nudo.
Febbraio 10th, 2010 at 10:32 pm
Buongiorno! Intervengo in merito al tema della cucitura dell’O-kesa, sperando che il mio commento non arrivi troppo tardi, essendo rimasta per alcuni giorni senza connessione a Internet. Vedo che la discussione ha preso pieghe e risvolti inaspettati, ma, se permettete, desidererei tornare all’argomento della cucitura dell’O-kesa.
Ringrazio molto mym per l’interessante documento – che, combinazione, ho letto rientrando a casa dopo una giornata di cucitura al nostro dojo – e sono d’accordo su gran parte delle sue affermazioni; anche perché non sarebbe ragionevolmente possibile affermare il contrario.
Mi ha lasciata, invece, alquanto perplessa l’ultima, e cioè l’invito a cucirsi da soli la propria veste, avvalendosi di indicazioni ricavate dal web. È vero, il Buddha si è cucito da solo la propria veste, ma era solo anche durante la meditazione sotto l’albero della bodhi, e nei nostri centri s’insegna che lo zazen è una pratica individuale, ma che è bene, almeno di tant’in tanto, sedersi insieme ad altri. Anche la cucitura dell’O-kesa è una pratica, e le sue modalità vanno al di là delle culture che ha attraversato in due millenni e mezzo di storia; da tutte ha assorbito qualcosa, e sicuramente col tempo sarà influenzata anche da noi. Per esempio, noi non cuciamo in seizà nel dojo (com’è normale in Giappone), ma seduti sulle sedie a un tavolo, e questo è già un primo apporto.
L’idea, poi, di mettersi davanti a un video per avere indicazioni su come cucire, mi sembra davvero peregrina! Nel momento in cui ci sono persone che apprezzano questa pratica, e trovano qualcuno, un amico/a, che abbia già esperienza in merito, perché dovrebbe essere “esibizione”, “vanto” riunirsi per praticare insieme? Non è meglio avere a che fare con persone, piuttosto che continuare ad alimentare il nostro solipsismo epocale, limitandoci a confrontarci con un computer?
Certo, quanto sto dicendo riguarda essenzialmente la cucitura degli O-kesa, non l’uso dei kimono e dei koromo – che, sono d’accordo, per l’occidente andrebbe riconsiderato -. Ma anche in questo caso, come pure per il codice cromatico tradizionale degli O-kesa, ritengo che sarebbe utile una decisione che riguardi tutti i centri dello Zen Soto occidentali, o perlomeno europei.
So che mi sto rivolgendo a un pubblico di praticanti, molto sinceri e determinati, ma perlopiù convinti che il microgruppo sia assolutamente preferibile ai grandi centri e alle istituzioni inglobanti e, quindi, condizionanti; in parte concordo, purché, però, non si cada nell’individualismo a tutti i costi. Ora, fermo restando il principio di base secondo cui, come scrive mym: “Nella pratica dello zazen cariche e titoli, ordinazioni e paramenti colorati sono pesanti ostacoli. Nel percorrere la via dello zen, per praticare sereni e riservati, occorrono solamente un cuscino, buona volontà e qualche buon amico”, non ci si può nascondere il fatto che lo zen in occidente sia ormai costellato di tantissime e variegate realtà, e che tra queste realtà ci siano sempre più occasioni di scambio e conoscenza, che è spesso motivo di arricchimento reciproco. Adottare, quindi, un codice comune, non mi sembra né negativo, né secondario.
Che, poi, la mente umana si attacchi a qualsiasi cosa, anche a “cariche”, “titoli”, “ordinazioni” e “paramenti” – ma non solo, anche l’essere “contro” o “alternativo” a tutti i costi è della stessa natura – per distinguersi e autoaffermarsi, è un dato di fatto. Ciascun praticante può riconoscere nel proprio percorso fasi in cui è rimasto sviato da tali o simili abbagli, e per rientrare nel “retto intendimento” il rapporto con maestri/insegnanti/anziani/buoni amici esperti, o che dir si voglia, è molto importante.
Febbraio 11th, 2010 at 8:06 am
Avvolto nel mio mantello di stelle esco dal 1904..(Per la serie ‘vacanze’ romane:7 days without thecnology;).Chi ha poca dimestichezza con il platonismo non capisce la ‘speculazione’ mondiale sul concetto di Dio (specie se non legge l’Anticristo). Nobilitare Dio affermando che non esiste è cosa inconsulta ed asiatica. La teologia occidentale – a parte quella ufficiale – inchioda il concetto alle sue responsabilità: Dio ben meritava l’esistenza e l’esistenza ben meritava Dio.
Febbraio 11th, 2010 at 8:09 am
L’intuizione istantanea o satori è un lampo improvviso.Penetrare intellettualmente la dottrina del Buddha non è l’importante:l’’illuminazione’ è un fatto personale.Il punto è la ‘ragione sociale’ dei centri che esistono solo in quanto soggetti di diritto e titolari di interessi(economici). Insomma senza un’attività commerciale non c’è ‘vita’ .In termini più rigorosi: il codice civile fascista del 1942 non consente il riconoscimento normativo di una dimensione sociale capace di produrre servizi e prestazioni di “benessere” finanziariamente insostenibili dallo Stato(l’art. 3,co.II della Cost. è lettera morta).Assodato che questi “corpi intermedi” abbisognano di organizzazioni gerarchiche e pantomime quid iuris quando vengono gestiti in modo irrazionale e poco trasparente?Non è che il buddismo è in crisi piuttosto è lo stato di diritto in putrescenza.
Febbraio 11th, 2010 at 8:10 am
Il buddismo è inconciliabile con la dimensione dell’io. Se si accetta che L.S.D. e i Beatles hanno avuto un ruolo determinante per il successo del buddismo in Occidente converrete che il dibattito sulla tossicofilia è insulso e fuorviante. Povero amico Morgan..Se Baudelaire è il poeta del male io sono un santo..
Febbraio 11th, 2010 at 11:03 am
Cara Chiara (34), grazie per il tuo commento articolato. Sono ben lieto se laddove qualcuno abbia deciso di vestirsi da Buddha approfitti, per confezionarsi la veste, di un gruppo che pratica la cucitura. Qui mi esprimo via web e questo strumento ho usato. Riguardo invece a “in questo caso, come pure per il codice cromatico tradizionale degli O-kesa, ritengo che sarebbe utile una decisione che riguardi tutti i centri dello Zen Soto occidentali, o perlomeno europei” diciamo che saremmo d’accapo. Oppure, forse, che Chiara non ha compreso la “portata” del mio discorso.
Febbraio 11th, 2010 at 11:26 am
Ciao Homosex, arrivi a ondate, tu… Me ne corre di puntualizzare il tuo 35: l’Asia non professa la negazione del Nostro, diciamo che si occupa d’altro. Riguardo poi al Suo meritarsi o meno l’esistenza questo è uno dei classici problemi di cui noi, per una volta filo-asiatici, non ci occupiamo. Riguardo al 36 sono totalmente d’accordo, al rovescio: ritengo che satori, illuminazioni et alia siano così poco importanti che di quelle si potrebbe far commercio istituendo autorità che certifichino e asseverino, maestri che insegnino ecc. Lascerei quindi la ragione sociale dei “centri” libera da tale ingombrante incombenza, epperciò semplificando la loro attività alla pratica dello zazen, allo studio dei testi ed al sostegno reciproco. Il 37 è malandrino ma, riassumendo, consiglio vivamente di non far uso di droghe, qualsiasi sia la “carriera” che si intenda intraprendere.
Febbraio 11th, 2010 at 11:57 am
Lo noto ora: se, come dice Chiara (34), siete “perlopiù convinti che il microgruppo sia assolutamente preferibile ai grandi centri” be’, ragazzi-ragazze, siete una banda di pisquani. Con tutto il rispetto, naturalmente.
Febbraio 12th, 2010 at 9:47 pm
A proposito di paramenti. Che differenza fa se uno si siede in zazen a piedi nudi o con le calze di lana? Bisogna per forza gelarsi per essere dei buoni praticanti?
Febbraio 13th, 2010 at 3:13 am
Ciao mym,mi piace il surf..I Paradisi artificiali di C.B. sono una apologia del vino(non degli ubriaconi).Il giudizio sulle droghe è netto.Pesco a caso: “l’hascisc è inutile e pericoloso”(Garzanti 2000 pag.43).Che la droga faccia male non c’è nemmeno bisogno di dirlo; è un tipico enunciato della responsabilità che non serve a niente..
Febbraio 13th, 2010 at 3:14 am
.”La storia intima dell’uomo è fondata sulla successione degli stupefacenti” – è un tipico enunciato dell’irresponsabilità che spiega l’allucinato secolo XX e getta la luce sulla demenziale cultura europea di oggi.Tuttavia C.B. si ingannò quando affermava che il male è il limite oltrepassato il quale non si crede più a niente.Io preferisco dire che il mondo ci è contro, ma questa è un’altra storia..
Febbraio 13th, 2010 at 3:15 am
Dunque se l’illuminazione non vale 2 lire non la commercio;una decorosa ragione sociale sarebbe, esemplificando, una economia solidale che parta dal basso – per dire. “E mò chi jo spiega ar prete er concetto de upaya?”. I sempiterni principi costituzionali non si attuano perché l’ordinamento non da una risposta positiva alle nuove forme di bisogno sociale generate dall’evoluzione socioeconomica.Per essere criptici: IL LIBERISMO HA I GIORNI CONTATI e i cinesi sono comunisti (Però ‘noi’ lo sappiamo).
Febbraio 13th, 2010 at 3:18 am
Ho capito! Ogni X commenti ZZZANG TUMB TUMB ammutinamento di cento echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infiniiiiito dal centro di quel zzzang tumb tumb spiaccicato (ampiezza 10 cmq circa) tagli pugni batterie tiro rapido Violenza ferocia re-go-la-ri-tà strani folli agitatissimi acuti della battaglia Vedi Probabilmente me la pratico la poesia, in ogni caso, praticamente così: anch’io sogno di sprofondarmi dentro un assoluto anonimato,:(e questo significa,credo, nel profondo, che io sogno assolutamente di morire,):
Febbraio 13th, 2010 at 11:29 am
Uiiiii, ciao Isabela, ben tornata. Quel “batterie tiro rapido” mi ha riportato alla gioventù. Chissà dove hai “fatto” il militare, tu. Un militare se lo son fatto quasi tutti… Ogni X commenti, dici. Secondo me è più complesso, ma se hai ragione son contento.
Febbraio 14th, 2010 at 11:22 am
Homosex, non è che ci sia propriamente un tema, me se tu e Isabela continuate ad andar per le fresche frasche vi censuro. Augh
Febbraio 14th, 2010 at 11:28 am
Ciao Cristina (41), in realtà non lo so perché sia “meglio” sedersi senza calze. Io (e non sono il solo) mi trovo meglio, ma questo non basta, penso. Si può arguire che da quando il Buddha ha asseverato quella posizione (a piedi nudi, comunque) la cosa ha immediatamente iniziato a decadere. Tra le poche cose a cui possiamo rimanere aggrappati in questo continuo processo di decadenza vi è la forma. Tuttavia occorre notare che, normalmente, quando ci si siede a gambe incrociate non accade che i piedi si freddino anche quando la temperatura è bassa.
Febbraio 14th, 2010 at 12:28 pm
Se dal relativismo passiamo alla relatività possiamo incontrare qualche “punto fermo”(48):la postura e il significare, la domanda sempre aperta, come dimensioni della pratica in cui ci riconosciamo.
Tra negare e affermare c’è, penso, l’esserci della nostra pratica.
Chiedo al “maestro”-guida-esperto-responsabile del sito-..:avvicinarsi al buddismo, riconoscersi nel buddismo(o almeno in questa forma di pratica “religiosa”)non è, come ogni domandare, già ri-conoscere?
In questo processo esistenziale in cui nessuno possiede Verità, possiamo individuare almeno un rapporto con l’errare e con l’errore.
In questo procedere c’è “l’esperto” dell’errare,cioè colui che ha già fatto un sacco di errori.
Riconoscere “l’esperto” non è beatificarlo, ma riconoscere il senso di un certo percorrere.
Concludo: non è un problema di titoli (qualche parola per capirci la dobbiamo pur usare), ma di universalità del significato (significare) nel buddismo; tradotto: lo sotozen ufficiale sà “che cosa vuole”, “dove stà seduto”?
Tra anarchia e diplomificio mi sembrava esserci quel “mani vuote” e “ritorno al paese natio”, almeno credevo di averlo riconosciuto in qualcuno..
Febbraio 14th, 2010 at 12:30 pm
Ciao Dario. Provo a rispondere alla tua domanda. Direi che se è un ri-conoscere allora possiamo fare a meno di usare il termine buddismo. Postura e domanda aperta. Contro chiacchiere e distintivo, se mi si consente.
Febbraio 14th, 2010 at 1:58 pm
La mannaia del censore ha eliminato ben tre commenti (Homosex e Isabela). Quando ce vo’ ce vo’, diceva (in maghadi) pure il Buddha..
Febbraio 14th, 2010 at 3:54 pm
Non è che ‘sti signori della Laicità usano il buddismo per tirare acqua al proprio mulino? Che poi è l’atteggiamento “uguale e inverso” a quello di coloro che strumentalizzano la religione per i propri scopi.
Ho comunque la fondata speranza che Jiso e Doc non dimentichino a casa i guantoni da boxe.
Febbraio 14th, 2010 at 5:12 pm
Caro Mym,
intervengo ancora nell’agone (anche se, a quanto vedo, viaggia per plaghe che esulano completamente dall’argomento iniziale) per chiarire un probabile equivoco.
Non ho capito la battuta:
“… se, come dice Chiara (34), siete “perlopiù convinti che il microgruppo sia assolutamente preferibile ai grandi centri” be’, ragazzi-ragazze, siete una banda di pisquani. Con tutto il rispetto, naturalmente.”
Se, come temo, intendevi che da parte mia ci fossero intenti sarcastici o denigratori, tengo a precisare che non è così. Semplicemente, volevo dire che in un piccolo gruppo di praticanti che non ha, e non vuole avere, rapporti con altri gruppi e, tanto meno, istituzioni “superiori”, è ovvio che se uno di loro vuole dedicarsi alla pratica della cucitura, userà la stoffa che riterrà più opportuna (anche verde a pallini viola, se troverà una partita di stracci siffatti sulla strada del cimitero … ). In centri più grandi, invece, e in rapporti con altri centri e istituzioni, se l’intendimento è che il codice cromatico tradizionale non abbia ragion d’essere, e che il ruolo all’interno del sangha (ristretto o allargato) di ogni praticante non debba essere manifestato dal colore dell’O-kesa che indossa, mi va benissimo, purché sia una decisione unitaria. Altrimenti, diventa fonte di continui fraintendimenti, commenti, discussioni, e finisce per assumere un’importanza esagerata, che non è proprio il caso che abbia. Piuttosto, è meglio mantenere la situazione attuale.
Febbraio 14th, 2010 at 5:27 pm
Può essere, in ogni caso si darà una mano al mulino ospitante, se poi, a cose fatte, il mulino cigolerà da tutte le parti… be’, non tutti son mugnai.
Febbraio 14th, 2010 at 5:33 pm
Ciao Chiara, confesso che mi cogli impreparato, ci penserò.
Febbraio 14th, 2010 at 5:37 pm
Caro Mauricio, grazie del contatto che continui a mantenere con tutti noi. Non so bene chi siamo ma so che tu continui a mantenere i contatti e mi sembra una cosa bella.
Ora mi è venuta una perplessità che sicuramente tu saprai chiarire. In quella deliziosa paginetta sui Mandarini, mi sembrava di aver capito che chi segue lo zen non ambisce, né cerca, né ha motivo di avere cariche di alcun tipo. Allora (mi riferisco al post in home oggi, 14 febbr. ed alla mail inviata alla mail list della Stella) che senso ha “Direttore dell’Ufficio Europeo del Buddismo Soto Zen di Parigi”? Ovvero “Direttore responsabile di”? Grazie delle spiegazioni che saranno sicuramente esaurienti.
Renata
Febbraio 14th, 2010 at 5:45 pm
Ciao Renata, benvenuta. Neanch’io so bene chi siano quelli a cui mi indirizzo con la mail list della Stella: ho trovato negli archivi della Stella un tot di indirizzi (circa 300 inizialmente, ora più o meno 230) ed uso quelli sperando di non disturbare.
Il senso di Direttore ecc. a Parigi potresti chiederlo direttamente a Jiso però posso risponderti in quanto “Direttore responsabile della Stella, Kokusai fukyosi (insegnante diffusore) del soto zen, monaco con il rango (kyoshi) di insegnante ecc. ecc.”: non c’è uno di questi titoli che abbia voluto, cercato ma sono tutti appioppati o d’autorità o perché “tocca a te, per cui… pedalare”. Il problema non è il titolo ma il rapporto col medesimo. Se stai cercando il modo di liberartene allora sei la persona adatta a portarlo. In questo caso, però, un titolo non è un rango o uno status, bensì una funzione.
Febbraio 14th, 2010 at 9:05 pm
E poi, vogliamo trovare il coraggio di dirlo una volta per tutte? Sono meglio i mandaranci.
Febbraio 15th, 2010 at 12:27 pm
Approfitto dell’occasione per posizionarmi rispetto alla nota di dr e nel contempo rispondere a Renata che in pantomima2, blog al quale non partecipo, chiede chiarimenti sul senso dei titoli e delle cariche esibite da chi si dice cercatore sulla via dello zen. Nel preparare la traccia per la prossima conferenza di Torino mi mantengo in una posizione che potrei riassumere con “né laicità né religione” proprio per non fornire alibi agli opposti estremismi basati su una separazione secondo me fittizia degli ambiti. Ma lasciamo un po’ di suspense ai dodici astanti prevedibili alla conferenza medesima. Per quanto riguarda titoli e cariche, il problema è dell’uso che se ne fa (se ne cerca di fare) non del loro valore intrinseco che è appunto nullo. Io posso accettare un ruolo che mi viene proposto (è stato il mio caso particolare) o perché le circostanze me lo impongono, o perché valuto che c’è la possibilità di svolgerlo come una forma del mio essere un cercatore sulla via dello zen, o per un insieme di entrambe le cose. Altra cose è cercare il titolo o la cariche pensando che sia essa a valorizzare la mia pratica o a nobilitare la mia umana condizione. Sarà poi la vita vissuta a mostrare la linearità del mio comportamento pubblico da tutti giudicabile. Quanto all’esibire, nel momento in cui mi espongo a parlare in una conferenza (cosa in sé certo criticabile) ritengo utile abbinare al nome della persona ai più sconosciuta la specifica del lavoro che attualmente svolge, nel mio caso quello di direttore ecc… Aggiungo che le considerazioni personali di mym sono, mutatis mutandis, valide anche nel mio caso.
Febbraio 16th, 2010 at 6:45 pm
A proposito di laicità, mi è capitato oggi di “dover” scrivere la seguente email:
Gent. sig.ra [XXX]
sono un collaboratore e correttore di bozze del [settimanale cattolico su cui Lei scrive]. Ho appena avuto sotto gli occhi il suo articolo relativo ai dati Istat, dove mi ha particolarmente colpito il senso di orrore e di allarme che trasuda nei confronti del matrimonio “solo” civile.
Personalmente sono sposato “solo” in Comune. Ma molti mesi fa, durante le polemiche contro Pacs, Dico ecc., lo slogan che i buoni cattolici sbandieravano non era del tipo: “Le coppie sposate civilmente sono nostre alleate”?
Trovo un po’ pesante da sopportare questo atteggiamento “cristiano” che “usa” le persone quando “servono”, e le disprezza quando non servono più. Lo so, la cosa “più accettabile” sarebbe fare la messinscena ipocrita del rito in chiesa, con i fiori e tutto quanto, come fanno in molti.
Lo dico in questo momento a lei, ma vari giornalisti del [medesimo settimanale] manifestano lo stesso tipo di posizione.
Cordiali saluti.
Febbraio 16th, 2010 at 6:51 pm
Sei sposato? Aaaah, eccolo lì il divorzista impenitente… Perché? L’altro dì incontro un mio collega, due figli piccoli, parlando scopro che non è sposato con la donna con cui si accompagna. Stupito, gli chiedo perché e mi risponde: “Perché sono contro il divorzio. E siccome il matrimonio è la prima causa di divorzio nel mondo…”.
Ma ancora non sappiamo se lo zen sia una religione.
Febbraio 16th, 2010 at 7:09 pm
Se la religione è “quella roba là, cfr n. 4″ opterei per lasciar perdere.
Febbraio 16th, 2010 at 7:24 pm
Cara Chiara, ci ho pensato e provo a risponderti (52-53): se qualcuno, per conto proprio, decide di cucirsi una veste, un manto, penso possa farlo in libertà. Se per imparare a cucire intende rivolgersi a un gruppo che pratica la cucitura, all’interno di quel gruppo rispetterà le indicazioni che riceverà. Se poi, dopo aver imparato a cucire, pur avendo appreso le regole dei colori secondo quel gruppo, vorrà usare altri colori, suppongo che possa farlo in libertà. La veste del Buddha non ha un colore particolare.
Febbraio 16th, 2010 at 10:15 pm
Per correttezza, ecco la risposta ricevuta a proposito del matrimonio civile.
Con un divertente rebus: a scrivere l’articolo non era una certa M.M., ma “un” certo M.M., che a sua volta scriveva su richiesta di un altro M.M.
Comunque, il testo qui sotto è opera di un prete, peraltro tipo in gamba e simpatico:
>Ciao D.,
l’articolo che tu citi non è opera mia, bensì di un
collaboratore della nostra redazione diocesana che con me
condivide le iniziali. Dopo la tua mail l’ho riletto
attentamente e ti dirò che non vi ho notato
l’”orrore” e l’”allarme” che vi hai notato tu.
C’è forse un punto esclamativo, a poter dare questa
impressione, ma esso è dovuto unicamente allo stupore per
un dato (quello relativo al comune di Sangiustino) che non
può non colpire chi conosce bene la nostra realtà
locale. Ma esso non significa assolutamente giudizio, mi
sento di assicurarlo perché conosco molto bene l’autore
dell’articolo, persona assolutamente equilibrata e aliena
dai giudizi verso chicchessia. Tra l’altro è
testimonianza di questo il fatto che lo stesso autore
affermi che le motivazioni per la scelta del matrimonio
civile possono essere le più disparate.
Detto questo, posso dirti che personalmente mi guardo bene
dal giudicare chi sceglie il matrimonio civile, scelta che
reputo anzi a volte encomiabile e segno di quella coerenza
che a troppo spesso manca in chi sceglie il matrimonio
religioso esclusivamente per ragioni “di facciata”.
Un caro saluto
Febbraio 18th, 2010 at 7:04 pm
[…] da molti l'ultimo mistico della Chiesa Cattolica. In lui, e nei suoi innumerevoli richiami alle filosofie orientali, credo di aver trovato una sintesi interessante. Non ho mai affrontato questi temi con codino e […]
Febbraio 19th, 2010 at 2:01 pm
Ho iniziato a leggere il libro ieri e come tutti gli altri di mym è veramente notevole. Mi riservo un commento e una recensione critica una volta finito il testo. Per ora mi limito a segnalare qui eventuali errori, refusi ecc. Un primo che mi è subito balzato all’occhio e che mi pare ricorra in tutto il testo (e anche nella bibliografia) è la citazione scorretta del titolo del volume di Peter Gregory, “Tsung-mi and the sinification of Buddhism”, che nel testo diventa “Tsung-mi and the signification of Buddhism”. Probabilmente è dovuto al correttore automatico di Word, lo stesso che mi corregge sempre Mondadori in Montatori. 🙂
Febbraio 19th, 2010 at 4:34 pm
A me sembra che di definizioni di “religione” ce ne siano almeno un miliardo, così come di “laicità” (ben diversa ad es. quella di Odifreddi rispetto a quella di Pera). E’ quindi necessaria la chiarificazione di quale “gioco linguistico” si stia praticando. Il mio prevede che mi definisca del tutto laico e che la laicità dello stato sia una delle garazie della coesistenza pacifica delle varie fedi religiose al suo interno.
Febbraio 19th, 2010 at 6:59 pm
Ciao Vice, benvenuto. Grazie per l’apprezzamento e la segnalazione, non ricordo se fu l’automatico o meno: lo metto in elenco tra quelli da correggere. Per quanto si faccia attenzione è impossibile sfuggire al refuso in testi lunghi. Se ne hai altri: grazie. Alcuni li ho trovati ed elencati qui
Febbraio 19th, 2010 at 7:12 pm
Sì, in via di massima, concordo. Il gioco era … la classica pietra nello stagno. Perché del miliardo di definizioni per pigrizia e indottrinamento per lo più se ne usa una sola. Rifletterci un momento non può fare che bene.
Febbraio 20th, 2010 at 12:06 pm
@JF
No,no e 3 volte no!Il titolo serve per individuare il responsabile silicet il ‘colpevole’ che risponde alla legge per le malefatte commesse nell’esercizio della sua funzione (in teoria). In pratica lo ‘stipendio’ valorizza la via perché annulla le contraddizioni e fonda il rapporto con il mondo sulla disperazione pura. Criticabile lo spreco di risorse per conferenze da 12 astanti:la rete ha un maggiore bacino di utenza.A che serve il pathos se la stanza è vuota?
Febbraio 20th, 2010 at 12:07 pm
@ Dr
I matrimoni sono in crisi perché la famiglia fondata sull’amore è una novità degli ultimi 50 anni.In mancanza di educazione sentimentale unire per sempre due analfabeti emotivi è sadico.Forse che la chiesa va in visibilio per le opposizioni tragiche dei sessi? Chi conosce il matrimonio sa che non c’è opposizione tra castità e sensualità.PS.Mi sembra di stare alla RAI..e nn mi piace la crudeltà che riservate al vostro pubblico più giovane;il divorzista che in me pensa già alla barca..
Febbraio 20th, 2010 at 12:39 pm
“In mancanza di educazione sentimentale unire per sempre due analfabeti emotivi è sadico”, aggiungerei: criminale. Mi sfugge il nesso con la barca, e pazienza. Più mi interessa capire dov’è la crudeltà verso i giovini. Se anche volessi incrementare non saprei dove aumentare la pressione…
Febbraio 21st, 2010 at 8:04 pm
Ciao mym, grazie a te. Non preoccuparti, avendo anche fatto il correttore di bozze so bene cosa vuol dire lasciarsi scappare un refuso. Ne ho cannati di mitici. 🙂
Proseguo intanto qui la segnalazione delle sviste che non mi pare siano incluse in quelle da te trovate. A pagina 205, nota 40, il cognome dell’autore del volume “The Origins and Development of Pure Land Buddhism”, Mark L. Blum, è erroneamente scritto “Bloom”. Per altro Blum non è il solo autore di questo volume, ma il suo curatore, cosa che forse sarebbe utile segnalare al lettore.
Febbraio 21st, 2010 at 8:43 pm
Sono contrario.
Non si erano “aboliti” i Centri? A maggior ragione altri tipi di associazione…
Febbraio 21st, 2010 at 8:52 pm
Naaa, qui non si tratta di “centri”, si tratta di ciacole: la storia l’è béla, ‘l fa piasì cuntéla…
Febbraio 21st, 2010 at 9:04 pm
… votü chi ‘t ‘la cunta?
– No!
– Dövi nen dì “no”, perché la storia l’è bela…
Febbraio 22nd, 2010 at 2:45 am
Sono andato a sfogliare il libro di Mark Blum e correggo la mia ultima affermazione: Blum è il solo curatore (editor) dell’opera, la quale consiste in una traduzione del “Jodo homon genrusho” di Gyonen (1240-1321) preceduta da un ampio studio di Blum e seguita in appendice dal facsimile della xilografia del 1814 che riproduce il testo originale dell’opera. Come non detto.
Febbraio 22nd, 2010 at 5:45 pm
Risposte continuano ad arrivarmi via mail. Grazie a tutti. Tra qualche giorno tiriamo le fila.
Febbraio 22nd, 2010 at 7:17 pm
cari tutti, mi è difficile dare una risposta secca. l’associazione mi sembra che abbia un impegno sociale e culturale interessante. quale lo scopo per La Stella? chi seguirà e terrà i contatti? mettere una firma non è difficile, è difficile, poi, coinvolgersi nella gestione. ed io sono già così latitante con La stella…..
Febbraio 22nd, 2010 at 7:19 pm
Ciao Billibello, sì hai ragione, mancano questi elementi. La richiesta di parere riguarda la consulta torinese perché è a Torino che è avvenuto il contatto tramite la conferenza di Jiso (che al momento non fa parte della Stella: conferenzava come invitato dal gruppo di Torino). Se la Stella aderisce apparirà sì nell’elenco delle associazioni aderenti ma, concretamente, saranno i baldi giovani (insomma, lo spirito non invecchia, no?) del gruppo di Torino (che hanno organizzato la conferenza) ad occuparsi dei rapporti (partecipazione alle assemblee canoniche) e delle attività. Attività che sino ad ora la Consulta ha sviluppato come convegni, conferenze (come quella del nostro non più nostro) e simili. La partecipazione a tali attività sarebbe funzione e responsabilità dei torinesi, coordinandosi con la Stella, ovvero con me, visto che la Stella è il loro referente. Se non è chiaro dimmi. Ciao, mym-
Febbraio 22nd, 2010 at 7:38 pm
Convengo con bilibello. Anche io trovo estremamente interessante l’impegno culturale e sociale dell’associazione mentre non mi è chiaro che cosa si richieda all’impegno personale
Febbraio 22nd, 2010 at 8:00 pm
L’impegno personale, come spiegavo a Billibello, sarebbe privilegio dei torinesi, a meno che non ci siano proposte di associarsi con qualche altra consulta… al che: ci consulteremo prima.
Febbraio 22nd, 2010 at 8:38 pm
Bene in linea di principio:la laicità come spazio della biodiversità… anche se andrà riconsiderata nel momento della sua applicazione pratica, laddove oggi mostra i suoi limiti. ciao
Febbraio 22nd, 2010 at 9:53 pm
Che strano. Quando ho scritto, la risposta a Billibello non era ancora comparsa. Doppie grazie per il chiarimento.
Febbraio 23rd, 2010 at 11:12 am
Be’, tra i privilegi di chi ha l’onere di occuparsi del “traffico” dei commenti c’è anche la disponibilità del tempo, quello on line of course. Prego.
Febbraio 24th, 2010 at 6:19 pm
grazie per i chiarimenti, Yushin. mi sembra che non ci sia niente che impedisca l’adesione.
domani vado alla sesshin a Casaprota. per caso sarai dei nostri?
Febbraio 24th, 2010 at 6:21 pm
Prego. No, nessuno, sniff sniff, mi invita mai ai/alle sesshin… 🙁
In ogni caso per lunga pezza sarò dai movimenti limitati: sono iniziate le lezioni del nuovo anno accademico.
Febbraio 25th, 2010 at 8:33 pm
Pagina 238, nota 28, la citazione della sinologa Anne Cheng riporta “teologica” anziché “teleologica”.
Febbraio 25th, 2010 at 10:16 pm
Un tema a latere, ma collegato. Un’associazione dal nome altisonante: ARRE – Associazione per il rispetto di tutte le religioni e la convivenza pacifica delle etnie culturali, ha scritto al ministro dell’Istruzione chiedendo l’abolizione della Divina Commedia dai curricola scolastici perché
(…) il testo di Dante contiene la prima teorizzazione dell’antisemitismo fascista, offende la religione cristiana, è omofoba, svilisce l’importanza di talune città…
Questi, o sono pisani o sono pazzi, ma a me queste cose preoccupano un pochino, perché sono fatte in nome dei “supremi valori” e badablì e badablà. Ecco il Male: insegnare alla gente a sentirsi “portavoce” della “salvezza dell’umanità”. Più sono “buoni”, più sono pericolosi.
Febbraio 26th, 2010 at 1:31 pm
Pagina 412, alla voce “Suzuki Shunryu” eliminare “34 n.”, perché in quella pagina si cita Suzuki Daisetsu.
Febbraio 26th, 2010 at 5:25 pm
Chi è senza peccato… Però, una visuale critica del modo di pensare di Dante, studiando Dante, sarebbe un buon approfondimento.
Dividere, invece, il mondo in laici e no-laici, con tutto il rispetto, è una scemenza. Il fatto è che non si possono dare wild card a nessuno. Né ai preti per decidere della mia e delle altrui vite, né ai “laici” per decidere che cosa possano o non possano fare i preti.
Febbraio 26th, 2010 at 5:50 pm
Pagina 256, riga 23, “alla più diverse inclinazioni” anziché “alle più diverse inclinazioni”.
Pagina 257, riga 3, sotituire il punto con una virgola.
Febbraio 26th, 2010 at 5:53 pm
>Però, una visuale critica del modo di pensare di Dante, studiando Dante, sarebbe un buon approfondimento
Mi pare che, nelle scuole di qualunque ordine e grado, nessuno presenti Dante come “un’autorità morale” di cui approvare tutte le scelte etiche, etniche e quant’altro. La sua “didattizzabilità” sta altrove, pare, no?
Comunque una interessante rilettura, piena di domande e dubbi moderni, della Divina Commedia è quella data da Go Nagai. Il tema verrà affrontato giovedì 4 marzo presso la Società Dante Alighieri di Perugia.
Infine, per tornare al tema della laicità: vale la pena rilevare che Dante è stato l’unico grande teologo “laico” (non prete) della storia della Chiesa occidentale dal Medioevo a oggi. Ok, nel XX secolo qualche altro nome di teologo laico c’è, ma senza minimamente il peso culturale di Dante.
Febbraio 26th, 2010 at 5:55 pm
Mi scuso mym, il mio pc fa le bizze. Cancella pure i doppioni.
Febbraio 26th, 2010 at 11:32 pm
Se partiamo dal sentimento del mappo si conviene che l’estetica buddhista altro non è che una fisiologia applicata. Fondare ‘un-movimento-per-la-giustizia’ sulla filosofia yuishiki è antieconomico perchè lo zen, ovvero la dottrina di chi agisce, è un’idea eretica per il buddismo. Un funzionario di religioni sta a un monaco (uno status) così come un burocrate sta a un marinaio.. Vivere per vivere è un fatto servile solo vivere per conoscere può essere ancora desiderabile. La ‘relazione pericolosa’ è allora quella che intercorre tra la sintassi e la paratassi e Dante non aiuta a sbrogliare la mente. In onore di Dante e in spregio al cristianesimo.
Febbraio 27th, 2010 at 1:03 am
Homosex, tu mangi tutti sti Baci Perugina, ed a me viene il mal di pancia! come sarà mai?! 😀
Febbraio 27th, 2010 at 8:34 am
Beh homosex è fedele al nome originale dei Baci Perugina, che era “cazzotti”.
dhr
corrispondente della “Stella del mattino” da Perugia
Febbraio 27th, 2010 at 11:27 am
Certo che Homosex ne sa appacchi di ‘sto buddismo. Anche se definire sentimento il mappo… Chissà come ha fatto a studiare tutte ‘ste giapponeserie, un infiltrato? Sulla paratassi… ci stiamo lavorando 😉
Febbraio 27th, 2010 at 1:15 pm
Scusate l’ignoranza…. Cos’è il “mappo”?
Febbraio 27th, 2010 at 3:06 pm
Grazie ragazzi!Finalmente qualcuno che ri-conosce le nobili e virili virtù del coraggio e della forza. Il sentimento di sfiducia nel futuro fiorisce in un clima generale di declino e decadenza dei valori ovvero durante gli “ultimi giorni della legge” c.d. mappo. Sebbene abbia vagonate di “cioccolatini” archiviati eccello nell’arte di maneggiare la katana e con la giacca gucci mi devo limitare a maneggiare il coltello – In effetti non so più di quello che sanno gli altri però lo so -.
Febbraio 27th, 2010 at 8:14 pm
Forse è per l’ambiguità della lingua italiana se il nodo laicità-religione non si scioglie;di certo anch’io voglio morire sabato,prima che il vento disperda questa fragile armonia – ROCK’N ROLL!
Kisses
Febbraio 28th, 2010 at 1:36 pm
L’equivalente coreano del chan, il “son”, in un paio di occasioni (p. 269 n. e 271 n.) è traslitterato “seon”. Questa variante appare anche nell’indice dei termini (p. 411) assieme a “son” (p. 412). Forse sarebbe meglio usare solo la seconda traslitterazione, per non ingenerare confusione.
Febbraio 28th, 2010 at 1:59 pm
Grande è l’essere
che non si ferma su questa sponda
né sull’altra
né su sponda alcuna.
“Più lieve legno [ = barca] convien che ti porti.”
Febbraio 28th, 2010 at 3:43 pm
Prego, guarda attentamente
colma d’esperienza
pregna di concetti
me ne ritorno nell’Uno
No, niente musica please.
Mi riapproprio dei rumori
e delle discrepanze
Il che significa
che la poesia non vale niente.
Ma questo disvalore,
la sua sostanza inferiore,
mi si impone furiosamente.
Febbraio 28th, 2010 at 3:44 pm
Compassione chiami poesia?
Chinarmi su te, accarezzarti
chiami poesia?
Ogni ‘ahimè’ chiami poesia?
Lasciarti il veleno nel sangue,
non l’anima che langue.
Il gioco delle spade:
uno dei due cade.
Chi ne è capace
è capace di poetisier.
Di fare a pezzi,
di fare a versi il Tutto.
Questo è tutto.
Febbraio 28th, 2010 at 7:46 pm
Rispondo fin dove arriva la mia comprensione, sperando di non andare fuori tema, anzi è bene adeguarsi, su internet si dice off topic. E’ proprio questo il punto, saper riconoscere la persona da “enulare”. Presuppone sicuramente l’aver fatto prima un percorso personale.
Quando il direttore fa una riunione per farsi spiegare come mai c’è un ritardo nell’avanzamento dei lavori, il direttore deve essere almeno “infarinato” sull’argomento, così che possa discernere tra collaboratori validi e quelli che lo prendono in giro. E accogliere i validi (a meno che non voglia perdere il posto).
In quest’ottica, credo che la persona da emulare non sia necessariamente chi ne sa più di te, perchè la vita è la mia, qualsiasi persona/maestro ne saprà molto meno di me della mia vita. Il maestro o la persona da emulare non dormono con me e non vanno al lavoro al posto mio, e nemmeno praticano al posto mio. Quindi più che emulare le persone, devo accogliere i “collaboratori” validi che mi indichino la via da emulare, quella si.
Poi…se dovevo rispondere anche io con la poesiuola, allora non ho capito nulla 🙂
Febbraio 28th, 2010 at 9:03 pm
Ciao ryokan, ben venuto. Una cosa non capisco: perché parli di emulare? Qui non trovo alcuna indicazione in questo senso.
Le poesiole sono facoltative. Per ora 🙂
In effetti c’è il termine emulare (lìpperlì non ci avevo fatto neppure caso) riferito prima a qualità e poi a persona. Ma non è quello il punto. Il discorso è utile sino a che sono io il protagonista, che cerca di capire che cosa significa grande persona e come si fa per esserlo. Emulare (che non è imitare) significa imparare per conto mio. Occorre imparare a fare una certa cosa e continuare per sempre. Da sé, per sé, in sé.
Marzo 1st, 2010 at 3:37 am
Assodato che i maestri di compiutezza sono cattivi maestri e gli insegnanti si prendono poco sul serio per deformazione professionale: voi non siete i miei maestri (lo hai detto tuuu!) e quindi vi perseguito. Io i maestri ce li ho e mi aspettano. Cmq il tema c’è solo che non si vede(^_^). Abracadabra: le profondità d’azzurro del mio cielo senza nuvole, la più perfetta immagine dell’infinito, il simbolo più patetico della vita e della gloria nella vita.. Insomma mi diverto a mostrare a testa alta il tocco eccentrico di una vita normale! Gesù.. Isabela ha di nuovo i brividi – ma questo è off topic.
Marzo 1st, 2010 at 3:40 am
Già..Chissà come e perchè un mondo che avrebbe potuto essere è stato ucciso dal fracasso inutile, dall’angoscia stupida della c.d. società dell’immagine, dalla trivialità e dalla mediocrità di tutto ciò che è falsamente importante, falsamente intelligente, falsamente seducente.
C’mon babies, fast forward, you are an Army of Beauty fighting aganist the machines.
Il Padrone ha ballato, ma la pioggia non è caduta. I calanchi sono sempre aridi e i giovani duri e puri.
Marzo 1st, 2010 at 11:14 am
Ciao Homosex/Isabelita, apprezzo ma non approvo. Quetate sino al prossimo post, svp.
Marzo 1st, 2010 at 8:11 pm
Grazie mym per averci ricordato questo: da sé, per sé, in sé. E’ un criterio di vita valido sempre e comunque, anche per i laici come me!
Marzo 1st, 2010 at 8:34 pm
A proposito di laici, il noto teologo televisivo Vito Mancuso ha ricevuto da Civiltà Cattolica (organo ufficiale dei gesuiti) un sonoro smataflone con radiazione dal novero dei teologi cattolici per aver scritto “Per una vita autentica è necessario credere in Dio? Sono convinto di no […] Per una vita autentica, la fede in Dio non è necessaria”. Qui c’è l’articolo completo
Marzo 1st, 2010 at 9:12 pm
Domanda a Vito Mancuso: “Per una vita autentica, la televisione è necessaria?”
Marzo 1st, 2010 at 9:50 pm
Che domande! ovviamente si: pensa come potremmo sopravvivere senza essere informati minuto per minuto, senza attendere il giornale del giorno dopo che dedica 16 pagine ai retroscena del festival di sanremo, sulle ultime sparate di B., i relativi commenti su mediaset, nonchè sulle clamorose dichiarazioni dei grandi giocatori di pallone…
Marzo 1st, 2010 at 11:18 pm
Comunisti che passano alla destra, atei che diventano devoti, teologi laici… quando si dice non fermarsi a nessuna sponda! 😉
Marzo 2nd, 2010 at 12:02 pm
Se anche i laici pretendono di avere una religiosità o, Gesù!, addirittura che si possa vivere “religiosamente” senza aderire ad una religione, be’ questo sarebbe quasi (quasi!) come sostenere che persino gli animali abbiano diritto alla vita. Fra i tanti sproloqui che si sentono in giro, avete mai sentito un prete che -magari durante la predica- dica che la caccia, ovvero ammazzare animali per divertimento, è una barbarie che va contro ogni religione, compresa quella cristiana?
Marzo 2nd, 2010 at 6:13 pm
In questi giorni un vescovo [si dice il peccato ma non il peccatore] intervenendo in Consiglio comunale [sic] di una città [di cui tacer è bello] ha affermato che la laicità è stata portata nella società occidentale dal cristianesimo.
Marzo 2nd, 2010 at 6:56 pm
Be’, è come dire (è un esempio teorico, veh!) che è in grazia dell’influenza se c’è il vaccino…
Marzo 2nd, 2010 at 7:02 pm
Oddìo, non è che i paesi di cultura e spiritualità buddista si siano mai distinti per la proibizione della caccia o per un clero “animalista”. E’ per questo che quando sento il Dalai Lama fare affermazioni del tipo: “In passato in Tibet caccia e pesca erano proibite. Da sempre il buddismo ha rispettato la natura” (in “La compassione universale. Intervista”, Servitium, 2000), mi viene da ridere. E’ un passato del tutto inventato, costruito ad uso degli occidentali.
Marzo 2nd, 2010 at 7:19 pm
Infatti, i passati inventati vanno bene per trasmettere significati non informazioni storiche. Il dato è che ci sono più cacciatori nella sola Italia che in tutti i Paesi “di cultura e spiritualità buddista”. E proprio in Italia si sentono religiosi (non solo cattolici, non solo cristiani) pontificare su ogni cosa. Prova a contare quante volte fanno un discorso tale per cui anche gli animali, le piante, la terra, il cosmo siano considerati fraternamente, da rispettare in quanto tali. Non per dottrina animalista o ecologista o per qualche calcolo politico. Ma come elemento che deriva naturalmente dalla loro religiosità. Temo che l’ultimo sia stato Francesco. Uccidere per divertimento è un crimine (religioso, civile, estetico…) che non dovrebbe necessitare dimostrazioni.
Marzo 2nd, 2010 at 7:29 pm
… e il vaccino è ottenuto CON gli stessi bacilli dell’influenza!
Marzo 3rd, 2010 at 1:01 pm
Come non essere perfettamente d’accordo? All’uccidere per divertimento aggiungerei anche l’uccidere per puro profitto economico, ma questo – considerando solo gli animali – porrebbe l’ulteriore problema della crudeltà dell’allevamento o della pesca industrializzati e di tutto un sistema economico che su questi si basa.
L’unico dato confortante è che almeno pare il numero dei cacciatori per svago stia continuando a diminuire, aggirandosi ora attorno alle 700.000 unità. Che questo numero sia maggiore di tutti i cacciatori presenti nei paesi “di cultura e spiritualità buddista” lo ritengo poco probabile, ma in fondo non ha molta importanza. Solo in Tibet la popolazione nomade, notoriamente cacciatrice, si aggira attorno alle 500.000 persone (qui però subentra il fattore sostentamento). In Giappone invece i cacciatori dotati di regolare licenza sono circa 260.000.
Marzo 5th, 2010 at 3:27 pm
Non è proprio così, se leggo bene la tua intenzione: il vaccino si ottiene con virus attenuati od uccisi.
Marzo 5th, 2010 at 6:17 pm
… però con i virus, mica con il rosmarino, no?
🙂
Marzo 5th, 2010 at 6:57 pm
Sì certo; intendevo solo dire che, se il virus provoca la malattia ‘influenza’, non dobbiamo aspettarci però che i possibili danni da vaccino siano come quelli dell’influenza. Saranno probabilmente molto diversi. Per cui, l’attenzione critica da attuare nel confronto del ‘mondo laico’ non dovrà pedestremente ripercorrere gli schemi mentali di critica adottati, ad es., per la chiesa dei Vescovi. Il difficile sta proprio lì: capire rapidamente come gira il vento. E fare attenzione.
Credo che dobbiamo ancora cominciare a capire i sintomi della malattia causata da quel vaccino chiamato ‘laicità’; anche se forse, qua e là, qualche idea qualcuno già comincia a farsela.
Marzo 5th, 2010 at 9:28 pm
Come sempre, accattivante osservazione. Il vaccino non è “la cura” ma una diversa forma patologica.
La seconda Nobile Verità è più inesorabile del secondo principio della termodinamica.
Marzo 6th, 2010 at 1:54 am
Non vorrei ricevere una citazione dalle case farmaceutiche. :-X Non è detto che il vaccino faccia sempre male: il rischio però è statisticamente dimostrabile. Controllare in letteratura.
Marzo 11th, 2010 at 12:51 pm
Tira Arjuna!
Marzo 11th, 2010 at 2:05 pm
Tu dici… Tutti?
Marzo 11th, 2010 at 6:50 pm
.
Marzo 11th, 2010 at 8:56 pm
Riprendi fiato, bevi un bicchier d’acqua ora…
Marzo 12th, 2010 at 12:59 pm
ciao se qualcuno è di Mantova o dintorni, Lama Thupten Nyandak Rujang
(Realizza i suoi studi al “ Central Institute of Higher Tibetan Studies” a Sarnath Varanasi.
Riceve insegnamenti da S.S. Dalai Lama (una formazione completa e varie iniziazioni tantriche) e moltissime altre conoscenze da altri Lama Rimpoche. Ha vissuto diversi anni in India e in Svizzera dove ha insegnato il buddismo e la cultura tibetana. Attualmente vive e da insegnamenti a Malaga (Spagna). http://www.dipamkara.com)
Domenica 14/03/2010 ore 21,00 argomento:
Spiegazione degli Antidoti alle emozioni distruttive: Rabbia * Attaccamento * Orgoglio * Ignoranza * Pigrizia
La conferenza si terrà presso l’Associazione Culturale Accadamia Teatrale Francesco Campogalliani
Teatrino di Palazzo D’arco- Piazza D’Arco,2 -46100 Mantova
ingresso gratuito chi vuole può fare offerte
Marzo 14th, 2010 at 7:48 pm
Da Arjuna a Nagarjuna… 🙂
Marzo 15th, 2010 at 1:03 pm
Se “l’essere non si ferma su questa sponda”, com’è che questo sito ormai resta impantanato per secoli senza nuovi topic?
🙁
Marzo 17th, 2010 at 12:43 pm
Non mancano tempo salute e argomenti, ma sono scadenti tutti e tre…
Marzo 17th, 2010 at 6:00 pm
Bè, veramente io non sarei d’accordo con questi due ultimi interventi. Ognuno ha il suo punto di vista e la sua esperienza ma per quel che mi riguarda, i post del sito, costituiscono spunto per riflessioni ed approfondimenti sistematci. Non credo sia una cosa da poco perchè permette, a mio parere, di uscire dal proprio “cerchio”, per investigare, assieme ad altri ( intervenendo o meno), il proprio modo di “stare” nella realtà attraverso anche lo studio dei “saggi” del passato e del presente.
Per me almeno è così.
Marzo 17th, 2010 at 6:28 pm
Capisco, vedo di provvedere :-[ :-[ :-[
Marzo 23rd, 2010 at 6:21 pm
Il Generale Inverno, di napoleonica memoria, batte in ritirata alle nostre latitudini sospinto dalle dolci brezze di madame Primavera. Il Generale Bagnasco, già ordinario militare per l’Italia e dunque provato indomite pugnace condottiero, guida l’eroica carica elettorale nell’insidiosa steppa trasteverina. Angelo di nome e di fatto, custode dei valori immobili,
protettore del partito dell’amore, è armato solo di evangelico motto, opportunamente contestualizzato, che diamine, è il terzo millennio, di strada se ne è fatta: “A Cesare quel che è di Dio”, che tanto Dio è benestante di suo.
ciao
Marzo 23rd, 2010 at 6:34 pm
Ciao Nudelook, bentornato. Che dire? Il privilegio di ospitare lo Stato Vaticano ed il suo re valgon bene un consiglio, seppure elettorale. Temo che la situazione italiana sia talmente deteriorata sul piano dell’etica, della morale, del senso civico, del gusto del bello e del buono che, pur turandomi il naso con cura, apprezzo l’interessamento del Cardinale e Generale (due titoli pazzeschi per una sola persona). Non che lo consideri buono -intendiamoci- ma è pur sempre meglio del disastro in cui viviamo; non dimentichiamo che il Generale (o era il Cardinale?) ha detto -anche- che i politici non dovrebbero rubare. Non è poco.
Marzo 23rd, 2010 at 11:26 pm
Non rubare eh?… Solo che poi il Generale si becca NON il 40% circa dell’8 per mille (tanti sono i firmatari) ma l’80%.
Perché? Perché lo Stato, alla chetichella, ridistribuisce i soldi in base alle percentuali delle preferenze. Da nessuna parte si fa pubblicità a favore della “firma per lo Stato”, nel cui caso i soldi vanno effettivamente all’erario pubblico. Se invece uno lascia “distrattamente” in bianco la casella dell’8 per mille, il suo denaro finisce alle religioni.
E siccome, con questo metodo, anche i Valdesi prendono il doppio del dovuto (seppure il doppio delle briciole, non il doppio dei miliardi come la Chiesa cattolica), una volta tanto se ne stanno buonini e non fanno polemiche.
Avevo provato a far notare la cosa scrivendo a un settimanale cattolico: si son chiamati fior di giuristi per reagire.
“Ninna nanna, Ge-e-sùùù… laraliiira lal-liiiraaa…”
Marzo 23rd, 2010 at 11:27 pm
p.s. Che c’entra con il Giappone? C’entra, che se tutti fossero come Hokusai *sospiro*
Marzo 24th, 2010 at 10:35 am
Caro Mym, non è poco, tu dici (2), infatti è decisamente troppo. Il Carnerale (o Gerdinale, se preferisci) a una settimana da elezioni amministrative regionali, ha dato indicazioni di voto esplicite e inequivocabili, mettendo in risalto un tema che in Italia è regolato da una legge dello Stato e dunque non di competenza regionale. Ma al di là dei particolari tecnici, che un rappresentante altolocato di una potente istituzione religiosa, nella sua veste ufficiale di pastore di anime, dia indicazioni di voto qualsivoglia in uno stato laico è un vergognoso ricatto morale, non un apprezzabile interessamento. Se il richiamo a non rubare rivolto ai politici fosse qualcosa di più di un generico puffetto sulla manina, i ladroni governanti non si sarebbero levati in coro ad apprezzare e condividere l’esplicito sostegno alla loro parte politica. Oggi ricorre l’anniversario dell’assassinio di un diverso alto prelato, Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador. “Altro dirti non vo’”. Senza arrivare al martirio, se davvero come dici la Chiesa Cattolica è baluardo etico al disastro in cui viviamo, essa ha mezzi pressoché infiniti per esercitare influenza, anche politica, sulle coscienze, questi mezzucci le fanno torto. Per di più, in questi giorni, squassata da spaventose rivelazioni su connivenze, omertà, ipocrisie decennali riguardo a crimini ripugnanti commessi da rappresentanti della Chiesa Cattolica verso i piccoli che il Vangelo, a suo dire, le affida, la curia romana farebbe meglio a chinare il capo e tacere su argomenti che attengono alla sfera del sesso e del rispetto della vita umana.
PS. Anch’io mi sono chiesto che c’entra tutto ciò con il Giappone e la simpatica iniziativa di padre Luciano Mazzocchi, ma, suppongo, tout se tient.
Marzo 24th, 2010 at 8:06 pm
Sono stata ampiamente superata nella trattazione degli argomenti, rispetto a quanto volevo dire che col Giappone non c’entra niente. Chiedo l’autorizzazione a fare un passo indietro… Autorizzazione concessa. Mi riferisco a quanto scrive mym: “..che la situazione italiana sia talmente deteriorata sul piano dell’etica, della morale…”. Dato che si parla di “politica”, direi che questi due valori non c’entrino niente, a prescindere dal fatto che non vedo la differenza tra etica e morale: etimologicamente è esattamente la stessa cosa. A me non importa niente che un pezzo grosso dello stato mantenga dieci amanti (purché maggiorenni) – è un problema suo e di sua moglie, se ce l’ha – o che frequenti transessuali: sono affari che riguardano la sfera privata e non il suo ruolo di personaggio pubblico: io non ho bisogno che il pezzo grosso mi fornisca un modello di comportamento, i miei modelli li cerco, se li voglio, in un altro ambito. Io chiedo all’uomo politico, anzi pretendo da lui, un progetto chiaro e aderenza a questo progetto, considerazione per “tutte” le categorie sociali e non privilegi nei confronti di qualcuna, rispetto dei diritti umani, ecc.: è facile per chiunque proseguire l’elenco. L’etica mi va bene, a condizione che sia interpretata come “etica politica” e non in senso generale. E tanti saluti al Giappone: beato chi se lo può permettere!
Aprile 2nd, 2010 at 10:12 am
Caro Alberto,
Il “sistema” non mi ha avvisato del suo commento (e sino ad oggi non ho guardato tra gli arrivi in sospeso) così non l’ho approvato, mi scusi è stata una svista, non una censura. L’ho pubblicato ora, qui sopra, anche se purtroppo è tardi per la conferenza. Se vorrà inviarci altre segnalazioni spero di essere più tempestivo
Un saluto
mym
Aprile 3rd, 2010 at 3:19 pm
Buona pasqua Yushin, buona pasqua a tutti:-)
Aprile 3rd, 2010 at 6:19 pm
Nessuna buona pasqua da parte mia, solo tanti auguri a tutti, validi ogni giorno e giorno per giorno, di poter realizzare una vita corrispondente alle proprie aspettative e alle proprie convinzioni! Ciao
Aprile 3rd, 2010 at 6:24 pm
Grazie grazie, troppo bbbuoni!
Aprile 5th, 2010 at 10:40 am
This is excellent writing.
To “cultivate the innocent heart instead of fostering the will to exercise power.” responds deeply within me.
Writings like this, however make me doubt if I want ANY MORE formal training within the structure of the established soto-school; which I am supposed to do after almost two decades since Tokudo.
And surely within the established forms there is a whole lot to learn.
Anyway you write : “Because it cannot escape from itself, Western civilization cannot escape from the global crisis in which it finds itself.”
Tragic is : there is lots of money spent on plans to colonize space. I am not kidding… I have been following the last development on space science and it seems like an awful lot of money is spent on developing strategies to escape earth.
Aprile 5th, 2010 at 11:40 am
Thanks for your kind words, Senshin.
Yessir, when life has been established is… dead. This is the normal trend, it isn’t because soto school is bad. There isn’t a good school. Buddhism, or zen buddhism, is a lonely path. And, as you know, even if we could escape from earth we will bring with(in) us the “global crisis”
yushin
Aprile 6th, 2010 at 2:53 pm
Discussione molto interessante.
Io a differenza del 21enne ho, ad oggi, una casa e un lavoro, una sorta di indipendenza direi, eppure penso di pormi costantemente gli stessi problemi. Ho imbroccato una strada, ma è quella giusta? Cosa vuole la vita da me, o meglio, cosa voglio io dalla vita? Cosa è “giusto” fare? Come non sprecare questa esistenza che plausibilmente potrebbe essere l’unica concessami?
…ma poi, nell’ottica dell’immensità del tempo e dello spazio, ha così tanto significato la mia esistenza? Ha un tale rilievo da poter parlare di sprecare o non sprecare? A volte, forse, basterebbe relativizzare l’importanza del nostro ego per ridimensionare certi problemi che paiono così insormontabili.
E se tutto sommato niente ha così tanta importanza, allora perchè non “fregarsene” e vivere nella maniera più comoda possibile, invece che cercare di fare le cose per bene sacrificando tempo e energie in nome di un non meglio specificato senso del dovere? Fino a che punto può aver senso seguire il proprio istinto menefreghista e nichilistico, e quanto andrebbe invece tenuto a freno per poter rivestire un ruolo convenzionale nella cosiddetta società?
“fare la cosa giusta al momento giusto” e “Cerca la risposta nel profondo del tuo cuore” sono i due “consigli” che mi sembra emergano dai commenti… che dire, hanno ragione. Non è facile però!
Aprile 6th, 2010 at 3:56 pm
Benvenuta Sumire (la declino al femminile visto il nick: sumire è il fior di violetta in giapponese), chissà come è capitata qui…
Penso possa essere utile capovolgere il tutto: perché anche se diciamo, pensiamo che non vi è nulla che abbia particolare importanza, ce la prendiamo tanto? Volendo cercare per trovare, penso sia in quell’area che valga la pena di dare un’occhiata.
Aprile 6th, 2010 at 4:58 pm
E’ quello che intendo (almeno credo, se ho capito bene): se riuscissimo davvero a pensare che non vi è nulla che abbia particolare importanza, allora probabilmente non ce la prenderemmo così tanto.. solo che distaccarsi non è così semplice, soprattutto (secondo me) dalle responsabilità verso gli altri, più che verso se stessi.
Forse la soluzione sarebbe il distacco totale, anche dalle responsabilità verso gli altri, e quindi dai legami affettivi e sentimentali.. ma temo che non tutti siamo in grado di raggiungere ciò, e poi se tutti li facessero credo che il prezzo da pagare sarebbe l’estinzione umana!
Per quanto riguarda il Nick, mi piace Murazaki quanto Sumire, ma dato che di solito uso il secondo, ho deciso di protrarlo, così eventualmente sarò riconosciuta da chi frequentasse altri “miei” forum.
Grazie del benvenuto e spero di non ammorbare con troppe sciocchezze, la mia cultura è molto limitata in tema di religione, ma sono qui per imparare 🙂
Aprile 6th, 2010 at 5:03 pm
…e se, in alternativa, si guardasse al buddismo come a una non-religione, e quindi un qualcosa compatibile con l’essere contemporaneamente cristiani, musulmani, ebrei o quelchel’è?!
Tendenzialmente io guardo al buddismo zen quasi più come a una filosofia di vita che a una religione.. non sento incompatibilità tra Vangelo e Zen, come attestano tra l’altro il vostro sito e un bel libro che ho letto anni fa (Il Vangelo seconfdo Matteo e lo Zen, che tutti conoscerete 😉 ).
Aprile 6th, 2010 at 5:11 pm
No no, non serve a nulla “pensare per davvero”, basta un refolo e pensiamo in un altro modo. Il pensare non garantisce di nulla. E poi … lo dica lei, vedrà che sarà difficile: che cos’è il distacco totale? Concettualmente è molto più facile di così. È sufficiente non aggrapparsi a nulla e donare il più possibile. Metterlo in pratica è un’altra musica, ma già il provarci cambia la vita. In effetti non si può far altro che provarci.
Certo che va veloce lei…
Aprile 6th, 2010 at 5:13 pm
Aaaah ma allora ha letto i libri gggiusti, ecco perché… :-). Adesso vado al dojo, forse ‘stasera le rispondo. Ricordi però il vecchio adagio: chi va piano…
Aprile 6th, 2010 at 5:24 pm
Veloce?! a postare o a pensare? Propendo per la prima.
Comunque, credo di essere d’accordo con l’affermazione, sempre che io abbia capito il concetto: il pensare di per sè paralizza, bisogna fare, praticare, non pensare.
Se il concetto è questo, è di fatto la stessa cosa che cercano di farmi capire da tempo i miei insegnanti di arti marziali (pratico budo tradizionale da alcuni anni), forse senza troppo successo (per ora). C’è una parabola a proposito di un millepiedi che è attinente all’argomento. La trovo molto carina, ma scommetto che la conosce già!
comunque si, metterlo in pratica è un’altra musica, ma già il provarci cambia la vita.
Aprile 6th, 2010 at 5:35 pm
eheh, ho anche avuto gli amici gggiusti, forse..
…considera che sono la figlia di Doc (o Dr?! non so come si firmi papà nel forum), Violetta!
Forse era anche divertente rimanere anonima (magari mi avreste preso più sul serio!) però è meglio che ti avverta subito, sennò continuerai a darmi del lei e non me lo merito 🙂
Aprile 6th, 2010 at 5:43 pm
Ho una domanda!
Non posso lasciare commenti all’area cristiana con questi stessi nomi utente e password?
Mi dà dei problemi.
Si, è vero, potrei creare un altro account, ma mi pare uno spreco!
Grazie mille
Aprile 6th, 2010 at 6:06 pm
@Sumire: si, è vero, è uno spreco ma sono proprio due siti diversi con database diversi e utenti diversi. Al momento in cui è stato creato questo blog non esisteva una tecnologia che permettesse di tenere due testate distinte con gli stessi utenti. Registrarsi tuttavia è gratuito e praticamente immediato 🙂
saluti
pierinux
Aprile 6th, 2010 at 6:18 pm
Grazie!
Il problema ‘grosso’ a questo punto è che mi toccherà ricordarmi un altro utente e un altra password… ho provato a usare gli stessi e mi ha dato un “fatal error”, inquietante..
comunque, è un problema da poco, mi farò un biglietto :). Grazie!
Aprile 6th, 2010 at 6:29 pm
benvenuta, o figlia di Doc! 🙂
Aprile 6th, 2010 at 7:38 pm
Sì quella del mille piedi l’ho sentita. Quando dico veloce intendo che corri alle conclusioni saltando il processo. E questo ti porta a dire che “pensare di per sé paralizza”. Nel caso del millepiedi è vero, ma se dalla tua prossima mossa dipendesse la tua vita (ed è quasi sempre così) sarà bene pensarci con cura. Oppure che sia la stessa cosa che… i tuoi insegnanti ecc. ecc. Potrebbe essere, forse, tuttavia ne dubito fortemente.
Aprile 6th, 2010 at 7:40 pm
La figlia di Doc! Wow, a che dobbiamo l’onore? 🙂
Allora, non c’è alcun bisogno di fare dello zen un minestrone o “qualcosa compatibile con l’essere contemporaneamente cristiani, musulmani, ebrei o quelchel’è”. Il buddismo, e lo zen che ne è l’anima più sottile, è una religione completamente, irrimediabilmente diversa dal cristianesimo, dall’islam e dal giudaismo (se hai tempo trovi qui, alla terza riga, le coordinate). Per la semplice ragione che si occupa di un’istanza diversa tra quelle fondamentali dell’essere umano. Per cui non entra in conflitto con quelle che, invece, brucando la stessa erba son sempre lì ad appiccicarsi. Ecco perché non sono incompatibili. Perché trattano due “articoli” diversi. Tra le diversità c’è il fatto che essendo la religione della non appartenenza “copre” poco se ci si vuol presentare come buddisti, non dà una identità spiccata. Con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta.
Aprile 6th, 2010 at 9:44 pm
Ottimo! il titolo del seminario mi invoglia molto a leggere, ma il mio computer di casa “could not launch acrobat”, quindi mi sa che dovrò leggermelo o almeno scaricarmelo in ufficio.. questo richiederà un pò di tempo ma ce la farò sicuramente!
Non volevo assolutamente intendere che lo zen fosse un minestrone, scusa se mi sono espressa male, ma solo che fosse conciliabile con quasi ogni altra identità; grazie delle delucidazioni.
L'”onore” (ma lo definirei meglio l’onere.. per voi, almeno!) è dovuto solo al fatto che dopo anni che mi interesso dell’argomento religioso in maniera saltuaria e discontinua (spiando anche il vostro forum, e leggendo un pò la rivista e i libri a casa di doc) ho deciso di impegnarmi un pò più a fondo, visto il momento per me propizio e l’interesse da sempre abbastanza elevato.
Sperando nella vostra comprensione presente e futura, auguro buona Pasqua e buon Vesak in ritardo 🙂
Aprile 7th, 2010 at 10:28 am
Ecco, buon Vesak, ci mancava proprio. Preferisco, parafrasando Alice, buon non compleanno, che va bene per 364 giorni l’anno.
Aprile 7th, 2010 at 10:59 am
Scusate, sono ancora io.. non riesco proprio a registrarmi all’area cristiana, ho provato con vari utenti e password e e-mail. Niente. Non capisco se è un mio limite o qualche problema nel sito.. in realtà non so nemmeno se posso chiedere a voi e se questo è il posto giusto, però ci provo!
Aprile 7th, 2010 at 4:18 pm
Ha, ha…. Il non compleanno, mi permetto, va bene per 365 giorni l’anno (366 di bisesto) e anzi, proprio il giorno del compleanno come non compleanno…. Chiedo scusa è pronto il tè, Caterpillar non ama attendere!
Aprile 7th, 2010 at 5:03 pm
‘Sti buddisti… son dappertutto ormai, persino nella tana del coniglio. Chissà con il flit…
Aprile 7th, 2010 at 5:07 pm
La lepre marzolina zampetta anche in aprile dalle nostre parti, quest’anno poi che la primavera ritarda…
Aprile 10th, 2010 at 2:07 am
“Habet mundus iste noctes suas et non paucas” – vivissimi complimenti dottoressa!Faremo tesoro della sua tesi per risolvere quelle che sembrano le ingiustizie della ‘classifica’ dei saggi del passato e del presente.Mi permetto uma premessa di metodo. I mistici d’ogni tempo sono stati degli autentici svitati. Le loro dottrine sono letteralmente irresponsabili perchè propugnano una sapere che va al di là delle ridicole priorità della coscienza.Scappo a prendere l’ultimo pezzo di torta..
Aprile 10th, 2010 at 2:08 am
Svitati, dice Isabela, sì, come quelli che vivono una vita unica senza tema di essere giudicati. Però “coscienza” ha molte facce e non tutte ridicole, spero la golosa Isabela ne sia ben… cosciente.
Aprile 10th, 2010 at 2:09 am
Off topic – ciao mym, bentornato nell’al-di-qui.Bella la malattia che scaccia via razza umana.:-).Ho festeggiato in solitaria la prossima sconsacrazione (si spera) della più antica e importante Chiesa della mia città. Casualmente è stato anche il compleanno di homosex. Da quando sono in intimità col Diavolo capisco sempre più Misone (famoso perchè era solito ridere da solo).
Aprile 10th, 2010 at 10:42 am
Grazie, è un piacere ritrovarvi. Certo che laddove Misone è famoso l’ambiente è diafano un bel po’; attorno a quella tal chiesa cheffate, pacche sulle spalle mentre vi raccontate “l’ultima su Misone”?
Aprile 10th, 2010 at 11:49 am
Ecco l’ultima:homosex sta pateticamente tentando di ‘rubarmi’ l’identità. Non è capace di recuperare la password, che buffo!L’abbandono alle sue ire;ho voglia di andare in Chiesa.Ho comprato una gonna bellissima! P.S. homosex è un pazzo, ma la sua idea di verità è l’unica possibile: non l’oggettività – pura follia – ma la realtà filtrata con gentilezza, innocenza ed onestà. Compie 33 anni come Alessandro il Grande. Dice che il cavallo gli ricorda tanto Bucefalo..
Aprile 10th, 2010 at 7:45 pm
Alessandro i 33 li ha compiuti ma non superati, il paragone è periglioso. E poi: certi richiami rischiano di stroppiare.
Se fosse possibile rimanere in “tema” nei commenti mi eviteresti di censurarti il prossimo. Anche se, capisco, il tema, è sempre quello.
Aprile 11th, 2010 at 1:25 am
In un tempo in cui le scrivanie dei grammatici somigliano sempre più a quelle degli agenti segreti, e, in assenza di sfogatoi pubblici, ogni tanto strabordo.Voleva essere il mio un tentativo di ‘scrittura analogica’. L’analogia, parola malfamata tra gli specialisti come conferma l’autrice, inattendibile e poco rigorosa è in realtà la chiave per accedere alla conoscenza esatta.Il pensare analogico non è lontano dalla poesia e dall’arte, dal loro inconscio consapevole. Senza analogia non c’è pensiero nè modo di trattare l’oscurità naturale delle cose e illuminarle con la luce magica e sovrannaturale.Buona domenica.
Aprile 12th, 2010 at 12:03 am
Pag.9.L’asserzione che Dio è morto è priva di fondamento oppure è il canto stonato di un ubriaco(davvero poco seducente).Dio NON è risorto;ha solo atteso pazientemente e poi ha ucciso Nietzsche perchè invincibile.Dunque sarebbe
incomprensibile,vuoto,nulla? Ohibò!E poi a pag. X..uff!Sono troppo brava per le stroncature e temo che il mio candore venga frainteso; allora sarò cinica:prevedo per lei, dottoressa, un roseo futuro.Mentre le generazioni perdute per sempre si attardano ad ascoltare il silenzio mi faccio canzone e..Fiorite fiori, sparate al cuore senza pietà!
Aprile 12th, 2010 at 12:53 am
No, non temere non sei troppo brava nelle stroncature. Per stroncare efficacemente occorre argomentare. Le affermazioni apodittiche (era una vita che non avevo l’occasione di usarla…) sono più degli sberleffi che stroncature. Un giullare, benché di classe, non è un critico. E dico poco se dico poco.
Aprile 12th, 2010 at 10:50 am
Il commento n. 10 è stato censurato per reiterato irrefrenabile cedimento al fuori tema. Oooooh!
Aprile 12th, 2010 at 2:08 pm
Ok,ok.In verità ho apprezzato molto la tesi di Oriella.Mi sarebbe piaciuto introdurla ai mistici dell’Occidente;magari avrebbe saputo anagrammare il mio nome. Ma che significa?Bo!Mist..eri dell’Occidente. (-_^)
P.S. Un argomentazione in dieci righe? Please, non scherziamo!I miracoli ancora non li so fare..Ad ogni modo, ho a che fare con quelle formule tutto il giorno: la scrittura simbolica paragonata a quella giuridica è uno scherzo.
Aprile 12th, 2010 at 10:01 pm
“Tornando” alla mistica: sta per partire a Torino l’ostensione della Sindone. Andare di persona può essere un’esperienza mistica, perché [sui libri si trovano un sacco di dettagli interessanti, ma dal vivo] si vede Nulla.
Aprile 13th, 2010 at 9:50 am
Si vede il Nulla.. perchè.. non si vede niente!
Scusa la pessima battuta, davvero. Io sono di Torino e per me sarebbe relativamente semplice assistere all’evento di cui parli, ma ne ho decisamente sottovalutato l’importanza. Diciamo che per la mia religiosità, o meglio per come vivo al momento la religione, non riesco a percepire il significato dell’adorazione della reliquia, l’ho sempre considerato un fatto dal sapore vagamente medievale. Ma forse mi sbaglio.. forse vale la pena porre rimedio e prenotarsi?
Aprile 13th, 2010 at 12:03 pm
>Si vede il Nulla.. perchè.. non si vede niente!
Appunto. Riesci a concepire qualcosa di più importante e “divino”?
[p.s. sono originario anch’io dell’area di Torino. La Sindone non l’ho vista… quindi l’ho vista 🙂 ]
Aprile 13th, 2010 at 12:49 pm
Va là che fanno “gli zen” parlando di lenzuola, ancorché usate, in Altissimo loco. La sindone non l’ho vista ma so che lei, la santa reliquia, ne ha viste delle belle: una volta la polizia caricò (erano altri tempi) nei pressi del duomo, per caso passavo di lì e corsi dentro anch’io assieme ad altri, giovani, capelli lunghi, drogati?, ed anche la polizia entrò dietro a noi, pardòn: loro. La sindone assistette -benché chiusa nella teca- a un bel pestaggio davanti all’altar maggiore, addirittura una ragazza fu trascinata fuori tirata per i capelli dal tutore dell’ordine, così ristabilito. La sindone, mi rassicurarono poi, non fece una piega.
Aprile 13th, 2010 at 1:32 pm
mym possiede il più efficiente giubbotto antiproiettile dell’universo. Come si fa a fucilare uno mentre ci si rotola in terra dal ridere??
Aprile 13th, 2010 at 2:13 pm
Io l’ho vista anni fa, ero una ragazzina, per un interesse che definirei perlopiù archeologico (all’epoca non mi interessavo molto di religione).
Sono comunque abbastanza convinta che l’oggetto in sè non significhi molto (blasfemia!) al massimo può essere ritenuto importante l’atteggiamento con cui vi ci si accosta. A mio avviso però le Ostensioni non permettono di avvicinarvicisi con un atteggiamento meditativo, ma più che altro come ci si avvicinerebbe alla Gioconda al Louvre (questo almeno è quanto ricordo).
n ogni caso, non saprei dire se il discorso sulla Mistica possa essere davvero collegato a questo sulla Sindone, non vorrei andar fuori tema.. purtroppo non ho ancora letto nulla sulla mistica, mi sto ancora documentando su Cristianesimo e Zen come precedentemente consigliato da mym 🙂
Aprile 13th, 2010 at 2:14 pm
PS. Dicendo che si vede il Nulla non volevo fare la zen… io non ho VERAMENTE visto nulla, niente, solo le bruciature 🙁
Aprile 13th, 2010 at 5:11 pm
Seeeeh, dicono tutti così: io non ho visto nulla, non c’ero, se c’ero dormivo… e le bruciatorine, eh?, su che cos’erano le bruciatorine, eh? Quel pover’uomo, non solo l’hanno (lo avete?) messo in croce ma adesso gli state pure a sgattare nella biancheria.
Aprile 13th, 2010 at 5:27 pm
oltre a “io non ho visto nulla”, tutti dicono anche “non è colpa mia”!
Dunque: non è colpa mia! Come dicevo, le visite alla Sindone spesso non mettono nelle condizioni psicofisiche adatte a percepire l’aurea Mistica, almeno, non sufficienti a persone dure d’orecchi come me..
..o almeno non furono adatte, le suddette condizioni, all’epoca in cui andai (con una classe del liceo!), ma forse più che le condizioni esterne erano le mie condizioni interne non aperte all’ascolto, e di ciò chiedo venia.
Aprile 13th, 2010 at 6:42 pm
Mi piacerebbe completare la mia raccolta di testi sul Vangelo e lo Zen (per ora ho solo i 2 secondo Matteo), qualcuno sa dirmi se sono acquistabili via web? Ho un pò di difficoltà a girare per librerie ultimamente.
Aprile 16th, 2010 at 3:58 pm
“Emergency cura i mujaheddin feriti, che poi tornano a combattere. Per questo le ONG prolungano le guerre!” (E.Luttwak ad AnnoZero)
No comment!
Aprile 17th, 2010 at 8:55 am
Ciao Louis, sì in effetti Luttwak è un residuato bellico ancora in grado di far danni. Un dinosauro. Più pericoloso, a mio parere, perché più attuale è chi (Berlusconi ieri) sostiene che Saviano con il libro Gomorra fa pubblicità alla mafia e quindi la promuove nel mondo.
Aprile 17th, 2010 at 11:41 am
“Accuse a Gomorra. Insorge l’opposizione”. Un giorno sì e un no leggo sul giornale che l’opposizione insorge: forse si limitasse a sorgere…
C’è qualcosa di nuovo oggi in Italia, anzi d’antico. Io vivo altrove, ma sento girare intorno brutte parole.
Diceva Flaiano “dietro ogni italiano c’è un cretino” – non di rado, mi pare, oggi ce ne sono due.
La Francia, che mi ospita, ha avuto il Re Sole: noi più modesti ci accontentiamo del Re Sòla.
Comunque… grazie Emergency per ricordarci che ci sono anche italiani un po’ così.
Aprile 17th, 2010 at 5:06 pm
>sostiene che Saviano con il libro Gomorra fa pubblicità alla mafia
Conoscendo le leggi della comunicazione, l’affermazione è meno assurda di quanto sembri a prima vista. (Contro la volontà di Saviano, intendo)
Aprile 17th, 2010 at 5:07 pm
p.s. JF ha perso la residenza ma non lo stile
😉
Aprile 24th, 2010 at 5:41 pm
“La magia degli elfi mi ha tenuto in vita troppo a lungo. Ho vissuto ben oltre il limite della mia vita. È ora che io me ne vada. Ma […] me ne vado in pace, senza dolore”.
“Ti ho appena ritrovato [disse la figlia Lucinda]. Non puoi morire proprio adesso”.
Arthur si chinò verso di lei e le parlò – dolci parole che Jared non riuscì a sentire – poi scese […] e la strinse in un abbraccio. Appena i piedi di Arthur toccarono terra, il suo corpo si trasformò in polvere e fumo. Un piccolo vortice mulinò intorno a Lucinda, poi si allontanò nella notte e in un attimo scomparve.
Dalla saga fantasy “Spiderwick”, finale
Aprile 24th, 2010 at 5:49 pm
Molto bello, grazie Dr. Vuoi darci un indizio per collegarlo al post oppure…
Aprile 24th, 2010 at 6:16 pm
beh vale per ciò che NON dice 😀
a parte gli scherzi, mi è sembrato uno spunto notevole. Nella saga, Arthur Spiderwick è quello che “tutti lo cercano, tutti lo vogliono”, ma appena lo trovano, lui scompare.
Aprile 24th, 2010 at 7:44 pm
Faccio il pontiere: da sempre -in ambiente zen- si conciona sull’ineffabile, l’indicibile, l’esperienza personale come unico medium. Poi, d’un tratto, diciamo “adesso te lo insegno io come stanno le cose”. Vivere una vita abitata da una religione è inventarsela (la vita!) faticosamente giorno dopo giorno, non c’è spazio per i soloni. Giorno dopo giorno significa “appena trovato scompare”. Faticosamente significa: non è facile essere “semplicemente là”.
Cuntént?
Aprile 24th, 2010 at 8:26 pm
Ma Ella, se lo lasci dire, è un militare sopraffino: pontiere, truppe d’assalto, Genio guastatori…
Aprile 25th, 2010 at 11:45 am
Per mym (n.4)*appena trovato scompare*
Mi viene in mente – udite, udite – K. Marx: “La religione è la consapevolezza dell’uomo che non ha ancora acquisito o ha nuovamente perduto se stesso”.
Aprile 25th, 2010 at 11:58 am
Sì, posso essere d’accordo: perdere sé stesso è il centro della pratica buddista. Da comprendere con estrema attenzione, però.
Aprile 25th, 2010 at 12:01 pm
Per Marx (n.6) e per interposta persona per Louis:
“La religione è la consapevolezza dell’uomo che acquisisce e subito nuovamente abbandona se stesso”.
Per il resto devo pensarci un po’ su: ci risentiamo (forse). Buon 25 aprile a tutti.
Aprile 25th, 2010 at 12:28 pm
Ciao Nudelook. Sì, concordo, anche se così si fa parlare Marx come … un bravo prete?
Aprile 25th, 2010 at 12:35 pm
Leggendo le tue righe mi è venuto alla mente questo passo da Il grande discorso di distruzione della brama, Gnoli, Vol. 1, pag. 39: “Egli è contento della veste che copre il suo corpo, del cibo elemosinato con cui si sostenta e, ovunque vada, porta questo con sé e va. Come un uccello che, ovunque voli, porti con sé il peso delle sue ali e vola, proprio così un monaco è contento della veste che copre il suo corpo, del cibo elemosinato con il quale si sostenta e, ovunque vada, porta questo con sé e va.”
Ciao, Gennaro
Aprile 25th, 2010 at 12:37 pm
Uuuuh! Non vale, se usi le armi pesanti non vale! 😉
Aprile 25th, 2010 at 5:16 pm
Anche Marx ha diritto a rinnovarsi… Immagino intendesse che la religione è una iattura proprio perché paralizza l’uomo nella consapevolezza di non aver ancora acquisito e/o di nuovo perso la propria autentica dimensione e qui, in questo senso di incompletezza dell’uomo, la religione ci sguazza e costruisce il suo deleterio potere. Mentre l’uomo nuovo, dopo la rivoluzione, acquisisce e non perde. Marx è, in questo campo, davvero un buon (?) prete, che punta sul futuro e mira a un guadagno inalienabile, un altro idolatra dell’escatologia.
“Un monaco è contento della veste che copre il suo corpo, del cibo elemosinato con il quale si sostenta e, ovunque vada, porta questo con sé e va…” sì, una meraviglia! Ma cum grano salis… Con le armi pesanti si può far male a sé e agli altri. Un monaco siffatto lo conosciamo, di persona, intendo? Non voglio fare il guastefeste, ma attenzione a non fare di un ideale (che si scioglie giorno per giorno, faticosamente nel semplicemente là) un idolo ulteriore, più raffinato, forse, ma non meno ingannevole.
Aprile 25th, 2010 at 5:29 pm
Il guastafeste è storia antica, “ruba la vacca al contadino” dicevano quei filoni di cinesi. In effetti ciò che mi è piaciuto della citazione è proprio quel semplicemente là, unito a felicemente. Niente di speciale, seppure molto difficile.
Aprile 25th, 2010 at 6:01 pm
Eh, sì! Semplicemente là, beh, insomma, non ci vuole poi molto: è quel “felicemente”, abbinato, che è difficile, senza il quale non c’è gusto nel semplicemente là.
Aprile 25th, 2010 at 11:26 pm
Non entro nel merito delle asserzioni rispettabilissime, ma per me hinayaniche, del maestro degli abati benedettini, anche se interessanti. Mi permetto di tentare di precisare, dal mio punto di vista, le riflessioni susseguenti di Mauricio Yushin.
Si dice: “Il buddhismo è un come interiore, non una forma esterna”, se è, è. E’ un intero. Non si differenzia in “interiore-esteriore”.
Ancora riscontro nella citazione di Evdokimov l’eterno dualismo…si dice: “,cioè chi ha lo spirito di obbedienza…”, obbedire a chi? a che cosa? Per me al Dharma, ma si può solo essere Dharma, non è “possedibile” appunto.
E ancora, sinceramente, nell’ambiente zen che ho frequentato non si è mai “concionato” su nulla di “ineffabile, indicibile”, e il “solone” (che ci sarà sempre e ovunque in qualche forma) può essere un ottimo upaya.
E ancora mi sento di dire che non c’è nulla da trovare quindi nulla che possa scomparire. E il termine “essere” è esaustivo in se stesso, contiene ogni cosa, quindi non necessita di “felicemente semplicemente là”. Che se anche fosse includerebbe per transizione anche “tristemente, difficilmente, qui”.
Infine, caro Mauricio, mi sembra che la prospettiva sia un pò ristagnante nella dimensione del “criticismo” che può esprimere anche una certa salute o deontologia ma…anche essere fine se stesso.
Nel Dharma.
Nello Genyo
Aprile 26th, 2010 at 11:48 am
Ciao Nello, grazie per il tuo commento. Su una cosa mi sento spinto a puntualizzare: il termine hinayana (e derivati) non esiste se non in termini dispregiativi, nessuno vi si è mai riconosciuto poiché è sempre stato usato (a partire dal suo senso letterale: “veicolo, percorso inferiore, minore, scadente”) per stigmatizzare “i falsi buddisti”, infatti non esiste (se non nella testa di qualche autore) un buddismo hinayana.
In ogni caso ha poco senso esaminare o giudicare il buddismo di Radcliffe e Evdokimov, non hanno mai inteso esserlo né li ho presentati come tali.
Aprile 26th, 2010 at 11:53 am
Vi prego di guardare benevolmente a questo dubbio di una troglodita dello zen. Se “essere” e “non essere” sono la stessa cosa, se il “da-sein” che ho altrove visto in discussione non ha senso, allora cosa significa “essere là” più o meno felicemente e semplicemente? Vi prego ancora: abbiate pazienza…
Aprile 26th, 2010 at 4:34 pm
Cara troglodita, nulla di così difficile: con “stare (o essere) semplicemente là” si esemplifica un atteggiamento di vita privo di iattanza, privo esposizione o di spettacolarità. Condurre la propria vita senza ostentarla, esibirla.
Aprile 26th, 2010 at 9:16 pm
Occhei, grazie. Troglodita però me lo posso dire io, ma non un altro, neppure tu!
Aprile 26th, 2010 at 10:53 pm
Con i miei poteri giucascaselliani, leggo nella mente di mym: “Ci sei cascata!”
Aprile 27th, 2010 at 3:09 pm
‘Essere semplicemente là’ può significare anche, in termini più rigorosi, tentare di bilanciare ed equilibrare le volontà individuali che, per natura, tendono ad affermarsi e sopraffarsi (ad esibirsi). Accettandosi come uguali, ma anche volendosi come uguali – e il saio ne è una prova – i monaci orientano la loro vita secondo il principio della ‘buona volontà’ sulla terra: aspirano, cioè, ad affermare e mantenere come durevole l’invisibile centro della loro attività – la glorificazione di Dio -.
Aprile 27th, 2010 at 3:20 pm
Ciao Homosex, ben tornato. Certo che da quando Isabela ti concede la sua presenza non sembri più tu, sei addirittura migliorato (non ti offendere, eh!). Se mi diventi buddista … ne avremo perso un altro.
Aprile 27th, 2010 at 3:23 pm
Dr sei sempre così carino!Prima di andare a letto abbraccerò una quercia del mio giardino.Per Marx & co:ma la rivoluzione mica la si fa per il futuro!?Non sono per nulla turbata dall’ aver perso il mio avvenire a carte:tanto sono buddista. Combatto (invento?) per avere un passato affinché un po’ del mio immenso amore riposi intatto nell’accaduto. Do ragione a nudelook al commento 12:è da vili, da preti(?), calcolare tutto in base a perdite e vantaggi.Scappo a prendere il sole;è una giornata bellissima!Bye.
Aprile 27th, 2010 at 3:37 pm
Confesso una certa emozione/nel sentirmi Isabela dar ragione…
La rivoluzione non si fa per il futuro, il guaio è che se la si mette nel futuro, la rivoluzione semplicemente non si fa. E infatti… Non puoi perdere il tuo avvenire a carte, l’avvenire ce lo hai alle spalle (Angelus Novus) è da lì che ti arriva e precipita nel passato: come puoi sapere se lo hai perso o vinto? Per questo non ha senso occuparsi di perdite e guadagni. Anche qui c’è il sole.
Aprile 27th, 2010 at 4:41 pm
Apprezzo l’argomento, e mi piacerebbe guardare a un aspetto della prassi su cui mi sembra che Yushin Sensei insista da tempo in ogni occasione.
Leggo proprio in queste sere due passi, che ispirano il dialogo, entrambi a bilanciare una visione (non solo cattolica) a volte un po’ troppo teatrino-monastica e ad approfondire, forse, il riferimento al “progresso nell’umiltà” (i.e. della pratica) come uno “stare non facile”.
1. “Chi non dice io né mio, costui è chiamato monaco” (Dhammapada?)
2. “Quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore (i.e. nella compassione)… e tutti coloro che ti saranno di ostacolo… tutto questo devi ritenere come una grazia (i.e. frutto dell’interdipendenza)… e non volere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te (i.e. lascia andare la presa)… e questo sia per te più che stare nell’eremo” (Francesco d’Assisi, lettera a un ministro).
Grazie e a presto,
Giorgio
Aprile 27th, 2010 at 4:47 pm
Mmmh, sì, l’icona del monaco è abbastanza facile da usare (un po’ meno da vivere) anche perché si presta agevolmente all’idealizzazione. Però in questo caso -e forse diciamo la stessa cosa, non so- chiudendo il testo con la citazione del teologo russo sul monachesimo interiorizzato volevo richiamare l’attenzione su l’icona del bancario, del bidello, della shampista… Ciascuno all’interno della propria forma di vita vissuta come una piccola opera d’arte silenziosa. Felicemente, bada bene. Ambedue caratteristiche (cesellare la propria vita senza pubblico e in serenità) possibili solo in un altra forma ideale: il buddismo maturo, quello del superamento del monachesimo quale via esclusiva di salvezza. Va da sé, come dico nel testo, che senza una pratica intensa, quotidiana, tutto ciò non ha la minima possibilità di vedere la luce.
Aprile 27th, 2010 at 7:03 pm
>Confesso una certa emozione / nel sentirmi Isabela dar ragione…
A me, figurarsi un pochino, / ha detto che son carino!
Solo per mym non ha mai una parola gentile… e però… e però… il 99% dei post sono rivolti a lui, carta canta.
Aprile 27th, 2010 at 7:41 pm
Be’, ragazzi, mi spiace suscitare invidia 8) però … La zampata del leone graffia ancora… 😉
Aprile 27th, 2010 at 8:31 pm
… e al rinoceronte, le corna rotte
Aprile 27th, 2010 at 9:07 pm
Beh, caro dr, (27) non c’è partita, lui è il Lupo della Stella…
Aprile 27th, 2010 at 9:25 pm
>lui è il Lupo della Stella…
sarebbe un buon titolo per un film horror
… o lo è già? 😀
Aprile 27th, 2010 at 10:39 pm
Troppo bbuoni.Per sporcare un po’ l’ideale prendo a prestito queste parole di Platone:”Coloro che dedicano molto tempo agli studi filosofici, quando affrontano i tribunali, si rivelano, naturalmente, degli oratori ridicoli”(Teeteto,172 C-D).Altro che avvocato del diavolo!Devo ringraziare il mio sarto per quei 4 clienti che ho. A conferma di quanto sostiene dr(27) chioso con dei versi dedicati a mym:”il mare è in burrasca/la terra in tempesta/se mi tocchi Cristina/ti spacco la testa(^_^)
Aprile 27th, 2010 at 10:42 pm
Caro dr il futuro sarà pure alle spalle ma ho tanta nostalgia della frequentazione del lusso e dei panorami dell’avventura.Ma l’hai vista la soffitta di homosex?
Mi va di recitare un haiku di Junichiro Kawasa: “Abito un tempo che ha un occhio solo e guarda il passato. Il futuro è alle spalle. La nostalgia è noia che dilaga. Nostalgia della nostra nostalgia”.Bonne nuit.
Aprile 28th, 2010 at 12:00 pm
Mamma mia, ragazzi/e, mi fate sentire -più che allupato- un ignorantibus. Io ero rimasto alla collezione di farfalle (a proposito, Isabela, nella mia soffitta ci ho anche il macaone dorato…) e voi qui parlate di Kultura, non so che dire…
Aprile 28th, 2010 at 3:07 pm
Mi basta che tu abbia riso.Perdona la licenza poetica ma suonava bene(spallucce).Non ti faccio una lode solo perchè rischierei di essere lungo e andare fuori tema – così impari! -.E poi dovresti sapere che,per una mentalità yakuza come la mia, è disdicevole far mostra dei propri sentimenti.Allora invito i gentili cybernauti a considerare la superba gestione del sito della S.d.M.:non solo non è una vanagloriosa esibizione del suo ‘ayatollah’,ma neppure una mera vetrina di merci. Per quello che fai dovrebbero riempirti d’oro le tasche!Ma non contarci troppo: il turbo-capitalismo ostacola certe forme di intelligenza, specie quelle solidali.Ciao.
Aprile 28th, 2010 at 5:07 pm
Vado subito a comprare dei pantaloni con le tasche graaaaandi…
Ciao.
PS: ho riso, ma non ho più basta. E sono bure raffreddado 😀
Aprile 28th, 2010 at 6:56 pm
Caro homosexual, se la Cristina davanti alla quale alzi un poetico scudo protettivo (32) sono io, ti ringrazio. Se non lo sono, mi compiaccio dell’omonimia. Purtroppo non sono in questo momento in grado di partecipare attivamente alla discussione, cosa di cui mi dispiaccio e mi scuso. A volte, non capisco proprio di cosa si stia parlando: per es., cosa significa “giucascaselliani” (dr.20)? Ciao a tutti.
Aprile 28th, 2010 at 8:04 pm
uéé ragazzi miei, se non conoscete Giucas Casella, che cosa avete visto del mondo?…
era colui che (non) sapeva leggere nel pensiero, esattamente come il sottoscritto.
Aprile 28th, 2010 at 9:01 pm
Conclusione.Ma certo che sei tu, Cristina, il mio scudo poetico!Tuttavia mi preoccupo dell’incolumità di mym.Dal tenore dei tuoi commenti credo che, se mi trovassi solo con te nella stessa stanza, mi sentirei al sicuro solo dopo averti legata ben bene.Banalizzo:sabato mattina – giuro! – perdendomi con l’auto sono finito in un venerando monastero.Il giardino era splendido ma il monastero semideserto.Imho, se continua così, “l’invisibile centro della sua attività” non durerà poi molto.Taccio fino al prox post. Non mi va di stuzzicare la proverbiale calma olimpica di mym.Adieu.
Aprile 28th, 2010 at 9:05 pm
Errata corrige. Senza punto esclamativo al secondo rigo.Eppoi l’haiku è di Junichiro kawasaki.
Aprile 29th, 2010 at 1:00 pm
Ho oggi stesso acquisito la consapevolezza di essere vissuta senza vivere realmente, non conoscendo Giucas Casella. Ora andrò a fare una ricerca!
Mi sembra che l’incolumità di mym non abbia mai corso seri pericoli: non si difende ma attacca, quanto alla sua calma olimpica a volte oserei metterla in discussione: mi sembra che a volte si incavoli come una persona normale! Scusa mym, soprattutto scusa il fatto che non so bene cosa intendo per “persona normale”…
Aprile 29th, 2010 at 4:17 pm
A nome delle persone normali: ringrazio ringhiando olimpicamente…
Aprile 29th, 2010 at 6:13 pm
>non so bene cosa intendo per “persona normale”…
non guardare me!
Aprile 29th, 2010 at 6:55 pm
Siete una banda di scoppiati! Oooooh!
Aprile 29th, 2010 at 7:24 pm
Booom! Ma che scoppiati, siamo i tuoi fedeli e affezionati collaboratori!
Aprile 29th, 2010 at 10:48 pm
Non ce ne dovrebbe essere bisogno, tuttavia mi sento di precisare alcuni punti.
Ho aperto il mio intervento in questo modo:
“Nello Scrive:
25 aprile 2010 alle 11:26 pm
Non entro nel merito delle asserzioni rispettabilissime, ma per me hinayaniche, del maestro degli abati benedettini, anche se interessanti. Mi permetto di tentare di precisare, dal mio punto di vista, le riflessioni susseguenti di Mauricio Yushin.”
Nell’ambito degli studi accademici, il termine “Hinayana”, viene tradotto come “Piccolo Veicolo”, quindi nessuna valenza spregiativa o riduttiva tipo quelle che hai usato tu (“inferiore, minore, scadente, falso buddhisti”).
Relativamente ai signori Radcliffe ed Evdokimov, nulla da dire…le mie osservazioni erano relative all’uso che TU ne hai fatto trasferendole in ambito buddhista. Questo a dire che ho capito che non li hai presentati come buddhisti (ed era chiaro) ma che non condivido le equiparazioni dei loro asserti con il buddhismo che ritengo impropri per i motivi che ho sintetizzato nel mio intervento (n°15).
Saluti.
Nello
Aprile 30th, 2010 at 4:23 pm
Il termine hīnayāna, nato come spregiativo per indicare i falsi buddisti, viene impropriamente -e pudicamente- tradotto piccolo veicolo.
“Inferiore, minore, scadente” non li ho usati a caso: sono la traduzione di hīna, assieme a: più basso, inferiore, difettoso, insufficiente, incompleto ecc. ecc. (Cfr. Diz Sanscr. – It., a c. di O. Sani, p. 1965). Grazie al cielo (Cielo?) quel termine non lo usa praticamente più nessuno perché non indica alcuna realtà esistente che in quel nome si riconosca o si sia mai riconosciuta.
Maggio 2nd, 2010 at 5:20 am
Tento di dare un contributo all’intervento di Cristina che dice:
“Cristina Scrive:
26 aprile 2010 alle 11:53 am
Vi prego di guardare benevolmente a questo dubbio di una troglodita dello zen. Se “essere” e “non essere” sono la stessa cosa, se il “da-sein” che ho altrove visto in discussione non ha senso, allora cosa significa “essere là” più o meno felicemente e semplicemente? Vi prego ancora: abbiate pazienza…”
Per partire ad affrontare il tema dell”essere” e “non essere”, non può essere elusa la tradizione occidentale (greca) e il principio di non contraddizione (PDNC)enunciato da Aristotele nel libro IV della Metafisica. Oltre a lui, bisogna rispondere anche a Parmenide…
In tempi moderni ti consiglio l’ottimo testo di Emanuele Severino, “Essenza del nichilismo” che include appunto il famosissimo “Ritornare a Parmenide”, il relativo “Prologo” e tutto il resto…
Tra cui:
“La verità dell’essere è cioè il predicato di ogni ente: non nel senso che l’ente stia al di fuori della verità dell’essere, ma nel senso che questa è la stessa predicazione, ossia la stessa unità veritativa dell’ente e del suo predicato, dove il soggetto non vive altrove che in questa sua unità col predicato.” (p.214)
Questo testo, molto importante per tutta la teoretica contemporanea, rimanda ad un’altro testo fondante di Severino che è “La struttura originaria”, Adelphi.
Poi, naturalmente, si possono trovare e tentare tantissime analogie con il pensiero buddhista, tuttavia, quanto posto in essere dalla visione del mondo operata dai greci, a mio avviso, e occupandosi di “essere”, non è bypassabile, va conosciuta e possibilmente fornire delle risposte agli interrogativi ed enunciati che pone.
Ciao.
Anche sul dasein…ci sarebbe da dire…ma per ora restiamo sul PDNC e Severino (grandissimo e già nell’Olimpo),
Nello
Esserci, dasein. E’ il termine scelto da Heidegger per designare la realtà umana. L’essere dell’Esserci è l’esistenza.
Esistenza, existentz. E’ l’essere dell’Esserci, a cui l’Esserci si rapporta sempre nella comprensione dell’eesere che è propria di esso. Non va quindi confusa con la existenzia che la tradizione contrappone alla essentia e che in Heidegger corrisponde piuttosto alla semplice presenza.
Semplice-presenza, (Vorhandenheit). E’ una categoria fondamentale, cioè un modo di essere degli enti che l’Esserci incontra nel mondo. Innanzitutto e per lo più l’Esserci incontra l’ente intramondano prendendosi cura di esso; in tal caso questo ente si rivela sotto l’aspetto categoriale dell’utilizzabilità. Quando l’Esserci assume invece l’atteggiamento conoscitivo, va oltre l’utilizzabilità immediata e tende ad esibire nell’ente intramondano la semplice-presenza. Nell’ontologia antica essa ha il suo equivalente nella existentia contrapposta alla essentia.
(termini tratti da “Essere e Tempo” di M. Heidegger, ed. Longanesi, 1971, pp.544,548)
Maggio 2nd, 2010 at 10:00 am
Grazie Nello. Questa è cultura, perbacco. Aggiungo, a mo’ di complemento, che il titolo Essere e tempo il Nostro lo mutuò dal titolo di una sezione dello Shobogenzo di Dogen: Essere (è) tempo, Uji in giapponese.
Maggio 2nd, 2010 at 10:59 am
Un piccolo (piccolo nei contenuti e nelle pretese) contributo ontologico.
Pur nel rispetto di un “grande” filosofo come Severino direi che:
a) rispetto ai limiti del suo pensiero, in particolare alla pretesa di aver colto la logica dell’essere in una concezione univoca in contrapposizione ad ogni forma di fede (la fede è in sè considerata “la follia” dell’occidente), consiglierei la lettura di un testo del “giovane” filosofo fabrizio Turoldo 1- Polemiche di Metafisica [Aracne Ed]
b)Penso che rispetto a Severino,in relazione al pensiero orientale, in particolar modo al taoismo e allo zen, si possa parlare di assonanze più che di analogie, visto che non mi sembra che in queste ci sia la pretesa di individuare “Il logos”.
“Via che uno enuncia non è già più la via
Nome che uno pronuncia non è già più il
Nome” Tao Te King 1
“Sappi che l’essere di ogni cosa non è
l’essere di essere non-essere..” Bussho 2
“Joshu dice:’Tu sai fare una cosa essere
per un’altra perciò profani’…
Pur stando così le cose, non dire che d’ora
in avanti non puoi rifuggire dal profanare:
o uomo che vai avanti all’asino e corri
dietro al cavallo.” Bussho 15 (traduz.Jiso)
Sulla fede:”Pittura del moci..In esso, pur affermando che un dipinto di un moci non può soddisfare la fame, Doghen non si ferma a questa ovvietà, ma procede oltre affermando che senza dipingere l’immagine del moci neppure è possibile realizzare quello che sazia la fame.” Note a Bussho di Jiso.
Ciao dario
Maggio 2nd, 2010 at 8:27 pm
Sul tema “Sindone” linko questa foto un po’ irriverente, scattata oggi:
http://yfrog.com/ehsindonej
😉
Maggio 2nd, 2010 at 11:05 pm
Heidegger=perdita di tempo.Era un volgare nazista e ho un amico ebreo che, se fosse stato per herr professor,non sarebbe mai nato.Non stronco Severino per evitarci un pistolotto – sarebbe decisamente off topic.(.)Uffa, mi annoio.Bonne nuit.
Maggio 3rd, 2010 at 7:28 am
Giusto, su Heidegger invito a leggere il breve saggio di Hans Jonas “La filosofia alle soglie del Duemila”, Il Melangolo 1993.
Jonas fu suo allievo. Ma…
Maggio 3rd, 2010 at 10:46 am
Ciao Mara, benvenuta. Conosciamo anche un’altra Mara, ma tu is mei ke uan, come dicono i romagnoli in California… Che Heidegger fosse una perdita di tempo -pur nella mia ignoranza- lo sospettavo a tal punto che ci ho scritto su un libretto. Però non si sa mai… Che fosse, quantomeno, acquiescente coi nazisti è vero, forse però non era volgare.
Maggio 3rd, 2010 at 8:41 pm
Su Heidegger.. non tutti i mali vengono per nuocere: vedi Hannah Arendt.
D’altra parte anche De Andrè diceva che “dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior”
buona serata
Maggio 3rd, 2010 at 10:12 pm
>“dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior”
Le “impurità” (nel senso chimico del termine) che rendono possibile la vita, come diceva Primo Levi.
Però una delle “impurità” era la presenza della cultura ebraica in mezzo a quella dominante, alla faccia di Heidegger.
Maggio 4th, 2010 at 2:27 am
Heidegger:”L’interrogare è la pietà del pensare”.Questa espressione non ha nessun senso filosofico.E’ una espressione di speranza religiosa, cioè l’abbandono della filosofia, al solo fine di guadagnare l’applauso degli ascoltatori. Egli farnetica su Dio per la liberazione improvvisa di questa speranza nei disperati.Ma il decostruire e dissolvere ogni contenuto significa distruggere il pensiero.Il pensiero puro, senza contenuto, non esiste. Non Cogito, ergo sum, ma per converso e più ebraicamente Est, ergo cogito – Off line.
Maggio 4th, 2010 at 9:59 am
“Il pensiero puro, senza contenuto, non esiste”, interessante affermazione (negazione?). Pare Parmenide, ma forse sbaglio e, giù per li rami, siamo arrivati a Wittgenstein. Se Mara volesse darci qualche lume a proposito…
Maggio 4th, 2010 at 1:19 pm
No.Heidegger mi annoia a morte.Ha la sua Foresta Bianca, cioè di libri, veramente tanto da dire?Tutto il suo decostruire e dissolvere non va, in defiunitiva, al di là della lotta contro le creazioni della logica come macchina autoaffermativa e falsificante dell’uomo-animale bisognoso, che fu già di Nietzsche.Cosa si salva? Il limite della “purezza” che è invalicabile.Ma il velo non si lacera, l’occhio non guarda se stesso.Il pensiero è sempre pensiero di qualcosa.Ecco, ora ho proprio voglia di mangiarmi un gelato.A bien tot.
Maggio 4th, 2010 at 3:23 pm
Aaah, ecco, il velo. Bella storia quella. Mi ricorda Il Cacciator nel Bosco… Sei avara ma per oggi mi accontento.
Maggio 5th, 2010 at 12:16 pm
A Nello (48). Con felice preveggenza mi sono scusata in anticipo della mia presenza saltuaria sul sito! Solo oggi ho visto il tuo intervento e la discussione successiva. … Proprio pensavo a Parmenide quando sono intervenuta, a Parmenide e MYM in parallelo: MYM sostiene da qualche parte, nel suo primo volume sul Mahayana, che l’equivoco inficiante tutto il pensiero occidentale parte proprio da lui, dalla dicotomia “l’essere è, il non essere non è”. Per cui mi sono chiesta che cosa significhi “essere semplicemente lì”, come nella frase di Radcliffe. Conosco sufficientemente Parmenide in quanto studio Greco da, ahimé, oltre …ant’anni: non posso dire lo stesso di Heidegger e Wittggenstein sui quali ho solo il ricordo di un’informazione lontana risalente al liceo. Se però qualcuno se ne è annoiato o li sprezza, sono affari suoi: cioè scelte personali. Così certamente si può dannare Pirandello in quanto sostenitore del fascismo e fans di Mussolini… per quanto, nella sua opera, non ci sia proprio niente che sia pur lontanamente avvicinabile o condizionato da quell’ideologia.
Maggio 5th, 2010 at 10:21 pm
Ciao Cristina.
Chiarisco subito che la mia citazione heideggeriana era relativa al tuo uso del termine “dasein” sul quale sono stati scritti fiumi di inchiostro…era una semplice citazione lessicale che ognuno poi ha colorato e colora a seconda del SUO modo di intendere le cose che ovviamente non significa per nulla che le cose stiano nel modo in cui lui/lei le pensa (Nagarjuna docet).
Tu hai capito il senso della mia trascrizione del glossario dal testo in oggetto.
Riguardo il mio intervento sul questo topic, ho contribuito al N°15 e al N°46, e non era rivolto solo a mym ma a tutti ovviamente. Nel mio primo intervento ho sintetizzato perchè, l’essere, non necessita di attribuzioni speciali perchè le contiene tutte, è un intero.
Certo, Parmenide pone una questione forte. Per me, il filosofo contemporaneo che meglio ha sviscerato il positivo e il negativo del pensiero parmenideo e tutto il corollario susseguente nei secoli a lui (e ad altri)riconducibile è Emanuele Severino.
Il confronto, da parte buddhista per quanto mi riguarda, con un Maestro del calibro di Severino, non è bypassabile, nè liquidabile in poche superficiali battute.
D’accordo con te sulla conclusione del tuo intervento…se studio il pensiero di Tanabe Hajime, studio il PENSIERO di Tanabe Hajime, e lo stesso vale per Nishida Kitaro e Nishitani Keiji o Abe Masao, vale a dire la Scuola di Kyoto, le cui teoresi vanno ben oltre le attribuzioni di sostenitrice del regime giapponese ante 1945, tutte da dimostrare…tra l’altro.
Ciao. Nello
Maggio 5th, 2010 at 10:58 pm
Per dario (N°50).
Severino più che di logos, parla di epistéme che si certifica attraverso l’elenchos.
Per Severino, la “fede”, più che “follia” è “violenza”, e lo dimostra in modo pressochè incontrovertibile.
Poi, su cosa si intenda per “essere”, si può discutere a lungo…e certo Severino produce una teoretica assolutamente antropocentrica che non condivido ma con la quale non è possibile non confrontarsi.
Tenendo ben presente che quando si parla di Severino, si sta trattando con un titano del pensiero contemporaneo e non solo.
Terrei ben distinto il taoismo dallo zen e soprattutto da Dogen.
Non conosco Fabrizio Turoldo.
Condivido l’ultima citazione di Jiso.
Ciao. Nello
Maggio 5th, 2010 at 11:21 pm
Per dhr (N°55).
Da ignorante in materia, quale sarebbe “la cultura ebraica”?
Maggio 6th, 2010 at 7:35 am
Semplicemente la presenza ebraica con le sue tradizioni e – soprattutto – la sua “alterità”. Non un insieme di concetti A, B, C.
Maggio 6th, 2010 at 10:22 am
Buongiorno a tutti. Per gli amanti del brivido, una lettura che fa volare (chi vola vale, ecc. visto che si rinverdiscono torbide simpatie di aerei filosofi): “Filosofi sovrumani”, di Giorgio Colli, ed Adelphi, in cui il grande, poco più che ventenne, legge i cosiddetti presocratici, Eraclito, Parmenide e c. (ma anche in parte Platone) in chiave “mistica” e non solo politica (alla greca). Tante contrapposizioni pseudo ideologiche (es. Eraclito versus Parmenide) assumono una nuova luce. Gli specialisti sanno già tutto, of course, quindi questa nota è solo per ignoranti, genia cui mi onoro di appartenere. Unum scio… la conoscenza più stimolante è quella della propria ignoranza. Ciao
Maggio 6th, 2010 at 11:06 am
Grazie Nello, bisogna riconoscere che i tuoi interventi sono esaurienti. A nudelook: grrrr, vuoi farmi arrabbiare? Se uno conosce, mal per lui, il greco, dovrebbe fingerne l’ignoranza tanto per non apparire consapevole, o superbo, delle sue conoscenze? …le quali, ovviamente, non sono né totali né assolute né indiscutibili. Però non è lecito leggere uno scrittore di tot anni fà appartenente a un ben preciso ambito culturale, inserendolo invece in un sistema di pensiero posteriore magari di millenni e confrontandolo con questo. Omero si spiega attraverso Omero.
Maggio 6th, 2010 at 12:29 pm
Non ci penso neanche a volerti fare arrabbiare.
L’ignoranza non si finge, è un patrimonio inalienabile. E c’è anche un ignoranza dei dotti, nel senso che c’è sempre uno spazio non noto anche a chi sa (si era parlato di Wittgestein, mi pare…) Omero si spiega attraverso Omero, a patto di sapere che questo non vuol dire che Omero spiega Omero: se io leggo Omero, fra Omero e la mia lettura c’è tutto quello che ci sta fra Omero e me. E quel che dice oggi Omero, lo dice oggi. O no?
Maggio 6th, 2010 at 12:30 pm
PS. Per qualche giorno sono fuori portata computer, se non rispondo a eventuali altre “arrabbiature” non è per spocchia o per fifa, solo per sconnessione…
Maggio 6th, 2010 at 12:37 pm
Grazie Nudelook. Parlando di ignoranza, mi piacque ascoltandolo un’espressione di Paolini, sorta di invettiva lanciata ai governanti rapaci e spocchiosi, privi di ogni creanza civile: “mancanza di ignoranza!”.
Maggio 6th, 2010 at 2:05 pm
YAAhhhwwwnn..L’errore di fondo che Severino fa da sempre, e che rende le sue tesi insostenibili, è quello di prendere gli oggetti dal divenire negando il divenire. Prendiamo la bellezza. Può venire dall’essere? Ammettiamo pure che in ultima analisi venga dall’essere, attraverso una lunghissima mediazione. Ma in primo luogo essa viene, quando viene (è cosa rara), dal divenire. E dura poco. Come potrebbe essere eterna?
È una creazione del fisico e segue il destino del fisico. Allora, Nello-so-tutto-io quanto è morto un morto? Tranquillo, nessuno ti sopravvaluta. Questa è una domanda a cui si può rispondere solo con la fede. Mi faccio un giro con nudelook. Bye-bye.
Maggio 6th, 2010 at 2:35 pm
Parla la Sapienza: “Quando Egli fissava i cieli, io ero là”… semplicemente, I suppose?
(Proverbi 8,27)
Maggio 6th, 2010 at 5:42 pm
Bella domanda Dhr. In ogni caso è una bella coppia, Lui che -con aria ieratica?- dà gli ultimi ritocchi al settimo cielo e lei, implacabile, già lì a sindacare.
Per questo l’ottavo giorno creò il divorzio… 😀
Maggio 6th, 2010 at 5:48 pm
Mara (70), scusa se mi permetto, però questa cosa di “venire dal divenire” nonècche mi convinca molto.
Quando è morto un morto? Questa la so: già da prima, altrimenti era un vivo.
Mi piace di più questa: che differenza c’è tra un vivo e un morto?
Al primo che risponde esattamente un CD con le conferenze di mym, al secondo due CD, al terzo…
Ah, e poi, per favore, sii gentile con Nello, se non son gentili almeno le signore…
Maggio 6th, 2010 at 6:30 pm
>che differenza c’è tra un vivo e un morto?
Che dei vivi bisogna avere paura, non dei morti.
And the winner is.
😛
Maggio 6th, 2010 at 6:32 pm
>Bella domanda Dhr. In ogni caso è una bella coppia
Rinvio al racconto “Lilith” di Primo Levi, dove si narra la love story tra l’Altissimo e la demonessa Lilith.
Però non stavano “semplicemente là” con le mani in mano.
Maggio 6th, 2010 at 7:29 pm
No no no, quella differenza tra i vivi e i morti, insindacabilmente, non la assevero: aver paura dei vivi è abbastanza comune, quasi come aver paura dei morti, il problema non è questo. Per concludere (?) questa chat ci si aspettava qualcosina… qualcosina di più moscatello, ecco.
Maggio 6th, 2010 at 8:49 pm
Persa in un bicchiere di troppo..Il divenire che crea la mia bellezza dopo un po’ la distrugge, inevitabilmente, con la mia morte.Rientro con la morte nel nulla?No, perchè il nulla non esiste.Rientra nell’essere, ma come rimane un mistero.E, se il mio corpo muore, che ne è dello spirito?Quanto si muore quando si muore?”Ehi, I’m showing U the door ‘cause I gotta have faith”. – Non ne posso più.Fate un post ad hoc così mi metto in poltrona con le mie amiche e ci facciamo due risate.Nel frattempo mi incornicio il commento 21 e chi sì è visto, s’è visto -.Au revoir.
Maggio 6th, 2010 at 8:59 pm
A nudelook. Arrabbiatissima! No, non proprio, sono d’accordo in linea generale: non si finge l’ignoranza come non si finge la competenza. Non c’e differenza tra chi si vanta dell’una e chi si vanta dell’altra; l’esserne consapevoli, e dichiararlo, non è la stessa cosa! Mi piacerebbe sentire cosa direbbe Omero oggi, non tanto sui suoi argomenti che non hanno più ragione di essere, quanto sui discorsi che si fanno su di lui. Tra me e lui ci sono 2700 anni circa, il mio impegno deve essere quello di leggerlo sforzandomi di vedere una realtà che per lui era chiara in quanto era la “sua” cultura, per me è una faticosa ricostruzione… se voglio provare seriamente a ricostruire e quindi capire.
Maggio 6th, 2010 at 9:11 pm
>Per concludere (?) questa chat ci si aspettava qualcosina… qualcosina di più moscatello, ecco.
Eccola: un morto non avrebbe mai postato questa tua richiesta.
Maggio 6th, 2010 at 9:47 pm
Giusto. Sai mara,non ci avevo mai pensato.’Quanto’ è morto Gesù?E Buddha?Mah..Cmq anch’io stasera mi sbronzo di brutto e chissenefrega di dio, del demonio e dei sacramenti.Au revoir.
Maggio 6th, 2010 at 10:06 pm
Per mara (N°70),
Il “divenire”, non lo nega (giustamente) solo Severino ma il buddhismo stesso.
Non c’è nessuno spazio per il divenire nella realtà.
La legna non diventa cenere, esiste nella sua posizione dharmica (ju hoi) in quanto legna, e la cenere esiste nella sua posizione dharmica in quanto cenere. Vale a dire che non può essere vissuta nel suo tempo precedente o successivo ma solo e sempre come qui ora (nikon). Nikon quale punto zero eterno, perenne, e luogo di convergenza dei tre tempi (kyoryaku) presenti contemporaneamente in questo attimo che si muove (trans-presente).
Alla tua domanda relativa al “morto”, rispondo con un’altra domanda, “morto” rispetto a che cosa?
E ancora riguardo la tua citazione di “fede”, nel buddhismo si riconduce al termine “engi”, di cui ti allego una semplice e sintetica introduzione:
縁 (en/fuchi/yukari) en/yukari = bond, tie, to be linked fuchi = hem, edge, verge
起 (ki/gi/okoru/okiru) to happen, to get up, to start
The original meaning of 縁起(=engi) came from Buddhism and means that not everything in the world has a specific physical or tangible form. Things are composed by various intangible “reasons” and “conditions”.
Infine, non so cosa tu abbia letto e studiato di Severino…il bresciano non è certo un filosofo che si presta a letture troppo tranchant, superficiali e categoriche come fai tu e tanti altri.
Ciao. Nello
Maggio 6th, 2010 at 10:09 pm
Scusate mi facevo beffe di mym..Non è gentile correggere una signora specie quando ha ragione.Dunque: ‘Quanto’ è morto(di)Gesù?E(di) Buddha?
Maggio 6th, 2010 at 10:21 pm
Per dhr (N°64),
“Tradizioni” riconducibili a che cosa?
Puoi fare qualche esempio?
E ancora, la “alterità” che presuppone quale prospettiva? Poggiante su quale piano?
Com’è la alterità da parte ebraica?
Ed “ebraico” cosa indica?
Mi rendo conto che possa non essere facile dare risposte sintetiche…tuttavia, se si usa il termine “ebraico”, penso debba per forza riferirsi a qualcosa. Cos’è questo “qualcosa”?
Arigato.
Ciao. Nello
Maggio 6th, 2010 at 10:41 pm
Ok Nello.SEI decisamente uno sgobbone. – Per la serie Achille e la tartaruga ^^ -.”Nel mondo era, e il mondo fu fatto per lui, e il mondo non lo conobbe”(Giovanni I 10).Kisses from a rose.
Maggio 7th, 2010 at 10:33 am
Per toccare ogni filo da voi annodato o sciolto ci vuole tempo e pazienza, oggi difetto un poco. Così riassumo: Mara sei una birichina, quel (77)”rientro/rientra” a che cosa si riferisce, parlando di morte? Nonècche speri di esserci PER DAVVERO? Per questo chiami in causa gli spiriti? Allora meglio la macumba… Nello ne sai una più di… Lilith, però perché tutto quel giapponese? Engi è “solo” la pronuncia giapponese del cinese 緣起, il tentativo di Kumarajiva di tradurre pratityasamutpada, la formula buddista in sanscrito per dire quello che poveramente chiamiamo “divenire”. Infatti è enunciato (anche) nel Discorso della pianticella di riso, che “diviene” pianta di riso. Nagarjuna, sapiente di ciò che conta per l’uomo, ovvero l’altro sesso e la religione, dice (cito a memoria): “Se una cosa sorge in relazione ad un’altra non è uguale ne diversa da quella che l’ha generata”. La ghianda e la quercia, il bambino e l’adulto… e il vivo e il morto? Chiedo a Dhr, su quel che non fanno i morti siamo d’accordo, ma al vivo manca qualche cosa per essere morto? O è al morto che manca qualche cosa per essere vivo?
Maggio 7th, 2010 at 11:15 am
Al vivo manca qualcosa per essere morto.
Maggio 7th, 2010 at 11:33 am
Sì, qualche… minuto 😉 , ciao, y
Maggio 7th, 2010 at 2:40 pm
@mym, commento 85.Se io morissi, il mio spirito morrebbe con me?Sì, se non avessi fede in me;no se invece ne avessi.Oggi non ho proprio tempo per essere concisa devo andare dal parrucchiere.Bacini.
Maggio 7th, 2010 at 2:42 pm
Non posso esimermi dal ringraziare Milady per la sua lode al commento 21.Ecco ‘come stanno le cose’:l’anima che va all’inferno vuole restarci.Amen e così sia.
PS – Attenzione a contraddire Milady è molto permalosa e vendicativa.
Maggio 7th, 2010 at 2:45 pm
Già,adoro la crudeltà di Milady..ed è pure veloce col pugnale.Scommettiamo, caro Nello, che se te lo infilza in pancia
‘diventi’ morto?Semplicemente perchè il divenire e’.Ovvero, più banalmente, il divenire infinito è il modo in cui si manifesta l’essere.Ti prendi un altro SEI, questa volta in matematica – che regola i rapporti tra noumeni e fenomeni – e, al terzo SEI, finisci dritto dritto all’inferno.Anch’io devo andare dal parrucchiere,allora vi lascio una citazione dotta:”Il riso è l’anima di Dio”(Lisa Simpson – proprio quella dei cartoni).Au revoir
Maggio 7th, 2010 at 3:35 pm
Insomma, Mara, hai scelto la macumba, eh? Non so, forse è divertente ma questa volta sorrido allo spirito di Isabela, la citazione è da papessa.
Però, non sfrucugliate Nello, por favor.
Maggio 7th, 2010 at 10:15 pm
>62
Su Severino: condivido la evidente difficoltà (anche dei suoi allievi) a confrontarsi con la complessità del “suo” pensiero ma che lui lo ritenga il “La” verità(“Il” logos) su questo non credo ci siano dubbi:
“Se il destino è ciò a cui non si può sfuggire, allora la verità è il senso originario del destino..La verità dice:..nel senso che essa è il mostrarsi, l’apparire della necessità(il logos) in cui il Tutto dimora..il luogo in cui il Tutto sta in accordo e presso il quale si raccoglie: il logos.” (Il senso del destino in ‘Destino della necessità’).
“tanto dire natura autentica niente, quanto dire natura autentica ente entrambi imodi diffamano.”(Bussho)
ciao dario
Maggio 7th, 2010 at 11:21 pm
Per mym (N°85),
Sull’asserto di Nagarjuna bisognerebbe sviluppare un dibattito…
Confortato da Dogen, che raccoglie ed evolve il dettato nagarjuniano (lo supera), posso tranquillamente dire che pratityasamutpada (Coproduzione Condizionata od Origine Dipendente)non significa “divenire”.
Dogen, stabilisce che non può esserci divenire nella Via di Buddha, e questa a me interessa.
Il punto è, perchè Dogen (che non contraddice Nagarjuna, ma evolve i suoi postulati circa 1000 anni dopo) non può accettare il divenire?
Maggio 7th, 2010 at 11:41 pm
Per mym (N°85),
il termine “engi” l’ho utilizzato in relazione al termine “fede”, questo perchè, nel buddhismo zen, la “fede” è qualcosa indissolubilmente legata a causa-effetto, engi, appunto.
Ovviamente, nell’essere totalmente causa e totalmente effetto, non esiste alcun divenire. Se esistesse “quel” divenire, crollerebbe il buddhismo.
Sandokai e Sekito Kisen docet.
Maggio 8th, 2010 at 12:15 am
Per dario (N°92),
Scusa ma non è molto chiaro quello che dici.
Se non ho capito male, secondo te, Severino riterrebbe il “suo” pensiero nientemeno che “La” verità (“Il” logos)?
Se hai dedotto questo leggendolo, hai dedotto male…
La elaborazione teoretica di Severino ha ben altro respiro…
Severino pone delle questioni, apre il dibattito, e l’evidenza delle cose che vengono a mostrarsi, a loro volta lasciano trasparire ciò che non appare…lo sfondo…
Sui termini poi, basta intendersi, il testo che citi tu è del 1979, oggi, mi sembre gli piaccia di più utilizzare il termine “epistéme”, a mio avviso meno ambiguo del termine “logos”.
Non sono un allievo di Severino ma lo stimo moltissimo. I suoi allievi sono tutti eccellenti filosofi, conoscono molto bene la sua teoretica, lo chiamano (giustamente) Maestro.
Maggio 8th, 2010 at 12:29 am
Per dario (N°92),
anche la tua citazione da “Bussho”, scollegata dal suo contesto non mi è chiara…
Bussho, la natura-di-buddha, è l’impermanenza (mujo).
La natura-di-buddha-impermanenza, è ovviamente l’integrazione dei due piani di realtà. Quindi, non se ne può affermare uno a discapito dell’altro. I due vivono insieme senza costituire nessun uno. Ovvero,
estinguere il dualismo senza creare alcun monismo.
Maggio 8th, 2010 at 10:54 am
Grazie Nello. Se fosse possibile farei volentieri crollare il buddismo. Il divenire non esiste (come il buddismo), parole al vento che prima o poi cancella ogni cosa. Il punto, questa volta, era “essere semplicemente là” (anche “qua”, per i pignoli) e, per allargare il panorama fuori dal chiostro, “monachesimo interiorizzato”.
Un mio amico dice di avere un cane buddista perché ha imparato che cosa vuol dire “Fido molla l’osso!”. L’ambiente si declassa…
Maggio 9th, 2010 at 5:56 pm
>si tratta soltanto di un problema transitorio
… come la vita.
altro che “soltanto”!
😀
Maggio 9th, 2010 at 6:27 pm
taci, non dirlo a me che ho fatto della transitorieta’ una regola. uff pero’ che fatica… (specialmente poi spiegarlo alle mogli)
Maggio 9th, 2010 at 6:28 pm
p.s. a riprova della transitorieta’ domattina insieme al ripristino dei vecchi contenuti spariranno anche questo post e tutti i commenti, quindi sfogatevi pure 🙂
Maggio 9th, 2010 at 6:47 pm
come? sparirà l’unica cosa intelligente che avevo detto in 40 anni??!! sigh…
sic TRANSIT gloria mundi
Maggio 10th, 2010 at 9:39 am
Intelligente? 😀
Maggio 10th, 2010 at 11:10 am
Certo che se ogni tanto si potesse fare un upgrade del server della vita togliendo e mettendo cose nel passato per rifare il presente… O è già così? 😉
Maggio 10th, 2010 at 12:08 pm
L’unico passato che mi interessa è quello di verdura.
Maggio 10th, 2010 at 12:11 pm
(com’è che mi si è dis-aggiornato il Profile? haddaesse “dhr”. rimedio subito, ma la feccenda non è chiara)
Maggio 10th, 2010 at 1:53 pm
considerando la qualità della discussione ho ceduto alla tentazione e ho lasciato intatto l’ultimo post inclusi i commenti.
il sito comunque ha ripreso a funzionare correttamente, per quanto sia del tutto aperto a discussioni il concetto di “corretto” qui dentro 🙂
Maggio 10th, 2010 at 6:56 pm
[…] addietro abbiamo pubblicato il testo della conferenza sul tema La pratica Zen tra laicità e religione tenuta a Torino da Jiso Forzani organizzata dal […]
Maggio 11th, 2010 at 8:22 pm
Salve, mi chiamo Alessandro, vi seguo da diverso tempo e da poco mi sono iscritto. Vorrei sapere se esitono mail di riferimento per info o se invece è solo possibile interagire in modaliità blog.
Grazie
Maggio 11th, 2010 at 10:42 pm
Per Mauricio (N°97),
ognuno gioca con gli strumenti che ha o che preferisce…Poi si può anche dire che non esiste nessuno strumento e nessun gioco…
Non credo si sia andati fuori tema.
Per me il buddhismo è l’universo…e si può anche dire che non esiste, basta intendersi su quale registro comunicare.
Ripeto, per me, “essere” è esaustivo in se stesso e non necessita di coloriture parrocchiali, poi, ognuno è anche libero di colorarlo come preferisce e io mi prendo la stessa libertà, nè più. nè meno.
Con le parole si rischia sempre di sostanziare, quindi nominalizzare, quindi contraddire, tuttavia, per mezzo di esse può prodursi il dibattito, l’elaborazione. Attraverso questa personale elaborazione, ho cercato di dire che per me, “monachesimo interiorizzato” non significa nulla, lo trovo un termine fuorviante…
Se si cita la dottrina buddhista, o un testo buddhista, le interpretazioni soggettive aprono il dibattito, l’elaborazione…che poi questa sia sterile e non significhi nulla ai fini della esperienza concreta delle cose…apre un altro piano dialettico.
Non ho nessun “osso”, quindi nulla da “mollare”.
Ancora…”l’ambiente”, per me, è l’universo.
Oppure, sono nuovo dell'”ambiente”…
Ma anche, non c’è nessun ambiente che possa declassarsi. Proprio non esiste.
Ciao. Nello
Maggio 11th, 2010 at 11:04 pm
Ovviamente, l’essere umano ha le sue contraddizioni, vale a dire che non è detto che affermando l’inesistenza del divenire abbia compreso la responsabilità della concatenazione delle cose.
Ma, se afferma il divenire, è molto più fuorviante.
Maggio 11th, 2010 at 11:52 pm
buongiorno Alessandro e benvenuto! per questioni tecniche (informatiche) puoi scrivere a me:
pmarsiaj@lastelladelmattino.org, per questioni di contenuto al “caporedattore”:
yushin@lastelladelmattino.org.
buona visita. pierinux
Maggio 12th, 2010 at 9:41 am
Per ricollegarsi a quanto discusso nel thread “Essere semplicemente là”: nell’incessante flusso del divenire, un cane consuma gradualmente la propria esistenza, fino a ridursi al nulla. La sua adesso è una s-Bobi-natura.
Ancora “natura autentica”?
Maggio 12th, 2010 at 11:33 am
Non è forse questo il luogo dove esporre una mia curiosità ma, non sapendo quale esso sia, la espongo lo stesso. A proposito di dhr: cosa significa quella “h”? Sta forse per “homo più o meno sapiens”?
Maggio 12th, 2010 at 2:08 pm
Cara Cristina,
seee, MAGARI fosse “homo sapiens”. No, è l’iniziale di un bellissimo nome giapponese, Humei, che molto coerentemente significa Non-Nome.
Me lo ha suggerito uno il cui nome giapponese significa Cuore Pazzerello.
Maggio 12th, 2010 at 2:10 pm
(intervengo solo per far raggiungere la mitica quota 100 a questo thread! era mai successo prima?)
———————————-
100 e non più 100?
mym, in piena invasione di campo 🙁
Maggio 12th, 2010 at 3:59 pm
Gesù, Giuseppe (non Jiso, l’altro), Maria!
Maggio 12th, 2010 at 4:55 pm
“… siate la salvezza dell’anima mia.
Gesù, Giuseppe, Maria,
assistetemi nella mia agonia”
Maggio 12th, 2010 at 7:42 pm
Bello, sia l’uno che l’altro. Ma cosa significa “bello”?
Maggio 12th, 2010 at 8:15 pm
|Ma cosa significa “bello”?
E’ ciò che viene a primavera.
Maggio 13th, 2010 at 10:06 am
Grazie per la concisione, il buon gusto e l’inutilità del tutto.
Maggio 13th, 2010 at 10:51 am
Grazie Nello, continuo a non replicare alle tue complesse argomentazioni. È solo perché vedo il commento come un veicolo agile, leggero. La parte “pesante” è già nel post e negli eventuali allegati.
Maggio 13th, 2010 at 11:06 am
> l’inutilità del tutto
quella non è merito mio 😀
Maggio 13th, 2010 at 11:08 am
(al n. 100)
Robb de matt, esalta l’ecologia e poi invade i campi!!
Maggio 13th, 2010 at 11:19 am
No, è merito che risale al Leopardi – almeno per me umanista -: “…e l’infinita vanità del tutto”.
Maggio 13th, 2010 at 11:26 am
ehm, intendevo che è “merito” dell’esistenza in quanto tale.
del resto, “vanità” e “inutilità” non sono mica sinonimi: la seconda è positiva.
Maggio 13th, 2010 at 12:05 pm
Si, sono stata quanto mai imprecisa: dovevo dire “il merito della consapevolezza della cosa”. L’inutilità è positiva? A me sembra vuota e basta…
Maggio 13th, 2010 at 1:05 pm
Con te, discutere è inutile! 🙁
😛
Maggio 13th, 2010 at 6:16 pm
Citami, di grazia, qualche caso in cui la discussione sia utile!
Maggio 13th, 2010 at 8:39 pm
beh come quella volta che, insomma, ricorderai anche tu, c’era coso, coso lì, e si era appunto deciso di, pur con tutti i distinguo del caso, però alla fine si era sostanzialmente d’accordo e quindi sull’insieme mi è parso che sia risultato utile no?
Maggio 13th, 2010 at 9:20 pm
Ti sembrerà strano ma questa volta mi trovi in totale sintonia!
Maggio 14th, 2010 at 12:02 am
E’ impossibile non rispondere, anche il silenzio è una replica.
“agile, leggero e pesante”, sono relativi, quindi soggettivi.
Ovvero, quello che è “agile” può dimostrarsi inagile, quanto ritenuto “leggero” può rivelarsi pesante e viceversa.
“Qui ed ora è diverso per ognuno” Taisen Deshimaru Roshi.
Maggio 14th, 2010 at 12:06 am
Per Isabela,
non temo Milady…che non conosco…ma se anche mi infilzasse, quando sono vivo, sono completamente vivo, quando sono morto, sono completamente morto.
Come puoi facilmente vedere, c’è solo l'”essere”, l’uno o l’altro, e nessun “divenire”.
Bacioni.
Maggio 14th, 2010 at 4:09 am
Ho letto gli interventi di Jiso e condivido ogni parola. Gassho.
Maggio 14th, 2010 at 11:24 am
Complimenti: non commenti a un non post… Lewis Carrol era un dilettante.
Maggio 14th, 2010 at 11:30 am
>Lewis Carrol era un dilettante
mi diletta molto, infatti
Maggio 14th, 2010 at 11:34 am
Grazie Nello, sei un tornado (nel senso di hurricane)… A proposito del qui ed ora in effetti Deshimaru ha ragione: a parte latitudine e longitudine, nel definire il qui anche i metri quadri andrebbero stabiliti con cura. Per quanto riguarda l’ora poi non ne parliamo nemmeno, è un bailamme incredibile. Chissà se qualcuno conosce e ricorda Il difficile ritorno del signor Carmody: quando fantascienza faceva rima con intelligenza.
Maggio 14th, 2010 at 3:05 pm
>quando fantascienza faceva rima con intelligenza
la fa ancora…
Maggio 14th, 2010 at 5:11 pm
La fa ancora??? Non sul mio tappeto, per favore!
Maggio 14th, 2010 at 8:29 pm
tanto che importa? i Centri sono chiusi, nessuno ha più bisogno di tappeti per fare sesshin
😛 😛 😛 😛 😛
Maggio 18th, 2010 at 8:35 pm
parlagli della ricerca del “sééé, bbonanotte”
😀
Maggio 18th, 2010 at 8:40 pm
Caro collega, temo che in questo Paese di stropicciati, di quello (ecchic’ammazzannoi ecc. ecc.) ne sappiano tutti appacchi. Qui l’entropia lavora da molto prima che altrove, parrebbe.
Maggio 18th, 2010 at 8:56 pm
Occorrerebbe reagire con una buona dose di estro-pia.
Maggio 19th, 2010 at 9:51 am
Una buona dose? Quanti megatoni? 🙁
Maggio 19th, 2010 at 10:15 am
basterà un missile MYM Intelligente
😀
Maggio 19th, 2010 at 12:38 pm
Grazie per l’accoglienza e le indicazioni.
Saluti.
Maggio 19th, 2010 at 3:04 pm
Trovo il programma un po’ “heideggeriano”. Se l’uomo invisibile vi partecipasse il suo stato d’animo fondamentale sarebbe quello della noia. Assistervi sarebbe come prendere coscienza che la vita (?) è come bloccata in un vicolo senza uscita, in una direzione senza sviluppo. Perché ‘curare’ il sé e impedire a noi stessi di soffrire di quella sofferenza che significherebbe il raggiungimento dell’autenticità ovvero il contatto con l’oppressione del mondo?
PS:Il titolo della conferenza di MYM ha tenuto in orbita il mio mondo per un paio d’ore.
Maggio 19th, 2010 at 4:16 pm
Ossanta polenta, Homosex, non è da te. Mi riferisco al PS. Qui i complimenti li faccio solo io. Riguardo alla noia: troppo giusto (vedi?), dai titoli pare che queste persone pensino esista un mondo, oggettivo, con una certa forma e quindi loro ne discutono, lo illustrano, lo spiegano. E più lo fanno e si ascoltano l’un l’altro più si confermano dell’esistenza di questa cosa a proposito della quale parlano ecc. Un processo di imbalsamazione difettoso e scalcinato.
Riguardo a “curare il sé” vien voglia di dire: “Grazie, mi curo da me…”
Maggio 19th, 2010 at 9:40 pm
Ti rendo edotto che oggi ho conquistato un pezzetto di infinito riuscendo in una impresa impossibile:redigere un memoria di replica (ultimo atto del proc. civ.) per un cliente indifendibile. Meno male che il giudice è uno in gamba altrimenti rischierei di vincere..Se dicessi che ho lo scalpo di mr. Heidegger credo che nel ‘mio’ mondo di inglourious basterds mi farebbero la standing ovation! Tant’è..ricamo sul titolo (tuo) fino alla festa del Santo – fine maggio – l’anno scorso fu memorabile. Ciao.
Maggio 20th, 2010 at 1:49 pm
La difesa per un cliente indifendibile: buongustaio. Il giudice in gamba è, anch’essa, merce rara, una sorta di ossimoro?
Maggio 20th, 2010 at 9:40 pm
Proprio così.Vexata quaestio quella della responsabilità. Se eseguo responsabilmente il mio lavoro i criminali la fanno franca, se no, finiscono in gattabuia. Nel primo caso,però, mi rendo irresponsabile verso la società.Tuttavia, nonostante il mio atto sia stato un pezzo di bravura, il poveretto ne ha combinate troppe e, per fortuna, non ha i mezzi per cambiare le leggi a suo uso e consumo dunque, nel caso di specie, sono stato responsabile verso il mio cliente e verso la società. Ippiiaie!
Maggio 20th, 2010 at 11:02 pm
qui a Perugia ti sentiresti a casa: il processo Mostro di Firenze, il processo Meredith Kercher, il processo Appaltopoli-G8…
Maggio 21st, 2010 at 4:09 am
Non so.Se dipingessi un criminale come il migliore degli uomini anche se finisse in gattabuia la parcella la incasserei lo stesso.Tuttavia, nel lungo periodo, perdere spesso – anche se con stile – non sarebbe una buona pubblicità.Dunque essere responsabili significa ‘fare i soldi’?Saranno le suggestioni degli studi sulla giustizia karmica o l’essere stato assolto per un soffio dal tribunale dell’Areopago (aver avuto le Erinni alle calcagna non è stato piacevole) ma la povertà non mi spaventa affatto.
Maggio 21st, 2010 at 4:11 am
Già. «Sappiamo bene che Heiddeger, con la sua alta coscienza della ‘responsabilità'(…) da anni sostiene nella maniera più efficace il partito di Adolf Hitler»(Der Alemanne del 3.5.1933).Se i filosofi sono le antenne del loro tempo, l’adesione spirituale ad uno dei massimi progetti criminali della storia lo rende, a dir poco, un imbecille.Qualche decennio prima, un altro pensatore, subodorando il lezzo nauseabondo della sua epoca, prese a firmarsi ‘un anti-antisemita’ e, per questo, veniva pure canzonato..Leggendo alcuni titoli delle conferenze mi viene istintivo poggiare la mano sul manico del pugnale.
Maggio 21st, 2010 at 4:14 am
Frena la mano Isabela (ah,l’esuberanza giovanile!).In fin dei conti ‘La democrazia è partecipazione’ potrebbe essere solo un complesso di Elettra irrisolto..Sul mondo oggettivo.L’anno scorso i buoni cristiani pensarono bene di celebrare il Santo picchiandosi di brutto (un incomprensione su chi dovesse portare la statua – comicissimo!).L’ufficio stampa:”Bazzecole rispetto alla grandezza del messaggio evangelico!”.Se lo dice il prete,beee..Mica sono una pecora matta ma giusto un ‘uomo’.Aperta la caccia al bloggher ignorante. Ho ripreso da un po’ ad esercitarmi con l’arco e le frecce.(X la serie libero gioco in libero blog).
Maggio 21st, 2010 at 4:15 am
PS:Intendo per ‘uomo’ solo chi filosofa ovvero antropomorfizza il mondo (tanto per essere didascalico).
Maggio 21st, 2010 at 10:53 am
Tra un miliardo di anni (ci sarà abbastanza tempo per arrivare ad un altro miliardo?) che importanza avrà tutto ciò? Non credo che la cosa importi gran ché ma ridimensionare aiuta. Ragazze, ragazzi, è un onore ospitarvi. Sulla responsabilità non c’è dubbio che non la si sfugge, in inspecie quando la si sfugge. Ma si paga pegno anche in valuta invisibile e sia il giudice che mi condanna innocente sia l’avvocato che mi fa assolvere colpevole, paiono incassare e non saldar mai i conti. Ma frequentare gli anziani, ascoltarli, vederne lo stato, ascoltarli morire.
Isabela, non gliel’hai perdonato al Martin pensatore di non aver coraggio e badare al posto fisso come un uscìere nato a Scampia… Non è, proprio lui: Martino, abbastanza importante da meritare un regalo costoso come il non perdono.
Maggio 21st, 2010 at 12:12 pm
Bellissimo!non voglio dire “capisco cosa intende” perchè pretendere di capire è forse tanto, però tutto il pezzo rispecchia una serie di pensieri e riflessioni cui mi abbandono con una certa frequenza e in base alle quali spesso desidero mollare tutto per andare a allevare capre (lo dico con estrema serietà).
Solamente, riguardo all’affermazione “l’unica cosa che il suo senso ce l’ha, procreare, allevare la prole..”
.. spero che non sia del tutto esatto.. cioè, spero che un pieno senso e dignità possa anche essere attribuito al semplice esistere senza per forza avere e curare una prole.. dato che non tutti sono così fortunati da poterla ottenere, per mancanza di un compagno, o di efficienza fisica, o forse solo di fortuna. O forse, può intendersi come prole non genetica ma anche spirituale? Però io attribuisco grande dignità anche alla vita in solitaria..
PS siete sicuri di volere quella formichina?! temo stia per causarmi una crisi epilettica!
Maggio 21st, 2010 at 12:37 pm
La formichina è quasi arrivata. La capre invece… chissà perché mi ricordano qualche cosa, hanno -come dire- un ché di famigliare. Ma forse mi sbaglio, gli anni passano, anche i padri invecchiano…
Per ciò che riguarda la parte seria attendiamo lumi dal “nostro” inviato a Parigi. Questa mattina era -di nuovo!- a spasso..
Maggio 21st, 2010 at 12:47 pm
Beato lui 😀
Non so se le capre c’entrino qualcosa con mio padre, ma da quando ho questi istinti ovini gliene parlo relativamente spesso (anche troppo.. è pur sempre un padre e temo che preferisca una figlia impiegata a una figlia pastora..), e ho effettivamente ricevuto testimonianza dei suoi trascorsi pastorali, anche se non saprei se erano con capre o altro 🙂 .. che ci sia un tarlo ereditario?!
Dici che la formica è quasi arrivata? A me pare si sia perduta..
Maggio 21st, 2010 at 12:48 pm
“È pur sempre un padre…” no no, Sumire. Né così né cosà. Con i “padri invecchiano” mi riferivo a me stesso, parfarasando un’antica canzone: “gli anni passano, le mamme invecchiano, ma mai finirà la loro beltà…” primi anni cinquanta se non sbaglio.
Maggio 21st, 2010 at 12:49 pm
PS le capre fanno assolutamente parte della parte seria! anche se non necessitano lumi da Parigi.
Maggio 21st, 2010 at 12:57 pm
Se qui ci si occupasse solo di quel che necessita avremmo chiuso da un bel po’. Se scappi col pallone… non si gioca più.
Maggio 21st, 2010 at 1:01 pm
Nono non scappo, è solo che già scoccio con domande sulle cose “serie”, non volevo scocciare anche con le capre…
… in rif. a (5), chiedo venia, avevo travisato pensando a mio papà, evidentemente tratta in inganno da un’associazione linguistica che ha agito sull’inconscio 🙂 Però allora davvero non so cosa ti ricordano i miti ovini!
Maggio 21st, 2010 at 1:11 pm
anche l’intro di mym è un pezzo da antologia
Maggio 21st, 2010 at 1:11 pm
p.s. da quando mym frequenta certa gentaglia, non la finisce più di citare Dante….
Maggio 21st, 2010 at 2:08 pm
In un pianeta popolato da 7 miliardi di individui e dalle risorse limitate mi dovrei mettere a sfornare marmocchi per dare un senso al tutto?!Grazie,no – ci tengo alla mia linea -.PS:Mi prendo l’aperitivo e, poi, mi stendo sul letto;sono un po’ stanca.
Maggio 21st, 2010 at 2:10 pm
In un pianeta popolato da 7 miliardi di individui e dalle risorse limitate mi dovrei mettere a sfornare marmocchi per dare un senso al tutto?!
Grazie,no – ci tengo alla linea -.
PS:Mi prendo l’aperitivo e, poi, mi stendo sul letto.Sono un po’ stanca.
Maggio 21st, 2010 at 2:38 pm
…tra l’altro, quella che cita Mara (10-11) è una corrente di pensiero che non condivito totalmente ma che trovo assolutamente comprensibile e rispettabile, e che associo, anche se per motivi diversi da quelli esposti da me, alla mia domanda al punto (1).
@ mym : al mio post in (7) non volevo citare (5) ma (4).. sto facendo confusione coi numerelli, scusate.
Maggio 21st, 2010 at 2:49 pm
Me voici.
A Sumire (1). Penso di sì, che sia esatto (e se lo è lo è del tutto, l’esattezza non ha gradazioni, temo). Intendo dire che il senso del fare dei cigni è nel loro fare stesso, non c’è nessuna sovrapposizione, manifesta, realizza ed esaurisce il loro essere ciò che sono senza bisogno di ulteriori “applicazioni di senso”. Peraltro, fra senso e dignità ce ne corre, non sono la stessa cosa. Quanto alle capre, pensaci bene, non sono mica cigni. Quanto alla prole, te ne auguro numerosa e vociante. I lumi da Parigi sono di prammatica, è o non è la ville lumière?
A Mara (10 e 11 – repetita iuvant?) Per carità, lascia stare: bevi troppi aperitivi, tu ne veux pas grossir, e soprattutto non sei una cigna, I suppose.
A mym (e a chi per caso interessasse). Il pesce rosso nuota da tempo negli Acquari Elisi e io non mangio foie gras (mai nella baguette, comunque) sia perché non mi piace granché sia per etici motivi.
Alla formichina: grazie e buon riposo.
Maggio 21st, 2010 at 2:56 pm
Fidati:a volte repetita non iuvant.Un semplice errore del pc.La conosci la differenza tra una cosa e una non-cosa?No, I suppose.
Maggio 21st, 2010 at 3:01 pm
Ma se il senso del fare dei cigni è nel loro fare stesso, e realizza ed esaurisce il loro essere ciò che sono senza bisogno di ulteriori “applicazioni di senso”.. allora ha senso anche un cigno senza prole.. e soprattutto una Viola senza prole, se non ne ha.. o questo è errato?
o forse sto solo cercando in tutti i modi di giustificare il senso della mia esistenza anche se il tuo augurio sulla mia futura prole finirà per non realizzarsi, in un futile tentativo di non sentire la mia vita come sprecata? Personalmente sento che vi sono mille altri modi per dar senso all’esistenza che non siano una prole materiale e forse nemmeno spirituale.. fra cui le capre.. ci penso bene a quelle, davvero!!! Ci penso così bene che non le ho ancora prese.
…o forse semplicemente la risposta a tutto ciò è: sei una viola e non un cigno, quel che vale per il cigno non vale anche per te? forse è così. O forse era meglio smettere di scrivere alla riga 7, perchè le prime 7 righe erano meno sciocche di tutto il resto?
tra parentesi, scusate davvero se dico castronerie, so che parlo perlopiù da una discreta ignoranza.
..e fra senso e dignità ne corre davvero tanta?!
Maggio 21st, 2010 at 3:05 pm
Oo.Accetta il consiglio:1)leggiti Così parlò Zarathustra e tappagli la bocca!(scegli: o lui o me);2)Non accetare consigli.X la serie scacco in 2 mosse.Vuoi ancora giocare?
PS: Dammi retta:in questo mondo che brucia in fretta quello che ieri era vero non sarà vero domani(forse).
Maggio 21st, 2010 at 3:13 pm
..insomma, rileggendo il tutto, forse il concetto finale è che non servono mille altri modi per dar senso all’esistenza, perchè l’esistenza in sè ha già senso, comunque essa venga vissuta.
…E “fare figli per dare senso all’esistenza” è un’interpretazione errata e off-topic.
Continuo però a riflettere su differenza fra senso e dignità.
@homosexual: il messaggio è per me?
Maggio 21st, 2010 at 3:27 pm
A Mara (14) Mi fido. Peraltro, hai ragione, non la conosco. Che cosa è una non-cosa?
A Sumire (in generale). Non intendo certo, mi sembrava lampante, invitare alla procreazione come modo di dar senso alla vita. Crescete e moltiplicatevi suona come armatevi e partite. E di prolificanti insensati è pieno il mondo. La differenza che personalmente colgo fra senso e dignità è che il senso è intrinseco, è una scoperta, la dignità è il modo di interpretare il senso. Probablement…
Maggio 21st, 2010 at 4:02 pm
Già, è vero, eppure tanto crescete e moltiplicatevi quanto armatevi e partite sono frasi piuttosto abusate da un paio di millenni 🙂
La dignità è il modo di interpretare il senso? difficile. Impiegherò parecchio tempo a cercare di capirlo.
Maggio 21st, 2010 at 4:06 pm
Viuuuu!Un-due-e-tre punto e a capo: pura metafisica scorre sul binarioooo..Sumira ma non era per te il messaggio.Ascolta bene:’Se ti senti solo e vuoi tirarti il morale su, prego, spedisci un’altra postcard da Parigi..Io, da quaggiù, per tenere la morale su partecipo ad un simposio.Il tema scelto dai commensali è “Sviluppo della modernità tra Cartesio e Heidegger”.Ma sull’abito da sera non svelo niente.
PS:Chiudo fino al 29 c.m. Non mi va di “far perdere tempo” a MYM.
Maggio 21st, 2010 at 4:24 pm
Grazie, lo farò senz’altro, se MYM è così gentile da ospitarmi. Buon simposio.
Quanto a senso e dignità, in un altro blog (si possono mischiare i blog?) “Libertà vo’ cercando…” Isabela ricorda i trascorsi nazisti di Heidegger: ecco, il filosofo tedesco dimostra come la (pretesa) ricerca di senso possa essere interpretata in modo indegno.
Maggio 21st, 2010 at 4:28 pm
Penso si possano mischiare i Blog, ma sarebbe più pratico fornendo il link 😀
sennò mi affiderò a “Gogol”
Maggio 21st, 2010 at 4:32 pm
E’ sempre sul sito della Stella, temo di non frequentarne altri…
Maggio 21st, 2010 at 4:38 pm
ooops!
Maggio 21st, 2010 at 5:19 pm
Sciò sciò, ragazzi, mi assento un momento e guarda che disordine, tutti i blog mischiati, le chiacchiere da comari e tutto. A jf (13): quindi a parte dettagli (il pesce rosso e la baguette) confermi il resto, fellone procreatore impenitente, a Parigi per di più. Non ci sono più i buddisti di una volta.
Buon viaggio anche a dhr: canterà l’Aida, in teatro, sabato sera, a Brescia, davanti al custode e due pompieri. Durante la partita di Cempion.
Requiem, per una formica mai nata.
Maggio 21st, 2010 at 5:35 pm
Mai con le cigne, comunque, non sono Zeus (pas encore). E se è per questo non ci sono neppure più i buddisti di stavolta.
Auguri a dhr: speriamo che il coro egizio non ascolti la partita con l’auricolare…
Maggio 21st, 2010 at 5:39 pm
È lui il coro egizio… 🙁
Maggio 21st, 2010 at 7:15 pm
>dhr: canterà l’Aida, in teatro, sabato sera, a Brescia, davanti al custode e due pompieri. Durante la partita di Cempion.
pataccaro, ma quale Aida!!! canti popolari e di montagna con il coro del Cai.
tutto il resto però è vero 🙁
Maggio 21st, 2010 at 7:20 pm
Un coro egizio con la radiolina che canta cori di montagna? Per fortuna che il resto è vero… 😀
Maggio 21st, 2010 at 7:37 pm
A proposito delle pariginate di JF. L’anno scorso un parroco ciellino, sentendoci cantare, lodò la nostra benemerita opera culturale e spirituale, con quei canti che facevano emergere la “purezza” profonda che si conserva dentro ciascuno di noi…
Per la verità i testi, in dialetti assortiti, parlavano di giovinotti & giovinotte che ciulavano nei prati.
Però, d’accordissimo con lui. Chi ha orecchie per intendere…
Maggio 21st, 2010 at 7:45 pm
E con questa il più è fatto: ora manca solo che lo cucchi la mogliera…
Maggio 22nd, 2010 at 1:18 am
Belin, ragazzi, come dicono qui a Paris! Faccio un paio di innocenti considerazioni metabiologiche sui cigni, e chi pensa che inneggi alla procreazione non assistita per colmare la solitudine, chi nel dubbio vuol farsi pastora di capre, chi legge in filigrana di libertine primavere parigine, chi invece di guardare la partita (o di andare nei prati?) canta l’Aida con gli alpini e un parroco ciellino… la compagnia è davvero lussureggiante, varia e cantante! Comunque, honni soit qui mal y pense, non ignorando che, se di questo si parla, Paris vaut bien une fesse…
Maggio 22nd, 2010 at 7:00 am
(ragazzi, adoro il buddismo marxista, nel senso dei Fratelli Marx. la volta che il Ratzi si affaccia alla finestra e comincia a dire di queste cose, potrà farci concorrenza seria… prima di allora, no!)
Maggio 22nd, 2010 at 11:02 am
In effetti le libertine primavere parigine sono state la prima cosa che ho colto fra le righe, come hai fatto a saperlo 😀
Comunque MetaBiologia mi piace, peccato che non avevano ancora aperto la specializzazione quando ho finito l’università.
Maggio 23rd, 2010 at 10:41 pm
La vita è come una belva famelica:
vuole essere vissuta, esaurita;
è come lasciarsi andare per una ripida discesa,
acconsenti! se esiti cadi.
cerca di tenere il ritmo dei passi
non farti sfuggire le gambe!
arrivi al pianoro
la velocità cala.
Cosa è stata la vita,
forse un lungo attimo di eccitazione,
forse il fatto che mentre scendevi,
cercando di non farti sovrastare dalla velocità,
ti sei reso conto che potevi farcela
ad arrivare fino in fondo.
E’ inutile attendere, non serve a niente,
morire si muore, tanto vale farlo vivendo
appieno.
Un saluto a jf
Maggio 23rd, 2010 at 11:00 pm
La prima riflessione cui mi rimanda lo scritto di Jiso è, “bonno soku bodai” (le ‘illusioni’ divengono saggezza).
La seconda è più complicata, ed è, Sakyamuni buddha, quando era Siddharta Gotama, ha veramente abbandonato suo figlio?
Maggio 24th, 2010 at 1:39 pm
Un saluto a te, Roccia, e attento alle caviglie…
A Nello (36) La mia intenzione (conta?) era scrivere il raccontino pensieroso di una passeggiata parigina (qualcosa fra Leopardi e Walser, come ispirazione alta, intendiamoci, non come basso risultato!) da far leggere agli amici, non un trattato di buddologia (esiste?). Di saggezza (vuoi, bodai) so niente, di illusioni, q.b. Quanto a Siddharta e al povero Rahula, orfano di padre vivo, non mi pare che c’entri granché coi miei cigni. Siddharta vede dukkha al culmine della gioia terrena, invece che, come di solito, nel pozzo del dolore (funerali e abbandoni) lì sta la metafora, il resto son storielle agiografiche. Rivedere comunque le scene finali di “Samsara” che propongono un ineludibile (a parer mio) punto di vista sul tema.
Maggio 24th, 2010 at 11:05 pm
Caro Jiso,
lungi da me l’idea di spostare l’asse del tema dalla sua intenzione originaria.
Non ho alcuna preclusione rispetto a naturali riflessioni dovute a saluberrime passeggiate parigine walserleopardiane.
Ho semplicemente detto quanto le suddette riflessioni stimolavano a me.
Ognuno, liberamente esprime se stesso.
Personalmente, penso che qualsiasi fatto, possa essere interpretato “duddhologicamente”, termine che per me significa universalmente.
Se la riflessione nel tuo passeggiare coglie sfumature e colori di un piano di realtà che viene a compararsi a un altro piano della medesima,nel condividere ciò, si producono una molteplicità di posizioni che sono speculari alla propria soggettività.
Se poi, il proprio innocente passeggio walserleopardiano produce, più o meno intenzionalmente, una separazione tra piani inseparabili, allora sono stimolato a dire “bonno soku bodai” e ancora “samsara soku nirvana”.
Questo, ovviamente, non significa che la “logica” che sovrastà al mondo debba essere accettata acriticamente.
Di “saggezza” so niente anch’io, tuttavia, se esiste, non la ritengo separata dalle illusioni. E’ evidente che è un discorso pericoloso, è evidente che una errata comprensione della via buddhista sia estremamente pericolosa.
Per me, il figlio di Siddharta e i cuccioli di cigno, sono la stessa identica realtà.
Non considero Rahula “orfano di padre vivo”, al contrario…
Siddharta non vede solo dukkha…
La agiografia comunque, spesso ha il merito di rimandare a una visione integrata del mondo e in grado di contemplare i molteplici piani di realtà. Come tutto, può essere utilizzata in funzione “conservatrice” oppure evolutiva.
Non ho visto il film che citi.
Nel Dharma.
Maggio 31st, 2010 at 9:19 pm
Molto grazioso, molto acuto, molto ben scritto, ma… neanche uno-sganassone-uno gli hai dato, a “quelli”? solo a noi ci meni senza pietà?
Ahhhhhhhhhhh ho capito: “Il padre percuote i figli che ama” 😉
Però… davvero non li hai fatti inferocire neanche un po’? neanche nel dibattito successivo alla conferenza?…
Giugno 1st, 2010 at 10:18 am
Vorrei tornare un attimo alla innocente passeggiata nel parco. Mi era molto piaciuta l’ immagine della bolla in cui si era trovati il podista e il viandante. Per curiosità ho provato a “tenere il conto” di tutte le “bolle” che mi si formavano attorno. Solo rimanendo nel campo degli “umani”, è stato sbalorditivo ( e divertente ) accorgersi della quantità di “incontri” e “distacchi” che avvengono nell’ arco di una normale giornata lavorativa e non. Ciao
Giugno 1st, 2010 at 10:33 am
Ciao Marta. D’innocente lì non c’era molto, oramai è acclarato. Persino il parco, a ben vedere, è malandrino…
Incontri e distacchi, dici. Bello. In effetti il suono prima staglia poi sfuma, sino allo sparire. Il guardone invece compone quadri a diverse distanze, e perciò definizioni, che invitano all’ipotesi ed alla loro conferma/sconferma, poi il distacco è netto, improvviso.
Il perdigiorno è arte fina.
Giugno 1st, 2010 at 10:44 am
Beh, sai, lega il cavallo… 🙁 E poi questa volta il trucco era diverso: fornire un quadro che ne contiene un altro. Forse fa sentire un po’ subalterni, culturalmente intendo, ma aiuta ad evitare parecchie discussioni.
Giugno 1st, 2010 at 5:05 pm
Le cornici sono sempre così. Il pubblico scalpita e, poi, quando tutto è finito se ne va; ma sei bravo lo stesso non badare al silenzio (non si può fare di più). Tuttavia il mio maestro di musica era solito sostenere che riempire la sala di cose fosse funzionale a migliorarne l’acustica..Rallegrati dunque: chi getta semi al vento fa fioriore il cielo!
Si potrebbe sostenere, con un po’ di civetteria, che oggi la stupidità sia una sorta di Nirvana, un cullante nulla per i poveri?
Giugno 1st, 2010 at 5:53 pm
Ciao Homosexual. Grazie, bella l’immagine di far fiorire il cielo. Anche se sei troppo severo: la presenza delle persone migliora molto l’acustica. Riguardo alla tua domanda risponderei di sì, togliendo “oggi”, “Nirvana, un” e “per i poveri”.
Giugno 1st, 2010 at 6:07 pm
A dire il vero non stavo parlando degli altri. Parlavo delle bolle che si formavano negli incontri tra me e …. Forse mi sono spiegata male.
Giugno 2nd, 2010 at 10:37 am
Ciao Marta ben tornata..Ti sei spiegata proprio bene.Forse dipende dal fatto che ‘amare gli uomini’ al modo di Gesù significa non amare nessuno. Per questo pratico l’amore unidirezionale. Il mio amore, cioè, ha assunto le forme di una razionalità che si impone ed esclude tutto ciò che è ‘anormale’, ‘cattivo'(più o meno tutto il mondo).Sm-ck.
Giugno 2nd, 2010 at 11:15 am
Sì, in effetti anch’io penso che Marta si fosse ben spiegata. Chissà perché ne ha dubitato…
Riguardo all’unidirezionale capisco ma non concordo, preferisco l’altro, quello di Gesù che porta a non amar nessuno. Se mi mettessi a scegliere sarei già nel mar dei sargassi, come i preti, che si salvano sempre ma per aprir la porta agli altri scelgono. Volendo far dio in terra preferisco quello che assolve tutti a quello con la bilancia: non mi fido.
Giugno 2nd, 2010 at 12:26 pm
A MYM
..a non amar nessuno..
o ad amar tutti?
ma sunyata non corrisponde all’apertura-emersione di karuna?
Le “tre menti” come “atteggiamento da mantenere” non evocano un sentimento aperto (quindi non unidirezionale o a-direzionale)?
ciao
Giugno 2nd, 2010 at 12:49 pm
Ciao Dario. Sì, a tutte e tre le tue domande. Il tuo intervento è chiarificatore; con homosexual (forse per intimità di linguaggio) saltiamo a volte alcuni passaggi. In argomenti importanti non è buona cosa, meglio abbondare un poco. Per di più, in questo caso, c’è un non detto abbastanza pesante: homosexual porta qui un riflesso di qualcosa (il tipo di amore raccomandato da Gesù rivisto da una prospettiva buddista) che ho pubblicato nel post ora in home: imperdonabile. Rischia di diventare un discorso privato, inter nos. Non va bene.
Giugno 2nd, 2010 at 3:39 pm
A homosexual
Grazie… Marta
Giugno 2nd, 2010 at 9:31 pm
A dire il vero anch’io diffido.La relazione di mym mi ha chiarito le idee anche se su un punto siamo, parlando con licenza, ‘nemici’ mortali. Il ‘problema’ – se tale posso definirlo per un momento – è la passione per l’odio (ovviamente un odio metodologicamente organizzato contro la realtà).Ma non mi va di scatenare una valanga tirando una pallina di neve; eppoi indovino le varie e possibili obiezioni alla Sumira del tipo ‘off topic’.(Anche se, imho, l’odio di jf per i saggi di ogni tempo sembra cristallino).
PS:Perdona – perdonate – il linguaggio confidenziale ma ieri, dopo mille peripezie, mi è stato recapitato il cd di cui alla reclame del 19.11.09. Con l’impianto stereo che mi ritrovo pare di avere mym a casa (almeno in spirito). ^^
Giugno 2nd, 2010 at 9:39 pm
La passione per l’odio? Chissà, sono curioso: ci dai uno spunto in più per comprendere dove stai indicando?
Avere mym in casa e per di più stereo dev’essere terrificante. Guarda un po’ a me che cosa è toccato fare per non avercelo tra i piedi tutto il giorno, e il mio non è neppure stereo…
Giugno 3rd, 2010 at 1:01 am
Buonasera.
Chi era che diceva : ‘non amatemi! Mi basta che abbiate per me la stessa considerazione che avete per voi stessi.’?
A homosexual (mi ricorda homosex…è lui ma non è proprio lui). 47. Il ‘problema’ – se tale posso definirlo per un momento – è la passione per l’amore (non necessariamente un amore metodologicamente organizzato contro la realtà).
A mym: nel blog in home, pag 8 : ‘… amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perchè siate figli del Padre vostro celeste…’ . C’è un errore o il testo è esatto? Io a naso direi ‘siete’ e non ‘siate’. Qualunque cosa voglia dire quel ’amate’.
Giugno 3rd, 2010 at 1:11 am
perchè perchè non è affinchè
Giugno 3rd, 2010 at 10:19 am
Ciao Doc. Capisco, ma in questo caso perché è affinché. L’idea che esprime è il divenire, magari ciò che si è perché altrimenti non sarebbe possibile, ma comunque un divenire guidato o incanalato dal porsi in quel senso.
Giugno 3rd, 2010 at 11:33 am
Ciao Doc. Una precisazione: il testo del Vangelo dice proprio “perché siate figli…” e ci sta. Il greco ha “opos ghenestse” (più o meno si pronuncia così) e “opos” vuol dire perché (che in italiano è anche sinonimo di
“affinché”) e “ghenesthe” è la seconda persona plurale dell’aoristo congiuntivo
del verbo “ghignomai” (si legge ghig-nomai, con la g dura) che significa “essere/divenire” e mi sembra che il senso sia quello, in quanto è nell’assumere la modalità del Padre che se ne diventa (è) legittimi figli. (Per il greco, che per me è solo memoria di studi antichi, chiedo conferma e/o smentita a Cristina, per la quale il greco è lingua viva).
Quanto alla questione sollevata da homosexual 47 (ciao!) effettivamente sarebbe da affrontare, ma forse hai ragione, meglio lasciar correre. Mi sento però di dire che il medesimo che parla di amore per i nemici altrove invita all’odio per padri, madri, mogli e figli e la cosa non è così contraddittoria come appare. Hai letto bene, in profondo: il mio amore per i saggi del passato implica un odio (spero) cristallino. La quaestio forse è: si può amare il bene e non odiare il male? O in altri termini, anche se non è esattamente la stessa cosa: si può amare il buddha e non ucciderlo, all’incontro? E non è una questione teorica.
Giugno 3rd, 2010 at 11:46 am
Grazie JF, speriamo che Cristina accolga l’invito per asseverare, linguisticamente, quello che ci hai donato. Sull’odio una precisazione, qui, indispensabile: parlando di padri, madri, mogli ecc. Gesù (nella versione di Matteo) non invita all’odio, è venuto per separare, dice, e li pone poi in subordine: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me” per poi introdurre il famoso “Chi avrà trovato la sua vita, la perderà…”. Nel Vangelo di Matteo la parola odio non è mai nominata. Invece in Luca troviamo: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Ho sempre avuto una predilezione particolare per Matteo.
Giugno 3rd, 2010 at 12:36 pm
Invece, “amare il buddha” mi pare un ossimoro. Speculare alla raccomandazione di ucciderlo. Dal punto di vista linguistico, però, considero in modo sfavorevole il ricorso alla parola “uccidere”, come il ricorso a “odio”, anche perché (ma non solo per quello) uno dei maggiori pericoli, al mondo, sono i fessi.
Giugno 3rd, 2010 at 1:48 pm
Vero, vero. Gli ossimori sono, linguisticamente parlando, la forma non dualistica della contraddizione. Sarebbe meglio, è vero, non ricorrere a parole come “uccidere” e “odio”, non fa bene, di solito, a chi le usa: semel in anno, però, a ragion veduta… I fessi, peraltro, fanno allegramente danni anche brandendo l’amore e la compassione, sennò non sarebbero fessi.
Giugno 3rd, 2010 at 2:11 pm
Ehi, mym, ma stai sempre connesso?Sei un vero osso duro.. ribatti colpo su colpo!Sono abile con la spada ma col fioretto sono un disastro, finisco sempre per scoprirmi (troppa furia).Se vuoi,però, comincio a babalbebetttaree..
Devo recitare la parte di Apemonte, noto personaggio shakespeariano. Un pubblico intrattenitore – un intellettuale -che rideva e si faceva beffe di tutti perchè amava a sufficienza se stesso. Propugnava un odio selettivo contro l’avidità e l’adulazione. Insomma soffriva di una misantropia che era espressione di un’appassionata onestà.
Giugno 3rd, 2010 at 2:13 pm
Grazie per le precisazioni, mym e jf. Il discorso mi pare circolare.
Solo chi in qualche modo assume le modalità del Padre, che in altri termini significa che ha in qualche modo ha realizzato di essere parte integrante del tutto-che-vive, può non-odiare (ovvero amare) il suo nemico, perché ne riconosce la sostanziale identità con se stesso. Facciamo pure riferimento alla nostra esperienza: laddove c’è un io, c’è amore ed odio. Per non odiare, bisogna in qualche modo aver realizzato che l’altro è me, ovvero che non siamo – se non nell’apparenza – modalità separate e quindi in competizione. Solo a questo punto non odiare il nemico diventa una operazione forse non-impossibile per noi mortali. A sostegno di questo ragionamento invoco il sutra del diamante, 14e: ‘…quando il re Kalinga tagliò la mia carne in ogni arto, in quel momento non avevo percezione alcuna di un io, di un essere, di un anima o di una persona. E perché? Se, Subuthi, in quel momento io avessi avuto una percezione di io, avrei pure avuto in quel momento una percezione di malevolenza….>>.
Epperò, nel contempo, bisogna sforzarsi di ‘amare il nemico’, facendo violenza al nostro stesso io, perché sennò non si assumono le modalità del Padre.
Questo per quanto riguarda i santi. Per quanto concerne me, per evitare di prendere a legnate un sacco di gente devo solitamente adottare tecniche più terra-terra: per esempio quella di ‘mettermi nei panni degli altri’ ogni volta che ci riesco (prima di bastonarli, però; sennò serve solo ad attivare, poi, i sensi di colpa).
Giugno 3rd, 2010 at 3:21 pm
Gesù disse:”Il regno del padre è come un uomo che voleva uccidere un uomo potente. Nella sua casa estrasse la spada e la conficcò nel muro per scoprire se la sua mano potesse compire l’azione.Poi uccise l’uomo potente”.
(Tommaso, 98, – parabola dell’assassino)
Giugno 3rd, 2010 at 3:23 pm
A doc 49.
Cosa fa esistere l’odio? Come può esserci e cos’è il mondo perché possa installarvisi e non andarsene più? Tuttavia l’odio che si stabilizza assume contorni precisi, profili perfetti. Un sentimento di invidiabile chiarezza, più terso dell’amore, disinteressato come può esserlo ogni altro sentimento, ma certamente di più.
Se l’amore nasce da ciò che manca e dal desiderio di esso, l’odio, invece, nasce dal senso che costui è di troppo. E’ lo smacco di un annullamento desiderato. L’odio è possibile perché non è possibile il nulla.
Giugno 3rd, 2010 at 7:44 pm
Homosexual, oggi sei straripante, o birbante.
Doc (57), a me la cosa appare più semplice. Odiare è una fatica folle, tanto quanto amare. Con in più derive negative immediate e future. Fatta questa esperienza si prova una diversa uscita, e poi un’altra. Sino a che ti accorgi che -per davvero- se hai cura del tu che incontri il primo a giovarne è me che incontro. Non si tratta di amare il nemico (una sciocchezza pari a odiare l’amico) si tratta di fregarsene del fatto che sia rappresentabile come “nemico”. Certo il tutto richiede una certa attenzione minuta, si può dire anche pazienza. Per cui: meno tu incontri e meno hai da curare. Certamente vi sarà un deficit di beatitudine edificata, ma, insomma, c’è un limite a tutto.
Giugno 3rd, 2010 at 8:22 pm
La selezione innaturale (meno incontri meno dovrai districarti fra amore e odio) mi pare l’unico esito proponibile: ma è anche una questione di anagrafe. Ai più giovani forse conviene esercitarsi a odiare senza rancore e amare senza possessività, per non correre il rischio di diventare tiepidi, atteggiamento indegno, come ammonisce l’angelo della chiesa di Laodicea (Apocalisse 3,14 segg.)
Giugno 4th, 2010 at 12:05 am
Ho letto l’intervento, ti indico i punti che non condivido:
Questo:
“La non appartenenza, o libertà, in cui consiste quella pratica fa sì che una persona che sieda in silenzio, immobile, perseguendo il lasciar andare, non afferrare ogni cosa che sorge,non è in contrasto, per esempio, con un vissuto cristiano, islamico, giudaico.”
Anche se nelle righe successive ne viene precisato il senso…non mi sbilancerei così tanto verso l’islam…anche se capisco il politically correct…ci andrei molto piano a includere l’islam in un certo contesto…
L’altro punto che non può essere dato per scontato è la conclusione relativa al “fare i conti con Dio…”
Personalmente, penso ci saranno buddhisti che sentiranno questa urgenza, mentre ce ne saranno altri che procederanno per la loro strada.
Sempre personalmente, non sono particolarmente interessato al dialogo con il cristianesimo, ma nemmeno lo rifiuto, semplicemente, non lo cerco di per sè.
Giugno 4th, 2010 at 12:25 am
C’è un bell’aneddoto relativo a Shunryu Suzuki:
“Durante una sessione di domande e risposte con Suzuki-roshi a Sokoji, un ragazzo chiese: ‘Come dovrebbe occupare il tempo libero un praticante zen?’.
Suzuki-roshi sembrò sorpreso e ripetè: ‘Tempo libero?’. Lo ripetè di nuovo e scoppiò a ridere fragorosamente.”
(Lo zen è qui, Astrolabio, p.24).
Oppure, quando chiedevano a Kodo Sawaki perchè non si fosse sposato e rispondeva che non aveva mai avuto il tempo per pensarci.
Riguardo al cristianesimo, per me, dovrebbe essere adottato lo stesso criterio, se c’è, c’è (dialogo). Se non si produce, non si produce.
Non lo ritengo indispensabile.
Giugno 4th, 2010 at 12:27 am
Nudelook ‘bodhisattico’.Un po’ amaramente concordo.
Opportunamente anche mym esce dal didascalico e riporta il tema a noi, alla nostra quotidianità vissuta.
Noi del piccolo veicolo 🙁 invece andiamo un po’ ottusamente a spulciare i casi-limite: Buddha e Kalinga, Cristo e i suoi aguzzini, i santi martiri. Che pure però restano le idee-forza di riferimento in questo campo, tant’è vero che da quei casi-limite origina anche il discorso di questo blog.
Ciao Homosexual: è vero, anche l’odio può essere affascinante, forse più ancora di…ecc ecc Ma se lo si ama, si soffre. Più (lo) si ama più si soffre. Non ti corrisponde questo dato esperienziale? Il discorso lo vedrei da un’altra angolazione: questa sofferenza che mi deriva da amore-odio mi sta bene? La voglio amplificare o voglio attutirla, liberarmene? Nel caso; sono in grado di rinunciare a questo vivificante amore (per l’odio) o non posso farne a meno?
Giugno 4th, 2010 at 11:49 am
Ciao Nello. Grazie per gli aneddoti. A me quello di Suzuki lo avevano raccontato diverso: quando gli chiesero come dovrebbe occupare il tempo libero un praticante zen rispose che era quello che faceva tutto il giorno…
Sawaki, invece, oltre ad essere misogino, era bruttino un gran bel po’, temo che la sua risposta fosse il classico esempio de “la volpe e l’uva”. Il suo successore, Uchiyama, invece era un praticante serio: tre matrimoni, mica storie. Per un monaco direi che è un bel record…
Giugno 4th, 2010 at 12:25 pm
A jf (52). Dall’alto della mia competenza convalido il tuo greco, con una precisazione: l’aoristo non ha valore indifferentemente durativo e/o puntuativo, ma solo puntuativo: per cui ghenesthe significa “diventiate” e non concede l’alternativa con “siate”. Chiedo scusa per la pignoleria: noi grecisti siamo fatti così!
Giugno 4th, 2010 at 2:55 pm
A doc 62.
Si tratta di odio ‘intellettuale’ cioè di provare odio senza sentirlo mentre la sofferenza non mi fa più soffrire. I giovani li evito come la peste (preferisco le ricche vedove) e..sono a rischio di censura. Spero di aver soddisfatto la curiosità di mym e..dei curiosi!Questo è quanto – il discorso mi pare circolare -.
Giugno 4th, 2010 at 7:55 pm
Passi l’odio intellettuale, , ma la sofferenza che non fa soffrire…sono affermazioni che, personalmente, preferisco non fare.
Giugno 4th, 2010 at 9:42 pm
Non farle, mica sei me. I bambini che muoiono in Africa dovrebbero commuovermi? Le guerre e le apocalissi ecologiche? E la nostra povera patria? Padre nostro che sei nei cieli sapevano e sanno benissimo quello che fanno – dicono che sia legale -. La sofferenza del mondo mi lascia indifferente, non è compito mio occuparmene. E’ pacifico ormai: non soltanto Dio non governa il mondo ma neppure io posso farci niente (se fosse diversamente sarebbe terribile!). Allora l’odio riempe la vita; attraverso il dolore di vedere il mondo in un disordine mostruoso si fa luce la gioa di sapere in ordine la propria mente.
Giugno 4th, 2010 at 10:39 pm
Sempre dallo stesso preziosissimo libricino, la cui lettura è vivamente consigliata a tutti, anche questa non è male:
“Mentre aiutavo Suzuki-roshi a prepararsi per celebrare delle nozze, dissi: ‘Roshi, non capisco. A ogni cerimonia nuziale dici sempre la stessa cosa. All’uomo dici: ‘Hai sposato la moglie perfetta’, e alla donna dici: ‘Hai sposato il marito perfetto’. Dici la stessa cosa indipendentemente dalle persone’.
Mi sorrise maliziosamente e disse: ‘Davvero non capisci?’.
(p.63, testimonianza di Janet Sturgeon, Tassajara, 1971)
Kodo Sawaki, lo trovo un uomo di rara bellezza e anche Uchiyama nella sua singolare figura aveva grande fascino.
Se Sawaki avesse voluto sposarsi, di mogli ne avrebbe trovate dieci…
Qui e ora resterà sempre diverso per ognuno.
Per fortuna.
Giugno 4th, 2010 at 11:46 pm
Era un nascosto invito scaramantico. Si può tranquillamente fare gli offesi con la vita (conosci il ‘Credo’ di Jago nell’opera di Verdi?); ma ogni tanto si può anche provare a cambiare musica. Non è detto che ci si trovi poi così male.
Giugno 5th, 2010 at 8:36 am
Offeso con la vita?L’etica buontempona che pratico mira ad aiutare l’uomo a partorire in se stesso l’uomo autentico, ingabbiato com’è dalle convenzioni e dalla banalità quotidiana, nutrendolo di illusioni e aiutandolo con la spensieratezza. Il canto di Jago lo trovo troppo cupo per i miei gusti e alla serietà totale preferisco le sciocchezze alla Chopin (cioè una razionalità riempita di fantasia).Per scaramanzia mi ascolto una canzonetta ‘un romantico a Milano’ (conosci?), e mi metto pure a ballare (mi sa tanto che è una celebrazione..)
Giugno 5th, 2010 at 1:12 pm
Impugno il fioretto e zaag! Senza “aiutandolo con la” riga 4(perdonate ma proprio non resisto ai numeri erotici..)
Giugno 5th, 2010 at 9:49 pm
Ma solo sassi sapete lanciare?Per me gli uomini meriterebbero di vivere nell’eterno dolore, ma li perdono perché nello loro vene scorre sangue che è destinato a seccare. Ho un enigma che porto nel mio cuore umano – il cui battito è regolato dalle diastole e sistole (c.d. Rivoluzione cardiaca) -.
Il cuore di Dio è aperto o chiuso?
Giugno 5th, 2010 at 11:34 pm
Di Dio, non se ne può più…
bisogna praticare il divino senza parlarne MAI.
mara, vacci piano col prosecco…
Giugno 6th, 2010 at 12:27 am
Carina la canzonetta; non ne facevo una questione di gusti, ma mi fa piacere quando si pratica il buontempo. Prendo esempio e celebro una buona notte.
Giugno 6th, 2010 at 7:54 am
>Il cuore di Dio è aperto o chiuso?
Secondo E.A. Poe, nel saggio “Eureka”, entrambi. L’universo è il battito del cuore di Dio: la diastole corrisponde al Big Bang, la sistole al Big Crunch.
Ma ecco la cosa interessante: la vita è resa possibile dal fatto che siamo in fase di Big Crunch, cioè di contrazione.
E al termine, quando tutto sarà di nuovo concentrato in un punto? Il nulla.
Giugno 6th, 2010 at 10:12 am
Amen
Giugno 6th, 2010 at 1:00 pm
A nello n.10.
Non mi piace il prosecco e non bevo mai prima di mezzoggiorno. Queste battute da camerata falle a tua sorella e mi raccomando: continua a collezionare preziosissimi libri chè tanto le donne l’anima non l’hanno..
Adoro parlar di Dio con i miei amanti e, se hai paura, tappati le orecchie!
Il dialogo con me non l’avrai mai;sai com’è, sono una cristiana logica e i misogini non li ritengo indispensabili.
Sfortunatamente la pensiamo diversamente.
Amen.
Giugno 6th, 2010 at 6:10 pm
Mara, sino ad ora in questi paraggi, abbiamo mantenuto un tono morbido, anche quando l’altrui argomentare ci è parso irritante. Aiuta la convivenza, non diminuisce la decenza, permette a tutti di esprimersi. Se “esci” in quel modo inviti ad ignorarti o a risponderti per le rime. Di guerre e divisioni ce ne sono già abbastanza. Dopotutto in un paio d’occasioni sei stata tu a nominare una bevanda analoga. Forse Nello voleva essere solo amichevole, magari spiritoso.
Giugno 6th, 2010 at 9:56 pm
Che dire…?
Non nominare il nome di Dio invano. Quindi anche il mio. Ma qualora lo si usasse, seppure inappropriatamente, non essendo una preposizione articolata, e non essendo un sacco di altre cose, preferirei la maiuscola. Ed educazione lo vorrebbe.
Per il resto…non si può sparare alle formiche con il bazooka.
Giugno 6th, 2010 at 10:11 pm
Per il resto, voglio tranquillizzare mym, conosco molto bene l’intolleranza dei cristiani e il loro “complesso di superiorità”, assolutamente fuori luogo per quanto mi riguarda. Non ho mai avuto bisogno di nessun Papa che mi dicesse cosa è bene e cosa è male.
Giugno 7th, 2010 at 2:07 pm
Uff..Sono stanca di recitare la parte dell’immoralista. Si dice che l’eloquenza sia la massima qualità morale, ecco, dunque, spiegare il mio semplice intervento. E’ solo con il cuore che si può veramente vedere ciò che essenziale e invisibile agli occhi.
I miei occhi:”nessun crimine è volgare e tutta la volgarità è un crimine. La volgarità è la maleducazione degli altri”.
NB:piace sottolineare, leggendo i commenti 15-16, che non c’è traccia di scuse per una battuta di cattivo gusto (ed è cattiva se non mi ha fatto ridere.La menzione della bevanda spiritosa era una dotta citazione kirkegaardiana:in vino veritas).
Giugno 7th, 2010 at 2:08 pm
Forse il sig. Nello ignora che davanti a Dio, cioè un punto che si pone per così dire al di fuori di tutto questo, io sono diseguale. I “complessati dell’uguaglianza” pongono nei loro giudizi il presupposto più ignobile nel senso più basso. Il valore più personale di un’azione viene semplicemente annullato (ciò che non può essere compensato e ripagato con niente). Questa è meschinità perché ciò che io faccio non dovrebbe né potrebbe essere fatto da un altro.
Forse il sig. Nello confonde Dio con l’autoidolatria pagana oppure ritiene che lo Spirito (cioè sempre Dio) sia un pezzo di carne.
Desolata per il malinteso(Cerco lo scontro ma conosco la pace).
Giugno 7th, 2010 at 4:28 pm
Mi intrometto perché mi fischiano le orecchie. Sono d’accordo con Mara, una battuta che non fa ridere la persona cui è rivolta è una battuta di cattivo gusto, anche se nelle intenzioni appare innocua. La sensibilità è personale e sacra. Temo di aver dato la stura alle battute “alcoliche” con un mio infelice “bevi troppi aperitivi” nel 13 relativo al post “Il vanto del cigno” (si son mischiati i post, s’era già detto). Senz’altro non è quello il tono giusto, all’altezza di questo sito, e Mara non ha sorriso. Con lei e con i lettori tardivamente e pubblicamente me ne scuso. Ad maiora.
Giugno 7th, 2010 at 10:53 pm
Un autentico bodhisattva che assume su di sé il samsara altrui 😉
Giugno 8th, 2010 at 1:03 am
Molte volte una battibeccata come si deve ne dice molto più di tante esibizioni di intelligenza, di cultura, di etichetta o di realizzazione spirituale. Succede anche nei monasteri, mi risulta. E può essere estremamente salutare, a patto che i contendenti siano interessati allo stesso lavoro, cosa che per chi partecipa a questo sito si dovrebbe dare per scontata.
Non strabordare, saper celare il proprio gioco quel tanto che basta a non giustificare il risentimento, è arte fina. A volte la situazione ci sfugge.
Lasciar cadere mirando al come-nulla-fosse-successo, per di più ringraziando per loccasione, è il frutto nascosto e nello stesso tempo un credito quasi necessario per continuare a giocare.
Giugno 8th, 2010 at 1:14 am
Non sono d’accordo però che una battuta, perchè non fa ridere qualcuno, debba essere archiviata come di cattivo gusto. A volte sì, a volte no.
Giugno 8th, 2010 at 1:42 am
Grazie jf e grazie doc. I moscerini li lascio vivere. Magari contribuiscono alla coscienza del fine..But I think different.
Se dicessi, per es., che il sig. X ha zero neuroni in testa, magari mi faccio 4 risate (e non sarei la sola), ma sarebbe umiliante ed offensivo. Non mi è mai piaciuto ridere di qualcuno ma con qualcuno indovinandone gusti e sensibilità (foss’anche un idiota).Si chiama attenzione e non si improvvisa.
Giugno 8th, 2010 at 7:31 am
Tra Dossetti e Tasso c’era un importante link che è rimasto inconsapevole. Anche il monaco del XX secolo aveva una vera passione per i luoghi “in cui visse” Gesù, tant’è che la Piccola Famiglia dell’Annunziata ebbe fin dall’inizio una sede in Terra santa. Questo attaccamento geografico alla divinità lo comprendo poco, però va detto che Dossetti scrisse pagine inarrivabili proprio sul tema del Santo Sepolcro.
Giugno 8th, 2010 at 7:50 am
(commento visivo)
http://yfrog.com/2trovetoardentej
Giugno 8th, 2010 at 10:18 am
Frequentare un blog è, un poco, come trovarsi nella stessa casa. Mara, per favore, abbassa i toni oppure… ti aumento l’affitto.
Giugno 8th, 2010 at 10:29 am
🙁
Giugno 8th, 2010 at 11:29 am
SI jf, ad maiora! Non è importante come una cosa cominci, lo è la strada lungo la quale si procede. L’aggressività, anche quella verbale, produce in risposta ulteriore aggressività e così via, in una escalation senza fine che avvilisce sia gli attori che gli spettatori. E non “produce” niente altro che rancore. Ammetto che tutta questa diatriba mi ha lasciata male….
Giugno 8th, 2010 at 11:37 am
Sì, sono d’accordo. L’attaccamento geografico, riproposto sotto la forma della “Terra Santa” o del “nostro sacro suolo” è un retaggio di barbarie e di violenze. Non c’è religione che tenga. Anche i cristi fiammeggianti, I guess, fanno parte di quell’apparato.
Giugno 8th, 2010 at 11:42 am
Tutta questa diatriba? Mi pare che non sia successo nulla. Comunque, ogni tanto ci si risente, si baccaglia un po’, volano gli stracci per dirla così. Chi è senza peccato…
Comunque ho indossato l’elemetto…
Giugno 8th, 2010 at 11:55 am
>Anche i cristi fiammeggianti, I guess, fanno parte di quell’apparato.
sì, però rimangono “sulla carta” (che può cantare finché vuole, così le passa)
Giugno 8th, 2010 at 11:59 am
Qui non si riesce più a litigare con nessuno. Bisognerebbe invitare qualche buddista… 😉
Giugno 8th, 2010 at 8:08 pm
Va bene, accetto la tua interpretazione che è valida come ogni altra interpretazione soggettiva. Anche se ammiro il tuo atteggiamento conciliante. Per quanto mi riguarda, puoi togliere l’elmetto… per ora.
Giugno 8th, 2010 at 9:06 pm
Morale della favola:
“Non condivido le tue idee, ma sarei disposto a far morire Voltaire per difenderle.”
Giugno 9th, 2010 at 11:50 am
Forse mi sbaglio… ma Voltaire non è già morto da un pezzo?
Giugno 9th, 2010 at 8:12 pm
Non difendo le idee di nessuno, neanche le mie…
Non si trattava del diritto di avere idee e di esprimerle liberamente?!
Giugno 10th, 2010 at 12:03 pm
Non solo: averle e esprimerle liberamente va bene, ma è necessario anche che chi non le condivide ed è in una posizione di potere ti permetta di farlo. E anche se non è in una posizione di potere, ha il dovere di ascoltarti non per trovare il punto di debolezza su cui attaccarti, ma per provare a capire le “tue” ragioni…
Giugno 10th, 2010 at 1:02 pm
Sì, sarebbe bbello eh?… Però posso decidere solo per me. Devo dunque sapere che l’esercizio della mia libertà di esprimere ‘idee’ comporta solitamente un prezzo da pagare (più raramente un vantaggio da riscuotere). Quando invece sono io in posizione di potere, ecco, quello è il momento di seguire lo schema 32, applicato a me stesso.
Giugno 10th, 2010 at 4:24 pm
Ben detto, ben detto…
Giugno 10th, 2010 at 11:34 pm
Che dire?
Questo:
E’ possibile che la prima parte del mio intervento, riguardante “Dio”, possa risultare indelicata, mentre quella relativa al “vacci piano col prosecco”, è chiaramente una battuta della quale assolutamente non mi scuso e per transizione e all’evidenza di quanto leggo dico che ci sono ubriacature ben peggiori…
Alla persona cui era rivolta bisogna spuntare le unghie…o insegnare l’educazione…e non mettergli lo smalto come fa impropriamente jf e apologi.
Grazie a doc(22) che risponde a jf(19) and friends…Saluti buddhisti.
Sono stato invitato a partecipare in questo “ambito buddista”, se il mio esprimermi produce irritazione, se questa irritazione non trova reversibilità, se non c’è voglia, o altro, di interloquire sul piano che a me interessa, se non si accettano critiche o diversità di posizione/opinione, il sottoscritto toglie il disturbo.
Giugno 11th, 2010 at 1:31 am
Concordo. Non se ne può più di cristi fiammeggianti, preferisco gli anticristi avvolti nel nero mantello della notte.
Giugno 11th, 2010 at 1:33 am
Piccola mia, pensa per un momento (quanto dura un momento?) agli atomi che hanno costituito il corpo di Gesù. A ogni respiro nella sua vita, Gesù Cristo ha immesso nell’atmosfera un numero impressionante di atomi, pari a 1 seguito da 23 zeri. Se consideriamo il numero di respiri che Cristo ha compiuto in 33 anni arriviamo alla conclusione che nell’aria ci sono tanti dei suoi atomi da far si che in ognuno dei nostri respiri ci siano almeno una decina di atomi che sono appartenuti al suo corpo. Nell’Universo vige il principio di non località. I fenomeni avvengono come se ogni cosa fosse in diretto e istantaneo contatto con ogni altra, indipendentemente dallo spazio che le separa.
Giugno 11th, 2010 at 1:35 am
Già, la nostra essenza, come quella dell’Universo, non ha massa, non ha spazio, non ha tempo. Quello che vediamo intorno a noi è solo la manifestazione dell’essenza dell’Universo nella nostra realtà spazio-temporale mediante la materia. Nella nostra realtà spazio-temporale, l’esistenza e il comportamento della materia è permesso e regolato dall’essenza dell’Universo, che è informazione pura
Giugno 11th, 2010 at 1:37 am
Rispondo all’appello di mym.”Confutazione” traduce normalmente il vocabolo élenchos che, nella lingua greca arcaica, indica significativamente l’arretramento dell’avversario in battaglia (Cristina docet).In guardia! Il samurai che porto dentro sta per (spostarti il baricentro.
La Rete è la variante elettronica della comunicazione universale incorporea ovvero dell’occupazione preferita delle anime.Il luogo d’elezione delle anime è, infatti, l’etere, ove risiedono gli angeli e i demoni.L’anima può considerarsi anche come una dottrina sonora dell’entusiasmo.Essa coglie e codifica le note stonate nel suo concerto e abortisce, così, le belle possibilità di una ispirazione reciproca con un’altra anima incontrata nel suo luogo prediletto: l’architettura informatica totale.
Giugno 11th, 2010 at 8:02 am
>A ogni respiro nella sua vita, Gesù Cristo ha immesso nell’atmosfera un numero impressionante di atomi
Però, Mara, con questo ragionamento: sono PIU’ numerosi gli atomi che ri-respiriamo di Hitler, Stalin, Caligola, Torquemada l’inquisitore…
Obiezione di tipo diverso: non siamo noi a dare l’imprinting agli atomi, ma loro a noi. E alla fine ci consumano.
Giugno 11th, 2010 at 11:47 am
Caro Nello, (35)
non sono il manicure di questo sito, e dunque non spunto e non smalto le unghie altrui. Mi occupo solo delle mie e parlo solo per me. Per il resto, a volte con-sentiamo, a volte dis-sentiamo. Dove sta il problema?
Giugno 11th, 2010 at 12:21 pm
Nello, perché? E’ sempre possibile che ciò che dice un altro produca un primo momento di irritazione… cui segue, tra persone ragionevoli, una riflessione e forse un ripensamento. Qui di solito accade così. Non scoraggiarti e prova un’altra volta!
Giugno 11th, 2010 at 3:37 pm
Vi voglio bene. Siete così deliziosamente svampiti che o vi si frigge o vi si ama…
Giugno 11th, 2010 at 3:38 pm
Le cose hanno quel tanto di realtà che consente loro di essere distrutte. Le cose, cioè, devono raggiungere una certa grandezza intensiva prima di potersi distruggere. Non c’è divenire bensì distruzione del finito (che esprime tutta la forza esplosiva del conoscere).Ma ‘io’ non muoio, sono a-mortale (esisto solo ‘qui’).
Ri-respiriamo i numerosi atomi degli omuncoli che ci hanno preceduto – il XX sec. docet -. Però, dhr, ‘qui’, quanti atomi dell’Anticristo hai ri-respirato?
Giugno 11th, 2010 at 3:39 pm
SI, mara, la sostanza incorporea è ovunque vuole. Essa non conosce forme di movimento legate a un luogo: è volatile e atopica (= libertà infinita, senza soluzioni di continuità). Hic et nunc, la ricettività pneumatica dell’Anima è diretta sull’ empia guida dell’Anticristo.
Il logos, di fatti, si può intendere come pneuma che, avendo un proprio codice, non è più abbandonato al vento degli spiriti, ma verifica prima, con i mezzi che ha ereditato dai giuramenti magici, chi mai può essere colui che anela al recesso più intimo dell’anima.
Giugno 11th, 2010 at 3:40 pm
Schhhh..L’Anima non si consuma, di più,le particelle subatomiche sono capaci di fenomeni ‘telepatici’ oltre lo spazio grazie alla dimensione non spazio-temporale dell’Anima stessa.
La Realtà è un processo evolutivo che si realizza grazie alla comunione d’intenti tra informazioni pure che può spontaneamente produrre collassi di funzioni d’onda “buoni”, “amorevoli” ed evolutivi.
Ecco cosa ci consumerà:
http://www.youtube.com/watch?v=fLvhtf09V4g
(Commento visivo).
Giugno 11th, 2010 at 3:41 pm
Nello, non prendere cappello. Facciamo come in ‘Merica? The show must go on. Ma se non go on ce ne faremo una ragion…
Giugno 11th, 2010 at 3:54 pm
Tre hurrà per Fiona. Bel lavoro.
Mara, Isabela, non dico che -qui- si dovrebbe parlare di Dossetti, quel limite nessuno può insegnarlo. Ciascuno se lo dovrebbe dare.
Jai guru deva om.
Giugno 11th, 2010 at 6:39 pm
>Però, dhr, ‘qui’, quanti atomi dell’Anticristo hai ri-respirato?
“Solo quando respiro.” (Charlie Chaplin)
Giugno 11th, 2010 at 7:30 pm
Ahimé! Quanti atomi di voi tutti sto respirando in questo momento? Sento che sto per cadere in preda a un enfisema polmonare… pur restando invariato il mio affetto per tutti voi!
Giugno 11th, 2010 at 9:16 pm
Come sei ingiusto). Giuseppe Dosssetti:”Qualora il Governo violi le libertà ed i diritti garantiti dalla Costituzione..il diritto di resistere (ovvero di rivendicare la sovranità dell’ordinamento giuridico a dispetto dell’entità-popolo, mero corpo elettorale) è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri”(I valori della Costituzione).
Dhr ha ‘abbreviato’ lo spazio che separa Tasso da Dossetti; Milady e Mademoiselle quello che separa il Nostro dall’oggi.
PS: la spada a restare nel fodero arruginisce.
Giugno 11th, 2010 at 9:17 pm
Dossetti fu un grande perchè consapevole che ciò che uno pensa è più importante di ciò che uno fa.
L’Amore è l’unica forza che unisce infiniti mondi e li rende vivi (Bruno Giordano).^^
Giugno 11th, 2010 at 9:38 pm
Quoto homosexual.
Quanto a… Isabela 😉 la discussione circa il rapporto tra pensiero e azione, in Dossetti e non Dossetti, sarebbe filosoficamente infinita. Ma interessante.
Giugno 11th, 2010 at 10:17 pm
Carissimi,
nessun problema;
nessuna irritazione o altro;
nessun cappello.
Semplicemente, quanto detto fin qui, sarebbe poi quello che direi fin là…
Nessun risentimento, ci mancherebbe, il tempo è veloce.
Ci risentiremo, magari in futuro, grazie per l’opportunità.
Buon proseguimento.
Giugno 12th, 2010 at 1:22 pm
Ma allora… lo avete letto per davvero???!!! 😀
Giugno 12th, 2010 at 4:31 pm
‘Gent.mo’ sig. Nello, la verità non educa. Ci sono conoscenze assolutamente vere che non riguardano chi attende alla propria formazione come se si abbigliasse per andare a teatro. Sappiamo di individui che prendono a pedate l’ospite e di maestri che sputano in faccia al discepolo. Di certo la verità li possiede ineducatamente. Vera disciplina nelle cose dell’intelletto è una spietata intransigenza verso gli spiriti mediocri. Ogni concessione fatta in nome della reciproca uguaglianza è un tradimento della verità. Amen
Giugno 12th, 2010 at 4:32 pm
Suvvia Milady..Il primo venuto che vuol dire la sua vanta il diritto all’autonomo pensiero a cui è stato educato. Che parli pure: si impeccherà da se.
Giugno 12th, 2010 at 9:47 pm
Conoscenze assolutamente vere?! Spietata intransigenza verso gli spiriti mediocri?! Carissima, in che mondo vivi?
Giugno 12th, 2010 at 10:58 pm
Per la prima parte, non saprei. Ma per gli spiriti mediocri, sicuramente in Italia.
Giugno 13th, 2010 at 2:20 am
Le rughe che solcavano il volto del mio maestro erano assolutamente vere. Il ‘giovane’ non sa chi è; il vecchio lo sa.La conoscenza del vecchio è conoscenza al quadrato.Invecchia e saprai.(Altro sono gli animali invecchiati – un ‘uomo’ si riconosce dalla sua aspirazione a conoscere il vero.Nel volto del mio tabaccaio, per es., non ho mai visto un uomo).
Siamo un po’ off topic ed è un peccato.La bella relazione di mym avrebbe meritato maggiore attenzione.
Giugno 13th, 2010 at 12:17 pm
Cristina, carissima..
Le leggi dell’empietà sono legge complesse. Quando sono impersonale staziono in quel mondo così privo d’amore che è il mondo ‘oggettivo’ – di tutti (o vuoi aprire un dibattito?).
Quando sono personale staziono nel myo mondo pieno d’amore che dista anni luce da “tutti”.
I due mondi sono in guerra (per parafrasare Orson Wells).
Che fare quando il tu che incontri tira fuori il peggio? Per me cordialità, no amicalità. Indovina quanta verità ho sacrificato in nome dell’uguaglianza silicet della cordialità?
Giugno 13th, 2010 at 12:18 pm
Milady, per carità, stacchi la spina – in nome dell’uguaglianza!
Cordialità.
Giugno 13th, 2010 at 12:36 pm
Ragazze, ragazzi et alia: perdere in leggerezza -quando si svalvola- è perdere legittimazione. Prendere in considerazione l’opportunità di ritrarsi in un imperscrutabile silenzio?
Giugno 13th, 2010 at 12:57 pm
>Chi va sempre in cerca
dei difetti degli altri
moltiplica i propri vizi
È vero, ci sono persone che hanno il pessimo difetto di parlar male degli altri. Sono veramente degli idioti.
Giugno 13th, 2010 at 12:59 pm
>I due mondi sono in guerra (per parafrasare Orson Wells).
era HERBERT GEORGE Wells, poi riadattato per la radio da Orson WELLES.
toccatemi tutto ma non la fantascienza 🙂
Giugno 13th, 2010 at 1:14 pm
OK mym, accetto il tuo invito: mi sembra l’unica risposta ragionevole. Grazie!
Giugno 13th, 2010 at 1:19 pm
Il metro con cui decidiamo chi è saggio e chi no, chi è mediocre e chi eccelle, è sempre assolutamente soggettivo: cioè, in pratica, io sono saggia ed eccello, chi è diverso da me non è saggio e non eccelle. E’ difficile prendere atto di questa ovvietà? Forse si….
Giugno 13th, 2010 at 1:26 pm
(mym, ma si capisce il senso del commento n. 1 ? ……………….)
Giugno 13th, 2010 at 3:56 pm
Quale senso? Quello che voi che parlate male degli altri siete degli idioti? No, quello si capisce male, quello che si capisce meglio è l’altro.
Giugno 13th, 2010 at 4:09 pm
” ……e si allontana dalla libertà.”
Quello che mi colpisce di più è questo. Spesso fraintendiamo il nostro poter essere liberi con la possibilità di “fare” e di “esprimerci” come meglio ci pare…
“Legare” la libertà al non movimento davanti, in questo caso, alla tendenza di criticare, mi ricorda il “sottrarre” ( mi scuso se riporto malamente )di J.F., indicato come possibiltà di pace.
Giugno 13th, 2010 at 4:39 pm
Sì, quel “non seguire” equivale al sottrarre di JF. A mio parere, però, il punto più importante è il successivo: solo in quel modo siamo davvero liberi di fare, di esprimere ecc. Se poi vogliamo intendere la vita secondo l’angolatura detta buddismo allora usiamo di quella libertà in un modo e non in un altro. Per questo Munindo termina con metta.
Giugno 13th, 2010 at 5:04 pm
Ben detto mym. Ho contato i passi e ora impugno il fioretto. (Inchino) In guardia..
L’intenzione primaria di Milady è quella di mettere le dita negli occhi ai c.d. ‘potenti’ (quelli che amano il proprio Ego nutrendolo di sensazioni non nobili e viziose, creando sofferenze e malattie)
al fine di soddisfare il bisogno di spiritualità delle nuove generazioni (anarchiche e autosufficienti). L’utilizzo di una grammatica pazza e surreale (propria delle nuove generazioni) è rappresentativo della perenne trasformazione del Logos che, per sopravvivere, ha bisogno di mutarsi, trasfigurarsi, in un perpetuo gioco di sperimentazioni.
L’arte non ha forse come funzione ultima quella di salvarci dal disastro rivestendo il mondo usuale con un altro abbellito a piacimento dal nostro spirito?
Giugno 13th, 2010 at 8:35 pm
Se osservo la tendenza a criticare resto nello sconcertante agio del principio di indeterminatezza.
Non è semplice stare a casa, ma comodo sì. Specie oggi che, per così dire, la filosofia (il linguaggio con cui mi esprimo qui) urge di trasformarsi in moralismo, cioè di trasformare lo studio della realtà (che come tale non c’è) in studio dell’uomo sull’uomo, dall’interno verso l’esterno in cerchi sempre più ampi. A mio parere con o senza metta.
Giugno 14th, 2010 at 11:24 am
a Dhr: penso si capisca il senso in (1), se intendi il sottile sarcasmo. Mi piace 🙂
Più complicato il discorso sulla libertà.. quante cose su cui riflettere, su cui documentarsi. Come il metta, ad esempio. Non dirò che non conoscevo questo termine fino a 15 minuti fa perchè temo che finirei per essere bannata, o come minimo susciterei la tendenza a criticarmi, mettendo già subito tutti alla prova.
Giugno 14th, 2010 at 11:53 am
Beh meno male, cara Sumire.
Quanto al “metta” (a proposito: come si inseriscono le tag in questo blog? i corsivi ecc.), bypasso automaticamente qualunque discussione in cui compaiano termini sanscriti, jappa e quant’altro. Se lo scopo è dire-anzi-alludere-al-Nulla, lo si può fare benissimo in lingua vernacola.
Giugno 14th, 2010 at 12:14 pm
…per fortuna oggi c’è Wikipedia!
Giugno 14th, 2010 at 2:00 pm
Magnifico: la Salvezza in un click…
Giugno 14th, 2010 at 2:08 pm
magari la salvezza no, ma una sorta di traduzione istantanea in lingua vernacola… Di certo non permette una vera comprensione, ma forse un minimo di crescita culturale.
Giugno 14th, 2010 at 5:37 pm
La ricerca spirituale si svolge all’interno di una precisa tradizione terminologica (non nelle scarne riduzioni di un vocabolario..). La sequenza delle parole, invece, è creata dal caso, non obbedisce a nessuna regola. Le regole grammaticali, difatti, sono un’ illusione. L’ordine sta tutto nella nostra mente, non nella realtà del commento. Le regole testimoniano solo l’abilità dello scrittore a scovare strutture dappertutto. E’ inevitabile trovare simmetrie, ripetizioni, metonimie etc., se si vuole.
Giugno 15th, 2010 at 9:25 am
Una considerazione mi pare obbligata: fra “andare sempre in cerca dei difetti degli altri” e la “tendenza a criticare”, che surrettiziamente vengono presentati come sinonimi, c’è la stessa differenza che passa fra una persona tendenzialmente aggressiva e un serial killer. Personalmente ho ricevuto non di rado benefici, sotto forma di stimoli critici, da persone che non si sono limitate a stazionare nel proprio agio acritico, per difficile che sia. La questione mi pare piuttosto dare espressione alla “tendenza a criticare” mettendola al servizio di “metta” o più semplicemente non usandola come arma per affermare la propria eccellenza.
Giugno 15th, 2010 at 12:38 pm
Ben detto jf. Prendere in giro operazioni come: la bustrofèdica, la metodica sostituzione di certe lettere con altre, la somma del valore numerico delle stesse et similia, è facile. Preferisco capirle.
E’ evidente che la loro causa remota è l’idea dell’ispirazione meccanica della Bibbia.
Occhiali sul naso e controllo ortografico = vecchio, pedante, sgobboso, ‘bello’ stile, per gli accademici.
Anti-homosexual (già homosex).Ad maiora!
Nota. Il ‘babilonese’ è proscritto.
– | Rihihihide:[$
Giugno 15th, 2010 at 9:49 pm
Una persona eccellente mimetizza la propria intelligenza per non suscitare invidie, mortificazioni o disinteresse intorno al suo discorso.
Con metta.
Giugno 16th, 2010 at 10:27 am
Vero. Mi costa un po’ tutto ‘sto mimetismo, però finché abboccate… 😀
Ah, dimenticavo: con metta, eh!
Giugno 17th, 2010 at 6:29 pm
Col mio solito, ammirevole -secondo me-ritardo rispondo a homosexual 13: “La sequenza delle parole… è creata dal caso, non obbedisce a nessuna regola. Le regole grammaticali, difatti, sono un’ illusione. L’ordine sta tutto nella nostra mente, non nella realtà del commento. Le regole testimoniano solo l’abilità dello scrittore a scovare strutture dappertutto.” Può darsi che le regole grammaticali siano un’illusione, direi piuttosto una “convenzione”. Però siccome chi parla o scrive non ha limiti alla libertà di esprimere ciò che vuole, se non uno unico: farsi capire da chi ascolta/legge, e siccome le regole grammaticali e sintattiche sono l’unico strumento di cui disponiamo per dare al nostro pensiero forma comprensibile ad altri, direi che sia preciso dovere di chi scrive attenersi ad esse. A meno che non preferisca parlare per se stesso, ma allora è sufficiente che si metta davanti a uno specchio, senza bisogno di partecipare a un discorso esteso al pubblico….
Giugno 17th, 2010 at 9:20 pm
Vero tranne nel caso in cui uno non voglia parlare né al grande pubblico né a se stesso.
Eccellente sintassi, ma la realtà del commento?
Ecco: una ritardata,ria non può che arrivare in ritardo: a chi parlo ora?
Il galateo è un gioco in cui s’ intrecciano complesse questioni d’orgoglio: arrivare in ritardo è sempre disdicevole.
Non è una provocazione ma una semplice burla.
Passo e chiudo.
Giugno 18th, 2010 at 6:22 pm
La realtà del commento la realtà del commento…. mmmm…. cosa vuol dire? Da buona ritardata(ria), ogni tanto qualche cosina mi sfugge!
Giugno 18th, 2010 at 6:32 pm
Non far caso Cristina, a volte Homosexual gioca a fare il difficile. Sarà veramente interessante quando giocherà a fare il facile. Anche perché è molto più difficile. 😀
Giugno 19th, 2010 at 12:06 pm
Grazie del conforto che mi dai, mym. Da quando mi ricordo è sempre esistito l’ufficio “Complicazione Cose Semplici”. Nonostante ciò, Homosexual è simpatico…
Giugno 20th, 2010 at 11:51 am
“Allora è vero, lo sapete anche voi, che crociate e inquisizione sono state infamia ripugnante, come i genocidi, i gulag, le purghe staliniane! Tanta ammissione è una novità storica, che io sappia, da parte dell’organo ufficiale vaticano.” Ecco, anche io che sono buonista, mi concentrerei su questo aspetto che sembra rivelare una certa consapevolezza e senso di responsabilità. A meno che non sia un lapsus!
Giugno 20th, 2010 at 11:59 am
Un attimo di distrazione può capitare a tutti… Ieri il cardinal Sepe pare abbia detto: “Dirò la verità”. Insomma, è estate, c’è il campionato mondiale di calcio, mille cose da fare…
Giugno 20th, 2010 at 12:31 pm
Ode a Sepe
Lo dicono turbato, ed anche un po’ sudato:
fatica in novità nel dir la verità?
Giugno 20th, 2010 at 3:20 pm
Gli ottimisti dicono che la verità viene sempre a galla, ma mi astengo dal dire su cosa può galleggiare quella che riguarda certe criminose istituzioni per non offendere qualche anima pia.
Giugno 20th, 2010 at 4:57 pm
Lutero diceva che la Chiesa è “Semper reformanda” (Sempre da riformare).
E se fosse “Saepe reformanda”? (pron.: Sepe)
Giugno 20th, 2010 at 6:29 pm
Ahimé, dobbiamo riaprire la diatriba sulla verità? Quale verità? La mia, la tua, quella del Vaticano, quella dello Spirito Santo? (prego notare le lettere maiuscole…)
Giugno 20th, 2010 at 6:44 pm
Temo che qui l’unica verità è che si son rivenduti anche la croce…
Giugno 20th, 2010 at 6:45 pm
Già. Tant’è vero che, quando parlo con mia madre in piemontese, sostituisco sempre l’espressione “a dite la vrità” (a dire il vero…) con “a dite la frità” (a dirti la frittata…)
Giugno 20th, 2010 at 6:46 pm
(p.s. il mio post era riferito a Cristina — quando ho cominciato a scriverlo, era ancora assente in pagina il commneto n. 7)
Giugno 21st, 2010 at 5:10 pm
Entre tantas críticas al Vaticano se nos olvido Saramago. Desde la Iberia que el soñó, triste y recordando su ejemplo, traigo su palabra, que entre nosotros queda.
Del ovillo enmarañado de la memoria,
de la oscuridad, de los nudos ciegos,
…tiro de un hilo que me aparece suelto.
Lo libero poco a poco,
con miedo de que se deshaga entre mis dedos.
Es un hilo largo, verde y azul, con olor a cieno,
y tiene la blandura caliente del lodo vivo.
Es un río.
Me corre entre las manos, ahora mojadas.
Toda el agua me pasa por entre las palmas abiertas,
y de pronto no sé si las aguas nacen de mí o hacia mí fluyen.
Sigo tirando, no ya solo de la memoria,
sino del propio cuerpo del río.
Sobre mi piel navegan barcos,
y soy también los barcos y el cielo que los cubre
y los altos chopos que lentamente se deslizan
sobre la película luminosa de los ojos.
Nadan peces en mi sangre y oscilan entre dos aguas
como las llamadas imprecisas de la memoria.
Siento la fuerza de los brazos y la vara que los prolonga.
Al fondo del río y de mí, baja como un lento y firme latir del corazón.
Ahora el cielo está más cerca y cambió de color.
Y todo él es verde y sonoro
porque de rama en rama despierta el canto de las aves.
Y cuando en un ancho espacio el barco se detiene,
mi cuerpo desnudo brilla bajo el sol,
entre el esplendor mayor que enciende la superficie de las aguas.
Allí se funden en una sola verdad los recuerdos confusos de la memoria
y el bulto súbitamente anunciado del futuro.
Un ave sin nombre baja de no sé dónde
y va a posarse callada sobre la proa rigurosa del barco.
Inmóvil, espero que toda el agua se bañe de azul
y que las aves digan en las ramas
por qué son altos los chopos y rumorosas sus hojas.
Entonces, cuerpo de barco y de río en la dimensión del hombre,
sigo adelante hasta el dorado remanso que las espadas verticales circundan.
Allí, tres palmos enterraré mi vara hasta la piedra viva.
Habrá un gran silencio primordial cuando las manos se junten con las manos.
Después lo sabré todo.
Protopoema
(José Saramago. La pequeñas memorias)
Giugno 21st, 2010 at 6:28 pm
Leggo sul quotidiano di Genova che il cardinale S(a)epe è pronto a collaborare con i magistrati, certo che la Verità viene sempre fuori. E la postilla del portavoce vaticano padre Lombardi: “Naturalmente bisognerà tenere conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti tra Santa Sede e Italia”. Ometto la traduzione dell’articolista, che non è “papista” e quindi è di parte… C’è da ridere?
Giugno 21st, 2010 at 6:35 pm
È un principe della chiesa, con tanto di passaporto diplomatico… Se mi interrogasse un magistrato, in qualità di indagato quindi a un pelo dall’incriminazione, e avessi la minima carta da giocare per proteggermi lo farei. Caso mai sarebbe bene rivedere il concordato, quello si che è una ciofeca.
Giugno 22nd, 2010 at 12:23 pm
Davvero riesci a concretizzare l’ipotesi di trovarti nella condizione di indagato, tanto da sapere cosa faresti in quel caso? Per me è impossibile: finché in una situazione non ci sono, non so come risponderei alla realtà di quella situazione…
Giugno 22nd, 2010 at 7:10 pm
Cmq da quest’anno l’8 per mille l’ho devoluto allo Stato — allo Stato: cioè NON lasciando la casella in bianco, altrimenti subentra il famoso trucchetto.
In questo modo li ho privati di DUE contributi. Chi di lama ferisce…
Giugno 23rd, 2010 at 12:00 pm
Non per criticare ma, si licet, per informare: i denari dell’otto per mille degli anni scorsi lo stato li ha destinati parte alla guerra in Afghanistan e parte per restaurare proprietà della chiesa cattolica.
Giugno 23rd, 2010 at 1:07 pm
Ne facciano quello che vogliono. Tanto non cambia niente, e perlomeno lo Stato non ci propina spot melensi sull’8 per mille.
Anzi, tra i testimonial della Chiesa cattolica ci sono autentici preti progressisti (p.es. padre Kizito Sesana, missionario comboniano). Perché allora la Chiesa non fa spot del tipo: “Non date i soldi allo Stato che li usa per la guerra! Dateli a noi che…”?
Perché alla fine sono tutti uguali, qualunque Governo, qualunque Papa… La cosa più disgustosa dell’universo è la sua uniformità.
Giugno 23rd, 2010 at 2:43 pm
Manterrei un minimo di lucidità critica, non fosse che per non uniformarmi. La questione non è fare di ogni erba un fascio, anche se la tentazione è forte e non ingiustificabile. C’è un aspetto che mi colpisce. Il cardinale Sepe sarà anche una persona in gamba, dedito al bene di Napoli, come sostiene per esempio Erri Deluca, napoletano per bene. Ma allora, a maggior ragione, che bisogno c’è di invocare la croce e la Via Crucis, i nemici della Chiesa e le congiure, financo la resurrezione, solo per spiegare una storia di favori mondani? Quando era a Roma, il Nostro col potere di mamma Chiesa a dato casa in centro a Bertolaso e ha venduto sottoprezzo un palazzo a Lunardi, mica ha dato un tetto e assistenza ai barboni del Lungo Tevere e ai coatti di Tor Bella Monaca. Questa gente non è capace di andare dal magistrato come un qualunque cittadino, spiegare come e perché, e aspettare in silenzio il giudizio? Sproloquiano di povertà, avvolti in manti d’oro. E’ una miseria estetica, prima ancora che etica.
Giugno 24th, 2010 at 4:29 pm
> (mym) Temo che qui l’unica verità è che si son rivenduti anche la croce…
Di’ oggimai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma.
Giugno 24th, 2010 at 10:30 pm
Voglio solo ‘io’!
Italia fuori dai mondiali – evvai – forza la chiesa!!!
Prego notare le lettere minuscole..italia barbara.
Giugno 25th, 2010 at 3:16 pm
L’onnipotenza del narratore – acclarata dall’ assenza di responsabilità etiche per una oggettiva deriva – si permette l’intimo conforto di usare quel generatore simbolico che è la Chiesa per i suoi scopi.
Stamane ho riscosso i miei talenti: la sconfitta dell’Italia l’hanno pagata bene (embè, le scommesse sportive sono legali).
Mi ripeto: I not afraid of italians.
Grazie Dio per aver esaudito la mia preghiera.
Giugno 25th, 2010 at 5:06 pm
Vabbe’, almeno potresti fare finta…
Comunque, al termine della mess.. pardòn: della partita, attorno a casa mia (abito nella zona dove fanno i caroselli) c’era un silenzio splendido. Questo non mi è dispiaciuto.
Luglio 3rd, 2010 at 7:05 pm
Certamente il silenzio è prezioso, ora però secondo me si prolunga troppo. Cosa sta succedendo agli interlocutori della “Stella”?
Luglio 3rd, 2010 at 8:58 pm
>Cosa sta succedendo agli interlocutori della “Stella”?
Aspettano con ansia che i Signori della Stella postino qualche nuovo argomento……………………………..
P.S. Perché non facciamo come in tanti blog, dove gli utenti possono aprire discussioni senza aspettare la “mamma”?? LANCIO LA PROPOSTA
Luglio 3rd, 2010 at 9:30 pm
E’ una buona proposta ma….tecnicamente, come si fa? E cosa dirà la mamma?
Luglio 4th, 2010 at 7:26 am
tecnicamente, sono business del webmaster 😉
se poi la mamma abbia intenzione di varare questa Manovra…
Luglio 4th, 2010 at 11:27 am
Credo che Mamma, in quanto editore, sia responsabile di quanto viene pubblicato, noi, invece, non ci mostriamo sempre del tutto responsabili…. Ci saranno delle difficoltà!
Luglio 4th, 2010 at 11:31 am
Avanti miei brodi!
La mamma
Luglio 4th, 2010 at 11:32 am
Se ci avete delle idee, apro una pagina in home con una fotina carina, tipo un calendario per dire che polvere alla polvere… e poi fate vobis. Un bel lavoro però, eh!
Luglio 4th, 2010 at 11:57 am
Pensavo a una struttura libera, tipo quelle in cui si clicca su “Apri nuova discussione” e si inseriscono testi, corredati di foto se si vuole ecc. Gli altri blogger commentano ecc.
Come ovunque, se poi un blogger spara ca##@te il Moderatore interviene e gli cancella il testo.
Luglio 4th, 2010 at 12:01 pm
Una struttura libera? Naaa, posso offrire una pagina vuota, o quasi, con i commenti a disposizia. Però se c’è davvero un argomento, un tema
Luglio 4th, 2010 at 1:39 pm
poi chi sarebbe che imbavaglia la libera espressione?…………………
😛
🙁
Luglio 4th, 2010 at 3:23 pm
La libertà è un’arma a doppio taglio.
Non vorrei qualcuno si facesse male.
Luglio 4th, 2010 at 7:00 pm
Ah! La mamma è sempre la mamma!
Luglio 4th, 2010 at 7:34 pm
… forbicine e coltellini non son cose per bambini 😀
Luglio 4th, 2010 at 9:13 pm
No, infatti i bambini giocano con computer e altri oggetti computerizzati che mi risultano del tutto sconosciuti, anche di nome …. Comunque, dhr, mi sembra che la tua proposta non abbia ottenuto l’entusiastica adesione di nessuno: per cui forse non è il caso di insistere!
Luglio 4th, 2010 at 10:02 pm
Infandum regina iubes renovare dolorem
Luglio 5th, 2010 at 12:20 pm
Guarda guarda. Quell’uno che manca è,caso vuole, il contributo di tale Mauricio Yushin Marassi… Come mai?
Luglio 5th, 2010 at 12:30 pm
“Non vedo l’ora di perdermelo.”
(Tullio Pericoli, “Tutti da Fulvia sabato sera”)
@Cristina: come sai, Egli non ama la soverchia auto-espressione 😀
Luglio 5th, 2010 at 12:31 pm
p.s. era “Tutti” non “Tutta”. Possibile che non si possa introdurre NEANCHE la possibilità di correggere i propri post dopo aver cliccato “Invia”?
Luglio 5th, 2010 at 12:45 pm
(3) Come no, visto che l’ho corretto? 😉
PS: ma non c’è un pulsante “modifica” a fianco dell’ora di pubblicazione? Noo? Be’, non si può avere tutto nella vita.
Luglio 5th, 2010 at 1:19 pm
alla pan tolmaton epei….
Luglio 5th, 2010 at 2:36 pm
b’reshit barà elohim et ha-shamaim w’et ha-aretz
Luglio 5th, 2010 at 9:42 pm
Ohibò! Questo esula dalle mie conmpetenze..
Luglio 5th, 2010 at 10:09 pm
Allora beccati questo:
Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn
😉
Il precedente era l’incipit della Genesi: “In principio Dio creò i cieli e la terra”. C’entrava una mazza, ma era “vendetta tremenda vendetta” per la tua citazione che mi aveva “addirittura” costretto a fare una ricerca su google.
😀
Caro mym, se ci lasciassi aprire discussioni libere *sospiro*
Luglio 6th, 2010 at 11:57 am
Ma vai a farti un brodo! Che era una vendetta l’avevo capito. Però la Genesi in che lingua è scritta? Io conosco la versione greca e la vulgata latina… e certamente qui non si tratta né del’una né dell’altra! Per tua estrema gentilezza, mi traduci anche la seconda “beccata”?
Comunque, sono contenta di averti stimolato a una ricerca. Bravo!
Luglio 6th, 2010 at 1:26 pm
La Genesi, come tutti i testi sacri ebraici, guarda caso è scritta in ebraico.
Dopodiché vari zuzzurelloni di traduttori (brutta razza) l’hanno trasposta in altre lingue.
Per la seconda beccata, basta copiare il testo in Google e avviare la ricerca 😛
Ripeto: mym si perde qualcosa, a non lasciarci aprire discussioni a tema libero e nostro talento 😀
Luglio 6th, 2010 at 3:17 pm
In che senso non vi lascio? Ecchestateaffà, praticamente da sempre?
Luglio 6th, 2010 at 7:50 pm
Facciamo commenti assurdi ai temi che proponi tu… ma se ci lasciassi aprire argomenti assurdi, forse verrebbero fuori commenti seri.
😀 😀 😀
Luglio 7th, 2010 at 9:39 pm
Non trovo la musica. Dov’è?
Luglio 7th, 2010 at 11:19 pm
speravamo che tintinnasse nel tuo cuore…
Luglio 8th, 2010 at 11:15 am
Per tintinnare tintinna, ma senza un gran nesso con quello che scrivi…
Luglio 8th, 2010 at 2:56 pm
Povera Cristina non trova la musica..Prova a cercarla nel romanzo Musica! di Yukio Mishima (senza punto esclamativo).
Quod..demonstrandum erat: la luce illumina paure e dolore umano; in particolare le luci-bernetiche imprimono sul volto il desiderio di vivere da ebeti (la leibziana stupidità).
Per me solo dal nero più intenso e opaco può emergere, oltre gli inganni della luce, la verità (da un diaologo sulla carnemomia).
PS:mi sono piaciuti i salti logici.
Luglio 8th, 2010 at 8:02 pm
Si, confesso che mi sento “povera Cristina” in quanto non mi riesce proprio di trovare la musica su per le scale del municipio… E neppure mi illuminano molto le luci-bernetiche. Ma posso continuare a provare.
Luglio 8th, 2010 at 9:00 pm
Sì, prova a seguire la sonorità di un pensiero che, senza scopi o obiettivi, si satura con il luogo della riflessione e dove, poi, tutto finisce. Quello che rimane è il bene e ognuno l’ha per sé.
E se l’invenzione di nuove parole, di suoni inediti (ad esempio ‘lucibernetiche’), avessero il fine di non illuminare più i mali che ci affliggono?
E se la scrittura per commenti obbligasse, nel caso di specie, ad inventarsi una colonna sonora?
Ho in mente una ‘musichetta’.. Altro che opera d’arte concettuale!
Però se ti è piacciono i tomi da 1000 pagine è un’altra storia..
Luglio 8th, 2010 at 9:26 pm
Nel frattempo mi sono spuntate le orecchie d’asino.Lo so che sei una purista ma non ti arrabbiare per gli errori grammaticali.
La carnemomia è una parola esistente anche se non c’è traccia su internet. Era uno dei più potenti antidepressivi dell’antichità. Si diceva fosse fatta di polvere di mummia e usata pure nelle arti figurative per il colore nero.
Luglio 9th, 2010 at 10:19 am
Ciao Hmsx, mai banale. Bella la definizione di musica (mantrica?): “sonorità di un pensiero che, senza scopi o obiettivi, si satura con il luogo della riflessione e dove, poi, tutto finisce. Quello che rimane è il bene e ognuno l’ha per sé. “
Luglio 9th, 2010 at 11:04 am
Certamente seguo la sonorità dei miei pensieri: lo faccio non proprio da sempre ma almeno da un pezzo. Però questo mi isola dal mondo esterno e temo che comprometta la mia attitudine a coglierne l’infinita varietà di sfumature, colori, suoni… E non preoccuparti, Hmsx, per eventuali errori: sono stata insegnante di liceo per molti anni e sono quindi pronta a tutto!
A mym: il tuo indirizzo e-mail funziona?
Luglio 9th, 2010 at 11:43 am
che le cose scritte siano complimenti… o no… grazie per le interessanti riflessioni
😉
Luglio 9th, 2010 at 6:05 pm
(eccone un altro)
LUGLIO
attendo un drago
nero ittio-grifo da
Luchino in dono
Luglio 10th, 2010 at 2:15 pm
Cara Cristina ma lo sai che scrivo al buio?Non parlo di un buio artificiale del tipo chiudere gli occhi o abbassare le tapparelle ma del buio della mente. Per me il buio è la condizione preliminare per sperare di vedere la realtà – quelli che si sono separati dalla società mi sembrano circonfusi di luce ma la luce crea solo affettuosi miraggi.
Caro mym, la musica è una donna – ma non te la vengo a dire..- OM
Caro dhr i miei sono complimenti.QUID s’è messo a dialogare con QUOD e non la smette più!!^^
Luglio 10th, 2010 at 4:58 pm
attendo QUAD
Luglio 11th, 2010 at 11:27 am
Caro HMSX, ti invidio perché riescia veder meglio al buio, quello della mente. Per me il buio è solo buio, in cui niente ha forma e niente, perciò, esiste. Forse il punto è proprio questo!
Luglio 11th, 2010 at 12:45 pm
Incauta Cristina..Il mio cervello funziona male e per questo è costretto ad elaborare delle compensazioni. In particolare il cervello visivo si comporta come un’artista (esplora e indaga la realtà per farsene un concetto).Potresti tentare un esperimento ‘scientifico’: prova a vivere per un po’ senza occhiali, come compenserai lo scarto tra la percezione delle forme del reale e quelle prodotte nella mente dalla ‘cecità’?
Luglio 11th, 2010 at 12:46 pm
Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe.(Albert Camus)
Punto:creare il buio nella mente significa mettere la coscienza umana di fronte ad uno stato esistenziale precedente alla creazione.
PS:Suggerirei un tema per la rubrica all’ombra del Partenone:la leggendaria cecità di Omero.
Luglio 11th, 2010 at 6:42 pm
QUID, QUOD, QUAD (in coro):
Thread is ripping
the knot is slipping
Love is blindness
I capricci assiologici della scrittura di dhr mi fanno ballare quasi sempre – malgrado le tare cristiane, ma chi ne è immune?-
Luglio 11th, 2010 at 6:45 pm
Non possiamo non dirci… tarati? 🙁
Perchè soppesare, una rosa è una rosa è una rosa, o no?
Vabbe’, Nagarjuna direbbe, Chandrakirti chioserebbe…
Però, dimmi tu, una rosa, che cos’è?
Luglio 11th, 2010 at 7:44 pm
Proprio così: non possiamo non dirci tarati – se sapessi farlo taggherei un faccione a 32 denti -.
Ecco perchè detesto la psicologia, potrebbe mai spiegare una rosa?
Ad ogni modo amo cogliere le rose,più delle rose.
Luglio 12th, 2010 at 10:29 am
Aaah! Assassino!
La rosa
Luglio 12th, 2010 at 12:42 pm
ciao a me e ad un’altra ragazza piacerebbe venire giovedì possiamo chiedere delle info?
Luglio 12th, 2010 at 6:33 pm
Non è per la rosa che ti preoccupi! (tanto lo sai che quelle che valgono sono solo quelle che non hai colto…).
E’ che qui i giovani prendono il potere e temi un defenestramento! >:o
Luglio 12th, 2010 at 6:38 pm
era ora laralà
Luglio 12th, 2010 at 6:57 pm
Magari!
Altro che defenestramento, qui giovani e vecchi si fanno i fatti loro quatti quatti, se non trovo qualcuno a cui passare il cerino… be’: pazienza.
Quale cerino?
Luglio 12th, 2010 at 11:12 pm
c’è rino ceronte!
Luglio 13th, 2010 at 12:20 am
19. Usare la psicologia per spiegare una rosa, andare dal fabbro a farsi curare le ragadi, usare le chiavi dell’amante per rientrare a casa della moglie e poi …lamentarsi che le cose non funzionano! 😀
Luglio 13th, 2010 at 10:59 am
Però, che vita avventurosa…
Luglio 13th, 2010 at 12:11 pm
Salve a tutti.
Forse le cose stanno bene così.
Vi seguo ormai da un bel po’ e le discussioni mi sembrano coerenti, interessanti (e simpatiche). Direi anche intelligenti ma non so se mi vado a ficcare in qualche guaio 😉
A Roma diciamo che “chi c’ha mammma nun trema”
Luglio 13th, 2010 at 12:14 pm
Ecco qui l’incauta Cristina che con giorni di ritardo ci riprova, affascinata dalla storia del buio della mente. Quel buio che necessariamente bisogna fare sulle stupidaggini perché possano restare in piena luce solo le cose che stupidaggini non sono, per es. il profumo della rosa non colta… quello lo conosco. Ma il buio cercato di proposito perché la mente possa vaneggiare senza lumi, quello già mi piace meno… N.B.: non sto accusando nessuno di vaneggiare, è solo una considerazione di carattere generale, forse non del tutto buddista…. Chiedo perdono.
Luglio 13th, 2010 at 12:40 pm
Sì, certo. Io non ci sarò, però se volete fare zazen va benissimo. Per info:
yushin chiocciola lastelladelmattino.org
Luglio 13th, 2010 at 10:08 pm
Premesso che è solo un errore il fatto che io sia un giovane, a me le bambine ispirano tanta tenerezza..
L’ultima volta che rimasi con un cerino in mano lo gettai in una Chiesa – sapessi che falò!
Quale falò?
@ Cristina
Così come Beethoven compose musica da sordo e Monet dipinse da cieco, io vedo al buio.
Se si eliminassero i ‘vaneggiamenti’ dalla storia delle arti cosa rimarrebbe?
Luglio 13th, 2010 at 10:09 pm
I meriti de ‘i viaggi dell’immaginazione’ vanno ad Elisa.
Di natura sono un anti-metafisico e uomo dei fatti dunque solidamente istallato nella condizione. Tuttavia per Elisa vedo enti, essenze, sogno tigri e lotte di ghepardi, regressi e momenti cruciali, istanti e punti nello spazio.. – ah, la via della duplicità delle sostanze..che meraviglia! –
Senza di lei non vado nemmeno a comprare il giornale.
Tuttavia è già partita per le vacanze e sarà Maria a consolarmi – per fortuna non è proprio la stessa cosa ^^ !
Luglio 13th, 2010 at 10:30 pm
OMOSESSUALE
ieri fu detto
“perverso”, ma oggi fabbro
di aguzzi off-topic
😉 in esclusiva per La Stella
Luglio 13th, 2010 at 11:37 pm
Ok,impugno il gessetto (bianco) e scrivo sulla lavagna, nera come..Ignazio – il latino dalla pelle lucida -.
“Occorrono strenui esercizi spirituali per assurgere alla condizione di coloro che videro Dio. Si può iniziare sforzandosi di vedere gli unicorni..fino al punto di non vedere più niente”.
Nonostante tutto ‘sto nero la luce che l’haiku di dhr ha gettato sulla realtà l’ho vista!
V_V [ _!]Smoking cigarette in the ‘picture’ (come sono anziano.. ma come si fanno le faccine?!?)
Luglio 14th, 2010 at 10:10 am
Per sapere come si fanno le faccine bisogna ENTRARE NEL GIRO. Le faccine di primo livello le insegnano con la prima iniziazione. C’è da pagare una quota, poi … di faccina in faccina 😀
Luglio 14th, 2010 at 2:27 pm
infrango i dogmi, le barriere e gli oscurantismi! e rivelo alcuni segreti riservati agli iniziati!
😉 punto e virgola, trattino, chiusa parentesi
🙂 due punti, ecc.
🙁 aperta parentesi
😀 due punti, trattino, lettera D maiuscola
😛 lettera P maiuscola
Luglio 14th, 2010 at 4:21 pm
In passato, quando le cose si facevano sul serio, ne hanno bruciati per molto meno, altro che balle. Se togli il segreto non abbocc… pardòn: calano i fedeli
😎
8 trattino chiusa parentesi e anche senza trattino
Luglio 14th, 2010 at 4:56 pm
Ma adesso che hai rivelato anche che si possono fare con o senza trattino.. che gusto rimane?! 😳
Luglio 14th, 2010 at 5:05 pm
Rotto il giocattolo, qualcuno comincerà a chiedersi se sotto sotto non ci sia qualcos’altro di VERAMENTE misterioso… e voilà.
Luglio 15th, 2010 at 7:16 pm
Tempo fa, Hmsx ha lanciato l’idea che io trattassi la cecità di Omero nella rubrica “All’ombra del Partenone” L’argomento è una questione filologica in discussione da oltre 2 secoli… anzi ora non lo è più in quanto risolta dalle attuali interpretazioni della poesia omerica. Mi limito qui a dire che il nome “Omero” significa “o me oron”, colui che non vede, e l’epos è leggenda popolare tramandata oralmente per generazioni: ma se il responsabile del sito, o lo stesso hmsx, o qualcun altro, desidera delucidazioni, sarò ben contenta di offrirle! E grazie della proposta.
Luglio 15th, 2010 at 8:36 pm
Clamorosa rivelazione: Omero non era cieco, era slovacco!
Luglio 15th, 2010 at 8:39 pm
GIOVEDÌ
penombra viva
tra il clockwork di cicale
e il “Mondo creato”
.
.
.
[nota storica: il “Mondo creato” è l’ultimo poema scritto da Torquato Tasso. Geniale, spiazzante. Un’opera oggi sconosciuta, ma ha ispirato nientemeno che Milton]
Luglio 15th, 2010 at 9:52 pm
dhr, vai a …farti friggere! Detto col cuore.
Luglio 16th, 2010 at 1:44 am
Simpatica Cristina,un nazarita non perdona quasi mai.La punizione è la migliore pedagogia e l’assassinio il più puro degli atti.
– Che volete? –
Sono un fan di de Quincey e il mio cuore di tenebra sospira come quello delle ragazzine quando incrocia i titoli dei suoi libri.
Punto e virgola, trattino..e chiusa parentesi!
Luglio 16th, 2010 at 1:48 am
GHOSTS
Shake dreams from hair
My pretty child, my sweet one
Choose the day’s divinity
…
,What?
,Non artefare.
,Se,se, da che pulpito..
Luglio 16th, 2010 at 11:01 am
Freedom is just another word
for nothing left to lose,
nothing don’t mean nothing honey
if it ain’t free…
J.J., Me and Bobby McGee, di K.K., 1969.
Luglio 16th, 2010 at 11:04 am
Bravi tutti, continuate pure a parlare in inglese! Ma se volete che mi ritiri io buon ordine, allora ditelo!
Luglio 16th, 2010 at 11:08 am
Non è inglese, è greco. Un po’ tradotto 😛
Luglio 16th, 2010 at 2:05 pm
Ehi, baby..
L’immaginazione nasce dalla brama e dal desiderio: la voglia dà invidia, odio; infatti questi non capitano, sei tu che ne hai brama. Ora tu hai un forte desiderio, poi segue il lavoro dell’immaginazione. Questa brama è rapida, intensa, pronta, come quella di una donna incinta.
Una maledizione comune è comunemente efficace. Perché?
Luglio 16th, 2010 at 2:06 pm
Perché essa viene dal cuore, e nel venire dal cuore sta e si produce. La maledizione della povera gente è imaginatio, la maledizione dei genitori, ancora soltanto imaginatio..viene dal cuore. Dunque, se uno vuole tramite l’immaginazione assassinare un altro, questi deve prima attirare verso di sé la cosa o lo strumento, poi imprimervi il suo desiderio: le donne superano gli uomini in questa capacità immaginativa; esse infatti sono più veementi nella vendetta.
Luglio 16th, 2010 at 3:48 pm
‘a Mara, ‘ste cose le ha trovate in Schopenhauer, che a sua volta le ha riprese da paracelso e altri autori!
😎
Luglio 16th, 2010 at 3:56 pm
p.s. ho appena dato un’occhiata alla pagina della Stella su Fess-buc. Per il livello dei commenti, non c’è proprio storia…
La Stella del mattino SIAMO SOLO NOOOIII !!!
Luglio 16th, 2010 at 5:07 pm
Incuriosita, cioè spinta da brama e desiderio, sono andata a vedere la pagina di facebook (n.b. come l’ho scritto bene!) e ancora una volta mi sono chiesta a cosa mai serve quella pagina… non in particolare quella della Stella, ma l’intero sito. A me sembra proprio un insieme di scemenze….
Luglio 16th, 2010 at 5:13 pm
Be’, una volta cominciato, si può essere anche un filino più radicali…
Luglio 16th, 2010 at 5:17 pm
CLAP§CLAP(wee will gonna stop the show)
Hey lamerica nice to see U
Hello Washington D.C. how R U doing
Dallas Texas aYo
Luglio 16th, 2010 at 5:54 pm
FOLATE DI VENTO
Un attimo sospeso
Che non può più fuggire
La morte di Dio
L’abbiamo ucciso
Ridi folle ricco uomo
Invincibile meccanismo
Di lucibernetica scia
Tra dyke adoranti la Notte
prima divinità vista
Senza volerlo
Dentro un pensiero segreto
Odio adamantino
$_$ in esclusiva per La Stella
Luglio 16th, 2010 at 6:02 pm
😯
Ayoooo.
Nuoro.
We don’t need to stop the show,
let’s kill it
slowly slowly cheek to cheek
Luglio 16th, 2010 at 7:34 pm
ottimi versi, hmsx [nickname codicefiscalesco inventato da Cristina che peraltro detesta l’inglese], però mi devi 50 conquibus di royalties per l’utilizzo del termine “lucibernetica”(c)
anzi no, pagamento già avvenuto in termini di scambio culturale, perché in compenso ho scoperto il termine “dyke”.
vale a dire che un omosessuale clonato diventa un clon-dyke?? (ah il mitico primo cent di Zio Paperone)
Luglio 16th, 2010 at 8:15 pm
mym, se mi vuoi più radicale eccomi. Cosa vuol dire la chiosa: “la cosa tale è piaciuta a x persone”? Ti credevo un po’ ostile a commenti dei tipo mi piace-non mi piace…
Luglio 16th, 2010 at 10:23 pm
mmmm…+ la cosa piace a x persone +..ehm..freeek$!
Encantado, kabaleros..
L’immaginatio che con grande forza viene usata contro di me – & co. – potrebbe essere benissimo usata contro quell’ altro al punto da ucciderlo grazie alla stessa imaginatio.
Sì,la magia è una grande scienza occulta così come la ragione è una grande follia manifesta.
tin tin machine
Luglio 16th, 2010 at 10:56 pm
LESBOCRI
Guarda le stelle
Per vegliare con mille occhi
Sarò Notte
Luglio 16th, 2010 at 11:05 pm
‘A dhr,’sti haiku.. che sfizio!
C’ho preso gusto – ne ho scritti tantissimi – ma è meglio darci un taglio;li ricopio e li tengo per me.
Bonne nuit.
Luglio 16th, 2010 at 11:27 pm
Isamarasex (che sembra il nome di un faraone), i tuoi haiku sono davvero intriganti. n.b. metricamente liberi, ma anche tra i poeti giapponesi moderni non è più obbligatoria la scansione in 5-7-5 sillabe.
al limite, li puoi raccogliere in un file e poi allegarmeli per email privata. l’indirizzo elettronico si trova nel mio Profile qui sulla Stella, alla voce ovviamente “Dario Rivarossa”; oppure nel sito che si apre cliccando su “dhr”, alla voce Traduzioni.
Luglio 16th, 2010 at 11:31 pm
p.s. Certo, nei siti “seri” viene data la possibilità di scambiarsi PM (messaggi privati) tra utenti in modo diretto, senza passare per l’email privata………………..
[faccina che sbuffa: è una di quelle che mi manca]
Luglio 17th, 2010 at 12:31 pm
Sempre la stessa cosa.L’insignificante uomo senza filosofia in verità la possiede come dote di natura affinchè i suoi occhi vedano e le sue orecchie sentano attraverso la sua miracolosa presenza. Però non appena la si tira fuori con apposite arti ‘insegnandola’ egli la rovescia e la perde in uno sciocco labirinto di sordità e cecità.
Siccome gli ‘haiku’ dalla metrica sballata, scritti con infinita pazienza, non mi sono costati niente li faccio a pezzi – e se un cane di lettore li leggesse? –
Adoro il classicismo e certe libertà se le possono concedere solo quelli del giro 😉
Luglio 17th, 2010 at 12:34 pm
4 ME the Stella-web-site is very cool.
Il suo ayatollah con i suoi giochi e almanacchi costringe il pensiero a pensare con serietà – merce rara in italia – senza perciò stesso trasformare il sito in un markettificio (scusate se è poco).
Eppoi adoro le piramidi e le organizzazioni gerarchiche che garantiscono ubbidienza-fedeltà-rispetto; ordine..e paidea.
(Faccina che soffia sul cerino, mi manca, : già brevettata?)
Luglio 17th, 2010 at 5:25 pm
La paideia è un po’ di più… cheffaccio, lascio?
Luglio 17th, 2010 at 6:49 pm
Mym, cosa vorresti mai lasciare? Non pensarci né provarci nemmeno per ridere! Mi sento provocata , e chiamata in causa, sulla paideia che è un concetto fondamentale della cultura greca. Credo che in termini moderni la definizione che si avvicina di più sia quella altrove discussa: “la ricerca e la cura del sé”, dove il sé non è soltanto un individuo ma è parte integrante di una comunità. Ma è un discorso complicato.
Luglio 17th, 2010 at 8:49 pm
… dalla paideia nella brace
Luglio 17th, 2010 at 9:26 pm
MOUSIKE’
Due accordi
Celebranti il mondo
Greco Latino
…
5+7+5 =..mmmm..unpredictable paidea, che può voler dire ignoto, errore, rischio. Ma forse anche imprevisto, sorpresa, promessa.
n[^_^]n
Luglio 17th, 2010 at 9:49 pm
ehm ehmmm, non sono 5+7+5: in italiano le sillabe in poesia si contano in base alla pronuncia, unendo le vocali terminali e quelle della parola dopo, ad esempio:
mi-ri-tro-vai-pe-ru-na-sel-vao-scu-ra = 11 sillabe (non 12)
du-eac-cor-di = 4 sillabe
ce-le-bran-til-ri-to = 6
😛
Luglio 17th, 2010 at 10:31 pm
Wow!It’s very hard.
Good job-
P
Luglio 18th, 2010 at 10:52 am
Non mi riesce (per poco, eh!) di inchiodare il pensiero segreto a questa metrica impossibile.
Cmq 4+6+5=…mmm..sempre unpredictable paidea. Per un pitagorico euclideo la matematica è oggetto di fede e non di calcolo con la mia fede braccherò quel pensiero, non ha più scampo. – E dove vorrebbe fuggire? –
Io veggio che gli antichi ci mettevano 10, 20, 30 anni per scrivere UN libro mentre i moderni..
Luglio 18th, 2010 at 10:53 am
@ Cristina
QUOD..demostrandum est: le luci-bernetiche non illuminano molto, però succhiano la luce della coscienza interiore..
Sì, molti dei commenti sono delle autentiche scemenze e il paradigma della cecità del mondo classico (Omero, Tiresia, Edipo..) è inutile e superfluo.
Ormai tutti vedono..
(What? What?)
Luglio 18th, 2010 at 11:17 am
La grecista si ribella: il paradigma della cecità ha un significato ben preciso all’interno della cultura greca che ha emesso questi miti! E’ inutile e superfluo se vogliamo trasportarlo così com’è in un altro mondo, quello in cui viviamo noi 2500 circa anni dopo….
Luglio 18th, 2010 at 11:39 am
aggiungo un “haiku visivo”.
all’indirizzo:
http://img706.imageshack.us/img706/8020/eegg.jpg
Luglio 18th, 2010 at 3:20 pm
Ok, quando si dice l’intuito femminile..Cara grecista accetto la sfida.Sebbene sia un vecchietto sono pur sempre imprigionato nel corpo di un 33enne dai muscoli guizzanti. Allora si fa così:ci vediamo all’ora X all’ombra del Partenone, però le armi le scelgo io.
Combatteremo lealmente impugnando una rosa (senza spine per carità!)
Memento: un nazarita non perdona quasi mai, un nizarita mai. Parola di Nazi-schout.
Intanto ridiamoci su che poi sentiremo chi riderà bene e meglio.
Adieu.
Luglio 18th, 2010 at 3:40 pm
Quoto dhr. Mi riprendo tutte le virgole..e voilà: “Pensiero segreto”
http://www.youtube.com/watch?v=2hS51HKWghI
(commento visivo all’ “haiku visivo”)
Luglio 18th, 2010 at 3:53 pm
Questo non è un commento.
Luglio 18th, 2010 at 4:28 pm
Giusto.
Contenuto: risulta difficile credere a cose che, anche se vere, sono dette in modo sgrammaticato, ma chi vuole essere creduto?
Per me fiducia è essere curiosi senza curiosare.
Faccio della mia incultura un segno di distinzione.
Luglio 18th, 2010 at 5:11 pm
Mmmm…. non ho capito bene quale sia la sfida: purtroppo il mio cervello ormai ultrasessantenne, sig, non sempre afferra le cose al volo! Cosicché l’accetto su due piedi: rose in pugno!
Luglio 18th, 2010 at 5:27 pm
Stat rosa pristina nomine. Nomina nuda tenemus.
Luglio 18th, 2010 at 5:30 pm
p.s. i thread sulla Stella stanno diventando così ricchi di spunti, interessanti, spiazzanti, da rendermi nioiosi gli altri a cui ero tanto affezionato.
Maestro, ciò è bene o è male?
Luglio 18th, 2010 at 5:47 pm
Il maestro è fuori stanza. Per fortuna!
Non so se è bene che il maestro si preoccupi, vi ignori o intervenga di draghinassa. Glielo chiederei ma mi tiene il muso, non mi parla. Solo perché gli ho detto che un maestro non dovrebbe fare le puzzette; più son maestri più son permalosi.
Luglio 18th, 2010 at 5:53 pm
Che ci crediate o no, tutta ‘sta “CYBERNETIC LUX” l’ha tirata fuori dhr con la sottile arte maiuetica: è sua la colpa.
L’haiku danzante è bellissimo.Infrange lo schermo che lo rinchiude e attraversa VERAMENTE le pareti – la musica è ‘mia’(ma poteva essere anche di uno qualsiasi).
Tutto il bailamme era per replicare al commento 1; al commento 14 mi sono cadute le braccia (come alla Venere di mmmm..). Davo per scontato che la grecista avesse ‘aggiornato’ il software del paradigma omerico. Tant’è..
In guardia!
Riesci ad annusare l’epica?
PS:si dice che Voltaire non avesse paura di niente. Di certo non ho paura di Voltaire.
Luglio 18th, 2010 at 5:57 pm
Ha ha Erman! Ti abbiamo beccato fellone. Così tu non saresti uno qualsiasi. Questa gliela dico al maestro, all’aperto, però.
Luglio 19th, 2010 at 12:40 pm
Ma le puzzette del maestro?
Haiku:
Fa puzzetta e ri-fiuta
l’origine del vento.
Schivo maestro!
(Anonimo neghittoso)
Luglio 19th, 2010 at 4:12 pm
[…] giorni scorsi ho scritto agli abbonati della mailing list Notiziedallastella, un messaggio dal titolo Tonache e bottoni al quale avevo allegato un breve scritto dal titolo […]
Luglio 19th, 2010 at 4:55 pm
Siamo in buona compagnia. Tempo fa, sul sito ufficiale di discussione sull’opera di John Milton, gestito dall’Università di Richmond, si è discusso a lungo sulla presenza e sul significato delle scoregge nell’immortale poema “Paradiso perduto”.
“Qualcuno” li ha omaggiati della corrispondente citazione dantesca 😉
Mym, il tuo haiku segue uno schema 7-7-5 che manco Lippi ai Mondiali 😛 Però il contenuto è solido, in barba alla Fisica.
Luglio 19th, 2010 at 5:00 pm
Non è il mio haiku, l’autore me lo donò da dietro al velo…
Luglio 19th, 2010 at 5:01 pm
[…] quale avevo allegato un breve scritto dal titolo Illuminazione? No, grazie. Il messaggio lo trovate nell’archivio della mailing […]
Luglio 19th, 2010 at 7:54 pm
Capisco il sesso e la paideia… ma lo Zen che roba è?
Luglio 19th, 2010 at 7:59 pm
Beato te, io, nemmeno gli altri due…
Luglio 19th, 2010 at 8:19 pm
Sulla paideia, è da mo’ che attendiamo delucidazioni da Cristina.
Quanto al sesso, “tutto ciò che non avevamo mai osato chiedere” ce l’ha già detto Woody Allen.
Luglio 19th, 2010 at 8:57 pm
Va ben, mi svelo
ed insieme mi emendo:
nicknomen omen.
APO FATICA MENTE
Peta e ri-fiuta
l’origine del vento.
Schivo maestro!
Così son due in una volta sola, con licenza e pardon. Bonsoir a tutti
Luglio 19th, 2010 at 9:37 pm
No! Sono stata snobbata, accusata di dare i brividi a qualcuno… Cosa volete da me? Con tutto ciò, la tentazione è forte: si tratta di affrontare uno dei termini più densi di significato della lingua greca. Non so fino a che punto io sia all’altezza di farlo. Ci provo. Paideia è lettaralmente ” l’educazione del pais, (cioè del ragazzo)”. I problemi nascono da qui, cioè dal valore che si da’ al termine “educazione”. Si intende in genere , nell’Atene del V secolo, la preparazione del ragazzo ad essere persona preparata per cultura, istruzione, capacità di pensiero e quant’altro, a partecipare in modo attivo alla vita della polis, il che è la massima aspirazione della vita ateniese (cfr. anche Platone). Questo non vale né per le altre poleis, né per età diverse… E tutto questo non c’entra niente col discorso di mym sullo zen!
Luglio 19th, 2010 at 10:34 pm
Premesso che Cristina dice il vero, per Aristotele lo scopo della paidea era il realismo pratico. In particolare, dissezionando il carattere del giovane uomo, non si dovrebbe cedere a visioni moraleggianti, edulcorate, indulgenti o fustigatrici, cioè il compito pratico della paidea E’ quello di temperare gli eccessi della giovinezza.(cfr. Techne rhetorike, I, 5, 1360b).
Usare la cultura classica come semiotica dell’oggi è una idea bislacca?
Per i grecisti pare di si.
Allora la uso come semiotica di me stesso, si può tollerare?
Luglio 19th, 2010 at 11:08 pm
PS: manca anche a me la faccina che sbuffa.. C’è un mondo per correggere ‘sti commenti? Mi sono perso le ‘i’.Che talpa che sono!
A dhr: ma lo sai che al post precedente solo dopo alcuni giorni ho letto ‘attendo quad’ in luogo di ‘attento quad’..
Luglio 20th, 2010 at 1:01 am
Oops, i did it again..Mi prendo la ‘n’ di mondo,la metto sotto il naso di modo da coprire la bocca e me ne esco con una citazione dotta: “Chi conosce le lingue è un idiota” (Nietzsche il selvaggio).L’ho fatta franca anche stavolta o devo aspettarmi una nemesi?
NB: non trovo la citazione letterale in cui il baffuto danzatore sostiene che non è così importante che i giovani conoscano la lingua greca per capire la visione della cultura ellenica.Io gli credo.
Luglio 20th, 2010 at 2:36 am
Errata corrige: cfr Techne rhetorike,II, 13,1389b-1390a.
Mi ritiro in un imperscrutabile silenzio e provo a capire la relazione tra zen, sex e paideia.
Luglio 20th, 2010 at 7:42 am
Ecco quindi appurato il nesso tra Zen e paideia propedeutica:
“Se non sono matti, non li vogliamo”.
😀
Luglio 20th, 2010 at 9:40 am
Un’occhiata internautica alla parola “paideia” fa intuire che oceani di altre parole son stati scritti per disanimarla (toglierle l’anima?). Se le cose stanno come dice Cristina, ogni parola nasce e subito muore, si può usare solo una volta in quel contesto e in quel tempo. Ma le lingue (anche il greco, voglio credere)sono felicemente inesatte, e dunque inesattamente traducibili (il che conferma la rude affermazione del “baffuto danzatore”). Tradurle vuol dire portarle fuori da se stesse, ucciderne (lasciar morire) la lettera per salvargli l’anima. L’anima di paideia è l’educazione del giovane: fuori dal quadro attico del V secolo, si può ancora parlare di educazione come formazione integrale, corpo e spirito, secondo un ideale che fu greco? Credo di sì, soprattutto se quel giovane sono prima di tutto io, quale sia la mia età.
Luglio 20th, 2010 at 10:46 am
Certo, jf, che le lingue sono felicemente inesatte: ogni parola è la trascrizione grafica di un pensiero, ma purtroppo il pensiero è estremamente più compesso di quanto si possa esprimere in una parola!Per cui, e ciò vale per tutte le lingue! il senso di ogni parola complessa non può essere definito al di fuori del contesto in cui la parola stesa si trova. Hai messo a fuoco esattamente il “punto” della paideia, qualunque significato specifico abbia in contesti ed epoche diverse (residuo di ricordi liceali?). E auguriamoci che quella forma di educazione sia possibile sempre….
Luglio 20th, 2010 at 11:22 am
Proprio così, cara Cristina: “il senso di ogni parola complessa non può essere definito al di fuori del contesto in cui la parola stessa si trova”. La città odierna, piccola o grande che sia, con la trama di relazioni che propone e impone non ha nulla da spartire (piaccia o dispiaccia) con la polis (Atene) greca. A mo’ di esempio, se l’educazione del giovane ateniese comprendeva la preparazione alla guerra, nobile attività virile, oggi il mito del polemos pare ribaltarsi nel mito (peraltro ancora incerto e indefinito) della pace. La quale è peraltro “attività” non meno pugnace della guerra. Sia come sia, l’educazione dell’anima (che è sempre giovane) non smette di essere necessaria nel corso dei secoli. E c’entra, con lo zen, più di quanto non paia. Imparare a pensare è indispensabile per non pensare senza annichilire.
Luglio 20th, 2010 at 11:52 am
Quoto jf.
Parlare è tradurre da un linguaggio di angeli in un linguaggio degli uomini: tradurre cioè pensieri in parole, fatti in nomi, figure in segni che possono essere poetici, simbolici, geroglifici..o filosofici e caratteristici.
Qualcuno mi spiega il “ pensiero complesso” di offrirsi per dare delucidazioni su Omero e poi non rispondere all’appello? Ah..forse si usa il greco per innalzare se stessi ed abbassare gli altri? Se così fosse – wow! – che brividi..
Se proprio devi, rispondimi in pvt. L’indirizzo mail lo conosci, sono stanco di fare il buio a dei commenti scemi, parole tue, cara Cristina.
Luglio 20th, 2010 at 11:55 am
Grazie jf! Già, imparare a pensare, meta che è molto difficile da raggiugere se non si è ben educati e non si continua ininterrottamente ad autoeducarsi a questo. Come la metti tu, intravvedo il nesso con lo zen.
Luglio 20th, 2010 at 11:56 am
Posa la draghinassa, Hmsx. Fa caldo…
Invece mi vien da giocare un po’ con la punteggiatura in jf 12. Se fosse: [Imparare a pensare è indispensabile per non pensare. Senza annichilire], eh?
Luglio 20th, 2010 at 12:09 pm
Excursus fuori tema. “Democrito, perduta la vista, certamente non poteva distinguere il bianco e il nero: ma invero poteva distinguere il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il dignitoso e il vergognoso, il grande e il piccolo, e senza la varietà dei colori gli era possibile vivere felicemente, senza la consapevolezza delle cose non lo sarebbe stato. E quest’uomo pensava che l’acutezza dell’animo fosse addirittura ostacolata dalla vista degli occhi e, mentre altri spesso non vedevano ciò che era davanti ai loro piedi, quello vagava per tutto l’infinito così da non fermarsi a nessun confine.” Credo che il mito della cecità sia ben chiarito da questo passo di Cicerone (Tusc. 5, 39). In Grecia, la solita Grecia del V sec., i filosofi dicutevano sull’origine della conoscenza e alcuni la fondavano sull’esperienza sensoriale che altri, invece, sostenevano essere falsa e illusoria. Quest’ultima teoria sembra prevalere nettamente: è proprio nel V secolo che, attraverso la scrittura, i miti tramandati oralmente per generazioni e generazioni assumono la loro forma definitiva, ed è allora che il poeta, l’indovino – personaggi mitici – capaci di conoscere al di là di ciò che si vede, assumono caratteristiche personali tra cui è frequente quella della cecità.
Uh come mi diverto!
Luglio 20th, 2010 at 1:15 pm
A mym 15. Ci avevo messo una virgola, poi l’ho tolta [aforisma di quel simpatico (a volte) frescone di O. Wilde: “Ho lavorato tutto il giorno a una poesia: al mattino ho aggiunto una virgola, al pomeriggio l’ho tolta”]. Il punto però giova, non ci avevo pensato (appunto!). Grazie.
Luglio 20th, 2010 at 2:32 pm
Wilde di solito è così paradossale… ma stavolta non capisco: che c’è di strano? non è normale impegnare così le proprie giornate?
“Aggiungici tre punti e virgola!” (Antonio De Curtis)
Luglio 20th, 2010 at 2:55 pm
Noio ci basta un punto, al capo. E la malafemmena, of course.
Luglio 20th, 2010 at 5:34 pm
Qui piove.
E brava Cristina. Finalmente hai partorito, e ti sei pure divertita!
Un po’ in ritardo, come al solito,ma una femmina che non si fa attendere che malafemmina sarebbe?
Luglio 20th, 2010 at 7:30 pm
Hmsx, cosa pretendi? Per completare la gestazione ci vogliono in genere nove mesi, e io ho fatto molto prima! Mi auguro che non sia un parto prematuro… La prossima volta che mi soffi sul collo mi arrabbio anch’io!
Luglio 20th, 2010 at 9:32 pm
A mym grazie: SESSHIN= prendersi cura del “cuore” (non conoscevo..)
Se intendo..sesshin come rapporto con un insegnamento-“non insegnabile” ? allora mi sembra interessante per un approfondimento l’accostamento alla “paideia” (peraltro tradotta da platonisti come formazione- cultura, diversamente da educazione-trophè. v.repubblica III 412b).
ciao
Luglio 20th, 2010 at 9:35 pm
PS. se avessi materiali sull’origine dell’ideogramma cuore mi piacerebbe approfondire.. grazie ancora
Luglio 20th, 2010 at 10:42 pm
Oh, Cristina!Straordinaria avanguardia di giovinezza e vecchiaia all’unisono: sfrontata bellezza!
Prenditi i tuoi tempi, non ho fretta 8-).Esiste una parte considerevole di esperienza personale che resta ineducabile. Non coltivo la pretesa illuministica di un’educazione che può tutto e di conseguenza di un ottimismo sprovvisto di dubbi tipico delle recenti pedagogie. Il dialogo e la comunicazione – l’essenza dell’educazione – si arrestano di fronte al limite posto dalla impenetrabilità di una Erlebnis mai conosciuta fino in fondo ovvero alle soglie dell’area vitale del soggetto riducendo le pretese di ottenere trasparenza e perfetta conoscibilità. Stessa sorte per l”educazione’.
Luglio 21st, 2010 at 8:19 am
“Signori, un po’ di educazione!”
finale del “Pendolo di Foucault” di Umberto Eco; notare in che contesto viene pronunciata la frase
Luglio 21st, 2010 at 9:16 am
Elogio dell’ineducabile all’uso dei giovani educandi. Diffidate di chi propugna l’educazione totale, mente sapendo di mentire e se non lo sapesse sarebbe ancor peggio. Educazione è anche proteggere inviolato l’intangibile. Non è questo un altro aspetto della relazione fra “paideia” (ormai metabolizzata ai nostri luoghi e giorni!?) e zen? Par di notare, ahimé, che resta fuori il sesso (metaforicamente, svp)…
Luglio 21st, 2010 at 10:39 am
Ciao Dario (22). Non sono un esperto di ideogrammi, però in questo caso è relativamente facile: è noto che il segno tradotto “cuore” nasce come pittogramma che imita nella forma l’organo cardiaco. I cinesi ritenevano il cuore sede sia del pensiero sia dell’etica/morale, per cui spesso 心 è tradotto con “mente” ingenerando confusioni. Per esempio nel Sutra del cuore la traduzione cinese propone (a mio parere erroneamente) 心 per hrdaya…. ecc. ecc. Comunque, c’è tutto sui libri.
Luglio 21st, 2010 at 10:41 am
Hmsx, terribile polemista! Se c’è un “popolo” cultore dell’individualità e dell’individualismo, questo è il Greco: la “paideia” come mi sembra di aver già accennato, è anche “conoscenza e cura del sé”. A volte fino all’eccesso: pensa a personaggi pubblici, come per es. Alcibiade discepolo di Aristotele, e alla singolarità della sua azione politico-militare. L’educazione totale corrisponderebbe a una sorta di lavaggio del cervello: anche per questo gli Spartani che pretendono di farlo sono tenuti in alto disprezzo dagli Ateniesi…
Luglio 21st, 2010 at 10:43 am
>I cinesi ritenevano il cuore sede sia del pensiero sia dell’etica/morale
Anche nella Bibbia ebraica era così.
“Cuore” non era sinonimo di sentimento, o peggio di sentimentalismo.
Luglio 21st, 2010 at 10:45 am
Ciao jf 26. Lasciamo fuori il sesso, sì. Quando il sesso è un discorso, meglio fuori che dentro.
Luglio 21st, 2010 at 11:36 am
Neppure io sono un esperto di caratteri cinesi, ma stimolato da mym (sesshin = prendersi cura del “cuore”)ho fatto una piccola ricerca (Grande Dizionario della lingua buddista, in giapponese). Il primo significato di sesshin è appunto “prendersi molta cura del cuore” (c’è anche un termine sanscrito equivalente); il secondo significato (pare esserci una consequenzialità anche temporale) è: concentrare il “cuore” in modo da unificarlo, dominarlo, renderlo coerente (anche qui c’è il sanscrito appropriato); il terzo significato: “facendo zazen, unificare lo spirito a un oggetto, senza far confusione. In seguito, nell’ambito Zen, durante un periodo appositamente stabilito, praticare zazen continuativamente, senza distinzione di giorno e notte”. Voilà. Chiedo scusa per l’eccesso specialistico, ma penso a qualcuno possa interessare.
Luglio 21st, 2010 at 2:22 pm
(siccome c’entrano vagamente con i temi di questo thread, li inserisco qui anziché nel precedente)
BIOS
il gene-karma
ci fece a morte per
zanne, non letto
ETHOS
empio è colui
che in A-B non vede altro
che i punti A B
Luglio 21st, 2010 at 2:42 pm
a dhr 32
Elogio del trattino, ovvero
ZOE
il dharma-dato
vivi ci vive a vita
morti alla morte
Luglio 21st, 2010 at 7:42 pm
>Oh, Cristina! Straordinaria avanguardia di giovinezza
Paid-eia-eia-alalà !!
Luglio 21st, 2010 at 9:28 pm
“Straordinaria avanguardia di giovinezza” Dhr, da dove mai ti viene questa esclamazione? Sei sicuro di star bene? E l’altra, se non sbaglio una reviviscenza fascista… bada a te!
Luglio 21st, 2010 at 9:42 pm
J-.
,Before I sing,came on, baby, back into my harm..
I wanto to feel, I want to hear..il coraggio di una farfalla che senza paura prova a volarmi nella mano.Suvvia CARA, dalla..
Il genio del cuore.
Luglio 21st, 2010 at 9:56 pm
Usate più cervello e più… , svp, oppure stacco la spina.
Luglio 21st, 2010 at 10:08 pm
>“Straordinaria avanguardia di giovinezza” Dhr, da dove mai ti viene questa esclamazione?
guarda bene: ho fatto copia-incolla da un precedente post di hmsx rivolto a te. mi sono limitato ad aggiungere il “riferimento storico” 😀
@mym: QUELLO è il top della mia intelligenza… 🙁
Luglio 21st, 2010 at 11:04 pm
Il genio del cuore, quale lo possiede il dio tentatore e acchiapparatti delle coscienze, la cui voce scende fino agli inferi di ogni anima e insegna ad ascoltare la goccia di bontà, di spiritualità che luccica nello schermo liquido.
I greci lo adoravano con il nome di Dionisio.. Però non c’entra con il post de quo: è off-topic!!
(Sono mesi che sogno di dirlo ^^)
Luglio 22nd, 2010 at 5:34 pm
jf31 …il secondo significato..”concentrare il cuore”: quale significato?
anticipatamente grazie di “cuore” ciao
Luglio 22nd, 2010 at 7:58 pm
jf ci ha da fare con gli alti e i medi papaveri… Così m’impiccio un po’. Il secondo significato di “sesshin” elencato nel dizionario buddista è “concentrare il cuore”, in modo da unificarlo, dominarlo, renderlo coerente (anche qui c’è il sanscrito appropriato)…
Luglio 22nd, 2010 at 8:32 pm
PAIDEIA
DAN[uomo innocuo:
attento]GER[è lui
il danno]WATCH
Luglio 23rd, 2010 at 12:32 am
Il papavero è anche un fiore (e io son piccolino…) Grazie, mym, anche se non ho capito dove non si capiva (troppo papavero?…)
Luglio 23rd, 2010 at 1:12 am
L’Anima è una selezione autonoma di informazioni pure non spazio-temporali tendente all’evoluzione. L’evoluzione dell’Anima può compiersi grazie alla sua manifestazione nello spazio: la materia, attraverso la quale l’Anima può vivere esperienze nel tempo. Per questo la setta degli hashīshiyyūn è un scuola esclusiva. I nostri discepoli non temono di aprirsi all’Anima e di chiudersi in se stessi.
Luglio 23rd, 2010 at 11:41 am
Forti dubbi: cos’è l’anima? Cos’è l’evoluzione dell’anima? Sull’argomento, in particolare sull’essenza e la funzione dell’anima, ci sono migliaia di interpretazioni, e anche dubbi sulla sua esistenza… Come puoi darne definizioni e attribuirle compiti con tale sicurezza?
Luglio 23rd, 2010 at 11:52 am
L’evoluzione dell’anima si misura nella sua capacità di scomparire.
Luglio 23rd, 2010 at 12:43 pm
mym, hai assolutamente rag……………..
Luglio 23rd, 2010 at 12:46 pm
I puntiniiii, mannaggia, torna indietrooooo
Luglio 23rd, 2010 at 1:30 pm
La definizione letterale di coscienza è:”la capacità di giudizio morale per determinare e discernere il giusto dallo sbagliato”. Questo concetto è stato comunemente associato alla voce di Dio. Quando l’Anima ha superato un percorso evolutivo e ha sviluppato una coscienza, il suo grado di evoluzione può permetterle di vivere in strutture complesse come l’essere umano.
Luglio 23rd, 2010 at 1:31 pm
Un’Anima attraverso un corpo umano e le esperienze può potenzialmente produrre informazioni costruttive che possono essere anche nuove per il ‘Campo purico’ (cioè per una realtà senza dimensioni, priva di massa,spazio e tempo) e che quindi possono contribuire concretamente alla sua evoluzione e all’evoluzione dell’Universo.- Per costruire qualcosa sono necessari “intelligenza” e “conoscenza”, mentre per distruggerla è sufficiente la loro assenza. – Passo e chiudo.
Luglio 23rd, 2010 at 4:45 pm
Hmsx, certo che sull’anima ne sai appacchi. Potresti fare il prete… 😛
Luglio 23rd, 2010 at 5:07 pm
sì, ma se alza la testa, c’è già un cecchino del Vaticano appostato (notizia di oggi):
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=111943&sez=HOME_INITALIA
Luglio 23rd, 2010 at 7:32 pm
Caro hmsx, siamo sempre allo stesso punto: cosa significa “giusto” e “sbagliato”? quali criteri se non scelte del tutto soggettive abbiamo per distinguere? [dove soggettivo significa non certamente arbitrario, ma costruito nel tempo in base a una serie di fattori mentali assolutamente personali, a meno che non si sposi un’ideologia offertaci sul piatto d’argento].
Luglio 23rd, 2010 at 10:06 pm
Allora mi intrometto e ti chiedo, Cristina, senza l’impulso al giusto (la sete di giustizia) che senso ha il nostro parlare? La giustizia non è l’applicazione di un criterio, è un bisogno primario dello spirito, come il cibo per il corpo. Non sentir quel bisogno è sintomo di malattia (dello spirito, appunto). E inoltre, “fattori mentali assolutamente personali” è un groviglio di ossimori. Se sono fattori mentali non sono assoluti, se di assoluto si tratta soggettivo e oggettivo sono categorie che non tengono. Ad altri meno prosaiche consdierazioni. Buona notte.
Luglio 24th, 2010 at 12:00 am
Il fatto stesso che il comandamento ci dica: “Non ammazzare” ci rende consapevoli e certi che noi discendiamo da una interrotta catena di generazioni di assassini, il cui amore per uccidere era nel loro sangue come, forse, è anche nel nostro. (Freud) – mica la sua scuola..
Luglio 24th, 2010 at 6:06 am
Essere costantemente frainteso e avere ragione fa di me automaticamente un genio? Ebbene sì, lo sono!
Pazzo e scatenato, of course.
Anche se stamane mi sento veramente un rincoglionito.^^
Luglio 24th, 2010 at 10:25 am
Dormi poco Hmsx, anche la qualità dell’argomentare ne risente. Se si è costantemente fraintesi… un minimo di dubbio sulle prorpie scelte espressive dovrebbe intrufolarsi. Pensare di avere ragione: be’, anche ‘o scarafone èbbello… Accreditarsi, automaticamente per di più, di genialità, è veramente geniale un bel po’. Pazzo e scatenato in quel senso lì sono ornamenti, nessuno che lo fosse davvero se ne fregerebbe. Scrivere commenti già alle 6 del mattino può essere foriero di qualche disattenzione.
Luglio 24th, 2010 at 11:02 am
Caro jf, quasi certamente hai ragione dicendo che la giustizia è un bisogno primario dello spirito, però lo “scontro” nasce tra il concetto astratto, teorico, di giustizia, e la sua applicazione pratica, cioè il dire – fare la “cosa giusta”. E qui interviene la soggettività, la contingenza, le premesse culturali-etiche di ciascuno, il momento storico… cento altre variabili che tolgono valore al concetto universale e assoluto. Se anche aspiriamo con tutte le notre forze alla giustizia, nessuno di noi può concretizzare questa giustizia ideale in “cose universalmente giuste, per tutti, in qualunque situazione”. Ho adoperato la parola “assolutamente” in modo improprio, nella mia intenzione voleva significare “del tutto”, senza nessuna attinenza all’assoluto…
Luglio 24th, 2010 at 11:06 am
Sarà difficile convincermi che “del tutto” non è un’espressione assoluta e/o è senza nessuna attinenza all’assoluto. A meno che, diabolicamente, la doppia negazione (senza, nessuna) sia un tranello. Ci cascherò.
Luglio 24th, 2010 at 11:26 am
Mi permetto di farmi un momento gli affari altrui (56 etc), atto che peraltro pare ripetutamente sollecitato.
Fregiarsi dell’appartenenza a una setta, o otta, quale quella dei nizariti o degli amici di maria, non legittima automaticamente ad idolatrare continuamente il proprio ego. Questo modo parrebbe più una malattia infantile di alcuni adepti, che una testimonianza della validità di quella Via. ‘Essere fraintesi’ non è primato di cui vantarsi ma più pedestremente un rifugio ritenuto sicuro ed inaccessibile. Shiva se ne fotte.
Luglio 24th, 2010 at 11:29 am
Vai Doc-Kali-la-nera, fai piazza pulita. Poi se vorrà, se ci sarà, Dio riconoscerà i suoi. Ta tàn!
Luglio 24th, 2010 at 12:04 pm
Mym, non pignolare! Ora ci riprovo. Se io mi ritengo “del tutto” scema, ciò significa che mi ritengo scema in tutto ciò che conosco e fino ad oggi ho esperito. Se mi ritengo “assolutamente” scema, penso di esserlo sempre e comunque, in qualunque situazione, comprese quelle che non ho mai conosciuto e di cui neppure so l’esistenza… Forse è il caldo, lasciamo perdere!
Luglio 24th, 2010 at 12:09 pm
A questo punto, però, dovresti scegliere: come ti ritieni, del tutto o asssolutamente? 😛
Luglio 24th, 2010 at 12:44 pm
“Genio” inteso in senso tecnico, privo cioè di quell’aria melensa che ne accompagna la nozione, proviene dall’esterno (significa che qui sembra agire alcunché di estraneo alla volontà, all’io vero e proprio, quasi un genius proveniente dal di fuori). Un genio è dunque asovranamente in più. Egli è depositario di una conoscenza che va oltre il bisogno, ecco perché nessuno sa in precedenza chi esso sia.
PS: scrivere commento alle 6:06 può anche significare grande attenzione ed euforia. La serata danzante è stata memorabile.
Luglio 24th, 2010 at 12:54 pm
Aaah, il genio della lambàda!
Luglio 24th, 2010 at 12:58 pm
Esatto!, che pero’ spegne la luce e fa sparire la ‘a’; dunque sovranamente.
Chi sospetta che tutto questo sia una ‘intuizione’ non ha riflettuto bene che non siamo circondati solo dall’aria e dalla luce del sole e altre amenità di questo tipo, ma anche da un quid di cui si scopre sempre più, nei luoghi competenti, la forza determinante e un che di sordamente deciso.
Luglio 24th, 2010 at 1:21 pm
Relativizzare l’assoluto (Cristina 53 e segg. involontariamente, a mia impressione) è esercizio caro agli assolutisti del relativo, genia perniciosa e oggidì diffusissima. Es. gen. il citato “Dio riconoscerà i suoi” – se Dio è Dio, tutti sono suoi, se ci sono i suoi e i non suoi, non di Dio si tratta ma del capo di una setta (per otta che sia). L’assoluto non è un concetto applicabile con alterno successo nel relativo: è l’ispirazione che non viene meno e non dipende da successo e insuccesso: proprio in quanto non dipende si dice “assoluto”. Ho le pipe rigate sul fuoco.
Luglio 24th, 2010 at 2:19 pm
pipe rigate?? ennonnonnò, ora che sei lì a godertela a Parì, o quelle porcherie della nuvell cusìn o niente!
ah ho capito: sei andato là a portare la CIVILTA’, mica lo zen. brau!
Luglio 24th, 2010 at 3:34 pm
Eppoi: Dio sta dalla parte dell’artiglieria pesante.
Questa, se la sa, la sa solo dhr.
Luglio 24th, 2010 at 3:45 pm
>Questa, se la sa, la sa solo dhr.
È roba tedesca. Ma è un fatto noto, non pretendo l’esclusiva 😀
Luglio 24th, 2010 at 3:49 pm
PS: mi vien di pensare, quando sento tutto questo denunciare il relativismo, che almeno in teoria il contrario è l’assolutismo. Grazie al cielo non c’è bisogno di scegliere.
Luglio 24th, 2010 at 5:07 pm
Visto che nel post -a cui questi commenti- si parla di sesso, ritorno sull’articolo citato al 52, dove si legge: “Se ci sono sacerdoti gay, «coerenza vorrebbe che venissero allo scoperto», perché «nessuno li costringe a rimanere preti, sfruttandone solo i benefici» . Lo afferma il vicariato di Roma”. Sarebbe interessante se il vicariato spiegasse quali sono i benefici sfruttabili nel rimanere preti.
Luglio 24th, 2010 at 5:27 pm
Solo discipline in crisi permanente, come la filosofia, poggiano sul continuo cambiamento di oggetto, denunciando con questo perpetuo orgasmo la fragile situazione in cui si trovano. Nell’organizzazione della propria autorità la teologia, invece, è simile alla scienza. Ha sempre lo stesso oggetto – per oggetto.
-Il mio ‘genio’ consiste nell’allargare l’autocoscienza del mondo esprimendone i fenomeni che possono accadere in una data personalità oggettivandoli.
Luglio 24th, 2010 at 5:32 pm
Hmsx, preferisco dirtelo io così non ti appiccichi (forse): oggi tromboni a tutto spiano. Con garbo, perfino profondo, ma tromboni. Ooooh!
Luglio 24th, 2010 at 6:32 pm
oK. Sono un magnifico stallone talentuoso e superdotato. Ovviamente mi riferisco al trattino..^^
PS:è che per la formazione del mio personalissimo concetto di paiedeia ha giocato un ruolo determinante Michael Mak.
Luglio 24th, 2010 at 7:30 pm
e..Aristotele,of course.
Luglio 24th, 2010 at 9:32 pm
Un momento, jf. Io non intendo affato relativizzare l’assoluto, bensì sostenere che, nel campo della conoscenza, noi possiamo sostenere di conoscere e cercar di attenerci, volendo, a “cose giuste”: le cose sono concrete, materiali, alla nostra portata. Ma la “giustizia”, il concetto assoluto di giustizia, come tutti gli altri, è una creazione della nostra mente. Anzi è proprio il concetto di Assoluto ad essere un prodotto meramente mentale. Avevo già scritto qualcosa di simile ma il mio intervento, non so perché, non è comparso
Luglio 24th, 2010 at 10:04 pm
Cara Cristina, le tue ossimoriche tautologie sono prelibate, per noi insaziabili mangiatori di parole. Ma giunti al dessert, siamo proprio sicuri che le cose siano alla nostra portata?
“These are the days of miracle and wonder…” (Paul Simon)
Luglio 25th, 2010 at 12:12 am
52.cecchino del Vaticano appostato>
L’arma da fuoco riceve da Hegel una superiore giustificazione e benedizione finale. Essa fece nascere il coraggio superiore, quello più spirituale, più razionale, più cosciente.L’essenza dello spirito è la pistola, la minaccia permanente contro la vita, sua nemica. Per me la pistola riflette il concetto assoluto di giustizia perchè esprime l’inferno della mente e la prigione della libertà.Confesso che a volte mi sento caramel prisoner. Assolutissimamente il commento 80!
Luglio 25th, 2010 at 7:21 am
“Happyness is a warm gun” (Lennon, Harrison & C)
Luglio 25th, 2010 at 8:22 am
Ditelo con un fiore: Guns & Roses.
Luglio 25th, 2010 at 10:29 am
Confesso che detesto scrivere. Sebbene ci stia prendendo gusto lo trovo scellerato e criminale. Mi onoro del modesto titolo di Lettore. Il Lettore, così come lo intendo, è più raro dell’Autore. Egli è un Cigno Nero tra la penultima versione della realtà e la superstizione etica della grammatica.
PS: il mago lo puoi rimandare là la ‘a’ – Santiago – presso la Storia universale dell’infamia. (pag. 508).
NB: piace segnalare una pericolosa concentrazione di Lettrici ‘old style’.
Un Arciprete anticristiano firmato preda (non come il Papa che veste..).
Luglio 25th, 2010 at 12:00 pm
8)-0 . Parla, che ti veda! – Questo voto fu adempiuto con la creazione: un giorno lo dice all’altro e una notte ne da notizia all’altra. La sua parola di riconoscimento trascorre per ogni clima fino alla fine del mondo e in ogni dialetto se ne ode la Voce –
They R : an ‘a’ acoustic nobodies
Luglio 25th, 2010 at 12:18 pm
certo che, per essere uno che detesta scrivere, adempi a tale gravoso compito con eroismo encomiabile
😉
Luglio 25th, 2010 at 12:25 pm
Naaaa, i giorni non sono in contatto tra loro, tantomeno le notti, ci dovrebbe essere uno scomodo passa parola tra un giorno e una notte e da questa all’altro giorno. Meglio che controlli le fonti Hmsx, questa te l’hanno venduta col baco. Però è bella.
Luglio 25th, 2010 at 12:29 pm
Hmsx ha ragione, mym: è una moderna traduzione di un Salmo della Bibbia.
Luglio 25th, 2010 at 12:31 pm
Dire in due (in tre…) la stessa cosa non la fa più gggiusta. Se non fa non fa.
Luglio 25th, 2010 at 12:36 pm
Caro jf, mi diverte il fatto che i miei tentativi di spiegarmi siano definiti “ossimoriche tautoligie”. Proprio io che “dubito, ergo sum”. Certo che con questo mezzo di comunicazione mi sento costretta a ridurre al minimo le parole, per cui è possibile che io salti alle conclusioni senza un’adeguata spiegazione… Ma se un giorno ti allontanerai dalla grandeur de la France e passerai dalle mie parti, è possibile che in un un tete à tete (non trovo l’accento circonflesso) io riesca a spiegarmi un po’ meglio… ammesso che ti interessi!
Luglio 25th, 2010 at 12:38 pm
Sì, è vero, è una questione di numero di parole.
Luglio 25th, 2010 at 1:01 pm
Adesso vorrei ricordare l’avvenire e non il passato. Ormai si pratica la lettura in silenzio, sintomo fortunato. Ormai esiste il lettore taciturno di versi. Da tale capacità a una scrittura puramente ideografica – diretta comunicazione di un esperienza, non di suoni – c’è una distanza instancabile, ma sempre meno dilatata quanto non sia l’avvenire.
PS: questo è il guaio di non fare stampare le opere: si perde la vita a rifarle.
Luglio 25th, 2010 at 1:11 pm
A 88, inconcepibile numero. Le ossimoriche tautologie, speculari ai tautologici ossimori, sono nobili tentativi, degni del massimo rispetto, di scrivere, con poche parole appunto, sul davanti e il dietro del medesimo foglio con lo stesso tratto di penna.
Appuntamento allora, se gli dei dell’Olimpo si distraggono, au bord de la mer que j’aime e che è ben più profondo e vasto della presuntuosa Senna.
Luglio 25th, 2010 at 2:10 pm
Si sente dire in giro: “Userò la Neikosofia per studiare nuove forme di comunicazione”.
,se,se, come no..
Quando l’etica ha fallito il bene e l’estetica il bello non resta che la neikosofia. Il prodigio è questo: permette di rasserenare senza alzare un dito, in termini puramente morali. Nella neikosofia la forma di una felicità ideale si dissolve e compaiono solo parole, eppure da queste parole uno è rallegrato e, leggero come l’aria, se ne va per il mondo.
Il neikosofo in persona (come in uno specchio, oscuramente).
Luglio 25th, 2010 at 3:28 pm
Neiko. Just Do it.
😀
Luglio 25th, 2010 at 3:48 pm
Ma si può prendere anche in tram?
Luglio 25th, 2010 at 3:49 pm
Che mi importa della filosofia? Di ciò che sta oltre mi importa. Io piango e mi struggo dentro, ma per sapere di me stesso, oltre il bosco di canne, i limiti kantianio, la comune ragionevolezza, il comune senso della conoscenza, là oltre, dove ho buttato la mia anima, là vado a riprenderla. Non ho bisogno di nessuno per pensare.
Luglio 25th, 2010 at 4:12 pm
Dato il vistoso stato di shock – ahi! – si richiede un motivo orecchiabile, mah non so..mi faccio di ‘Prozac +” : Più Amore disperato che meno Di un Angelo.
Specchiandomi in me stesso, ho visto immensità che non vedrai mai: la mia psicologia. Trovo in me stesso la causa del mio pensiero e nella eterna passività della sua estensione la causalità dei suoi oggetti. Mi avvolgo nella infinita percezione di me stesso.
Off-line.
Luglio 25th, 2010 at 5:02 pm
Male è non fare quel che va fatto nel momento in cui siamo chiamati a fare…
Bentrovati
Luglio 25th, 2010 at 7:15 pm
Carissimo mym, un giorno o l’altro ti picchio… appena ti avrò a portata di mano. Il problema non è il “numero” delle parole, bensì la possibilità di tradurre un pensiero in parole. E non dirmi che tu non ti sei mai scontrato con questo problema!
Luglio 25th, 2010 at 7:32 pm
Se è questione di tradurre un pensiero in parole niente di meglio che provare a scriverlo, precisi e concisi.
Luglio 25th, 2010 at 8:01 pm
E se è un pensiero luuuuuuuuungo e soooooooooottile? A volte cmq il problema è tradurre parole in pensiero (è una caso ipotetico, di scuola, non ce l’ho con nessuno, sia inteso!) Questa l’ho scritta più che altro così il prossimo arriva a 100.
Luglio 25th, 2010 at 8:51 pm
questo post solo per dire… 100 !!!
ringrazio JF per l’assist.
Luglio 26th, 2010 at 10:12 am
Il prossimo post s’intitolerà: questa non è una chat.
Luglio 26th, 2010 at 10:56 am
infatti NON è una chat.
vatti a leggere gli “elevati temi” che affronta la gente nelle chat…
Luglio 26th, 2010 at 11:20 am
Chat è quando chat, non per quel che chat
Luglio 26th, 2010 at 12:06 pm
da Varanasi a Chattanooga
Luglio 26th, 2010 at 5:17 pm
Ben detto, dhr, ben detto…
Luglio 27th, 2010 at 4:00 am
Già. Penso che è colpa di HMSX se alcune volte i commenti sono mal detti o stupidi. Sarà perché non presta mai troppa attenzione a quello che scrive oppure perché delle idee non sa più che farsene. Ciononostante mi sento indifferente, più povera triste e meno intelligente. Bacini degli orrori.^^
Luglio 27th, 2010 at 6:04 am
@ Cristina
“Je suis navré” : ces plus beaux vers du monde.(Cfr. Paul Valéry, Variété, 84).
…
Negli occhi ho impresso il vuoto delle complessità di un buco nero che campiona anche l’aldilà..e, se non li vedi, come pensi di connetterti alla mia assenza di gravità! (Ovvio)
Nobody knows me, nobody can read my soul.
PS:very cool le snakers firmate Neiko © )
Luglio 27th, 2010 at 1:31 pm
Carissimo hmsx, e carissimi alcuni altri, possibile che non riusciate a trovare nella lingua italiana i termini adatti per esprimere i meandri della vostra mente? Eppure l’Italiano è una lingua ricca sia di lessico che di costrutti che di espressioni idiomatichwe….
Luglio 27th, 2010 at 2:04 pm
Cara Cristina, no, questa volta a malincuore devo non concordare. Babele è la nostra patria, l’Itaca cui tendiamo la pargoletta mano, e cui mai approderemo. Non è un vezzo snobistico usare diversi idiomi: ci sono parole che non sopportano traduzione senza mutar natura. Puoi forse tradurre “cool”? Certo che puoi, ma nessuno degli equivalenti italiani vorrà mai dire “cool”. Sono anzi portato a pensare che ci siano cose (pensieri, sfumature, sentimenti) che si possono dire solo in una lingua (o un dialetto, tu che ti bagni nel mare più bello del mondo sai che ci sono cose che solo un ligure può dire). Una lingua babelica non è l’orrido esperanto, è la lingua composta dalle parole di tutte le lingue che dicono meglio ciò che dicono. Sayonara.
Luglio 27th, 2010 at 2:50 pm
110 (e lode)
JF in sé ha ragione… ma ha torto. Come traduttore di professione, obietto: se una certa cosa non puoi dirla in un’altra lingua, dinne un’altra!
Luglio 27th, 2010 at 3:35 pm
Appunto: un’altra. Adoro aver torto e ragione a un tempo, i tautossimori che piacciono a Cristina!
Luglio 27th, 2010 at 4:29 pm
Anche io, come traduttrice di lingue morte, a volte mi trovo nell’impossibilità di rendere esattamente il testo con le stesse parole che, tradotte, non significano più la stessa cosa. Però ciò non toglie che a volte si possa “esibire” la propria conoscenza di ligue straniere col solo scopo, appunto, di esibire… Io non sono nella testa degli altri e quindi non posso sapere né giudicare, personalmente quando sono in difficoltà cerco espressioni prorprie della nostra lingua, diverse nella lettera ma uguali o equivalenti nel significato… Fermo restando che il mio fastidio nasce soprattutto dal fatto che non so l’inglese!
Luglio 27th, 2010 at 7:36 pm
Sono un ipocrita. Chiedo sincerità sapendo di mentire. Condanno il Sistema e poi l’abbraccio. Voglio denaro, potere, prestigio e indici d’ascolto! Non mi importa niente della gente o del mondo, ecco la verità. Per me gli altri sono solo audience. Mi assalgono come un branco di lupi affamati perché non sopportano la loro realtà e il loro modo di essere. Sì, il mondo è un posto veramente orribile! E’ tutto sottosopra ma sta bene così, no? L’audience è affascinato dai dettagli sanguinosi, ipnotizzato dalle sue stesse paure. La sofferenza altrui è un piacere. Ecco, la neikosofia conduce per mano le persone attraverso la selva oscura delle loro rabbie, dei loro odii, delle loro umiliazioni. La Neikosofia è un servizio pubblico. Sono tutti terrorizzati, si rifugiano sotto le coperte. Hanno paura dell’uomo nero ma non possono farne a meno. Le loro paure, le loro tragedie sono il loro spettacolo. Una caressa.
Luglio 27th, 2010 at 8:04 pm
Caressa? Was ist dieses?
Luglio 27th, 2010 at 8:22 pm
Un bacino a chi indovina..UNA caress-a (-8:
Luglio 27th, 2010 at 9:54 pm
Caro Hmsx, perché sei così arrabbiato contro te e contro gli altri? Se ti assaltano come dici, perché devi pensare che ciò avvenga per la ragione che ipotizzi tu? Prova a leggere diversamente gli assalti, cioè quello che tu ipotizzi come tali, e la tua risposta agli stessi… Sicuramente puopi trovare altre spiegazioni meno distruttive!
Luglio 28th, 2010 at 4:54 am
Le meraviglie della tecnica sono a nostra disposizione e invece di usarle per salire in alto le usiamo per scender in basso a immergerci ancora di più nel fango. Di cosa parla il fruitore standard delle tecnologie? Delle partite di calcio, del gatto, dell’orgasmo? E’ patetico. Li disprezzo tutti dal primo all’ultimo. Non hanno niente. Né spirito, né potere, né futuro, né speranza. Mi fanno paura!Aspettano uno che li distrugga, li insulti, abusi di loro..e non ne hanno mai abbastanza! Divorati dall’insonnia, paranoici, pervertiti, fissati con la pornografia..Si tengano pure la loro stupidità, non la voglio! E’ come dare perle ai porci. Se solamente ci fosse uno che avesse idea di cosa sto parlando..
Luglio 28th, 2010 at 5:56 am
Già, la tecnologia è una specie di pellicola sulla mente degli ‘auditores’..
Credete che sia la pubblica opinione a promuovere il ‘dialogo’? Ma guardate la luce che illumina le loro facce!L’onnipotenza-presenza del discorso di HMSX ha come garanzia la realtà pura (lo spazio e il tempo semplicemente non vengono presi in considerazione: non esistono). Per me l’Anima è l’unica realtà, la materia è illusione. Solo rompendo i confini della materia è possibile liberarla.
Luglio 28th, 2010 at 7:48 am
(ancora, vagamente, su zen e paideia)
LOGOS
lima, ritaglia!
è il cerebro-pattume
a darti morte
Luglio 28th, 2010 at 10:00 am
La verità è che l’uomo non è sempre quel che sembra perché l’individuo può essere tante cose. Credo che ogni stagione culturale, ogni epoca dello spirito possegga certi suoi modi, veicoli: è solo questione di metodo. Quando un momento della realtà determinata entra in un individuo,lì, è l’inizio della serietà. I pensieri presenti nella mente possono condizionare il comportamento di qualsiasi cosa quando sono in sintonia con le ambizioni e le caratteristiche dell’Anima (cioè amore incondizionato, assenza di qualsiasi paura) utilizzando quest’ultima per agire senza limiti di spazio. Questo è il segreto della vera magia, quella divina. Per me, dunque, il commento 4 è falso e il 12 è vero.
Un ritiro delicato, delicatamente previsto. Delicato come?^^
Luglio 28th, 2010 at 11:41 am
Hmsx, se le cose stanno come dici (e secondo me, più o meno, così stanno) non val la pena agitarsi e lanciare anatemi. Nuca alta, mento un poco rientrato, respirazione bassa e profonda, nulla più.
Luglio 28th, 2010 at 9:02 pm
Boh, io non mi sentirei mai di dire “la tal cosa è falsa, la tal altra è vera”: mi sembra evidente che è vero e giusto ciò che corrisponde allla mia posizione in proposito, è falso e sbagliato ciò che non corrisponde. Così come non potrei dire mai: le cose stanno così. Le cose sono cose e non stanno in nessun modo, tranne quello in cui noi, dal nostro punto di vista, le vediamo e consideriamo. Prego mym di offrirci un altro argomento di conversazione: su questo non la finiamo più!
Luglio 29th, 2010 at 10:27 am
1) Chissà che senso ha una frase tipo: [Le cose sono cose e non stanno in nessun modo, tranne quello in cui noi….]
2) Chissà che valenza dai all’espressione da me usata (121) [Secondo me]…
Dicono (dicunt) che gli assolutisti neghittosi a volte siano anche un filino frettolosi.
Luglio 29th, 2010 at 11:45 am
Se A, dunque A e non-B, con B >< A.
Se A e B, dunque A-B.
Se AB, dunque BA.
Se ABBA, dunque "Padre!"
Luglio 29th, 2010 at 11:59 am
Ma gli Abba, non erano australiani?
Luglio 29th, 2010 at 12:51 pm
Caro mym, il “secondo me” va bene: indica che tu esprimi la tua valutazione delle cose e che la ritieni appunto tua, non universale. Contento della mia approvazione? Ma sul fatto delle cose che hanno esattamente il valore da noi a loro attribuito, mi sembra che non ci sia molto da dire… per uno è importante la professione, per un altro la famiglia, per un altro ancora la montagna …. in un’infinita serie di varianti. Chi può erigersi ad arbitro del valore o della “giustizia” delle scelte personali? Il mio è ora un discorso mooooooolto riduttivo: ho scelto esempi banali, ma chiaramente ciò vale per quasi tutto ciò che scegliamo di credere, di pensare, di fare.
Luglio 29th, 2010 at 12:54 pm
Un’altra cosa che mi diceva mio nonno: vedrai, figliolo, gli assolutisti relativisti ripetono spesso le stesse cose. Grand’uomo mio nonno. Pure senza ruote.
Luglio 29th, 2010 at 6:38 pm
Va bene mym, sia come vuoi tu. Se ti piace eliminarmi con una definizione, fa’ pure e così sia.
Luglio 29th, 2010 at 7:27 pm
per tua norma e regola, mym non elimina ness………………
Luglio 29th, 2010 at 7:34 pm
Mah, secondo me quel ness… lasciato a metà è indice di un tuo dubbio sull’argomento. Ma essendo io entrata definitivamente nella categoria assoluta degli assolutisti relativisti, non posso pronunciarmi in proposito. Meglio gli assolutisti e basta!
Luglio 29th, 2010 at 8:01 pm
Qui, se c’è un problema non è dovuto agli assoluti relativi o quel che l’è, ma a quelli che ripetono… Ops!
Luglio 29th, 2010 at 9:23 pm
mym carissimo ripetitore, per me il problema è dovuto al fatto di voler definire le persone e catalogarle in base a quella definizione…In genere, una persona è molto di più che che una sua caratteristica personale – che, tra l’altro, è variamente interpretabile. Comunque te l’ho già detto: sia quello che ti piace di più. Amen.
Luglio 30th, 2010 at 10:19 am
Mi pareva che il problema fosse non riuscire a esprimersi senza incontrarsi di persona.
Luglio 30th, 2010 at 10:38 am
meglio di no! a incontrarti di persona, meni!
Luglio 30th, 2010 at 10:42 am
Solo il can per l’aia!
Luglio 30th, 2010 at 10:45 am
ahia!
Luglio 30th, 2010 at 11:49 am
“Mi pareva che il problema fosse non riuscire a esprimersi senza incontrarsi di persona”. Nah! Se fosse tutto qui, basterebbe portare a spasso insieme per l’a(h)ia quel famoso cagnolino, e tutto si aggiusterebbe. Menomale che hai detto “mi pareva”! Ma basta su questo,di grazia, mym, proponici un altro argomento!
Luglio 30th, 2010 at 12:27 pm
Bene. Allora, di grazia, ora il problema qual è?
Luglio 30th, 2010 at 6:29 pm
Eccolo: non c’è nessun problema. Almeno, non ce n’è nessuno comune e condivisibile o comunicabile. Evidentemente.
Luglio 31st, 2010 at 10:40 am
La comunicabilità riprende qualora si analizzi con chiarezza il 122, volendo alla luce del 123. La comunicabilità cessa sugli estremi: chiudendo gli occhi o pretendendo ciò che il linguaggio non può fare. Augh!
Luglio 31st, 2010 at 12:11 pm
Peccato che non siamo ciechi, come Democrito (v.16). In tal caso gli estremi sarebbero il nostro terreno ideale!
Luglio 31st, 2010 at 12:28 pm
Peccato? Ohibò
Luglio 31st, 2010 at 7:03 pm
Cristina, fai come mym e me: per “rispondere” a un post scrivi la prima follia che ti viene in mente — e vedrai che la comunicazione comincerà magicamente a funzionare.
comunque Democrito non era cieco, era retto.
Agosto 1st, 2010 at 11:43 am
Grazie del consiglio, dhr: avevo già avuto l’impressinone che un nutrito numero di partecipanti scriva “a flusso di coscienza”, per esprimermi in modo raffinato…
Forse Democrito era tenue!
Agosto 1st, 2010 at 1:24 pm
>Forse Democrito era tenue!
oooh, così ti voglio!!!
😉
Agosto 1st, 2010 at 8:53 pm
Come tu mi vuoi… cos’è, una canzone di quando io ero, mmmmmm, più giovane e tu dovevi ancora nascere?
Agosto 1st, 2010 at 9:37 pm
no, era una frase che diceva un mio compagno di liceo quando riusciva a fare inc****re qualcuno
Agosto 2nd, 2010 at 11:39 am
Ci credo ma purtroppo questo tuo compagno di liceo io non l’ho mai sentito: quindi la frase mi viene da un’altra parte. Ci sarebbe anche un dramma di Pirandello, forse è da lì… anche se lo stesso P. è certo meno significativo del tuo compagno, o della canzone…
Agosto 2nd, 2010 at 11:40 am
Me ne vado per qualche giorno in montagna: saluti a tutti voi amici, a risentirci!
Agosto 2nd, 2010 at 12:06 pm
>a risentirci!
ma come? sei ancora piena di risentimento?…
Agosto 2nd, 2010 at 2:45 pm
Salve! a tutti voi. Se ben comprendo, per quanti sforzi si compiano le parole (dette o scritte) svelano e ri-velano allo stesso tempo, o comunque la vita esubera il fragile contenitore fatto di parole. Motivo questo, sempre se ben comprendo, farne uso parsimonioso e avveduto. Magari ancora meglio se giustapposte in un fluente suono capace di evocazione più che di definizione, come per esempio una poesia potrebbe ben rappresentare. In sostanza ciò che mi fa uomo è proprio quello slancio a dire, comunicare, condividere, e al contempo realizzare la perdita che con sé porta quel dire ? Un saluto, Alessandro (Roma)
Agosto 2nd, 2010 at 4:10 pm
Ciao Alessandro, benvenuto. È lusinghiero (per gli uomini e per le donne) quello che leggi in questi 150 scrivi tu che scrivo io io io. Anche un bel silenzio flautato, comunque, può essere una buona soluzione. Ma non lo dire a nessuno, altrimenti sai quanti “commenti” ci scriviamo su per dire che èvvero, ma com’èggiusto, che anch’io una volta, io invece due … Siamo sempre dalle parti del Sorpasso, nel senso del film, intendo.
Agosto 13th, 2010 at 5:26 pm
Ergo: ad maiora!
Agosto 13th, 2010 at 5:55 pm
Attenzione, però. Mi dicono che il mese di tinapec (ovviamente del calendario taritoa) ha 84.000 giorni …
Agosto 13th, 2010 at 7:18 pm
Ad maxima, allora 🙂
Agosto 14th, 2010 at 12:58 pm
Mym, ma che lingua parlate tu e Pierino?
Agosto 14th, 2010 at 5:39 pm
Noi geeks? Lo slang del weeeeeb! 😯
Agosto 14th, 2010 at 9:33 pm
Ah ecco, siete gechi e tra voi vi capite così… Complimenti!
Agosto 15th, 2010 at 1:05 am
suvvia, non esageriamo, ho gia’ detto che nel corso dei prossimi 2 o 3 kalpa sarà fatto tutto
Agosto 16th, 2010 at 5:55 pm
Complimenti maestrina! Specie per l’inesperienza.^^
Ogni processo di rappresentazione ha bisogno di un mezzo materiale e l’informatica non sfugge a questa condizione. Tuttavia, per quanto potenti siano i calcolatori, allo stato dell’arte nessuno di essi è capace di riconoscere un volto o di interpretare una frase più rapidamente di un umano.
PS: e se il logos non fosse in grado di autofondarsi in assoluto ma soltanto in una situazione di dialogo? In tal caso non occorrerebbe che i presupposti del dialogo siano in sé razionali basterebbe che siano accettati dai dialoganti. Ma del logos è meglio non dire, è off topic.
Buon proseguimento d’estate.
Agosto 16th, 2010 at 9:06 pm
Interessante. A mio parere basterebbe comunque, anche se i dialoganti non accettassero. A ‘sto mondo basta parlare e sembra che tutto funzioni. Sembra.
Bentornato
Ciao
y
Agosto 17th, 2010 at 8:49 am
Grazie. Sereno e suggestivo.
Agosto 19th, 2010 at 12:00 am
L’infelicità non è altro che l’insufficienza dello Spirito incapace di far essere le cose così come vuole che siano.
La mente umana può essere paragonata ad un computer ottimale; basta trovare il circuito che resta bloccato nelle operazioni per trovare la soluzione ai problemi, e, la ricerca di nuove mete, segna il passaggio dalla psicologia alla neikosofia mediante la religione.
Agosto 19th, 2010 at 5:31 pm
Riguardo all’infelicità sono d’accordo. Interessante sarebbe dare, allora, la definizione del suo opposto.
Sul computer ottimale mi pare che l’espressione “basta trovare” sia riduttiva (trovare in quei casi non è per nulla facile, anzi). Poi proporsi (o offrire) nuove mete ha un suo limite naturale: “la livella”, il cui problema principale è il pensiero della medesima.
Agosto 20th, 2010 at 9:10 am
Ho sostituito la tradizionale ‘critica della ragione’ (e tutto il corollario di vecchie ninne nanne) con una ‘critica dei nervi’. La nevrosi, che nella visione classica impedisce il godimento, assicura quel godimento che essa stesso nel frattempo è diventata: il blocco davanti alla cosa in sé ovvero l’inibizione nevrotica rivolta a ciò che potrebbe distruggerci solo se la si guardasse a fondo. La reazione idealistica contro la “realtà” è la malattia mondiale per cui la vede, attraverso se stessa, come sana. Ciò che colpisce in piccolo come malattia, in grande è pacificamente accettato. Non c’è ormai maggiore felicità che la felicità di non essere felici.
PS: quando si è trovata la neikosofia non si deve più cercare. Cerchino gli altri.
NB: per la ‘livella’ è troppo presto.^^
Agosto 20th, 2010 at 9:59 pm
La manipolazione continua della grammatica, vero status del un linguaggio ermetico-neikosofico, impedisce a ‘coloro-che-non-sono-del giro’ di comprenderlo chiaramente mantenendo così protetto ciò che si afferma ad appannaggio esclusivo degli iniziati che formano un gruppo chiuso.
Il vantaggio è tutto dello spettatore.
PS: credo che le risposte rendano saggi, ma le domande rendano umani.^^
Agosto 21st, 2010 at 9:01 am
L’arte lucibernetica non ha come fine il ‘ritorno al reale’ in termini classici ma in termini nuovi. Mira, cioè, a creare la gioia e la condizione profonda di una realtà futuribile che occorre costruire.
L’errore è solo una strategia obliqua. Quando si commette un errore c’è una ragione sconosciuta alla parte più razionale della mente. Allora occorre creare da lì. E’ un punto di vista rivoluzionario perché ci dice che l’errore lo puoi guardare come oggetto e rifletterci sopra; puoi decidere se ripeterlo oppure lottarci contro, è un evento creato da se stessi: un atomo, una molecola, che adesso c’è. Un “inizio in sé”.
Agosto 21st, 2010 at 12:03 pm
Favoloso: cinesi che vendono l’Italia ai cinesi! Mi viene in mente per associazione l’italian style che fa furore in Cina. Nostri designer realizzano colà la “carrozzeria” di cellulari e altri gadgets tecnologici per vendere la Cina agli italiani. Che bella la “confusione” globale! 🙂
P.S. Bravissimo Butchlazy!
Agosto 21st, 2010 at 11:45 pm
Il macrocosmo storico si traduce nei miscrocosmi individuali, solo apparentemente autonomi; le necessità (le forze) evolutive esterne si traducono in passioni e pulsioni interne sicché un periodo storico si può vedere dal punto di vista oggettivo e soggettivo: in modi che sono paralleli ma difformi nel contenuto e nel valore.
Quello soggettivo, vissuto secondo moralità o immoralità, è strumentale a quello oggettivo, dominato da necessità senza nome che scaturiscono da una certa situazione storica la cui logica sfugge finché non si è attuata. La logica umana, infatti, è solo una parte, la parte terminale, del divenire sociale e politico, cioè di quello che si può chiamare logica delle cose.
PS: sounds like the logical song. ^^
Agosto 23rd, 2010 at 12:02 am
Rettifiche. Nell’ UNIO PHYSICA si esautora l’ UNIO MYSTICA. L’ UNIO PHYSICA è la dispersione ai quattro venti del cadavere mediante la divina putrefazione. (Non la morte, come sostengono certi cialtroni, ma il cadavere è l’inizio della riflessione).
PS: che ingrata mansione quella dell’ambasciatore. La rappresentanza di una etnia subumana, di un Paese dove l’inciviltà.. regna sovrana! Ribadisco l’odio per i gatti e le spiagge affollate; incantevoli gli eccentrici culturisti dal fiato corto. (^_*)
Agosto 23rd, 2010 at 12:34 am
Europe. Brutte notizie, ma interessanti. Apriamo un atlante geografico e diamo un’occhiata all’Europa: è piccolissima, in confronto al resto, è un’isoletta ricca di benessere e di civiltà (finchè dura). Non si sa quanto può durare perché intanto si sono verificati dei clamorosi naufragi: la nave del postcomunismo, la nave del postcapitalismo calano a picco; i naufraghi cercano disperatamente di raggiungere le nostre rive.
Mai sofferto di solitudine, semmai di moltitudine.
Agosto 23rd, 2010 at 1:00 am
Per principio e per funzione la rappresentazione è riduttiva. Corollario: la rappresentazione assoluta che garantisce l’identità totale fra il rappresentante e il rappresentato è impossibile. Prendendo un oggetto per un altro niente ci garantisce di aver eliminato una di fferenza nascosta: la mia personale
infinitudine. La sola rappresentazione assoluta di un oggetto è l’oggetto medesimo.
TI ADO
Agosto 23rd, 2010 at 6:59 pm
Già, finché dura. C’è il caso che i naufraghi arrivino a terra europa un po’ tardi…
Agosto 24th, 2010 at 8:25 am
Già. La nostra condotta dovrebbe essere ispirata alla libertà e alla moralità, se vogliamo diventare le marionette giuste, quelle che tutti certo, diventiamo alla fine dell’insondabile processo storico, invece che delle marionette ridicolizzate dall’arbitrio. Ma ciò significa che la scelta dell’agire non è la legge del comprendere, la costruzione appassionata del futuro non è la contemplazione appassionata del passato: per questo ho scelto di essere veloce, di essere un attimo. Un attimo può non ripetersi oppure durare tutta una vita.
(sorry, working in progress..
Agosto 24th, 2010 at 10:52 am
Il surf sull’onda dell’attimo….? Wow, mi fai sentir giovane; gli hippy, i freaks, una vita alla ricerca della canna gggiusta, le good vibrations, e in un battibaleno avevamo quasi trentanni l’onda non c’era più e il futuro da sogno era diventato realtà di bollette da pagare… brrrr.
… but only if you ride the tide
and balanced on the biggest wave
you race towards an early grave
Agosto 25th, 2010 at 10:54 am
Aha. Ecco chi sei, l’ombra di lui; ma che senso ha..L’agente è portatore di una visione necessariamente unilaterale in quanto parte interessata al contesto in cui gli avvenimenti accadono; spetta allo storico che ha davanti il già accaduto, ha a disposizione il quadro completo, bilanciare i fattori e giudicarli in tutto la loro significazione scorgendovi, quando ci sono e sempre scarse, delle effettive possibilità a disposizione.
– Un fantasma mi rincorre..
“SII-PUOO’-FA:-REEE|?” (Antichrist jr) –
Agosto 25th, 2010 at 11:00 am
Già.Nella vita ogni forma di fatalismo è corruzione. Non perchè non si possa concepire tutta la vita come un grandioso fatalismo, ma perchè ogni epoca ne ha un suo proprio il cui senso si può scorgere..solo col senno di poi?
Cmq per me HMSX è un destino.E’ perchè ha molta fantasia e immaginazione, ovvio.
Fammi respirare..
spazio senza limite,
il buio e la scintilla
l’ordine perfetto dell’Universo
,oui chère.. Sweetdark in Wonderland.. ^^
Agosto 25th, 2010 at 5:05 pm
Tra una sponda e l’altra c’era troppa distanza, il salto da norwegian wood al re lucertola è costato la vita a molti, precipitati in faville prima di arrivare “di là”. Quelli che non hanno saltato governano il mondo e i suoi fantasmi. Gli altri, almeno sanno che c’è una riva sola
Agosto 25th, 2010 at 10:22 pm
e sì, tutti i segni confluiscono verso questo puntino (ecce punctum) e la simmetria dell’insieme risulta relativa sia a tale punto, sia alla lunga linea che conduce ai due punti (ecce..dos puntos): il mistero è di sapere come mai riteniamo misteriose queste combinazioni; ma è un mistero?
PS: la dignità del soccombente sta nell’averlo potuto dire. Ultimo atto razionale prima di dichiararsi vinti di fronte all’ottusa potenza e cadere nella disperazione.
Mir f@llt eiene Zentnerlast vom Herzen. Al prossimo kalpa.
Agosto 27th, 2010 at 11:27 pm
il mese di tinapec è passato ed abbiamo già attraversato la grande acqua, o il mio orologio è avanti?
A proposito, e della zattera cosa ne si fa?
Agosto 28th, 2010 at 11:25 am
Ma guarda, siete in due stamane a interrogarvi sulla zattera (il tuo sodale mi propone di farci una capanna, per non sprecare nulla, ma adombra la possibilità che in realtà ci sia solo il fiume, senza sponde. Come dire: siamo a bagno…). In effetti se la sponda è unica abbiamo già attraversato (non la grande acqua, quella è una cosa seria…) o non attraverseremo mai, in ogni caso la zattera dove ce la mettiamo? Però, però, da dove salta fuori ‘sta zattera? Saputo quello il resto è facile: basta lasciarla tornare in garage.
Agosto 28th, 2010 at 11:28 am
O grande Pierinux, dall’alto del grande Web cala i tuoi bit verso il tuo popolo e dacci il nuovo sito.
Augh!
Agosto 28th, 2010 at 3:52 pm
Sei come un falco pellegrino 😎
Agosto 28th, 2010 at 11:30 pm
la quantità impressionante di materiale di questo sito rende il lavoro faraonico. mi sa che passato il mese di tinapec dovremo aspettare anche curunec, sempre che non si sconfini nell’anno bisestile di kapotec.
Agosto 29th, 2010 at 1:00 am
eh già, facile dire ‘presto io camminerò sulle grandi acque’. Poi alla prova pratica bisogna vedere.
Comunque un sincero grazie da parte mia per il tuo daffare. Ciao Px
Agosto 29th, 2010 at 1:09 am
Della zattera non importa a nessuno, pare; devono avere tutti il garage.
Agosto 29th, 2010 at 10:51 am
Mah, venduta la zattera e affittato il garage, moglie tre figli mutuo da pagare, solita storia.
Comunque, prima di far pressioni sul nostro Master del Grande Web pensateci bene: tra pagine nostre e pagine linkate questo sito è un bagaglio di oltre 20.000 (ventimila) pagine. E dico poco se dico poco.
Agosto 29th, 2010 at 12:25 pm
Caro mym, scusa la pochezza mentale (mia): pur avendo consultato tutte le mie competenze filologiche, non riesco a capire cosa significhi sintatticamente l’espessione a te cara: “dico poco se dico poco”. Puoi offrirmi una spiegazione? Se si, ti ringrazio. Se no, ti ringrazio lo stesso.
Agosto 29th, 2010 at 12:39 pm
Prego. Essere ringraziati a prescindere pare ai limiti del regolamento. E dico p… Ooops!
L’espressione da me usata (abusata?) sta per “scusate se è poco!” in senso tra il retorico e il celebrativo. Per esempio: con tutte le cose che si scrivono qui, dedico tempo a rispondere anche a domande su un’espressione gergale. Scusate se è poco/dico poco se dico poco/Non mi pare un impegno da nulla…. Chiaro così 🙂 ?
Agosto 30th, 2010 at 7:19 am
Carissimi amici della Stella del mattino
la notizia della morte del nostro amato Raimon si è già sparsa nel mondo suscitando grande dolore nel cuore di tutti coloro che erano legati a lui da profondo affetto e amicizia. Io sono rimasta senza la possibilità di comunicare con voi (telefono e computer fuori uso per un fulmine). Confesso che dapprima ero dispiaciuta poi all’improvviso mi sono ricordata delle parole di Raimon: “io non possiedo ‘externet’ ma la vera ‘internet’ sì, la comunicazione che avviene da cuore a cuore”. Quindi in questa rete d’amore siamo tutti uniti a lui e fra noi. Non ho potuto trattenere anche un sorriso pensando che forse era proprio quello che lui desiderava: che rimanessi a lungo raccolta in meditazione, per cui in questi giorni sono stata spesso al ‘pino’ che tanti di voi conoscono, dove con Raimon meditavamo di fronte al mare.
Ringrazio chi ha inviato espressioni di condoglianze anche a nome della sua famiglia e del gruppo direttivo della Fundació Vivarium Panikkar.
Ho avuto il dono di trascorrere con Raimon gli ultimi giorni che hanno preceduto il grande silenzio in cui ora riposa per sempre. Desidero rendervi partecipi di alcuni momenti.
Sabato mattina, come sempre, abbiamo letto la pagina del Vangelo del giorno (Mt 23, 1-12) dove si parla degli Scribi e dei Farisei seduti sulla cattedra di Mosè e l’esortazione di Gesù a non chiamare nessuno maestro perché uno solo è maestro, il Cristo.
Raimon ha commentato: “vedi, non dice ‘io, Gesù’, ma il Cristo, cioè lo Spirito, che parla dentro di noi, la cui voce può udirsi solo nel silenzio di un cuore puro, cioè vuoto del proprio ego.” Poi ha aggiunto questa esortazione rivolta a me, ma che vale naturalmente per tutti noi: “Continua a guardare con i tuoi occhi, ad ascoltare con le tue orecchie a parlare con le tue parole, senza mediazioni e senza compromessi: il vero maestro sta dentro di te”. Lacrime scendevano sulle sue gote, lacrime forse di sofferenza per la propria imperfezione umana ma certamente anche di speranza di essere accolto nella Sorgente della Vita verso cui ha teso durante tutto il suo pellegrinaggio sulla terra.
Domenica mattina alle 12, come sempre abbiamo recitato l’Angelus:
Angelus Domini nunziavit Mariae et concepit Spiritu Sanctu. Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum et verbum caro factum est et habitat in nobis.
Gli ho sorriso commossa nella speranza che potesse cogliere in me il sorriso e di Dio e degli uomini. Poi mi sono inginocchiata e lui mi ha posto la mano sulla testa in un’ultima benedizione.
Grazie, Raimon, per il tuo insegnamento e per il tuo grande amore.
Milena
Lunedì gli è stato dato il sacramento dell’estrema unzione, poi ha perso coscienza e giovedì 26 agosto, giorno di luna piena, si è spento.
Sabato, le sue spoglie sono state recate nella bella chiesa di Tavertet dove il vescovo di Vic ha celebrato il rito funebre in grande semplicità, alla presenza dei familiari e di amici intimi.
Il suo corpo è stato cremato: metà delle sue ceneri saranno poste nella tomba di famiglia, e metà, come gli avevo promesso, verranno consegnate alle sacre acque del Gange.
Venerdì 3 settembre si svolgerà la cerimonia solenne a Montserrat con la partecipazione di amici da diverse parti del mondo.
Sicura di farvi piacere vi allego il link per un estratto di una videointervista che mostra Raimon, come tutti desideriamo ricordare: arguto, brioso, sorridente, vero maestro del dialogo inter/intrareligioso
Agosto 30th, 2010 at 7:59 am
Gli individui sono del tutto strumentali ai compiti loro affidati dalla storia, cioè dalle esigenze sociali e politiche che si trovano a incarnare, sicché la loro fine non è mai la fine del compito. Questo viene sempre rilevato da altri, che siano familiari, alleati, seguaci o amici, i quali fanno ancor sempre un tratto di strada nella stessa direzione, finché il compito è assolto, la missione portata a termine.
Il miglior modo di onorare i morti è pensare ai vivi.
Agosto 30th, 2010 at 8:07 am
E’ così la zattera andrebbe riposta nel garage? Complimentini! visto che la parte è, il tutto no (è nulla). Il nulla è ciò da cui origina l’esperienza: ciò che dà un senso (intero) alle parti, come pezzi di un coccio rimesse insieme. In questa esistono solo come parti, come frammenti. Difatti, nella sua sorgiva provenienza, la distanza simbolica tra i frammenti è esperita come in-canto, come incanto del mondo che canta dentro e si fa segno e parola. L’incanto non SA nulla di verità e di errore, per l’incanto non c’è stupore, né volontà di sapere né nulla da sapere, è semplice esperienza della Stessità dell’Altro, o, detta meglio, è lo stare in bilico tra Stessità e Alterità.
Agosto 30th, 2010 at 9:30 am
A mym. Certamente non avevo dubbi sul significato generale dell’espressione, ma tuttora, anche dopo la tua precisazione, continua a sfuggirmi la corrispondenza “scusate se… = dico poco se…”. Tuttavia non voglio continuare a rompere le scatole a te e ad altri con le mie angoscie linguistiche, per cui ti ringrazio ancora e chiudo.
Agosto 30th, 2010 at 9:55 am
Proprio così. Pensare ai vivi, pensare da vivi. Il culto dei morti non come prosieguo del compito vivo ma come celebrazione del defunto è necrofilia come alibi per l’arbitrio in nomine patris.
Agosto 30th, 2010 at 10:39 am
Sì capisco che ti sfugga la corrispondenza tra un’espressione usuale e ben articolata ed il suo equivalente gergale. Spesso il gergo, l’arlot i dialetti sono di gran lunga più efficaci della lingua romanza ma… vanno capiti.
Curiosità: ti sei mai chiesta che cosa si potrebbe intendere con “zattera”? O con “passare all’altra riva”? O con “questa riva”? O “c’è una riva sola”? O con “scoprire da dove proviene la zattera per poi lasciarla in garage”? Non per altro: è quello di cui si parla, di solito, su queste pagine illusorie…
Agosto 30th, 2010 at 11:31 am
La zattera, direi, salta fuori dal fiume (mym 13) o meglio, è un nome dello spazio (bilico) fra Stessità e Alterità (hmsx 22). Ritornare in garage è la sua funzione e non mi pare altra cosa da galleggiare sull’onda del fiume che non scorre nè sta ferma.
A Cristina 23: con bonaria e pignola saccenteria: potresti iniziare ad alleviare i tuoi rovelli linguistici scrivendo il plurale di angoscia senza i (ubi minor maior cessat…)
Agosto 30th, 2010 at 11:48 am
E il fiume? Dove lo mettiamo il fiume? Pazienza mettere in garage una zattera che salta (bel film) e che galleggia su quell’onda lì, ma il fiume (con una sponda sola!) che fine farà? Nonècche me lo lasciate sul tappeto, eh?
Agosto 30th, 2010 at 12:28 pm
La zattera in garage, il fiume sul tappeto, una sponda solinga… c’è tutto per il picnic, direi. A che ora si mangia?
Agosto 30th, 2010 at 12:29 pm
Possiamo mettere il fiume nello stesso cumulo di rifiuti in cui mettiamo quella “i” che mi è sfuggita… Scusate, è una battuta stupida.
Agosto 30th, 2010 at 3:03 pm
Zeitlupe: spanking Cris Spezzo la lancia a favore di mym. Una delle invenzioni scientifiche di Descartes fu lo ‘scicchignac int’ ‘a butteglia = il diavoletto di Cartesio. Ciò perché le prime traduzioni de ‘Discours de la methode’ furono napoletane (su tutte Fortunato De felice, 1755) e, ai tempi, regnava un dispotico oscurantismo, e pure una barbara repressione. (Controlla le condanne di Giordano Bruno nel 1600 o di Galileo Galilei nel 1633). Oggi le cose sono cambiate..Questa chiara impressione la ricavo da una traduzione in dialetto venosiano de i Carmina di Orazio dove la parola non si legge ma si ode, cioè dove ‘a cuscienz regredisce a livello dell’udito.
PS: qui bene latuit, bene vixit.
Agosto 30th, 2010 at 3:07 pm
HMSX = ghostwriter?!
Nah!,gli piace farsi chiamare XEBE:CE’ (come disse Nessuno a William Blake in Dead Man di Jim Jarmusch, film del 1995)
Agosto 30th, 2010 at 7:05 pm
No! certamente gli individui impersonano, compiono, interpretano un ruolo storico, ma questo non li rende affatto strumenti della storia né di altro: essi sono, in primo luogo, INDIVIDUI che danno alla storia la loro impronta soggettiva. Per questo è importante seguirne il modello: diversamente, basterebbe seguire il “giro” della storia naturale…
Agosto 30th, 2010 at 7:55 pm
Omaggio (critico) a Panikkar. Dalla caduta della speculazione è rimasto soltanto il silenzio e quindi la speculazione su di esso che parla tanto bene del silenzio. Soprattutto di quello della verità. Ci si tiene i fianchi dal ridere solo a pensare quanto essa sia rumorosa. Nell’aria elettrica e virile della neikosofia, infatti, i concetti si sciolgono nella parole e danno un altro rilievo alla relazione tra la musica e il linguaggio. Si potrebbe dire che in neikosofia si danno pensieri cantati, o dove il ripetersi di quattro battute avverte del suono della verità. E’ come eseguire un pensiero mentre si spegne nel suono di se stesso.
Avount tout être un grande homme et un saint pour sui même.
Agosto 30th, 2010 at 8:03 pm
PS:se non fosse che..ti sposerei, cara cristina: mi dai i brividi!Semmai è l’epoca storica che si vive a dare un’impronta agli individui. Spesso i più grandi geni sono solo un simbolo amplificato del disordine spirituale dei tempi capitati loro in sorte; questo si imprime, più o meno consapevolmente, nelle coscienze: c’è chi lotta contro e chi soccombe.
NB: il modello giovanile di HMSX è insuperabile: 10 avventurosissimi anni di quella lussuosa pratica chiamata “coraggio”.
Agosto 30th, 2010 at 9:48 pm
Ec,ciù–amplificante il disordine spirituale..Scusate, la fretta.
Agosto 31st, 2010 at 10:45 am
O ’scicchignac int’ ‘a butteglia lo ha inventato Cartesio? Be’, chi l’avrebbe detto.
Agosto 31st, 2010 at 11:57 am
Mara carissima (non “cara” per evitare la rima!), sei così sicura delle tue posizioni che quasi mi dispiace mettere in dubbio le tue certezze. Sicuramente ognuno di noi porta l’impronta dei tempi in cui vive: però che cosa da’ l’impronta ai tempi? come mai “i tempi cambiano” e i gruppi umani, le società si trasformano? Cosa dici, invece di un rapporto causa-effetto non potrebbe esserci un rapporto circolare, interattivo, in cui sia gli individui siano soggetti ai fattori sociali sia questi siano determinati dagli individui?
Agosto 31st, 2010 at 7:09 pm
Nella vita tutto è incerto finché non accade: la storia è un destino tragico, la sua eredità consiste in cadaveri e rovine. Non amo la vita (a meno che lottare contro i mulini a vento significhi amarla) e
sono stupito per l’inutile sperpero di energie: tutte le strade convergono verso la distruttività crescente nella folle idea del profitto a tutti i costi con lo sterminio di ogni risorsa e l’avvento di catastrofi finali che nessuna filosofia politica è in grado di fermare(non è pessimismo).
Non si possono nutrire speranze sul futuro. Ogni giorno si acuisce in me la certezza che se nulla cambierà l’umanità sarà destinata a scomparire chiudendo così il cerchio creazione/distruzione (l’umanità non è il fine della storia).
Agosto 31st, 2010 at 8:01 pm
Visione del mondo lecita come ogni altra. Però mi sembra che tu abbia una tua idea precisa del fine della storia… Beata te!
Settembre 1st, 2010 at 11:34 pm
Quando si vivono esperienze che coinvolgono più persone, ognuna di esse contribuisce, oltre che con azioni e parole, soprattutto con le sue credenze e pensieri all’andamento dell’esperienza collettiva. Chi è capace di credere a ciò che pensa in modo più efficace di quanto sappiano fare gli altri la domina e la guida (c.d. padronanza della vita immaginativa). L’aspetto fantastico è quello di produrre belle emozioni che possono rinforzare vecchie felici associazioni o generarne di nuove.
Requiescat in pace.
Settembre 2nd, 2010 at 12:44 am
@ Cristina.
C’è stato il quaternario: è verosimile che il disegno di Dio contempli l’estinzione dell’esperimento umano (vera malattia per la Terra).Il fine della storia, infatti, è di imporre una sola visione del mondo: quella senza l’uomo.
Settembre 2nd, 2010 at 11:27 am
[vorrei, oh toh, inserire un post sull’argomento del topic]
Quando venne a Perugia per una conferenza un paio di anni fa, Panikkar affrontò anche il tema della morte, che secondo lui non deve spaventare (diversamente dal dolore).
Disse che possiamo pensare alla morte come a una goccia d’acqua che cade in mare: se la immaginiamo come “goccia” svanisce, ma se la immaginiamo come “acqua” trova la sua espansione massima.
Settembre 2nd, 2010 at 11:37 am
pardòn, non avevo ancora letto l’articolo (splendido come sempre) di Jiso, che si apriva proprio su quell’immagine.
Settembre 2nd, 2010 at 11:40 am
Sei il solito eretico: adesso anche i commenti on topic… Dove andremo a finire…
Ciao
Settembre 2nd, 2010 at 12:52 pm
La metafora della goccia d’acqua e dell’acqua è suggestiva, ma problematica (del resto non è che una metafora). Il problema consiste, mi pare, che si continua a trattare la morte (propria) come fosse un prolungamento della vita: quindi la goccia che “ritorna” all’oceano e li si scioglie ed espande (l’oceano è allora una megagoccia? Saremmo d’accapo: quando “scoppia” l’oceano, dove va? in un’altro oceanone di cui era la goccia?); o l’oceano che accoglie la goccia che si sublima ma non perde del tutto la sua identità….) Sono tutti modi di consolarsi della perdita di sé, e di spiegarsi l’inspiegabile ancorché evidente. Non c’è metafora che tenga, la morte (la mia) è tutt’altro dalla vita (la mia). Nel caso individuale quanto prefigura Mara 12 per l’umano genere: il fine della storia e la sua fine coincidono, umanamente parlando che senso ha cercare di farsi un’idea del mondo post umano?
Settembre 2nd, 2010 at 3:53 pm
mica intendevo che Panikkar avesse ragione: volevo solo ricordare la sua concezione della morte. in questo momento lui, chissà…
Settembre 3rd, 2010 at 3:00 pm
Per strade secondarie e tortuose mi provo a spiegare l’ambiguo commento 12 di Milady. E’ fatta così; ah, le donne..)
Ci leggo molte cose: per es. il sec. XX è stato il tentativo di “superare l’uomo” inteso come animale desiderante e superstizioso; dapprima con la creazione della superazza ariana, e poi riducendolo a mera funzione di un apparato socioeconomico disumanizzante.
Oppure: l’estinzione del genere umano è un fenomeno possibile in termini kantiani.
Oppure: la fine dell’umanità non è la fine della storia. Il discorso dell’origine e della fine corrisponde solo al modo umano di concepire la realtà, non la realtà alla stessa. La storia (l’accadere delle cose) non può avere una fine: la fine è sempre l’inizio.
Settembre 3rd, 2010 at 3:03 pm
Ah, già, il senso. Dunque l’ekpyrosis in riferimento costante al pelekînos..e al mio orologio.
Mi vengono in mente queste parole:
“Quando la percezione penetrerà le oscure nebbie dell’illusione sarai indifferente a tutto ciò che hai udito a questo mondo e al successivo”(BhagavadaGita 2, 52).
In internet (e pure in externet), mi stringo al dolore degli amici e dei familiari di Panikkar: una vita ben spesa.
Settembre 3rd, 2010 at 4:23 pm
@jf 16:
condivido ma… è possibile non cadere nella tentazione di consolarsi della perdita di sé? o non cercare, seppure inconsciamente surrogati di di tale consolazione ?
@homosexual 18:
Cosa si intende per ‘l’estinzione del genere umano è un fenomeno possibile in termini kantiani.’ ?
Settembre 3rd, 2010 at 6:35 pm
Beata Mara che è sicura dell’essere di un disegno di Dio e di un fine della storia. Su questo terreno è quantomeno problematico incontrarsi…
Settembre 3rd, 2010 at 6:38 pm
>sicura dell’essere di un disegno di Dio e di un fine
che sia un finiano pure Lui??
.
.
.
[mym, ho ricomposto l’Armonia Cosmica! ho scritto una scempiaggine a ruota libera!]
Settembre 3rd, 2010 at 7:30 pm
Valà, non esser modesto: confessa che ti ci sei impegnato una mucchia… 😛
Settembre 4th, 2010 at 8:22 pm
L’attribuzione di un senso al mondo e l’affermazione della sua assurdità è il dilemma al quale SENZA RESIDUO si riduce la scelta tra l’affermazione o la negazione di Dio. Perché l’essere, che è inconcepibile a priori, in quanto non mediato da alcun concetto precedente, diventa concepibile in Dio. Cioè l’esistente non ha altro nome e concetto che quello dell’esistente appunto, e non è ancora in alcun modo Dio; ma se si vuole dargli un nome, bisogna dargli quello di Dio, che non è, come molti immaginano, il trascendente: egli è il trascendente fatto immanente, cioè divenuto contenuto della ragione (tu es Deus qui facit mirabilia)
Settembre 4th, 2010 at 8:23 pm
@dr.
Se l’esistente necessario è Dio, ne conseguono a, b, c, cioè a, b, c, esistono realmente; dunque l’esistente necessario è REALMENTE Dio. ^^
PS: ma quando si gioca a fare i Grandi?
Settembre 4th, 2010 at 8:30 pm
Temo, cara mia, che su quel terreno l’incontro è impossibile. Non c’è niente di più asociale dell’ordine della mia mente: in essa tutto è sistemato in modo che nessuno abbia un rapporto con me, pur avendolo. Un incontro tra due funzioni omologhe e complementari, questo è il mio ordine; non un rapporto “umano”.
La Ragione c’è perché c’è, non ha da persuadere o convincere, si impone senza meriti; se preferisci, è l’organo che assegna i limiti, che riconosce di fronte ad un ostacolo insuperabile la propria impotenza o incompletezza.
Je suis maudit.
Settembre 4th, 2010 at 8:42 pm
(al n. 24)
magnifico! l’Abc dell’a-b-c!
diventerò un abbeceDario
Settembre 5th, 2010 at 10:33 am
Oh! Però. Qui si dicon cose. A parte il senza residuo (non bisognerebbe strafare). Comunque “il senza residuo”, in altro senso, è un arzigogolo, un problema che arrovellò (arrovella?) i buddisti per secoli. È un po’ (un po’!) la differenza tra l’esser Grandi e l’esser Grandissimi.
Settembre 5th, 2010 at 12:25 pm
“L’attribuzione di un senso al mondo e l’affermazione della sua assurdità è il dilemma..” Perché mai, hmsx, le alternative dovrebbero essere solo queste? Un aut aut… Una cosa può esistere senza avere necesssariamente bisogno di un dio che ne giustifichi l’essere e ne costituisca il fine ultimo, non mi sembra un dilemma. L’essere del “mondo” potrebbe anche avere una ragione casuale: ma questo è un argomento i cui dettagi lascio volentieri agli specialisti. In ogni caso, non credo proprio che esista solo l’alternativa o così, o cosà. Ci sono centinaia di soluzioni intermedie, e campi in cui non possiamo pretendere di muoverci.
Settembre 5th, 2010 at 12:29 pm
E.C. Dettagli, ovviamente , e non dettagi!
Settembre 5th, 2010 at 12:31 pm
È vero, le farfalle volano di fiore in fiore, dopo il temporale il sole splende più luminoso. I bambini, andando a scuola tenendosi per mano, spargono allegria e vitalità per tutta la strada. Il lupo cattivo, acquattato nel buio, attende l’occasione per spargere il male qui e là, in ogni dove.
Settembre 5th, 2010 at 4:21 pm
>attende l’occasione per spargere il male qui e là, in ogni dove.
citazione dal Don Chisciotte, in onore dello spagnolo Panikkar?
Settembre 5th, 2010 at 5:51 pm
[vorrei, oh toh, inserire un post sull’argomento del topic]
La sofferenza è l’unica forza superiore a quella del male. Il male non è privazione di realtà; non è cedimento ad impulsi ciechi, non è fragilità, debolezza, capitolazione, ma vigore, impeto, veemenza; precisamente esprime l’Energia di Dio quando si nega e si fa volontà di annientamento.
(Che vita assurda sarebbe quella senza la sofferenza? E il mondo non apparirebbe più enigmatico di quel che è?)
[In the wild wild west,trying my hardest, doing my best]
Settembre 5th, 2010 at 5:56 pm
La sofferenza è il luogo della solidarietà: il nesso vivente tra Dio e l’uomo perché è dell’uomo ma anche di Dio (divinum est pati). La sofferenza è il perno della rotazione dal negativo al positivo, il fulcro della storia, la pulsazione del reale, il vincolo tra tempo ed eternità, un ponte tra la Genesi e l’Appocalisse. Non mi parlate più di filosofie dell’essere (oggettivanti una totalità armonica e conclusa = un orizzonte vuoto) stravizio di intelletti turpi; e praticate più che potete la fisica della libertà, dualistica, “umana”: non l’essere ma l’esperienza (della coscienza religiosa).
Sostare sui passi di neikosofia prepara e da’ coraggio.
Settembre 5th, 2010 at 6:03 pm
Ohibò, qui si distingue bel bello tra male e sofferenza. Tra il tuono e il lampo. Sì, lo so che quel poeta dei vostri scrisse “a quel securo il fulmine tenea dietro al baleno…”, però distinguere tra l’atto in quanto male e sofferenza in quanto realtà provata del male… non li separa un capello, un soffio di zanzara.
Settembre 5th, 2010 at 9:42 pm
Oh, oh, siamo attivati a quanto vi è di più delicato e sensibile. Per ognuno e per tutti. Sofferenza e male coincidono? Proprio non si può (e non si deve) distinguere fra una sofferenza che ha un valore (una potenzialità?) salvifica (la Croce, Dukkha come santa verità) e il male che è negazione? Non è forse la sofferenza, la cognizione del male, l’unica occasione possibile del riscatto del male? Negazione della negazione, se Marx mi permette l’utilizzo improprio? Ma se così stan le cose, che cos’è l’estinzione della sofferenza a sua volta santamente vera? Negazione della differenza fra bene e male? Così non sia. Qui mi fermo e ristò. Hic manebimus optime.
Settembre 6th, 2010 at 3:03 pm
Non c’è forse maggior segno della presenza di Dio che l’esperienza del male, rispetto al quale la divinità è al tempo stesso termine d’infrazione e principio di redenzione. Il male che è in Dio è quello che si scatena per l’ irriconoscenza: per la violenza fatta alla trascendenza, della natura, della legge morale, del passato, dei sogni. La risposta di Dio è la collera e un oceano di male; la natura manomessa da una tecnica senza riguardi si vendica distruggendo le condizioni di esistenza dell’uomo (c.d. squilibri ecologici), la legge morale violata tormenta e impoverisce chi la viola lacerandone la coscienza e abbassandolo alla semi-animalità.. eccetera,eccetera.
Settembre 6th, 2010 at 3:05 pm
Già, la soluzione del problema si può trovare solo nel “pensiero tragico”: il destino dell’uomo è la sofferenza ovvero espiazione e riscatto; tra l’uomo e Dio non c’è collaborazione nella grazia se prima non c’è stata nella sofferenza (in illo vivimus, movemur et sumus)
Settembre 6th, 2010 at 4:11 pm
Come pensate dovrebbe esprimersi una corretta unione sentimentale?
P.S.
Scusate il ritardo ma l’argomento tra i miei giovini coetanei (40enni) è scottante.
Ciao
Settembre 6th, 2010 at 10:46 pm
..il male che è in Dio è quello che si scatena per l’irriconoscenza.. ma di chi?
del bambino oncologico o affamato o sfruttato sessualmente in qualche fogna del mondo, oppure delle loro madri?
nei campi di sterminio in germania?
nelle fosse comuni in bosnia?
..su ogni teologia..il silenzio
e la speranza di una sofferenza come (possibile)luogo di solidarietà
Settembre 7th, 2010 at 6:57 am
Proprio così: silenzio. La fisica della libertà rovescia la valutazione dell’ermeneutica religiosa che dissolve la verità; essa, invece, si afferma come conseguenza diretta proprio della potenza incontenibile e inesauribile della verità che però non è l’oggetto della neikosofia. Il discorso neikosofico non è la enuncia ma la rigemina, perché la verità, toccata, manda infiniti splendori e si offre solo all’interno di un’interpretazione storica e personale con cui si identifica senza esaurirvisi o ridurvisi, essendo unica e sovrapersonale; non oggetto del pensiero ma sede del soggetto: l’Orrore è Potenza.
Settembre 7th, 2010 at 7:00 am
La realtà è semplice e positiva, è l’inizio per noi della vita e del pensiero, è la base di tutto. Dio, la positività originaria, sconfigge il male, ma la sua vittoria ha un’ombra: l’ inarrestabile esperienza della negatività.
La fisica della libertà non celebra un mondo armonico e concluso: esprime una visione aperta e drammatica.
Requiem (for a dream).
Settembre 7th, 2010 at 12:45 pm
Grazie Vice. Hai veramente l’occhio fino. Ho preso nota di tutti. Quando ci sarà la ristampa (è prevista per la fine del mese di Tinapec… 🙂 avremo un testo con molto meno refusi, anche grazie a te. Il refuso ha veramente qualche cosa di prodigioso, pare abbia una volontà sua, una capacità di celarsi soprannaturale. Forse esagero…
Settembre 9th, 2010 at 12:07 pm
Di grazia, qualcuno vuole spiegarmi cos’è la neikosofia? Non trovo la definizione da nessuna parte….
Settembre 9th, 2010 at 3:36 pm
Già, di che si parla?! Quello che ne ho dedotto io (analfabeta di greco e orfano di studi classici) è che sia l’elaborazione più o meno colta del vecchio detto: da soli si è troppo pochi, in due troppi. Ovvero: mi state tutti sull’anima, ma non posso prescindere da voi.
Il che mi pare effettivamente una solida base di partenza per qualunque dialettica onesta.
Settembre 9th, 2010 at 5:24 pm
Caro analfabeta, ora ti spiego l’impossibile etimo di neikosofia: Neikos significa altergo, litigio, ingiuria, villania: per cui il composto starebbe a dire: saggezza ( o sapienza) della villania… Non credo proprio: la tua fantasiosa interpretazione mi piace molto di più, anche se esula dal lessico ufficiale!
Settembre 9th, 2010 at 5:25 pm
E.C.Alterco, e non altergo. Che pasticciona!
Settembre 9th, 2010 at 6:43 pm
Altergo va benissimo, sta per alter ego. Da quel che capisco, la neikosofia è l’alter ego della philosophia, neikos e philia, amore e odio: se c’è filosofia, amore della sapienza o sapienza dell’amore che sia, ha da esserci neikosofia, sapienza dell’odio o odio della sapienza. Il che non ha niente a che fare con l’odio volgarmente inteso. Vedere per esempio 1Cor.1,21 (ovvero la prima lettera di Paolo ai Corinti 1,21): “poiché infatti nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio tramite la sapienza, piacque a Dio salvare coloro che hanno fede tramite la stoltezza (follia – morias in greco) della predicazione”. La follia della predicazione è appunto la neikosofia, o no?
Settembre 9th, 2010 at 8:51 pm
Si, sembra sensato. Grazie!
Settembre 10th, 2010 at 2:53 pm
Cara Cristina, ci ho pensato un po’ su, non ostante le pigre meningi. A te sembrerà anche sensato, io continuo però a preferire la mia fantasiosa definizione. Tutte le ‘sofie’ di questo mondo altro non fanno che produrre domande e definire risposte in una area del tutto astratta, il mondo del ‘senza forma’. Questo mondo non è diverso, ai fini di una liberazione, dagli altri due (desiderio e forma).
Senza passare per il corpo, sia il proprio – nello zazen per restare in tema/sito – che quello degli altri in quanto relazione, non si va da nessuna parte. Senza pratica del corpo, ‘neiko’ e ‘filo’ ci portano a girare sempre in tondo, come gli asini al mulino.
Settembre 10th, 2010 at 7:34 pm
Perché mai la sofia, sia essa neiko o filo, secondo te non passa per il corpo? Non necessariamente attraverso la pratica dello zazen, ci sono centomila(!)altre possibilità. Se ne scegli una, come è lecito fare, ciò non significa che le altre non esistano più per nessuno!
Settembre 11th, 2010 at 12:16 am
Tutte le definizioni di filosofia che ho letto la spacciano per un esercizio di indagine relativo alla conoscenza o alla sapienza. Che io sappia, ci furono i gimnosofisti che cercarono di coniugare i due aspetti, e che se non erro mutuarono dall’oriente quelle suggestioni di ‘pratica’ che riconobbero mancare alla filosofia. Un filosofo che fa zazen, o pratica la danza sufi o lo yoga o analoghi, lo chiameresti un filosofo? Se non ricordo male Guenon usava il termine ‘scienze tradizionali’ appunto distinguendo queste dalla filosofia .
Non è certo questo un mio terreno di competenza, ma non mi pare utile stirare le parole per farci rientrare la qualunque, sempre. Sennò potrei dire che tutto è scienza.
Comunque quello che mi premeva sottolineare è l’uso che se ne fa qui, in questi blog, della filo-sofia. Nei tanti lunghi discorsi che ho letto di questi tempi, c’è un gran parlare di dio, sapienza, bene e male, amore e odio ecc ecc come se queste parole avessero un significato; univoco, oggettivo, condiviso e scontato. E come se chi ne parla fosse latore di questo significato. Mi pare manchi tensione, non c’è ‘sofia’ per la pratica del corpo, per il Metodo, che invece sono il cuore, che a me personalmente preme, del buddismo.
Perciò, ripeto, di che si parla?
Settembre 11th, 2010 at 9:11 pm
Come certamente sai bene quanto me, è sempre esistita dalle origini attraverso i secoli una corrente di pensiero “filosofico” secondo la quale la conoscenza ha la sua radice nell’esperienza sensoriale, corporea. Concordo comunque con te sulla parte centrale delle tue osservazioni: anche a me risultano del tutto estranei i latori del Significato Universale di concetti astratti quale bene, male, e gli altri che citi. La pratica del corpo è sofia: fatti forte di questa certezza!
Settembre 12th, 2010 at 5:05 pm
Ohibò! Sogno o son desto? Di che si parla, a chi e perché. Premesso che per un retto pensare non si può prescindere dal rigore terminologico (già detto) e che una definizione di neikosofia la si trova qui [invocazione all’onnipotente Px affinché la ri-trovi nell’archivio 2008 della Stella ( anche no: Nk coglie nel segno)] il tema, per me appassionante, è quello della morte: mia, tua, di Panikkar, di tutti (intendo la morte del corpo fisico: il testo dei testi). A questa consapevolezza sono giunto praticando lo zazen, lo yoga, la boxe e il kendo; di certo lo stare comodamente seduti in poltrona non serve lo scopo. Quale scopo? Morire prodigando una grande anima (come Panikkar).
Settembre 12th, 2010 at 5:06 pm
PS: stirare è da femminucce: io le parole le squarto.
Settembre 12th, 2010 at 11:04 pm
La morte è un argomento principe e pertinente: condivido. Si muore in funzione di come si è vissuto; e quando si perviene ad un nobile morire è – salvo eccezioni – perchè nobilmente si è vissuto. La figura di Pannikar comunica un ‘modo’ di vivere nobilmente, ed a ciò mi piace guardare più che alla grandezza della sua anima. Dei suoi libri ne ricordo due: del primo fui entusiasta, del secondo meno e conclusi fosse rivolto ad un pubblico specificamente professional-religioso . Sapeva ben usare linguaggi differenti a seconda dell’interlocutore/lettore: oltre che una dote non comune, una precisa scelta di metodo.
Settembre 13th, 2010 at 12:00 pm
Parlo per le femminucce che stirano, ovviamente dopo aver lavato camicie, calzini, mutande sporche raccolte in ogni angolo della casa, nonché aver spazzato e riordinato tutto ciò che è rimasto in giro, aver lavato culi di mocciosi e sistemati gli stessi nei letti cambiati e rifatti, magari dopo otto ore di lavoro in ufficio o alla cassa del supermercato… in contrapposizione alla rude virilità dei maschioni che squartano! Purtroppo il mio QI inferiore a 100 non mi permette di capire se quella di HMSX voleva essere una battuta: se si, non è risultata tale ma solo un banale luogo comune. Se poi tu, HMSX, sei arrivato dove volevi con i metodi che indichi, va benissimo: ma non puoi pretendere che il tuo sia l’unico metodo “giusto”, che tutti gli altri siano sbagliati e non si possano ottenere risultati positivi seguendo altre strade: la via è personale. O sei forse tu l’unico inconfutabile maestro? Il vivere e il morire: un mistero molto al di là della nostra comprensione, o almeno della mia, considerato il Q.I. di cui sopra. Per cui preferisco accettare il mistero e trovare il modo di convivere con esso, piuttosto che risolverlo forzatamente per mettermi l’anima in pace.
Settembre 13th, 2010 at 1:20 pm
Massì che scherzava!
A proposito di QI e di espressioni roboanti, spero di non tediare nessuno con questa citazione dal Fukanzazengi.
«Supponiamo, per esempio, che tu sia orgoglioso della tua comprensione,
che abbondi in illuminazione, che tu abbia adocchiato la sapienza, ottenuto la via, chiarificato il cuore, dato impulso all’ideale di scalare il cielo: non fai che trastullarti nei pressi della soglia del
nirvana, e ignori quasi del tutto l’operoso sentiero della libertà. […] Quindi, senza discutere di sapienza e di stupidita, non discriminare fra uomo che vale e uomo stolto. Applicati con tutto te stesso e sei gia nella pratica del cammino. La pratica del risveglio per sua natura non produce contaminazione e attuandola è normalità quotidiana».
A volte una ridimensionatina non può farci che bene; lavare culetti e pannolini è pratica nobile, meglio della neikosofia.
Settembre 13th, 2010 at 4:43 pm
Capisco, al punto di quasi concordare. Ma se dici “meglio” siamo daccapo.
Settembre 13th, 2010 at 5:13 pm
Lascia un po’ di ‘pepe’ nella conversazione…
Settembre 13th, 2010 at 5:15 pm
Rigore è quando arbitro fischia!
(Vujadin Boskov)
Settembre 13th, 2010 at 5:25 pm
Proprio così, proprio così! Quel “po’ di pepe” toglie tutto il sale. E in tal caso lavare culetti e pannolini è trastullarsi ben lontano dalla soglia del nirvana, trattandosi peraltro nella fattispecie di pratica altrui, nobile o ignobile che sia.
Settembre 13th, 2010 at 7:02 pm
Peregrinus expectavi pedes meos in cymbalis.
Cosparso il capo di cenere mi scuso di aver ceduto alla diabolica tentazione e pago pegno.
Settembre 13th, 2010 at 7:17 pm
Però non mi sono fatto bello con le piume degli altri; culetti e pannolini ne ho ripuliti anch’io un bel po’… posso sperare in una riduzione di pena? magari una punizione dal limite.
Spero che i Giudici dell’ultim’ora siano più magnanimi di voi, sennò sono fritto.
E poi, scusate, dopo le parole di Doghen il quadro era troppo perfetto: anche Lucio Fontana ci avrebbe fatto su un bello sbrego.
O è la perfezione che andiamo cercando?
Settembre 13th, 2010 at 7:30 pm
Il fatto è che -niente giudici, però- tenere la barra al centro è già qualcosa che assomiglia alla magnanimità.
Settembre 13th, 2010 at 8:09 pm
sì e no, però mantiene più al riparo.
Settembre 13th, 2010 at 8:29 pm
Direi proprio di sì, è la perfezione (altrimenti detta Titina) che andiamo cercando, che altro sennò, il quieto vivere o la rissa? E proprio perché quello cerchiamo, che non si trova che nel cercare, niente giudici, per la carità (reciproca).
Settembre 14th, 2010 at 8:09 am
Che meraviglia !
Settembre 14th, 2010 at 8:10 am
Ciao Chiko, benvenuto. Il difficile non è stato ammaestrare i leoni, ma convincere l’uomo…
Settembre 14th, 2010 at 8:18 am
Ho letto lo scritto di Forzani e, se posso essere sincero, mi da l’impressione di essere un pò sfiduciato…
Tutti noi nell’avvicinarci allo Zazen siamo ‘incappati’ in un incontro con qualcuno che ci ha ‘contagiato’ con la sua passione.
Credo che dopo un pò di pratica diventi quasi fisiologico il piacere di condividere il silenzio con qualche amico.
Se poi chi si trova a condividere lo Zazen confonde (più o meno intenzionalmente) questo ruolo come un’occasione di ostentazione (di cosa poi ?) e di autoaffermazione (come spesso accade anche a ‘grandi maestri’)allora di certo diventa un’aberrazione.
Eppure Katagiri Roshi diceva: ‘devi dire qualcosa’…
Lo sforzo di esprimere l’inesprimibile, dettato dall’amore di voler condividere quel che ci esubera, penso che sia, se sincero, un moto spontaneo e naturale dell’animo umano.
Settembre 14th, 2010 at 8:20 am
Hola chiko, ma cheffai, ci ciurli? Contagiare con la passione e condividere il silenzio sono il pianeta perduto. Il piacere di condividere è già qui, tra le nostre povere cose. Se poi (d’amblé?) diventa un ruolo secondo me la cosa è già pelosetta un bel po’. Katagiri, buon anima, lasciamolo stare, visti i suoi vari volti penso sarebbe d’accordo anche lui ad essere lasciato in pace. Quando (in pochi, rari e specifici casi) si dice “dì qualcosa” non si pensa affatto al dotto pubblico ma a te, a me: prova a superare l’apofatismo, porta nel mondo il tuo zazen. Altrimenti non esiste. Il dotto pubblico se lo sono inventato i “grandi maestri”.
Settembre 14th, 2010 at 8:43 am
Numa abalu! Tarzan yo! Kordo!
Settembre 14th, 2010 at 10:23 am
Gesù com’è saggio quell’uomo. Uomo?
Settembre 14th, 2010 at 10:56 am
Ciao Mym,
mi sembra di aver detto qualcosa di simile…
Ma mi sembrava che le osservazioni di Forzani fossero un pò all’estremo opposto.
Per condividere a volte si usa anche la parola (sempre in quello strenuo sforzo.
Mi sembra che anche il Buddha facesse qualcosa di simile a prediche.
Ora, senza arrivare alle prediche, ma se qualcuno chiede e la risposta è sincera dov’è il problema?
Penso che si debba fare attenzione a non cadere nel versante opposto che mi da tanto l’impressione di uno sfiduciato tentativo di disimpegnarsi.
… che vuol dire :’ci ciurli’?
Mi scuso dell’ignoranza.
Settembre 14th, 2010 at 10:59 am
Ciao AHR, domanda da un milione di dollari. Butto lì un po di attributi: compatibilità (fisica, emotiva, culturale, spirituale), orizzonte comune, intesa sul dare più di ciò che si riceve, e tanta tanta tanta pazienza.
Settembre 14th, 2010 at 11:11 am
Ciurlare è termine antico, temevo il tuo commento fosse l’ingresso di un troll, scusa l’incomprensione. In questi casi prima sparo e poi chiedo “chi è?”. È vero, nello scritto di Forzani c’è un poco di amarezza che può essere letta anche come uno sfiduciato tentativo di disimpegnarsi. Speriamo di no e che per taaaanti anni ancora annaffi il mondo con il nettare delle sue parole. Ogni tanto, però. Per quanto riguarda le prediche del Buddha, lasciamole a lui, a meno che qualcuno non si proponga nel ruolo, a viso aperto: lo accogliamo a braccia aperte, per essere certi di acchiapparlo subito.
Settembre 14th, 2010 at 11:14 am
Grazie,
nessun problema.
Settembre 14th, 2010 at 11:21 am
Uomo… beh, non esageriamo!
Settembre 14th, 2010 at 12:20 pm
Lo scritto di Forzani lo trovo di una potenza straordinaria. Ci vedo il coraggio di andare fino in fondo, senza paura di doversi spostare dal posto in cui ci si era sistemati. Condivisione credo non debba essere necessariamente avere stessa opinione o provare le stesse sensazioni. Il tentativo, seppure spontaneo, di voler inquadrare le parole dell’altro nel proprio mondo, più o meno, percepito bello ordinato, è una riduzione, umanissima, ma una riduzione. Potremmo chiederci perché dire/dirci qualcosa,quali sono le intime intenzioni, consapevoli e no, per le quali diciamo ad altri qualcosa. E perché poi avvertiamo la necessità di etichettare con ‘sfiducia’ un diverso sentire dell’altro, solo perché forse non riconosciamo quel sentire ?
E se la condivisione dello zazen passasse per altre vie?
Grazie a tutti, vi saluto con questo lancio lungo sulla fascia..
Settembre 14th, 2010 at 1:04 pm
E se la condivisione dello zazen passasse per altre vie? Val la pena di approfondire. Anche nella parte interna della zona esterna della riga bianca (in tema di lungolinea…)
Settembre 14th, 2010 at 1:42 pm
a dhr (5)
Mangani zu-ro! Tarmangani yo! Tand-panda.
Settembre 14th, 2010 at 1:55 pm
Vando!
Settembre 14th, 2010 at 2:14 pm
Scontata la squalifica e fatta ammenda, se mai ci fosse ancora qualcuno interessato, vorrei tornare al gioco interrotto per fischiato fallo di gioco. Perché ritengo che il tema-chiave della perfezione sia ben più complesso di quanto non sia emerso qui, e peraltro mai risolto in migliaia di anni sotto tutti i cieli.
Nella fattispecie la parola perfezione è stata usata in due accezioni diverse.
Settembre 14th, 2010 at 2:14 pm
La prima perfezione (62) era la perfezione del quadro di Doghen e riguarda quindi il ‘mezzo’ della comunicazione. Un discorso troppo perfetto ammutolisce l’uditorio col risultato di interrompere il circolare delle energie comunicative. Tale effetto può essere voluto, ed in tal caso il mezzo è funzionale al risultato: in questi casi la comunicazione prende un flusso unidirezionale, c’è chi predica da un lato e chi ascolta dall’altro. Ma la circolazione da cuore a cuore facilmente ne esce mortificata. In altri casi l’obiettivo non è quello di interrompere il flusso comunicativo, al contrario: per questo il quadretto perfetto deve essere sfregiato, perché rimanga uno spazio ove gli attori-contendenti possano riprendere la loro fatica dopo la pausa di riflessione. Se le azioni, e quindi le strategie di comunicazione, si misurano in base al risultato (dò per scontata l’intenzione), fischiare il rigore qui mi è parso affrettato: infatti il flusso comunicativo si è interrotto
Settembre 14th, 2010 at 2:14 pm
La seconda ‘perfezione’ (65) è di natura ben più complessa, e mi trema la penna a cercare di definirla. Sarebbe preferibile la definisse chi dichiara di andarla cercando: ma grosso modo si può intuire quantomeno il modello iconografico cui quell’idea si ispira. Forse la si può definire una idea-forza che è il corrispondente opposto e complementare del fuggire la sofferenza: mia, ma anche quella degli altri esseri, per i soliti ovvi motivi.
Quindi la perfezione è ‘operare per…’. Ma proprio perché è operare nel mondo, ove perfezione non è data ma sofferenza sì, che la perfezione nega se stessa e rinuncia a darsi forma, se non forse quella del libero fluire della comunicazione nei e dei cuori. Ci resta quindi solo l’operoso sentiero: nel mondo che a mio avviso non prevede perfezioni nè non-perfezioni.
Ci sarebbe anche poi l’opzione individuale, l’estinzione, il Nirvana dei tempi antichi, un kensho ininterrotto nelle grotte himalayane: non so, credo però che questa non interessi più di tanto i frequentatori della stella e comunque -almeno attualmente – non interessa me.
Settembre 14th, 2010 at 2:20 pm
Vando! Tarmangani po! So or popo frittata Omtag.
Settembre 14th, 2010 at 2:29 pm
A proposito dello scritto di Jf: quando vedo gli altri pensionati guardare il cantiere anche io mi sento un pirla 😀
Settembre 14th, 2010 at 2:31 pm
Ciao AHR,
Non si tratta di etichettare ma se il diverso sentire dell’altro è di ‘sfiducia’ perchè non volerlo riconoscere come tale?
Un altro modo per disimpegnarsi.
E se passasse per altre vie ?
Certo, senz’altro, ma l’importante è percorrerle, concretamente, non solo concettualmente.
Settembre 14th, 2010 at 2:32 pm
a doc
è vero, facile criticare dopo aver abbandonato il campo di battaglia chi ancora si affanna su di esso.
Settembre 14th, 2010 at 2:33 pm
Omtag sord! Pacco vando!
Settembre 14th, 2010 at 2:56 pm
Hare! Hare! Hare!
Settembre 14th, 2010 at 3:02 pm
Definire la perfezione? A che pro? Per farne un altro idoletto da smascherare o per riconoscermi imperfetto? Non dimentico però né che perfetto è un sinonimo di Buddha, né l’invito evangelico “Siate perfetti come…”. Dove sta il vizio?
Settembre 14th, 2010 at 3:38 pm
E Pacco sia, allora!
Settembre 14th, 2010 at 4:41 pm
Ho almeno due interessi, ma ovviamente non voglio forzare nessuno.
1.Capire di cosa si sta parlando (ho già ipotizzato 3 diverse accezioni del termine) codificando un linguaggio condiviso, ai fini della comunicazione, per cui alla parola mela per entrambi corrisponda quella forma/esperienza appunto di mela. Qualcuno (52) addirittura esige rigore terminologico: io mi accontenterei di capirci. Sennò siamo alle solite; amore, dio, perfezione, giustizia… Babele. La sarchia-sofia. ( 🙂 metto la faccina così si capisce che voglio solo alleggerire il discorso). Certe parole, solo perchè abusate, sembrano avere un significato scontato, come per es. buddha-dharma: e poi non ci si capisce.
2. Magari mi sono perso qualcosa e qualcuno di buon cuore, che la conosce, potrebbe mettermi sulla pista giusta.
Non ti seguo invece sul terreno delle Scritture: stanno ancora litigando a sangue tutti quanti, dopo oltre 2000 anni, proprio sulle parole. Qualcuno deve aver persino detto che Buddha è un incubo notturno, o giù di lì.
Settembre 14th, 2010 at 4:52 pm
Caro Chiko, conosco a memoria queste parole d’ordine: ‘disimpegnarsi’, ‘abbandono del campo di battaglia’, ‘concretamente, non solo concettualmente’, ‘fisiologico il piacere di condividere’, magari ci si potrebbe anche aggiungere a corollario che si conosce bene ‘il tormento degli altri’…
Scudi per dire ad altri cosa fare o non fare, cosa è giusto oppure no, quali vie sono concrete e quali no.
Che bisogno c’è? Cosa c’entra con la nostra pratica di una vita? Credo che ognuno, per poca che sia la sua retta visione, provi a fare il suo meglio. Anche quando fa danni. Non c’è modo di ordinare questo caos emotivo. E personalmente non lo ritengo necessario. Imparare a conviverci, si, mi pertiene.
Quel che trovo potente dello scritto di jf è il carattere personale del suo dire, è il far comunione di un intimo sentimento sapendo bene che questa condivisione può avvenire tra soli. Come due viandanti che, vicini, si trovano davanti ad un fuoco, aspettando che la notte passi. E’il gesto che mi è caro; l’offerta di una parola che, seppure insufficiente, si vorrebbe muta in realtà… l’abbraccio di quel suono tanto basta. Alla mattina ci si rimette in viaggio verso il niente (?).
Non è mia intenzione fare il terzo grado a nessuno, lo ascolto e condivido anche senza pretendere di stabilire se parla con ‘sfiducia’ o ‘fiducia’. Da dove viene questo ostinato bisogno, tutto dell’uomo, di voler stabilire il perché e il per come di tutto e pure di volerne fare una tecnica?
Il convincimento che gli altri necessitino della nostro soccorso. Che, soprattutto vi debba essere una convalida ?
Perché utilizzare ad esempio la parola ‘disimpegno’? ci si pone necessariamente in un insensato confronto su chi lo è e chi no. Chi stabilisce i termini di un disimpegno? Siamo così sicuri di voler distinguere così nettamente tra noi e gli altri? chissà che fila di indici puntati alle nostre spalle!
State(stiamo) buoni se potete.
Un abbraccio
P.S.
Non c’è in effetti nessun male a rispondere, se qualcuno chiede, ma deve chiedere prima (speriamo di no :-)) e la risposta dovrà essere gratis. Capire, poi, cosa ci stanno chiedendo veramente non è cosa facile, seppure crediamo di saperlo.
Settembre 14th, 2010 at 5:00 pm
Non mi segui sul terreno delle Scritture, ma le usi a tua volta (Fukanzazengi, Dogen…). Chi se ne importa se qualcuno ci litiga sopra, avranno i loro interessi, che non sono i nostri. Non litigano a causa delle parole, ma semmai sul copyright delle definizioni. Non ci si capisce a partire dalle definizioni, neppure se si parla di mele, probabilmente. Il che non significa che si resti nel vago, in modo che dalla porta senza porta ci passi tutto. Al contrario. Se vuoi sapere a che mi serve una parola come perfezione, ti dirò che mi funziona da riferimento provvisorio per tendere a “qualcosa” che provvisorio non è, un bastoncino di legna secca nelle braci della mia fede: ardendo, mi induce ad agire e a non agire. E’ abbastanza condivisibile come linguaggio?
Settembre 14th, 2010 at 5:00 pm
Belìn, che legnata! 😯
Settembre 14th, 2010 at 5:23 pm
>questa condivisione può avvenire tra soli. Come due viandanti
“… their solitary way.”
John Milton, “Paradise Lost”, ultime 3 parole
Settembre 14th, 2010 at 6:00 pm
Mi pare di sì; mi pare qualcosa di molto vicino alla seconda ipotesi (70). Quindi, se comprendo bene, è qualcosa di formulato e costruito dalla mente-cervello, che è funzionale a sostenere ed indirizzare un percorso.
Resterebbe poi da vedere se e fino a che punto, con quel sostegno, possa darsi un percorso individuale, cioè se l’attributo di perfezione possa essere riferito alla persona. Ma non vorrei avventurarmi in acque così perigliose (ho la scusa che devo andare a fare cose…).
Quando dissi che non ti seguo sulle scritture, intendevo che non mi basta che una espressione sia in un libro sacro, per prenderla per buona senza ulteriore indagine e verifica. Il Fukan non è una sacra scrittura e Doghen è molto attento nell’uso dei termini: quando scrive ‘illuminazione’ o ‘sapienza’, nel passo citato, non cogli anche tu una bella dose di ironia se non di sarcasmo?! Ride di me, di te, di noi, delle scritture: e con ciò opera, ancora oggi, a nostro vantaggio. Io lo ringrazio.
E ringrazio te. Ciao.
Settembre 14th, 2010 at 6:08 pm
A chiko 16: evidentemente si poteva leggere anche così. Mi scuso dell’involontaria trappola.
Settembre 14th, 2010 at 9:17 pm
Perfezione=realtà (il venerabie Spinoza in Ethica more geometrico demonstrata, proposizione II).
Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in corde.
Settembre 14th, 2010 at 11:59 pm
Che pezzo esilarante! Avevo bisogno di ridere un po’.
1. La consapevolezza della teatralità dello spazio in cui l’uomo agisce è saggezza (si è neikosofi quanto più si è attori e in questo momento storico ci sono attori mediocri che devono essere cacciati via per far posto a dei nuovi).
2. L’offerta religiosa del Vaticano spa è incapace di intercettare il bisogno spirituale (religioso) delle nuove generazioni (se continua così il crack è inevitabile).
3. La religione del futuro sarà una religione cosmica (…).Il buddismo risponde a questa descrizione(Albert Einstein).
4. Perché spirito e denaro dovrebbero scontrarsi? A me dei posteri non importa niente.
5.Off topic. La neikosofia esiste solo nel mio libro, che non è in vendita (Ovvio. Anche se difficile da accettare).
TB:non vergognarsi di rubare alla notte le stelle: it’s such a perfect day.
Settembre 15th, 2010 at 12:00 am
Poiché gli animali sono liberi dell’autoinganno – di cui risultano schiavi gli uomini – che porta a cercare dietro il mondo un altro mondo, e, nella loro muta devozione a questo più mansueti degli uomini, sono essi i veri uomini?
Settembre 15th, 2010 at 8:23 am
A AHR 20:
Sei bravo con le parole Ahr e con quelle anche tu mi hai appiccicato delle belle etichette: ‘conosco a memoria queste parole d’ordine’ ‘ Scudi per dire ad altri cosa fare o non fare’..etc
Ne ho sentite tante di belle parole sto cercando altro.
Comunque mi hai smascherato sono un troll 🙂
riabbraccio
Settembre 15th, 2010 at 9:22 am
>sono un troll
un troll pellegrinante nel mondo… un trolley
Settembre 15th, 2010 at 9:58 am
@ chiko 26
Un blog è fatto di parole (altrimenti che ci i/scriviamo a fare?), se sono belle si fa un atto di cortesia al mondo (in virtù i ciò non penso affatto di saperne fare buon uso).
Ma a MIO pare non c’entrano nulla con lo zazen.
Su tutto il resto concordo.
La franchezza è un dono prezioso di questi tempi. Ti ringrazio.
A presto. In trolley.
Settembre 15th, 2010 at 7:00 pm
Visto che siete in zona, passate a visitare il rinnovato Museo di storia naturale: c’è uno scheletro di Giganotosaurus (Rettile gigante del Sud), più grosso del T-rex! wow
Andrò a vederlo a ottobre insieme al nipote 11enne… in modo che ci sia almeno un adulto: lui.
Settembre 16th, 2010 at 10:44 am
“…nello spirito di dialogo e di comunicazione con tutte le fedi e le non-fedi”.
Però! Un grandaffare! Chiedo lumi: cosa sono le “non-fedi”? E come si dialoga con “loro”? Grazie
Settembre 16th, 2010 at 10:56 am
Ciao Hatta (parente del famoso pilota? O si chiamava Atta?), benvenuto. Piace il pelo nell’uovo, eh. Le non fedi sono quelle che non la danno a bere, per lo più si dialoga bevendo un bicchiere assieme. Più complesso il dialogo con le fedi, lì occorre essere astemi, perciò pacche sulle spalle, grandi sorrisi, poi tutti con le gambe sotto il tavolo: con le fedi a tavola si va sul sicuro
Settembre 16th, 2010 at 12:24 pm
Ciao. No, no, il pilota (pessimo anche come tale) è sconosciuto, per fortuna. Hatta è il cappellaio matto di Alice, un tipo svitato. Mi piace l’uovo, per questo guardo se c’è il pelo. Consideravo fra me che “fede” mi pare un modo di essere generico e insieme singolare, un atteggiamento umano, che so, tipo la fame, e dunque la parola al plurale mi suona buffa. La fede, poi, spesso si declina in vari differenti modi, credenze si direbbe forse, se in italiano non fossero dei mobili. Così non-fedi mi suonava ancora più curioso. Comunque, in fondo, sempre di persone si tratta, e se poi l’alternativa è fra il bancone e la tavola, viva il dialogo. Grazie del chiarimento.
Settembre 16th, 2010 at 4:43 pm
Caro Cappellaio, non mischiamo l’oro con la paglia. Le fedi è necessario. Ogni monoteismo (solo in Europa ce ne sono tre, per rimanere ai più grossi) ha il suo bravo dio e la sua brava fede. E non è disposto a metterla in comune, altrimenti che ci stiamo a fare? Un punto di vista che unifichi le fedi in fede? Sarebbe rifiutato da tutti. Come dire a Marchionne che le sue macchine, come tutte le altre da domani si chiameranno hyundai. Gli verrebbe la pecola. E poi un punto di vista così non sarebbe subito un’altra fede? Con il suo bravo dio ecc. ecc.
Settembre 16th, 2010 at 7:06 pm
E se fosse una pagliuzza d’oro? La fede, il moto immoto, che anima i credo (tutti credono in qualcosa, anche i non credenti, credono di non credere, il non-compleanno festeggiato è un compleanno, diciamo dalle mie parti). Lo so, suona un po’ aristotelico (primo motore immobile) ma se non ha valore ontologico bensì funzionale perché no? Come dire a Marchionne che le sua fiat sono macchine, diversissime dalle hyundai che però sono macchine. Non c’è bisogno di un dio, se non per chi ne sente il bisogno. O no?
Settembre 16th, 2010 at 7:53 pm
Grande! La fede delle fedi. Quella che ce l’avete anche se non lo sapete. La nostra, però! 😛
Settembre 16th, 2010 at 8:59 pm
Et voilà! Altrimenti come fai a dialogare…uh! è l’ora del tè…
Settembre 17th, 2010 at 7:45 am
Divino marketing: occorre fideizzare il cliente.
Settembre 17th, 2010 at 9:02 am
Certo. L’importante è che poi passi… al gazebo 😉
Settembre 17th, 2010 at 9:04 am
Ciao mym,
qui in Venezia dove abito, amano dire che “il tacon l’è pezo del buso”… Se la lettura del suo scritto, a dire di Jiso, non è stata “serena”, potrebbe dipendere anche dalla qualità dello scritto medesimo, no? Poi ti dico sinceramente che per me non esiste alcuna vergogna che possa essere riferibile soggettivamente od oggettivamente a chicchessia, e meno che meno che l’oggettivo sia tale perchè così è riconosciuto dal soggettivo che gli attribuisce le caratteristiche di criticità enunciate da Jiso…e quindi per effetto di ciò possa attivarsi la “critica” che sistema le cose…
Un soggetto che assume una posizione del genere resta comunque circoscritto alla sua soggettività che non necessariamente può essere migliore della soggettività altrui. Qui ed ora è diverso per ognuno, Deshimaru docet. Quindi, dicevo, non esistendo alcuna vergogna, non è necessario alcun pentimento o ravvedimento specifico riferibile, ascrivibile, ai soggetti citati nello scritto “vergognoso”. Ancora, “vedere l’altro come se stesso”, io avrei detto “vedere l’altro come LUI stesso”. Preferisco questa prospettiva. Ancora, la affermazione di “pappa indistinta” o hongaku shiso, da una prospettiva che richiama lo hihan bukkyo, rappresenta una posizione che a mio avviso rischia di perdere la vera potenzialità di questo momento nell’attesa, nella elaborazione teoretica, nella costruzione di un tempo migliore più congruo, più meditato e mediato dalla “critica”.
La mia modesta tesi di laurea qui a Cà Foscari è stata: “Dogen: Tradizione, Buddhismo Critico, Realizzazione”, questo a dire che ho studiato attentamente le posizioni dei “buddhisti critici” e soprattutto lo hongaku shiso. Questo per ribadire che quanto ho articolato nulla ha a che vedere con alcun supposto “orgoglio, paternalista e politically correct, senza alcuna vergogna” e a Jiso direi di fare attenzione ad affermazioni troppo tranchant…perchè l’occhio non può vedere se stesso… Non condivido la “vergogna” perchè non c’è. C’è il soggettivo. E c’è sempre stato. Per superare questo, non necessariamente può essere necessaria la “vergogna” o la “critica” e tutto il corollario di aggettivi e proposizioni enunciate soggettivamente da Jiso.
Ciao. Nello
Settembre 17th, 2010 at 9:06 am
Piovono pietre…!
Settembre 17th, 2010 at 12:13 pm
Si vede che chi le scaglia è senza peccato, buon per lui.
E infatti non conosce vergogna, come Adamo prima della mela. Beata innocenza… che peraltro non gli invidio. Io, semmai l’ho avuta, l’ho persa da quel dì, e dunque sono soggetto all’errore, qualche volta me ne accorgo, provo vergogna (dispiacere, rammarico…), mi pento, cerco di ravvedermi e, persino, ogni tanto, sfrontatamente ne parlo (o scrivo) con il prossimo. Per il resto seguo a fatica l’argomentare di Nello. Certo che con l’originale premessa e conclusione che “qui e ora è diverso per ognuno” e “c’è il soggettivo… e c’è sempre stato” riesce difficile capire di che parla l’altro e dialogarci. Mi sfugge per esempio cosa c’entri l’hihan bukkyo (per i non iniziati, una corrente di pensiero critico del buddismo giapponese, in voga negli anni ottanta in Giappone e America) con la mia passeggiata nel parco di Vincennes e il suo racconto. Forse non basta scrivere una dotta tesi su di un argomento per vedere poi tutta la realtà per mezzo di quel filtro. E confesso (senza vergogna) di non capire cosa voglia dire che la mia posizione rischia di perdere la vera potenzialità di questo momento nell’attesa, nella elaborazione teoretica, nella costruzione di un tempo migliore più congruo, più meditato e mediato dalla “critica”. Se non c’è niente da criticare, tutto essendo soggettivo, da che pulpito la mia riflessione sulla vergogna è criticata? Se la critica è ammessa, per la costruzione di un tempo migliore, perché la mia non va e la sua, parrebbe, sì? Che poi la vergogna possa essere “non necessariamente necessaria” per superare la palude del soggettivismo, beh, posso anche essere d’accordo …. soggettivamente, s’intende.
Settembre 17th, 2010 at 4:20 pm
Non capisco cosa si intende in 29 con:
‘Poi ti dico sinceramente che per me non esiste alcuna vergogna che possa essere riferibile soggettivamente od oggettivamente a chicchessia […]’
Cioè: è impossibile provare vergogna per sé stessi, per es. di qualche cosa che ho commesso o detto ?
Se sì, perché ?
Settembre 17th, 2010 at 4:28 pm
Perché siete una banda di svergognati, ecco perché!
PS: “svergognati” non è maschile, è neutro.
Settembre 17th, 2010 at 10:37 pm
Svergògnati!
Settembre 18th, 2010 at 8:29 am
Such a scèm!
Settembre 19th, 2010 at 8:49 am
Ma secondo voi, alla luce dello scritto di JF:’La vergogna’ come dobbiamo considerare questo?
http://www.gazzettadiparma.it/primapagina/dettaglio/1/54935/Taiten_Guareschi_sconfigge_il_ministero_dellInterno.html
Perchè dunque si fa tutto questo per essere riconosciuti come ‘ministri di culto’ se poi non val la pena lo sforzo di partecipare e condividere ?
O addirittura è controproducente e va nella direzione opposta allo Zazen ?
Sono un pò confuso vi sarò grato se fate un pò di luce…
Settembre 19th, 2010 at 9:31 am
Ciao Chiko. A parte l’ovvio consiglio di chiedere a Fausto Taiten “il perché si fa tutto questo”, temo che la lotta per farsi riconoscere ministro di culto e simili non abbia a che vedere con quanto scrive Jiso, che verte sulla tentazione (e come tale da non seguire) di proporsi nel buddismo zen tra coloro che pensano di aver qualche cosa da insegnare.
Settembre 19th, 2010 at 11:14 am
Vergognoso. Direi che il sentimento della vergogna dipende dalla nobiltà d’animo del soggetto. Ad es. sono uno che si vergogna molto; non solo per le smargiassate che scrivo, ma soprattutto per la mancanza di serietà del popolo italiano (e non solo).A volte penso che non ci siano alternative: o si convive con la vergogna ammantandola di mistero per nascondere a noi stessi la viltà che ci abita(falsificandola in chissà quale articolo di fede) o morire da eroi.(Vorrei tanto non essere o essere un animale).
Settembre 19th, 2010 at 11:28 am
Ciao hmsx, sei bello ‘stamane: gli eroi son tutti giovani e belli. Ma morire da eroi non è facile: lo stabiliscono gli altri, dopo che siamo morti e se ci danno la fregatura, ovvero si stabilisce che siamo morti da pirla, lo siamo per sempre.
Settembre 19th, 2010 at 12:06 pm
Non nascondere a noi stessi la viltà che ci abita mi sembra un programma mica male. Cercando di vivere così c’è anche caso che si muoia da eroi (anche se nessuno lo viene a sapere, noi per primi).
Settembre 19th, 2010 at 12:14 pm
A mym 37:
Grazie Mym,
però ho la sincera impressione che questa ‘lotta’ per farsi riconoscere come ministri di culto’ si sovrapponga proprio a quel ‘proporsi nel buddismo zen tra coloro che pensano di aver qualche cosa da insegnare’ di cui parli.
Infatti si fan anche chiamare Maestri di Dharma, o sbaglio ?
Settembre 19th, 2010 at 12:33 pm
Contro l’opportunità di farsi (più sinceramente: farci) chiamare “maestri di dharma” e/o “venerabili” ho già tromboneggiato altrove, ovvero sia sulla ex rivista della Stella che su Dharma e non ho altro da aggiungere. Purtroppo spesso la religione (in generale) è ricettacolo di tanti che non hanno avuto successo altrove, per cui…
Settembre 19th, 2010 at 1:19 pm
Capisco, grazie.
Cercherò di rintracciare i tuoi scritti al riguardo.
Settembre 19th, 2010 at 2:18 pm
Qualcosa (un po’ vecchiotto per la verità) trovi
qui http://www.lastelladelmattino.org//index.php/mono/sen-m
e qui
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/spin-doctor/onan
e qui
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/780
Ciao.
Settembre 19th, 2010 at 2:29 pm
Non speravo tanto !
Grazie !!
Settembre 19th, 2010 at 4:09 pm
Cari JF e MYM, comunque mi pare che..la critica
a “quelli che pensano di aver qualcosa da insegnare” presuppone l’avere “qualcosa da dire” in merito; e
nonostante,usando le parole di qualcun’altro,”ogni dire sia un profanare”,meno male che avete “qualcosa da dire”.
Mi ricordo di qualcuno che ha scritto: “arrogantemente, so di non sapere”:-)
Settembre 19th, 2010 at 4:38 pm
Ciao Dario, sì, direi che le cose sono proprio in questi termini. Tenendo conto che si ha qualche cosa da dire sino a che “si vede” qualchecosa. Come qualcuno che pensa di avere qualchecosa da insegnare. Altrimenti non c’è nulla da dire. Sul profanare… il senso è giusto. Per esempio se discuti con tua moglie molte volte avrai torto anche avendo ragione perché… in ogni caso non è mai ESATTAMENTE così. È il termine profanare che non mi piace. Mi fa prudere la lingua, mi fa venir voglia di aver qualche cosa da dire… 🙂
Settembre 20th, 2010 at 4:56 pm
Rieccomi. Se laicità ha da essere….
20 settembre 2010
(sull’aria della fanfara dei bersaglieri)
Non credevo agli occhi mia
quando ho visto come niente
celebrare a Porta Pia
cardinale e presidente.
Incuranti della storia
questi mettono il cappello
su ogni evento brutto o bello
se da guadagnar ci sia.
Che c’importa di Pio IX
anatemi e ghigliottina
era in fondo tanto buono
e l’Italia oggi s’inchina
rovesciando quella breccia
e ristabilendo il vero
non è entrato il bersagliere
è venuto fuori il clero!
Laici saluti…
Settembre 20th, 2010 at 5:58 pm
Noi Piemontesi a suo tempo ce l’abbiamo messa tutta, ma…
Settembre 20th, 2010 at 9:42 pm
Per jf 31:
quanto postato da mym a mio nome e con il mio permesso, era l’ultima parte di una conversazione avvenuta tra me e lui privatamente e relativa al testo sulla “vergogna”.
Questa la mia prima risposta e le successive che spero rendano un pò più chiaro quanto postato da mym (a mio nome #29):
10/09/2010
Ciao Yushin,
confesso di non condividere quasi nulla di quanto osservato da Jiso.
Cause e condizioni determinano i comportamenti susseguenti…e dovrebbero essere ben identificate nella loro natura, vale a dire che se si è prodotto un luogo X ed è previsto che in tale luogo si svolgano determinate attività, ci saranno delle persone preposte a svolgere precise mansioni (che le loro prestazioni possano essere mediocri, inutili, fuorvianti, ecc., è un altro piano dialettico).
Non voglio commentare le riflessioni relative a come trascorrono la domenica le persone, là come altrove, di cui comunque ribadisco di non condividere la prospettiva, lo sguardo dell’osservante/parlante-scrivente e la soggettività che lo caratterizza.
Vengo al nocciolo, vale a dire la “vergogna” che secondo me non è una cosa prodotta da fattori esterni a chi la sente ma un problema del soggetto che la prova, che la attiva.
Di fatto, si potrebbe naturalmente osservare e chiedersi: sbagliano i “buddhisti”? Certo che sì, come tutti.
Il “buddhista” non è perfetto, presupporlo e vergognarsi per il fatto che non lo sia lo trovo infantile.
Questo, ovviamente, non significa chiudere gli occhi di fronte ai limiti della realtà che ci sta di fronte ma scegliere una modalità di rapporto con essa che non può poggiarsi sulla “vergogna” o comunque non solo, eventualmente, su di essa.
Dice Jiso, “Spiegando che cosa?”.
Ergo, si può spiegare il buddhismo con le parole? Sicuramente sì.
E’ sufficiente una comprensione solo verbale? Sicuramente no.
Ma, se ci troviamo in un luogo preposto ad un approccio di quel tipo, quello avviene. Poi, disquisire sulla qualità dell’intrattenitore è un altro piano di discorso.
Personalmente, non trovo nulla di male che si cerchi di comunicare la dottrina in cui si crede, che lo si faccia con i metodi del marketing corrente può essere discutibile, ma non il fatto in sè.
Ancora, non trovo nulla di male che si provi a vendere libri che trattano, o provano a farlo, della dottrina in cui si crede. La suadenza delle copertine e dei messaggi stampati sopra tengono conto, e sono dettagli, di marketing. Discutibili, certo, ma l’importante è il contenuto del libro e non il luogo in cui si vende e le sue coloriture etniche.
Anche i “buddhisti” vivono nel mondo, non dovrebbero essere “del” mondo ma ci sono dentro con tutte le contraddizioni connesse.
Se si pensa che le contraddizioni siano solo contraddizioni, non ci può essere alcun “pezzetto di prato pulito e ombreggiato nel quale sdraiarsi e piombare nel sonno”.
Ciao. Nello Genyo.
10/09/2010 (risposta a Yushin)
Ciao Yushin,
forse non hai letto tutto il mio intervento…
Le parole poi, tu mi insegni, si possono “tirare” in tante direzioni…
Nessuno ha il copyright del “perfetto buddhista”, Jiso incluso.
Dici, “il buddismo esiste per viverlo non per insegnarlo.”
Viverlo? Insegnarlo? L’uno non esclude l’altro. Dov’è il confine tra i “due”?
Tutte le considerazioni di quello scritto di Jiso sono altamente e gratuitamente spocchiose.
Io come buddhista mi vergogno che un buddhista possa scrivere cose del genere sugli altri, chiunque essi siano.
Qualunque attitudine altrui va assolutamente rispettata e in caso non la si potesse condividere, le deduzioni da assumere non sono certamente quelle espresse dallo scritto di Jiso.
Ciao.
Nello Genyo
14/09/2010 risposta a Yushin
Carissimo,
il piano della vergogna non è il medesimo e non c’è bisogno che spieghi il perchè visto che è piuttosto chiaro.
Io non ho “criticato” nessuno, ho semplicemente rilevato la sostanza dello scritto dicendo che non ne condividevo nulla e spiegandone il perchè.
Ho espresso quindi una prospettiva di tipo diverso che può non essere necessariamente identificabile come critica.
Non mi interessa essere umoristico, apprezzo l’umorismo ma non mi determina.
Se uno vive autenticamente un insegnamento, automaticamente il suo esempio impressiona e genera emulazione o comunque passa qualcosa agli altri, e questo può essere definito insegnamento. Supera l’intenzione dell'”insegnante”…
Le “frittate” non c’entrano e Dogen ha estinto anche “l’unità”, ovvero ha riconoschiuto il dualismo ed estinguendolo non ha prodotto alcun monismo.
Ciao. Nello
Settembre 20th, 2010 at 10:35 pm
Se pensiamo che anche le Lettere di san Paolo erano nate così: blogga con Tizio, chiarisci a Caio, striglia Sempronio…
Poi si passò rapidamente dalla “edificazione” alla “costruzione” (ben diverse, in barba all’etimologia)…
Il buddista dovrebbe essere “omo sanza lettere” come Leonardo da Vinci?
Settembre 20th, 2010 at 10:40 pm
Ora, siccome sono “innocente”, scendo sul terreno dell’intervento 31 di JF e provo a svilupparlo sinteticamente.
Relativamente alla “vergogna”, il mio non provarla è ovviamente soggettivo a sua volta, questo a dimostrare che il tuo soggettivo non è paradigmatico, per questo ho citato “qui e ora è diverso…”, questo perchè il tono del tuo scritto dava come per scontato che rispetto a quanto da te enunciato necessariamente si dovesse provare vergogna. Non è così, per me.
Soggettività per soggettività.
Questo non significa che sia sempre così, come invece tu all’inizio dell’intervento #31 vorresti lasciare supporre relativamente al mio sentire.
“c’è il soggettivo…e c’è sempre stato”, è un ulteriore ribadire che tutte le tue opinioni sulla vergogna non possono essere “assolutizzabili” come parrebbe tu vorresti far passare. Per questo si dovrebbe intuire facilmente che “qui ed ora è diverso per ognuno”, vale a dire che il qui ed ora espresso da te con la “vergogna”, personalmente non mi riguarda, non mi tange.
E questo, ovviamente, non significa che la vergogna non mi riguardi mai tout court, come tu credi e scrivi all’inizio di #31, assolutizzando una cosa relativa, ovvero non condividere il TUO senso di vergogna, che non è il mio.
Lo “Hihan Bukkyo” (Buddhismo Critico), era relativo a quanto detto da Yushin cui tutti gli scritti erano indirizzati ed era in risposta a sue affermazioni identificabili appunto in quel contesto critico.
Io sono nel buddhismo zen da tanto tempo quanto ci sei tu e il mio argomentare non è filtrato da alcuna tesi da da viva pratica, esperienza.
La “potenzialità del momento presente”, qui-ora, è quanto TUTTO il tuo scritto mostra di non capire…perchè per capire tutto quanto hai descritto è assolutamente necessario andare oltre la “vergogna”, superarla in quanto espressione di dualità: tu che provi vergogna e quello che la produce, soggetto, oggetto.
Personalmente, ravviso in una posizione come quella da te espressa, la stessa posizione dello hihan bukkyo che non condivido.
La tua visione della “critica” è unilaterale, assolutistica. Il mio dire che non c’è “niente da criticare”, significa, non c’è nulla da criticare nel modo come lo hai fatto tu. Che non condivido.
Ritengo, personalmente, che, se critica debba prodursi, le modalità espressive debbano essere altre.
Infine, io non ho criticato nulla, nemmeno il tuo scritto, ho semplicemente rilevato i limiti che contiene senza produrre niente di personale nella comunicazione con Yushin.
Certo, comunque, le comunicazioni frammentarie non sono corrette, Yushin avrebbe dovuto pubblicare tutto il dialogo intercorso tra me e lui ad iniziare dalla mia risposta al tuo scritto, poi le sue deduzioni (che io non ho riportato e spero si capiscano da quanto gli ribatto nel post qui sopra #48), in questo modo sarebbe stato un pò più chiaro il senso del tutto.
Saluti.
Nello
Settembre 20th, 2010 at 11:03 pm
per AHR #32,
significa semplicemente che siamo su un piano soggettivo, vale a dire che se tu provi vergogna, io posso non provarla e il mio non provarla non significa che sia insensibile o cinico o innocente…ecc., significa appunto che qui ed ora è diverso per ognuno.
Il problema è quando si vorrebbe assolutizzare il relativo…perchè…il relativo esiste ma…per transizione e non solo…esiste anche l’assoluto.
Nessuna paura di nulla.
Ciao. Nello
Settembre 20th, 2010 at 11:30 pm
per chiko #36,
avere anche il riconoscimento giuridico della propria comunità, implica il poter celebrare funerali, cremazioni, matrimoni, accettare volontariato, donazioni, ecc…
vale a dire doveri ma anche diritti.
Perfetto non è nessuno, tuttavia Fausto Taiten è uomo molto lungimirante e quindi se si muove il quel modo è perchè ha un senso per tutta la comunità, vale a dire Fudenji e dintorni…
Ognuno esprime la sua comprensione del Dharma a seconda della sua storia personale.
Sono stato uno studente di Fausto e lo considero un uomo della Via.
Ciao. Nello
Settembre 21st, 2010 at 12:56 am
Vorrei chiedere – se qualcuno avesse voglia di spendere ancora qualche momento – 2 cose.
La prima è preliminare: possiamo accordarci sul senso da dare al termine ‘religione’?: e culto? (propongo quello di Wikipedia, che riporto qui sotto per comodità, perché è quello del linguaggio corrente e quindi più facilmente condiviso e chiaro. Per ‘ministero’ e ‘ministro’, propongo la voce di ‘etimo.it’ che è la prima che ho trovato).
La seconda (e terza) domanda è: il buddismo è una religione? E lo è lo zen?
Il motivo delle domande è ovvio: funzioni quali ‘il poter celebrare funerali, cremazioni, matrimoni, accettare volontariato, donazioni, ecc…’ sono proprie di un ambito religioso. In tal caso, che un buddista si assuma il ruolo di ministro di culti e riti mi pare non faccia una piega. In quasi tutte le religioni, se non in tutte, è la prassi: è un ruolo sociale. Un figlio prete, sindaco o medico (va bene anche farmacista) è sempre una fortuna.
Settembre 21st, 2010 at 12:58 am
Religione – Una religione è un complesso di credenze, comportamenti, atti rituali e culturali, mediante cui un gruppo umano esprime un rapporto con il sacro. Tale relazione, tra uomo e sacro, è consentita per mezzo di qualche ordine soprannaturale, o naturale, che risponde ai significati ultimi dell’esistenza. Una religione contiene sistemi di valori e significati che investono la condizione umana, l’esistenza, l’ordine cosmico, e spesso altri aspetti della vita. Le religioni sono sempre in qualche misura istituzioni sociali, cioè sono condivise, dotate di regole e strutture sociali ordinate, dove singoli individui sono spesso designati a qualche ruolo o prerogativa collegate alla prassi religiosa.
Settembre 21st, 2010 at 12:58 am
Culto – Nell’uso tradizionale, il culto di una religione, indipendentemente dalle sue sacre scritture, dalla sua teologia o mitologia, o dalla fede personale dei suoi credenti, è la totalità della pratica religiosa esteriore, la cui trascuratezza è definita come empietà.Il culto è letteralmente la “cura” dovuta al dio e al suo sacrario. Il termine “culto” deriva direttamente dal latino cultus, che significa “cura, coltivazione, adorazione”, participio passato di colere, “coltivare”.Tra le osservanze nel culto di una divinità ci sono i rituali, che possono comprendere preghiere e inni recitati o cantati, danze e spesso sacrifici, o sostituti del sacrificio.Altre manifestazioni del culto di una divinità sono la conservazione di reliquie o la creazione di immagini, come le murti o le icone (termine che di solito indica un’immagine piatta dipinta) o immagini di culto tridimensionali (statue o crocifissi) e l’identificazione di luoghi sacri, cime di colli e di monti, grotte, sorgenti e stagni, o boschi, che possono essere la sede di un oracolo. Queste particolari espressioni del culto sono considerate illecite nel Protestantesimo perché contrarie all’insegnamento delle Sacre Scritture.
Il luogo sacro può essere lasciato allo stato naturale oppure può essere elaborato a causa della costruzione di santuari o templi, sui quali è concentrata l’attenzione pubblica durante le festività religiose e che possono diventare la meta di un pellegrinaggio.
Settembre 21st, 2010 at 1:09 am
Sacro – Anche qui possiamo usare quella di Wikipedia, che però a me pare poco chiara e forse contradditoria. Se qualcuno ne ha una migliore…
Settembre 21st, 2010 at 5:07 am
Taisen Deshimaru Roshi usava dire che lo zen è “la religione prima della religione”. Non male eh, perchè include il soggetto e lo supera in soggetto assoluto, puro, incontaminato, realizzato.
La religione è il Dharma, l’Ordine dell’Universo (poi sui codici rituali si può discutere).
Semplificando al massimo, si può anche “ridurre” in questi termini:
“Chiese qualcuno: ‘cos’è il buddha (varrebe a dire la religione)? Qualcun’altro rispose:
‘tre libbre di lino'”.
Non è così semplice come potrebbe sembrare, tuttavia è compiuto in se stesso.
Ciao.
Settembre 21st, 2010 at 10:29 am
A Nello #52
Salute Nello,
anch’io ho frequentato Fudenji e Taiten e mi sento di dire che la sua affannosa e prioritaria ricerca di autoaffermazione (anche quella di far ‘riconoscere’ a tutti i costi il suo tempio è una ricerca di autoaffermazione per quel che ho potuto constatare) lo stia portando largamente fuori strada, o sarebbe meglio usare il termine ‘Via’ che hai usato tu.
A questa ricerca autoreferenziale si legano i temi che stiamo affrontando relativi ai riconoscimenti vari da parte di stato, chiese, maestri di Dharma….
Niente di male nel ricevere riconoscimenti ma se nella ricerca di questi si perde di vista il cuore della vicenda allora le cose cambiano.
Sono d’accordo con te che accade che un sincero praticante si ritrovi a condividere la sua fede e tenti di esprimerla anche a parole nonchè si ritrovi anche ad insegnare sempre mosso da quello spirito di condivisione.
Purchè l’insegnare non diventi un palcoscenico su cui affermare sè stessi cosa che accade come detto prima a chi perde di vista il ‘cuore della vicenda’.
Settembre 21st, 2010 at 11:15 am
Caro Nello,
ogni santo giorno rinnovo più volte il fioretto di essere tollerante. Perciò, anche oggi. A volte è dura.
Quantomeno la tua non-risposta mi porta a conoscerti un po’: ma questa è un’altra questione.
Cosa non hai capito della triplice domanda al 53? Dovrei desumere di aver formulato la domanda in maniera non sufficientemente chiara, nei termini e negli obiettivi. Oppure che tu presuma di poter giocare con me come il gatto col topo. Peccato.
Spero ci sia qualche altro interlocutore che, avendo meno da perdere nel merito, abbia più coraggio.
Settembre 21st, 2010 at 12:44 pm
Uno: per favore abbassate i toni.
Due: tenetevi, al massimo, sulle 500 battute secondo il principio per il quale una cosa che non si può dire in breve non val la pena di essere detta. Almeno come commento in un blog.
Tre: Nello per favore, sii più… meno… insomma: rilassati.
Settembre 21st, 2010 at 1:06 pm
Sinceramente e, inevitabilmente, soggettivamente:
la forza delle certezze(assolutezze) è pericolosamente vicina alla conversione in certezza della forza, fondamento di ogni pre-potenza;
parafrasando (con una pò di vergogna..):c’è chi trasforma le illusioni in risveglio e chi il risveglio in illusioni.
Il mio? un “liberatorio” elogio alla fragilità..incertezza
Settembre 21st, 2010 at 1:58 pm
quanto al gazebo Tau-Rino-ceronte (sarebbe un ottimo simbolo del dialogo interreligioso): mbeh, e non ci dite com’è andata?
Settembre 21st, 2010 at 2:19 pm
Caro Doc possiamo, penso, accordarci sul significato di religione non in base a una definizione “chiusa”. La parola “religione” non è contenibile in un significato univoco. Per es, in giapponese l’hanno tradotta con “shukyo” che ritradotta non vuol dire “religione” secondo nessuna definizione dei dizionari, ma “verità e gli insegnamenti che la esprimono e aiutano le persone a realizzarli in pratica”. Penso che il buddhismo sia religione, perché risponde all’istanza religiosa umana. Cos’essa sia un’altra volta, magari, ho finito la mia razione di battute.
Settembre 21st, 2010 at 4:29 pm
Ciao Jf: la definizione può andare anche bene, per fare 4 chiacchiere; ma non al fine di risolvere il rebus espresso al II par. del #58 ed al I del #52. In questa definizione ho come l’idea che ci entri un po’ troppa roba, compresa Scientology, i Bambini di Gesù e compagnia bella. Mi auguro che uno Stato che intende tutelare i cittadini, soprattutto i più giovani ed i più – per vari motivi – indifesi e plagiabili, non accrediti culti e ministri di culto sulla base di una griglia così ampia.
Ci si gioca la vita, leggevo tempo fa su queste pagine. E, aggiungerei, anche il patrimonio.
Settembre 21st, 2010 at 4:31 pm
Zì zì, dammi il tempo di sbobinare le interviste e caricare i videos delle Stella girls…
Settembre 21st, 2010 at 5:04 pm
Ciao doc, quale definizione? Mi pareva di non averne data alcuna. Parlavo appunto della religione in cui ci si gioca la vita, per restare al lessico nostrano: con quella lo Stato cosa c’entra? Deve controllare che non si violino le sue leggi, non può entrare, per fortuna, nelle coscienze. Con la religione che dico io, ministri di culto et similia, non mi pare che c’entri, è un altro ambito. Comunque, una buona prassi forse è non chiedere soldi a nessuno in nome della Via.
Settembre 21st, 2010 at 9:35 pm
Ciao Jf
io mi ero inserito sul tema di (36, 52, 58) che mi era parso l’ultimo sviluppo logico del blog . Così quando a (62) hai proposto un ‘significato di religione’ ho pensato fosse relativo alla stessa questione.
Lo ‘Stato’ era stato introdotto in precedenza, a 36, parlando del riconoscimento giuridico di una comunità e dello status di ministro di culto: centra eccome, sennò perchè richiedere un riconoscimento giuridico?
Per quanto riguarda la parola religione, a me sta benissimo la definizione di wikipedia. In italiano è così, perchè cercarne un’altra? solo perchè il buddismo non ci rientra? a me non preme che il buddismo sia incasellato come religione oppure no: in mancanza di meglio per esprimemri uso l’espressione ‘scienza tradizionale’. A seconda del contesto…
Settembre 21st, 2010 at 10:01 pm
Ciao chiko #58,
se leggi il mio intervento cui tu ti riferisci, troverai la premessa: “perfetto non è nessuno…”.
Tuttavia, c’è chi guarda ossessivamente solo i limiti o “difetti” e non vede mai tutto il resto, oppure getta tutto…acqua sporca e neonato…
Non c’è un modo unico di vivere il Dharma buddhista e ogni monaco forma comunità che via via stabiliscono loro precipue modalità esistenziali connotandosi in un certo modo, quello che accomuna tutti è lo zazen. Tutto qui.
La discutibilità di queste modalità comunitarie, la “verità” attribuibile alle guide di queste comunità, è un altro piano dialettico che personalmente non ritengo interessante e comunque non semplificabile in poche battute, il discorso è molto complesso.
Quindi, Taiten sviluppa la sua visione del Dharma, Jiso la sua, Yushin la sua, Daido la sua, Kengaku la sua, Tetsugen la sua, e così via.
Relativamente al “riconoscimento” giuridico della propria comunità, sono le normative dello Stato in cui ci si trova ad imporle, tutto è regolamentato, normato, quindi, se vuoi fare un funerale con la pira (anche dentro il tuo tempio), con le norme vigenti non lo puoi fare (e questo è solo un esempio), si rende quindi necessario un rapporto, una relazione con le leggi di questo stato e se sarà il caso anche modificarle.
Attualmente, ciò che costituisce fattore di impedimento è la presenza islamista.
Ciao.
Settembre 21st, 2010 at 10:24 pm
Caro doc #59,
la mia risposta voleva assolutamente essere elusiva e mi fa piacere che abbia suscitato l’impulso intollerante poi controllato dal fioretto della tolleranza. Ottimo.
Le domande che poni sono assolutamente non interessanti per me. Ma, mi hai ricordato che, quando qualcuno, come hai fatto tu, poneva domande del genere a Taiten o a Deshimaru, la risposta spesso era che lo Zen, è “la religione prima di ogni idea di religione”, vale a dire che non è comunque configurabile, rinchiudibile, circoscrivibile in alcuna formula lessicale o semantica…è prima di tutto ciò, che non significa che “tutto ciò” venga escluso da questo “prima”, ma bensì che viene integrato nella sua azione.
Riguardo al “gatto e al topo” o a quello che “avrei da perdere”(?)(non faccio di mestiere il monaco zen), comunque, riguardo questo, posso dirti “tre libbre di lino”.
Che è proprio il massimo.
Ciao doc.
Settembre 21st, 2010 at 10:41 pm
Con queste premesse, si può fare un ’68.
Eccolo.
Settembre 21st, 2010 at 10:46 pm
Per doc #63,
carissimo, conosco Fausto Taiten da 30 anni e non gli ho mai dato un soldo, mi sono state chieste delle donazioni per dei progetti e non ho mai dato una lira e continuo ad essere amico di Fausto.
Condivido che non si debbano chiedere soldi in nome della Via.
Per il resto, penso tu faccia bene ad avere tutti i dubbi e le perplessità relative al “religioso”, esperienza da trattare sempre con una certa circospezione…ma, non a senso unico, a 360 gradi.
Lo Stato che “tuteli” i cittadini…te lo lascio tutto.
Ciao.
Settembre 21st, 2010 at 11:36 pm
Ciao Nello,
sono contento che cominciamo a capirci.
Rispetto a 67 : bastava dire ‘non mi interessa’, anzi addirittura non dire niente: pesa meno di tre libbre e non c’è più bisogno di perdere il lino. In fondo nessuno ti aveva chiamato in causa.
Rispetto a 69: cosa c’entra Taiten? Non l’ho nominato e nemmeno lo conosco. Ti pregherei di non attribuirmi riferimenti ‘a gratis’. Fausto, Giovanni o Paolo: io lavoro, in questo frangente, per quelli che ‘ci si giocano la vita’. A 720°. Se poi vorremo parlare dei dharma o di cosa disse Deshimaru, bè, spero potremo farlo serenamente in qualche prossimo futuro, magari col caminetto acceso ed una buona bottiglia. Ci conto.
Settembre 22nd, 2010 at 2:17 am
Ciao doc,
rispetto a 67, a volte, bisogna non dire niente dicendo. Non è difficile, ma nemmeno facile.
Rispetto alle domande che hai posto tu, si può rispondere in tanti modi e possono essere tutti buoni. Quello di Jiso è buono, il mio è altrettanto buono, esistono più piani di realtà, e vanno integrati.
E rispetto al tuo #70 potrei dire che non esiste nessun lino…per questo diciamo “tre libbre di lino”.
Taiten…è un ectoplasma fin troppo presente qua sopra anche non nominandolo mai…quindi, io lo nomino perchè c’è, che tu ne sia consapevole o meno, è un bersaglio critico sempre presente, c’è chi lo vede o stravede e chi non lo ipostatizza. Qui ed ora è diverso per ognuno.
Ok per la bevuta, senza Deshimaru e i dharma.
Ciao.
Settembre 22nd, 2010 at 10:54 am
Taiten è un omone e non un ectoplasma. È la prima volta in tanti anni che viene nominato su questo blog (con “qua sopra”, suppongo, tu intenda “su questo blog”). Anche così però mi pare che sì, sia fin troppo presente. Nella tua testa prima di tutto, n’est pas?
Per favore, ripeto, superate (di poco!) le 500 battute solo se indispensabile. O, almeno, se sapete essere divertenti.
Settembre 22nd, 2010 at 12:42 pm
Provo a soddisfare la richiesta di mym:
‘Ectoplasma è il nome francese del Pokémon Gengar’
Settembre 22nd, 2010 at 1:38 pm
dannazione, doc, ma perché non hai fatto il giornalista nella vita? è uno dei pochi reportage frizzanti che ho assaporato negli ultimi 50 anni.
(non oso neanche pensare ai pipponi che su questo argomento usciranno altrove…)
Settembre 22nd, 2010 at 1:41 pm
Lunga vita al grande Doc!
Settembre 22nd, 2010 at 4:41 pm
arrossisco, troppo bbbuoni (ma non è ‘vergogna’, pistole nel fodero!…forse si può chiamare pudore?)
Settembre 22nd, 2010 at 4:45 pm
Dì, dhr, glielo dici tu che lo stavamo coglio… cioè: delicatamente prendendo in giro? 😛
Settembre 22nd, 2010 at 4:47 pm
Vi ho sentiti benissimo, non ostante le fanfare.
Settembre 22nd, 2010 at 5:11 pm
io veramente dicevo sul serio, era un autentico grido di liberazione dopo il soffocamento causato dal 99% della stampa e informazione, su qualsiasi argomento. magari, quando si racconta un evento, lo si facesse sempre così! ma siete in pochi…
Settembre 22nd, 2010 at 5:17 pm
Anch’io, anch’io, dicevo sul serio. Il vecchio Doc è il migliore della squadra…
Settembre 22nd, 2010 at 5:54 pm
Pokemon Gengar? Sconosciuto al battaglione.
Settembre 22nd, 2010 at 6:16 pm
stop! esaurite le battute a Vs disposizione.
Settembre 23rd, 2010 at 1:48 am
Caro mym #72,
non è detto che perchè non si nomini direttamente una persona o un progetto a lui attinente non se ne parli comunque…
Anche con le presenze scomode bisogna fare i conti…
Dirmi che nella mia testa ci sia un altro…la considero una grossa offesa.
Ribadisco che l’umorismo proprio non mi interessa e quello che tu definisci “divertente” per me può essere stupidotto…divertente non ha una valenza identica per tutti, io non mi diverto come ti diverti tu. O dobbiamo divertirci tutti a senso unico secondo i tuoi parametri?
Relativamente ai lunghi interventi, si sono resi necessari per rendere un pò più chiaro il senso di tutta la mia comunicazione sullo scritto della “vergogna” in quanto, avendo tu inserito nel thread solo l’ultimo mio scritto, non risultava chiaro il senso di alcune affermazioni che erano relative alle precedenti comunicazioni intercorse tra noi sempre sullo stesso argomento.
Qui ed ora è, e sarà sempre, diverso per ognuno, se non si mastica e digerisce bene questo punto diventa difficile, se non impossibile, capire fino in fondo il qui e ora. E c’è solo il qui e ora.
Saluti.
Nello
Settembre 23rd, 2010 at 8:54 am
Appunto: non è detto. Mi spiace tu ti sia offeso, pensavo capissi che mi riferivo all’idea, al pensiero e non alla presenza… Come? Mah… Non ti capita mai di pensare a qualcun altro? Comunque da buon buddista avrai già scordato (lett.: liberato il cuore da) tutto e sarai, saremo di nuovo in pace.
Settembre 23rd, 2010 at 10:52 am
Salve Doc,
prenderei volentieri lezioni di scrittura da te, la sintesi e la scorrevolezza non sono decisamente una mia qualità. Quindi mi unisco agli altri e ringrazio.
Settembre 23rd, 2010 at 10:58 am
❗ ❗ ❗
Settembre 23rd, 2010 at 11:54 am
Cioè sei d’accordo con me sulla mia logorrea ?!!! 🙂 😎
Settembre 23rd, 2010 at 12:02 pm
Naaaa: honni soit qui mal y pense…
Settembre 23rd, 2010 at 12:38 pm
Diarrea cogitativa liberatoria (la chiamava il sig.G)
Settembre 23rd, 2010 at 12:43 pm
Wow! Anche il signor G, l’inventore del famoso punto G! Non ci facciamo mancare nulla… 🙂
Settembre 23rd, 2010 at 12:44 pm
Propongo di assegnare la vittoria in questa tenzone a Nello, per motivi evidenti ai più.
Il mio cuore però assegna alloro ed ulivo a Dario (61) ed alle sue parole di vèrita.
Proprio così, c’è chi trasforma il risveglio in incubo eccetera. Occhio alla penna! gonzi di tutto il mondo unitevi (uniamoci)!
Dammi il 5, fratello!
Settembre 23rd, 2010 at 3:36 pm
ma G6 o G fai?
Settembre 23rd, 2010 at 3:40 pm
Il signor Gaber
Settembre 23rd, 2010 at 3:43 pm
‘A volte vien voglia di vivere in un paese dove la lotteria è la parte principale della realtà.’
Off topic?
Settembre 23rd, 2010 at 3:55 pm
No topic.
No party.
Buon equinozio.
Settembre 23rd, 2010 at 3:56 pm
Complimenti AHR, centrato al primo colpo! allora non sei di primo pelo(anagraficamente parlando), neh..
Settembre 23rd, 2010 at 4:23 pm
’69 classe di ferro! come diceva mio nonno (lo diceva della classe del ’19)
Non conosco bene tutto di Gaber ma… una volta ho avuto la fortuna di partecipare alle riprese del video del suo ultimo lavoro
Settembre 23rd, 2010 at 4:25 pm
Ma nun me dì…
Settembre 23rd, 2010 at 4:30 pm
Scusa, del disco ‘La mia generazione ha perso’
Settembre 23rd, 2010 at 4:31 pm
T”o dico, t”o dico!
Settembre 23rd, 2010 at 4:31 pm
Adesso capisco…
Settembre 23rd, 2010 at 4:31 pm
Oggi è proprio il mio turno! 🙂
Settembre 23rd, 2010 at 4:33 pm
T”o credi…
Settembre 23rd, 2010 at 5:17 pm
Arieccolo!
Apprezzo doc77.
Gonzo romano in avvicinamento.
Però.
Mi viene di sognare/dire: ‘e se, forzando un poco, avessimo utilizzato al posto del termine ‘vergogna’ il termine ‘contegno’, che ne verrebbe fuori rileggendo tutti i 77 post?
Settembre 23rd, 2010 at 5:39 pm
Scusate, questa ve la devo proprio dire, e la colpa è anche un po’ vostra. Mi è venuta facendo la doccia.
(La dico qui perchè mi pare che in questo bog nessuno la metta troppo sul personale. Sono uno che non cerca rogne, perciò mi lavo spesso.)
Chi perde un amico trova un tesoro!
(molte volte, ovvio)
Settembre 23rd, 2010 at 5:45 pm
Infatti, si sa: meglio perderti che trovarti.
O meglio rimanere poveri?
Settembre 23rd, 2010 at 5:50 pm
Non ti sei offeso?! ho sprecato fiato, allora.
Passo e chiudo. ciao
Settembre 23rd, 2010 at 6:04 pm
Sì, tesssoro mio…
Ciao.
Settembre 24th, 2010 at 10:06 pm
Segnalo un bel saggio – appena uscito – sull’autore probabilmente più “gigantesco” in fatto di laicità e di pensiero controcorrente:
Roberto Carnero, “Morire per le idee. Vita letteraria di Pier Paolo Pasolini”, Bompiani, pagg. 206, euro 10,50
che offre una carrellata sintetica ma documentatissima su tutti gli aspetti del grande scrittore e regista: poesie, romanzi, saggi, articoli, film, documentari, teatro, sia le opere più famose sia quelle sconosciute… oltre alla vita e alla tragica morte, con il giallo che ne segue. Il libro è aggiornato all’ultimo minuto: include perfino la polemica, di poche settimane fa, sul presunto capitolo mancante del romanzo “Petrolio”.
Settembre 25th, 2010 at 10:12 am
Pasolini laico, dici. In effetti. Però…
Settembre 25th, 2010 at 10:32 am
“Laico” nel senso che menava botte a destra e a manca.
Settembre 26th, 2010 at 10:06 pm
Per dario #61,
l'”assoluto” correlato a “relativo” di cui si accennava in qualche post fa…, non ha nulla a che vedere con quello che tu definisci “certezze (assolutezze)”.
L’assoluto di cui parlavo non può poggiarsi su nulla, vale a dire nessuna “certezza” e nessuna “assolutezza”.
Libertà Assoluta.
Che ancora però rischia di essere fraintesa…se non si ha ben chiaro il significato reale, e di “Libertà”, e di “Assoluta”.
Settembre 27th, 2010 at 1:47 pm
A parlar così si può dire tutto ed il contrario di tutto….
Tanto vale tacere.
Settembre 27th, 2010 at 4:15 pm
Così, alle brutte, senza né ai né bai. Epperò, un po’ di fair play, che diamine. Si parla del tempo, dei buddisti di una volta (che non ci sono più e non è detto che sia un peccato), si scuote la testa un paio di volte e poi… No?
Settembre 27th, 2010 at 9:57 pm
Caro chiko #80,
se ti riferisci al mio post 79 indirizzato a dario, dovresti chiarire che cosa significa per te “A parlar così si può dire tutto…” (e forse si chiarisce anche per me).
Ho solo tentato di spiegare a dario che ciò di cui si stava parlando non è ipostatizzabile.
Se non ti è chiaro,e ti interessa, quanto indirizzato a dario, sarebbe bene che tu mi chiedessi di chiarire di più e non di “tacere”, perchè di fatto vedi, di “mio”, nello scritto, non c’è nulla, che può equivalere al “tacere” di cui parli tu.
Quindi, di fatto, io ho completamente “taciuto”. Tuttavia, quanto affermato resta. Cos’è?
Ciao.
Settembre 28th, 2010 at 1:33 am
A proposito di mazzate “ caro dhr, mica hai sbirciato ‘ Fotti il potere. Gli arcana della politica e della umana natura’ di F. Cossiga?”(2010)
Cap. IV: Per il Vaticano contano solo i soldi. Ohibò, di che si parla?
Settembre 28th, 2010 at 1:37 am
Lì _ él
Nko in persona prende la parola.
Vergogna! In mancanza di giardinetti pubblici dove dormire ho collassato per due settimane nel mio letto – ah, se fossi a Parigi!
Il fatto è che ho concluso un business: ho la ‘certezza’ di poter vivere come uno studentello per i prossimi dieci anni..e senza lavorare! (non proprio un bel film. Ad es. non potrei comprarmi una berlina)
[Non è off topic: sto usando lo stesso registro narrativo di JF; scusate se è poco. E’ che i dotti mi urtano: sragionano].
Settembre 28th, 2010 at 1:39 am
In pratica ho affittato una delle mie stalle – fate conto – a Giuseppe, Maria e a un Gesù bambino che nascerà più o meno fra due mesi (Mi sento un miserabile)
Ho pensato a quelli che guadagnano milioni in pochi secondi impoverendo nel contempo miliardi di persone..e la chiamano ricchezza!
L’umanità vive dentro un’allucinazione collettiva.
[Si autorizza il taglio della lingua a quelli che non si vergognano, soggettivamente e qualsiasi cosa significhino, di ‘come stanno le cose’ , o ,altrimenti detto, ‘cuore della vicenda’]
Settembre 28th, 2010 at 1:41 am
PS: on topic, on topic..La religione, infatti, è la gelosa custode della scrittura simbolica; però, se non si ha più l’’interesse’ a leggere simbolicamente la storia è finita perché è finita.
Settembre 28th, 2010 at 1:42 am
NB. La religione mi sembra un atteggiamento peculiare della mente umana che si potrebbe definire, in armonia con l’uso originario del termine RELIGIO, come la considerazione e l’OSSERVANZA SCRUPOLOSA di certi fattori dinamici, riconosciuti come ‘potenze’: spiriti, demoni, dèi, leggi, idee, ideali, o comunque l’uomo abbia voluto chiamare tali fattori, dei quali ha sperimentato nel proprio mondo la potenza e i pericoli, abbastanza per giudicarli degni della più scrupolosa considerazione.
[Re-indosso la maschera, ‘fingo’ di dubitare e aggiorno l’identità virtuale (forse pure l’agenda).Ho contro di me 2000 anni di cristianesimo + 10 anni di storia anticristiana: mica male].
Settembre 28th, 2010 at 2:30 am
homosexual, se mi devi dire qualcosa, dovresti chiamarmi per nome e citare il post cui ti riferisci.
Il tuo parlarti addosso, o allo specchio, in generale, non solo in questo thread, lo trovo di una noia totale.
Se hai argomenti, esponili, possibilmente in elenchos…
Se non ti piace il mio di argomentare, girami pure al largo.
Ciao.
Settembre 28th, 2010 at 6:06 am
Mmmm..Dell’impossibilità di parlare di politica se non con formule religiose!
.
.
.
Acc..ho sbagliato thread.(Cmq non sono una di quelle,;eppoi ho una testa e un cervello invidiabili, io)^^
[No More Drama in my life Work real hard to make a dime If you got beef, your problem, not mine]
Settembre 28th, 2010 at 7:00 am
Per Nello # 87.
Elenchos
1. Dotto;
2. Pisolo;
3. Scorreggiolo.
Sputo il rospo: io e il mio stomaco..parliamo!Quando devo fare la pupù mi manda dei segnali, ma anche quando sono affamato/sazio o devo vomitare..e non ho neanche la laurea in medicina! (ah, sono un geniaccio)
PS: chi sa e capisce mi onora, chi non sa e non capisce mi fa un piacere.
(kore-kara minna-ke mechakucha odotte sawago-sawago)
Settembre 28th, 2010 at 7:38 am
Ci sono un paio di refusi: minna de e sawagou.
Hmsx e Nello. A parte lo stile, i contenuti, l’ambiente culturale, quello che dite e il perché lo dite sapete che vi assomigliate…? 😛
Settembre 28th, 2010 at 7:58 am
Cossiga mi manca — ed è un peccato, perché (come Bossi) in mezzo alle sparate gratuite era l’unico che diceva pane al pane. Ad esempio: “La vedova Moro ci accusa di essere noi i responsabili della morte del marito. Ed è la verità”.
Settembre 28th, 2010 at 8:08 am
Mica tanto.L’errore intenzionale ha reso più facile la ricerca via internet del significato letterale di minna de e sawagou; ma più difficile la ricerca del miraggio in celluloide.
Insomma..get ur faith on (oops..)
Settembre 28th, 2010 at 8:26 am
‘RRA!Prr..
(Questa non la dicevo dal ’01. Domani uno come Nello, cioè che soggettivamente non si vergogna etc.etc. chiederà la fiducia al Parlamento – che rappresenta il popolo sovrano).
Meno male che la Chiesa invita alla calma e buddisti sono pacifici.
Settembre 28th, 2010 at 8:57 am
Bella questa cosa del popolo sovrano. Se provi a dirla sussurrando mi addormento di nuovo
Settembre 28th, 2010 at 8:59 am
Ragazzi, non andate a dormire e quindi siete ancora lì oppure …
Settembre 28th, 2010 at 10:28 am
… ma insomma!
cos’è questa confusione?
son basito 😎
potreste spiegarvi con termini comprensibili anche a me che non ho lauree e non sono geniaccio?
senza però togliere il gradevole suono prodotto dalla giustapposizione delle vostre parole.
‘Un bel tacer non fu mai scritto’
ecco mi sono ri-ri-contraddetto
accidenti non se ne esce fuori
‘Iwanuga hana’ ma anche
‘Siedi e taci, e avrai pace’ oppure
‘Uccello che non canta, non dà augurio’ (!!!)
Settembre 28th, 2010 at 10:41 am
‘Iwanuga hana’? Ma allora:
kutaburete
yado karu koro ya.
fuji no hana
(草臥て宿かる比や藤の花)
Settembre 28th, 2010 at 10:55 am
Con voce e tono homeriano:
‘MITICO!’
Settembre 28th, 2010 at 11:02 am
Ecchequà:
Ero soltanto.
Ero.
Cadeva la neve.
Hai voja a magna’ pagnotte!
Mi diceva e mi dice ancora ir mi’ babbo, alludendo a quanto capisco poco e quanto ho da imparare (o mangiar polvere).
Settembre 28th, 2010 at 11:05 am
Aò, me pare ‘n manicomio, me pare…
Settembre 28th, 2010 at 11:19 am
Si questo lo capisco
Settembre 28th, 2010 at 3:59 pm
Ok. Dopo aver trascorso ‘a nuttata a contare le stelle e ‘a mattinata a sbattermi in trib. ‘a gratis’ – che volete? – 230.000 avvocati in italy vs i 30.000 in France: mica sono disoccupato, è solo una questione di apparato digerent..cioè di sfumature negli ordinamenti giuridici, ergo scatta la siesta in terrazza (al modo di un re lucertola).
Shhhh…
NB. Il linguaggio concettuale, mirando alla determinazione ed esplicitazione completa, è una violazione dell’ineffabilità del trascendente: la sua parola è interruzione del silenzio, la dissipazione del mistero.
Sssogni d’oro.
Settembre 28th, 2010 at 4:31 pm
Be’… che dire ? 100
Settembre 28th, 2010 at 5:57 pm
AHR sei una disperazione, come la sabbia nel letto…
Il pensiero concettuale in effetti è roba che scotta. Dovrebbe essere usato in ambiente protetto. Quantomeno bisognerebbe educare i bambini a lasciar levitare il numinoso naturale nel quale vivono (tradotto poi dagli adulti come Peter Pan o Alice…) e a usare i concetti solo in caso di necessità. Probabilmente questo è uno degli effetti della machizzazione del mondo negli ultimi 3-4 mila anni. Il pensiero femminile maturo manca a tal punto che se ne dubita la presenza.
Settembre 28th, 2010 at 10:07 pm
Per mym #89,
oh mym, vai ad attribuire somiglianze o pensieri ipotetici e immagini mentali al tuo specchio…grazie.
Ergo, per liberarsi di me è facilissimo, basta dire: “Prego, sarebbe bene tu non intervenissi più.”
Facile no?
Se mi si invita a partecipare a un dibattito, lo faccio con la mia persona (senza altri che possano albergare nella mia mente, nè supposti, nè pensati, la mia mente è sgombra carissimo, per la tua ci pensi tu da solo, non ho certo la presunzione di stabilire cosa ti condizioni o meno e non mi riguarda, nè mi riguardano le tue ipotetiche o presunte somiglianze con chicchessia e ti inviterei a non occuparti delle mie, ipotetiche o presunte…arigrazie.
L’etica, di uno spazio di questo tipo, richiede che si stia sugli argomenti, e non sulle ipotetiche o presunte particolarità personali…
Quando si scivola su questo piano, si rivela la propria pochezza, i propri limiti, e non quelli altrui, ipotetici e presunti e assolutamente sempre, sempre, sempre, non interessanti.
Tu mym, ti devi occupare di te, e non di me, delle mie ipotetiche o presunte somiglianze o di chi ci sia nella mia testa, sempre secondo le tue ipotesi e presunzioni, tutte soggettive e che devi rivolgere assolutamente verso nessun’altro che TE STESSO. Grazie.
per homosexual, non sono un medico e non posso fare niente per te.
non abbiamo nulla da dirci quindi rivolgi pure la tua mira altrove. grazie.
Settembre 29th, 2010 at 10:34 am
Come dice il poeta: ogni giorno porta la sua pena anche se congranpenalerecagiù. Caro Nello, qui nessuno in particolare è invitato, è la conseguenza dell’essere aperto a tutti. Come funzionano le cose è lasciato al buon senso, alla buona educazione, al buon gusto ed alla decenza. Come si fa a sapere quali siano il buon senso ecc.? Di solito è cosa palese, negli altri casi decido io. Ora, i tuoi interventi hanno una spiccata caratteristica, sono molto affermativi. Non è male di per sé, potrebbe diventarlo se tu pretendessi che qui si facesse come decidi tu. Le pretese hanno un retrogusto di scocciatura.
Settembre 29th, 2010 at 8:34 pm
Infatti sono mesi che avanzo una pretesa: tenere sotto chiave Nello.Dopo aver fatto una colletta per comprargli la camicia di forza, si capisce. Tant’è.. ah, la democrazia! Il primo venuto dice una idiozia, e poi il secondo e giù fino alla fine della lista.Per questo considero la democrazia solo una comodità: una poltrona su cui sedermi, una tavola imbandita ecc. Il balzo che permette di passare da una condizione quasi animale, ad una superiore, non certo umana, è l’ESSERE PER ALCUNI: la maggioranza, i TUTTI, preferiscono rimanere nella posizione primitiva.
Insomma ho sempre pensato per gli ALCUNI e non per i TUTTI.
PS:e se il linguaggio svelasse/rivelasse ciò che uno ha in testa?
Settembre 29th, 2010 at 8:36 pm
Oh, please HMSX, sing a ‘death song’ for kids. They got no future and they wanna be just like you!
Settembre 29th, 2010 at 8:39 pm
No,niet, nada.
Guardali: passi sbagliati. Angeli soli e accerchiati. Ridendo odierò per sempre: il sentimento libero,vero tormento,luccica dentro al cielo di Spazio infinito.
(se uno scopre la cura per il cancro che ‘deve’ fare regalarla?
e perché? maperpiacere…)
PS:non ci sono più le femmine di una volta.
Ah, il mio ex-psicoterapeuta è finito in analisi da quando l’ho mandato al diavolo – che ridere!
Settembre 29th, 2010 at 8:48 pm
Là là là. Qui si ciancia di democrazia e maggioranze e tutti e si perde di vista un dato: il valore. Allora, Nello è una peste, siamo d’accordo? No? Vabbe’, però è l’unico che su questo blog dissente, capite? Dissente. Ora l’unico che fa una cosa che gli altri non fanno e che per di più è dire che non è d’accordo lo coccolo, lo curo, me lo tengo stretto. Oddio, si fa per dire. Però il concetto è quello. Poi c’è modo e modo, la sicumera, la rava e la fava… Quando qualcuno è unico è oltre le qualità. Tiéh!
Settembre 29th, 2010 at 11:28 pm
berrò molta acqua inquinata, così mi verrà la Dissenteria e mym sarà contento anche di me!
🙁
Settembre 30th, 2010 at 3:00 am
Per mym # 89.
A parte lo stile, i contenuti e l’ambiente culturale,ciò che mi distingue dal sig. Nello è che ho rotto con la seguente rappresentazione dogmatica:”cose che non hanno una qualità in sé”. I miei commenti hanno qualità (oltre ad essere fantastici e divertenti). Certo dissente, come i 4/5 dell’umanità:auguri. Però non dissente da Severino che, per replicare a 5 righe, ha scritto un libro, e per replicare a 10 righe ne ha scritti 3! Grazie al pacco che è ‘inconfutabile’:a parte i bambini scemi, chi ha tempo per leggere tutti i suoi libri-argomenti?
NB:un uomo-plebe, un uomo-rancore, un ranuncolo…
Settembre 30th, 2010 at 3:03 am
Armonia, ovvero..
Elisir di perfetta
Di sì rara qualità,
ne sapessi la ricetta,
conoscessi che ti fa!
[Nowhere to go But I’ll still be cruising I live this life long You know I’m drifting along la la la I don’t want to hear, crying]
Settembre 30th, 2010 at 3:42 am
Che differenza fa’ donna o diavolo?L’uomo che non sa ride e giudica, io lo fisso e gli sfilo in cardigan,;proprio vero la grande attrice sa come fingere. Benvenuti tutti quanti nella bocca del leone… maledetti pregustatevi la fine!
Settembre 30th, 2010 at 3:45 am
EC: in: refuso.
Settembre 30th, 2010 at 10:09 am
Ciao Isabela, mi ricordi le margherite pratoline, daisy, che tutti vedono e nessuno nota. A parte quei buontemponi degli americani, che inventarono la daisy-cutter.
Settembre 30th, 2010 at 10:56 am
Ed ecco la sabbia nel letto!
Tifo spudoratamente per dhr, i suoi commenti efficaci più di cento pensieri da cavallo pazzo (che solitamente mi albergano), quindi corro a bere l’acqua del biondo (!) Tevere e ci si vede dopo.
Arriveduar
Settembre 30th, 2010 at 11:45 am
>i suoi commenti efficaci più di cento pensieri da cavallo pazzo
Il metodo è semplice: basta essere più pazzo di un cavallo.
😉
Settembre 30th, 2010 at 11:51 am
Sì. Comunque avete capito. Da soli. E senza invito. Praticamente aggratis
Settembre 30th, 2010 at 12:19 pm
Reality. Il primato della realtà contiene già il giudizio sulle altre realtà degradate a sogno o allucinazione. Ciò che arma il giudizio non è il “danno” che l’eroina o l’alcol, ad es., produrrebbero sull’individuo, ma l’attentato portato alla maestà del concetto di realtà che non va assolutamente toccata pena la morte. Il delirio o l’ebbrezza sono stabiliti dalla realtà; ma l’unificazione della realtà, avvenuta sotto l’imperio borghese, ha dissolto ogni concetto di apparenza (un tempo chiamato orgogliosamente realtà). QUESTA realtà, dunque, che appariva e scompariva conquista il primato. Ai tempi era all’attacco, balda e giovane: oggi si difende.
Settembre 30th, 2010 at 12:20 pm
PS: le altre realtà, minacciando mortalmente la realtà per eccellenza, segnalano anche l’irrealtà di QUESTA. La sua spasmodica difesa indica che essa, senza saperlo, lo sa.
Settembre 30th, 2010 at 12:23 pm
Oh mym, te lo dico subito: con dhr in campo e i suoi cross dalle fascia è matematico, la infilo in rete.
Eh già, bomber di razza (e sono pure bravo a parare i rigori) $_$
PS: mi sono rimaste in canna un paio di spiritosaggini: che si fa…seppellisco?
Settembre 30th, 2010 at 12:25 pm
@mym.
Non c’è contatto di mucosa con mucosa
eppur mi infetto di te,
che arrivi e porti desideri e capogiri
in versi appassionati e indirizzati a me;
e porgi in dono la tua essenza misteriosa,
che fu un brillio fugace qualche notte fa;
e fanno presto a farsi vivi i miei sospiri
che alle pareti vanno a dire “ti vorrei qua”.
Per quel che mi riguarda sei un continente obliato.
Per quel che ho visto in fondo mi è piaciuto.
(all rights reserved to mk+s)
NB. Se si elimina dalla musica la musica drammatica resta abbastanza buona musica.^^
Ottobre 1st, 2010 at 4:30 am
Non capisco come si possa tanto amare l’aria dell’italia, dove si respira la peste, dove sempre il calore del giorno è insopportabile e il fresco della sera malsano, e dove l’oscurità della notte copre furti ed assassinii. Se poi si teme l’inverno del Nord ditemi: quali ombre, ventagli o fontane potrebbero preservare a Roma dai disagi del calore quanto lì una stufa o un bel fuoco dal freddo?
Ottobre 1st, 2010 at 7:33 pm
Bentornata, madame. Il buio inverno nordico, lungo da ululare, freddo da tremare, senza luce ne sollievo.
Un raggio di sole una farfalla che si chiede come mai, un refolo e il caldo non c’è più
Ottobre 1st, 2010 at 11:11 pm
Già. Per la serie preghiere, sortilegi e stregonerie mi dicono che il povero mr. M frigna come un bambino nel carcere londinese di Pentonville mentre pedofili e molestatori gli cantano in coro careless whisper; il sig. M a un passo dal sogno di dirigere una vera orchestra è stato scartato da San Remo… e indovinate chi c’è nel mirino?
Mmmm…
PS: Milady è un po’ stanca. Mi metto al piano e le suono qualcosa
( – che volete? – con il master in diritto bancario e finanziario non me la fanno dirigere una orchestra).
e 3/4
If you don’t need me I’m going,
I promised I would drown myself in mystic heated wine
NB. Se mi concentro brrrrrr…
Ottobre 2nd, 2010 at 10:40 pm
Per mym #103,
senti, io non so se la tua vita sia un giocare continuo che di per sè non sarebbe male. Potrebbe diventarlo se tu pretendessi che si faccia tutti al tuo modo…
Cercare la “spiccata caratteristica dei miei interventi”, non c’entra nulla con quanto i suddetti interventi contengono.
Tu, e quanti in grado di capire e quindi, piacendo, interloquire, dovreste assolutamente stare (che ha la stessa radice di epistéme), sugli argomenti trattati. Ogni altra considerazione sulla mia persona (noi non ci siamo mai incontrati, nè conosciuti,nè frequentati…), è un abuso. Chiaro? E ho già detto che argomentare in questo modo è tipico di soggetti disturbati.
Io, sono stato invitato da te a partecipare a questo spazio di “dibattito…discussione…!?”
Come ho già avuto modo di dichiarare in precedenti interventi, in un ambito del genere, si dovrebbe stare sugli argomenti, senza NESSUN accenno alle peculiarità (vere o presunte) di chi li espone. Questa è l’educazione, poi, ovviamente esiste anche la maleducazione.
Ottobre 2nd, 2010 at 10:51 pm
…quindi, “la pretesa”, è quella di STARE sugli argomenti e non di condividerli per forza.
Certo, poi, gli argomenti…bisogna averceli…
Ottobre 3rd, 2010 at 3:33 am
Ma guardatelo..Leggetelo! I giovani d’oggi… I migliori hanno come ‘argomenti’ i libri: puzzano di latte e sono già morti dal leggere; i peggiori sono imbambolati davanti alla TV.
In tali casi, se sto masticando un’ ostia, gli sputo in faccia; se sono ispirato li prendo direttamente a calci.
PS: mai avuto la vocazione di insegnare: deficio di pazienza.
NB: siamo già nel dopo-vita.
Ottobre 3rd, 2010 at 4:00 am
La chiamano ‘coscienza’ popolare
ed è una febbre insolita
offende la ragione ed alimenta ideali di uguaglianza.
Non lascerò che questa orrenda epidemia contagi gli animi :
diffonderò il terrore tra il mio popolo
e brandirò il mio scettro contro ogni ritrosia!
Non lascerò a questa indomita plebaglia alcuna via di scampo.
Ottobre 3rd, 2010 at 10:41 am
hmsx, ti perdono -per ora- perché so che per te lo sproloquio è una forma d’arte (se mi posso permettere: un C. Bene più … arioso?) però le parole possono offendere e contundere per cui se non interviene la tua moderazione CENSURO!
Ottobre 3rd, 2010 at 11:01 am
Ossanta polenta. Lo zen i nazisti il superuomo i “Dio riconoscerà i suoi”, ergersi sopra il mare di teste ecc. ecc. cara Mara, sono bazzecole a confronto del vero problema.
Ottobre 3rd, 2010 at 11:55 am
Dear teacher, the ‘real problem’ is that Milady wants to sit on ^V^’S thighs.
Ottobre 3rd, 2010 at 12:00 pm
Il teacher è fuori stanza per cui rispondo io: milady si può sedere dove vuole, ma quando passo l’aspirapolvere s’haddaspostà!
Ottobre 3rd, 2010 at 12:03 pm
Morire per M è bello.
Certo, puoi pure campare fino a 120 anni e morire in un letto d’ospedale mentre ti fissi i calzini.
Ottobre 3rd, 2010 at 12:21 pm
Ciao Ne’, sempre con il pepe nelle parti basse, eh! In effetti, visto che mi scrivevi lunghe mail sui post e i loro commenti ti invitai a postare direttamente sul sito, invece che scrivere a me. Ti ho proprio invitato: mea culpa mea culpa mea maxima… Però, se vuoi essere credibbbile quando inviti a non parlare addosso alla persone meglio che tu non esordisca con “io non so se la tua vita sia un giocare continuo che di per sè non sarebbe male. Potrebbe diventarlo se tu pretendessi che si faccia tutti al tuo modo”. Per restare in tema -sei interessante, lo ammetto- occorrerebbe rimanere davvero aderenti al tema. Non basta avere argomenti. Bisogna anche capire di che cosa si sta parlando.
Ottobre 3rd, 2010 at 3:33 pm
La tensione neikosofica che sorregge la mya spiritualità mi isola ad altezze sublimi e inaccessibili.
Sacerdotessa della mia opera e gelosa custode della mya produttività, La difendo come il bene supremo: la missione unica della mia vita che antepongo agli affetti, all’amore, all’amicizia, al sentimento nazionale e sociale.
Ottobre 3rd, 2010 at 3:44 pm
Conoscevo un cammello che poi morì di profilo. Ma non aveva calzini. Un gatto sì.
Ottobre 3rd, 2010 at 3:48 pm
Vabbe’. Una volta si sarebbe detto: “anche meno!” oggi non so.
Ottobre 3rd, 2010 at 4:00 pm
La vergogna del Golgota è una volta ancora emblema nel vento.
Mi si notifichi pure : scena gratuita
Ottobre 4th, 2010 at 8:44 am
Ottobre 4th, 2010 at 11:01 am
Salve mi provo a dire qualcosa sperando di non derapare..
Devo dire che trovo interessante quella che, almeno in apparenza, definisco la rigorosità dell’argomentare di Nello. Mi affascina perché cerco ‘lo stare sull’argomento’ da sempre… e non lo trovo (sigh!!)
Però il ‘come’ di quell’argomentare mi lascia senza pace, e sicuramente disturbato.
Veramente. Scrivo queste righe con sincerità: quale la relazione/tensione tra l’essenza del dire e il il suo come ?
Ottobre 4th, 2010 at 11:09 am
Ma cosa mi tocca sentire, in un blog zen, dove la sanno tutti più lunga del diavolo… C’è qualcuno che vuol rispondere? 500 battute, eh!
Ottobre 4th, 2010 at 11:47 am
Fine della favola: “Così va il mondo”, concludono i fratelli Grimm smentendo malinconicamente la favola. Castelli incantati, streghe e fatine, gnomi e animali parlanti, tutto sparisce in ultimo e resta il “mondo vero”.
“Tutto pappato, – aveva già sulla lingua il povero topo; come gli uscì dalla bocca il gatto fece un salto, l’afferrò e ne fece un boccone”.
Così, nel mondo della favola, va a finire come nel mondo vero. Non è nel mondo vero, infatti, che il povero lupo muore ammazzato e Cappuccetto Rosso torna a casa, come tiene a dire il bonario favolista, “felice e contenta”?
Ottobre 4th, 2010 at 11:56 am
Era meglio se stavo in silenzio, nevvero? Forse dovrei prendermi una vacanza e andare in Nuova Zelanda in zona sicuramente off topic
Ottobre 4th, 2010 at 3:55 pm
Per AHR # 125.
Che cosa vuol dire “capire” se non si vive o rivive in proprio, a proprio rischio, quel che c’è da capire? Far parte della VIA CRUCIS della grandezza, del “pigiar l’uva da solo”, quella che conduce alla neikosofia. Ma non vedere la grandezza, scusami, significa non capire veramente nulla, anche quando sembra si sia capito tutto. E peggio per chi non capisce! Ma non lo capiscono soprattutto gli intellettuali. Essi hanno i loro schemi e non possono tollerare che il tuo modo o metodo non vi corrisponda come, secondo loro, dovrebbe. Per fortuna tu non te ne sei mai curato.
Ottobre 4th, 2010 at 4:34 pm
@ homosexual #126
Come dire ‘vano il sapere se non diventa governo della vita’; più o meno, ho ben
capito?
‘Per fortuna tu non te ne sei mai curato.’
del fatto che esistono gli intellettuali?
🙂
I tuoi post mi piacciono, capisco poco ma l’effetto è ‘punk rock’…
Grazie per la risposta.
Ottobre 4th, 2010 at 4:58 pm
Punk rock a hmsx!? Se ti sente Nello sei fritto…
Ottobre 4th, 2010 at 5:55 pm
Non può esserci nessuna pace tra verità e verità.
Solo nell’ACCADEMIE la PAX PHILOSOPHICA è una qualità in cui “tutti” hanno pari dignità di dire la loro.
Non può esserci nessuna pace tra verità e verità, ma ciò vale anche per la verità e la falsità.
Ottobre 4th, 2010 at 7:00 pm
3 words :
It wasn’t complicated, It wasn’t complicated, It wasn’t complicated, It wasn’t complicated
baby its those 3 words that saved my life…
Ottobre 5th, 2010 at 1:31 am
We knew the world would not be the same. Few people laughed, few people cried, most people were silent.
I remeber the line from Hindu scripture: the Bhagavad Gita. Visnu is trying to persuade the prince that he should do his duty, and to impress him takes on multi-armed form, and says: “now I am became Death”; Death, Death…
The destroyer – of the Worlds.
Ottobre 5th, 2010 at 2:22 am
I valori non sono una legiferazione arbitraria in base alla forza ma conquista di nuovi gradi dell’essere; l’altruismo è ipocrisia o errore o debolezza e l’egoismo virtù; la moralità non è concentrazione e incremento di vita ma contro natura: non libera creazione e bellezza ma impoverimento, falsificazione, necessitoso accomodamento alle condizioni d’esistenza.
Ottobre 5th, 2010 at 7:00 am
Prendo coraggio perché tutta l’esperienza ne attesta l’esistenza, come forza tra le forze, che come tale produce determinati effetti. Questa forza ha fondamento perché forza e fondamento non si possono dissociare.
Il coraggio agisce in modi sempre diversi ma rimane sempre lo stesso, dunque è stabile. Ma ciò che è stabile e ha fondamento non si regge su niente; cioè il suo fondamento è interno, viene dall’interno e non dall’esterno.
Se poi cercate una base su cui il coraggio si regge eccola: l’essere umano (che ne dispone come dote originale della specie).
PS: è sufficiiente o vi divertite troppo a svergognare IL + VILE tra uomini?^^
NB. C’ò preso gusto.
Ottobre 5th, 2010 at 9:46 am
Ho visto che ci avete preso gusto. Ma il troppo stroppia. Basta, grazie.
Ottobre 5th, 2010 at 12:26 pm
C’è un nesso con il mio quesito? o siamo passati oltre? scusate ma sono confuso… grazie
Ottobre 5th, 2010 at 12:50 pm
Mah, passati oltre è già troppo. Penso neanche quello.
Vi sono due elementi in gioco. Il primo riguarda il senso di “sapere” nell’espressione “sapere di che cosa si sta parlando” il secondo riguarda lo spirito, l’animo con cui si parla. Sarebbe bene fossero presenti ambedue gli elementi (sapere nel modo giusto e parlare con spirito giusto, per riassumere senza finezza) quando si parla. Al primo si può anche rinunciare, al secondo no. Nel caso manchi il primo elemento c’è modo di rimediare. Se manca il secondo no.
Ottobre 5th, 2010 at 5:30 pm
Il peccato contro lo spirito, l’unico non ri-mediabile… però ce ne si può almeno vergognare…. xxxxxxx (le x al posto di numerose faccine ridipiangenti, che continuo a non saper inserire)
Ottobre 5th, 2010 at 5:55 pm
Hey, hey, you, you,
I can see the way, I see the way you look at me
And even when you look away
I know you think of me I know you talk about me all the time
again and again and again and again and again
So come over here and tell me what I wanna hear
i a second you’ll be wrapped around my fingers
cuz i can cuz i can do it
better
No way No way
Ottobre 5th, 2010 at 6:07 pm
… poi ci sono le eccezioni.
Ottobre 5th, 2010 at 6:24 pm
Però, in generale, c’è differenza tra l’ironia e il dileggio.
Il primo è espressione di “leggerezza” e possibile strumento di svelamento dell’errore nel colloquio: uno strumento che favorisce il dialogo;
il secondo è espressione di arroganza intellettuale e portatore inevitabile di astiosità: praticamente un costruttore di muri.
Ottobre 5th, 2010 at 6:36 pm
Capisco, però così siamo già un paio di passi più avanti. Per esempio: a dileggio associ lo “spirito sbagliato” e a ironia… ? Ma se uno s’offende di fronte all’ironia, il dialogo è andato. Poi occorre un arbitro con i controcosi per stabilire se il dileggio, lungi dall’essere giustificato da un comportamento inutilmente ridicolo, non è che arroganza intellettuale. Insomma, conversando si può dire cruda, cotta o…
In generale c’è differenza tra ironia e dileggio.
Ottobre 7th, 2010 at 10:34 am
Le scimmiette passano tranquillamente il tempo sull’albero a spulciarsi a vicenda. E’ un servizio. Se poi arriva qualcuno che vuole giocare a chi ce l’ha più lungo, beh…un po’ lo ignorano, un pò ironizzano, poi lo dileggiano.
Dove sta l’arroganza?!
Ottobre 7th, 2010 at 10:54 am
Scimmiette, dici. Vabbe’. Passami la spazzola, dai.
Ottobre 7th, 2010 at 10:54 pm
Per mym #119, (e #103…),
Carissimo, nel tuo #103 affermi su di me:
“Ora, i tuoi interventi hanno una spiccata caratteristica, sono molto affermativi. Non è male di per sé, potrebbe diventarlo se tu pretendessi che qui si facesse come decidi tu. Le pretese hanno un retrogusto di scocciatura.”
Cui io rispondevo in #115:
“senti, io non so se la tua vita sia un giocare continuo che di per sè non sarebbe male. Potrebbe diventarlo se tu pretendessi che si faccia tutti al tuo modo…”.
Ho usato il tuo stesso approccio, ti ho fatto da specchio, pensavo fosse abbastanza chiaro…Questo a ribadire che QUI E ORA E’ DIVERSO PER OGNUNO.
Se non si è in grado di STARE su questo piano, non può esserci nessun dialogo di nessun tipo.
Questo a ribadire che NON ACCETTO alcuna critica sulla mia persona, ovvero, STARE sugli argomenti, se qualcuno non li trova sono problemi SUOI.
Dire a qualcuno: “Bisogna anche capire di cosa si sta parlando”, si è già sul piano personale che in genere rifiuto. Se poi mi gira, posso anche rispondere sullo stesso piano dell’interlocutore.
So muovermi su più piani dialettici.
Per dire a qualcuno: “Bisogna anche capire di cosa si sta parlando”, sarebbe corretto dimostrare con gli argomenti in corso, cosa potrebbe non avere capito. Questo, per me, è STARE sugli/negli argomenti.
Dire a qualcuno che non capisce, che ferisce lo spirito altrui, che è questo e quest’altro, e quell’altro ancora, lo trovo grave e assolutamente estraneo a qualsiasi comportamento buddhista.
STARE.
Saluti.
Ottobre 7th, 2010 at 11:20 pm
Per AHR #123,
penso di averti “disturbato” troppo poco, dovrei molto di più…
Tu, (e chiunque), dovresti assolutamente rivolgere lo sguardo all’interno.
Il mio “come”, non ti riguarda. Se dovesse riguardarti, STAI su quanto riguardante.
Non sbagli mai.
Se, il riguardante, non ti fosse chiaro, chiedi e ti sarà risposto.
Anche chiedere, ovviamente, richiede, STARE.
Saluti.
Ottobre 8th, 2010 at 11:21 am
Caspita, una gragnuola. Ciao Nello, bentornato. Grazie al cielo non pensavo che il buddismo sia legato al lasciare stare.
Ottobre 8th, 2010 at 11:23 am
Bentrovati a tutti.
Leggo con interesse il vostro blog da un pò di tempo e solo ora ho sentito la necesità di intervenire.
Mi piace il modo garbato ed ironico con cui Mym tiene le fila di commenti che spesso faccio fatica a seguire (ma è senz’altro un mio limite).
Devo invece dire che mi turbano i modi di Nello.
Forse mi toccano in modo particolare perchè ho frequentato anch’io Fudenji e mi sembra di riconoscere nel modo di interloquire di Nello quell’atteggiamento sprezzante/disprezzante nonchè poco accogliente e rispettoso delle sensibilità altrui che mi ha fatto allontanare (insieme ad altri atteggiamenti su cui preferisco soprassedere).
Mi dispiace per la nota polemica ma dopo un pò che ascolto sento il bisogno di dirlo…
Ottobre 8th, 2010 at 12:02 pm
Salve a tutti.
@Nello #145
Grazie per il tuo contributo.
1)
‘Dire […], che ferisce lo spirito altrui, che è questo e quest’altro, e quell’altro ancora, lo trovo grave e assolutamente estraneo a qualsiasi comportamento buddhista.’ PERCHE’ ?
2)
‘quale la relazione/tensione tra l’essenza del dire e il il suo come ?’
questa era la mia domanda, puoi chiarirmi meglio la tua risposta ?
Ciao
Grazie
Ottobre 8th, 2010 at 12:41 pm
Hu hu!.. Abbiamo già ipostatizzato il ‘comportamento buddista’: che bello! ci mancano il leader e la bandiera, e siamo praticamente pronti per la pugna! In riga! Hop, due! hop due!
Partire per la tangente, altro che stare!
Ottobre 8th, 2010 at 7:55 pm
Non si può costringere a cambiare chi ormai non può più essendo definitivamente divenuto: chi garantisce per tali menti, e, in particolare, per le loro logiche?
La logica è affermativa e la sua meta suprema è l’autoaffermazione. Ma come macchina per affermare è uno strumento, e in quanto tale divenuta. Serve a rendere pensabile la realtà, non a coglierla con il pensiero.
La verità, infatti, non è una meretrice che si getta al collo di chi non la desidera, ma una bella così ritrosa che neanche chi è disposto a sacrificare tutto può essere sicuro dei suoi favori.
Ottobre 8th, 2010 at 7:56 pm
PS: se homosexual STESSE in un cesso – chiuso a chiave – con uno come nello lo lascerebbe a terra sanguinante. Per lui sarebbe un’applicazione protocollare della nobile verità del Buddha; oppure il dolore si attiva dialetticamente e, non è più sofferto, si apprende leggendolo?
Puah!
NB: e non si fanno distinzioni di sesso, razza,religione.
Ottobre 8th, 2010 at 7:58 pm
Per il fatto che la ragione non può esaurire il reale, si pensa che non possa coglierlo. Per il fatto che lo coglie in modo umano, si pensa che lo colga falsamente. E per il fatto che non può cambiare le cose così come sono, si grida che è inutile. E, qui, aggiungerò un’ulteriore precisazione: per il fatto che la ragione non è in grado di cogliere il reale negli ultimi principi, non si può negare che il reale sia razionale, anzi..
Ottobre 8th, 2010 at 8:00 pm
Cercate arroganza intellettuale, dileggio, maleducazione? A parte # 52,#66,#67 etc.etc.?! Ok:
>per homosexual, non sono un medico e non posso fare niente per te. non abbiamo nulla da dirci quindi rivolgi pure la tua mira altrove.
Perché mai una mente ‘disturbata’ e ‘criminale’ come quella di HMSX dovrebbe obbedire? Quasi-quasi non obbedisce…
NB. Davanti a chi non riconosce l’uomo nobile non c’è nessuno (e anche se lo riconosce non significa niente).
La cecità del cieco dimostra e dimostrerà sempre la potenza del sole che fissò; ed è difficile, scomodo e seccante essere un sole e venire riconosciuto come una candela.
NVB.Un’altra sparata ut supra e ci sentiamo agli inizi di novembre per l’ADDIO (ORDINE SUPERIORE – è da un po’ che mi pressano e lo sai).
PS:Ah,’niente paura’, ‘nessun pericolo per te’, – parapaqueque – cosa c’è da perdere? – 3 libbre di lino? Esagerato! – Appena 21grammi…
Ottobre 8th, 2010 at 8:08 pm
Per AHR # 147.
La storia è così:
1. A 6 anni pianoforte;
2. A 15 anni chitarra;
3. A 17 anni basso.
_Che volete?_, nessuna è perfetta.^^
…
Hey,hey, di perfetta non c’è nessuna…senti,senti (e chi ha orecchi intenda)
Ottobre 8th, 2010 at 8:55 pm
Vai Nello: spargi sale sulle loro ferite. Il medico pietoso fa la piaga cancrenosa…
Ottobre 8th, 2010 at 11:34 pm
Per mym #146 e #154,
non è importante che per il buddhismo sia qualcosa o qualcos’altro o ambedue…per me è importante STARE. (punto)
Riguardo il tuo 154…che dire!? Non so se ci sei o ci fai…io non ho NULLA a che vedere e spartire con quanto continui arbitrariamente ad attribuirmi.
Sono problemi tutti tuoi.
Io non ho nulla di cui vergognarmi…per tornare in tema, e il piano personale, ho già detto che lo rifiuto. STARE.
Ottobre 8th, 2010 at 11:59 pm
Per AHR #147,
1)
Perchè esiste un’etica buddhista, una filosofia buddhista, l’Ottuplice Sentiero, le dieci Paramita, i Precetti del bodhisattva, ecc., e tutto questo mi permette di dire quello che ho detto. I Precetti buddhisti non sono cose scritte su un pezzo di carta, ma sono il midollo dei buddha e patriarchi.
Leggiti i Precetti e capirai perchè ho detto quello che ho detto e lo riconfermo.
2)
“L’essenza del dire e il suo come”, sono speculari direttamente all’interlocutore, esiste una reciprocità tra tutti questi fattori (dire – come – soggetto – oggetto…), e la loro interazione è sempre da “scrivere” nell’attimo.
Giusta? Sbagliata?
Poco importa. E’. Sta. Si compie. Entra. Scivola. Coproduce.
Non gli puoi mettere sopra nessun cappello.
E’ inafferrabile.
Ciao
Ottobre 9th, 2010 at 12:15 am
Per doc #148,
il “comportamento buddhista”, speculare a quanto sinteticamente accennato ad AHR, in 1), qui sopra in #156, corrisponde alla libertà, è l’opposto di quello che pensi tu, che se intendi il buddhismo in quel modo, non sei nemmeno in periferia di quanto si sta trattando, sei ancora in zona liminale…
Dovresti approfondire di più…
E ancora, dire che un certo comportamento non sia speculare alla dottrina, non significa ipostatizzarla, cristallizzarla, statuirla in modo ordinario. Negare qualcosa, non necessariamente implica la affermazione di qualcos’altro.
Il buddhismo, è parecchio difficile.
Se anche “partissi per la tangente”, non ti riguarda.
Puoi occuparti solo ed esclusivamente del TUO STARE. Io penso per il mio.
Ciao
Ottobre 9th, 2010 at 12:27 am
Per Isabela #150,
senti, io non ti conosco, tu non mi conosci.
Non mi attribuire ipotetici comportamenti negativi e riduttivi della mia persona.
Tieniteli per te.
Ma che educazione hai?
Come ti permetti?
Chi sei abituata a frequentare?
Ottobre 9th, 2010 at 12:52 am
Per mym #146,
STARE, è l’opposto di “lasciare stare”.
Ottobre 9th, 2010 at 2:22 am
Il Sistema della Volontà di Potenza è orrido, angoscioso, inesorabile, ma veritiero, perfetto, invincibile; altro che immutabilità e indistruttibiltà dell’essere!
PS:sia detto alle orecchie dei 7ini, oops!,..dei ‘severnini’, of course.
Ottobre 9th, 2010 at 2:24 am
I pazzi intelligenti parlano meglio. Il buddismo, è “difficile”; però la Volontà di Potenza è semplicissima! ^^
Ottobre 9th, 2010 at 2:27 am
X Nello (da Isa) #
Non sai che musica sono le TUE parole per le mie orecchie.
@ AHR
Il carattere è più raro della mente.
Forte e appassionato, come piace a me.
PS: oh sugarbabes, please, push the buttom: CANC
NB.E’ come ogni opera della vostra virtù: ancor sempre la sua luce viaggia e va peregrinando quando l’opera è compiuta. E quando non viaggerà più?In questo oceano da un milione di stelle se una si spegne non si vede neanche.
Ottobre 9th, 2010 at 10:58 am
Grazie Nello. Se non ci fossi… forse non ci (mi?) mancheresti però mancherebbe senz’altro qualcosa. Forse il tatàn alla fine dei tuoi commenti.
PS: sono absent sino a domani, fate i bravi per favore.
Ottobre 9th, 2010 at 9:15 pm
Caro Nello, ti voglio bene: perciò alla tua chiamata rispondo.
Mi scuserà l’arbitro se mi dilungo un po’ più del lecito.
Ci siamo già incontrati un paio di volte. In tali occasioni:
1. Non sei stato (57) sull’argomento (53): cosa che però pretendi dagli altri:
2. scientemente (67), cosa che denota una bella mancanza di rispetto nei miei confronti (avrà a che fare con l’educazione?);
3.hai approfittato dell’occasione per esibire una predica non richiesta (57); (sempre l’educazione?)
4. senza neppur usare farina del tuo sacco, ma re-citando i tuoi numi nonchè locuzioni idiomatiche sino-giapponesi (57 e 67) un po’ fruste in verità:
5. di nuovo non sei stato sul tema (69):
6. cercando di mettermi in mezzo (educazione?) a questioni che riguardano te e un tuo amico (69);
7. intrufolandoti in un dialogo tra me e Jf (62, 63) (educazione?)
8. hai tentato il colpo ad effetto (69) sbagliando mira con effetto boomerang, visto che non fui io a tirare in ballo lo Stato, ma casomai qualcuno che richiede dei ‘riconoscimenti’, e che tu sostieni per motivi che non voglio minimamente conoscere (52);
9. non hai manco vagamente colto il senso della mia risposta (70 etc ).
Non sto a contare gli altri post in cui anteponi concetti ed espressioni idiomatiche ad una viva dinamica di relazione tra gli esseri, tra i cuori. Cosa di per sé molto triste, almeno ai miei occhi. L’infanzia dello zen in occidente.
Non ho potuto fare a meno di notare quanto ti piaccia dire agli altri cosa e come dovrebbero fare (esplicitamente 102, 115, 144, 145;157; implicitamente tanti altri).
In sintesi: ti ho ripetutamente offerto una relazione, ma hai preferito giocherellare con concetti e slogans culturali.
Caro Nello: io ti vedo, ma tu non vedi me. Perciò oggi mi è ‘toccato’ venire sul tuo terreno. Continuando ad usare il tuo registro – chissà che così tu riesca a sentirmi – ‘devo’ quindi dirti che ‘dovresti’ cessare, almeno per qualche tempo, l’ossessione di ‘dover’ restituire i soldi dei sandali di paglia: e bere invece almeno qualche sorso dell’acqua che sgorga liberamente e gratuitamente. Magari ti calmi un po’.
Un’altra cosa: i libri non dico di bruciarli: no, troppo teatrale. Ma… e prendersi una vacanza, che so, una gita nei boschi? provare a sorridere?
Comunque, fin che coltivi arroganza e presunzione, e discrimini a manetta tra risvegliati (tu) e non (tutti quelli di questo blog, direi almeno), farai benissimo a non cercarmi e a pensare solo per te…. Per te, non so fare di più.
Ottobre 9th, 2010 at 10:10 pm
Per mym #163,
“Se non ci fossi…”, ci sarei lo stesso…
Il “tatàn alla fine dei miei commenti”, è speculare alle idee preconcette che albergano dentro alla testa delle persone …c’è chi ride o prova a far ridere…c’è chi fa altro…
Qui e ora è, e sarà sempre diverso per ognuno.
Ottobre 9th, 2010 at 10:47 pm
Per doc #164,
Senti, ho già avuto modo di dire e ridire che parlare su un piano personale non mi interessa.
Quello che hai scritto è il tuo vero ritratto. Proprio il tuo. E il terribile e demoniaco insieme, è che tu pensi sia “altro” da te…Poveretto.
Non ho mai cercato nessuno e meno che meno chi mi produce sbadigli su sbadigli (cerco di stare “sveglio” più che posso).
Buona fortuna.
Ottobre 9th, 2010 at 11:15 pm
Hai ragione; lo so, infatti conosco la vergogna.
A te invece rischia di venire il naso più lungo, a dire le bugie.
Ottobre 9th, 2010 at 11:40 pm
Deontologia del blog
1. Il blog è un libero spazio di discussione aperto agli interventi sugli argomenti in corso.
2. La discussione/dibattito, avviene per mezzo di argomenti.
3. E’ bene non scambiare/confondere gli argomenti con le persone che li propongono o sostengono, qua sopra, essi (gli argomenti), hanno una vita loro.
4. Eventuali rilievi personali, potranno avvenire solo ed esclusivamente attraverso gli argomenti e MAI supponendo, ipotizzando, criticando, offendendo la persona che interagisce con essi.
5. Sarebbe buona norma usare un registro linguistico “tradizionale”, per poeti, lirici, teatranti, apprendisti attori, comici, cantautori, anglocultori…ecc., esistono appositi blog.
Si potrebbe continuare a lungo, tuttavia, un punto dovrebbe essere irrinunciabile, questo: lo STARE sugli argomenti.
Ogni argomento è ovviamente illimitato come Pratityasamutpada, anche se quanto appare, qualcuno lo vede o stravede solo in parte, e gli sfugge lo “sfondo”.
Ottobre 9th, 2010 at 11:58 pm
148 🙂
Ottobre 9th, 2010 at 11:59 pm
Orwell; 1984. Non l’ho mai letto, che vergogna!
Però ho letto La collina dei conigli.
Ottobre 10th, 2010 at 9:55 am
Ho letto così pochi libri che son certa di pensare ancora con la mia testa. ^^
“Vi sono tate aurore, che devono ancora risplendere”.
RigVeda, LIBRO PRIMO # 89.
Ottobre 10th, 2010 at 9:57 am
Mi ha spezzato il cuore scoprire che ciò che avevo elaborato con il mio dolore e il mio sangue (una cura adeguata alla decadenza della nostra epoca) è stata una involontaria preparazione alla barbarie che si è poi abbattuta sull’Italia, che dico? Sull’Europa e sul mondo!
La mia difesa, se può essere tale, consiste nel riconoscere i miei errori, eppur “la mia freccia scoccò verso il cielo aperto, ornata di
bellissime piume, da qualche parte ha colpito”.
Hu hu!..
Ottobre 10th, 2010 at 10:00 am
Non è la forza in quanto misura di forza, quantità, che dà gioia, ma la forza in quanto qualità, ossia l’indicibile, l’inebriante, l’estasiante essenza della vita. La realtà, infatti, è forza autoconservantesi in infinite modulazioni: realtà, perfezione e forza d’esistere sono la stessa cosa. Perfezione – in termini di scuola – è l’essenza di qualsiasi cosa in quanto esiste ed opera in una certa maniera, senza tener conto della sua durata; ergo conservazione non significa restrizione della forza, ma forza in espansione (o in perdita) per sovrabbondanza.
VB:per un’ora di A non so che farei – chiudo gli occhi: le serate non finiscono mai; sole giallo, mare blu.
Ottobre 10th, 2010 at 6:00 pm
Il “ragionamento” è usato soltanto per controbattere, secondo il loro proprio principio, i ragionamenti sbagliati altrui, accampando personalmente non un’esigenza metafisica ma un’esigenza di semplice igiene intellettuale, dettata dall’amor per la vita quasi come l’igiene del corpo è dettata dalla persona che si ama dell’altro sesso. Dico bene?
Allora l’amicizia, come la generosità, DIE WAHRE LIBERALITaT, consiste nel riconoscimento – e chi preferisce il salto nella disonestà alla verifica del proprio atteggiamento iniziale non merità perché non merita, e basta.
Ottobre 10th, 2010 at 6:06 pm
Sì. La bellezza risiede in quella parte delle opere che, diversa dai concetti, ha a che fare con l’intuizione, cioè nel linguaggio, nello stile.
Am i the same GI??? ^^
Ottobre 10th, 2010 at 6:06 pm
Per me non è solo questione se merita o non merita. La sfida più è ardua più attizza, certe volte.
Son tornato, e vi tengo d’occhio. Tra l’altro adesso abbiamo il quinqualogo della deontologia del blog: finalmente qualche regola da trasgredire. Non se ne poteva più di tutta ‘sta libertà
Ottobre 10th, 2010 at 6:09 pm
Rifuggo dalle dimostrazioni in quanto tali. Non che non mi piacciano o non le voglia; non le voglio in una determinata forma, che in genere è la loro forma tradizionale, ma le voglio in un’altra forma, incluse in una forma personalizzata. Non è un cattivo accorgimento di stile perché conferisce al PATHOS della responsabilità. Per quanto importanti siano i metodi, infatti, più importante ancora è la forza che c’è sotto, il genio, che più del metodo decide del valore e del destino di N.
– Capire – è approvare? –
NB. In un cero senso la nostra epoca è matura (cioè décadent), come lo era l’epoca del Buddha…
Per questo è possibile una cristianità senza dogmi assurdi…
Ottobre 10th, 2010 at 6:17 pm
La libertà morale conseguibile con idee adeguate che sono assolutamente vere hanno valore di realtà. Conoscere la mia relazione con me stessa e con il mondo esterno, questo io chiamo verità: è così ciascuno può avere la sua propria verità e tuttavia essa è sempre la stessa.
Ottobre 10th, 2010 at 6:27 pm
(@ 177) No, capire non è automaticamente approvare. Ci mancherebbe!
Ottobre 11th, 2010 at 6:00 am
[@ 178 (è_e) ^^ .
‘io’ (e che argomento) = la ragionevolezza e il realismo nell’assurdità o almeno nell’impennata fantastica, la delicatezza nella violenza, l’avvedutezza nell’ingenuità, l’equilibrio nell’unilateralità e nell’eccesso, l’immoralismo nel furore di generalizzazione, il naturalismo nel misticismo..e off topic!
PS: Ma quando finisce il mese di tipanec?!?
Ottobre 11th, 2010 at 6:10 am
(@179) Exactly. L’amore della vita è amore, non moralità, ma nello stesso tempo è la più alta moralità possibile, tanto più quanto è involontaria. Non è cecità, non è incoscienza. La moralità ragiona, e si ragiona; l’amore non ragiona, e non si ragiona. La ragione al suo meglio, infatti, non è che un’ombra dell’amore e ne proviene..’al di là del bene e del male’.
Ottobre 11th, 2010 at 5:50 pm
Il mese di tinapec? Oooh, noo. Che disastro! Ogni volta che lo si nomina o se ne scrive il nome la sua durata aumenta di un’intera sleppa. Non so se mi spiego
Ottobre 11th, 2010 at 5:55 pm
Il principio di ragion sufficiente è il solo portatore di ogni e qualunque necessità. Giacché la necessità non ha nessun altro vero e chiaro senso se non quello della immancabilità della conseguenza una volta che si sia posta la ragione.
‘Migliorare’? Uno stimolo per andare al cesso…
Ottobre 11th, 2010 at 5:56 pm
J – Cade la pioggia..questa passione passata come fame ad un leone, me lo ricordo bene.
NB. Pensa che per dire ‘fatte er mac!’ ha scritto un ‘concept album’. In effetti da quando l’ho comprato (10 days ago) miglioro ogni giorno che passa. E’ da aprile che ho il desiderio di gettare dalla finestra il W7 comprato a marzo (2010).
Finale: non difendo nessunO…^^ ONLY 4 U
TB: ma vi rendete conto che ho appena iniziato?
Ottobre 11th, 2010 at 6:10 pm
Non è carino fare aspettare le signore. Possibile che il grafomane non abbia scritto due righe per me? Che fa?Piange tra le sottane di ‘mammà’ perché ha paura del ‘tatatata’?
Ma dove scappa, non c’è modo di fuggire…
E’ la classica storia da figlio dei P…Bello X factor.
(e spesso ho trovato nel figlio il segreto rivelato del padre)
Ottobre 11th, 2010 at 6:25 pm
Mara e Isabel, svp, saltate un giro altrimenti chissà che QUALCUNO non pensi che siate grafomani
Ottobre 12th, 2010 at 12:00 am
Nella geometria cartesiana le quantità discontinue (i numeri) sono rappresentate da quantità continue (le linee). In tal modo si chiarisce la brevità del simbolismo algebrico e la rappresentatività della geometria che, svincolata dalla dipendenza dell’immaginazione in quanto algebrizzata, consente una rappresentazione visiva della notazione algebrica altrimenti puramente formalistica.
Tuttavia è [—] perché è —; infatti…
Ottobre 12th, 2010 at 12:02 am
La dico io.
http://www.youtube.com/watch?v=14ABu_msibM
Tiè!
Ps: troppo avvenente per la comicità. Ah, le X mettetele dove volete. ^^
Ottobre 12th, 2010 at 12:05 am
Bambina impertinente. Hanno diritto al periodo lungo solo gli uomini che hanno anche nel parlare un fiato lungo; nei più, il periodo è un’affettazione.
PS: ma dove lo trovate un BRAVO + BRAVO di HMSX?
Ottobre 12th, 2010 at 4:49 pm
(@ 187) Temo sia il contrario. Ma la sostanza non cambia. Il punto, senza dimensioni spaziali, in quantità infinite forma lunghezze infinite.
Ottobre 12th, 2010 at 10:21 pm
Già. E’ [-] perché è – – – .
“Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la OSSERVANO” Luca, 11, 27, ecc.
Mi prendo la libertà di scordarmi di me. Dopodomani sarò ancora a casa con me. ‘Notte.
Ottobre 14th, 2010 at 8:37 pm
ah sì, ne avevo uno anch’io!
Ottobre 14th, 2010 at 8:46 pm
… e a proposito di libri:
http://www.baglioridautore.com/Programma/hp_programma.htm
Ottobre 14th, 2010 at 8:59 pm
E se lo sbatti sul tavolo o lo getti a terra, non si rompe e continua a funzionare!
Ottobre 18th, 2010 at 9:05 pm
mi ricorda lo stupore di un bambino belga che vedeva un vecchio monaco battere a macchina su una Lettera 22: “Papà, c’est extraordinaire! Un ordinateur avec imprimante incorporée!!!”
Ottobre 19th, 2010 at 8:14 pm
Inoltre il libro è vantaggioso rispetto a un cane (non sporca, non morde), a una bomba nucleare (al massimo, ti schiaccia un dito), alla pioggia (non ti bagna), al sole (non ti fa venire il cancro alla pelle), alla droga (un’overdose di lettura ti fa venire un lieve mal di testa, nulla più), al sesshin (puoi leggerlo nella posizione che preferisci).
Ottobre 20th, 2010 at 5:55 am
La vacanza ideale = libri + musica + stimolanti.
Ho riletto Don Chisciotte della Mancia: nessun editore oggi lo pubblicherebbe. Molti episodi sono ripetuti fino allo sfinimento e l’originale spagnolo è zeppo d’errori d’ortografia.
Ah, già, Cervantes era in prigione quando lo scrisse…e se gli “errori teoretici” fossero causati dalle interferenze pratiche?
Ottobre 20th, 2010 at 6:00 am
X dhr # 4.
I don’t think so. Hai una bella pretesa a negare certe forme di conoscenza “svantaggiose” o “scomode”.
Molti (troppi!) negano la conoscenza e poi non esitano a spiccare cambiali sulle umili percezione dei sensi, ad attribuire loro valore assoluto e definitivo. Non sarebbe meglio nutrire qualche dubbio anche in senso positivo su ciò che non si conosce?
Ottobre 20th, 2010 at 7:00 am
Ah, i viziosi e i dissoluti..e la loro deprimente influenza sul VALORE DEI DESIDERI!
Ciò che gli uomini della potenza e della volontà possono esigere da se stessi offre il criterio di ciò che possono concedere a se stessi. Tali nature sono l’opposto di quelle viziose e dissolute: anche se in circostanze particolari avvengono cose per le quali un uomo di poco conto sarebbe incolpato di vizio e smoderatezza. Qui il concetto dell’ “ugual-valore-degli-uomini-di-fronte-a-Dio” è straordinariamente dannoso: si vietano azioni e sentimenti che, in se stessi, fanno parte delle prerogative dei forti,- come se fossero in sé indegni dell’uomo. Si getta discredito su tutte le tendenze dell’uomo forte, ponendo come criterio di valore i mezzi di difesa dei più deboli (i più deboli anche verso se stessi). La confusione arriva al punto che proprio i grandi VIRTUOSI della vita (la cui padronanza di sé rappresenta il contrasto più stridente con i viziosi e i dissoluti) vengono bollati con i nomi più oltraggiosi. Ancor oggi si ritiene di dover condannare un Baudelaire o un Jim Morrison: questo è semplicemente ridicolo (perdona la lungaggine).
Ottobre 20th, 2010 at 7:20 am
………… un libro è vantaggioso anche rispetto a hmsx: un libro lo puoi bruciare in giardino. con la gente, adesso è vietato…
😀 😀 😀
Ottobre 20th, 2010 at 12:50 pm
Quoto dhr (e anche louis). Bisogna intendersi sul concetto di funzione del libro: ad es. conservo come una reliquia il libro “Teologia morale” di Giuseppe Mausbach ed. paoline (la copertina è ancora impregnata del sangue di un ex coinquilino veramente str..ano a cui ho rotto il naso). Potrebbe essere un’idea per la prossima visita pastorale di razy. Ho un paio di bibbie a copertina rigida.. se mi posiziono a 10-20 metri lo stendo di sicuro.
(si scherza lor signori, un po’ di ironia)
PS: ho scoperto di recente una cosa sul suono della lingua tedesca da scompisciarsi dal ridere – làlàlà.
Ottobre 20th, 2010 at 7:57 pm
Ok, se nessuno lo vuole sapere…
PS: onde evitare bufere – scherza coi fanti… – preciso che Gesù, a mio modo, l’ho imitato nella cosa più difficile: il sacrificio di sé. Di più, l’ho integrato; giacché “io sono l’amore” avrebbe solo dovuto dire, non anche “io sono la verità e la via”. Non lo era, all’infuori dell’amore. Per questo detesto le “imitatio Christi”.
Ottobre 20th, 2010 at 8:00 pm
NB. Nell’es. di cui al # 9 ho agito solo per amor di scienza, non per cattiveria. Tizio dissentiva dal fatto che il prossimo, inteso come centro propulsore verso di me, e di me verso di lui,- sul quale insiste tanto il cristianesimo – nella quotidianità non lo si trova più: il prossimo non è più percepito come un centro per cui uno deve operare (quod demostrandum erat).
Ad ogni modo rimane il merito di Gesù di aver dato ai poveri e agli oppressi una buona ragione… per morire! Fino al 313, infatti, dirsi cristiani significava andare incontro a persecuzioni, torture etc. Oggi, invece, è comodissimo e, con gli agganci giusti, si può ricevere la comunione anche se si ha un harem e si è divorziati. (chiudo)
Ottobre 21st, 2010 at 8:03 am
Hmmm… ‘Stasera torno alla base. Ci risentiamo.
Ottobre 21st, 2010 at 11:47 am
Caro Mauricio Marassi
Mi chiamo Wiliam Farnesi e sono un documentarista brasiliano che vive da dieci anni a Torino.
Ho un progetto di film su essere buddista e cristiano allo stesso tempo seguendo l’opera dello scrittore greco Kazantizakis. Volevo inviarvi la sceneggiatura e ho già scritto a padre Luciano Mazzocchi
E un progetto di un film autogiografico, naif e lirico che volevo molto girare a Torino, Roma, Grecia, Brasile e Francia.
Per ora come partner ho l’Association Internationale des Amis de Nikos Kazantzakis di Ginevra.
Sto cercando altri partners. La stella del mattino o Vangelo e zen potevano essere partner di questo progetto? O qualche altro organismo che lavora con l’interreligiosità? Possiamo iniziare un dialogo?
Il mio telefono è 340-2502109.
In questi dieci anni ho fatto una dodicina di video che hanno partecipato dei festival di Torino, Bellaria, Maremma, Mantova, Sulmona, Alba, Mostra del film arabo di San Paolo, in Brasile e Ecofilms, di Rodi, in Grecia
Ecco una sinossi di questa idea:
Quasi tutto il film si passa con delle passeggiate attorno al fiume Dora al Parco della Pellerina, il più grande parco di Torino, e con delle 10 canzoni brasiliane composte per questo film. Brani dei romanzi di Kazantzakis compaiono in queste passeggiate oltre a performance di teatro-danza. Il montaggio é alternato con una performance a Roma di due artisti di strada e un burattino che distribuiscono delle poesie di Fernando Pessoa sulla spiritualità filmate in super-8. Il film comincia in Brasile nella tenuta della scrittrice Hilda Hilst che dopo aver letto “Rapporto a El Greco” ha cambiato vita lasciando la città per la campagna. La fine del film è tra la Creta di Kazantzakis con la visita al suo tumulo dove si legge “non aspetto nulla, non temo nulla, sono libero” e tutto il percorso del fiume Dora della sua nascita in Francia fino al fiume Po a Torino.
Grazie infinite
Wiliam
Ottobre 22nd, 2010 at 7:20 am
Per dhr # 8.
L’arte di NON leggere è molto importante; nella maggioranza dei casi il furore di leggere libri esprime una specie di fuga vacui. Il dotto pone tutta la sua energia nel dire sì e no, nella critica del già pensato – egli stesso non pensa più…L’istinto di autodifesa si è rammollito; diversamente si rivolterebbe contro i libri. L’ho visto con i miei occhi: nature dotate, ricche e nate per essere libere “ammazzate dalla lettura” già a 30 anni, ridotti ormai a fiammiferi che bisogna strofinare perché diano scintille – “pensieri” -.
Leggere un libro di prima mattina, al giungere del giorno, nella piena freschezza, nell’aurora della propria forza, questo io lo chiamo vizio! ^^
Ottobre 22nd, 2010 at 10:09 am
Grazie. Se ti pare cosa tienmi un posto, non troppo lontano, non troppo vicino.
A proposito, ti ricordi? E qui ci siamo (quasi) tutti.
Ottobre 22nd, 2010 at 11:00 am
Ciao Daidone, grazie.
Ci si trova, senza fretta, senza indugio.
Ottobre 22nd, 2010 at 11:14 am
….arrivederci Daido.
Ottobre 22nd, 2010 at 1:50 pm
Arrivederci vecchia quercia !
Ottobre 22nd, 2010 at 2:06 pm
Grazie Daido
in cammino
in pace
Ottobre 22nd, 2010 at 6:32 pm
Sei arrivato prima anche lì, zio Max. Grazie del tempo passato insieme.
Ottobre 22nd, 2010 at 10:00 pm
Mi unisco al cordoglio di voi tutti.
La scomparsa fisica di una persona rimanda sempre a un aspetto fondamentale dell’esistere stesso che è l’Impermanenza.
Questo induce alla riflessione relativa all’urgenza del non sprecare il tempo, quindi, essere-tempo.
Un Dai shin darani per Daido e sanpai.
DAI HI SHIN DARANI
NAMU KARA TAN NO TORA YA YA NAMU ORI YA BORYO KI CHI SHIFU RA YA FUJI SATO BO YA MOKO SATO BO YA MO KO KYA RUNI KYA YA EN SA HARA HA EI SHU TAN NO TON SHA NAMU SHIKI RI TOI MO ORI YA BORYO KI CHI SHIFU RA RIN TO BO NO MU NO RA KIN JI KI RI MO KO HO DO SHA MI SA BO O TO JO SHU BEN O SHU IN SA BO SA TO NO MO BO GYA MO HA TE CHO TO JI TO EN O BO RYO KI RU GYA CHI KYA RYA CHI I KIRI MO KO FUJI SA TO SA BO SA BO MO RA MO RA MO KI MO KI RI TO IN KU RYO KU RYO KE MO TO RYO TO RYO HO JA YA CHI MO KO HO JA YA CHI TO RA TO RA CHIRI NI SHIFU RA YA SHA RO SHA RO SHI RI SHI RI SU RYO SU RYO FUJI YA FUJI YA FUDO YA FUDO YA MI CHIRI YA NORA KIN JI CHIRI SHUNI NO HOYA MONO SOMO KO SHIDO YA SOMO KO MOKO SHIDO YA SOMO KO SHIDO YU KI SHIFU RA YA SOMO KO NORA KIN JI SOMO KO MO RA NO RA SOMO KO SHIRA SU OMO GYA YA SOMO KO SOBO MOKO SHIDO YA SOMO KO SHAKI RA OSHI DO YA SOMO KO HODO MOGYA SHIDO YA SOMO KO NORA KIN JI HA GYARA YA SOMO KO MO HORI SHIN GYARA YA SOMO KO NAMU KARA TAN NO
TORA YA YA NAMU ORI YA BORYO KI CHI SHIFU RA YA SOMO KO SHITE DO MODO RA HODO YA SO MO KO
Ottobre 22nd, 2010 at 11:58 pm
Ciao Maestro DaiDo!Ora che sei Tutti Noi!Un Abbraccio!
Luca Demetrio e da Parte di tutti i Pokemon!
Ottobre 23rd, 2010 at 1:44 pm
Bravo, to you Daido! (Now I’m going to have a drink.)
Daitsu Tom
Ottobre 24th, 2010 at 12:25 am
caro daido,
tante risate,tante riflessioni,tante prove di vita, e…tanti bicchieri insieme, mi mancheranno…..ma grazie per quelli avuti !!!!!!
Ottobre 24th, 2010 at 5:43 am
Per doc # 171
Nel sogno le sensazioni si trovano in un miscuglio tenacemente inestricabile. E’ vero, ad esempio, che a volte mi senta soffocare, è falso che un leone mi ricorre. Qualcosa di falso, che abbia scritto un’opera lirica, richiama qualcosa di vero: che NON sono una virtuosa della chitarra. Imbarazzante. Nonostante i lunghi anni d’esercizi non ce la faccio proprio a muovere le dita sulla tastiera del manico; al massimo potrei essere una seconda chitarra, che vergogna!
Ottobre 24th, 2010 at 5:44 am
Quando un giovane vuole liberarsi di una pressione insopportabile spesso ricorre all’hascish. Ebbene HMSX ha avuto bisogno di Morgan. Morgan è l’antidodo contro tutti i musicisti italici, un veleno, non lo contesto…- Ah, povera Italia! Una volta era la patria del bel canto.. – Oggi i musicisti nostrani, salvo eccezioni, fanno musica come occasione per assumere pose “interessanti” silicet istrioniche, ma così non pensa nessun musicista! Aggiungo allora una parola per le orecchie più sottili, ciò che IO voglio dalla musica: che essa sia gaia e profonda, strana, sfrenata, tenera, una piccola donna dolce, piena di malizia e di grazia…un po’ come hmm..
Ottobre 24th, 2010 at 7:25 am
E’ decisivo che la cultura inizi dal posto giusto – NON dai libri, ma dal corpo, dall’atteggiamento, dalla dieta, dalla fisiologia, il resto segue…E’ un impegno a vivere tra persone che non si lasciano andare e sanno quel che occorre fare e lo fanno.
Personalmente do credito solo ai pensieri nati all’area aperta e che abbiano visto l’intero organismo messo in moto per produrli.
Ottobre 24th, 2010 at 7:26 am
PS: preciso che non è un tentativo di sabotare il thread, semmai il contrario; cioè onorarlo. Vorrei interrompere e invertire quel trend che spinge chiunque a scrivere, insomma mi piacerebbe tagliare le mani a quelli che Schopenhauer chiamava ‘i cacalibri’. Per questo ho fatto voto di non leggere i miei contemporanei. Cosa potrebbero insegnarmi? Indi lotto strenuamente contro i libri di oggi, anche se davanti a titoli come “E se un Dio non ci venisse a salvare?”, o “Intelligenza volse a settentrione” (pensai a qualcosa di simile anni fa anche se poi finii in quel pantano che è il meridione) mi dichiaro vinto e attento lettore.
E’ proprio l’arte più grande quella che ha meno chance di essere riconosciuta (lo so che non è un bel momento ma chi ha una meta e un erede non muore invano).
Ottobre 24th, 2010 at 11:27 am
Caro Nello, perdona l’ignoranza. Mi piacerebbe capire cosa hai scritto al (7). Il fatto di non capire non mi impedisce di partecipare alla tristezza, al dolore di voi/noi tutti.
Ottobre 24th, 2010 at 4:42 pm
大幢さんがなくなったこと
メール届きました
思い出せば芸術家(げいじゅつか)の人でした
一緒に暮らしたのは深い縁があったのです
こんどどのように生まれ変わるのでしょう
「ありがとう」といいたいです 九拝
Mi è arrivata la mail che annuncia la scomparsa di Daido san. Mi torna alla mente il suo ricordo, era un artista. Abbiamo vissuto a lungo assieme (nella stessa stanza) perciò si sviluppò tra noi una profonda relazione. Chissà, poi, se e come rinascerà… Voglio dire: grazie. Nove prostrazioni
Shinryū
Ottobre 24th, 2010 at 4:54 pm
大幢さんの訃報 であったことに、再びおどろきました。
安泰寺で大幢さんといっしょに過ごした日々が思い出されました。
イタリアでの大幢さんの活動を私はあまりくわしく知りませんでした。
肺ガンにかかっておられたのですね。
とても、残念です。
Mi è giunta la notizia della scomparsa di Daido san, mi ha profondamente colpito. Mi sono tornati alla mente i giorni trascorsi assieme ad Antaiji. Conosco poco della sua attività in Italia.
Me ne rammarico
Ichidō
Ottobre 25th, 2010 at 4:31 pm
Sono profondamente addolorato per l’improvvisa scomparsa del Maestro Daido-san.
Durante il mio soggiorno in Milano, lui è stato per me una guida. Ricordo che mi ha anche insegnato a sciare e credo che non potro mai dimenticare la sua estrema gentilezza.
Sono profondamente commosso da questa triste notizia e prego che possiate
superare questo momento con forza e coraggio.
Prego affinche l’anima del Maestro Daido-san possa riposare in Pace.
Vi porgo le mie più sincere condoglianze.
Gassho,
Shuten
Ottobre 25th, 2010 at 5:52 pm
Last Thursday we met Eiju-san at the airport in Paris, and he told us about Daido´s passing away. It was sad news, even so we where knowing about his illness. It is my deep faith that Buddha-Dharma is now taking care of him, and he will stay in our hearts, walking on the WAY together forever.
[…] For the meanwhile I just want to express my affliction to you and Yushin.
heartfelt greetings
L.Tenryu and Laurence
Ottobre 26th, 2010 at 5:40 pm
「このたびストルミア大幢師の遷化の報に接し、禅の国際的指導に生涯を捧げた尊い姿勢と多くの苦労を讃仰するとともに、ご家族ならびに法類そして 門下や、人柄に共感して親交を深めてきた多くの皆様に心から哀悼の意を表します。」前欧州国際布教総監・大本山總持寺祖院監院 今村源宗
Ricevuta la notizia della scomparsa del maestro Daidō, mentre rendo omaggio alla nobile postura e agli innumerevoli sforzi dedicati durante la propria vita come guida internazionale dello zen, porgo alla famiglia, alla comunità, ai discepoli, con personale simpatia a tutti coloro con cui ho stretto vincoli di amicizia le più sentite condoglianze. Imamura Genshū, già sōkan europeo, attuale kannin del Daihonzan Sōjiji sōin.
Ottobre 28th, 2010 at 5:41 am
> Quanto detto finora vuole essere la premessa ad una riflessione obbligata sulla ricerca della “chiara visione”.
http://www.psiche.info/estratti/psiche/daidostrumiapresenzaconsapevole.htm#6.%20La%20voce%20del%20s%E9
Da fuori, i libri si allineano tranquillamente insieme agli altri, qui sporgendo un tantino, lì rientrando un tantino. Questo quando sono ormai editati, ben oggettivati. Ma per scrivere, per editare quelle “povere” cose che sono i libri, che terremoto dentro! E perché si alzino un pochino rispetto alla media, invece di abbassarsi, che montagne bisogna scalare e in quali abissi scendere! Non vengono al mondo così tranquillamente, no. Sconvolgono chi li concepisce e realizza, in tutte le sue fibre. E’ come per i vulcani: fuori, da lontano, si vede solo un pennacchio di fumo; ma dentro ribolle la lava.
Ottobre 28th, 2010 at 5:58 am
La “fede” non fa altro che chiudere simbolicamente,- e arbitrariamente, quello che è rimasto aperto per la ragione: la parte di questo mondo, di natura, che per la nostra conformazione limitata non possiamo conoscere.
Quest’oggi ho riposto la fede nell’amicizia stellare.
NB: il “prossimo” in senso giudaico è il compagno di fede.
Ottobre 30th, 2010 at 7:58 am
sono troppo profondamente attaccato a questo sito… non riesco a fare a meno di cliccarci
😉
Novembre 1st, 2010 at 10:49 pm
tre libbre di lino
Novembre 2nd, 2010 at 3:22 am
@ dhr
Do per assodato che la rete “pensa”, sicché riflettere sul contenuto di questo pensiero non è un noioso esercizio accademico, e non è neppure l’aggiunta di un inutile zavorra alla fruizione di un prodotto di intrattenimento, quale è comunque un social network. Al contrario, sono persuaso che non si possa veramente “godere” del sito della Stella, se ci si priva di quell’intenso piacere che è dato dal confrontarsi con ciò che esso “dice” intorno ad alcuni fra i grandi temi che ci appassionano – che ci provocano tristezza o ci regalano momenti di gioia. Non sprofondare in questo pensiero, non “combattere” con esso in un corpo a corpo nel quale siano impegnati oltre al cervello, anche il cuore e le viscere, non è vivere.
Novembre 2nd, 2010 at 8:41 am
Sono d’accordo.
Novembre 2nd, 2010 at 10:16 pm
A proposito di Dhammapada preferisco questo:
“Assiduity, the way of immortality. Self-indulgence, the way of death. Those who apply themselves with devotion will never die.
Those who give themselves to self-indulgence, though they may be alive, are as if already dead.
– Dhammapada 21
Scusate l’inglese ma l’edizione italiana, curata da Pio Filippani Ronconi per la Utet, non mi piace.
Novembre 2nd, 2010 at 10:19 pm
Preferisco una sesshin di 49 giorni per commemorare Daido Strumia sensei.
Novembre 2nd, 2010 at 10:21 pm
Il “dialogo” inter-religioso, lo trovo di una noia mortale, soporifero, stucchevole, pressochè inutile, una perdita di tempo.
Novembre 2nd, 2010 at 10:59 pm
Sono d’accordo.
….. ma allora sto “dialogando”!
Ergo, non sono d’accordo.
……. ma allora, NON ritengo che il dialogo sia inutile, e quindi dialogo.
aiuto!
Novembre 3rd, 2010 at 8:42 am
A Nello 1:
Perchè preferire ?
Si può fare entrambi…
Ma tu quando mai hai fatto una Sesshin di 49 giorni ?
Novembre 3rd, 2010 at 12:15 pm
Ciao Isabela, passavo di qui e … non ti ho resistito. C’è un tipo di fede che si occupa del credere non del che cosa. È del tipo che non chiude, apre e libera.
@16: Ciao HMSX, A volte un libro è come un bicchier di vino, con tutti i pregi e i rischi connessi. Compresi la delizia, la grande intuizione, l’avvelenamento, la via dell’alcolismo…
Novembre 3rd, 2010 at 12:32 pm
«Che farsene di un pozzo se c’è acqua ovunque?»
Udāna, Versi ispirati, 7.9 (60).
Novembre 3rd, 2010 at 4:33 pm
La religione (religio = legame secondo l’etimo) è basata sul sentimento dell’unione con gli altri esseri e col tutto. Idem per la morale che innalza a soggetto unico non Dio ma l’intero genere umano. Tuttavia è necessaria la doverosa parzialità verso i migliori. I piccoli, i peggiori, si coalizzano contro i grandi e, col favore del numero, riescono spesso vincitori. Ma spesso non vuol dire sempre. Alla fine sono sempre i grandi a guidare la storia, anche nel male, cioè nei casi di solidarietà degenerata – overossia quando la società non riesce ad organizzarsi con procedure non violente – per la semplice ragione che la grandezza è essa stessa suscitata dalla storia come risposta fondamentale dell’epoca.
Novembre 3rd, 2010 at 4:44 pm
Nell’uomo tutte le manifestazioni obbediscono a una certa coerenza e anche una sfumatura di gusto o disgusto può essere un segno da non trascurare: per questo la moralità è il punto d’arrivo, il terminale di quella linea che passando per la vitalità della specie risale fino alla forza. Questa si può anche chiamare volontà di potenza, ed è un tragitto dall’interno verso l’esterno, dalla qualità verso la quantità, dal valore verso il non-valore VS ogni errore della percezione!
Novembre 3rd, 2010 at 6:23 pm
Per commemorare Massimo Strumia sarà celebrata, secondo sua esplicita volontà, una festa con musiche dei Pink Floyd e compagnia bella.
Non credo però che durerà 49 giorni.
Non tutti i gusti sono alla menta.
Novembre 3rd, 2010 at 6:32 pm
Freddy Mercury, buonanima, organizzava feste, da vivo, che duravano tre giorni e tre notti. Pare che, alla fine, li sgomberassero con la pala.
Senza il dialogo per noi nati cristiani (volenti o nonlenti: non possiamo non dirci ecc.) il buddismo è tante chiacchiere.
Novembre 3rd, 2010 at 6:56 pm
Beato te che hai addirittura delle traduzioni “preferite”. Io mi sto ancora arrabattando per capire la differenza tra brama, desiderio e attaccamento …
Novembre 3rd, 2010 at 6:59 pm
E’ così. Abbiamo la religione, abbiamo il fuoco, abbiamo ragione: saremo più grandi, saremo più uniti, saremo più forti.
I have my Sound and Vision.
(e tre!, chiudo)
Novembre 3rd, 2010 at 7:05 pm
Grappa, barolo e bracchetto?
Ciao Marta, bentornata.
Novembre 3rd, 2010 at 10:27 pm
Per nekosan #4,
dici, “Perchè preferire?”,
La vera dichiarazione del mio assunto è: “non mi interessa quel piano”, che può anche essere interpretata come una semplice preferenza.In contemporanea mi sono permesso di lanciare l’appello adaffondare nel buddhismo, questo mi interessa.
Spero sia chiaro, se non lo fosse, dillo pure.
Sul fatto che si possa “fare entrambi…”, può anche essere, l’importante è capire che “49 giorni” sono paradigma di un tempo ben superiore…Personalmente, mi includo in questo tempo, quindi, posso dire di esserci da sempre nei “49 giorni”.
Questo è il significato di quell’invito-induzione che va ben oltre il fatto che io ci sia, o ci sia mai stato dentro. E supera anche la volontà specifica del diretto interessato cui sarebbero dedicati i 49 giorni.
Se non fosse chiaro, chiedi pure di chiarire.
Ciao.
Novembre 3rd, 2010 at 11:02 pm
Per mym #9,
il “dialogo” è un piano.
Il “dialogo inter-religioso” è un piano.
Il “dialogo” è giustamente inevitabile.
Il “dialogo inter-religioso” può avvenire con modalità non “canoniche” e io preferisco queste modalità. Il bla bla bla a cosa serve?
Per il resto…c’è “nato cristiano” e “nato cristiano”.
Preferisco le “chiacchiere” buddhiste a quelle altrui.
Se poi uno pensa che qui ci siano le “chiacchiere” e altrove no, o meno, allora dovrebbe scegliere in quale ambito identificarsi meglio.
Per me, io sono nato buddhista, è il buddhismo che mi ha scelto.
Poi, ovviamente, qui ed ora è, e sarà sempre, diverso per ognuno. L’importante sarebbe sapere quale è il nostro “qui e ora”.
Novembre 4th, 2010 at 8:05 am
Si è mai notato che la musica RENDE LIBERO lo spirito? Mette ali al pensiero? Il grigio cielo dell’astrazione è come solcato da lampi; i grandi problemi stanno per essere afferrati; il mondo è come scrutato dall’alto di un monte. A mia insaputa mi cadono addosso RISPOSTE, una piccola grandine di ghiaccio e di saggezza, di problemi RISOLTI…Dove sono io la musica mi rende feconda. Ogni cosa buona mi rende feconda.
Io non ho alcun’altra gratitudine, non ho neppure alcuna altra PROVA per ciò che è buono.
Novembre 4th, 2010 at 8:08 am
QUESTA musica mi sembra perfetta. E’ malvagia, raffinata, fatalista: malgrado ciò essa resta popolare – ha la raffinatezza di una razza, non quella di un individuo.
E’ ricca. E’ precisa. Costruisce, organizza, porta a compimento: con ciò è l’antitesi alla musica tentacolare, alla “melodia infinita”. Si sono mai uditi accenti più tragici e dolorosi senza la MENZOGNA del grande stile?
Questa musica considera intelligente, persino come musicista, l’ascoltatore – anche in QUESTO essa è il contrapposto di quella di un certo signore, il quale, comunque possa essere giudicato sotto altri aspetti, è in ogni caso il genio PIU’ SCORTESE DEL MONDO.
Novembre 4th, 2010 at 11:40 am
«Così bisogna far la musica; senza coscienza, semplicemente, come la sfera celeste che ci contiene»
Clarisse, ne L’uomo senza qualità, Musil.
Dialogare è chiedersi, zitto zitto, che cosa c’entra il sutra del diamante con “non avere dove posare il capo” o se la parabola del samaritano (Lc 10, 25-37. Da leggere con molta attenzione, please) parla di buddismo più di tanti che blaterano di karuna e ahimsa e la mente e tante storie.
Ovvio che, in questo caso, buddismo non vuol dire buddismo. Vuol dire buddismo.
Novembre 4th, 2010 at 12:07 pm
per non parlare di Buddy-Buddy o di Bud Spencer
Novembre 4th, 2010 at 12:13 pm
Bu… Bu…? È quella roba lì che penso io? 😛
Novembre 4th, 2010 at 12:19 pm
non saprei, anche perché “pensare” e soprattutto “io” è la cosa meno definibile che esista…
😛 😛
Novembre 4th, 2010 at 12:22 pm
Capito: una bella orgetta e domani è un altro giorno… 😉
Novembre 4th, 2010 at 1:27 pm
mannò, Buddy-Buddy era il mitico film con Jack Lemmon e Walther Matthau! ah ‘sti giovani sempre connessi a internet, che non sanno più cos’è la cultura…
quando a Bud Spencer, chi meglio di lui aiutava a “non costruire”? a demolire proprio, anzi.
Novembre 4th, 2010 at 2:07 pm
Sei un santo!
Novembre 4th, 2010 at 3:29 pm
… Simon Templar!
… o ti sei perso pure quello?
🙁
Novembre 4th, 2010 at 5:26 pm
Commemorando…
Sia fatta la sua volontà? Fate questo in memoria di me? Invocare la volontà di un defunto per fare la propria (fosse anche quella di ottemperare alla sua), riesumarne la fresca memoria per celebrare un party, mi sembra costringere Daido in un ruolo che non merita, neppure da morto. Nel nostro piccolo (inarrivabile, ahimé, l’esempio di Freddy [mym 9]) a suo tempo animammo, da vivi, alcune festicciole, quelle sì “memorabili”. Bastavan la voglia e le materie prime, senza bisogno di convitati fantasma, per dare la stura.
Quanto al sesshin (di quarantanove giorni o di uno, trentatre, centootto…) che c’entra coi morti? Quando mai per fare zazen c’è bisogno di alibi e giustificazioni, di dediche e commemorazioni?
Panikkar aborriva il dialogo interreligioso mentre considerava indispensabile (anche perché inevitabile) quello che chiamava dialogo intrareligioso, qualcosa di affine a quanto indica mym (15) a parte forse il “zitto, zitto”, che non era propriamente la sua specialità.
Novembre 4th, 2010 at 6:55 pm
Ciao Marta, in effetti…Forse l’orizzonte ideale non è altro che una negazione del comprendere, una specie di porta chiusa dinanzi a ciò in cui soltanto comincia il proprio ‘mondo’, inteso come spirito e natura. Non un mondo nel mondo, un mondo “intellegibile” in un mondo più o meno inintellegibile , ma una continuazione della propria natura con i relativi pericoli, mete e ambizioni.
Tuttavia la natura che ci attornia – solida, liquida o aeriforme – in modo ben chiaro e concreto, e che da dentro ci riempie e muove, NON SI SA CHE COSA SIA; di sicuro l’ascetica sapienza degli yogi è inumana o accorta.
Novembre 4th, 2010 at 6:56 pm
PS: mettere in gioco la propria vita, la propria salute, il proprio onore, è la conseguenza dell’audacia e di una volontà prodiga che trabocca: non per amore degli uomini, ma perché ogni grande pericolo provoca la nostra curiosità in rapporto alla nostra forza, al nostro coraggio. Per questo l’idealista ha buone ragioni per NON conoscere se stesso: egli è sufficientemente intelligente da restare all’oscuro anche su queste ragioni…
Novembre 4th, 2010 at 8:06 pm
Interessante…
Si è artista al prezzo di percepire come CONTENUTO, come “la cosa stessa” quello che tutti i non-artisti chiamano “forma”. Con ciò ci si trova naturalmente in un MONDO ALLA ROVESCIA: perché ormai il contenuto diventa qualcosa di formale, – inclusa la nostra vita.
In questa “fisiologizzazione del pensiero”, a differenza di qualcun altro, tutto ciò che si patisce come sofferenza, si trasforma mirabilmente, grazie al genio, in sanità e salute mediante lampi di anticipazione circa le conseguenze della décadence sul futuro che ci attende.
Si inquadra nella teoria più generale della preminenza del corpo sulla mente, ovvero sulla preminenza degli stati fisiologici rispetto a CERTE giustificazioni razionalmente argomentate.
Novembre 4th, 2010 at 8:40 pm
Quoto mym (15). Hai letto il SALMO 149?
Parla di buddismo (e di dharma) più di tanti che blaterano di karuna e ahimsa e la mente e tante storie.
PS: per l’etimo…il bianco, ovvero colui che spicca per malvagità (da un vecchio dizionario ebraico) HU!HU!
Novembre 5th, 2010 at 11:21 am
A HMX
Salmo 149? ‘Cantate al Signore un canto nuovo’: quello?!
Davvero neikososfico: hai il gusto dell’orrido.
Novembre 5th, 2010 at 11:26 am
In effetti è un po’… pulp? : […la spada a due tagli nelle loro mani, per compiere la vendetta tra i popoli e punire le genti; per stringere in catene i loro capi, i loro nobili in ceppi di ferro; per eseguire su di essi il giudizio già scritto: questa è la gloria per tutti i suoi fedeli]. Cioè, il dialogo, dici. Sì, capisco. Però se al vicino di casa rinfaccio subito che l’igiene delle sue unghie non è perfetto difficile poi che mi presti i suoi dvd. C’è un libro: “Dio. Una biografia” di Miles Jack, un ex prete (una sorta di insider trading), c’è tutto quello che sempre avremmo voluto sapere e mai abbiamo osato chiedere…
Novembre 5th, 2010 at 11:55 am
Piano, piano, per favore. Il salmo 149 va letto con molta attenzione, così come la parabola del samaritano di cui sopra. E’ il salmo conclusivo (il 150 è la musica dei titoli di coda) e celebra lo smascheramento e la sconfitta di ogni potere (“incorona gli umili di vittoria”). La spada a due tagli è rivolta all’interno e all’esterno ed è strumento principe del dialogo. Non perché si menano fendenti a destra e a manca, partendo dal presupposto di essere nel giusto, ma perché il dialogo è incontro di persone, di viventi presenti esseri umani, e se non ci si pota l’un l’altro del superfluo e del dannoso, allora si ricade nella pantomima. O no?
Novembre 5th, 2010 at 12:43 pm
Il tentativo è pregevole.
Però se la spada, magari a due tagli, è lo strumento principe del dialogo allora c’è già un sacco di dialogo. Forse il problema è: chi impugna la spada? Oppure, che è lo stesso: chi decide chi o cosa tagliare? Very dangerous.
Novembre 5th, 2010 at 12:44 pm
mmmmh!… Ciao Jf.
L’uomo ragno era un dilettante!
Mi pare una lettura fuori contesto biblico: va bene il dialogo, ma…
Novembre 5th, 2010 at 12:46 pm
I ‘fedeli’ sono i ‘figli di Israele’ (ultima riga del S. 148). Le nazioni sono i popoli nemici (di Dio e quindi di Israele).
A Sichem se ne ricordano ancora, delle metafore.
Novembre 5th, 2010 at 2:27 pm
a mym 29: proprio così, very dangerous. Un po’ come la storia della spada che dà la vita degli zen nipponici. E, per restare in Israel “Non sono venuto a portare la pace ma la spada” (Mt 10,34). Io non userei un linguaggio del genere, non mi ci trovo a mio agio, ma una volta che ci si imbatte in esso, la lettura letterale non basta. Del resto senza correre il pericolo, non c’è religione e neppure gusto.
a doc 31: too easy. Ora sono un po’ di fretta, e non entro nel merito, ti consiglio per intanto il commento di sant’Agostino al salmo medesimo, che trovi qui: http://www.sant-agostino.it/italiano/esposizioni_salmi/esposizione_salmo_207_testo.htm&rct=j&sa=U&ei=gfbTTPjJCIifOo3T3dwF&sqi=2&ved=0CCwQFjAD&sig2=8OnvY4Wu_lNKl4Grp75w4Q&q=salmo+149&usg=AFQjCNHr6Jlj9lOtO1cjJhn_HiQVncXM0Q
Mamma mia, quant’è lungo! Ciao
Novembre 5th, 2010 at 2:58 pm
Ohibò!, mi sento di concordare. Per il Buddha il dharma è puro pensiero ovvero la immanente potenza dell’autocoscienza: sia che si estrinsechi nelle percezioni sensibili che nel pensiero puro. Tuttavia i buddisti non sono gli unici custodi della tradizione dharmica. Nella tradizione hindi il dharma talvolta è identificato con Yama, il dio della morte che ha sperimentato il trapasso; è concepito come padre naturale di Yudhisthira, il “dharma incarnato”, e l’avvento di Yama estingue le illusioni esistenziali. In questa tradizione la funzione normativa del dharma diventa dogma a cui ci si deve attenere, non per trascenderlo sul piano mistico e spirituale, bensì come dovere per mantenere l’assetto regolare della società. Insomma esiste anche un dharma che legittima la ‘violenza gloriosa’, la himsa. La domanda è: dagli ebrei la salvezza?
Novembre 5th, 2010 at 3:45 pm
Visto S. Agostino. Troppo ‘costruito’, per quanto mi riguarda. Non mi convince.
Novembre 5th, 2010 at 3:54 pm
Il commento di S. Agostino non lo trovo (concordavo con i ‘dialoganti’), allora provo a commentare il salmo 149 con le parole del profeta Neemia: “Non abbiate paura di loro! (cioè dei governanti e notabili corrotti) Pensate che il Signore è grande e terribile, e combattete per i vostri fratelli, i vostri figli, per le vostre figlie, le vostre mogli e le vostre case!” (Neem 4,8)
PS: a ben vedere odiare i mascalzoni significa onorare gli onesti.
# 33 E.C. al terzo rigo ‘pensare puro’ in luogo di ‘pensiero puro’.
Novembre 5th, 2010 at 4:27 pm
HMSX, ne sai appacchi. Sei più imprevedibile di te medesimo, che non è poco.
Hu! Dimenticavo: secondo il Codice da Nello non si dovrebbe parlare delle persone. Be’ allora: come non detto.
PS: il salmo 149 secondo Agostino lo trovi qui, specie dal 12 in poi.
Novembre 5th, 2010 at 5:05 pm
Ho capito! Esiste una giustizia karmica infallibile che governa senza errori ed incertezze l’ordine ontologico del mondo oltre le forme soggettive ed illusorie del PRINCIPIUM INDIVIDUATIONIS. Difatti la giustizia eterna inerisce all’ordine ontologico e non a quello fenomenico, non la si deve cercare nell’ambito delle esistenze individuali. La dottrina induista e buddista si avvicinano di più alla verità filosofica in quanto la giustizia karmica insegna che le sofferenze e le malvagità inflitte ad altri durante la vita saranno punite con ugual sofferenza in una vita ulteriore, grazie al concetto di metempsicosi.
Novembre 5th, 2010 at 5:06 pm
Insomma, in parole povere, la giustizia si dilaziona nel tempo in quanto essa sposta nel futuro ciò che esiste già adesso, proprio come lo sterminato esercito di stelle brilla costantemente sopra il mio capo ma diventa visibile solo dopo il tramonto.
PS: al 14 mi riferivo al sig. Morgan, noto cantautore italiano. Credo che al 24 HMSX si riferisse a Gesù Cristo. (vado in ufficio, bacini)
Novembre 5th, 2010 at 5:12 pm
Capperi! Se al 24 Hmsx si riferiva DAVVERO al Nazareno (per cui -come corollario- questo comporta che tu l’abbia capito e -come cor. bis- che fosse possibile capirlo) vuol dire che c’è tutto un mondo che mi sfugge là fuori.
Per dialogo religioso non intendo scambiarsi le opinioni.
Novembre 5th, 2010 at 5:16 pm
Isabela, mannaggia, [La dottrina induista e buddista si avvicinano di più alla verità filosofica in quanto la giustizia karmica insegna che] non si dice, non sta bene. Se continui così resti (ancora) zittella! 😛
Novembre 5th, 2010 at 5:25 pm
Caro doc (34) se Agostino non ti piace (io non lo direi costruito, semmai è ispirato, il che può infastidire alcuni) puoi provare con la Baghavad Gita, testo dharmico indù in cui Arjuna, incalzato da Krishna nelle vesti di auriga e maestro, stermina i propri famigliari: per Gandhi, che guerrafondaio non era, si tratta del testo che più ha influenzato le sue scelte e la sua vita. E non si dica che la Gita è metafora e i Salmi storia: il fondamentalismo indù non ha fatto meno vittime di quello ebraico, cristiano, islamico, buddhista… ciascuno coi propri metodi e nei propri ambiti. Se ne deduce che ciò che conta sono gli occhi che leggono e la chiave di lettura. Si può fare della compassione un’arma di sterminio, e di una spada un vomere (Isaia).
Novembre 5th, 2010 at 6:28 pm
Accidenti! Declino il verbo a singolare e metto i due punti al posto di ‘in quanto’.
> si avvicina di più alla verità filosofica: la giustizia karmica insegna
Taccio fino a quando non ho finito gli esercizi di grammatica.
Ciao
Novembre 5th, 2010 at 6:40 pm
A Jf, 41
La Gita trae pretesto da una scena di battaglia imminente – poi realmente avvenuta – e non cerca affatto di trasfigurarla metaforicamente: ma la usa come pretesto per l’esposizione delle yoga (dell’azione e non solo, se ben ricordo). Senza ambiguità. Anche se Yogananda, ad es., dà anche del preambolo una lettura metaforico-esoterico-spirituale. Ma mi pare un caso isolato.
Un tempo la gente si scannava davvero (mica come oggi 🙂 ).
Ed anche sui territori biblici la gente si scannava davvero: quello è il ‘contesto’ biblico.
Di Agostino non mi convince la lettura del VT con gli strumenti del NT. Mi pare strumentale. Ma non mi addentrerei in una questione sulla quale sono così poco preparato e con uno strumento come il blog. Mi piacerebbe sentire però cosa ne pensa un ebreo, di quella lettura.
Novembre 5th, 2010 at 7:05 pm
Agostino “Piè di papera”
(Giovanni Verga, I Malavoglia)
Novembre 5th, 2010 at 7:12 pm
La questione è in effetti complessa, ma sta nel discorso del dialogo religioso. Agostino legge i Salmi con gli occhi del Vangelo, così come noi leggiamo il Dammapada con occhi mahayana – o, per dirla con mym, troviamo più dharma nella parabola del samaritano che…. Un ebreo leggerà i Salmi con gli occhi della Torah, che non è per lui il Vecchio Testamento tanto quanto il Dammapada non è un testo hinayana per un teravada. Sarebbe interessante sentire come un ebreo legge quel Salmo da ebreo, e come la lettura di Agostino può dargli un altra prospettiva. Anche questo è dialogo.
Novembre 5th, 2010 at 9:27 pm
A quanto ne so, le comunità monastiche cristiane di Terrasanta hanno eliminato dal breviario i Salmi “territoriali” perché “gli ebrei li leggono in senso nazionalista”.
Novembre 6th, 2010 at 8:36 am
Per quelle che sono le mie dilettantistiche competenze, e per la doverosa brevità della risposta, concordo con dhr. Per me lo scandalo della Bibbia sta nell’unire libri profondamente diversi. Il Dio del VT è crudele, forte, vigoroso; quello del NT è mansueto, malato, impotente; un involontario ribelle che sfida la gerarchia costituita e finisce dritto dritto sulla croce. Per molti aspetti il buddhismo è cento volte più realistico del cristianesimo: non ‘lotta contro il peccato’, ma ‘lotta contro il dolore’.
S. Agostino mi sembra antievangelico, un erudito che conduce il cristianesimo sulla via di un’assurda metafisica.
Novembre 6th, 2010 at 8:38 am
In qualità di amateur ricerco le leggi che regolano l’apparire del concetto di Dio in una mente,- essendo la mancanza di questo concetto un difetto che segue alla mancanza di attenzione- e, in una fede senza fiducia che si contrappone a Gesù, gli stati psicologici si riducono a stati teologici che mettono in risalto lo stato affettivo verso Dio: apatia, fastidium Dei etc.
Novembre 6th, 2010 at 11:06 am
A me pare emerga, dal passo di Agostino, soprattutto la preoccupazione di proseguire l’opera di accreditamento del NT sulla base del VT, già iniziata fin dalla stesura dei vangeli. Questa opera si rese necessaria per evitare che la nuova religione (cristianesimo) si esaurisse in tempo breve, come una delle tante sette religiose dell’epoca di cui non è rimasta traccia . In questo modo si rivendicava inoltre una dominanza morale e spirituale – anche attraverso ardite reinterpretazioni (vedi ad es. le frasi sul matrimonio) – che legittima(va) il diritto dei cristiani di ficcare il naso nelle questioni ebraiche e quindi il diritto-dovere di convertire (vecchio pallino dei nostri) gli ebrei al cristianesimo. Sappiamo dalla storia dove ha condotto questa pretesa superiorità, non solo per quanto riguarda gli ebrei. A volte la spada della lingua può far più danni della spada di ferro a due tagli.
Novembre 6th, 2010 at 3:30 pm
Ancora uno spunto (di riflessione, di dialogo?) per Jf 45. Io non so se noi davvero leggiamo l’hinayana (chiamiamolo buddismo antico, prima che il garante per il religiously correct ci dia una tirata di recchie)con occhi mahayana.
In tal caso direi di darci una regolata fin da subito.
Per quanto mi riguarda, piccolo e grande veicolo sono le due facce di una stessa medaglia, come lo Yn e lo Yang del cerchio vuoto del Tao. E ciascuno dei due contiene in sè la traccia ed il seme dell’altro.
Novembre 7th, 2010 at 11:08 am
A quelli che non accettano il dialogo (e ce ne sono)
La forma espositiva del dialogo risponde all’esigenza di derivazione orale di pervenire alla “verità” (aletheia) attraverso il “dibattito” di posizioni, spesso dialetticamente ed artatamente contrapposte, dove il risultato di un sapere ‘superiore‘ s’impone dal “di dentro” del pensiero stesso, è, per così dire, la sua necessaria conseguenza logica al fine di eliminare ogni ambiguità dell’espressione linguistica, e rendere univoca, per quanto possibile, la valenza semantica dei vocaboli.
Ciak! 1:3 “coniugare”(ahiahiai!)
La dottrina induista e buddista si avvicina di più alla verità filosofica: la giustizia karmica insegna che le sofferenze e le malvagità inflitte ad altri durante la vita saranno punite con ugual sofferenza in una vita ulteriore grazie al concetto di metempsicosi.
Novembre 7th, 2010 at 11:10 am
Ogni questione che sia tanto oscura e incerta da far sì che la ragione non possa arrivare, in proposito, ad alcuna determinazione fissa, sembra condurci, a voler trattarla ugualmente, in modo naturale allo stile del dialogo e della conservazione.
@ 49 concordo. Oltre ad un’operazione di accreditamento è stata fatta anche un’operazione di assorbimento di culti locali. Ad es. a Viggiano (pz) si celebra la ‘Madonna Nera’ che è a tutti gli effetti un culto pagano e ricorda tanto Proserpina.
Novembre 7th, 2010 at 11:41 am
1) Interessante (Doc 49) questa cosa che il cristianesimo è stato riagganciato all’ebraismo da Agostino (et alia?) per dargli fondamento tradizionale. In effetti, libero dal dio geloso e vendicativo, dall’ascia bipenne e dalla cultura del sacrifico del sangue, mi pare più snello e brillante. La crocefissione? La cultura del sacrificio e del sangue, appunto. Vi è anche chi la sta riscoprendo come possibilità dello zen.
2) Il fatto è che “gli hinayana” (doc 50) non sono mai esistiti se non nella penna di chi con quel nome voleva (di solito: ancor vuole) intendere “buddismo errato”. Il termine hinayana compare una sola volta (per ciò che mi consta) nei sutta e nei sutra e in quel singolo caso non indica un genere o una scuola. In senso discriminatorio inizia ad essere usato dai cinesi nel VI-VII secolo e poi ripreso dagli inglesi nel XIX. Per questo si può parlare di mahayana/grande veicolo mentre invece l’uso di hinayana/piccolo/inferiore veicolo è comunque sconsigliato.
Novembre 7th, 2010 at 11:49 am
A Isabela 51, sul ‘dialogo’.
Ben detto, ben scritto. Grazie; la faccio mia, quella definizione. Se non c’è copyright… 😉
Manca però un ingrediente: la totale buonafede dei dialoganti.
Nella realtà: troppe volte, quando si dialoga, si rimpiange di non essersi preventivamente muniti di mutande di latta.
Ma come parli bene, tu…
Novembre 7th, 2010 at 12:01 pm
Però ‘sta cosa qui che la dottrina buddista patapìn e patapùn… con la metempsicosi c’entra nulla. Direi che la convinzione che la metempsicosi faccia parte della dottrina buddista è una sorta di psicosi occidentale (e non solo).
Novembre 7th, 2010 at 1:32 pm
# 52. Ehm..conversazione ^^
Non c’è copyright. Nella realtà manca troppo spesso una autentica collaborazione tra i dialoganti che è solo supposta.
Se lo dici tu, mym, mi fido. Può darsi che così come la dottrina di Gesù presuppone l’AT, così quella del Buddha presuppone l’induismo ove la dottrina della trasmigrazione è parte essenziale. Borges in ‘Cos’è il budddhismo’ parla dei Sei Cammini della Trasmigrazione ponendo l’accento sull’importanza di profittare della nostra condizione umana giacché solo gli uomini possono raggiungere il nirvana (cita la parabola della tartaruga marina che ogni cent’anni prova a infilare la testa in un anello che galleggia sul mare).
Novembre 7th, 2010 at 1:54 pm
Il fatto è che i buddisti indiani vivono in un ambiente in cui la trasmigrazione da un corpo all’altro dell’atman era una credenza così consolidata da essere scontata. Per cui utilizzano parabole ecc. che rimandano a tale credenza. Se invece ci riferiamo alla “dottrina” (insegnamenti, sutra ecc.) prtatityasamutpada, sunya, e in particolare ogni volta che si parla di anatman, sono tutte posizioni antitetiche alla trasmigrazione da un corpo all’altro che prevede la consistenza ontologica dell’anima/atman/jiva ecc. Il fatto che molti cristiani “credano” a Berlusconi non significa che la dottrina cristiana…
Novembre 7th, 2010 at 3:05 pm
56 ‘Supposta’?! In relazione alle mutande…?! Già, già…
Novembre 7th, 2010 at 3:05 pm
57 Persino Cornu, nel suo Dizionario di Buddismo, concorda. Anche se poi avvalla l’ipotesi di un continuum della coscienza, che passerebbe da una vita all’altra (pag 685).
Novembre 7th, 2010 at 4:32 pm
Ciao, ti spiacerebbe spiegarmi ulteriormente ciò che intendi con “forse l’ orizzonte ideale è la negazione del comprendere..”?
Mi interessa … grazie
Novembre 7th, 2010 at 5:27 pm
Anch’io avallo l’ipotesi: se le cellule/atomi/molecole del mio corpo sono già state usate (e lo saranno poi) da tanti altri corpi perché non pensare che anche il resto (emozioni, pensieri, convinzioni, conoscenze ecc.) vada riciclato un po’ qui un po’ là? Però un conto sono le ipotesi, negate avallate, un conto un insegnamento religioso. O quel che l’è il buddismo.
Novembre 7th, 2010 at 6:27 pm
Concordo al 100% con Isabela 51 primo capoverso e consiglio, in proposito, la lettura di un delizioso e non arduo libriccino “L’Europa e la filosofia” (Marsilio 1999) in cui Gadamer da par suo sostiene la stessa argomentazione: dialogo come dibattito verso la verità (e critica, pur rispettosamente, Heidegger, il che non dispiace). Con tale presupposto la buonafede dei dialoganti dovrebbe essere implicita, perché se uso il dialogo per ricercare insieme la verità vuol dire che non penso di possederla. A titolo cautelativo, comunque, le mutande di latta son sempre consigliabili, non fosse che per non indurre in tentazione…
Novembre 7th, 2010 at 6:44 pm
Trasmigrazione… Panikkar, visto che da lui siamo partiti, sosteneva (a voce, ma forse si trova anche scritto da qualche parte) che neppure la tradizione indù ne fa’ oggetto di fede. In tutti i Veda, diceva, si trova menzionata una sola volta, nell’asserzione che solo Ishvara si (ri)incarna, dove Ishvara è il nome divino del principio vitale universale: ergo si rincarna la vita, non il soggetto. La prendiamo per buona, visto che non credo nessuno si prenderà la briga di andare a controllare i Veda verso dopo verso?
Novembre 7th, 2010 at 6:54 pm
Improbabile (doc 49) che Agostino si preoccupasse di accreditare il NT sulla base del VT per evitare che la nuova religione si esaurisse: siamo al tempo di Ambrogio vescovo di Milano, che fondava basiliche ai quattro canti, il cristianesimo non era già da un pezzo una nuova religione, ma già consolidata e potente. Semmai intendeva inglobare il VT nel cristianesimo, come “roba nostra” relegando così l’ebraismo al ruolo di “religione incompleta” e di qui la presunzione sinistra di voler convertire gli ebrei “per il loro bene”, of course! Tra l’altro la dizione Vecchio Testamento (risibile e/o offensiva dal punto di vista ebraico) è non meno insensata di quella “hinayana” rispetto a mahayana. Che razza di Dio è quello che fa due patti, uno vecchio e uno nuovo? Sarebbe come dire Vecchio Dharma e Nuovo Dharma…. Vecchio scarpone….
Novembre 7th, 2010 at 7:12 pm
Confermo (ci ho lavorato un po’) che nei Veda non è univoco l’imput verso la trasmigrazione di fiore in fiore ma è certo invece che le Upanisad (che sono il discorso portante, sia in senso sapienziale che colloquiale, dell’induismo) lo teorizzano a fondo: addirittura nella Chandogya U. (ve la siete cercata…) si parla della cavità del cuore (il cui spazio è omologato allo spazio cosmico) quale sede dell’atman (un vero e proprio homunculus) che -dice la Tattirya U.- alla morte, lasciata la cavità del cuore attraverso un sottile canale, arriva alla sommità del capo e… Invece la Brhadaranyaka U. sostiene che l’uscita non è dal sincipite ma dall’occhio. Riguardo all’epoca di composizione, la prima e la terza ora citate sono le più antiche tra le U. (VI secolo a.C.?) per cui giustificano la teoria che l’idea della reincarnazione sia entrata in India -semplificando- via Pitagora.
Novembre 7th, 2010 at 7:37 pm
Merci per la conferma e il dotto nonché prezioso chiarimento. Dunque teoria “straniera” rispetto alla sapienza dei rsi vedici… fan bene gli indiani a non fidarsi di quel che vien da fora…
Novembre 7th, 2010 at 7:43 pm
Le teorie son molteplici, un’altra fa risalire i dravidi all’Australia e li considera portatori del fattaccio. Teorie sì, ma gli Indiani da un bel po’ ci credono alla grande.
Novembre 7th, 2010 at 7:50 pm
Certo che dialogavano un bel po’, gli antichi: indiani, australiani, greci… e senza neppure i voli low cost…
Novembre 7th, 2010 at 7:52 pm
Vero, il diaologo nasce dal non-dialogo. Altrimenti… tutti al mare tutti al mare…
Novembre 7th, 2010 at 9:30 pm
Facciamo un riassuntino per compassione ?
Non intendo qualcosa di “riduttivo”, magari una mappa semplice semplice. Pardon mym… confido nella tua pazienza.
Novembre 7th, 2010 at 10:48 pm
Per jf #23,
carissimo, ognuno ha la propria sensibilità.
A dire che la TUA, non è la verità tout court…questo per affermare che, per ME, lo zazen (sulla sua durata quantificabile in giorni, ho detto anch’io che è simbolica)ha una attinenza assoluta sia coi vivi che coi morti.
Circoscriverlo, limitarlo, a una componente, costituisce, a mio parere, un serio limite tutto attribuibile al circoscrivente e limitante.
Il significato dei “49” giorni, va ben oltre qualsiasi finalità che TU gli possa ascrivere.
Per me, lo zazen è mushotoku.
Per me, semplicemente é.
Le TUE attribuzioni a questo “è”, riguardano solo te.
Saluti buddhisti, che vuol dire proprio quello che dice, ovvero buddhisti.
Novembre 8th, 2010 at 12:51 am
Caro Nello, essendo un simpatizzante del dialogo, provo a seguirti. Se affermi, come sovente fai, che non vi è che la SOGGETTIVITA’ e dunque la verità è soggettiva tout court, perché mai la mia è men vera della tua? Tutte le soggettività sono vere ma alcune son più vere di altre? E quale sarebbe la componente cui circoscrivo, limito lo zazen? Le mie attribuzioni riguardano certo me, ma quelle che mi attribuisci di attribuire, senza che io neppure sappia di che si tratta, beh, almeno quelle un po’ ti dovrebbero riguardare, o no? Saluti cordiali, che vuol dire proprio quello che dice, ovvero cordiali.
Novembre 8th, 2010 at 4:52 am
Caro jf, “provi a seguirmi” ma non ci riesci!
Io non ho MAI detto che la “verità” sia soggettiva. Hai uno strano modo di “leggere”.
Le risposte alle tue domande sono contenute nelle tue affermazioni al post #23, che ti ho indicato ad inizio di #70, e che riporto dal TUO intervento:
“Quanto al sesshin (di quarantanove giorni o di uno, trentatre, centootto…) che c’entra coi morti? Quando mai per fare zazen c’è bisogno di alibi e giustificazioni, di dediche e commemorazioni?”
E’ abbastanza inutile che ti ripeta il mio post #70 che risponde comunque alle tue affermazioni prima, e domande poi.
Circa il tempo, mi ero espresso in #11.
Penso dovresti chiarirti questo aspetto dottrinale:
* Mahayana (in Mahayana (Buddhism): Awakening)
…samsara and nirvana cannot be sustained. As developed by later philosophers, such as Jnanagarbha in the 8th century, the doctrine of the Two Truths, absolute truth (paramarthasatya) and conventional truth (samvritisatya), resolves the apparent conflict by stating that ultimately things do not exist as such,…
* saṃvṛti-satya (in saṃvṛti-satya (Buddhist concept))
…of ordinary people. It refers to the empirical reality usually accepted in everyday life and can be admitted for practical purposes of communication. It is distinct from the ultimate truth (paramārtha-satya), which lies beneath empirical phenomena and is beyond verbal expression. This ultimate truth is that of universal emptiness (sunyata), regarded as the true nature of the…
Citations
MLA Style:
“paramārtha-satya.” Encyclopædia Britannica. 2010. Encyclopædia Britannica Online. 07 Nov. 2010 .
APA Style:
paramārtha-satya. (2010). In Encyclopædia Britannica. Retrieved November 07, 2010, from Encyclopædia Britannica Online: http://www.britannica.com/EBchecked/topic/442953/paramartha-satya
Novembre 8th, 2010 at 9:20 am
Ciao Nello,
ma perchè hai sempre questo atteggiamento astioso e rissoso ??
Ha qualcosa a che vedere con lo Zazen che pratichi ?
Avevo scritto questo commento nel post ‘Animali’ ma siccome è stato pubblicato tardivamente e si è inserito tra commenti precedenti forse ti è sfuggito….
Lo ripubblico qui:
Bentrovati a tutti.
Leggo con interesse il vostro blog da un pò di tempo e solo ora ho sentito la necesità di intervenire.
Mi piace il modo garbato ed ironico con cui Mym tiene le fila di commenti che spesso faccio fatica a seguire (ma è senz’altro un mio limite).
Devo invece dire che mi turbano i modi di Nello.
Forse mi toccano in modo particolare perchè ho frequentato anch’io Fudenji e mi sembra di riconoscere nel modo di interloquire di Nello quell’atteggiamento sprezzante/disprezzante nonchè poco accogliente e rispettoso delle sensibilità altrui che mi ha fatto prendere le distanze (insieme ad altri atteggiamenti su cui preferisco soprassedere).
Mi dispiace per la nota polemica ma dopo un pò che ascolto sento il bisogno di dirlo…
Novembre 8th, 2010 at 10:31 am
Se il dialogo è ‘dibattito per la verità’ (per riassumere 51 e segg. compresa l’idea di buonafede), l’altra posizione sembra qualcosa di molto vicino al fondamentalismo. Anche se mi era sempre sembrato assurda l’idea di un fondamentalismo buddista.
Il fatto è che il dialogo – come qui lo intendiamo – presume il ‘non avere un luogo dove posare il capo’. Inclusa la coda di paglia.
Ma poi ci sono i limiti soggettivi. Benvenga dunque anche una certa rissosità, se può servire a far cadere i salvagenti.
Novembre 8th, 2010 at 11:47 am
A Nello 72: non sempre si riesce a fare quel che si prova: questa volta è andata così, pazienza, me ne farò una ragione. Avevo compreso, da tue ripetute maiuscole asserzioni, che non ci fosse altro che la soggettività, a tuo dire, e che dunque, se tutto è soggettività, anche la verità lo fosse. Ora sento che così non è, che tu non hai mai detto che la verità è soggettiva. Bene, ne prendo contezza. Dunque, mi par di capire, c’è qualcosa (la verità) che soggettività non è: sembra quasi una buona notizia…
Peraltro, continuo a non capire (che ci vuoi fare, la lentezza è soggettiva) dove mai la mia frase che amabilmente citi (“Quanto al sesshin […]che c’entra coi morti? Quando mai per fare zazen c’è bisogno ecc…)equivalga a circoscrivere lo zazen limitandolo a una componente, come asserisci (70). Se le parole hanno un significato condivisibile e zazen è sedere immobili in silenzio su un cuscino a gambe incrociate (Dogen and friends), per far questo esser vivi è requisito fondante.
Ti ringrazio, infine, dell’invito a chiarirmi alcuni punti dottrinali e volentieri lo accolgo: c’è sempre bisogno di imparare, non si finisce mai e a volte capita di scordarselo.
Novembre 8th, 2010 at 11:58 am
A Doc 74. Parole sante. Non avere luogo dove posare il capo né dove nascondere la coda di paglia: abbiamo un’ottima definizione di dialogo, da capo a coda. Il fondamentalismo buddista esiste eccome: non in quanto buddista ma in quanto fondamentalismo – se uno attraversa una fase fondamentalista, lo è dovunque vada e qualunque dottrina indossi. Concordo sul bucare o far cadere i salvagenti (anche se ce ne è certi quasi indistruttibili): non servono nel mare del dharma, per dirla in modo aulico, in quell’acqua non annega nessuno. Nella tinozza delle proprie contraddizioni si annega facile, invece, e lì si che il salvagente serve: il benedetto dialogo potrebbe essere uno.
Novembre 8th, 2010 at 12:48 pm
Morale della favola (?):
“Se incontri il Buddha, uccidilo.”
Novembre 8th, 2010 at 12:50 pm
Allora (69 AHR), si commemora Panikkar, uomo del dialogo intra religioso. Si comincia col dire che il dialogo rel. è una ciofeca, arrivano le truppe cammellate pro dialogo e, mentre si stracciano (moderatamente) le vesti, prendono a dire che senza non si campa. Nello li impallina tutti. E loro lì, a porger l’altra guancia. Per ora siamo arrivati qui.
Novembre 8th, 2010 at 12:59 pm
Hic manebimus optime.
Novembre 8th, 2010 at 1:01 pm
a mym: io non porgo affatto l’altra guancia, ma applico il detto evangel-buddista “la vendetta è un piatto da consumare freddo”
😀
Novembre 8th, 2010 at 1:16 pm
Grazie mym per 78.
Se già apprendessi questa capacità di sintesi…
Novembre 8th, 2010 at 1:42 pm
Piano. Piano, nèh ….
Stracciarsi le vesti?!: con quel che costa il lino alla libbra! 😉
Novembre 8th, 2010 at 2:07 pm
Clap clap clap, bravi! Biiiis!
Novembre 8th, 2010 at 7:08 pm
Ci provo. Soddisfatto è solamente colui il quale, a certo momento, cessa dal pensare, e si mette ad ammirare se medesimo, cioè il suo cadavere di pensatore; e fa oggetto delle sue cure non l’arte o la filosofia – che descrivono mondi ideali -, ma la sua propria persona.
Ciò che si chiama IDEALE è semplicemente ciò che fino ad oggi si chiamava verità ma la realtà, destituita del suo valore, del suo senso, della sua veracità nella misura in cui si è dovuto FINGERE un mondo ideale, un “mondo apparente” contrapposto al “mondo vero”, è diventata abbreviazione e compendio visibile di problemi oggettivi insuscettibili di essere ridotti in cifra. L’impennata fantastica e visionaria,‘idealistica’, forse è solo un modo per non divenir coscienti – non comprendere la nostra impotenza di essere umani.
Novembre 8th, 2010 at 7:31 pm
Fino a “… cadavere di pensatore” capisco e condivido. Poi mi perdo nella musica… E son sicuro (non dico quindi forse) che l’impennata fantastica è fuga dal tremendo. Divenire amici, intimi del bhairava, il tremendo, questo intendo per contemplazione.
Novembre 8th, 2010 at 7:40 pm
Grazie… ciao
Novembre 8th, 2010 at 10:17 pm
Non li cita, ma il motivo profondo della chiamata alla crociata teista è che il Ministro ha una fifa matta dei buddisti. Immaagina! che gente perversa: gente che sta sempre seduta, seduta… ma rigorosamente SENZA UNA POLTRONA sotto il c*lo, né la desidera. Pensiero aberrante, incomprensibile, quindi pericoloso. Che cosa “covano” questi qua, seduti sulla nuda terra come le galline?
Novembre 8th, 2010 at 10:46 pm
Per nekosan #73,
non avevo letto il tuo post.
Relativamente al tuo disagio rispetto a quello che sostengo, ti dico che io qui sono OSPITE tanto quanto lo sei tu e vi partecipo da qualche mese, non faccio parte della Comunità Stella del Mattino e nemmeno di quella di Fudenji. Rappresento quindi solo me stesso.
Relativamente ai rilievi che produci sulla mia persona, dovresti fare esempi di: astiosità, rissosità,insensibilità, sprezzante, poco accogliente…e così via.
Questo perchè, QUI ED ORA E’ DIVERSO PER OGNUNO, e se non ti è chiaro questo, o non lo puoi accettare, non abbiamo nulla da dirci.
Ho già ripetutamente detto che i rilievi alla persona non li accetto, in un contesto del genere si deve STARE sugli argomenti con argomenti, vale a dire che TU, e chiunque, se vuoi farmi degli appunti, lo puoi fare SOLAMENTE entro le argomentazioni, è lì dentro che devi sviscerare i miei eventuali limiti.
Non so che cosa tu abbia capito e cercato nello zen, tuttavia, se si entra in un luogo sacro, bisogna capire bene dove ci si trova e nel caso non piacesse, basta uscire.
La storia dello Zen è ricchissima di figure completamente originali, qui in occidente, siamo appena agli inizi e quando si è molto giovani è abbastanza facile sbagliare.
Relativamente a te, dal mio punto di vista, tu non ci sei mai stato veramente a Fudenji.
Nel senso che non hai capito dove eri.
Personalmente, per ammettere chiunque entro una comunità zen, sono per un tangaryo molto rigoroso.
Saluti.
Novembre 8th, 2010 at 11:13 pm
Per jf #75,
Per me il “requisito fondante” dell'”esser vivi” è includervi anche i “morti”. Ovvero,
vivi e morti costituiscono un INTERO.
Non è difficile no!?
Questo “sedere immobili in silenzio su un cuscino a gambe incrociate (Dogen and friends)”, è molto, molto vasto e include tutto, quindi anche i morti. “Sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno”. Quindi, cadono tutte le qualificazioni, i vivi i morti il silenzio le gambe incrociate, le motivazioni, eccetera, eccetera…
Relativamente alla “soggettività” e dintorni, come ho già avuto modo di dirti, bisogna fare attenzione a non attribuire ad altri quello che potrebbe essere il nostro limite rispetto alla nostra parziale o inadeguata comprensione di quanto l’altro ha espresso e rappresentato. Ovvero, l’occhio non vede se stesso, che non sono le pagliuzze o le travi…
Ti rinnovo l’invito ad approfondire la comprensione dei due piani di realtà e la loro interazione/integrazione.
Ciao.
Novembre 8th, 2010 at 11:32 pm
Il punto non è il “fondamentalismo buddhista”, (che per me è un complimento), il punto è essere o non essere, dove “essere” assume il significato ontologico di riconoscimento/identificazione del reale tale quale esso è, vale a dire impermanente.
Mujo-Bussho.
Novembre 9th, 2010 at 9:07 am
Ah, grazie. Io avevo pensato (in passato, ora non più) che fosse un po’ sciocco (se vedi la forma italiana dell’intervista è da terza media) e un po’… come si dice quando uno dice cose per compiacere un centro di potere da cui potrebbe ricavare qualche cosa? Che fa le marchette?
Novembre 9th, 2010 at 9:53 am
Ebraismo, cristianesimo e islam sono accomunati dal fatto che, per loro, la Divinità è una sola (… o una sòla?)
😛
Novembre 9th, 2010 at 10:14 am
Caro dhr, mi sa che sopravvaluti il signor ministro. Magari ci fosse quella fine intenzione, quella fifa profetica: io leggo solo un guazzabuglio di parole, uno scempio semantico, una piaggeria bisunta. Son italiano all’estero e questo (mon)signorino mi rappresenta: e se son ateo, materialista, relativista, e perché no estremista (che male c’è?) e nel contempo probo cittadino, ho il diritto che il mio ufficiale rappresentante governativo non mi tratti da fenomeno perverso. Scriverò al monastero (pardon, ministero) degli esteri una nota di formale protesta.
Novembre 9th, 2010 at 10:34 am
Per Nello #84
Ci sono stato eccome a Fudenji…
Tu piuttosto sei il tipico frequentatore domenicale, o dovrei dire della domenica ?
Qui e ora sono diversi per ognuno, purchè non sia un alibi.
Ti saluto.
Novembre 9th, 2010 at 10:51 am
JF, non te la prendere con Frattini (che sull’insieme è tra i ministri che non mi dispiacciono). Questa “santa alleanza” dei monoteismi contro i lerci relativisti ecc. sta diventando un tormentone ovunque nel mondo cattolico, da Benedetto XVI ai piccoli settimanali locali.
Lo scopo recondito, direi, è cercare di rabbonire i musulmani (*) facendo loro intendere che possono collaborare anche loro al “bene di tutti”, e li “accoglieremo ben volentieri” ecc., basta che la smettano di abbattere Torri, pe’ ccarità.
Nel caso del ministro, derubricherei le sue parole a ultimi scampoli di propaganda elettorale e/o pressioni di lobbies chiesastiche. A me però interessa il suo lavoro agli Esteri, e lì non mi pare che Frattini sia peggiore dei suoi colleghi sparsi per il mondo.
(*) Non ho notato particolari segni di interesse a questo “progetto” da parte della comunità ebraica.
Novembre 9th, 2010 at 12:16 pm
Se tu lo dici, dhr, mi fido sulla parola, anche se continua a sembrarmi che un pubblico funzionario di alto livello che scrive quella patacca non brilli per acume e lucidità di giudizio. Per stavolta lo ignoro. Penso anch’io che lo scopo della chiamata cattolica alle armi monoteistiche sia una strizzata d’occhio ai musulmani e non mi stupisce che la comunità ebraica non si appassioni al tema: della triade son quelli che più simpatizzano con atei, materialisti e relativisti e non credo, visti i precedenti, che si fidino troppo della compagnia. Ma non direi che il nemico nel mirino siano i buddisti, o almeno non ancora. Certo, se i buddisti saremo così sciocchi da costituirci in chiesa per farci identificare in massa e impallinare, allora sì diventeranno un nemico bersaglio ideale.
Novembre 9th, 2010 at 1:04 pm
Ah ma il mio intervento n. 1 era evidentemente scherzoso. Certo, sarebbe più divertente essere “il nemico” invece che essere “nessuno”… ma tant’è…
Sul resto, concordo in tutto con JF n. 6, aggiungendo che comunque anche i musulmani non mi pare stiano aderendo in massa alla Triplice Alleanza…
Novembre 9th, 2010 at 1:55 pm
Quello che mi ha spinto a pubblicare non è né il cui prodest o nocet, è l’ignoranza palese della propria dignità e ruolo che si trasforma ora in condanna (ai limiti della persecuzione) ad atei ecc. domani, con gli stessi metodi (ignoranza e mancanza di dignità) a chiunque altro
Novembre 9th, 2010 at 2:53 pm
E pensa che questo sarebbe il meno peggiore dei nostri ministri. Quasi quasi torno all’idea iniziale e gli scrivo davvero, come italiano all’estero offeso e incredulo.
Novembre 9th, 2010 at 3:57 pm
per Nello 85
Mah…
Novembre 9th, 2010 at 4:44 pm
Senti chi parla..
A proposito di relativismo: inizia con “il manifesto”, passa a Craxi per approdare al clerico-liberismo Berlusconiano.
A proposito di materialismo: vedere il suo stile di vita e quello del suo padrone.
A proposito di ateismo: che fine farebbero i suoi amici “atei devoti”(v. Ferrara e co)?
Facciamocene una ragione: in Italia
la mamma dei Mastella è sempre incinta
Novembre 9th, 2010 at 4:53 pm
Ecco perché, lì per lì, m’era parsa una marchetta. E rozza per di più.
Novembre 9th, 2010 at 5:14 pm
Io comunque ho scritto al ministero, protestando e chiedendo spiegazioni. Attendo risposta e nel caso vi faccio sapere
Novembre 9th, 2010 at 9:27 pm
Incredibile. Nello.. Svegliati! Siamo tutti, qui e ora, appartenenti alla famiglia umana, senza distinzioni etc art. 3 della Cost., che tu lo voglia o no; ed è lo stesso per tutti. Difficile?
Novembre 9th, 2010 at 9:28 pm
E’ un po’ criptico. Volevo dire che la menzogna dell’ideale, ad es. il progresso infinito, la famiglia mulino bianco etc, è stata una specie di maledizione scagliata sulla realtà; a causa di essa l’umanità è diventata ipocrita e falsa fin negli istinti più profondi – fino ad adorare valori contrari a quelli che soltanto le garantirebbero prosperità, futuro e un diritto sovrano all’avvenire. (Cfr. Ecce homo, Prologo 2)
Novembre 9th, 2010 at 9:46 pm
Ho capito! Nello è un ‘fondamentalista’, cioè è un buddista 24 ore al giorno no-stop; io solo per qualche ora. Dopo la pratica rinasco cittadina, fidanzatina etc. Negli scritti buddisti si sprecano le parole per descrivere l’annullamento della coscienza intellettuale dell’io la c.d. ‘azione’, o zazen, o quel che è; ma come si concerta una sistema senza l’ ‘io’? Questo ‘io’ che tutto conosce e da nessuno è conosciuto?
Novembre 9th, 2010 at 10:01 pm
Pensa che li paghiamo per dire queste cose. L’intervista del Ministro è incommentabile. Frattini è lo stesso che ha perso la faccia davanti alla platea internazionale dovendo porgere le scuse a Mubarak per una pseudo parente marocchina..non so, una cosa così tipo.. ruby? Nel suo volto non c’è traccia di vergogna, solo compiacimento.
Non c’è cosa peggiore che perdere la faccia.
Novembre 9th, 2010 at 11:36 pm
Per nekosan 87,
Per ME, per mia opinione, tu, non sei nemmeno arrivato alla periferia di Fudenji…poi, siccome QUI E ORA E’ DIVERSO per ognuno, sei libero di pensare di “conoscere…” una realtà che non hai nemmeno sfiorato per quanto mi riguarda.
In zazen gli “alibi” scoppiano tutti.
Continui ad entrare nel mio personale, stai sugli argomenti.
Quando ti dico che TU, non sei mai stato a Fudenji, significa che sei lontano dalla realtà buddhista tout court e non solo da Fudenji.
E questa è una mia personalissima e soggettivissima opinione sulla TUA pratica buddhista, o supposta tale, e non su di te in quanto te.
Spero sia chiaro quindi che non sono su un piano strettamente personale ma teoretico.
Saluti.
Novembre 9th, 2010 at 11:38 pm
Per jf 88,
non male.
Novembre 9th, 2010 at 11:44 pm
Per Isabela 90,
Lascia stare quello che pensi possa essere io.
Occupati di te. Stai su.
Per ora, per quanto mi riguarda, del buddhismo non hai capito NULLA (e qualcuno qua sopra potrà anche dirti che è meglio così, non per me).
Continua a praticare zazen…forse un giorno…chissà!
Saluti
Novembre 9th, 2010 at 11:53 pm
propongo una miglioria nella tecnica sesshin: stare seduti di fronte a un muro bianco, a gambe in posizione fior di loto, schiena dritta, con tazza di camomilla a portata di mano.
Novembre 10th, 2010 at 12:56 am
Per Nello 93,
Ma chi te pensa!?
Sempre così… Mi piace stare piegata.
Novembre 10th, 2010 at 7:41 am
Per Isabela 90,
Un sistema senza l'”io”, è la Verità del Dharma, la Verità Universale ed eterna.
Un sistema con l'”io”, la sua degenerazione, corruzione.
La Verità buddhista si produce esattamente nel mezzo che si muove.
Beninteso, per “Verità buddhista”, non si intende nulla di precostituito.
Novembre 10th, 2010 at 7:50 am
Per dhr 94,
la “tecnica” nelle scoasse
Novembre 10th, 2010 at 10:25 am
Per la serie “tecnica” nelle scoasse, le discoteche sono dei piccoli Nirvana dove il solenne fragore del rock fa assaporare il piccolo nulla al figlio di Siddharta. Non essere per un poco, è tutto quello che si chiede. Dei piccoli “niente” di cui la vita dell’individuo odierno ha bisogno per rinascere, e vivere un’altra settimana. Il grande Nulla, maestoso e benevolo, concede questi minuscoli strappi alla sua integrità. Del resto, chi l’ha visto?
Novembre 10th, 2010 at 10:48 am
Per Nello #91
Ti lascio alle tue incrollabili certezze….
Comunque ti ho visto a Fudenji con la tua frequentazione da turista della Domenica…
Forse è per questo che non sai quel che accade davvero in quei luoghi.
Novembre 10th, 2010 at 11:15 am
Per il dotto pubblico: in Veneto le scoasse son la spazzatura.
Novembre 10th, 2010 at 2:26 pm
il che non toglie che la camomilla conservi intatta la propria utilità, per certuno…
Novembre 10th, 2010 at 4:57 pm
Poi tutti lì a criticare il quietismo buddista…
Nekosan, anche se ti si pizzica da qualche parte, gli incontri extraurbani con altri frequentatori del blog lasciali fuori, por favor. Altrimenti racconto di quella volta che ti ho visto io e… lui racconta di quella volta ch’era a letto con me e non so se mi spiego.
PS per i malfidenti: a letto ci vado solo per dormire.
Novembre 11th, 2010 at 3:22 pm
In effetti, ti dico serenamente che spesso faccio fatica a seguirti nei tuoi percorsi dialettici.. traducendo in linguaggio un po’ banale ( giusto per vedere se ho interpretato abbastanza correttamente quanto dici) si potrebbe dire che una visione ideale della realtà ( qualsiasi essa sia ) è comunque una sovrastruttura ( creata e continuamente riflessa dal pensiero) che risulta per lo più ( o solo ) negativa perché nasconde la realtà sostituendosi ad essa?
Quindi, tornando alla questione di partenza, si potrebbe dire che il cercare di “comprendere” questa non – realtà ( non so se si possa dire così ) sia cosa inutile?
Novembre 11th, 2010 at 7:20 pm
Anch’io, da quando sono inciampato in Nietzsche e Morgan (sono stato uno dei “morganiani” più corrotti), spesso mi perdo nei miei labirinti..Credo che l’uomo non possa vivere senza ideali. Da un punto di vista fisiologico derivo l’accezione negativa di ‘ideale’ dall’essere una sovrastruttura prodotta dalla stanchezza; la vita non è che questo oscillare dalla stanchezza alla forza, dove per forza intendo un’agire incosciente: il futuro come ripetizione meccanica del presente.
Novembre 11th, 2010 at 7:21 pm
Però, come dire, c’è la nozione di “contemporaneità” che abolisce il tempo, il ‘cronos’ comunemente inteso, e immette una emozione di contemporaneità rispetto a quello che per me è il massimo evento morale: la morte termica del sole; l’esaurimento del sistema e della vita così come è stata sempre concepita. Questa contemporaneità è appunto l’emozione: non un’emozione apocalittica, ma il legame genetico della specie che diventa forte in occasione di catastrofi.
>E’ un po’ divenire amici, intimi del bhairava, il tremendo.
Novembre 11th, 2010 at 7:22 pm
La menzogna può servire per un momento, ma alla lunga essa è necessariamente dannosa, e la verità alla lunga serve necessariamente, sebbene possa accadere che sia al momento dannosa.
Novembre 11th, 2010 at 8:25 pm
Devo confessare la mia ignoranza: cosa vuol dire ” divenire amici, intimi del bhairava, il tremendo”?
Novembre 11th, 2010 at 9:03 pm
Diventare amici, cioè uniti, nel tremendo, nella catastrofe = bhairava
Le immagini di bhairava (che si trovano facilmente su internet) possono leggersi come un tentativo di esorcizzare la catastrofe.
(cfr. commento 12)
Novembre 12th, 2010 at 9:32 am
Grazie… Alla prossima
Novembre 12th, 2010 at 11:55 am
Ciao Marta, la frase “Divenire amici, intimi del bhairava, il tremendo, questo intendo per contemplazione” da me citata al n.12 e poi ripresa da Hmsx, è una rappresentazione dello zazen. Nella cultura indiana antica (prima nell’induismo poi anche nel buddismo soprattutto di scuola vajrayana) “il tremendo” o bhairava rappresenta la consapevolezza della impermanenza che svela la completa vacuità di ogni essere, ogni cosa. Vacuità-tempo-morte che tutto divora. Bhairava potrebbe essere tradotto (almeno un aspetto) con l’espressione horror vacui.
Novembre 12th, 2010 at 7:22 pm
Ti ringrazio per l’ulteriore delucidazione e per l’immagine che definerei abbastanza inquietante..
Un caro saluto
Novembre 13th, 2010 at 12:39 am
leggo maleissimo francese e spagnolo, quindi può essermi sfuggito il riferimento.
Cosa intendi con Istituzione?
Novembre 13th, 2010 at 5:47 pm
Più o meno questo:
“L’istituzione è una forma di aggregazione sociale, organizzazione, meccanismo, struttura sociale, che governa il comportamento di due o più individui, ed è caratterizzata da modelli di comportamento che, grazie al processo di ripetizione, tipizzazione ed oggettivazione, si sono cristallizzati in ruoli all’interno della società. L’istituzione è qualcosa di più generale di un ente, è un comportamento oggettivato. L’oggettivazione può avvenire tramite due tipologie di strutture:
* le strutture visibili (organizzazioni pubbliche e private oppure gruppi primari come la famiglia)
* le strutture simboliche (i contenuti culturali condivisi come l’inno nazionale, i rituali come i riti religiosi ed il linguaggio come la lingua italiana).”
… e molto altro, per questo ho usato la lettera maiuscola. L’istituzione che ospita i tuoi commenti ringrazia, mio tramite, per la tua partecipazione.
Novembre 13th, 2010 at 7:48 pm
Mi chiedono le relazioni in italiano. Le lingue ammesse al seminario erano inglese francese e giapponese… Niente italiano purtroppo.
Novembre 13th, 2010 at 9:32 pm
già, perché in italiano chi non avrebbe compreso e apprezzato frasi del tipo…
“L’istituzione è una forma di aggregazione sociale, organizzazione, meccanismo, struttura sociale, che governa il comportamento di due o più individui, ed è caratterizzata da modelli di comportamento che, grazie al processo di ripetizione, tipizzazione ed oggettivazione, si sono cristallizzati in ruoli all’interno della società. L’istituzione è qualcosa di più generale di un ente, è un comportamento oggettivato”…..
Novembre 13th, 2010 at 10:54 pm
Per Isabela 98,
Sono per la chiusura immediata di tutte le discoteche del pianeta.Immediata.
Saluti
Novembre 13th, 2010 at 11:04 pm
Per nekosan 99,
non mi conosci.
Che significa che non puoi “vedermi” nella mia realtà anche se fossimo nello stesso luogo. Così come non sei in grado di “vedere” Fudenji nella sua reale storia.
Ribadisco, TU, per me, a Fudenji non ci sei mai stato e da quanto scrivi, deduco che hai una idea comunque ristretta di buddhismo.
Non è grave, tuttavia, è importante non convincersi che quanto si crede di avere visto, possa realmente essere quanto si è visto.
Novembre 13th, 2010 at 11:50 pm
Il dibattito è quasi sempre un modo per arricchire il proprio essere, quindi, comunque, l’occasione era ottima, così come il tema della medesima.
Ognuno ha parlato presentando la propria posizione attuale, questo si deduce.
Forse, il tema voleva essere più terra terra, che non significa meno importante…tutt’altro, mentre i relatori hanno indicato la loro posizione personale senza allargarsi troppo e senza entrare nel “terra terra”, come probabilmente avrebbe voluto il tema dell’incontro.
Sugli interventi, apprezzo particolarmente quello di Fujita e Guareschi (per Fausto, si deve praticare per 300 anni, tre secoli, alla giapponese, poi, eventualmente fare degli aggiustamenti), per il resto, è evidente che la dominante QUI E ORA E’ DIVERSO PER OGNUNO, domina e continuerà a segnare i prossimi decenni e in questo caso, il QUI ED ORA, ha una valenza non positivissima, vale a dire che ognuno resta sulle proprie posizioni che riproducono il proprio grado di esperienza…
Comunque, ottima occasione e grazie per averlo postato.
Novembre 14th, 2010 at 2:37 am
Per mym e le “considerazioni”,
l'”Istituzione” Zen, ha un compito primario e ineludibile, proteggere e tramandare lo zazen (praticandolo ovviamente).
Poi, quasi tutti sanno che l’insegnamento è lo zazen, il resto sono dettagli, contingenze, decorazioni, coproduzione…
Poi, trovo delle tautologie in quello che dici, il buddismo è lo zen, ergo come può lo zen liberarsi del buddismo?
Oppure, il buddismo è il Dharma (ordine dell’universo), come si può andare “oltre” ciò?
Intendendo per Dharma la realtà proprio tale e quale essa è, vale a dire illuminata, è evidente che in quel processo delle cose tutte le categorie cadono e resta solo, appunto, la realtà così come è.
Non si può “ingabbiare” lo zazen. Quindi ovunque si pratichi regolarmente zazen non potranno mai sorgere quelle istituzioni tanto temute.
Il problema è un altro, come proteggere lo zazen? In che modo oggi? Qui sta la sfida.
E le risposte attengono alle sensibilità ed esperienze personali come gli interventi dei vari relatori dimostrano.
Lo Zen senza buddismo è una utopia perchè il buddismo è l’universo stesso, il Dharma eterno.
Novembre 14th, 2010 at 11:31 am
(@ dhr 4) Perché, come definizione non ti ficca?
Novembre 14th, 2010 at 11:34 am
Ciao Nello, proprio perché non si può ingabbiare lo zazen l’Istituzione non c’entra nulla. Nè nel proteggere né nel tramandare. Quanto poi al praticarlo… mai vista un’istituzione “fare” zazen?
Se il buddismo fosse lo zen uno dei due sarebbe di troppo.
Novembre 14th, 2010 at 11:38 am
@ 103: con la gente ancor dentro o … ? 😛
Novembre 14th, 2010 at 11:38 am
Per me..
Che cosa voleva testimoniare il buddha?
Quel senso è ancora presente nella pratica oggi?
Quale senso per l’uomo oggi: “pour quoi faire”?
SE quel senso si manifesta principalmente come testimonianza, se la radice si esprime attraverso i frutti, quali frutti si sono realizzati oggi?
Le istituzioni oggi, sono mezzo o fine?
I suoi rappresentanti sono testimoni dell’ottuplice sentiero, facilitatori di liberazione, manifestazione delle-nelle “tre menti”?
Se si allora è bene conservare
Se no allora..come diceva Ippocrate: “primo non nuocere”
Novembre 14th, 2010 at 11:42 am
“Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
Bella domanda.
Qualcuno si vuole avventurare?
Novembre 14th, 2010 at 11:47 am
Dimenticavo: segnalo -perché l’ho postato in un secondo tempo- che è disponibile il Discorso introduttivo al seminario, di Jiso Forzani. In italiano, selbstverständlich.
Novembre 14th, 2010 at 11:47 am
@mym 7
Di per sé la definizione può andare, ma l’arte di sbrodolare paroloni & definizionissime la lascerei ad altri…
Novembre 14th, 2010 at 11:49 am
Ben volentieri.
Tu come avresti risposto?
Novembre 14th, 2010 at 11:50 am
Non avrei risposto.
Il Silenzio fa molto togo.
😛
Novembre 14th, 2010 at 11:59 am
‘azz, touché!
Ma solo perché non so che cosa vuol dire “togo” altrimenti due pagg di definizione non te le toglieva nessuno… 😉
Novembre 14th, 2010 at 12:17 pm
A me la definizione di istituzione piace – si potrebbero intendere gli uomini come ‘istituzioni’ della natura – però in Italia c’è questa bolla dell’ eterno-ritorno-dell’uguale – con licenza parlando un gioco per bambini scemi – da più o meno una decina d’anni..e la chiamano “grande politica”! Aver fornito degli “argomenti ideologici (?!)” non mi attribuisce certo una responsabilità oggettiva per il disastro in corso. Occorre un presupposto fondamentale per prendere sul serio un 23enne: essere fondamentalmente malati! Ecco, l’ho detta…che cosa si testimonia? Ci penso..
Si stima che i templi buddisti giapponesi scenderanno da 76mila a 6mila nei prossimi 50anni.
Il presente è sempre più oscuro.
Novembre 14th, 2010 at 12:27 pm
“Si stima che i templi buddisti giapponesi scenderanno da 76mila a 6mila nei prossimi 50anni”, vero, i giapponesi si sono rotti gli zebedei di fare ciccìcoccò al tempio buddista e non pagano più ricche parcelle agli officianti. Il fatto è che, ancora, non hanno un sostituto altrettanto… soddisfacente? Soporifero? Funzionante?
Chissà in quanti si saranno mai chiesti: “Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
Novembre 14th, 2010 at 12:28 pm
Buddha si sottrasse sempre da disquisizioni astratte che gli parvero inutili e formulò la parabola dell’uomo ferito da una freccia che non se la lascia estrarre prima di sapere quali siano la casta, il nome, i genitori e il paese del feritore. Comportarsi in tal modo, disse il Buddha, è correre il rischio di morire; io insegno ad estrarre la freccia.
# 16 Accidenti! : essere essenzialmente malati! Insomma la sostanza è quella…
Novembre 14th, 2010 at 1:11 pm
Sempre coraggioso Hmsx, grazie.
Novembre 14th, 2010 at 1:44 pm
Non so. Per rimanere “terra-terra” m’avventuro…Buddha testimonia la via che conduce a se stessi e, invero, dentro la propria grandezza dove per grandezza intendo il legame con le anime individuali, collegate – connesse – in modo indissolubile anche se separate fisicamente nello spazio, e qualunque sia la distanza che li divide o ovunque siano nell’Universo. Ciò è più evidente quando le stesse compartecipano consapevolmente alla evoluzione dello Spirito “condividendosi” e contribuendo alla generazione di una Realtà fatta di Gioia autentica.
Novembre 14th, 2010 at 4:29 pm
Ho deciso di farmi lapidare (o impallinare, dipende dalla vs cattiveria).
Mi vien da dire che il Buddha ha testimoniato in primo luogo il qui ed ora: ed un modo per realizzarlo.
Anche se è vero che il qui ed ora è diverso per ognuno, questa rimane una affermazione monca se non si aggiunge anche che è uguale per tutti. Ovviamente dipende dal motivo per cui si fa quella affermazione in quel dato contesto.
Novembre 14th, 2010 at 4:30 pm
La defecazione o la respirazione sono, è vero, diversi per tutti: non sto a descrivere le varietà possibili di questi atti fisiologici, non qui almeno. Tuttavia è anche vero che possiedono un quid, un minimo denominare comune, che rende l’esperienza la stessa per tutti. Tanto che, se dico defecare, tutti ‘sanno’ di cosa sto parlando, anche se riconoscono una gamma di modalità e sfumature diverse a seconda dei casi. In questo senso, defecare è universale, è uguale per tutti.
Idem per ‘adesso’ o ‘qui ed ora’ che dir si voglia. Un momento di presenza mentale, se e quando capita, si caratterizza a mio avviso in modo inequivocabile. L’intensità di questa presenza può essere forse funzione del soggetto, del suo addestramento specifico: non in quanto questione di abilità, ma in quanto funzione della sua disponibilità a ricevere (ovvero a farsi da parte). E le circostanze la colorano, la caratterizzano: il rumore delle auto piuttosto che il canto degli uccellini. Un muro bianco davanti al naso o la propiocettività corporea di base. Queste circostanze-differenze la diversificano, la rendono diversa per ciascuno. Ma resta pur sempre quella roba lì, il presente che realizza il presente nel presente.
Proprio perché nella sostanza è uguale per tutti, sono migliaia di anni che ce la meniamo e ci confrontiamo. Amiamo per lo più distinguerci e misurarci, e questo è uno dei motivi per cui, invece di fare del qui ed ora il nostro baricentro, ne parliamo mettendone in evidenza le differenze qualitative.
Novembre 14th, 2010 at 4:48 pm
In definitiva ogni cosa e ogni essere sono in qualche modo, seppur razionalmente inspiegabile, collegati con tutto ciò che esiste; interagendo condizionano in varia misura, con la loro essenza e il loro comportamento, il tutto. L’esperienza di interazione avvenuta nel passato tra due Anime, infatti, crea tra le stesse una forma di “collegamento attivo” in tempo reale che si mantiene nel tempo e dipende dalla velocità con la quale le informazioni (pure) vengono trasmesse al sistema – un insieme di individui. La velocità di un sistema tende ad essere quella del suo individuo più lento in misura tanto maggiore quanto più in quel sistema vige un pincipio d’uguaglianza. L’uguaglianza è contronatura, ma è un fatto oggettivo, ‘convenzionale’, – qui e ora, valido per tutti.
Novembre 14th, 2010 at 4:57 pm
Se il santo uditore conosce il contatto e l’origine del contatto, conosce l’annientamento del contatto, egli ha pertanto la retta cognizione del contatto. Ma che è il contatto che è l’origine del contatto, che è l’annientamento del contatto, che è la via, che mena all’annientamento del contatto? Esistono sei specie di contatti: visivo, uditivo, olfattivo, gustativo, tattile e il contatto di pensiero. L’origine della sestupla sede determina l’origine del contatto, l’annientamento della sestupla sede determina l’annientamento del contatto. Ma questa è la via: il santo sentiero ottopartito.
Novembre 14th, 2010 at 5:18 pm
Ennò, citare i sutta (mahasatipattana direi di primo acchitto) non vale. Passi per la freccia, la zattera, la pianticella di riso, il serpente (velenoso, mi raccomando) afferrato dalla parte sbagliata, l’elefante e i non vedenti… Quì ciascuno con parole sue, altrimenti è come la raccolta delle figurine.
Novembre 14th, 2010 at 5:55 pm
Ok: tutti i valori con cui fino ad ora abbiamo tentato in primo luogo di rendere per noi stimabile il mondo e con cui poi, proprio per questo, l’abbiamo “svalutato”, essendosi rivelati inapplicabili – tutti questi valori, riguardati da un punto di vista psicologico, sono risultati di determinate prospettive dell’utilità per la conservazione e l’accrescimento di forme umane di dominio: e soltanto falsamente “proiettati” nell’essenza delle cose. Fa ancora sempre parte della INGENUITA’ IPERBOLICA dell’uomo “porre” se sesso come senso e misura di tutte le cose…(il maiuscolo non è gridato: sarebbe corsivo – Come si fa il corsivo? – Senza gridare non mi riesce di fare il corsaro!)
Novembre 14th, 2010 at 6:00 pm
Il corsivo? < em >testo< / em > togliendo tutti gli spazi
Novembre 14th, 2010 at 7:53 pm
I post della Stella (ed i relativi commenti) oltre che in Italia, sono seguiti in Francia, in Spagna e (qualche volta) in Giappone e in America. A proposito dei commenti, mi manda una bella immagine un amico spagnolo: «La partida de ajedrez que suele celebrarse en la página de la Stella tras cada post…(La partita di scacchi che suole celebrarsi sulla pagina della Stella dopo ogni post…)». A chi tocca muovere? 🙂
Novembre 14th, 2010 at 8:06 pm
scacchio!
Novembre 14th, 2010 at 8:34 pm
Macchio!
Novembre 14th, 2010 at 8:55 pm
Mach..Match!
E se testimoniasse l’ “Amore” come comunione d’intendi, vale a dire una interazione costruttiva a distanza di tutto con tutto; lo “spirito” posto come essenza del mondo; la logicità come essenziale; gli individui come ‘idee’ ?
PS: in Belize fanno esperimenti: harmony VS the end?
Novembre 14th, 2010 at 9:12 pm
In Belize:
http://www.repubblica.it/ambiente/2010/11/14/foto/barriera_corallina_clima_cambiamento-9094136/1/?ref=HRESS-2
Novembre 14th, 2010 at 9:20 pm
Intendo per comunione d’intendi: Zaag! comunione l’intenti.
S’intende che non m’intendo col mio pc?
(non mi riesce di corsivare le parole)
Novembre 15th, 2010 at 12:34 am
Per Nello 6 (mi connetto solo ora, oggi)
No, l’istituzione non ha come “compito primario e ineludibile, proteggere e tramandare lo zazen (praticandolo ovviamente)”. Lo dico in veste di uomo dell’istituzione. Guai se così fosse. L’istituzione non ha giurisdizione alcuna sullo zazen, né, ovviamente, lo pratica. Lo zazen non è pratica “istituzionalizzabile”, quale che sia l’accezione di istituzione che si vuole accreditare. Lo zazen è “pratica” non istituzionale perché è “pratica” personale, e una singola persona non è un’istituzione, se non forse in termini giuridici che qui non sono pertinenti, o nel delirio egocentrico di chi allo specchio dichiara “l’institution c’est moi!”. Inoltre lo zazen si protegge e tramanda da solo: semmai protegge (e provoca, disarma, sconcerta, sostiene, rimprovera, sollecita, turba, mortifica, vivifica…) chi ci si siede dentro. E si tramanda nel riconoscimento, a sua volta personale, del suo valore intrinseco. L’istituzione che si ispira allo zen, piccola o grande che sia, si limita (dovrebbe) a fornire alcuni strumenti utili (ma non indispensabili), secondo i tempi e le circostanze, a coloro che li chiedono per facilitare il prosieguo del loro impegno nel fare zazen, e a scoraggiare (senza considerarsi depositaria della verità) i tentativi dei suoi membri di appropriarsi, a qualunque titolo, dell’amministrazione esclusiva dello zazen.
Novembre 15th, 2010 at 11:01 am
@ dhr 4: vedi perché la definizione di istituzione ha da essere lunga… nelle istituzioni tutto è lungo lungo lungo.
Eppoi per sedersi dentro allo zazen dovrebbe essercene (almeno) uno.
Nello, il lanciafiamme!
Novembre 15th, 2010 at 11:25 am
Scusate ma l’attacco di cretinite-analfabetismo che mi ha colpito da un po’ di giorni non mi lascia dormire: AMORE = COMUNIONE D’INTENTI.
L’essere umano è un “sistema biologico inerziale” che funziona ad Amore tendente ad evolvere attraverso la condivisione, l’espressione in comunione d’intenti di sé con se stesso, l’altro e la Realtà.
(chiudo in attesa di una testimonianza autorevole che riveli l’arcano)
Novembre 15th, 2010 at 12:22 pm
Caro Hmsx, sempre più coraggioso. Per di più l’umano come motore che funziona ad amore non è niente male. Per ciò che riguarda la testimonianza autorevole temo che non ci resti che attendere un intervento dell’ISTITUZIONE.
Così prendiamo meglio la mira.
Novembre 15th, 2010 at 12:37 pm
mym 37 – C’è la descrizione della forma dello zazen, conformandosi alla quale una persona si siede dando forma viva allo zazen: questo intendevo dire con “ci si siede dentro (jf 34). La tuta di amianto è sempre a portata.
Novembre 15th, 2010 at 12:53 pm
A be’, richiamo i veltri, allora.
Novembre 15th, 2010 at 4:41 pm
Per mym 8,
per me il senso di “istituzione” è equivalente a “sangha”, un gruppo di persone che vive lo zazen, questo è il mio modo di intendere questo termine. Poi, sono anche convinto che serva un riferimento qualificato e autentico, non credo sia sufficiente la buona volontà per intraprendere la pratica dello zazen, è importante ma non basta. Questo per la mia modesta esperienza.
Ancora, per ME, il buddhismo è lo Zen.
Liberissimo di fare tutti gli equilibrismi che ti pare. Ciao.
Novembre 15th, 2010 at 4:59 pm
Per jf 34,
permane lo stesso fraintendimento di cui sopra, è probabile che non abbia capito bene l’accezione che si riferiva al termine “istituzione”.
Ripeto, per me, una istituzione zen, non può che essere un sangha, non la riesco a concepire in altro modo, quindi se si parla di istituzione, per me è paradigma di comunità di soggetti che praticano zazen insieme (che non significa necessariamente nello stesso luogo fisico).
Per il resto sono d’accordo, fatto salvo che comunque i Tre Tesori sono Dharma, Buddha, Sangha.
E Sangha, non corrisponde a un individuo, su un piano dialettico.
Poi, certo, su un altro piano dialettico si può dire che Sangha è l’universo stesso che così conferma l’uno seduto in zazen come chiusura del cerchio. Perchè uno solo canonicamente e su un piano, non è un sangha.
Gli “amministratori esclusivi” hanno sempre una durata limitata di tempo…
Novembre 15th, 2010 at 5:10 pm
Con Isabela dentro e Don Oreste Benzi che la catechizza…
Novembre 15th, 2010 at 5:26 pm
Caro Nello (40), che cosa qui (e nella lingua italiana) si intenda con “Istituzione” (o “istituzione”) è stato abbastanza spiegato. Se poi vuoi trasformare in istituzioni anche le sanghe i gruppetti o gli isolati… vedi tu. Spero che ti abbiano autorizzato a parlare per loro. A me sembra una porcheria ma, si sa, il QUI E ORA è diverso per ciascuno, perciò potrebbe essere pure peggio, di una porcheria.
I buddismi sono tanti, come si diceva una volta: milioni di milioni; di grazia, quale sarebbe per te (PER TE?) quello che è (anche? Solo?) zen?
Novembre 15th, 2010 at 5:40 pm
Grande! Nello che fa battute, ti quoto.
Se famo ‘e primarie d’oozzen c’hai il sicuro affuturato, c’hai.
Novembre 15th, 2010 at 5:47 pm
zen? zero.
(della serie: ditelo con un fiore)
Novembre 15th, 2010 at 5:53 pm
Carciofo?
Novembre 15th, 2010 at 6:06 pm
Per Nello 41: Un linguaggio è fatto per esprimersi con l’intento di comunicare. Se qualcuno usa una parola in un’accezione che gli attribuisce solo lui, tutto quello che resta condivisibile della comunicazione è il coro dei PER ME. Istituzione non è equivalente a sangha, ci sono parole diverse proprio per dire cose diverse. Se dici che un’istituzione zen non può essere che un sangha, o istituzionalizzi ogni sangha, operazione arbitraria e, per me, per nulla zen, o neghi che possa esistere un’istituzione zen, asserzione interessante e magari condivisibile, ma che secondo il tuo sillogismo nega anche la sangha.
Novembre 15th, 2010 at 7:59 pm
Non con l’ostilità ha termine l’ostilità. Ho cambiato le batterie agli occhi bionici…Probabilmente Nello – inteso come identità sociale: favorisca i documenti: polizia karmica – ne fa una questione di natura, di biologia: una poetica lotta tra elementi chimici.
Tuttavia tra i piani dialettici c’è quello giuridico che gli appiccica un bell’io fino alla fine dei suoi giorni e l’inchioda ad una società operosa, opulenta e vanitosa. Qui e ora, etc…
La domanda è (forse) come si fabbrica una nuova specie, una generazione di donne e di uomini con istituzioni incapaci di rappresentarla e progettarla?
Penso all’imperante esigenza della giustizia e la mente vola alle odierne costituzioni sudamericane che riconoscono la Terra come soggetto di diritto.
(Ma quale superiore civiltà giuridica occidentale basata sul latrocinio!)
Novembre 15th, 2010 at 8:01 pm
Dopo aver contemplato la natura nella sua alta e piena maestà lo sguardo ritorna ai bassi oggetti che ci circondano; se la vista si ferma lì l’immaginazione va oltre: si stancherà prima essa di immaginare che la natura di fornirle oggetti. Infine non generiamo che degli atomi rispetto alla realtà delle cose. E’ una sfera infinita il cui centro è dappertutto, la circonferenza in nessun luogo…qual è la misura dell’uomo? Come sognare un mondo il cui enigma possa risolversi in chiarezza e positività?
Novembre 16th, 2010 at 10:05 am
L’uomo è misura di tutte le cose…di cui non conosce la misura! La misura della forza del cosmo è determinata, non è “infinita”: il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e in sostanza “non misurabile”; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. Il senso del divenire è compiuto/adempiuto in ogni attimo.
Tagliare col passato, per sempre e continuativamente, vuol dire rompere il circolo perpetuo che vizia il destino dell’uomo; rompere il cerchio dell'”eterno ritorno” significa aprirsi la via ad un nuovo tempo rettilineo, proiettato verso l’infinito e infinitamente diverso da sé, in costante cambiamento. —
Novembre 16th, 2010 at 10:07 am
Questa capacità di superare, oltre che i piccoli e i grandi valori posti, anche se stessi, ossia la potenza di annullarsi come soggetto è [-]; non è un super-soggetto, piuttosto una condizione in cui il soggetto si dà come campo di forze in divenire, come spazio d’ascolto polifonico: una modalità del pensare di un’epoca post-metafisica.
Tutti i sapienti hanno negato nel loro tempo il valore della cultura e dell’organizzazione statale,
Platone, Buddha…
Novembre 16th, 2010 at 5:23 pm
…ma Don Oreste è morto!
Inoltre: è qui riportato con valore di stima?
E’ pertinente quel che chiedo?
Mah! Ritorno nell’ombra cercando di decifrare i curiosi codici della stella
P.S.:
‘se famo ‘e primarie dô zzen..’
dello
de lo
d’ ‘o
dô
Novembre 16th, 2010 at 5:27 pm
Ad esempio: esiste una visione non ristretta di buddhismo: qual’è, nel caso?
Quoto anch’io la battuta, senza nuocere però ad Isabela beninteso
Novembre 16th, 2010 at 6:39 pm
Sto sugli argomenti. Una idea ristretta di buddhismo: quella di Nello. La parola Buddhismo è di recente coniatura, introdotta in Europa nel XIX secolo, non ha molta pregnanza. C’è una materia – si studia ancora? – chiamata Orientalismo, ovvero come gli europei vedevano l’oriente. Una specie di fantasmagoria perché all’inizio del XX sec. le più importanti spedizioni scientifiche che lo studiavano erano naziste. Il Dharma, tutto l’universo di cui abbiamo conoscenza, non è tutto l’universo. E’ un campo di osservazione, tra tanti campi di osservazione. Il fatto che il termine Dharma sia caratterizzato da una certa indeterminatezza e infinitezza mostra solo che il pensiero degli antichi era essenzialmente sintetico e non analitico come quello dei moderni. – Perché chiudere le discoteche? Sono così piene di belle ragazze; a trovarla qualcuna, come me, che “catechizza” con un po’ di “conoscenza biblica”. (PER ME è impallinato)
Novembre 16th, 2010 at 7:05 pm
AHR 109: cerrrrto che c’è una visione non ristretta del buddismo. È nota, in sanscrito, come “brodo allungato”. L’altra, certamente meglio, ‘a chiameno consommé.
Novembre 16th, 2010 at 9:19 pm
Leggendo il post e i vari interventi, mi è venuto questo pensiero riguardo alla “forma” dello zen..
La conoscenza di quella realtà forse per voi è scontata e quindi potete anche criticarla ( nel senso positivo e costruttivo del termine )ma per me… è estranea, non avendo vissuto in luoghi che, nei vari modi, erano deputati all’insegnamento’..
Pazienza si potrebbe dire, non è necessario e neanche possibile che tutti facciano quel percorso..
Ok, ma allora che “vestito” mi devo mettere? A me non sembra di avere un vestito…
Si può stare senza vestito? Mi sembra che possa stare senza, solo chi prima l’ ha indossato e poi se lo è tolto ….
Novembre 16th, 2010 at 9:35 pm
Hmsx, decidi UNA identità e scrivi UN post per volta, sotto quel nome!
Novembre 17th, 2010 at 12:25 am
Una sola?! MAI!!!
Il nero, il rosso e il bianco mi donano, tuttavia i costumi tradizionali mi sembrano più belli. Ma v’è differenza tra bellezza e comodità. Il giapponese è un popolo piuttosto sensibile alla comodità. Non ha esitato ad abbandonare il kimono – “scomodo” – per un senso di venerazione verso l’occidente.
Secondo le norme dell’etichetta non siamo “eleganti” in kimono, e ne scaturisce naturalmente una sorta di doppia vita — il kimono diviene il privilegio di gente sazia di indossare abiti occidentali, una sorta di lussuosa seconda auto. La gioia di indossarlo nasce, come la bellezza, dalla costrizione; l’imposizione di indossarlo in particolari cerimonie. L’abitudine di indossare il kimono gli conferisce ordine e autorità, cioè disciplina, distinzione, obbligo sociale e persino eticità.
Novembre 17th, 2010 at 1:11 am
@42) In rappresentanza dell’ISTITUZIONE: la DISQUOTEQUE!!!(autorizzato da sanghe e gruppetti di isolati) ^^
Oggi la personalità se la può permettere, se la può concedere solo una piccola elite: il cantante, l’attrice, eccetera, eccetera…
E l’antidoto che abbiamo – al futuro anonimo – è durare!
La sconfitta è ‘quasi’ storica, ma dirtelo non potrò mai.
I cantanti dalla radio cantano, ogni anno foglie morte cadono, i calendari cambiano… e, per un errore cosmico, l’universo è inutile!
– – –
Novembre 17th, 2010 at 1:23 am
Ciao Marta 50. Bella domanda.
Nudità è cambiare il vestito prima che il vestito cambi te… alla Brachetti.
Quando è nudo, non si vede mai.
Che c’entrino bellezza e comodità, lo sa solo Hmsx
Novembre 17th, 2010 at 1:57 am
Amici miei, oggi bisogna strisciare a quattro zampe in questo “Stato” e ragliare come un asino; bisogna far sapere a questa epidemia che si è un asino – unico espediente per mantenersi incontaminato in questa pazzia.
Hai capito how dismantle an atomic bomb degli u2? Io no, ma non mi è piaciuto. Bono, salvando il mondo, è diventato miliardario – vorrebbe far diventare vecchi gli specchi -, e senza sputtanarsi! Però l’Irlanda rischia il crack finanziario.
Per la serie il futuro dello zen..e dell’Europa?
(Il busillis si trova proprio in diebus illis)
Novembre 17th, 2010 at 11:11 am
Ciao Marta, per fortuna ci sei tu a riportare i fringuelli a terra. Il post, il seminario sono proprio a proposito della tua domanda. Le mie considerazioni, secondo la metafora da te scelta, tra le altre cose vogliono dire: non può (non deve) essere un’istituzione a scegliermi il vestito, se ci prova non sono io ad essere malvestito è l’istituzione ad essere fuori. L’idea forza dello zen è “senza vestito” (quella che io chiamo anarchia) ma “senza vestito” è già un vestito. Per questo siamo tutti nella stessa … zattera. Grazie.
Novembre 17th, 2010 at 11:31 am
Oggi è di nuovo, trentasei anni dopo, giornata di lutto nazionale: al processo per la strage di Brescia, tutti assolti. Non è giornata nera perché hanno assolto “quelli lì” ma perché un’altra strage passa impunita nel paese del diritto. Chi non sente un dolore personale, interiore per questo è già un po’ a quattro zampe. E gli asini ragliano sempre più forte nel Paese dei balocchi: non ci si sgomenta e preoccupa perché la ‘ndrangheta conquista il Nord, ma per il modo in cui qualcuno lo denuncia. Nel Paese della moda anche la nudità è un vestito. Che c’entra questo con lo zen? C’entra eccome: questa terra è la mia terra, la pura terra. Chi la contamina avvelena anche me, se mi contamino avveleno anche lei. E anche l’antidoto può diventare un veleno…
Novembre 17th, 2010 at 11:50 am
Ciao Nudelook, bentornato. Cammini su fili sottili ‘stamane… Se mai c’era una buona occasione in cui prender nota e tacere, il Maroni l’ha sprecata alla grande. Ha preferito sentirsi leghista invece che ministro di tutti. Uno scempio.
Brescia arriva sino a noi attraverso alle bombe a Falcone e Borsellino.
Novembre 17th, 2010 at 11:55 am
Provo a rispondere a dhr.
Quando la cultura raggiunge un grado estremo di maturazione si apprezza l’artificiosità della bellezza femminile. Gli accessori della moda, infatti, appaiono come una forma del tutto grottesca se paragonati alla naturalezza di un corpo nudo. Tuttavia in Europa il corpo umano è concepito come qualcosa che trascende il fisico. Per Platone siamo attratti dalla bellezza fisica e, attraverso di essa, percepiamo il fascino ben più nobile dell’Idea. Insomma non si può accedere all’essenza dell’Idea senza varcare la porta della bellezza fisica. Il Buddhismo, invece, disprezza il corpo; non contempla alcun senso di venerazione per esso. La bellezza è soprattutto spirituale: l’atmosfera, il fascino, il portamento…
PS: questo post non è una bacheca personale! Smetto?
Novembre 17th, 2010 at 11:59 am
Be’, se scrivi cose come “Il Buddhismo, invece, disprezza il corpo” forse una piccola pausa…
Novembre 17th, 2010 at 12:02 pm
Non avevo visualizzato gli ultimi due commenti: uno scempio.
Novembre 17th, 2010 at 12:04 pm
n 60: nel senso che rifiuta il mondo fenomenico.
Novembre 17th, 2010 at 12:27 pm
Prima che ti impallini qualcun altro lo faccio io: «Il Nirvana è in nulla differente dal samsara. I confini del Nirvana sono i confini del samsara. Tra i due non c’è la minima differenza.» Non solo, ma rifiutare qualchecosa, fosse pure il mondofenomenico, è il modo migliore per restarci appiccicati.
Novembre 17th, 2010 at 12:47 pm
Grazie. Più che tradurre l’enigma del mondo in preciso enigma neikosofico – un odio speculare all’amore che corrisponde alla fede più ferma – non so e non posso fare; ma sarebbe sbagliato interpretare questa esperienza in senso generalmente negativo. Perché quando si cantano i limiti della conoscenza l’uomo è sanamente rinviato a se stesso, al suo coraggio. Tuttavia non c’è garanzia che la Volontà – di vita o di potenza – esaurisca l’essere; al contrario, è solo una base empirica. Una “x” come ultima rilevazione (non rivelazione) dell’essere, e lo è in maniera netta perché è soprattutto anti-metafisica, cioè fisica: è descrizione ultima dei fenomeni, non spiegazione.
Canto e mi prendo una luuunga pausa. ☺
Novembre 17th, 2010 at 12:49 pm
Bella la faccina ☺ non la conoscevo.
Novembre 17th, 2010 at 2:23 pm
Non solo, (mym 58) anche come leghista l’ineffabile Maroni avrebbe potuto (dovuto) prender nota, tacere e verificare d’urgenza. Un doppio scempio. Ma si sa, ci sono i cani guida e i cani che abbaiano ai pompieri che vengono a spegnere l’incendio nella casa dei loro padroni.
Novembre 17th, 2010 at 3:00 pm
Allora chiedo a Nello: Qual’è la tua visione del buddismo?
Novembre 18th, 2010 at 2:49 pm
E’ evidiente la visione del Buddhismo di Nello:
QUI E ORA E’ DIFFERENTE PER OGNUNO.
E, anche: io so io e voi nun siete un….
Novembre 18th, 2010 at 4:56 pm
Nekosan, sei provocatorio e malfidente. Vedrai, quando meno te lo aspetti si aprirà una crisalide e …
Se “metti in bocca” le parole (del Grillo!) a qualcuno ti sei già squalificato da per te. Lo so che tra i buddisti lo fanno quasi tutti, ma -dialogando- non c’è nulla di meno buddista.
Eppoi: qui e ora è differente per ognuno solo dove ci sono differenze, dove si tratta del più e del meno, tra un “signora mia” e un “freddino, oggi, eh?”. Per non parlare delle difficoltà a circoscrivere il “qui” (metri quadri? Ettari?). Ecc. ecc.
Novembre 18th, 2010 at 10:36 pm
Per mym 42,
Qui, ci troviamo in un “ambito Buddista”, quindi, anche il linguaggio che vi si usa dovrebbe essere funzionale a rappresentare quanto si intende per buddhista. Questo a dire che per me, il significato del termine “istituzione” in questo contesto ha una valenza specifica al medesimo e sullo stesso calibrata.
Certo, per me.
Le “istituzioni”, le fanno le persone e se le persone sono autentiche, anche le istituzioni che animano lo sono.
Su cosa si intenda per sangha (canonicamente), l’ho già dichiarato, visto che qui non mi è sembrato fosse molto chiaro.
A proposito di questo tema dell'”istituzione” e le dinamiche psichiche che produce, mi sembra ci siano delle preclusioni e fraintendimenti abbastanza ingenui. Mi sembra che per fuggire da un’illusione si finisca in un’altra illusione.
Il buddhismo è UNO.
Per me.
Novembre 18th, 2010 at 10:56 pm
Per jf 45,
Ripeto, non intendo “istituzionalizzare” nulla.
Trovandomi in un “ambito Buddista”, se provo a immaginare una “istituzione” che da esso possa originarsi, mi viene in mente uno zendo, un dojo, un luogo di pratica. Siccome ho contribuito, molti anni fa, alla istituzione di un “centro” di pratica, posso dire che per la legge italiana, se un certo numero di persone si riuniscono in un dato luogo, devono assumere una veste giuridica. Quindi costituirsi in “istituzione” associazione, ecc…
Quindi, l'”istituzionalizzazione di un sangha”, in Italia, è obbligatoria per legge. Questo su un piano dialettico.
Sul piano invece che intendi tu, ripeto, mi sembre che si voglia rifuggire da un’illusione con un’altra illusione.
Per esempio e per mia arbitrarissima e soggettivissima fantasia:
-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.
-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta.
Novembre 18th, 2010 at 11:24 pm
Per AHR 109, 112,
per vedere il “restringimento”, dovresti leggere nekosan.
La mia “visione” del buddismo è qui ora.
Vale a dire, completamente impossibile.
Novembre 18th, 2010 at 11:39 pm
Per Isabela 110,
tralascio di commentare le boiate che hai detto e resto sul tema disco…
Le ragazze, vi entrano, ed escono sempre più brutte…e non sto parlando di estetica. Quindi, per non incrementare ulteriormente le brutture dilaganti, chiudiamole.
A te Isabela, ti vedrei bene in un coro di gregoriano.
Novembre 19th, 2010 at 9:38 am
Scopro ora che il dojo che frequento è fuori legge, da quarant’anni…
Se ne sentono davvero delle belle!
Novembre 19th, 2010 at 10:32 am
Ciao Nello, se organizziamo il campionato per arrampicatori sugli specchi non ci partecipo: con te non c’è partita. “per la legge italiana, se un certo numero di persone si riuniscono in un dato luogo, devono assumere una veste giuridica. Quindi costituirsi in “istituzione” associazione, ecc…” W lo zen illegale! Oltre a quello legale, of course. Se il buddismo è UNO, per te, lo è anche per me, per tizio eccaio: milioni di milioni, come detto. Ma -ammesso e non concesso- che tu sia tale per cui il tuo uno sia un tutto (il Berlusca dello zen?), ce ne vuoi far un po’ partecipi che siam tutti qui che non vediam l’ora? Illegale, naturalmente, quella legale è solo istituzionale… 🙂
Novembre 19th, 2010 at 10:43 am
Bravo Nello (bravo e impossibile? Cfr. 115), Isabela in un coro gregoriano ci starebbe da … papessa. Però rifugiarsi nell’impossibile non è da te, lo sai che il vero buddista, quello che la sa davvero lunga, provando compassione per noi poveri pollastroni si sbilancia, la dice, la offre, lo mostra, fa il possibile insomma.
“Qui e ora” “qui e ora” era il ritornello di un merlo se non sbaglio… Chi per primo scopre il riferimento vince un premio: un uicchend in una baita con Nello!
Novembre 19th, 2010 at 11:19 am
Per Nello 68:
Ci hai enunciato a suo tempo una deontologia del blog: è troppo chiedere che almeno tu ti ci attenga? Essa consta di cinque articoli i cui tre centrali recitano: “2. La discussione/dibattito, avviene per mezzo di argomenti. 3. E’ bene non scambiare/confondere gli argomenti con le persone che li propongono o sostengono, qua sopra, essi (gli argomenti), hanno una vita loro. 4. Eventuali rilievi personali, potranno avvenire solo ed esclusivamente attraverso gli argomenti e MAI supponendo, ipotizzando, criticando, offendendo la persona che interagisce con essi”.
Mi pare che sostenendo, pur con la premessa che trattasi di arbitraria e soggettiva fantasia, che “-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta” contravvenga a tutti e tre. Questi non sono argomenti(2), sono appunto elucubrazioni sulle persone che espongono i loro punti di vista, che accosti e paragoni personalizzando persino lo zen, e una delle quali, per giunta, non ha mai qui proferito alcunché (3), nella fattispecie tu supponi e ipotizzi(4). Ciononostante, rispondo. Sull’istituzione zen non ho nulla da aggiungere: sono un esperto mondiale in materia e quanto avevo da dire sulla base della mia pluriforme e annosa esperienza l’ho detto. Quanto al rifuggire o al sostituire un’illusione con un’altra, ti dico che, sul piano delle argomentazioni, non vedo che altro si possa fare. Ma c’è l’illusione di non illudersi, e il sapere che ci si sta comunque illudendo: e qui il peso delle illusioni varia e diventa significativo. Il vasto cielo non ostacola le bianche nuvole, ma convincersi che il cielo sia davvero blu, o davvero nuvoloso, rischia di essere un grosso problema. Dello zen di Jiso non resterà nulla per il solo fatto che non esiste: di Jiso non c’è proprio niente (figurati poi lo zen!), quello che mi passa per la testa e per le mani e quel che restituisco, non è roba mia. Me ne faccio responsabile, ma non proprietario. Apprezzo, lo dico senza alcuna ironia, che tu ci comunichi le tue fantasie: un mondo senza fantasie è una noia mortale. Ma attribuirmi, in quei termini, una volontà e voluttà annichilente, più che una fantasia mi sembra un giudizio tombale: hai detto troppo per cavartela concludendo con un “nulla da dire”.
Chiedo venia all’amministratore per il dilungo.
Novembre 19th, 2010 at 11:56 am
Proporrei a MYM l’inserimento nella deontologia del blog la ricerca socratica non della verità ma del “buon senso”:
“..ciascuno pensa di esserne così ben provvisto che anche coloro che di tutte le altre cose non si contentano mai, di questa sono soliti non volerne di più di quanta ne anno” (Cartesio)
Novembre 19th, 2010 at 12:47 pm
No! Il buonsenso no. Altrimenti chiudiamo. E poi senza sparar due ca..volate dove andremmo a finire. Non prendiamo troppo sul serio gli argomenti. Si rischia di prender sul serio anche noi stessi. Nello… è out è eretico è un poggiolo è un surfer della logica. Non lo trovate “molto zen”? Oltre ad aver ragione (sempre! altrimenti… chettelodicoaffà?) se si riesce anche ad essere un poco divertenti la giornata è più moscatella, no?
Novembre 19th, 2010 at 12:52 pm
APPROVO, mym!
però ammetto che non leggo gli interventi di Nello perché li trovo troppo lunghi. molto coerente anche questa affermazione…
Novembre 19th, 2010 at 12:54 pm
>“Qui e ora” “qui e ora” era il ritornello di un merlo… Chi per primo scopre il riferimento
Ricordavo solo un corvo che ripeteva “Mai più”.
(nel senso piemontese dell’espressione??)
Novembre 19th, 2010 at 12:55 pm
Sì, vero, gliel’ho detto un sacco di volte, più stringato, veloce, altrimenti il qui e ora mi diventà là un momento fa e mi si scuoce la pasta…
Novembre 19th, 2010 at 12:59 pm
No, non in quel senso lì (e brau merlu!), si tratta di un testo che all’epoca andava per la maggiore…
Novembre 19th, 2010 at 1:03 pm
Per Nello #68
Hai detto:
-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.
-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta.
Ma cosa c’entrano i mattoni con lo zen ?
E’ il cuore che rimane e da quel che ho visto di quello a Fudenji ce n’è davvero pochino.
Tu sei un perfetto rappresentante di quella fauna, cosa vuoi che rimanga ?
Rancore, invidia, gelosia…
Non è Buddhismo men che meno Zen.
Novembre 19th, 2010 at 1:35 pm
“È il cuore che rimane…” oibò, siamo ai materassi, alle frattaglie…
“Rancore invidia e gelosia” sono in linea con la tradizione (Tradizione?): «2-La famiglia del Tathāgata è la famiglia dell’accumulazione delle cose peribili, la famiglia dell’ignoranza e della sete d’esistenza, la famiglia dell’amore, dell’odio e dell’errore, […] la famiglia delle sessantadue specie di false opinioni, di tutte le passioni […] colui che si basa sui condizionati, le passioni, e non ha ancora veduto le sante verità, questi è in grado di produrre il supremo e perfetto risveglio. Figlio di famiglia, i fiori della ninfea, del loto, del nenufaro, del loto bianco e del giglio di acqua non nascono nella giungla ma nel fango e nei banchi di sabbia. Parimenti, o figlio di famiglia, i dharma di Buddha non nascono negli esseri predestinati all’incondizionato, ma negli esseri mescolati al fango e ai banchi di sabbia delle passioni. Nello [è un omonimo, n.d.r.] spazio i semi non crescono, messi in terra crescono. Parimenti negli esseri predestinati all’incondizionato i dharma di Buddha non crescono […] 4-Bisogna in verità essere colpevoli dei cinque peccati a retribuzione immediata per poter produrre il pensiero del risveglio e illuminarsi nei dharma di Buddha» Vimalakīrtinirdeśa Sūtra, 7.
Novembre 19th, 2010 at 1:38 pm
Il merlo maschio! EVVIVA! Un weekend con nelluccio..LASCIATELO A MEEE! A parte che le ‘boiate’ sono bellamente attinte da Guénon e altri (che la sapevano lunga), nelle discoteche si celebra la furia di generazioni senza più passato, di tribù di suburbani. Le discoteche sono la versione ultramoderna di antichi riti primordiali. Un campo dove osservare il Buddha inteso come lo Spirito (atman) e l’Uomo Interiore di tutti gli esseri; egli è “Quell’Uno’” che si fa molteplice e nel quale tutti gli esseri “ridiventano uno” (pur rimanendo separati)
ACROBATicamente – XXX – W LA discoteque!
PS: sono portata per la lirica, o forse per l’astrofisica? ^^
Novembre 19th, 2010 at 1:41 pm
None, non è Il merlo maschio, niente uicchend a cheektocheek con Nelluccio nostro, mi spiace…
Novembre 19th, 2010 at 1:52 pm
Me ne farò una ragione.
Novembre 19th, 2010 at 2:38 pm
Dal Diamante non nasce niente, dal Vimala nascono i fior… Oddio cos’ho detto, rinascerò mille volte come fiore in una miniera di diamanti! “C’è un fiore di campo ch’è nato in miniera/ a nulla le nere mani valsero a salvar…”
Novembre 19th, 2010 at 2:40 pm
sarà il merluzzo? quanto a capacità di immersione in silenzio, batte il Shakyamuni in persona.
Novembre 19th, 2010 at 3:32 pm
Dai alziamo la posta, così chissà…: offro MEZZO uicchend con Nello!
Novembre 19th, 2010 at 4:11 pm
Siddharta, il merlo indiano?
Novembre 19th, 2010 at 4:18 pm
Quand canta al mérel, a san fóra dl’invéren
Novembre 19th, 2010 at 4:36 pm
O forse no, è Il lupo della steppa, il teatro solo per pazzi. Comunque è roba da Hesse.
Novembre 19th, 2010 at 5:17 pm
Sapevo che così vi attizzavo… No, niente Hesse né proverbi polentoni. Il merlo in questione è sì indiano ma non è della varietà sakyamone, per altro molto rara. Se volete l’aiutino: ci si può mettere d’accordo, una mano lava l’altra…
Novembre 19th, 2010 at 5:21 pm
D’ora in poi per entrare in questa ISTITUZIONE si farà l’esame del dna karmico: e con i 5 peccati a retribuzione immediata, come sei messo, eh?
Novembre 19th, 2010 at 5:36 pm
Io di peccati mortali ne ho 7, essendo di provenienza cattolica. I 2 punti in più mi danno diritto a un servizio da tè in regalo, come all’ipermercato?
Novembre 19th, 2010 at 5:41 pm
Un servizio da mè? No, oggi non me la sento, scusa, prova con coso, lì…
Comunque un aiutino ve lo voglio dare: i merli cantano una canzone di myna
Novembre 19th, 2010 at 5:44 pm
non per gufare, ma il merlo era sull’ALTRO thread…
Novembre 19th, 2010 at 5:47 pm
Ma i merli non erano nell’altro blog? Cantano una canzone di myna… allora è roba italiana… andava per la maggiore… e chi si ricorda… “Porci con le ali?” (anche se non credo di averlo mai letto…) Coi 5 a trazione anteriore sto messo maluccio, ma un po’ son pentito…
Novembre 19th, 2010 at 6:08 pm
Vabbe’, tanto siam sempre qui (e ora?). Insomma, tanto per parlare di peccatucci c’entra la mescalina. Se mi sente Nello m’impala…
Novembre 19th, 2010 at 6:18 pm
Cavoli, Castaneda!? Il vecchio don Juan? No, quello era peyote, non mescalina, e poi erano corvi, non merli… Un tizio prende la mescalina e sente dei merli che cantano una canzone di myna che fa “qui e ora, qui e ora”… il campo si restringe, ma la faccenda si allarga…
Novembre 19th, 2010 at 6:21 pm
Manca solo un particolare ed un nome. Sai era un luogo molto isolato…
Novembre 19th, 2010 at 6:34 pm
Ho la cifra esatta: si trattava di 400 mg, prelevati dal mescalito, alias peyote. Lo dicono i libri, mica io, ambasciator…
E ci son di mezzo anche i Doors…
Novembre 19th, 2010 at 7:30 pm
Carlos Castaneda – Viaggio a Ixtlan
Novembre 19th, 2010 at 7:41 pm
Hai vinto hai vinto, pappapero.
No, non ti preoccupare, Castaneda è già stato escluso. Possibile che nessuno leggesse (ai tempi gggiusti, dico) Huxley? Ma che di zen siete?
Novembre 19th, 2010 at 7:48 pm
Zen? O cavolo…
Novembre 19th, 2010 at 7:52 pm
O cavolo ammerenda, mammà, nun me piace
Novembre 19th, 2010 at 8:53 pm
Se questo è un covo di intellettuali frikkettoni dimm… … potevate dirlo subito!
Ma se la mucca fa Muuu, perchè il merlo non fa Meee?
Novembre 19th, 2010 at 9:26 pm
QUESTE sono citazioni, doc!!
vaivaivaiiiiiii !!
Novembre 19th, 2010 at 9:39 pm
Si vince una serata in mia compagnia!
Novembre 19th, 2010 at 10:23 pm
Per mym 70,
non ci sono né specchi e tantomeno arrampicatori dei medesimi.
Il buddhismo è UNO a prescindere da me e chiunque altro.
La LEGGE che IMPONE la regolamentazione giuridica di persone che si riuniscono in un dato luogo, è stata emessa da questo stato italiano, che a me non è mai piaciuto, tuttavia, è uno stato fallito, illiberale, inefficiente, mafioso, artificiale, ecc.. La legge, penso risalga ai tempi del terrorismo di dx, di sx, di stato. Quindi rivolgiti alle istituzioni per cancellarla, se decidi di fregartene, liberissimo, tutta la mia simpatia.
Tutto il buddhismo è riassunto in zazen. Quando dico che il buddhismo è UNO, per ME, non significa che ci sia un MIO buddhismo, significa che ho riconosciuto di cosa si sta parlando.
Tu, mym, sei abbastanza simpatico, ma hai un limite poco simpatico che è quello di sottovalutare la consapevolezza altrui. STARE. Ovvero, per ME, non ha nulla a che vedere con io.
Novembre 19th, 2010 at 10:46 pm
Urca, urca (mym 87&89) Le porte (The Doors) della percezione… come ho fatto a non arrivarci? Mi ha depistato myna e il fatto che non l’ho mai letto… devo ammettere. Però di soglie ne ho varcate… Il premio non lo merito e anche fosse ci rinuncio volentieri.
Novembre 19th, 2010 at 11:08 pm
Per jf 71,
certo che voleva essere una provocazione, quindi una argomentazione estrema.
Questo per ribadire che “questi sono argomenti” (2). E bisogna intendersi cosa significhi, “dello zen di Jiso non resterà nulla”, che certo può anche essere semplificabile con il “rendere l’acqua al fiume” dopo aver bevuto (mi sembra Sansuikyo), tuttavia, Eiheiji è proprio là da otto secoli a spiegare quello che esiste da sempre.
Quindi, sto parlando dello zen che si manifesta ANCHE attraverso le persone e quindi è persona. Per semplificare dirò: Sawaki roshi ha combattuto in armi, Uchiyama no. Deshimaru insegnava con il kyosaku, Shunryu Suzuki con il sorriso, Sekito era silente, Lin chi amava il dibattito…
L’insegnamento è uno, ma avviene attraverso diverse personalità. E questo volevo dire citando personalmente te e Taiten, quindi, la mia “personalizzazione” argomentativa voleva essere paradigmatica di due modi molto diversi di intendere lo zen, o la Via, come preferisci. Quindi, le “persone” erano traslate come argomenti (3), e lo stesso per (4), in quanto le “supposizioni, ipotesi, critiche,…” che ho estremisticamente usato quali “mezzo abile” (upaya), superano, vanno oltre le persone per proiettarsi nell’ipotetico e immaginifico futuro dello zen e non delle persone citate. Quindi, l’argomento è lo zen al di là del personale che ti piace rilevare. Contento te…
Certo, resta tutto da stabilire cosa si intenda per zen.
Dici: “Me ne faccio responsabile, ma non proprietario.” è già una personalizzazione.
In conclusione, mi scuso per l’esempio forzato e interpretato come nichilistico, non era quella l’intenzione.
Sulle parole si può giocare all’infinito, con le proprie e con quelle altrui.
Novembre 19th, 2010 at 11:19 pm
Per nekosan 76,
te l’ho detto che non ci sei mai stato a Fudenji, pensarlo in termini di “mattoni” non rappresenta nemmeno l’asilo del buddhadharma.
Sei veramente infantile nel pensiero e offensivo.
Un tempio zen, non è una zona franca dalle brutture, tutt’altro. E il buddhismo è l’infinito universo, per questo ti dico che hai una visione “ristretta” di buddhismo.
Perchè lo restringi alla TUA personale, concettuale, maleducata, visione soggettiva.
Novembre 20th, 2010 at 12:03 am
Nello, un vero eroe dei tempi antichi. Uno contro tutti, non molla mai. Ma anche gli altri non scherzano.
Scusate; non era questo il blog del ‘lasciar cadere’? forse ho sabagliato porta.
(il primo che me la gira in dottrina … gli faccio il mal-occhio)
Novembre 20th, 2010 at 12:14 am
ehi, doc, abbiamo appena scoperto che Berlusconi e Fini sono buddisti! i metodi sono inconfondibili!
Novembre 20th, 2010 at 12:16 am
Ah, eravamo in TV!
Allora sorrido!
Novembre 20th, 2010 at 9:22 am
Caro, si fa per dire, Nello #98
Io a Fudenji ci sono stata davvero e ben dentro… te invece da turista delle liturgie e prediche domenicali, ecco perchè ne hai questa visione idilliaca.
Direi che sei tu che non hai mai visto Fudenji e forse hai fatto anche bene.
Novembre 20th, 2010 at 11:56 am
Nudelook 96: i collegamenti son quelli. Myna c’entra perché i “merli” del testo sono merli indiani che Huxley chiama mynah mentre, pare, sia più esatto myna.
Ciao Nello, sempre in gamba, eh! Grazie per la tua verve anticonformista (conformismo all’interno di questo blog intendo) altrimenti qui era una noia…
Nekosan fai miao! una volta, dai. Mo’ssecapito: sei stato a lungo a Fudenji, non t’è piaciuto ti scotta un po’ e Nello ti mischia le carte del giudizio.
PS per il dotto pubblico: nekosan in jpn vuol dire signor gatto.
Intellettuali frikkettoni? Magari!
Novembre 20th, 2010 at 1:12 pm
>Io a Fudenji ci sono stata davvero
un momento, c’è un errore di battitura, o nekosan è una donna?
vabbeh che in questo sito, ehm ehm, i confini sono spesso abbastanza fluidi
😀
Novembre 20th, 2010 at 1:43 pm
Dhr, sei proprio una gran burlona! 😛
Novembre 20th, 2010 at 5:41 pm
Abbiamo la foto! Li hanno fotografati (agenzia Macchina del Fango), abbiamo la foto semi-ufficiale del seminario, ecco a voi.
Chissà qual è Nello…
Novembre 20th, 2010 at 6:36 pm
dev’essere il tipaccio a destra (rispetto a noi) di JF
Novembre 20th, 2010 at 6:39 pm
Noooo, quella è Isabela… 😎
Novembre 20th, 2010 at 8:24 pm
Se prendete in giro Isabela chiamo Milady..
Non può essere Isabela, che credete? Nello è un tipo sveglio, non ci casca. Egli non accetta niente per vero che non passi attraverso la coscienza. La sua coscienza lascia passare solo ciò che appaga, la sua luce è lo scintillio di un pezzo di vetro colorato.
La ‘certezza’ soggettiva è la regressione barbarica all’istinto, a cui tappa la bocca.
Ma all’istinto obbedisce la neikosofia che studia l’uomo astraendolo dall’universo.
Novembre 20th, 2010 at 8:28 pm
Per la terribile semplicità delle idee che la tradizione filosofica ci impone, più che fare direi che il compito dell’ora è disfare. Buddhismo e cristianità sono RELIGIONI FINALI: al di là della cultura, della filosofia, dell’arte, dello stato – ma quale immaginifico futuro dello zen!
E’ contrario allo spirito del buddhismo ritenerci degli esseri vaganti nel fatale fluire dei mondi (samsara). “Il nostro Sé immortale” è tutto tranne un’ “individualità che sopravvive”. La dimora dello zen non è il tal de tali, ma il prodigo Sé che si ricorda di se stesso e che, dopo essere stato molteplice, è nuovamente unico e inscrutabile, Deus absconditus.
La realizzazione del nirvana è il “Volo del Solitario verso il Solitario”.
Novembre 20th, 2010 at 9:08 pm
………… a patto che il Solitario sia Napoleone.
Novembre 20th, 2010 at 10:31 pm
Per nekosan 102,
non vorrei insistere troppo…ma mi tiri in modo pesante.
La mia frequentazione di Fudenji si è interrotta nel 1993.
Non sono mai stato un frequentatore domenicale (anche se non ci vedo nulla di male ad esserlo).
Ho conosciuto persone che erano là da anni e non avevano ancora capito quasi nulla del loro stare lì, tuttavia, continuavano nel loro impegno a provare a realizzare la loro natura originale.
Riguardo te, ribadisco NON CI SEI MAI STATO, perchè Fudenji non è un luogo, non come lo intendi tu con le tue categorie inadeguate, insufficienti, magari oneste ma non all’altezza della situazione.
Il “cuore” buddhista, non ha pressochè relazione con quello che comunemente si intende per cuore.
Ti ga capìo vecio?
Con un insegnante con certe caratteristiche, di solito, restano studenti con altrettante caratteristiche.
Taiten, non era il tuo. Fine.
Altri, hanno realizzato la loro vita.
Come vedi…qui ed ora….
Ciao.
Novembre 20th, 2010 at 10:41 pm
Isabela 110, apprezzo lo sforzo. Mi fa un pò male la cabeza ma noto un certo miglioramento e…che dire? Sempre caro mi fu quest’ermo colle…
Novembre 21st, 2010 at 7:51 am
Relativamente alle affermazioni di doc 21 e 22 mi sento di dire questo:
“Qui e ora” è esaustivo in sé, contiene già tutto e non necessita di ulteriori disquisizioni per tentare di definire l’infinito, non puoi stabilire cosa sia perchè lo restringi e non è il caso.
Tuttavia, questo “qui e ora” o kyoryaku, esprime i tre tempi in quello che giustamente Abe Masao definisce “transpresente”, a dimostrazione della dinamica totale che il concetto contiene e produce. Transpresente quale punto di intersezione del tempo relativo, od orizzontale, e tempo assoluto o verticale.
Kyoriaku è il punto di intersezione di queste dimensioni e scansioni del tempo, che è essere ovviamente.
Novembre 21st, 2010 at 11:06 am
“Kyoriaku è il punto di intersezione di queste dimensioni e scansioni del tempo, che è essere ovviamente”, ciao Nello, oggi facciamo strame anche di Nagarjuna, eh? Sei una potenza!
Ciao Isa (110), bellina questa cosa del “progigo sé” anche se un po’ teista (alla Abe Masao per intenderci), mi piace molto, invece, “si ricorda” per “si risveglia”. Buona cosmologia mahayana.
Novembre 21st, 2010 at 11:26 am
Per Nello 97
Giocare con le parole può essere una nobile attività, oltre che un sano passatempo, e del resto non vedo qui che altro si possa fare. La questione che io rilevo, a parte una tua tendenza a pontificare (ma forse è il tuo modo di giocare qui e ora) è un retrogusto di enfasi nominalistica: Lin chi, Sekito, Sawaki, Uchiyama, Suzuki, Deshimaru, Taiten, Jiso (si parva licet…) Credo sia proprio di questo museo delle cere che lo zen nostrano dovrebbe liberarsi. “We dont need another ero” era una bella canzone di qualche anno fa. La giaculatoria dei nomi, oltre a essere un falso storico, ha perso anche efficacia mitologica – forse la novità che lo zen attende è la forza catartica dell’innominato, inteso proprio in senso letterale, uno zen senza nomi propri. Questo ci libererebbe almeno dalle angustie dell’appartenenza così ben sintetizzate da Paolo di Tarso (1Cor 1,10 e segg). Quanto agli otto secoli di Eiheiji, mi dicono poco o niente. Del Tempio di Gerusalemme non resta pietra, ma lo spirito che voleva rappresentare continua libero a soffiare. Mi chiedo invece, da ex convittore, cosa resti ad Eiheiji dello spirito che animava chi l’ha fondato.
Novembre 21st, 2010 at 11:33 am
Uela! Oggi abbiamo i “grossi calibri”, ciao jf. Tu dici di aggiungere anche Paolo di T. all’elenco, vabbe’. In tre passaggi (fatti bene però!) qualcuno arriva sino a Paperino?
Ma il tempio di Gerusalemme noddai, se lo spirito che continua a soffiare è lo stesso di una volta allora non era libero già prima.
Novembre 21st, 2010 at 11:36 am
Errata corrige al 116
“We dont need another ero” sta ovviamente per “We dont need another hero” non è, cioè, la sazia affermazione del tossico cui non serve al momento un’altra pera, ma la presa di coscienza dell’uomo (la donna in questo caso, era Tina Turner) che esce dal cono d’ombra dei monumenti equestri.
Novembre 21st, 2010 at 11:38 am
>“We dont need another ero”
http://lists.richmond.edu/pipermail/milton-l/2010-November/012391.html
Novembre 21st, 2010 at 11:39 am
>In tre passaggi (fatti bene però!) qualcuno arriva sino a Paperino?
San Paolo –> la Chiesa con le sue ricchezze –> zio Paperone –> Paperino
Novembre 21st, 2010 at 11:42 am
D’accordo (120). Un po’ amara però. Nessuno offre di più?
Grazie per la citazione di Milton. Pozzi di scienza pozzi di scienza sono detti dal Beato…
Novembre 21st, 2010 at 11:43 am
106: della serie: Ma ti basta di chiudere gli occhi… Se questi sono i capobanda, non c’è troppo da preoccuparsi. Duran minga, non duran, non posson durar…
Novembre 21st, 2010 at 11:50 am
114)A-ah. Per me non capisce. (48)La misura della forza del cosmo è determinata, non è “infinita”: è arrivato il tempo di “circoscrivere” questo infinito alla misura del sistema solare (109). Che me ne faccio dell’infinito? Gas esilarante, marijuana..io prendo le mosse dallo smisurato e non dall’infinito perché straripo di essere; perché ontologicamente inteso “io sono” significa che solo io devo essere e che gli altri esistono ma non devono essere.
Perché essere e non, invece, valere?
Novembre 21st, 2010 at 11:52 am
Già, praticare l’individuazione riuscita e inutile vale. Volere eternamente me stessa davanti ad un infinito che non mi vuole eternamente vale. Non ripagare male un maestro restando per sempre una discepola vale. Allora quanto valgo? ^^
Uffa! Detesto i ‘miglioratori dell’umanità’…
113) Che dire? A volte dove non si può parlare è meglio tacere.
Novembre 21st, 2010 at 12:02 pm
No no (106), quelli non sono i capobanda, sono labbanda: se la cantano e se la suonano.
Novembre 21st, 2010 at 12:18 pm
Beh! (125) meglio ancora…
Novembre 21st, 2010 at 12:43 pm
Il bello (si fa per dire) è che non ostante sia evidente che i capibanda sono una banda di scapà de ca’, c’è ancora parecchia gente, lì pronta, ad ossequiare, omaggiare. A “lucidargli lo scettro” come tanto tempo fa diceva (si può nominare perché era già in elenco, eh?) Uchiyama.
PS: non vorrei mi fraintendeste, con scapà de ca’ nella zona tra Chitral e Mazar I Sharif si intende pravarjya, shukke, colui che ha lasciato la casa.
Novembre 21st, 2010 at 1:02 pm
Ciao Nello 114. Vedo miglioramenti, ma non riesci ancora ad uscire da una arida iconografia scolastica, come mi pare rilevi anche Jf.
Se qui fossimo a scuola, forse saresti il primo della classe. Sei rispettoso delle ‘autorità’ (fin troppo, ma sono cose tue). Studi ed esponi concetti con proprietà ed ortodossia. Esibisci padronanza, sicurezza e cultura. Ma non riesci a cogliere l’importanza del fatto che ‘dipende dal motivo per cui si fa quella affermazione in quel dato contesto’. Qui sta il cuore. Senza cuore qualunque ragione resta lettera morta e sterile.
Novembre 21st, 2010 at 1:04 pm
Si può dire tutto e il contrario di tutto. Ma PERCHE’ lo si dice?!
Novembre 21st, 2010 at 1:38 pm
Chitral, Mazar I Sharif (127)… Che posti, che culti, che cultivar! Uhhh, il migliore dei migliori! Tornare allo spirito delle origini… Chissà, “Un bel dì vedremo…”
Novembre 21st, 2010 at 1:46 pm
128-129..Qui sta il cuore. Senza cuore qualunque ragione resta lettera morta e sterile.
Ma perchè lo si dice?
Grazie..con-cordo:sembra che ogni espressione linguistica (e non)esprima un intenzione.
Il problema è il rapporto con questa intenzione costitutiva del nostro esistere.
Mi sembra che l’ideogramma sesshin possa esprimere un “buon rapporto” con questa inesauribile manifestazione di senso, con il “cuore”.
La parola agli esperti..
Novembre 21st, 2010 at 2:44 pm
(130) Zì zì, lo spirito delle origini… I miti fondanti, la leggenda del cinese blu… Quando shunya aveva il doppio zero e lo zen ancora il doppio zen: lo zenzen damé…
Già, Doc e Dario, perché lo si dice?
Novembre 21st, 2010 at 7:38 pm
C’è chi dice “no”!
C’è chi dice “teatro”!
Novembre 21st, 2010 at 7:45 pm
Crescenza o… stracchino?
Novembre 21st, 2010 at 8:52 pm
Perché con le parole si può imbrogliare all’infinito; perché non c’è bisogno di teologie per soccorrere qualcuno in pericolo. Non c’è bisogno di ermeneutica in volo per capire che salvare è un po’ salvarsi o un po’ meno perdersi.
Novembre 22nd, 2010 at 9:18 am
Nello #112
Fidati, sei stato, anche di recente un ‘sano’ frequentatore domenicale, non te ne vergognare.
Mai visto qualcuno che ha ‘realizzato la propria vita’ in quel ‘non luogo’ ho solo visto gente che l’ha gettata via.
Tu ti sei salvato perchè non l’hai frequentato nè il boss di lì è stato mai il tuo insegnante altrimenti avresti ben altra visione…
Ti ga capiò Vecio?
Novembre 22nd, 2010 at 11:25 am
Salve N. e N., non me ne vogliate ma forse dovreste incontrarvi e parlarne serenamente, magari proprio a F. con F.T.G…. altrimenti se continuiamo così mi sa che siamo off topic con tutto ciò che è.
Un caro saluto.
Novembre 22nd, 2010 at 11:36 am
Sì, AHR 137, così è. E off topic è già un’espressione molto gentile. Qui non c’è un vero e proprio topic, o se c’è… Però i ciccìcoccò li risolverei altrove.
HMSX (135) sei davvero on topic, sondare bene quella cosa lì che “che salvare è un po’ salvarsi o un po’ meno perdersi” penso sia buon buddismo, per citare il Nostro: è quasi zen! Tra le cose da capire bene, tra l’altro, c’è che questo comporta un mare di conti da pagare (in silenzio e sino all’ultimo centesimo) e non giustifica alcun atteggiamento da maestrino.
Novembre 22nd, 2010 at 11:43 am
132..perchè lo facciamo?
Mi appare complesso: ogni perchè si radica nel contingente, anche se posto in astratto; difficile svincolare la domanda dall’interrogante.
Mi pare che, “religiosamente” parlando, tutto passi per la porta della fede.. e del suo “oggetto”
Novembre 22nd, 2010 at 1:00 pm
“difficile svincolare la domanda dall’interrogante”, appunto. Cfr. 131: perché lo si dice?
Novembre 22nd, 2010 at 7:17 pm
A Doc 129
Forse lo si dice per evitare di prendersi troppo sul serio. Di credere veramente a quello che pensiamo e di diventare un tutt’uno con i nostri convincimenti e i nostri ruoli.
Forse…
ciao
Novembre 22nd, 2010 at 7:33 pm
138) Quando si gioca a fare i buoni…divento cattivissimo! E’ abbastanza zen questa: il migliore aiuto che si puo’ dare è affrancarsi dal bisogno, cioè sbrogliarsela da soli?
In fin dei conti l’umanità non è salvabile, un uomo solo, forse, ogni tanto si salva.
L’ozio zen ha presentato il conto: sono indietro col lavoro – ahiahiahi – più che agire mi sono agitato!
Novembre 22nd, 2010 at 7:35 pm
139) Con-cordo. Forse perché alcune parole si accendono di più significati e ognuno ha i propri circuiti –i miei non sono proprio ortodossi, anzi abbastanza disperati: distruggere il tempio visibile – il Finito che né libera né conclude – e uccidere il Buddha incontrato ovvero spalancare la porta all’amore infinito affinché non resti chiuso in una tana sacra e vada dove va il vento e la giovinezza.
(Però il mondo è così privo d’amore…)
Novembre 22nd, 2010 at 7:41 pm
Hmsx 142: IMHO sbrogliarsela da soli (o almeno provarci sino all’estremo dell’umano) è molto molto comme il faut. Punto di partenza indispensabile.
Viva il vento e la giovinezza, bombardare le tane sacre!
Novembre 22nd, 2010 at 7:57 pm
Nessuno scruterà il mio fondo e la mia volontà ultima: mi invento il lungo silenzio luminoso: non cederò all’aggressività e alla chiacchiera dove la parola si fa rumore. ^^
W M!
(forse perché siamo i custodi dell’irraccontabile)
Novembre 25th, 2010 at 12:37 pm
Mente zen…
Ricevo da un amico, che ha iniziato la pratica zen in tempi relativamente recenti, una lettera di commento su questo blog della quale riporto nel riquadro successivo alcune parti.
Novembre 25th, 2010 at 12:37 pm
…. ho appena finito di leggere, per la verità in modo molto rapido, i commenti all’ultimo articolo sul sito della Stella (quello sul seminario di Parigi per intenderci). Molti riferimenti mi sfuggono anche perchè mi manca la base culturale per cogliere i “sottintesi” che si intuiscono tra le righe e che danno un pò la sensazione di “origliare” una conversazione tra membri di una cricca molto selezionata. Ma a parte questo aspetto, di per se più che comprensibile, mi colpisce e mi lascia un pò interdetto la grande sicurezza in se stessi ed in merito alla propria esperienza della Via che alcuni dei partecipanti sembrano avere. Qualcuno poi sembra prendersi veramente molto, ma molto sul serio….non so, non voglio giudicare nessuno, ma è un atteggiamento che sinceramente mi suscita una certa diffidenza.
…
Non vorrei scivolare nel banale, ma penso che quando qualcuno ha la sensazione di “aver capito tutto”, farebbe bene a rimettersi seriamente in discussione e a ricercare un nuovo punto di partenza. Comunque probabilmente nessuno è davvero immune dal rischio di montarsi la testa ……
Novembre 25th, 2010 at 12:51 pm
La cricca! La casta! Lo sapevo che qualcuno se ne sarebbe accorto, azzerare tutto, stringere i bulloni, tropire i gorghiglioni. Bene. Se quel tuo amico lo inviti a partecipare “a la orgìa de lo zen” (definizione di un lettore spagnolo sui commenti qui sparpagliati) in un paio di settimane sarà tale e quale a noi, compromesso, contaminato, contagiato. Poi scriverà un altro che dirà che siamo una cricca…
Però, non ho capito perché se “qualcuno ha una sensazione (questa, quella, è lo stesso) dovrebbe rimettersi seriamente in discussione”. Autocritica vetero comunista? Autoflagellazione di sagrestia?
Dai vieni a giocare… 😛
Novembre 25th, 2010 at 1:02 pm
una cricca?! oddio, avevo sperato in una crucca
http://www.wallpaperbase.com/wallpapers/celebs/claudiaschiffer/claudia_schiffer_2.jpg
Novembre 25th, 2010 at 1:46 pm
Socc… ragazzi, questo è un blog buddista, religioso, pruriginoso. Una cricca di montati. La gnocca ha da restare fuori!
Mah, forse, speriamo che no.
Novembre 25th, 2010 at 1:53 pm
@ dhr 149:
questo definitivamente mi conferma che ho puntato sul cavallo giusto. sei invitato a Roma, ho gente da presentarti, pochi, anzi uno forse, ma credo si possa passare una buona serata e magari ne tiriamo fuori un cortometraggio. coinvolgiamo anche mym nella trasferta, che mi farebbe piacere rivedere, sempre che non prenda questo invito per una richiesta di amicizia 🙂
Novembre 25th, 2010 at 2:42 pm
Caro AHR, ti ringrazio.
il Palio era quello di Alba (Cn), immagino.
per la verità, ci si conosce solo per sigla, ahr ahr ahr!, e mi sfuggono i riferimenti all’ambiente che citi (mi sfuggisse solo quello, nella vita…). se però c’è un progetto che coinvolge mym, sempre pronto.
Novembre 25th, 2010 at 2:48 pm
No no no! Non c’è nessun progetto che coinvolge mym
Novembre 25th, 2010 at 3:00 pm
L’ascoltatore fine e libero da pregiudizi dovrebbe sorvolare sulle parole forbite e seducenti, e pensare che in un dibattito tutto ciò che fa teatro e spettacolo è pastura di fuchi sofisticheggianti.
Dove STAREbbe la logica di un’ape che usa il pungiglione contro una rosa?Avrebbe più senso succhiare il miele.
Sarà pure un limite, ma sotto il profilo della chiarezza e della distinzione una visione totale di un personaggio (i cui aspetti dovrebbero essere anche simultanei) non è possibile neppure a Dio; forse è possibile a un pensiero che si da come semiotica corrispondente alla compensazione di potenza degli affetti.
Certo, questa è dinamite – maneggiare con cautela.
Novembre 25th, 2010 at 3:05 pm
Lo scetticismo è l’espressione più spirituale di una certa multiforme condizione fisiologica, debolezza di nervi o cagionevolezza; essa insorge quando più generazioni si scontrano in maniera decisiva e improvvisa. Nella nuova generazione tutto è inquietudine, fastidio, dubbio, tentativo: ciò ammala la Volontà. L’Europa è il teatro di un insensato, improvviso esperimento radicale di scontro tra generazioni, una specie di paralisi della volontà: tutto ciò che si mette in vetrina come “oggettività”, “scientificità”, ”conoscenza pura, scevra di volontà” è solo scetticismo agghindato – di questa diagnosi della malattia europea mi faccio garante io.Il tempo della piccola politica è passato: già il nuovo secolo porta la lotta per la COSTRIZIONE alla grande politica.
Novembre 25th, 2010 at 5:52 pm
(@ 154)…fuchi sofisticheggianti, bello, mi iscrivo. Meglio de l’orgìa de lo zen…
Pensi come un dio, Isabella.
Novembre 25th, 2010 at 10:35 pm
Per nekosan 136,
come ho avuto modo di affermare in un altro thread relativo alla “vergogna”, è una sensazione che non provo e MAI mi sognerei di rinnegare o occultare quello che ho fatto. Forse le persone che frequenti TU hanno caratteristiche del genere che non mi riguardano.
Relativamente al resto, ribadisco, esprimi una posizione legittima, ancorchè maleducata e irrispettosa della vita altrui, tuttavia, il tipo di mentalità che evidenzi, relativamente al tema in oggetto, è COMPLETAMENTE INADEGUATA.
Con questo CHIUDO l’argomento e non intendo tornarci.
Novembre 25th, 2010 at 10:47 pm
Per AHR 137,
caro AHR, io sono N. l’altro è n. Non è la stessa cosa. E l’argomento sostenuto da n., presentando lacune sostanziali, non poteva essere lasciato così come lui lo ha posto, da qui, il mio tentativo equilibratore senza optare per.
La “comprensione” di quella realtà, come posta da n. non può essere dialetticamente accettata se non all’asilo.
Tutto qui.
Del tuo fastidio, relativamente all’argomentazione…che dire? “Chi ha paura non vada alla guerra”.
Novembre 26th, 2010 at 12:22 am
Visto che la querelle continua imperterrita, adesso dirò la cosa più orrenda, lancerò la maledizione più spaventosa… e mannaggia a questo sito che non consente di inserire testi in spoiler… pronuncerò la formula di esecrazione più raccapricciante che mai sia stata concepita sul pianeta Terra!
[pausa]
YAAAAAAAWN !
Novembre 26th, 2010 at 7:14 am
Majakovskij era meglio.
Quel fregnone di Marinetti, no.
Novembre 26th, 2010 at 7:26 am
Sawaki Kodo diceva: “Sono contento di avere sprecato la mia vita in zazen”, ed era il maestro del maestro del maestro…
e ha fatto la guerra…
e spernacchiava un sacco di gente…
“guardali come corrono veloci con le loro macchine lussuose per non andare in nessun posto”.
un vero buddha.
Novembre 26th, 2010 at 7:29 am
Isabela…santa subito.
Novembre 26th, 2010 at 11:31 am
Sawaki era un fregone: non ha mai avuto una vita da sprecare. Praticamente non è mai stato in monastero, era sempre in giro. Ha accettato che Uchiyama ordinasse Deshimaru senza che avessero vissuto assieme un solo giorno. Esaltava il militarismo e la violenza “giusta”. Come buddha era una ciofeca.
Novembre 26th, 2010 at 1:25 pm
Mym, porcaccia miseria! lasciaci qualche idolo. Fa freddo, da soli.
Novembre 26th, 2010 at 1:31 pm
Per Mym #163
Chissà se proprio perchè si è ben guardato dallo ‘stare’ in monastero ha salvato il ‘proprio’ zen da quella deriva che tu stesso hai spesso denunciato (mi sembra).
Sul fatto che esaltasse il militarismo ne son state dette di cotte e di crude estrapolando frasi da contesti di tutt’altro genere.
Non credo che volesse essere appellato come un Buddha.
Da quel che ho letto su di lui e su quel che insegnava mi è sembrato un uomo che è vissuto con estrema coerenza e semplicità.
Secondo me rimane ancora un fulgido esempio.
Novembre 26th, 2010 at 1:33 pm
Mettetevi il cappotto!
Novembre 26th, 2010 at 2:27 pm
idola? fori !!
Novembre 26th, 2010 at 2:28 pm
Ma se non me lo dice il maestro, o il maestro del maestro…non so se posso…nè che cappotto mettermi!
Novembre 26th, 2010 at 3:41 pm
I soli non hanno freddo, se no che soli sono? Una frase come quella di Sawaki è una boutade pour épater les bourgeois, come dicono en France, una vanteria da miles gloriosus (visto che di milizia si parla). Sawaki si era costruito un ruolo da “personaggio zen” dando a molti imbonitori il pretesto per usarlo come alibi delle loro chiacchiere: dovrebbe vergognarsi!
Novembre 26th, 2010 at 4:49 pm
Vergognarsi il Sawaki? Mai!
Per vergognarsi occorre un briciolo di … come si chiama? Quella cosa che hanno quelli che si rendono conto di fare errori, anche gravi, e si accorgono che oramai non resta che la vergogna. Mica tanto, una frazioncella di secondo che poi è un altro tempo.
Novembre 26th, 2010 at 4:55 pm
Isabela presa sul fatto. Mi scrive un amico: “¿Son todos los participantes catedráticos de filosofía, filología antigua, o cosas así?, ¡qué lío (pasticcio, imbroglio)! Pero he visto que me citabas… (la orgía) y te daré una pista para el ajedrez sobre el “fuchi sofisticheggianti” de Isabela. No se le ha ocurrido a ella, es de Plutarco de Queronea. Lo he encontrando intentado averiguar qué quiere decir “sofisticheggianti”, no he podido encontrar el significado de esta palabra, pero he encontrado esto: sono solo pastura di fuchi sofisticheggianti.
Novembre 26th, 2010 at 5:25 pm
(@165) Non scrivo quel che penso dei fulgidi esempi perché (come direbbe dhr) siamo in fascia pro tetta. Però però: ‘nto c..o! ai fulgidi esempi! Ha!
Occome mi piace fare il sawaki…. 😛
Novembre 26th, 2010 at 5:54 pm
ehiiiiii mi devi il “copirài”! però, come indica il verbo, è un’azione futura, quindi c’è tempo.
Novembre 26th, 2010 at 6:29 pm
171 Isabela, come i suoi compagni Hmsx e Mara, amano usare espressioni altrui a più non posso. Non è una novità.
Novembre 26th, 2010 at 7:01 pm
Hai qualche esempio?
Novembre 26th, 2010 at 10:16 pm
Per mym 163,
mi sembrava che si fosse su un registro surrealista e tu me lo confermi in pieno.
Una “lettura” come questa di Sawaki Kodo Dai Osho si allinea con quella di Daizen Victoria e compagnia cantante. Questo per dire che quello che dici tu, per me non vale e posso produrre molte argomentazioni a sostegno della “grandezza” di Sawaki Dai Osho che valgono quanto le tue.
Vedi, ognuno è libero di coltivare le utopie che preferisce, l’importante è che non si convinca e pretenda di convincere gli altri che le sue utopie sono quelle giuste, ovvero che l’unico zen lo ha riconosciuto solo lui e pochi intimi.
Per questo è molto importante masticare e digerire bene che qui e ora è, e sarà sempre diverso per ognuno.
Novembre 26th, 2010 at 10:24 pm
Per jf 169,
senza offesa eh! Ma penso che Sawaki di fronte ad affermazioni come le tue avrebbe scoregiato e sorriso perchè fondamentalmente era un buddha.
E i buddha non si vergognano.
Novembre 26th, 2010 at 10:33 pm
Ogni tanto è bello gettare l’esca ed è pieno di pesci…”ed è impossibile sfuggire le reti del destino quando sei un pesce nel mare d’estate.” (non mi ricordo dove l’ho letto).
Deshimaru diceva: “Se non li guardi si rattristano. Se li guardi si preoccupano”,
era un grande buddha.
Novembre 26th, 2010 at 10:36 pm
Per doc,
nella Via dello Zen, non ci sono balie.
Novembre 26th, 2010 at 11:56 pm
Mym 175. Di preciso uno solo.
Per il resto non ho preso i doverosi appunti lungo il percorso.
Nello 179:
– che ora è?
– vado a rane!
Novembre 27th, 2010 at 12:22 am
Condivido Nello 178.
Coraggio.
(Ops, scusa…non ti identificavi mica col pescatore’?!)
Novembre 27th, 2010 at 10:09 am
Scusa Mym ma Uchiyama Roshi (con cui tu in qualche modo mi sembra abbia avuto a che fare) se non erro, è stato discepolo di Sawaki Roshi e lo ha accompagnato fino alla fine era dunque un poveraccio plagiato dalla personalità di Sawaki oppure ha riconosciuto in lui un maestro ?
Novembre 27th, 2010 at 10:10 am
Ci sono pesci che nuotano tranquilli, indifferenti alle maglie idolatre o iconoclaste delle reti.
Novembre 27th, 2010 at 10:11 am
Naturalmente la domanda di cui sopra è rivolta anche a Jf.
Mi sembra che anche lui abbia avuto qualcosina a che fare con Uchiyama.
Novembre 27th, 2010 at 11:15 am
@ 182. Il poveraccio era Sawaki, che però anche per questo ha fatto tutto il lavoro sporco, facendo diventare Antaiji quello che è stato. Uchiyama era un signore. Quando c’è plagio non c’è maestria. (Anche) per questo Deshimaru, come maestro, è irrilevante. Augh!
Novembre 27th, 2010 at 12:26 pm
“Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
Novembre 27th, 2010 at 12:27 pm
Voleva, voleva, si fa presto a dire voleva…
Novembre 27th, 2010 at 12:42 pm
Voleva testimoniare la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. Nobilmente. Quattro volte.
(Alla fine, risultò che il colpevole era il maggiordomo.)
Novembre 27th, 2010 at 1:11 pm
@ 185
Appunto, visto che, come mi dici e pensavo, Uchiyama era un signore e maestro e non un plagiato,quindi Sawaki non un plagiatore, perchè è stato così tanto tempo vicino a Sawaki se era solo un poveraccio ?
Poi ti pregherei, di non lanciare il sasso e nascondere la mano, raccontaci quel che sai sul lavoro sporco fatto da Sawaki così che anche noi possiamo avere qualche elemento di giudizio in più.
Non ho particolare simpatia per Deshimaru ma mi sembra che tutto si possa dire meno che sia stato irrilevante.
Perchè ce l’avete così tanto con Sawaki e Deshimaru ?
Novembre 27th, 2010 at 1:35 pm
Nekosan nekosan, rileggi e medita. Mai detto che Uchiyama fosse “un maestro”, anche perché quella roba lì non esiste. Mai detto che Sawaki non lo fosse anche perché lo siamo un po’ tutti. Mai detto che Deshimaru fosse irrilevante. Star vicino a un poveraccio, questo dovresti fare, a lungo. Fare il lavoro sporco è anche interloquire su un blog.
Novembre 27th, 2010 at 1:49 pm
Va bene, ho capito.
E’ facile dire tutto ed il contrario di tutto.
D’altronde siamo zen 🙂
Comunque in italiano:
‘per questo Deshimaru, come maestro, è irrilevante’
questa frase significa che c’è un possibile maestro e che, per te, è irrilevante.
Vicino ai poveracci ci sono stato ed anche a lungo. Interloquire su un blog non è un lavoro, tantomeno sporco.
Alla fine mi sta diventando simpatico Nello che almeno nella sua prosopopea afferma nettamente e non ritrae la mano quando vede le brutte.
Novembre 27th, 2010 at 3:19 pm
@174) a parte che l’espressione “pastura di fuchi sofisticheggianti” fu già di Platone (da qualche parte nel libro VIII della Repubblica) si sa che l’originalità consiste nel dire cose vecchie come se non fossero mai state dette? cioè nel rappresentarle con novità?
(a scanso di equivoci questa è di Foscolo).
Me ne torno al lungo silenzio luminoso.
PS: sul qui e ora ho tante di quelle riserve che le procrastino al prossimo post. Tanto si finisce per usare sempre le solite formulette dogmatiche…
Novembre 27th, 2010 at 3:48 pm
Ciao Nekosan, non credo sia questione di non voler rivelare, mi viene piuttosto di considerare le parole di mym o jf come una altolà all’uso strumentale di nomi d’altri, vite d’altri etc.. tu che ne pensi?
Novembre 27th, 2010 at 3:57 pm
ancora a Nekosan:
cioè è anche la risposta al mio stesso post 186 (che voleva solo riportare l’argomento a quello che mi sembrava fosse lo spunto interessante da discutere), come dire che forse dovrei meditare sulla mia testimonianza e sul perché: sgomberare il campo da ogni pregiudizio e comprendere che ‘la natura autentica di ieri è andata con ieri’ [citaz.] 🙂
Novembre 27th, 2010 at 4:54 pm
a AHR (sarà Adolf Hitler redivivo? ) 🙂
Non mi sembra che proprio mym o jf non facciano un uso strumentale di nomi e vite d’altri…
è proprio questo che, magari malamente, cercavo di sottolineare.
Tu cosa e come testimoni ?
Novembre 27th, 2010 at 7:45 pm
(@191) A volte -ci si prova- si parla con finezza e attenzione. “Come maestro” non implica necessariamente “che c’è un possibile maestro”, richiama, piuttosto, “anche perché lo siamo un po’ tutti”, quindi persino Deshimaru :-). Fare certe precisazioni (oltre a tutto il resto, ovvero seguire centinaia di commenti ad ogni post, curare contenuti e grafica) a volte per me è un lavoro. Lavoro sporco è un modo di dire, come poveraccio (suppongo: l’hai introdotto tu…), senza implicazioni positive o negative. A me Nello, come d’altronde lo sei tu Deshimaru Uchiyama ecc., era già simpatico prima.
Mettere la mano togliere la mano non è solo soddisfare la logica di chi ascolta. Forse chi ascolta (o legge) dovrebbe provare a capire prima di giungere a conclusioni. Forse. Ma questa è un’altra storia.
Novembre 27th, 2010 at 8:21 pm
Ciao Nello (177), anche a me piace giocare con i soldatini, ogni tanto, fargli fare i sorrisini e le scoreggine (a proposito, certo saprai che il nostro amico Sawaki diceva che non si può scambiare con un altro neppure una scoreggia – sbagliato, tu mi mandi la sua!). Meno mi diverto coi santini sugli altarini, ben più perniciosi. Grande buddha, piccolo buddha, tutti buddha, nessun buddha… sarà… Per me una porcheria è una porcheria, chiunque la faccia, a cominciare da me. Andare a combattere con un esercito invasore (magari addirittura in nome del dharma!) e sbudellare i nemici è una porcheria. Mettersi nella posizione di farsi idolatrare come grande maestro zen è una porcheria. Riconoscere le porcherie perpetrate dagli avi aiuta a ripulire la memoria dalle scorie e a ridurre i rischi di imitazione del peggio. Mi pare lampante.
Novembre 27th, 2010 at 8:23 pm
@196) Penso che tante volte chi ha occhio per la grandezza del passato diventi cieco per quella del presente. E’ la solita vecchia storia degli amici. Salvo rare eccezioni, che ci sono e luminosissime, non ammettono che uno di loro spicchi il volo della grandezza, o anche solo che spicchi. Spesso non ammettono neanche singole buone qualità, ad altri evidentissime. Ma anche quando ammettono, quando capiscono “tutto”, non sospettano neanche lontanamente che si possa trattare di grandezza e non di semplici pregi. Forse. Ma questa è solo la mia testimonianza.
Novembre 27th, 2010 at 8:36 pm
A proposito di grandezza: oggi sono stato qui, peccato non avervi incontrato
Novembre 27th, 2010 at 8:45 pm
Sarebbe utile, per chi non lo avesse ancora fatto, leggere la voce Sawaki su Wikipedia, a parte la citazione finale 🙂 mi pare equilibrata.
Novembre 27th, 2010 at 9:18 pm
Ciao nekosan (184 e 189 e 195) Che ne sai tu, che ne so io, del rapporto fra Uchiyama e Sawaki? Si parla per sentito dire, per suggestioni, per proiezioni mentali. E’ proprio questo che mi pare strano. In Europa, in certi ambienti zen, dove nessuno lo ha mai conosciuto manco di striscio, basta dire Sawaki per vedere facce compunte e ispirate. Da che? Da chi? Forse da gente che ci avrebbe passato metà della vita vicino? O da persone cui piace sciacquarsi la bocca con parole altrui? Non ce l’ho con nessuno, così come non metto nessuno sul piedistallo. E non faccio uso strumentale né del nome né della vita di nessun altro per il semplice motivo che non ho secondi fini. Rivolgiti a chi ha costruito il mito di Sawaki per alimentare il proprio alla sua ombra, a chi ha usato e usa ancora il suo nome come marchio di qualità: il mercato dell’usato.
Novembre 27th, 2010 at 10:26 pm
Per jf 197 e 201,
condivido ambedue gli scritti.
Tuttavia, la vita di una persona, non è mai riconducibile solo ed esclusivamente a lui medesimo, è più complessa. Questo, ovviamente non esclude la sua responsabilità rispetto a quanto vissuto.
Penso che Sawaki non ti avrebbe indirizzato nulla di personale, era sicuramente su un piano diverso.
Novembre 28th, 2010 at 12:31 am
E’ normale che un buddhista giapponese nato nel XIX secolo si comportasse come Sawaki rōshi, ovvero in modo, antidemocratico, repressivo e maschilista: la Via del Samurai è la morte (Hagakure). Con questa formula si esprimono in utopia i concetti di felicità e libertà di un Paese Ideale, di un sogno: Il Giappone Imperiale. L’intensità della rappresentazione dipende dal periodo bellico: la costante minaccia di morte rende assoluti i rapporti, specie se si è giovani. Per questo la guerra è bella, come metafora.
Non ha alcun senso imitarlo qui in Occidente al fine di “sembrare zen”. A-ah!
Novembre 28th, 2010 at 12:50 am
..E’ normale che un buddhista giapponese..
o è frutto di uno stereotipo o di un pregiudizio.. oppure è vero.
Se fosse vero sarebbe espressione di un grave difetto-vizio strutturale dello zen.
Non comprendo il legame di questi comportamenti con il buddhismo ( e con i suoi “auspicati” frutti)e sopratutto mi sorprende che oggi ci sia ancora chi difende questo “culturismo spirituale”: cosa centra tutto questo con la fragilità e la radicale ambiguità dell’esistenza?
Novembre 28th, 2010 at 7:15 am
Le persone, restano persone. Questo indipendentemente dallo zen. Dogen diceva che resta sempre una coda da qualche parte. Ovvero, la perfezione non è umana, la si persegue ma non la si raggiunge mai.
Inoltre, qua, quasi nessuno porge l’altra guancia, assumendosi tutto il karma che il fenomeno produce. Vale a dire che se attaccato mi difendo, e questa difesa può essere radicale.
Per me, Sawaki resta un grandissimo esempio di buddhista e TUTTA la sua vita lo testimonia.
Novembre 28th, 2010 at 11:12 am
Per me
Dogen:”..la natura autentica non diventa il bastone del tuo viaggio prima che tu diventi la natura autentica, dopo che tu lo diventi diventa il bastone del tuo viaggio”.
Sawaki (del quale ho solo letto) va “ringraziato” come anello di una catena, ma non si possono nasconderne le violenze sotto dei concetti. Astrattamente si può sostenere di tutto, ma la sofferenza è un’esperienza concreta, è l’esperienza concreta di chi la subisce e non si può non vedere la “cecità” di chi la esercita o addirittura giustificarla in nome di un’ideologia: non mi sembrano “frutti”
Novembre 28th, 2010 at 11:35 am
Ciao jf (201), com’è Parigi d’autunno? A mordu ‘ioche? Mercato dell’usato mercato dell’usato…
Ciao Nello (202), nooo se mi diventi moderato mi tocca attizzare Nekosan… 😉
Dario (204), il “culturismo spirituale” è (speriamo: era) un vezzo di quella cultura che qui si direbbe nazifascista. Qui noi abbiamo quello di sparare centinaia di cavolate su ogni argomento. I cinesi di tanto tempo fa e (risperiamo) gli italiani del futuro leggendoci penserebbero/penseranno a qualche “grave difetto-vizio strutturale dello zen”.
Novembre 28th, 2010 at 12:06 pm
Hmsx (203), se continui a scopiazzare, anche se dai migliori libri 😎 , qui qualcuno ti fa tottò!
Novembre 28th, 2010 at 12:37 pm
Paris in autunno è bella e impossibile… Vizio strutturale, vizio strutturale: qualcuno scriveva “consapevole profanazione”. Ma niente alibi…
HMSX (203)”è normale che un buddhista giapponese…” semmai, direi, è “normale” che un giapponese…, cassando il buddhista: normale, visto il tasso di conformismo di quel paese, ieri e oggi. Contro il quale conformismo di gruppo, peraltro, in anni successivi Sawaki, evidentemente ravveduto (vergognato? pentito?) ha tuonato, inascoltato in questo, da molti suoi epigoni nostrani.
Novembre 28th, 2010 at 1:35 pm
Aaaah questa la pubblico. Un amico che (peccato!) non vuol comparire, mi scrive “Haddavenì Sawaki!”.
In effetti, tra le altre cose non trascurabili, se vigesse il “sistema sawaki” sarebbe un delirio. Per dire, mi piacerebbe tanto vedere qualcuno dei suoi ammiratori immersi (ma sul serio, non “che tanto me ne vado quando voglio”) in una realtà alla Sawaki…
Novembre 28th, 2010 at 5:11 pm
Oohhh…bene.
Abbiamo finalmente sepolto anche Deshimaru, Sawaki (riposino in pace, con tanti ringraziamenti) e tutto l’ambaradan dei machi e dei samurai.
E adesso?
Novembre 28th, 2010 at 7:16 pm
E adesso si ricomincia: in Europa non si può prescindere da Sawaki e Deshimaru. Per esempio, parlando per una volta di me medesimo, il primo link allo zazen mi venne da chi lo aveva ricevuto da Deshimaru…
Novembre 29th, 2010 at 1:51 am
abbiamo già ringraziato.
Novembre 29th, 2010 at 11:23 am
Sì, i sentimenti personali sono importanti, certo. Oltretutto una sistematina al karma fa vivere più lisci. Molti ancora non sanno neppure chi erano quei due giapponesi del millennio scorso. E va bene. Parlandone in pubblico, però, val la pena rigirarli ben bene: i giudizi son poco zen, se sono affrettati (o disinformati, che ne è un caso particolare) sono anche sciocchi. Penso sia utile, per chi non l’abbia fatto, consultare la voce Deshimaru su Wikipedia, certamente ancora perfettibile ma sufficientemente completa.
Novembre 29th, 2010 at 1:27 pm
Grazie delle spiegazioni ma, mi chiedo, perchè se chi ‘imita’ i Deshimaru e Sawaki sta facendo una porcheria e diffondendo una visione ‘insana’ dello zen (come posso pensare anch’io) non si organizza un confronto pubblico in cui si sbugiarda chi va sbugiardato ponendolo di fronte alla realtà storica e dottrinale?
Perchè quando invece vi incontrate per convegni o altro invece ‘cinquettate’ tra di voi come membri dello stesso clan (chiesa soto shu)pur sapendo che qualcuno andrebbe sbugiardato ?
Novembre 29th, 2010 at 2:17 pm
Perché “teniamo famiglia” 😛
Il fatto è che chi si pone nel ruolo dello sbugiardatore… è fuori, anche di testa non solo dal buddismo. Dove -grazie a dio- non ci sono papi, inquisizioni, tribunali ecclesiastici ecc. Il tempo è generoso, ciò che ha poca radice si dissolve da sé (come il resto). Nel frattempo però qualcuno potrebbe cadere in reti poco… amorevoli ed allora si scrivono blog ecc.
Però (nekosan sei una disperazione…) il problema non è chi non bisogna imitare, è che non bisogna imitare e basta. A parte per una cosa, ma lì ognuno è ciascheduno. Semmai (poi basta, eh!) se si pongono idoli così massicci (come Sawaki e Deshimaru, comunque da tenere ben distinti, in ogni senso) è più facile dimenticarsi che lo zen imitato è morto. Per cui… vai nekosan, solo tu puoi sapere come si fa.
Novembre 29th, 2010 at 2:29 pm
Mym 216
Sul fatto che nel buddismo non ci siano papi, inquisizioni, tribunali… ci sarebbe da dire forse siamo all’avanguardia anche in questo.
Non penso che si possa aiutare molto attraverso un blog.
Secondo me quando c’è un pericolo va gridato assumendosi le proprie responsabilità non bisbigliato in un blog.
Novembre 29th, 2010 at 5:01 pm
Non vedo pericoli. Quando ne ho visti per qualcuno ho avvisato, anche di recente, esponendomi. Ma converrai che non serve a molto, chissà quante volte le persone più disparate ti avranno detto…
Spesso le persone vedono solo quello che vogliono vedere e sono poco inclini ad ascoltare chi mostra la cosa nuda e cruda, noiosissima di solito. Pensa a quanti attacchi anche su questo piccolo blog. Servono poco gesti eclatanti, o blog. È molto più importante essere qui, nel caso qualcuno bussasse. Poi, a ciascuno la sua vocazione e il suo mestiere. E se non dovesse bussare nessuno? La festa continua
Novembre 29th, 2010 at 5:51 pm
Anche se mym ti ha risposto esaurientemente, caro nekosan, un pensiero lo aggiungo visto che mi hai chiamato in causa in precedenza. Mi sembra che tu coltivi un’idea tipo “noi che siamo i buoni sbugiardiamo i cattivi” “facciamo bene quel che altri fanno male”. Non mi pare una grande idea. Non si tratta di fare i maestri buoni, a fronte di cattivi maestri: si tratta di non fare i maestri, tout court. Non si tratta di imitare i fulgidi esempi e scansare i pessimi: si tratta di non imitare, tout court. Se mi posso permettere un po’ di paternalismo dandoti un consiglio, in religione, non ti devi fidare di nessuno, né buoni né cattivi: abbi fiducia in te, solo da lì può nascere la tua fiducia in un’altra persona: che così non ti deluderà mai, perché l’origine della tua fiducia è in te, non nell’altro.
Quanto al fatto di far parte della combriccola sotozen, ebbene sì, ne faccio al momento parte. Non sono un gran cinguettatore (poco intonato) ho educati rapporti con tutti e con ciascuno, quali che siano la reciproche opinioni. Un rapporto educato, per me, implica il fatto di dire alle persone, siano chi sono, quello che penso, specie se me lo chiedono: e così faccio, con tutti.
Novembre 29th, 2010 at 7:56 pm
Però, come nipote di Sawaki almeno una scoreggina potevi farla, altrimenti mica ti prendono sul serio, mica. 😉
Novembre 29th, 2010 at 10:01 pm
se poi pensiamo che c’è gente che lo zen lo ha sentito nominare per la prima volta da mym… brrrrrrrrrrrr!
scoregge come nel finale del “Decameron” di Pasolini!
Novembre 29th, 2010 at 10:35 pm
Pronipote…. pppprrrrrrr…ffofff!
Novembre 29th, 2010 at 11:06 pm
@221 e 222:
Perchèrealizzare un’opera, quando è così bello sognarla soltanto? (citandoparafrasando P.P.P.)
Novembre 29th, 2010 at 11:15 pm
non so se a questo punto è un buon contributo o è off, ad ogni modo: http://www.youtube.com/watch?v=fkZyUbJRQGw&NR=1
Novembre 30th, 2010 at 8:49 am
Adesso basta con lo scrivere, e andare off topic (retta concentrazione) ! Evidentemente pochi di voi hanno portato pentole piene d’acqua su e giù per le scale 🙂
La somma di tutti i post fa almeno tre/quattro ore mancate di zazen di quello fatto bene. Al lavoro, su !
Novembre 30th, 2010 at 9:01 am
‘Vualà’ il pranzo è servito!
Forse molti le hanno portate le pentole e mo’ nu’ le vonno più porta’ e s’atteggiano a conversatori fini. O no, poco importa. 😉
Novembre 30th, 2010 at 9:03 am
C’è un luogo sul sito dove si possono fare proposte per iniziative dannate e mondane?
Novembre 30th, 2010 at 9:15 am
“un luogo sul sito” ? Un sito (web) non ha un luogo ! Semmai “una sezione del sito”
Novembre 30th, 2010 at 9:54 am
hmm… ryokàn… in certe regioni italiane suonerebbe come una bestemmia…
Novembre 30th, 2010 at 11:17 am
Ragaaazzi, su, il mondo ci vede…
Se non ha di meglio da fare.
Novembre 30th, 2010 at 11:43 am
Dico la mia sull’argomento, in assoluta trasparenza e ignoranza. E’ parzialmente vero che non bisogna imitare. In realtà quello da imitare è il Buddha, e come lo si imita ? Niente di più semplice, ce lo ha detto lui: ci si siede con un cuscino sotto il c..o ! Tutto li, non ha risposto neppure al mega domandone “esiste Dio” ?
Poi, ce lo hanno ripetuto e scritto fino alla nausea, che bisognerebbe proprio crederci (è fede): ci vengono domande ? Risponderà lo zazen per noi (siate luce per voi stessi)…o almeno lo farà (di nuovo…è fede).
Paradossalmente, nemmeno tanto, la cosa che mi ricordo di Calgagnano non è (solo) lo zazen, ma l’essere stato due giorni a ripulire un ripostiglio, aver spostato legna, aver usato la zappa e…essere stato cazziato per non aver bevuto il caffellatte offerto alla mattina.
Possiamo chiamare questo “vero zen” ? Custodia autentica da proteggere ? Io credo proprio di si, e senza vergognarsi.
Ed oltretutto, non capisco, è sicuramente più facile proteggere lo zazen, piuttosto che scervellarsi a come integrare scacciamosche, paramenti, ideogrammi ecc con la cultura attuale.
Se volete lo faccio io, però non ho il certificato (shiho) , l’autocertificazione va bene lo stesso ? 🙂
Novembre 30th, 2010 at 11:51 am
Qualcuno si è svegliato chiacchierino ‘stamattina. Ciao Ryokan, benvenuto. Le cazziate sul caffelatte sono lo scacciamosche dei poveri…
No, l’autocertificazione non fa, prima bisogna mostrare il certificabile, poi versare una GROSSA somma, poi… 😛
Novembre 30th, 2010 at 12:40 pm
chiedo scusa a Doc, ma proprio non riesco a leggere online testi “più estesi di tot righe”. sono volato direttamente agli ultimi paragrafi… e ne valeva la pena 🙂
colgo l’occasione della mini-bio tracciata da Mym per esplicitare una domanda che mi frulla dentro da un po’: “Ma… Buddazot? che fine ha fatto?”
Novembre 30th, 2010 at 12:52 pm
per JF 219
Grazie Jf e grazie Mym per le vostre risposte.
Jf,io non coltivo l’idea di chi siano i buoni e chi i cattivi, nè che noi facciamo bene e altri male, ma per esperienza di prima mano ho visto e provato la sofferenza generata da un certo modo di proporre e imporre una certa visione dello Zen.
Spesso operata nei confronti di persone deboli, fragili, che ne escono distrutte.
Ho pensato che non basti allontanarsi da tali situazioni e ‘mettersi in salvo’ ma che dovremmo fare qualcosa in più per evitare che accada ad altri.
Per questo mi sono infervorato e mi scuso.
Mi dite che non esiste un maestro…
ma perchè allora riconosciamo una linea di Patriarchi alla cui vita ed esempio dobbiamo rifarci ?
Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro ?
Grazie
Novembre 30th, 2010 at 1:01 pm
Che senso abbia la linea di patriarchi lo spiega, brevemente, Doc nella relazione che presento in home. Se vuoi la storia completa vedi questo da p.337 in poi.
Per quello che riguarda “il maestro” Dogen parla soprattutto della sua ricerca. Non bisogna scoraggiarsi, assolutamente.
Novembre 30th, 2010 at 1:02 pm
“Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro ?”
Infatti, ben detto ! E qui non ci sono pentole, serve una risposta chiara dai big boss !!
Novembre 30th, 2010 at 1:12 pm
Mym dove trovo la relazione di doc ?
non sono riuscito a trovarla.
Grazie
Novembre 30th, 2010 at 1:41 pm
È quella che salta fuori cliccando sul titolo Pratica buddista e sue ricadute sul tessuto sociale.
I big boss (235) son tutti ai Caraibi. Ma han lasciato detto che se l’indicazione è cercare bisogna cercare, non aspettarsi che qualcuno ti dica: eccolo lì. Il senso è cercare. Almeno una quindicina d’anni, per cominciare, poi si comprende meglio il fatto che cercare è senza fine. Se nel frattempo si fa zz tutti i giorni, be’, i big boss possono rimanersene ai Caraibi.
Novembre 30th, 2010 at 1:48 pm
Nekosan 233: “ho visto e provato la sofferenza generata da un certo modo di proporre e imporre una certa visione dello Zen. Spesso operata nei confronti di persone deboli, fragili, che ne escono distrutte. Ho pensato che non basti allontanarsi da tali situazioni e ‘mettersi in salvo’ ma che dovremmo fare qualcosa in più per evitare che accada ad altri.” Diceva il grande Barnum (direttore e inventore del circo omonimo): “Nessuno ha mai fatto bancarotta puntando sulla credulità e sulla stupidità del pubblico”. Temo che la struttura della realtà sia così, in modo pressoché inemendabile. D’altronde, un detto contadino dice: “quando la pera è pronta cade anche senza vento”.
Novembre 30th, 2010 at 2:20 pm
Oggi mi piacete tutti. Vi quoto.
Lieto di sentire mym 234, 237 e 238 in particolare. Adesso sereno e pacioccone so che devo fare. Grosso modo. La pace sia con noi.
P.S.:
@228 ryokan (e segg.): ‘da paura!’ 🙂
Novembre 30th, 2010 at 3:24 pm
Ciao Dhr.
Buddazot se ne è andato. Dopo la serie di post su ‘La pantomima’ e i dibattiti seguenti, ha detto che non ci stava a fare più niente qui, che il suo compito era esaurito e la sua promessa onorata. ‘Ormai il re è nudo’, mi disse, ‘e chiunque può guardargli l’ombelico a piacimento’. Quanto al resto, non era più compito suo: altri, più giovani e di maggior capacità, avrebbero egregiamente proseguito il lavoro. Si lamentava dell’artrite, dice che doveva curarsi un po’ le ossa. Mi ha pregato di ricambiare da parte sua l’affetto di quei lettori che hanno apprezzato il suo lavoro.
Tempo fa, passando vicino alla stazione dei bus per l’aeroporto, l’ho rivisto, in bermuda, sandali, camicia a fiori ed una tavola da windsurf sotto il braccio. Mi ha gridato che stava partendo per Honolulu, dove andava a rilevare Merlino, perché avevano deciso di trasferirsi insieme a Tonga ‘Ti manderò una cartolina’ – furono le ultime parole che potei udire – ‘un abbraccio a tutti…. chissà forse un giorno…’.
Novembre 30th, 2010 at 4:12 pm
peccato. erano gli unici sutra che leggevo con piacere (in sanscrito: Kama Sutra).
Dicembre 1st, 2010 at 11:52 am
Ciao nekosan 233
Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro?
Quella tua frase preferisco leggerla con l’accento su ‘relazione’ anzichè su ‘maestro’.
Quando c’è il ‘discepolo’ allora c’è anche il ‘maestro’.
Il gioco dei ruoli è fondamento. Il ‘ruolo’ invece è prigione e, in definitiva, falsità.
Dogen è stato un grande discepolo.
Dicembre 1st, 2010 at 1:57 pm
Ciao Doc,
sto leggendo la tua relazione, complimenti.
E’ chiaro che il rapporto ed i ruoli nascono solo nella relazione…
Non può esistere un maestro qualificato tale da chicchessia.
Questo l’ho ben chiaro ma quel che ancora mi resta difficile da capire è se è possibile percorrere il ‘Cammino’ senza riferirsi ad un maestro e ad una comunità.
Basta davvero solo sedere in Zazen ?
Dicembre 1st, 2010 at 2:02 pm
Forse conviene invertire: provare a “fare” zazen per un bel po’, regolari e massicci, poi provare a chiedere in giro se c’è qualcun altro che ha la nostra esperienza, se quello che accade è quello che accade agli altri, confrontarsi, pur sapendo che -in qualche misura- per ciascuno è diverso.
Dicembre 1st, 2010 at 2:12 pm
Sì Mym,
ma poi quando ci si ritrova ci si deve pur dare una forma non fosse altro per organizzare lo spazio che ospita il sedere assieme e nel confrontarsi avere un riferimento perchè se è vero che -in qualche misura- per ciascuno è diverso, ci sarà pure un riferimento comune che può essere il Buddha…
o no ?
Dicembre 1st, 2010 at 2:14 pm
Che intendi poi con Zazen regolari e massicci ?
Io ne ho fatto un bel pò e per un bel pò e ho visto fare (e fatto) ‘prestazioni straordinarie’di Zazen ma i risultati, ora posso dire senza ombra di dubbio, se guardo poi le stesse persone sono, in termini di umanità sconfortanti.
Va bene lo Zazen regolare e massiccio ma chi garantisce che si stia facendo davvero Zazen ?
Dicembre 1st, 2010 at 2:20 pm
nekosan, ho l’impressione che stiano arrivando delle pentole anche per te !
Dicembre 1st, 2010 at 2:35 pm
ryokan 245
cioè ?
Dicembre 1st, 2010 at 2:49 pm
l’ultima volta che ho fatto la stessa domanda a mym, mi sono ritrovato a portare un pentolone ricolmo d’acqua su e giù per le scale del condominio dove abito.
Dicembre 1st, 2010 at 4:01 pm
E i condomini che dicevano? Conoscevano mym?
Dicembre 1st, 2010 at 4:46 pm
@243:
Ciao Nekosan, scusa mi viene da sorridere perché questa espressione “ci si deve pur dare una forma non fosse altro per organizzare lo spazio che ospita il sedere assieme” è una preoccupazione che ho sentito spesso tra le persone che… be’ insomma ma perché sta fissa? Com’è nella nostra vita di tutti i giorni? Non ti organizzi a casa per chi cucina e per chi fa la spesa? O al lavoro non è lo stesso? Voglio dire che centra col stabilire la gerarchia ? Alcune persone le eleggi nel tuo intimo come punti di riferimento ma sempre uomini sono. Ora me ne guarderei bene di accollare loro ‘sta storia del maestro.
Quando ho imparato alcuni gesti di lavoro ad esempio, l’ho fatto meglio quando ho osservato con attenzione chi evidentemente aveva più esperienza di me ed è una questione pratica il fatto che non l’ho fermato dicendogli ‘adesso ti ho scelto come rif. e bla bla bla’, insomma cerco di non rompere le scatole altrimenti quello appena mi vede si nasconde. Inoltre per quanto possa aver osservato nulla s’è messo in moto fino a che non ho provato da me a ripetere quei gesti, comprendendo magari che dovevo adattarli al mio corpo. Magari li ho migliorati. Non so se mi sono spiegato. Nel caso perdonate il lungometraggio.
Dicembre 1st, 2010 at 4:46 pm
mah, ti dirò…ero talmente perfetto nella pratica di risalita e discesa (con pentola), che i condomini dicevano “per noi non c’è niente da vedere, ne da udire…ecc”
Dicembre 1st, 2010 at 4:54 pm
In effetti la prova della pentola è risolutiva. Nel fare zazen non si può sbagliare, basta non fare altro. È altrove che è più facile sbagliare. In primis il posto più a portata di mano per fare zz è casa propria, non c’è nulla di particolare da organizzare, a parte la propria vita, gli orari, i rapporti con i famigliari coabitanti, le priorità della giornata, le scelte concrete di vita. Ma quelle, si sa, per noi zen son bazzecole. Parecchio più complesso è organizzare lo zazen in un luogo apposito. Infatti è da fare solo se a casa propria non si riesce/non si può. Gli errori si fanno quando costruiamo fantasie, per esempio che siccome il riferimento è il buddha (prendere voce apposita in qualsiasi libro e studiare prima di parlarne ancora) allora ci vuole un maestro, alias un pollastrone che mostra “come si fa” ovvero come fa lui ovvero come non devi fare tu perché non sei lui. Gli errori si fanno quando si pensa che le persone, facendo zazen, migliorino, diventino umanamente migliori, più affabili, gentili o intelligenti o buone ecc. Che cosa c’entra tutto ciò con lo zazen? C’entra solo perché uniamo lo zazen e l’uomo ideale nella nostra fantasia. L’uomo ideale è quel fesso che siamo, non c’è scampo; almeno badiamo a sollevare poca polvere.
Dicembre 1st, 2010 at 4:58 pm
AHR 248: coi condomini ho un accordo di massima, guardano scuotono la testa “eccone un altro” dicono. Tu dove hai detto che abiti? 😛
Dicembre 1st, 2010 at 5:02 pm
@244:
“Va bene lo Zazen regolare e massiccio ma chi garantisce che si stia facendo davvero Zazen ?”
Immagino che questa la si possa risolvere innanzi tutto domandandosi perché abbiamo ‘deciso’ di fare ‘sto zazen (l’ultima volta che me lo hanno chiesto sono caduto dalla sedia dov’ero seduto, mym ne sa q.cosa) e poi sulla sincerità della risposta che ci si dà, e qui sei solo. Il conto lo paghi cmq te, sia che fai zazen sia che te ne stai zitto e bòno sul cuscino senza fare zazen.
Infine: questa domanda la coniugherei sempre al singolare prima persona.
Dicembre 1st, 2010 at 5:06 pm
E la domanda rimane aperta! No answer
Dicembre 1st, 2010 at 5:08 pm
@252 (così rispondo anche a dhr in un preced. post):
Roma Borgata Montespaccato… una piccola Paris
ne trovate traccia con banali ricerche Google cronaca
😉
Dicembre 1st, 2010 at 5:10 pm
In effetti la prima persona singolare è indispensabile in certe domande. E mi ricollego anche al 238: ma quando sono andato in quel posto dove poi hanno trattato così male me e gli altri sventurati, che cosa cercavo? Non cercavo proprio quello che offrivano lì? E se così non fosse (raro, molto raro), se quello che cercavo non c’era, perché non ho girato i tacchi andando scassare il gorghiglione a qualcun altro? Rispondere ad alta voce, così per vedere l’effetto che fa.
Dicembre 1st, 2010 at 8:09 pm
Capisco che il singolo fa quello che può, ma, a proposito del circo Barnum,
se è vero che c’è chi cerca senza mettere in discussione le sue illusioni sull’oggetto della ricerca, o non è in grado di vederne le eventuali deviazioni, è altrettanto vero, credo, che le istituzioni dovrebbero, in nome della fede che si propongono di testimoniare, favorire una buona pratica e proteggere i “creduloni” dai “cialtroni”.
Credo ci sia un grado di responsabilità di una struttura che si propone come riferimento: se così non è il rischio è quello di procurare sofferenza invece che liberazione.
Vedi chiesa Cattolica e questione abusi..
Dicembre 1st, 2010 at 8:44 pm
Sono d’accordo. In ogni caso, però, è sempre il singolo che deve rispondere, dar conto delle sue omissioni, sia che rappresenti le (o faccia parte delle) istituzioni, sia che si consideri “un cane sciolto”. Lo slogan (inventato in USA per altri motivi) “chi vede qualchecosa dica qualchecosa” mi convince.
Altro problema è, però, mettere in piedi inquisizioni, tribunali o sbugiardatori di ruolo. Testimonianza è la parola.
Infine: le istituzioni buddiste dovrebbero essere enti amministrativi, non avere alcuna funzione guida, di testimonianza o di indirizzo. Cfr. Considerazioni sul seminario presso la Gendronniére del 16-17 ottobre 2010 proprio in questo post.
Dicembre 1st, 2010 at 10:45 pm
bla, bla, bla…senza Antaiji e quanto ha concorso a produrlo, nessun bla,bla,bla.
il wikipedia di Deshimaru é ridicolo! buono per menti ristrette.
Dicembre 1st, 2010 at 10:50 pm
Se si dice che Dogen è stato un grande discepolo, bisogna anche aggiungere che é stato un grande maestro.
Senza uno non può esserci l’altro.
Dicembre 1st, 2010 at 10:53 pm
Certo, poi, bisogna avere ben chiaro cosa significa “maestro” e quale sia la sua funzione.
Poi, bisogna avere ben chiaro, o provare a chiarirsi, cosa significa buddhismo (proprio nel senso di ‘ismo’).
Dicembre 1st, 2010 at 11:05 pm
Premetto che, per quanto ben strutturato, non condivido il taglio dell’intervento, lo trovo ascettico, didascalico e poco coinvolgente.
Relativamente a: 6 – non violenza, questo è il mio contributo:
dopo una precisa introduzione si arriva a dire che esistono i Precetti quale realizzazione attraverso un percorso che li rivela nella verità del loro portato. Per mio conto, posso affermare che osservando i Precetti, la loro pratica in sè, si produce lo stesso risultato.
Dicembre 2nd, 2010 at 1:06 am
Per me l’Hagakure è il libro dei libri: banalizzarlo nel nazifascismo-culturismo spirituale è miopia. La figura del maestro, del discepolo e dell’imitazione è ineludibile, essenziale.
L’imitazione della forma, cioè della figura del ‘maestro ideale’, è la misura del torace che si acquisisce con l’esercizio, la costanza e la disciplina. Non c’è nulla di edonistico. Lo scopo è la bellezza dell’azione di un corpo perfetto: compiuto in ogni attimo (vitalismo, non naturalismo selvaggio).
L’aria è tangibile come l’acqua. L’Hagakure non si legge, si “incarna” fino a che si innesca in modo incontrollabile. Lo zen è l’inizio necessario.
Nell’iconografia giapponese la morte è associata alla primavera: il suicidio del samurai è la massima affermazione di vita.
Dicembre 2nd, 2010 at 1:08 am
Testimonianza è la parola, non si aiuta nessuno se si tiene nascosta la verità. Ritengo che l’organizzazione gerarchica e militare sia perfetta: gli ordini non si discutono. Troppe volte la massa ha “democraticamente” salvato Barabba per mandare a morte Gesù..Mi dichiaro cattolico nella misura in cui si avalla e legittima l’Inquisizione –certo, in un senso diverso rispetto a quella medioevale. Ad esempio il primo che manderei al rogo sarebbe proprio l’uomo vestito di bianco…Acquistare uno stato di discepolanza equivale ad abbracciare uno stato “militare”, e le istituzioni buddhiste non hanno i mezzi per fare la guerra alla guerra, cioè a tutti i valori. Allora trovo splendido il gesto di Monicelli: voltare le spalle alla propria epoca e abbracciare la bellezza. Non è depressione: è affermazione di sé, di un’etica della libertà.
Dicembre 2nd, 2010 at 1:56 am
260
Caro Nello, se Doghen avrà gradito il tuo inchino più di quanto non abbia gradito il mio, sarò felice per te!
Dicembre 2nd, 2010 at 1:58 am
Bene.
Dicembre 2nd, 2010 at 2:06 am
@259 e 261:
Salve Nello, potresti chiarire ?
Chiedo scusa ma non comprendo proprio il senso.
Forse in questo blog sono peggio di un ripetente incallito.
Dicembre 2nd, 2010 at 3:56 am
264. Mah! Qui Dogen c’entra poco.
Dicembre 2nd, 2010 at 4:07 am
Per 265.
Per quanto riguarda 259 mi sembra abbastanza chiaro, vale a dire che, nella Tradizione Zen, il Buddha, si è trasmesso in un certo modo, fino ad ora. Questo non esclude nuove modalità che, tuttavia, non sono alternative alle tradizionali, sono altre modalità e basta. Non ci sono due verità. Quindi, oggi, il blablabla, può prodursi grazie alla Tradizione, comunque. Poi, ci sono gli inguaribili…
Dicembre 2nd, 2010 at 4:11 am
Gli inguaribili…sono quelli che potrebbero dire che un tal Siddharta Gotama era uno che ha abbandonato moglie e figlio…
Dicembre 2nd, 2010 at 4:12 am
o che lo Zen non è buddhismo…
Dicembre 2nd, 2010 at 4:16 am
perchè loro lo vogliono in sanscrito…e non in sino-giapponese…magari in tibetano…ma assolutamente non in giapponese…qualcuno per semplificare o genuinizzare finisce con il complicare o vanificare…
Dicembre 2nd, 2010 at 9:15 am
Ciao Adolf Hitler Redivivo 🙂 249
Quando mai ho parlato di gerarchia ???
tu dici:
‘Com’è nella nostra vita di tutti i giorni? Non ti organizzi a casa per chi cucina e per chi fa la spesa? O al lavoro non è lo stesso?’
Se fosse così semplice non ci troveremmo nelle condizioni in cui ci troviamo, sopecie in Italia…
Dicembre 2nd, 2010 at 9:27 am
Per Mym 251
dici: ‘Nel fare zazen non si può sbagliare, basta non fare altro.’
Ma chi dice che si sta facendo Zazen?
Ci vorrà pure un minimo di indicazioni oppure basta quel che troviamo su internet ??
dici: ‘In primis il posto più a portata di mano per fare zz è casa propria, non c’è nulla di particolare da organizzare, a parte la propria vita, gli orari, i rapporti con i famigliari coabitanti, le priorità della giornata, le scelte concrete di vita. Ma quelle, si sa, per noi zen son bazzecole. Parecchio più complesso è organizzare lo zazen in un luogo apposito. Infatti è da fare solo se a casa propria non si riesce/non si può.’
Dunque mi sembra di capire che l’aspetto comunitario della pratica non sia affatto necessario.
E pensare che io ero convinto che il Sangha equivalesse a Buddha e Dharma.
Ovvero che lo Zazen fai da te permettesse un modo più comodo per continuare a ‘darsi ragione’e che una Comunità (certo si deve trattare di una compagnia di veri amici)garantisse, con tutti i rischi che ne derivano, che questo non possa non avvenire.
Dici: ‘Gli errori si fanno quando costruiamo fantasie, per esempio che siccome il riferimento è il buddha (prendere voce apposita in qualsiasi libro e studiare prima di parlarne ancora) allora ci vuole un maestro, alias un pollastrone che mostra “come si fa” ovvero come fa lui ovvero come non devi fare tu perché non sei lui.’
Ci siamo, ma questo non è un buon maestro e se invece si incontra un buon maestro ?
O facciamo fuori il maestro tout curt ?
dici: ‘Gli errori si fanno quando si pensa che le persone, facendo zazen, migliorino, diventino umanamente migliori, più affabili, gentili o intelligenti o buone ecc. Che cosa c’entra tutto ciò con lo zazen?’
Allora, se non sbaglio il Buddha diceva che facciamo Zazen per liberarci dalla sofferenza… allora dovremmo almeno poter vedere che una persona che pratica ZZ troverà un minimo di qiete, almeno con sé stesso e questo si percepisce anche da fuori. Non si tratta di diventare più che umani ma se non porta a questo non credo sia lo ZZ del Buddha.
Anche Cristo diceva ‘li riconoscerete dai frutti’ e mi sembra il minimo indispensabile che da una pratica che coinvolge pienamente il corpo e la mente ne derivi una vera e propria metamorfosi altrimenti, secondo me, la pratica non è corretta.
Altrimenti nel dire: ‘in fondo va bene un pò tutto’ si da adito, con atteggiamento molto new age, ad ogni genere di accomodamento…
E’ vero fessi siamo e fessi rimarremo ma che almeno lo ZZ ci permetta di capirlo e di accettarlo serenamente.
Dicembre 2nd, 2010 at 11:21 am
Benino? Un 23 e pedalare? O voto politico, come quando c’eravamo noi, quelli gggiusti…?
Dicembre 2nd, 2010 at 11:30 am
Amen
Dicembre 2nd, 2010 at 11:32 am
Un amico mi scrive: “Sacchi è molto bravo. Quanto ai cattolici, non ce ne libereremo mai. E come disse quello, è molto difficile convertirli al cristianesimo”.
Dicembre 2nd, 2010 at 11:37 am
Caro Nello,
a volte forse è necessario spiegare proprio tutti i passaggi. Faccio uno sforzo e ci provo. Scusate se sforo le 500 battute.
Dire che Doghen è stato un grande discepolo, è il massimo dei complimenti
1) perchè rende pienamente giustizia al suo essere un grande maestro in virtù proprio del suo essere stato capace di essere un grande, umile discepolo. Causa ed effetto sono qui pienamente giunti alla catarsi.
2) perchè diventa una indicazione. Ripetere, come le oche del campidoglio, che tizio e caio sono grandi esseri, che dobbiamo onorarli, omaggiarli e rispettarli ecc, alla lunga diventa una indicazione retorica e sterile, buona forse a creare degli ottusi devoti e poco più. (Peraltro è scritto ovunque e lo sanno tutti, almeno qui dove si studia Dogen e l’evoluzione del suo insegnamento.)
3) Mettere invece in risalto il processo che porta a diventare maestri attraverso la pratica di essere ‘buoni’ discepoli, è una indicazione dinamica che persone come te dovrebbero poter capire ed apprezzare.
4) perché denota l’intenzione di comunicare qualche cosa a favore di qualcun altro, ribaltando uno stereotipo e quindi favorendo, ad una coscienza eventualmente ancorata ad una visione agiografica standard, l’ampliare il proprio punto di vista.
Quando parliamo, a volte è anche interessante il contenuto, l’argomentazione. Ma sempre è importante il ‘perché’ parliamo, l’intenzione. Il contesto.
Chi si accontenta dell’argomento…avrà solo quello. Per fare un passo oltre il palo, bisogna smetterla di difendere … Ma cosa difendi, tu?
Dicembre 2nd, 2010 at 11:44 am
mym 6
come motivazione del voto vale quanto ho postato testè sul blog dell’istituzione.
Dicembre 2nd, 2010 at 12:42 pm
Ho dimenticato di dire che Mancuso non ha potuto partecipare al convegno, per cause dell’ultima ora. E’ stata l’unica defezione, ma importante.
Però negli atti ci sarà anche il suo contributo.
Dicembre 2nd, 2010 at 1:03 pm
L’unico maestro necessario, è quello che ti corregge la postura, ti dice come respirare. Quello che ti invita a “star seduto così”, con abiti comodi, con una tuta da ginnastica senza scritte o colori sgargianti, solo per non distrarre gli altri.
Su questo non possono esserci dubbi, talmente è semplice la questione.
Alla luce di questo…perchè sono necessari i centri di pratica (Sangha ?). Perchè farlo in casa è troppo difficile, oltre ad avere mille scuse per non farlo e smettere del tutto, si rischia di vederci spuntare una gobba con l’andare del tempo. Ed inoltre porto un esempio personale. Praticare con altri, soprattutto all’inizio, mi ha invogliato di più, facendomi evitare mille milioni di distrazioni e consentendomi di portare a termine le sessioni.
Non voglio maestri, voglio centri di praticaaaa !!!
Il punto non è additare chi insegna un “falso zen”, ma proteggere quello vero, come faceva Doghen mi pare. Che poi lo “zen vero” è tutto li…nello star seduti, lo sa anche mio nipotino fra un po’.
Poi…la pratica non ci fa ne migliori ne peggiori. Qualche conseguenza sicuramente la porta, io ad esempio riesco a scrivere al PC con la sola forza del pensiero come sto facendo adesso, ma il fine ultimo è un altro, rimuovere la sofferenza, non cambiare noi stessi.
Dicembre 2nd, 2010 at 1:47 pm
L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re. Non c’è qualcuno che ti può dare, dove ci sei tu ci sei solo tu, datti fare, o riprendi la pentola.
Dicembre 2nd, 2010 at 2:09 pm
Ma perchè non si organizza un pubblico convegno per confrontarsi e discutere sugli argomenti di cui stiamo discutendo e che sono così importanti ?
Visto che ci sono in Italia tendenze diametralmente opposte: Guareschi e fudenji, dove il maestro è ruolo fondamentale e senza quello non esiste zen e il maestro è sempre lui e solo lui e guai se qualcuno esprima una sua personale interpretazione, guai se lo zazen divenisse pratica solitaria non collegata alla sesshin o comunque ad una presenza stabile e continua a fudenji e al legame col maestro… dall’altra ci sono mym, jf, e altri che invece affermano l’esatto contrario.
Non si tratta di fare processi o stabilire chi ha ragione e chi torto ma si tratterebbe di un sano e prezioso confronto, come si faceva una volta tra veri ricercatori nel Buddhismo antico.
E chi non accetta il confronto o non ha davvero a cuore il bene dello zen o non ha forti argomenti alla base delle sue opinioni.
Uscendo così dalle mura dei monasteri e dalle pagine dei blog…
Che ne dite ?
Dicembre 2nd, 2010 at 4:02 pm
Perchè no…però se poi si mette male, Guareschi conosce le arti marziali, noi no.
Dicembre 2nd, 2010 at 4:10 pm
Ciao Ryokan
275. “Che poi lo “zen vero” è tutto li…nello star seduti”
Non so, ci andrei cauto.
Nella relazione alla consulta avevo scritto:
“…. zen, quella particolare forma del buddismo giapponese che fa dello zazen e della messa in atto delle istruzioni su come percorrere concretamente questa via di salvezza, il cardine, il fulcro della ricerca ed esperienza buddista.”
Poi, considerando il contesto in cui mi sarei trovato a parlare e temendo che la parola ‘istruzioni’ fosse interpretata in modo letterale, ho deciso di tagliare le parole”…e della messa in atto delle istruzioni su come percorrere concretamente questa via”.
Però, tra di noi….
Le ‘istruzioni (al di fuori della dottrina)’ passano attraverso una relazione. A mio parere non è cosa da sottovalutare.
Dicembre 2nd, 2010 at 4:18 pm
Ciao Nekosan.
277
Qualcuno un giorno spero mi spiegherà questa ossessione per Guareschi e fudenji.
A qualcuno piace caldo… ma chissenefrega!
Se facciamo un album di figurine, penso che ognuno di noi abbia i suoi bei santini da appiccicarci su. Lo zen ‘Panini’.
Ma non litighiamo sulla foto che deve essere messa in copertina, per favore.
Comunque se organizzi un bel convegno…con rinfresco, mi raccomando!
Dicembre 2nd, 2010 at 5:11 pm
M’è andata bene, non avendo “davvero a cuore il bene dello zen” e neppure “forti argomenti alla base delle mie opinioni” ho praticamente la dispensa papale.
Però, ammesso e non concesso che si facesse un convegno su temi così importanti (!), e poniamo che alla fine -magari a maggioranza- prevalesse la linea che si fa come dico io o niente, nekosan, cosa sceglieresti? A Samye tra coloro del partito dei perdenti in parecchi praticarono l’autocastrazione.
La prima cosa che stabilirei è che sesshin è sostantivo maschile. Solo chi dice IL sesshin è dalla parte giusta dello zen. I parvenu si vedono subito, tze!
Dicembre 2nd, 2010 at 5:28 pm
“A Samye tra coloro del partito dei perdenti in parecchi praticarono l’autocastrazione”
Arunda Disse: – “Ci scometto le palle che passerà la nostra linea…”
Aranda Rispose: – “Ehm…hanno appena vinto loro…”
e per oggi mi fermo qui…giuro 🙂
Dicembre 2nd, 2010 at 5:33 pm
Il bello è che Arunda solo DOPO si accorse che Aranda scherzava…
Dicembre 2nd, 2010 at 5:39 pm
Aaah, be’, il Mancuso deficiente mi mancava…
In risposta al n° 7, altro amico che fa faticare me al suo posto, scrive: “Circa il Natale in Giappone invece, un grande maestro (anziano religioso trentino) mi disse una volta: “beato te che vai a celebrare il Natale in parrocchia in Giappone insieme ai Cristiani; qui rischi di trovare solo cattolici” (discorso lungo, ma come tu ci insegni, non c’è critica senza filologia…)”
Dicembre 2nd, 2010 at 5:39 pm
Caro nekosan 277, ti dico tre cose:
1. un cibo che resta sullo stomaco, che torna sempre su, per buono che sia al sapore e attraente alla vista, non e’un cibo nutriente, che invece si digerisce in fretta, non lascia tracce e quasi neppure ti ricordi che lo hai mangiato. Tu hai qualcosa sullo stomaco, prendi del bicarbonato. Tanto.
2. in tempi andati e gia’ sospetti (i tempi lo sono un po` tutti) ebbi la bella idea di proporre periodici incontri fra “rinomati” testimoni dello zen italiano (i nomi che citi c`erano tutti): ci vedemmo cinque o sei volte e poi la cosa fini` nel nulla senza lasciare tracce, con soddisfazione di tutti (per la fine, intendo). Dalle mie parti si dice: emu za deitu – abbiamo gia` dato. Pero` se organizzi, tienimi informato, prima o dopo.
3. io non affermo l`esatto contrario di nessun altro, per il semplice fatto che non sostengo una tesi – nella mia pur limitata esperienza, mi sono seduto in zazen in compagnia, da solo, in monastero, in citta`, in campagna, in montagna, al mare… e la sola cosa che posso dire e` che, a parte il fatto che il sedere sul cuscino sempre il mio era (se mi si concede il brevetto sul mio culo) per il resto la sola cosa sempre interessante e` stata e continua a essere chiedermi perche` ho fatto quel che ho fatto e faccio quel che faccio. La risposta non e`, come negarlo?, sempre chiara ed esauriente, ma la domanda e` sempre interessante. La consiglio a tutti. Ciao
Dicembre 2nd, 2010 at 6:06 pm
Mi pare comprensibile..e condivisibile.
Dicembre 3rd, 2010 at 12:30 pm
Ciao Doc #280
Non si tratta di ossessione ma stiamo parlando di esperienze reali, vissute, altrimenti di cosa parliamo?
Per Mym #281
Non mi pare che in giapponese ci sia il maschile ed il femminile nè gli articoli…
Per Jf #284
Certo che ho qualcosa sullo stomaco e di pesantissimo e continuo a vedere gente che si avvelena con cibo avariato. Pensavo che fosse mio dovere tentare almeno di metterli in guardia…
Mi sembra che il confronto, anche dialettico, sia sempre stato una componente della ricerca nello Zen, quindi la mia idea di un incontro in cui, abbandonando l’eccessiva diplomazia si parli sinceramente delle sorti dello Zen e dei suoi praticanti in Italia, non mi sembra così scandalosa.
Grazie a tutti
Dicembre 3rd, 2010 at 12:59 pm
Ciao nekosan, mi sa che ci conosciamo.. comunque: credo che se tanto per incominciare ognuno facesse la sua parte cercando di stare buono e calmo e non essere di ostruzione al fluire delle cose, sarebbe già gran cosa. Non intendo esaltare la codardia ma succede che spesso per impedire qualcosa ci si sbraccia senza attenzione e si finisce col fare danni peggiori.
E poi siamo sicuri che gli altri vogliono essere salvati ? e da cosa poi? Sei sicuro che le loro vite sarebbero migliori ?
Non mi sento cosi in alto da vedere con tanta chiarezza. Si, potrei affermarlo per me oggi, ma tre anni fa avrei detto cose diverse… e ad ogni modo è da fare attenzione nel gettar via ciò che comunque ti ha nutrito, seppure poco o male, e questo dipende da molte cose.
Immagino che quando ci si rivolge l’invito allo zz massiccio non si alluda a vedere chi riesce a farla più lontano ma, come dire, vedi tu cosa succede intanto non evadendo da sé stessi e poi vediamo cosa succede.
Dicembre 3rd, 2010 at 1:14 pm
AHR
ci conosiamo ?
non so, sei stato un frequentatore ?
Io passavo di lì fino a circa 1 anno fa e tu ?
Dicembre 3rd, 2010 at 1:36 pm
Sì, ciccìcoccò, non siete al bar.
Comunque (@ 285) l’idea non è per nulla scandolosa, anzi. Spero che, visto che è un tuo problema, pressante direi, tu l’organizzi presto questo incontro e ne tragga il meglio. Così potrai essere anche tu tra quelli che “hanno fatto qualche cosa” tipo questo oppure questo (art. 2,3,4,5,6), oppure questo (ultimi 4) oppure questo (2,3,4,5,7,8) oppure questo (1,2,3,4,5,6,7) oppure questo (1,2) oppure questo (2,3,4,5)
Capisco che pubblicare un intero libro sull’argomento oltre a una decina di articoli in 6 (sei!) lingue diverse sia poco, ma ora che vai avanti tu potremo finalmente stare tranquilli. I cattivi saranno tacitati, il vero zen splenderà nel cielo ecc. ecc.
Dicembre 3rd, 2010 at 2:17 pm
Accidenti Mym !
non avevo nozione di tutto ciò.
Ne avrò per qualche anno.
Complimenti e grazie !
Dicembre 3rd, 2010 at 3:04 pm
Non che abbiano bisogno di difesa d’ufficio, semmai dell’avvocato del diavolo… pero’ qualche cattolico cristiano c’e’, cosi’ come qualche zen buddista. Filologicamente parlando, semmai, la questione mi pare sia: non ci si puo’ dire cristiani (checche’ ne dica BC, checche’…). Chi infatti avra’ l’ardire di considerarsi davvero cristiano, se vuol dire evangelicamente cristiano? Quanto ai cristiani giapponesi (cattolici), quasi tutti i pochi che ho conosciuto son piu’ vaticanisti del papa, mi spiace deludere il gran maestro trentino.
Dicembre 3rd, 2010 at 3:22 pm
@288
chiedo venia ma lo riferivo solo come parte comica ho dimenticato di mettere la faccina che ride. Pardon.
Dicembre 3rd, 2010 at 4:47 pm
Non ci si può dire cristiani. Giusto. E anche per dirsi buddisti (o zen!) ci vuole un bel coraggio.
Dicembre 3rd, 2010 at 4:51 pm
(@ 287) Prego. Se vuoi vedi anche questo
Dicembre 3rd, 2010 at 5:58 pm
E questo
Dicembre 3rd, 2010 at 11:02 pm
Per doc 274,
Dogen…è molto vasto…rinchiuderlo entro qualsiasi schematismo è riduttivo, quindi, la mia controaffermazione era per evidenziare il limite della tua. Limite per limite.
Il tuo “elenchos” non basta.
Nessun elenco.
Questo è il passaggio.
Questo “difendo”.
Dicembre 4th, 2010 at 6:07 am
Per ryokan 275,
sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
Zazen, non é stare seduti.
Dicembre 4th, 2010 at 6:14 am
Tutti i “questo” che puoi elencare…all’infinito, non sostituiranno mai questo:
http://www.seeger-laux.gmxhome.de/zenroku/decoration/Zazen-Anleitung-1.jpg
e quei questo non si esauriranno mai comunque.
Dicembre 4th, 2010 at 6:17 am
Questo, é ancora più bella.
http://t0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTvJwIeUuOU34SXoIRN6Vtvqlym4OB69kO8d4u2MXlTiqs1UCCuJA
Dicembre 4th, 2010 at 4:27 pm
Pover’uomo, almeno da morto lasciatelo in pace. Se sapesse gli si rivolterebbero le budella …
Anche se, in un certo senso, gli sta bene. Per dire, le mie foto mentre compio un atto più privato dello star sul vater, Nello non le può mettere sul web. Ah!
NB: qui è inutile fare come la volpe (Nello) e l’uva (le mie foto) 😛
PS: a Ne’, quand’è che ci fai vedere quanto sei bravo tu? A criticare, a eccepire, a citare tizio eccaio, a far vedere le foto ggiuste siam bravini in tanti, sai.
Dicembre 4th, 2010 at 8:54 pm
ola Mym
guarda che ho trovato…
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/altro-materiale/sedersi
Qui scrivi:
Noi, che siamo carenti in intelligenza ed esperienza, possiamo sopperire inizialmente con la fiducia nell’affidabilità delle persone che propongono lo zazen, ma poi sperimentando di persona dobbiamo mettere alla prova questa via, a fronte di ciò che il buddismo dice di essere. Il buddismo si offre come didattica che conduce all’estinzione della sofferenza: senza verificare attentamente se una vita fondata sullo zazen coincida o meno con la realizzazione di questo programma il buddismo e la sua pratica diventano un hobby, un’attività ricreativa.
Allora, dobbiamo o non dobbiamo verificare che chi fa zazen, in primis noi stessi, ma anche chi ci guida ad esso, siano stati ‘condotti all’estizione della sofferenza’?
poi scrivi:
Ed anche nel nostro tempo vi sono persone che seriamente, sinceramente e intensamente hanno praticato e praticano questa via di salvezza. Imparare a “fare” zazen consiste nel collegarsi a queste persone ed imparare passo dopo passo non solo il come durante lo zazen ma anche il funzionamento complessivo della nostra vita in relazione allo zazen.
Nel momento in cui una persona veramente esperta non sia disponibile è preferibile tentare da soli. Pur essendo rischioso nei confronti del nostro tempo, dell’utilizzo della nostra vita.
Boh !
Ma allora ?
Qui affermi che la prima cosa da fare è cercare una guida (imparare a ‘fare’ zazen consiste nel collegarsi a queste persone)…
Invece in questa discussione hai affermato l’esatto contrario.
Nella seconda parte dai dettagliate descrizioni su come si dovrebbe ‘arredare’ la sede della pratica (dojo ?) dando addirittura indicazioni come questa:
…Appena entrati nella sala ci si inchina a mani giunte. Si va al proprio posto, e si lascia il proprio posto, camminando in senso orario lungo i muri. Se la sala è divisa in due, si cammina in senso orario nella metà a destra e in senso antiorario nella metà di sinistra, cosicché i due flussi siano concordi nel lato condiviso. Vige il divieto di sorpasso. Laddove per motivi di spazio o di forma non è possibile uniformarsi alla norma, rispettando i motivi della regola si può fare diversamente. Questo “diversamente”, diventando la norma di quel luogo, va mantenuto.
Arrivati al proprio posto ci si inchina profondamente a mani giunte in direzione del muro davanti al quale vi è un cuscino quadrato sul quale poggeranno le ginocchia e, sopra ad esso, un cuscino tondo sul quale ci siederemo. L’inchino è un atto di ringraziamento e rispetto per quelli che sono alla nostra destra ed alla nostra sinistra. Coloro che, ai lati, fossero già seduti rispondono giungendo le mani…
etc.etc.
Ma come non era da far zazen da soli a casa propria ??
Sarò confusa io.
Dicembre 5th, 2010 at 12:01 am
questo è un assist: il prossimo che interviene, fa 300!
DENG DENG SDLEEENG TA-DAOOO TA-DAOOO!! (rumori del flipper)
Dicembre 5th, 2010 at 11:48 am
Cara nekosan, non vedo il problema. Mi pare di aver dato buone (utili? Ragionevoli? Fruibili?) indicazioni sia in questo blog che nel link che citi. Se un obeso si lamenta della sua scarsa mobilità in montagna gli consiglio di diminuire il cibo. Se lo fa un digiunatore consiglio il contrario. A mio parere c’è un problema di fondo in quello che dici, dovresti curare un poco l’aspetto intellettuale, per così dire, della faccenda. Dovresti studiare un po’ insomma. Almeno sulle basi dei tre elementi costitutivi della cultura buddista: comportamento, pratica/zazen, comprensione profonda. Il tuffo nello zen, ovvero “zazen è tutto” o “è la fine di tutto” come diceva il buon anima di Sawaki, può non essere adatto a te (viceversa?).
Dicembre 5th, 2010 at 4:29 pm
Nello 293
?
Che ora è?
Vado a rane.
(lo so, l’ho già detto…ma a volte repetita iuvant)
Dicembre 5th, 2010 at 5:06 pm
Azz! Ce n’è di rane da quelle parti, eh
Dicembre 5th, 2010 at 5:37 pm
Mym 300
Va bene allora mi ritiro per qualche anno a studiare, fintanto che non sarò degno di interloquire al vostro livello.
Buon divertimento.
Dicembre 5th, 2010 at 5:57 pm
Secondo me faresti la cosa giusta nel ritirarti qualche anno a studiare, poi, dopo qualche anno ancora qualche anno e così via.
Se nel frattempo dici che cosa vuoi, breve e chiaro, chissà, magari si può anche interloquire. Altrimenti lascia perdere, per favore.
Buon studio
Dicembre 5th, 2010 at 7:43 pm
nekosan continua a parlare di sé un po’ al maschile un po’ al femminile.
ma chi è: Gandal??
beh… magari!
Dicembre 5th, 2010 at 7:47 pm
Gandal? Quello del pollo fritto? A no quello è Giovanni…
Dicembre 5th, 2010 at 9:37 pm
ti mancano i fondamentali, mym. i VERI Maestri giapponesi!
http://www.cartonionline.com/gif/CARTOON/robot/goldrake/lady_gandal.jpg
Dicembre 6th, 2010 at 11:05 am
Aaaah, è un uomo che in testa ha la… donna? Le donne? C’è mica bisogno di cercarli in Giappone quei “maestri” lì 🙂
Dicembre 6th, 2010 at 11:40 am
tuscé (ndidallestelle)
Dicembre 6th, 2010 at 11:42 am
Sì, ciccìcoccò 🙂
Dicembre 6th, 2010 at 11:44 am
Naaaa, le ripicchettennooo
Dicembre 7th, 2010 at 10:38 pm
Per mym 297,
quella foto serve da paradigma per tagliare corto con le parole, per quanto buone, restano sempre solo parole.
La foto serve per rimandare alla sostanza.
Per me, tra le parole e la sostanza, dovrebbe esserci un giusto equilibrio, quando le parole strabordano, è meglio tornare all’essenza.
Tutto qui.
Qua sopra, potrebbe essere molto facile scambiare Tizio per Caio…
PS mi sembra di avere già fatto “vedere” anche troppo…No?!
Gran parte dei miei “discorsi”, qua sopra, sono nella direzione di recidere l’ipotesi di ricondursi al discorso.
Io non devo “mostrare” nulla a nessuno, lo zazen si mostra da sè. Sawaki non esiste.
In questo caso.
Dicembre 7th, 2010 at 10:41 pm
Per doc 301,
il mio 293 è decisamente meglio.
Nessun orario,
Nessun andare,
Niente di niente.
Dicembre 7th, 2010 at 10:52 pm
“Ogni cosa è perfetta così com’è” (T.D.) che non ha nulla a che vedere con qualsiasi idea di “perfezione” comunemente intesa…e qui, le rane, muoiono tutte. Pufff, dissolte, estinte, tuffantesi.
Dicembre 8th, 2010 at 7:05 am
Invito formalmente Isabela a non astrarsi dall’agone, c’è già mym che lo fa.
Ti vorrei presente e carica, tonica, “nel silenzio delle sparatorie”.
Dicembre 8th, 2010 at 12:41 pm
‘azzo, quanto gracidano queste non-rane!
Dicembre 8th, 2010 at 12:58 pm
Non-rane fritte! Piatto da re
Dicembre 8th, 2010 at 2:38 pm
rana roca, c’rpa, sciopa!
Dicembre 8th, 2010 at 3:40 pm
Non-rane fritte proprio il giorno del mio non-compleanno! Che straordinaria non-coincidenza! Piatto ricco, mi ci ficco!
Dicembre 8th, 2010 at 5:01 pm
“rana roca, c’rpa, sciopa” l’è difìcil monsù, ce lo spiéga? Sciopa non è shopa è s ciopa, l’è véra? Sinonimo di c’rpa. Ma non vado oltre…
Dicembre 8th, 2010 at 7:56 pm
…desiderio, figlio dell’ignoranza e padre della sofferenza… Pare sia sempre attuale Kong Fu Zhu: “se le parole non sono al proprio posto.. la città non sa dove poggiare”. Eppure qui si parla proprio di virtù civili, o mi sbaglio? Desiderio… in qualche vecchio taccuino recupero libere risonanze: “de-situs”, lontano da dove si sta, ma anche “de-sidere” lontano dalle stelle. Siamo alle solite. Ragazzi, attenti al vuoto (oops, al lupo)! Desiderate, desiderate pure, ma mi raccomando, desideri “legali”. Mica male come nuova “narrazione”: ecco a voi il desiderio del Natale! Ma non la chiamavano speranza, laggiù in Palestina, tanto tempo fa, quella che faceva il mondo nuovo, quella che ci indicava una Stella… Così, quando ho letto l’articolo la pancia ha protestato: continuiamo così, facciamoci del male.
Grazie mym, per l’ottimo richiamo 😉
Dicembre 8th, 2010 at 8:41 pm
Lei è sempre dotterrimo, esimio!
la frase è una filastrocca che mi insegnò mia nonna, non ho mai capito a cosa si riferisse (quindi deve essere una roba importante). in lingua celtica nord-occidentale significa “rana rauca, crepa, scoppia!”
Dicembre 8th, 2010 at 8:59 pm
Ciao Giorgio, sì ho sobbalzato anch’io anche se -suppongo- se lo si leggesse dopo pranzo, magari un po’ abbottato, la cosa potrebbe passare via liscia, come normale, giusta direi…
Dicembre 8th, 2010 at 9:00 pm
La ringrazio, monsù
Dicembre 8th, 2010 at 10:34 pm
Premetto che ritengo il quotidiano “la Repubblica” un immondezzaio dei peggiori. Un giornale che poggia su una architrave massonica, un Giano bifronte che se “mostra” una faccia, un’altra ne nasconde. A priori.
Vale a dire che quello che spaccia è per alimentare il “popolo bue”.
Questo, assieme al Corriere, sono i due principali strumenti della struttura di potere che ha creato quello che finge di contestare. In reltà, quello che si cova è solo un cambio di gestione funzionale ad altri interessi particolari che nulla hanno a che vedere con quanto si vorrebbe far credere anche attraverso articoletti come quello della modestissima Tobagi. E a nulla servono le citazioni dei “tecnici” funzionali, organici, al sistema di potere.
Questo per dire che, gli interessi del sistema di potere non coincidono con il benessere dei popoli. Punto.
In Svizzera, per esempio, dove a decidere sono le libere popolazioni dei Cantoni e non il sistema di potere, l’articoletto ridicolo della Tobagi sarebbe assolutamente fuori dal mondo.
Ergo, l’Italia, così come è, è un artificio.
Non ha senso. E questo con qualsiasi politicante al servizio del sistema di potere.
L’unica inversione possibile è quella postulata dal Prof. Serge Latouche…altro che la carta igienica di repubblica e scribacchini o pennivendoli vari.
Dicembre 8th, 2010 at 10:38 pm
Non c’è nessun gracidio.
Se si rileva un gracidio, è solo il proprio.
Dicembre 8th, 2010 at 10:40 pm
Bisogna masticare bene perhè Joshu si mise i sandali in testa.
Dicembre 9th, 2010 at 8:23 am
Capisco – mi pare – il senso dell’articolo: gli italiani sono dei “morti viventi”…
Ora, è vero che a muovere la Storia sono i popoli che “desiderano” (motivati, aggressivi ecc.), ma quello che l’articolista probabilmente ignora è la seconda Nobile Verità: il desiderio ricrea esattamente quel meccanismo negativo che tenta di eliminare…
Dicembre 9th, 2010 at 10:23 am
Se ci fosse stato un perché non valeva la pena parlarne.
Perché?
Dicembre 9th, 2010 at 10:26 am
@319, ciao hatta, ben tornato. Lucidati gli specchi?
Anche dietro?
Dicembre 9th, 2010 at 10:32 am
@Nello 294
“sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
Zazen, non é stare seduti.”
Nello, beato te che sei così avanti, per quanto mi riguarda, per il momento sopra lo zafu, ci sono proprio “io”.
Dicembre 9th, 2010 at 10:35 am
appunto, riprendendo il discorso del buon dhr, nell’Hachi Dai Nin Gaku (l’ho scritto bene ?), si dice proprio all’inizio, “pochi desideri”. Uhm…sono confuso.
Dicembre 9th, 2010 at 11:08 am
@326 ciao mym, pare qualcuno abbia detto “nessuno specchio da lucidare”… e subito ci si è riflesso in quel non specchio, il venerabile narciso, e quanti ancora fino ad oggi, dopo di lui… Non-specchio, non-specchio delle mie brame, che è il più non-io del non-reame?
Dicembre 9th, 2010 at 11:40 am
Salve,
non mi sento di formulare giudizi netti perché ritengo che l’articolo (al di là delle critiche che gli si possono muovere già ad una prima occhiata) fornisca argomenti di riflessione che vanno studiati meglio (almeno per me).
Ad esempio la parte dove si cita Spinoza mi pare che descriva bene la tensione e il dinamismo che il desiderio genera nella vita dell’uomo. E’ qualcosa con cui fare i conti. Una domanda aperta non facilmente eludibile ripetendo a memoria che il desiderio è …
Anche la parte sulla ‘narrazione’ mi suggerisce una riflessione più articolata sul mito (così mi pare) che oggi mi pare piuttosto difficoltosa.
Insomma magari non mi garba molto il taglio politico però visto che l’ha scritto e l’ho letto ci penso un po’ su.
Dicembre 9th, 2010 at 11:48 am
Capperi AHR, non dico d’accordo ma… Il tema è molto più complesso di come potrebbe essere colto in superficie. Anche Nello, vecchia volpe della scuola di McLuhan, critica il mezzo e il messaggio lo sfiora… anzi la touche :-)… Ivan Illich and the likes sono benemiriti ma qui non si parla di sola economia, almeno non credo.
Dicembre 9th, 2010 at 11:56 am
Ogni tanto cerco di non darti solo ‘spam’
Dicembre 9th, 2010 at 12:05 pm
Avevi cominciato così bene… 😉
Ogni desiderio muove l’onda che si frange sulle sponde del samsara. Ma: non si diceva che senza samnsara… paradiso nisba? E poi desiderare una “cosa” o un’altra, fa lo stesso? L’ignavia di chi neppure desidera è più desiderabile (…) delle azioni che poggiano su desideri di bene illimitato?
Possibile che non vi sia una proposta “popolare” diversa dal desiderio per migliorare la vita delle persone?
Dicembre 9th, 2010 at 12:47 pm
>Possibile che non vi sia una proposta “popolare” diversa dal desiderio?
Popolare? allora no. Per definizione. (Il popolo è quello che “cresce e si moltiplica”)
Dicembre 9th, 2010 at 1:00 pm
Come la muffa…
Insomma: pane, bunga bunga e pedalare. Questo per la maraia è il programma tipo della domenica (intesa come predica)*. Ma noi no, siamo buddisti o caporali? Come popolo, che cosa ci offriamo come popolo (sovrano/soprano)?
*Così, alle generali, niente di personale, ovvìa.
Dicembre 9th, 2010 at 1:03 pm
non saprei, sono un primo tenore.
Dicembre 9th, 2010 at 2:42 pm
Mi provo a dire che a ben considerare l’uomo ‘appare’ nel momento in cui per la prima volta tocca qualcosa e da quel momento sorge il desiderio di ripetere (se ha gradito) o di non ripetere (se non ha gradito). In età, diciamo, matura non è poi così faticoso capire che molti di quei desideri sono una catena, un po’ come ripartire dal via ogni volta, altri sono impossibili (non mi rif. all’acquistabile con danari), altri sono faticosi ma nel viaggio mi accorgo di altro e quando l’ho raggiunto è solo sabbia che mi sfugge tra le dita della mano. Non so, forse tutte ‘ste robe sono parte di un accadimento meraviglioso e doloroso allo stesso tempo che chiamo vita. Già molto sarebbe imparare a stare in piedi e cercare di non aggiungere dolore a quello che ti appioppano all’inizio del gioc(g)o.
Va be’ vado a riempire le pentole!
Dicembre 9th, 2010 at 3:16 pm
Secondo certi calendari l’anno prossimo è l’anno della lepre (o coniglio che dir si voglia), ci sto e cado nella trappola, col rischio di finire in salmì (del resto tutti i salmì finiscono in glorià…). La faccenda è assai complessa ed è bene evitare di banalizzarla con semplificazioni ideologiche. Farei una bella distinzione fra bisogno, desiderio, voglia. Il desiderio è uno dei fattori che distinguono l’uomo dalla bestia, che soddisfa (ci prova) i suoi bisogni ma non desidera. L’animalizzazione dell’umano che la società consumistica configura tende a trasformare i desideri in bisogni, solleticando la voglia. La sete (brama) che il buddismo stigmatizza mi pare più vicina alla voglia che al desiderio. Se Siddharta non avesse desiderato sciogliere il nodo della sofferenza, non avremmo l’opportunità di desiderare di seguire la via che ha indicato e di verificarla. O no? La proposta popolare (nel senso di rivolgibile a tutti) può essere imparare a riconoscere la differenza fra un bisogno (mangiare, bere, dormire) un desiderio (che può essere anche una speranza, uno stimolo di orientamento) una voglia (che domina e trascina). E poi cercare di capire se davvero desidero quello che credo di desiderare. Che cosa desidero davvero, al punto da dedicarci la vita senza rimpianti anche nel caso in cui non “ottengo” quel che desidero, magari perché scopro di desiderare di non ottenere un bel niente? In altre parole, amo anche le rose che non colgo.
Dicembre 9th, 2010 at 3:33 pm
A AHR piace questo elemento (14) 🙂
Dicembre 9th, 2010 at 5:11 pm
Ci avete un popolo mooolto più intelligente del mio, che si infradicia di grandi fratelli, marie de filippi, san remi, che vota quel che vota, che il 25% (del totale degli italiani, universitari compresi, mica tra moribondi analfabeti) nell’ultimo anno non ha letto neppure un libro, il 33% che non ha mai sentito parlare di Assange…
L’ultima l’ho inventata, ma scommetto che ci azzecco per difetto.
Ci vorrebbe sì un’idea, ma soprattutto uno slogan che la contenga. È il mezzo che fa il messaggio.
PS: sul fatto che l’uomo desidera son praticamente sicuro. Sul che gli animali no, mi terrei la riserva.
Dicembre 9th, 2010 at 5:56 pm
Ho scritto, apposta, che la “bestia” non desidera, non l’animale, sul quale mi tengo la riserva anch’io. Suppongo, con ragionevole probabilità di non sbagliarmi di troppo, che il 25% degli italiani non legga più neppure un libro finite le scuole dell’obbligo, altro che nell’ultimo anno. Con gli slogan ci abbiamo provato, a suo tempo (es.gen. Siate realisti, desiderate l’impossibile!) ma non mi pare abbiano avuto gran successo. Se provassimo con: Ama te stesso come ami il tuo prossimo?”
Dicembre 9th, 2010 at 6:19 pm
Pericoloso: coi tempi che corrono si rischia l’autolesionismo. Il contrario (ama il prossimo tuo come te stesso) l’han già usato e s’è visto…
Bastone e carota? S’è già provato con paradiso e inferno, abbiamo scelto (quasi) tutti il secondo.
Che abbiano ragione De Rita e la Tobagi?
Proporre di accontentarsi di nulla non avrebbe quel grande successo.
La religione, uno sport per minoranze medio agiate.
Dicembre 9th, 2010 at 6:58 pm
Nell’alta (e bassa) Val di Cecina, terra che m’ha adottato da ormai vent’anni, ho appreso un modo di dire che mi sembra ficcante.
Certi anziani così mi rispondevano quando giravo troppo intorno a certe decisioni:
“Ascorta bellino, fa’ come faresti che non puoi sbaglia’ “.
Lo slogan quindi potrebbe essere:
SEGUI LE TUE VOGLIE, FA’ COME FARESTI.
Insomma andiamo fino in fondo e vediamo che succede. O anche no.
Dicembre 9th, 2010 at 7:26 pm
“Segui le tue voglie” non funzia. Garantito al limone. Shoyoku, appicchatā in pali, ovvero accontentarsi di poco, farebbe franare l’economia e garantirebbe -a chi volesse prender su tutto il cucuzzaro- piena libertà d’azione.
Tra l’altro in Anguttara N. III 350-2 si trova che Buddha riguardo alla povertà ha detto: “Per chi ha la responsabilità di una casa in questo mondo la povertà è sofferenza, nel mondo la povertà e i debiti sono fonte di pena”.
Dicembre 9th, 2010 at 10:22 pm
ryokan 327,
Quello che tu collochi “avanti” sei tu.
Io non c’entro. Stai parlando di te. E non sto scherzando, è proprio così.
Quindi, tu, sei l’oggetto di te stesso, del tuo soggetto.
Quando tutto è dissolto…, il tuo soggetto vuole reificarsi come oggetto.
Sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
“Se non potete essere felici qui ora, non lo sarete mai”. (T.D.)
Dicembre 9th, 2010 at 10:31 pm
hatta 328,
il “non-io” di cui parli tu, non è quello in oggetto…non è quello giusto.
Lo hai visto dove non c’era. E secondo me, questa del vedere a tutti i costi quello che non c’è, è una forma mentis preclusiva che impedisce di vedere quello che in realtà c’è, e non quello che si fabbrica con i propri convincimenti approssimativi.
Tu, potresti solo metterti i sandali in testa…ma non sei su quel piano. Quindi, la forma più sottile di narciso è la tua.
Dicembre 9th, 2010 at 10:36 pm
mym 325,
“masticare bene”, non è equivalente a “parlarne”.
Dicembre 9th, 2010 at 10:43 pm
Ma come si fa a commentare una che non sa cosa sia la destra nè cosa sia sinistra, che non sa in che mondo vive, che non sa cosa lo regge, cosa lo inquina in tutti i sensi, che fa male un compitino per il quale è pagata a farlo. Questa persona, ha in testa una montagna di immondizia e se si dovrebbe parlare seriamente di qualcosa, questo dovrebbe essere l’immondizia che ha in testa questa signora totalmente priva di qualsiasi sensata argomentazione.
Decolonizzare la mente.(S.Latouche).
Dicembre 10th, 2010 at 7:41 am
mym 7,
il “mezzo”, in sè, è il vero “messaggio”. Come è fatto, organizzato, con pesi e contrappesi, questo che conferma quello…un immondezzaio, il mezzo. L'”articolo”, non c’è, è un presupposto per confermare il “mezzo” e chi lo possiede.
Dicembre 10th, 2010 at 7:50 am
jf 14,
indurre la riflessione sulla immondizia dei media, ha lo stesso valore di quella sul presunto tema dell'”aricolo”. Non è una “banalizzazione”, tutt’altro.
E’ molto più pericolosa quella immondizia di quell’altra.
Dicembre 10th, 2010 at 9:25 am
Ciao Nello, ammesso sia tutto come dici (21-22-23) e anche di più, il punto è: sei, siamo in grado di dare un’indicazione comportamentale, etica, popolare (ovvero lasciando per un poco le distinzioni tra tanhā e chanda e kama e raga e metta e karuna…) in questo frangente (Italia sì…) ed oltre?
Oppure ci chiudiamo nei “nostri” bei centri a discettare e promettere ogni dì di salvare dalla sofferenza tutti gli esseri e… fine della storia.
Dicembre 10th, 2010 at 9:44 am
Salve Nello,
in 21 dici: “Questa persona, ha in testa una montagna di immondizia”
Non capisco: perché giudichi la persona?
Allora non credo di aver ben compreso perché nel post 102 di ‘Animali!’ di qualche tempo fa scrivevi:
‘Tu mym, ti devi occupare di te, e non di me, delle mie ipotetiche o presunte somiglianze o di chi ci sia nella mia testa, sempre secondo le tue ipotesi e presunzioni, tutte soggettive e che devi rivolgere assolutamente verso nessun’altro che TE STESSO. Grazie.’
Scusa non intendo essere offensivo ma non capisco se è importante valutare il contenuto (immondizie o no) nella testa dell’altro da me.
Un abbraccio a tutti
Dicembre 10th, 2010 at 10:01 am
Mi riferivo alla necessità di stare sugli argomenti. 🙂
Dicembre 10th, 2010 at 10:45 am
Nello non ho capito nulla (suona anche bene).
T.D. è turbo diesel ? 🙂
Meno male che c’è lo zazen, altrimenti mi sentirei una cacchetta insieme ai dotti, infatti:
“O zazen ‘o ssaje ched’e?…è una livella.”
Antonio de Curtis – Totò
Dicembre 10th, 2010 at 11:12 am
@ 331: già, chissà PERCHÉ ne parli allora…
Dicembre 10th, 2010 at 11:13 am
Mi assento (dal mondo web) qualche giorno
Fate i bravi…
Ciao
mym
Dicembre 12th, 2010 at 1:08 pm
All’interessante articolo della Tobagi mi permetto di proporre questo articolo della Dominianni come ulteriore contributo alla riflessione sul rapporto tra il desiderio-spinta vitale individuale e la dimensione collettiva.
Mi sembra che il “noi” nel suo aspetto “politico” sia elemento utile alla riflessione sugli elementi di realtà che possono ostacolare o favorire la “liberazione” dell’uomo (e dell’ambiente tutto..), sopratutto se non intesa in senso solamente individuale e astratto.
http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2010/mese/12/articolo/3838/
Dicembre 13th, 2010 at 10:07 pm
Io non ho detto nulla.
Masticare non é parlare, significa non aver detto nulla, sono le scarpe di Joshu in testa.
Dicembre 13th, 2010 at 10:19 pm
Per AHR 25,
carissimo, bisogna capire bene di cosa si sta parlando, bisogna che i fattori in gioco siano ben edotti per sviluppare una argomentazione. Tobagi, in questo caso, non è una argomentante neutra, è funzionale a. E in quanto facente funzione di, mi posso permettere di dire quello che ho detto perchè ella è inesistente come se stessa. Si presta ad essere funzione di. Quindi, io, rivolgendomi a lei, dico che la sua funzione/argomentazione è IMMONDIZIA.
O ci è, o ci fa.
O ti sono chiari i fattori in campo, o si parla di aria fritta con la Tobagi.
Dicembre 13th, 2010 at 10:31 pm
Per mym 24,
il mio contributo concreto e inerente all’argomentazione in oggetto è molto semplice: NON LEGGETE QUOTIDIANI del genere. E’ lì un ipotetico (ma non troppo) ostacolo sulla via della presa di coscienza di una qualsivoglia problematica.
Quella gente lì, vale a dire le proprietà che stanno dietro la stampa, sono i produttori della problematica, che poi lascino scrivere articoletti/immondizia del genere, è indicativo del grado di perversione di costoro.
In breve, argomentare sulle loro tematiche, equivale ad abboccare all’amo, significa cadere nella loro rete.
Tutta la stampa ideologizzata e cosiddetta “progressista” è una assoluta IMMONDIZIA e va rifiutata.
Leggete la Cronaca di Pizzighettone…
Dicembre 14th, 2010 at 3:36 am
nulla aggiungono, nulla tolgono.
Dicembre 14th, 2010 at 7:41 am
Certo…anche l’immondizia, come dice il Ven. Thich Nath Han, può essere trasformata in fiore…questo presuppone la consapevolezza di sapere di cosa si sta trattando, è quindi necessaria una visione molto ampia e capace di vedere che, anche quello di apparentemente buono, spacciato da costoro, è sempre in funzione della loro immondizia. Ovvero, soprattutto, la Repubblica, Corriere (i peggiori in assoluto),ideologizzati vari tra i quali, il peggiore in assoluto è l’Unità, poi a ruota il manifesto. Questo é proprio il peggio in circolazione.
Dicembre 14th, 2010 at 7:42 am
IMHO.
Dicembre 14th, 2010 at 11:42 am
Ciao benritrovati.
Se Nello scrive IMHO vuol dire che l’acqua può scorrere dal basso in alto… 🙂
Ciao Dario (28), visto, grazie. In questo caso il punto che vorrei sfrucugliare è: noi (io, tu, le migliaia, i milioni) che ci diciamo buddisti (anche senza né dirlo né ammetterlo) come distinguiamo il bene dal male? Siamo in grado di capirlo e spiegarlo almeno a noi stessi? A chi si avvicina al buddismo che cosa possiamo dire a proposito? Nello 30: dire “non leggete” non basta in questo caso, sto parlando dell’elaborazione della scelta, un atto positivo. Poi, meglio non fare elenchi di cattivi (Corriere, Repubblica ecc.), sembra che gli altri, quelli non nell’elenco siano “i bravi”.
Dicembre 14th, 2010 at 11:48 am
No, sei fuori tiro. Se dire “sono le scarpe di Joshu in testa” è niente, molto meglio tacere. Se non è niente hai un perché. Altrimenti è puro esercizio dialettico, fuffa.
Dicembre 15th, 2010 at 10:10 pm
“fuori tiro” rispetto a che cosa?
“le scarpe di Joshu in testa” non costituiscono alcuna ipostatizzazione, quindi, di fatto, sono niente (nessun ente).
Quello che “sono” le “scarpe di Joshu in testa” è l’inclusione e il superamento dei due piani di realtà.
Tu dovresti chiarire cosa intendi per “niente” e “perchè” del tuo asserto.
Per me la dialettica è uno strumento, tutt’altro che “fuffa”, Dogen docet.
Dicembre 15th, 2010 at 10:12 pm
e in genere, quando uno “mastica”, non può “parlare”.
Dicembre 15th, 2010 at 10:39 pm
Ripeto, citare le argomentazioni, anche apparentemente interessanti, dei media che vanno per la maggiore, significa in qualche modo attribuirgli una “credibilità”, contro questa ipotesi, il mio contributo è: NON LEGGETE soprattutto questi quotidiani nell’ordine di pericolosità:
– la Repubblica (il peggiore da sempre),
– il Corriere (suo cugino),
– l’Unità,
– il manifesto,
– il Fatto quotidiano.
La stampa italiana è pressochè priva di ogni deontologia e nella graduatoria internazionale risulta agli ultimi posti per serietà, etica e appunto deontologia.
Un buon quotidiano è “le Temps” di Ginevra.
Questa, mym, è la mia personale graduatoria per indicare il livello di immondizia spacciato quotidianamente dai suddetti, quindi, prima di “argomentare”, è bene tentare di chiarire chi siano costoro e cosa si prefiggono con la loro immondizia.
Dicembre 16th, 2010 at 12:05 am
………….. e soprattutto non prendete mai un tram chiamato Desiderio.
Dicembre 16th, 2010 at 12:27 am
MYM 33 Ciao
Non so se sono buddista..
comunque direi(in sintesi): per quanto riguarda il male l’universalità del dolore e della sofferenza sono il punto di partenza;
per quanto riguarda il bene, sta anche nel “tentativo” di liberare o quanto meno di alleviare il dolore..
La via: penso si possa esprimere anche attraverso una testimonianza attiva..in questo senso la “politica” è uno degli elementi del reale che mi interroga ( anche nello squallore attuale), e la Tobagi , come la Dominijanni, credo portino degli spunti di riflessione (soprattutto nel contesto attuale).
Dicembre 16th, 2010 at 5:48 am
Ci risentiremo il 26/12, auguro un Natale semplice e silente e un anno in cui esista solo e sempre qui ora.
Kinga shinnen.
Dicembre 16th, 2010 at 10:46 am
Ciao Nello, grazie. Auguri anche a te.
Dicembre 16th, 2010 at 11:15 am
Dario 33. L’utilizzo dell’articolo della Tobagi deriva dal suo legame con una realtà che mi pare inconfutabile. Il passo successivo è: possibile che i buddisti, gli zen, con tanta voglia di pontificare, insegnare, aprire centri, far vedere quanto sono bravi, illuminati e svegli non sappiano dire una cosa che fanno tutti i giorni cento volte al dì, ovvero: come si distingue il bene dal male? Su quali basi appoggiamo (appoggi, appoggio) la nostra etica? Senza affrontare questo punto “dirsi”, “sentirsi”, “viversi” come buddisti è aria fritta.
Dicembre 16th, 2010 at 11:17 am
338: un po’ pochino come summa però finalmente una cosa sensata.
Dicembre 17th, 2010 at 12:46 pm
nessuna summa,
nessun finalmente,
nessuna cosa sensata.
Dicembre 17th, 2010 at 1:40 pm
Va bene. Però mi piacerebbe sapere, vedere, chi cucina a casa tua e che cosa mangi…
Dicembre 17th, 2010 at 6:59 pm
niente vedere
niente cucina
niente casa
niente mangiare
vedere niente
cucinare niente
casare niente
mangiare niente
Dicembre 17th, 2010 at 8:31 pm
Se fai rumore i pesci scappano…
Però ci hai preso in pieno. Panini di pane e volpe a tutto spiano? 😛
Dicembre 18th, 2010 at 4:09 am
@39
avevo scritto qualcosa dopo giorni di sofferta riflessione sulla tua domanda (domanda che mi tormenta da lungo tempo)… ma poi nn capisco cosa è successo e tutto quel che avevo scritto è sparito. La cosa mi ha depresso 🙁
Me ne vado a dormire cercando tra i sogni una spiegazione. forse il blog ormai mi riconosce e mi espelle direttamente. sappi cmq che la tua questione non mi molla e apprezzo che tu l’abbia posta. ciao
Dicembre 18th, 2010 at 11:04 am
Ciao AHR, non ti arrendere. Se il tuo commento è perso nel vento quel tipo di problema (in un certo senso eh! Nello posa la clava) è ancora lì.
Dicembre 19th, 2010 at 6:35 pm
Ma cosa pretende ‘sto Don? Di cambiare con una lettera un istituzione di potere e privilegi che dura da 2000 anni? Ma si limiti a badare alla parrocchia e smetta di disturbare…
Dicembre 19th, 2010 at 6:43 pm
Ciao Louis, ben tornato. Il don non mi è particolarmente simpatico, sembra arrivato da marte benché abbia 63 anni (tutti trascorsi sulla terra, suppongo) ed usa un linguaggio inutilmente provocatorio (la parte sul preservativo, per es., ce la poteva risparmiare), tuttavia da uomo sul territorio -come ora s’usa dire- pone un problema etico al suo vescovo (quindi, spero, a sé stesso). Io vorrei che con la medesima urgenza “gli zen” il problema etico lo ponessero a sé stessi. Oltre che ai loro vescovi.
Dicembre 19th, 2010 at 7:15 pm
Grazie, ne abbiamo bisogno. In effetti “i buddisti” (basta dir così e c’è un coro di: “chi, io? Mai detto di esser buddista, io…”) almeno a livello mondiale non son messi meglio del vaticano. Ma in Italia, in Europa, prima che il tutto prenda la solita piega vorrei ci si pensasse un po’.
Dicembre 19th, 2010 at 8:15 pm
Mah, sull’insieme – virgola più virgola meno – mi pare che l’intervento di Louis n. 1 colga nel segno.
La Chiesa gioca costantemente su 2 tavoli. Se tutti le danno ragione, dice: “Visto? Veniamo accolti come fondamento della civiltà. Quindi siamo nel giusto”. Se tutti le danno contro, dice: “Visto? Siamo perseguitati come Cristo. Quindi siamo nel giusto”.
Quella del “don” è una battaglia persa in partenza. E la sua rabbia (cfr. seconda nobile verità) non fa che alimentare il Sistema.
– – – – –
Lasciando da parte le seghe mentali sociologiche, per rispondere alla VERA domanda di mym: normalmente, se una mia azione è bene o male, lo scopro solo a posteriori… Il luogo comune per cui “ciò che conta è l’intenzione” (previa all’azione stessa) è privo di senso. Non a caso l’antica saggezza insegna che “di buone intenzioni sono lastricate…”
Dicembre 20th, 2010 at 11:51 am
La sociologia (e non SOLO perché insegno a Sociologia 😎 qui è importante. Ci tiene legati al terreno in una dimensione che va dall’uno ai molti. L’etica del risultato, IMHO, è utile in un’ottica politica in cui posso anche accettare che chi dirige il comune sia un ladro (un puttaniere, un dissoluto ecc.) purché i servizi per i cittadini funzionino a dovere. Se allungando una mano per salvare te che stai affogando urto inavvertitamente mia suocera che cade in acqua e annega il senso etico della mia azione non può essere equiparata a chi ha pianificato ed eseguito la medesima operazione. La mia domanda di base si riferisce a come e perché decido. Le buone intenzioni sono una delle possibilità anche se insufficienti e rischiose visto che da un lato tendono alla superficialità ed allo stereotipo, dall’altro possono autorizzare ogni sciocca ingerenza: all’origine di molti disastri c’è qualcuno che poi dichiara “ma io pensavo di fare bene…”.
Dicembre 20th, 2010 at 1:16 pm
Propongo tre possibili criteri: 1. ridurre il campo di azione; 2. frequentare buone compagnie; 3. valutare l’etica del futuro più di quella del presente. I tre non sono separabili ma procedono di pari passo. 1 significa riflettere su cosa è bene e cosa è male per me e per il mio prossimo immediato nei loro reciproci rapporti; 2 significa frequentare solo le persone che mi stimolano alla ricerca del bene; 3. pensare alla mia azione in termini di risultati che non vedrò, riducendo il rischio di decidere per il mio vantaggio immediato.
Dicembre 20th, 2010 at 1:52 pm
Le bombe nucleari uccidono anche le mosche, è vero. Ma se devo decidere (al volo, come quasi sempre) se glielo dico o no, se mi astengo o intervengo, se intervengo di qua o di là…
La 2 non te la passo perché il romitaggio non mi attira più 🙂
Dicembre 20th, 2010 at 2:39 pm
La 2 non ha per forza a che fare col romitaggio. Per frequentare solo buone compagnie intendo una (necessariamente) ristretta cerchia di persone (come una sorta di primo anello) che so che condividono la problematica e con cui ho un linguaggio comune (tocca capirsi): da lì il discorso si può allargare. Se devo decidere al volo la riduzione del danno può essere un criterio orientativo di massima.
Dicembre 20th, 2010 at 3:31 pm
Comunque don Farinella è un esagitato. Qualcuno che gli vuole bene e che ha a cuore la causa della Chiesa cattolica nonché della limitazione dei danni (tanto della chiesa medesima che del suddetto don) dovrebbe dirgli che argomentazioni scomposte, anatemi inconcludenti e sparate inutilmente offensive non solo lasciano il tempo che trovano, sono proprio più dannose che utili al rinnovamento che il Nostro giustamente propugna. Se io fossi il cardinale destinatario dell’invettiva, liquiderei la questione con un paterno crollare del capo accompagnato da un ruttino in memoria della lauta cena consumata a via del Corso: tanto il buon Farinella continua certo a testimoniare il Vangelo sui marciapiedi di qualche angiporto e si sa, la compagnia dei derelitti un po’ dà alla testa, faceva quell’effetto anche al figlio del boss…
Dicembre 20th, 2010 at 3:41 pm
Il motto di questo sito dovrebbe diventare quello che fu del Corriere dei Piccoli: “Educare divertendo”.
E sono vere entrambe le cose.
Dicembre 20th, 2010 at 5:28 pm
La riduzione del danno è molto interessante, ma scavalca il problema, come una meta di vacca (mucca non è italiano corretto) sul sentiero. In effetti son d’accordo anche con il ridurre al minimo e ben scelte le frequentazioni (anche epistolari) ma questo solamente riduce il problema. Non è poco ma non risponde. Su che cosa poggia (è bene che poggi. E siamo già nei guai…) il senso di bene e male un buddista? O, se il buddista stona, un essere umano?
Dicembre 20th, 2010 at 5:56 pm
Dirlo a priori, su cosa possa poggiare una scelta così frequente nel quotidiano, forse è poca cosa. Nell’attimo concreto in cui decidi (fai fronte) intervengono molti fattori e potresti essere sorpreso dalla tua decisione. I commenti letti fin qui sono interessanti e da approfondire (per me almeno) e sono certamente faro. Si potrebbe riflettere (studiare) cosa in concreto abbiamo fatto fino ad ora, se le nostre decisioni hanno prodotto bene o male. Ad esempio ora ho deciso di aggiungere il mio commento.
Saluti
Dicembre 20th, 2010 at 6:01 pm
Un amico mi parla di oggetto di culto e pare che da esso dipendano le sue scelte di bene o male…
Dicembre 20th, 2010 at 6:02 pm
Per me, “poggia” sul fatto di… non poggiare. Ossia, quando un’azione è compiuta con la levità del volo di un pesce-rondine sulla superficie del mare. Senza “attaccamento”, anche se si tratta di una cosa che riteniamo giustissima. Sentendosi liberi di fare anche una cosa diversa, nel momento stesso in cui si fa – giustamente- QUELLA.
In quei casi, qualunque azione sia, importante o ludica, lascia una traccia luminosa in sé e negli altri.
Capita assai di rado, comunque.
Dicembre 20th, 2010 at 6:28 pm
Ci provo così, al volo: sul fatto che “tu”, vissuto da te, lo dici “io” come lo dico di “io” vissuto da me. Incommensurabile identico.
Ora vado a casa e ci ripenso. A domani
Dicembre 20th, 2010 at 8:31 pm
>sul fatto che “tu”, vissuto da te, lo dici “io” come lo dico di “io” vissuto da me.
una volta tanto, jf mi lascia perplesso. non so manco “chi” sia io, o “quanti” siano: farne la base per l’agire etico…
Dicembre 20th, 2010 at 8:37 pm
Ma noo, lui dice che tu sei io quando lo dici tu e tu quando lo dico io, così lui è io se lo dice lui e lui se lo dico io. Ma sono sempre io.
Solo che a volte lo dici tu a volte lo dice lui. Basta mettersi d’accordo su chi lo dice.
Però l’etica non ci azzecca, mi pare.
Dicembre 20th, 2010 at 8:52 pm
Senza attaccamento, l’azione leggera ecc. ecc. benissimo, la purezza aiuta a vivere liberi. Il problema che pongo riguarda come decidere se agire e, nel caso, come dirigere l’azione. Ovvero: qual è il valore guida? Se c’è. E se non c’è, come si fa?
Dicembre 20th, 2010 at 8:53 pm
I buddisti sono buoni? (Si chiedono spesso in Papuasia)
Dicembre 20th, 2010 at 9:07 pm
Su Don Farinella: certo non ha usato il fioretto, però qualche volta bisogna parlar chiaro, e oggi mi sembra sia il tempo di farlo.
Sul bene e il male: SEMBRA che nell’uomo ci sia innato un ‘certo’ senso della distinzione tra bene e male
Le religioni dovrebbero contenere nelle loro indicazioni di ‘pratica’ un senso nel quale trovare la distinzione
I buddisti? come gli altri, nel momento in cui si aderiscono al senso della pratica dovrebbero continuamente cercare di viverlo verificandone gli ‘effetti’
Il TENTATIVO di testimonianza religiosa non è già pregno della domanda(penso mai risolvibile)sul bene-male?
Dicembre 20th, 2010 at 9:12 pm
Mi piace la proposta di Ricoeur:
Il “male c’è già”
ma anche, nell’uomo, in ogni momento la possibilità di liberarsi dalla sua logica
Dicembre 20th, 2010 at 10:55 pm
>Il problema che pongo riguarda come decidere se agire e, nel caso, come dirigere l’azione
Penso che questo dipenda da un milione di (f)attori. Prima “facciamo” e poi “decidiamo” che “volevamo” farlo…
Però direi che lo scopo della formazione non è rafforzare un (f)attore a scapito degli altri – la famigerata Mente, Sé ecc. – ma provare a insegnare un po’ di leggerezza a “tutti loro”.
Dopodiché il nostro comportamento resterà al 99% istintuale e governato da un milione di spinte incatalogabili, ma assumerà, un pochino, un “colore” diverso.
Ossia EFFETTI diversi, ribadisco. E per definizione gli effetti li si vede DOPO. “Li giudicherete dai loro frutti”, Ipse dixit. E allargherei: “Vi giudicherete dai vostri frutti”.
Dicembre 21st, 2010 at 11:35 am
@ Doc 20: io penso di sì, nel senso che -ritengo- la chiave sia nel tentativo di essere buddisti. E uno degli elementi imprescindibili per un tentato buddista occidentale è porsi di fronte alla fonte delle proprie azioni anche in modo etico. Per i buddisti orientali (generalizzo un po’) il problema è risolto dal loro substrato culturale nel quale non esistono termini quali “etica” e “morale” col significato che gli diamo noi.
L’esistenza della “fonte della morale (dentro di noi)” di cui parlava Kant non solo non è scontata ma possono esservene diverse e pure divergenti.
In altro ambito è tutto più facile: basta chiedere ad un prete, lui sa che cosa vuole (il suo) dio, te lo dice e bona lì.
Dicembre 21st, 2010 at 11:52 am
Dhr 17: non importa che tu sappia o no chi è io, né quanti siate là dentro: sempre di io si tratta. “Dacci oggi la nostra pena quotidiana…”
Mym 18: l’etica ci azzecca come etica della relazione: mettersi d’accordo su chi dice io, momento per momento, è la base della pace.
Dario 21 & 22: Don Farinella non parla chiaro: parla forte e non è la stessa cosa, infatti fa confusione. La legge morale dentro di noi… magari, ho qualche dubbio persino sul cielo stellato, sopra…
Per Ricoeur: dare realtà ontologica al male è una tentazione fortissima, impone la ricerca del bene, ma è un gioco di specchi, è speculare a sostenere che il male non esiste.
Sulla vexata quaestio: Mym 19: Il valore guida è credere nel valore guida (il bene oltre il bene-male) sapendo che non c’è nessun valore guida che tenga (nessun bene che non possa diventare male) e quindi affermando il valore guida (il bene). Dal bing bang in poi è volta per volta. E io sbaglio sempre.
E ora chiedo venia e mi sto zitto per un po’.
Dicembre 21st, 2010 at 12:21 pm
Il big bang ed il relativismo di massa… Se ci sente Bertone ci frigge e ci in-Farinella 😛
Poter dire di sbagliare (di aver sbagliato) è già molto, ma -suppongo- non sarà in base al risultato raggiunto. Altrimenti Berlusconi è l’unico faro. Ma se non è in base al risultato … si torna a Kant. Mettersi d’accordo su chi dice io va bene, stabiliti i ruoli si sa chi comanda ed abbiamo anche chi stabilisce del bene e del male. Anche Confucio, quando ha dovuto dichiarare cosa trasportava, s’è visto che dopotutto nascondeva solo la biancheria, però ci ha costruito un impero che dura ancora.
Dicembre 21st, 2010 at 1:48 pm
mah. saranno le atmosfere natalizie, che rendono tutti più cattivi, ma stavolta né MYM né JF riescono a con-tro-vincermi.
cioè, di solito controbatto a tutto, ma perché sono d’accordo. stavolta NON sono d’accordo, quindi non replico.
PS ma… e l’intervento di Hmsx? è già a Sharm el-Sheikh a godersi tutti i soldi che incassa come avvocato?
Dicembre 21st, 2010 at 3:01 pm
Ciao, volevo dare un modesto contributo alla discussione. Personalmente mi sono capitate alcune situazioni problematiche dal punto di vista etico, ma sono una rarità. Credo che vi sia nell’uomo un senso etico, forse innato (effettivamente qualche ricerca antropologica sembra indicare che è così), che ci “indica” la direzione; il problema poi è seguirla davvero, il che è diverso.
Inoltre, credo che nell’azione eticamente orientata (passatemi il termine, forse vago), vi sia un aspetto che definirei conoscitivo: nell’etica, secondo me, si sperimenta un livello più profondo della realtà, forse più autentico…è azzardato dire che la via del bodhisattva è quella più “vera” perchè coglie questo livello profondo, va direttamente all’essenza?
Ciao
Dicembre 21st, 2010 at 8:47 pm
Larga la foglia…
Hmsx? Invece che con la cassa è scappato con l’avvocato. A Sharm, naturalmente…
Dicembre 21st, 2010 at 10:14 pm
Penso che:
Sul senso innato di bene-male: “fra” Kant e Schopenhauer mi appare l’esperienza della vita con i suoi incontri; peraltro SEMBRA che anche alcune ricerche cognitive ce lo indichino (v.M.Tomasello- Why we cooperate).
Sul male metafisico non so.. certamente è reale il male “fisico” che è già in atto o in potenza alla nascita
Grazie Ciao
Dicembre 21st, 2010 at 10:22 pm
JF
a Don Farinella..
http://www.famigliacristiana.it/Informazione/News/video/guccini-dal-vivo-la-locomotiva.aspx
Dicembre 22nd, 2010 at 12:08 pm
Dicembre 22nd, 2010 at 12:22 pm
Altro esempio (ricollegandosi al n. 29 e precedenti).
“Un uomo aveva due figli. Disse al primo: Va’ a lavorare nella vigna. Lui rispose no, ma poi ci andò. Il padre disse al secondo: Va’ a lavorare nella vigna. Lui rispose sì, ma poi non ci andò. Chi dei due ha eseguito la volontà del padre?”
Gli risposero: “Il primo”.
Dicembre 22nd, 2010 at 1:27 pm
Colpito dalla tegola della ‘disillusione trascendentale’ non mi raccapezzo più: è come se bene e male si siano scambiati di posto – la vita pare sempre più indesiderabile.. Ormai stimo come unica cosa vera il principium individuationis, cioè il “si salvi chi può!”su cui poggia l’etica contemporanea: chi non si salva da sé è perduto…Ma mi piace questa definizione di morale: l’ attitudine a prendersi cura degli altri, dove aver cura non significa ‘curarli’, ma creare quello spazio in cui la loro parola non cada nell’insignificanza.
PS: il mar rosso ricorda tanto…il mio conto in banca! I giovani avvocati sono la nuova frontiera della povertà…(e sono tantissimi)
Dicembre 22nd, 2010 at 1:53 pm
Ciao Hmsx, bentornato. In effetti per molti buddisti l’etica fai da te porta al si salvi chi può. L”insignificanza ha un che di radicale, insanabile. La sofferenza, lo star male per fortuna hanno rimedio, altrettanto radicale e prossimo all’insignificanza. Mantenere uno spazio aperto è curare con molta… cura la domanda, senza ignorare del tutto le risposte ma tornando sempre alla domanda in quanto necessaria all’azione (morale, intellettuale, pratica).
Doc 32: bella questa cosa di Guccini, non la conoscevo. Dario 28: non capisco che cosa c’entri la locomotiva…
Dhr 33: questa parabola non mi ha mai convinto: chi dice di sì ma poi non fa a volte (a volte) ha ottimi motivi, chi dice no e poi ci ripensa spesso (spesso) non ha spirito religioso. La scelta del risultato non mi convince.
Dicembre 22nd, 2010 at 2:45 pm
Proprio così (Hmsx 34) “l’attitudine a prendersi cura degli altri, dove aver cura non significa ‘curarli’, ma creare quello spazio in cui la loro parola non cada nell’insignificanza”.
L’azione non è la risposta che esaurisce la domanda, è la domanda stessa senza punto interrogativo.
Dicembre 22nd, 2010 at 5:02 pm
Però, Jf! La poesia di linguaggio nobilita l’arte.
Ogni volta è un tentativo, ogni volta si poteva fare meglio.
Dicembre 22nd, 2010 at 9:58 pm
MYM 35
era un tentativo (maldestro) di alleggerire la discussione sul “bolscevico” Don Farinella 🙂
Dicembre 22nd, 2010 at 11:57 pm
ciao hmsx, ben tornato in AZIONE.
😛
il mio n. 33 era solo una provocazione, mica sta scritto nel vangelo! oops…
Dicembre 23rd, 2010 at 11:16 am
In effetti Gesù non diede soluzione al quesito, lo fecero i suoi interlocutori ritenendo che il no pentito, poiché si accoda alla volontà del Padre, sia la via “gggiusta”. Però poi Gesù parte con un’invettiva verso i peccatori che si può -volendo- vedere come indirizzata proprio a coloro che diedero quella risposta…
Dicembre 26th, 2010 at 11:07 pm
Chi sia io non ha nessuna importanza.
E il “perchè” delle scarpe di Joshu in testa, anche spiegato dialetticamente qua sopra, di fatto, realmente, non spiegherebbe nulla.
Se AHR 342, “ci ha preso in pieno”, mym 341 é out. Mettetevi d’accordo.
Dicembre 27th, 2010 at 10:27 am
Già fatto: questa volta quello out sei tu, chiunque tu sia o non sia, né sia né non sia ecc…
Però, se preferisci, quello out è mym, visto che per qualcuno -grazie al cielo- “in” o “out” non fa differenza.
Ciao Nello, buone feste fatte.
Dicembre 27th, 2010 at 10:18 pm
Il mio “out”, non ha nulla a che vedere con “in”. Non è quello il piano.
E ancora:
Il mio “niente” è “sostanziale”.
Quello elencato da AHR è nichilista.
Non è la stessa cosa.
“Comprendere il dualismo senza vivere dualisticamente.” (T.D.)
Vale a dire: tutti sono buddha.
Non è così facile da masticare.
Buone feste, anche da fare. Ciao.
Dicembre 27th, 2010 at 10:57 pm
************* SYSTEM FAILURE *****************
Dicembre 28th, 2010 at 12:00 pm
Il mio out, il mio niente…
Auguri
Dicembre 31st, 2010 at 5:48 pm
oh che bello! mi ci tufferò al più presto, ossia al ritorno all’ovile (7 genn.) quando sarò ri-dotato di computer presentabile.
per intanto, “desidero” (!) inviare una galassia di auguri di “felice” (!) 2011 a tutti quelli della Stella!
Dicembre 31st, 2010 at 5:56 pm
altrettanto a te dario, ma non esageriamo coi desideri, che fanno male, quasi quanto lo zampone. un caro saluto
Dicembre 31st, 2010 at 10:14 pm
Auguri
Dicembre 31st, 2010 at 11:00 pm
Lo zampone fa male, i desideri fanno ingrassare, nascere fa morire, ridere…
Buon anno a tutti. Un grazie particolare ad Alessandro, anche quest’anno autore, in esclusiva per la stella, della musica che sentite in sottofondo.
Gennaio 1st, 2011 at 12:15 pm
Già. La vita è una brioche….
Auguri di buon anno a tutti gli amici di BZ
Gennaio 1st, 2011 at 12:27 pm
…e per chi ha amato De Andrè, un messaggio di inizio anno:
Gennaio 1st, 2011 at 1:53 pm
poffarbacco, altro che il pacato messaggio di fine anno del presidente…
Gennaio 1st, 2011 at 2:21 pm
Un augurio a viandanti..e non
Buon anno a tutti
Il mondo vile pensa per schemi consuetudinari, pigri e logori. Al viandante non domanda dove sta andando, ma da dove viene. Eppure al viandante importa la meta, non la provenienza.
Roth Joseph
Gennaio 1st, 2011 at 10:11 pm
Dopo di che,
la attribuzione di una qualsiasi forma di possesso ai termini “il mio out” e “il mio niente”, non coglie il bersaglio.
Per cui, “il mio out” e “il mio niente”, sono un possesso (nel senso di affermazione soggettiva) di chi li interpreta in modo personale e fuorviante.
E questo, è tutt’altro che “arrampicarsi sugli specchi”.
Tutto questo era già contenuto nel post 349, tuttavia, anche il ludico vuole la sua parte.
Gennaio 1st, 2011 at 10:12 pm
Come ben sa mym. (conclusione postuma del 350).
Gennaio 1st, 2011 at 11:03 pm
Ho apprezzato i tuoi rilievi e vorrei aggiungere qualcosa.
Intanto su Scola va detto che è molto vicino a una organizzazione paramassonica come Comunione e Liberazione (di cui ci si può chiarire il portato nell’ottimo saggio di Ferruccio Pinotti “La lobby di Dio” chiarelettere editrice, 2010). Questo perchè costoro, Scola incluso, sono l’apoteosi del relativismo che indicano come limite per accedere al divino in visione cristiana.
Come si evince dall’articolo del cardinale (anche citando Papi e studiosi), esordisce con una forte critica al relativismo per concludere con altrettanto relativismo.
In sostanza, la Chiesa, condanna a parole il relativismo per prodursi nel relativismo più bestiale.
Il tipo di “relazione” che spingono personaggi come Scola, Tettamanzi, Bertone, e compagnia, sarebbe disintegrata da un reverendo saggio e onesto come padre Ernesto Balducci per esempio.
Il loro dramma è che non sono autentici rispetto a ciò che dicono di professare, sono l’apoteosi del relativismo che additano. Somigliano sempre di più alla massoneria…Giano bifronte…l’ossimoro come dialettica…stanno integrando Lucifero direbbe Jung.
Gennaio 2nd, 2011 at 11:06 am
Ciao Nello, son contento tu abbia evidenziato il trucco del relativismo negato con una mano (quello degli altri) per far spazio al “nostro” quello vero, quellobbono. Mi chiedo spesso che cos’hanno nella testa, nel cuore queste persone. Pensavo si trattasse di supponenza (variante antipatica dell’ignoranza), speriamo non sia peggio. Per Balducci… ci sentiamo più avanti.
Gennaio 2nd, 2011 at 11:11 am
Viva il glorioso Ordine della Giarrettiera.
Gennaio 2nd, 2011 at 11:15 am
Ho letto a suo tempo l’articolo del Patriarca e l’ho riletto ora: tanto la prima quanto la seconda lettura mi hanno lasciato interdetto, non tanto per l’ansia “mondana” del Patriarca di cercare un’impostazione del problema del bene e del male condivisibile anche da chi non si riconosce nella visone cristiana del mondo e della salvezza (egli è pur sempre un pastore di anime e un pescatore di uomini, e in quanto tale usa esche per prendere i pesci e va in cerca delle pecorelle smarrite) quanto per l’ignoranza “religiosa” con cui tratta la parola evangelica. E dico ignoranza nel senso di non tener conto del significato primario della parabola che lui stesso ha scelto. E’ veramente impressionante rilevare come un Patriarca cattolico si serva proprio di una delle parole più radicalmente esplicite e crudamente non fraintendibili di Gesù sull’alterità dell’atto religioso salvifico rispetto a qualunque dialettica umana (impossibile presso gli uomini, possibile solo presso Dio) per architettare una morale tutta antropologica della relazione in cui il moto impossibile e necessario dell’abbandono totale (lascia tutto e seguimi) è svenduto come la “proposta” di intavolare “un’altra più impegnativa relazione”. Là dove persino i discepoli diretti di Gesù, gente che appunto aveva tutto lasciato per seguirlo, sbalordiscono, il Nostro impavido non si scompone, cancella Dio e organizza un simpatico simposio: Buoni di tutto il mondo, unitevi! Sulla pelle dei poveri che in un mondo ormai senza paradiso fanno le veci dei dannati dell’inferno: là sono, là restino ad attendere la nostra caritatevole relazione, cosicché noi si possa aver conferma della nostra intrinseca moralità. Un ricco che fattosi povero continua ad aver bisogno dei poveri per sentirsi ricco anche da povero non mi pare granché più che una presa in giro della povertà, sia umana e schiavizzante che religiosa e salvifica. Ma i contorcimenti patriarcali non mi pare ci facciano procedere granché nella nostra ricerca: che anche gli amministratori della parola di dio siano alla frutta non è certo consolante: mal comune mezzo gaudio è la più amorale delle formule.
Gennaio 2nd, 2011 at 11:22 am
Anche jf paventa un’impressionante ignoranza (la santa ignoranza? :P) del Patriarca. Nella “morale” che vi ho propinato in fondo al mio lungo interloquire oltre al -nel senso di: “al di là del”- mal comune mezzo gaudio, intendevo dire: la ricerca dell’etica è strada impervia anche in quel dei cristiani, dove -si sa- il Buono, il Bene è chiaro: è ciò che si trova in accordo con la volontà di Dio, e viceversa. Pur in presenza di schiere di fini conoscitori del pensiero del Capo la saponetta continua a sguisciare di qua e di là
Gennaio 2nd, 2011 at 6:43 pm
Penso che
1)Vi è una percezione morale universale? forse “non tutti i cigni sono bianchi”, ma molti studiosi, anche laici, concordano su questa tendenza-possibilità fondamentale dell’umano.
2) Perchè contrapporre il bene “in sè” al bene in relazione? Nagarjuna direbbe che il bene si realizza nei beneficiati, e poi molti cristiani, teologi e non, hanno fatto del bene come relazione il fondamento della testimonianza cristiana.
3)Il linguaggio è certamente ciò che caratterizza l’uomo rispetto agli altri viventi, esso è uno spazio di possibilità ulteriore che l’uomo apprende da altri uomini: i geni non danno luogo ad una trasmissione cieca, ma sono una condizione di possibilità che interagisce con la dimensione culturale(spazio da cui si può realizzare il bene);
il linguaggio inoltre è il luogo in cui prende forma la prospettiva della fede, qualunque essa sia.
Non mi entusiasmano né Scola né molti altri sepolcri imbiancati ma la carità concreta (bene in relazione), pur non essendo esclusiva di nessuno, si realizza ogni giorno grazie al contributo silenzioso di molti cristiani
Gennaio 2nd, 2011 at 7:27 pm
La morale ha bisogno della consapevolezza, ma non basta. E’ anche sforzo, continuo e costante, di aggiustamento. Possiamo raggiungerla di volta in volta grazie all’attenzione, alla passione e all’impegno.
Un antico maestro cinese portava un bue fra i monti. Gli chiede il doganiere al valico: «Cos’è la tua Via nel profondo?»
«Tirare il bue, quando va a destra, a sinistra e, quando va a sinistra, a destra e andare diritto».
Gennaio 2nd, 2011 at 7:48 pm
Ciao Dario. Spezzo volentieri una lancia a favore della carità concreta: senza mi mancherebbe una parte considerevole del percepirmi morale. Anche la morale del bue ha la mia adesione, certo (ciao Louis). A costo d’esser noioso richiamo però l’attenzione sul tempo nel quale non vi è carità da render concreta e sul fatto che, per andar diritto, occorre idea di “diritto” (ovvero: di “destra” e “sinistra”). Mi interessa molto la considerazione che, la morale, è “anche sforzo, continuo e costante, di aggiustamento”, questo implica però che stiamo sempre sbagliando, altrimenti perché l’aggiustamento?
Gennaio 2nd, 2011 at 8:30 pm
Se bastasse ogni volta applicare “rigidamente” principi astratti non ci sarebbe bisogno di aggiustamenti.
Gennaio 2nd, 2011 at 8:39 pm
È vero. Questo è il caso dei principi etici cinesi (che però non definirei astratti. Decisi dall’uomo, comunque), vi è un modello base o ordine naturale e a quello ci si adegua. Così, parlando in generale, per Confucio il comportamento personale va uniformato ai riti/etichetta-globale e la relazione interpersonale è sottoposta al modello padre-figlio che nella realtà diventa superiore-inferiore. Poi vi è il “modello (base)” secondo il daoismo che è l’assecondare, quello legista che è “seguire la norma/legge” ecc. ecc.
Tuttavia l’Occidente si è mosso su altre piste, che si aggirano attorno alle “idee universali” o alla morale intrinseca all’essere uomini. Per esempio nel donare si percepisce (sempre? Tutti?) un bene che pone il donare tra gli atti morali universali…
Gennaio 2nd, 2011 at 8:47 pm
Concordo con Louis8
Il senso del bene è bene in relazione e bene in sé: il primo è rapporto vivo con il qui e ora, il secondo è il senso, la direzione verso cui tende il qui e ora che tenga conto di questo senso; possiamo dire che fede e bene non sono oggetti che ingessano il reale ma aperture di senso che interrogano l’umano che li riconosce?
Gennaio 2nd, 2011 at 9:36 pm
Auguri tutti voi. Buon anno.
Gennaio 2nd, 2011 at 9:39 pm
Se la morale, come dice Dario, è un “tendere verso”, l’aggiustamento di cui parlavo sarebbe il timone da assestare continuamente lungo la rotta o, se preferite, la capacità di scegliere il “giusto mezzo”, adeguato alla nostra natura, quale è determinato dalla nostra ragione e dalla nostra volontà.
Gennaio 3rd, 2011 at 1:05 pm
Per prima cosa, buon anno a tutti.
Magari dico una cosa banale sul vivere da Buddhisti e sul bene e male. Buddha disse (o chi per lui scrisse): “questa dottrina è inaccessibile alle costruzioni concettuali”.
Poi, Doghen nel Fukanzazengi: “Hai già il fulcro della via che è il corpo umano…”.
Non basta questo a definire cosa è “bene” e “male” ?
Proteggere il proprio corpo (cibi sani, vita regolare, ecc…) e dare incessantemente e gratuitamente (non imporre) ad altri la possibilità di proteggere il proprio corpo (carità, aiuto, beneficienza, sostegno, ecc…), non è già questo il “bene” ?
Quando manca una delle due cose, “siamo nel male”, e tornare sempre a questo è bene.
Uhm…la sto facendo troppo semplice ? Oppure posso già mettermi un sandalo in testa ?
Gennaio 3rd, 2011 at 6:44 pm
Ciao ryokan, sandali in testa anche due se vuoi, poi vai su e giù per le scale del condominio e… 🙂
Il fatto è che se dici “inaccessibile alle costruzioni concettuali” e poi metti giù uno schema (la cura del corpo per esempio) ti pesti la coda.
Dario e Louis sono fini filosofi e hanno ragione nel loro argomentare. Pare però che parlino di che cosa sia onon sia “il bene” piuttosto che di come si decide, si sceglie nelle mille azioni della vita (che non implicano tutte relazione e che implicano relazioni da scegliere, in alternativa).
Gennaio 3rd, 2011 at 8:43 pm
La questione del bene mi ricorda la questione del Tempo in Agostino: tutti sanno che c’è ma nessuno riesce a definire in assoluto che cos’è.
Come “aspirante buddista” mi “accontenterei” di realizzare le “tre menti”, gli “atteggiamenti spirituali che contengono valore”(cito ‘E se un dio non ci venisse a salvare?’ cap 5). Per me questo è bene
Gennaio 3rd, 2011 at 9:58 pm
Be’, se ti accontenti di “serenità, pace interiore, tranquilla allegria, calore umano” allora…
😉
Gennaio 4th, 2011 at 11:13 am
Dario 14: penso che l’ambiguità insita sia nel concetto di etica (e del suo equivalente semantico “morale”) sia nei vari “bene”, “senso del bene”, “bene in sé” abbia bisogno di chiarezza, a partire proprio dal popolo buddista occidentale: nato in una cultura religiosa “per benista” basata sul senso di colpa e che ora sguazza in un mare in cui si incontrano śīla (profondamente diverso da “etica”), “etica” (la parola non c’è in cinese) confuciana, daoista, legista ecc. Senza un chiarimento (solo apparentemente) linguistico parlare di etica buddista è come parlare del tempo per un Agostino buddista: (quasi) tutti pensano che ci sia, (quasi) nessuno sa dire dov’è, che cos’è ecc.
Gennaio 4th, 2011 at 12:06 pm
Tra l’altro, non so se vi siete accorti che su questo sito è apparsa la pubblicità (a pagamento!) in tre “finestre”: una qui sotto, due a destra più in alto. Però prima ci siamo messi a vento: il vaticano dice che è tutto regolare… 😎
Gennaio 4th, 2011 at 4:03 pm
Rigirando il pensiero sull’ argomento in questione mi sono imbattuta in questa domanda che probabilmente sarà sottesa a tutto ciò che è stato detto finora: perché un buddista sceglie di fare il bene?
E’ facile rispondere ( credo ) per chi è all’ interno delle religioni tradizionali dove il bene può essere visto come necessaria risposta alla volontà di Dio. Ma per un buddista?
Gennaio 4th, 2011 at 4:03 pm
E sul come…
Ho provato ad ‘osservare’ come avvengono le mie scelte all’ interno di una normale giornata. A dir la verità non mi pongo normalmente la questione ‘sto facendo il bene o sto facendo il male’, ma semplicemente ‘cerco’ di fare ‘bene’ ciò che devo fare ( che poi ci riesca ..bè quella è un’altra questione!)
Mi sembra di poter dire che l’ unico criterio concreto che ho ravvisato ( sia nelle relazioni interpersonali che nei vari lavori ) è la necessità di essere ‘presente’ a quello che sto facendo.
E poi … c’è tutto il resto.
Gennaio 4th, 2011 at 4:38 pm
Ciao Marta, bentornata. Chiedersi il perché scegliere di fare o non fare il bene è basilare, quantomeno per poter capire che cosa ciascuno di noi intenda con “bene”. Essere presente, dici, può essere fine a sé stesso o “al fine di”. Fare bene ciò che si fa (anche nel fare il male secondo me val la pena di cercar di farlo bene) è già una scelta di bene, lascia ancora aperta la domanda “perché?”.
Gennaio 5th, 2011 at 7:35 pm
Allora grazie, formidabile
Gennaio 6th, 2011 at 1:05 pm
Grazie anche da parte mia. Ottimo lavoro.
Gennaio 6th, 2011 at 6:58 pm
Un grande Grazie a tutto il team, che mantiene sempre vivo questo sito, e non solo nel senso che lo mantiene “in vita”.
Gennaio 6th, 2011 at 8:18 pm
MYM 16-Sul bene in sè nel buddismo: non avendo competenze per un analisi filologica tento con gli strumenti che ho.
Tra nichilismo e eternalismo: già l’indicare la possibilità di liberazione dalla sofferenza è una indicazione di bene, poi l’ottuplice sentiero, le tre menti, le parole contenute nei sutra sono indicazioni “linguistiche”, segnali indicativi di una via “benefica”.
Affermare che cos’é bene, esattamente, nella realtà è complesso, la stessa azione di uccidere la possiamo considerare un male nonostante in alcuni casi sia il male minore =bene: per cui nella realtà decidiamo di volta in volta che cos’è bene.
Quindi “in astratto” -bene in sè- direi che è ciò che si contrappone al male (in relazione a persone o all’ambiente), in concreto è l’applicazione contingente dell’astratto.
Linguisticamente direi quindi che non possiamo affermare (e indicarlo) assolutamente che “c’é”, né che non c’é, né che c’é e non c’é, né che né c’é né non c’é
Ps nell’ideogramma cinese “Virtù” l’indicazione è seguire la via del”cuore”: perciò non riesco a svelare l’ambiguità 🙂
Gennaio 6th, 2011 at 8:25 pm
Ciao Dario. Quello su cui sto ragionando parte dal presupposto che occorra una ridefinizione del senso di etica nel buddismo. Non per metterla giù una volta per tutte, sarebbe una fregatura antibuddista, quanto per giungere ad una impostazione condivisibile del “problema”. Che metto tra parentesi perché anche l’esistenza o meno di un problema dovrebbe far parte di questo lavoro di definizione. Intendendo con questa parola non più che un metodo.
Gennaio 6th, 2011 at 10:32 pm
Sono disposto a dare un contributo nel caso si decidesse saggiamente di eliminare la pubblicità.
Quanto costa eliminarla?
E’ possibile, a questo punto evitarla?
Anche se contenuta e “sinergica”, ha un portato karmico…
Gennaio 7th, 2011 at 10:27 am
Grazie anche da parte mia per il gran lavoro e l’ottimo risultato a Pierinux e Mym. Mi associo a Nello nella disponibilità a un contributo qualora si reputasse opportuno eliminare in futuro la pubblicità. Qualche dubbio sulla sinergia con chi mi vuole convincere che dio mi ama o mi invita a sfruttare il potere degli dei devo ammettere che ce l’ho…
Gennaio 7th, 2011 at 11:19 am
Come cercavo di spiegare nel post qui sopra, quello che compare nei riquadri pubblicitari dipende da quello che sto scrivendo adesso. Se per esempio scrivo sesso sesso sesso sesso sesso sesso sesso sesso economia politica filosofia economia politica filosofia economia politica filosofia economia politica filosofia economia politica filosofia in tutti i commenti e post… Staremo a vedere.
Riguardo a come reperire i fondi: è vero che fare pubblicità al gioco d’azzardo (la maggior parte di queste sono state censurate) o alle medagliette benedette è antipatico (crea karma come dice Nello), però l’aternativa è batter cassa. Un pista con diramazioni che tutti conosciamo e che quanto alla produzione karmica va come un treno. Comunque, penso sappiate che volendo contribuire questo è GIÀ
Gennaio 7th, 2011 at 11:29 am
PS: Non siamo in grado ora di quantificare la spesa necessaria a mantenere in funzione questo sito, il Webmaster calcola che presto potrà capire sia la somma necessaria alla gestione sia la nostra quota: non siamo soli in questa nuova situazione come non lo eravamo prima. Per quel tempo, cioè verso la metà del mese di Nagarev, sapremo anche quanto rendono le pubblicità. Se la cosa va bene vi manderemo una cartolina da Kingston, Jamaica, per dire che è tutto apposto…
Gennaio 7th, 2011 at 11:43 am
Mi pare di poter dire che il presupposto che occorra una ridefinizione del senso di etica nel buddismo si basa a sua volta su un precedente presupposto (che il senso dell’etica nel buddismo così come è attualmente concepito sia insufficiente, inadeguato, inefficiente) il quale a sua volta si basa sul presupposto che il senso dell’etica nel buddismo sia un quid necessario (altrimenti perché occorrerebbe ridefinirlo?). La domanda potrebbe quindi essere: perché è necessario il senso dell’etica nel buddismo? Penso che la risposta debba essere, almeno inizialmente, di natura soggettiva: perché per me, che mi dico buddista, lo è. Se per me, che mi pongo la domanda, la domanda stessa fosse priva di senso, la questione non si porrebbe. Se invece la questione per me si pone, allora la domanda diventa: perché ha senso cercare il bene (prima ancora di cercare di dire che cos’è)? Risponderei: perché ho fatto e faccio esperienza del male (sia di quello che ho fatto e faccio, sia di quello che ho ricevuto e ricevo). Ed è un’esperienza “indiscutibile”, come il caldo e il freddo – prima si fa e poi se ne ragiona. E siccome il male fa male, a me a agli altri, cerco il bene. Non è forse da qui che conviene partire?
PS. Certo che fa un po’ impressione scrivere con davanti agli occhi il monito continuo che “dio mi ama”! Coloro che amo io li riprendo e li castigo, dice da qualche parte la Bibbia…
Gennaio 8th, 2011 at 8:16 pm
… e finalmente l’ho letto!
che bello ritrovare un Doc “doc”!
😀
Gennaio 12th, 2011 at 2:58 pm
aaaaargh sono stato scoperto! ero pagato dal Vaticano per screditare il buddismo con le immani vaccate che riversavo su questo sito!
sigh mi avevano garantito 2.500 anni, mesi 6, giorni 1, di indulgenza plenaria…
Gennaio 12th, 2011 at 3:24 pm
indulgenza plenaria e perpetua concessa per simpatia, amen 🙂 pierinux
Gennaio 12th, 2011 at 3:52 pm
ma come, anche voi buddisti acchiappate i polli con queste promesse stomachevoli??
addio!
anzi “a” (perché su Dio non esistono certezze)
Gennaio 12th, 2011 at 4:00 pm
hei piano, io sono solo un webmaster, quindi al massimo ti posso concedere l’indulgenza informatica, che consiste nel liberarti per sempre dai virus (se passerai a linux)
Gennaio 12th, 2011 at 4:45 pm
eccone un altro che, con la scusa di iscriversi, ne approfitta per fare pubblicità.
Webmaster, cancellalo senza pietà.
Gennaio 12th, 2011 at 5:50 pm
Così, per dar aria alla tastiera, aggiungo un paio di dati: da quando il sito è stato rinnovato, ossia dalla fine del mese di Tinapec, abbiamo cancellato 753 utenti sui 1059 iscritti a quel momento. Siccome occorre esaminare i loro dati di iscrizione a uno a uno non è il massimo della vita per le ore che vi si impiegano. Inoltre abbiamo aggiustato circa 200 link rotti o comunque non funzionanti. L’obiettivo è non far più accumulare quantità di lavoro antipatiche da smaltire.
Gennaio 12th, 2011 at 5:54 pm
@dhr: eh si, ma se mi auto-cancello poi chi aggiorna i plugin, e chi si smazza l’autospam ? per non parlare del sitemap, l’akismet e l’adsense…
Gennaio 12th, 2011 at 6:40 pm
aspetta aspetta aspetta, questa la so: significa “sutra del diamante”, giusto?
@mym: bene profetizzò di te il padre Dante! “Tu che sol per cancellare scrivi”!
Gennaio 12th, 2011 at 6:46 pm
Mi son fatto di akismet… ‘No sballo… 😛
Ciao ragazzi, mi assento per un dì.
A domani sera. mym
Gennaio 20th, 2011 at 4:12 pm
…immagino che ogni riferimento a cose o persone realmente esistite o esistenti sia puramente casuale 🙂
Gennaio 30th, 2011 at 4:53 pm
Sì, puramente casuale come .. l’insider trading 😛
Ma non dovevi essere in luna di miele te?
Gennaio 30th, 2011 at 5:43 pm
[…] This post was mentioned on Twitter by eticonews, eticonews. eticonews said: Finalmente uno spazio dedicato all’etica Finalmente uno spazio dedicato all’etica http://bit.ly/hGqmJN […]
Gennaio 30th, 2011 at 10:52 pm
cavoli, sono un grafomane che si espande su tutti i blog che incontra… ma sull’etica, naa, maddài, ma pecché, manco so come si scrive (ho fatto copia-incolla per scriverlo qui).
va’ va’ che sei fortunato Px, sennò rischiavi di avermi tra le carabattole con 300 post al giorno…
😉
Gennaio 31st, 2011 at 11:21 am
Ciao Dhr, sì questi guaglioni sono un poco scapestrati, un blog sull’etica è come infilare una mano nella tana del serpente a sonagli. Emozioni forti! 🙂
Gennaio 31st, 2011 at 11:38 am
su, poche storie @dhr, non c’è scusa che tenga, non vediamo l’ora di sapere come la pensi su certe questioni molto scottanti tipo “è morale fotografare un pinguino senza chiedergli prima una liberatoria?” o “i sensi di colpa di una cicala all’incedere dell’autunno”. è tutto materiale che ti aspetta su… tadaaaa….
http://www.eticonews.it
Gennaio 31st, 2011 at 11:42 am
Sì, vabbe’, sul blog ci sono anche temi meno importanti, non vi spaventate… 😉
Gennaio 31st, 2011 at 12:26 pm
ok, ok, darò un’occhiata… ma se cominciate a fare la morale sull’etica, tanti saluti!
Febbraio 1st, 2011 at 3:08 pm
sarà il caso che mi registri? o conviene una opportuna autocensura?
Febbraio 1st, 2011 at 4:44 pm
Be’, uuuh, insomma…, nel TUO CASO chiuderemo un occhio. Con ciascuna mano. 😛
Febbraio 6th, 2011 at 7:25 pm
sì, però adesso pubblichiamo qualcosa di nuovo anche QUI…
Febbraio 6th, 2011 at 9:30 pm
In effetti sarebbe ora che vi deste una mossa, banda di scioperati…
Per ciò che riguarda il sottoscritto, questo è il periodo dell’anno in cui non lavoro per la glauria. Ma per il vil denaro: tengo famiglia 😳
Febbraio 7th, 2011 at 8:26 am
gloria… gloria… manchi più del sale, manchi più del sole!…
Febbraio 7th, 2011 at 9:14 am
In effetti non lascerei cadere quell’argomeno sull’etica… anche se ci siamo forse impantanati. Argomento tosto. Buona settimana.
Febbraio 7th, 2011 at 11:49 am
Appunto: cum grano salis si diceva all’epoca delle bighe. Ora si riassume con: anche l’ascensore si paga… 😛
Febbraio 9th, 2011 at 10:02 am
It’s a tough job being a rhino.
Febbraio 9th, 2011 at 12:03 pm
Ya! You ‘re right, man. But: do you see a better chance?
Febbraio 9th, 2011 at 1:19 pm
No, nor any greater fun 😀
Febbraio 10th, 2011 at 5:09 pm
… beh?? mi sento Forest Gump…
Febbraio 13th, 2011 at 7:48 am
Mi è piaciuto molto.
Ricevo il notiziario dello Amaravati da una ventina d’anni quindi conosco un pò il loro modo di vivere il Dharma. Niente da dire, é una gran bella tradizione. Certamente l’Abhidharma é centrale, tuttavia non li contamina nel loro incedere sulla Via.
Febbraio 13th, 2011 at 11:32 am
Grazie Nello, commentavo con un amico, zenista di lungo corso, che il buddismo theravada in silenzio e discrezione ha coltivato l’orto in Occidente, lo zen (un po’ tutto il mahayana) molta fuffa e poche radici.
Febbraio 14th, 2011 at 5:54 pm
Ma…, non conosco molto i vari ambienti buddisti, quindi non so chi abbia messo maggiormente radici: non mi sembra comunque un aspetto molto importante …
e, probabilmente sbaglierò,ma non mi sembra particolarmente rilevante, per lo zen, la quantità di ‘ortaggi coltivati’ ..
Forse la cosa è un po’ contradditoria ma pur essendo un aspetto molto importante la trasmissione del ‘messaggio’del Buddha, nel contempo non credo che ci si debba preoccupare della ‘ricaduta’..
Almeno così a me sembra…
Febbraio 18th, 2011 at 10:27 pm
Per marta,
dove hai visto la preoccupazione? Puoi indicarla?
E, se ci fosse, perchè ci sarebbe?
Febbraio 20th, 2011 at 4:20 pm
Bè, direi che la rilevazione di una differenza fra due ‘cose’ , in questo caso le due tradizioni, può dare l’ impressione che esista una ‘carenza’ nell’ aspetto considerato e , di solito, questo porta alla ricerca di strategie per….
( Naturalmente non è detto che la mia interpretazione sia, in questa circostanza, adeguata…)
Comunque, al di là del caso specifico, una certa dose di preoccupazione la ravviserei nel ‘come’ lo zen sta mettendo radici qui dalle nostre parti…
Molte parole (e anche alcuni atteggiamenti) sono entrati nel linguaggio comune, e sinceramente non so valutare se questo sia un aspetto positivo ( potrebbe esserlo almeno come approccio iniziale? ), ma sicuramente si può rilevare un po’ (?) di confusione…
Talvolta mi sembra che ci sia il rischio che la pratica del buddismo-zen non sia vissuta all’ interno della dimensione religiosa –spirituale, ma ( come forse è diventato in molti casi lo yoga ) un esercizio rivolto unicamente al benessere fisico e quindi da prendere o lasciare a seconda dei risultati immediati conseguiti ( quasi con modalità consumistica )…
Febbraio 24th, 2011 at 5:12 am
Mi é piaciuta la tua risposta al di là dei contenuti, è il piano che mi piace.
Poi, nello zen, anche lavarsi i denti è nella “dimensione religiosa-spirituale”. Tutto vi é compreso.
E, é impossibile usarlo, “consumarlo”.
Ciao.
Febbraio 24th, 2011 at 11:11 am
Ossantapolenta! Se il Nello mi diventa buonista è … come il sale che non sala…
Oh! Scherzo, eh, parlo per celia… Rinfodera la draghinassa 🙂
Marzo 17th, 2011 at 12:49 pm
Ancora etica! » La Stella del Mattino…
Tutti attorno a una tavola rotonda: Etiche della terra: l’educazione ambientale in una prospettiva interculturale, Mercoledì 23 Marzo, ore 10.00, Sala Raffaello, Urbino…
Marzo 30th, 2011 at 10:51 am
Ecco una cosa che non capisco: l’ecologia e la salvaguardia dell’ambiente.. come se la natura fosse una cosa delicata da preservare, mentre, invece, è prontissima a scatenare la sua forza e a distruggere ogni cosa umana. (vedi Giappone 11.03.2011)
Marzo 30th, 2011 at 11:30 am
Ciao Hmsx, ben tornato. Un punto simile lo sostiene George Carlin in questo video. Non penso che si dovrebbe focalizzare l’etica sino a questo punto, ovvero sino a chiamare in causa le religioni per la salvaguardia dell’ambiente. È una soluzione di ripiego: l’ignoranza civica planetaria e l’avidità che depredando si fa ignoranza sono tali che giustificano il ricorso alle religioni o all’etica, un loro tipico prodotto. È vero che la radioattività del plutonio è un fatto naturale, ma è per intervento dell’uomo che a Fukushima il plutonio rischia di distruggere per sempre una vasta area.
Marzo 30th, 2011 at 5:16 pm
Ciao Hmsx, quello che esprimi mi apre il punto di vista per esempio di un Leopardi (operette morali, ecc); in realtà secondo me la separazione tra uomo e natura è molto artificiosa. Non so se questo è il migliore dei mondi possibili, so però che è difficile immaginarne uno diverso che sia coerente e possa sussistere. Prendendo ad esempio proprio il caso del terremoto (lo fece anche Voltaire in Candide, a proposito di quello di Lisbona), se la Terra fosse un pianeta morto dal punto di vista geologico non vi sarebbe vita- niente terremoti, niente eruzioni vulcaniche, quindi niente CO2 in atmosfera e niente effetto serra (a quel punto il nostro mondo sarebbe una palla di ghiaccio) oppure se vuoi niente attività sismica, niete campo magnetico, quindi molte radiazioni cosmiche (e perciò friggeremmo)ecc.
Perciò direi che ampliand un po l’orizzonte quello che sembra un arbitrio intollerabile di dimostra in realtà una necessità intrinseca – stiamo qua a parlare perchè le tsunami ci sono.
Infine, secondo me ragionare nei termini “natura buona fonte di vita” o natura malvagia-matrigna” significa forzare tutto in una dicotomia non molto utile ne concettualmente ne dal punto di vista pratico- bisogna cogliere invece le complessità, le sfumature
Marzo 30th, 2011 at 5:46 pm
Dal castigo di dio alla… necessità di dio? Certo che non ci facciamo mancare nulla … 😛
Marzo 30th, 2011 at 6:35 pm
Che importa se il plutonio distrugge una vasta aria del pianeta? Quello che conta è che rischia di fare vittime umane. Ci si educhi all’ambiente non per salvaguardare gli uccellini o gli scoiattoli, ma per preservare noi stessi secondo il paradigma del conatum suum esse servandi (lo sforzo di conservare il proprio essere). Mi pare una ipocrisia – sapientemente smascherata da Carlin – quella di ritenere la natura fragile e bisognoso di protezione. Eppoi la separazione tra uomo e natura non è artificiosa, cioè c’è già stata una vita sulla Terra senza l’uomo …e se fosse una vita migliore?
Della necessità del castigo di Dio…
Marzo 31st, 2011 at 7:34 am
Ottimi punti i nn. 2 e 4.
E’ vero che, nel caso di Fukushima, era stato l’uomo a concentrare in quel punto tutte quelle sostanze radioattive, però la storia della vulcanologia dimostra che la Natura fa stragi e disastri anche “di propria iniziativa”. Vedi Leopardi, “La ginestra”.
A proposito della Natura madre-matrigna (n. 4) sottolineerei però che non si tratta di dicotomie, perché per Leopardi le due immagini sono valide allo STESSO tempo.
In definitiva riprenderei Spinoza, per cui la Natura non esiste affatto “in vista” dell’uomo, e quindi è assurdo interrogarsi su “perché Dio permetta questo o quello”. Ho scritto anche altrove che i tentativi teisti / cristiani di spiegare queste catastrofi cadono o nel ridicolo o nell’offensivo. Era molto più coerente la religiosità greca, che definiva lo tsunami “lo schiaffo di Poseidone”.
In definitiva, va “candidamente” ammesso: “Non so se questo è il migliore dei mondi possibili, so però che è difficile immaginarne uno diverso che sia coerente e possa sussistere”. Ossia, i confini del Nirvana coincidono esattamente con quelli del Samsara.
Marzo 31st, 2011 at 9:54 am
per 7: anche secondo me le categorie castigo divino-necessità divina non c’azzeccano. Dio non c’entra per niente nel discorso; il fatto è che non siamo arrivati sulla Terra da un’altra galassia, non siamo dei naufraghi giunti qui per caso. Dalla terra proveniamo e da essa dipendiamo; in realtà, come cercavo di spiegare con l’esempio del terremoto, anche le manifestazioni più terribili, i cataclismi, sono necessari per la nostra esistenza. Non perchè si debba immaginare un progetto proteso all’esitenza dell’uomo, ma perchè siamo in relazione con tutto il resto.
Pensare l’uomo senza un contesto naturale è un’astrazione arbitraria; allo stesso modo una natura senza l’uomo non è pensabile- su di essa non possiamo dire nulla. Chiedersi se sia migliore o peggiore è già una domanda che implica la presenza dell’uomo, senza il quale questo tipo di giudizio è impossibile.
Sono d’accordo invece che la questione della “preservazione” è mal posta; non si può preservare nulla in assoluto- o meglio, si mantiene (in un certo senso), solo ciò che muta.
Marzo 31st, 2011 at 10:02 am
Ha senso interrogarsi su “perché Dio permetta questo o quello” (n. 7) se si crede o, peggio, si affermi l’esistenza di un dio persona buono, unico, un po’ moralista ma … comprensivo (anche dio è “uomo di mondo”, no?) ecc. ecc.
Dire che “Dio (maiuscolo) non c’entra per niente” (n.8) è una contraddizione in termini. O lasciamo stare dio (pardon: Dio) oppure c’entra, ossecentra!
Marzo 31st, 2011 at 10:26 am
Vero, Mym: se “Dio c’è”, non può “non c’entare”.
Il problema è la premessa maggiore, ossia immaginare un Dio “personale” dotato di “intelletto e volontà”. Il che, ancora secondo Spinoza, è il massimo insulto che si possa fare alla divinità, dato che intelletto e volontà (che poi sono la stessa cosa) rappresentano solo uno strumento con cui noi creature limitate cerchiamo di toglierci dagli impicci. Per definizione, “Dio” NON ha questo problema, altrimenti non sarebbe Dio.
Marzo 31st, 2011 at 10:30 am
P.S. La teologia teista afferma che, attribuendo a Dio la Personalità, gli si attribuisce ciò che c’è di più elevato.
Dando una rapida occhiata a ciò che costituisce la mia “personalità”, trovo l’affermazione – a dir poco – ridicola.
Marzo 31st, 2011 at 10:33 am
“Dei problemi di Dio e altre storie”, bel titolo.
Comunque, a parte i problemi del Boss, sono d’accordo con Hmsx in modo sostanziale ma non concettuale. Il punto è impedire che l’uomo si autodistrugga (in parte o in toto) e non salvare un ambiente teorico, avulso. Senza salvare “l’ambiente” (quindi uccellini, fiorellini ecc.) l’uomo si autodistruggerà (in parte o in toto).
Marzo 31st, 2011 at 11:00 am
Chiere a Dio di dar conto del proprio operato è tipico della religiosità ebraica, basta considerare come paradigmatico l’esempio di Giobbe; la risposta di Dio com’è noto è “dov’eri tu quando ponevo le fondamenta del mondo?” Concepire un mondo privo del male è possibile, ma non è un mondo che possa effettivamente esistere.
Il 99,9% delle specie animali si è estinta, evidentemente tutte quelle attualmente presenti, in un futuro più o meno lontano, faranno lo stesso. Il problema è evitare un’estinzione di massa indotta da noi stessi; in effetti a questo punto l’interesse “umanistico”- il benessere dell’uomo” ed ecologico -ecosofico tendono a coincidere.
Secondo voi perchè nonostante tutto stiamo continuando come nulla fosse sulla stessa falsariga degli ultimi 20-30 anni? Il problema è di tipo culturale, scientifico-conoscitivo (non abbiamo le tecnologie necessarie ecc) o politico-economico?
Marzo 31st, 2011 at 11:05 am
Religioso.
Marzo 31st, 2011 at 11:25 am
Davvero? Non mi pare che i cristiani, i buddisti, i musulmani abbiano comportamenti poi molto diversi sul piano dell’impatto ambientale. Che facciamo in concreto allora “no artri”, smettiamo di usare l’automobile, di prendere l’aereo, di usare materie plastiche, i cellulari, i computer (produrre i microprocessori inquina) ecc.? Il mio impatto ambientale è di 3 (se tutti al mondo vivessero come me ci vorrebbero 3 pianeti terra). Secondo me ci vuole la politica per cambiare strada, la volontà del singolo non è sufficiente
Marzo 31st, 2011 at 11:29 am
Siamo come pomodori in una serra: ogni tanto ne cade uno a terra, morto: splaffete. Se, per di più, la serra è pure inquinata… è una fetenzia ancora peggiore. Prendere atto di ciò è già religione.
Marzo 31st, 2011 at 11:34 am
oh finalmente una bella, ricca discussione su questi temi, e nello stile tipico della Stella. Ultimamente si sonnecchiava un po’, me per primo.
Marzo 31st, 2011 at 12:47 pm
per 16 Già ma se la serra si surriscalda e rischia di diventare una pentola a pressione, la strada della presa di coscienza individuale dei singoli pomodori rischia di essere troppo lenta, a quelo punto diverremmo tutti conserva…inoltre non è detto che anche se uno vuol cambiar strada ci riesca. Se non hai a disposizione i mezzi pubblici per esempio, ti tocca prendere la macchina ecc. ecc.
Marzo 31st, 2011 at 12:59 pm
Zì zì. Il freddo il caldo la suocera le mezze stagioni… Il punto è che fra un po’ siam tutti morti. Nel frattempo continuiamo a vedere l’isola dei famosi perchè “hai visto mai che lì ci fosse la soluzione”? Quello è inquinamento da cui salvare l’ambiente. Poi gli uccellini, i fiorellini…
Marzo 31st, 2011 at 1:21 pm
… e pensare che qualche ingenuo disse “Nessun uomo è un’isola” (e bazzicava pure il buddismo).
Marzo 31st, 2011 at 6:35 pm
Nessun uomo è un’isola, nessuna donna è un promontorio, nessun… 😛
Aprile 7th, 2011 at 6:41 am
In is analysis of shoaku-makusa(“not to commit any evil”), wich is ordinarily construed as a negative imperative, “Do not commit any evil” (shoaku wa tsuruku koto nakare or shoaku wa nasu koto nakare), Dogen reads it as an indicative: shoaku wa tsuruku koto nashi or shoaku wa nasu koto nashi (“[The enlightened one]does not commit evil).” His message here is that shoaku-makusa is not to be taken as a moral imperative, “whether self-imposed by autonomus conscience or inculcated by heteronomus imposition, but rather as the transformative reality of realization, whose mystery lies in one’s resolve “never to commit any evil.” This in turn means, however paradoxical it may sound, that realization both transcends good and evil and is at the same time profoundly involved with good and evil. In this way, for Dogen morality and ethics, as well as language and intellect, become an integral component of spirituality.
“We must realize that when heard as “not to commit any evil,” it is the Buddha’s true Dharma. This “not to commit any evil” does not mean that an ordinary person first contrives and then brings about like this. When we hear the teaching of enlightenment expounded, it is heard like this. It is heard like because it is the expression which supreme enlightenment itself is speaking. It is already the talk of enlightenment; therefore, it talks about enlightenment. Supreme enlightenment propounds itself and is heard in such a way that one is moved to desire”not to commit any evil” and to go on practicing “not to commit any evil.” Wher evil is no longer being committed, the power of training is realized at once.” (SHOAKU- MAKUSA)*
*William R. LaFleur,ed., Dogen Studies, Honolulu, University of Hawaii Press, 1985, pp. 76-77.
Aprile 11th, 2011 at 7:55 pm
Ciao Nello, scusa il ritardo, son tempi veloci…
Grazie per la citazione (meglio tradurre in italiano però…).
La citazione è dal libro di LaFleur, come dici, ma l’articolo è di Hee-Jin Kim, autore tra l’altro del famoso Dôgen Kigen – Mystical Realist (1975); riedito poi come Eihei Dôgen: Mystical Realist (2004) oltre che traduttore di trenta sezioni dello SBGZ pubblicate nel 1985 e del più recente Dogen on meditation and thinking: a reflection on his view of zen (2007). Il problema (volendo sollevarne uno) è che -mi dicono gli esperti- “nel testo originale di Dogen (ed. Iwanami Bunko) non si trova nulla che assomigli alla frase che Kim sembra citare (shoaku wa tsukuru koto nashi o shohaku wa nasu koto nashi), men che meno nell’accezione che gli dà nella traduzione [The enlightened one]. Mentre si trova shoaku wa tsukuru koto nakare. La traduzione di Kim è una traduzione a tesi, che non si evince dal testo, come del resto si può verificare leggendo le traduzioni sia di Bodiford (Stanford) che di Nishijima“.
Per esperienza (ed antica frequentazione) ho imparato che gli esperti di SBGZ della Stella son da prender sul serio…
Aprile 13th, 2011 at 1:53 am
Ciao mym,
può darsi che Kim non abbia fatto l’opportuno lavoro filologico, tuttavia, non si può dire che non conosca Dogen…al di là delle parole.
Quasi tutti ormai dovrebbero sapere che Dogen usa le parole per andare oltre le parole.
E comunque il suo parlare è un continuo rimando all’eterno processo delle cose che coproduce al di là di qualsiasi registro linguistico.
Qui, il prof. Tollini è molto caustico sulle parole…ma per me, non è cogliere il vero spirito di Dogen che ritengo intraducibile a parole. Taiten dice che Dogen si può tradurre solo seduti di fronte al muro e io sono d’accordo con questa interpretazione.
Nello specifico, l’intenzione era quella di dare uno spunto al tema del thread che fosse della massima semplicità e verità sul medesimo. Tutto qui.
Il tutto può ricondursi a poche parole:
“[…], but rather as the transformative reality of realization, whose mistery lies in one’s resolve ‘never to commit any evil'”
“[…], ma piuttosto come/quale transformativa realtà di realizzazione, il cui mistero risiede nella propria risoluzione di ‘non commettere alcun male'”.
Mai messi in dubbio gli esperti di SBGZ della Stella le cui traduzioni ho utilizzato nella mia tesi in comparazione a quelle (poco chiare a mio avviso) del prof. Tollini (non me ne voglia…).
Aprile 13th, 2011 at 5:10 pm
No, non penso che il buon Tollini te ne voglia. In effetti (già che ci siamo gli do un colpetto anch’io 8) …) anni fa gli dissi che secondo me essendo il bravo filologo che è dovrebbe dedicarsi a “spiegare gli ideogrammi”. Per esempio la storia e la composizione di ideogrammi quali 佛 (buddha) o 禅 (zen/chan) ci fanno capire moltissimo su come quelle parole siano (state?) intese in cinese e perciò, in qualche misura, anche in che senso vengano utilizzate. Per il linguaggio di Dogen questo lavoro è ancora in buona parte da fare e se non lo fanno gli specialisti chi…? Poi, la traduzione, si sa, come dice Taiten, davanti al muro.
Aprile 16th, 2011 at 11:00 am
Diamanti di carta » La Stella del Mattino…
Dopo lunga gestazione è nato. Grazie alla Fondazione ARBOR in qualità di levatrice ed alle attente cure della Marietti, è giunta in libreria la traduzione commentata del Sutra del diamante. Oltre ad essere la prima traduzione italiana realizzata dirett…
Aprile 16th, 2011 at 1:07 pm
robe “dia matti”! esulto!
Aprile 16th, 2011 at 1:25 pm
mi sono scapicollato a segnalarlo su:
http://he-art-dhr.blogspot.com/2011/04/meanwhile-other-religions-dont-sleep.html
per quello che può valere, ehmmm
Aprile 16th, 2011 at 2:05 pm
Vale vale, si sa: così, poi, vola.
Chi non vola non vale… 😉
Grazie
Ciao
Aprile 21st, 2011 at 11:38 am
Comunicazioni:
-Errata corrige, a p. 91, penult. riga del commento: “momenti” al posto di “commenti”.
-Per gli amanti del genere, all’inizio del libro c’è una citazione nascosta dell’Alighieri. Per chi la trova: il Primo Premio!
Aprile 24th, 2011 at 9:03 am
“E un dio che è morto
nei campi di sterminio
coi miti della razza
con gli odi di partito..
E poi risorge
In ciò che noi crediamo
In ciò che noi vogliamo..”(I Nomadi)
Buona pasqua a tutti gli amici della stella
http://www.youtube.com/watch?v=KPKR66mncKQ
Aprile 24th, 2011 at 10:54 am
Grazie Dario per averci pensato. Avrei dovuto farlo io ma… Natale con i tuoi e poi la Pasqua…
Buona Pasqua a te e a todo lo mundo!
Maggio 4th, 2011 at 11:21 pm
Trovo veramente pesante leggere lunghi testi a video, quindi… spilucco e corro al finale. Però, più spilucco i testi di Doc, più sento il desiderio di assistere a una sua conferenza “ex auditu”. Chissà, forse sarò “exauditu” 😉
Maggio 13th, 2011 at 4:03 am
Vorrei segnalare questo testo appena uscito e molto interessante, l’ho appena finito e devo dire che è una bella testimonianza di pratica autentica, arguta, senza alcun paraocchi.
L’unico punto sul quale non posso essere d’accordo, è il voler assimilare l’islam a tradizioni come quella cattolica-cristiana, hinduista, buddhista. Senza giri di parole, ritengo il culto mussulmano totalmente negativo, quindi demoniaco e assolutamente non sdoganabile quale culto con il quale dialogare.
Certo, dialogare con costoro é impossibile così come non “dialogare”…tuttavia, rispetto alla portata del libro é un aspetto marginale che io ingrandisco perchè credo che ovunque il pericolo islamico sia sottovalutato, mentre si continua a chiamare l’islam “religione”!!!! Per me è inaccettabile.
Considerazioni assolutamente personali.
Veniamo al testo:
PAUL KNITTER,
SENZA BUDDHA NON POTREI ESSERE CRISTIANO
CAMPO DEI FIORI FAZI EDITORE
APRILE 2011, PP.288, € 19,00.
C’è una pre-prefazione di p. Luciano Mazzocchi.
Dalla prima di copertina:
“Il mio dialogo con il buddhismo mi ha reso un cristiano buddhista? O un buddhista cristiano? Sono un cristiano che ha capito più profondamente la propria identità con l’aiuto del buddhismo? O sono diventato buddhista che conserva ancora vestigia cristiane?”
Il racconto di un’odissea religiosa,
una profonda riflessione teologica,
una testimonianza molto personale.
Il sacerdozio cattolico,
l’adesione al buddhismo,
il ritorno al cristianesimo.
Un modo completamente nuovo
di guardare al peccato, a Dio,
al mistero del male, all’aldilà
e soprattutto a se stesso.
Uno stile limpido e coinvolgente,
una lettura per arricchire la propria spiritualità attraverso un dialogo con le fedi altrui.
Un’opera pionieristica
che riflette l’avventura spirituale
che il nostro tempo ha appena iniziato.
C’è tanto, tanto, tanto di più, veramente un gran bel libro.
Maggio 13th, 2011 at 4:09 am
Purtroppo, non ho ancora ricevuto il “Sutra del Diamante”!
Maggio 13th, 2011 at 9:55 am
Ciao Nello, grazie per la segnalazione. Il libro di Knitter lo conosco, conto di scriverne a breve. Anticipo che lo trovo… un piccolo passo verboso verso il dialogo. La pre-prefazione invece, come ho già ribadito a Luciano, è assolutamente insufficiente.
Per ciò che riguarda l’Islam penso tu sia molto ingiusto. Se giudicassimo il cristianesimo dai preti pedofili o il buddismo dal suo appoggio al nazionalismo giapponese… Una religione è anche la sua attualità ma di attualità ce n’è più d’una.
Per la mancata ricezione del Diamante segnalo in alto loco.
Maggio 13th, 2011 at 3:54 pm
Una piccola nota tecnica.
I pacchi postali viaggiano con velocità variabile, direi dai 2-3 ai 15-20 giorni.
Non chiedetemi da cosa dipende…
Per quanto riguarda il ‘Diamante’ abbiamo utilizzato la posta ordinaria non raccomandata, quindi un filo di rischio c’è.
Se qualcuno non dovesse ricevere nulla dopo un congruo tempo di attesa dalla data di spedizione (facciamo 20 giorni?!), per favore me lo segnali che in qualche modo si porrà rimedio alla incresciosa situazione.
Maggio 13th, 2011 at 11:16 pm
>totalmente negativo, quindi demoniaco
… “demoniaco, demoniaco” è insegnato dal Così Andato come “non demoniaco”. [Solo] perciò è detto “demoniaco”.
Maggio 14th, 2011 at 10:28 pm
Caro dhr, quando citi, cita anche le fonti.
La mia considerazione sull’islam non cambia.
È buio come l’inferno e non é ammessa ermeneutica…e quelli che hanno la verità, quelli che hanno la parola di Dio…non li reggo proprio.
L’islam, dalla sua origine é conflitto ovunque si sia insediato e quella è la sua “teologia”.
Kashmir, Mindanao, Indonesia, Sudan, Nigeria, Iran, Iraq, Egitto, Palestina, Libia, Somalia, Tunisia, Algeria, Ceylon, Bangla Desh, New York, Madrid, Londra, Milano, Kossovo, Croazia, Slovenia, Cina, Cecenia, eccetera, eccetera, eccetera…
Il nazismo di costoro, non trova confronto con nessuna altra tradizione religiosa.
L’unico “dialogo” accettabile con costoro è il silenzio assoluto, solo silenzio e niente altro.
Tutto l?eventuale “altro” sarebbe completamente inutile.
Una volta un sacerdote lefevriano mi ha detto: “La Madonna non dialoga con il demonio ma gli schiaccia la testa”.
Ti ga capìo vecio?
Maggio 14th, 2011 at 10:37 pm
E poi ancora,
Afghanistan, Francia, Danimarca, Olanda, Svezia, Norvegia, Yemen, Syria, Turchia, Armenia, Pakistan, Emirati, Giordania…
eccetera, eccetera, eccetera….
sono ovunque e “in sonno”.
Maggio 14th, 2011 at 11:13 pm
caro Nello, la “fonte” è… quella che stai attendendo.
temo però che servirà a pochino…
Maggio 15th, 2011 at 11:13 am
Caro Nello, come già ti scrissi, le religioni non vanno giudicate dall’attualità, o almeno non solo da quella. Il cristianesimo per sette secoli (settecento anni!) è stato la religione in cui regnava la Santa (sic!) Inquisizione. Non solo qui e là, ma in ogni dove il cristianesimo era presente con le sue gerarchie. Le migliaia di preti pedofili coperti e protetti dal vaticano fanno un altro bel quadretto. Il tuo metro di giudizio è fallato. Non si può valutare una religione con gli stessi metodi della politica. Leggi (o rileggi) il Corano a mente sgombra. Se non hai serenità di giudizio non puoi valutare. Se guardi a At 5,1-11 con mente torbida concluderai che anche il Dio di Gesù è maledetto assassino, per cui i suoi seguaci…
Maggio 16th, 2011 at 12:06 pm
Caro Nello, non sono uno specialista dell’islam né un esegeta del Corano, ho conosciuto vari fedeli dell’islam, sia italiani che di “paesi islamici” e non ho incontrato maggior intolleranza che nelle mie frequentazioni con testimoni di altre religioni, fossero essi cristiani, ebrei o buddisti. Non è senz’altro vero che l’islam non conosce ermeneutica, che è invece fiorente sia nel ramo sunnita che in quello sciita (basta pensare ai sufi), il Corano è un libro pieno anche di misericordia e non più “efferato” del cosiddetto Antico Testamento dove, per fare solo un esempio, Elia sgozza di sua mano 450 “falsi profeti” (1Re 18,20-40) e per buonuscita, proprio prima di essere assunto in cielo sul carro di fuoco, fa incenerire cento disgraziati solo per dimostrare di essere “uomo di Dio” (2Re 1,9-14). Nel cosiddetto Nuovo Testamento, senza arrivare alle perle di sadismo gratuito che mym cita, il discorso sul giudizio finale di Gesù (Mt 25,31-46) non pare ispirato dallo spirito del perdono, di cui i cristiani spesso sembrano voler rivendicare il copyright. Per secoli i paesi di religione islamica sono stati i più tolleranti e ospitali, come ben sanno gli ebrei sefarditi scampati alle persecuzioni cristiane degli spagnoli. Demonizzando si fa il gioco del demonio, e come pratica buddista mi pare esuli dalle paramita.
Maggio 17th, 2011 at 8:53 pm
Ciao Nello, come sempre smuovi un pò le acque…hai tirato una bella pietra però. Secondo me gli estremisti ed integralisti vari si assomigliano tutti tra loro, indipendentemente dalla bandiera sotto la quale militano. Il vescovo Lefevriano probabilmente sarebbe stato un integralista islamico se fosse nato altrove e viceversa.
Mi pare indubbio poi che la storia dell’Occidente si sia caratterizzata per una strategia di colonizzazione culturale e spesso di genocidio in misura maggiore rispetto all’Islam, basti pensare al totale annientamento delle popolazione amerindie. Esso, così come la schiavitù, veniva giustificato teologicamente, citando la Bibbia, con la considerazione che le popolazioni dell’emisfero sud non potevano avere l’anima.
Chiudo con una frase paradigmatica del capo militare della crociata contro i Catari, credo Simone de Montfort, su come risolvere il problema di distinguere tra eretici e non tra la popolazione di Carcasson: massacrateli tutti, Dio riconocerà i suoi…
Maggio 17th, 2011 at 11:01 pm
Carissimi,
il fatto che abbia stimato il testo di Knitter, non mi qualifica nè come cristiano né come cattolico. Non provengo da quella tradizione, quindi, le problematiche della medesima mi riguardano relativamente.
Non faccio parte del mondo cristiano (punto).
Quindi, rimando ai mittenti ogni appunto che NON mi riguarda e che possa poggiarsi su una tradizione di cui non faccio parte.
Né voglio entrare in disquisizioni esegetiche o teologiche o testamentarie cristiane in quanto proprio non mi interessa. Come ebbi già modo di dire in post precedenti, non cerco il dialogo con il cristianesimo ma non lo rifiuto, semplicemente, non ne sento la necessità. Punto.
Maggio 17th, 2011 at 11:04 pm
per dhr 9,
io non sto attendendo nulla.
Non mi attribuire quanto non mi spetta.
Il tuo modo di dialogare è leso, fratto, e in definitiva non dice nulla.
Se il nulla era il tuo scopo lo hai raggiunto.
Non é il mio.
Saluti.
Maggio 17th, 2011 at 11:16 pm
per mym 10,
carissimo, a me dei preti corrotti, delle suore loro sorelle non mi riguarda più di tanto… Non manderei MAI mio figlio nei loro istituti.
Okkey…?
Il mio “metro di giudizio” relativamente all’islam, può darsi che sia “fallato” e non ne ho voglia di spendere il mio tempo a parlare troppo dell’islam se non nei termini della negatività più assoluta che è così lampante e facile da dimostrare, su qualsiasi piano la si voglia analizzare, che mi sembra troppo banale stare qui a risponderti.
Ti lascio le tue opinioni e mi tengo le mie.
L’islam si “legge” per quello che è nei fatti, i libri per quanto espliciti non lo definiscono in modo così vero come i fatti. E ognuno è libero di guardare dove vuole e di girare la testa altrove o sognarsi una realtà virtuale. Contento lui…
Maggio 17th, 2011 at 11:21 pm
Capisco. Tieni conto però che molto spesso quelli che credono di avere la verità (anzi la Verità) in tasca, di avere Dio dalla loro ecc, sono gli stessi che danno agli altri dei nazisti, figli del demonio ecc. Se tu dici all’altro che è nella tenebra totale, significa che ti ritieni nella luce più pura, cioè esattamente l’errore che tu attribuisci all’Islam (parliamo di 1 miliardo di persone, tra l’altro). Il dialogo non è un “di più”, è un elemento essenziale di ogni identità religiosa autentica- siamo tutti quanti immersi nella stessa luce crepuscolare; o nella stessa ombra se preferisci.
Ciao
Maggio 17th, 2011 at 11:46 pm
per angelo 16, in diretta,
Jean Piaget ha detto “Il concetto di Dio é inaccessibile ai bambini”. Piaget é stato uno dei fondatori dell’epistemologia genetica che é una scienza. Questo a dire che i parametri di giudizio, relativamente all’islam poggiano su un sentire fondato su tanti fattori che si incrociano e mi permettono di dire quello che ho detto e che riconfermo. Poi, certo, si possono fare le pulci a tutte le tradizioni, ma quella mussulmana è la più pericolosa, quindi va detto fuori dai denti.
Quindi, IO, con le brutture espresse dall’islam, non c’entro carissimo. Che siano un miliardo o più, non cambia nulla, il culto resta demoniaco, poi, certo, Jung diceva che bisogna dialogare anche con quello, mentre la Madonna gli schiaccia la testa, e mai mi fu più cara questa immagine della Vergine.
Maggio 17th, 2011 at 11:58 pm
per jf 11,
non sono per niente convinto che vedere la realtà tale quale essa è, possa essere una pratica demoniaca, tutt’altro.
Io ho citato i conflitti perenni che questo culto demoniaco porta con sè dal suo inizio. Ho semplicemente fatto una cronaca sintetica pensando che fosse di dominio pubblico quella realtà, mi rendo conto dalle reazioni che così non é. Ma non devi attribuire a me una lettura privata del culto islamico, esso é conflitto perenne, quella è la sua “teologia”, ed è chiarissimo. Poi, non c’è peggior cieco di chi non voglia vedere.
I distinguo che produci sono acqua fresca rispetto alla loro storia che confligge violentemente anche al suo interno (i sufi sono tutt’oggi perseguitati).
Le Paramita, così come i precetti, vanno calati nelle “cause e condizioni” e qui ed ora è, e sarà sempre diverso per ognuno. Per fortuna.
Maggio 18th, 2011 at 12:06 am
per angelo 12,
carissimo, io con gli stermini che citi non ho nulla a che spartire, hai sbagliato bersaglio e “capuccetto rosso” mi annoia assai.
Dell’Occidente mi frega ancora meno.
E di Lefevre e seguaci non so che farmene.
La Bibbia non mi interessa.
I Catari non mi interessano.
Simone de Montfort non mi interessa.
Gli Eretici non mi interessano.
La popolazione di Carcassonne non mi interessa.
Gli estremisti non mi interessano.
Gli integralisti non mi interessano.
Dio non mi interessa.
Maggio 18th, 2011 at 2:04 am
Anche tu sveglio a quest’ora Nello, sarem mica colleghi eh? Mah forse sarebbe bello sentire uno dei diretti interessati, uno dei fedeli del Profeta…Salam aleikum
Maggio 18th, 2011 at 9:50 am
per Nello 14,
non vorrei infastidirti, magari non ti interessa ma credo che dhr si riferisse alla fonte della citazione che gli chiedevi, ossia ‘Il Sutra del Diamante’ che è proprio quello che stai attendendo come dicevi in tuo post n°3.
Saluti
Maggio 18th, 2011 at 10:17 am
Nello, per favore, smetti di insultare la religione islamica e, di conseguenza, i suoi seguaci. Se accade di nuovo eliminerò dal sito tutti i tuoi interventi.
Demoniaco è una qualificazione che implica un linguaggio (lo stesso di “la Madonna le schiaccia la testa”) che a sua volta implica violenza, aggressione.
Tra l’altro se non ti sei reso conto (cfr. n°19: “E di Lefevre e seguaci non so che farmene”) che il sacerdote lefevriano (al n°7) lo hai tirato in ballo tu per sostenere le tue tesi da santa inquisizione penso sia necessario tu rifletta di più prima di … tacere.
Maggio 18th, 2011 at 11:38 am
@AHR 21
ohhh menomale che c’è ancora qualcuno che sa “leggere”. thanx.
Maggio 18th, 2011 at 9:19 pm
per mym 22,
la violenza non é mia, io sono solo quello che la cita, esiste di per sè.
Non dipende da me se l’iconografia cristiana raffigura la Madonna con il demonio sotto i piedi, e citarla non implica niente altro che la verità del fatto medesimo.
Ancora, il fatto che io abbia citato il sacerdote lefeveriano, daccapo, non implica NESSUNA mia sottoscrizione o adesione a quella interpretazione del cristianesimo, è solo citare qualcuno che, entro una tradizione, ha opinioni e liturgie diverse da quelle “canoniche” vaticane.
Per questo posso dire: “Dei lefevriani non mi interessa”, che significa che per il fatto che li abbia citati, non sottende che li sottoscriva in toto o in parte.
Personalmente, non ho alcun timore del fanatismo di nessuno.
Esprimere una opinione, suffragata da secoli e secoli di STORIA, non è “offendere”, ma rendere giustizia alla verità, appunto, storica.
Liberissimo di cancellare tutti gli scritti che vuoi, le mie opinioni restano.
Maggio 18th, 2011 at 9:28 pm
per dhr 9,
carissimo, i libri, per me, sono solo un pretesto, quindi, hai detto bene dicendo “temo però che servirà a pochino…”, ma non per la ragione che pensi tu.
Mai fondata la mia vita sui libri. Li lascio tutti ai capoccioni come te.
Maggio 18th, 2011 at 9:37 pm
per AHR 21,
nessun fastidio, tuttavia, se acquisto un libro, è perchè non l’ho letto, o magari ne ho letto solo dei frammenti molto tempo fa e non lo ricordo più… Ergo, se citi un testo che non ho letto, o non ricordo, e presupponi, o dai per scontato che debba conoscerlo e debba ricordarmene i passaggi…è uno strano modo di ragionare e piuttosto autocentrico.
Maggio 18th, 2011 at 10:10 pm
per mym,
se poi, in questo spazio non fosse possibile esprimere liberamente le proprie opinioni, basta dirlo.
E siccome, le censure e le minacce di censura non mi piacciono, ci liberiamo facilmente.
Basta chiudere qui.
Buon proseguimento.
Maggio 19th, 2011 at 7:34 am
Caro Nello, come spero saprai, qui ci sono dei limiti. Accade dappertutto. Non credo che a casa tua l’uso del vaso da notte e del colapasta possa avvenire in modo indifferente senza conseguenze da parte dei conviventi. Ribadisco quello che ho scritto al numero 22.
Maggio 19th, 2011 at 11:32 am
Scusatemi, torno sull’argomento sollevato a modo suo da Nello per porre due domande inerenti alle possibili strumentazioni politiche della religione e sul rapporto con l’Islam. La prima: certamente nei Vangeli e nel Corano vi sono passaggi che possono essere interpretati in senso bellicista e totalitario; nell’ambito della letteratura buddista non me ne viene in mente nessuno. Qualcuno ha qualche esempio del genere? Secondo: esistono che voi sappiate esperienze di immersione nello Zen anche in ambito islamico (penso soprattutto ai Sufi)?
Grazie
Maggio 19th, 2011 at 7:35 pm
Se ..”La demonizzazione genera il demonio”
Ad ognuno la sua verità.. e i suoi demoni
Ad ogni astrazione.. i suoi bersagli
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/19/arrigoni-jewish-chronicle-%E2%80%9Cantisemitacome-hitler-meritava-di-morire%E2%80%9D/112279/
Maggio 19th, 2011 at 9:31 pm
per dario 30,
confesso che quello che scrivi lo trovo inutile. Perchè non citi mai a chi ti rivolgi? Sarai mica un predicatore o un comiziante che parla al popolo?
La stampa è quasi tutta di proprietà del sistema di potere, e il sistema di potere, anche quando critica qualcosa, o denuncia qualcosa, ha per finalità suprema il mantenimento del quadro di potere medesimo.
Penserai mica che i grandi schieramenti politici siano diversi? La politica attuale è una “alternanza” tra uguali, e si può facilmente dimostrare.
Vedi carissimo, dire che qualcosa è demoniaco, non significa “demonizzare”.
Una affermazione, può essere contestata con opportune argomentazioni e nella elaborazione che si produce, si può arrivare a precisare meglio l’affermazione medesima.
Intendere il termine “demoniaco” in chiave “demonizzante”, significa non avere compreso il contesto e il senso dei termini medesimi.
La ricerca della chiarezza, il chiarirsi delle cose, il rischiararsi e il comprendere meglio qualsiasi cosa, non è mai una operazione negativa anche se si tratta del negativo stesso.
Se trovi che il discorso sia troppo difficile, dimmi pure che cerco di semplificarlo ulteriormente, o perlomeno ci provo.
Maggio 19th, 2011 at 9:59 pm
per mym 28,
quello che hai scritto al post 22 è un errore dietro l’altro e non risponde per niente a quanto affermato dal sottoscritto.
1. Io non ho insultato nessuno, se analizzo qualsiasi dottrina con i parametri della civiltà comunemente intesa, posso affermare quello che ho detto perchè è suffragato dai fatti.
2. Relativamente al termine “demoniaco”, la tua lettura del medesimo è fuorviante, sarebbe come dire: non parliamo del tal soggetto perchè è violento. Il negativo esiste carissimo e va conosciuto per non esserne travolti, quindi, contiene una sua pedagogia essenziale. Conoscere solo la mano destra non è sufficiente, bisogna sapere anche della sinistra, per quanto mi riguarda.
3. Se l’iconografia produce immagini quali Idaten con la spada fiammeggiante, Manjusri, San Giorgio o l’Arcangelo Gabriele che trafigge il drago, e quindi anche la Madonna che schiaccia il serpente…bisogna capire bene il significato profondo di questi simboli, metafore, miti.
Qui, non esiste alcuna “violenza” di nessun tipo, quindi sei assolutamente fuori tema e mi attribuisci i TUOI errori di comprensione.
4. Relativamente ai lefevriani ti rimando all’ottimo post di Nello # 24 così ti schiarisci le idee ulteriormente.
5. il tuo post potrebbe avere aspetti accettabili ma sostanzialmente è la prosecuzione della tua errata e limitatissima comprensione di quanto avevo scritto precedentemente, quindi, un parziale errore che va a sostegno di un errore totale, il tuo.
Ciao.
Maggio 20th, 2011 at 12:50 pm
ridendo e scherzando, siamo passati dal buddismo (il vuoto) all’esistenzialismo sartriano (la noia)
Maggio 20th, 2011 at 2:23 pm
A Nello-31
Non rispondo agli apprezzamenti personali.
Comunque:
a) in un sito come questo dove si dialoga e “in cammino” si discute, prendere posizione a favore di un’affermazione, e quindi non essere d’accordo con altre, non significa essere contro qualcuno; non capisco perchè la metti sul personale.
b)ogni affermazione assolutistica è, in quanto tale, astratta, negativa di altre posizioni, e inevitabilmente chiusa, cioè non aperta a correzioni.
Dire, come fai tu (2), che “il culto mussulmano è..” significa affermare un’opinione,forse una posizione teorica, non un fatto indiscutibile; a meno che tu non possa assicurare di aver conosciuto personalmente tutte le comunità mussulmane del mondo.
Nessuno nega l’evidenza di molti fatti preoccupanti, ma, al di là di questi, gli studiosi del fenomeno, scoprono anche un mondo complesso e in movimento, un mondo fatto di realtà a volte molto diverse tra loro, una parte di umanità fatta di persone che guarda in modo differente allo stesso riferimento ideale, ma che soffre spesso i nostri stessi drammi, derivanti dal tempo in cui viviamo.
Come ci insegna la storia della scienza: oltre ciò che vediamo, “non tutti i cigni sono bianchi” .
Maggio 20th, 2011 at 10:05 pm
per dhr 33,
non so se scherzi o fai sul serio, tuttavia, provo a sgombrare da eventuali devianze.
Il buddhismo con il cosidetto “vuoto” non ha nulla a che spartire.(Punto)
Il “vuoto” va maneggiato con cura…
Bisogna stare anche attenti a non passare dalla supponenza alla presunzione.
Maggio 20th, 2011 at 10:47 pm
per dario 34,
la risposta giusta per te sarebbe che bisogna cercare i draghi veri e non quelli disegnati…
Tu continui a misinterpretare, a colorare come ti aggrada…e di per sè, non é male, ma se incontri uno che vuole stare, inteso severinianamente, quindi nel senso dell’espisteme, non te la cavi a buon mercato.
Vale a dire che non ti faccio “deviare”, ma, appunto, stare, essere.
Questo come premessa.
Adesso vengo ai tuoi rilievi.
Nessun “apprezzamento” personale, mi sono rivolto a quanto esprimi, e questa per me è una regola aurea. Se dovessi entrare nell’apprezzamento personale, non sarebbe mai per il personale in sè ma finalizzato allo stare, all’epistéme. Quindi sono oltre il personale, che non significa non includerlo, ovviamente, ma integrarlo, superarlo.
a) precisare il significato della terminologia in uso,quando viene interpretata in modo fazioso, é il minimo che si possa fare. Quindi nulla di “personale”.
b) non sono d’accordo. E continui a confondere, il culto, la dottrina, la teologia, la storia, con le persone e le loro sentimentalità, aspirazioni, eccetera.
La mia affermazione é relativa al culto.
Poi, si possono analizzare le problematiche di chi ci nasce dentro, quindi, la mia posizione è a priori, ed è lì che devi andare se vuoi essere contestuale, è lì che c’è il “drago vero”.
Non credo nel “dialogo” con l’islam e lo ritengo un pericolo assoluto molto più esiziale dello stesso nazismo, quindi, di conseguenza, non sono disposto a nessuna concessione a costoro.
Maggio 20th, 2011 at 11:34 pm
asserì:
>Mai fondata la mia vita sui libri.
e poi asserì:
>se incontri uno che vuole stare, inteso severinianamente, quindi nel senso dell’espisteme
Maggio 20th, 2011 at 11:35 pm
per quanto “espisteme” sia un termine “vuoto”, piuttosto e anzichenò
Maggio 22nd, 2011 at 6:15 pm
Buonasera, sono all estero (e non so dov è l apostrofo su sta tastiera) ma vi vedo, ossevivedo 🙂
Nello sei una peste.
Ciao a tutti
mym
Maggio 22nd, 2011 at 6:59 pm
boss, ci apostrofi senza apostrofo??!!
Maggio 27th, 2011 at 6:43 am
Grazie alla bontà del moderatore, vorrei segnalare questo altro saggio molto interessante per gli interrogativi che pone:
IDA MAGLI
LA DITTATURA EUROPEA
BUR Rizzoli 2010
pp.200 €10,90
di cui a pag.32:
Sentivo antropologi affermare che “l’dentità non esiste”; che le “culture si integrano”. Sentivo psicologi negare qualsiasi forma di “personalità di base”, e bollare come “razzismo” anche il più casuale richiamo di qualche ignaro commentatore dell’attualità a un eventuale carattere dei popoli.
L’Europa, infatti, alla pari con l’America, aveva per prima cosa varato le leggi contro il razzismo, contro la xenofobia, contro l’antisemitismo; insomma contro qualsiasi affermazione avesse a che fare con il minimo sentore di “differenza”. Sentivo, infine, famosi storici della religione, analogamente ai teologi di moda per non parlare dei vescovi, dei cardinali, dei papi negare quello che avevano affermato per duemila anni a proposito della “novità” del Cristianesimo, quella che infatti si era sempre chiamata la “buona novella”. Adfesso “spiazzavano” con disinvoltura i loro poveri fedeli riferendosi continuamente all’Antico Testamento, al “nostro comune padre Abramo”, al grande legislatore Mosè, Gesù era un ebreo: punto e basta.
Il nostro comune padre Abramo? Ma quando mai i cattolici si erano rivolti al padre Abramo? C’era da scommetterci che non sapessero neanche chi fosse. Eppure adesso la Chiesa, la più alta gerarchia soprattutto, ne parlava come se si fosse trattato di cosa ovvia, naturale da sempre. Perchè? Cosa avevano da guadagnarci i cattolici, già tanto allergici ai racconti biblici così lontani dallo spirito dell’Occidente, da questa improvvisa pretesa di essere accomunati ai credenti dell’Antico Testamento?
L’antropola Ida Magli è studiosa molto accorta e il testo che ha prodotto è geniale.
Maggio 27th, 2011 at 1:32 pm
Ciao Nello, grazie per la tua scheda. Mi pare interessante, però non ci puoi lasciare così: come risponde la Ida alla sua ultima domanda “Cosa avevano da guadagnarci i cattolici, già tanto allergici ai racconti biblici così lontani dallo spirito dell’Occidente, da questa improvvisa pretesa di essere accomunati ai credenti dell’Antico Testamento?”?
Maggio 30th, 2011 at 10:56 am
…ma …ma voi, signori, sebbene mi facciate anche fare il fegato grosso, siete uomini straordinari!
grazie
hasta la vuelta
AHR
Maggio 30th, 2011 at 11:05 am
Cattivi cattivi questi signori che ci fanno venire il fegatone a AHR. Ci faccio tottò sul culetto, ci faccio.
Comunque.
Meglio le signore.
Ciao
y
Maggio 30th, 2011 at 4:44 pm
ogni Mike è un Buon Giorno.
allegriaaaaaaaaa!
Maggio 31st, 2011 at 4:13 pm
Buongiorno tristezzaaaa
amica della mia malinconiaaaaaa,
la strada la saiiiii…
Giugno 1st, 2011 at 1:19 am
Ciao mym,
da buona antropologa, la Magli non preconfeziona risposte, mette insieme tutta una serie di dati che permettono al lettore di operare sue valutazioni. Lei enuncia le scelte del Concilio Vaticano II° e quelle del suo maggiore sostenitore, vale a dire il pessimo Woytila.
Per mia opinione, Woytila ha speso montagne di denaro per sostenere il movimento di Solidarnosh svuotando le casse vaticane e non solo…Ora, coloro che detengono il potere bancario, o sono massoni, o sono ebrei (soggetti molto, molto vicini “teologicamente”), ergo, Woytila ha intrecciato rapporti con costoro (Calvi, Gelli, Marcinkus docet), da qui una deriva molto, molto pericolosa che ha indirizzato quel potere ecclesiastico verso lidi abramitici senza ritorno, vale a dire apocalittici (in quella direzione spinge violentemente la chiesa attuale, a mio modesto avviso).
Se vuoi leggere un bel testo su quel tempo ti consiglio, ma penso tu lo abbia già letto, l’ottimo saggio/inchiesta di:
DAVID YALLOP
IN NOME DI DIO
TULLIO PIRONTI EDITORE
un testo veramente notevole e molto coraggioso.
Certo, Woytila è entrato al soglio con il cadavere di Luciani ancora caldo…e, secondo me, sapeva benissimo come era finito.
Woytila, ha creato enormi problemi a tutti gli italiani, bisognerebbe parlarne a lungo…Lui voleva liberare la Polonia a tutti i costi…e…siamo finiti verso la realizzazione biblica per eccellenza che è l’Apocalisse, perseguita con pervicace energia dal Vaticano e dai banchieri e contro cui ha sempre combattuto il Cristo.
Scusa la frammentarietà ma penso che puoi mettere insieme il tutto.
Giugno 6th, 2011 at 11:05 pm
a incontri tipo-Camaldoli, ma ad Ariccia (Roma)… ci è passato anche “qualcun altro” qui… anni aaaaaaanni fa conobbi una ragazza che nel frattempo ha sposato un musulmano (tunisino e di madre berbera, beh certo non è la stessa cosa che talebano afgano). peccato che dopo essersi ritrovati elettronicamente, abbracci baci quante cose quante novità, non si sia più fatta sentire, perché tante cose avrei avuto la curiosità di sapere su “quel” mondo.
Giugno 9th, 2011 at 5:38 pm
salve,
sono Pade Natale Brescianini,
priore dell’eremo di Monte Giove (Fano)
avrei bisogno di mettermi in contatto con voi per proporre un vostro intervento ad un dibattito intereligioso, che si terrà a Fano il 18 settembre 2011.
i miei contatti:
0721864090
natale@eremomontegiove.it
grazie per l’attenzione
Giugno 12th, 2011 at 1:55 am
Sulle considerazioni e valutazioni di mym, penso vada aggiunto che il prof. Knitter si é formato in prestigiose università, che é stato prete cattolico per qualche decennio, che si é sposato con una signora devota della linea buddhista tibetana dello Dzogchen, e siamo in ambito esoterico. Vale a dire che le considerazioni sul sunya e reincarnazione, vanno calate in quell’ambito dove la reincarnazione ha un preciso e codificato status, poi ognuno é libero di interessarsene o meno, tuttavia, per il buddhismo tibetano la reincarnazione é un fatto.
E anche sul sunya, l’elaborazione teoretica tibetana, é diversa da quella giapponese, le Tradizioni buddhiste tibetane hanno un approccio più “graduale” alla vacuità, esistono quindi passaggi intermedi. Knitter segue questa Scuola, così come sua moglie che mi sembra la vera artefice del suo interesse al buddhismo…
Sul commento dell’amico cristiano, sarebbe bello rispondergli con il famoso detto di Bodhidharma sui testi…”Una pratica che non si fonda su parole o scritti…Che non si inchina all’autorità dei testi, che mira al cuore e alla mente dell’uomo…”. E ancora sui testi, Nagarjuna, che insegnava a Nalanda, giunse a bruciarli tutti.
Io penso che la bibbia sia un testo pericoloso, molto pericoloso e non mi piace.
Knitter, secondo me ha sbagliato a prendere i voti buddhisti, perchè di fatto, non possono esserci due appartenenze, ma le mogli hanno una bella forza, soprattutto in chi le ha incontrate già avanti negli anni. Tuttavia, la sua testimonianza di cattolico, ha il pregio della sincerità e umiltà, due virtù non così scontate in quelle latitudini (non a caso c’è il detto “è falso come un prete…”). E’ in questi aspetti umani, secondo me, che bisogna cercare l’essere, non nei testi e nella loro esegesi.
Knitter é un ex prete cattolico formatosi in prestigiose università con docenti altrettanto prestigiosi, si é sposato con una signora buddhista della linea tibetana Dzogchen (esoterica).
Ma avete mai incontrato dei monaci del monte Koya? Io sì. E’ un altro mondo…
Giugno 12th, 2011 at 10:29 am
Ciao Nello, grazie per la consueta prontezza nell’apparire, nei commenti. “Bisogna cercare l’essere” dici, non sono mai stato sul monte Koya (i maghi, specie se professionali mi spaventano un po’…) però di quel bisogno nel buddismo se na parla pochino, mi pare.
Giugno 12th, 2011 at 9:15 pm
caro mym, come mai caratterizzi quel fine settimana, invece che indicarne semplicemente la data, come “quello successivo ai referendum”? Io ci vedo un intervento dell’inconscio leggibile abbastanza facilmente… Ciao.
Giugno 13th, 2011 at 1:23 am
Caro mym, il mio intervento avrebbe voluto tentare di precisare meglio i soggetti in oggetto, sempre molto velleitario…
Ho capito il senso e il taglio che hai inteso dare al tuo thread.
L’aspetto della rinascita esiste anche nel buddhismo amidista, é un tema ricorrente che si può elaborare in più modalità e comunque necessita di seri approfondimenti (Libro Tibetano dei Morti, docet).
Sul monte Koya non ci sono mai stato nemmeno io, tuttavia li ho conosciuti in più occasioni e non si possono “liquidare” come “maghi” nel senso nostrano del termine, sono tantrici, lavorano con l’energia che muove il mondo e la conoscono molto, molto bene.
Non dovrei essere io a dirtelo, ma fino a Dogen quasi tutto il buddhismo giapponese era esoterico, è Dogen che attua una rivoluzione assoluta e per questo deve lasciare Kyoto per il Fukui ed Eiheiji.
Io mi sforzo di essere un pronipote di Dogen, non mi interessa l’esoterismo, non mi interessa l’amidismo, non mi interessa il dialogo interreligioso, solo questo attimo mi prende totalmente.
Giugno 13th, 2011 at 9:04 am
Grazie Nello, l’appellativo (bonario…) di “maghi” è legato al tempo di nascita dello Zhēnyán (poi Shingon in Giappone), precedente all’evoluzione mahayanica (detta genericamente Vajrayana) del buddismo tantrico per cui l’aspetto della modificazione della realtà sottile tramite le tecniche tantriche è caratteristica accentuata.
Giugno 13th, 2011 at 9:05 am
Dell’inconscio? 😛
Giugno 15th, 2011 at 11:58 am
più lo rileggo, più mi affascina.
un super plauso al Sutra… e a chi ce l’ha tradotto.
Giugno 15th, 2011 at 5:55 pm
Grazie. Piace molto anche a me. È a tasso zero d’inquinamento (spiritualmentale). Basta provare a dire che cosa s’impara leggendolo.
Giugno 15th, 2011 at 6:08 pm
Yushin, come va? Leggo quanto scrivi su La stella del mattino circa il libro di Knitter e anche la prima parte del libro da te curato sul Sutra del Loto. Ciò che non colgo nel tuo discorrere è l’incidenza della realtà, della attualità. Come se Buddhismo o Cristianesimo avessero un’altra radice fuori dall’attualità, come fossero fuori da ciò che ora è. Non concedi l’accesso alle interrogazioni che l’attualità pone (impone), in quanto ciò comprometterebbe gli schemi ben definiti del tuo ragionare, il quale starebbe in piedi se le tue definizioni di Buddhismo e di Cristianesimo fossero ciò che realmente essi sono nella vita delle persone. Ma le definizioni non sono; invece l’esperienza reale è. Questa esperienza è più reale, più vera del Buddhismo e del Cristianesimo, intesi come serie di frasi e aneddoti. Deve il Buddhismo o il Cristianesimo rendere conto all’uomo? Oppure l’uomo al Buddhismo o al Cristinaesimo.? Ciao e auguri. Luciano
Giugno 15th, 2011 at 6:30 pm
>Basta provare a dire che cosa s’impara leggendolo.
“E come lo spiegherà? Non spiegandolo.”
Giugno 15th, 2011 at 6:33 pm
>alle interrogazioni che l’attualità pone (impone)
già, ma bisogna prendere il serpente dalla parte giusta, altrimenti si sprofonda in un mare di samsara. e il Sutra [del Diamante] questo insegna. non insegnandolo.
Giugno 15th, 2011 at 7:02 pm
Ciao Luciano, grazie per il tuo commento. Mi pare che se esistessero delle entità che rendono conto all’uomo o a cui l’uomo possa rendere conto (secondo le alternative da te poste) non potrebbero che avere una radice fuori dall’attualità, avulsa da ogni vita: cristallizzazioni solidificate di qualche fantasia (divina? Umana?). Partendo da questo presupposto quello che scrivi è praticamente incomprensibile. Come pure mi pare incomprensibile che cosa c’entri il tuo commento con quello che scrivo a proposito del libro di Knitter. Per non dir nulla del tuo chiamare in causa un fantomatico libro sul Sutra del Loto da me curato: forse intendevi il Sutra del Diamante ma, tra persone che scrivono (pubblicano, studiano), confondere l’uno con l’altro anche a livello di refuso, di lapsus è… perdonabile solo abbassando di molto il livello del discorso. Forse per far capire meglio che cosa vorresti comunicare potresti fare degli esempi, invece che fare delle generalizzazioni. Se tu facessi un esempio di “un discorrere in cui si coglie l’incidenza della realtà, della attualità” come scrivi o se tu, per esempio scrivessi: “mi pare che laddove tu scrivi patapìn e patapàn non cogli l’incidenza della realtà, della attualità, che se ben osservata, capita, ascoltata dovrebbe portarti a dire/riconoscere che patpàn e patapìn…”. Oppure: “se scrivi così e cosà è evidente che per te Buddismo e Cristianesimo sono degli schemi avulsi dalla realtà delle persone”. Allora sì che ti si ascolterebbe volentieri, apprezzando la tua fatica. Un poco come ho fatto io, scrivendoti 10 pagine per spiegarti perché, secondo me, la tua pre-prefazione è inadeguata al testo di Knitter. Il cristianesimo è anche la vita dei peccatori ma questo non esclude i santi. Tra i sedicenti buddisti ci sono anche quelli che pensano che l’unico motivo della sofferenza è l’ignoranza per cui si comportano in modo sprezzante di fronte al dolore altrui. Ma se si vuole rappresentare il senso, la sostanza salvifica del cristianesimo non penso vadano portati come esempio i patiti del bunga bunga. E i buddisti aridamente ideologici non sono né edificanti né esempi da imitare. Certa attualità (assieme alla mafia, alla corruzione, ai preti pedofili, ai buddisti nazisti) nel costruire cultura religiosa non la usiamo come riferimento. Anche se c’è e numerosa al punto da sembrare tutto, grazie al cielo non è tutto.
Giugno 16th, 2011 at 7:47 pm
Un caro saluto a tutti.
Con pacata convinzione cito dalla lettera di Fratel Matteo Nicolini-Zani qualche parola:
“il cristianesimo ha tante risorse “nascoste” che, qualora recuperate, nutrirebbero la vita spirituale cristiana con cibo assai solido e nutriente. Che il detour attraverso il buddhismo aiuti il cristianesimo a recuperare il suo vero nucleo … è una conferma del valore del dialogo interreligioso. Dico questo senza negare che l’apporto del buddhismo in alcuni ambiti spinga invece il cristianesimo … a superarsi in qualche modo (penso alla meditazione, ad esempio…). … perché il cristianesimo è ontologicamente relazionale. Cioè credo davvero, come dice Knitter con una bella immagine, che “senza le dita dei buddhisti vi sono parti della luna che i cristiani non vedrebbero mai, e lo stesso è vero delle dita dei cristiani per i buddhisti”.
Mi sembrano affermazioni gravide di implicazioni (“detour” – son sincero – non piace, per non parlare della meditazione citata “ad esempio”, ma queste sono solo mie emozioni).
Certo, quanto pesa il “fardello del concetto”; a noi non basta mai cercare di “mettere in ordine le parole”.
Alle considerazioni di F.Matteo mi viene da dire a mym e a p.Luciano: è possibile trarne le conseguenze a livello istituzionale per chi delle istituzioni religiose – che variamente impongono vincolo di coscienza – fa parte?
Più in breve, la mia frequentazione con l’estremo sole dell’Oriente, da sempre anche estremo Occidente, rende dirimenti le parole di Padre H.E.Lassalle (gesuita come Francesco Saverio), che riferisce un evento reale e personale, e perciò non esclusivo e privato: “La verità è che se un cristiano … pratica intensamente lo Zazen, dopo qualche tempo vede letteralmente accendersi all’improvviso le verità cristiane e le parole delle scritture”.
Più vicino ai nostri “cuori divisi” H.Le Saux/Swami Abhishiktananda: “le mediazioni devono essere pura trasparenza del mistero… La presenza di Dio a noi e la nostra a lui, più esattamente il nostro risveglio al fatto che Esso è qui, è assolutamente indipendente dall’attività dei nostri sensi e del nostro spirito”.
Doghen Sensei infatti testimonia “l’abbandonare corpo e spirito di se stesso e corpo e spirito altrui”, giacchè “il presente che si fa presente è indefinibile”.
Proprio vero, “lo Spirito soffia dove vuole” e sarebbe giunto da un pezzo il momento di adorarlo così.
Quando saremo capaci davvero di camminare sulla Via con i nostri fratelli stando puramente e semplicemente ai piedi del Maestro?
A disposizione per le citazioni, grazie come sempre per l’ospitalità,
Giorgio
Giugno 16th, 2011 at 7:58 pm
Ciao Giorgio, bentornato. 日本語は もう ペラペラ ですか?
Scrivo perché ho visto che mi nomini (mym: correttamente minuscolo): le istituzioni, per quel poco che ho a che fare con le medesime, hanno come compito statutario di perpetuare sé stesse. Sino a che qualcuno non stacca la spina. Prender atto delle implicazioni di ciò che dicono fratel Matteo e Lassalle dovrebbe essere compito degli utenti: chi tenta di essere cristiano o buddista.
Giugno 17th, 2011 at 12:23 am
Baron Litron sa j’à bin dit – Sia ringrassià vòstra coron-a. Mi peuss mai pi ruvé a tant: ò bon barbet, ò bon cristian.
(per chi non conosce il canto polare o non capisce il piemontese e volesse saperne di più
http://www.valdesi.org/Testi/Baronlitron_canto.html
http://www.valdesi.org/Testi/Baronlitron.html)
Giugno 17th, 2011 at 11:20 am
Ciao Giorgio, quello che scriveva padre Lassalle è un’esperienza di molti ed è anche la mia, tuttavia penso che evidenzi soltanto un’aspetto di un interazione che è in effetti bidirezionale, reciproca. Voglio dire che secondo me la comprensione del messaggio evangelico (che non implica in alcun modo un’adesione confessionale, men che meno istituzionale) può disvelare la pienezza, la ricchezza e la fecondità di quello Buddhista. Questo secondo aspetto è più difficile da cogliere per noi occidentale, ma penso sia altrettanto importante. Perchè Buddha al servizio di Gesù e non Gesù al servizio di Buddha? Poi, quanto alle istituzioni ecc. la questione mi sembra davvero secondaria. Un saluto
Giugno 17th, 2011 at 2:47 pm
Cattivo buddista vs. cattivo buddista = no dialogo
Cattivo cristiano vs. cattivo cristiano = no dialogo
Buon cristiano vs. buon buddista = nessuna necessità di ricerca di dialogo. Si va tranquillamente a bersi una birra e si parla di qualunque cosa senza problemi. Siamo in un paese libero, grazie al vasto cielo (‘Cielo’ è abbastanza bipartisan?!)
Cristianesimo e buddismo affermano di essere Vie di Verità (veicoli di salvezza, di liberazione), complete in se stesse e senza resti. Nell’ammettere un bisogno di innesti (o delle dita dell’altro), si mette implicitamente in discussione questo fatto, sostanzialmente lo si nega.
Se devo andare da Torino a Milano, posso prendere il treno o l’auto. Non posso prendere entrambi contemporaneamente. Né conviene usare parti del treno per migliorare le prestazioni dell’auto, e viceversa. Il risultato di questo tipo di operazioni rischia di produrre una sorta di New Age di casa nostra.
Resta da vedere cosa significa essere ‘buon cristiano’ e ‘buon buddista’.
Anch’io come Angelo vorrei che il cristianesimo fosse ‘il vangelo’: ma così non è.
Il ‘dimenticare mente e corpo’ di Doghen implica anche rinunciare ad ogni senso di appartenenza: altro che doppia appartenenza! E credo che molti abbiano misurato sulla propria pelle quanto costa liberarsi della ‘appartenenza’ cristiana. Può darsi che in oriente ci sia anche un lato B della faccenda; ma noi siamo qui, dove ‘cambiar religione’ è spesso ancora oggi un dramma.
Giugno 17th, 2011 at 4:00 pm
Ciao Paolo; riprendiamo qui il discorso? Penso valga la pena estendere il dialogo il più possibile, a tutti gli interessati. Sul lasciar cadere le identità io sono d’accordo con te; “buon cristiano” o “buon buddhista” non significa gran che.
Esistono più vie di Verità oppure è una sola che si esprime in modi diversi? Non potrebbe tornare d’attualità il richiamo del Sutra del Loto all’Ekayana, al fatto che in realtà esiste solo un unico sentiero? Nel Sutra evidentemente le alternative possibili erano tutte all’interno di una visione buddista, ma non credo che estendere quel punto di vista al dialogo attuale sia una forzatura eccessiva. Il risceglio non è una faccenda soltanto “buddhista”.
C’è un punto nel Diamante in cui Subuti coglie la profondità del Dharma con una tale forza che ne è scosso fino alle lacrime. Secondo me è lì, nel momento in cui si percepisce questa pienezza “positiva” il punto di avvicinamento maggiore all’esperienza cristiana, il punto di convergenza.
Sul rischio di far ministroni New Age sono d’accordo con te, è un rischio reale, am secondo me l’antidoto non è tanto l’ortodossia quanto la razionalità, la capacità critica.
Giugno 17th, 2011 at 4:18 pm
Quel piagnone di Subhuti. Lo sapevo che ai cristiani sarebbe piaciuto: tanto sentimento tanta audience… La doppia appartenenza è come la ruota di scorta. Una ruota è quella buona, l’altra è … l’altra. Bisogna scegliere. Ed io, modestamente, lo scelsi: con la Franza o con la Spagna…
PS: viva la Ca’ Granda!
PPS: Gesù al servizio del Buddha? Mah, non so, non vorrei fosse un po’ giovane. Però i giapponesi (alcuni) dicono che fa. Ognuno ha i suoi problemi.
Giugno 17th, 2011 at 4:37 pm
La Ca Granda? Cioè l’spedale di Niguarda di Milano!?!? Ora si che mi so perso…
Giugno 17th, 2011 at 4:41 pm
Con pardòn: “La Ca’ Granda” è una citazione in codice. Un’antica canzone piemontese, in sintonia con il ciclo del Baron Litron (o Barùn Litrùn).
Giugno 17th, 2011 at 4:54 pm
Ciao Angelo.
‘Esistono più vie di Verità oppure è una sola che si esprime in modi diversi?’
E’ una domanda che non mi intriga: se è una via di verità…beh, abbiamo già risposto. Sennò qualcosa non funziona, o nella via o in chi la percorre.
Un buon chirurgo è uno che si dedica allo studio ed alla professione con fiducia, entusiasmo, sincerità, onestà, approfondimento, energia, senza paraocchi o dogmi scientifici inconfutabili ecc ecc Come un buon panettiere o altro. E’ chiaro che sono parole (però … preferisco un buon chirurgo, se proprio mi tocca).
Andrebbe meglio dicendo che un buon praticante è colui che vive o si sforza di vivere ‘autenticamente’? Si porrebbe il problema del termine ‘autentico’, che comunque implica, a mio avviso, che non c’è inganno o illusione.
Chi è vincolato ad una appartenenza, possiamo chiamarlo una persona autentica?
Giugno 17th, 2011 at 5:17 pm
mi pare che il “vero” ecumenismo sia indicato dal Sutra del Diamante al n. 6
Giugno 17th, 2011 at 5:24 pm
Ciao dhr non ho sotto mano il testo per cui sul n° 6 non ti so dire…
Doc, la domanda che fai è una specie di Koan: “persona” è un termine che in origine denotava la maschera del teatro…nel teatro tutto è finzione, eppure proprio per questo tutto è autentico
Giugno 17th, 2011 at 5:42 pm
vabbè, non siamo mica qui a fare la punta al becco dei canarini…o nel film di Bergman.
…persona, persona…come non-persona è stata insegnata
Giugno 17th, 2011 at 5:51 pm
Ciao dhr, mi fai capire come/dove vedi l’ecumenismo al §6?
Giugno 17th, 2011 at 6:35 pm
….per questo son dette persone. Mah forse se l'”appartenenza” è un vincolo, una costrizione, no non è compatibile con l’autenticità, mentre è “autentica” quando non è vincolante, ma liberante.
Per Mym 14: non sono i più giovani a dover servire i più anziani? Chi credi che vi pacherà le pensioni a voi matusa 🙂
Giugno 17th, 2011 at 6:47 pm
“… quando il buon insegnamento sarà ormai crollato, vi saranno SEMPRE dei bodhisattva, grandi esseri, dotati di buone qualità… avranno profondamente immerso buone radici presso INNUMEREVOLI CENTINAIA DI MIGLIAIA di Buddha… E perché? Perché, o Subhuti, in questi bodhisattva, grandi esseri, non nasce la concezione di io, la concezione di essere, la concezione di vivente, la concezione di persona…”
L’unica cosa importante è che non-nascano queste cose. Per il resto, non conta nulla quale “tessera” si ha, a quale “club” si è iscritti.
Giugno 17th, 2011 at 6:53 pm
Capperi (23).
Angelo (22), servire non è cosa semplice.
Giugno 17th, 2011 at 8:57 pm
Ben detto, o dhr, ben detto.
(Per inciso, hai rinnovato la tessera?!)
Abbiamo trovato le persone autentiche!
Giugno 17th, 2011 at 9:02 pm
E quando – o Angelo (22) – una appartenenza è liberante?!
Giugno 17th, 2011 at 9:09 pm
@ doc 25
ho talmente tante tessere che potrei fare un mosaico.
ma senza tèssere… sennò faccio la fine di Arachne.
Giugno 17th, 2011 at 9:11 pm
… e siamo arrivati all’uomo ragno.
State bravini, por favor, che non ci sono sino a dom pom.
Giugno 17th, 2011 at 10:09 pm
@ Mym 24: lo so, infatti chi serve è il più grande. Infatti chi dice che il Buddhismo serve alla comprensione ed alla realizzazione cristiana, a mio parere, fa una grande lode al valore del primo
@ Doc 26: hai ragione, forse nessuna. Ma perchè pensi che io voglia difendere il valore ed il significato di una particolare appartenenza, tutto il mio discorso voleva intendere il contrario, o mi sono espresse veramente in modo inadeguato, oppure stiamo parlando di due cose diverse
Giugno 17th, 2011 at 10:27 pm
No Angelo, scusa, non mi preoccupavo più tanto di se e cosa difendi. L’occasione mi era parsa ghiotta per una considerazione a mio avviso interessante, sempre sul leitmotiv del diamante.
Pensavo che una appartenenza è liberante quando è superata, e quindi ha il carattere della non-appartenenza. Allora le possiamo dare il nome di ‘testimonianza’. A pieno titolo.
Giugno 18th, 2011 at 12:07 pm
Si Paolo, capisco. Per questo, collegandomi a quanto dicevo piu sopra, ritengo che l’attestazione del valore liberante di una tradizione da parte di chi, per altri versi, si “riconosce” (mettiamoci pure mille virgolettati)in una differente, sia una testimonianza molto valida ed interessante
@ dhr 23 Il problema e’ che quella e’ un’idea di ecumenismo che va bene in ambito buddhista, ma non sarebbe ritenuta valida in altri ambiti dove se ne ha una differente(che so forse nel cristianesimo si direbbe che la base dell’ecumenismo e’ il comandamento dell’amore). E nessuno ritiene che la “propria” versione dipenda dalle tessere che ha in tasca o dal club al quale appartiene. Il criterio che usi indica il club al quale sei iscritto.
Giugno 18th, 2011 at 1:11 pm
>Il problema e’ che quella e’ un’idea di ecumenismo che va bene in ambito buddhista
Mica si parlava di (pressoché inutile) ecumenismo istituzionale. Si riportava solo l’affermazione del Sutra secondo cui, ovunque c’è chi ecc. ecc., lì si è tutti uguali.
Quanto al comandamento dell’amore, se è basato sull’idea di “io” ecc., non fa altro che perpetuare il dolore. Come infatti avviene.
Giugno 18th, 2011 at 4:50 pm
Sei una anguilla plurivirgolettata.
Provo a metterla così: non ci sono tradizioni liberanti se non ci liberiamo noi. In se, lo scopo delle tradizioni è quello di ingabbiare, di imprigionare: è solo quando scopri l’inganno, che inizia il reale processo di liberazione.
La classica palla di ferro rovente: finchè non la caghi, brucia.
All’inizio le tradizioni sono Tradizioni. Poi le Tradizioni sono prigioni. Poi le Tradizioni sono solo tradizioni.
Tra “non faccio più il male per paura che Gesù mi punisca (o per paura di rinascere scarafaggio)” e “non faccio più il male”, c’è in gioco almeno il libero arbitrio. E non mi pare poco.
Giugno 18th, 2011 at 10:04 pm
@DHR Ok scusa, avevo inteso il riferimento all’ ecumenismo nel senso più ristretto del Vaticano II che riguarda appunto il dialogo interreligioso ecc. Dato il titolo del post, Buddha al servizio di Gesù era però abbastanza logico intendere così.
@DOC E’ vero, le tradizioni, tutte quante credo, con il tempo “si usurano”, anzichè risolvere il problema divengono una parte del problema. Di qui la necessità di un rinnovamento costante o, il che è lo stesso, di un ritorno costante alla loro origine, al motivo per cui esistono. Secondo me non esiste una religione che non si situi nel contesto di una cultura, di una storia, di una “tradizione”. Per questo a mio parere il punto non è tanto trascendere o superare, ma rinnovare ed attualizzare.
Mi spieghi meglio cosa intendi alla fine parlando del libero arbitrio?
Giugno 19th, 2011 at 12:29 am
Hai ragione; probabilmente sul libero arbitrio sono stati scritti tomi e trattati.
Intendevo molto semplicemente: pensare, scegliere e agire non perchè qualcuno mi dice che si deve fare così o cosà. Senza alibi.
Quando la paura o la speranza della retribuzione ci condizionano e ci tengono in scacco, il nostro pensare è ‘sostenuto da’ queste. Non è un pensare o un agire libero, adulto.
Giugno 19th, 2011 at 10:45 am
Buongiorno a tutti. Siccome mi sto sobbarcando la fatica di leggere il buon Knitter da capo a fondo, mi sento legittimato a intervenire. Vorrei dire varie cose a Luciano (5), ne accenno una sola: la questione se sia l’uomo per il sabato o il sabato per l’uomo, che so essere un tuo cavallo di battaglia, mi sembra un falso problema, presentato in modo un po’ ambiguo nei vangeli. Il sabato (la religione, il dharma, la legge…) è per l’uomo tanto quanto l’uomo è per il sabato. Se non ci fosse quel riferimento orientativo che chiamiamo religione (sabato) l’uomo non troverebbe in sé la bussola che gli permette di “usare” il sabato per e nella propria vita.
A doc vorrei dire un paio di cose. La metafora (12) del treno non regge, a parer mio, perché buddismo e cristianesimo non sono due mezzi (veicoli) diversi per andare da Torino a Milano (nel qual caso si escluderebbero a vicenda): le mete sono diverse, il nirvana non è la beatitudine eterna della contemplazione del volto del Padre, almeno così mi par di comprendere. Il dialogo ha senso proprio per questo, altrimenti sarebbe solo ozioso discettare se è meglio il treno o la macchina per andare tutti nello stesso posto.
E poi (doc 17 e a seguire anche altri) vorrei tessere l’elogio dell’appartenenza: che c’è di sbagliato nell’appartenenza? Come si fa a non appartenere? Appartenere vuol dire far parte, essere parte. L’esistenza individuale è l’incarnazione, la manifestazione di una sineddoche, una parte (la mia parte) per il tutto. La realtà che mi fa essere quel che sono è una parte che esprime tutto, è tutto che si esprime come parte. Il problema semmai sta nell’identificazione esclusiva, come se la parte che sono invece di esprimere il tutto lo esaurisse, negando le altre parti: cioè se solo la mia parte, la mia appartenenza, fosse quella che esprime autenticamente la totalità.
Giugno 19th, 2011 at 11:14 am
>sarebbe solo ozioso discettare se è meglio il treno o la macchina per andare tutti nello stesso posto
Come sempre, JF individua il “punto cieco” del nostro sguardo.
Come divertissement, provo a capovolgere il discorso: sappiamo tutti di andare nello stesso posto (leggi: morte), il problema è come arrivarci nel modo giusto, ossia in modo da non… non cosa??
Giugno 19th, 2011 at 1:33 pm
Ciao Jiso, grazie del tuo commento. Sulla questione dell’appartenenza, espressa nel modo e con la sensibilità da te evidenziata, sono d’accordo.
Su quella delle vie e delle “mete”, mi restano invece alcune perplessità. Riprendendo la stessa metafora, se gli obbiettivi fossero distinti e non vi fosse un rapporto tra loro, credo che Doc avrebbe ragione al 100 %. O vado da Milano a Torino, o da Milano A Bologna (tanti auguri in entrambi i casi :-)), non posso andare in due direzioni contemporaneamente. E se anche ci vado in due momenti diversi della mia vita, che vantaggio posso avere io che sto andando in una direzione, dal confronto con te che vai in tutt’altra e per altra via? Il fatto invece, che questa sinergia esista e si crei (almeno questa è la mia-limitata-esperienza), indica a mio avviso che la direzione è la medesima – forse su due livelli diversi. Lo Zen nel Cristianesimo, a mio modesto avviso, vivifica e rivitalizza l’esperienza cristina, direi che la squote dalle radici e fa si che si torni a riversare il vino nuovo nelle otri nuove…sull’effetto del Vangelo nello Zen non so, dimmi tu. In ogni caso, l’esitenza di questa sinergia mi suscita una grande meraviglia e non cessa di interrogarmi- non mi pare ne ovvia ne scontata. Ciao
Giugno 19th, 2011 at 1:38 pm
@ DOC 35:pienamente d’accordo con te. Tieni presente però che, come non cessa di farmi presente Mym in altro contesto, la questione del libero arbitrio e della volontarietà è centrale soprattutto per noi occidentali. Io, ad ogni modo, non riesco assolutamente a prescindervi
Giugno 19th, 2011 at 3:27 pm
Ciao dhr, “sappiamo tutti di andare nello stesso posto (leggi: morte)”… ci andrei piano, il fatto incontrovertibile che tutti moriamo non vuole automaticamente dire che la morte è la stessa per tutti, ovvero che andiamo tutti nello stesso posto – anzi, direi piuttosto che la tua morte è incommensurabile e imparagonabile alla mia, non fosse per il fatto che quando muori tu (tu generico, beninteso) io non muoio: ovvero la mia morte, la mia meta, non coincide con la tua. La meta è in fin dei conti irrilevante, perché è fuori portata pur essendo certa e incommensurabile pur dando la misura del percorso. Il quale mi pare la sola cosa interessante (ciao Angelo) quella su cui vale la pena di confrontarsi. Un pittore e un musicista possono reciprocamente “arricchirsi” (che può voler anche dire rendere più “povera” -essenziale – la loro arte) proprio esercitando arti differenti – in comune hanno forse il cercare di vivere la loro vita come un’opera d’arte, e questo li mette in comunicazione.
Giugno 19th, 2011 at 4:48 pm
>non vuole automaticamente dire che la morte è la stessa per tutti
ah-ha, non vuole “automaticamente” dirlo, ma potrebbe dirlo “de facto”.
ossia, anche la tua affermazione presuppone già una presa di posizione… una “tessera” 🙂
Giugno 19th, 2011 at 5:27 pm
Quoto dhr 41: dire che la morte è la stessa meta per tutti è aleatorio (fantasioso?) quanto dire che non lo è. A meno che non si intenda “il morire” nel senso che “tutto muore”. Sul che il principe De Curtis già fece notare il livellamento universale a fronte di tale limite. Rileggendo jf 36 e l’elogio dell’appartenenza, mi vien da chiedermi se non sia più … religioso chiedersi che cosa ci sia di buono nell’avere un’appartenenza (ovvero prima di compiere l’operazione interiore che ci rende appartenenti) piuttosto che chiedersi che cosa ci sia di male. Preferisco mantenere al minimo (nessuna?) le collocazioni del mio capino, anche laddove non ci sia nulla di male. Eppoi, già che ci siamo, (sempre in jf 36) la frase “La realtà che mi fa essere quel che sono è una parte che esprime tutto, è tutto che si esprime come parte” mi sembra proprio aria fritta. Senza offesa, naturalmente. Non c’è mica niente di male… 😛
Giugno 19th, 2011 at 5:31 pm
mym, ma che fai, leggi nel pensiero?? ero giusto “tornato” per aggiungere la citazione del Principe!!
Giugno 19th, 2011 at 9:38 pm
Penso che l'”appartenenza” di jf sia riferibile all’essere nella sua pienezza, nel suo stare epistemico, non penso si riferisse a una sorta di “distintivo”. Certo, quando è così, “parte e tutto”, ogni dualismo, è dissolto.
Giugno 19th, 2011 at 9:48 pm
E nella conclusione di jf 36 tutto è molto chiaro.
Giugno 19th, 2011 at 10:06 pm
>all’essere nella sua pienezza, nel suo stare epistemico
mi ha rubato le parole di bocca.
Giugno 19th, 2011 at 11:34 pm
Accipicchia, uno si assenta un giorno e guarda te… come tutto cambia.
jf (36) introduce la questione se ci sia una meta e se la meta sia uguale per tutti o no. Non mi allargo anche in questa questione. Ma ribadisco; qualunque sia il percorso ( e la mia morte è uguale alla mia morte, il mio aldilà è uguale al mio aldilà) mi risulta difficile oltreche scomodo – non impossibile, però – viaggiare su 2 veicoli contemporaneamente. Posso fare un pezzo di strada su uno e un pezzo su un altro…
La discussione se sia meglio questo o quello è un altra cosa ancora.
Comunque, se le due mete(/percorsi/veicoli) sono diversi, cioè se non si condividono nè obiettivi nè mezzi ne tempi nè modalità…, che si dialoga a fare? di che? Ne abbiamo già parlato qui: un sano confronto preliminare (o outing o reciproca testimonianza) sembra ben più opportuno. Almeno per capire se c’è qualcosa di cui meriti parlare.
Caro jf, mi parli dell’appartenenza cosmica (una parte (la mia parte) per il tutto). Così facciamo tutti contenti. Mi sembra fumo di incenso: si parlava d’altro finora.
Prova a chiedere in giro : a che religione apparteni? credo che nessuno risponderà ‘al tutto’, ma quasi tutti alzeranno la loro bella bandierina col loro bel simbolo. Atei in prima fila.
( a proposito, il tutto dei cristiani e il tutto dei buddisti, o dei bah’ai ecc, sono ‘tutti’ uguali o diversi?).
Non c’è nulla di sbagliato comunque, nella appartenenza .
Per me , possono sentirsi tutti appartenenti a quel che gli pare, finchè gli serve; fin tanto che nessuno viene a bussare alla mia porta la domenica mattina…o a farmi saltare in aria palazzo Madama.
Facendo infine l’avvocato del buddismo, visto il tema di partenza, direi con ‘non mi ricordo chi’: “non è che non ci siano pratica ed illuminazione, ma non dobbiamo contaminarli!”
Trattandosi di un blog buddista zen, direi che questa dovrebbe davvero essere la pre-occupazione rilevante.
Se non c’è contaminazione, va benissimo lo zen al servizio di Gesù, ed anche del Berlusca o di qualunque altra causa (psicanalisi, programmi tempi/metodi, danza classica). Ma sarà proprio così?!
Giugno 20th, 2011 at 6:29 am
>il tutto dei cristiani e il tutto dei buddisti, o dei bah’ai ecc, sono ‘tutti’ uguali o diversi?
grande doc!
Giugno 20th, 2011 at 8:51 am
Ciao Doc, volevo starmene tranquillo ma me le tiri fuori…come si possono contaminare pratica ed illuminazione? Inoltre chi può arrogarsi le royalties su di esse ed ergersi a protettore del Dharma? Esso non appartiene a nessuno in particolare, men che meno ai buddisti. Che senso ha recintare una fonte inesauribile in mezzo al deserto? Che tutti quelli che hanno sete vengano a bevano…
Giugno 20th, 2011 at 9:49 am
Se lo contamini, non è più quello.
Se contamini la fonte in mezzo al deserto, lì non ci beve più nessuno. Almeno finchè qualcuno non la depura.
Nessuno ha parlato di recinti.
Giugno 20th, 2011 at 11:08 am
L’inquinamento, pur difficile da dirsi, è lo sport più diffuso. A parte in un vero blog buddista zen 😎
Giugno 20th, 2011 at 11:56 am
Sai, in tema di contaminazioni, non sono le altre religioni che possono intorbiride l’acqua. Quel tipo di contaminazione, a mio modesto avviso, è salutare: una religione che non cambia nel tempo per rapporto-influsso con le altre è morta o moribonda.
Le “contaminazioni” pericolose secondo me sono altre, con il commercio, la moda, i gadjet ecc. Non ti dico la serie di m…inchiate che mi propone gmail (che in qualche modo “legge” la mia posta e si è fatto l’idea che mi interessano il buddhismo e la meditazione). In questi giorni ho un link che mi propone una cena a domicilio cucinata da dei monaci tibetani, seguita da meditazione. Se vuoi ti mando il link…
Giugno 20th, 2011 at 12:44 pm
Affinché si possa avverare “Che tutti quelli che hanno sete vengano e bevano” (Angelo 49) occorre proteggere, avere cura, che è tramandare. Così inquinare è facile. I gadget, le cene cictucic… quella è roba che passa con il mal di testa del giorno dopo.
Giugno 20th, 2011 at 12:49 pm
Mi sbilancio rischiando la lapidazione, ma bisogna pur avere il coraggio di andare sul concreto, e quindi esporsi.
Per esempio, cosa fa la gente seduta davanti ad un muro?! come “tratta” i pensieri?
Il lasciar cadere corpo e mente che è il carattere essenziale dello (za)zen non consiste nel semplice cambiare pensiero mettendo quello precedente sotto il tappeto per riprenderlo tal quale appena finita l’ora.
Ci sono pensieri-emozioni-opinioni-pulsioni così radicati nel nostro corpo-mente che covano come brace sotto la cenere, a volte anche quando ci sembra di averli sradicati. Anche per questo la Via è pratica di tutta la vita.
Tornando al tema, se nel lasciar andare i pensieri, trattengo quelli ‘buoni’ (l’esistenza di Dio; l’eternalismo; l’esistenza dell’anima individuale; la resurrezione della carne… ecc fino alla verginità della Madonna, alla Trinità ecc) faccio una pratica che non è zazen.
Va benissimo, ma non è quella: assomiglia forse di più all’esichia (o esichiasmo, o esicasmo), ad es., lo yoga cristiano: pratica nobile e di tutto rispetto. O ad altre forme di yoga o di meditazione.
La posizione a gambe incrociate non caratterizza di per sè la qualità della pratica. Se non sono disponibile a perdere tutto, se mi tengo un angolino (nel nostro caso un angolone) ove rifugiarmi e posare il capino… beh, parliamo di due cose diverse.
Sostenere per esempio che nello zazen ci siano due corsie, una riservata ai pensieri-emozioni-opinioni da esaltare o comunque vivificare o conservare, ed una riservata a quelli da lasciar andare o sradicare, è contaminare la pratica. E’ snaturarla, minarla alle radici.
Le contaminazioni che dici tu – consumistiche – mi preoccupano molto meno.
Giugno 20th, 2011 at 12:56 pm
E la madò. Papale papale.
Lo zen ecologico, mica balle.
Giugno 20th, 2011 at 2:23 pm
Ma nemmeno io sono per il “doppio binario”, nonostante sia una pratica di antica e collaudata tradizione cattolica. Non trovo nulla da accepire a quello che scrivi.
Tranno per quanto riguarda la verginità della Madonna naturalmente, quella non si tocca!
Giugno 20th, 2011 at 3:24 pm
Vabbe’, niente doppio binario allora. Almeno una cosa l’abbiamo chiarita.
Giugno 20th, 2011 at 4:52 pm
Trenitalia si scusa per il disagio.
Giugno 20th, 2011 at 4:59 pm
Il mantra del Viaggiatore…
Giugno 21st, 2011 at 11:44 am
Sono fuori tempo massimo, lo so, ma essendo lento di comprendonio ho capito soltanto ora il senso di mym 53. Mi sembra un’ottima sintesi al dibattito tra me e DOC (almeno da parte mia). Preservate la purezza amici.
Grazie a tutti
Giugno 21st, 2011 at 11:50 am
Preservate? Non scherziamo.
Giugno 21st, 2011 at 12:17 pm
Il treno è andato oltre, ma ognuno ha la sua velocità. Torno un momento (dopo breve assenza) su doc 47 per chiarire che non ho mai inteso parlare di cosmo (ne so niente) ma di qualcosa molto più semplice: io manifesto (esprimo, recito, interpreto…) la mia parte e quella parte è l’espressione di un tutto. Faccio un esempio: vado a votare, prendo parte e mi esprimo votando – quello è il mio modo di dar corpo al tutto che possiamo chiamare il sistema del voto – ognuno che vota contemporaneamente manifesta una parte e dà forma a un tutto – l’unicità di ciascuno consiste in questo. Una banalità, se volete, ma una banalità basilare, perché ogni atto dell’esistenza di ognuno funziona così. Appartenenza è anche questo, volevo spostare il discorso dalle angustie dei distintivi a qualcosa di non confessionale. Il gioco delle parti riguarda tutti, anche chi si ritiene super partes (appartiene al club informale dei super partes). Visto che sono stati calati gli assi (non contaminare…) mi adeguo: quando Dogen dice che dalla mia prospettiva sulla barca in mezzo al mare vedo l’orizzonte marino rotondo e dico “il mare è rotondo” ciò dipende dalla mia capacità visiva del momento e devo sapere che ci sono altre infinite forme del mare, e che ognuna è tutto mare, dice in altro modo qualcosa di simile a quel che intendevo. Quanto alla morte (dhr 41, mym 42), la livella principesca (tutto muore, moriamo tutti) non modifica il fatto che la mia morte e la tua (chiunque tu sia) sono “cose” diversissime, incommensurabili.
Giugno 21st, 2011 at 12:40 pm
Ciao jf, bentornato. Mica chiara questa cosa che “ogni atto dell’esistenza di ognuno funziona così”, come funzia? Trovare una definizione passepartout (il tutto, l’insieme, l’evento, l’atto, il tempo di ecc.) è dire niente sul come funziona l’esistenza. Non ci prendere in giro, papu. Per quanto riguarda la morte, invece, qui serve una domanda: che cosa intendi per “morte”? Mi ha l’aria che tu parlando di cose diversissime stai parlando di vita. O no? Oppure hai informazioni mooolto interessanti… 😕
Giugno 21st, 2011 at 1:43 pm
>la livella principesca (tutto muore, moriamo tutti) non modifica il fatto che la mia morte e la tua (chiunque tu sia) sono “cose” diversissime, incommensurabili
E’ proprio il punto che contesto. Come fa osservare mym 63, per affermare il contrario occorrerebbe avere “informazioni mooolto interessanti”. Viceversa, per quel poco che ne sappiamo, l’impressione è che avesse ragione Totò.
‘Personalmente’, poi, il personalismo (l’unicità, la irripetibilità…) mi stomaca. Di cose “nuove” non se ne vede una manco a piangere, come insegnava il buon Qohelet.
Giugno 21st, 2011 at 2:33 pm
Ciao mym, non mi permetterei di prendere in giro questa compagnia cui, leggendo e scrivendo, appartengo… prenderei in giro anche me (le faccine continuano a essermi precluse). Non si tratta di definizioni passepartout: si tratta che in ogni atto dell’esistere parte e tutto concorrono: ogni atto (pensiero, parola, azione) è una parte, una frazione e in essa c’è tutta la mia vita e tutto il mio mondo – e qui sta la responsabilità e la morale… o no? Certo che quando parlo di morte ne parlo da vivo, quindi parlo di vita, di che altro si può parlare? La morte è impensabile, indescrivibile ecc… Però, ho visto persone morire e non sono morto: questo mi fa dire che la morte altrui è tutt’altro dalla mia. Banalità di base, lo ripeto, certo niente di nuovo, dhr, ma l’unicità, per stomachevole che sia, è nondimeno incontrovertibile… o no?
Giugno 21st, 2011 at 2:51 pm
>l’unicità, per stomachevole che sia, è nondimeno incontrovertibile… o no?
la trovo sommamente “controvertibile”.
come insegnava il buon Leibniz, sono sempre gli stessi ingredienti che si rimescolano.
Giugno 21st, 2011 at 3:17 pm
…e il “prodotto” è ogni volta differente (unico?) – hai mai mangiato due nespole identiche? mi piacciono le nespole…
Giugno 21st, 2011 at 3:45 pm
Vabbe’, prendiamo atto che “si tratta che in ogni atto dell’esistere parte e tutto concorrono: ogni atto (pensiero, parola, azione) è una parte, una frazione e in essa c’è tutta la mia vita e tutto il mio mondo – e qui sta la responsabilità e la morale… o no? “.
A me pare che “parte” sia un’idea e che “tutto” sia un’idea e perciò il funzionamento dell’esistenza non c’entri né punto che poco. Tralascio di considerare anche “l’atto dell’esistere” perché mi … sfugge l’atto. Non posso però ignorare che responsabilità e morale qui c’entrano come i cavoli a merenda (che ci azzeccano con il funzionamento dell’esistenza?). Però non ho fatto il militare a Cuneo e, si sa, potrei anche sbagliare. Per quanto riguarda la morte finalmente ho capito: scrivi morte ma intendi vita. Potevi dirlo subito. Altrimenti sembra una presa in giro.
Giugno 21st, 2011 at 3:52 pm
>…e il “prodotto” è ogni volta differente (unico?) – hai mai mangiato due nespole identiche? mi piacciono le nespole…
nespole, appunto.
il problema – cfr in parte mym 68 – è che farsene di queste nespole… tutte diverse, tutte uniche… tutte più o meno “inutili”?
Giugno 21st, 2011 at 4:22 pm
Beh, prendo atto che non riesco a farmi capire… pardon, sarà perché non ho fatto il militare tout-court? Non insisto. Però una cosa ho da chiederla: come si fa a parlare della morte? Forse che dire “tutto muore” non è anch’esso un parlare di vivi, una constatazione di viventi e dunque un parlar della vita?
Giugno 21st, 2011 at 4:35 pm
Come si faccia a parlare della morte non lo so e, per quel che vale, penso che non si possa neppure sapere: è quello che dico dall’inizio (cfr 42, 63…).
Giugno 21st, 2011 at 9:43 pm
Tirando le fila (come quando si mangia la pizza), ma perché ci teniamo tanto a dialogare con i cristiani, se è così divertente battibeccare tra noi?? ma che si dialoghino da soli, che si!
Giugno 21st, 2011 at 10:38 pm
Ciao, facendo il medico ho visto, com’è logico, molte persone morire. Ho assistito molti vicine alla morte, e mi è capitato di dover spiegare a qualcuno che la morte era vicina e che non c’erano speranze di guarigione.
E’ chiaro che nessuno ha mai fatto l’esperienza della morte; come diceva già Epicuro, la morte non è. Non esiste un momento preciso in cui si muore, dipende dalle definizioni, che cambiano nel tempo (ieri quando non batte più il cuore, oggi quando non funziona il tronco dell’encefalo ecc.) Se vogliamo restare su questo livello, l’unica descrizione possibile sta nei volumi di anatomia patologica.
Tuttavia un discorso sulla morte e sul morire è certamente possibile, anzi necessario. Dal modo in cui si considera la morte si capiscono i valori (o la barbarie) di un epoca e di una cultura. Oggi la maggior parte delle persone muore in ospedale, in un contesto tecnico, tra certificati, cateteri e non di rado in una situazione di abbandono non migliore dei poveri di Calcutta.
Ne si può dire che tutti muoiono nello stesso modo, indipendentemente dalla patologia, dal dolore che provano ecc. Mi è capitato ad esempio di assistere alla morte di una religiosa, di una sessantina d’anni, che si è spenta senza alcuna paura e nella certezza della fede in Dio (non è questa una “scelta di parte”, non ho mai visto nessun buddhista morire). E’ stato un morire degno, pieno di senso e significato, una testimonianza. Come si muore è importante, sia per chi muore che per chi resta. Purtroppo oggigiorno moltissimi sono privati della possibilità di scegliere come morire e di dare un senso alla loro morte, e questo è un segno di barbarie.
Scusatemi il lungo intervento, spero non sia del tutto fuori tema. Se è stato di una noia mortale, pardon
Giugno 22nd, 2011 at 10:42 am
Temo tu abbia ragione (Angelo 73) ovvero che come si muore è importante, ma non lo so: mi occupo di/del vivere sino all’ultimo.
Giugno 22nd, 2011 at 11:10 am
Vorrei tornare all’oggetto di questo post: il libro di Knitter. Scrivevo nel mio commento che «il percorso proposto da Knitter per “leggere” Dio con l’aiuto del buddismo, ovvero śūnya->Vacuità->Interessere->Dio porta a concludere che Dio pare ci sia ma in realtà non c’è. Non credo intendesse dire ciò». Siccome nessuno ha “abboccato” a questo amo, abbocco io. L’etimo più accreditato di śūnya è la sua derivazione da sh, soffio/are, per cui solitamente si dice che śūnya indichi, in senso etimo, qualche cosa che appare (molto) ma che sostanzialmente è poco o nulla, come una bolla, una cosa gonfiata. Perciò intendevo dire che, suo malgrado, Knitter ha ragione ma ha torto perché intendeva dire il contrario (cheffò, lascio?). A questo proposito, cioè sul tema “qual’è la posizione dei buddisti riguardo a Dio?” penso sia interessante, almeno per gli amanti del genere hard, sentire che cosa scrive Tirupattur Ramaseshayyer Venkatachala Murti in La filosofia centrale del buddhismo, Ubaldini, Roma 1983, p. 182 s.: «Fu la necessità logica di trovare un principio di mediazione tra l’Assoluto e i fenomeni a dare origine alla religione del Mādhyamika e all’accettazione di Dio. Non può esservi religione senza la coscienza di un essere trascendente. È necessario che venga avvertito un contrasto tra l’Essere supremo (Dio) e le creature finite. Le religioni semitiche -l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islamismo- esaltano questa diversità fino al punto di creare un varco incolmabile tra le due parti, la cui diversità è univoca ed eterna. Queste religioni sminuiscono e in alcuni casi ignorano il fatto fondamentale dell’affinità di Dio e dell’uomo come spirito. Dio e l’uomo non possono essere di genere diverso, poiché questo comporterebbe un’assenza di relazione: l’uomo non può adorare un semplice altro, e Dio non acconsentirebbe a salvare l’uomo. Qualsiasi relazione, anche quella tra adoratore e adorato, presuppone un’unità fondamentale che fornisce la base a queste diversità, che sono relative. Questo aspetto della religione viene messo in risalto dalle religioni filosofiche dell’India: il Vedānta, il Buddhismo ed anche il Jainismo. Dio e l’uomo non sono diversi. Ci si potrebbe chiedere come possa verificarsi la coscienza religiosa senza diversità, senza un contrasto tra l’essere trascendente e gli esseri finiti. Ma non è necessario che la diversità sia quella tra due cose eternamente diverse nel genere, ma solo di stati o stadi dello stesso essere; a sostenere la coscienza religiosa resta la percezione di un sufficiente contrasto tra l’ideale e l’effettivo. Una necessaria implicazione della non-diversità tra Dio e l’uomo è che entrambi devono essere considerati aspetti di un ente più basilare, l’Assoluto; essi sono apparenze e non entità ultime… »
Giugno 22nd, 2011 at 12:45 pm
Ciao Mym, su 74 non so se sono due cose diverse, forse sono importanti entrambe.
Su quello che scrive Murti, posso dirti che la presenza e la vicinanza di Dio nel mondo e nell’uomo mi pare un elemento fortissimo del cristianesimo, benchè non annulli completamente la distanza e la trascendenza divina. Basta leggere il Vangelo di Giovanni (stupendo,lo sto affrontando in questi giorni), a cominciare dal prologo ed al discorso a Nicodemo. L’aspetto interessante del cristianesimo a mio parere sta esattamente nel tentativo, molto difficile di tenere insieme trascendenza ed immanenza, differenza ed identità, senza sacrificare uno dei due poli. Anche se, va detto, conosco assai poco l’ebraismo e la sua evoluzione, forse anche in quel contesto Dio non è solo alterità…
Giugno 22nd, 2011 at 12:54 pm
Interessante che si possa pensare (ipotizzare?) che vivere e morire non siano due cose diverse. Riguardo a ciò che dice Murti mi pare che tu non colga il punto. Lui parla di Dio come di qualchecosa che… pare ci sia ma in realtà non è che si possa dire che ci sia, se non come apparenza. Perché, dice, Dio non è che l’uomo ad uno stadio superiore (e viceversa). Per cui … una bolla? Una stella? Una nuvola? Una goccia di rugiada? Non mi pare che Giovanni dica qualche cosa del genere. O no?
Giugno 22nd, 2011 at 1:53 pm
Per darti una risposta fondata dovrei prima leggere Knitter e Murti e pensarci su, ma per allora temo che essa sarebbe un po datata.
Dire che Dio è l’uomo ad uno stadio superiore è l’idea di Fuerbach, si avvicina molto all’ateismo tout court (religione per altro rispettabilissima).
Parlare di un ente più fondamentale di Dio non mi pare, così d’acchito, che abbia molto senso. Se si ragiona in termini ontologici, non si sfugge alla conclusione che l’ente fondamentale, il più basilare è Dio. Se si vuole, lo si può chiamare “Assoluto”. Certamente nel cristianesimo c’è anche la trascendenza, l’inconoscibile, il Padre che nessuno ha mai visto altrimente non è più cristianesimo direi.
Giugno 22nd, 2011 at 3:56 pm
Sì, in effetti leggere Murti servirebbe. Non è un autore qualsiasi, il testo di cui parlo è tutto dedicato alla scuola di Nagarjuna (a parte i capitoli di raffronto con Hegel). Il tuo parlare è troppo grezzo, temo, per il tema. In particolare rivedi che cosa ha o non ha senso, ciò che non sfugge, che cosa significa qui ragionare in termini ontologici, cosa significa, invece, per Nagarjuna e le conseguenti logiche.
Giugno 22nd, 2011 at 4:01 pm
Penso che Knitter “ha ragione ma ha torto perché intendeva dire il contrario” (mym 75) perché ontologizza il vuoto, ne fa un ente negativo, un’assenza sostanza se mi si passa l’assurdo. Di questo passo il cristianesimo per salvare capra e cavoli finirà per postulare il “vuoto persona” passando dalla trinità alla quaternità (già Jung lo aveva proposto, ho sentito dire). Ebraismo e islam sono rigorosamente dualisti, qui l’uomo, là Dio, l’uomo fa la sua parte per mettersi nella posizione giusta e aspetta e spera che Dio lo salvi, ma in fondo si occupano dell’uomo (la faccio semplice). Il cristianesimo escogita Cristo come ponte relazionale e inventa la trinità, mossa geniale finchè ha funzionato. Ma nulla dura in eterno, neppure una geniale teologia. E non c’è tre senza quattro… Oggi va forte il vuoto, come quarto comodo. Il buddismo mi pare assuma tutt’altra posizione, dicendo “non-due” pone la questione in altri termini e prende posizione (propone una posizione) senza obbligare a scegliere un’opzione. Da quando l’ho sentita “non-due” mi è parsa la posizione più saggia: devi rinunciare a dire la tua, ma almeno poi non sei costretto a difenderla finendo per dire assurdità. Certo bisogna fare attenzione a non far diventare “non-due” un surrettizio tre (o uno, o zero).
Giugno 22nd, 2011 at 4:15 pm
Ciao per leggere quel brano in chiave Nagarjuna (ontologia in chiave non ontologica) mi servirà un po più di Murti temo. Come si dice nella bergamasca, o felè fa il tò mestè, almeno da un certo punto in poi…
Giugno 22nd, 2011 at 4:19 pm
Qui ci sta bene -speriamo- una citazione: “L’appellazione cessa con l’assenza dell’oggetto del pensiero. L’assoluto [dharmatā nell’originale sanscrito. mym] come essenza di tutte le cose non nasce né cessa di essere” Mādhyamakakārikā XVIII, 7, tradotta da Murti. Gnoli invece: “Distrutto l’oggetto del pensiero, l’oggetto esprimibile verbalmente è distrutto. La vera natura delle cose [idem. mym] è non prodotta e non distrutta”. E poi, sempre da Nāgārjuna secondo Murti, contestando Hegel e il Jainismo: “La sintesi delle visioni è solo un’altra visione.” E poi conclude (riassumo) con: ogni punto di vista apparecchia un conflitto.
L’argomento è la potenza liberante di prajñā in quanto śūnya (o viceversa).
Giugno 22nd, 2011 at 4:28 pm
E’ proprio qui (mym 82, grazie!) che i cristiani occidentali vanno in sofferenza. L’assenza di oggetto del pensiero la vivono come una castrazione, non come un refolo di libertà.
Giugno 22nd, 2011 at 4:31 pm
Libertà è più facile immaginarla che viverla.
Giugno 22nd, 2011 at 4:53 pm
>Ebraismo e islam sono rigorosamente dualisti
smorzerei quel “rigorosamente”. l’islam lo conosco poco, ma l’ebraismo lo frequento un po’ di più, ed è piuttosto molteplice e flessibile.
Giugno 23rd, 2011 at 10:07 am
Per rinfocolare un po’ di polemicuccia (jf 83): basandomi sulla mia limitata e non sempre benevola esperienza, penso che i cristiani (i cattolici?) quando parlano del silenzio non abbiano sufficiente penetrazione, conoscienza. Mi piacerebbe (un interlocutore valido è un piccolo grande tesoro) essere smentito ma non conosco alcun cristiano che sappia fare davvero zazen. Sarebbe forse un ossimoro?
Sul fondo del mare ci sono pesci oscuri. Sotto non più.
Giugno 23rd, 2011 at 11:20 am
>i cristiani (i cattolici?) quando parlano del silenzio non abbiano sufficiente penetrazione, conoscienza
Scherzi?? Enzo Bianchi è continuamente in radio e in tv a esaltare il valore del Silenzio!!
Giugno 23rd, 2011 at 11:28 am
Eeeeh… Sì ma… Uuuh… Ci sono certe ECCEZIONI che si potrebbero anche fare. Volendo.
Giugno 23rd, 2011 at 11:44 am
“Rabbi, insegnami il valore del silenzio.”
Il Rabbi non rispose.
Giugno 23rd, 2011 at 11:49 am
Forse perché non sta bene parlare a bocca piena…
Giugno 23rd, 2011 at 12:44 pm
Forse la questione non arriva fino a domandarsi se ci siano cristiani che sanno fare zazen ma si arresta a un preambolo: ci sono cristiani (cattolici? occidentali?) che vogliono (vorrebbero) davvero fare zazen? Che sono davvero disposti a buttar via il pensiero, anche quello di Dio? Che ne sentono l’urgente bisogno? In fondo all’acquario i pesci sono illuminati bene, ma sotto non c’è niente: dall’acquario prima o poi bisogna uscire.
Giugno 23rd, 2011 at 12:51 pm
Non si è mai visto un pesce, ma che fosse davvero un pesce, che aspirasse ad uscire dall’acqua(rio).
La parabola della sparizione dei pesci.
E dell’acquario.
Giugno 23rd, 2011 at 1:57 pm
Buongiorno, se uno mi chiedesse se sono cristiana o buddista non saprei proprio cosa rispondere, ma occidentale penso di esserlo ( non fosse altro che per nascita e residenza), come penso lo siano i frequentatori abituali di questo sito…. Mi sorge allora spontanea questa domanda curiosa: o ben che jf e mym, non so come, non sono più occidentali, o ben che non sanno o addirittura non vogliono fare davvero zazen..
La qual cosa mi darebbe da pensare non poco!!
Giugno 23rd, 2011 at 2:36 pm
Buongiorno, Marta. Pour ce qui me concerne, laddove ho scritto “occidentali” (91) lo intendevo come ulteriore specificazione di “cristiani”, ergo nel senso di “cristiani occidentali”, ritenendo che “noi” occidentali siamo più affezionati all’ equazione essere=pensiero di quanto lo siano gli orientali e dunque meno disposti almeno teoricamente all’abbandono del pensiero per paura di “perdere” l’essere, soprattutto se cristiani, non di rado coinvolti anche nella problematica del “pensiero di Dio”, inteso non solo nel senso di “pensiero su Dio”.
Giugno 23rd, 2011 at 3:05 pm
Personale, no, brutto.
Morte, no, brutto.
Io, no, solo se a perdere.
Occidentale, no, ma anche si.
Buddista, dipende.
Pensiero, no, solo se non-pensiero.
Cristiano, per forza, ma anche no.
Vita, si, quale?
Azione, si ma…
Attaccamento, proprio no, eppure sì
Un’etica che procede per scarto semantico fa male. Un’ignoranza, la mia, che isola.
Allora zazen, dove c’è l’isola che non c’è.
Ehhh, sì, pare facile. Dipende come.
Come, come, come. Un vita intera.
Saluti.
Giugno 23rd, 2011 at 3:26 pm
Occidentale?
cristiano?
buddista?
mym?
Ciao AHR.
Su, dai le carte che toccatté!
Giugno 23rd, 2011 at 10:06 pm
Citazione per citazione,
Nell’eremo del sesto patriarca Hui Neng si disputava se fosse la bandiera a muoversi o il vento, Hui Neng disse “E’ la vostra mente che si muove”.
Giugno 24th, 2011 at 10:16 am
Ciao Nello. Anche secondo me siamo (eravamo?) da quelle parti.
Ciao Marta. Quando dicevo “penso che i cristiani (i cattolici?) quando…” mi riferivo a “loro”. Che distingue e separa da “noi”: i giusti, gli illuminati, gli esperti del silenzio. La cosa non è bella e giustamente tu ci rimetti assieme.
Però, anche se s’usa dire che “di notte tutti i gatti son bigi” sappiamo che non è proprio così. In particolare
Cosa stavo dicendo?
AHR, mannaggia, le voi dà ‘ste carte onnò?
Giugno 24th, 2011 at 10:33 am
Le carte le darei pure ma, ahimé! (me proprio, personalmente, e non altri) il tresette, la briscola e la scopa, è cultura (dalle mie parti proprio, altrove non so) che comporta bevuta, malaparola e un affettività che scivola facilmente nell’attaccamento. Insomma tutto un dolore. E quindi: No, brutto. E poi magari dopo ci si scambia pure amicizia su FB. No, no.
Cmq a parte gli scherzi, volevo dire, anche se questo non è il post giusto forse, che ho terminato la prima lettura del librocommento su Sutra del Diamante (altrove noto, evidentemente, anche come Sutra del Lotto) e, dunque, volevo ringraziare. Ben fatto. Ora si tratta di passare allo step 2, quello in cui l’espressione dovrebbe diventar corpo. Lettura bellissima. E faticata. Intanto vado a comprare le carte e preparo i secchi dell’acqua.
Giugno 24th, 2011 at 10:34 am
Scusate, pare una battuta ma è un refuso. Intendevo Sutra del Loto, ovviamente.
Giugno 24th, 2011 at 10:49 am
Caricaaaaaaaaaaaaaaaaa!
(101)
Giugno 24th, 2011 at 10:50 am
@AHR 100
naaa, perché lo hai corretto? era favoloso! (da “rivendere”, ovviamente)
Giugno 24th, 2011 at 10:51 am
Ben detto subbutti, ben detto.
AHR: appena son pronti i secchi avvisa, eh!
Comunque: non esiste lo step 2.
Op op op!
Giugno 24th, 2011 at 10:53 am
Grazie Dhr, come sempre mi tiri fuori dai casini. Rischiavo il cartellino rosso ma ora dopo la carica dei 101, be’ …
Giugno 24th, 2011 at 11:04 am
Appunto! e poi mi ci vedi, a me? Passo incerto di default (se ricordi la mia gamba a 100gradi!) 😉
Giugno 24th, 2011 at 11:09 am
Il commento 105 è annullato.
Peccato. Dipendesse da me anche l’autore sarebbe a rischio.
Giugno 24th, 2011 at 9:36 pm
Certo che ne fate di confusione quando vi mettete!
Vorrei tornare un attimo al discorso precedente, giusto per togliermi un sassolino dal piede..
Scusate, ma avete voi, esperti di ..ecc ecc., il metro per misurare quando si fa ‘davvero’ zazen?!?
Mi vergogno un po’ a dirlo, ma messa così la cosa, comincio ad avere qualche serio dubbio su quello che faccio quando ‘mi siedo’. Per fortuna non c’è nessuno a controllarmi!
Giugno 26th, 2011 at 10:25 am
mi spiace non poterti ripondere, Marta. è che le uniche occasioni in cui sono “seduto, profondamente concentrato” è quando……………..
Giugno 26th, 2011 at 12:25 pm
Dhr… Ti metto dietro alla lavagna.
Marta non ci fossi occorrerebbe inventarti. E dico poco se dico poco. Noi “esperti di ecc. ecc.” non solo non abbiamo il metro per misurare quella cosa lì ma neppure possiamo dire come si misurerebbe. E neppure possiamo dire se una persona “fa” davvero zazen oppure no. Il problema è inverso: ascoltando parlare una persona di CERTI ARGOMENTI (chi ha occhi per leggere legga) si capisce (almeno noi “esperti di ecc. ecc.” siamo convinti di capire) se quella persona parla come uno che “fa” davvero zazen oppure no.
Giugno 26th, 2011 at 5:02 pm
Ah bè, allora, se è così, sto ‘quasi’ tranquilla!!
Ciao
Giugno 26th, 2011 at 6:48 pm
è nato il Bohddismo zen.
Giugno 26th, 2011 at 7:31 pm
Quello c’era già, come si sa. In questo caso, seppure sembri, è un’altra cosa. Fare zz è cosa privatissima, nessuno può vedere lo zz di un altro. Però si possono valutare le sue parole a proposito. Nessuno può dire se qualcun altro è stato davvero in piazza de la Contrescarpe ma se mi si racconta che la vista sul mare che se ne gode è splendida…
Giugno 26th, 2011 at 7:58 pm
… in compenso il torracchione medievale è uno spettacolo.
ora vado a fare zzzzzzzz…
Giugno 26th, 2011 at 8:02 pm
Non ci sei stato! non ci sei stato! Pappappero
Giugno 26th, 2011 at 8:54 pm
E pensare che gli bastava digitare il nome della place su google per vedere che di torracchioni medievali manco l’ombra, ma forse si è fidato del nome, contrescarpe, dunque una specie di contrafforte, dunque torracchione medioevale. O forse è un detournement nel detournement, chissà. Comunque, pensa te che si può combinare straparlando di zazen, che se lo digiti su google non esce neppure una foto o una piantina…
Giugno 26th, 2011 at 9:20 pm
Grazie jf. Prezioso il richiamo a google. Riporta il senso al punto.
A capo.
Giugno 26th, 2011 at 9:30 pm
116: chiedo soccorso all’Aci!
Giugno 27th, 2011 at 10:27 am
Buongiorno, l’arrampicata al Gran Sasso di ieri mi regala l’audacia per dire qualcosa. Poco, in verità. La metafora della piazza non mi convince molto. Se esiste una piazza con quel nome e l’esperto è esperto perché ci sta, allora potrebbe benissimo indicare il percorso per poterla raggiungere, ammesso che l’interlocutore lo abbia chiesto. Certo il rischio di importunare è grande. Comunque se l’interlocutore chiede com’è la tale piazza, non è vero che l’esperto non può dirlo. Tant’è che a dhr abbiam risposto che non c’è stato.
Saluti.
P.S.
Spero che l’arrampicata al Gran Sasso (non la cima ma fino 2700m) mi valga come il su e giù per le scale con i secchi d’acqua.
Giugno 27th, 2011 at 10:41 am
I secchi tienli lì, che non si sa mai.
Per non dirti (non mi piace ripetermi troppo spesso) che in certi casi il silenzio è d’oro, ti consiglio di rileggere il trend che ci ha portati in quella tal piazza.
-Non ci sono cristiani (a mio dire) che sappiano davvero fare zz.
-Come si può dir così? Gli esperti hanno un metro per misurare una cosa del genere? (Marta).
-No, rispondo, gli esperti non hanno quel metro né sanno dire se una persona sa fare davvero zz. Però se qualcuno parla di zz, da come ne parla si capisce se lo sa fare davvero oppure no (dico io).
-Al che Marta mi pare perplessa.
-dhr la butta in burla.
-Specifico che cosa intendo con la metafora della piazza famosa ma sconosciuta ai più: se uno dice (di fronte a chi c’è stato davvero) monate sulla sua collocazione chi c’è stato capisce che non c’è stato (spiegazione della metafora: ecco perché si capisce che non ci sono cristiani che sappiano fare davvero zz: quando ne parlano dicono mon… tagne di imprecisioni).
-Ora dimmi, che cosa c’entra: “l’esperto è esperto perché ci sta”, “potrebbe benissimo indicare il percorso per poterla raggiungere”, “non è vero che l’esperto non può dirlo”?
La metafora andava bene per spiegare quello che avevo detto. Come ogni similitudine/metafora non va bene per ogni spiegazione. Quando Gesù diceva “lascia che i morti seppelliscano i morti” faceva un riferimento alla macumba?
Comincia a riempire i secchi: una bella andata e ritorno sul Gran Sasso…
Giugno 27th, 2011 at 11:05 am
Pardonnez moi.
I secchi sono pronti. Quando ho finito, a quel punto, faccio pure un salto a Parigi cerco la piazza e svuoto nella fontana le “pommes de pin” che affardellano la mia testolina.
Giugno 27th, 2011 at 11:08 am
Pardonét. (Il barese a Parigi)
Giugno 27th, 2011 at 12:10 pm
però, mentre noi si sta qui ad ammazzare il tempo (che non è un crimine, in assenza della vittima), un bel giorno arriverà anche la contro-risposta di p. Luciano o che?
Giugno 27th, 2011 at 12:36 pm
Il problema è anche questo. Nel dialogo una parte importante è accettare il confronto pubblico. Se facciamo l’elenco dei preti cattolici disposti ad accettare un confronto pubblico… non abbiamo bisogno di usare la seconda facciata del francobollo.
Forse se qualcuno postasse qui un commento invitando p. Luciano… Sarei felicemente smentito.
Giugno 27th, 2011 at 12:54 pm
vado ed eseguo!
Giugno 27th, 2011 at 12:58 pm
che???!!! occorre farsi dare un’ALTRA password per poter inserire commenti nel sito Vangelo e Zen???
che se ne andassero pure al diavolo, loro e il dialogo.
Giugno 27th, 2011 at 4:11 pm
dhr non fare lo sciocchino. Perché stupirsi e mandarli? È un altro sito, come qui serve la pass.
La pigrizia…
Giugno 27th, 2011 at 4:38 pm
Però anche provandoci e cliccando “subscribe to posts” o “subscribe to comments” si spalancano pagine di caratteri e ideogrammi in marmellata che non danno adito a procurarsi una pass. Le vie del dialogo sono imper-vie. Dov’è finita la pace agli uomini di buona volontà…?
Giugno 27th, 2011 at 5:01 pm
Vabbe’, trote, delfini… tutti all’acqua pazza.
Chi si vuole loggare nel sito Vangelo e Zen può passare di qui.
Giugno 28th, 2011 at 4:36 pm
Visto che Luciano non viene alla Stella, la Stella va a Luciano. Vi è qui un articolo -intitolato Cristiano… buddhista diviso in 7 parti separate, sul dialogo cristiano-buddista. Lo trovate anche qui, completo, in formato pdf. È incrollabile in Luciano la convinzione che «Noi chiamiamo cammino religioso la ricerca verso il senso ultimo della realtà. L’uomo percepisce che l’esistenza è imperniata nella tensione all’ultimità» e quindi che nel buddismo e nel cristianesimo vi è «l’identica serietà con cui ambedue perseguono il senso ultimo della realtà». Ed ancora «L’uomo odierno è maturato alla convinzione che la realtà non è dicibile con il solo concetto di persona; ma c’è un’alta presenza fondante, più profonda dello stesso aspetto personale. E, questa, la natura: il riferimento santo della spiritualità orientale» per cui: «oggi, l’umanità non ritiene più l’impermanenza come una negatività o un difetto che rimanda a un altrove e a un altronde, dove invece le cose sarebbero eterne e perfette. Piuttosto, l’impermanenza è compresa come una qualità materna della natura stessa che, come madre, invita ad apprezzare ogni attimo fuggente come una foglia che danza la vita. L’impermanenza dice colorito, mutevolezza, spontaneità, umiltà; dice soprattutto calore». L’impermanenza come qualità materna della natura. Soprattutto calore. Molto bello.
Ma il buddismo…
Non posso dire nulla altrimenti Marta me ne dice di tutti i colori.
Giugno 28th, 2011 at 4:57 pm
>L’impermanenza come qualità materna della natura
… che è il lato A. poi c’è il lato B.
cfr Leopardi, Giacomo, “Dialogo della Natura e di un Islandese”.
Giugno 28th, 2011 at 5:41 pm
Ne facessi una giusta.
Dicevano al pastore errante…
Giugno 28th, 2011 at 9:12 pm
Non so perchè, ma ho come la sensazione di essere chiamata, sia un po’ ‘velatamente’, in causa…
Sarà per le mie ‘frequentazioni’ cristiano-buddiste !?! ( Ma.. chi ha fatto la spia?? )
Scherzi a parte, l’ arogemento mi interessa, anche perchè torna ripetutamente acnhe negli incontri a cui partecipo, ma mi rendo conto che non riesco ad avere ‘opinioni’ intorno a ciò …
E mi viene in mente quello che mym ha scritto nel post all’ inizio e cioè ‘ …direi che il dialogo esiste nel percorrere un tratto di strada assieme ecc..’ e a questo mi sento di aderire …
Giugno 28th, 2011 at 9:33 pm
Ben detto, dhr 130. Merci, non conoscevo il testo leopardiano che citi, che, verso la fine, recita:
“Natura. Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all’altra, ed alla conservazione del mondo; il quale sempre che cessasse o l’una o l’altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione. Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da patimento.
Islandese. Cotesto medesimo odo ragionare a tutti i filosofi. Ma poiché quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?”
La Natura non risponde. Il buddismo neppure, men che meno con l’ideologia naturista cara a Luciano. Zazen si situa qui, in questa non risposta, altro che colorito calore.
Giugno 29th, 2011 at 10:13 am
Una volta (quando ancora si ascoltava la radio perché la tivì a casa non c’era) vi era una pubblicità con un ritornello che (più o meno) faceva: “che calor, che calor che passare fa il dolor: con TermoZen!”.
Per tornare ai leopardiani rovelli, all’islandese (chissà che ci azzecca…) chiederei: ma perché “cotesta vita ecc. ecc.” dovrebbe piacere o giovare a qualcuno?
Marta: ribadisco e concordo volentieri, percorrere un tratto di strada assieme. Senza stravolgere o distorcere per far apparire secondo la propria ricetta religiosa.
Giugno 29th, 2011 at 10:54 am
>ma perché “cotesta vita ecc. ecc.” dovrebbe piacere o giovare a qualcuno?
La risposta può non esistere, ma la domanda è legittima. Se Shakyamuni non se la fosse posta, non avrebbe formulato le 4 nobili verità.
Giugno 29th, 2011 at 11:00 am
Naaaa. Tutta ‘naltra storia. Non si tratta di perché. Ma: visto che c’è “danno e morte di tutte le cose” vediamo di darci ‘na mossa. Se interessa. Altrimenti potete pure andare a sbroccolare l’anima a qualcun altro…
(Si sa, i bodhisattva di 2500 anni fa usavano un linguaggio molto “alla mano”…)
Giugno 29th, 2011 at 11:07 am
In francese “zen” è diventato un aggettivo di uso comune, indica l’atteggiamento noncurante (insoucieux) di chi non fa problemi e prende tutto come viene… Chissà perché… non ho mai conosciuto gente meno “zen” (alla francese) degli zen, e ne conosco parecchi a est e a ovest… degli autentici rompi…zen! Dev’essere questo vezzo spontaneista naturista che tanto piace ai cristiani nostrani, stanchi di diopadreonnipotente che prima li crea e poi li castiga in quanto creature.
Giugno 29th, 2011 at 11:15 am
Proprio ‘nooso com’è. Però mo’ che famo il monastero ggiusto pe’ li tipi ggiusti la prima reggola sarà: vietato immaginare lo zen. Altrimenti chiamo il diopadreonnipotente, che ti fa tottò!
Giugno 29th, 2011 at 1:36 pm
Considerando mym136, allora, è possibile delineare la differenza etica dell’operare dell’uomo cristiano e buddista?
Luglio 1st, 2011 at 5:45 pm
Domanda:
Pessimismo cosmico e idee romantiche (così mi sembra interpretato qui il “calore” espresso da Luciano)non sono entrambe prese di posizione?
Luglio 1st, 2011 at 7:44 pm
il silenzio che ha accolto i post nn. 139 e 140 è sicuramente da attribuire ad arcana saggezza apofatica…
Luglio 1st, 2011 at 10:50 pm
@141: oggi lo chiamano mobbing 🙂
forse dovremmo smettere con le domande oziose (ad esempio nel mio caso) e magari fare, se proprio necessario, le domande giuste (da tipi ggiusti). Oppure il silenzio. Ma spesso nu’ je la faccio. Je la farò.
Cmq credo che tu, dhr, possa dare indicazioni in proposito. Intanto mi ascolterò Curami (CCCP), chissà…
Luglio 2nd, 2011 at 6:44 am
Caro AHR, incoraggiato dal fatto che condividiamo il 66,6% del nickname, ci provo…
A 139: boh
A 140: no, sono due prese per il…
Luglio 2nd, 2011 at 12:10 pm
a 143
Forse, penso dipenda dalle intenzioni..
Dopotutto anche questo spazio potrebbe essere una presa…di posizione:-)
Luglio 3rd, 2011 at 3:24 pm
Buondì a tutti. Sono silente perché scollegato (sto usando PC e linea del giornalaio…). Tornerò, tornerooooo
Luglio 3rd, 2011 at 4:00 pm
Ossetornerò
Luglio 3rd, 2011 at 4:14 pm
abbiamo ufficialmente la prova che mym non è uno di “coloro che non più ritornano”. tsk tsk, lo abbiamo fatto studiare tanto, per cosa?
Luglio 3rd, 2011 at 4:17 pm
@dhr: cosa gli dai da mangiare alla tua mente?
Luglio 3rd, 2011 at 5:52 pm
@AHR: vado direttamente in endovenosa
Luglio 4th, 2011 at 4:08 pm
Gesù.
Mi sa che non torno.
Luglio 4th, 2011 at 4:29 pm
ossapeve ie! scusa mym. non posto più nulla ma torna.
Luglio 4th, 2011 at 5:01 pm
dall’edicola votiva cattolica all’edicola dei giornali buddista… questa secolarizzazione che avanza…
Luglio 6th, 2011 at 2:32 am
Infatti.
Credendo uomo veramente spirituale chi non aderisce a nessuna Religione o Chiesa fare il ‘monastero ggiusto’ sarebbe la fantastica utopia di una civile secolarizzazione della società. Un ritrovo di amici dove consolarsi della “verità” ed evitare al prossimo l’amarezza della conoscenza contemplativa: un gigantesco orfanotrofio per adulti!
Però la “socialità” di un individuo dipende dall’apparato economico di provenienza a cui non interessa l’individuo.
Silenzio
Buddha-Gesù
Società del frastuono
Luglio 6th, 2011 at 7:25 am
oh, bentornato homosex.
ero lì-lì per fare un (ennesimo) OT e chiedere al mondo che fine avessi fatto.
Luglio 6th, 2011 at 1:26 pm
Grazie, dhr.
Sono diventato un lurker da quando mi sono disintossicato e
liberato degli ipnotici sofismi di un vecchio mago. Il venir meno del sentimento religioso produce “squilibri filosofici” e conduce a personalismi deteriori e personalità storicamente decadute. I concetti giuridici derivano storicamente da quelli teologici e rendono visibili, incarnandoli, i rapporti teologici. Però la tradizione religiosa ignora il contrasto sempre più stridente tra l’uomo elementare e la complessa macchina moderna. Il futuro non si identifica più con il luogo della redenzione e del compimento del perfezionamento: i “singolari collettivi” – concetto storico fondamentale – hanno subito un mutamento semantico…
Luglio 6th, 2011 at 3:37 pm
Ciao homosex! Nonècche mi mancavi però…. dove mai avremmo trovato (se lo leggevo prima lo usavo al posto della Pantomima) il “gigantesco orfanotrofio per adulti”….
Eppoi “Però la tradizione religiosa ignora il contrasto sempre più stridente tra l’uomo elementare e la complessa macchina moderna” è vero. Pare banale, non è cosa dappoco. E se per vivere il fatto religioso -hm hm…- fosse necessario risolvere questo contrasto?
PS: è da molto che lurkavi?
PPS: 139 e 140, tempi tecnici e li accudisco.
PPPS: sono tornato.
Luglio 6th, 2011 at 4:41 pm
Ciao homosex, mi sono documentato (su wikipedia, dove se no?) ignoravo cosa fosse un lurker, mi pare una figura nobile, una specie di testimone silente e responsabile, presente senza invadenza. Mi piacerebbe essere un lurker. Orfanotrofi per adulti ce n’è di ogni taglia, si va dal bilocale in su, e gli adulti per orfanotrofi abbondano.
Luglio 6th, 2011 at 5:49 pm
@156
Giustappunto.
Vorrei patteggiare uno sconto di pena.
Dopo la scalata montanara, le scale con i secchi, ho aggiunto lo scarico di un container di 40hq.
Che faccio lascio? O prenoto un monolocale nell’orfanotrofio per lurker?
Luglio 6th, 2011 at 5:56 pm
Prenota, prenota, ‘unsisammai…
Luglio 6th, 2011 at 6:43 pm
E’ da un po’ che lurko. Il ’libbro non l’ho letto ma pare la solita zolfa: tramonto della metafisica, crisi dell’ideologie, mancanza dell’ assoluto etc.
OT
La società del frastuono è inimaginabile per un qualsiasi uomo del mondo antico.Il patrimonio concettuale futurologico si è capovolto in fattore di accelerazione del tempo storico orientato all’annientamento della vita e alla paralisi dell’azione. Le ‘verità’ riposte nel domani non fanno presa sull’”oggi” ma coartano l’individuo a spostare continuamente la prospettiva su un orizzonte-futuro (costantemente-rinviato) . Le religioni assecondano questa tendenza annichilendo un concetto alternativo di azione programmatica verso il futuro (non si sa come potrebbero intervenire sul corso degli eventi)
PS: nella società del frastuono la solita sirena coi baffi canta in sirenese un verso non proprio da sirena:
‘Pryntyl, smack smack glu glu !!!’
Luglio 7th, 2011 at 12:36 am
Il rapporto tra l’uomo elementare e la complessa macchina moderna segna il punto in cui passato e futuro divengono inconciliabili.
Là dove la rammemorazione diventa incontrollata il futuro è soffocato dal passato che nel ricordo continua ad essere presente frenando ogni articolazione dell’agire.
Insomma, il capitano dalla testa di morto ha la pretesa di trasformare la potenza tirannica in sapienza filosofica, la forza fisica in fortezza morale, la vitalità dionisiaca in temperanza apollinea e la sopraffazione sui deboli in giustizia regale (la vecchia storia della colonizzazione dell’avvenire con progetti incoerenti, irrelati e non futuribili).
Mentre l’attuale apparato economico monopolizza l’agire al “successo” professionale e all’accumulo tendenzialmente illimitato, fine a se stesso, un generale svuotamento di senso e di disumanizzazione del mondo, privo di un senso trascendentale, attesta i tratti della irrazionalità ben più di quelli della razionalità.
PS: non è che volessi scrivere un commento inadeguato al topic: è che non ho letto il libro!
Buddha al servizio di Gesù al servizio del capitalismo? Meglio se continuo a lurkare…
Luglio 7th, 2011 at 6:59 am
>Insomma, il capitano dalla testa di morto
Capitan Harlock?
… o il Teschio Rosso?
Luglio 7th, 2011 at 9:19 am
Il libro io ho finito di leggerlo con gran fatica, dovuta non solo e non tanto alla mole e alla prosa scanzonata eppure prolissa, quanto a un disagio di fondo che il commento di hmsx, che pur non l’ha letto, rende bene: “Buddha al servizio di Gesù al servizio del capitalismo”. In fondo è solo un tentativo di restare nel giro, non di uscirne né men che meno di spezzarlo: davvero è meglio continuare a lurkare…
Luglio 7th, 2011 at 2:10 pm
Ma chi dice di lurkare, lurka?
Urca!
Luglio 7th, 2011 at 2:51 pm
Pienamente d’accordo con jf 163 e indirettamente con HMSX.
Non ho finito la lettura, ma credo proprio che il finale non mi riserverà grandi sorprese nè mi svelerà l’identità dell’assassino.
Solo due cose:
1) la frase riportata sul retro copertina, firmata J. Ratzinger, è semplicemente esilarante. La ricopio per chi di Voi non abbia il libro sottomano: “Knitter opta per una semplificazione radicale del dialogo interreligioso e al fine di renderlo effettivo lo fonda su un unico principio: “il primato dell’ortoprassi rispetto all’ortodossia”. Questo modo di porre la prassi al di sopra della conoscenza è una chiara eredità marxista.”
Luglio 7th, 2011 at 2:53 pm
2) MA CHE COSA INSEGNANO NELLE PRESTIGIOSE FACOLTA’ DI TEOLOGIA CRISTIANA ?!?!?
Luglio 7th, 2011 at 4:50 pm
già, doc, guarda com’è ridotto chi ci è passato…
Luglio 7th, 2011 at 4:59 pm
Teschio Rosso vs capitan Harlock.
TR tutte le cose grandi sono caricature mostruose e terrificanti
CH infatti una tale mostruosa caricatura è stata la filosofia dogmatica, per es., la dottrina dei Vedanda in Asia e il platonismo in Europa
TR yawohl! L’errore peggiore, ostinato, pericoloso è errore da dogmatici
CH già… l’invenzione platonica del puro spirito e del bene in sé, la ridicola credenza in un mondo ideale puramente spirituale più vero di quello che vediamo e che sperimentiamo con i nostri sensi…
TR ..posto a fondamento e a guida del grossolano mondo terrestre! Ahahaha..’
Luglio 7th, 2011 at 5:02 pm
Non sono (più) uno studioso di Marx, però nella cultura marxista di una trentaquarantina d’anni or sono il richiamo alla prassi che supera la teoria e quindi la ricerca di un’ortodossia, era pane comune…
Tra l’altro, l’anno scorso, mi venne mossa la stessa “accusa” da parte di un marxista quando parlai della importanza primaria dello zazen rispetto a tutto il resto.
Luglio 7th, 2011 at 5:25 pm
Il tratto che accomuna il capitalismo alla prospettiva cristiana è l’aver riposto il significato ultimo delle cose in una dimensione che, comunque la si concepisca, non coinciderà mai in senso pieno con il presente. Per la prospettiva cristiana il senso dell’agire si perfeziona in un altrove oltremondano e trascendentale (il Paradiso); per la prospettiva capitalista in un futuro mondano, ma sempre differito, dunque anch’esso, a suo modo, trascendentale.
In entrambe le prospettive la dimensione del presente, della piena contemporaneità con se stessi e il proprio agire hic et nunc, ingloba il ‘non ancora’, il mondo platonicamente chiamiamo Essere, Bene, Verità, Giustizia, e che biblicamente ha assunto il volto personale di Dio, il quale, lungi dal “risvegliare”, ha precipitato l’umanità in un lunghissimo sonno dogmatico.
Non c’è niente da svelare e scoprire per essere svegli, nessun eureka a garanzia dell’egregora.
Luglio 7th, 2011 at 5:50 pm
168: un Dialogo quale Platone non avrebbe mai osato immaginare (peggio per lui)
Luglio 7th, 2011 at 6:58 pm
Teschio Rosso vs Capitan Harlock 2
CH la falsa credenza di un mondo più vero oltre quello sensuale è l’eredità platonica del cristianesimo; l’oppio usato come instrumentum regni per tenere a bada il popolo e per tenere a freno i potenti; per esercitare sui pretesi superuomini di ogni tempo una funzione moderatrice di (in)trattenimento e di calmante, l’unica in grado di trasformare un tiranno feroce in un saggio sovrano..
TR ahahah! se il cristianesimo è il platonismo per il popolo, a maggior ragione il platonismo è l’oppio per il superuomo!
Luglio 7th, 2011 at 7:16 pm
>il platonismo è l’oppio per il superuomo!
L’intervallo nell’attesa spasmodica della controreplica di p. Luciano sta regalando chicche preziose.
Internet è l’oppio del platonismo.
Luglio 8th, 2011 at 12:37 am
Il Dharma del vangelo inquinato dal platonismo?!
L’ortoprassi del Cristo posta al di sotto della conoscenza?!
Il Regno dei cieli è un altro modo di dire Nirvana?!
Sembrerebbe un buon assist: ma non passa un cristiano da queste parti!
Luglio 8th, 2011 at 12:51 am
ma non passa, un cristiano, da queste parti!
Luglio 8th, 2011 at 12:39 pm
@ 139 La differenza principale tra la morale cristiana e quella buddista è che in area mentale cristiana si pensa che ci sia un Dio mentre in area mentale buddista… si tergiversa sino a che si passa oltre. Così i cristiani credono che la morale sia contenuta in quelle fantasie? Idee? Ispirazioni? che chiamano il “volere di Dio”, il “pensiero di Dio” ecc. e che pare tutti i preti conoscano: specialisti nello spiegare quello che Dio vuole e pure quello che non vuole da noi. Irritante.
I buddisti paiono più liberi nel sapere volta per volta come fare, basta evitare il male e, prima di compiere il bene ripulire ben bene le proprie sciocche intenzioni.
Come si fa per sapere qual è il male, e quindi quello che è da evitare e il bene, e quindi ciò che è da compiere con attenzione?
@ 140, sei molto generoso. Comunque anche le smanie e le fantasie possono essere definite “prese di posizione”.
Luglio 8th, 2011 at 7:40 pm
La razionalizzazione che diversifica l’Occidente dalle altre civiltà è la “secolarizzazione” (il processo storico-religioso di disincantamento del mondo).
Nel passaggio alla modernità la dimensione storica si trasforma in una necessità processuale assoluta, onnipervasiva della realtà, orientata unidirezionalmente verso un futuro assiologicamente positivo (l’accadere si configura come un progresso lineare).
La fede in Dio favorisce questa struttura del tempo postulando un alto ottimismo (si crede che Dio è destinato a trionfare essendo l’inizio, la fine e il fine – insomma, un giorno il redentore dovrà venire..)
I confini dell’empiria si valicano nella misura in cui la storia cessa di configurarsi come NARRAZIONE VERIDICA DEGLI EVENTI PASSATI e si trasforma in CORSO STORICO in atto, che procede “vettorialmente” dal passato al futuro transitanto per il ”ponte mobile” del presente” (l’attimo vissuto in funzione del futuro indebolisce l’uomo moderno incapace di agire pienamente nel presente e di produrre nuova storia)
Nell’ “oltre” buddista si immanentizza la centralità del presente – fuso con la decisione e la volontà – in una in una completa inversione del ”futuro-centrismo” della concezione cristiana-capitalista.
PS: Buddha sarebbe al servizio di tutto questo?!
Luglio 10th, 2011 at 7:07 pm
aspettiamo fino al n. 200, poi condanniamo il Grande Assente in contumacia (anzi, senza tumacia, così impara)
Luglio 10th, 2011 at 9:50 pm
Ciao Paolo, sono stato in ferie per un paio di settimane e ho perso un po il filo del discorso ma raccolgo il tuo ultimo assist sulla similitudine tra Regno dei Cieli e Nirvna. Secondo me le convergenze ci sono, non credo che la libertà di Dio nella quale si immerse Francesco uscendo dalla prigione sia diversa della libertà del Buddha. Inoltre credo si possa dire che il Regno di Dio sia il mondo stesso visto alla luce della fede.
Io credo però che quando si usa questo termine nel cristianesimo vi sia in realtà una duplice accezione, a secondo dei contesti. Da un lato il Regno è una dimensione intima presenta in ogni uomo (forse in ogni cosa?) ed alla quale per i Cristiani si accede tramite l’incontro con il Signore risorto; quest’ultima è un’esperienza molto difficile da spiegare a chi non l’ha fatta, ma forse mutatis mutandis potrebbe avere una qualche somiglianza con la scoperta ed il realizzarsi della natura di Buddha nel buddismo.
La seconda accezione, che invece si discosta nettamente, mi pare, da Nirvana è di tipo escatologico, come faceva notare Hmsx. Il Regno di Dio non coincide con il mondo, c’è uno scarto insanabile che si colmerà solo alla fine del tempo; il Regno c’è già pienamente nello Spirito, ma sarà compiutamente solo quando Dio sarà tutto in tutti. Anche questa seconda accezione non mi pare disprezzabile, poiché sottolinea il dinamismo ed il carattere aperto ed in evoluzione del cosmo. Infatti il regno di Dio si realizza compiutamente solo nella libertà dell’uomo e nella sua capacità di compiere il bene, dipende quindi in piccolissima parte anche dal mio o dal tuo agire.
Perciò penso che si possa dire che per i Cristiani il regno di Dio è sia intessuto nella trama del divenire e nella storia sia al di là ed oltre di essa; per quanto possa capire questo non si può dire del Nirvana…o no?
Solo un ultima osservazione: attenzione a non confondere la teologia con l’esperienza reale dei cristiani. Per quanto sia scandaloso od irragionevole, per Cristo Dio si trova in mezzo alla sofferenza, tra i poveri, i malati ed i peccatori ed è lì che andrebbe cercato.
Scusatemi per la lunghezza, ho cercato di condensare il più possibile. Se il ruolo di interprete del Cristianesimo in un dialogo col Buddhismo spetta a me vuol dire che siamo messi proprio male…aspettando il Grande Assente (chi è Godot?)
Luglio 11th, 2011 at 10:24 am
Ucci ucci…
È davvero passato un angelo.
Complimenti per il coraggio.
Luglio 11th, 2011 at 10:37 pm
Mi permetto alcune puntualizzazioni all’intervento di angelo #179, restando in “ambito buddhista”.
– Il “Regno dei Cieli” è il Regno dei Cieli.
– Il “Nirvana” è il Nirvana.
– Francesco è Francesco.
– Buddha è il Buddha.
– La “natura-di-buddha” non si “scopre” e non si “realizza”.
– Nessun “divenire” non solo nel Nirvana, anche per Severino…
Luglio 12th, 2011 at 11:37 am
Ciao Nello, anch’io potrei dirti lo stesso restando in “ambito cristiano”, però non vedo come si possa intraprendere un dialogo autentico senza arrischiarsi in accostamenti inediti e senza ricercare dei parallelismi travalicando i confini. Naturalmente la ricerca del dialogo non è obbligatoria, anche se a mio parere arricchisce molto. Non so se Severino c’entri qualcosa col buddismo, col cristianesimo secondo me non c’entra per niente.
Luglio 12th, 2011 at 9:08 pm
Ciao angelo,
gli accostamenti, i parallelismi e tutto il resto che associ, sono molto pericolosi e rischiano di ridurre, relativizzare, assimilare esperienze che resteranno sempre distinte.
Personalmente, trovo molto più appropriato precisare il proprio ambito di ricerca e di studio, questo a dire che non credo in nulla che sia presentato come “dialogo interreligioso”, lo trovo un artificio fuorviante e deleterio e il mio intervento era appunto per dire “questo è questo” e “questo è questo”, nessuna commistione o parallelismo o accostamento…
A margine…Emanuele Severino non é liquidabile con qualche formuletta…e comunque, è già nell’Olimpo e tra i grandi filosofi di ogni tempo.
Come vedi, qui ed ora, è, e sarà sempre diverso per ognuno, per questo non credo nelle associazioni, negli accostamenti, nei parallelismi inediti e che travalicano i confini. Viva i confini.
Ciao.
Luglio 12th, 2011 at 9:21 pm
angelo (nonostante il nome etereo) ha meno puzza sotto il naso.
Luglio 12th, 2011 at 10:05 pm
elencala
Luglio 13th, 2011 at 11:24 am
Ciao Angelo.
Anch’io sono stato via, e presto ripartirò. Ma c’è tempo per un ulteriore scambio di vedute.
In questo contesto (179 e segg.) mi pare il caso di dire, con Nello, che qui ed ora è diverso per ciascuno, e fare paragoni tra esperienze un azzardo. Comunque la tua è una ipotesi suggestiva e davvero coraggiosa in ambito cristiano.
Natura di Buddha , niente. Spirito di Cristo, niente.
Siamo al capolinea.
Rimane il problema escatologico: che divide. Dio, Regno di Dio. Volontà di Dio; il bene, il male. Possiamo considerarle costruzioni mentali, elaborazioni a fini socio politici (?!)
E qui viene il problema del dialogo interreligioso. In effetti lo scopo del dialogo mi pare esclusivamente socio-politico: diminuire i conflitti determinati da quelle costruzioni mentali che chiamiamo religioni. Che sono poi le religioni del Libro, mi pare.
Ecco perché insisto nel dire che il buddismo non è una religione e che il termine budd-ismo è improprio.
Che poi si usi il buddhadharma come una chiave per il dialogo tra religioni, può andar bene. Ma attenzione a non contaminarlo.
Luglio 13th, 2011 at 11:52 am
Panikkar si avventura(va) in una distinzione fra cristianità, cristianesimo e cristianìa, per indicare aspetti concomitanti ma non sovrapponibili completamente (aspetto storico-socio-politico-geograficodell’ecclesia cristiana, aspetto dottrinale dell’insegnamento e del messaggio cristiano, aspetto spirituale dell’esperienza cristica). Si può dire, a mio parere, che il buddismo non è una religione solo se lo si identifica completamente con buddhadharma, come mi pare facci doc (186) ma allora come chiamare l’esperienza storico-religiosa di interi popoli e intere epoche, dai tibetani ai birmani, dai srilankesi ai cambogiani, dai cinesi ai coreani, vietnamiti, giapponesi… Forse bisognerebbe, parlandone, fare qualche distinguo fra l’uso dei termini buddismo, buddhadharma, zen… Non sono intercambiabili, e nessuno è ormai eliminabile, temo.
Luglio 13th, 2011 at 12:29 pm
Eeee… là là. Volevo fare una battuta sull’utilità del dialogo tra lurker (vulgo: guardoni) che scrivono 200 e spingi commenti a proposito del dialogo ma… dopo la cristianìa, come fo?
Luglio 13th, 2011 at 1:05 pm
Abbiamo inventato la categoria del lurker interventista, ovvero il voyeur dalla mano morta…
Luglio 13th, 2011 at 1:50 pm
187-188
alle pagine sulla cristianìa non sono ancora arrivato… tempo e paglia!
🙂
Luglio 13th, 2011 at 2:46 pm
Ciao Paolo, a me la ricerca delle congruenze e delle affinità sembra un modo eccellente per evidenziare le differenze. L’ipotesi che non vi sia alcun punto di contatto o di sovrapposizione, cioè che buddhismo e cristianesimo siano completamente estranei l’uno dall’altro mi sembra altrettanto insostenibile di quella opposta, cioè che siano identici. E poi cheffai mi fai degli assist che al confronto Xavi è un terzino è poi tiri indietro il piede? Se mi poni un interrogativo mi sento in dovere di cercare di rispondere, anche per la stima che ho della fonte da cui mi proviene la domanda…ed anche per cercare di contraccambiare, in piccola parte, di quanto ho ricevuto e ricevo. Bon voyage…
Luglio 13th, 2011 at 4:43 pm
Sì, un assist è un assist e una montagna è una montagna. Certo non si può dire che due montagne siano completamente estranee una dall’altra. Però, una montagna non è un’altra e, soprattutto, salire su una non ha nulla a che vedere con salire su un’altra. È impossibile dire persino se il colore che tu vedi rosso sia lo stesso colore che vedo io o se il colore che tu chiami rosso io lo vedo come tu vedi il blu. Una volta tolto tutto si comincia a parlare di nirvana e subito non siamo più d’accordo. Figurati se possiamo fare un parallelo col regno dei cieli. In più, e questo è dirimente, se tu, cristiano, cerchi qualche cosa di diverso e in modo diverso da quello che cerco io, buddista, come si può dire che troviamo la “stessa cosa”. E anche fosse, come possiamo saperlo?
Luglio 13th, 2011 at 5:10 pm
Ragazzi, è pronto il tè!
Luglio 13th, 2011 at 5:11 pm
Grazie Marta, uno splendore. Ancora un goccia di latte per favore…
Luglio 13th, 2011 at 6:39 pm
Per Angelo. Non era certo mia intenzione fare come Lucy con Carlie Brown.
Dice bene mym 192, a mio parere.
Non dobbiamo nè possiamo dimostrare niente.
Credo che il dialogo – se è di quello che stiamo parlando – possa porsi come obiettivo una più pacifica convivenza in questo mondo: non potremo mai dire però se il risveglio di Buddha sia uguale a quello di Cristo, o altre amenità del genere.
L’escatologia cristiana (o dei cristianesimi) non trova un corrispondente nei buddismi. (Parlare di buddismi al plurale mi sembra già un piccolo passo avanti verso jf 187, o no?)
E la prospettiva escatologica, se sostiene una pretesa di Verità, pesa come un macigno sui processi di pacifica convivenza.
Luglio 14th, 2011 at 10:38 am
Questo blog ha come insegna che compare a caratterizzarlo quando lo si cerca con un motore web, tipo Google, la frase: “Comunita’ di dialogo fra buddismo e cristianesimo fondata sulla certezza che i valori coltivati dallo Zen e annunciati dal Vangelo si illuminano e si ravvivano a vicenda”. Penso che questo aspetto del dialogo, lo stesso di cui un poco grezzamente parla Knitter, vada analizzato con attenzione. È una sorta di interessante e sorprendente valore aggiunto che può far modificare sia le modalità stesse del dialogo sia il suo valore intrinseco.
Luglio 14th, 2011 at 11:23 am
ecco, appunto, ma finora mi è parso che gli interventi fossero del tenore: “che ci azzecca… con…?”
Luglio 14th, 2011 at 11:25 am
Ciao boss, come dirlo meglio e con più chiarezza di così? Io sono convinto che se per assurdo tutta l’umanità venisse accomunata da un’unica religione, qualunque essa fosse, nessuno sarebbe più in grado di coglierne l’intima essenza ed il valore. Avrebbe potuto il buddismo svilupparsi in tutta la sua grandezza, bellezza e varietà se non si fosse dovuto confrontare con l’induismo prima e con le religioni asiatiche poi? Senza i bramini indù non credo ci sarebbe stato un Nagarjuna. Lo stesso dicasi per il Cristianesimo rispetto ad Ebraismo e (questo va fortemente sottolineato) Islam.
Forse io ho una percezione particolarmente forte di questo aspettopoichè viviamo in Italia, dove purtroppo la cattolicità è quasi un assioma. Uno dei pochissimi luoghi dove ha un senso che io mi dichiari cristiano è proprio questo, perchè altrove questa affermazione susciterebbe un interesse ed una ricerca di comprensione pari alla frase “a me piace la pizza”.
La prospettiva escatologica cristiana dovrebbe realizzarsi secondo le modalità che Gesù indicò nel Getsemani quando i discepoli avrebbero voluto estrarre la spada. Chi segue un altro percorso non può dirsi cristiano. Non tutti quelli che dicono Signore entreranno nel Regno, ma chi compie le opere del Padre (mi sembra notevole che non si affermi chi crede in Dio).
Luglio 14th, 2011 at 11:28 am
Un conto è fare il timballo, si mischia, si trita s’inforna e alé. Diversamente, mantenere le cose chiare, separate permette
Che cosa permette?
Tango!
Luglio 14th, 2011 at 12:19 pm
@199: sul dialogo, a partire da @196, provo a “dire qualcosa”.
– il dialogo è sempre incontro-confronto con l’altro
-a tema del dialogo “religioso” è il senso dell’esistere
-il linguaggio è lo spazio comune, lo sguardo strutturalmente intersoggettivo, universale,nel quale gli uomini si incontrano e (a volte)si comprendono, o confliggono, in ragione della possibilità di prender parte al SENSO dell’altro.
-il dialogo nel suo aspetto critico diventa lo spazio in cui ognuno può cogliere i propri e altrui limiti e possibilità
-se la verità, ciò di cui sono convinto,non è qualcosa che penso di aver afferrato definitivamente, ma il senso che guida il mio procedere, allora essa è un “simbolo” che rimane aperto ad ulteriori correzioni e non una forma a-temporale da applicare all’esperienza qualunque sia ciò che essa mi “dice”
-Quindi: se ognuno si apre alla possibilità costitutiva dell’esperienza dialogante(sia il “qui e ora” o l’escatologia..), dove porti il dialogo lo “dice” solo il dialogo stesso, ai soggetti che si aprono ad esso
Luglio 14th, 2011 at 12:27 pm
Ehilà Dario, forse eri propio tu il Grande Assente che si materializza solo al 200.
Io penso addirittura che in un certo senso il dialogo preceda e sia più vero dei dialoganti.
Complimenti per la proprietà e la profondità con cui ti sei espresso
Luglio 14th, 2011 at 12:52 pm
Il dialogo che precede i dialoganti.
‘Sti preti, non cambieranno mai… 😛
Luglio 14th, 2011 at 1:04 pm
Perchè dicon così i preti? Quelli della maggior parte delle parrocchie vanno un po più sul pratico in genere…nessuno vien più a messa, e i dico non van bene, niente sesso prima del matrimonio ecc. ecc.
Luglio 14th, 2011 at 1:12 pm
>Ehilà Dario, forse eri propio tu il Grande Assente
no, più su, più su, guarda nei primi commenti a questo thread 😉
Luglio 14th, 2011 at 1:42 pm
La sorprendente insegna “Comunita’ di dialogo fra buddismo e cristianesimo fondata sulla certezza che i valori coltivati dallo Zen e annunciati dal Vangelo si illuminano e si ravvivano a vicenda” va sottoposta a un rigoroso vaglio critico, per evitare, almeno tentativamente, che questo non sia che uno slogan che banalizza e vanifica in partenza (siamo sempre in partenza) l’eventualità interessante di “modificare sia le modalità stesse del dialogo sia il suo valore intrinseco” (mym 196). Mi pare si pongano, a chi interessa, interrogativi propedeutici e metodologici. Ne propongo alcuni: “Comunita’ di dialogo fra buddismo e cristianesimo”: quale buddismo? (abbiamo scoperto che ce ne sono tanti, forse uno per ogni buddista, ammesso che ci sia qualche buddista disposto a definirsi tale senza negarlo un attimo dopo) quale cristianesimo? (il ventaglio è sconcertante…). Su che si fonda la “certezza” che fonda la comunità? E’ una fede, al modo della lettera gli Ebrei (11,1)? E’ una tautologia? E’ mettere il tetto a fondamenta della casa? “I valori coltivati dallo Zen e annunciati dal Vangelo?” Lo zen coltiva valori? E nel caso, sono gli stessi di quelli annunciati dal vangelo? O sono altri? Stante la metafora ignea, due fuochi “s’illuminano e si ravvivano a vicenda” o piuttosto si spengono entrambi (fuoco scaccia fuoco)? Knitter, da quel che ho capito, non si pone seriamente nessuno di questi interrogativi ma parte da delle conclusioni che trae a partire dalla sua personale esperienza e che quindi divengono premesse. Chiama dialogo un circolo monologico, e così fan (quasi) tutti. Il dialogo dell’insegna del blog implica un confronto rischioso (bisogna buttar via acqua, bambino e pure la vasca), polemico (da polemos, conflitto, non per prevalere e sconfiggere, ma per non svilire e non svendere) imprevedibile e non necessariamente gratificante.
Luglio 14th, 2011 at 2:36 pm
Va bene, basta, mi avete convinto.
Perchè non fondiamo una nuova comunità sulla seguente base: “comunità per il rigoroso isolamento tra buddhismo e cristianesimo fondata sul dubbio che i valori che lo Zen non coltiva ed il Vangelo non annuncia potrebbero ottenebrarsi od estinguersi a vicenda”. ..chissà può essere che il non dialogo funzioni meglio…sono certo che tra i cattolici si troverà un enorme numero di aderenti, fidatevi 🙂
Luglio 14th, 2011 at 2:45 pm
206
yeah! 😀
Luglio 14th, 2011 at 2:50 pm
in effetti dovreste vedere le botte che ci si dà sul sito ebraico (dal nome ingannevole) leragazze.wordpress.com … però se si dialogasse, ci si divertirebbe mooooooolto meno, quindi… taca banda!
Luglio 14th, 2011 at 3:20 pm
Il guaio è che è difficile…bisogna fare la massima attenzione che quello che dico non possa accidentalmente costituire per te una forma di dialogo religioso…chesso potremmo parlar di fumetti e fantascenza, ma una cosa tira l’altra…la cosmologia potrebbe essere religione, l’uomo ragno magari ha un che di cristologico…
Luglio 14th, 2011 at 3:56 pm
Sì, jf 205, capisco, ma possiamo lasciare agli specialisti di definire il definibile (poco, temo) seguendo l’antica tradizione che la freccia si estrae e non si definisce. Lo slogan c’è, denuncia tutta la sua età e la mano che lo confezionò. Però, Asoka pare lo avesse capito e scritto in stele, guardarsi l’ombelico da un’altra prospettiva rende il solito guardare…
Ecco non saprei, l’importante -direi- è che la prospettiva sia altra e, potendo, affidabile.
So mica io se quello che si chiama zen è certificabile come tale. Meglio non rischiare.
Luglio 14th, 2011 at 4:31 pm
>la cosmologia potrebbe essere religione, l’uomo ragno magari ha un che di cristologico…
questo non l’ho scritto perché lo davo per scontato
B-)
Luglio 14th, 2011 at 4:56 pm
La posizione che esprime Angelo (es. 206) mi pare ‘viziata’ da una sorta di pragmatismo tecnicistico: una specie di fretta, di desiderio di pervenire ad un risultato di qualche genere.
Mentre mi pare si stia facendo strada la posizione che, se il ‘dialogo’ ha un senso non solo politico (ove si possono effettivamente ottenere risultati spendibili), questo stia proprio nel dipanarsi dello stesso (cfr mym 196, jf 205 e dario 200) e nulla più.
Di conseguenza credo che jf colga nel segno quando osserva – riguardo alla ‘certezza’ dell’insegna del blog – che è un po’ come mettere il tetto a fondamenta della casa.
Fra l’altro qui manca qualunque testimonianza di segno opposto: voglio dire manca completamente il punto di vista di buddisti o ex buddisti ‘vivificati’ dal cristianesimo. Cosa che giustificherebbe quel ‘a vicenda’.
Per quel poco che ho letto al proposito, mi pare che gli autori orientali tendano a liquidare la questione con osservazioni di questo tipo: “Cristo è stato un grande uomo, un vero bodhisattva” e poco più. Confesso la mia ignoranza. Può darsi che, in qualche sito buddista, ci sia qualcuno che sta esplorando l’altro versante di questo dialogo.
Luglio 14th, 2011 at 5:14 pm
Il dialogo HA un senso anche politico. Per questo: “a vicenda”.
Gli autori orientali, purtroppo non fanno testo, o almeno non più, da quando è venuto a mancare Uchiyama. A sostegno della tesi che “a vicenda” più che una certezza è una pia speranza si possono citare le percentuali di cristiani in Cina, Corea, Vietnam e Giappone. Ma non facciamo questioni di quantità. Il problema non è se approfondire la pratica, la comprensione del cristianesimo (uno qualsiasi, eh!) faccia bene ai buddisti (tutti). O se faccia bene di più o di meno della situazione opposta.
Il problema è che lo zen occidentale (quasi tutto) praticamente non esiste, al punto che se una o più comunità cristiane volessero compiere un esperienza di dialogo trasformante non saprebbero né dove né con chi. Se i pretesi zen occidentali trascorressero un par d’anni (almeno!) in una trappa forse forse…
Luglio 14th, 2011 at 5:33 pm
Western Zen Buddhists: Trapped
Luglio 14th, 2011 at 6:26 pm
Ovviamente 206 è un pò una boutade, ma in effetti l’unico modo per non dialogare è non dirsi nulla in assoluto.
Riguardo a quanto dice Mym in 213, c’è anche da aggiungere che la comunità cristiana interessata forse non c’è. Il sito della Stella non è facilissimo da individuare in assoluto, ma è molto semplice trovarlo se uno fa una ricerca web con keywords tipo dialogo cristianesimo buddhismo ecc.
Perciò escludendo un problema di visibilità, il fatto che di cristiani che intervengono ce ne siano pochissimi (almeno, che si dichiarino tali..) forse bisogna concludere che l’interesse da parte cristiana è scarso. Il che mi sorprende perchè se uno guarda gli scaffali di una libreria qualsiasi si fa l’idea che la “domanda” di Buddhismo in Italia sia grandissima…
Luglio 14th, 2011 at 6:32 pm
Qui si danno parecchio da fare.
Eppoi il testo del post non è solo mio, metà è stato composto da un monaco cristiano.
Luglio 14th, 2011 at 6:58 pm
Giusto. Un’osservazione su un punto che Doc ha toccato di sfuggita, ma che mi sembra interessante. Se un buddista orientale dice che il Cristo è stato un vero bodhisattva, o non ha capito il Vangelo in tutta la sua portata, oppure dice una cosa molto impegnativa. Non è forse il bodhisattva colui che realizza pienamente il risveglio? Nel dire così si spinge sullo stesso terreno nel quale mi avventuravo io parlando di Regno e Nirvana e sottintende che quanti prendono Gesù per Maestro e ne tentano la sequela realizzano anch’essi il risveglio. Non è che se è un buddista sinogiapponese a fare il passo in qua il passo è più corto che se lo fa un cristiano andando in là…
Luglio 14th, 2011 at 7:39 pm
217@: “il passo in qua il passo è…” Ecco la soluzione
Luglio 14th, 2011 at 7:51 pm
Tango?
Luglio 14th, 2011 at 7:52 pm
Esattoooo! Hai vinto il primo premioooo!
Luglio 15th, 2011 at 10:37 am
@ 217: quando si nomina il bodhisattva si cammina su ghiaccio molto sottile. Meglio evitare di tirarlo per la giacca. Ovvero: cercar di capire che cosa intenda il tale quando lo nomina piuttosto che stabilire noi chi il bodhisattva sia per poter decidere che il tale ha voluto dire questo o quello. Nei casi dubbi (se possibile, per es. perché il tale è in grado di rispondere): chiedere.
Dialogo, perbacco.
Luglio 15th, 2011 at 11:40 am
222
o meglio: non-due, non-due, non-due.
Advaita, la vida bonita!
Luglio 15th, 2011 at 11:45 am
Chiss’èsciutopazz!
Andale, andale!
Luglio 15th, 2011 at 11:48 am
Non è che il premio è in denaro? Tremonti m’ha bloccato gli aumenti salariali fino al 2014…questo è fare riferimento all’attualità!
Riguardo al Tango…attorno a cosa girano i danzatori? Dev’essere un Koan….
Luglio 15th, 2011 at 11:51 am
@mym 223
ma come? t’ho offerto su un piatto di (dario) argento la soluzione del problema dei rapporti tra bodhisattvi e poveri cristi…
Luglio 15th, 2011 at 11:55 am
Seeee…. I bodhisattvi non sono dei poveri cristi, sono i poveri cristi che sono bodhisattvi.
@ 224: beato te che hai aumenti salariali da bloccare.
Luglio 17th, 2011 at 8:42 am
In tema di advaita, riprendendo la rubrica “l’angolo del sincretista”, l’affermazione più forte in cui mi sia imbattuto del concetto, espressa direi con violenza rispetto al contesto in cui si situa, è Gv 8,58. A me verrebbe spontaneo un accostamento con “anche tu sarai un Buddha, gioiscine”, del Loto.
L’unico altra affermazione a mia conoscenza altrettanto distruttiva rispetto alla cornice di riferimento del proprio tempo di quella di Gesù è l’anatman del Buddha.
I Maestri avevano un’idea del dialogo piuttosto particolare, tiravan bordate da sfondare. Non stupisce che gli interlocutori di Gesù cercassero le pietre…
Luglio 17th, 2011 at 10:37 am
>“anche tu sarai un Buddha, gioiscine”, del Loto
una bella vincita al Lotto
(c) AHR
Luglio 17th, 2011 at 11:06 am
Un giro gratis sul Lotto volante…in compagnia con il bodhisattva che si fa tirare per la giacchetta, il Prodisattva
Adesso Mym mi butta fuori lo so…
Luglio 17th, 2011 at 11:13 am
il Puddingsattva
Luglio 17th, 2011 at 12:34 pm
il Puddingsattva sballottato sulla giostra…poveretto…
Vado a snaturare la pratica, così per un pò evito fesserie (forse)
Luglio 17th, 2011 at 4:34 pm
Se ci fosse un fuori ci sareste già, come i balconi per intenderci.
Luglio 17th, 2011 at 5:01 pm
Prof è DHR che ha cominciato! 227 magari è una c***ata, ma detta seriamente
Luglio 17th, 2011 at 5:31 pm
Il fatto è che (227) GV 8,58 recita: «Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”». Poi fai un accostamento con «sarai un buddha gioiscine» dal Loto ed infine brandisci la clava di anatman per dire che tutti e due picchiavano duro. Il tutto sotto il segno dell’advaita. Che, ci fai sapere, tu frequenti neanche fosse tuo cugino.
Dire “fuori come un poggiolo” è niente…
Luglio 17th, 2011 at 5:57 pm
In effetti dire che è l’espressione più forte suppone la pretesa di capire le altre, hai ragione. Ma non ti sembra che l’equazione YWH=uomo sia nel segno dell’advaità? Oppure secondo te non c’entra per niente?
Luglio 17th, 2011 at 6:01 pm
Così, a naso, non c’entra per niente.
Potrei essere più preciso se mi spiegassi che cosa vuol dire “YWH=uomo”.
Luglio 18th, 2011 at 7:33 pm
Mi sono evidentemente messo in un guaio. Comunque faccio uno sforzo di precisare l’idea che avevo in testa, chissà che non emergano spunti interessanti. La questione mi pare questa: come può un essere umano sano di mente affermare un identità tra se è il Dio ebraico dell’antico testamento (Io sono è il modo in cui Dio definisce se stesso)? Non bisogna essere PAscal per comprendere la distanza abissale che separa i due termini dell’equazione: la fonte ed il fondamento del cosmo (per quello che sappiamo costituito almeno da 100.000 miliardi di galassie) ed un mammifero bipede? A meno che la frase non voglia intendere che qualunque distinzione tra io e non io è scorretta…Perciò mi sembrava che fosse un esempio fortissimo di prospettiva da advaitin: unisce due termini che più agli antipodi di così non si può in un’identità. L’unico modo di esprimersi in modo ancora più advaita mi sembra non dire niente….
Luglio 18th, 2011 at 7:38 pm
Pardon, il punto di domanda dopo bipede non ci va…questo è quello che capita a tentare di scrivere di advaita mentre tua figlia cerca di rubarti il portatile…
Luglio 19th, 2011 at 11:07 am
Grazie Angelo (@237). Il fatto è che il non dualismo di advaita non è un tentativo di unire le cose più lontane, ossia non è un escamotage dialettico-filosofico per far stare assieme i cavoli e le merende. Advaita è una sorta di “posizione di mezzo furbetta”, dice che non si può dire che questo e Quello siano la stessa cosa, però… Per questo la tua considerazione non era chiara, essendo un corto circuito che presupponeva un’interpretazione inusitata di advaita.
Luglio 19th, 2011 at 1:27 pm
Grazie a te per il chiarimento; dopotutto qualcosa di utile in effetti è venuto fuori
Luglio 22nd, 2011 at 9:14 am
[…] way-point point in my pilgrimage. Several years later however I came across an excerpt from The Takuhatsu of Laughter Through the Tears, a memoir by the late Zen teacher Kosho Uchiyama, and it brought my Hannya-ji visit back to me in […]
Luglio 24th, 2011 at 6:41 am
Ho conosciuto il prof. Tosolini in una visita che fece a Cà Foscari assieme al direttore del Nanzan Istitute e devo dire che é una persona veramente cordiale.
Considero anch’io il suo lavoro su Nishida molto buono, quindi leggerò anche questo testo con piacere.
Voglio anche aggiungere che mi é piaciuto molto il lavoro di mym sul Sutra del Diamante.
Luglio 24th, 2011 at 12:42 pm
Grazie Nello. Nishida non è tra i miei preferiti, l’uso di visuali e termini di matrice daoista in campo buddista a mio parere genera parecchia confusione. Tosolini comunque si aggira nella Scuola di Kyoto con una competenza rara.
Grazie per l’apprezzamento al Diamante, il testo è veramente un capolavoro evergreen.
Luglio 27th, 2011 at 7:11 pm
a quando il premio per l’opera d’arte (e/o illustrazione, fumetto…) sul buddsimo?
Luglio 27th, 2011 at 7:11 pm
… o ancora meglio, sul “buddismo”?
🙁
Luglio 27th, 2011 at 7:29 pm
Per i fumetti… “avendo” il migliore ci abbiamo il conflitto d’interessi: premiare Buddazot sarebbe stato imbarazzante. Invece un premio per il miglior dipinto, illustrazione o per un disegno “buddista” potrebbe essere un’idea. Son curioso di vedere che cosa ne potrebbe venir fuori.
Luglio 27th, 2011 at 8:21 pm
lo hai detto, eh! testimoni tutti.
Luglio 27th, 2011 at 10:30 pm
se organizzate io ci metto il plugin per votare il miglior fumetto direttamente sul blog…
Luglio 27th, 2011 at 10:44 pm
[…] agli amici di Vangelo e Zen una iniziativa della Stella del Mattino, comunità buddista zen italiana. Ma prima, è opportuna una parola su questa comunità per non […]
Luglio 27th, 2011 at 10:54 pm
Film sul buddismo? Bandito! » La Stella del Mattino…
Da alcuni anni la Stella del Mattino indice un bando di concorso per la miglior tesi di laurea sul buddismo e dintorni realizzata da un laureando dell’Università di Urbino. Quest’anno, oltre alla borsa per la tesi, abbiamo bandito un concorso per premi…
Luglio 28th, 2011 at 9:54 am
E perché no una fotografia, un brano musicale, una danza, un racconto… includere cioè, come mi pare proponga dhr (1) tutte le arti, non solo cinema e saggistica.
Luglio 28th, 2011 at 10:42 am
Ma certo (@ 1, 5, 8), ottima idea, sono d’accordo. Seguo l’invito di Px e ci penso io ad organizzare. Allora (scrivete il vostro nome a fianco alla parte di cui vi farete carico):
1) I denari per i premi li procurerà:
2) Faranno parte della giuria i sigg.:
3) Raccoglieranno materiale ed adesioni (fornendo il proprio indirizzo) i sigg.:
4) Si occuperà degli aspetti legali il sig.:
5) Si occuperà di reperire il luogo della premiazione, diramare gli inviti, pagare eventuale sala ecc. il sig.:
Per il resto siamo apposto: Px ci mette il plugin… 😉
Luglio 28th, 2011 at 11:03 am
Q
Luglio 28th, 2011 at 11:06 am
Quoto mym9.
Mi offro per un contributo in denaro e per far parte della giuria (ma non ho titoli, se non la mia passione per cinema e fotografia). Oppure posso proporre ad alcuni fotografi di mia conoscenza.
Ma forse mym9 era ironico. O no?
Luglio 28th, 2011 at 11:09 am
Ehlalà, che sarcasmo… proponevamo solo di allargare il campo di meriti, il premio per ogni categoria può anche essere un serto di alloro e la pubblicazione sul sito, con un premio unico in pecunia (invariato nell’importo) per l’opera migliore fra le migliori. Per il resto, valutare solo filmati o anche opere di altra fattura non mi pare un gran aggravio di lavoro, per l’indefesso consiglio direttivo della stella…
Luglio 28th, 2011 at 11:31 am
in mancanza dell’oro, l’alloro può andare bene. ma perché si deve subito burocratizzare tutto? può anche essere un concorso informale inter nos, con la partecipazione di amici e simpatizzanti, e la “pubblicazione sulle pagine di questo blog”.
Luglio 28th, 2011 at 11:41 am
Allora, mi pare che ci siamo quasi, AHR mette i denari e un membro della giuria, jf allarga il campo, compila il regolamento, procura l’alloro, pubblica sul sito, valuta filmati e opere di altra fattura, dhr organizza un concorso informale inter nos. Quando siete pronti avvisate, così dico a Px, l’unico (con AHR, ma in seconda battuta) che abbia banfato solo per offrire collaborazione e non chiacchiere, di metterci il suo plugin.
Luglio 28th, 2011 at 12:18 pm
Anche le idee sono forme di collaborazione. Non si comprende perché il dipinto era una buona idea che non creava scompensi(mym3) mentre altre forme d’arte suscitano problemi. Comunque l’alloro ce lo metto volentieri…
Luglio 28th, 2011 at 12:19 pm
com mym non si può mai costruire nulla… accidenti allo zen che ci rovina la gioventù
Luglio 28th, 2011 at 12:36 pm
La gioventù?
Scusate non è per partigianeria ma riquoto mym.
A me pare quello il modo efficiente e pratico.
Richiesta, segue soluzione.
Essere parte della soluzione non del problema.
O no?
Luglio 28th, 2011 at 12:37 pm
Grazie per le idee. Ero un po’ a corto, ultimamente. Soprattutto di quelle (3) che potrebbero essere. Potrebbero.
(16): Lo stato ci ha lasciati soli!
AHR: sei la moglie ideale. O il marito? Mah, ti sposerei, insomma…
Luglio 28th, 2011 at 12:40 pm
Allo stare, si preferì lo stato. Peccato, si perse un’occasione.
Luglio 28th, 2011 at 12:44 pm
AHR: come non detto.
Nello, digli qualche cosa…
Luglio 28th, 2011 at 12:48 pm
Da ‘Accattone’, scene finali
Accattone: “Ah! Mo’ si che sto bbene.”
Luglio 28th, 2011 at 12:49 pm
Vabbe’, ‘sta vorta passi. Solo perché no’o sapevo…
Luglio 28th, 2011 at 1:08 pm
cmq ho appena pubblicizzato il concorso video sul blog a cui si è linkati facendo click sul nick qui sopra (come direbbe Dante).
se riceverete milioni di adesioni, saprete con chi prendervela.
Luglio 28th, 2011 at 1:12 pm
C’è un adesioni di troppo… 😛
Luglio 28th, 2011 at 1:21 pm
>Essere parte della soluzione non del problema.
personalmente preferisco essere parte del problema, perché di soluzioni questo mondo ne offre già troppe.
Luglio 28th, 2011 at 1:29 pm
Soluzioni troppe?
Vendute come soluzioni ma sono toppe: offre toppe soluzioni.
Come diceva il buon vecchio N.Young in HeyHeyMyMy “They give you this, but you pay for that”
Meglio essere parte di una soluzione… anche se rischioso.
Luglio 28th, 2011 at 1:30 pm
nonché qui:
http://www.uraniamania.com/forum.php?board=21&action=display&threadid=5542
Luglio 28th, 2011 at 1:34 pm
… e qui:
http://leragazze.wordpress.com/2011/07/13/i-programmi-tv-insegnano-ai-bambini-quali-sono-i-valori-importanti/#comment-5580
Luglio 28th, 2011 at 1:47 pm
nInfoRichiesta:
non ho capito se è possibile ricevere mail quando vengono pubblicati nuovi post e/o commenti.
Potete dire?
Grazie
Luglio 28th, 2011 at 3:16 pm
27-28. Grazie. Fossero tutti come te…
Cambierei pianeta.
AHR (29): certo che è possibile.
Luglio 28th, 2011 at 3:45 pm
l’ho segnalato anche altrove, ma non te lo dico sennò ti monti la testa, e prende polvere (meglio che resti smontata dentro la sua pratica confezione in cellophane)
testa: sede delle ikee
Luglio 28th, 2011 at 3:55 pm
Solo se di legno!
La testa delle ikee (Lo scrivo sennò AHR me chiede chevvordì)
Luglio 28th, 2011 at 4:12 pm
be’ se lo hai segnalato altrove vuol dire che sei piuttosto distratto ;-), andrebbe segnalato proprio qui. proprio ora.
oppure si parla di metaloco.
va be’ non fa niente tanto non so leggere tra le righe, ché non c’entro.
Lo sapete che vi dico allora me ne vado su fb, che li si che è ganzo abbestia.
Luglio 28th, 2011 at 4:14 pm
fb???
radiatelo!!!
o la radio ce l’avevi già?
Luglio 28th, 2011 at 4:18 pm
no, ma ho il telo.
Luglio 28th, 2011 at 4:21 pm
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/comments/feed
Luglio 28th, 2011 at 4:52 pm
Fantastico, AHR 36. Sei promosso capintesta!
Sempre quella.
dhr, dì la verità, con la 35 ti ha steso, eh?
Sul telo.
Metaloco (AHR 33)?
Luglio 28th, 2011 at 5:20 pm
la 35? mica l’ho capita subito (e forse neppure ora).
io il radio non ce l’ho, in compenso ho l’Ulna che è una bonazza svedese.
Agosto 8th, 2011 at 10:22 am
Sto leggendo il testo del prof. Tosolini e rilevo subito alcune incongruenze tipiche del mondo cattolico e cristiano in genere…
Intanto, i termini “Vuoto” e “Nulla”, non sono così indicativi tanto quanto lo è il termine “Vacuità”.
Inoltre, per il mondo cristiano, è difficile accettare una popolazione così umanamente ricca come quella giapponese non adorante nessun Dio (cristianamente inteso), per Tosolini è difficile credere che qualcuno possa essere tale e quale esso è senza l’intercessione di Dio, e i giapponesi (e non solo) dimostrano che è possibile essere pienamente cìò che si è senza l’intercessione di alcun Dio (cristianamente inteso).
Tralascio di commentare i rilievi alla società giapponese, a mio avviso inopportuni e insostanziali perchè ogni società ha problematiche con le quali deve rapportarsi…fa parte del percorso esistenziale stesso, e tralascio pure di commentare la ipotetica e fideistica risoluzione dei medesimi problemi affidandosi alla grazia di Dio…così fondamentale per Tosolini da non capacitarsi che altri possano vivere “benissimo” senza…
Sono solo a pagina 41…tornerò sull’argomento e spero che altri lo facciano perchè il testo è molto stimolante e induce a un serio confronto ed elaborazione…
Agosto 8th, 2011 at 10:28 am
Grazie Nello, ho iniziato anch’io il testo poi… ho deviato dalla retta via. L’impressione delle prime pagine è che sia molto serio, al limite del serioso e che le “lettura” che da del Giappone sia eccessivamente affidata ad occhiali cinesi. Staremo a vedere. Grazie. Ciao, mym
Agosto 19th, 2011 at 10:27 am
Il prof. Tosolini guarda il Giappone come un cristiano e un filosofo di formazione occidentale da cui non riesce ad assumere il necessario distacco per capire appieno quell’altrove che vorrebbe cogliere. Egli ritiene gli ambiti sui quali poggia il suo elaborare, quelli opportuni e giusti per la sua analisi della società giapponese, pecca inevitabilmente di cristianocentrismo ed occidentecentrismo. A kind of superiority complex direbbe Abe Masao.
A parte la presunzione di una posizione del genere, molto diffusa tra gli studiosi occidentali di cose orientali, come si può pensare di essere indefettibili nella propria visione tale da ritenerla lo strumento giusto per dire la propria opinione su qualsiasi cosa?
Ha ancora senso il cristianocentrismo di costoro?
Ha ancora senso l’eurocentrismo?
Non è ora di spazzare via l’americacentrismo e ogni centrismo?
Tosolini si renda conto che i suoi strumenti di analisi del Giappone non sono sufficienti, sono indeguati in quanto viziati e di parte. E la sua visione di parte non può essere rivolta ed accolta che alla sua propria parte.
Il suo, di Tosolini, è un parlarsi addosso, è un monologo tra autoreferenziali privo di qualsiasi valorialità universa.
Si renda conto Tosolini che il Giappone, benchè schiacciato dal tallone coloniale americano, resterà sempre impermeabile alla sua proposta “missionaria” perchè è altro. Ed è un “altro” che Tosolini, nonostante ci provi, non capisce, o non vuole capire e in definitiva non può accettare.
Il Giappone non può essere ridotto analiticamente con i suoi strumenti, sfuggirà sempre da questa modalità, da questo approccio perchè è esperienza…quindi, il Tosolini potrà parlare più convenientemente di Giappone fra trenta o quaranta anni senza doppi occhiali o paraocchi.
Agosto 19th, 2011 at 10:52 am
Grazie Nello, chiaro. Mi son fatto sviare da Masao Abe e dalla sua critica alla interpretazione delle “due verità di Nagarjuna” offerta da Tirupattur Ramaseshayyer Venkatachala Murti (cfr. questo commento) e Tosolini è di nuovo scivolato via. Spero di riprenderlo prima che si allontani troppo.
Settembre 9th, 2011 at 3:45 pm
Settembre 9th, 2011 at 4:02 pm
Per restare in argomento “film”, quod habemus quando l’informazione infelice/triste è evolutiva/potenziante?
Ad esempio, what’s about “4:44 Last Day on Earth “ by Abel Ferrara?
(Venezia, 8 settembre 2011).
……………………………………Trama (spoiler)
La consapevolezza della fine del mondo – informazione triste – rende l’amore dei protagonisti assoluto.
…
Mi viene da dire ‘LEGGENDARIO!” – ( Anche se l’eternità ha l’infamante volto di Giuda?)
Vabbe’, dice, come si formalizza ‘la-cosa-in-sé’ in modo giocoso?
Ognuno ha il suo modo, la cosa in sé è sempre uguale a se stessa.
Domanda: “Che dicono i documentari sull’invisibile?”
Settembre 9th, 2011 at 4:04 pm
@ dhr
OT
Gagliarda la biografia clandestina su Dante!
PS: ma il tenutario è in vacanza?
Settembre 9th, 2011 at 5:02 pm
Ciao Hmsx, non sono in vacanza, per la verità l’idea è che io non lo sia mai perciò son sempre qui. I tempi son quel che sono, la fine del mondo tarda, i film sull’invisibile… invisibili, di Dante nonècche ci interessi granché ma OT, checcentra OT?
Settembre 9th, 2011 at 6:28 pm
http://leragazze.wordpress.com/page/2/
Off Topic.
Mi sa che dhr si è convertito ad una nuova religione..:)
Settembre 9th, 2011 at 7:05 pm
dhr cambia religioni, lingue e continenti come fossero cravatte
qui
http://he-art-dhr.blogspot.com/
dialoga con gli amerlocchi di buddismo, Dante e cristianesimo, nonché di arte ecc.
OT, praticamente non riesco a trovare nulla che non sia OT
Ciao
Settembre 9th, 2011 at 9:53 pm
Grazie.
L’inglese di dhr è impeccabile! Lo prendo a modello..specie per l’italiano.. (ouch!)
> dialoga con gli amerlocchi di buddismo, Dante e cristianesimo, nonché di arte ecc.
..e disegna pure bene!
Spesso le trame dei film sull’invisibile si basano sul terrore dell’uomo per la dissoluzione dei propri limiti corporei (Dante docet)
Settembre 9th, 2011 at 10:20 pm
ah ma siete risorti! al terzo mese, e vabbé, con un po’ di esercizio sfonderete il tetto dei 3 giorni.
grazie a hmsx per gli apprezzamenti, e a mym per la pubblicità (della serie: Purché se ne parli, pirla, per la…)
Settembre 10th, 2011 at 10:22 am
Discorrer di nulla è gran arte.
Leggera, soave per nulla fondante e perciò liberante.
Poi, succede succede, ecco qualcuno vuol discorrer di Nulla, finisce l’incanto.
Mi piaceva quando bastava una veste d’ortiche per poter volare.
Volevate la rima, allitterata?
Il nulla è già con noi,
proprio proprio nella prima culla.
Settembre 10th, 2011 at 11:00 am
l’hai scritta tu?! è magnifica.
[adesso mi farò la stessa figura di emme di una certa persona che, tempo fa, mi chiese ironicamente se andavo a sentire una conferenza di padre Carròn, leader mondiale dei Ciellini. Risposi: “Carròn dimonio, con occhi di bragia…” e lei: “Bella! l’hai scritta tu?”.
Autentica, giuro]
Settembre 10th, 2011 at 11:08 am
Ho scritto anche quella che fa:
… batte col remo qualunque s’adagia,
d’autunno come le foglie. Pigre.
PS: la veste d’ortiche, però, me l’ha prestata Andersen. Non sia mai che si dica che io pesco qui e là senza dirlo.
Settembre 10th, 2011 at 6:30 pm
Quante cose inutili ci piacciono.
Leggo il giornale di ieri con un pugnale nel cuore.
“Ti vogliamo salvare!” giura la stupida gente.
PS: l’ho scritta io pescando a iosa qui http://www.youtube.com/watch?v=glj-1_6zePs
Non sia mai che si dica…
Il fatto è che la scena pubblica comunica uno sconcerto annichilente. La civiltà occidentale sembra il progetto di un cineasta fallito: un capolavoro di follia. Si ha la sensazione che alla catastrofe seguirà una catastrofe infinita semplicemente per stupidità.
Settembre 11th, 2011 at 9:05 am
L’interessante del cinema è il saper spiegare in maniera semplificata le tante versioni sul nostro mondo. A volte il cinema può coincidere con la storia e imitare la realtà fino a sostituirsi a essa. Ad esempio, realtà e rappresentazione, verità e messa in scena diventano inestricabili in film come ‘11 settembre 2001’ (Alan Brigant, 2002).
La soggettività toccata in sorte ai protagonisti è seria. Il fine del racconto è quello di introdurre il non identico, un modo diverso di prendere parte alla storia e testimoniarla.
In un certo senso si diviene soggetto di se stessi all’interno di un’epica collettiva, plurale e simultanea.
(il pomeriggio dell’11 settembre 2001 ricordo una strana figura di emme. Ad una assemblea di pseudo comunisti presi la parola: “L’ attacco all’Occidente ha la radice nella stessa cultura occidentale, è inutile prendersela con gli arabi e causare altra sofferenza”. Replica: ” lei è un estremista. Simpatizza per il nemico. Prego si accomodi fuori”. Autentica, giuro)
Settembre 11th, 2011 at 9:45 am
siamo due impenitenti, hmsx. poco dopo l’11 settembre 2001, vedendo una foto su una rivista, mi venne spontaneo realizzare questo collage…
http://he-art-dhr.blogspot.com/2011/09/twin-towers.html
ah già, e un premio per il Migliore collage sul buddismo? ne vojjamo parlà? 😛
Settembre 11th, 2011 at 12:41 pm
L’11 settembre è stato il più straordinario laboratorio di nevrosi a nostra disposizione. Che c’entra l’arte? La rappresentazione estetica vuole forse celebrare l’energia terribile della violenza? Dov’è la bellezza nella sofferenza?
Quando la sofferenza non fa altro che ripiegarci su noi stessi, quando ci rattrista per quello che succede, quando cambia l’amore in odio e riduce il tutto in paura non è inutile?
Ecco,imho, la catastrofe dell’11 settembre – il sacrificio di tante vite umane – è stata del tutto vana. A distanza di dieci anni i problemi restano irrisolti, forse si sono aggravati. Rivedendo i filmati provo lo stesso tetro stupore di allora: “Non è possibile che sia successo davvero”.
Settembre 12th, 2011 at 7:12 am
RIVELAZIONE MAGNETICA
Dunque l’arte è l’espressione estetica della propria interiorità al di là del concetto di bellezza.
La visione scaturisce dal contenuto che si ha dentro e si vuole trasferire in immagine: il bisogno dell’Uomo stesso alla sua umanità in una civiltà sempre più schiacciata su standard robotici, impersonali, lontani dall’umano. Solo che l’animalità, che una volta eravamo, ormai non è più recuperabile: “So che la creatura marina che un tempo fui è al di là di una frontiera”.
Con la progressiva chiusura interna al concetto di bellezza si introduce la nevrosi nell’arte.Più la rappresentazione estetica è paralizzante e distruttiva, maggiore la probabilità che il fruitore venga sgradevolmente coinvolto e colpito dal lento e faticoso processo di disgregamento della sostanza di cui è fatta la vita.
(E’ un po’ come sperimentare in se stessi, da adulti e non da embrioni, ontogenesi e filogenesi, le stranezze e metamorfosi, una dopo l’altra, del ritorno all’animalità, che non può avere altra conclusione che l’autodistruzione)
Riguardo alla realtà essa non può ingannare. Se della metafisica invecchiata e decaduta si parlò come di un’ illusione (scoprendone le pretese radici nella stessa ragione), il discorso presente può parlare al più di “racconto”.
Selbst der Geist wird Erzahlung”: anche lo spirito diventa narrazione.
Settembre 12th, 2011 at 7:21 am
>RIVELAZIONE MAGNETICA
un capolavoro di E. A. Poe.
Settembre 12th, 2011 at 12:03 pm
Per tornare ai film: c’è anche l’undici settembre di Ken Loach
Settembre 12th, 2011 at 1:14 pm
… e “La 25a ora” di Spike Lee, nelle cui sequenze di apertura si vede Ground Zero com’era all’inizio del cantiere (inclusi i “grattacieli di luce” notturni).
Settembre 12th, 2011 at 1:15 pm
L’undici settembre di Ken Loach mi era piaciuto un bel po’. All’interno di quel composto, la sua fu una considerazione molto interessante. Recentemente mi sono rivisto anche RifRaf, e non ostante gli anni passati è ancora efficace.
Saluti a tutta la banda.
Settembre 12th, 2011 at 3:59 pm
benritrovato, AHR.
Settembre 12th, 2011 at 7:28 pm
L’intensità dolorosa con cui si rappresenta la forma terrena dell’umano apre la strada alla autonomia dell’essenza terrena.
L’arte dimostra in modo intuitivo la necessità morale della bellezza immanente che, lungi dall’essere “la vanità delle vanità”, è uno dei massimi valori terreni, la “pelle” di tutti gli altri valori rivendicati e come tale è prova di sé e della propria validità tanto più quanto più è splendida, – anche se comporta, come spesso accade, la massima infelicità soggettiva. Lo sforzo morale,infatti, è premio a se stesso solo nel senso di partecipare alla grandezza.
“La potente cornice s’infranse per la strapotenza delle immagini che essa incluse (…) riusciamo a cogliere più esattamente il divenire immanente dell’essere senza tempo”.
Settembre 13th, 2011 at 10:44 am
Buongiorno, vorrei un’informazione. Desidero comprare un cd di quella che viene, probabilmente in modo erroneo, definita “Zen Music”. Ovviamente non per fare meditazione, ma per poter avere un sottofondo musicale che mi trasmetta tranquillità, tanto più che amo molto la musica tradizionale giapponese. Potete darmi qualche consiglio? Vi ringrazio e mi scuso per il disturbo. Filippo
Settembre 13th, 2011 at 11:42 am
Buongiorno Filippo, ho sentito nominare la musica zen ma non ne so nulla, a parte un ricordo di circa quarantanni or sono: i Tangerine Dream, però ne ricordo appena il nome. Se ho qualche nuova informazione gliela comunico.
Settembre 13th, 2011 at 3:27 pm
Grazie mille, può scrivermi a filippo@gpgfilm.it
Io ho sentito parlare degli artisti di Kokin Gumi, ma non so se è quello che cerco.
Settembre 15th, 2011 at 10:55 pm
>Fano (PU) ospita la Fiera delle sostenibilità. (…) La Stella porta un contributo alla manifestazione nella persona di Paolo Sacchi
Conosco solo una persona che, essendo sul posto, fa venire Doc da Torino 😉
Settembre 16th, 2011 at 12:13 am
Vado per il surya namaskara, ovviamente.
Non vedo l’ora di alzarmi all’alba per fiondarmi di corsa sul molo in braghette corte. A parte che deve essere pieno di belle ragazze, posso sempre rimediare un bel … colpo della strega.
Settembre 16th, 2011 at 7:35 am
… sarebbe un colpo amaro.
a proposito, dato che anch’io faccio parte della categoria di coloro che, essendo in zona, fanno venire Doc da Torino… gli organizzatori ti hanno poi chiamato? altrimenti ripescherò un sano efficace metodo del vecchio West: prima li impicco, poi comincio a interrogarli.
Settembre 16th, 2011 at 10:15 am
Ciccio perdona…
E’ tutto a posto, mi pare. Sarai in quel di Fano anche tu?
Settembre 16th, 2011 at 10:49 am
Doc da Torino è come l’idraulico, quando serve lo chiami, lui sistema le cose.
Fano è piccola, vedete di non affollare.
Settembre 16th, 2011 at 10:52 am
Io risolvo problemi…
(è un concorso a premi. Ci sono già almeno 2 citazioni cinematografiche. Chi le ha individuate?)
Settembre 16th, 2011 at 10:58 am
Io no.
Siamo mica in una Fiction…
Settembre 16th, 2011 at 11:27 am
@doc 4
Sarò con consorte dalle parti di Fano, a Numana, ma a fine mese. Ci concediamo un weekend per festeggiare l’affare Panikkar.
Tu ovviam fammi sapere quando sarai a Perugia. Ho aperto adesso il sito della manifestazione e… gulp! quei balordi hanno lasciato scadere l’abbonamento, la pagina è stata trasformata in vetrina pubblicitaria. Nnamo bbene…
ciao!
Settembre 16th, 2011 at 11:54 am
Vi porto un caffé, il giornale di oggi? Fate con comodo…
Settembre 16th, 2011 at 1:37 pm
scusaci, è che…
così Fan tutti
Settembre 17th, 2011 at 12:13 pm
doc 6
Pulp fiction. Solo bisogna sapere quale è il cadavere che bisogna fare sparire.
Settembre 17th, 2011 at 1:04 pm
Sei indietro come le p…. del bassotto: cfr. 7. E poi ne manca uno.
PS: per i malpensanti: p…. sta per pulci. Per i benpensanti: avevate capito bene, anche se nella lingua di rpa sarebbe p……
Settembre 17th, 2011 at 1:20 pm
>Sei indietro come le p…. del bassotto
questa diventerà un must(elide, che hanno lo stesso problema anatomico)
sì, era un OTì!
Settembre 25th, 2011 at 11:10 am
La Stella del Mattino » Il segreto del monte Athos…
Groucho Marx, Stanlio e Ollio… dove li si può incontrare? Al monte Athos, cuore della spiritualità ortodossa greca. Sono i soprannomi che i presunti-austeri monaci affibbiano a qualche loro peraltro rispettatissimo confratello, a causa dell’aspetto fis…
Ottobre 1st, 2011 at 9:20 am
Scusate. Non ho capito il commento. Se ne deduce che da un pezzo non mi sono più fatta vedere su queste pagine perché ho sempre capito tutto e ne sono stata soddisfatta… o no?
Ottobre 1st, 2011 at 10:16 am
Eeee uuu aaa… Ci sono due sole strade, temo. Chiedere spiegazioni a Px, visto che è lui il responsabile del robot che ha pubblicato il commento oppure continuare ad essere soddisfatta e … bene così.
Ottobre 3rd, 2011 at 1:04 pm
Scelgo la prima strada, ho intenzione di chiedere e chiedere approfittando del poco tempo che ci resta per chiedere, prima che ai troppo curiosi o anche ai normalmente curiosi venga messo il bavaglio, e tutti gli altri continuino ad assentire, come in quella poesia del Pascoli: “Si, solo… Si, sempre… ecc.”
Perciò, px, ci sei? cosa significa il commento 1)?
Ottobre 3rd, 2011 at 1:05 pm
è questo il VERO segreto dell’Athos.
se poi ci si mettono in mezzo anche Porthos e Aramis…
a proposito di eroi francesi, “Px” è il codice fiscale di uno degli indomiti Gallici?
Ottobre 3rd, 2011 at 1:06 pm
>quella poesia del Pascoli: “Si, solo… Si, sempre… ecc.”
oh che bello, c’è ancora qualcuno che ricorda le opere dimenticate del grande Giò!
Ottobre 5th, 2011 at 7:22 pm
… mbeh, a Px è presa la Sindrome di Luciano??
Ottobre 6th, 2011 at 3:34 pm
Caro dhr, temo che ricordare le poesie di Giò, come lo chiami in grande confidenza, mi dati inesorabilmente come studentessa ai tempi lontani in cui costui faceva parte del bagaglio scolastico… Ma tu? Non so ben perché ma mi ero convinta che tu fossi ancora in tenera età, forse per il tuo atteggiamento da Pierino La Peste…
Ottobre 6th, 2011 at 3:48 pm
sorry, ragazzi, ultimamente latito un pochino, il commento [1] è un trackback, una cosa che viene fuori in automatico quando il post è citato da un altro sito/blog. in questo caso ho citato l’articolo da eticonews.it (già, l’autoreferenzialità è il nostro forte). cliccando il titolo viene fuori l’articolo citante. se crea confusione lo tolgo. salute
Ottobre 6th, 2011 at 3:52 pm
Ecco, non è per criticare -col webMaster non si scherza!- ma non è il COMMENTO 1 che crea confusione… 😯
Ottobre 6th, 2011 at 4:14 pm
>Ma tu? Non so ben perché ma mi ero convinta che tu fossi ancora in tenera età
certo, ho 2 anni (se la vita comincia a 40), il che non mi ha impedito di leggere più volte l’opera omnia di Zvanì (va meglio in questa forma? 🙂 ). anzi tra poco vado a tenere una conferenza alla Società Dante Alighieri, in cui esporrò la sua interpretazione del poema di Dante. (Terza parentesi: ho pure scritto un romanzo di fantascienza basato su Pascoli che lavora al sequel della Divina Commedia). (Quarta partentesi: poi ho scoperto Tasso che lo ha un po’ surcalssato, povero Giò).
Ottobre 6th, 2011 at 4:20 pm
E quando esce? ‘Sto sequel, dico. La prima parte l’ho finita d’anpo’…
Ottobre 6th, 2011 at 6:35 pm
ehhh, Lei m’insegna che “la cerca del Paradiso” mica è roba facile…
Ottobre 17th, 2011 at 12:13 pm
Tutto tace.
Ottobre 17th, 2011 at 4:24 pm
“Tutto” tace ancora. Il resto…
Ottobre 17th, 2011 at 7:39 pm
Forse una parola c’è, ma non siamo in grado di percepirla.
“… pirla” ripeté l’eco.
Ottobre 17th, 2011 at 7:47 pm
Eeeeh, ma qui si va sul difficile… Persona degna di ascolto (nel senso che piuttosto che dir monate preferisce tacere) una volta disse: “Nella ricerca del nostro volto fondamentale c’è un momento critico, di svolta: quando ci rendiamo conto che siamo tutti dei pirla. Senza questo passaggio: inutile la ricerca del nostro vero io“. Garbatamente, malinconicamente, mi associo.
Ottobre 17th, 2011 at 8:37 pm
>dir monate (…) ci rendiamo conto che siamo tutti dei pirla
advaita! scelgo tutt’e due! 😉
Ottobre 17th, 2011 at 9:13 pm
Il solito egoista…
🙂
Ottobre 17th, 2011 at 10:33 pm
con “dir monate” intendevo che “a te (dedico) mesi” della mia attenzione… pèrla di uomo che sei!
😛
Ottobre 20th, 2011 at 11:55 am
[…] Addio Daidone!• Bravi ragazzi, con fantasia• L’intruso 7• L’arte del buddismo• […]
Ottobre 24th, 2011 at 1:36 pm
mmmh… 14 novembre, eh? potere del trailer, quindi potrò assistervi
Ottobre 24th, 2011 at 4:52 pm
Noooo! Cioè: sì!
Grazie AHR.
Poi mi dici com’è andata.
Ottobre 24th, 2011 at 5:11 pm
Mi tocca mandare il tempo all’incontré, ché tu non mi inviti mai.
Che me tocca fa’ pe’ anda’ avanti su questa strada! 🙂
Ottobre 24th, 2011 at 5:59 pm
Come no, ti invito spesso ad andare per quella strada… 😉
Ottobre 28th, 2011 at 7:56 am
ma… quando è uscita questacosa? non c’è un link all’ “indizione” ufficiale del concorso.
quali erano le condizioni (oltre alla brevità)? si può ancora partecipare?
Ottobre 28th, 2011 at 8:01 am
nel frattempo, vivi complimenti ad “aa”.
ché qui, tra aa, jf, mym, dhr, h, ahr… o è shunyata, o è codice fiscale.
Ottobre 28th, 2011 at 10:34 am
La cosa non è ancora uscita. Ci mancherebbe. Il link è quello solito, l’importante è rispettare il regolamento, poi per il resto non siamo molto formali. Per partecipare -oltre ad una estrema brevità- basta seguire le procedure standard. Dimenticavo: l’eventuale premio non si può rifiutare, come da regolamento.
Ottobre 28th, 2011 at 10:47 am
>Il link è quello solito, l’importante è rispettare il regolamento
ma appunto, dove si trova questo “solito” link e qual è il regolamento…?
😯
Ottobre 28th, 2011 at 10:56 am
Dhr, non posso ignorare le regole e fare preferenze, neppure per te. Non fare “certe domande” per piacere. Se cominciamo così … va tutto, ma proprio tutto, a remengo.
Sarebbe un peccato: i racconti sono tanti e belli.
Ottobre 28th, 2011 at 11:12 am
Raccontino in versi sversi (fuori concorso, se il regolamento lo consente)
Immoto scorre rapido
il fiume senza tempo
nell’acqua cristallina senza fondo né onda
un’esca repentina ammicca dalla sponda
preso da incantamento
il pesce di passaggio
crede in un movimento
meraviglia ed abbocca.
Ottobre 28th, 2011 at 11:19 am
Grazie jf.
Quando abboccano certi pesci è un piacere far da esca.
Ottobre 28th, 2011 at 11:28 am
hoccapito, hoccapito (dal Pali “oca-pitu” = oca e tacchino), il solito linguaggio intenzionale, avrei la mezza intenzione di
Ottobre 28th, 2011 at 11:31 am
Parole parole ma racconti neanche l’ombra, eh!
Banda ‘d pitu!
Eppure son così belli. Basterebbe scriverli e mandarli. Secondo la procedura standard, of course.
Ottobre 28th, 2011 at 11:35 am
@ 2: grazie Dario, mi fa piacere che ti sia piaciuto il racconto. Ce ne avrei un’altro sul genere nel cassetto ma penso sia meglio lasciar posto ad altri, caso mai se interessa lo mando “fuori concorso”.
Si, aa son sempre io
Ciao
aa
Ottobre 28th, 2011 at 11:40 am
Come sul capo al naufrago…
Far da lombrico a volte pesa, occome pesa.
Grazie aa, queste sì che son notizie.
Ottobre 28th, 2011 at 1:19 pm
ah, a-haa, aa è angelo! ciao!
e adesso spedisco subito il racconto anch’io a mym, così impara!
Ottobre 28th, 2011 at 6:00 pm
Imparati si nasce! Ed io modestamente…
Ottobre 28th, 2011 at 9:16 pm
Qualche dettaglio che mi pare di non aver evidenziato come meritava.
Gregorio afferma che lo scopo della vita umana è la beatitudine, MA che “cosa” sia la beatitudine è incomprensibile. L’unica è seguire l’insegnamento (il Discorso della montagna) o, che è lo stesso, imitare lo stile di vita di Gesù, e… vedere che cosa succede.
Gregorio arriva perfino a contestare l’idea di “regno dei cieli”. Il trascendente – dice – non ha nulla a che fare con i regni terreni, Gesù ha usato quella parola solo perché il “regno” era quanto di più glorioso esistesse all’epoca ma, se avesse avuto a disposizione un’altra parola, avrebbe usato quella.
Tutto questo è tanto più interessante in quanto Gregorio di Nissa non era un Eckhart, non era un outsider o un cane sciolto, ma uno dei teologi che hanno contribuito a plasmare, ancora oggi, la teologia, la dogmatica e la spiritualità delle Chiese ortodosse orientali.
Se si pensa che da mezzo secolo il cristianesimo, perlomeno cattolico, è ridotto a “vieni a mangiare la pizza con noi e vedrai com’è bello il Vangelo”, c’è da mettersi a piangere.
Ottobre 29th, 2011 at 9:32 am
Se lo scopo della vita è la b. che non si sa che cosa sia per cui occorre scoprirlo con i mezzi offerti dalla premiata ditta, ciò significa che c’è parecchia libertà lì davanti.
Ottobre 29th, 2011 at 9:38 am
Uelà! Qui i racconti fioccano che neppure la neve…
Vi propongo il prossimo, Nagarjurassic Park, sul quale però pende un ricorso dal momento che vi si nomina una persona che appartiene ad un’altra realtà. Rispetto a quella dei racconti. Per cui i voti li accettiamo, ma con riserva.
Ottobre 29th, 2011 at 10:00 am
non sono un fanatico assertore della “libertà umana”, in compenso apprezzavo parecchio il lato paradossale della faccenda.
😉
Ottobre 29th, 2011 at 10:06 am
È proprio il fatto che di quella libertà non si sa neppure se sia umana che mi piace. È vero, chiamare l’ignoto libertà (o beatitudine) è paradossale, ai limiti dell’azzardo: ci potremmo trovare il babàu.
Ottobre 29th, 2011 at 11:20 am
se il Babàu è quello di Buzzati, ben volentieri.
quanto alla libertà, un insegnamento che si può ricavare da Gregorio e dai Padri in genere è che non è un punto di partenza (come si ‘assume’ da circa cinque secoli) ma – semmai, con un po’ di fortuna – un punto di arrivo.
Ottobre 31st, 2011 at 1:03 pm
Secondo me è molto azzeccato quello che dice Knitter a proposito del regno dei cieli (e quindi della beatitudine) e cioè che va considerato in una dimensione temporale a se, quella del già-non ancora. Nel discorso della montagna i beati sono già tali per il fatto stesso di essere poveri di spirito, misericordiosi ecc.; perciò Gesù in un certo senso agisce in modo maieutico, facendo si che chi lo ascolta prenda coscienza di uno stato che già gli appartiene. Nel contempo, questa “scoperta” apre le porte per un futuro diverso ed imprevedibile, il regno di Dio, verso il quale ci si orienta colletivamente, come comunità.
Non c’è un’ambivalenza simile anche nel buddismo, quando si parla del risveglio? A volte l’accento è posto soprattutto sulla riscoperta della propria natura originaria, sempre presente benchè offoscata, a volte invece viene si sottolinea maggiormente il fatto che esso sia un processo da porre in essere, un’attività completamente nuova. O forse son due facce della stessa medaglia?
Novembre 1st, 2011 at 12:34 pm
… con un “primo incontro di persona in assoluto nella Storia” tra Milena C. P., Jiso e il sottoscritto. eeeeeeembeh! 😀
Novembre 1st, 2011 at 12:56 pm
Manunmedì!
Chissà come saranno contenti… 😛
Novembre 1st, 2011 at 3:01 pm
che samsarà, sarà quel che samsarà…
Novembre 1st, 2011 at 7:10 pm
Quando sento parlare di “beatitudine” o, ancor di più, di “regno dei cieli” come di un “già” divento più diffidente del solito. Sarà perché nel cristianesimo “non c’è” lo zazen, ma dubito molto che con “beatitudine”, “regno dei cieli” ecc. si indichi molto più di una sensazione, un sentire o un sentimento.
Il già non è di questo mondo e la porta stretta è praticamente chiusa, per passare occorre non esserci.
Novembre 2nd, 2011 at 1:22 pm
Io penso che la beatitudine nell’ottica cristiana viva costitutivamente in una dimensione comunitaria e sociale. Si è beati in quanto popolo di Dio, non come singoli individui. Il discorso della montagna è al plurale, così come lo è il Padre Nostro; il Regno dei cieli si avvera mediante un processo collettivo. Che piaccia o no, credo che la dimensione sociale è un aspetto non prescindibile del cristianesimo.
Il programma di Assisi mi pare stupendo; non dovessi andare alle terme ci avrei fatto un salto volentieri. Ci sarà qualche resoconto sul sito vero?
Novembre 2nd, 2011 at 3:57 pm
>Si è beati in quanto popolo di Dio, non come singoli individui
tuttavia… “Salverò tutti gli esseri, ma non ne salverò neppure uno.”
Buddha (Sutra del Diamante)
Novembre 2nd, 2011 at 4:55 pm
«penso che la beatitudine nell’ottica cristiana viva costitutivamente in una dimensione comunitaria e sociale. Si è beati in quanto popolo di Dio, non come singoli individui»… è poprio per questo che quando sento i cristiani parlare di beatitudine non mi fido. Ne pensano questo, ne ipotizzano quell’altro e parlano parlano. Beatitudine ne “fanno vedere” pochina pochina. Un fatto è la carne un fatto è la parola.
Riguardo ai resoconti sullo stupendo convegno di Assisi puoi rivolgerti a due alte assise: all’inviato Dhr o al là presente Jf. Noi pubblicheremo di conseguenza.
Novembre 2nd, 2011 at 6:22 pm
Eh sì, questa è un’obiezione non da poco. C’è anche il grande rischio che dalla comunità si passi al “club privè”, o peggio all’Opus Dei.
Ma se davvero nel cristianesimo non ci fosse il “già” ma solo il “non ancora” esso sarebbe mera proiezione o ideologia. Il marxismo non è stato in fondo questo? Nel cristianesimo esiste una profondità spirituale percepita nell’oggi – nell’adesso- anche se naturalmente è diversa da Zazen
Novembre 2nd, 2011 at 6:36 pm
Sì, sì, il marxismo, la profondità, va bene, ma la beatitudine? Chemmidici della beatitudine? O c’è, è vivente e viva o… non ancora non ancora…
Novembre 2nd, 2011 at 10:26 pm
Grazie! Mi sono allontanato da un sito buddista per l’insistenza sull’importanza di credere nella reincarnazione per considerarsi buddisti.
Ora, le vostre considerazioni mi fanno capire che sono altre le cose importanti, quelle che portano al “sereno disincanto, al distacco, alla cessazione del dolore, alla pace alla conoscenza, al risveglio”.
Mi piace il punto di vista della Stella del mattino, e vi aderisco volentieri.
Novembre 2nd, 2011 at 11:25 pm
Panikkar ad Assisi » La Stella del Mattino…
Vi sono luoghi dove più forte risuona il richiamo del mistero. Assisi è uno di questi. Purtroppo quel richiamo è da tempo coperto da altri suoni: la cittadina medioevale è stata trasformata nel palcoscenico di una rappresentazione mondiale a cui il nom…
Novembre 2nd, 2011 at 11:54 pm
Certo, senza il “già adesso” il non ancora viene svuotato di significato, o diventa il rifugio della frustrazione dell’oggi. La beatitudine deve essere vivente e viva; solo così si può aprire alla speranza
Novembre 3rd, 2011 at 12:28 am
Beato chi chi crede… papparapappà
Noi no non ci crediamo… papparapappà
Noi nemanco ci pensiamo… papparapappà
Piru-piru-piru-lì!
i-i o-o u-u…
Novembre 3rd, 2011 at 11:07 am
@14: estabòn!
@13: quello che dici è la dimostrazione di ciò che ho detto: “La beatitudine deve essere vivente e viva; solo così si può aprire alla speranza”, con tutto il rispetto, una volta che “hai” la beatitudine, chettenimporta della speranza?
Il fatto è più semplice, a parole. Per esserci lei non ci puoi essere tu, perciò o è non ancora o è già stata. “Già adesso” mai, con le dovute eccezioni. Ma questa è un’altra storia.
Novembre 3rd, 2011 at 11:10 am
Buongiorno e benvenuto.
Se davvero vuol aderire al punto di vista della Stella allora… non vi aderisca
😉
Un saluto
mym
Novembre 3rd, 2011 at 12:05 pm
>perciò [la beatitudine] o è non ancora o è già stata.
Ella mi sta citando Giacomo Leopardi.
oppure la morte secondo gli Stoici.
Novembre 3rd, 2011 at 12:14 pm
Li citerebbi se li conobbi, ma quando era l’ora di conoscerli avevo altre cose 😳 da fare…
Novembre 3rd, 2011 at 12:27 pm
@15 non sono d’accordo. E’ quando inizi ad essere libero che puoi iniziare a sperare veramente, in modo non inquinato dall’egoismo. Tanto meno speri per te, tanto più puoi permetterti di sperare per tutti. Parlo della speranza che vi sia qualcosa che ti superi e che possa arrivare dove tu non puoi arrivare, portando un significato anche laddove esso sembra umanamente impossibile da trovare. In ciò non vi è nulla di dimostrabile razionalmente, ovvio, sennò non sarebbe speranza.
Novembre 3rd, 2011 at 12:32 pm
Di nuovo cvd, cfr. @ 7: “dubito molto che con “beatitudine”, “regno dei cieli” ecc. si indichi molto più di una sensazione, un sentire o un sentimento”.
Novembre 3rd, 2011 at 2:48 pm
Non è solo questo. Cioè, almeno spero…:-)
Novembre 3rd, 2011 at 5:07 pm
il “discernimento” dei Padri – Gregorio di Nissa incluso – consisteva appunto nel cogliere i segni dello “spirito” attraverso i moti del “sentimento”.
conclusione: la beatitudine è “incomprensibile”.
e la storia l’è bela, e fa piasì cuntela: vötu chi ‘t la cunta?
sè!
e la storia l’è bela…
Novembre 3rd, 2011 at 5:13 pm
… l’è bela, bast’avere l’umbrela, l’umbrela.
Il discernimento dei padri ricade sempre sui figli, porcoggiuda!
Novembre 3rd, 2011 at 6:44 pm
in realtà era una velata apologia a Mussolini: quando si affaccia dal balcone di piazza Venezia, tu discerni mento
Novembre 3rd, 2011 at 6:49 pm
In senso teologico si potrebbe dire che col tuo eloquio sei “tutto per tutti”.
Parlando un po’ più terra terra direi che sei un… che sei una…
Come si dice “puttana” in questi casi?
Novembre 3rd, 2011 at 7:03 pm
si dice Raimon…do Vianello, nei suoi irresistibili sketch in cui si travestiva da donna
Novembre 3rd, 2011 at 7:12 pm
Vianello? Con le cappa? Vestito da donna? Se ti sente la Milizia della Capitaneria di Porto… a ‘tses ruvinà!
Novembre 3rd, 2011 at 10:42 pm
perché rinunciare a un aspetto della realtà? Olismo, Olismo, caro mio, e anche un po’ di Stanlismo.
in caso la Milizia aprisse il fuoco, mi difenderò a colpi di Judo Fengshui…
Novembre 4th, 2011 at 5:43 pm
La via nel morbido di vento e acqua… La Milizia sarebbe panata.
Novembre 5th, 2011 at 6:35 pm
eccoci! venimus, vidimus, vicimus! e dal summit tra i tre colossi del pool Panikkar è emerso che: con la scusa del buddismo, a pranzo abbiamo preso SIA le pietanze normali SIA quelle per vegetariani.
inoltre, entro stasera conto di mettere sul mio blog (cliccando qui sopra su “dhr”) tre fotografie dell’evento.
shanti.
Novembre 5th, 2011 at 6:41 pm
Dal che si capisce perché siate colossi…
O: co l’ossi?
Novembre 5th, 2011 at 6:59 pm
co l’ossi e co l’alcole.
intanto, ecco le immagini, che parlano da sole (come i matti):
http://he-art-dhr.blogspot.com/2011/11/benedictine-monastery-assisi-during.html
Novembre 5th, 2011 at 7:07 pm
Per fortuna che parlano da sole… Turco? Cinese?
Novembre 5th, 2011 at 7:48 pm
Sanscrito: una lingua molto esatta, molto precisa, dove ci tengono a mettere i puntini sulle N
Novembre 6th, 2011 at 8:15 pm
siccome, grazie alla Vacuità (che ormai sappiamo coincidere con Dio), non sono un Faceb-hooker, per segnalare che questo articolo “Mi piace”, anziché cliccare sulla manina, sono costretto a lasciare un commento in cui affermo che… “Mi piace”.
😉
Novembre 6th, 2011 at 8:56 pm
La foto è bellina, vero?
柿, l’ideogramma letto kaki dai giapponesi, è composto da 木, albero, e 市, che significa “mercato” e “città”.
Poi non tutti sanno che è l’albero dell’ebano.
La vacuità non dovrebbe essere difficile da intendere. Si squaglia tutto.
Novembre 6th, 2011 at 9:53 pm
insomma, quando il Dio buddista creò il mondo, anziché dire “Sia la luce!” disse “Evacuate la zona!”
😀
Novembre 7th, 2011 at 12:15 pm
Purtroppo qualcuno capì “nella” e da allora… 🙁
Novembre 7th, 2011 at 12:55 pm
>qualcuno capì “nella”
questa sarebbe la cosmogonia gnostica 😀 ammazza, qui sì che si fa dialogo interreligioso!
Novembre 7th, 2011 at 1:09 pm
Be’, dopotutto tra escatologia e scatologia il passo “e” breve… 😕
Novembre 7th, 2011 at 2:06 pm
L’e-Scatologia è la versione elettronica.
Chi (*) l’ha detto che le religioni faticano a rinnovarsi?
(*) non faccio nomi, ma il suo codice fiscale è identico alla sigla del Partito indipendentista curdo.
Novembre 7th, 2011 at 5:54 pm
La frase esatta era:
“Pensi, anche le religioni faticano a rinnovarsi. Ma dove andremo a finire…”.
Novembre 8th, 2011 at 10:17 am
Ciao Mym, io distinguerei però nettamente tra i cristiani che si interessano al buddismo per imparare qualcosa e quelli che invece pretenderebbero di insegnare o colonizzare. Magari commettono lo stesso tipo di errore metodologico, ma l’intenzione è ben diversa. Un conto è se io vengo in casa tua per convincerti che devi cambiare tutti i mobili e comprare i nuovi da me, un altro è se vengo da te e mi fermo ad ammirare il tuo soggiorno perchè voglio ricreare lo stesso effetto in casa mia coi miei mobili.
Non mi convince granghè l’immagine delle tasche, perchè il “vuoto” della tasca esprime l’assenza di qualcosa che potrebbe in teoria esserci (la tasca potrebbe essere piena). Invece, per come capisco io, nel senso di NAgarjuna una cosa non vuota è impensabile, è un assurdo logico, perchè sarebbe totalmente avulsa dalla realtà e non potrebbe interagire con nulla. E’ un vuoto che è già massimamente pieno.
Novembre 8th, 2011 at 11:08 am
Il discorso di Nagarjuna (e di qualsiasi buddista che parli della propria vita) non è trovare il rapporto tra vuoto e pieno. Per quello basta guardarsi attorno. Il fatto, che per la verità Tosolini appena arriva a sfiorare, è che quando si tenta di dire qual è l’esperienza detta buddismo, parlando di vuoto si parla proprio di vuoto, come solitamente le mie tasche. Come è possibile verificare con ogni ente/forma/essere: davvero si squaglia tutto. Il punto di vista del pieno è meno enfatizzato perché già percepito da tutti, al punto da essere assolutizzato. Come si è tentati di fare di fronte ad un muro di cemento. Il vuoto della tasca esprime qualcosa che di solito è pensato esserci, assolutamente, senza alcun dubbio.
Poi, detto tra noi, la “necessità logica” del vuoto affinché l’interdipendenza sia condizione della realtà, la spiega già il prof. Pasqualotto a p.74 del libro di p.T.
Novembre 8th, 2011 at 11:17 am
@ 3: se per una volta volessimo essere un filino seri, potremmo dire: nessuno disse sia il vuoto, la forma fu.
Novembre 8th, 2011 at 12:08 pm
Non ho letto il libro di Tosolini; leggendo la recensione commento di mym, mi viene in mente un monito di Panikkar, visto che circola anche lui da queste parti in questi giorni: un requisito preliminare indispensabile per un dialogo religioso onesto, diceva e scriveva, è che l’altro, il mio interlocutore, si riconosca nell’immagine che io ho di lui; mentre quasi sempre, aggiungeva, si fa dell’altro una caricatura, a immagine e somiglianza delle proprie idee su di lui. Questo vizietto è assai diffuso, perché lasciare che sia l’altro a parlare di sé, a raccontarsi e descrivere la propria immagine, mette a disagio: bisogna accettare categorie diverse da quelle cui siamo abituati, bisogna uscire da sé. Ma senza questo passaggio, che senso ha parlare di dialogo?
Novembre 8th, 2011 at 12:20 pm
[…] Rimandiamo all’articolo per un approfondimento. Nessun tag per questo post. categorie: I libri, In evidenza […]
Novembre 8th, 2011 at 12:22 pm
Questo è un ping generato da robot, non si può pretendere sia interessante…
Novembre 8th, 2011 at 12:23 pm
Ciao Jf, bentornato; onusto… 🙂
Bella questa cosa “che l’altro, il mio interlocutore, si riconosca nell’immagine che io ho di lui”, così bella che non la limiterei solo al dialogo di matrice religiosa. Implicitamente chiama in gioco molti elementi, dalla maturità (misurata sulla capacità di vedere la realtà e rappresentarla) alla onestà intellettuale (misurata sul piano dell’uso del linguaggio). Se maturità ed uso onesto e accurato del linguaggio sono della partita, penso si possa fare quel passo in più, nel dialogo: accettare di vedere il tu che la tua presenza (religione, ruolo ecc.) genera, descritto da me che ti guardo, con maturità ecc.
Novembre 8th, 2011 at 1:43 pm
@10: Certo è chiaro. Mi chiedo se una traduzione più efficace di sunyata non potrebbe essere “virtuale-virtualità”. Da immediatamente il senso di apparente-illusorio (come il fulmine, la bolla di sapone, una città dei geni aerei ecc), non ha risvolti di tipo geometrico (a differenza di vuoto, che può essere inteso come spazio non occupato), e credo sia più difficilmente interpretabile come “una qualche cosa” al quale mettere la maiuscola.
Sul Panikkar vorrei consigliare un libro che sto leggendo in questi giorni, che mi pare davvero meriti: R. Panikkar profeta del dopodomani, edizioni San Paolo. Le pagine dedicate al valore del dialogo sono secondo me eccellenti. Ad esempio trovo molto centrata l’idea che il dialogo e l’interculturalità possano essere la via d’uscita per la grave situazione di declino culturale che stiamo attraversando. Secondo me aveva ragione nel sostenere che in buona parte essa è dovuta all’egemonia dell’ideologia nata dal connubio scienza-tecnologia-capitalismo finanziario. Quella è la vera grande “religione” dei nostri tempi temo.
Novembre 8th, 2011 at 2:03 pm
Sì capisco. Però le cose sono davvero reali. Anche se non c’è nulla davvero reale. Sono due affermazioni ambedue vere, e diverse. Se dici “le cose sono virtuali” sembra che non siano pienamente reali, un po’ vuote magari. Qui non si tratta di trovare il modo di dire “incinta un po’ (mi perdonino le donne in attesa, e pure le altre)”, è che è incinta (ci mancherebbe) e nascerà un bel bambino/a, e non lo è, perché nessuno nasce nessuno muore.
PS: l’espressione “incinta un po’” non è mia, la usava Enzo Biagi per criticare il linguaggio ambiguo. Lui diceva: o è incinta o non lo è, non si dà “incinta un po’ “. Qui è il caso di: è incinta e non lo è, non è incinta un po’.
Novembre 8th, 2011 at 2:28 pm
Vero anche quello….inoltre temo che parlare di virtuale induca automaticamente l’idea che ci sia da qualche parte una realtà vera rispetto alla quale il virtuale è meno reale.
Un pò come in Matrix, dove esiste un “vero mondo”, del tutto diverso da quello virtuale, nel quale uno si ritrova quando si risveglia.
Novembre 8th, 2011 at 2:42 pm
Certo, sì, mym 14, non è cosa da limitare al dialogo di matrice religiosa: pensa a quanti fraintendimenti e malaeducacion si eviterebbero se un figlio si potesse riconoscere sempre nell’immagine che il padre ha di lui…
Ad Angelo 15 consiglio di leggere Panikkar secondo Panikkar (ha scritto tanto da soddisfare la voracità di chiunque…) e di non leggere libri “su” Panikkar: in particolare quello che citi contiene varie inesattezze.
Novembre 8th, 2011 at 4:58 pm
Se insisti con questo riconoscersi nell’immagine che qualcuno ha di me … mi spavento e mi sfilo. Per questo chiamavo in causa: “maturità (misurata sulla capacità di vedere la realtà e rappresentarla) e onestà intellettuale (misurata sul piano dell’uso del linguaggio)”. Non basta, penso, che io mi possa riconoscere in un’immagine (è già quello che avviene ora nel mondo dei tronisti et similia…) proposta dall’esterno, occorre molto di più.
Novembre 8th, 2011 at 5:13 pm
Certo che non basta, non è che un minimo pre-requisito. Ma se uno mi descrive in un modo in cui io non mi riconosco, pretendendo che io sia come mi vede lui, e dà a quell’immagine una consistenza tale da proporla come paradigma (vedi l’interpretazione del buddismo da parte di non pochi cattolici) il dialogo che si sviluppa su quella base non sarà che un monologo a due voci.
Novembre 8th, 2011 at 7:35 pm
Grazie mym per avere dato consistenza teoretica alle doverose precisazioni.
Il monologo, a due o più voci, è una costante in qualsiasi tipo di relazione e rimanda al “silenzio”, da intendersi come parlare senza parlare.
Novembre 9th, 2011 at 12:10 am
@18 grazie della segnalazione Jiso, sto seguendo l’Opera Omnia di Jaka, anche se leggo un pò “a macchia di leopardo”, saltando qua e la. Credevo che il libro su Panikkar che citavo fosse basato su interviste ecc (così dicono nella postfazione)
Novembre 9th, 2011 at 10:38 am
Angelo 22> il fatto che sia “basato su interviste ecc” non impedisce che contenga varie inesattezze…
Novembre 9th, 2011 at 12:00 pm
è vero: anche i libri di Panikkar tradotti in italiano sono “basati sul testo originale”, ma traboccano di fregnacce.
aspettiamo l’Opera omnia definitiva (a cura della Fondazione Vivarium).
Novembre 9th, 2011 at 2:01 pm
Ehm…è la stessa della Jaka books oppure si tratta di un’altra?!?!? Non ditemi che i mallopponi che sto lentamente e faticosamente cercando di digerire sono taroccati perchè mi vien male solo al pensiero
Novembre 9th, 2011 at 2:07 pm
Oggesù! Non mi dire che hai comprato i volumoni della Jaka Book? Quelli son cari soprattutto per la copertina cartonata…
Novembre 9th, 2011 at 2:24 pm
>mi vien male solo al pensiero
Angelo, ecco… ehmmm… non sappiamo come dirtelo, ma…
sì.
Novembre 9th, 2011 at 4:23 pm
è stato più fortunato un mio amico, che – combinazione – ha appena scritto per dire che sta leggendo:
Raimon Panikkar, “I Veda Mantramanjari”, 2 voll., Bur Edizioni, a cura di Milena Carrara Pavan, 2008
Novembre 9th, 2011 at 4:44 pm
Il signore sì che se ne intende.
Novembre 9th, 2011 at 8:13 pm
Comunque tranquillizzati, Angelo, Jaca (quella “bona”) si scrive con la “c”…
Novembre 9th, 2011 at 11:30 pm
Ah volevate infierire su di me eh? Comunque c’è scritto anche nei libri della Jaca con la c che sono a cura della Vivarium…quanto sò fubbo 🙂
Novembre 10th, 2011 at 12:24 am
Prima di tutto complimenti al Doc per il suo intervento. Facendo pure io il medico sono stato in contatto con persone affette da gravi malattie ma in piena lucidità mentale. Alcune conversazioni con persone in questa situazione, che conoscevo particolarmente bene, sono state tra le più intense e significative che abbia mai avuto.
Una delle considerazioni che ne ho tratto è che l’approccio della medicina alla persona sofferente (e quindi in ultima analisi al proprio vero centro di interesse) sia gravemente carente. E’ troppo frammentarizzato ed esclude totalmente la soggettività della persona, la sua esperienza interiore. Ormai i nostri ospedali assomigliano molto di più a fabbriche o poli tecnologici che a luoghi di cura…l’unica eccezione, almeno dalle mie parti, sono proprio i centri per i malati terminali, che hanno mantenuto una certa atmosfera di umanità, direi persino di sacralità.
Mi verrebbe da chiedere: perchè separare così nettamente spiritualità e religione da una parte e medicina dall’altra? Non è evidente che esiste un rapporto tra i due? E’ davvero così sbagliato, ad esempio, intendere lo Zazen come un processo di cura di se stessi?
Tanto per restare in tema con il doppio link di questa pagina, per chi fosse interessato, Panikkar ha scritto cose molto profonde sulla medicina e sul rapporto con la religione, li trovate in fondo al volume III della Ja(k)a books….
Novembre 10th, 2011 at 8:28 am
sì, ma tocca “ricurarli”…
Novembre 10th, 2011 at 12:17 pm
“E’ davvero così sbagliato, ad esempio, intendere lo Zazen come un processo di cura di se stessi?”: sì.
Novembre 10th, 2011 at 12:21 pm
Si riammalano spesso? Forse è meglio cambiare pediatra…
Novembre 10th, 2011 at 12:22 pm
PS: la citazione che oggi propone Santacittarama è:
Un solo verso autentico
che calma la mente
è meglio di mille
inconsistenti poesie.
Dhammapada,101
Novembre 10th, 2011 at 2:11 pm
A me viene il dubbio che abbiamo un concetto di cura troppo restrittivo. Non è che voglia proporre Zazen come una forma di terapia medica o psicologica, ma credo che vi possa essere un’interazione positiva nella vita di una persona tra salute fisica e spiritualità. L’esperienza delle Molinette mi sembra un modello interessante, non c’è una confusione tra i due ambiti ma una coesistenza all’interno del luogo di cura. Che, come nel caso del cardiologo che riporta Paolo, spesso è il luogo da cui uno riparte nella propria vita
Novembre 10th, 2011 at 2:19 pm
E allora?
PS: non è il concetto di cura ad essere troppo restrittivo. È il “concetto” di zz che esprimi ad esserlo.
Novembre 10th, 2011 at 2:49 pm
Certo capisco, non voglio dire che Zazen debba essere inscritto all’interno dell’ambito medico,; è molto di più di questo. Piuttosto vorrei che i confini dell’interesse medico si ampliassero, considerando l’uomo nella sua globalità e non solo nell’ottica di un certo modello predefinito.
Novembre 10th, 2011 at 5:08 pm
Per Angelo 3: per inciso (ma neanche tanto) il cardiologo del caso citato è ripartito davvero. Amen.
Più che “un processo di cura di se stessi” direi semmai che lo zz è un processo di morte di sé (ma anche questo è un concetto restrittivo).
Novembre 10th, 2011 at 7:15 pm
Sì, volendo tener fermo “processo” direi anch’io così. Però i processi, silviuccio nostro insegna, è meglio evitarli.
Lo zazen e l’evoluzione del carattere o del modo di vivere di una persona non sono la stessa cosa. Se proprio vogliamo parlare in termini medici possiamo dire che zz non è la cura, ma la guarigione. Quando scompare il malato direi che è guarito, no?
Novembre 10th, 2011 at 7:55 pm
Amen. Anche quella persona diceva che lo Zz gli pareva quasi un’esperienza di premorte, di catalessi. Eppure “…Ho l’impressione che, in realtà lo Zazen abbia fatto riaffiorare qualcosa che faceva già
parte di me; ho ritrovato un modo di sentire, di pensare che mi appartiene completamente.Oggi guardo tutto con questi nuovi occhi.” Non è questa l’espressione di una “guarigione”? Non dalla malattia, certo, quella ha fatto il suo decorso, ma da qualcosa di più…radicale? profondo?
Novembre 10th, 2011 at 8:57 pm
Mah, non mi spingerei sino lì. Per di più “…riaffiorare qualcosa che faceva già parte di me; ho ritrovato un modo di sentire, di pensare che mi appartiene completamente. Oggi guardo tutto con questi nuovi occhi” fa parte di una modificazione dell’atteggiamento vitale, di un’evoluzione. Non è zazen. Sembra strano doverlo ricordare, ma zz è seduti in silenzio davanti al muro.
Novembre 10th, 2011 at 10:32 pm
Forse è questo zz senza un retroterra buddista…o forse non avere nessun retroterra è proprio il retroterra buddista…
Novembre 11th, 2011 at 2:09 am
Angelo, molla l’osso! ti sloghi le mascelle inutilmente, è un ossobuco senzosso…
Novembre 11th, 2011 at 11:35 am
“C’è un buco nel secchio, Arturo, Arturo”.
“E tappa quel buco Gertrude, Gertrude”.
“Con cosa lo tappo? Arturo, Arturo”.
“Lo tappi col tappo Gertrude, Gertrude”.
“Il tappo non tappa, Arturo, Arturo”.
“E taglia quel tappo Gertrude, Gertrude”.
“Con cosa lo taglio?, Arturo, Arturo”.
“Taglia col coltello Gertrude, Gertrude”.
“Il coltello non taglia, Arturo, Arturo”.
“E affila il coltello Gertrude, Gertrude”.
“Con cosa lo affilo? Arturo, Arturo”.
“Lo affili con la pomice Gertrude, Gertrude”.
“La pomice è secca, Arturo, Arturo”.
“E bagna la pomice Gertrude, Gertrude”.
“Con cosa la bagno? Arturo, Arturo”.
“La bagni con l’acqua Gertrude, Gertrude”.
“Con cosa la prendo?, Arturo, Arturo”.
“La prendi col secchio Gertrude, Gertrude”
“C’è un buco nel secchio, Arturo, Arturo”.
Novembre 11th, 2011 at 1:22 pm
sublime.
Novembre 11th, 2011 at 2:33 pm
@ 10: Grazie Jiso, stavo già mollandolo…in genere quando arrivo ad un loop mi fermo. Quando ero un ragazzino avevo un computer “Amiga” (evoluzione del mitico commodore, ve lo ricordate?): ogni tanto si imballava e compariva il temibile messaggio “guru meditation in (numero enorme a scelta)”. L’unica era staccare la corrente e farlo ripartire…:)
Novembre 11th, 2011 at 2:58 pm
Ripartire??? Oggesù… 😛
Novembre 11th, 2011 at 3:15 pm
Nooo tranquillo lunedì riprendo a lavorare se la macchina è impegnata si imballa di meno.
Allora qual’è il retroterra buddista?
Nessun retroterra
Ah “nessun retroterra” è il tetroterra buddista..
Nooo…
Allora quale?
Novembre 11th, 2011 at 4:00 pm
@ 14: “stavo già mollandolo” sarà anche una buona notizia, per te, ma non suona tanto bene…
Novembre 11th, 2011 at 6:56 pm
in fondo, il concetto di “shunyata” è contiguo a quello di “gas”
Novembre 11th, 2011 at 7:04 pm
Vero, infatti mi son rammentato di quella volta eravamo in 5 su una vecchia 500, sul raccordo anulare, coi cappotti, i finestrini bloccati ….
… insomma, Carlo insisteva che vuoto non esprimeva correttamente il senso del serbatoio in quel frangente. Non andavamo a gas.
Novembre 12th, 2011 at 11:48 am
tornando al tema del fine-vita, un’altra citazione meritevole:
Se tu vens ca sù ta cretis,
là che lor mi àn soteràt,
al è un splaz plen di stelùtis,
dal mio sanc l’è stat bagnàt.
…
Quant che a ciase tu ses sole
e di cur tu prei par me,
il mio spirt atòr ti svole,
jo e la stele sin cun te.
Novembre 12th, 2011 at 12:48 pm
…
C’è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t’ingombrano e vanno nel vento
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell’estate
Novembre 12th, 2011 at 1:05 pm
le foglie secche e l’aggettivo “rimorte” sono citazioni dantesche.
(e bravo il “compaesano”!)
Novembre 12th, 2011 at 3:51 pm
uno dei tanti insegnamenti preziosi contenuti in “Dracula” di Bram Stoker:
“la maledizione dell’immortalità”
Novembre 12th, 2011 at 4:22 pm
“Sono sempre gli altri che muoiono” (MD)
Novembre 12th, 2011 at 7:44 pm
Sì, infatti è nato così il detto: vai avanti tu che mi scappa da ridere…
Novembre 12th, 2011 at 9:42 pm
un intellettuale ha notato che molti verbi che esprimono grandi risate alludono alla morte: crepare dal ridere, schiattare, sbudellarsi…
Novembre 13th, 2011 at 10:49 pm
uahh uahh uahh ma perché scrivete testi così lunghi online? non riesco costituzionalmente a leggerli… (ah ecco perché).
mi sono fermato all’osservazione di mym sull’imponderabile inizio-carriera di Gesù, ed è effettivamente un problema intrigante. tentativo di risposta: “boh”.
a parte glis cherzi, però, non è del tutto vero che su questo tema “non si sappia nulla” neppure a livello “leggendario”. la tradizione ha infatti indicato perlomeno tre momenti-chiave per la presa di coscienza di Gesù circa se stesso e la propria missione: fin dal concepimento (Gesù, essendo anche Dio, sapeva tutto fin da prima di nascere) e/o l’episodio di Gesù dodicenne al tempio di Gerusalemme (“Non sapevate che devo essere-in-ciò-che-è del Padre mio?”) e/o al momento del battesimo nel fiume Giordano (voce del Padre, apparizione dello Spirito sotto forma di colomba).
Novembre 13th, 2011 at 11:38 pm
Grazie di essere arrivato fino alla fine con la lettura..anche a me sembrava un tantino lungo, ma non sono riuscito a condensare di più.
Il problema degli episodi che citi è che, almeno per quanto mi riguarda, è impossibile trovare dei parallelismi con la propria vita od avvertire una vicinanza psicologica. Certamente la sensazione che si ha leggendo i Vangeli è che Gesù si sia sempre percepito come il Cristo, anche negli episodi che citi non è possibile tracciare un percorso evolutivo. Questo è in accordo con i concetti filosofici e religiosi tanto del giudaismo che dell’ellenismo dell’epoca e riflette quella particolare visione cristologica.
La storia di Gautama che lascia il palazzo e si mette alla ricerca, procedendo per tentativi, mi pare invece umanamente comprensibile, direi persino realistica. La mia impressione è che il buddismo sia in apparenza molto variegato e proteiforme, ma che in profondità vi sia una grande unità garantita proprio dal fatto che è rimasta una chiara traccia del percorso umano, direi persino del vissuto interiore, del suo fondatore.
Non so se è chiaro quanto cerco di dire, spero di non aver detto troppe fregnacce. O almeno di averle distribuite equamente tra buddismo e cristianesimo…
Novembre 13th, 2011 at 11:51 pm
>è impossibile trovare dei parallelismi con la propria vita
invece sì: il battesimo, che ai tempi dei Padri della Chiesa era amministrato agli adulti, e andava vissuto come un “ritorno all’Eden” e una “Cristificazione”. non a caso il battesimo, a quell’epoca, era chiamato “illuminazione”.
Novembre 14th, 2011 at 12:01 am
(E ancora…)
Nell’ormai famigerato Gregorio di Nissa si trova un’espressione magnifica: της δε λυπης (…) την λειτουργιαν, “la liturgia della tristezza”, intesa come percezione del dolore, il quale dolore a sua volta è effetto di una mancanza, di una carenza, di una perdita. L’antropologia delle prime 2 Nobili Verità, in sostanza.
Quella “liturgia” – in qualche modo – viene a corrispondere alla terza e quarta Nobile Verità: un costante atteggiamento vitale che assume la condizione umana in tutta la sua precarietà e sofferenza, nell’ottica di una “beatitudine” che è l’unica cosa importante, ma è inconcepibile, irraffigurabile, ecc. Il samsara non si sposta di un millimetro, ma si capovolge in nirvana.
Novembre 14th, 2011 at 12:16 am
E’ molto interessante quanto scrivi, credevo che l’utilizzo del termine illuminazione in ambito cristiano fosse un fatto moderno. Personalmente sono convinto che Gesù sia diventato il Cristo nel corso della sua vita, ossia che si sia trattato di una scoperta; è per questo tra l’altro che possono esservi degli alter Christi (come Francesco). Se anche tutta la letteratura cristiana sparisse e sparissero tutti i cristiani, Cristo non sparirebbe.
Per oggi ne ho dette a sufficienza. Buona notte, se non riesci a prender sonno rifatti tutto il mio testo fino alla fine vedrai che funziona 🙂
Novembre 14th, 2011 at 11:43 am
@27. Nessuno ha mai preteso che le persone intelligenti siano di appannaggio buddista. Il problema è inverso: quanti cristiani (chiedo scusa per la generalizzazione) si sono messi in grado, sono disposti a porsi in grado di compiere una lettura (opinabile o meno che sia) come questa?
Novembre 14th, 2011 at 11:49 am
@ 2: “La storia di Gautama che lascia il palazzo e si mette alla ricerca, procedendo per tentativi, mi pare invece umanamente comprensibile, direi persino realistica”. Formidabile.
Novembre 14th, 2011 at 11:55 am
Per tutti i timidoni in privato che mi chiedono notizie sul lato A della foto che correda questo post, comunico che l’inquadratura è disponibile alle solite condizioni. Però ciò che si vede è abbastanza deludente: la persona è seduta nella posizione del loto, su un cuscino, e su quel lato non ha tatuaggi.
Novembre 14th, 2011 at 12:01 pm
>Per tutti i timidoni in privato che mi chiedono notizie sul lato A della foto
… eccone uno che “non osava” neppure in privato…
^///^’
[emoticon in stile jappa, che arrossisce emozionato]
Novembre 14th, 2011 at 12:06 pm
tra i cristiani-cattolici, direi pochini. e per i protestanti, “peggio mi sento” (peruginismo).
può andare meglio con la tradizione ortodossa, ancora oggi. cfr. quel libro sul monte Athos recensito non molto tempo fa:
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/6618
del resto, un “sentire” simile era percettibile anche nell’arte di Chagall, che era ebreo sì, ma aveva respirato la spiritualità della Chiesa ortodossa russa. (cfr. la rubrica su Chagall che tenni sul blog Le Ragazze… please nessuno fraintenda il nome: sono tre signore romane, sorelle tra loro, auto-ironiche)
Novembre 14th, 2011 at 12:10 pm
P.S. d’altra parte, l’arguzia dialettica e de-costruttiva dello stesso ebraismo ha qualcosa che ricorda i vari Nagarjuna, Dogen, mym, jf…
Novembre 14th, 2011 at 12:11 pm
… e Doc! (ciàmu scüsa)
Novembre 14th, 2011 at 12:19 pm
@ 5: volevo dire che l’aspetto agiografico secondo me non è così preponderante da impedire da sentirsi vicini a quest’uomo che si mette alla ricerca. Non è la descrizione di un superuomo o di un eletto.
Per quanto riguarda la foto, pur in assenza del tatuaggio, sarei in effetti interessato al fine di migliorare la mia postura mediante un’attenta osservazione anatomica. Non conosco però quali sono le condizioni usuali…
Novembre 14th, 2011 at 12:27 pm
Già alcuni decenni or sono E. Bianchi, di Bose, ha tracciato un parallelo tra lo spirito che si coglie nei detti degli (dei?) Chassidim o Hassidim, e gli scritti dello zen. Recentemente ho trovato un articolo (non eccezionale, per la verità), Zen Buddhism and Hasidism, similarities and contrasts, in: Buddhism and interfaith dialoge, di Masao Abe (il “successore” del dott. Suzuki) e Steven Heine.
Novembre 14th, 2011 at 12:37 pm
L’è pezo el tacòn… 🙂
Abbiamo preso atto della sua richiesta.
Novembre 14th, 2011 at 1:12 pm
>Già alcuni decenni or sono E. Bianchi, di Bose
uno che di Silenzio se ne intende, insomma
Novembre 14th, 2011 at 1:31 pm
La ringrazio; faccio notare il profondo significato interculturale, inter ed intrareligioso nonchè il grande valore dialogico del suo gesto qualora volesse inoltrarmi il suddetto materiale iconografico 😉
Novembre 14th, 2011 at 2:46 pm
Panikkar parlerebbe di “compenetration” e “fertilization”.
Novembre 14th, 2011 at 4:04 pm
Qui si va su sofisticate metafore di derivazione tantrica, molto difficile da interpretare…:)
Tornando a temi di importanza minore, a mio parere una ridefinizione su basi più ampie della cristologia è la chiave per rendere più universale il messaggio evangelico, perchè consente di svincolarlo dalla sua declinazione ebraico-ellenistica, pur senza negare la validità di quest’ultima.
Inoltre la sottolineatura della portata cosmica di quello che chiamiamo “Cristo”, porta secondo me ad una nozione meno miracolistica e più interiore tanto dell’Incarnazione quanto della Resurrezione. Un principio cosmico latente nell’umanità e nella storia trova la sua perfetta esemplificazione nella vita di un singolo uomo, che pertanto dopo la sua morte può divenire il tramite attrarverso il quale esso vive spiritualmente nella comunità. Ho letto da qualche parte su questo sito una recensione di un testo di Rosmini, in cui si diceva che Cristo risorse come Eucaristia, che è esattamente quello che vorrei intendere. Forse era di dhr?
Novembre 14th, 2011 at 4:49 pm
>Forse era di dhr?
no. oltretutto, non sono un fanatico della teologia sacramentaria.
Novembre 14th, 2011 at 4:50 pm
o meglio, ricordo di aver presentato a suo tempo (due anni fa?) un libro di/su Rosmini, ma subito di aver “fatto mia” quell’affermazione.
Novembre 14th, 2011 at 6:24 pm
Probabilmente intendevi dire “dubito” non “subito”. Volevo dire che la recensione del libro era tua, non la frase…son già passati due anni? My goodness…
Novembre 14th, 2011 at 6:34 pm
>intendevi dire “dubito” non “subito”
no, è che che dubito subito, e il mio dubbio è lungo un cubito, ed è stato un dubbio subitamente subìto…
🙁
questo dicesi arrampicarsi sugli specchi
Novembre 16th, 2011 at 7:32 pm
off-topic rispetto al post, ma non rispetto al sito: la Stella del mattino (vedi colonnino a sx sulla home) ha appena totalizzato 400 amici.
adesso arriva la “prova dell’amico”: donarti soldi, o tempo, o tirarti fuori dai guai.
Novembre 16th, 2011 at 7:49 pm
Qui mi vien da ricorrere ad una citazione dotta, addirittura di Marx°: “non vorrei mai essere amico di un sito che accetta amici come me”.
Non ho ancora capito che cosa significhi “amico” nell’accezione di FacciaLibro. Forse è meglio non saperlo.
°Groucho, non Karl, of course.
Novembre 25th, 2011 at 4:51 pm
E’ chiaro e mi va bene, quasi tutto. Ma l’impulso moraleggiante… cosa c’entra con la paziente tolleranza? o, meglio: cos’è in pratica l’impulso moraleggiante, oltre che una straordinaria rottura per chi è vittima del moralismo altrui?
Novembre 25th, 2011 at 5:50 pm
Penso che qui con “impulso moraleggiante” si intenda la “giusta indignazione” di fronte al reprobo. Gli romperesti la testa, lo consegneresti ai carabinieri perché gli facciano quel che fanno loro; poi una pausa, un sospiro. E domani è un altro giorno.
Novembre 25th, 2011 at 7:30 pm
>possono venire incatenati,
sopportare attacchi fisici e verbali
senza abbandonarsi alla rabbia…
“… altrimenti questa non è perfetta letizia, frate Leone.”
e lo disse dalle parti di Perugia. ci voleva giusto la pazienza del Poverello.
Novembre 25th, 2011 at 8:59 pm
Ci crederai, ma mi è venuta a mente la stessa storia…
Scrivi, frate Leone!
Novembre 27th, 2011 at 12:55 pm
“La forza della pazienza..”
“..il potere trasformante della paziente tolleranza”:
l’etica come prassi, ovvero l’etica che ha come presupposto il riconoscimento dell’altro semplicemente come “l’altro da me” (e “di me”), ovvero dal suo esserci indipendentemente dalla sua prospettiva di senso.
Una “posizione” che è oltre ogni posizione, la quale mostrando il limite della pretesa superiorità di ogni logica affermativa indica ciò che sta “al di là” di ogni posizione di senso:
praticamente un elogio del dialogo:-)
Novembre 27th, 2011 at 1:01 pm
Ciao Dario, bentornato. Sì, penso anch’io sia un elogio del dialogo tra … separati in casa. Non nel senso che l’altro non è me, per carità. Ma nel senso che l’altro, lo sciocchino, può fare un po’ quel che vuole. Molto vicino alla concezione dell’arhat “secondo” il buddismo antico.
Novembre 27th, 2011 at 2:32 pm
E che mi dite della paziente intolleranza? Che la pazienza avvolga tutto, è un gran bene. Ma, santa pazienza!, non s’ha mica da tollerare tutto. Il sempre invocato Francesco da Assisi, pur predicando la perfetta letizia, che evidentemente era anche per lui un’aspirazione, pare demolisse a colpi di piccone le casupole che i confratelli infreddoliti si erano apprestati per ripararsi dalle intemperie in sua assenza. Se dunque l’amato alter ego mi appare smisurato nel suo esser “ego”, non è male forse che da buon alter suo io lo riprenda e lo ammonisca invece di limitarmi a tollerare con serafica pazienza le sue “debolezze”. Facendo sempre però molta attenzione al rischio di guardare e catechizzare la trave nell’occhio altrui ignorando la pagliuzza nel mio: basta una pagliuzza nell’occhio per confonder le cose e prendere lucciole per lanterne…
Novembre 27th, 2011 at 5:30 pm
giusto, jf, non confondiamo il bodhisattva con il beotisattva.
Novembre 27th, 2011 at 5:31 pm
Ben detto, ben detto, frate Jf. Ma presto verrà il Redivivo a por le cose nelle loro dimensioni.
Però, mannaggia, aspettavi qualche ora e questo commento non avrebbe rotto le uova nel paniere…
Oggi son sibillino più dei monti.
Novembre 27th, 2011 at 5:39 pm
bravo, ti affideremo un governo tecnico.
Novembre 27th, 2011 at 6:30 pm
Ma mi lasciate anche aprire un tavolo?
Novembre 27th, 2011 at 6:49 pm
Beh, mym 9, consideriamolo un assist, e pazienza… Il doc non se ne avrà a male, proverbialmente paziente qual’è, e poi ha confezionato un’ottima frittata!
Novembre 27th, 2011 at 7:05 pm
@mym 11
sì, per il picnic.
Novembre 27th, 2011 at 7:12 pm
evviva Doc! bentornato sui nostri schermi, e alla grande!
[a proposito di Perugia & santa pazienza: l’altro giorno l’abbiamo persa con “chi sai tu” per “quel famoso motivo”. come conclusione ci sarebbe stata benissimo la frase del fratonzolo nel tuo fumetto 😀 ]
Novembre 27th, 2011 at 7:22 pm
Comunque, il fraticello non aprì. E neppure si conturbò. Anzi, gongolò. Non c’è nulla di male nel gongolare. Ma gongolò.
Se ci fosse Dario direbbe che qui, però, si instaurò una relazione soggetto (fraticello) oggetto (Francesco) senza relazione profonda. Al punto che l’unica relazione è costituita dalla voglia di rivalsa, da cui letizia.
Oppure…
Novembre 27th, 2011 at 8:23 pm
..con “chi sai tu” per “quel famoso motivo”.
?!?
Non tirarmi in mezzo alle tue beghe, caro dhr . Nego tutto: non c’ero, e se c’ero dormivo.
Novembre 27th, 2011 at 9:07 pm
Certamente la disponibilità deve accompagnarsi al senso del limite, così come la libertà non può essere disgiunta dalla responsabilità.
Non tener conto di entrambe non è educativo per nessuno nello spazio della convivenza.
“Primo non nuocere”, questo principio dovrebbe valere per tutti nel gioco della vita.
Novembre 27th, 2011 at 9:10 pm
massì, Doc, i bellimbusti che dovevano contattarti per quella conferenza su Hesse e buddhismo in Occidente.
che peraltro sarebbe stata l’unica cosa a interessarmi del programma 🙁
Novembre 27th, 2011 at 9:21 pm
Qui l’unica relazione profonda mi sembra essere quella dei conigli, esseri peraltro noti per la loro propensione alle relazioni
Novembre 27th, 2011 at 9:39 pm
Ah già.. (dhr 4)
avrebbe dovuto essere la settimana scorsa.
Santa letizia!
Novembre 27th, 2011 at 11:43 pm
però, mym 2, se chiamiamo letizia anche la soddisfazione che deriva dalla rivalsa, il quadro si fa sempre più nebuloso.
Pur mantenendo il termine letizia con la minuscola, onde evitare fra-in-bunga-menti – la letizia di cui andava in cerca Francesco dovrebbe essere qualcosa di non-sostenuto.
Sennò qui è tutto un magna magna…
Novembre 28th, 2011 at 12:38 pm
Epperò, non puoi togliere la mano dopo aver lanciato il sasso: è il frate portinaio che chiama letizia la sua soddisfazione. La differenza, come dici, non è nel nome. Piuttosto direi che è in che cosa sta maneggiando l’uno e che cosa invece non maneggia l’altro. Oppure, tornando alla tua formulazione, su che cosa poggia la letizia dell’uno e su che cosa non poggia quella dell’altro.
Qui però rischiamo di trovarci a chiedere: che cosa aveva da essere lieto Francesco?
Novembre 28th, 2011 at 1:02 pm
Francesco era lieto del fatto di non avere bisogno di motivi per essere lieto.
Novembre 28th, 2011 at 1:16 pm
Credo che avesse da essere contento dell’opportunità di praticare la pazienza, la creatività di come svoltare quella nottata fredda e sofferente, di esperire l’aspetto imponderabile del non essere riconosciuto, ospitato.
Saluti a tutti.
Novembre 28th, 2011 at 5:28 pm
9@: in quel caso poggerebbe, come direbbero Doc e il Diamante.
10@: idem (ciao AHR), in più farebbe una bella figura di tontolone, tipo il tale che cade da cavallo e dice al barelliere che lo porta in ospedale “tanto volevo scendere…”.
No, questa volta Bz è particolarmente sottile; come dicevo: tutto tutto niente niente.
Novembre 28th, 2011 at 5:41 pm
Infatti Francesco non dice mica di essere il lieto perfetto. Dice: “se una notte…. e io non avessi alcuna reazione di scoramento o di sca…mento … allora quella sarebbe…”. Sarà anche poverello ma non è mica scemo da dire “io sono lieto”. Ergo, so cos’è la letizia, ma proprio perché lo so non è roba mia. Auguri!
Novembre 28th, 2011 at 8:31 pm
mym 8
Il frate portinaio chiama letizia ciò che tu chiami sua soddisfazione, probabilmente deducendo tale sfumatura di significato dal sorriso del frate e forse dal tono di alcuni suoi pensieri. E’ una lettura.
Se però dico: la letizia del frate non è stata scalfita dall’aver svolto un compito in un certo senso sgradevole – cioè redarguire Francesco – nell’esercizio del suo ruolo di portinaio, questa è un’altra lettura.
Può trattarsi di due soddisfazioni, come può trattarsi di due letizie: nel caso, come suggerisce il Saggio qui sopra, se non era roba loro, allora presumibilmente era vera letizia. Poi, il teatrino è un’altra storia.
Novembre 28th, 2011 at 8:53 pm
Sulla nave “tutto è possibile” posso imbarcarmi, certo. Però la partenza a due corni (il Dhammapada e l’apologo della perfetta letizia) lastrica una strada che conduce ad un senso, un significato. Se poi mi dici che non si può sapere il vero perché il frate dica “questa sì è vera letizia” ci posso anche stare. Ma, visto che apprezzi il Saggio, a quel punto me ne corre e lo dico con le parole del diamante: la vera letizia come non vera letizia è stata insegnata. Ovvero nel momento in cui il frate la riconosce come tale l’ha già persa. Ergo una non è vera letizia.
Novembre 29th, 2011 at 12:24 am
Dunque, cfr il saggio 12@, Franci non era fesso e tutto si giocherebbe su quel ‘se’.
Interessante.
Però non usa poi il condizionale, stando al testo (Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima). Espone un fatto, quello di non essersi turbato.
E’ anche vero però che non dice ‘io sono lieto’, ma dice ‘qui è la vera letizia’.
Anche qui, espone un fatto.
Potrebbe essere interessante indagare sul rapporto di causa effetto tra questi due fatti.
Comunque, se si fosse turbato, dove andava a finire la vera letizia?
Novembre 29th, 2011 at 1:04 am
Ma se non si fosse (è) turbato, a che pro’ chiamarla vera letizia? La cigliegina, qui, guasta (guasterebbe) la torta. Dunque si torna al diamante (che come non diamante…)
Novembre 29th, 2011 at 8:57 am
JF, il re degli assist:
“Non letizia, non letizia — per questo la si chiama letizia.”
Novembre 29th, 2011 at 11:19 am
Se vogliamo sgattare tra le parole per vedere quella, quelle che determinano, direi che nel verso del Dhammapada l’espressione forte è “senza” e nella storia francescana è “se […] non”.
Perciò (@15) “se si fosse turbato, dove andava a finire la vera letizia?”: come non c’è prima (di turbarsi), non c’è neppure dopo.
Novembre 29th, 2011 at 12:46 pm
Complimenti al Doc per il ritorno in grande stile!
Come sempre la striscia è divertente e suscita interrogativi e riflessioni…ecco la mia: non è forse vero che nella vita, spesso i ruoli si invertono, il giorno prima (o l’ora prima, il minuto prima), siamo il povero cristo fuori al gelo, quello dopo siamo il portinaio che se la gode al calduccio delle disgrazie altrui. Spesso patiamo le conseguenze del nostro stesso agire, ci ritorna quello che abbiamo seminato.
Secondo me l’importante, più che non incazzarsi li per li, è essere capaci di aprire la porta quando tocca a noi aprirla, anche se quello che bussa ci sta sulle scatole; in tal modo la catena si spezza. Che questo avvenga perchè siamo stati capaci di perdonare, o meglio ancora perchè siamo così in pace con noi stessi da essere rimasti lieti e sereni quando stavamo fuori non cambia molto. Quello che è fondamentale è cogliere il nesso e la continuità tra le due parti in gioco
Novembre 29th, 2011 at 4:27 pm
Ciao Angelo.
Ritornando al fumetto cambia un po’ il tema.
Tu dici ‘… è essere capaci di aprire la porta quando tocca a noi aprirla..’
Ma, dico io, anche di ‘essere capaci di non aprirla quando tocca a noi non aprirla’.
Molte volte è più facile fare i buoni (tu dici ad es perdonare) che interpretare il proprio ruolo o compito con fermezza.
«Respingete tutto ciò che l’egoismo fa sembrare buono e che nuoce alle creature. Al contrario, fate ciò che sembra peccato ma è di profitto alle creature, perché è opera religiosa»
La letizia mi pare un po’ lo sfondo, lo schermo su cui si proietta il teatrino della vita.
Novembre 29th, 2011 at 4:49 pm
Ciao Doc, anzitutto spero che tu ci abbia ripreso gusto e che tu continui a deliziarci con le tue strisce.
Nel caso che hai “illustrato” non mi sembra che il rifiuto ad aprire abbia tanto a che fare con l’interpretare il proprio ruolo, o con l’essere di profitto per le creature, quanto con un astio personale.
A meno che non mi sfugga qualcosa di importante, non vedo per quale motivo connesso al senso del dovere il portinaio non dovrebbe aprire. Il poveretto rischia di morire assiderato, cosa ci può essere di più importante od urgente di dargli un ricovero, che sia Francesco o chiunque altro a bussare?
Novembre 29th, 2011 at 5:34 pm
E così il brutto anatroccolo ancora una volta scacciato dai suoi compagni rimase solo, nel freddo scuro dell’inverno nordico, mentre da lontano si udivano le allegre voci dei suoi ex-compagni di gioco. Quando, all’improvviso, delle ampie ali bianche luccicarono nel grigio della sera incipiente e dei bellissimi, grandi uccelli bianchi si posarono sull’acqua accanto a lui. Nessuno di loro lo cacciò, anzi, lo trattarono come uno di loro. Il brutto anatroccolo era stupito da questa familiarità ma, d’un tratto, riflessa nell’acqua vide la sua immagine: era come loro, un cigno. Fu in quel momento che il cacciator fischiando, lieto, prese la mira
Novembre 29th, 2011 at 7:30 pm
Beh, sì, Angelo 21, ho l’impressione che ti sfugga qualcosa di importante. Il motivo per cui il portinaio non deve aprire è che, proprio non aprendo, permette a Francesco di fare il salto dal mondo del relativo basato sulla comparazione (freddo/caldo, buono/cattivo, generoso/gretto…) all’incondizionato, che è il senso della storiella. Se gli avesse aperto, di che staremmo qui a parlare? La storia si regge proprio su questo, e proprio per questo diventa esemplare. Certo, la stoica fermezza del portinaio non è la causa della letizia, perché siffatta letizia è necessariamente incausata, ne è però l’occasione. Dunque in questo caso il portinaio fa più il suo dovere non aprendo che aprendo, perché, per restare alla recente terminologia, fa l’assist. Quel “se” iniziale si regge sul tetragono rifiuto del portinaio che dà occasione al “non” reagire di Francesco, spostando il piano della realtà.
Novembre 29th, 2011 at 9:27 pm
… alias, jf, la famosa tesi per cui il VERO redentore fu Giuda.
Novembre 29th, 2011 at 10:27 pm
No non mi sfugge la questione ma il fratonzolo non sembra mosso da nobili intenti o da amore nei confronti di Francesco, ma da un banale desiderio di vendetta. Tanto è vero che non è minimamente preoccupato dei rischi del suo gesto, anzi se la gode alla grande. Stando così le cose (avendo cioè in odio chi bussa) avrebbe compiuto un gesto dimostrativo dell’incondizionato aprendo il portone, non tenendolo chiuso.
MA anche se le sue motivazioni fossero state quelle di far compiere a Francesco il grande salto, il suo gesto sarebbe comunque inutile. Se Francesco non è santo rimedierà solo una polmonite o anche peggio, se lo è non c’è alcun bisogno di fare nessuna prova. Se la letizia è incondizionata e non causata non ha senso creare delle occasioni. Non è meglio compiere il semplice, spontaneo gesto di umana compassione di aprire ed accogliere il bisognoso? Forse proprio quello sarebbe la semplice espressione di un cuore lieto. Anche quello sarebbe un assist.
Novembre 30th, 2011 at 12:05 am
Due domande metafisiche a cui non c’è risposta, nonostante i nobili tentativi di sant’Anselmo di Canterbury nonché di san Francesco:
Cur Deus homo?
Cur riculum vitae?
Novembre 30th, 2011 at 1:28 am
Angelo 25@- Fin che poniamo l’accento sui personaggi, cercando di classificarli a nostro arbitrio in buoni e cattivi, perdiamo di vista la vera letizia.
Novembre 30th, 2011 at 5:00 am
Fico il commento 22.
Secondo me la striscia di Bz descrive in modo esemplare il lato folle del cristianesimo.
Da una parte il portinaio trova soddisfazione nel rispetto dogmatico della regola anche quando la sua applicazione è disumana (filisteismo); dall’altro Francesco gioisce della disgrazia, della privazione, etc. perché il dolore eleverebbe spiritualmente rendendoci simili a Gesù Cristo – il sofferente per eccellenza (santità).
Il comportamento dei personaggi è assurdo in entrambi i casi.
PS: quale sarebbe la famosa tesi per cui il VERO redentore fu Giuda???
Novembre 30th, 2011 at 8:16 am
bentornato, Hmsx.
dicevo “famosa” in senso colloquiale, anche se è una posizione estrema e minoritaria. non ricordo chi l’abbia enunciata, però si basava sul fatto che – se Gesù DOVEVA morire in croce per redimere l’umanità – allora il merito spetta a Giuda.
Novembre 30th, 2011 at 10:36 am
@ Doc 27: capisco, ma il punto di 19 non riguardava tanto il ruolo dei personaggi, ma il fatto che forse è un errore pensarli al plurale, come due entità ben distinte
@28 ovviamente il cristianesimo non è il filisteismo. Gesù si è battuto contro il legalismo dogmatico e disumanizzante fino a pagare con la vita. Nè è vero che Cristo è santo in quanto sofferente. Se si leggono i Vangeli con attenzione e senza pregiudizi non emerge alcuna estetica del dolore. Gesù prega Dio di allontanare il calice e suda sangue per la paura; non cerca il martirio ma non può evitarlo senza abbandonare e sconfessare la sua causa.
Novembre 30th, 2011 at 11:01 am
>il legalismo dogmatico e disumanizzante
massì, un po’ di antisemitismo sta sempre bene, in nome dell’Amore universale
Novembre 30th, 2011 at 11:19 am
Io non ho certo detto che il legalismo è sinonimo di ebraismo, men che meno fatto affermazioni di stampo razziale. Il messaggio cristiano nasce in seno all’ebraismo ed in continuità con esso. Il dogmatismo religioso è una degenerazione tanto dell’ebraismo quanto del cristianesimo
Novembre 30th, 2011 at 11:40 am
In ogni caso, nel caso in quanto ho scritto qualcuno possa riscontrare degli accenti critici nei confronti dell’ebraismo, me ne scuso, non era assolutamente questa la mia intenzione. Nutro una grande ammirazione per l’ebraismo, che non considero affatto un antesignano od una forma incompleta del cristianesimo, ma una religione a se stante, degna del massimo rispetto.
Novembre 30th, 2011 at 11:48 am
> ovviamente il cristianesimo non è il filisteismo.
Se per cristianesimo intendiamo la confessione religiosa professata dal Vaticano (cos’altro dovrebbe intendersi?), allora somiglia molto al filisteismo. Esempi: ama il prossimo tuo tranne i gay – a meno che siano casti – o i divorziati – a meno che siano miliardari etc.
> Se si leggono i Vangeli (…) non emerge alcuna estetica del dolore.
Dunque la passione di Cristo, cioè il supplizio e la crocifissione, sarebbe una estetica della gioia?
> non cerca il martirio ma non può evitarlo senza abbandonare e sconfessare la sua causa.
E’ vero. La sua causa, il suo insegnamento,è quello di non adirarsi, di non andare in collera qualunque cosa succeda, anche se ti massacrano perché lì è la ‘vera’ letizia, la beatitudine e il regno dei cieli.
Ecco, contesto che quella sia la vera letizia.
Grazie dhr.
Borges ne ‘le tre versioni di Giuda’ avanza la tesi di cui al commento 24.
Novembre 30th, 2011 at 11:57 am
>ama il prossimo tuo tranne i divorziati – a meno che siano miliardari
sciapò! tuscé! o come piffero si scrive (l’unica parola francese che so scrivere è Carla)
e grazie a te della citazione da Borges.
Novembre 30th, 2011 at 12:26 pm
Che il cristianesimo sia la confessione religiosa professata dal Vaticano, perdonami ma è un’assurdità che non mi pare nemmeno il caso di commentare.
Quello che tu citi come la causa cristiana è anche la causa del Buddha. Non si è mai visto l’odio porre fine all’odio o la violenza porre fine alla violenza. Il non odio, l’assenza di odio, possono porre fine all’odio e la non violenza alla violenza. Non è proprio letterale perchè non ho una gran memoria, ma il senso è quello.
Novembre 30th, 2011 at 12:33 pm
Ciao HMSX, bentornato.
Mi assento un attimo e guarda che … pianerottolo.
Sciò, sciò!
PS: certo che il “vaticano” con il cristianesimo non c’entra, però, insomma a parte che vogliono entrarci, vicario di Cristo e compagnia bella abitano lì.
Magari è solo un caso 😛
Novembre 30th, 2011 at 12:47 pm
Mi pare che il discorso tenda un po’ a deviare. Per tornare allo specifico, forse val la pena di ricordare che Francesco (verso cui provo un’istintiva simpatia e sincero rispetto) era colui che si faceva camminare sulla faccia e sul collo dai suoi confratelli per debellare l’orgoglio e le tentazioni (verificare nei Fioretti). E il racconto “autentico” della parabola della vera letizia si conclude con un’esaltazione della croce di Cristo. Mi pare innegabile che nel cristianesimo, anche quello evangelico, ci sia la valorizzazione del martirio e del supplizio, il che prevede necessariamente il ruolo di un aguzzino, sia esso Giuda o il portinaio. Basta questo a mettere in dubbio che lì risieda la vera letizia.
Novembre 30th, 2011 at 1:26 pm
Il cristianesimo è una realtà quanto mai varia ed articolata, e non giuducherei il valore di una confessione dal numero. Inoltre lo stesso cattolicesimo non è affatto un blocco uniforme ed indifferenziato. Vi sono molti cattolici che la pensano come Hmsx su omosessuali, divorziati ecc
C’è nel cristianesimo evangelico un esaltazione del martirio e del supplizio? A me viene in mente soprattutto l’ultima beatitudine. Però bisogna tenere presente che i perseguitati non vengono detti beati in quanto tali, ma perchè lo sono a causa della giustizia. Questo è il punto fondamentale. Nella narrazione della passione non mi sembra vi siano accenti masochistici. E’ nella tradizione successiva che si è dato grande risalto alla passione ed alla croce, trascurando (almeno mi pare) che il punto focale non è quello, ma la resurrezione.
Novembre 30th, 2011 at 2:44 pm
Nel vangelo di Giovanni (12,20 e segg.) è detto chiaramente che la morte in croce equivale alla gloria del Figlio dell’uomo e del nome del Padre. Nelle lettere di Paolo ricorre il concetto che la croce di Cristo è il solo vanto del fedele (per es. Galati 6,14). Insomma, si può negare che la croce è divenuta il simbolo del cristianesimo, perlomeno di quello cattolico? E che sia uno strumento di tortura e morte? Oggi non si usa più la croce come strumento per la pena di morte, ma che diremmo se qualcuno eleggesse un cappio a simbolo della propria fede?
Novembre 30th, 2011 at 3:29 pm
> Che il cristianesimo sia la confessione religiosa professata dal Vaticano, perdonami ma è un’assurdità che non mi pare nemmeno il caso di commentare.
Ti prego commenta.
In “Che cos’ è il cristianesimo” di don umberto bindi si dice: “Il Cristianesimo è un incontro personale, vero, con Cristo Gesù vivo.” però “Non è lasciato spazio alla pretesa che un rapporto diretto con il Cristo sostituisca o consenta di ignorare la mediazione della Chiesa, comunità di credenti che lo annunciano, lo testimoniano e ne trasmettono l’ insegnamento”.
Un protestante direbbe la stessa cosa pro domo sua e così via.. e il cristianesimo è sempre una cosa che non si capisce ma risponde a tutto ed è buono per tutto.
Possibile che Gesù Cristo bisogna accettarlo in modo acritico? Non sarebbe preferibile salvare quello che funziona e liberarsi di ciò che è assurdo, obsoleto, superato (tipo la resurrezione dal regno dei morti)?
Anche a me Francesco sta simpatico e credo che rimanere lieti nelle avversità sia l’atteggiamento vincente – passando, però, per l’empietismo, cioè arricchendo il rapporto con Dio delle dinamiche dell’odio, del disprezzo etc.
(a me gli entusiasti felici che benedicono pure le disgrazie fanno un po’ paura; a volte provo autentica letizia nel bestemmiare Dio – specie nelle avversità)
quoto jf.
Novembre 30th, 2011 at 3:38 pm
“Che cos’ è il cristianesimo” di don umberto bindi (???)
volevo dire Umberto Neri.
Novembre 30th, 2011 at 4:43 pm
Umberto dalle binde nere… ?
😮
Novembre 30th, 2011 at 4:49 pm
@41: “…Possibile che Gesù Cristo bisogna accettarlo in modo acritico? Non sarebbe preferibile salvare quello che funziona e liberarsi di ciò che è assurdo, obsoleto, superato (tipo la resurrezione dal regno dei morti..” Certo che sarebbe preferibile e naturalmente no, non bisogna accettarlo in modo acritico o attraverso il filtro di qualcun’altro. Capisco che nel cattolicesimo quest’ultima è stata la strategia consolidata: non leggete la Bibbia e non rompete che tanto noi vi assolviamo. MA è ora di finirla con tutto ciò. Perchè devi permettere ad un altro di dirti cosa è il cristianesimo? Così accetti le regole del gioco degli altri, anche se poi è per chiamartene fuori.
@Jf 40: no, quello che dici non si può negare. Per questo ti dicevo che bisognerebbe passare da quel tipo di immaginario, di iconografia e di teologia ad un’altro in cui invece si valorizzi la resurrezione come vittoria sulla morte. In effetti nella più antica simbologia cristiana la croce non compare (per esempio, spero di non ricordare male, nelle catacombe di Siracusa), sono molto più presenti altri simboli, come il pesce. L’annuncio cristiano (il Vangelo), va tutto interpretato nella luce della resurrezione (questo secondo me è anche il senso della frase di Paolo, considerando l’insieme dei suoi scritti), che si lega alla speranza ed all’attesa, non al lutto o al martirio
Novembre 30th, 2011 at 5:15 pm
“si valorizzi la resurrezione come vittoria sulla morte” @angelo 44: il punto è proprio qui, in questa strana idea di “vittoria sulla morte”. Si concepisce una (sperata) vittoria sulla morte perché si concepisce la morte come una sconfitta. Di che? Di chi? Invece di imparare a far pace con la propria inevitabile morte, la si vuole sconfiggere. E così facendo la si deve esaltare, perché se non si muore non si può risorgere, in un cortocircuito logico ed esistenziale che venti secoli di teologia non sembrano essere stati in grado di risolvere.
Novembre 30th, 2011 at 5:51 pm
Mamma mia come correte.
Che io ricordi, il simbolismo della croce va ben oltre il cristianesimo: ma è nel cristianesimo che viene associato a quei significati (croce come supplizio e vittoria sulla morte della carne)un po’ necrofili; che poi sono rimasti quelli prevalenti. Sul perchè di questa operazione, ognuno la pensa come gli pare o come gli conviene.
Il giovane Guenon dedicò al simbolismo della croce un interessante trattato.
Novembre 30th, 2011 at 6:02 pm
Sì, sì, anche il simbolismo della svastika va ben oltre il nazismo: ma una volta fatta la frittata non c’è miracolo che possa rimettere l’uovo nel guscio (rotto).
Novembre 30th, 2011 at 6:16 pm
oooohhhh! alleluia!
sottoscrivo ogni frase, ogni parola, ogni sillaba, ogni lettera, ogni segno diacritico (ah no, non ha scritto in sanscrito, peccato, ormai è pane quotidiano) di JF 45.
Novembre 30th, 2011 at 6:45 pm
Anch’io.
Invece su jf 47: ho delle riserve. E’ vero che la frittata è fatta, sul piano socio-politico-religioso e – spero – prettamente occidentale.
Ma anche qui, sul piano individuale del cercatore, l’uovo è libero di tornare nel guscio.
Novembre 30th, 2011 at 7:30 pm
Il processo morte/resurrezione va secondo me inteso non in senso temporale ma spirituale. Quando Paolo dice che l’uomo vecchio deve morire perchè l’uomo nuovo possa risorgere si riferisce ad un processo che deve avvenire oggi, anzi adesso, ed in ogni momento.
Nel Vangelo si dice “sono venuto perchè voi aveste la Vita e l’aveste in abbondanza”. Cioè perchè conosciate la pienezza della vita oggi, in questo istante; ed è nello sperimentare questa pienezza che la vita non ha fine. Fare i conti e fare la pace con la propria mortalità può avvenire in molti modi. Forse ognuno ha il suo. Una possibilità è percepire che essa si situa in un ordine più grande, dal quale essa trae significato e su cui si sostiene.
Sul “dopo la morte” ne so quanto chiunque altro, cioè nulla.
Novembre 30th, 2011 at 8:01 pm
C’è un vizietto cristiano che va segnalato. Non è corretto giocare su due piani: da una parte c’è il fatto storico, carisma non negoziabile del cristianesimo, Palestina, anno tale, mese tale, giorno tale croce/morte/risurrezione di un Tale in carne ed ossa, prima e dopo, pena il vanificarsi della fede (Paolo: se Cristo non è risorto la nostra fede è vana) – altro che “non va inteso in senso temporale”! prova a togliere la storia a un cristiano, è come cercare di togliere l’osso a un mastino napoletano; dall’altro, carta vince carta perde, quando gli chiedi conto, paf! diventa bel bella una questione spirituale “un processo che deve avvenire oggi, anzi adesso, ed in ogni momento”. Così siamo capaci tutti, ma il salto di piano quando il terreno si fa scivoloso è “unfair” come dicono gli anglosassoni.
Comunque non si tratta di “fare i conti e fare la pace con la propria mortalità”: io non sono un mortale, sono un vivente. Si tratta di lasciare in pace la morte, visto che nessuno ne sa nulla, tranne che quando viene è venuta.
Novembre 30th, 2011 at 8:23 pm
Jiso, ma che te sei magnato stamattina a colazione: pane e sfera di cristallo? il fatto che i cristiani, spec. cattolici, giochino sempre simultaneamente su 2 tavoli era una cosa che volevo gridare da quel dì, ma… beh, ormai l’hai fatto tu 😉
Novembre 30th, 2011 at 8:30 pm
Perchè sarebbero due piani distinti? Tutto quello che avviene, avviene nel tempo e nella storia. E’ il cristianesimo che gioca su due piani intrecciati oppure è il mondo ad avere questa caratteristica? Se tu elimini la storia e la storicità decurti la realtà, idem se elimini il non temporale perchè sono inscindibili.
Se tu intendi lo storico come il documentabile, il dimostrabile in senso storiografico, allora sì quello è un tipo di argomentazione da abbandonare. Oltretutto è diventata insostenibile.
Non vedo molto la differenza tra il fare i conti con la propria mortalità di cui parlavo io e la “propria inevitabile morte”, di cui parlavi tu, la consapevolezza della mortalità è appunto sapere che la morte è inevitabile
Novembre 30th, 2011 at 9:10 pm
Comunque non ne posso più di fare il “defensor fidei”…io non volevo!!! Ho iniziato con un post che più buddista non si poteva, sull’unità fondamentale tra Francesco e il portinaio, nel segno della non dualità, della continuità darmica, del fatto che uno si ribecca gli effetti delle sue azioni…:(
Novembre 30th, 2011 at 9:48 pm
‘…toh, un anatroccolo!’, disse il cacciatore.
Novembre 30th, 2011 at 10:20 pm
Eh no, mon cher @53 (ne so due io di parole francesi) non sarà evocando un terzo piano che non è né uno né l’altro né tutti e due ma anche sì, tutti e due inscindibili, che esci dal vicolo cieco in cui ti sei cacciato: la moglie del cacciatore sta già scaldando il forno e arrostendo le patate. Io non elimino un bel niente, non c’è nulla da eliminare. Riferisco solo quel che ho sentito e letto fin dall’infanzia: pane, vino, carne, sangue, croce, sepolcro vuoto, resurrezione della carne, il risorto che mangia pesce, il dito nelle piaghe, Dio in persona… tutte cose assai concrete e localizzate geograficamente e temporalmente: e se gli dici che è simbolo e metafora, che con la storia e la geografia non c’entra nulla, ti guardano come pensando “poverino, non ha il dono gratuito della fede, ma non importa, Gesù è morto e risorto anche per lui”. Però se chiedi, “ma tu, tu davanti a me, credi davvero che quel Signore là, in quel posto lì, è morto, e poi è risorto, e poi (mah? è rimorto? è asceso chissà dove?)” non ce n’è uno, ma dico uno, che risponda “sì” o “no” (e il di più sappiamo da dove viene) ma si invoca il mistero, e si cambia piano, oh! se si cambia piano. Non sto ridicolizzando niente e nessuno, sia ben chiaro, anzi: mi chiedo solo come possa la fede basarsi su un presupposto del genere.
C’è differenza eccome (se le parole hanno un senso) fra fare i conti con la propria mortalità e far la pace con la propria morte inevitabile: nel primo caso bisogna considerarsi mortali e cercare una via d’uscita, nel secondo non c’è neppure bisogno di aspettare.
Novembre 30th, 2011 at 10:43 pm
|non sarà evocando un terzo piano che non è né uno né l’altro né tutti e due
anche se ci sono Grossi Nomi che lo hanno fatto, beninteso 😀
Novembre 30th, 2011 at 10:54 pm
Come no, quelli del terzo piano, il famoso P3…
Dicembre 1st, 2011 at 10:20 am
@ 55: non sono io che me le cerco, il fatto è che vedo continuamente riproporre delle immagini stereotipate del Cristianesimo, trite e ritrite. E’ un pò come se io parlassi del buddismo dicendo che è una religione della fuga dal mondo, di gente insensibile che se ne frega degli altri e non prova emozioni ecc.
Anche rispetto a jf 56 che posso dirti? Quella è l’immagine del cristianesimo che hai conosciuto tu, non è la mia. Poi se vogliamo proseguire sulla linea per la quale tu sai meglio di me che cos’è il cristianesimo, va bene. Io avevo capito che bisognava arrivare ad un’immagine dell’altro in cui lui si potesse riconoscere e non costruirne una a nostro uso e consumo. Forse avevo capito male. E’ facile far notare che ad esempio Tosolini va in casa d’altri a dettar legge, più difficile e non fare lo stesso a rovescio.
Tornando al punto di partenza, allo scandalo della croce che è un vanto per i cristiani, è proprio così, è la realtà. Sta a significare una cosa molto semplice: il Signore ha sostenuto la causa dei deboli e degli ultimi, non quella del potere. Quando sono venuti a fargli la pelle ha avuto paura, ma non è scappato. Neppure ha versato altre sangue oltre al suo. L’hanno ucciso, ma non azzittito e la sua causa gli è sopravvisata perchè ha rifiutato la violenza. E infatti a 20 secoli di distanza siam qua ancora a parlarne.
Dicembre 1st, 2011 at 11:54 am
Caro Angelo, non propongo “immagini stereotipate del Cristianesimo, trite e ritrite”, mi limito a ripetere cose lette con i miei occhi nei testi sacri, cose sentite con la mie orecchie la domenica in tante messe, anche dalla bocca di sacerdoti che stimo e so essere persone religiose. Il paragone con Tosolini è inconsistente: io sono nato cattolico, sono stato educato da cattolico, ho creduto e praticato da cattolico in età giovanile, ho respirato cattolicesimo da sempre, ho vissuto in età adulta con un prete cattolico per dieci anni, ho con il cristianesimo un rapporto intenso, personale, continuo, so di che parlo: Tosolini parla del buddismo per sentito dire, non per diretta esperienza. Non costruisco nessuna immagine del cristianesimo a mio “uso e consumo” perché non considero il cristianesimo un prodotto da usare e consumare e non ho un fine recondito da perseguire: constato e basta. Le tue parole del resto mi confermano: il Signore è qualcuno che ha fatto questo e quest’altro, la pensava così e cosà, aveva questa e quell’intenzione. Tutto questo lo evinci, credo, dal Vangelo, prendi ciò che ti ispira, scarti ciò che non ti piace. Niente di male, per carità, è legittimo. Ma non puoi risentirti se qualcuno dalla stessa fonte prende dell’altro, altrettanto legittimamente.
Una cortesia, però, ho da chiedertela: smettetela con questa storia degli “ultimi”. Ultimi de che? Io se fossi uno che voi chiamate “ultimo” mi offenderei parecchio. O sono quelli che saranno i primi, girata la clessidra….?
Dicembre 1st, 2011 at 1:24 pm
Bella e interessante e avvincente riflessione. Allora a questo punto spero mi sia permesso chiedervi quale sia la fede per un cristiano e quale per un buddista? Si ha fede perché si ha la prova di qualcosa o la fede riposa su una domanda che rimane aperta e che non riceverà risposta? Perdonate la sufficienza dei miei termini. Saludos desde Roma.
Dicembre 1st, 2011 at 1:57 pm
l’unica fede che ho, come buddista, è quella nuziale. all’interno è incisa la parola “Micetta”.
Dicembre 1st, 2011 at 2:01 pm
Ciao AHR, dovresti fare il kamikaze, di professione. Visto che, a tempo perso (si fa per dire) già lo fai… 😉
Dicembre 1st, 2011 at 2:31 pm
“C’hai la domanda aperta” sussurrò Fede a Fido guardandolo a bass’occhi…
Dicembre 1st, 2011 at 3:22 pm
@60 Sì capisco. Il fatto è che, a quanto pare, l’unico che cerca di darti una risposta, partendo da un punto di vista cristiano, al momento sono io, non un altro. Ti prego di credermi e di non considerarmi un “finto Francescano”, se ti dico che il mio maggiore problema nel risponderti è che non credo di essere un interlocutore adeguato.
Posso dirti che io ho incontrato delle persone, non religiosi ma laici, che non corrispondeno assolutamente al tipo di descrizione che tu fai, ma che vivono il cristianesimo in una dimensione di libertà, letizia e gioia. E’ per rendere giustizia a questo che mi sento in dovere di risponderti.
Non soffermarti sulla questione degli ultimi su quello che ti scrivo, ma sul fatto che la croce non è una forma di martirio autoimposto, un atto masochistico, ma una conseguenza inevitabile di una scelta coerente.
Chissà come sarebbero andate le cose se qualcuno avesse detto al Buddha ai tempi suoi: senti smettila di rompere, stai dando fastidio, metti in crisi il sistema delle caste, stai zitto oppure la pagherai cara…
Dicembre 1st, 2011 at 3:50 pm
Ci siamo impapocchiati, tanto per cambiare.
Siamo di nuovo a cristo vs buddha. Cosa di nessun interesse, per quanto mi riguarda.
A me interessa l’uomo.
(Ah, bravo! e cosa intendi per uomo?!, e parapì e parapà…)
AHR 61 – Quanto alla parola ‘fede’ ripropongo quanto ho già avuto modo di esprimere in altre occasioni. La fede nel buddismo è metodo, modo di procedere: se fai questo divieni questo, direbbe Dogen.
la fede nel cristianesimo è credenza, adesione incondizionatra ad una visione escatologica.
Dicembre 1st, 2011 at 3:56 pm
Se poi il cristianesimo è cambiato, dai ’60 in qua, ed è diventato un’altra cosa…qualcuno ci avverta per favore! Magari cambiamogli nome.
Su una cosa secondo me jf ha ragione: la maggior parte di noi parla cristianesimo come lingua madre, quindi difficilmente non sa di cosa parla. Mentre chi parla del buddismo, dalle nostre parti, ….
Dicembre 1st, 2011 at 4:48 pm
doc 66 – “Siamo di nuovo a cristo vs buddha. Cosa di nessun interesse, per quanto mi riguarda.” Non potrebbe importarmene meno neppure a me, tanto per chiarire.
“A me interessa l’uomo.” Beh, anche la donna non è da tralasciare…
angelo 65 – Io è con te che sto interloquendo (anche a me interessa l’uomo… oh, non mi fraintendere, veh!) mi auguro, per te, che sia tu quello che vive il cristianesimo con libertà, letizia e gioia (non le frequento, ma mi dicono che Letizia e Gioia non sono niente male…) non nascondere la mano, per cortesia, che altrimenti non riesco a piantare il chiodo…
Dicembre 1st, 2011 at 6:35 pm
@ Doc 66: Anticamente il Cristianesimo veniva indicato come la Via (vedi Atti degli Apostoli), cioè un metodo, un percorso da seguire
@ Jf 68 no non nascondo la mano, ma se mi fai presente la tua esperienze religiosa, sia in campo cristiano che buddista, per onestà devo dirti che la mia non è paragonabile. Io non contesto il fatto che il modo in cui attingi dalle fonti non sia corretto o giustificato, dico appunto che non è l’unico possibile.
Quanto all’uomo e alla donna lì ho idea che c’è un punto di convergenza, ma non banalizziamo via 🙂
Io parto per la montagna, andate avanti voi.
Dicembre 1st, 2011 at 7:13 pm
I commenti (finora) erano 69: un numero simbolico, che invita alla socializzazione e alla reciprocità.
Dicembre 1st, 2011 at 7:38 pm
@ 61 io penso che hai fede quando inizi a dubitare (scusami per il ritardo nella risposta- se è una risposta)
@ 70 interessante riflessione numerologica, tra il tantra ed il Dao, veramente travalica i confini
Adesso parto per davvero
Dicembre 1st, 2011 at 9:25 pm
“angelo” di nome e di fatto?
🙂
Dicembre 1st, 2011 at 9:54 pm
Va bene. Anzi no. Come mai sono sempre fuori argomento? E perché kamikaze? Si vede tanto? Meglio continuare solo a leggervi. E’ che ogni tanto mi scappa di scrivere ed ecco: la frittata è pronta.
Parto anche io, per la Cina, ma vi leggo, ah! se vi leggo.
Dicembre 1st, 2011 at 11:44 pm
Gente che va, gente che viene… (chi becca la citazione, solito ricco premio).
Dicembre 2nd, 2011 at 10:27 am
Grand Hotel: gente che viene… che va… tutto senza scopo…
Film del 1932 dicono su Wiki
Dicembre 2nd, 2011 at 11:12 am
già uno che basa la sua conoscenza su Wikipedia, gli farei fare zazen in ginocchio sui ceci.
Dicembre 2nd, 2011 at 11:37 am
Infatti quello era il premio… ma, AHR, non eri partito per la Cina? Oltre che barare, millanti?
Dicembre 2nd, 2011 at 11:52 am
@76 Caro dhr 🙂 già lo faccio zazen sui ceci, te lo assicuro. Se un giorno avremo occasione… shhh! Il capo ci ascolta!
Per il resto: il sapere dell’omini procede a macchia di leopardo, ci si urla quel che si scopre strada facendo, dai vari punti in cui ci si trova a sbattere il grugno. Questo il senso dell’epistemologia che mi hanno insegnato al corso di agrariasuburbia. E questo mi pare faccia wiki. Magari alla c. di cane ma dimmi cos’è che tocchi l’uomo e che immediatamente non si trasformi in m.
@77 Perché quando vado in Cina mi ingesso le dita e non scrivo più? Cmq per la precisione parto ‘settesuar’
Arriveduar
Dicembre 2nd, 2011 at 11:54 am
AHR: almeno comprati un elmetto… 🙂
Buonviaggio! Davvero in Cina? Salutami coso, lì, come si chiama…?
Dicembre 2nd, 2011 at 11:55 am
C’ho una voglia che me se porta di vedervi, una volta, dico: una volta, tutti intorno al tavolo di casa mia a mangia’ una bella ‘matriciana! Sto parlarsi a mezzo tasti è ganzissimo ma un po’ frustra come una frusta
Dicembre 2nd, 2011 at 11:56 am
@79: lo farotti
Dicembre 2nd, 2011 at 11:57 am
@79: conosci anche tu Raniero S.?
Dicembre 2nd, 2011 at 12:03 pm
None, però da giovane mi sono fatto le canne 😛
Dicembre 2nd, 2011 at 12:30 pm
a leggere questo scambio di commenti, in Cina hanno tanto riso.
Dicembre 2nd, 2011 at 12:44 pm
Dal riso amaro al riso amandorla
Dicembre 2nd, 2011 at 12:53 pm
naaa, battuto sul mio terreno!
questa è tutta da riciclare alla prima occasione.
Dicembre 4th, 2011 at 7:31 pm
Pur se un rispettoso e compunto silenzio sia il “commento” migliore di fronte a un lavoro di tale qualità ed entità (absit iniuria verbo, non di entità sostanziale ma splendidamente “vuota” si tratta) mi concedo un grato e ammirato pubblico pensiero all’indirizzo del senatore anziano, che ci dimostra una volta di più come le radici invisibili siano nutrimento vitale dell’albero, di cui con le nostre frasche verbali celebriamo anche troppo sovente la caduca apparenza. Chapeau.
Dicembre 4th, 2011 at 7:39 pm
Mi associo al forbito eloquio di fratel Jiso. Aggiungo che, ogni tanto, immeritatamente ricevo i complimenti di internauti che, alla ricerca di un testo o di un altro, sono incappati nel nostro sito. Per chi studia o consulta testi antichi in varie lingue, trovarli o sapere dove trovarli, per di più di buona qualità traduttiva è una piacevole sorpresa.
Dicembre 21st, 2011 at 1:24 am
c’e un luogo a verona dove si pratica zazen?
Dicembre 21st, 2011 at 1:27 am
c’è un luogo a verona dove si pratica zazen? barnaba.brunelli@poste.it
Dicembre 21st, 2011 at 12:41 pm
Buongiorno, vedo se c’è un luogo, un gruppo, una persona che mi sento di consigliarle e le scrivo
mym
Dicembre 26th, 2011 at 12:10 pm
Grazie Doc, sei come il buon vino, più il tempo passa…
Anche perché, poi, la fantasia è davvero importante.
Dicembre 26th, 2011 at 1:43 pm
grazie a te ed ai lettori di Bz
Dicembre 26th, 2011 at 1:47 pm
“Ottimo è ritenuto quel Yogi, o Arjuna, che il piacere e il dolore di tutte le creature giudica per analogia a sè stesso”
BG, VI,32.
Dicembre 26th, 2011 at 5:25 pm
Ammate vuoi vedere il sangue, vuoi vedere… Qui, lanciare un sasso del genere rischia che i propositi del Natale van giù come il limoncello. Per esempio, che dire di quel Yogi (non l’orso, l’altro) un po’ sadomaso che, sorpreso a frustare i suoi discepoli, spiegava: ma, a me piace tanto…?
Dicembre 26th, 2011 at 6:26 pm
che non sapeva leggere.
(Già uno Yogi che ha dei ‘suoi discepoli’…. mah!)
Dicembre 26th, 2011 at 7:01 pm
Epperò, caro Bubu, uno Yogi che “giudica (?!) il dolore di tutte (?!) le creature” in base a un’analogia, quale che sia… mah! saprà anche leggere, ma non pare saper tutto del dolore.
Buon Natale del giorno dopo.
Dicembre 26th, 2011 at 7:35 pm
Be’, quello lì ci aveva i suoi discepoli, non è mica proibito agli Yogi, non a Yellowstone per lo meno
Dicembre 26th, 2011 at 11:44 pm
Evvabbè, non è piaciuta.
Auguri anche a Bubu.
Dicembre 27th, 2011 at 12:04 am
con pardòn: a Cindy
Dicembre 31st, 2011 at 7:03 pm
Grazie Doc, il backstage di Bz! Se poni “la telecamera” ancora più indietro inciampi nell’ombra
Buon anno
mym
Gennaio 1st, 2012 at 12:39 pm
Grazie Doc della buona compagnia, che continui propizia nel nuovo anno!
Auguri a te e a tutti voi noi loro…
jf
Gennaio 3rd, 2012 at 8:53 am
ecco bravi, per postare questo materiale “pesante” aspettate sempre che la gente abbia difficoltà di connessione (elettronica — ché quella mentale è di default).
comunque adesso “ci vedo” e… grande Doc, come sempre 😉
Gennaio 3rd, 2012 at 6:23 pm
Eppoi, cosa che farà piacere a Qualcuno, nell’articolo di Magliola solo altri due libri sono citati come precedenti di genere negli ultimi dieci anni. Ed uno dei due è … tatàaaan: Delle Onde e del Mare di Luciano Mazzocchi…
Gennaio 3rd, 2012 at 9:32 pm
>In short, Knitter is not Catholic enough because he is not Buddhist enough and vice versa
questo si chiama: stendere la gente con un diretto al mento
😀
Gennaio 4th, 2012 at 10:31 am
Eh! L’ho mica detto io. Mi avvalgo innocentemente dell’autorevole professore sull’ancor più autorevole sito.
Tra l’altro, ciò che dice il professor Rino (let’s go free like a rino?) per parte cristiana corrisponde a ciò che con qualche parola in più scriveva Aa.
Gennaio 4th, 2012 at 12:32 pm
Beh a dire il vero oltre che più breve la recensione del Rino è anche un po più sofisticata; per esempio sto avendo una certa difficoltà a decifrare la frase “…the broadest sense on the Bataille > Foucault > Derrida track: the rupture of proposed wholes that ultimately account for their constituents by equi-distributed reduction to either continuity or ground/groundlessness…”.
Comunque mi pare evidente che la descrizione del Cristianesimo fatta da Knitter sia molto semplicistica, funzionalmente rispetto alla tesi che intende sostenere. Per chi volesse farsi un escursus in ambito cristiano un po più stimolante mi sembra molto interessante il primo libro uscito nella stessa collana In principio era la gioia. Lungo ma merita
Gennaio 4th, 2012 at 12:36 pm
Knitter diventa sempre più simpatico.
Va sottolineato che pratica il buddhismo tibetano.
Va sottolineato che ha una moglie che praticava, già prima di sposarlo, il buddhismo tibetano.
Dopo di ciò, tutte le parole del Magliola si possono prendere e tirare da infinite parti all’infinito…
Se devo scegliere tra Magliola e Knitter…sceglierei:…!
Gennaio 4th, 2012 at 12:38 pm
4@: “the broadest sense on the Bataille > Foucault > Derrida track”: roba che scotta, olismo filosofico.
Gennaio 4th, 2012 at 12:42 pm
5@: Ciao Nello, bentornato. Sì, Knitter ‘sta diventando un po’ la crocerossa su cui sparare senza correre rischi. Però ho un minimo di scuse: è la terza (quarta?) volta che me ne mandano una recensione. Questa volta direttamente quei birichini del DIM
Gennaio 4th, 2012 at 4:53 pm
Grazie alla Stella del Mattino per la buona compagnia, che continui propizia nel nuovo anno. Auguri a tutti voi.
PS
Chiedo Vanja per aver copiato ma il post di jf mi pareva perfetto. Così va la vita.
Gennaio 4th, 2012 at 7:32 pm
>“…the broadest sense on the Bataille > Foucault > Derrida track: the rupture of proposed wholes that ultimately account for their constituents by equi-distributed reduction to either continuity or ground/groundlessness…”.
… rigatoni!
Gennaio 4th, 2012 at 7:38 pm
Non male, specie ripieni.
Gennaio 13th, 2012 at 5:23 pm
[…] 23 gennaio alle ore 21 sarà nostro ospite Mauricio Yushin Marassi, monaco zen che è stato per molti anni presso un monastero zen in […]
Gennaio 13th, 2012 at 5:28 pm
[…] Bibliografia di Mauricio Yushin Marassi […]
Gennaio 20th, 2012 at 6:57 pm
I volumi del ‘Diamante’ a disposizione della Stella sono esauriti.
Pertanto chi desiderasse acquistarlo potrà ordinarlo in libreria oppure sul web.
Saluti
ps
Febbraio 5th, 2012 at 1:32 pm
L’autore, sepolto nella neve in quel di Urbino, ringrazia lo staff della Stella.
Se son rose fioriranno!
Febbraio 5th, 2012 at 6:24 pm
Prego, a nome dello staff.
Febbraio 5th, 2012 at 6:37 pm
Buondì. Alcuni mi chiedono di poter leggere la tesi di FdB pubblicandola come già avvenuto per le altre. In questo caso però siamo un poco avari. Vi offriamo quindi soltanto la possibilità di leggere l’indice e l’introduzione della tesi. Sperando che questo susciti sufficiente interesse da far sì che essa vada a ruba quando, divenuta libro, sarà in libreria.
Febbraio 7th, 2012 at 10:21 am
Complimenti al tesista, il tema è di grandissima importanza. Se non
riusciremo a risolvere il problema dell’ecologia non ne avremo altri da porci temo, ma finchè il metro principale di come vanno le cose saranno lo spread e il mibtel non penso faremo molta strada.
Peccato non poter sbirciare il resto della tesi.
Febbraio 8th, 2012 at 6:28 pm
Degenerazioni.
Non sarei così pessimista, caro angelo. La crisi economica ha acuito la nostra sensibilità per temi impossibili come spread e il mibtel: l’imminente(?) disastro ambientale ci renderà consapevoli della centralità del problema ecologico.
Se il buddismo è l’espressione pura di una religiosità cosmica, un’etica ambientale buddista non rappresenta una contraddizione? Non esprime il carattere antropomorfo dell’idea di Dio (Deus sive Natura)?
Se il “buddista” è cosciente della vanità delle aspirazioni e degli obiettivi umani – gli scarsi risultati conseguiti dai trattati internazionali in materia ecologica rafforzano questa impressione – egli riconosce un’impronta sublime e ammirabile anche in una natura distruttrice che spazza via l’uomo .
Anzi, certificata l’impossibilità di invertire il corso della storia, una autentica pratica buddista – intesa come “strumento concreto e quotidiano di trasformazione del mondo”- non dovrebbe accelerare gli eventi? Dare una mano allo sfacelo totale affinché si realizzi?
(magari un modello sostenibile di relazione dell’uomo con l’ambiente naturale è possibile dopo un’ immane rovina che dimezzi la popolazione mondiale)
Febbraio 8th, 2012 at 7:25 pm
Su “5- Degenerazioni”: alcuni pensieri.
a) Se per “religiosità cosmica”(termine su cui ci sarebbe molto da discutere)si intende la “coproduzione condizionata”, non vedo contraddizione.
b) per lo stesso principio non penso si possano contrapporre uomo e natura
c)esiste una idea non antropomorfa di “Dio”?
d) sulla “impronta sublime e ammirabile” di una natura distruttrice (..autodistruttrice)e sul fatto che il “buddista” dovrebbe favorire lo “sfacelo totale”, non sono un esperto ma non mi sembra la via indicata dagli insegnamenti.
e)Questa visione sembra presuppone una natura che segue il “corso della storia”: idea contraddittoria mi pare, laddove si considerano uomo e natura come due esseri indipendenti.
Febbraio 8th, 2012 at 8:23 pm
a) Una “religiosità cosmica” nel senso che nel buddismo non vi è nessuna idea di un Dio antropomorfo: l’uomo è insignificante rispetto al tutto e quindi può pure schiattare;( la “coproduzione condizionata” è talmente vera da certificare la mia impotenza rispetto ad alcuni fenomeni. Cfr. punto e) infra )
b)cfr. punto e) infra;
c) esiste una idea non antropomorfa di “Dio”? Penso proprio di no, ma un’ecofilia buddista non pone l’uomo al centro di tutto?
d) dunque gli insegnamenti dovrebbero salvare…chi? E perché?
e) “Ed è per una volontà dissimulatrice, credo, che tali disastri continuiamo a definirli “ambientali” o, addirittura, “naturali”. Perché la maggior parte di essi sono legati, direttamente o indirettamente, alle attività antropiche e al modo in cui scegliamo di abitare il mondo”.
Cioè, l’idea pare contraddittoria, ma in realtà è l’uomo che si comporta come se fosse indipendente dalla natura (lo dice l’ottimo tesista).
La tua obiezione sarebbe vera se l’uomo fosse pura “volontà di vivere”: invece è soprattutto “volontà di potenza” (cieca e distruttiva) al punto da mettere al repentaglio la sua sopravvivenza per accrescerla.
Febbraio 8th, 2012 at 8:45 pm
Ciao Hmsx, ciao Dario. Il lavoro in oggetto è più interessante e ampio di “etica umana” e perciò di “ecologia/ecofilia umana (o per l’uomo)”. Pubblico anche le conclusioni, che un poco chiariscono.
Febbraio 9th, 2012 at 8:07 am
> Pubblico anche le conclusioni, che un poco chiariscono.
“Tornare a pensare l’uomo come il luogo in cui il mondo si prende cura di se stesso attraverso il sé che si prende cura di sé, (..)”
Ahhh!Adesso è tutto più chiaro….:-)
Nonostante alcune riserve su introduzione e conclusione, il corpus sembra interessante.
Sincere congratulazioni dottor FdB!
Febbraio 9th, 2012 at 8:54 am
sono convinto anch’io, come Hmsx, che c’è qualcosa di sfalsato nel discorso. per un paio di motivi o tre:
1 – l’uomo esiste perché (co)generato dalla natura stessa, quindi sono cavoli suoi (di “lei”)
2 – se poi la natura “decide” che il gioco è stato bello ma ora basta, almeno il buddismo eviti di unirsi al coro delle lagne antropocentriche, anche perché il Sutra del Diamante docet
3 – che l’uomo sia “il luogo in cui il mondo si prende cura di se stesso”, chi lo ha deciso? da che cosa lo si vedrebbe, poi? (a meno che non si citi Genesi capitoli 1-2, ma allora si va fuori tema).
in definitiva, l’agire buddista deve sì essere improntato alla quarta Nobile Verità e alla com-passione, ma non perché ha visto il TG, ha sentito un paio di gridolini isterici degli ambientalisti, e si è spaventato…
Febbraio 9th, 2012 at 12:02 pm
Ciao dhr, questo punto di vista è chiaro. Naess e Snyder son due vecchie volpi non ci cascano. Ci ha già lavorato su anche George Carlin con buoni risultati direi…
Febbraio 9th, 2012 at 12:20 pm
questi sì che son input. thanks!
Febbraio 9th, 2012 at 12:58 pm
@ Hmsx 9: insomma, a parte tutto, quel che resta non è male, eh? 🙂
Febbraio 9th, 2012 at 1:54 pm
Dialogando tra ecofilia e ecofobia.
a)Sulla “natura”. Condivido in parte alcune riflessioni sul rapporto tra uomo e natura, e su ciò che definiamo natura, soprattutto l’idea che sia un sistema “self correcting”, ciò che non mi dice nulla è invece l’affermazione che “esiste e basta”(v. video): su quale sia la struttura del Kosmos e la sua tendenza (il suo “senso”) in relazione a ciò che non riusciamo a vedere (per cui siamo costretti ad interpretare)esistono in fisica teorie differenti; l’esistenza sembra essere abitata da tendenze opposte: 1-contrazione ed espansione, 2- entropia e sintropia.
Come diceva un pensatore francese: “per esprime un giudizio definitivo bisognerebbe avere di fronte a sé tutte le ragioni”
b)sulla compassione: le “tre menti” mi sembra siano un indicazione alla buona pratica, peraltro non penso sia necessario essere buddisti per provare quel sentimento, basta stare a fianco di chi soffre con il cuore libero da pregiudizi
(e non credo siano lagne antropocentriche) che l’uono non è solo “volontà di potenza”.
Febbraio 9th, 2012 at 1:59 pm
sul 14: mi sono dimenticato di cancellare le parole dopo l’ultima parentesi..
Febbraio 9th, 2012 at 3:47 pm
Quel che scritto è scritto.
> l’uomo non è solo “volontà di potenza”.
Concordo.
Sebbene la VdP sia una teoria elaborata più di cent’anni fa da uno un po’ svitato, – una idea limite oltre la quale c’è il nulla -, funziona come spiegazione ultima dell’universo; si può dire che la “volontà di vita” è una configurazione virtuosa-armonica delle (al plurale) volontà di potenza (intese come quanti energetici) mentre la VdP tout court è mero accrescimento della forza fine a se stessa (caos per l’eternità).
Un esempio paradigmatico è il nostro apparato tecnico-economico il cui unico scopo è quello di accrescersi – con buona pace dell’ambiente e dell’umanità.
Sulla natura un aforisma di Goethe (introvabile su internet) diceva, pressappoco, che è la generosità e sovrabbondanza di ricchezza della natura a far perire gli esseri per far posto ad altre forme eternamente nuove.
> Naess e Snyder son due vecchie volpi non ci cascano…
Infatti sarebbe gradito se il tesista si svegliasse dal letargo e desse in pasto al dotto pubblico qualche pillola di Ecologia profonda. (Giusto per mettere a fuoco le “PROSPETTIVE DI ETICA AMBIENTALE ..)
Grassie.
Febbraio 9th, 2012 at 4:16 pm
E speriamo che il tesista ti senta. Benedetti ragassi, son due settimane che a Urbino le lezioni son sospese ma a casa non ne è tornato uno solo. Tutti lì, nell’attesa spasmodica che l’attività didattica riprenda, penso… 😕
Febbraio 9th, 2012 at 5:17 pm
La natura riempie con la sua sconfinata fecondità tutti gli spazi. Tutto quello che chiamiamo infelice e cattivo proviene dal fatto che essa non può dare spazio a tutte le creature, e ancor meno conferire loro durata. E non si può neanche dire che la natura sia cattiva. (Goethe)
(..sovrabbondanza di ricchezza – O Gesù!)
> Tutti lì, nell’attesa spasmodica che l’attività didattica riprenda,..
Naaa! Ai miei tempi ogni occasione era buona per spassarsela lontano da casa.. Benedetti ragassi ve la state spassando, nevvero?
Febbraio 9th, 2012 at 6:02 pm
“La natura riempie con la sua sconfinata fecondità tutti gli spazi”: questo è un blog per famiglie, niente allusioni, svp!
“Tutto quello che chiamiamo infelice e cattivo proviene”: dal chiamarlo così.
Oh, Hmsx, hai un ché di diverso.
Febbraio 9th, 2012 at 6:27 pm
@ 10: Purtoppo io penso che i gridolini degli ambientalisti siano pienamente giustificati. Mi riesce difficile immaginare un motivo migliore per rivedere le nostre posizioni etiche della questione ecologica.
L’apparato tecnico-industriale, l’enstablishment ecc ecc. traggono la propria forza essenzialmente dal fatto che gli uomini credono che essi esistano per davvero, al di fuori delle loro menti. Lo stesso dicasi della “volontà di potenza” – è una pessima filosofia, perchè porta a risultati disastrosi sia a livello del singolo che della collettività. Una persona che pensi a se stesso in quei termini non migliorerà la propria vita, ne quella degli altri. Qualcuno a dubbi su questo? E’ una ragione più che sufficiente per lasciarla perdere.
Febbraio 9th, 2012 at 6:30 pm
Tatàààn!
Febbraio 9th, 2012 at 7:43 pm
Tààà tààà tààà ta tatàààn ta tatààn
Scusa Angelo, senza offese, ma “gli uomini credono che essi esistano per davvero, al di fuori delle loro menti” è proprio una frase ad minchiam.
Tu esisti dentro la mia mente, ma pure (e soprattutto) fuori – non ho capito.
“Lo stesso dicasi della “volontà di potenza” – mmmmm – è una pessima filosofia, ecco, mica tanto: è proprio la configurazione della realtà (questa sì, pessima)
penso che i gridolini degli ambientalisti siano pienamente giustificati.. non in termini filosofici ma sentimentali; tuttavia, essendo un buddista della vecchia scuola, me ne fott…cioè resto imperturbabile e seguo la via che conduce alla pace del mente.
Oh,mym, c’hai proprio le antenne.
Febbraio 9th, 2012 at 7:52 pm
Buonasera a tutti. Siccome, pur essendo giovane (o, anzi, forse proprio per questo!) sono lento nel leggere, capire e formulare una risposta ai commenti, mi limito a rispondere solo a Homosexual 5 e seguenti.
Può darsi che una persona che vive secondo gli insegnamenti dell’induismo o dello jainismo sia d’accordo con te, ma nel caso del buddismo, mi pare di capire, la scelta è differente. Sakyamuni divenne Buddha dopo aver deciso di abbandonare l’ascetismo estremo, di mangiare e vestirsi, riaffermando il valore della vita umana, l’idea che l’estinzione del dolore e quella della vita non dovessero per forza coincidere.
Per Snyder “Non c’è morte che non sia cibo per qualcuno, e non c’è vita che non sia la morte di qualcuno”, cioè ogni forma di esistenza, per essere tale, implica necessariamente la limitazione o addirittura la soppressione totale della possibilità di sopravvivenza di altre forme di vita. La prima forma di “coproduzione condizionata” è proprio la catena alimentare. E’ il modo in cui funziona il mondo da sempre, essendo esso un gigantesco e infinito processo di trasformazione dell’energia e della materia da stati caotici a stati ordinati, e viceversa of course. Ma questo non dovrebbe diventare la scusa per continuare a fare quello che stiamo facendo all’ambiente, cioè al tutto che comprende anche me e voi.
Il problema di fondo è se l’uomo (che, d’accordo, non è affatto al centro del cosmo ma, nondimeno, non può non vedere la realtà che dal proprio punto di vista) sia in grado di accettare e vivere l’interdipendenza e l’impermanenza della vita, dell’esistente, così come sono… oppure ne voglia fuggire. Fuggire dalla propria mortalità. Perciò il problema è a mio avviso anche religioso e ogni “buddista” può legittimamente porselo.
Quella della fuga dalla propria condizione basilare non è pura illusione, anzi. Grazie alla tecnologia (ma non solo), e muovendo una crociata contro la natura madre e matrigna, l’uomo è riuscito davvero a costruirsi spazi reali e simbolici depurati dalla morte. Ma adesso le conseguenze di questo modo di muoversi nel mondo iniziano a farsi sentire.
Allora se non vogliamo arrenderci a posizioni lassiste (del tipo “visto che comunque vivendo in un modo o nell’altro inquino, tanto vale che me la godo!”) o misantropiche (“la purezza si avrà solo quando l’uomo sparirà dalla faccia della terra!”), una soluzione concretamente praticabile può essere quella di valorizzare un “pensiero” che fa volentieri a meno delle distinzioni nette tra “sé” e “mondo”, “interiore” ed “esteriore”, “uomo” e “ambiente”. Ma penso che tutto questo, chi quotidianamente si sforza di muoversi nel mondo con ahimsa e con compassione, già lo sappia.
Febbraio 9th, 2012 at 7:54 pm
@ 22: Ma noooo, ma nooo, la pace della mente la pace della mente. Ecologia buddista della vecchia scuola. E gli altri? Tutti nel catrame. Non ci sono “gli altri”? Bene, allora me ne fott… è di troppo.
Eh, Hmsx, ma … le tre emme? Non ci posso credere!
Febbraio 9th, 2012 at 7:55 pm
Ma fammi capire: se pensi che la volontà di potenza sia la configurazione della realtà perchè resti imperturbabile e segui la via che conduce alla pace della mente? Non ti sembra una contraddizione?
Secondo me quanto dicono gli ambientalisti è giustificato in termini fattuali. Tu puoi restare impertubabile, ma se il mondo intorno a te frigge…
Febbraio 9th, 2012 at 7:58 pm
Fiuuu! È arrivato FdB, o il pub ha finito le scorte o…
Ciao Angelo, bentornato.
Febbraio 9th, 2012 at 7:59 pm
Azz non faccio a tempo a scrivere un post che me ne compaiono 2! Ovviamente 25 è rivolto a 22
Febbraio 9th, 2012 at 8:08 pm
Quanto a ciò che dicevo sull’establishment ecc. nota che mi sono espresso al plurale. Mettiamola pure in modo meno enfatico: il problema secondo me è che tutti quanti, come cultura, non riusciamo ad uscire da un certo schema mentale.
Febbraio 9th, 2012 at 8:55 pm
@ mym
Ma nooo! Mi sono espresso in modo troppo colorito! Volevo dire che, anche se gli altri finissero nel catrame, proverei comunque a cercare la pace della mente (al fine di placare quella collera che monta ogniqualvolta si commette un crimine).
@ angelo
Non ho i testi sotto mano, cmq LA volontà di potenza non esiste! Esistono quanti energetici che ogni volta si configurano in maniera diversa e, in astratto, potrebbe configurarsi una volontà di potenza ‘positiva’.
@ FdB
Desolato. L’imminente cena mi obbliga ad abbandonare la disputa. Ci penso su.
Febbraio 9th, 2012 at 8:57 pm
..ogniqualvolta si – commette – assiste ad un crimine..
Febbraio 9th, 2012 at 9:06 pm
A Angelo:
condivido la prima parte di ciò che ha detto @22 (a parte l’ ad minchiam:-)), anzi credo che il problema delle relazioni tra gli uomini stia proprio in quella concezione della mente, per cui se esisto solo come mente nasce inevitabilmente un conflitto sulla verità ultima del senso.
Mi appare più vera la posizione di Wittgenstein per il quale ciò che chiamiamo “mente”
è più nel mondo che nel cervello: l’uomo è linguaggio e “cultura” grazie all’incontro con gli altri uomini al mondo, ed è proprio a partire da questa evidenza che ogni uomo non può che essere una delle tante prospettiva prima di tutto percettive e poi di senso nel mondo.
Praticamente un elogio del limite che mostra il dialogo come “necessità”.
Febbraio 9th, 2012 at 9:58 pm
@ FdB
>Fuggire dalla propria mortalità: L’uomo non fa altro (costruisce palazzi, scrive libri, fa figli proprio per questo…)
Il punto non è arrendersi a posizioni lassiste o misantropiche, ma vivere in modo autentico seguendo il vero.
È verace l’uomo che, sapendo di non poter cambiare il mondo – perché non dipende dal singolo, dai singoli, dalla comunità etc –millanta di poterlo fare, oppure chi, accettando stoicamente il suo destino, rifugge la romantica illusione?
La scelta è differente proprio perché affermo il valore della vita umana e l’idea che l’estinzione del dolore e quella della vita non debbano per forza coincidere.
Mi spiego. Partecipare ad una manifestazioni per la difesa della ambiente, ad es., a me provoca sofferenza perché mi fa nascere sentimenti di fiducia nel futuro, speranze del tutto immotivate che mi fanno sentire stupido (non è che l’arida contemplazione mi riempia di entusiasmo..È che non ho una soluzione. E se il problema fosse tale perché non ha soluzione? Nescio)
Febbraio 10th, 2012 at 1:11 am
Il mio destino è non cambiare il mondo – pensava il lombrico procedendo e rivoltando.
Febbraio 10th, 2012 at 10:10 am
Ciao Doc, concordo, il lombrico mi sta bene, non starnazza, migliora quel che consuma, fa felice il pesce, o l’uccellino, che se lo pappa… In quanto lombrico è difficile capire se ne è soddisfatto o se aspira a qualcosa di più. Proporre di far cambio… così, su due piedi, non me la sentirei. Allora perché concordo? Mah, chiederò a mia moglie …
Febbraio 10th, 2012 at 11:17 am
Ciao mym.
Perchè far cambio? vai benissimo così.
Non saranno il pesce o il pettirosso, ma qualcuno ti gradirà.
(Comunque il riferimento era a HMSX @32)
Febbraio 10th, 2012 at 11:26 am
Vado benissimo così, ovvero: aspettare qualcuno che mi si pappi? Ommaigaaaad! (in inglisc)
Febbraio 10th, 2012 at 12:46 pm
Ciao doc, mym.
Ragazzi, siete così troppo umani che a volte dubito esistiate per davvero. Andate alla grandissima.
Febbraio 10th, 2012 at 1:07 pm
A Hmsxl @32: Non penso sia una questione di natura umana e di destino. La situazione attuale, tale per cui non è escluso che l’uomo sia il primo animale a realizzare la propria autodistruzione, la si può pensare anche come il frutto del solidificarsi nel pensiero moderno di uno schema di ragionamento che separa nettamente soggetto e oggetto, coscienza e mondo e quindi anche società e ambiente. Si è finiti per pensare che questi due ambiti fossero governabili separatamente e quindi che ogni forma d’intervento sull’ambiente fosse ammissibile e giustificabile. Non sono un filosofo, ma mi sembra di capire che la tanto conclamata divisione del sapere nei due ambiti delle scienze “dure” e delle scienze umane provenga da qui. La soluzione forse sarà in una nuova cultura che ci renda tutti un po’ lombrichi, cioè ci insegni come si vive nel cosmo pur non essendone il centro.
Febbraio 10th, 2012 at 1:12 pm
@mym11: grazie per il video di Carlin.
Febbraio 10th, 2012 at 1:49 pm
Ciao AHR, ben tornato.
@Hmsx 37: tuvvofà l’americano. Sarà mica perché ho nominato la moglie? (che, se non l’hai notato, comincia per EMME. Cfr. 24).
I lombrichi son parecchi secoli che li sfrucugliano, porelli. Già in Cina temporibus illis c’era quella storia del lombrico tagliato in due con le due parti che si muovevano è il rompino di turno che chiedeva: papàaaaa, in quale delle due è la … ?
Come si dice?
Mah, storie di lombrichi.
Febbraio 10th, 2012 at 1:52 pm
@ Hmsx grazie per le tue risposte, ora mi è più chiaro il tuo punto di vista.
@ 38: non credo che saremmo i primi animali ad autodistruggerci. Le estinzioni delle specie animali sono ovviamente “naturali”, e dipendono anche dal comportamento delle specie stesse. Noi però saremmo i primi (per quanto ne sappiamo) ad autodistruggerci, avendo i mezzi, la conoscenza e la consapevolezza necessarie per evitarlo. Questo è l’aspetto più tragico, o forse grottesco, della situazione. Se destinassimo la spesa mondiale in armamenti per il rinnovamento delle fonti energetiche avremmo probabilmente già risolto la questione.
Febbraio 10th, 2012 at 2:18 pm
Non credo che un’etica buddhista consideri un ‘problema’ ecologico, a sé stante.
La medicina si rivolge all’uomo in carne e ossa e mente. Qualora, beninteso, l’uomo abbia avvertito, attraverso concreta esperienza, che i conti non gli tornano. E consideri ciò, come un disagio da eliminare.
Nell’assunzione della medicina, durante la cura, l’uomo, se ‘paziente’, realizza che
è facile, per sua stessa natura, essere vittima di fraintendimenti di fondo.
Dunque, di quel che definisce/definiva uomo non rimane un granché.
Al contempo, però, potrebbe realizzare che non vive in un mondo di morti. Che quel pensiero di contrapposizione all’altro, è ciò che spucula sulla sua stessa fine, ora.
E’probabile che si accorga che tutto lo ri-guarda, proprio come lui guarda il tutto. Come dice mym, non mi conviene poi molto, distinguere tra me e l’altro.
Vale la pena aggiungerne dell’altra?
Alla luce di questo, la terra farà certo a meno dell’uomo, tuttavia sono un uomo e mi domando: cosa porta lo sciupio di quel che ho ricevuto e ricevo ogni giorno?
In questa ottica, sì, quale etica governerà il mio agire nel mondo?
Ma senza un ulteriore visione cui aggrapparmi per riporre l’argomento su un binario di separazione.
O no?
P.S.
Complimenti a FdB per lo stile chiaro e molto scorrevole. Grazie.
Febbraio 10th, 2012 at 2:21 pm
[…]Vale la pena aggiungerne dell’altra?[…]
di sofferenza
Febbraio 10th, 2012 at 4:09 pm
@ FdB 38
Penso che la frattura tra società e ambiente sia insanabile proprio a causa della natura umana.
Uno dei difetti del pensiero liberistico-empirista è di credere che gli individui siano originari; cioè che l’economia – della vita e della società -nasca dal libero accordo tra gli individui e che questi contrattano e si scambiano le merci per creare ricchezza. Tutto ciò è ovviamente falso. Gli individui non sono all’origine della società, semmai è la società all’origine degli individui. Ad ogni modo ciò comporta una lotta per appropriarsi della ricchezza che è violentissima.
Siamo veramente convinti che la proprietà privata sia sacra?
Gli esperimenti di non proprietà privata sono falliti ma ciò implica il diritto all’appropriazione individuale delle risorse della comunità?
La soluzione, La soluzione…quale sarà? Una nuova cultura, forse una antica ..e se fosse ibrida?
Imperturbabile percorro la via che conduce alla pace della mente.
Febbraio 10th, 2012 at 4:11 pm
@ mym 40
Ah, già, le tre EMME: Brancolo nel buio! (che figura..)
Ma quale americano, è che a @ doc 33 mi è venuta in mente una storia strappalacrime da lombrichi:
“Il verme calpestato si rattrappisce. E questo è intelligente. Diminuisce infatti la probabilità di venir calpestato un’altra volta. Nel linguaggio della morale: umiltà.”
Febbraio 10th, 2012 at 5:13 pm
Banda di estremisti. Oh.
Non penso si tratti di trovare un’ecologia che vada bene a tutti. Nello sforzo di un’ecologia che non danneggi nessuno. Ma è impossibile: chi produce gas mortali dovrà ridurli e ciò lo danneggerà.
Lo danneggerà?
Siccome non saprò mai se ciò che vedo è ciò che vedo o ciò che penso di vedere, un sistema c’è. Provare a vedere e basta. Di lì in avanti poi si può parlare di ecologia, che non danneggi nessuno. Qualcuno a cui non va ci sarà sempre.
Nel frattempo: se calpestati, allargarsi bene per farsi vedere meglio e non prendere un altro pestone o rattrappirsi per ridurre la superficie calpestabile?
Febbraio 10th, 2012 at 7:31 pm
Proviamo a vedere e basta. Secondo me vediamo tutti la stessa cosa.
L’analisi di FdB @ 38 è perfetta (in filosofia corrisponde, pressappoco, alla sterile contrapposizione tra idealisti e materialisti. La realtà è “spirito” (dialettica) o “materia”? Mi sento di dire che la realtà è l’inestricabile intreccio di spirito e materia. Da qui il venir meno delle distinzioni nette (cfr fdB commento 23, in fine).
Ma anche l’analisi di Angelo @ 28 “non riusciamo ad uscire da un certo schema mentale”, ovvero dalla ideologia del possesso: “quel bene è mio e non tuo”. Si può dire, con licenza, che il grado di separazione (=indipendenza) di un individuo dalla società si misura dalla ricchezza che egli ha accumulato.
Febbraio 10th, 2012 at 7:33 pm
> non saprò mai se ciò che vedo è ciò che vedo o ciò che penso di vedere..
Se così fosse come si spiegherebbero i voli spaziali? L’uomo ha scrutato lo spazio, lo ha pensato, e lo ha compreso. Probabilmente la mente umana non comprenderà tutto l’universo ma la porzione di spazio che abita, e molti dei fenomeni intra-umani, si spiegano benissimo con la logica (magari con il susseguirsi di teorie sempre più precise che tuttavia non cambiano la sostanza del discorso. Buddha docet)
Dopo quest’ultima temerarietà mi faccio piccolo piccolo e sparisco nella nuda terra.
Febbraio 10th, 2012 at 7:52 pm
“Si può dire, con licenza, che il grado di separazione (=indipendenza) di un individuo dalla società si misura dalla ricchezza che egli ha accumulato” interessante. Al posto di indipendenza avrei messo alienazione.
Mia nonna ai viaggi nello spazio non ci ha mai creduto. Si è rifiutata di pensarli e per lei non sono esistiti. Non c’è niente da spiegare.
Se vediamo e basta … “Secondo me vediamo tutti la stessa cosa” non sta.
Febbraio 11th, 2012 at 6:31 pm
dimenticavo di fare i complimenti per l’immagine di apertura: non si solo pane, ma di porno-casalinghe…
che sia un complotto ultra-tradizionalista per “convertire” homosex, con tutta quella “grazia di Dio”?
Febbraio 11th, 2012 at 6:40 pm
Qualcuno ai lati del naso ci ha gli occhi allora!?
Porno-casalinghe porno-casalinghe, si fa presto a dire.
E quella è solo la copertina 😯
Per convertire Hmsx (che ora fa Hmsxual) occorrerebbe capire la “posizione” di partenza…
Febbraio 11th, 2012 at 6:41 pm
La miseria è peggio dell’opulenza ed è più alienante se non è una scelta alla San Francesco ma ci sei nato. Anche perchè in genere ti toglie la possibilità di ricevere un’istruzione.
Rispetto a quanto dice Mym a 46, lo stallo attuale nasce proprio dalla difficoltà di mettere insieme interessi divergenti. Al momento l’unica via sembra prendere l’iniziativa ed agire unilateralmente, anche andando apparentemente contro i propri interessi di parte. L’Europa e, pare, la Cina sembrano andare in quella direzione. Passando al livello individuale, ciascuno di noi può fare la sua parte, per cominciare, rinunciando alla carne bovina. E magari anche facendo parte di un movimento d’opinione. Le cose si stanno muovendo, anche se molto lentamente.
Febbraio 11th, 2012 at 6:44 pm
Uè io ci avevo già provato a mezzo comunicazione privata ad avere il testo indiano sull’arte della filatura. Ma il Marassi è inamovibile :-).
Adesso però capisco perchè Gandhi sognava un arcolaio in ogni casa indiana….
Febbraio 11th, 2012 at 6:47 pm
@ 52: “La miseria è dolore” è detto infatti. L’opulenza è un ostacolo.
Sono veramente dispiaciuto ma la scelta che ho fatto di non pubblicare la tesi la mantengo. Sono dispiaciuto perché in essa trovereste LA soluzione.
Che non è del tutto estranea all’immagine in apertura…
Febbraio 11th, 2012 at 10:23 pm
Sì riguardo alla ricchezza sono d’accordo. Vorrei introdurre due temi, secondo me importanti. Il primo è che la questione dell’ecologia non è scindibile da quello della giustizia sociale. Non penso che potremo fare pace con la terra se non ci sarà pace tra noi. Peraltro entrambi gli aspetti dipendono dalla pace interiore. La nostra cultura ed il nostro modo di vivere dovranno essere più miti, cioè più pacifici, perchè ci sia una terra da ereditare.
Il secondo è questo: va bene evitare l’antropocentrismo, ma non sminuiamo l’uomo. Se andremo a farci benedire sarà un’enorme opportunità sprecata per il cosmo. E’ in mezzo a noi e tra la nostra miseria che hanno camminato il Tathagata e l’Emmanuele. Il potenziale dell’uomo è immenso e si proietta oltre i nostri limiti attuali.
Febbraio 11th, 2012 at 11:31 pm
>Se andremo a farci benedire sarà un’enorme opportunità sprecata per il cosmo
Onestamente, leopardianamente, penso che al cosmo ‘un jiene possa fregà dde meno.
Febbraio 12th, 2012 at 11:07 am
Noi siamo il cosmo; in noi sono riassunte tutte le cose. La nostra coscienza e la nostra intelligenza non sono degli strani epifenomeni comparsi per caso: sono l’aspetto più raffinato dell’evoluzione cosmica.
Il famoso dialogo tra la Natura e l’islandese si basa su una scissione che non ha ragion d’essere; o meglio, è solo un momento dialettico. Noi uomini potremmo essere il luogo in cui la natura si volge consapevolmente al bene, emendando le storture e le sofferenze necessarie al processo creativo: i bodhisattva del cosmo. Oppure mandare tutto in vacca, perchè siamo liberi di fare l’uno o l’altro.
Febbraio 12th, 2012 at 11:10 am
Molto poetico 57 eh? Vabbhè torniamo coi piedi per terra. Probabilmente abbiamo raggiunto il picco della produzione del greggio nel 2007; il prezzo del petrolio strozza la crescita mondiale perchè l’offerta non soddisfa la domanda. Una nuova fase è alle porte in ogni caso, non c’è scelta
Ciao
aa
Febbraio 12th, 2012 at 11:52 am
Il Genere Umano: “Signore! Ci stiamo estinguendo, signore!”
Il Cosmo: “Vabbuo’, ja”
Il “problema” ecologico nel b. mahayana è ovviamente compreso in b.=bodhisattvayana per cui io=sé=cosmo secondo ahimsa.
Poi ognun declina come può. Apprezzati quelli che si dedicano allo sport preferito da Pascal: starsene tranquilli in una stanza.
Febbraio 12th, 2012 at 12:02 pm
>Noi siamo il cosmo; in noi sono riassunte tutte le cose.
hai visitato tutto il cosmo? puoi confermare?
Febbraio 12th, 2012 at 1:28 pm
Ahimsa
“Ognuno ha un’idea diversa del bene, e precisamente da qui nasce la tendenza a virgolettare tutto, a confutare e relativizzare ogni cosa. …Solo una cosa non è virgolettabile, dunque in alcun modo confutabile, falsificabile. Questa cosa è il male, è la sofferenza. Per questo secolo e fino ai giorni nostri è l’orrore di Auschwitz, il gelo, la fame e l’annientamento della Kolym; è il genocidio dei tutsi in Rwanda e dei musulmani in Bosnia; sono le gole sgozzate di donne e bambini in Algeria e sono i deportati albanesi del Kosovo. E prima ancora è il genocidio degli armeni […]. Non ci si unisce nel bene o in vista del bene, ma nella sofferenza e in vista della lotta contro il male e grazie alla memoria del male patito. Non è detto che io possa fare la felicità dell’altro, anche quando gli voglio bene: ma almeno posso sforzarmi di non volere il suo male”.
Barbara Spinelli “Ricordati che eri straniero” Ed.Qiqajong
Febbraio 12th, 2012 at 4:53 pm
Di fronte alla capacità dell’ uomo di perpetrare il male credo sia difficile dir qualsiasi cosa…
Tornando al tema iniziale del post mi è sorta qualche perplessità sull’ abbinamento buddismo- ecologia, o buddismo-movimento per la pace e altro..
Sembra abbastanza chiaro che vivere seguendo la visione del mondo offerta dalla dottrina buddista fa ( dovrebbe? ) nascere un atteggiamento improntato al rispetto della vita, della natura ecc.
Peraltro sembra evidente che colui che segue la via buddista è anche un uomo-cittadino, abitatore dell’ universo e come tale, non come buddista, si occupa di ecologia, ecosofia e quant’altro, approfondendo e praticando la vita secondo il modo peculiare che gli è capitato di essere.
Sottolineare e ricercare i vari accostamenti tra la dottrina buddista e la possibilità di trovare soluzioni al problema ambientale e quant’altro, non so, mi sembra possa essere fuorviante; mi sembra che si sovrappongono due piani diversi, con il rischio di, come dire, rimanere attaccati ad un ‘qualcosa’, ad un’idea, sia pure così nobile come l’ idea di come sia possibile la salvezza del mondo, (che peraltro appare così complessa che la scienza stessa offre visioni costantemente in evoluzione), con tutte le conseguenze del caso..
Ma..forse sto sbagliando punto di vista
Febbraio 12th, 2012 at 5:21 pm
Buon pomeriggio a tutti.
@mym 59 mi ricorda dove comincia l’ “ecologia” (la suggestione è “oikos” – la propria casa) e una recente rilettura (per chi ne ha abbastanza… non è mai abbastanza) di Dōgen (citazione da Fukanzazengi e traduzione di J.Forzani del 2010):
“Separati e abbandona qualunque relazione, lascia riposare qualsiasi attività, non pensare né al bene né al male, non occuparti di vero o falso (pro o contro). Arresta il moto dello spirito, dell’intelletto, della coscienza, blocca l’analisi e la valutazione dei pensieri, delle idee, delle visioni. Non avere il disegno di edificare Buddha. Non essere interessato alla posizione assisa immobile”.
In altro contesto si parla, altrettanto chiaramente, di togliere la trave prima della paglia dal proprio occhio; appunto: vedere prima di tutto… “chi” vede.
Chiedo scusa se torno quasi sempre sul tema della pratica. Evidentemente le proprie mancanze si fanno sentire…
Grazie,
giorgio
Febbraio 12th, 2012 at 5:36 pm
@60: il fatto è che certe cose le ho sentite tante volte dal prete sotto casa che è un po’ come il rumore del treno per chi abita vicino alla ferrovia.
Ciao Dario. Il “discorso” della Spinelli è corretto ma minimale. La proposta di cui parlo al 59 è ottimisticamente attiva. Il fatto è che prelude INDISPENSABILMENTE a 63 (ciao Giorgio) per questo mi richiamo a Pascal.
Ciao Marta, la sfida che il testo in questione affronta è proprio quella di riuscire in modo pulito a sovrapporre fondendoli due piani diversi. L’ecologia di occuparsi del proprio giardino quando esso è l’universo presuppone quantomeno che uno lo sappia maneggiare, l’universo.
Febbraio 12th, 2012 at 5:47 pm
Un vero peccato, per noi tutti, quando una persona così non riesce ad imparare a vivere.
Febbraio 12th, 2012 at 6:33 pm
Grazie per l’ascolto.
Si è portata via la sua sofferenza, e viceversa, lascia un’eco di note celestiali, blowing in the wind. Thank you, Withney!
Febbraio 12th, 2012 at 8:32 pm
mym, non mi è chiaro quando replichi “@60: il fatto è che certe cose le ho sentite tante volte dal prete sotto casa…”.
cioè il prete sotto casa ripete in continuazione che nell’universo non contiamo niente? non dovrebbe ripetere il contrario, per contratto?
vabbeh che “sotto casa tua” c’è il mare, quindi ‘sto prete deve essere originario di Atlantide, e si sa che fine hanno fatto: avrà ancora l’angoscia ecologica per quella volta là.
Febbraio 12th, 2012 at 8:33 pm
@65 e 66
Withoutney Houston
Febbraio 12th, 2012 at 8:49 pm
@67 Ciao dhr, sono stato troppo sintetico. Mi aggiungevo al tuo commento, considerando che affermazioni quali “Noi siamo il cosmo; in noi sono riassunte tutte le cose” oppure “Dio si è compiaciuto nella creazione e l’Uomo è il suo apice” and the likes sono le frasi che (quasi) in ogni predica “il prete sottocasa” ammanisce senza assumersi responsabilità perché tanto… così va il mondo.
Febbraio 12th, 2012 at 8:51 pm
per carità, ci sono anche Autorevolissimi Autori Multireligiosi e Dialoganti che presentano l’Uomo come sintesi, coscienza e custode del cosmo… ma neppure “loro” riescono a convincermi 😉
Febbraio 12th, 2012 at 9:11 pm
Ci ha profato anke un senzadio, il pastore dei pastori tetescki (e non solo), Herr Heidegger, con la storia del pastore dell’Essere, peccato che poi, in un eccesso di zelo, i pastori, prima o poi, siano presi dal vezzo di portare almeno una parte del gregge non proprio all’ovile… noi pecore preferiamo errare qua e là, in ambo i sensi, solitarie o a gruppetti, e soprattutto fare a meno del pastore, sai mai che voglia avviarci alla soluzione finale…
Febbraio 12th, 2012 at 10:31 pm
jf 71 mi ha ricordato un passo del Nuovo Testamento, che penso di aver rintracciato.
Marco 6,34 (salvo errore) caratterizza, prima di tutto, non la figura del pastore, ma quella delle pecore senza pastore. Carattere del pastore appare invece il provare “compassione” (forse più aderente “l’essere turbato sin nelle viscere”) per la sofferenza.
Non c’è che dire, un bel richiamo a un possibile respiro più spazioso del testo e delle sue relazioni.
Mentre scrivo poi mi ricordo che il pastore in altro luogo viene definito come colui che dà la vita per le pecore; il tema indispensabile (grazie mym 64) dell’abbandono ritorna quasi circolare.
Febbraio 12th, 2012 at 10:58 pm
@60: Anche se andassimo a spasso insieme per la galassia non usciremmo dai confini dell’umano, perchè non ci allontaneremmo da noi stessi. L’uomo troverà se stesso ovunque andrà. Chi può indicare i confini di ciò che è umano? Che cos’è la porzione del cosmo che ne esula?
Ovviamente la questione se il cosmo se ne frega o no presuppone la presenza dell’uomo che se la pone, dopo di noi non avrà nessun senso. E’ il nostro sguardo sulle cose che è insostituibile: senza di noi l’Universo versione sapiens sapiens non ci sarà più.
E tutti i discorsi sulla mente o buddisti? C’è la mente in assenza gli uomini?
@ dhr se in giro per il cosmo mi si buca la tuta tu non stare a farti questioni, mettici una pezza 🙂
Febbraio 12th, 2012 at 11:02 pm
@ 69: in noi sono presenti tutte le cose perchè noi siamo presenti in tutto ciò che percepiamo e conosciamo.
Febbraio 12th, 2012 at 11:30 pm
D’accordo comunque con 59 seconda metà.
Forse ci salverà il confucianesimo alla fine. Se i cinesi si convincono che è il caso di muoversi lo fanno in massa, specie se fiutano il business nella green economy
Febbraio 13th, 2012 at 12:01 am
@ angelo (numerazioni assortite)
noi “ci portiamo in giro” sempre, ma l’universo ha tanti modi per dimostrarci che non gliene cala. cfr Leopardi, “La ginestra”.
Febbraio 13th, 2012 at 12:39 am
Una delle debolezze, forse la più invalidante, della metafora del pastore è che, se le parole hanno un senso (e le metafore son fatte di parole) il pastore non è una pecora: ragiona da pastore, non da pecora, e alle pecore non resta che sperare che il pastore sia buono e farsi condurre. Ma si è mai chiesto qualcuno che cos’è un “buon pastore” dal punto di vista di una pecora? E non ditemi che non si può sapere, non essendo nella testa di una pecora, perché questo annulla il valore metaforico della storia, che presuppone che il pastore sappia il bene delle pecore. Darà pure in qualche caso la vita per il gregge, andrà pure a cercare la pecora “smarrita”, ma ragiona sempre da pastore, cioè da uno fuori dal gregge, che crede di saperla più lunga. Se poi si passa ad affermare che le pecore sono fesse, per antonomasia e prova provata, e hanno bisogno di un pastore, beh, qui si aprono spazi sconfinati, e ce n’è per tutti i gusti: i deliri leaderistici dei pastori erranti, dell’Asia come di quelli nostrani, trovano qui la loro giustificazione.
Febbraio 13th, 2012 at 8:38 am
… e JF ci porta a conoscenza del punto di vista del lupo.
parole sante, fratello.
Febbraio 13th, 2012 at 12:21 pm
@72: son d’accordo. In questo caso, (Marco 6,34 ss.) l’accento è su prendersi cura. Nelle parole del blog attuale: ecologia. Se tralasciamo (gioco pericolosetto) la fine del versetto (“… e si mise a insegnare loro molte cose”), il resto (vv. 35-44) rispecchia la follia che in @ 64 ho definito “saper maneggiare l’universo”. Gioco molto molto pericoloso. Al punto che astenersi, in senso verticale, è già un grosso passo avanti.
Febbraio 13th, 2012 at 12:53 pm
Cosa significa, in concreto, astenersi in senso verticale?
Per uscire dall’economia del petrolio avremo la necessità di un coordinamento e di una linea politica almeno su scala continentale, il che tira in ballo per forze di cose che qualcuno abbia un ruolo direttivo. Sappiamo quello che è necessario fare, non è più un problema di conoscenze e neppure di deficit tecnologico.
Febbraio 13th, 2012 at 12:59 pm
Un dué, un dué, passo!
Ecco, astenersi in senso verticale è non arrivare nemmeno a pensarla una cosa così… 😉
Febbraio 13th, 2012 at 1:13 pm
Il problema è che non ti puoi astenere. Prima della seconda rivoluzione industriale il 90% della popolazione lavorava nei campi. L’agricoltura intensiva, che consente a tutti noi di dedicarci ad altro, è un prodotto della rivoluzione industriale. Praticamente ogni bene disponibile, dai farmaci, al vestiario deriva dal petrolio. Internet consuma parecchia energia, attualmente in gran parte di tipo fossile.
L’iniziativa individuale è insufficiente.
Febbraio 13th, 2012 at 1:43 pm
Sì capisco. Però insisto, spegni il PC, siediti e taci una ventina d’anni. Poi ne riparliamo, se ci sarò ancora. Oppure -chissà- magari sarai al mio “posto”.
Così la tua iniziativa individuale sarà stata piùcchesufficiente. Abbondantina, direi.
Febbraio 13th, 2012 at 4:29 pm
Ovviamente è un “tu” generico, nessuno può evitare di avere un impatto ambientale pesante vivendo dentro la nostra società. E’ per questo che, data la gravità della situazione, io penso che sia necessario agire a quel livello, e rapidamente.
Febbraio 13th, 2012 at 5:51 pm
@80-82-84…dove si narra del pastore che ha bisogno del gregge… perché il gregge ha bisogno di LUI (NOI)! (dall’epopea di fantasocioecoloreligione “Il big-bang della sineddoche, ovvero Il pastore perde il pelo…”)
Febbraio 13th, 2012 at 6:16 pm
Glielo dico spesso anch’io che sarebbe stato un prete… ooops, pardòn: un pastore! coi controcosi.
In effetti questa è una differenza importante: aver cura della realtà in quel senso eco-buddista di cui sopra, non è perché la realtà abbia bisogno di noi. È il contrario. Se il samaritano non fosse intervenuto… quel tale sarebbe morto o sarebbe stato aiutato da qualcun altro, non è dato sapere, in ogni caso è nell’ordine delle cose. È al samaritano che è andata bene.
Febbraio 13th, 2012 at 6:19 pm
Che l’ecologia coinvolga la politica mi sembra evidente Jiso. E’ un livello ineludibile, dico solo questo. Dobbiamo muoverci in modo coordinato, come società, mettendo in campo tutte le risorse disponibili. Può essere che un sistema di rete funzioni meglio di una leadership (comunque democratica, è chiaro).
Febbraio 13th, 2012 at 6:21 pm
Ah ma voi non mi capite. Io c’ho paura, come hmsx. Soprattutto per mia figlia. Non ci dormo di notte su sta cosa
Febbraio 13th, 2012 at 6:40 pm
non dormendoci, contribuisci ad aumentare il samsara. circolo vizioso.
Febbraio 13th, 2012 at 6:43 pm
@88 lo ssssapevo! Non ci dormi la notte… e se fosse la causa piuttosto che l’effetto? per il bene che ti voglio… Guarda tua figlia come dorme beata la notte (spero proprio) lasciati ispirare da lei… e come diceva Lucia: “paura di che…?”
Febbraio 13th, 2012 at 6:46 pm
Anch’io sono dispiaciuto per il mondo che lasciamo alla prossima generazione: una vera schifezza, anche per merito nostro.
In ogni caso penso che il b. funzioni nelle condizioni date, qualsiasi esse siano.
Però abbiamo fatto veramente un disastro.
Febbraio 13th, 2012 at 7:02 pm
Si poteva fare moooolto peggio…
Febbraio 13th, 2012 at 7:11 pm
Be’ sì, c’è anche chi non s’è impegnato abbastanza, nel far danno. Ma quel che fatto è fatto, è inutile piangere su quello che non abbiamo rovinato… 😛
Febbraio 13th, 2012 at 7:39 pm
Approposito di paure. Per restare in tema ecologico, visto che il problema nasce da lì…
In un gruppo di buddisti, tempo addietro, si discuteva di questo e di quello. Chiesi a ciascuno se poteva dirmi con chiarezza perché praticava il b. Di tante risposte una, di un giovanotto, mi è rimasta impressa: ho paura di vivere e ho paura di morire.
Beato quel tempo in cui si dorme sereni.
Febbraio 13th, 2012 at 8:22 pm
Avverto che la metafora pecore/pastore (da 71 a 86) è piuttosto feconda di risonanze (e attriti), analogamente a quanto è accaduto a me all’inizio, con il richiamo alla pratica di mym. Bene.
Comprensibile che vi sia anche sotteso il rapporto maestro/discepoli (potere) con i relativi usi e abusi, anche su larga scala.
Ma qui il tema, appunto, è ecologico.
Proviamo allora a trasformare, non solo la metafora, ma tutto il passo di Mc 6,34 e segg. in una specie di koan che valga per ciascuno di noi; può darsi che ci aiuti a chiarire la “proposta ottimisticamente attiva” di mym e il suo nesso con ahimsa e “il prendersi cura” (59 e 79).
Il gregge è disperso e – che cerchi o meno il pastore – sta di fatto che ha fame. Il pastore in questione peraltro ha deciso di “astenersi in senso verticale” avendo rinunciato in tempi non sospetti a scorciatoie di vario tipo (quando se ne stava seduto nel suo deserto, per esempio, vedi Lc 4).
In senso orizzontale però, di fronte alla fame degli altri, non se la sente, evidentemente, di predicare l’astensione, e quindi chiede ai suoi di provvedere. Ma anche i suoi hanno fame e non hanno una lira, come gli fanno subito presente, per dirla in breve, con vivo stupore, soprattutto quando si sentono dire: date dunque voi stessi loro da mangiare.
Ed ecco qui il nostro koan, per il vero piuttosto imbarazzante (soprattutto quando lo incontriamo in prima persona – sempre più di frequente – attraversarci la via).
COME È POSSIBILE MOLTIPLICARE LA MANCANZA ASTENENDOSI DAL CONTAMINARE ?! (risorse scarse per bisogni infiniti si continua a reiterare… e la risposta che abbiamo sotto il naso non è proprio il massimo dell’ecologia).
Ma, a questo punto, riproponendo la sollecitazione pascaliana di mym, penso valga la pena di stare un po’ a sedere, ciascuno come può, lasciando la presa e non indulgendo a uno scioglimento frettoloso
Febbraio 13th, 2012 at 8:33 pm
L’analisi è chirurgica. La domanda non la capisco. Certo, essere frettolosi nell’astenersi è non aver neppure cominciato.
Febbraio 13th, 2012 at 8:41 pm
Eh be ho paura nel sentire che il permafrost si sta sciogliendo e potremmo attenderci un estinzione di massa, ritornare al pleistocene ecc.
Non solo abbiamo rovinato. Continuiamo a farlo, non abbiamo smesso. Oltre che aver paura, mi sento pure in colpa. E’ praticamente impossibile non contribuire, anche se uno ci sta attento.
Febbraio 13th, 2012 at 9:15 pm
ué, ué, ma qui ci stiamo dimenticando tutti del Supremo Vertice Cosmico della Com-Passione: “salva il mondo mandando un sms al numero… donerai 2 euro”.
Febbraio 13th, 2012 at 11:11 pm
@96, chiedendo scusa per la concisione di prima, provo a riformulare il koan, per chi è interessato.
“Come fanno, in ipotesi, i discepoli (tutti i sedicenti discepoli, anche i traditori; ma questo è un altro discorso e non lo coltiviamo qui) a placare la fame della gente (che è anche la loro fame, non solo quella degli altri– e questo è già un indizio di soluzione…) se non hanno che pochezza di mezzi?
In altre parole, come facciamo a moltiplicare per tutti il poco che abbiamo?
E questo senza cedere alla tentazione dell’intervento verticale (~ del potere miracolistico)?”
(Nota a margine, ma non marginale: la risposta non sta nel miIracolo, infatti, perché a quello ha già rinunciato il pastore, come ricorda il titolo, a questo punto quasi profetico: ” non di solo pane”….
Febbraio 14th, 2012 at 10:17 am
Il pane è stato sufficiente perchè il problema non era che mancasse, ma che era mal distribuito. Infatti la traduzione secondo cui moltiplicò il pane è erronea, quella corretta è che lo suddivise. Bisogna cambiare le regole del gioco, anche rovesciando il tavolo se serve (sempre rimanendo entro i riferimenti evangelici)
Febbraio 14th, 2012 at 10:21 am
L’apocalisse (temuta, sperata, intravista…) è (quasi sempre) la rivoluzione di chi non è (stato) capace di farla. Un discorso non isterico sulla “questione ecologica” dovrebbe, a parer mio, prendere seriamente in considerazione il fatto che le cose non potrebbero andare meglio di così, che non c’è mai stata tanta abbondanza per così tanti (veniamo da qualche millennio di penuria generalizzata, di soprusi globali), che fino a ieri si crepava a quarant’anni (saremmo quasi tutti già morti noi qui che blogghiamo) per un graffio infettato, che tanto sentenziare ecologista (che spesso è sputare nella mangiatoia in cui ci si abbuffa) è un lusso spocchioso di chi nuota nel surplus e neppure lo apprezza ecc… Pensare di vivere nel peggiore dei mondi equivale a pensare l’opposto. La paura è una cosa seria, come insegna il giovanotto opportunamente citato @94. E’ un bene prezioso, come l’acqua, non va sprecato. Torna dunque la questione: paura di che?
Febbraio 14th, 2012 at 10:31 am
Tra le balle raccontate dagli ecologisti andrebbe annoverato anche l’allarme per lo scioglimento del permafrost. Il motivo è semplicemente che stiamo ANCORA USCENDO dall’ultima glaciazione.
Già, perché la Groenlandia si chiama così? perché era una “terra verde” senza ghiacci, e tornerà a esserlo. Ai Vikinghi piacque moltissino così, e non ne dedussero la fine del mondo (che infatti è ancora qui).
Febbraio 14th, 2012 at 12:02 pm
E’ utile e necessario continuare a chiedersi se un problema è veramente un problema. Un problema è sempre una costruzione sociale e, si sa, quando si tratta di costruire qualcosa insieme bisogna che il “perché” di questo costruire sia chiaro a tutti, e in grado di motivare tutti. Intanto però, sopra, sotto e di lato rispetto al nostro interrogarci, le cose continuano ad accadere. E può succedere che una fabbrica, nonostante la comunità scientifica si sgolasse dal 1962 sulla pericolosità dei materiali da essa prodotti, continuasse a produrne sino e oltre la metà degli anni ’80.
Intanto, giusto per rinfocolare il desiderio: gli autori che tratto nel lavoro di tesi, oltre ad essere estranei a un certo catastrofismo di maniera, cercano di trasformare questo: “b.=bodhisattvayana per cui io=sé=cosmo secondo ahimsa” (mym . 59), in una proposta culturale integrata, in grado di fondere il piano della responsabilità individuale con quello della progettazione sociale e, soprattutto, laica, nel senso di recepibile anche da chi non nutre un sentimento religioso.
Febbraio 14th, 2012 at 12:10 pm
@99: “Come fanno, in ipotesi, i discepoli a placare la fame della gente (che è anche la loro fame, non solo quella degli altri– e questo è già un indizio di soluzione…) se non hanno che pochezza di mezzi?”. Uuh, dirlo così può sembrare … un po’ crudo però il fatto è che la preoccupazione va intesa al rovescio: quello che è richiesto è dare tutto, senza tener da parte neppure una bricciola.
Ponendo il problema al diritto, ovvero come placare la fame, non basta e non basterà mai.
Febbraio 14th, 2012 at 12:18 pm
Ciao FdB, bentornato.
Ben detto, ben detto. Purché non si dimentichi che “trasformare b.=bodhisattvayana per cui io=sé=cosmo secondo ahimsa” (mym . 59) in una proposta culturale integrata, in grado di fondere il piano della responsabilità individuale con quello della progettazione sociale e, soprattutto, laica, nel senso di recepibile anche da chi non nutre un sentimento religioso.” come non trasformare è stato insegnato. Insomma, è sempre valida la versione:
Il Genere Umano: “Signore! Ci stiamo estinguendo, signore!”
Il Cosmo: “Vabbuo’, ja”
Febbraio 14th, 2012 at 12:44 pm
Certo. E forse l’estinzione avverrà… di Domenica 🙂
Ricordo un giorno un dibattito televisivo sul cambiamento climatico. Un tizio, un professorone, sosteneva che comunque la gran quantità di anidride carbonica e altri gas che mandiamo verso il cielo comunque non possono far così male all’ambiente, a un sistema così grande e complesso come quello dell’atmosfera terrestre. E un tizio anonimo dal pubblico:- “Beh, non faranno male alla Terra, ma fanno male a noi!”
Febbraio 14th, 2012 at 12:52 pm
P.S. Interessante che il mio Dom-nica si sia automaticamente corretto in Domenica.
Febbraio 14th, 2012 at 12:55 pm
Per far funzionare quel “automaticamente” occorre star sul pezzo sulle 10 ore al giorno… 😛
Febbraio 14th, 2012 at 1:15 pm
@ jf e dhr: l’IPCC è un organismo serio, e ha raggiunto la conclusione che la temperatura terrestre è in aumento come conseguenza di fattori antropici. Secondo un’analisi di PNAS (proceedings of the national academy of science)questa conclusione è condivisa dal 98% degli autori di pubblicazioni su riviste peer reviewed di climatologia. Sempre secondo l’IPCC se dovessimo continuare come ora “business as usual”, possiamo aspettarci un aumento delle temperature medie terrestri di 3-4 gradi, sufficiente a distruggere l’ecosistema. Del resto il ragionamento è semplice: i livelli di CO2 in atmosfera sono aumentati fortemente dall’inizio dell’epoca industriale (questo è un fatto, ben documentabile), e la CO2 è il principale regolatore della temperatura terrestre. Non si scappa. Aggiungo che i dati della rilevazioni dello scioglimento della copertura di ghiaccio artica sono peggiori rispetto alle proiezioni dell’IPCC. Se perdiamo la calotta artica dimuirà l’albedo terrestre,ed innescheremo una serie di circoli viziosi irreversibile.
Bisogna vedere le cose come sono, non come vorremmo che fossero, sono d’accordo. Facciamolo. Se Hansen, il maggiore esperto di clima statunitense e una tra le maggiore autorità mondiali di glaciologia mi dice che le cose vanno in un certo modo, è irragionevole non dargli retta. I Ghiacci della Groenlandia e della penisola antartica sono in controtendenza perchè è cambiata la circolazione locale dei venti.
Febbraio 14th, 2012 at 1:19 pm
@ 103: quanto scrivi nella seconda metà del tuo post mi sembra il punto fondamentale, sul quale interrogarsi. Raggiungere un accordo ed una modifica dei comportamenti, evitando derive autoritarie: come? Senza dimenticare che questo deve tradursi in un impegno ed un investimento su larga scala, su questo insisto.
Febbraio 14th, 2012 at 1:57 pm
@ 109, con tutto il rispetto Angelo, ma “possiamo aspettarci un aumento delle temperature medie terrestri di 3-4 gradi, sufficiente a distruggere l’ecosistema” è una palla … per farci giocare i bambini.
Febbraio 14th, 2012 at 2:14 pm
Non c’entra niente, ma una pausa ci sta, con permesso: scopro spiluccando informazioni su san Valentino, oggi ricorrente, che fu vescovo martire e venne decapitato dal soldato romano Furius Placidus: non a tutti è dato di essere decapitati da un ossimoro… quando la raccolsero la testa sorrideva ancora…
Febbraio 14th, 2012 at 3:20 pm
jf sempre fuoriclasse *thumbs up*
Febbraio 14th, 2012 at 3:29 pm
Per condividere il pollice su (e non gli dispiacerebbe, credo…) “quando la raccolsero la testa sorrideva ancora” è una citazione surrettizia da Paolo Poli, thank you.
Febbraio 14th, 2012 at 4:03 pm
anche saper citare è un’arte 😉
d’altra parte, a proposito di ossimori in carne e ossa, da queste cyberparti circola un tizio il cui nome (buddista) e cognome significano “Cuore allegro / Vipere”.
Febbraio 14th, 2012 at 4:57 pm
Dipende. Se ci mettiamo a bruciare il carbone e le sabbie bituminose potremmo arrivarci. Ho riportato il dato da un testo di Jeremy Rifkin “la terza rivoluzione industriale”; viene citato come un’analisi fornita al vertice di Coopenhagen, come il worst case scenario, d’accordo.
Comunque. se qualcuno ha dei dati convincenti e contrari al ragionamento che ho fatto, sono il prima a rallegrarmene, dormirò sonni più tranquilli.
Dario, Mym, ditemi, mandatemi i riferimenti, ben felice di ricredermi.
Febbraio 14th, 2012 at 5:02 pm
Sarei particolarmente interessato alle fonti secondo le quali il riscaldamento attuale sarebbe semplicemente il risultato della fine della glaciazione. Dico sul serio, mi conforterebbero.
Febbraio 14th, 2012 at 5:12 pm
Non è il vento, non è la bandiera…
Ciò detto, se la bandiera si logora bisogna rattopparla. Sennò non fa più ‘flap’ ‘flap’…
Febbraio 14th, 2012 at 5:16 pm
angelo:
come l’ossimorico mym ha tentato più volte di suggerire nel corso di questa conversazione, non si tratta di mettere l’esperto tv X contro l’esperto tv Y, ma di spegnere la tv.
Febbraio 14th, 2012 at 5:27 pm
Ma non eravamo nella morsa del gelo? o è il riscaldamento che prende la rincorsa?
Febbraio 14th, 2012 at 5:36 pm
Scusa ma chi è che ha scritto 102? Comunque d’accordo passo e chiudo. Rispetto a quanto ho scritto, aggiungo solo, giusto come promemoria, che il programma di sviluppo energetico della comunità europea ha lo scopo di mantenere l’aumento di temperatura sotto i 2 gradi entro la fine del secolo, ed è basato su alcune assunzioni ottimistiche. Questo è il quadro previsto SE di interviene.
Febbraio 14th, 2012 at 5:40 pm
Temperatura MEDIA globale Jiso. Ah no no scusate mi sto zitto
Febbraio 14th, 2012 at 6:46 pm
A volte mi vien di pensare che il mix uomo+cosmo è venuto maluccio e non a motivo di qualche storia del cosmo (inteso come tutto, a parte l’uomo). Perciò potrebbe anche essere visto come un … dovere? Un compito compassionevole? anche lavorare affinché ‘stuomo si estinguesse in fretta; mo’ ben ben.
In ogni caso Angelo, non temere: non cela faremo mai a mandare tutto ma proprio tutto a remengo. Se pensassi che ci sia (che ci fosse? Che ci stesse? Mah) la possibilità… un pensierino ce lo farei 😉
Febbraio 21st, 2012 at 5:56 pm
ciao a tutti, ciao mym.
Complimenti per la tesi è anche per la stampa indiana. Non capisco il collegamento, ma è molto simpatica.
Ho solo una domanda: cosa diavolo sta facendo la ragazza in alto a destra?
Febbraio 21st, 2012 at 6:05 pm
Ciao Sumire, come va?
La ragazza in alto a dx, dici, eh. Hmm, ecco come dicevo, siamo un blog per famiglie per cui più di tanto…
Mai sentito parlare della “mossa (o posizione) dell’arcolaio”?
Febbraio 25th, 2012 at 1:02 pm
L’arcolaio!! Non ci sarei mai arrivata, al massimo sospettavo un origami…
Eh, allora devo purtroppo ammettere di averle provate tutte, tranne questa 🙂
Febbraio 25th, 2012 at 1:06 pm
Tutte? Ohmmaigaaaad! 😉
PS: la posizione dell’origami non la conosco, veh!
Marzo 4th, 2012 at 9:07 am
ond’evitare ulteriori sprechi di risorse, rilancio l’idea dell’illustrazione buddista 😉
Marzo 4th, 2012 at 10:45 am
Eh, sì, capisco.
Illustrazione buddista, si fa presto a dire. Ma, a parte i casi eclatanti in cui si veda il buddismo nudo e crudo, negli altri casi come famo? Col film è diverso, si sa, basta farci su una carrellata e poi glissare e si può sempre dire che era un film buddista. Visto Samsara? Comunque porterò su la proposta, in alto, dove le decisioni son prese in base alle cose come stanno.
Marzo 4th, 2012 at 12:08 pm
Negli altri casi… tu promuovi l’iniziativa, e poi lascia fare a chi è del mestiere 😀
Marzo 4th, 2012 at 12:51 pm
Apperò, birbante.
Insomma, tu dici che il tipo ggiusto, al posto ggiusto, nel modo ggiusto…
Vabbène. Promuovo. Per cominciare modifico il post perché, si sa, verba manent.
Marzo 4th, 2012 at 1:03 pm
io?? trallallerò trallallà…
Marzo 4th, 2012 at 1:36 pm
Ah!? Nebbia in Val Padana.
Marzo 4th, 2012 at 10:26 pm
>Nebbia in Val Padana.
ehi potrei raffigurarla: sarebbe un perfetto simbolo del shunyata, purché non me la sia solo suniata di notte.
Marzo 7th, 2012 at 9:34 pm
Nulla valgono le argomentazioni scientifiche contro l’arroganza del potere. Men che meno la ragione contro la brutalità.
Marzo 8th, 2012 at 11:31 am
Però la partita non è ancora terminata. Vediamo se Monti (o il suo governo) è un … coniglio mannaro oppure se il rigore nell’approccio privo di pregiudizi è veramente una sua prerogativa.
Marzo 8th, 2012 at 1:29 pm
Non so quanto Monti possa o voglia interferire con gli enormi interessi in gioco. In questo vecchio documentario, mai andato in TV, si spiega bene quali:
Basti pensare che un metro di TAV in Italia costa 7 volte (!) di più che in Francia o in altri paesi europei.
Per quanto riguarda i tecnici non-tecnici al governo direi che concordo con le conclusioni di questo articolo (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/05/smonti/195632): se non sanno, sono dei cialtroni; se sanno, allora sono dei banditi.
Marzo 8th, 2012 at 3:10 pm
TAV e doveri morali | La Stella del Mattino…
Conosco la Val di Susa, la Sacra di San Michele, i boschi, i massi erratici. Anche per questo, ma non solo, il/la TAV non ha mai avuto le mie simpatie. Poi l’altro ieri il signor Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del consiglio, ha dich…
Marzo 8th, 2012 at 5:37 pm
Oggi su La Repubblica c’è un articolo di Salvatore Settis intitolato Mafie, TAV e legalità. I confini del progresso che consiglio alla lettura. Dice tra l’altro “La linea Tav già realizzata fra Bologna e Firenze è certo un vantaggio per chi la usa, ma ha provocato la morte di 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti, inquinando con sostanze tossiche 24 corsi d´acqua. I responsabili delle imprese, condannati per disastro ambientale dal Tribunale di Firenze, sono stati poi assolti in appello: insomma, la strage ambientale c´è stata, ma nessuno è colpevole”.
Marzo 8th, 2012 at 9:22 pm
Fa piacere nel quasi unanime, quanto acritico, coro pro-TAV leggere ogni tanto qualche articolo che pone la questione in modo più problematico.
Il punto purtroppo è che hanno già deciso che s’ha da fare e si farà.
I giochi son fatti e i proventi già assegnati. Come ci ricorda questo articolo (http://bit.ly/yEEHUR), Monti ha già firmato frettolosamente un accordo con la Francia (senza chiarire chi e come pagherà) per prevenire qualsiasi ipotesi di referendum.
Non resta che consolarsi con la fine ironia degli Oblivion: http://youtu.be/KVl3SJDXteI
Marzo 10th, 2012 at 6:03 pm
Pare che il Governo abbia battuto un colpo. Sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri c’è un articolo di spiegazioni sui motivi per cui il/la TAV è un’opera necessaria con un PDF di domande e risposte. A me non pare sufficiente (rispetto alle obiezioni poste dai 356 tecnici), però è già qualche cosa.
Marzo 16th, 2012 at 11:07 am
Ed ecco la risposta di Luca Mercalli all’articolo pubblicato dalla Presidenza del Consiglio
Marzo 18th, 2012 at 9:14 am
ero sostanzialmente un no-no-Tav, ma se lo scopo era far cambiare idea alla gente, ci si sta riuscendo
Marzo 18th, 2012 at 10:28 am
Lo scopo? No oggi ho mal di testa… 😉
La religione della crescita secondo me è alla frutta.
Marzo 18th, 2012 at 1:37 pm
è alla frutta in Occidente, ma là fuori è pieno di gente che vuole avere “il frigorifero e la 600”. Tav o no Tav, questo pianeta non ha di fronte un futuro ecologico (e neppure logico, se è per questo)
Marzo 18th, 2012 at 5:24 pm
“Se la testa del serpente cambia direzione prima o poi la cambia anche il resto” (da un antico detto erpetologico).
Marzo 18th, 2012 at 9:17 pm
e perché il serpente dovrebbe cambiare direzione, se non lo fa da millenni?
Marzo 19th, 2012 at 11:08 am
Se il serpente è la risultante dell’avidità ovvero vuol diventare sempre più grande, si volta via quando non c’è più nulla da mangiare dirigendosi verso la nuova preda. La crescita continua ha quasi divorato sé stessa, al serpente interessa sempre meno. Si sta voltando.
Marzo 19th, 2012 at 6:40 pm
… ma la madre dei serpenti è sempre incinta…
Marzo 19th, 2012 at 6:48 pm
Infatti. La speranza può essere solo di tipo “metafisico”: non c’è speranza. Ciò non toglie che -trovandosi in quel luogo (detto terra) a quell’ora (detta sempre)- si esprima un’opinione.
Marzo 19th, 2012 at 9:42 pm
questo è sacrosanto.
una hope-in-aeon.
Aprile 6th, 2012 at 9:03 pm
Un cranio di Deinonychus?! ovviamente!
(chi non lo aveva capito?…)
Aprile 7th, 2012 at 10:26 am
Be’, certo, volevi mica che usasse un banale cranio di diplodocus o, imperdonabile!, quello di un triceratops…
Che fosse uno cranio di dino lo avevo capito, non avevo capito che fosse il sepolcro… 🙁
Aprile 7th, 2012 at 6:44 pm
comunque grazie della bellissima immagine.
Auguri.
Aprile 8th, 2012 at 9:05 pm
grazie a voi, ragazzi.
in ogni caso, per raffigurare il Getsemani, questa è un’immagine perfettamente “orto d’ossa”.
Aprile 10th, 2012 at 12:12 pm
Mi accodo volentieri alla sana “provocazione pasquale” di mym, per dire che secondo me i cristiani (in questo caso tutti in solido) hanno manipolato in modo ambiguo la storia del passaggio, ben più chiara nel campo ebraico, dove è nata. Mi chiedo se c’era proprio bisogno di ficcarsi in questa grana della risurrezione, appizzandola per di più alla pasqua (per quanto la cosa abbia “reso” molto nei secoli, oggi mostra chiaramente i suoi limiti). Si direbbe che la prendono come un passaggio, frettoloso e provvisorio, attraverso la morte e via, di nuovo in pista (sepolcro vuoto, carne e ossa, pesce arrosto e dita nelle ferite…).
Invece, se proprio il medico celeste gli ha prescritto questa storia della risurrezione, mi pare più appropriato intenderla nel senso di “transumananza”, come trans-umanare: e cosa c’è di più oltre umano che morire del tutto, tutto tutto? La morte non è umana, è il limite invalicabile dell’uomo, dall’uomo.
Eppur si muore… E’ sempre il solito vizietto (ce l’abbiamo un po’ tutti, ma qualcuno francamente eccede): tirare di qua ciò che è di là, parlarne come fosse un altro “di qua”. Non son più io che vivo ma Cristo vive in me dunque son sempre mi sol che non son più io. E invece impegnarsi a vivere fino in fondo, dunque morire del tutto, ivi comprendendo l’ansia e la voluttà di mettere le mani sull’oltre, che in quanto oltre è appunto oltre, se no che oltre è, gente di poca fede?
Aprile 10th, 2012 at 4:12 pm
Sotto cento chili di cielo il tempo circolare e il tempo vettoriale.
Le cose stanno al limite della parola. Ma stare al limite significa frequentare una storia vivente, una storia non confinata in fatti empirici, ma una storia mentre si svolge e si reinterpreta di continuo all’indietro e in avanti, nella sua origine e nel suo destino.
Parlare di Resurrezione per me è come parlare delle stagioni: non ci sono più sig.ra mia!
La storia profetica di tornare dal regno dei morti per comandare al tempo vettoriale di farsi circolare non regge: il cristianesimo è finito.
Al di ‘qua’ dell’ al di là, direi proprio nell’oltre, sta il pallido ricordo del tempo circolare maciullato dal tempo vettoriale – The sweet killing kapitalis’m proget – (dimenticato a memoria)
A differenza di quella profezia, il marketing di bassa lega capitalista mantiene ciò che promette. Tutto può essere comprato, anche la buona coscienza timorata dal Signore. L’uomo è al pari delle altre merci.
Ma allora..
Religioni di tutto il mondo, unitevi!, e lasciate perdere il regno dei morti… 🙂
Il fumo è il nutrimento dell’anima (cit.)
Aprile 10th, 2012 at 4:13 pm
Lasciato in balia di se stesso alla ricerca del punto che circonda la terra. (cit.)
Aprile 10th, 2012 at 5:27 pm
Un giorno dopo l’altro, la vita se ne va…
Il tempo puntiforme?
La terra circondata dal tempo vettoriale lo pensa circolare e lui, il birbante, si mostra puntiforme.
Bentornati jf e hmsx, e buone feste fatte.
Aprile 10th, 2012 at 10:17 pm
L’età disperde quel che credevo e non sono.
Una vita mortale è confinata nel suo tempo cronologico che è il suo tempo; nato il … e morto il …;. ma, attenzione, è confinata per il racconto di un altro, non il suo. Un altro osserva da fuori e, disponendo dei calendari e della cronologia, può designare i confini di una vita mortale. Ma il vivente mentre vive no, non può farlo; perché la sua vita non è terminata – sebbene egli sappia che è finita, cioè mortale. Saranno gli altri a farsi carico del significato di quella vita, inserendolo nel limite della propria.
Moriamo agli altri, ed è agli altri che è affidato il significato della nostra vita. Agli altri, al loro mobile giudizio e alla loro fragile memoria, che si riconfigura di continuo entro il limite di una storia vivente.
Allora che ne pensate di ‘sta religione farlocca?, di ‘sti libri di testo per le scuole medie?
della prostituzione intellettuale di preti potenti e di politici corrotti, pagati con ingaggi da sicari, e che se ne vanno solo con liquidazioni miliardarie?
Il punto non è quanto siamo religiosi, buoni e giusti: il punto è che siamo in tanti, e siamo innocui.
Aprile 11th, 2012 at 9:14 am
Voli, sempre voli…
L’uomo è condannato alla religione farlocca, come tutto quel che c’è. I 5000 che si alzarono e lasciaron l’assemblea, di poca fede sì ma ci avevano le loro ragioni: una volta che me l’hai raccontata è farlocca. Se non me la racconti con la scusa che il silenzio quello voleva dire passano i camion a rimorchio: belli ma farlocchi.
Però, non vedo ragione di esser pessimisti: è una vita che va tutto giudiziosamente a remengo e non succede niente. L’andar naturalmente in vacca è il dolce fluire, memento del viver farlocco.
Aprile 11th, 2012 at 9:58 am
Farloch Ness
Aprile 11th, 2012 at 10:01 am
Il lago dei desideri
Cara vecchia Nessy
Aprile 11th, 2012 at 11:25 am
.. fuffa siamo, e fuffa ritorneremo.
Aprile 11th, 2012 at 11:31 am
Ciao vicky, ben venuta.
La fuffa è quasi tutto. E dico “quasi” solo per carità di patria.
Però, visto che, allora fuffa sia!
E fuffa fu.
Aprile 11th, 2012 at 11:40 am
Se si vuol proprio parlar di tempo, tempi, come genialmente avevano compreso i latini che lo hanno inventato, l’unico tempo che “esiste” (con licenza parlando) è il futuro anteriore: l’unico domani che c’è è quello che immediatamente sarà ieri, altrimenti nisba – ergo, tutto è trascorso. Al massimo resta il “problema” dell’ultimo oggi, quando nessun domani sarà ieri, ma con evidenza è un falso problema, dal punto di vista del tempo, almeno. Meglio trastullarsi con altre occupazioni.
Aprile 11th, 2012 at 11:47 am
Che tempi
sig.ra mia
Aprile 11th, 2012 at 1:21 pm
Too late to die young.
Sono diventato così filosofo da disprezzare cose che comunemente vengono stimate, mentre ne apprezzo altre che sono al contrario dimenticate…
Per il momento posso confessare che sono più disposto a scrivere di quanto non fossi prima.
Le evidentissime argomentazioni di ‘sta religione farlocca non le difenderle per niente al mondo contro l’Autorità. Do la giusta importanza alla fama, e non sono così attaccato alle mie idee da sostenerle con sofismi.
PS: se fossi stato veramente saggio non mi sarei mai fatto conoscere come scrittore.
Aprile 11th, 2012 at 1:43 pm
I selvaggi credono sagge le scimmie; credono che se solo lo volessero, sarebbero in grado di parlare. Se ne astengono perché così non sono obbligate a lavorare.
Non sono stato ugualmente prudente, non ho più a disposizione quel tempo libero e quella tranquillità che potrei godere se fossi stato così previdente da tacere.
Geloso della mia libertà, felice, ben nascosto, al riparo da importuni e perdite di tempo vivo e muoio fino in fondo, in tranquillità d’animo. Condizioni che nessun tiranno potrà mai permettersi.
Aprile 11th, 2012 at 3:06 pm
@ 17, e.c. “Le evidentissime argomentazioni di ‘sta religione farlocca non le difenderei per niente al mondo contro l’Autorità”.
Aprile 11th, 2012 at 4:29 pm
@ 17 ecc.: gesù come sei filosofo!
Aprile 11th, 2012 at 4:31 pm
@10:
“Però, non vedo ragione di esser pessimisti: è una vita che va tutto giudiziosamente a remengo e non succede niente. L’andar naturalmente in vacca è il dolce fluire, memento del viver farlocco.”
è una delle più belle e opportune esemplificazione che miè mai accaduto di leggere ascoltare.
Salve a tutti.
Aprile 11th, 2012 at 4:43 pm
Ciao AHR, bentornato.
Grazie grazie, troppobbuono.
È il secondo principio della legge buddanica.
Il terzo riguarda lo zero assoluto: roba che scotta…
Aprile 11th, 2012 at 4:44 pm
@21:
“esemplificazione” – leggi: chiarimenti
che mi sia capitato di leggere o ascoltare.
Aprile 11th, 2012 at 4:45 pm
Qualche indiscrezione sulla roba che scotta?
Aprile 11th, 2012 at 4:52 pm
Siamo qualcosa che non resta frasi vuote nella testa…
Due fermate oltre la paura.
Aprile 11th, 2012 at 5:05 pm
In un Incontro che ebbi a casa sua, quando mangiavo chilometri in una vita precedente, mi disse di questo verso, ma non compresi molto. che sciocco.
Aprile 11th, 2012 at 5:58 pm
Tirém innanz.
Prendersi sul serio è il retro della campanella che segna la fine del gioco.
Aprile 15th, 2012 at 3:59 am
_ Altrove. Traduzione della lettera di Joe Eszterhas a Mel Gibson frammezzata da Out of game di Rufus Wainright – Helena Bonham Carter (2012).
(Un week end all’insegna della frivolezza…)
Per tornare alle cose serie, quali nuove dal lato oscuro di Dio? Dalla massa informe di mortali a cui chiedere aiuto?
Aprile 15th, 2012 at 10:10 am
A leggere quel che dice il pessimo Mel questa volta potrebbe aver ragione. Non che conti, però.
The dark side? Wow! You ‘now, to avoid brain damage better you lock the door and throw away the key.
PS: Helena è conturbante. Anche senza.
Aprile 15th, 2012 at 7:49 pm
Paolo De Benedetti, insigne biblista e teologo, argomenta che il lato oscuro di Dio è l’uomo. Dio senza l’uomo perderebbe tutti i suoi attributi e può qualcosa solo se noi l’aiutiamo affinché sia più di Dio. Ciò che impedisce ai cristiani di rendersene conto è l’impostazione teologica di derivazione greca che fa di Dio l’assolutamente separato dalla condizione umana e rende inconciliabili la sua bontà con la sua onnipotenza.
PS: Well, if that’s the dark side, I locked the door and threw away the key a long time ago. I care my brain.
Aprile 15th, 2012 at 7:54 pm
I Care For My brain.
Aprile 15th, 2012 at 8:00 pm
Grazie. Non conosco l’insigne, così a naso direi che solo chi l’ha inventata/o può far esistere la sua invenzione. Ma così facendo la “rovina” perché la porta al suo livello. Oscuro. Non c’è modo di uscirne.
Anche nel caso che Dio non sia inteso come invenzione umana non esisterebbe, come Dio, senza qualcuno che lo “facesse” (lo concepisse, lo considerasse come) Dio.
16-04. Mi fanno notare che quanto sopra ha una forte connotazione atea. Mah, sì, perché no. Nel senso di: tenete giù le mani (da)
Aprile 16th, 2012 at 3:33 pm
In effetti l’insigne teologo parte dal concetto ben espresso da Feuerbach secondo il quale: “La coscienza che l’uomo ha di Dio non è altro che la coscienza che l’uomo ha di se stesso”. Una tesi che potrebbe essere condivisa anche dai credenti, dal momento che, nell’inconoscibilità della natura divina da loro stessi ammessa, è possibile leggere l’inconoscibilità che l’uomo ha di se stesso.
Commentando il passo di Luca 22,42 dove Gesù nell’orto dei Getsemani chiede: “ Padre, se vuoi, allontana da me questo calice (…)” il Nostro osserva che Gesù non dice “se puoi” ma se “vuoi”, come se il Padre possa volere il bene solo se con la nostra preghiera lo aiutiamo, e perciò scrive “il lato oscuro di Dio è la sua debolezza che fa di lui ‘il nascosto’ (isaia, 45,15), colui che cerca l’uomo: ‘Uomo dove sei?’ (Genesi, 3,9)
…
È pronto l’uomo per una fede all’altezza dei tempi?
A interpretare la fede in chiave di tolleranza basata sulla razionalità?
Ad una concezione dinamico-evolutiva della verità?
Dal mio osservatorio non pare, magari altrove…
Aprile 16th, 2012 at 4:01 pm
Un dio che interferisce (più o meno a comando, i.e. preghiera) nella vicenda umana è un dio da operetta. Se non interferisce… che dio è?
Un café, ‘n gelatu e ‘n cine nu ghè moddu de sciurtìne…*
*Per i meno fortunati, privi di lessico ligure-ponentino, la precedente formula (“un caffé, un gelato e un cinema, non c’è modo di uscirne”) riassume il loop che si creava nelle frenetiche domeniche pomeriggio di 40-50anni fa.
Aprile 18th, 2012 at 7:39 am
>Un dio che interferisce (più o meno a comando, i.e. preghiera) nella vicenda umana è un dio da operetta. Se non interferisce… che dio è?
Questa me la rivendo.
Aprile 21st, 2012 at 10:39 pm
Bravo Jiso, una magnifica rappresent-azione
🙂
Solo qualche parola su una delle frasi conclusive:
>Questo, credo, potrebbe essere il ruolo delle religioni al giorno d’oggi: portare in evidenza che partecipiamo tutti della medesima condizione umana… (ma…)
Torna in mente un’osservazione fatta da Panikkar. Parafrasando: fino a qualche decennio fa, cristianesimo e buddismo avevano una “antropologia di partenza” di tipo perlomeno simile. Adesso che il cristianesimo si è dato come “mission” quella di mangiare la pizza in allegria tutti insieme, suonare la chitarra e celebrare la bellezza della vita, dell’amicizia, ecc., al buddismo resta poco di che dialogare… Ma [aggiunta] questa situazione non durerà all’infinito: la condizione umana è bravissima a farsi sentire anche dai più sordi.
Viceversa, leggendo una selezione dalle Mille e una notte, colpisce come queste “favole” terminino con “vissero felici e contenti”, sì, ma solo “finché non giunse la morte che tutto distrugge”. Probabilmente anche i musulmani oggi dovrebbero darsi una calmatina e recuperare le loro radici antropologiche.
Aprile 23rd, 2012 at 1:52 pm
Bell’intervento, grazie a JF. Purtroppo quanto sta accadendo da un anno a questa parte sembra indicare che il sogno europeo è ancora soltanto tale. Non penso che esista una volontà esterna alla Comunità Europea che voglia farla esplodere, secondo me il fatto è che appena il tempo è cambiato e si è levato il vento lo spazio comune sotto le fronde si è dileguato. Stiamo pagando proprio il fatto di non aver saputo individuare nulla di più profondo dell’economia su cui costruire un edificio comunitario.
Gli Stati Uniti o la Cina sono molto meno in balia della speculazione perchè hanno una vera politica unitaria ed in definitiva sono delle nazioni, mentre la UE non lo è. Delle radici comuni secondo me servono, anche se sono d’accordo che questo non è un compito della religione, ma della politica.
Aprile 24th, 2012 at 11:21 am
Da testimone e complice (e non da studioso del fenomeno) penso che le radici comuni dell’Europa siano varie, vive ed evolventi, dall’invenzione della democrazia ateniese a quel vasto movimento che va sotto il nome di umanesimo (per nominare solo due filoni tuttora vivi e vegeti, con i contributi delle culture di popoli eterogenei, dai latini ai germani, dagli ebrei agli arabi, dagli slavi ai normanni… Espressione di pluralismo (come oggi usa dire) che Stati Uniti e Cina neanche in sogno possono immaginare, perché sono in fondo culture monolitiche (una lingua, una bandiera, un’identità egemone) in cui le differenze concorrono, nel pentolone, a fare il minestrone di un’unica ricetta. Il ricatto dell’economia capitalista attuale, che con una mano impone il rigore (rigor mortis) e con l’altra pratica il più sfrenato liberismo libertino, è il veleno con cui si cerca di inaridire quelle radici, rigogliose ma delicatissime. La religione non c’entra direttamente con tutto questo, ma viviamo pur sempre in questo mondo, anche religiosamente parlando, e dunque è anche affar nostro. Non vorrei morire americano o cinese.
Aprile 24th, 2012 at 8:19 pm
Neanch’io vorrei morire Cinese o Americano (tra parentesi, secondo me, anche se non sembra la nostra mentalità e la nostra cultura sono effettivamente molto lontane da quella nordamericana). Il problema è che il sentimento di appartenza ad una comunità unica viene meno quando si tratta di pagare il conto. Gli italiani dicono di non voler fare la fine dei Greci, i tedeschi non vogliono pagare il conto del debito pubblico italiano o spagnolo ecc. Questo testimonia chiaramente che manca la percezione di far parte di una sola comunità, nella quale le responsabilità vanno condivise. E questo con buone ragioni: la politica Europea si fa in effetti all’Eliseo e a Berlino, non certo a Strasburgo o Bruxelle. Le prossime elezioni presidenziali francesi contano molto di più per la futura politica europea delle elezioni europee stesse (tra l’altro Marine le Penn al 18 % dei consensi qualcosa secondo me dice).
Io riassumerei così la questione: è bello, giusto, positivo che le radici siano diversificate e che (forse) non ci sia un minimo comun denominatore; però per potertelo permettere devi creare un senso di compartecipazione a garanterire al massimo la rappresentatività. Devi insomma avere un sistema politico che funzioni, in cui la gente si riconosca e che possa percepire davvero come espressione di una comunità.
Siamo così succubi dell’economia e delle sue “leggi” perchè manca un disegno politico complessivo che possa riassumere in se l’economia stessa. La logica del rigore a tutti i costi secondo me denuncia proprio la mancanza di un vero progetto comune.
Aprile 26th, 2012 at 6:49 pm
Io provo a buttar là un altra riflessione, che mi sembra inevitabile leggendo quanto scrive jf. Mi sembra ovvio che “il vasto movimento dell’umanesimo” di cui parla, e che, sono d’accordo’ è alla base dell’identità europea, ha radici non solo nella democrazia ateniese, ma anche nel cristianesimo. Mai il mondo greco ha pensato l’uguaglianza tra tutti gli uomini (e di tutte le donne!) indipendentemente dalle provenienza, dalle etnie, dal ceto. Mai ha pensato il futuro con l’apertura e le aspettative dell’ebraismo e del cristianesimo. Ora è chiaro che non tutti gli umanesimi sono cristianesimo, ma tutti hanno un debito ed un legame più o meno diretto con il messaggio cristiano. Inoltre, secondo me il cristianesimo si spinge più in la ed è più radicale, perchè afferma che la massima espressione dell’umano (non il superamento o la dissoluzione dell’umano), è anche la massima espressione del divino. E’ questo, IMHO, il punto interessante da affrontare, e anche quello più difficile, sia per chi non si richiama direttamente a Cristo e ha altri riferimenti, ma vuole mantenere la propria cultura senza “orientalizzarsi”, sia per chi vuole vivere un cristianesimo aperto e dialogante, che non sia una semplice riproposizione del passato.
Aprile 26th, 2012 at 6:58 pm
A proposito di Europa, consiglio vivamente di guardare la puntata di Report del 22 aprile, nella parte in cui si parla di economia. Da un lato è disperante dall’altro, invece, una speranza c’è. E non solo metafisica.
Aprile 27th, 2012 at 2:09 pm
Non convengo con aa 5. Intanto non ho detto che l’umanesimo ha radici nella democrazia ateniese, ho parlato di radici diverse (di cui Atene e umanesimo sono due esempi) multiformi e in evoluzione (è chiaro che la democrazia inventata dagli aristocratici greci, con un uomo libero ogni dieci schiavi, ha poi evoluto in tutt’altro). Ma soprattutto terrei la religione fuori dal discorso dell’Europa e delle radici. Se la religione entra in campo come uno dei fattori costitutivi alla stregua delle ideologie e degli istituti (la democrazia è un istituto, una forma di gestione della cosa pubblica) combina solo guai. E comunque per pretendere di farlo dovrebbe accettare gli standard al proprio interno. Il cristianesimo cattolico non è democratico: lo dimostra il fatto che nega il sacerdozio alle donne, che è più o meno equivalente a negare il voto alle donne in un regime politico.
Aprile 28th, 2012 at 12:38 am
ma..non son cieco, non son orbo…abbiamo un vero ritratto del Forzani, anzichè una semplice foto!
Aprile 28th, 2012 at 7:05 am
Jiso, l’unica cosa democratica sono le prime due Nobili Verità. già a partire dalla terza, il discorso cambia.
su donne e sacerdozio… perché sarebbe un diritto e un privilegio quello di diventare “corree”?
Aprile 28th, 2012 at 11:56 am
già, doc 8 (ciao!) ho notato anch’io e non son per niente sicuro che porti bene… comunque non è autorizzato 🙂
a voler essere rigorosi, caro dhr 9, anche la seconda NV potrebbe essere già tendenziosa: la prima basta e avanza.
Il voto, in regime democratico, non è diritto e privilegio, è conditio sine qua non: prendendo per buona la similitudine, l’amministrazione eucaristica è conditio sine qua non della condivisione comunitaria cristiana, almeno nell’accezione teologica cattolica. O no?
Aprile 28th, 2012 at 3:21 pm
sì, ma basta lasciarla perdere, anziché procrastinarla e accrescere l’organico.
Aprile 28th, 2012 at 4:18 pm
Le vecchie abitudini son dure a morire…
Aprile 28th, 2012 at 5:15 pm
… il che viola il secondo principio della termodinamica nonché la prima NV
… o ragassi, o forse ci stiamo sbagliando? 😉
Maggio 9th, 2012 at 12:22 pm
L’intervento mi è piaciuto, tuttavia, avrei speso qualche parola sullo zazen.
Maggio 9th, 2012 at 10:14 pm
Ciao Nello (14) – mi sono posto la questione se parlare dello zazen oppure no e infine, tenuto conto del pubblico cui il discorso era rivolto, in maggioranza mediatori culturali professionisti, e del fatto, più personale, che parlare dello zazen senza possibile esito pratico contestuale mi riesce attualmente ostico, ho preferito sottacere. Una scelta certo discutibile ma intenzionale.
Maggio 13th, 2012 at 9:26 pm
@ jf 7: Non penso si possa negare che tra le radici della cultura europea quella cristiana rivesta un ruolo di enorme rilievo; direi almeno di pari importanza rispetto all’apporto greco-romano. Secondo me negarlo è ideologico.
La struttura della Chiesa Cattolica non è solo antidemocratica: è antievangelica, è vistosamente contraria all’insegnamento di Gesù. E’ certamente contradditorio pretendere libertà, equità e giustizia dall’esterno e non applicarlo al proprio interno. Il rilievo che fai jf, è una critica -più che giusta- della Chiesa, non del cristianesimo. Proprio questo secondo me è il punto: la Chiesa tradisce se stessa e Cristo quando anzichè essere d’aiuto all’uomo, anzichè tendere al suo pieno sviluppo, lo limita. E tutti, cristiani e non, capiscono e percepiscono immediatamente che ciò è una contraddizione.
Maggio 14th, 2012 at 7:38 am
>anzichè tendere al suo pieno sviluppo
commovente. e quale sarebbe lo “sviluppo” dell’uomo?
Maggio 14th, 2012 at 10:21 am
Temo che, secondo la teologia cristiana, parlare di sviluppo dell’uomo sia ai limiti dell’eresia. È a immagine e somiglianza di Dio, se si sviluppasse di più … guarderebbe il Creatore dall’alto.
In ambito buddista (if any) lo sviluppo dell’uomo ha ancor meno senso.
Tuttavia occorre riconoscere che gli uomini nascono, si sviluppano (in tutti i sensi) e muoiono. Che sia quello lo sviluppo dell’uomo? Anche la muffa segue lo stesso trend.
Maggio 14th, 2012 at 10:59 am
A mio parere c’è una certa confusione (vedi @aa16) fra cultura cristiana (che riveste “un ruolo di enorme rilievo tra le radici della cultura europea”), religione cristiana, spirito evangelico, chiesa cattolica… Parlare di cultura cristiana vuole dire che un’istanza religiosa, che il messaggio evangelico esprime in termini cristiani, ha preso forme culturali prodotto dell’humus in cui quel messaggio si impianta, e che a loro volta producono cultura. Se si rivendica, legittimamente, al cristianesimo questo ruolo in Europa, non si dovrebbe, ritengo, poi contestualmente separare il cristianesimo dalle istituzioni che ha prodotto: non viene mica dalla luna la chiesa cattolica, è fuor di ogni dubbio un prodotto cristiano! “Dai frutti li riconoscerete” è oltrettutto una massima evangelica. Per questo non conviene a nessuno rivendicare alla religione radici e frutti: si finisce intrappolati nell’infelice alternativa fra stucchevoli mea culpa e capziosi distinguo.
Maggio 14th, 2012 at 11:26 am
Il discorso dei frutti va esattamente ribaltato. Se i frutti della chiesa non sono conformi al Vangelo, la Chiesa deve essere riformata. Il criterio determinante per un cristiano non è la chiesa, è Cristo stesso: è pienamente legittimo, anzi doveroso in certe circostanze, prendere le distanze dalla chiesa in quanto istituzione e richiamarsi ai valori del Vangelo.
Gesù non ha separato la causa dell’uomo dalla causa di Dio, li ha anzi strettamente legati. La volontà di Dio, per il Vangelo, è il bene dell’uomo: perciò non c’è culto verso Dio senza servizio per l’uomo. Quindi insisto, richiamarsi ai valori dell’umanesimo rimanda necessariamente ad un confronto con il Vangelo.
Maggio 14th, 2012 at 12:07 pm
Meno male che la posizione ideologica era la mia! (aa16)
Chi stabilisce (aa20) se i frutti della Chiesa sono conformi al Vangelo visto che la Chiesa è lì per asseverare la conformità al Vangelo? E se lo stabilisce la coscienza di ciascuno, come vorrebbe certa neoteologia, le fondamenta della costruzione ecclesiale cristiana scricchiolano: san Paolo ha passato la vita a dire a tutti cosa e come bisognava credere. Penso ci guadagneremmo tutti smettendo di pontificare (Gesù ha fatto questo, non ha fatto quello… La volontà di Dio è così e cosà…) e di stabilire necessità inderogabili.
Maggio 14th, 2012 at 12:45 pm
Mi sembra a volte di avere a che fare con una banda di gente dell’Opus Dei. E’ una costante: prima ci si lamenta che insomma, il cristianesimo è diventato una roba da comitiva estiva, tutti a mangiare la pizza ecc., ma se appena appena uno dice la sua, da cristiano: zak! eccolo richiamato a rientrare nei ranghi, ad adeguarsi al Santo Padre e al Catechismo. Non sono io a confondere cultura cristiana, religione e cristiana e chiesa Cattolica.
La chiesa NON è il Vaticano, la Chiesa è l’assemblea di TUTTI i credenti, di tutte le confessioni cristiane. Per tutte le chiese della riforma, la sola autorità è la Scrittura, ed è instaurando un rapporto diretto e personale con essa che si entra nella fede. Paolo ha passato la vita ad insegnare a CHI bisognava credere, e non era certo lui stesso. Anzi tutto il suo sforzo teologico è volto a garantire la massima libertà nel professare il cristianesimo (ovviamente secondo i parametri del suo tempo).
Maggio 14th, 2012 at 12:48 pm
>La volontà di Dio, per il Vangelo, è il bene dell’uomo
no, la salvezza — che è “il bene dell’uomo” ma non in senso umanistico.
e concordo con MYM 18 e JF 21.
Maggio 14th, 2012 at 1:23 pm
Secondo me è ideologico negare che vi siano delle radici cristiane nella cultura europea (cosa che per altro non mi pare tu faccia jf), altrettanto ideologico è volerle assolutizzare, negando che esistano altre radici (religiose e non).
Maggio 14th, 2012 at 1:30 pm
@ 23: secondo me la salvezza è di più (non di meno) dell’emancipazione dell’uomo. La prima implica la seconda (è necessaria la libertà dell’uomo per la sua salvezza), ma la supera, va oltre. Soprattutto non è pensabile, cristianamente, che la salvezza vada in direzione diversa o addirittura opposta rispetto alla libertà dell’uomo. Non sono per niente d’accordo che lo sviluppo umano si situi al limite dell’eresia, affatto. Cosa significa eretico? Rispetto a che?
Maggio 14th, 2012 at 1:40 pm
@ 23: quello che introduci è la questione della quale volevo parlare (se interessa), richiamando al legame tra cristianesimo ed umanesimo (il che mi sembra rilevante parlando di identità europea), non di ecclesiologia.
Maggio 14th, 2012 at 3:55 pm
Il discorso sul “pieno sviluppo dell’uomo” tende all’eresia perché o l’uomo è già l’Uomo, come mi pare la teologia cristiana asserisca (o scopra) oppure è una muffa tra le altre e il suo possibile sviluppo è solo quantitativo (mangiate bevete e moltiplicatevi mi pare rappresenti bene la cosa). Comunque è tutto il discorso su cristianesimo/ chiesa/ radici/ volontà di Dio ecc. ecc. che non mi acchiappa. Mi ricorda le discussioni riguardo a se nella VERA ricetta del pesto alla genovese sia compreso o no l’aglio, il pecorino o i pinoli…
Maggio 14th, 2012 at 5:16 pm
>la salvezza è di più (non di meno) dell’emancipazione dell’uomo. La prima implica la seconda (è necessaria la libertà dell’uomo per la sua salvezza), ma la supera, va oltre
faccio un’obiezione irrefutabile: “parole”.
qui si parla di libertà come se fosse il pecorino nel pesto alla genovese.
Maggio 14th, 2012 at 5:18 pm
@mym 27
sfumando, la teologia cristiana direbbe che l’uomo, o meglio il cristiano è “già” figlio di Dio, ma “non ancora” come sarà quando sarà.
ma è il regno dei cieli, o paese mio che stai sulla collina?
in ogni caso, MI faccio la stessa obiezione: parole!
Maggio 14th, 2012 at 6:24 pm
Aaah evvero, il “non ancora”, era un po’ che non lo sentivo e me l’ero scordato. Con pardòn.
Il pecorino? “non ancora”.
Maggio 14th, 2012 at 8:44 pm
@ 28: no, non sono d’accordo. Gente come Romero ha concretamente dimostrato che non è così, rifiutando di dare della salvezza un’accezione puramente astratta, ultramondana. Quello è un esempio concreto di cristianesimo vissuto coerentemente come un servizio per l’uomo. In generale tutta la teologia della liberazione dell’America Latina (Camara, Gutierrez ecc.) porta il discorso evangelico su di un piano molto concreto.
Parlando di sviluppo umano intendevo sviluppo storico, ossia molto semplicemente giustizia sociale, cultura, cure mediche, pace tra gli uomini ecc. ecc.
Maggio 14th, 2012 at 10:03 pm
>rifiutando di dare della salvezza un’accezione puramente astratta, ultramondana
e chi ha detto questo? anche perché “oltre il mondo” non c’è niente.
se poi viceversa l’altro mondo capitasse esistere, sarebbe molto più “solido e reale” di questo, come molte religioni insegnano.
>Parlando di sviluppo umano intendevo (…) giustizia sociale, cultura, cure mediche, pace tra gli uomini ecc. ecc.
e dillo subito, che stavi scherzando!
Maggio 15th, 2012 at 1:11 pm
Ma sai a me quelle cose sembrano più importanti, anche su di un piano religioso, di una qualche astratta “elevazione” dell’uomo. Dal momento poi che il termine era in risposta al deficit di democrazia nella chiesa, il senso mi pareva chiaro.
La salvezza dell’uomo in senso biblico coinvolge tutta la vita umana ed è solo dandone un’interpretazione di tipo riduttivo che entra in conflitto con il bene dell’uomo in senso umanistico.
Maggio 15th, 2012 at 4:30 pm
Però, sommessamente: le discussioni tipo ricette del pesto, se ci vada o no l’aglio e quanto e quando ecc…, per farlo buono, non son forse le sole che valga la pena fare? Di che discutere, sennò?
Maggio 15th, 2012 at 4:44 pm
Verissimo. Ma profondamente sbagliato. Confucio direbbe (lo so perché abbiamo fatto il militare assieme) che son discussioni accettabili solo se poi il pesto lo si fa davvero, e buono. O quantomeno si tenta sempre di migliorarlo. Ora “La salvezza dell’uomo in senso biblico coinvolge tutta la vita umana ed è solo dandone un’interpretazione di tipo riduttivo che entra in conflitto con il bene dell’uomo in senso umanistico”, sempre secondo Confucio, è da considerarsi ridondante. Niente pesto.
Maggio 16th, 2012 at 2:49 pm
Non credo che, finchè si parla di valori (che sono secondo me i veri ingredienti della ricetta) le religioni entrino in conflitto. E’ quando ai valori si sostituisce l’apparato, la struttura, il “gruppo” di appartenenza che questo avviene. Di qui 20, 22 ecc.
Maggio 16th, 2012 at 4:22 pm
>Non credo che, finchè si parla di valori, le religioni entrino in conflitto
certo che no, se si decide in partenza quali siano i valori, e si stabilisce che “quanto c’è di valido” nelle religioni coincide guardacaso con quegli stessi valori.
>E’ quando ai valori si sostituisce l’apparato, la struttura
… dove l’espressione “si sostituisce” implica già una presa di posizione. Q.E.D.
Maggio 17th, 2012 at 9:17 am
Distinguere i valori di riferimento (per esempio i valori evangelici), dai gruppi che ad essi dovrebbero inspirarsi (per esempio la chiesa) è fondamentale. E’ dalla mancanza di distinzione tra i due piani che traggono origine l’integralismo e l’intolleranza oltre che la mancanza di capacità critica ed il conformismo.
Maggio 17th, 2012 at 10:26 am
@aa 38
tutte prese di posizione aprioristiche. rispettabilissime, ma impossibili da giustificare in sede storica; solo basate sul sentimento personale.
accusare di integralismo chi la pensa diversamente è un atteggiamento integralista per eccellenza.
Maggio 17th, 2012 at 11:13 am
Non ho accusato nessuno di integralismo, ma evidenziato come secondo me esso si genera(il che è diverso).
Maggio 20th, 2012 at 8:29 am
Cristianesimo: religione che, per evitare che il cielo ci fulmini, celebra la messa a terra.
Maggio 20th, 2012 at 11:24 am
Molto giusto. Il neutro a terra può salvar la vita, lo sanno tutti i popoli che da sempre badano prima di tutto a placare il loro dio. Vedi noi quanto ci diam da fare per il Suo Grande Emissario: lo Spread.
Maggio 20th, 2012 at 7:53 pm
i meglio sono i buddisti, che usano tutto quel ben di dio di energia per produrre illuminazione 😉
attaccando i fili illegalmente, chiaro.
Maggio 29th, 2012 at 5:07 pm
Il fragore del tuono sconnette
Le pietre. Il rumore è sentenza.
Oh cielo desolato da tanta
Distruzione. Oh cielo disperato.
Oh cielo reietto rigettato. (cit.)
Maggio 29th, 2012 at 5:10 pm
Breaking news!
Mi ricollego al commento 1.
Bravo Jiso!, e una parola sulla frase conclusiva.
L’alta marea della neikosofia è rifluita, e con essa il fenomeno dell’odium dei nella fase più acuta. Siamo agli albori di una epoca post cristiana.
La Chiesa è il Vaticano, e le dobbiamo gratitudine perché senza di essa a stento saremmo venuti a sapere di una piccola setta ebraica il cui maestro morì sulla croce. Tuttavia è vero che la Chiesa, pur richiamandosi sempre al nome di Cristo, ha abbandonato il Gesù dei Vangeli per immettersi nel potere temporale; e ciò perché solo con la presa del potere temporale è stato possibile cristianizzare l’Occidente. Oggi, però, il peso politico della chiesa – a parte in quella regione periferica che è l’Italia – è pressoché nullo e, di conseguenza, la sua missione originaria si è esaurita. La Chiesa non crea più, non muove la storia, amministra e conserva.
Più che per i vari Voltaire, Schopenhauer, Nietzsche,etc. la morte di Dio – non in senso storico o metafisico – è accaduta per mano della civiltà di massa. Dio, infatti, non può esistere senza la riflessione e il pensiero e la forma di agnosticismo che caratterizza i nostri giorni uccide Dio rubando il tempo all’uomo, fuorviandolo con dei problemi fasulli. Dio può considerarsi come una sorta di controllo morale ormai scaduto e vaste masse della popolazione possono vivere come se non fosse mai esistito. Di più. A parte le assurdità sulla resurrezione, sull’al-di-là o sulla trinità, anche il sublime “amore-per-il-prossimo” è in realtà impossibile. Perché amare un estraneo? Il mio amore è qualcosa che per me è importante, non posso gettarlo via così, senza pensarci. Se devo amare qualcuno, questo qualcuno in qualche modo se lo deve meritare. E se questo estraneo non sa attirarmi con nessun merito personale, con nessun significato acquisito nella mia vita emotiva, amarlo è profondamente ingiusto, giacché il mio amore è stimato dai miei cari come un segno di predilezione, farei loro torto se mettessi l’estraneo al pari con loro. Figurarsi, poi, se si possono amare i nemici….
al buddismo resta poco di che dialogare…Qui ci sono solo macerie! E, in termini di ‘marketing spirituale’, un immenso vuoto da riempire: ma il “vuoto” non esiste! (AH!)
Maggio 29th, 2012 at 5:13 pm
PS:’gnente, sono diventato un’educanda. Un paio di Lucky strike e un dito di rum… e boom! Ho perso il mio metabolismo da ggiovine. Oddio la vecchiaia che incalza!, oddio marcisce anche il pensiero!, oddio la inattuale prolissità!
Maggio 29th, 2012 at 5:29 pm
Fino a un certo punto mi dicevo “ma perché l’Indiano in un elenco di mali così breve ci ha messo la vecchiaia: chessaramai, quando è ora è ora” poi sono invecchiato e bang! Satanasso di un indiano…! Ciao HMSX. Purtroppo, a parte pochissime (meno ancora, guarda) frange sfilacciate il buddismo in occidente è già in macerie quanto i cugini di là dal Tevere. Il dialogo si potrebbe incentrare sui reciproci imperdonabili errori. Come ha detto Jiso recentemente alla vista (proprio de visu) di tanto sfascio: “Siamo dinosauri”. Ora che i cinesi conquisteranno il mondo, in men che non si dica il “problema Dio” evaporerà, come nebbia al sole. Da loro (e quindi un domani da noi) non c’è.
Maggio 29th, 2012 at 7:04 pm
Ma che mi dici mai, caro mym…Oh poveri noi!
Certo che quel satanasso di un indiano ne sapeva di cose…Sulla senilità un libro eccellente è “Trattato dell’età. Una lezione di metafisica” di M.S., Adelphi, 1999. Il tema non è sviluppato in modo consolatorio o elegiaco, ma con spregiudicata seduzione fino a demolire la moderna idolatria verso la giovinezza. L’autore, come al solito, mente come un calzolaio, però lo fa bene. Credo dipenda dal fatto di essere nativo di Lentini, la città di Gorgia, e, dunque, fortemente influenzato dalla sofistica.
Il “problema Dio” è, per me, ineludibile, in molti sensi. In primis, non ce la faccio proprio a vivere da borghese; lontano dai libri di teologia e filosofia sono quasi diventato estraneo a me stesso; in secundis, Dio è “eterno”, e dunque la sua morte non esiste. Cioè si può – e si deve – tradurre il “problema di Dio” in termini nuovi.
Preso atto che non è più sostenibile l’idea di un fondamento assoluto e trascendente che provenga dall’alto e dall’esterno, sto ‘lavorando’ all’ipotesi di un fondamento relativo e problematico che provenga dall’interno della specie, come forza di gravità interiore e stratificata, e che impedisca di cadere nel vuoto morale e nell’irrazionale ri-legittimando conoscenza e morale (la c.d. solidarietà biologica).
Problema: l’uomo è un animale sociale inviso alla società.
Svolgimento. Ma che ne so!
Maggio 29th, 2012 at 10:35 pm
>Il mio amore è qualcosa che per me è importante, non posso gettarlo via così, senza pensarci
Sarà poco cristiano – e tutto sommato, poco zen – ma è un punto su cui vale la pena riflettere. Il buonismo è sempre stato il mantello perfetto dell’ipocrisia. Cfr. rivelazioni fatte dal “corvo”. E a proposito…
quanto alla frase “Siamo dinosauri”… magari! ma non meritiamo tanto. Temo che Jiso sia fermo alle raffigurazioni paleontologiche della sua fanciullezza, svariati kalpa fa 🙂 In ogni caso, i dinosauri esistono ANCORA, solo che li chiamiamo Uccelli; sono dappertutto e bellissimi.
Maggio 30th, 2012 at 12:37 am
In effetti è poco cristiano – e tutto sommato, poco zen – ma è una rivendicazione di una istanza mondana insopprimibile e fatalmente destinata a prevalere.
L’ipocrisia che si preferisce negare, la parte di verità che sta dietro al “maestoso comandamento” del Vangelo, è che l’uomo non è un essere mite, bisognoso d’amore,etc., ma può annoverare nel suo corredo anche una potente aggressività e sfogarla sul prossimo, sfruttando le sue capacità di lavoro senza compensarlo, usarlo sessualmente contro il suo consenso, umiliarlo, torturarlo e ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha il coraggio di contestare questa affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?
Maggio 30th, 2012 at 12:46 am
Ci si sente smarriti in una direzione spirituale che è contraria alle proprie doti; si è combattuti eroicamente contro i flutti e i venti, e in fondo, contro se stessi: si è stanchi, si ansima; ciò che si è compiuto non ha dato nessuna vera gloria, si crede di averci rimesso troppo; anzi si dispera della propria fecondità e del proprio avvenire: ma guardiamoci indietro! Si ritiene la realtà brutta? Ma la conoscenza anche della realtà più brutta è bella nella grande totalità del reale la cui scoperta ha sempre portato felicità; e se spesso abbiamo sentito che la natura è troppo bella per noi, poveri mortali, avvolte, in tutte umiltà, ho l’impressione che anche l’uomo è troppo bello per l’uomo che contempla!
Maggio 30th, 2012 at 12:57 am
PS: in effetti ‘mentire come un calzolaio’ è una frase talmente anacronistica che mi darebbe titolo ad essere nominato, se non re, almeno baronetto degli inattuali.
I dinosauri esistono ancora e cantano ‘liberi come gli uccelli’. 🙂
Maggio 30th, 2012 at 12:04 pm
I comandamenti sono tali perché impossibili. Se già fossero nell’ordine delle cose non servirebbero. Devo perché non posso. I calzolai sono mentitori quanto i medici, gli idraulici o le badanti, ma meno dei preti. Trattare del “problema di Dio” implica la menzogna (chi ne sa qualche cosa?), cucire una tomaia no. Il problema di dio lo abbiamo succhiato con il latte della mamma, ma ci si può svezzare. Non è né indispensabile né “nato con me”. Molto affascinante.
Maggio 30th, 2012 at 6:00 pm
Svezzarsi, specie a una certa età, non è facile. Inoltre, come sa ogni disintossicomane, si tende a sostituire una droga con un’altra, non di rado più infida e sottile. Un mezzo (mezzuccio, forse, ma le tecniche disintossicanti spesso lo sono) può essere un ragionamento del tipo seguente. Dio non può essere un problema, se no che Dio è? A rigore, il “problema di Dio” non può averlo che Dio. Se ce l’ho io è un problema mio, non di Dio: lasciamo dunque a Dio quel che è di Dio. Il problema, dunque e semmai, non è come io vedo (concepisco, immagino, intuisco… in positivo o in negativo) Dio, ma come Dio vede me, come son io visto da Dio. Per quel che mi riguarda, il problema di Dio sono io. Ergo si torna qui. Domanda: come sono io visto da Dio? Risposta: e che ne so? non son mica Dio. Qualunque risposta è fallace, ma non necessariamente la domanda: basta non accontentarsi di nessuna risposta. E’ un trompe l’oeil pure questo, ma conviene pur impiegare il tempo senza imborghesire, come ben dice hmsx, e una “teologia umanistica” dovrebbe essere meno perniciosa di una “teologia teistica”: pur che si rispetti il gioco delle parti.
Ci sono, dhr, e affollano i cleri, dinosauri che non si son fatti uccelli: semplicemente non accorgono di essere estinti.
Maggio 30th, 2012 at 7:57 pm
Quando si tira in ballo la parola “dio” la questione si fa sempre perniciosa, anche se convengo con jf che dio non può essere un problema.
Secondo me la definizione migliore la data Giulio Cesare Vanini. Di poco posteriore a Bruno, e con lui affratellato nel martirio (disse al boia che lo portò al patibolo previo strappo della lingua: “ Andiamo a morire allegramente da filosofo”).
[Digressione. È incredibile come taluni problemi di pensiero siano stati genialmente risolti da autori del passato, ignorati o dimenticati, e riproposti stancamente da scribacchini, anche famosi, in dibattiti sterili e inutili. Vabbe’, che te lo dico a fare…]
“Dio è di se stesso principio e fine; manchevole di ciascuno dei due, non bisognoso né dell’uno né dell’altro, ed è padre insieme di entrambi. Esiste sempre, ma è senza tempo, perché per lui né scorre il passato né sopraggiunge il futuro. Regna ovunque ma è senza luogo, è immobile ma senza quiete, infaticabile senza muoversi. Tutto fuori di tutto; è in tutte le cose ma non vi è compreso; è fuori di esse ma non ne è escluso. Regge l’universo dall’interno, dall’esterno lo ha creato. Buono pur essendo privo di qualità, grande pur essendo privo di quantità. Totalità senza parti, immutabile, produce nelle altre cose mutamento. Il suo volere è potere e la volontà gli è necessaria. È semplice, e nulla è in Lui i potenza, ma tutto in atto, anzi Egli stesso è puro, primo, medio ed ultimo atto. Infine è tutto su tutto, fuori di tutto, in tutto, oltre tutto, prima di tutto e tutto dopo tutto”.
Su questa astrazione è incardinato il pensiero occidentale la cui funzione sarebbe quella di condurci al vero, al bello etc. Ora, se “muore dio” con che cosa lo sostituiamo? Essere, Principio, Ragione, Persona, Valore, Provvidenza? Sono tutte categorie elaborate dalla mente umana che hanno un carattere antropomorfico sottile e insidioso, e che, alla lunga, sfociano nell’irrazionalismo se private di un contenitore, giustappunto Dio – quell’astrazione che fa saltare tutti i parametri umani – che si può concepire come ciò che contiene l’universo (o gli universi).
Il problema, come si vede dall’andazzo generale della società, è nostro ché avremmo tanto bisogno di una guida e di una direzione ‘razionale’.
PS: non mi faccio illusioni, i cinesi ci spazzeranno via, ma io le armi non le depongo e morirò allegramente da teologo (eretico).
Maggio 30th, 2012 at 8:24 pm
Una direzione da seguire, ovviamente, e “..nulla è in Lui IN potenza, ma tutto in atto, etc.”
Maggio 31st, 2012 at 7:06 pm
Si batte la fiacca, eh?
Orsù, vecchi cuori, tornate a ruggire! Finalmente, finalmente il vento soffia nella nostra vela e ci sospinge nelle nostre acque. Che felicità! Ora che sappiamo cosa siamo e cosa vogliamo procediamo nel nostro cammino certi che la giustizia sopraggiungerà.
Ammirate il firmamento, siamo sospesi nel vuoto; e, in effetti, la vita non ha nessuna base o confine esterno, ha appoggi se non dall’interno. Quale potenza, forza, delicatezza, complessità!
Il mondo in cui viviamo è ormai sdivinizzato, immorale, “inumano”– fin troppo a lungo ce lo siamo spiegato in maniera falsa e menzoniera, secondo i desideri e i voleri della nostra venerazione, ossia secondo un bisogno. Giacché l’uomo è un animale venerante! Ma è anche un animale diffidente, e che il mondo non abbia il valore che credevamo è all’incirca la cosa più sicura che abbiamo imparato; nondimeno ci guardiamo dal dire che esso ha meno valore.
Non tutte le risposte sono fallaci, anzi. La cesura tra “teologia umanistica” e “teologia teistica” non è sostenibile, sta per un’opposizione nella continuità dell’unica realtà. Solo che questa ci appare in parte accessibile e in parte inaccessibile. La cesura è, invero, una diversità complessa dove ancora non è possibile una soluzione precisa.
Maggio 31st, 2012 at 7:10 pm
PS: però, il fatto che non si possono correggere gli errori di ortografia, specie se pacchiani, fa abbastanza girare i pianeti. Sì, lo so, colpa mia.
Giugno 2nd, 2012 at 8:05 am
Intervengo solo per una comunicazione di servizio. Non ho intenzione di occupare inopinatamente lo spazio, etc.
[tono profetico]
Mi si è fatta luce dentro. Cerco compagni vivi che mi seguano perché vogliono seguire se stessi, e non un gregge da pascolare! Mi aggiro tra gli uomini come un sonnambulo, ovunque scorgo i segni di un gravido futuro che solo io riesco a leggere. Oh, compagni, oppresso dalla necessità, vi imploro! Ecco che arriva, annuncio, l’avvento… della festosa macchinazione comprensiva di tutto il pacchetto. Venghino, siori e siore, si propongono nuovamente nani, ballerine, estasi dionisiache, zarathustrismi misticheggianti e compagnia cantando.
Dice, ma non eri ‘out of game’? E che ne so. Di certo ‘I’m not so vain to think that this song was about me’.
Pasolini diceva “Transuma(na)r e organizzar”, ma lo hanno accoppato, e di poeti al potere non se ne sono visti, e mai se ne vedranno. Allora dico “Naturalizzar e storicizzar”, prestando attenzione a non considerare la natura solo in senso materiale o vitalistico e commettere l’errore di tradurre sistematicamente ciò che è spirituale in ciò che è fisico o fisiologico. Siamo figli di due mondi, quello ideale e quello reale, irrimediabilmente separati, che in Dio – non in noi – non possono che essere uno solo.
Storicizzando la teologia si arriva alla “negazione della teologia dal punto di vista della teologia” (Feuerbach). Si formalizza, cioè, la dissoluzione del cristianesimo come corpo politico, oltre che come religione, ma se ne rivitalizza la profonda istanza antimondana che lo ha ispirato. Si salvano, in valore, i principi etici, ma la sua dottrina, come mitologia per il popolo, viene sconfessata.
PS: cosa rimane del mio impero se non le parole di cui era fatto?
Giugno 2nd, 2012 at 8:34 am
È così…. bello leggerti che si starebbe lì, sognanti, a lungo…. 😕 🙂
Giugno 2nd, 2012 at 3:47 pm
È così…mi sento talmente leggero da rivalutare i miei obbrobri lessicali. Ho scoperto che questa tara è in realtà un talento che mi affratella nientemeno che a Cartesio-padre-del-pensiero-moderno. Il libricino “Cartesio e la cannabis”, Frédéric Pagès, il melangolo, 2012, pagg.57 restituisce un ritratto inedito del filosofo: un vero asino. Tra le altre cose, si evidenzia come la distinzione tra res cogitans e res extensa non fosse poi così netta come invece si tramanda.
“Dormo dieci ore per notte senza che nessuno mi disturbi; durante il sonno vago con la mente per boschi, giardini e palazzi meravigliosi, dove posso provare piaceri da favola; e al risveglio confondo i sogni della notte con quelli del giorno”
(Pagine senza metodo, Amsterdam, 17 aprile 1631)
“”Si può facilmente dimostrare che il piacere dell’anima, in cui consiste la felicità, non è disgiunto da quello del corpo (…)”
(Pagine senza metodo, Egmond, 6 ottobre 1645)
PS: sull’ebbrezza dell’ ispirazione non artificiale non ho mai letto nulla, ed è il caso che cominci a lavorarci su.
Giugno 2nd, 2012 at 3:50 pm
Cosa serve all’uomo la certezza di Descartes? Il “cogito ergo sum” è una via sicura per la filosofia. Ma che significa “sum”? Non significa “vivo”? E allora, se per la filosofia il dubbio è finito, per l’uomo non comincia ora?
Giugno 2nd, 2012 at 5:43 pm
Direi che Cartesio era molto zen. Diceva che io ci sono se penso. Mica scemo. Altri si son rotti le ali a cercar di dire, invece, chi sono se non penso.
Giugno 2nd, 2012 at 6:56 pm
ma se ghe penso…
Giugno 2nd, 2012 at 7:05 pm
SOUNDS GOOD!
Ooo o e ee aaa eee aaaa
Ooo o e ee aaa eee
What’ll I do without you around,
my words wont pun, my pennies won’t pound,
What’ll I say without you to talk to,
no one to serve or volley the ball to,
Oh I don’t know what to do with myself
now that I’m here like a… ‘girl gone wild’!
[c’mon!]
Would you like to try?
Maybe you’ll do fine
Don’t play the stupid game
Cause I’m a different kind of girl
Every record sounds the same
You’ve got to step into my world
Ooo o e ee aaa eee aaaa
Ooo o e ee aaa eee(*)
(‘manifestation oriented style’)
Giugno 2nd, 2012 at 7:40 pm
Ciao Isabel, non ti avevo notata. Come il Colosseo, capace che ci passi a fianco e…
Giugno 3rd, 2012 at 1:07 pm
E…’gnente. L’arte è l’espressione estetica della propria interiorità al di là del concetto di bellezza. La visione scaturisce dal contenuto che si ha dentro e si vuole trasferire in immagine, è un genere letterario.
Das inneres auge, un mucchio di cose: accadimenti, fatti, discorsi, rimuginii di teste dementi, come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando o uno sciame di api divoratrici accanite di petali odoranti precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina. Notizie freschissime dagli ultimi duemila anni.
Giugno 3rd, 2012 at 3:28 pm
Grazie Isabel, ora è tutto più chiaro
Giugno 4th, 2012 at 10:26 am
Non avevo dubbi, ma voglio essere sfacciato.
Sono 10, scrivo dieci, anni che mi si spendo come sceneggiatore, regista, attore affinché mi venga riconosciuta la paternità di questa fantasiosa macchinazione di portata mondiale e avviata per generosità ai tempi in cui l’internet quasi non esisteva (non so se mi spiego). Allora era troppo ingenuo per capire. Con lo slancio della gioventù sono andato incontro alle cose più nefaste. Ho ammonito circa le conseguenze che la suddetta infernale macchinazione avrebbe comportato per essere alla fine bollato come un imbecille e un pazzo, [parole che Leibniz usò per Vanini (*)], da parrucconi-vissuti-nell-agio-col-culo-incollato-alla-poltrona totalmente ignari di quanta vita ad alto tasso di disperazione occorra per manomettere, con lacune che mi porto dietro, le complicatissime operazione di ingegneria concettuale messe in atto. Ciò nonostante ho avuto la forza e il coraggio di amarla, la vita, e di farne il mio solo maestro.
Ora, siccome ho sempre saputo come sarebbe andata a finire – il copione l’ho scritto io –, in letizia mi godo lo spettacolo. Ah, perversa felicità nell’assistere alle altrui sventura! Mi piacerebbe parlarne più diffusamente, anche se c’è poco da aggiungere, salvo che “Temo la fama più di quanto non la desideri; sono convinto, infatti, che chi la raggiunge perde libertà e comodità, cose che possiedo completamente e a cui tengo a tal punto che non vi è un monarca tanto ricco da potermele comprare” (Cartesio).
Vadano al diavolo tutti gli spin doctor del mondo!
(*) “Vanini, un filosofo più facile da bruciare che da confutare” (Schopenhauer)
Giugno 4th, 2012 at 10:28 am
> Dunque la cura del mondo è cura di me stesso.
Credo che il mondo sia immedicabile, e anch’io non mi sento tanto bene. Ma chi lo dice che uno debba per forza essere “sano”; spesso il nostro destino è fatalmente malsano, e molto di malsano è comunque impastato in ogni vita sana. Che fare? Tutto muta e trascorre. Bisogna operare contro corrente, come se nulla fosse.
Sono un visionario? Può darsi, ma non c’entra con il prevedere il futuro, non vi ha niente a che fare. Riguarda lo scoprire la verità, la tua verità. Tutti i visionari sono dei mistici. Allora qual è la definizione di un mistico? Ovverosia: la mistica che cos’è? È entrare all’interno di sé, è discendere nei propri inferni! Porca miseria! E questa è la cosa più dura del mondo: discendere nei propri inferni, perché in seguito, bisogna risorgere. E questo è un problema!
Giugno 4th, 2012 at 11:17 am
Meglio intendersi subito: in primis è proprio perché non siamo e non saremo sani che la cura ha senso. In secundis è nella cura in sé la sanità. La salute non è il risultato del sanare.
La mistica è contigua alla fuffa. Avrei voluto che GI, (per noi: JJ) lo dicesse più esplicitamente ma … teniamo famiglia.
Giugno 4th, 2012 at 6:10 pm
Sulla superficialità delle spiegazioni mistiche ne parlammo tempo fa su questo blog ma…repetita iuvant (ommammia gli anni che sono passati)
Sulla cura di noi stessi è perfettamente ‘razionale’ l’equazione con la salute tout court, peccato sia falsa. L’ “anima” segue percorsi del tutto irrazionali rispetto ai parametri clinici della scienza medica; di essa [dell’anima] può darsi solo una interpretazione provvisoria che tenti di armonizzarla col ambiente circostante salvo aggiungere che il migliore dei mondi possibili non necessariamente è un mondo buono e ottimo. (ho inteso, ho inteso, acciderbolina se ho inteso)
Giugno 4th, 2012 at 7:03 pm
Sì, per metà (o in tutto?) hai inteso: il migliore dei mondi possibili non necessariamente è un mondo buono e ottimo.
La salute non è né nel com’è il mondo né in come ci si armonizza l’anima (qualsiasi “cosa” s’intenda con “anima”).
Giugno 4th, 2012 at 8:23 pm
Ho usato la parola anima nell’accezione di psiche per significare quanto l’ambiente, avvolte, possa contribuire nel condurla alla disperazione. Il tuo discorso non fa una piega. Chiudo.
Giugno 11th, 2012 at 11:40 am
Carissimo, l’ego non può risolvere l’ego.
Per quanto alfabetizzato e letterato, non può risolverlo.
Questo lo dico per equilibrare un pò il dibattito che potrebbe prendere una direzione inutile al di là delle citazioni più o meno dotte, a mio avviso.
“Una pratica non fondata su parole o scritti.
Una pratica che non si inchina all’autorità dei testi.
Una pratica che mira direttamente al cuore dell’uomo.”
E di qui si può uscire solo in un modo.
Giugno 11th, 2012 at 11:45 am
Ciao Nello, bentornato. Grazie per lo spunto che riporta vita in una serie quasi estinta, oramai.
Però, visto che nelle tue parole qualcosa si vede, mi dedico allo sport preferito: “qui” dove? E poi, perché uscire?
Giugno 11th, 2012 at 11:47 am
Com’era grande quell'”analfabeta” di Hui neng…
e simpaticissimo quel “mattacchione” di Chao-chu che si mise i sandali in testa…
e quell’altro che alzava il pollice…
non “dormono sulla collina” ma come dice il grande Severino sono e saranno qui con noi in eterno
Giugno 11th, 2012 at 11:53 am
Palla al centro e pedalare…
Giugno 11th, 2012 at 11:58 am
Caro mym, come ben sai, non si può uscire nè dalla porta nè dalla finestra…ma nell’unico modo possibile…come insegna la famosa storiella, e il “qui” cui TU fai riferimento, in quel registro linguistico riferito a corrispondente registro linguistico, potrebbe lasciare intravedere qualcosa…tuttavia, l’unico qui praticabile è completamente imprendibile e immisurabile.
Oppure, l’ordinario che riconosce l’ordinario non fugge (esce) dall’ordinario.
Giugno 11th, 2012 at 12:02 pm
Esco dalla porta, entro dalla finestra e pure in molti modi. L’ordinario che riconosce l’ordinario è straordinario, per questo non fugge e vive l’ordinario.
Luglio 1st, 2012 at 3:44 pm
Questo semplice libro è semplice, puro e rivelatore. Leggilo una/cento volte
franco h
Luglio 2nd, 2012 at 10:24 am
Buongiorno Franco, benvenuto. Quel libretto non è male, grazie a Dogen, Uchiyama, Jiso e Luciano.
Però, perché leggerlo tante volte?
Luglio 9th, 2012 at 6:54 pm
Ciao Franco, anch’io ritengo che sia un libro da rileggere ogni tanto..
ti ha colpito qualcosa di particolare?
Luglio 9th, 2012 at 6:59 pm
Ciao Marta, sempre accogliente…
In effetti quel libro … è l’inizio e la fine di tutto.
Luglio 23rd, 2012 at 12:31 am
[…] Su queste pagine, come sempre liberamente scaricabile anche in PDF con licenza Creative Commons […]
Luglio 23rd, 2012 at 12:32 am
[…] il nuovo anno è uscito anche il nuovo numero di Buddazot, il fumetto buddista di Paolo […]
Luglio 28th, 2012 at 7:59 am
siamo nel mezzo del cammin… c’è gente che, nella stessa occasione, si è ritrovata all’inferno…
😛
Luglio 29th, 2012 at 11:32 am
Ma che gente frequenti…!
😛
Luglio 29th, 2012 at 4:07 pm
Lei m’insegna che tra l’inferno e il paradiso non c’è la più piccola differenza, ecc.
Luglio 29th, 2012 at 4:09 pm
Mannaggia: il piede (lo zoccolo sulfureo?) in due scarpe…
Luglio 29th, 2012 at 5:21 pm
… e l’altro piede a martoriarsi sull’asfalto…
Luglio 29th, 2012 at 5:25 pm
Questa non la capisce neppure Px, non so se mi spiego…
Luglio 29th, 2012 at 6:52 pm
se UN piede si prende entrambe le scarpe…
Luglio 29th, 2012 at 7:48 pm
… è un piede abbuffino
Luglio 29th, 2012 at 8:59 pm
e in più, con uno spaventoso spread
Luglio 30th, 2012 at 3:29 pm
“Il tempo che impiega una castagna a cadere”… da dove a dove?
Luglio 30th, 2012 at 6:01 pm
Sì, vabbe’, dai. Poi vorrai sapere quale castagna, a che ora, da quale albero. Di questo passo pure una castagna si romperebbe i cosiddetti.
Eppoi, a dirla tutta, non ho mai sentito di qualcuno che non sapesse da dove cadono le castagne.
Lo si dice spesso: là, dove cadono le castagne…
Luglio 31st, 2012 at 10:44 am
Sai com’è, c’è anche l’abisso del Nulla, il burrone senza fondo di Li’l Abner… se una castagna cadesse lì… e conoscendo l’ambiente, non lo escluderei a priori 🙂
Luglio 31st, 2012 at 10:55 am
Aaaah ma è una “chiamata de core” per il Px, una voce dal sanmmai ‘unsisammai …
Ma il Px, tutto nerbo e lavoro, tace.
So com’è, ma il rischio che vada a finire come le altre volte non c’è: lo sventurato per tornare indietro dovrebbe remare controcorrente in un fiume che, nel frattempo, non c’è più. Potrebbe provare a rimaner lì ma dall’abisso del Nulla lo si scova in un attimo: il tempo che ci vuole ad abbattere un asino a colpi di fichi maturi.
Luglio 31st, 2012 at 4:59 pm
Ah, beh… ora son più tranquillo. Oltretutto adoro i fichi maturi… Mirate bene, nel caso:-)
Agosto 1st, 2012 at 1:43 pm
[…] http://www.lastelladelmattino.org/in-espanol/sex Ikebana: paisaje acuatico […]
Agosto 27th, 2012 at 3:44 pm
Gassho Yushin Marassi,
sono Roberto Hozan Concu, monaco ordinato dal Maestro Tetsugen Serra abate del monastero Il cerchio di Milano.
Vivo e lavoro a Cagliari. Qui e a Sassari pratico insieme a un gruppo di persone. Sarei interessato a organizzare un incontro con Lei nell’ottica dello scambio delle nostre esperienze. Pratichiamo a Cagliari ogni martedì sera. Potremo organizzare anche un incontro di pratica di una giornata. Naturalmente la data dipende dai suoi impegni. Ecco i miei contatti:
roberto.concu@gmail.com
Cellulare: 3701220669
e il sito della nostra associazione wwww.doan.it
Grazie, Hozan
Agosto 28th, 2012 at 12:21 pm
Caro Roberto Hozan, buongiorno
Non ho ben capito il motivo del suo invito.
La Sardegna è al di là del “continente” e al di là del mare, per me che vivo sull’Adriatico: un viaggio impegnativo per uno scambio di esperienze.
Lei è un monaco ordinato da un Maestro, che pratica assieme a un gruppo di persone, ha già in grande abbondanza quello che le potrebbe servire, per cui non ho timore che, negandomi, le possa mancare qualche cosa.
Un saluto a lei, alla Sardegna e agli olivastri del Campidano
Yushin
Agosto 30th, 2012 at 1:50 am
Dunque quali sono le novità? Salve a tutti e ben trovati.
Agosto 30th, 2012 at 8:43 am
Ciao AHR, ben tornato.
Come va la famiggglia? 🙂
Qui, di nuovo, c’è che il web master se n’è andato, si è portato via le chiavi del server (e pure la segretaria, quella buona per dir così) siamo letteralmente con l’acqua alla gola.
Tutto come sempre, insomma.
Agosto 30th, 2012 at 1:09 pm
La famiglia va bene grazie. Almeno così pare. Non so in quale modo, ma se serve, posso dare una mano ad abbassare il livello dell’acqua?
Agosto 30th, 2012 at 3:16 pm
Lo avevi fatto così bene sino a ieri… 😛
Agosto 30th, 2012 at 3:18 pm
Comunque: grazie davvero, sei un bravo ragazzo.
Non far caso ai vecchi screanzati
Agosto 31st, 2012 at 1:02 pm
Non preoccuparti, non sarò mai capace di vederci l’essenziale verità (!), immaginerò fanciullescamente che dietro a quel misterioso linguaggio intenzionale si nasconda un insegnamento tutto per me. Insomma una pacca sulla spalla. Un segno (che come non segno…). Vabbe’ torno a scrutarvi segretamente. In bocca al lupo col web.
Settembre 1st, 2012 at 10:41 am
[…] In circa 2500 anni di storia è la prima volta che il buddismo, e quindi le sue pratiche che prevedono l’uso del corpo, si sono diffuse in una cultura che da generazioni ha “perso” la posizione seduta a livello pavimento. Incrociare le gambe, anche per tempi brevi, per moltissimi Occidentali è un’operazione dolorosa, al punto che pare impossibile raggiungere una capacità sufficiente a poter praticare dignitosamente, con una postura adeguata. Non ostante ciò, sino a tempi recenti pochissimi erano gli studi, le analisi che affrontavano questo problema. Quello qui presentato è un testo breve composto da specialisti, persone competenti sia nel sedersi a lungo, per anni, nello zazen, sia nei possibili rimedi adatti a modificare la forma del corpo al fine di recuperare l’elasticità perduta con l’abitudine alle sedie. Lo proponiamo anche come stimolo affinché il problema venga affrontato da altre angolature, con diverse competenze, proprio perché è ben lungi dall’essere risolto. (da :Mauricio Yushin Marassi – La Stella del Mattino) […]
Settembre 2nd, 2012 at 11:27 am
Non ti meritiamo…
In tutti i sensi 😛
Settembre 12th, 2012 at 7:20 am
Già il riassuntino è estremamente gustoso. Per intanto mi sono scaricato le immagini, che sono un bijoux. E segnalerò presto la tesi anche dal mio blog. Ciao!
Settembre 12th, 2012 at 9:24 am
Txs pard, your blog rocks! 😎
Settembre 12th, 2012 at 9:28 am
ma sentilo, con gli slang giovanili pure lui! yw, dude.
cmq il post sulla tesi è programmato per domani (13 sett.) a mezzogiorno, causa traffico preesistente.
cià!
Settembre 12th, 2012 at 9:31 am
Bella. Saremo tutti lì…
Settembre 12th, 2012 at 9:58 am
ho un po’ – ehm – rielaborato il tema 🙂
Settembre 12th, 2012 at 9:22 pm
Scusa mym se mi sono dimenticato di esprimerti il mio parere sulla tesi, che ho letto questa estate.
L’ho trovata letteralmente stra-ordinaria, considerata anche la relativamente ‘giovane’ esperienza di buddismo della relatrice.
C’è davvero gente in gamba in giro: acuta, lucida, an-emotiva, non ideologica, non-appartenente ecc ecc.
Leggere quella tesi è stato anche un po’ ripercorrere, in qualche modo, gli ultimi 30-40 anni del mio vissuto.
C’è molto da imparare, da quella lettura, e spero che abbia grande diffusione.
Tuttavia, poichè parla solo a chi vuole ascoltare, presumo che verrà considerata per lo più un semplice saggio tecnico, una curiosità, di quelle che ‘a me, alla mia scuola….non ci riguarda… ‘
Settembre 13th, 2012 at 8:23 am
Grazie Doc, ho avuto le stesse impressioni nel seguirla: la freschezza del neofita unita alla rigorosità del ricercatore.
Settembre 13th, 2012 at 10:13 am
non riesco a scaricare e ad aprire i pdf: come mai? Cosa devo fare?
Settembre 13th, 2012 at 11:16 am
Buongiorno.
Temo sia un problema del suo browser: col mio si scaricano normalmente. Ha già scaricato questo?
Settembre 13th, 2012 at 3:15 pm
adesso c’è! (o ce fa)
Settembre 13th, 2012 at 3:49 pm
Grazie dhr.
Forse era meglio prima… 😛
Vai oltre lo stupore: non si sa di che cosa stupirsi…
Settembre 13th, 2012 at 6:01 pm
dài, non dirmi che non è cocchino il “dinosauro alternativo” (un ipotetico Ipsilofodontide, per chi ama il genere) adattato alla vita di alta montagna, con pelame e cranio “tibetani” 😀 omaggio all’immortale capolavoro di Dougal Dixon “The New Dinosaurs”, ma lui non aveva colto le possibilità buddiste dell’operazione.
Settembre 13th, 2012 at 6:04 pm
Eggià, le possibilità buddiste! Come ho fatto a non averci pensato? 😕
Settembre 14th, 2012 at 12:59 pm
Effetivamente con Seamonkey su Mac anch’io ho avuto problemi, ma poi ho provato con Chrome e con Safari e tutto è filato liscio. Su Windows proverei a usare Chrome oppure Firefox che funzionano in genere meglio di Explorer.
Settembre 14th, 2012 at 1:48 pm
Grazie Maestro…
Settembre 21st, 2012 at 9:57 pm
Complimenti, uno studio (per me) nuovo, ricco di spunti che invitano a riflettere sul senso della pratica per un occidentale che decide di seguire la via buddhista.
Grazie all’autrice (e al relatore) per averla realizzata e condivisa:-)
Settembre 23rd, 2012 at 11:21 am
Grazie Dario. Il merito non è mio, mi son limitato a romp…. pardòn: a seguire attentamente la cosa per 11 mesi… 😉
Settembre 25th, 2012 at 8:24 am
La sto leggendo in questi giorni. Mi sembra un gran bel lavoro, curato e approfondito nell’esperienza diretta. Grazie all’autrice per averla messa a disposizione di tutti!
Settembre 29th, 2012 at 11:10 am
Grazie a voi per averla letta! E per l’entusiasmo con cui ne parlate 🙂 grazie a dhr per aver segnalato la tesi sul suo blog; grazie a doc… anche le sue parole sono stra-ordinarie…! Grazie per avermi regalato aggettivi così belli 🙂 Riguardo la diffusione della tesi la vedo dura… sarebbe già tanto conservare qualcosa in un paio di articoli! Grazie a dario e massimo e naturalmente grazie al prof… che non si è limitato a seguire la cosa come dice (e meno che mai a rompere…!) ma è stato una guida indispensabile.. formativa, stimolante e soprattutto mooolto paziente 🙂
Settembre 30th, 2012 at 12:05 pm
Un tema grande è il rapporto tra il lettore e l’autore. «Di chi è il lettore?», «a chi appartiene?». «Il lettore non appartiene a nessuno», si disse. Libero come l’aria, il suo sguardo da lettore si posa dove gli ordina il fato. Egli è stato messo in guardia contro la vanitas terrestris del nome proprio. Dare il proprio nome a ciò che si è scritto gli sembra un arbitrio.
Chi è che scrive un libro: l’individuo o l’intera specie? Si sa, forse? Anche se chiamiamo l’autore per nome, comunque il lettore, l’altra metà della faccenda, resta sempre anonimo (…) sulla vociante affermazione dell’uno in realtà trionfa il silenzio dell’altro. Colui del quale non si sa niente.è lui che sovrasta il libro, si incunea nelle sue fenditure, lo trapassa come uno stiletto.
Oh, quanto è misera l’esistenza dell’autore rispetto all’ineffabile essenza del lettore!
Settembre 30th, 2012 at 12:21 pm
[Dalla Luce di una stella morta] scrivere è un colpo di stato!
quando il cielo appare si oscura
Ripenso a come ripianare i bilanci di un qualsivoglia gruppo editoriale: l’ebook dell’epistolario Lavitola. Titolo: 50 sfumature di Panama. (oh, d’avvero! :-))
PS: ci sono alcune equivalenze tra pensare e agire. Guai comunque a trarre un problema dal pensare. pensare è di per sé una soluzione.
Settembre 30th, 2012 at 6:37 pm
Sentito? Moooolto paziente… 😎
Ottobre 1st, 2012 at 11:23 am
Seguire la via del Buddha è la mia abnegazione. Se dovessi scodellare in pubblico in che cosa consiste questa abnegazione, sarebbe come farne a meno, perché tutto si ridurrebbe ad una commedia. Non mi sono forse assunto il compito di una dialettica dell’eccesso? Allora la mia abnegazione consiste nel nasconderla.
Quando si raggiunge la dialettica dell’eccesso, l’abnegazione diventa la più interiore e il rapporto a Dio è l’unica cosa a cui attenersi – un’altra forma di abnegazione è ciò che assicura qualche rifugio presso uomini e testimoni, qualora Dio ci abbandonasse…
È forse questo un credere, un amor Dio?
ps: Buddha, un po’, se la ride.
Ottobre 1st, 2012 at 11:26 am
Ciao hmsx, ben tornato, sempre in forma mi pare. Immaginarti con un’abnegazione… ecco questo sì, un po’ lo fa ridere 😛
Ottobre 1st, 2012 at 4:55 pm
Wathc – out – Its a new day
Now we see the horizon : Its clear to me now
Take the average mind and expand it
– do you like the way…?
Ottobre 1st, 2012 at 5:02 pm
è adorabile la nostra eroina dell’inadeguatezza espressiva. Brava bambina.
Io esisto nella maniera più facile di questo mondo. Non vi vedo nulla d’eccezionale. “Io esisto”: tutti se ne accorgono di se stessi così come me ne accorgo io. Non c’è nulla di particolare nel fatto che esisto, salvo che esito.
ps: anch’io sono mooolto paziente, però la castagna cadere non l’ho sentita. giusto due ghiandole.
Ottobre 1st, 2012 at 5:10 pm
In effetti la castagna non è ancora caduta altrimenti… non saremmo qui ma dove ci porterà quel mattacchione del webmaster.
Chesuccede, uggiose giornate casalinghe?
Ottobre 1st, 2012 at 6:07 pm
Santa madre dei dialoghisti sordi!
, te lo vedi Nietzsche che fa dire al suo personaggio: ” devo controllare il blog de ‘la stella del mattino’?”
mmm…io sì.
> uggiose giornate casalinghe? Un po’. Cinque settimane senza linea fissa e adsl. Complimentoni a Fastweb. Immagina, puoi.
Dopo molte insistenze, tra due giorni, mi notificano una comunicazione. Per essere un cliente fastweb da oltre un decennio non mi lamento.
Per quel dì il mattacchione del webmaster ci condurrà alla Grande Acqua. Forse.
Ottobre 1st, 2012 at 6:13 pm
Al di là della Grande Acqua, al di là.
Machettelodicoaffà…
Ottobre 2nd, 2012 at 2:50 pm
Care mine vaganti, attenzione a non esplodere di gioia per il ritorno di HMSX… In effetti l’oltrepassamento della Grande Acqua potrebbe avere conseguenze tragiche; c’è bisogno di dirlo?
Arndt scrive: «Quando preghiamo, dobbiamo dimenticare tutto il resto; quando invece dobbiamo occuparci delle cose esteriori, non dobbiamo attaccarci ad esse con tutto il cuore ma tenerci astratti».
baci
m
Ottobre 2nd, 2012 at 4:49 pm
Buongiorno Mara. Mi ricordi qualcuno…
Sarà per il vago sentore di OOT.
Tenersi astratti, ragazzi, tenersi astratti!
Ottobre 2nd, 2012 at 5:59 pm
Un approccio diverso alle questioni dello spirito mi ha convinto dell’esistenza di energie invisibili agli occhi. Tuttavia mi sento circondato da visibilissimi esseri di luce, come angeli custodi.I vecchi. Il nuovo Stato Sociale. Il vecchio custode è un vecchio sempre più lucido e longevo. Un pioniere. Finché erano pochi, i vecchi avevano tempo e modo di dedicarsi alla rivisitazione nostalgica del passato. Ma da quando sono un esercito, e un esercito in salute, tocca loro il compito che sarebbe della giovinezza: fare progetti, annaffiare sogni, coniugare verbi al futuro. Questo è il punto. Tutto questo talento, questa grinta.Coerentemente messi in pratica. Utilizzati con spietata efficacia affinché la morte ci colga vivi.
Ottobre 2nd, 2012 at 6:03 pm
« Śūnyatā karuṇā garbham »
Sullo svuotamento della mente. L’eccitazione che si accompagna al pericolo come sollievo.
Ottobre 2nd, 2012 at 8:06 pm
Come noto in questo blog si fa poco caso se un commento è on topic oppure no. Però non è neppure la rubrica dei cuori solitari. Per cui: on topic. Oppure: forbici.
Ottobre 2nd, 2012 at 8:49 pm
topic
Torino Spiritualità, cerca il significato.
La sapienza del sorriso.
15. FRANCO BOLELLI Verità senza risate.
18. MAURICIO YUSHIN MARASSI Il sorriso e il silenzio.
io sforbicerei il golpe militare. Allora, chi mi aggiorna?
Ottobre 3rd, 2012 at 11:57 am
ah! “io non c’era!”, “io non c’era!” fin d’ora … però cercherò di far conoscere…
Ottobre 3rd, 2012 at 11:59 am
‘Ncèsei mai….
Vabbe’, tre pateravegloria e la chiudiamo lì 🙂
Ciao Max.
Ottobre 3rd, 2012 at 12:17 pm
[…] http://www.lastelladelmattino.org/7573 ottobre 3rd, 2012 | Category: Avvenimenti, Conferenza, Giuseppe Jiso Forzani, Libri, Mauricio Yushin Marassi […]
Ottobre 3rd, 2012 at 12:27 pm
Grazie al Bukkaidojo per la collaborazione.
Ottobre 3rd, 2012 at 1:02 pm
io sarò non-presente, non-presente, per questo si dirà che ero presente!
(firmato) humei
Ottobre 3rd, 2012 at 1:28 pm
Naaaaa! Ma se abiti lì affianco. Questa me la segno. Oooooh!
Ottobre 3rd, 2012 at 6:23 pm
Ciao e grazie per l’invito che accolgo, verrò anch’io.
Nello
Ottobre 3rd, 2012 at 6:59 pm
A presto, allora, sei il benvenuto.
Ottobre 3rd, 2012 at 9:39 pm
Ribadisco che – ahimè – non potrò presenziare. Però impartirò solennemente di qui la benedizione Urbins et orbis (privi della supremas visiones).
Ottobre 3rd, 2012 at 10:22 pm
Dhr per l’occasione avrai indulgenza plenaria. Ricordati di passare alla cass… 😀
Ottobre 3rd, 2012 at 11:48 pm
Salve. Temo che mi proverò a raggiungervi. Occasione rara d’incontrarvi. Grazie per invito.
Ottobre 4th, 2012 at 10:25 am
Grazie AHR, sei il benvenuto.
Ottobre 4th, 2012 at 4:24 pm
Chiedo in anticipo una dedica sul “Diamante”.
Ottobre 5th, 2012 at 10:11 pm
idem
Ottobre 5th, 2012 at 11:34 pm
Ahimè
Ottobre 6th, 2012 at 12:57 pm
Mi porterò l’attrezzatura; scrivere sui diamanti non è facile.
Naturalmente saprete che le dediche… si fanno solo sui libri venduti in loco 😈
Doc, mannaggia, se non vieni tu sentiremo una mancanza…
Ottobre 6th, 2012 at 6:44 pm
mancanza…mancanza… come diavolo è stata insegnata?!
Cmq la dedica migliore è sempre quella fatta sull’acqua.
In alternativa anche sabbia e vento possono andar bene.
Ottobre 7th, 2012 at 11:56 am
Ah, i bei tempi andati, quando non mancava la mancanza…
Ottobre 7th, 2012 at 6:36 pm
“New Yorker sfotte la debacle di Obama al dibattito con Romney” sono dei giganti, che je vuoi di’. (cit)
Anticipando tutti i tempi e rischiandone le conseguenze: io. Allora si è capito perché chi persegue onori e ricchezze tramite la via è bollato, nelle stanze del potere, come un giovane vizioso e dissoluto?
Ottobre 7th, 2012 at 6:41 pm
Be’, pare chiaro: i concorrenti non sono mai ben visti… 😉
Ottobre 9th, 2012 at 11:11 am
Bei tempi quelli. Ah, se avessi avuto più coraggio… chissà, forse starei a Parigi a scrivere ideogrammi!
Vabbé. Ad ogni modo, al fine di promuovere il business dello zen, e per rendere la democrazia più partecipativa, si offre in visione un video.
(iuuu webmaster? ci 6?)
…
Dice: ” Ma che c’entra con il sutra del Diamante?”
C’entra. “Solo una impossibile impresa può liberare l’uomo nell’infinito.”(cit.)
Ottobre 9th, 2012 at 11:24 am
così, su due piedi, mi risuonano in testa le parole di Aurora, aforisma 94.
è così: il pensiero di..ehM..N è incastonato nel mio cervello. brilla come diamante al sole.
Ottobre 9th, 2012 at 11:32 am
Promuovere il business dello zen è un ossimoro.
Se l’impresa è impossibile non val la pena parlarne. A meno che…
Avere un pensiero incastrato nel cervello, quello è un brutto guaio.
Ottobre 9th, 2012 at 1:38 pm
> Promuovere il business dello zen è un ossimoro.
Questa la devi spiegare meglio visto che ‘Meditazione come via religiosa e buddhismo take away’ di Maria Chiara Maggio è un’ottima tesi che in gran parte condivido. Ad es. “(..)in particolare, la
tendenza alla secolarizzazione ha principalmente caratteri anticlericali ed essenzialisti, ed è guidata dai
104 centri laici di meditazione (…). In Occidente, la pratica secolarizzata porta alla rielaborazione in
termini *psicologici* della bhavana samatha-vipassana, fino alla sua traduzione in un vero e proprio
protocollo terapeutico etc” (cfr pag 106) Invece di *psicologici* avrei messo teologici – nella declinazione empia -, e molti sono gli spunti interessanti.
Niente ‘ameno che…’; non esiste missione difficile: esiste missione impossibile! 😉 O no?
PS: avere incastonato nel mio cervello il pensiero fisso della morte è stata una benedizione. l’ Hagakure la mia salvezza.
Ottobre 9th, 2012 at 4:38 pm
Vabbe’. Se è zen garantito al limone non può essere business. Appena c’è tanticchia di business lo zen ha già cambiato gelateria, da un po’.
Ottobre 9th, 2012 at 6:55 pm
Ti piace parlare per enigmi, eh? In verità l’empietà garantisce ciò che la psicologia promette: il rigore scientifico nel processo di conoscenza di sé, non di “guarigione” di sé – il che non è cosa da poco per condurre al meglio la propria vita. Infatti la psicologia cognitiva o comportamentista, ad es., hanno come scopo quello di ridurre la “dissonanza cognitiva” (Leon Festinger) di modo che l’individuo sia coerente con l’ambiente in cui si trova ad operare. Ovvio che non potendo cambiare il mondo ciascuno è costretto a cambiare il proprio modo di pensare e di comportarsi. E allora cognitivismo e comportamentismo non si riducono a mero conformismo?(cfr. pag. 105, punto 9, ibidem)
Il punto è sempre lo stesso: lo zen può cambiare tutte le gelaterie di ‘sto mondo ma ha senso solo se qualcuno mangia il gelato altrimenti non è.
Ottobre 9th, 2012 at 7:55 pm
erràta còrrige.
empietismo, virgola, altrimenti non è.
Ottobre 9th, 2012 at 8:02 pm
Sì, come il gelato. Con la differenza che si può organizzare un business pur facendo buoni gelati, con lo zen no.
Ottobre 15th, 2012 at 12:22 pm
Sospiro dicendo “io non c’era…” Quando arriveranno i commenti di chi invece c’era?
Ottobre 15th, 2012 at 12:39 pm
No comment! Affinché il vostro sospiro sia più profondo… 😡
Ottobre 16th, 2012 at 11:21 am
Ero presente e il modo in cui è stato presentato il “testo” mi è piaciuto molto. Ogni relatore ha dato il suo proprio contributo volto alla comprensione/realizzazione di quanto enunciato nel sutra.
Jiso ha proposto una teoresi molto semplice, quindi di difficile comprensione perchè a volte si dà per scontato quello che non lo è mai, ma estremamente efficace e fedele allo scopo del testo.
Personalmente ho gradito particolarmente la tesi che invitava ad essere coautori dello scritto durante la “lettura”. Lettura che può essere compiuta, a mio avviso, soprattutto a gambe incrociate, senza fare dello stare a gambe incrociate un catafalco…
Un punto molto importante che si evince da ogni pagina è l’induzione alla risoluzione di qualsiasi ipotesi egoica, quindi invita alla estinzione di ogni dualità e con sè porta alla realizzazione di una posizione cosmologica e al superamento dell’antropocentrismo. Dogen docet.
Un ringraziamento a tutti per gli ottimi interventi.
Ottobre 16th, 2012 at 11:27 am
Grazie a te. La tua presenza ha contribuito a comporre un momento importante.
Se il Ciel ci aiuta e i relatori mi assecondano, sto organizzando la pubblicazione, qui, degli interventi.
Ottobre 16th, 2012 at 6:17 pm
Grazie a Nello per aver risposto al mio invito. E grazie a mym per la sua ottima intenzione: si, fallo(cioè: pubblica)!
Ottobre 18th, 2012 at 5:15 pm
In attesa della solerzia dei tuoi adopererò il piede di porco. [sospiri]
1. Un vecchio arnese teologico è il concetto di Dio come sostanza composta. Gli attributi di Dio sono reali fuori di lui (Spinoza, Ethica). Questi attributi, o ‘parti’, – come preferiamo dire – , costituiscono l’essenza e l’esistenza di Dio – in altre parole Dio è le sue parti (ma dire che Dio è le sue parti e dire che Dio è i suoi attributi è diverso).
2. Nelle cosmogonie occidentali l’amor dei è implicito – Deus causa sui -, ma una teoria evolutiva della volontà di potenza postula per principio l’odium dei. Una passione che nell’economia della vita deve esserci, e quindi potenziata, sempreché la vita debba essere potenziata. Il teologo maledetto introduce un concetto di cui essergli grati: l’empietismo.
3. Il teologo maledetto, ovvero spregiatore di Dio ma accanito sostenitore della sua esistenza.
4. Un brivido di potenziale splendore è il non-presente dhr. – “Dante era uno scrittore fantasy”. I lav that guy!, “accattatèv e’ librì!”
Ottobre 18th, 2012 at 5:16 pm
Ciao Hmsx, molto interessante.
Hai mai pensato di scriverle tutte ‘ste cose? 😕
Ottobre 18th, 2012 at 5:18 pm
Se il Ciel mi aiuta leggerò con pazienza i vari interventi quando pubblicati. grazie.
Ottobre 18th, 2012 at 5:39 pm
> Hai mai pensato di scriverle tutte ‘ste cose?
In verità in soffitta ho una cassapanca di quaderni che narrano la storia – ci sono molte versioni spurie. Buona parte della memoria esterna del mac è dedicata alla teologia politica – un piccolo omaggio a Carl Schmitt. Tutto scritto: sia a mano che in digitale. Avevi dei dubbi? 🙂
Ottobre 18th, 2012 at 7:58 pm
Ma chi l’avrebbe detto!
Ottobre 19th, 2012 at 11:08 am
– eh già, l’intero 2011 – annus horribilis in decade malefica – speso a scrivere: ‘Lo scrittore di neikosofia’.
mi sono lasciato alle spalle i filosofi, questi philousophes…
Ormai mi pratico la grande diffidenza, mica il piccolo dubbio.
« Parbleu!, les dialoguistes français. » – 😉
, subiendo a las alturas los adelantes; pero cuanto más subas más pequeño te vedán los envidiosos. El que vuela más alto es el más odiado. (cit.)
Ottobre 19th, 2012 at 6:03 pm
Je n’ai rien à faire, uff , noia e boria…
Mi piace pensare all’universo come a un essere organico, qualcosa di vivo. Noi tutti siamo cellule di questo essere, e spandendo luce tutte le stelle che vediamo nel cielo forniscono il sangue che fluisce attraverso i suoi immensi cicli. Le forze che governano questo essere unico sono forze fisiche, proprio come quelle che controllano e compongono gli esseri umani. Questo universo irrequieto è proprio come certe persone: una belva selvaggia, incivile, indomabile. Penso come Agostino che “il coraggio è un amore che sopporta facilmente ogni cosa in vista di ciò che ama.” (De moribus Ecclesiae catholicae)
Me gustas señor. j’adore The Exalted Mahayana Sutra on the wisdom Gone Beyond called “The Vajra Cutter”.
Ottobre 20th, 2012 at 12:08 am
Capisco. L’operazione dello sfruttamento commerciale dello zen – così come ben documentata da mcristina – ha il nobile scopo di vendere merci e wellness/mindfullness, ma no.
(business is another thing, but always the same…)
Da oggi ho uno slogan nel cuore che vale più di tutti gli altri: W l’empietismo! Per troppi secoli la Nazione si è rassegnata alla malapolitica: ora è arrivato il teologo maledetto. La sua perfidia celeste si proietta nelle regioni terrestri della potenza statale (il Dio in terra secondo il Leviatano di Hobbes). Egli piange in pubblico, insulta le istituzioni, elargisce finti e reciproci perdoni, imbroglia. Tuttavia il suo odium detta parole decisive: “Non bisogna aver paura dei politici. Sono loro che devono aver paura. Noi possiamo uscire per strada a testa alta, loro devono nascondersi. Noi siamo più di quella cieca minoranza che cerca di dominarci con le armi del potere e della paura”.
Ottobre 20th, 2012 at 7:26 am
>Un brivido di potenziale splendore è il non-presente dhr. – “Dante era uno scrittore fantasy”. I lav that guy!, “accattatèv e’ librì!”
grazie mille! (e tu, lo accatti? “non fa scienza, sanza lo ritener, l’aver inteso”)
vale la pena ricordare che il maestro di Dante, Brunetto Latini, era “hmsx” pure lui 🙂
Ottobre 20th, 2012 at 12:54 pm
Certo che comprerò “Dante era uno scrittore fantasy” by dhr; però la lista dei libri da leggere è lunga. Vieni dopo Tom Wolfe, ma prima di Christopher hitchens. Non male…:-)
Piuttosto che ne pensi di spendere due parole sul cosmo stellato di Dante? Giusto per titillare la curiosità del lettore.
vale la pena ricordare che “se sai una cosa e non la metti in pratica equivale a non saperla” (saggezza popolare cinese)
Ottobre 20th, 2012 at 1:04 pm
le parole sul cosmo stellato le spendo nel libro (dopo i capitoli dedicati al fantasy) ma qui sarebbe off-topic (aaaaaaambeh, fosse solo quello) yuk yuk
Ottobre 27th, 2012 at 7:00 am
L’animo duro come il ferro brucia di coraggio guerriero; o cari, ricordate la forza ardente?
Stamane mentre a gambe incrociate facevo i miei esercizi ho preso a pulire la lama della mia katana e ho realizzato di non voler aspirare alla buddità. Vorrei nascere di nuovo samurai; sostenere con la sola forza di volontà l’onore del mio maestro; passare giorni e notti a divisar modi e maniere per battere il mio forte nemico. Perché un Dio mi ha ispirato un gran coraggio, non solo in guerra, ma anche e in misura ancora maggiore nei piaceri; invece, ci sono alcuni a capo di intere nazioni, totalmente schiavi delle donne…
(mi batteva forte il cuore, e mi limitai ad ascoltare. l’ardente coraggio si trasformò in pazienza, in scienza delle cose sopportate. i cristiani la chiamano fortitudo.)
Ottobre 27th, 2012 at 7:04 am
Caro mym, sommo “precettore di pazienza”, se vuoi posso prestarti una katana delle mie di modo da dare ai tuoi solerti relatori un bella ripassata di zen Rinzai. 🙂
(non è bello fare aspettare una bella signora come Cristina…)
Ottobre 27th, 2012 at 9:34 pm
Cristina, oltre alla bellezza, possiede molte altre virtù: una di esse è una pazienza ben allenata… in particolare, là dove il concetto di “tempo” è vuoto! Però non mi è chiaro, in questo caso, cosa dovrei aspettare.
Comunque ti ringrazio di essere intervenuto in mio favore, almeno così mi sembra.
Ottobre 28th, 2012 at 7:06 am
> Però non mi è chiaro, in questo caso, cosa dovrei aspettare.
Ecco, Cristina, prenditi il tuo tempo, e con calma prova a rileggere il commento 4 (aaaaaaambeh, fosse solo quello) Zzz…
(ah, quanta pazienza ci vuole per restare calmi e indifferenti…gli eventi sono precipitati: quel che era ieri non è più oggi. dunque, sommo precettore, relax. i tuoi affezionati lettori hanno « una pazienza ben allenata… in particolare, là dove il concetto di “tempo” è vuoto! ») gulp
Ottobre 28th, 2012 at 12:35 pm
Certo, il 4! me ne sono ricordata esattamente 5 secondi dopo aver inviato. Cosa vuoi, a una certa età, l’Alzheimer incipiente… senza contare che la mia distrazione è perlomeno pari alla mia pazienza! Ma vedo che anche tu, hmx, ti batti bene: doppio gulp
Ottobre 29th, 2012 at 8:09 pm
Il primo logo dedicato a Daido… non si fatica a pensarlo seduto sotto quell’albero ai piedi della stella: quello è lo spazio offerto a tutti. Ancora.
Ottobre 30th, 2012 at 10:21 am
grande Daido ! il mio ricordo non e’ ancora sbiadito …
Ottobre 30th, 2012 at 7:41 pm
Purtroppo non ho conosciuto Daido: l’ho soltanto letto e visto di sfuggita anni fa, a Bardes. Tuttavia gli amici degli amici sono miei amici e perciò mi unisco a tutti voi nel vostro affettuoso ricordo di lui.
Ottobre 31st, 2012 at 1:11 am
Grazie Daido per tutto, ho avuto la fortuna di incrociare il tuo cammino, e l’incontro ha cambiato molto del mio.
Novembre 1st, 2012 at 12:13 pm
“..la possibilità dello zazen e non smise mai di offrirla. Con tutti i suoi difetti, non smise mai di offrirla..”
Ringrazio Daido per lo zazen, per la sua autenticità e per avermi indirizzato a Jiso e alla Stella
Novembre 1st, 2012 at 12:30 pm
Anche Eckhart diceva una cosa simile: Dio ti amo tanto, ancor di più se mi liberi anche da Te… 😉
Novembre 1st, 2012 at 5:17 pm
..Giudizio o auspicio? 🙂
Novembre 1st, 2012 at 7:50 pm
Vista la data, direi: dolcetto!
Novembre 3rd, 2012 at 1:27 pm
Un ringraziamento “di cuore” ad “aa”. Un vero gioiello.
Piuttosto… sicuri che la “chiave” finale sia quella e non “Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn”? 😉
Novembre 3rd, 2012 at 1:38 pm
‘Fettivamente ci vorrebbero due parole per dire che è un mantra, una serie di suoni da ripetere e non una frase apposta per il senso interno. Anche se un senso ce l’ha, questo è secondario all’uso.
Novembre 3rd, 2012 at 3:33 pm
>una serie di suoni da ripetere e non una frase apposta per il senso interno
chi l’avrebbe detto che tutti i nostri politici erano buddisti!
Novembre 3rd, 2012 at 5:16 pm
Naaaa…!
Un mantra è la parola/il suono che “fa”.
PS: “Ma che suono che fa!” “Me lo compri papà?” ecc. sono un’altra storia. Ve la racconto un giorno che non piove tanto.
Novembre 3rd, 2012 at 6:03 pm
Mi aggiungo ai ringraziamenti …
Novembre 3rd, 2012 at 6:13 pm
[…] Il Sutra del Cuore della Prajñāpāramitā Sul sito della comunità Stella del Mattino è presente una recente traduzione in italiano dal sanscrito del Sutra del cuore ( Prajñāpāramitāhṛdayasūtram). Lo segnalo, un po’ per ringraziare concretamente e non solo a parole del lavoro e della fatica. Il Sutra del Cuore della Prajñāpāramitā […]
Novembre 3rd, 2012 at 6:53 pm
“Gli uomini (che sta anche per le donne, naturalmente)”. Chissà che cosa c’è di naturale nel designare anche le donne come uomini…
E ora vado a leggermi il Cuore, di uomo o donna che sia.
Novembre 3rd, 2012 at 6:59 pm
Aaaaah! Èvvero, non è naturale. Anche questa volta quel che si dice non è quel che è.
Novembre 3rd, 2012 at 8:48 pm
Grazie anche da parte mia, molto stimolante. C’è bisogno di aggiornare il linguaggio, qualche volta.
Novembre 3rd, 2012 at 9:18 pm
Ollallà son contento che sia piaciuto. Per la maggior parte ci ho lavorato su nelle lunghe notti di guardia tra una chiamata del pronto soccorso e l’altra. Insomma tutto pur di non lavorare. Da quando poi la direzione sanitaria ha oscurato i siti sportivi il lavoro ha preso un ritmo più sostenuto 🙂
Grazie a Mym e a Carlo per l’aiuto
Novembre 4th, 2012 at 10:54 am
Nessuno a detto che sia piaciuto
Novembre 4th, 2012 at 11:10 am
Mentre mi rallegro che una nuova versione del sutra del cuore veda la luce (in questo caso dei nostri display, che mi auguro numerosi e scintillanti) generando così incommensurabili meriti, per gratitudine e rispetto all’opera dell’estensore sposterei la mira dalle convenzionali felicitazioni, facendo notare che aa non ha vinto il suo primo torneo di tennis al tennis club sotto casa, ha proposto la sua lettura di uno dei più profondi, venerati e difficili testi della letteratura religiosa di tutti i tempi. Invito dunque i grati lettori a tarare la loro garrula letizia con alcuni interrogativi, rivolti in primis a se stessi, senza i quali la novità rischia di non essere rinnovamento. Perché ogni cosa, essendo composta, è in se stessa vuota? Che significa vuota? Perché tutto ciò che ha una struttura è per ciò stesso vuoto? Siamo sicuri che fra vuoto e struttura non vi sia differenza alcuna? E via interrogando(si). Per parte mia, rivolgo al curatore una domanda, fermandomi alle prime tre parole: quale riflessione lo ha portato a maturare la scelta di rendere con “immerso” una parola che i più hanno reso, sia dal sanscrito che dal cinese, con un termine più “attivo”, come “procedere, andare, praticare”? Grazie
Novembre 4th, 2012 at 12:23 pm
Ah, sì, il dibattito, è vero.
Non parliamo tutti assieme però, uno alla volta, per piacere.
Potrebbe cominciare JF, se vuole, spiegandoci perché, secondo lui, solitamente l’espressione gambhīrāyāṁ caryāṁ caramāṇo è tradotta con un termine più attivo.
Per aiutare a vederci più chiaro: il dizionario per car(a) porta: “muoversi, andare, procedere, intraprendere”, mentre per carya porta: “(che) è da praticare”, ma anche “condotta, procedere”. Per gambhīrāyā troviamo “profondità, trovarsi nel profondo-nel nascosto” ma anche “calma, compostezza”. Volendo, poi, ci sono le implicazioni sessuali (da leggersi solo in senso religioso, naturalmente): gāmin (da cui, poi, gameti) vuol dire (anche) “avere un rapporto sessuale”, gambhīrā vuol dire (anche) “vagina”, il causativo cārayati vuol (anche) dire “provocare un rapporto sessuale”…
Novembre 4th, 2012 at 1:34 pm
Premetto che la mia frequentazione con il testo del sutra del cuore è tutta nell’ambito della versione cinese (e poi giapponese) e non ho che una superficialissima cognizione di seconda mano della versione sanscrita. Peraltro è noto che con buona probabilità la redazione cinese precede temporalmente quella sanscrita, ma qui questo non è elemento essenziale. In cinese il termine che in sanscrito risulta caryāṁ viene a essere 行 che i cinesi leggono xing (se non vado errato) e i giapponesi gyō e ha significati, sia come sostantivo che come verbo, che dicono “andare, operare, comportarsi, mettere in pratica, praticare…”. Penso che sia stato per lo più usato un termine con una connotazione attiva perché la prajnaparamita non è concepita tanto come uno stato, una condizione statica quanto come un modo di procedere, uno stile di vita, un comportamento che informa il movimento della propria vita, ivi compreso lo stare immoti. IMHO
Novembre 4th, 2012 at 1:49 pm
Così Conze nel suo commento(Ubaldini ’76):
‘L’espressione ‘si stava muovendo nel profondo corso’ rappresenta un tentativo di riprodurre il sanscrito il più letteralmente possibile. Significa che egli ‘era occupato nella pratica’ della perfetta sapienza’.
E più avanti: ‘Poiché in Avalokita la sapienza è accoppiata alla compassione, egli rimane assorto in trance e non si annulla nella visione dei Buddha tanto da dimenticarsi di ogni altra cosa. Egli viene pensato come un essere che ha fatto il grande voto del Bodhisattva…….Con l’entrare nel Nirvana finale il Bodhisattva si staccherebbe completamente da questo mondo….’
Anche Conze mi sembra qui piuttosto ‘statico’; l’impressione è che intenda quasi sancire una dicotomia reale tra Nirvana (= sapienza, trance?!) e Samsara.
Novembre 4th, 2012 at 4:39 pm
La redazione cinese precede quella sanscrita in quanto … assemblaggio di frasi. Ovvero non c’è una composizione originale in sanscrito con le frasi messe in quel modo, ma le frasi cinesi che compongono il sutra sono (secondo una studiosa americana per ora non smentita da alcuno) prese dalla traduzione, dal sanscrito, della Prajnaparamita Estesa. Sic stantibus rebus 行 è una traduzione di caryāṁ caramāṇo.
Comunque, se Avalokita da immerso contemplava… non gli mancava nulla, mi pare.
Novembre 4th, 2012 at 7:44 pm
Sic res stant, e dunque alla luce sia del sancrito (vedi chiarimento mym 13) che della traduzione cinese parrebbe avvalorarsi il senso di “procedere, andare, star praticando” che, forse, reso con “immersione” rischia di socchiudere la porta della lettura dicotomica che doc segnala. Che poi ad Avalokita immerso contemplante non manchi nulla, non mi pare in discussione.
Novembre 4th, 2012 at 7:51 pm
Per socchiudere socchiude.
Però, il buon Avalokita, mentre (profondemente immerso) contempla e vede … vede… Chevvede? Insomma, mentre è lì che contempla e vede, non è che già procede, pratica ecc.?
Non vorrei che lo si stressasse affinché “faccia di più”, ecco.
Novembre 4th, 2012 at 8:27 pm
@12: Riguardo agli interrogativi che pone jf circa l’equivalenza tra vuoto e forma (secondo me il punto centrale del testo), posso cercare di spiegare quale sia stata la mia interpretazione nel corso della traduzione, soprattutto come stimolo per il dibattito.
Le proprietà di un qualunque sistema si consideri, a prescindere dalla scala di grandezza (un gruppo sociale, un organismo vivente, una proteina, persino un atomo), dipendono da un lato dalla sua struttura interna, cioè da come si relazionano tra loro gli elementi che lo costituiscono, dall’altro dalle interazioni tra il sistema stesso ed il suo “contorno”, l’ambiente che lo circonda. La linea di demarcazione è tuttavia arbitraria, è utile per il pensiero discorsivo (livello convenzionale), ma in fin dei conti è inadeguata, poichè la realtà è un continuum: ogni cosa è contemporaneamente frutto di una relazione tra elementi e costituente di un sistema più vasto. Inoltre, non esistono “elementi costituivi” elementari, preesistenti alla loro reciproca interazione; anche questa è un’astrazione mentale -un utile modello, non la realtà. Gli “elementi costitutivi” non sono dei dati poichè sono essi stessi modificati dalle relazioni che stabiliscono mutualmente (eg. un atomo di ossigeno è identico ad un qualunque altro atomo di ossigeno, ma in una molecola di O2 ha proprietà differenti che in una di H2O; un’atomo di ossigeno non è lo stesso prima e dopo aver interagito con un altro atomo di ossigeno). Si può anche osservare che se le cose non fossero vuote (cioè il risultato di un processo in continua modificazione) sarebbero statiche, cioè incapaci di costituire a loro volta ulteriori interazioni. Le cose sono vuote in se stesse, mentre sono massimamente piene non in se stesse (ossia se viste come parti di un tutto continuo, sia in senso spaziale che temporale). E’ seguendo questa linea di ragionamento che sono giunto alla decisione di tradurre “rupa” con “struttura”, anzichè con il tradizionale “forma”.
In sintesi, il mio modo di procedere nel tradurre è stato quello di considerare il testo come lo scritto di un contemporaneo, solo in una lingua diversa.
Novembre 4th, 2012 at 8:39 pm
Che un atomo di ossigeno sia proprio identico a qualsiasi altro atomo di ossigeno… Ammesso che esistano gli atomi e siano come si pensa, allora hanno (almeno) una parte sempre in moto, gli elettroni che girano girano e non si sa dove siano in un dato momento. Per essere identici (o per poterlo sostenere) occorrerebbe, per es., che gli elettroni di due atomi girassero “di conserva”. Forse si può dire che sono identici perché sono tutti e due sempre diversi.
Novembre 4th, 2012 at 9:28 pm
Gli atomi sono identici nel senso che sono intercambiabili (uno vale l’altro) ma era solo un esempio. Ciò che voglio dire è che secondo me quando nel Sutra si dice che i dharmata “non sorgono né decadono, non sono né puri né privi di impurità, né deficitari né completi in se stessi” si intende che anch’essi esistono solo relativamente gli uni agli altri, cioè che le loro proprietà, anche considerandoli singolarmente, emergono dall’insieme entro cui si situano. Almeno questo è stato il mio modo di intendere.
Novembre 5th, 2012 at 12:03 pm
Il tacòn l’è pezo del buso. Anche i medici (spesso) sono intercambiabili. Ma non identici. Distinguere le… monate dal resto aiuta a proseguir chiari per sé e per gli altri. Temo che “essi esistono solo relativamente gli uni agli altri, cioè che le loro proprietà, anche considerandoli singolarmente, emergono dall’insieme entro cui si situano” non spieghi che vuol dire “equivalenza tra vuoto e forma”. Sicuro poi che dicendo “tra vuoto e struttura non vi è differenza alcuna” si parli di (semplice) equivalenza?
Novembre 5th, 2012 at 7:00 pm
Lungi da me, non sia mai, l’ombra del simulacro di una pur recondita intenzione di stressare Avalokita, mym 18. Tutto è implicito nel suo contemplare vedendo ciò che vede. Ma poiché il tutto non si può dire, si tratta di selezionare una sineddoche, dire una parte che dica il tutto. Se per descrivere un’automobile, dico che è un abitacolo dove si può star seduti al riparo dalle intemperie faccio una scelta legittima che proietta determinate impressioni, se dico che è un mezzo semovente in cui si sta seduti, faccio un’altra scelta legittima che dà adito ad altre suggestioni. Chiedevo solo al traduttore il motivo della scelta di quella particolare sineddoche.
Egli, il traduttore, risponde (aa 19) invece a una domanda che non (gli) ho posto, non avendo ipotizzato un’equivalenza fra vuoto e forma (o struttura che sia) e dunque non essendomi interrogato né avendo proposto un quesito in proposito. Ringrazio perciò dell’occasione che colgo, e mi rispondo che non mi pare il sutra parli di equivalenza. Dice che la forma (struttura) è vuota. Il che nega ogni valenza, al concetto di forma, al concetto di vuoto. Non c’è valenza, né eguale né differente. Altrimenti l’essenza ontologica che qui viene svuotata di ogni contenuto si ripresenta attribuendole una valenza equiparabile a un’altra. Personalmente poi sconsiglio la metafora fisico-chimico-quantistica ecc, è scivolosa e piena di tranelli. Un protone (ammesso che esista roba simile) è una struttura? E un neutrino, con rispetto parlando?
Novembre 5th, 2012 at 7:17 pm
Stressarlo no, perbacco, però se si desse una mossa…
Intesa come sineddoche, ça va sans dire 🙂
Le parole del testo portano a dire che una rappresentazione più attiva di una “semplice” immersione sarebbe opportuna. Però le alternative (percorrere, camminare, praticare, muoversi, procedere ecc.) mi sembrano poco adatte a rappresentare la “cosa”.
Novembre 5th, 2012 at 8:21 pm
@ 22: non esiste nessun modo per distinguere un atomo da un altro, sono identici in tutte le loro proprietà, mentre ne esistono vari per distinguere un medico da un’altro.
@ 23: io ho cercato di rispondere alle domande che hai posto in 12 (se erano retoriche non l’ho colto); a mio modo di vedere il Sutra non dice semplicemente che la forma è vuota, perchè afferma in modo esplicito che il vuoto è forma. Come intendere questa seconda affermazione?
Riguardo alla scelta di “immerso”, in luogo di una traduzione più attiva, il mio problema era capire che cosa volesse effettivamente dire che “si muove nella profondità della Saggezza ecc..”. In che senso si muove? Che cosa si vuol dire? Dal momento che tutto il Sutra si situa sul piano concettuale, mi è parso naturale intendere che il “movimento” di cui si parlava fosse anch’esso di quella natura (cioè che si parlasse di un movimento del pensiero). Ho quindi ritenuto che una traduzione di quel tipo (immersione) rendesse più chiaro che si stava parlando di uno stato mentale, di concentrazione-contemplazione. Perciò ho sacrificato il senso di attività dell’azione (di cui sinceramente non avevo colto l’importanza), in favore della chiarezza e dell’immediatezza.
Novembre 5th, 2012 at 8:42 pm
Non vorrei spostare troppo l’attenzione sugli atomi, però ritengo che un’affermazione come “non esiste nessun modo per distinguere un atomo da un altro, sono identici in tutte le loro proprietà” riguardi più la teologia che la scienza.
Novembre 6th, 2012 at 12:31 am
Le domande che ho posto non intendevano essere retoriche, semplicemente non riguardavano “l’equivalenza fra vuoto e forma”, come può verificare chi avesse la pazienza di rileggerle in 12, per il semplice motivo che non penso che il sutra dica che vuoto e forma sono “equivalenti” e dunque non vi è ragione per me di porre quesiti in proposito. Quanto alla questione di come intendere l’affermazione che il vuoto è forma, adesso direi che se la forma (ogni forma, ovvero tutto e ciascuna “cosa” – possibile e impossibile, pensabile e impensabile, immaginabile e inimmaginabile…) è vuota ne consegue necessariamente che anche il vuoto è una forma (vuota).
Novembre 6th, 2012 at 1:04 am
Forse sbaglio, ma ho come l’impressione che si tenda a leggere il sutra in modo prevalentemente razionalistico, come se ci fosse da ‘capire’: come se fosse la chiave di una ‘conoscenza’, tipo la descrizione o definizione della struttura della realtà. E questo potrebbe essere ascritto a suggestioni dovute al linguaggio usato dal traduttore.
Rispetto a Jf 23, che apprezzo, mi piacerebbe capire dai dotti conoscitori di lingue a me ignote se nel tradurre il testo si possa indifferentemente dire che ‘la forma è vuota (aggettivo)’ oppure che ‘la forma è vuoto’ (sostantivo).
Ancora mi piacerebbe capire i motivi dell’espressione ‘impossibilità di ottenimento’ laddove invece Conze traduce ‘indifferenza di fronte ad ogni tipo di realizzazione personale’. Mi vien da pensare che se è stata insegnata come non-realizzazione personale è per via dell’essere Avalokita o chi per lui indifferente, non per via di una presunta impossibilità (o possibilità).
Ma che si tratti di uno ‘stato mentale’ particolare, come sembra intendere aa 25, beh…nutro i miei dubbi, anche se Conze sembrerebbe confermalo (‘QUI, o Sariputra, la forma è vacuità…)..
Novembre 6th, 2012 at 10:48 am
“Anche il vuoto è una forma (vuota)” (@27) andiamo verso il virtuosismo dialettico. Di che forma è il vuoto? Secondo me trattasi di altra storia.
In un certo senso più semplice. Rispondendo (in parte) anche a @28, occorre notare che “vuoto”, “vacuità” ecc. (ovvero tutte le traduzioni di śūnya e śūnyatā) son da prendere come un tentativo. Il tentativo di dire “come stanno le cose in senso ontologico, sostanziale, essenziale”. Lo chiarisce un esperto della “materia”, Nāgārjuna, che nella Mūlamadhyamakakārikā (24.18) dice: “La coproduzione condizionata (pratītyasamutpāda) questa e non altra noi chiamiamo vacuità (śūnyatā). Vacuità è una designazione metaforica. Questa e non altro il Cammino di mezzo”. Il termine śūnya (la cui base etima è il verbo sh “soffiare”) nasce in ambito grammaticale (con ogni probabilità è un’invenzione del Pāṇini, +- V sec. a.C. ) per indicare il significato determinato dall’assenza del prefisso in una parola, era quindi in origine il valore dell’assenza. Matematicamente significa anche “zero” di cui -tramite l’arabo sifr o sfr, da cui anche “cifra”- è l’origine sia concettuale sia etima sia grafica (è anche l’origine del cerchio detto ensō in g., che piace tanto agli zen). Ma è una parola come un’altra: se per dire lo stato delle cose nell’impermanenza dove fuuuuh tutto scompare trovassimo un termine più… migliore, be’ prima o poi forse ci sarà chi si accapiglia anche su quello.
Novembre 6th, 2012 at 11:07 am
Allora si può dire che c’è il vuoto e la sua ‘rappresentazione’ che è ‘detta’. Il vuoto come rappresentazione è un eccesso di significato dal quale si diramano fitte trame di senso. Sta qui il mistero. È da questa massa di significati che prende corpo il vuoto come rappresentazione, la quale, una volta detta, finisce per essere oggetto di categorie anche se in un modo particolare. (cfr. jf 23)
Se il vuoto non è questa o quella cosa, è il sistema dell’impossibilità dell’uso di categorie, ovvero un sistema di scarti. Cioè le categorie sono necessarie per essere scartate e questo scarto è sintetico. Tutto ciò che il vuoto “non è” lo costituisce e ne forma la rappresentazione. Sistema di scarti: come rappresentazione.
Si può dire che il vuoto è anteriore alle sue creature, tuttavia, poiché nel concetto di vuoto esse sono incluse, si danno simultaneamente. Ma senza qualcuno che lo ‘dica’, senza le articolazioni operatevi, il vuoto resta una cosa indistinta, una nebulosa che non si può nemmeno usare e l’ ‘uso’ del concetto di vuoto è per il buddismo (e le religioni) tutto ciò in cui il vuoto consiste.
Grazie per le delucidazioni filologiche: ora mi immergo nel neikos andato oltre…
Novembre 6th, 2012 at 11:23 am
Si può dire quasi tutto. Anche che ci si va immergere nel neikos andato oltre. Un filino più difficile dire un silenzio. Ma si può dire anche quello. Che cos’è che non si può dire?
Novembre 6th, 2012 at 11:36 am
@ 29: Sono d’accordo, la coproduzione condizionata è il punto centrale anche del Sutra. Guardate che in 19 io ho semplicemente riproposto della argomentazioni classiche di Chandrakirti usando una terminologia diversa. La cose sono vuote in quanto si generano in modo coproduzionato, e solo in quanto generate in modo coproduzionato (ossia in quanto vuote) possono esistere. Una cosa non vuota è un assurdo concettuale, in quanto dovrebbe sussistere di per se, e sarebbe quindi slegata dal resto della realtà. Non sarebbe neppure percepibile a livello fenomenico (per essere percepita deve interagire, e se interagisce allora è di per se stessa vuota, poichè l’interazione implica il mutamento). Il vuoto è forma nel senso che la vacuità (ossia l’origine coproduzionata) è la condizione necessaria perchè vi siano dei fenomeni osservabili.
Novembre 6th, 2012 at 12:23 pm
Tu sei d’accordo (@32)? E allora io cambio idea, ooooh! 🙁
Ben detto aa, ben detto.
“Una cosa che sussista di per sé non sarebbe neppure percepibile”. Capperi.
Novembre 6th, 2012 at 1:34 pm
“Anche il vuoto è una forma (vuota)” (@27) è forse un virtuosismo dialettico, sta a indicare che quando diciamo “vuoto, vacuità” esprimiamo un concetto, una designazione metaforica, dice Nāgārjuna, che è vuota come ogni cosa. Non vedo contraddizione con quanto scrive e spiega mym (@29).
Quanto a doc @28, non so di sanscrito, se non che ha declinazioni, casi, generi e numeri e dunque penso si possa distinguere se il sutra dice la forma è vuota o la forma è vuoto. In cinese ci sono solo caratteri che in teoria potrebbero svolgere la funzione di sostantivo, aggettivo, verbo (anche se dalla posizione di solito si evince la funzione sintattica specifica. Oserei affermare che siccome il termine vuole esprimere lessicalmente “il valore dell’assenza” andrebbe evitata con cura ogni espressione che rischi di far del vuoto una presenza, ipostatizzandolo. Non dimentichiamo poi che il sutra, concettuale fino all’estenuazione, sfocia in un mantra (caso più unico che raro per un sutra) ribaltando il tavolo con un sol colpo.
Novembre 6th, 2012 at 1:52 pm
Ah, intendevasi (@34), in forma contratta, di “anche la parola vuoto è una forma verbale per cui è anch’essa vuota”.
Be’, sì. Sarebbe possibile altrimenti? Non vedo la ratio dell’affermazione.
Per quanto riguarda la scelta tra “la forma è vuoto” e “la forma è vuota”, una volta inteso il senso, come lana caprina è stata insegnata…
Novembre 6th, 2012 at 2:03 pm
Secondo me Nagarjuna ha intuito sul piano puramente logico quello che la fisica avrebbe ipotizzato sulla base dell’evidenza sperimentale secoli dopo (il principio di indeterminazione è un’applicazione particolare dell’interdipendenza).
Se esiste un modo di controbattere alle argomentazioni dei logici madhyamaka io non lo conosco. L’unica possibilità che vedrei è ipotizzare un mondo parallelo (l’empireo delle idee), che però mi pare un’inutile (e indimostrabile) duplicazione dell’essere.
Novembre 6th, 2012 at 4:17 pm
> Allora Che cos’è che non si può dire?
Che il neikos (o l’odium) è una termine più…migliore per rivitalizzare il rapporto con il divino (cioè tutto si può dire, ma se nessuno ascolta che si dice a fare?)
Mi spiego. Che cos’è il vuoto? È ciò che se ne dice. O meglio, è ciò che ne dice l’esperto. Con ciò si afferma semplicemente che il vuoto è rappresentazione. Ma in Nāgārjuna e in Schopenhauer ogni rappresentazione è collegata a una intuizione, qui a ciò che ne ‘dice’ l’esperto, ovvero che
> Una cosa non vuota è un assurdo concettuale. La cose sono vuote in quanto si generano in modo coproduzionato e dunque il vuoto è la condizione necessaria perché vi siano dei fenomeni osservabili.
(la Saggezza andata oltre)
Si intuisce sullo sfondo la differenza tra il vuoto fuori di noi, e la sua ‘rappresentazione’, la quale si trova dalla parte della dictio.
Ora, per avvalorare le tesi dei logici madhyamaka ricorro a George Berkeley: «Esse est percipi». Cioè, l’unica possibilità di usare concretamente il concetto di vuoto e di non appiattirsi sulla teoria dell’adequatio rei et intellectus, è simulare un mondo simultaneo (l’empireo delle idee) rispetto al quale il mondo fenomenico potrebbe continuare a definirsi ‘essere’, ma in senso derisorio, non certo come duplicazione… (il neikos andato oltre)
Novembre 6th, 2012 at 4:26 pm
(@37) Se per dire ciò che non si può dire ci metti tanto… chissà per dire ciò che si può dire… 😛
PS: l’assunto di Berkeley è identico al punto di partenza della Yogācāra, poi lui introduce la mente di Dio e, come dicono a Parì, ciau balle. Invece la moderna paranoia fondata sull’apparire è speculare: esisto in quanto sono percepito, visto: specie in tivì.
Novembre 6th, 2012 at 5:38 pm
Non colgo bene tutte le sfumatore di quanto scrive hmsx in 37; una riflessione che proporrei è questa: il mondo fenomenico non è una rappresentazione del mondo materiale “esterno” alla mente. L’ipotesi di un oggetto in se alla base dei fenomeni è problematica; si tratta di una modellizzazione. Se si lascia cadere la distinzione tra ciò che è mentale e ciò che è fisico si vede che sono i fenomeni ad essere reali e che è tra di essi che avvengono le interazioni (non “dietro le quinte” della percezione). E’ per questo che viviamo in un mondo condiviso, anche se lo vediamo da punto di vista diversi, e non frammentato in una miriade di individualità sconnesse.
PS: in separata sede jf mi fa notare che il termine coproduzione ha un che di scatologico (senza la e) 🙂
Novembre 6th, 2012 at 5:47 pm
Cheffate dietro le quinte, giocate al dottore? 😛
Novembre 6th, 2012 at 5:58 pm
No quello è davanti alle quinte. Io in ospedale dietro alle quinte faccio Zz 🙁
Novembre 6th, 2012 at 5:59 pm
Se lo sa Monti mi licenzia, essendoci la spending review…
Novembre 6th, 2012 at 9:41 pm
O si è responsabili e si tace, oppure si è irresponsabili e si dice.
il neikos andato oltre ha reciso così ogni possibile legame con l’Altro: è impenetrabile: una fortezza senza ponte levatoio. Non condivide proprio un bel niente, meno che mai il philos. Insomma: l’ Amore non lo sfiora.
Berkeley, a differenza della Yogācāra, ci introduce all’‘ esistenza’ di Dio mediante quella che più tardi Cusano definirà ‘teologia parlata’, ribadendo la necessità di ‘parlare’ di Dio affinché egli esista.
Ora, se Il procedimento del Settuplice Ragionamento ha lo scopo di “annullare le tendenze che ci conducono ad aderire a visioni distorte della realtà” è perché questa si presenta con i tratti opachi dell’immutabilità. La Tecnica planetaria ci consegna un gelido eterno presente; il rassegnato corollario è “solo un dio ci può salvare” .
Più ‘umilmente’ il neikosofo sostiene che “solo un Io ci può salvare”; un Destino contro -, un agire sul Fato.
(il neikos: una specie di morale che ha lo scopo di rendere più infelice. – so’ soddisfazioni. in fin dei conti infelici si nasce, ma i più infelici… si diventa. per dire ciò che non si può dire “jenseits von gut und böse”: i più infelici, come esseri circonfusi di luce. 🙂
Novembre 7th, 2012 at 10:55 am
Un po’ di responsabilità, ogni tanto, non dovrebbe far male… 😕
Novembre 7th, 2012 at 12:07 pm
Visto in tivì: 1) il dolore come coronamento della percezione soggettiva: la moderna paranoia dell’apparire come virtù del ‘dormire-sogni-tranquilli-presso-l’-Abisso’: una moda.
Il neikos è una forza in grado di smascherare l’odierna ideologia dell’immodificabilità del mondo, di trasformare il volto dello status quo in progetti futuribili (abbiamo già detto che è una prassi).
Il neikosofo agisce coraggiosamente sull’avvenire, “de-fatizza” il Non-Io per sottrarlo alla logica insensata dell’illimitatezza, alla infame condanna emessa dal fanatismo economico per cui il mondo smettendo di credere a Dio si consegna alla fede cieca nel Mercato.
Mi vengono in mente a) Mt. 6,33; b) il commento di Kierkegaard: “oseresti misurare la tua intelligenza, la tua fantasia con Dio? Per il fatto che la tua fantasia non riesca a trovare possibilità, anche Iddio non ne avrebbe ancora? Ogni momento Dio dispone di 100.000 possibilità senza che nessuna di queste possibilità sia un miracolo. L’arbitrio (…) è dire « Non c’è più alcuna possibilità », invece di : « Io non vedo alcuna possibilità»” (Carte del Diario 1942, af. 1987, IX A 412).
Insomma, il concetto di vuoto funziona come un nominalismo radicale che colonizza il futuro con progetti di emancipazione dall’ “eterno presente”. – Il Nostro fa buon uso del concetto, senza dirlo. Scrivendo.
“Muraglie di pensiero, abitudini che parevano durevoli come la pietra, caddero come ombre al tocco di un’altra mente” – V. Woolf
Novembre 7th, 2012 at 3:19 pm
Salve a tutti. Riguardo a quanto scritto fin qui, mi pare di trovare efficaci commenti di Yushin in “Il Sutra del Diamante”, pag. 122-125, [che non vi riscrivo ché immagino abbiate il testo, altrimenti…che parlamo a fa’? ;-)], dove si parla di: suprema virtù oltre il vuoto; delle cose di questo mondo che sono quel che sono e non ciò che appaiono; e del fatto che la conoscenza andata al di là non esiste, è un’illusione come un’altra. E della difficoltà di rinunciare ai contrassegni (soprattutto se lavorate con un corriere).
Infine vi sarò grato se avrete la pazienza di spiegarmi cosa comporta la distinzione tra “equivalenza” e “non v’è differenza”.
Saluti da lontano.
Novembre 7th, 2012 at 4:52 pm
Ciao AHR, di nuovo a Ibiza? 🙂
Se dico che -per es.- dal panettiere un kilo di pane equivale a 3,5 euri e dico che tra un kilo di pane e 3,5 euri non c’è differenza, be’, la prossima volta che ho fame e ho solo 3,5 euri e il panettiere è chiuso, mi accorgo quale delle due ho ceffato.
Novembre 8th, 2012 at 4:51 pm
Qui comincia l’avventura del signor…
Censura.
Il commento qui locato è scomparso, assieme ad alcuni altri in questo post, perché troppo (troppo!) offtopic.
Un battuta, anche due, ogni tanto ci stanno: non siamo ossessionati dal TEMA.
Novembre 8th, 2012 at 5:18 pm
Plaudo, mym 48, seppur pleonastico. Non siamo ossessionati tout court, I hope.
Novembre 8th, 2012 at 7:09 pm
Il tema di Mu, o de la permeabilità magnetica.
The winter feeds my heart while summer blows and burns my disappearing youth. I’ll never feel again the agony of pain. The scratches on my face will never be erased by someone else’s warmth. I hope because of hate. My love is gone, I never feel again; because of love I feel nothing. Odium vincit omnia.
PS: il Paradiso di Dante non ha nulla a che fare con nuvolette e suonatori di arpa, coincide con il cosmo stellato: ma è troppo offtopic. Ripasso dhr. Giudizio o auspicio? direi: scherzetto!
Novembre 10th, 2012 at 10:01 am
> Un battuta, anche due, ogni tanto ci stanno: non siamo ossessionati dal TEMA.
– ma io, mah, veramente… l’ossessione è una cura permanente per la noia.
The winter feeds my heart while summer blows and burns my disappearing youth.
Ah, già, il dibattito. Non decolla. Eppure nel TEMA “Cuore Nuovo, ovvero Prajñāpāramitāhṛdayasūtram” potrebbero starci i battiti del proprio cuore, o no? Mi viene da dire, “ragassi miei siete vuoti di giovinezza!”
Non dovrebbe essere la giovinezza la vera età antica dell’anima e la vecchiaia la sua infanzia?
Ad ogni modo, se sono un profano nell’arte dell’eloquenza, non lo sono nella scienza teologica – come abbiamo potuto dimostrare in tutto e per tutto tra noi -, e comunque sono convinto di non essere in nulla inferiore al mio straordinario maestro.
And now I fly to be on cloud nine ‘cos I’m dying and I’m so tired of playing this game: I’m out of its cage.
Novembre 11th, 2012 at 12:19 pm
punto 51: il risultato è che, di quel sutra che mi era piaciuto così tanto, adesso non capisco più una mazza…
Novembre 11th, 2012 at 12:25 pm
Oooh, finalmente ci siamo. Possiamo chiudere il dibattito.
O discutere di mazze.
Novembre 11th, 2012 at 3:22 pm
propongo Valeria Mazza
Novembre 13th, 2012 at 12:11 am
> punto 51: il risultato è che, di quel sutra che mi era piaciuto così tanto, adesso non capisco più una mazza…
– Ecco, finalmente ci siamo. Possiamo discutere di mazze…
Matutity is the moment one regains one’s innoncence.[Il saggio tace. Il bello parla. – arabian proverb].
PS: un bel giorno mym ci spiegherà ‘sta cosa dell’ offtopic. Valeria mazza rientrebbe nel perimetro? Ohooo! – Have a nice day.
Novembre 13th, 2012 at 1:07 am
erràta còrrige.
maturity is the moment one regains one’s innoncence. the wise man is silent. the nice talks.
Novembre 13th, 2012 at 10:43 am
@54 PS: Spiegare l’offtopic è l’offtopic. Tze!
Novembre 13th, 2012 at 3:34 pm
In effetti spiegare l’offtopic e come spiegare una barzelletta… oppure preparare dei manicaretti per un’anoressica.
A better translation. L’uomo silente è saggio. Quando parla più bello.
Piuttosto: le si sono sturate le orecchie?, e, soprattutto, i tuoi relatori dormono sogni tranquilli?
Per parte mia mi pratico la traduzione del Diamante dall’inglese.
Novembre 13th, 2012 at 5:15 pm
We are (almost) ready.
Novembre 16th, 2012 at 12:26 pm
Grazie. Mi adopero per arredarmi ‘a camera di risonanza’, dunque. Seppure non sarà possibile fregiarsene neanche in una buona conversazione con amici in un dopocena. O_O
Novembre 16th, 2012 at 5:02 pm
Ciao AHR, ci credi se ti dico che non ho capito un’acca?
Novembre 17th, 2012 at 3:09 am
Ci credo, ci credo. Era intenzionale.
Novembre 17th, 2012 at 1:41 pm
Ah, allora ho capito. 😯
Novembre 17th, 2012 at 7:41 pm
dopo la lettura di JJ:
>Dunque l’opera di traduzione (…) è inevitabilmente un’opera di alienazione dal messaggio originario?
va’, va’, che non fosse per i traduttori, i testi zen sarebbero in cinese, invece li abbiamo a disposizione in sanscrito. che culo eh?
Novembre 17th, 2012 at 7:54 pm
dopo la lettura di JF:
>C’è chi sostiene come fosse un’ovvietà il fatto che cristianesimo e buddismo siano inconciliabili fra
loro nel fondo e nella sostanza. Questa convinzione non può essere apodittica ma andrebbe dimostrata
argomentatamente…
Mah, mi pare che nel tuo intervento (pur “falso d’autore”), spec. nelle pagine conclusive, poni la questione del rapporto buddismo/cristiaesimo sul piano di una roba chiamata “Dio”. Sarebbe più calibrato giocare la partita in rapporto a un signore di nome Jehoshuach di Nazareth.
Come si è detto più volte su queste pagine – con tuoi rilevanti interventi – il cristianesimo non parla di un Dio generico ma punta tutto su: “Cristo ha vinto la morte”.
A questo punto, nell’ottica buddista, il dialogo diventa problematico, perché: 1) chi ha deciso che la morte sia un nemico? – 2) perché rallegrarsi se uno si è preso la briga di sconfiggerla?
cerèa 🙂
Novembre 18th, 2012 at 1:54 pm
Forse, se fossi un teologo cristiano, risponderei che quel Signore di Nazareth ha vinto la morte non per virtù propria ma per forza di Dio, che chiamava Abba, e che quella forza ha operato (anche) grazie all’abbandono di Dio. Il dialogo con il buddismo (con i buddisti) potrebbe servire a disporsi ad abbandonare Dio (magari prima di finire in croce, mica tutti hanno quella chance…).
1) chi ha deciso che la morte sia un nemico? Beh, ognuno ha i suoi problemi. I buddisti (genericamente parlando) ritengono che il problema sia dukkha, il malessere, il disagio, la sofferenza. Si propongono di sradicare il problema e credono che Buddha lo abbia fatto indicando la via per farlo. I cristiani, tu affermi, ritengono che il problema sia la morte (ma non sono del tutto sicuro che tutti i cristiani la pensino così). E 2) credono che Gesù Cristo abbia sfondato quella porta, e si rallegrano perché ha l’ha lasciata aperta. Buon per loro. Fossi buddista, quale sono e fui, non vedo grossi problemi. Mi basta che l’idolatria non diventi gesuolatria. Cosa serva ai buddisti il dialogo con i cristiani attendo fiducioso (non da ieri) che me lo dica un cristiano (convincente.
Novembre 18th, 2012 at 4:41 pm
>… che il problema sia la morte (ma non sono del tutto sicuro che tutti i cristiani la pensino così)
Basta vederli quando si avvicina. Non li consola _neppure_ la cosiddetta speranza nell’aldilà. Segno che non solo è quello IL punto dolente… ma è _così_ dolente che, sotto sotto, non si fidano della presunta “vittoria” del loro Dio. Una vita di fede sprecata.
>quel Signore di Nazareth ha vinto la morte non per virtù propria ma per forza di Dio, che chiamava Abba, e che quella forza ha operato (anche) grazie all’abbandono di Dio.
Ottimo punto — sicuro di NON essere un teologo cristiano? 😉 E però ribaltabile: perché Dio si sarebbe dovuto impegnare in un’impresa del genere? Regalare l’inferno chiamandolo paradiso.
Non credo di essere etichettabile come “convincente”, comunque hai ragione, il dialogo serve a poco, a parte a scopo di approfondimento culturale ecc. Ma sul piano strettamente “salvifico” il cristianesimo ha una serie di prodotti da piazzare, e gira-gira cerca di piazzarli.
Il discorso sulla teologia dell’abbandono è “alto” ma appunto per questo: a) può interessare solo gruppi ristretti, b) e viceversa, se per paradosso fosse adottato in massa, farebbe scomparire il cristianesimo nell’arco di una generazione. Dopodiché con chi si dialogherebbe/litigherebbe?
Novembre 18th, 2012 at 5:45 pm
Chissà se Yeshua, il figlio del falegname, avrebbe trovato interessante (o solo vagamente comprensibile) il discorso. Di certo non era un teologo.
A me personalmente, per quello che vale, non interessa molto la questione della vittoria sulla morte ecc. Mi interessa l’etica che viene proposta nei sinottici: ama il tuo nemico, se qualcuno ti chiede il mantello dagli anche la tunica (o era il contrario?), prima di andare al tempio rappacificati con il tuo fratello. Roba molto semplice, ma a me dice molto. Se un buddista trova nella propria religione questo (e non ho dubbi in merito) beh, ottimo. Perchè provare a piazzargli prodotti che ha già in casa?
Novembre 18th, 2012 at 6:19 pm
>Di certo non era un teologo.
Per 1.900 anni (a esclusione degli ultimi emlensi decenni) i suoi seguaci hanno sostenuto che lo fosse. Da cosa deriva la tua certezza?
Novembre 18th, 2012 at 6:20 pm
ERRATA CORRIGE: melensi
Novembre 18th, 2012 at 7:17 pm
Per 1900 anni i cristiani hanno ritenuto che Gesù sia stato un teologo?!? Quello che guariva i malati, faceva fuggire gli spiriti immondi e “passava beneficiando”? Io direi che è più roba da santi. A te sembra che il Gesù dei Vangeli sinottici parli di teologia? Parla ben poco di “Dio”.
Ma soprattutto: che cosa intendi con giocare la partita in rapporto a un signore di nome Jehoshuach di Nazareth?
Novembre 18th, 2012 at 8:29 pm
1) Sì. Se non altro perché nei vangeli lui “è” il Logos Theou.
2) Quello a cui Jiso ha già risposto: il cristianesimo esiste in funzione di Cristo, ossia di Gesù di Nazareth in quanto morto in croce, risorto, e identificato con (il Figlio di) Dio.
Novembre 18th, 2012 at 8:30 pm
P.S. chi lo ha deciso che i vangeli sinottici siano più affidabili del quarto vangelo?
Novembre 18th, 2012 at 8:57 pm
Yeshua di Nazareth e il Gesù Cristo dei Vangeli non coincidono. E’ proprio lì che si gioca la questione sul primo, che diversamente non sussisterebbe. Nei sinottici Gesù non è il Logos Theou (“perchè mi chiami buono soltanto Dio è buono”).
Il quarto Vangelo è totalmente incompatibile con l’ambiente culturale della palestina del primo secolo; dal punto di vista teologico può interessare o meno ma quanto ad attendibilità storica…
Novembre 18th, 2012 at 9:18 pm
>Yeshua di Nazareth e il Gesù Cristo dei Vangeli non coincidono
continui a fare affermazioni apodittiche. su che basi?
>Il quarto Vangelo è totalmente incompatibile con l’ambiente culturale della palestina del primo secolo
falso. anzitutto all’epoca di Gesù non esisteva la “Palestina”. in secondo luogo, esistevano ad es. raffinati circoli intellettuali esseni anche a Gerusalemme — dove in teoria non dovevano stare. per favore smettiamola con questa idea delle civiltà antiche come terre di pecorari che capivano solo le parabole aventi per protagoniste le pecore.
Novembre 19th, 2012 at 10:41 am
Gioco ancora al teologo cristiano (honoris causa). Mi pare difficile negare uno statuto di “teologo” (mutatis mutandis) al Gesù dei vangeli, che a dodici anni commentava le scritture stupendo i dottori (Luca 2,41 e sgg) e lungo tutto l’arco della sua vita pubblica viene interrogato sulle scritture e a tono risponde. Da un po’ di tempo sembra essere in auge una visione “pretoperaista” di Gesù, che ne fa una sorta di lavoratore manuale proletario e populista. Direi che i vangeli (tutti e quattro) non ce lo mostrano mai con la pialla in mano, e rimandano semmai l’immagine di un uomo profondo conoscitore delle scritture e molto attento ad esse, conscio del suo ruolo di “rabbi” (nel citato -aa 15- episodio a chi lo chiama “maestro buono” intima di non attribuirgli il qualificativo “buono” accettando implicitamente la definizione di “maestro”) condannato proprio per la sua interpretazione “eretica” della parola di Dio.
L’interessante “dibattito” mi conferma che non è facile identificare un’essenza e un fondo comune al credo dei singoli cristiani.
Novembre 19th, 2012 at 11:18 am
>mi conferma che non è facile identificare un’essenza e un fondo comune al credo dei singoli cristiani
. . . soprattutto se i cristiani in questione sono buddisti 😀
Novembre 19th, 2012 at 11:58 am
Veramente dhr, non è che tu ti sforzi particolarmente di supportare quanto dici. Non ho mai affermato che le civiltà antiche siano state terre di pecorai. Sono d’accordo, sostanzialmente, con 17; tuttavia il contesto di Gesù non fu quello della teologia ellenistica.
Dhr, sei tu che hai tirato in ballo il sig. “Yehosha di Nazareth”. Perchè hai utilizzato questa espressione? Se tu utilizzi il nome ebraico, e per di più ci metti davanti il “sig.”, stabilisci in modo implicito una distinzione tra il personaggio storico (sai qualcosa a riguardo?) ed il personaggio letterario dei Vangeli.
Il Vangelo di Giovanni è imbevuto di antisemitismo e di una percezione fortissima di alterità tra “noi” – la comunità cristiana giovannea- e “loro” gli “ebrei”, che non poteva appartenere a Yeshua l’ebreo, profeta di Israele, che poteva insegnare nelle sinagoghe e non intendeva cambiare “neppure una iota della Torah”.
Novembre 19th, 2012 at 1:07 pm
>Se tu utilizzi il nome ebraico, e per di più ci metti davanti il “sig.”
no, mi piace semplicemente fare accozzaglie di parole.
il Vangelo di Giovanni non è antisemita. Gli ebrei (come i buddisti della Stella) hanno sempre amato litigare TRA loro. poi è arrivata la Chiesa “dei pagani” è ci ha costruito sopra il razzismo.
Novembre 20th, 2012 at 11:24 am
La questione è che la partita su Yeshua (il Gesù storico) non è giocabile, perchè nessuno sa chi egli fosse. Non è neppure facile trovare un accordo sul “Cristo della fede”, dal momento che nei Vangeli è presente un mosaico di ritratti e punti di vista, talora contradditori e non ricomponibili, in cui ognuno vede cose differenti. Penso abbia ragione jf in 17.
E’ più facile intendersi ed avere un confronto su “Dio” che su Gesù (il che è tutto dire)
Dicembre 6th, 2012 at 8:55 am
… oppure regala un D[i]a[ma]nte!
meglio ancora, tutt’e due 😀
Dicembre 17th, 2012 at 5:07 pm
Ultima_mente dimentico di fare gli aggiornamenti. Non che ci abbia rinunciato. Semplicemente la curiosità per il nuovo è come appassita. Dunque a Natale mi regalerò un Diamante. È un buon modo per celebrare la fine del mondo.
Riprendendo dalla relazione di JF. Il carattere di estemporaneità somiglia alle arbitrarie improvvisazioni del nostro ex premier. Roba da enigmisti. – Che volete? Il neikosofo ha il dovere di soccorrere lo sventurato -.
(Ignoro l’utilità di questa premessa)
PS: secondo me è più facile trovarsi su Gesù – un uomo morto e stecchito quasi due millenni fa -, che su Dio. L’equivoco dipende da un certo buonismo della teologia ufficiale che ha la pretesa di trattare l’Altro come Dio stesso.
Dicembre 17th, 2012 at 5:23 pm
L’Altro non PUÒ essere Dio altrimenti io…
Opps! Volevo dire, ecco, vabbe’…
Dicembre 17th, 2012 at 5:35 pm
“Si può chiamare la teologia il Satana delle religioni.” (Overbeck).
Questa affermazione esprime una evidenza: Dio non è roba per religioni. Le religioni sono pour la populance. Queste hanno nel loro statuto l’elogio del calore animale e della vanità della specie; ciò incrina il gelo di pure forme in cui consiste l’avventura della mente teologica (la ricerca delle leggi che regolano l’apparire del concetto di Dio – se ne fa il nome per necessità, perché non v’è altro nome).
Compito della teologia diviene quello di mettere Dio sul tavolo e trattarlo ‘comme un insecte’. Certo ci sono quelli che si schiferanno davanti alla dimostrazione di Dio -; mostrano le bizze di chi non ne ha bisogno e lo vuole su misura. Ma Dio è di troppo.
L’empietismo è una teologia sui generis. Essa si oppone radicalmente alla menzogna della teologia apofatica che vuole fare di Dio un ideale. La teologia catafatica è blasfema. Sostiene che “Dio è il mondo in quanto afferma se stesso”. E questa verità non può essere discussa. Dio non è un ‘problema’, ma una ‘visione’. Insomma, Dio è il concetto più spregevole.
Ps: la teologia empia conduce all’ascesi senza coltivarla. Dubito che l’enigma di Dio possa risolversi in chiarezza e positività. Sembra piuttosto una stabile relazione…con l’inferno!
Dicembre 17th, 2012 at 5:42 pm
Dio non è un ideale? Ohibò!
Ci speravo tanto…
Dicembre 17th, 2012 at 5:47 pm
«Vale la pena scrivere un libro solo per la meraviglia dei messaggi di chi lo legge.» (ct.)
Il fantasy è roba per bambini? No: e roba forte. 🙂
#averedueorelibere #attimologia #palinsestotelevisivo
Dicembre 18th, 2012 at 1:29 pm
Ringrazio Mym per aver proposto il tema. Quanto scrive Enzo Bianchi e soprattutto la risposta Vaticana mi suscita alcune riflessioni.
1) Tenendo presente la situazione del Tibet, è probabile che una dimostrazione di dissenso non violenta e pacifica (come quelle condotte dai monaci birmani in occasione della rivolta popolare di qualche anno fa) avrebbe innecato una risposta repressiva brutale ed indiscriminata da parte delle autorità cinesi. Quindi il gesto dei monaci tibetani potrebbe essere visto come una forma estrema di resistenza passiva, volta a ridurre al minimo i danni.
2) la considerazione di Messori riguardo all’arretratezza del Tibet prima dell’invasione maoista mi sembra fuori luogo. L’invasione cinese resta comunque una prevaricazione che lede il diritto dei Tibetani ad autodeterminarsi ed i metodi repressivi impiegati non possono essere in alcun modo giustificati (in nome di che, del progresso delle condizioni materiali e sociali?). Trovo curioso che uno scrittore che si definisce cristiano utilizzi questo tipo di argomento. Potrei capire un marxista-leninista…
3) se vale il principio che “se uno se la va a cercare non è un martire”, allora perchè Santo Stefano è considerato tale? Il discorso riportato negli Atti è di una tale aggressività che la conseguenza pare inevitabile…
Dicembre 18th, 2012 at 1:34 pm
Eppoi il gesto di Apollonia che si getta nella fornace “anticipando” i suoi torturatori a me sembra semmai una prova ulteriore si santità, perchè evita che si commetta un omicidio.
Dicembre 18th, 2012 at 1:52 pm
Ciao aa, grazie.
Penso che il cardinale e lo scrittore abbiano inutilmente rimestato l’acqua nel paiolo, non val la pena aiutarli in quell’impresa.
Mi dedicherei più appassionatamente ad altri aspetti: che ci azzeccano con il buddismo le autoimmolazioni? Il Sutra del Loto, citato da Enzo Bianchi, quando ne parla (p.349 e poi 352 e 354 della versione Meazza, BUR) che cosa intende dire? Che rapporto c’è tra questi discorsi e il codice dei samurai? E con i kamikaze? E con la pratica dell’automummificazione (in vita!) come la mettiamo?
Quello che ne pensano i cardinali, con tutto il rispetto, non è in cima alla lista dei miei interessi.
Dicembre 18th, 2012 at 3:30 pm
La mia impressione, di persona non esperta ne di buddismo ne di storia giapponese, è che il buddismo ed il codice dei samurai, i kamimaze ecc. non c’azzecchino per niente, ma che si sia creata una fusione-sovrapposizione tra i due elementi dovuta a fattori storici contingenti. Siccome il buddismo, e in particolare lo Zen, in giappone si diffuse soprattutto tra i bushi, che già avevano una cultura di un certo tipo (culto dell’onore, ricerca della morte in battaglia, obbedienza assoluta ecc) si venne a creare una commistione tra buddismo e militarismo che in Cina non esisteva. Su come intendere le “immolazioni” del Loto al momento non saprei, ma tenendo presente il carattere immaginifico ed “allegorico” dell’opera, tenderei a pensare che le interpretazioni letterali siano francamente delle forzature.
Forse vado un pò off topic, ma vorrei ribadire un concetto che ho già espresso in altre occasioni: per il cristianesimo il valore del martirio non stà nella sofferenza, nella morte, nel sangue versato ecc. ma nell’aver reso testimonianza della fede per quanto alto fosse il prezzo da pagare (anche l’articolo di p. Bianchi lo evidenzia). L’estetica della sofferenza e del dolore fini a se stesse derivano da interpretazioni erronee della croce.
Dicembre 18th, 2012 at 4:16 pm
“Libertà va cercando ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta”. Più che una ricerca, nel gesto estremo di cui qui parliamo mi pare ci sia una testimonianza di libertà. Un “I would prefer not to” (Preferirei di no) spinto alle estreme conseguenze. Del resto anche il Bartleby di Melville si lascia morire, ma questo non è un bel racconto simbolico, sono gesti reali di valore simbolico. Ci azzecca col buddismo? Non so. Una parabola buddista parla del Buddha che in forma di tigre si dà in pasto ai suoi piccoli, per sfamarli. Forse qui c’è il nutrire con il sacrificio del proprio corpo il bisogno di libertà dei propri fratelli e sorelle. Il fenomeno kamikaze è tutt’altra cosa, non fosse che per il fatto che procura morte e dolore ad altri, tramite la propria morte.
Dicembre 18th, 2012 at 5:08 pm
Una questione seria | La Stella del Mattino…
Continuano in Tibet le autoimmolazioni. Persone -per lo più monaci e monache, ma non solo- che si danno fuoco per manifestare in modo estremo, ultimativo, tremendo, la loro protesta per il modo in cui le autorità centrali cinesi amministrano la loro te…
Dicembre 18th, 2012 at 6:21 pm
Sì, penso che la storia della tigre sia attinente. E, purtroppo, anche i kamikaze penso che lo siano (un po’ meno il codice dei samurai): il Sutra del Loto in Giappone è “passato attraverso” Nichiren e la sua visuale aggressiva della religione.
Come ha detto Benigni ieri sera, è la chiesa (in senso lato) a dover essere nella mani di Dio e non viceversa.
A proposito: se in Cina vi fosse la possibilità che qualcuno, di fronte ad un quinto dell’intera popolazione facesse un discorso come questo, da quelle parti non ci sarebbe “bisogno” di persone che si danno fuoco.
Dicembre 18th, 2012 at 6:58 pm
Comunque una parola di simpatia verso l’iniziativa di Enzo Bianchi la dico volentieri. Leggo il suo intervento come il senso di responsabilità di una persona famosa verso la propria fama: invece dei soliti discorsi per far vedere quanto uno è bravo, si è infilato di sua spontanea volontà, in un ginepraio per testimoniare (come piace tanto fare ai cristiani) una vicinanza umana. I cani da guardia hanno subito cominciato a latrare, senza sentire il bisogno di dire una parola di solidarietà verso l’altrui dolore. Un esempio lampante di come la religione possa essere balsamo e veleno.
La questione di cui stiamo parlando mi pare politica, proprio nel senso in cui ieri Benigni ha usato il termine. E in questo caso politico è anche religioso.
Dicembre 18th, 2012 at 7:51 pm
Certo, la vicinanza umana. Si è sentito toccato, come uomo “la coscienza ci impedisce di lasciar tacere” e come monaco: “vale allora la pena lasciarci interrogare da questo monaci disposti a consumare la propria vita tra le fiamme”. Una doppia identificazione. Ed ha scelto di uscire allo scoperto, ben sapendo che ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe provato ad impallinarlo.
Dicembre 18th, 2012 at 9:06 pm
@ 7: in rete ci sono diversi siti anche in italiano che si richiamano a Nichiren; assomigliano molto a quelli di CL e di certi gruppi pentecostali. Ci sono degli aspetti delle persone che vengono molto prima della religione.
@ 8: Se la politica fosse quello che dovrebbe essere, ossia se fosse intesa come servizio della collettività, sarebbe una delle massime espressioni della religiosità. E direi che la denuncia e l’opposizione al totalitarismo politico si possono considerare alte espressioni di religiosità – Bonhoeffer (giusto per restare in zona di martiri) è stato un grande esempio, secondo me una delle più grandi fonti di inspirazione religiosa del secolo scorso.
Dicembre 19th, 2012 at 5:04 am
“Je préfère détruire que m’habituer à la laideur”
I giovani si uccidono per romanticismo, non per stanchezza della vita. Il suicidio rituale è come l’accendersi di una candela fioca nella stanza buia della Storia: lascia intravedere qualcosa che di tanto in tanto si capisce di più. (Alle volte non è altro che il modo narrativo che un giovane ha per capire la vita e guardare oltre se stesso). La cornice teatrale-massmediologica ci mette di fronte a tutto quello che non vorremmo vedere. E lo fa nel suo modo consueto: ripercorrendo i corridoi duri della perdita, della paura, della morte, dell’amore, della crudeltà, dell’incapacità di leggere fino in fondo i sentimenti delle persone.
La candela appena spenta mi è rimasta sulla retina per un attimo ancora: come un’immagine che sfuma. In quella immagine c’è tutta la disperazione che il mondo non sia altro che linguaggio e gesti simbolici. Si resta in silenzio. E rimanere muti, senza un linguaggio per raccontarsi, è il nostro incubo. Ma anche un sogno meraviglioso. Finisco per capire che anche le nostre anime abitano in stanze buie della Storia, e che la morte è il linguaggio con cui l’odium parla a se stesso invadendo il mondo come pianta infestante.
Dicembre 19th, 2012 at 5:56 am
“Per il cardinale Martino, già presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, rappresentante della Santa Sede all’Onu, è inconcepibile il suicidio”. Non avrei niente da dire a questo signore. È un facitore di menzogne condannato a vivere di patetiche macchinazioni. Dover sostenere per mestiere la coerenza dell’azione politica della Santa Sede con il Vangelo di Cristo è la premessa maggiore di una esistenza miserrima e parassitaria: totalmente corrotta dal Male.
Da quando il Santo Padre ha ricevuto e benedetto in Vaticano la signora Rebecca Kadaga, portavoce del Parlamento ugandese e promotrice della riforma della legge attuale contro i “comportamenti sessuali devianti” – una legge barbara che vuole introdurre il concetto di malattia mentale per l’omosessualità e la pena di morte o l’ergastolo per i gay recidivi – mi è presa una gran voglia di concepire il suicidio, specie quello dei cardinali. I Papi sono di un’altra pasta. Il discorso di Benedetto XVI al Parlamento Italiano sul problema delle carceri è stato toccante. Un capolavoro di Realpolitik: “Che è ‘sto sovraffollamenten nelle carceri italianen?! Che diamine! Mettetevi una mano sul cuore. Bisogna popolare le carceri ugandesi di froci per evangelizzare l’Africa.” – jawohl, obviously, e …sempre sia lodato.
Ecco, piuttosto che aderire ad una simile organizzazione criminale, preferisco darmi fuoco. Oppure l’empietismo.
PS: la Buona Coscienza dei cristiani mi fa orrore: è un suono nitido di trasparente falsità. “Il nostro incubo…e allo stesso tempo un sogno meraviglioso”. [cosi togliamo di mezzo ‘ma’ e gli ‘anche’]
Dicembre 19th, 2012 at 12:30 pm
Ma perchè la scelta dovrebbe essere tra aderire alle posizioni Vaticane o “l’empietismo”? Sono l’omofobia e la discriminazione sessuale ad essere immorali, saresti empio se le condividessi.
La buona coscienza dei cristiani dovrebbe essere la coscienza individuale, responsabile, informata, coerente, aderente ai principi evangelici. Come disse giustamente Lutero, ogni uomo è sacerdote.
Io penso che un grosso problema del nostro paese sia la mancanza di una cultura- non solo religiosa – di matrice riformata. Oh ma stò uscendo dall’argomento…
Dicembre 19th, 2012 at 4:28 pm
Presumo che da un punto di vista buddista si possa vedere l’autoimmolazione ‘come una testimonianza di libertà’. In questo caso faccio fatica.
La si può vedere almeno altrettanto facilmente, come una testimonianza di ‘volontà di opposizione’ al cambiamento; come attaccamento a una definita idea di ‘territorio di buddha’, che si identifica qui con una ierocrazia, con uno stato fondamentalista ove, fra l’altro, la condizione di lama parrebbe essere condizione di privilegio materiale e spirituale.
Un po’ di pepe, dai che fa freddo!…
Dicembre 19th, 2012 at 4:50 pm
> Ma perchè la scelta dovrebbe essere tra aderire alle posizioni Vaticane o “l’empietismo”?
Perché Il mio mondo è diventato così recente e inaspettato che molte cose sono prive di nome e devo indicarle con il dito.
” L’estetica della sofferenza e del dolore fini a se stesse derivano da interpretazioni erronee della croce” (aa, commento 4). Ecco, ho messo insieme una vagonata di obiezioni sufficienti per coprire la tratta Palermo-Francoforte. Segue una prima ora a colorare nei margini, una seconda ora le aste, una terza ora per il tiro al piattello.
Dicembre 19th, 2012 at 5:34 pm
Ciao Doc. Se guardiamo alle possibili “mentalità” o idee politiche ecc. quello che dici ci sta in pieno. Nel caso specifico penso che chi è disposto, coscientemente, a darsi fuoco potrebbe essere in grado di vivere in un mondo diverso da quello in cui crede/spera. Inoltre non tutti, ma molti degli immolati col fuoco sono monaci e monache. Buddisti, ovvero praticanti una religione che non ha la jihad, il martirio e la violenza tra i suoi ideali possibili. Perciò, ammettendo la purezza di almeno alcuni degli immolati la cosa colpisce, costringe a riflettere. Perché non pare essere un “semplice” atto contro. Pare concluso in sé.
PS: il commento n.11 è un piccolo capolavoro letterario.
Dicembre 19th, 2012 at 5:47 pm
@ 14: Olà Doc è un pò che non ti facevi sentire! Bisognerebbe chiederle ai Tibetani le motivazioni di quei gesti. Secondo me il fatto è che la libertà (di espressione, di autodeterminazione, di religione) è un pò come la salute, finchè ce l’hai non te ne accorgi, ma quando ti viene a mancare (o ti viene tolta)…
@ 15: Obiezioni se ne possono fare per carità, ma pensare chessò che Martin Luther King si sia fatto uccidere perchè gli piaceva soffrire, e non per difendere i diritti dei neri americani mi sembra un’offesa della sua testimonianza. Lo stesso vale per Bonhoeffer: hai mai letto le sue lettere? Te le consiglio: era un uomo che amava la vita, la fidanzata, la famiglia, e che ha cercato in tutti i modi di evitare la forca, ma quello è il destino che gli è toccato perchè ha avversato il nazismo e difeso gli ebrei. Oppure pensa al vescovo Romero: è morto perchè ha difeso i diritti della povera gente del Salvador, perchè evidentemente pensava che “ne valesse la pena”.
Dicembre 19th, 2012 at 5:53 pm
Effettivamente 11 piace anche a me. Hmsx dovresti fare il romanziere….
Dicembre 19th, 2012 at 7:04 pm
Hmsx non ha bisogno di “fare” il romanziere… 😉
Dicembre 19th, 2012 at 7:14 pm
Neppure a me pare un atto contro (mym 16 in risposta a doc 14). Consideriamo il valore simbolico, visto che non possiamo sapere la motivazione personale di ogni singolo, certo ognuna diversa per quanto somigliante – ognuno ci mette la sua vita, un gesto che implica non vedere i risultati del proprio gesto. Se fosse semplicemente questione di resistere al cambiamento, di difendere un potere che sta sfuggendo di mano, basterebbe si schierassero coi lama filocinesi, che continuano a nuotare nel grasso. Inoltre ci sono anche tibetani (e pure monaci) che prendono le armi e combattono l’invasore. La scelta di darsi fuoco ha chiaramente un valore simbolico: quale? A me pare quello di bruciare un bastoncino di incenso, nel caso il proprio corpo, per profumare un po’ un mondo che puzza di sopraffazione, di costrizione e soffocamento della libertà di scelta. Annullando quel mondo con l’annullamento della propria vita in quel mondo.
Dicembre 19th, 2012 at 10:27 pm
Non trovo nuovi elementi utili alla comprensione in quanto dite, carissimi. Non ho gli strumenti per capire: e quanto a ciò, vedo di essere in buona compagnia.
Tuttavia suggerirei di non sposare tout court una versione – chiamiamola quella di Dharamsala – solo perchè siamo ‘buddisti’ (siamo buddisti?! in quel senso lì?) o perchè l’occidente è pressochè unanimamente schierato su posizioni filo-dharamsaliane (i media! è facile capire perchè…).
E neppure penso sia saggio denigrare i lama o i tibetani filo-cinesi per la loro scelta di campo.
Farei tesoro dei richiami di quel Lama che, forse più di 10 anni fa, su Paramita, si chiedeva come mai gli occidentali, di fronte al fenomeno del buddismo tibetano, improvvisamente si trovano orfani di quello spirito critico del quale vanno giustamente fieri e che non lesinano sulle questioni di casa loro, religiose o politiche.
E neppure mi sento di avallare l’identificazione del Male con la Cina, come fa Bianchi.
Dicembre 20th, 2012 at 10:03 am
La situazione del Tibet di oggi ha qualche similitudine con quella della giudea del 1° secolo…anche le opzioni possibili sono analoghe: collaborazionismo, lotta armata, isolamento, dissenso pacifico. Per loro fortuna i Tibetani non aspettano il Messia…almeno credo.
@ 21: neanche io dispongo di strumenti adeguati, però mi risulta che in Tibet si stia portando avanti una politica di “sinizzazione forzata”, anche tramite massicci flussi migratori. Data la disparità demografica sembra probabile che i tibetani vadano incontro ad un’omologazione culturale con la Cina. Per certi versi è qualcosa di anaologo a quanto avviene in Cisgiordania con le colonie israeliane. Io non trovo nulla di strano nel fatto che l’opinione pubblica in Europa si senta vicina ai palestinesi o ai tibetani, penso che obiettivamente siano la parte più debole.
Dicembre 20th, 2012 at 11:16 am
@21: splendidamente contromano. Ma se concordo… poi mi tocca dar ragione a chi dice che Dio non è (neppure?) un ideale… 😕
Dicembre 20th, 2012 at 12:05 pm
Dio un ideale?! non ci avrei mai pensato
Dicembre 20th, 2012 at 12:06 pm
Non mi funziona più il copia-incolla con le faccine. Colpa dei Maya…
Dicembre 20th, 2012 at 12:09 pm
@ 24: Cfr. qui
Dicembre 20th, 2012 at 12:12 pm
@ 25: cfr. qui 😎
Dicembre 20th, 2012 at 12:18 pm
Ah, beh…
trovato grazie 😛
Dicembre 20th, 2012 at 12:29 pm
Ciao aa @22. Paragoni arditi se ne possono fare, perchè no?
Quale è il problema sotto il profilo del buddhadharma?! cfr Sutra del diamante par 6
Dicembre 20th, 2012 at 1:14 pm
Non ce l’ho il diamante…in teoria starei lavorando 😉
Dicembre 20th, 2012 at 7:34 pm
Ora il buddhadharma ha persino un profilo? Se ne senton delle belle…
Dicembre 20th, 2012 at 7:45 pm
Sotto il profilo… niente?
Mi diceva il Subhuti, dopo che il Gotama lo aveva briffato…
😯
Dicembre 20th, 2012 at 8:07 pm
Il commento 20 è un capolavoro di sintesi e chiarezza. Descrive un mondo sorto dalla saturazione delle informazioni che ci parlano continuamente del mondo. Ma questo mondo, proprio perché reso sincronizzato dalle nuove tecnologie di comunicazione, è finito. Che il mondo sia finito non significa affatto che sia cessato. Significa che esso appare totalmente delimitato dai flussi di informazioni (non appare tanto vasto né capace di darci dell’altro). Il mondo è finito nel momento in cui i suoi oggetti sono stati tutti identificati attraverso codici globali. Con fine del mondo intendiamo una sorta di compimento di ciò che pensiamo e sappiamo del mondo: il mondo è una cosa banale. L’empietismo è una trasfigurazione del banale.
“Alla fine dei tempi i malvagi sempre più faranno del male, ma gli intelligenti capiranno.” – Daniele il profeta. (cit. da G. Ceronetti su “La Stampa” 20.12.2012).
È un annuncio che rasserena. Predicando e praticando l’odium, l’empietismo raggiunge il suo scopo: l’ordine della propria mente. La teologia maledetta sfocia inevitabilmente in scelte radicali come quelle dei monaci tibetani perché non contempla un dispositivo di salvezza. (Una soteriologia empia è inconcepibile. L’empietà conduce alla perdizione).
Il suicidio è un atto sovversivo. Un paradigma dell’eversione che scardina il codice del tutto arbitrario per cui amare la vita significherebbe vivere fino allo spirare naturale dei propri giorni. Per tornare all’articolo di Bianchi, la questione da porsi non è il senso di un gesto discutibile, bensì, assai più generalmente, il senso del sacrificio e delle sanguinarie fantasie che lo accompagnano. Ogni tentativo di razionalizzazione approda ad una “parte maledetta”. L’empietismo illumina questa parte e dispiega un “mondo dopo la fine del mondo”.
Dicembre 20th, 2012 at 8:08 pm
PS: ringrazio mym per le lodi. È bene precisare che il commento 11 è un esperimento di “arte inesistente”. Per arte inesistente non si intende un’ arte che non esiste, bensì un’arte che ha un grado talmente basso di esistenza da farci sospettare che non si tratti di arte. Insomma, un sano esercizio del sospetto. (travolto dal fiume dell’azione. silenziosamente).
Dicembre 20th, 2012 at 8:42 pm
Qualcuno, forse, si chiederà dell’empietismo, così…
E poi anche lo stesso tema in De mundo pessimo
Dicembre 20th, 2012 at 8:52 pm
Volate (jf, hmsx…) troppo alto, per me.
Banalmente: seppure un mondo davvero pessimo giustifichi il pessimismo su di esso e sul suo creatore, tuttavia questo vedere è il nostro vedere, nasce dal nostro così pensare.
Non amo i religiosi che sostengono: “la vita è meravigliosa…”. Balle. Però esiste un altro punto di vista (?): «Se tu il campo di Buddha lo vedi totalmente impuro, ciò significa che vi sono nel tuo pensiero eminenze e depressioni e che non hai certamente purificato le tue intenzioni nel sapere del Risvegliato. Al contrario coloro che posseggono l’uguaglianza di pensiero nei riguardi di tutti gli esseri e che hanno purificato le loro intenzioni nel sapere del Risvegliato vedono il campo di Buddha come perfettamente puro». Sutra di Vimalakirti, versione del Gnoli, p. 410.
Scusate se mi “attacco” a un sutra, ma lo dice così bene…
Dicembre 21st, 2012 at 12:24 pm
Ho letto il link all'”empietismo”…ecco non so, essere contemporaneamente panteisti ed odiare Dio mi pare significhi avere un grosso problema con se stessi. Vuol dire odiare se stessi e la propria vita. Perchè tirare in ballo Dio? Probabilmente il problema sta altrove ed insistere con la speculazione e la metafisica significa non volerlo vedere.
Credo non sfugga a nessuno la grande problematicità etica di questa posizione. Perchè un odio generalizzato verso la realtà tutta dovrebbe necessariamente tradursi in un atteggiamento di pietà e compassione verso i singoli esseri? Sul piano pratico l’odio per Dio potrebbe altrettanto coerentemente (forse più coerentemente) tradursi in una volontà di potenza e di sopraffazione a danno dell’altro ed in desiderio di distruzione fine a se stessa. Il sadismo è dietro l’angolo
Dicembre 21st, 2012 at 12:53 pm
A prescindere, e visto l’argomento, l’odio per Dio si differenzia dall’amore per Dio “solo” dal tipo di emozione che ci suscita.
Dicembre 21st, 2012 at 6:29 pm
@ 35 Finalmente un po’ di artiglieria pesante! Lo scrittore Messori…ma ‘ndo va? Pensa che ho pure letto uno dei suoi libri, che spreco.
@ 37 L’empietismo non c’entra niente con il sadismo e la volontà di potenza che presuppongono l’ateismo. Per usare una formula sintetica, ma non esaustiva, l’empietismo è l’insieme degli atti positivi di separazione da Dio: una specie di santità. Del resto anche nel sistema di Nichiren la rabbia e l’odio sono stati emotivi costruttivi e creativi. Essere contemporaneamente panteisti ed odiare Dio significa riscrivere l’ Ethica ordine geometrico demonstrata, in particolare la parte sull’ Amor Dei Intellectualis. Convengo: un bel problema.
Banalmente: ottimismo e pessimismo combaciano “giacchè la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima” (cfr. Platone, Fedone, 97 d). Cioè, ottimismo e pessimismo non sono propriamente posizioni filosofiche, ma atteggiamenti mentali, e come tali inconfutabili. Detto in altri termini il suicidio rituale, tipo il seppuku, pressuppone che “il campo del Budddha sia totalmente puro”. Il suicidio per stanchezza o depressione è disonorevole.
Ora, che rapporto c’è tra il discorso di Bianchi e il codice dei samurai? E con i kamikaze? Ho finito l’inchiostro solo per scrivere la premessa…e i conti non tornano. Comunque l’articolo lo trovo ben scritto ed equilibrato.
Dicembre 22nd, 2012 at 10:17 am
Mym! Il firewall dell’ospedale blocca il secondo dei links sull’empietismo dicendo che è porno! Ma son cosa da farsi su di un sito religioso !?!?! Tu questi siti me li devi segnalare in separata sede, in modo che io possa evitare di accedervi accidentalmente, cheddiamine 😉
Se il mondo è pessimo c’è una bella fetta di responsabilità degli uomini: siamo una parte del mondo. I due comandamenti cristiani (che poi sono anche ebraici, of course) non sono affatto distinti: amare Dio ed il prossimo non sono due cose diverse. Se avessimo fede muoveremmo le montagne
Dicembre 22nd, 2012 at 1:38 pm
@
Dicembre 22nd, 2012 at 1:41 pm
@40: proprio porno no, però se lo dice il firewall un motivo ce l’avrà…
@39: ancora una volta (poi basta) mi trovo d’accordo con xmsx, almeno sul piano del rapporto tra seppuku/codice dei samurai e “buddismo”: l’autouccisione rituale aiutata dall’esterno (vulgo: seppuku) pretende di legarsi al buddismo (assieme a tutta l’epopea dell’uso della spada che uccide senza che vi sia un assassino) perché è accompagnata dalla realizzazione del vuoto di emozioni, e perciò in uno stato di “sospensione del/dal mondano”. Dimenticando (o, più precisamente: non considerando) che il buddismo vive di azione che sorge dal vuoto dandosi forma in quanto “bene”. Ovvero il “ritorno nel mondo” simbolizzato dal decimo quadro dei “10 quadri del bue”.
Dicembre 22nd, 2012 at 1:42 pm
@ 36: Beati i puri di cuore, perchè vedranno Dio…
Dicembre 22nd, 2012 at 1:50 pm
Sì, suppongo si parli di “cose” quantomeno omologhe. Purtroppo, in quanto a origini, la letteratura cristiana è “fatta” essenzialmente di 4 libretti ampiamente rimaneggiati. Per cui, per es., le reali dimensioni dell’espressione “puri di cuore” sono … da immaginare.
Dicembre 22nd, 2012 at 2:22 pm
@ 39: non è difficile separarsi da Dio- basta fare del proprio peggio; ossia fare deliberatamente del male al prossimo per trarne un vantaggio personale. Se invece cerchi di fare il bene fai le opere del Padre, non importa in nome di chi o cosa tu lo faccia.
@ 44: Ovviamente ci sono anche le Lettere, gli Atti e l’Apocalissa. Ma soprattutto, la letteratura cristiana comprende tutte le Sacre Scritture di Israele, la Torah, i Profeti, i Salmi, senza i quali di fatto il Nuovo Testamento è incomprensibile. Questo però è un altro discorso, e molto lungo…
Dicembre 22nd, 2012 at 3:21 pm
@ 42: qui secondo me tocchi un punto estremamente importante: perchè l’azione che “sorge dal vuoto” si estrinseca come “bene”? Io penso che ciò indichi l’esistenza di un legame profondo, costitutivo, tra la il realizzarsi dello stato “vuoto” ed il manifestarsi del bene. Il che tende a spingere all’uscita dall’apofatismo teologico ed a considerare che il Nirvana possa “dirsi” come Bene.
Si sentirebbe la necessità di una qualche riflessione sull’etica nel buddismo, ma non ce n’è di valore in circolazione : )
Dicembre 22nd, 2012 at 7:22 pm
aMYM: “..il buddismo vive di azione che sorge dal vuoto dandosi forma in quanto “bene””?
Cosa si intende per “bene”?
..grazie
Dicembre 22nd, 2012 at 8:58 pm
@46: L’azione che sorge dal vuoto non si estrinseca automaticamente come “bene”, occorre che l’agire che nasce dal vuoto, ovvero non ha un preferire, prenda forma in quanto bene secondo un preciso atto di volontà. Cfr. Diamante § 14.
@47: la domanda dovrebbe essere: che cosa intendi per “bene”? Al che risponderei: tutto ciò che va dalla parte opposta a “male”. Per esempio, in questo caso, penso sia “bene” rispondere accuratamente alla tua domanda.
Dicembre 22nd, 2012 at 11:38 pm
Provo a rispondere sinteticamente ad aa (poi basta ché è un discorso lungo etc.). Quando abbiamo a che fare con Dio abbiamo a che fare con la Verità: non dovremmo mai scordarlo. Nella teologia empia Dio è il mondo, ma questa identità non è perfetta perché in mezzo c’è il vuoto (e questo complica le cose). Ora, sul fenomeno dei monaci buddisti che si danno fuoco, qualcuno potrà scorgere l’amorevole volto del Padre e un chissà quale imperscrutabile piano divino che ha verosimilmente come conseguenza l’impegno ad amarci gli uni con gli altri. Io, invece, scorgo tutta la terribilità di Dio che nell’empietà è assunto come concetto inferiore per cui il meglio che si possa fare è allontanarsene.
La teologia ufficiale racconta favole su Dio, sulla vita eterna, sulla redenzione salvifica etc. e con ciò rende un pessimo servizio alla verità perché confeziona un Dio a misura dei nostri desideri trasformandolo in un ideale.
Dicembre 23rd, 2012 at 10:13 am
@49: “La teologia ufficiale racconta favole su Dio, sulla vita eterna, sulla redenzione salvifica etc. e con ciò rende un pessimo servizio alla verità perché confeziona un Dio a misura dei nostri desideri trasformandolo in un ideale.” questi teisti… tze! 😛
Dicembre 23rd, 2012 at 12:50 pm
La domanda su che cos’è il “bene” contiene un presupposto, il bene stesso, che per essere spiegato deve essere analizzato, cioè descritto con termini meno generali(intendo dire che non posso affermare che il bene è il bene, altrimenti non spiego nulla ma semplicemente affermo).
Il “bene” richiama quindi in campo l’uomo anche nel buddismo? Nell’affermare un valore (in questo caso IL Valore..) non mi pongo in una posizione trascendente (senza scomodare la Teologia)? Assumere il bene come fondamento della volontà e prospettiva dell’azione non significa porre un valore a fondamento del “vuoto”?
PS Quando ho scritto “si intende” mi rivolgevo alla “istituzione”, sperando di non offenderti…:-)
Dicembre 23rd, 2012 at 6:25 pm
@51: [La domanda su che cos’è il “bene” contiene un presupposto, il bene stesso,] sin qui son d’accordo con te. Ovvero: il bene (e perciò il male) è un dato di fatto, nel mondo. Ovviamente alla scomparsa del mondo scompaiono anche bene e male, per cui da questo punto di vista non ci sono né bene né male. Proprio perché nel mondo ci sono già bene e male, il buddismo (ecco l’istituzione che mostra il capino) non li spiega. Come non spiega l’acqua, il caldo o il freddo.
Secondo me non occorre arrivare sino all’affermazione di un Valore. Almeno a priori. La pratica del bene fa parte della (costante) liberazione da duhkha. Ecco che nasce l’esperienza dalla quale desumiamo un Valore. Per cui parliamo di trascendenza. Senza scomodare la teologia, ça va sans dire.
Dicembre 23rd, 2012 at 9:42 pm
Io non intendevo tanto impostare un “discorso” teologico, quanto illustrare un “come”. La devozione a Dio e l’amore per il prossimo sono un mezzo di liberazione, secondo me molto efficace ed accessibile-lo Yoga Bakhti. Gandhi ne è stato un esempio(anche lui pensava che Dio fosse la Verità , ma evidentemente il tutto era declinato in altro modo). Può essere che l'”odium Dei” per qualcuno risulti essere un “abile mezzo”, ma mi pare che questo implichi fare dei bei salti mortali concettuali.
Può essere pure che ad un certo punto si possa “lasciar andare Dio per il bene di Dio”, oppure “andare oltre la giustizia ed il bene”…ma è roba per nuotatori esperti
Dicembre 24th, 2012 at 10:02 am
Non sembra possibile non constatare il male nel (del?) mondo. Dalla constatazione del male (fosse anche una briciolina) deriva immediata la postulazione del bene, senza neppure bisogno di definirne l’ontologia né architettarne una teoria. Sorgono alcune domande:
1. Il bene è “solo” sottrazione e/o depotenziamento del male constatato?
2. Si tratta di un gioco delle parti, per cui senza male niente bene, per cui bisognerebbe supporre un male necessario al bene (cortocircuito morale faustiano)?
3. Dato che scomparso il mondo male e bene scompaiono con esso, il bene “definitivo” coincide con la dissoluzione del mondo?
4. Per tornare al topic, chi si dà fuoco constatando il male, compie con quel gesto senza fini reconditi un atto di bene?
Buona vigilia a tutti e a ciascuno!
Dicembre 24th, 2012 at 10:40 am
@54: Interessante sarebbe sbirciare da dove sorgono certe domande… Anche perché per sorgere così articolate occorre nascano, plop!, da una piccola fucina.
Proviamo a far sorgere risposte:
1 Dal punto di vista del mondo la risposta è no: esiste il bene tanto quanto esiste il male. Chiamare “bene” la semplice (si fa per di dire…) assenza di male è una scelta convenzionale.
2 Non è un cortocircuito morale, secondo il buddismo (benedetta istituzione…): gli opposti si manifestano assieme, o non si manifestano.
3 Il bene definitivo? Was ist das? (co’ è? in marchigiano)
4 Certamente, tutte le volte in cui senza fini reconditi compie un atto di bene.
@53: e “lascia che i morti seppelliscano i morti” allora? O “chi perderà la propria vita…”? E “siate perfetti come il Padre vostro…”? La religione intesa come atto consolatorio è per tutti accessibile, in gergo si direbbe “di bassa soglia”. Appena vuoi muoverti secondo il “volere di Dio” oppure (Gesù!) dir la tua, diventa un mare per nuotatori … che a forza di star per affogare diventano esperti.
Dicembre 24th, 2012 at 1:21 pm
Non penso sia possibile parlare di “bene” per gli esseri umani senza chiamare in causa il valore: la mente funziona per attribuzioni di significati e di valori nelle libere scelte (o non scelte), nello sviluppare volontà in favore dell’azione (o non-azione); altrimenti dovremmo ammettere l’assenza del libero arbitrio e della consapevolezza che il male è diverso dal bene.
Postulare il bene come contrapposizione al male , se il male è considerato non solo come fisico, è già, mi pare, ontologia, senza per questo tradurla in epistemologia: ammetterne l’esistenza non vuol dire necessariamente farne una costruzione teorica.
D’altronde sedersi in silenzio di fronte a un muro mi sembra una scelta che non si limita a una psicoterapia esistenziale o una pratica energetica.
Dicembre 24th, 2012 at 1:49 pm
Con pardòn, non ho fatto il militare a Cuneo e certi discorsi non li seguo agevolmente. A parte una cosa, che mi trova d’accordo: “ammetterne [del male] l’esistenza non vuol dire necessariamente farne una costruzione teorica”. Con le mie parole: l’acqua, il caldo, il freddo… non necessitano di una costruzione teorica. E, anche in questo caso, l’ontologia non c’entra nulla. Il Male non esiste e così il Bene, a meno che non li facciamo esistere, ma a quel punto casca la maiuscola.
Se non ci fosse(ro) il male (e il bene) non ci sarebbe il buddismo. Fu il tentativo del padre di Siddhartha. Fallito perché il serpente(*) ci mise lo … zampino.
Sedersi in silenzio di fronte al muro, di nuovo, è come l’acqua, il caldo e il freddo. Non è un’altra cosa, dal sedersi in silenzio di fronte al muro.
(*)Nella Genesi è il serpente che rompe le uova nel paniere del paradiso terrestre. Nella biografia iconografica del Buddha fu la realtà medesima (non la Realtà) ad irrompere: vivendo nel mondo non si possono ignorare l’acqua (malattia), il caldo (vecchiaia), il freddo (morte) e perciò serve il buddismo.
Dicembre 24th, 2012 at 3:13 pm
Scusate, ma perchè non cantare la canzone del bene e del male in chiave di Dukkha?!
Dei discorsi su categorie quali il Bene ed il Male, il Giusto e lo Sbagliato, la Pietà o l’Empietà, personalmente…anzi…francamente me ne infischio.
Qualcuno dirà: ma ci divertiamo tanto… 🙁
Dicembre 24th, 2012 at 3:24 pm
@57
… l’acqua (malattia)…
Già non è che sia un fanatico della pulizia, ma da adesso non mi lavo più!
Dicembre 24th, 2012 at 3:25 pm
…e bevo solo vino 😳
Dicembre 24th, 2012 at 5:30 pm
@58: “perché non cantare la canzone del bene e del male in chiave di Dukkha?!” mi pare fosse quel che si stava facendo, no?
Facendo attenzione a non richiamarsi a duhkha come fosse il solito moloch/idolo/parola-d’ordine che tutto copre e tutto giustifica.
Dicembre 24th, 2012 at 6:16 pm
Inguaribile ottimista.
Dicembre 24th, 2012 at 6:44 pm
Penso che siano in pochi quelli che hanno fatto il militare a cuneo;-)
comunque, per fortuna, non sono tra quelli
Grazie.. e buon natale a tutti:-)
Dicembre 24th, 2012 at 7:11 pm
Possiamo dire che abbiamo fatto il militare assieme… 😀
Buon natale a te
Dicembre 24th, 2012 at 7:33 pm
@ 58 E’ implicito che “cantiamo la canzone del male e del bene in chiave di dukkha”, senza maiuscola pur essa, come male e bene. Come si fa ad accordare la musica in chiave di dukkha e nello stesso tempo infischiarsene del bene e del male? Che musica si produce?
@ 55 Finalmente a domande ci sono risposte, che diamine! Le riascolto e di rimando:
1. Sì, è convincente, l’acqua calda è calda, non è solo assenza di acqua fredda. Chiamare bene la “semplice” assenza di male non è soltanto una scelta convenzionale, è anche un indugiare nell’ombra.
2. Gli opposti si manifestano assieme e sono ciascuno separati. Vale a dire, come opposti sono co-esistenti, ma il bene è solo bene, non ha “bisogno” del male per essere bene – qui si svela il gioco di mefistofele.
3. Il bene definitivo è il bene di ogni momento di bene.
4. Dunque darsi fuoco può essere un atto di bene. E’ quel che negano (quasi tutti) i cristiani.
Dicembre 24th, 2012 at 7:48 pm
Speriamo che nessuno ci (si?) prenda troppo sul serio
Dicembre 24th, 2012 at 11:49 pm
Conoscendo mi (si) il rischio appare remoto…
Dicembre 27th, 2012 at 8:24 pm
Bellissima immagine. Qualcuno mi può gentilmente offrire la traduzione del testo?
Dicembre 27th, 2012 at 10:06 pm
Le poesie non si traducono.
Tutti i giorni Natale
All’improvviso
tutto il tempo è svanito
nient’altro, ancora.
Solo spazio per la libertà.
Dagli forma, sarà nato di nuovo
o per sempre perduto
Dicembre 28th, 2012 at 3:21 pm
Grazie mym, cosa vuoi, a me non mi piace che a io che so bene solo litaliano mi si parla in unaltra lingua, che qualquno mi manda un’elogio o un’insulto come vuole…
Gennaio 1st, 2013 at 6:02 pm
Grazie Doc, Alex, Px. Gran bel lavoro.
Buon anno
mym
Gennaio 2nd, 2013 at 12:36 pm
Uh che bello! Mi sono riconosciuta in una di quelle paperette, quella che fa gli auguri a voce più alta di tutte!
Gennaio 2nd, 2013 at 12:39 pm
Germani, non paperette, germani
Gennaio 2nd, 2013 at 7:26 pm
Lo so che si chiamano germani, ce li abbiamo anche nell’Entella. Ma sempre papere sono…
Gennaio 2nd, 2013 at 8:36 pm
L’ontologia della papera…
Gennaio 3rd, 2013 at 6:33 pm
Se vuoi saperne di più, eccoti accontentato. Il nome scientifico del germano è “anas platyrhynchos”: anas è ovviamente l’anatra e l’altra parola è greco e vuol dire “becco largo”. Se invece non vuoi saperne di più… ormai è fatta!
Gennaio 3rd, 2013 at 6:35 pm
Sto già meglio
Gennaio 13th, 2013 at 4:40 pm
sempre grande, Doc!
Gennaio 20th, 2013 at 2:09 pm
via sgocciolata per la saggezza 😉 http://en.wiktionary.org/wiki/scatologica
Gennaio 20th, 2013 at 4:59 pm
Buongiorno pievarino, benvenuto.
La pupù … sgocciolata? 😕
Gennaio 21st, 2013 at 10:35 am
Ma cosa vai a pensare mym?! E’ l’ombra del meditante riflessa nell’acqua. Un briciolo di poesia, che diamine!
Gennaio 21st, 2013 at 10:56 am
Be’, pievarino mi ha dato un assist -per pensare- mica da poco: “sgocciolata” è l’anagramma di “scatologica”, come precisa il link che ha postato…
Ma cosa vai mai a pensare… 😛
Gennaio 24th, 2013 at 10:28 am
Mi spiace per il ritardo, tutti i miei collegamenti erano saltati.
Ohhhh, l’anagramma! Come sei bravo!
Gennaio 24th, 2013 at 11:13 am
Il link, non io, il link parla dell’anagramma…
Oggesù!
Gennaio 24th, 2013 at 12:53 pm
Gesù cosa c’entra? Forse perché Dio è dappertutto?
Gennaio 24th, 2013 at 12:59 pm
No no, cioè: sì sì…
Oddio!
PS: in questo caso penso si possa usare il più appropriato òssegnu cau!
Gennaio 24th, 2013 at 7:53 pm
Forse è meglio che tu traduca per i foresti…
Gennaio 24th, 2013 at 7:59 pm
Intervengo perché sono spaventato a morte! Terrore mi precipita in un passato prossimo putrefatto. Rifiuto, cristianesimo e buddismo. Senza esitazione percorro la via del samurai, ovvero la ricerca della morte violenta, inutile e affascinante (si fa per dire). Giuoco il giuoco dell’empietà fino in fondo. Seriamente.
Il più recente caso di seppuku è quello dello scrittore Yukio Mishima. Accadde nel 1970 e fu programmato nel 1967. La forza del gesto, al di là del rapporto tra lo scrittore e la sua maschera, il c.d. ‘tema dell’eroe’, non deriva principalmente dalla lama che squarcia il ventre, ma da una certa onnipotenza che chiameremo ‘mondo’. Il quale non si ‘apre’ come la benevola porta di un regno fatato, ma aggredisce e ammazza. Piuttosto che lasciarsi “afferrare”, come una volta si diceva con compunzione, ci afferra e ci costringe a sputare sangue. Insomma, a dire di che si tratta. Per dirne una, è il suo ‘ordine’ a ucciderci. Mishima, samurai dal cuore pacifico, usò parole di scherno verso i movimenti studenteschi sessantottini. Forse perché il loro agire era ‘incongruo, scoordinato, improvvisato’. (cfr Sutra del Diamante, pag 36).
L’ agire di Mishima, invece, è autenticamente zen. Richiede perfetta concentrazione, distacco dalle contingenze, quiete interiore. Lo svisceramento avviene in un certo senso da sé, senza deliberazione; è come se il pensiero fosse indipendente dalla mano.
Le immolazioni dei monaci tibetani sono una dichiarazione di guerra alla Cina? Un oltraggio al sentimento cristiano della vita? La coscienza individuale offre forza a questa lotta, è questo è quanto. Nel mio linguaggio: “Where are we now?” Forse al punto in cui non può [più] costruirsi una teologia “su” Gesù.
Gennaio 24th, 2013 at 8:01 pm
@ 54 punto 3. La risposta più sensata che ho trovato sul ‘bene definitivo’ è la seguente:
«(…)la brama della vera eternità alletta ben pochi, perciò è quasi impossibile trovare un uomo tanto infelice da desiderare la morte. Di nessuna fiducia gode la promessa del nostro salvatore che il mondo crollerà e la sua fine accelererà il giorno del giudizio».
Giulio Cesare Vanini, in Confutazione delle religioni, Catania, De Martinis, 1993, p. 165.
Vanini appartiene allo storia dell’empietà, non alla storia dell’ateismo. Una storia che fa progressi sebbene sia tutta da scrivere.
Gennaio 24th, 2013 at 8:04 pm
@doc 58
La mia indifferenza non è totale. A un certo punto si rompe. Attraverso lo squarcio mi vedo e nel momento in cui mi vedo non sono più indifferente.
Quella scempiaggine che è il mondo mi appare improvvisamente pieno di senso solo nella esistenza musicale. L’esistenza musicale non è ipso facto quella del Musikant, ma quella di chi esiste e vive per il suono per cui il mondo si rivela come una totalità di fini. Insomma, noi siamo superiori al mondo. L’orgoglio dello spirito mi sembra indiscutibile e perverso. Cadendo su noi stessi l’anima nostra produce dentro di sé una piaga profonda. L’impronta della sua eccellenza, della sua grandezza, vuol pascersi dello spettacolo della sua perfezione! Sullo spartito della musica dionisiaca corrono suoni promettenti ma muti… ci accontenteremo della musica leggera!
Il ritornello dell’ ultima canzoncina del bene e del male in chiave di Dukkha suona pressappoco così: “La morte non esiste più nonostante certe notti da nevrastenia da soffocare”. Ecco, c’è poco da poco da stare allegri, è proprio un canto funebre.
È brivido metafisico di specie nuova. Una frisson nouve che si prova cogliendo alle soglie dell’ignoto le occulte analogie dell’universo e che presuppone una rinascita dell’arte dell’ascolto.
PS:avrei voluto fare a meno di moloch canterini… ma sono travolto da un orde di musici esorcisti!
Gennaio 24th, 2013 at 8:34 pm
Ciao Hmsx, la tua prosa mi suscita ammirazione. Anche se a volte non condivido quello che l’accurata forma contiene.
Non sempre scegliere di vivere è un ripiego. La sublimazione della morte la fa (nelle parole, fisicamente distanti dal fatto stesso) sembrare elegante e pura. Ma è un inganno.
Quando è pura anche la vecchiaia bavosa, sceglier di vivere è alta scuola.
Gennaio 25th, 2013 at 12:15 am
Grazie, mym, sei gentile. Avvolte trovo la mia prosa oscura e monca.
Le condizioni ideali per la scelta di morte che Hagakure sembra incoraggiare non si presentano in modo chiaro e univoco. A dire il vero sono condizioni rare. La situazione di dover decidere di morire era rara anche ai tempi in cui l’arma più micidiale era la spada. Lo stesso Jōhō, autore di Hagakure, visse fino alla tarda età di sessantun anni (1635-1719). In altre parole nessuno ha il diritto di dire di Hagakure che è una guida per aspiranti suicidi. A questo punto il nodo gordiano riguarda la morte, ovvero può la morte “virtuosa”, cioè la morte da noi stessi eletta in nome di un nobile fine, esistere? Per il cristianesimo solo il martirio e il lento suicidio dell’asceta possono giustificare il desiderio del suicidio. Le altre forme di suicidio sono proibite in maniera terrificante… Il Buddismo, allora, si presenta come l’unica religione veramente positivista che la storia ha da offrirci: esso non dice « lotta contro il peccato », bensì « lotta contro il dolore », dando pienamente ragione alla realtà. Nella dottrina del Buddha l’egoismo diviene un dovere: « una sola cosa è necessaria: come liberarsi dal dolore ».
Le autoimmolazioni dei monaci tibetani brucerebbero di un fuoco…non violento?!? L’equivoco nasce secondo me dall’abitudine di considerare lo Zen, versione giapponese del buddhismo, come una religione estremamente pacifica. In verità l’antiscolasticismo, la disciplina mentale, la rigida formazione fisica, proprie dello zen, contribuiscono a sviluppare una fibra interiore forte che non teme la violenza.
PS: sto al settimo cielo…ho inventato delle nuove bestemmie! 🙂
Gennaio 25th, 2013 at 11:38 am
“Le autoimmolazioni dei monaci tibetani brucerebbero di un fuoco…non violento?!?” Interessante punto di vista. Non lo ammetterei mai, comunque.
Invece, non sono d’accordo quando scrivi “Nella dottrina del Buddha l’egoismo diviene un dovere” a meno che per ego si intenda “tutto”. Il detto zen “la realizzazione dei buddha consiste nel fare zazen e aver cura del giardino. Senza preoccuparsi di quanto esso sia grande” riassume bene: il giardino è “tutto”. Solo in questa accezione la tua affermazione è condivisibile. IMHO.
Gennaio 27th, 2013 at 1:13 pm
mym (Mind Your Mind ?)
….l’anagramma interroga la guittezza della lettera 😉
Cristina, il briciolo di poesia attrasse l’anatra che dissolse la riflessione del meditante.
Gennaio 27th, 2013 at 5:27 pm
Eeeeh… Ma qui succedono cose: l’anagramma interroga, l’anatra dissolve. Un ribollir di vita.
Mind your mind? Who minds the mind?
Gennaio 27th, 2013 at 7:05 pm
Meschin-a de mì! No ghe capixio ninte!
(in volgare: povera me, non ci capisco niente)
Gennaio 28th, 2013 at 6:35 pm
Chi ghe neigru, chi ghe giancu, chi nu ghe capixio e chi mancu.
Antico proverbio zeneixe – vulgo: qui c’è nero, qui c’è bianco, qui non ci capisco e qui manco.
Gennaio 28th, 2013 at 6:41 pm
Eccepirei: il “e chi mancu” starebbe per “e qui nemmeno”, IMHO.
Gennaio 28th, 2013 at 11:21 pm
Filologicamente ineccepibile, intendevo solo mantenere la rima anche in volgare, con licenza parlando.
Febbraio 17th, 2013 at 8:46 pm
Buon giorno o sera a tutti, il mio nome è kengaku, ho accettato l’invito di Yushin M.Marassi di aggiungermi al vostro blog, ne sono onorato anche se credo non esserne all’altezza.
Oggi ho sentito che il papa uscente ha detto che “Dio non va strumentalizzato!”
Ecco, con questa semplice frase, a mio parere, ha spiegato i motivi del suo “abbandono”. Chi vuole intendere intenda!
Quali sante parole! Sante perchè Universali, cioè vanno bene per tutte le cosiddette religioni. Forse avrebbe potuto aggiungere affianco al nome di Dio anche quello del Buddha, Maometto ecc. Ma si sa che dicendo Dio ha inglobato tutti. Strumentalizzare sembra sia l’impegno dei più di oggi, che squallore!!
Mostrare il proprio vero volto e assumersi le proprie responsabilità potrebbe essere oggi la Via verso il corretto modo di sedersi, si perchè accade a volte che anche sedersi in zazen possa diventare lo strumento per nascondere il proprio volto e non assumersi le proprie responsabilità. Credo che porsi spesso la domanda se siamo “genuini” in quello che facciamo sia non solo onorevole ma di buon esempio. grazie
Febbraio 17th, 2013 at 8:50 pm
Ciao Kengaku, benvenuto. A domani per un commento al tuo commento, per ora: grazie.
Febbraio 18th, 2013 at 9:26 am
All’ombra del banchiere Sudatta.
L’egoismo è la legge prospettica della sensibilità secondo la quale le cose più vicine appaiono grandi e pesanti mentre in lontananza perdono, tutte, grandezza e peso. Che cosa significa vivere? Domanda l’uomo religioso. Vivere significa respingere senza tregua da sé qualcosa che vuole morire; vivere vuol dire essere senza pietà per i moribondi, i miserabili e i vecchi. Significa essere sempre e di nuovo assassini? Sì, perché si ha bisogna di una casualità contronaturale. Un Dio che esige in luogo di un Dio che aiuta. La morale non è più istinto vitale, espressione delle condizioni di vita e di crescita di un popolo, ma è divenuta astratta, un’ antitesi alla vita: la morale come radicale intristirsi della fantasia, come «cattivo sguardo» su tutte le cose. Che cos’è la morale giudaico-cristiana? Il caso defraudato della sua innocenza; la sventura insudiciata con l’idea di «peccato»; lo star bene come pericolo, come «tentazione»; l’indisposizione fisiologica avvelenata dal tarlo della coscienza…Il Buddismo è cento volte più freddo, più veritiero, più oggettivo del cristianesimo! Esso non ha bisogno di rendere il proprio soffrire, la propria capacità di soffrire, RISPETTABILI per mezzo dell’interpretazione del peccato – dice semplicemente ciò che pensa «io soffro».
[del resto “non c’è una cosa (concreta, astratta, etc.) che possa essere detta “salvezza” Cfr. mym, Diamante, p. 95, n. 25]
Febbraio 18th, 2013 at 9:47 am
Mi riserbo di dire l’ ultima parola sulla musica: nel mentre, sommerso da immondizie musicali, sfoglio libri melensi comodamente imprigionato a casa. Torno al tema del post. L’empietismo spinge l’amore di sé sino al disprezzo di tutto. L’attimo immenso in cui il teologo maledetto coglie il concetto di Dio e ne separa è un atto unico della mente che non può essere sprecato senza posporre l’Altro. Non c’è se stesso nell’Altro. Quello non sono io. (Hagakure e io)
Per gli uomini religiosi la preghiera ha valore solo se cospira contro l’eccezione, affinché si accomodi in stanze quiete, con occhi, mani, gambe e organi in disparte. Sono stupito dall’immenso sperpero di energie che i fedeli ripongono in speranze del tutto vuote e volgari. La pratica del cristianesimo non è che una fantasticheria, non più della pratica del buddismo: è un mezzo per essere felici..
PS: ho provato molto diletto a leggere una vecchia lettera – A.D. 2003 – indirizzata a ben due papi. Soprattutto ho riconosciuto la firma. (le mie bestemmie montano che è una bellezza)
Febbraio 18th, 2013 at 8:25 pm
Ciao HMSX, bentornato. Son contento tu stia bene. Il ritmo della tua prosa è il respiro di una notte di boschi e valli. Si sentono cose, non si vede nulla, poi appare un lampo ed è subito scomparso.
È vero, non c’è se stesso nell’Altro, chiunque sia. Il passaggio non è da me a … te (Te?). Ma da me a me.
Febbraio 18th, 2013 at 10:08 pm
Sempre molto acuti gli editoriali di Giovanni De Mauro su “Internazionale” – rivista che con la Chiesa non è mai molto tenera. Sulla questione GDM ha scritto:
“. . . In fondo [Benedetto XVI] occupa un posto unico al mondo in termini di potere e autorevolezza: ha un incarico a vita e risponde solo al suo capo, che peraltro di recente si è visto poco e che secondo alcuni neanche esiste. Nessun essere umano e nessuno scandalo potrebbero mai obbligarlo ad andarsene contro la sua volontà. Va apprezzato quindi il suo gesto: lasciare il potere spontaneamente, non restare avvinghiato alla poltrona, rinunciare ai privilegi e ritirarsi. Per una volta, invece di chiederci cosa c’è sotto, potremmo guardare cosa c’è sopra.”
Febbraio 19th, 2013 at 11:14 am
Il gesto e l’uomo. D’accordo.
Non è per fare lo schizzinoso ma chi frequenta la Stella sa che “lasciare il potere spontaneamente, non restare avvinghiato alla poltrona, rinunciare ai privilegi e ritirarsi” è il minimo, richiesto a chiunque, per cominciare a collaborare. Piuttosto è indicativo che pur trovandoci a trattare dell’apice di una struttura ecclesiale si puntualizzi come è stato bravo a fare quel che ci si aspetta dovrebbe fare chiunque.
Chissà perché.
Forse “da certa gente” un gesto del genere nessuno se lo aspettava.
E ho detto tutto.
Febbraio 19th, 2013 at 1:05 pm
Rieccomi, non ho idea se questo Papa fosse “buono” o “meno buono” , bravo o meno bravo, anche perché tutto è relativo; se ha fatto quello per cui era stato messo li oppure no. La figura del Papa ha diverse sfaccettature, per la politica rappresenta qualcosa, altro per la Chiesa, altro ancora per i fedeli. Sicuramente un incarico difficile! Ora, supponendo l’integrita’ morale, etica e conservatrice del Papa, difronte agli ultimi episodi scandalosi della Chiesa, e nell’impossibilità di poter agire secondo il suo pensiero, non mi stupisce affatto che abbia scelto di uscire dalla scena.
Una goccia di inchiostro in un lago puro non fa danno, ma una goccia di acqua pura in un lago di mer….. di inchiostro può solo infettarsi. Anche se, non è detto sia sempre così. Una singola fiammella a volte può accendere un grande incendio. Vedi la vita e missione di Cristo, di Buddha ecc.
Dato che si parlava di strumentalizzazione, la Chiesa risponde alle esigenze del momento storico, ( il prossimo Papa potrebbe essere cinese!!) più che alle esigenze di Dio. In conclusione, mi chiedo: nella dimensione del pensiero umano può trovare un posto Dio?
Si! Solo quello personale! E quando il Dio personale ci tradisce, allora perdiamo la fede. Come dire che se lo zazen ( pratica religiosa) non rispecchia le nostre aspettative ci sentiamo traditi….. (Qui dovremmo aprire un lungo dibattito su cosa sia amore, aspettative ecc)
Dal canto mio, me ne guardo bene dal giudicare il comportamento di qualcuno, perché la stessa alba può rappresentare un giorno di felicità per alcuni, dolore per altri. Così, mi ripeto spesso: segui la via del cuore e cerca di essere ogni giorno sempre più genuino! (difficilissimo !!!!!!). Grazie
Febbraio 19th, 2013 at 3:47 pm
Ciao Kengaku, secondo me sei troppo buono. L’integrità morale non la darei per scontata. Per me si è fatto da parte perchè è coinvolto fin sopra i capelli negli scandali (finanziari, sessuali, ecclesiali): sono sua responsabilità. Ratzinger tirava i fili anche negli ultimi anni del pontificato di GP2, ormai ridotto ad un feticcio; ha le mani in pasta in tutto da un sacco di tempo. A parte ciò, non è questione di persone, ma di struttura. Il modo in cui è organizzata la chiesa cattolica è anacronistico e disfunionale. Il papa viene eletto da tre gatti che ha nominato il suo precedecessore; cominciassero a far eleggere i vescovi dai consigli pastorali, ed i cardinali dai vescovi, allora cambierebbe qualcosa. Altrimenti secondo me il cattolicesimo sarà primo o poi soppiantato dai pentecostali in America e in Africa. Contando che in Europa è sempre più marginale e che in Asia non si è mai radicato (Filippine a parte)…
PS: nella dimensione del pensiero umano può trovare posto Dio? Sembrerebbe una specie di Koan (Se trova posto allora non è Dio, se non trova posto non se ne può parlare)
Febbraio 19th, 2013 at 4:06 pm
grazie aa, certo rebus risolto! nel pensiero umano può trovare posto solo il proprio dio….. per il fatto del troppo buono, nossignore, cerco di pensare bene per rispetto a me stesso…. riguardo al fatto che non se ne può parlare, intendo di quello Vero, non sarei d’accordo, noi dobbiamo cercare di parlarne ben sapendo che ogni cosa possiamo dire nemmeno scalfisce la Verità. Eludendo i problema dicendo che non se ne può parlare, impoverisce la nostra ricerca. Non dimenticare che tutti i Santi, ricercatori della Via ne hanno parlato, pur sapendo che le loro parole erano come un dipinto su una tela, ben lontano dalla realta. Ne ha parlato Doghen, ne ha parlato Lao Tsu, lo ha cantato Francesco d’Assisi. Anche se ogni cosa animata e non, ne parla ampiamente, noi umili viandanti dobbiamo comunque parlarne, il punto è come ne parliamo, e subito dopo come ritorniamo a noi stessi. Comunque grazie della tua risposta, speriamo altri si aggiungano per conoscere la loro opinione.
Febbraio 19th, 2013 at 5:16 pm
Grazie a te Kengaku. Davvero ne hanno parlato anche Doghen e Lao Tsu? E poi perchè dobbiamo per forza parlarne? E’ davvero necessario sul piano esistenziale? Non diventa immediatamente un comodo alibi dietro cui rifugiarsi, un paravento dietro cui si nascondono le nostre paure, o peggio il nostro desiderio di potere, il nostro conformismo persino (mi pare questo il senso del brano di Popper riportato da Mym)?
Non direi che dire che non se ne può parlare impoverisce la nostra ricerca, forse la riorienta. Secondo me il punto debole della teologia del Ratzi era proprio l’equazione logos divino-ragione umana, che trasforma in un teorema dimostrabile ciò che per l’appunto non si può dire. Ma non credo proprio che si sia ritirato per ragioni teologiche.
Febbraio 19th, 2013 at 6:08 pm
Grazie a te, dobbiamo parlarne come provocazione a noi stessi…….mi spiego, quando dico che dobbiamo parlarne non intendo parlarne per esibire qualcosa o dimostrare qualcosa, ma solamente come provocazione a se stessi. Credi che il cuore e la mente siano collegati quando si espone qualcosa? Certamente, quando si vuole esporre il proprio pensiero riguardo qualcosa, la mente e’ necessaria! Per me non è così. Prima di esporre il mio pensiero riguardo qualcosa, e durante, verifico che ciò che espongo coinvolga il mio cuore, il mio sentimento, e non solo, il fegato, se nascono paure o perplessità. Cioè, posso sostenere ciò che dico con la mia vita? Vedi, ho trovato che poi non è tanto difficile usare la parola specie se “furbita” , difficile e’ essere genuini, in ogni istante. Dal mio punto di vista, sebbene nell’Universo umano ci sta dentro di tutto e possiamo dire e negare tutto, cercare di essere sempre genuini e’ l’impegno maggiore!
Per genuini intendo che quando fai qualcosa, non giudichi ciò che fai, non ti soffermi, non ti lodi e non ti condanni!!! Non trascini con te sensi di colpa ne meriti, non guardi te stesso che parli o che agisci, non ci sono due te. Una cosa genuina e’ sempre se stessa, col suo gusto particolare che può piacere o meno, ma la cosa in se’ non porta falsità. Questo per me e’ il mio koan quotidiano! Perché mentire o nascondere e’ sempre la via più facile. E la verità non può essere contenuta ne in un discorso ne in un sentimento. È una cosa tridimensionale a 360 gradi…… Per noi sarebbe come vedere il dritto, il rovescio, i lati, l’alto e il basso di una stessa cosa simultaneamente ……impossibile! Ecco perché cercare di parlare di cui non si può parlare e’ provocazione intellettuale….. Ricordi di quel tipo che disse all’amico che gli chiedeva del perché usasse il ventaglio per muovere l’aria visto che essa è d’appertutto….. Gli rispose: ” tu sai che l’aria e’ ovunque, ma non sai della ragione e del perché è ovunque” (più o meno faceva così……. ) Ecco, per me cercare di parlare di Dio, del Tao, del Dharma o chiamalo
come vuoi, e’ come cercare di muove il ventaglio, per me stesso! Scusa se mi sono dilungato in questo, ma la questione credo sia di grande importanza, forse non per te o me, ma coinvolge tutta la storia delle religioni. Quando Cristo disse ai discepoli andate e predicate, forse voleva dire più cose. Una sicuramente era andate a far conoscere la verità, ma un altra era andate e verificate quanto avete appreso, andate e vivete con tutto voi stessi ciò che vi ho fatto conoscere. La nostra Via non è mai stata “esibire” “mostrare” ma verificare, vivere la verità della vita, chiarificare col nostro agire, parlare, pensare la Via che abbiamo appreso. Questo per me, lo ripeto e’ il significato di parlare del Dharma.
Grazie per l’occasione che mi hai dato.
Febbraio 19th, 2013 at 7:28 pm
L’invenzione più autentica dei fondatori di religioni è di aver dato avvio a un determinato genere di vita e di costumi giornalieri – una disciplina voluntatis anti-noia. Secondariamente hanno dato a questa vita una interpretazione così alta da diventare un bene per il quale si lotta, e in determinate circostanze si sacrifica la vita. Il significato, l’originalità, del fondatore di una religione sta nel fatto che egli vede questo genere di vita, lo sceglie, per la prima volta prevede a quale fine può servire e come può essere interpretato. Gesù si imbatté nella vita della povera gente, la interpretò, e ripose in essa il più alto senso e valore col il coraggio di disprezzare altri generi di vita unitamente alla segreta fiducia di “conquistare il mondo” (Roma e le classi superiori dell’Impero). Buddha, similmente, interpretò i bisogni di un gran numero di uomini resi buoni e affabili dall’indolenza, e consegnò loro una fede che promette di preservare dal ritorno dei terreni affanni (lavoro e agire in generale).
È propria del fondatore di una religione un’infallibilità psicologica nel conoscere un determinato genere medio di anime che non si erano ancora riconosciute come appartenenti alla stessa categoria. Egli è quello che le raccoglie insieme: la fondazione di una religione diventa sempre, in questo senso, una lunga cerimonia di riconoscimento. Allora, il punto non è la “strumentalizzazione” del concetto di Dio, ma legiferare contro il cristianesimo. Del resto “La Chiesa è xx xxxxx del Diavolo; chi potrebbe negarlo?” [Da una lettera del 2003]
Febbraio 19th, 2013 at 7:29 pm
Gentile Kengaku l’hanno istigata all’autonomia del pensiero, a pensare da sé. Lei è libero di pensare: ma cosa? Provi a misurare la beffa. Assuma il punto di vista dell’estraneo, del radicalmente altro.
…
NB. Chi pratica l’empietismo è nemico del genere umano. La teologia maledetta è indifferente all’amore o alla amicizia; spegne ogni assillo di “fraternità”. L’unica risoluzione è quella di tenere fermo il proprio sé. Si è individui solo davanti al mondo o a Dio, non ci sono ‘altri’ che tengano. Da solo a solo si disse bene.
Febbraio 19th, 2013 at 7:39 pm
Se diluite troppo il brodo, quei due tortellini non li trova più nessuno.
PS: ho censurato un espressione offensiva di HMSX (8), sostituendola con xxxx
Febbraio 19th, 2013 at 7:51 pm
@ HMSX 8: legiferare contro il cristianesimo (il buddismo, l’islam) è speculare al suo opposto: concordati, intese, ottopermille ecc. Basterebbe quello che dice la Costituzione al primo comma dell’art. 8: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
In materia occorrerebbe de-legiferare.
Febbraio 19th, 2013 at 8:15 pm
Grazie, sicuramente mi aiutate ad essere più conciso.
Non giudico nessuno comunque! Ogni momento storico ha le sue necessità! Il limite delle parole e’ proprio questo.
E le parole non aiutano né a capire ne ad essere, l’esperienza personale e’ indispensabile! In un campo ci sono miriadi di fiori e ciascuno coglie quello che più gli piace. Ho tentato di creare una provocazione perché dopo 35 anni di zazen ho visto molti chiudersi nello proprie convinzioni e insicurezze anziché aprirsi al nuovo, al cambiamento. Mi scuso se sono apparso settario, non volevo esserlo. Ciascuno difende le proprie convinzioni che siano politiche, religiose, etiche morali ecc. Ecco perché, forse, Yushin ha detto che il Papa doveva pensarci prima e altri potevano imitarlo.
Non vi conosco di persona ma so che nella stella del mattino si fanno le pulci alle mosche…..:-) questo per me e’ un buon impegno e insegnamento. Mi e’ stato chiesto di assumere il punto di vista dell’altro……
Mi piacerebbe…, ma chi può raccontare di se’ in due righe e a che serve poi?
Se un giorno Yushin vorrà organizzare un incontro con tutti voi interessati, vi spiegherò come il corpo energetico influenza il nostro pensiero, come si annidano i parassiti nella mente e come paura e violenza repressa si manifesta in un corpo rendendo una mente priva della sua libertà.
Grazie, alla prossima.
Febbraio 19th, 2013 at 8:32 pm
Grazie Kengaku.
Un incontro? Con gli interessati?
E questo cos’era? 😛
Febbraio 20th, 2013 at 2:36 am
Leggo sul sito della Stella del mattino, 18 febbraio, nella rubrica “Vi racconto una storia” la riflessione di Yushin sul rapporto Dio e la storia secondo la teologia cristiana (cattolica). Con tutta la stima e amicizia verso l’autore, che rimane inalterata, ritengo tale articolo non onesto, senza il rigore di una vera riflessione religiosa. Non mi interessano più di tanto i giudizi sulla figura di papa Benedetto XVI, nel senso che ogni guida religiosa porta con sé l’umanità di ogni essere umano, con pregi e difetti. Sviante e disgustosa è l’idolatria di qualunque guida religiosa; i cattolici eccellono in ciò, ma non sono certamente i soli. Le dimissioni del papa hanno fatto cadere l’ultimo tabù che era rimasto contro la norma, finalmente diventata universale, che tutte le cariche nella chiesa vengono condivise e passate di mano. Ora la nomina a parroco di una parrocchia ha la durata di 9 anni; inoltre in molte diocesi, come a Milano, le parrocchie vicine sono state riunite in una sola unità pastorale e i parroci sono diventati co – parroci. Credo sia un bel gesto per porre i necessari anticorpi alla tendenza di fare della propria guida religiosa un potere e di una comunità un feudo.
La fede che nei fatti della storia sia presente il disegno di Dio e la sua opera, suscita perplessità e anche scandalo. Così fu la crocifissione di Gesù, così tutte le crocifissioni eseguite dai romani e da tutti i poteri politici della storia. Così sono le malattie genetiche che non risparmiano nemmeno gli infanti. Così i campi di concentramento ecc. La storia è stracolma di fatti di cui la ragione umana non riesce a dare una minima spiegazione. Ma che in Dio “viviamo, ci muoviamo, esistiamo” (Atti 17,28) , bene e male, gioia e dolore, è il cuore della fede cristiana. E’ una fede per cui anch’io sono quel che sono. Mai potrei accettare un mio paradiso, o una mia illuminazione che comporti una mia separazione di destino da ciò che accade nella storia. In questa fede i cristiani hanno dato le testimonianze più vere; verso questa fede i cosiddetti cristiani hanno anche commesso i loro peccati più gravi. Possono ridurre questa fede enorme e profonda in una serie di frasette, di caramelle dolcificanti. Oppure possono abusarne per esercitare la prepotenza.
Certamente affermare che Dio, e in Dio tutto l’ordine cosmico, abbia un rapporto di co – destino con la storia umana appare una bestemmia. Ma è la bestemmia (scandalo) della fede dei cristiani. Gesù fu messo a morte come bestemmiatore. Nell’articolo viene citato il credo di Barth, teologo luterano. Il suo discepolo Dietrich Bonhoeffer, prima di morire martire della libertà per mano di Hitler, volle dichiarare la sua separazione dal pensiero del maestro, che definì “foglia di fico” con cui nascondere e raggirare la domanda sul senso della storia. Scrisse: “non esistono due realtà, ma una sola, e questa è la realtà di Dio nella realtà del mondo” (Eric Metaxas, Bonhoeffer, Fazi Editore, p. 577). Barth, dopo Auschwitz, ritrasse il suo pensiero. Per un assaggio di che cosa significhi per i cristiani la fede nel rapporto Dio e storia, invito a vedere il DVD del film di Xavier Beauvois “Uomini di Dio”.
Grazie. Luciano Mazzocchi
Febbraio 20th, 2013 at 8:24 am
@ kengaku
Preliminarmente c’è da dire che “il giudizio è l’esercizio del pensiero”. Parola di Kant: rendiamo onore a Kant; il quale ha esaurito il tema del giudizio. Cioè, dopo Kant abbiamo l’obbligo di giudicare. Il “non giudicate e non sarete giudicati” è la classica…si può dire PUTTANESCA pretesca? (sei un uccisore di di battute, lo sai? n.x.mym)
Secondariamente, ti è stato chiesto di assumere il punto di vista dell’estraneo, non dell’ altro tout court ( l’ho esplicito un’altra volta. mi è scattate l’istinto omicida).
Dunque, il Cristo è la parola incarnata. Che significa? Che per spiegarlo ci vogliono un sacco di parole. Meno male che ci sono io, l’abbreviatore,quello autentico (ma quali film!, sono solo un’altra forma di schiavitù moderna).
In parole povere, il disegno del Dio cristiano è l’éschaton, ovvero il giudizio finale che sanziona la vittoria definitiva del bene sul male, compresa la vittoria sull’ultimo male che è la morte. Il ritorno di Cristo monderà l’uomo dal peccato originale e gli permetterà di realizzare la sua destinazione al bene (aggiungere intervento dello spirito santo e corpo mistico della Chiesa q.b.).
Allora, kengaku, come pensi di liberarti dei parassiti della mente se hai paura di condannare -”giudicare”- quella scempiaggine che è il cristianesimo?
…
“…We traffic in celebrities, and the pope qualifies as one. The papal selection process is in one sense “Top Chef” without the cooking. It’s the ecclesiastical Oscars. (…) The Roman Catholic Church is a worldwide organization with enormous financial resources…Does the pope fully appreciate this drift?” – The Pope’s Muffled Voice By FRANK BRUNI. Articolo interessante apparso sul ny time di ieri, 18.02.
Febbraio 20th, 2013 at 9:04 am
Buongiorno a tutti.
Propongo una breve riflessione sull’uso delle parole.
Nella vicenda, di cui si discute, si concede un po’ da tutti i commentatori che si tratti di “rinuncia”, e da questa premessa partono tutti i filmati possibili.
Penso che cio’ sia falso e fuor-viante (nel senso che porta fuori dalla via), come dimostra la auto celebrazione di un corpo sociale a cui assistiamo nelle fogge più’ diverse.
In sintesi, si rinuncia a qualcosa che si possiede o che ci viene offerto. Non si rinuncia a ciò’ che non si ha più’; in questo caso, ovvio, il potere. Le dichiarazioni dell’interessato sono univoche nell’affermarlo (id est: lascio perché’ non sono in grado di gestire ecc.).
A ciascuno conciliare poi, se lo ritiene utile, questa porzione di cronaca con il Lieto Annuncio, che, francamente, e’ da sempre arduo cogliere nella pretesa guida della gerarchia, ma a cui in radice attingono i messaggi di tutti i Maestri.
Mi piacerebbe che non ci facessimo distrarre da discorsi confessionali, concentrandoci sulla retta visione del potere, di cui in effetti parliamo, e dell’annuncio, che del pari fatichiamo ad ascoltare.
Grazie.
Febbraio 20th, 2013 at 10:50 am
Ciao Giorgio, ben tornato. È corretto, quello che dici, riferito però all’annuncio iniziale: non ce la fo’ più, perciò non sarebbe giusto continuare: addio. Se noti il post nasce però da un altro assunto, la dichiarazione fatta pochi giorni più tardi: Non strumentalizzate/re Dio. È su questo che ho voluto attirare l’attenzione. A mio modesto avviso, questa (strumentalizzare dio) è una delle attività in cui il papa dimissionario si è distinto. Così ho posto il quesito: a chi si rivolge? A quello che ha fatto lui sino ad ora o… a quei cattivoni della curia?
Febbraio 20th, 2013 at 10:58 am
Caro Luciano (@ 14) visto che ti presenti come colui che dà patenti di onestà (hai avuto qualche delega dall’Alto? O ti prepari per il conclave? :P), al netto delle solite chiacchiere sulle miserie del mondo, perché non fai tu “una vera riflessione religiosa” (cfr. 14, quinta riga) e dici, secondo te, a chi o cosa si riferiva il papa quando diceva “non strumentalizzare dio”? Ogni post pone un argomento e questo è l’argomento di questo post. Le tue idee sul paradiso, l’idolatria sviante e disgustosa, la durata dei parroci, le malattie genetiche che non risparmiano nemmeno gli infanti, i campi di concentramento: un’altra volta.
Per di più, la fede dei cattolici nella storia in quanto storia divina -tu mi insegni- è cosa recente, funzionale alla chiesa trionfante, al potere (di cui la storia è la cronaca), totalmente assente nel messaggio di Gesù. Completamente rivolto alla parte opposta. La parte che con i papi, le curie, le croci d’oro massiccio, i paramenti da faraone non c’entra proprio niente.
O sarà mica che il papa parlava di quelli … che la pensano come te? 😛
Febbraio 20th, 2013 at 11:30 am
@ 15: HSMX sei il solito provocatore. Il cristianesimo non è una scempiaggine, tout court. Lo fanno diventare così quelli che “strumentalizzano dio”, cioè sostituiscono la loro voce a quella di Gesù per fargli dire quello che fa comodo a loro.
La storia è divina. Che cosa dice, pensa, vuole dio lo stabiliamo noi. Ragazzi state compressi altrimenti dio potrebbe pensare che siete dei peccatori idolatri e…
Febbraio 20th, 2013 at 11:31 am
Che cosa abbia insegnato effettivamente Gesù è difficile a dirsi. Il gesto di cacciare i cambiavalute dal Tempio (che peraltro avevano diritto di starci, avevano una loro funzione) parrebbe però indicare un atteggiamento direi radicale nella difesa della sacralità divina, senza compromessi. E tra i maneggi dello IOR e i cambiavalute se ne è fatta di strada.
@ 14: non è per sottilizzare, ma i parroci li hanno accorpati per mancanza di vocazioni, non per togliere feudi.
Absolutely on topic: un paziente m’ha regalato una bottiglia di vin santo, il Marsala Martinez, approvato dal Vaticano. Paradisiaco, ambrosia pura. Poi dicono che in Vaticano non fanno nulla di buona pfui ; ). Stamane sono a casa dal lavoro me la scolo…
Febbraio 20th, 2013 at 11:35 am
@ 19: grande Mym defensor fidei! Fosse vivo oggi Yeshua dove starebbe secondo voi? Sulle barricate, pazzo idealista che doveva essere!
Oh il Marsala non l’ho ancora bevuto, se dico cacchiate è tutto merito mio…
Febbraio 20th, 2013 at 11:39 am
Ciao aa, salute!
Febbraio 20th, 2013 at 11:52 am
@ 17: grazie a te mym.
Solo un inciso.La mia riflessione nasceva, per la verità, proprio dal legame tra l’immagine che ci si fa di Dio (e quindi la sua strumentalizzazione) e la via che dovremmo seguire per non cadere preda delle fantasie di potere sull’argomentola; via che ha molto a che vedere con la rinuncia. Forse perchè non riesco a dimenticare una intuizione dei Saggi, quando (“mukashi mukashi”, tanto tanto tempo fa)dicevano: “Rinuncia, ecco il nome di dio per coloro che pensano”.
Poco importa, francamente, a chi si rivolge la predica, visto che il pulpito da cui si pretende farla discendere è (ancora le parole…) vuoto.
Febbraio 20th, 2013 at 12:06 pm
@ 23: capisco. Sono molto più cattivo (speriamo bene: c’è da essere cacciati dalla storia in un lampo… 🙂 ) di te. Se il santo padre avesse detto: rinuncio, fo’ un passo indietro. Esco da questo ruolo per essere povero in Cristo. Così sia. Avrei pensato: però, meglio tardi che mai. Il fatto è che lui rinuncia per motivi (lo dice sua santità) terrenissimi: me ne vado perché non riesco più a pararmi dagli intrighi di corte, a gestire quel put…iferio che è la curia con gli IOR (Sindona, la mafia, Calvi), l’OPUS DEI (Santander, Gotti Tedeschi), i pedofili (Mahony…) ecc. Allora dico: vabbe’, avanti un altro
Febbraio 20th, 2013 at 12:15 pm
E pensare che Celestino V, che fece proprio quello, anzi disse no grazie preferisco il monastero l’han messo nell’antiinferno.
Un’istituzione che in teoria cerca di venire incontro alle necessità di milioni di persone ed è retta secondo criteri medioevali non può stare in piedi. Ma mi viene il dubbio che il fine sia un altro
Buonissimo, una sciccheria…
Febbraio 20th, 2013 at 12:22 pm
@ aa 25. Il punto è (lasciane una goccia da parte, mannaggia!) che, IMHO, si è accorto che stava sprecando un’uscita di scena storica, epocale. Così ha fatto la sparata del secolo: non strumentalizzare dio.
Chissà che cosa avrà voluto dire…
Possibile che non ci sia un cristiano, uno, che se lo chieda? Che provi a rispondere?
Swosh swosh…
PS: onomatopeica per “codone di paglia”
Febbraio 20th, 2013 at 12:25 pm
@ 24
Cerco di essere più esplicito.
Non parliamo di rinuncia.
Lui non rinuncia proprio a un bel niente. Perché quel potere a cui si dice che lui rinuncia – qualsiasi cosa esso sia e per quello che riteneva che fosse – in realtà non lo possiede più; esso sta altrove/richiede altro e per questo lui lascia i riflettori.
Lui reagisce semplicemente alla necessità dei rapporti di forza.
Ovvio che non è nemmeno lontanamente pensabile parlare di giustizia (eh sì mym, siamo cattivi tutti e due 🙂
Come insegna Platone: nulla di più distante che la Necessità e il Bene.
Febbraio 20th, 2013 at 12:30 pm
@ 27 Ah be’, cominciavo a preoccuparmi. 🙂
Adesso però, oltre a un cristiano vero (secondo i nostri poveri e disonesti parametri, ovviamente) ci vorrebbe un papista.
Nessuno prende le difese di quel povero vecchio? 🙁
Febbraio 20th, 2013 at 1:43 pm
>Nessuno prende le difese di quel povero vecchio?
Lo difendo io: mi metto a recitare la parte dell’avvocato del Diavolo (è una cosa che ho sempre sognato) 🙂
La Chiesa cristiana è la suprema di tutte corruttele. Essa ha fatto di ogni valore un non-valore, di ogni verità una menzogna, di ogni rettitudine un’infamia dell’anima. Che osino parlare ancora delle benemerene “umanitarie”! Quale miseria aver “arricchito” l’umanità con il verme del peccato! Aver fatto crescere dall’humanitas un’autocontraddizione, un’arte dell’autolesionismo, una volontà di menzogna ad ogni costo, una avversione, un disprezzo per tutti i buoni e retti istinti! Il parassitismo è stata l’unica prassi della Chiesa. Ordunque, perché Benedetto XVI si è dimesso? Forse perché questo Papa è un eccezionale uomo religioso con un altissimo senso della dignità e dell’onore e odia la menzogna e la simulazione? Può darsi, tuttavia esiste un odio analogo che nasce dalla viltà in quanto la menzogna è, per comandamento divino, PROIBITA. Forse, l’ex Papa Benedetto XVII è troppo vile per mentire…
Grande invidia per aa. Alla tua salute!
Febbraio 20th, 2013 at 1:45 pm
*Che osino parlare ancora delle benemerenze “umanitarie”!*
Febbraio 20th, 2013 at 1:58 pm
Con tutto il rispetto, sembri in campagna elettorale. Se qualche volta salti il pistolotto…
Qui c’è pieno di preti, se si mettono tutti declamare siam persi.
Tu dici, ordunque, che non ce l’ha fatta a mentire sino… a quel punto. Una sorta di “perbacco, ho anch’io una dignità da difendere!“.
Non era quello che intendevo con la difesa di un povero vecchio, però. Mi riferivo al signor Ratzinger, ultraottantenne, quasi cieco, senza forze, probabilmente malato, con attorno squali silenziosi e attenti. La sofferenza di un uomo è la sofferenza di un uomo. Poco importa il suo mestiere.
Oltre ai veri cristiani (sempre con i limiti detti in @ 28) ed ai papisti, temo qui manchino anche le persone “normali”.
Febbraio 20th, 2013 at 5:08 pm
La sofferenza di un uomo è la sofferenza di un uomo…e la fede muove le montagne.
“Perbacco, ho anch’io una dignità da difendere!”, e sono un vecchio prete: “non posso mentire: mica posso dire che la Chiesa è corrotta, diamine!”. Ma il mestiere del Papa è proprio quello di mentire, di ripetere tutte le domeniche che Cristo è morto in croce etc. etc., senza scordare di ingrossare le casse Vaticane. (Sul ruolo che la Chiesa ha avuto nella Storia suggerisco di leggere i libri di Deschner Karlheinz).
Ok, niente pistolotti. Persone “normali”, prego, partecipate alla discussione. Segnalo solo che l’account di twitter del papa è pieno di insulti di “persone normali”. Non tanto per l’uomo in sé – a me pare che il profilo psicologico che ne ho tratto calzi, e insomma c’è di peggio – ma perché è evidente che la Chiesa ha tradito il Vangelo di Cristo e non c’è niente da fare. Poi, se per persone “normali” intendi i fanatici che vedono l’azione dello Spirito Santo in ogni dove possiamo parlarne.
…
Febbraio 20th, 2013 at 6:06 pm
In questo caso sei out. Parlavo del signor Ratzinger, non del papa.
Febbraio 20th, 2013 at 6:20 pm
dopo la romanzina circa la brevità del testo, rispondo a HMSX. del 20 febbraio.
A volte si è tenuti a giudicare i fatti secondo il proprio ruolo, situazioni e circostanze, ma mai ci si deve permettere di giudicare una persona. La persona è complessa, siamo fatti di tante cose e non solo di ragione, anzi questa è proprio la parte minore di una persona. Chi è degno di giudicare gli altri? Dio ci liberi di tanta presunzione ed arroganza. E si tenga pure anche l’amico Kant. Lei parla della paura del giudizio, le ricordo quanti crimini sono stati commessi proprio da chi si arroga il diritto del giudizio. Intravedo nelle sue parole un leggero soffio di violenza. Vede, e mi scusi il dire, ho insegnato judo per 35 anni a ragazzi adulti uomini e donne, ho combattuto sempre sudando con i compagni e allievi di pratica, ho visto che chi teme il combattimento, cioè la verifica, giudica sempre gli altri, essi nutrono una violenza nascosta, repressa, hanno paura e fuggono l’azione. Il semplice non si pone questo problema, continua sulla sua strada, suda, si impegna, e senza saperlo diviene un esempio per gli altri. Lei, mi pare se non sbaglio, e se è così mi perdoni, è per il giudizio, come se per giudicare qualcuno fosse necessario il coraggio, l’autorità, il peso dello stabilire le regole, il giudice è il giusto? Mah!
A parer mio chi giudica gli altri ha sempre qualche fantasma nell’armadio!!!
Finisco, molto tempo fa, quando dirigevo la mia palestra di judo e jujtsu, praticavo zazen e con me molti giovani che spessissimo lasciavano le famiglie per ricongiungersi al gruppo di pratica. Sta di fatto che in un lontano Agosto mi fu messa una bomba per costringermi a chiudere. Venni interrogato dagli esperti della Digos. Finite le solite domande necessarie, chiesi all’Ufficiale più alto in carica : “Mi perdoni una domanda, se arrestate una madre che ha ucciso il proprio figlio neonato, come la giudicate?” l’Ufficiale mi rispose:” Assolutamente no, non possiamo giudicare una madre che ha ucciso il proprio figlioletto, questo è affare di Dio, noi ci limitiamo a giudicare il gesto, l’azione dalla quale scaturisce poi la pena che la società a previsto.” Ora, se ci è arrivato l’ufficiale della Digos……..non mi faccia aggiungere altro.
Riguardo al giudizio sulla chiesa, beh sarà giudicata dai suoi stessi fedeli e operatori….
grazie
(mi scuso se ho sforato)
Febbraio 20th, 2013 at 6:31 pm
No, non scuso più. Ribadisco: graditi commenti da 500 battute.
Certo posso essere più lunghi, però cercate di evitare.
Se sono lunghi e fuori tema: forbici.
Forse prima di mettersi a scrivere paginate conviene rileggere il post.
Febbraio 20th, 2013 at 8:07 pm
Ben gentile, kengaku, io mi terrò stretto la Critica del giudizio, e lei si tenga stretta l’opinione di una agente della digos che non sa(?) giudicare una madre che ha ucciso il proprio figlioletto – eh, in effetti è un caso proprio difficile: madre degenere o amorevole? Chissà, ci rimettiamo al volere del buon Dio.
Caro mym, non ho ben capito cosa intendi per “signor” Ratzinger. Nel commento 27, a parte alcune opacità, ho cercato di evidenziare una certa forma mentis del prete – in questo senso Ratzinger è veramente una eccezione come uomo religioso, e tuttavia non è esente da certe tare tipiche della psicologia del prete. Certo, c’entra secondo me anche l’età, l’inadeguatezza verso i tempi. Insomma un ottantaquatrenne su twitter!, per dire. Mentre la domanda di Popper è retorica e senza risposta. Dio è stato effettivamente strumentalizzato: dapprima come una ragione per morire e ribaltare l’ordine costituito; adesso come strumento per procurarsi una buona coscienza. Evidentemente il potere inquietava il signor Ratzinger che ha preferito ritirarsi in tranquillità. Poi, il dato della corruzione è proprio la forza della Chiesa: senza il suo potere finanziario-mediatico non si avrebbe la predicazione del Vangelo che riscuote ancora un certo successo tra i semplici. Pensare ad una Chiesa senza corruzione mi sembra una ingenuità.
Febbraio 20th, 2013 at 8:56 pm
@ 36: Eppure a me pare chiaro, sarà perché son vecchio anch’io… Il papa si è dimesso, epocale, storica decisione, ha detto questo, l’ha fatto per quello, strumentalizzare dio ecc. ecc. A parte tutto ciò c’è un uomo di 84 anni (sono tanti!) stanco, malato, sconfortato, cosciente di essere in un gioco che lo stritola… Insomma, la sofferenza di un uomo.
Gli direi: vieni a giocare con noi. Ma, temo, è prigioniero del (vestito del) papa.
Febbraio 21st, 2013 at 11:34 am
C’è un vizio di forma, che è di sostanza, nell’accorato: “Non strumentalizzare Dio!”. Chi così invoca, non sa quel che dice e dicendolo fa, se fosse fattibile, quel che intima di non fare. Dio non è strumentalizzabile, non sarebbe Dio. La parola “Dio” rappresenta proprio la non strumentalizzabilità, la non manipolazionabilità, la non contaminazionabilità (è meglio se le parole sono orrende e non accattivanti quando cercano di dire l’indicibile). Il dio che si può strumentalizzare e che dunque si invita a non strumentalizzare, non è Dio, è una proiezione delle umane voglie. L’invito dovrebbe semmai essere “Non strumentalizziamo l’uomo (di ogni genere)”. Manipolare le coscienze usando il nome di Dio per i propri fini, questa è la tentazione im-monda da cui i religiosi si devono guardare come dalla peste. Tentazione che le Chiese alimentano da sempre, attività in cui la Chiesa Cattolica (non sto parlando della comunità dei cattolici cristiani) si è distinta e si distingue per pervicacia, efferatezza, capillarità: oggi, con i principi non negoziabili, la difesa della vita e della famiglia e scempiaggini del genere. Ratzinger ha abdicato non per smettere di manipolare e strumentalizzare, ma perché i suoi possano farlo meglio, in modo meno rozzo e volgare. Ma in questo caso il gesto va al di là delle intenzioni, sarà un fattore disgregante che potrebbe salvare la Chiesa demolendola dalle fondamenta.
Febbraio 21st, 2013 at 11:35 am
Luciano Mazzocchi (14) ci dispensa il suo ipse dixit, ma non si perita poi di dialogare. Il buddismo dichiara dalla notte dei tempi la coincidenza di samsara e nirvana e dunque non ha bisogno di lezioni sul divino nel mondo. Ma la storia non è il samsara. La storia è una narrazione di eventi, selezionati fra miriadi dalle predilezioni del narratore di turno; il samsara è tutti gli eventi, dunque è inenarrabile. La Chiesa Cattolica si è identificata per secoli con la storia trionfante dei potenti e degli oppressori, demonizzando intere culture e visioni del mondo diverse dalla propria. Oggi va di moda la bontà, la tolleranza, il dialogo: stesso fuoco, stessa padella, si è solo girata la (stessa) frittata.
Febbraio 21st, 2013 at 11:41 am
E’ vero, c’è un uomo vecchio, stanco, malato che probabilmente si sente anche fallito: è dei nostri, gli sono vicino. Però lui non è vicino a me: si dimette (abdica? rassegna?) ma resta lì, a vivere e a influenzare, è l’apapa ma come il fatidico io che non c’è, resta al centro anche togliendosi. Non è normale, lui, neanche nel più normale dei gesti, mollare. Che sia una sindrome da dio, che è anche quando non c’è?
Febbraio 21st, 2013 at 11:55 am
Ciao jf, @38, concordo: l’ho riassunto in @ 19. E ancor più chiedo: possibile che tra i nostri lettori, tra i loro amici e conoscenti non ci sia un cristiano che abbia inteso qualcosa nel grido “non strumentalizzare dio” e ci voglia dire, secondo lui, di chi o di cosa parlava il papa?
@ 39-40 La sindrome da dio? Spiace dirlo ma se il commento 14 resta così, senza nemmeno un “uuuh quante ca***te si scrivono quando si scrive di getto. Me parcet…” potrebbe voler dire che l’infezione si è allargata ai parroci, alle cappellanie…
Febbraio 21st, 2013 at 12:17 pm
Azz volevo dirlo io che Dio è proprio il non strumentalizzabile, ma poi mi sono perso nel marsala e Jf m’ha anticipato. Io proprio non ci riesco a sentirmi vicino al Ratzi. Lui e GP2 (due pontificati in perfetta continuità) hanno disatteso lo spirito del Concilio, stroncato la teologia della liberazione, supportato i gruppi cattolici integralisti, nominato vescovi conservatori e servi del potere in America Latina, coperto i sacerdoti pedofili ecc. Ha ragione Jf, Ratzi molla per poter fare lo stesso gioco in modo ancor più duro- basti dire che il più moderato dei papabili è il ciellino Scola. Teniamo presente però che crisitano e cattolico non coincidono: i protestanti contestano da secoli al papato di usare Dio a scopo strumantale.
PS: il dono della sintesi è proprio di chi sa cosa è importante. Prendiamo le ultime parole (famose) del Vecchio Sakyamuni: in due frasi ha detto tutto l’essenziale (va detto che se stai per tirare le cuoia non hai fiato da sprecare…)
PPS: Azz ho fatto fuori quasi mezza bottiglia…però ne ho dato un bel pò al vicino di casa in cambio di una sigaretta…
Febbraio 21st, 2013 at 12:30 pm
Mi accontenterei persino di un protestante o, oggi mi allargo: un ortodosso :eek:. Insomma qualcuno che almeno alla lontana si senta coinvolto con le vicende della chiesa cattolica non perché condiziona, male IMHO, la vita sociale e politica del mondo, ma in quanto parte di una famiglia, la famiglia dei cristiani.
@ 42: Il vicino ti ha dato la sigaretta.
Ma se mi hai detto che a fianco a te ci abita una… Oops 😯
Febbraio 21st, 2013 at 3:13 pm
Se Raitzinger avesse voluto davvero farsi da parte per fare gli interessi della famiglia avrebbe dovuto indire un Concilio, come face papa Roncalli. Questa sarebbe stata una vera rinuncia al potere, ma non lo ha fatto perchè ha paura di quello che potrebbe venir fuori.
Infine: niente di strano che sia circondato da squali, è il mondo che si è scelto. Se sei il lupo più grosso e diventi capobranco, non è che ti puoi stupire di essere circondato da cagniacci famelici che ti voglion fare la pelle appena molli il colpo.
Febbraio 21st, 2013 at 3:17 pm
Quanto alla vicina non ricordo bene i dettagli, l’alcool annebbia le funzioni superiori. Anche quelle inferiori in effetti, se si esagera…
Febbraio 21st, 2013 at 4:50 pm
@ 44: capperi, conosci bene l’ambiente, eh! Ucci ucci…. 😕
Quanto alla vicina son proprio i dettagli i più interessanti…
Febbraio 21st, 2013 at 4:56 pm
@ 37
Ah, capisco. Se è per quello io sarei disposto a fargli da segretario personale: sai i giochi che potrei insegnargli? Alla metà dello stipendio che prendeva il precedente corvo giurerei sulla Bibbia di non tradirlo mai, e io sono uno che ci tiene all’onore.
Vorrei scusarmi per i continui refusi, dannatissimo multitasking! (per certi aspetti mi sento vecchio anch’io…)
@ jf, 38 e ss
Amen to that
Febbraio 21st, 2013 at 4:56 pm
Sul La Repubblica di oggi c’è un articolo di Concita De Gregorio dove si fanno ipotesi estremamente gravi riguardo ai perché dell’abbandono-dimissioni e sul senso del grido “non strumentalizzate dio”. La De Gregorio non è forse la più titolata a parlare “da cristiana” per cui è da considerarsi una voce esterna. Tuttavia è una giornalista con fama di serietà.
Febbraio 21st, 2013 at 5:11 pm
@ 44, @ 47: la pietà, la compassione, non sono valori di per sé e neppure dal di fuori (del tipo: se non hai compassione Gesù piange…).
Ma, senza, non ha senso parlare di religione, quantomeno di buddismo.
Se non vedo l’uomo (donna, ecc.) non sono un uomo e, se lo vedo, vedo che è in un mare di guai e non ha modo di venirne fuori. Che sia papa o pappa, Berlusca o l’ultimo dei barboni non fa alcuna importanza, in quel senso.
Il pistolotto! 😛
Febbraio 21st, 2013 at 7:41 pm
Ah per cui se ha ragione la De Gregorio il Papa parlava in codice, non si rivolgeva alla totalità dei fedeli ma a quelli che potevano “decodificare” il messaggio (“gli insostituibili”).
@ 46: conosco gente (ottimi cattolici)che conosce altra gente (bravi preti)che conosce l’ambiente dall’interno. A giudicare dalle descrizioni parrebbe non essere cambiato molto dal tempo dei Borgia, salvo che allora non avevano bisogno di salvare le apparenze.
Febbraio 21st, 2013 at 7:45 pm
Hsmx: se salti su a dire che “ottimo cattolico” è un ossimoro…. sei banale! 😉
Brush aside “bravi preti”…
Febbraio 21st, 2013 at 7:51 pm
@ 49 immagino che la compassione per il Berlusca ti derivi dalla faccenda delle Olgettine…capisco, un grave impedimento, una continua distrazione…poveretto cosa deve subire…
Febbraio 21st, 2013 at 7:59 pm
Può sembrare strano. Ma penso davvero che il Berlusca sia un poveraccio. È in un mare di guai e dubito fortemente che lo sappia e che sappia di che guai si tratta.
Si può prendere a calci il barattolo continuando a farlo rotolare lontano da noi (Olgettine docet) e sperando che finisca in un tombino e sparisca.
Febbraio 21st, 2013 at 8:40 pm
Temo che tu abbia ragione…nel fratteempo a furia di dar calci al barattolo sta sfasciando un bel pò di cose. Probabilmente è così anche per JR. Come è che diceva Nagasena in merito alla palla arroventata…
Febbraio 21st, 2013 at 8:43 pm
Il paragone sta, ma solo perché siamo tutti, Berlusca, olgettine, JR ecc. nella stessa barca. Per quanto si possa essere severi verso JR, una differenza con il vecchio puttaniere occorre farla.
Febbraio 21st, 2013 at 8:56 pm
Si si, il fatto in comune è che tutti quanti probabilmente non conosciamo il perchè o il per come dei nostri guai e comunque possiam far poco al riguardo. Non è detto che questo costituisca un problema insormontabile peraltro. Conosco gente che ha fatto psicanalasi per 20 anni ed è messa peggio di me…
Febbraio 21st, 2013 at 9:00 pm
Naaa, mi sa che hai esagerato con quel marsala… 🙁
Febbraio 21st, 2013 at 9:13 pm
Oggi niente alcool al limite è il troppo lavoro.
@ 51. che ne dici di “buddista prolisso”?
Febbraio 22nd, 2013 at 2:11 am
@ 51 Banale ammè? Ok, pistolotto.
La questione è che gli apocalittici sono troppo moderati. Il mondo dopo la fine del mondo – il mondo di oggi – è un mondo nuovo sorto dalla saturazione delle informazioni che ci parlano continuamente di mondo. Questo mondo, proprio perché reso sincronizzato dalle nuove tecnologie di comunicazione è finito – ciò non significa che sia cessato, né che cesserà con l’avvento dell’Anticristo; semplicemente i suoi oggetti sono identificati attraverso codici globali (repetita).
Insomma, il “mondo” non è una realtà, ma il principio regolativo della ragione. Parola di Kant; rendiamo onore a Kant.
Ordunque, la De Gregorio adombra l’ipotesi che dietro le dimissioni del papa ci sarebbe una cospirazione della potente lobby degli homosexual. Roba da #007…ma chi l’avrebbe detto? Ad ogni modo, approvo la strategia di Ratzinger: ci vuole un papa, bello, giovane e vigoroso. Magari pure depilato. 🙂
Febbraio 22nd, 2013 at 2:19 am
@ aa
In fumo veritas. E in vino? Pure. Drunk + insane = rock’n roll! Ti fa bene. Almeno a rileggere il tuo ultimo commento da sobrio… Però il 44 è da incorniciare.
MYM: se dici che sono off topic sei banale. Ah, capisco: è pieno di preti e hai voglia!,a spiegar loro Synerg…cioé, Sympathy for the devil.
Ok. Niente rock’n roll.
Febbraio 22nd, 2013 at 11:06 am
@ 59: La Concita adombra, osseadombra. Il titolo di spalla de La Repubblica di oggi è: “Lobby gay nella Curia, il Vaticano sotto shock”.
@ 60: nel titolo certamente Sympathy for the devil è la più forte, nel senso di “disturbante”. Ma quella che oggi mi impressiona di più (ho visto un video recentemente) è Time is on my side. Sentita oggi dalle facce di allora è veramente diabolica.
Con te si va sempre off topic. Forse.
Febbraio 22nd, 2013 at 11:57 am
@ 58: più che buddista prolisso (i buddisti SONO prolissi) direi, alla romana: ‘na môsca! 😉
Febbraio 22nd, 2013 at 12:40 pm
@ 61
beh sì, il titolo. Volevo fare una marchetta per un uomo che immagino nell’ombra ad affilare coltelli. Così. Sapete come sono fatti questi degenerati degli homosexual. Beccatevelo
http://he-art-dhr.blogspot.it/2013/02/synergy-for-devil.html#comment-form
Ah, se potessi raccontare da donde deriva il titolo GRRR! – ultima fatica dei Rolling Stone. ma. è. off. topic.
Febbraio 22nd, 2013 at 12:45 pm
Si è off topic.
Dhr lascialo stare, svp, se collidete si sprigionano fumi pericolosi.
Anche questo è off topic, mannaggia.
Febbraio 22nd, 2013 at 1:18 pm
Oh non posso bere se lavoro, checcacchio sò un dottore
Comunque io non butterei via l’idea di Kengaku di un incontro sui corpi energetici per gli interessati. Io avrei in mente un programma siffatto: degustazione vini “da meditazione” (quota minima 1 litro a testa); lezione di K seguita da dimostrazione di Judo (cavia: Mym), predica interreligiosa di p. Luciano (1 ora)- pausa per degustazione vino (altro litro)- contropistolotto di HMSX anticlericale (1 ora), gran finale in discoteca (luogo da definire). Posso provvedere io all’organizzazione congressuale ed alle hostess; per gli stewardt conto su HMSX…
Azz forse è off-topic…se intervenisse qualche papista non finiremmo a tarallucci e vino….
Febbraio 22nd, 2013 at 4:40 pm
“Strumentalizzare Dio”:
Senza mettere in discussione la onestà intellettuale di Ratzinger, la decisione mi appare un’atto che rivela una crisi umana, religiosa e teologica.
Le dimissioni sono un’atto umano e insieme un’atto religioso e “politico” potenzialmente rivoluzionario:la “libera scelta” di dimettersi a)apre prospettive teologiche nuove (mettendo in discussione la infallibilità del papa e la libera scelta sui temi etici)
b)è una denuncia che apre scenari nuovi anche sul piano politico: portando alla luce del sole la conflittualità e gli aspetti inquietanti dei comportamenti di una parte della chiesa apre una crisi (con effetti, positivi o negativi, che vedremo nel tempo) e la possibilità di un cambiamento.
Umanamente mi associo (Mym 37) “Gli direi: vieni a giocare con noi. Ma, temo, è prigioniero del (vestito del) papa”.
Febbraio 22nd, 2013 at 4:41 pm
Buongiorno a tutti. Vorrei proporre una questione tornando al post iniziale ( visto forse da un altro punto di vista ): è conciliabile il ‘vivere autentico’ ( quantomeno la ricerca di una vita autentica)da cristiano, buddista ecc con una posizione di ‘potere’ sia esso inteso all’ interno di un circuito religioso oppure in ambito ‘mondano’?
A prescindere dall’uomo di cui si stava discutendo, nella considerazione che parlare di qualcuno è un’occasione per riflettere su se medesimi, a volte ci si può trovare,nella vita, nella condizione di avere ‘un qualche potere’ su altri. E ci si trova a dover gestire una situazione in cui si avverte un certo rischio di ‘lasciarsi prendere la mano’ o di dover giungere a ‘compromessi’.
Allora: lasciare ( ma può essere una fuga? ) rimanere ( ma quanto bravi bisogna essere per non esserne condizionati !?)
Grazie
Febbraio 22nd, 2013 at 5:04 pm
@67 ritorna sulla questione del potere.
Dal punto di vista cristiano il rapporto con il potere è uno e uno solo: la rinuncia, appunto (cfr. per tutti il primo gesto dell’ultima cena), il che mi pare abbastanza vicino al “non strumentalizzare”.
La sua attuazione non può che essere ricercata da ciascuno nel concreto.
La vicenda papalina non fa che contaminare la ricerca.
Grazie.
Febbraio 22nd, 2013 at 5:04 pm
@ 66: ciao Dario. Anche tu, mi pare, non metti i piedi nel piatto: parlava a se stesso, ai pescecani della curia, a tutti e due… ? Questa volta mi sento apocalittico: non solo è un atto rivoluzionario ma si rivelerà un atto eversivo. La baracca ha emesso degli scricchiolii molto chiari. Se qualcuno dei pescecani non ci mette una pezza in extremis (fossi JR la tisanina della sera la farei prima assaggiare a Bertone…) la frana sarà rovinosa.
Febbraio 22nd, 2013 at 5:10 pm
E’ già rovinata, mym.
Prova a spiegare quello che è successo a un cattolico Giapponese 😉
Febbraio 22nd, 2013 at 5:12 pm
@ 67-68. Ciao Marta, bentornata. Difficile districarsi nella problematica “non lo fo p’el piacer mio…”. Anche tra i buddisti ho visto cose. Il potere è un bel pasto succulento per quello che JR chiama “l’io”. Servizio, ruolo, sono termini che spogliano un poco la questione, la rendono meno appetitosa.
Alle spalle, però, c’è quello che ritengo un errore concreto: che bisogno c’è di un papa in una religione? Se smonti quella poltrona se ne porta appresso molte altre.
Febbraio 22nd, 2013 at 5:16 pm
@ 70: il primo giorno, quando disse “mi dimetto”, pensai: ci fosse ancora mia nonna -la buonanima di cose importanti parlava solo in dialetto ligure- come gliela spiegherei se mi chiedesse: cosse l’ha ditu cu fa, u pappa? (che cosa ha detto che farà il papa?) Non sono riuscito a trovare una spiegazione che -secondo me- nella sua testa avrebbe potuto avere senso.
Spiegare di come funziona la curia/Ior ecc. a un cattolico giapponese forse significherebbe la scomparsa del cattolico giapponese.
Febbraio 22nd, 2013 at 5:20 pm
Per fortuna il cattolico giapponese (parlo di persone sinceramente in ricerca, va da sè) non può non essere uno shintoista che socialmente rispetta Confucio, e individualmente sa custodire il silenzio del Buddha. Il cristianesimo viene alla fine, per fortuna.
Febbraio 22nd, 2013 at 5:25 pm
Se tra i giapponesi togli quelli di animo shintoista, che socialmente si comportano secondo valori confuciani e “credono” nel silenzio misterioso del Buddha… con quelli che restano non ci organizzi nemmeno una partitella a tresette 😉
Febbraio 22nd, 2013 at 7:12 pm
Del Papa non c’è nessun bisogno, i Valdesi e non solo loro, se la cavano benissimo senza.
Che crolli la baracca è un bene, c’è da esser contenti. Il problema è se verrà sostituità da qualcosa di meglio o di peggio. L’uomo purtroppo reclama le catene e qualcuno pronto a mettergliele lo trova sempre.
The mind forged menacles I hear, come diceva un grande visionario dell’800…
Febbraio 22nd, 2013 at 8:23 pm
Pardon ‘700
Febbraio 22nd, 2013 at 10:19 pm
@69 Credo sia rivolta principalmente alla Ecclesia, o meglio a quella parte che ha fatto del vangelo uno instrumentum regni.
Francamente, sul piano “politico” non mi pare uno squalo, un uomo pieno di certezze e un apostolo che ha vissuto nell’agio sì, uno squalo no.
Ps Personalmente mi auguro una rivoluzione
più che una eversione:-))
“I Bertone” li manderei a Pomigliano, in catena di montaggio
Febbraio 23rd, 2013 at 1:35 pm
Ah vecchio maoista… 😛
Il dubbio che sia più ingenuo, meno assatanato di potere di quelli che lo circondano è venuto anche me. Non so, non me ne intendo: però, a naso, per diventare papa occorrerà “accoltellarne” più d’uno…
Febbraio 23rd, 2013 at 1:44 pm
Prima di chiudere questo post vorrei attirare l’attenzione sul secondo corno da cui nasce. L’intervento di Kengaku metteva in parallelo “strumentalizzare dio” con “strumentalizzare lo zazen”. Per questo ho messo il link con un mio vecchio articolo sul tema. Da quell’articolo son passati più di 3 anni. Non mi pare abbia avuto un gran successo: nella stragrande maggioranza dei luoghi dove si pratica zazen in Italia, in Europa, vi è qualcuno che “fa fare zazen” e si pone come leader, come papa, e non può essere messo in discussione.
Mentre inorridiamo per le vicende del papato, della curia, guardiamoci accuratamente allo specchio.
Febbraio 23rd, 2013 at 3:34 pm
Grazie, sono d’accordo, mi spiace che solo tu ti sei (ovviamente) accorto che l’obbiettivo era quello!
Ma non solo aggiungerei, per colpa dei cosiddetti leader, ma perchè la richiesta è quella!!!! Guida sicura.. padre padrone.. sino a che saremo pigri nella ricerca, nell’indagine, e nella responsabilità del proprio cammino, daremo spazio ai padroni, ai leader che penseranno per noi ecc ecc
Ma possiamo spingerci ancora più in là, ..
Abbiamo sempre accettato l’autorità di qualcuno, non abbiamo mai voluto sentirci soli, e accade che anche in zazen si insegua un obbiettivo, una rassicurazione, una certezza e poichè questa non arriva, (come aspettarsi la venuta di Dio) ci si affidi al ” risveglio” di qualcun altro…….oppure ed è ancora peggio alle proprie conclusioni … bugie su bugie.
Ecco la comparsa dei fantomatici parassiti !!!!! e poi sono le paure a farla da padrone.
Mi fermo qui per il tassativo ordine di disciplina.
Vogliamo dibattere sui padroni e i preconcetti che abitano dentro di noi anzichè preoccuparci del papa, di berlusconi e di tutto il carozzone?
(il tono provocatorio è voluto per favorire il dibattito…:-)
grazie dell’occasione
Febbraio 23rd, 2013 at 4:33 pm
Prego.
Come dottamente dice Cetto: ‘nto c… il dibattito.
Tuttavia la tua lettura gira la frittata sul lato del bruciaticcio, va guardata bene: il proliferare di maestri e maestrini (“fai lo schiavo sotto di me un bel tot e poi ti dò l’autorizzazione a fare altrettanto…”) non dipende dai pescecani dello zen ma dalle tante prede che stimolano un uomo probo a diventare un pescecane.
Nnnnn, questa assomiglia alla storia che le violentate con la minigonna se la sono andata a cercare.
O sono io che ci ho un po’ il dente avvelenato? 😡
Febbraio 23rd, 2013 at 5:03 pm
credo di no, è così anche per me….. certamente le lusinghe sono molte per accedere a “quel” posto…..specie per i “falliti”,
ma se ci fosse una alternativa ?
quale potrebbe essere l’alternativa a questo misfatto?
ricordi quando eravate rientrati dal Giappone, ve lo dissi che sarebbe finita così, ma forse era inevitabile, come lo è per il male del mondo. Noi possiamo trovare una alternativa a questo proliferare di maestri? credo di no…. perchè sarebbe come porre fine all’invidia nel mondo.
Però vedi, credo anche che per alcuni, la certezza di essere nel giusto sia la molla che li spinge ad andare avanti così.
Sai, giusto per creare una provocazione, …. se non ci fossero tanti malati non ci sarebbero inequita nella sanità. D’altronde il problema della superbia, vanità ecc. non è forse storia vecchia sin da prima il Buddha?
In più ne Lui ne Cristo ne gli altri credo si siano mai posto il problema di togliere la gramigna dal pianeta, tu che ne pensi ?
Febbraio 23rd, 2013 at 5:07 pm
Togliere la gramigna dal pianeta? “Vaste programme” direbbe il Generale. L’alternativa è badar bene a non fare lo stesso. Cominciando con l’evitare di definire “Maestro” (con la maiuscola!) un simpatico ma del tutto inadeguato Deshimaru o “Roshi*” (sempre con la maiuscola!) un prete giapponese. La nascita in questa o quella nazione non li fa maestri. Men che meno l’aver ricevuto ordinazioni da famosi monaci. L’ordinazione in Giappone è mera routine.
*Roshi significa “anziano maestro”.
Febbraio 23rd, 2013 at 5:10 pm
Se posso poi aggiungere una cosa, non credo sia nostro problema questo. Semmai lo è perpetuare una pratica onesta (cioè genuina) anche se le persone sono spesso attirate dalla sofisticazione.
La nutella è sempre più piaciuta del genuino cioccolato fondente….
La conoscenza del bene e del male non è forse inevitabile per un libero arbitrio di scelta…. A ciascuno ciò che cerca….
E giusto per spezzare una lancia in loro favore, … quante belle costruzioni hanno fatto, piccoli templi doppioni (si fa per dire) Ma non credo sia nemmeno questo il punto, forse lo è il CULTO DELLA PERSONALITA’!!! basta che poi non critichino i Berlusconi del momento, perchè di invidia si tratterebbe e non di spirito della Via.
Febbraio 23rd, 2013 at 5:18 pm
Perpetuare una pratica onesta/genuina?
Cioè?
Febbraio 23rd, 2013 at 6:30 pm
una suggestione ce la può dare ad es. Lindbergh
Febbraio 23rd, 2013 at 6:47 pm
Ciao Doc.
Scusa ma son tardo. Il Fossati non mi suggestiona… Mi dai un aiutino?
Febbraio 23rd, 2013 at 7:34 pm
Spiegare la musica…mah… ❗
E’ come spiegare le barzellette.
Tu mi vuoi tirare in mezzo, vecchia volpe…
Febbraio 23rd, 2013 at 7:35 pm
Comunque, ciao.
Come ti dissi, non intendevo partecipare al blog, ma … eccomi qua, in un uggioso sabato pomeriggio, pollo che son io, pollo che non sono altro.
A fin di bene, ovviamente 😀 .
Mi riferivo a @85, ‘una pratica onesta e genuina’.
Procedere sulla via, badando a se stessi, sarebbe già molto/tutto; la nostra piccola mente tende continuamente trappole e fornisce miriadi di giustificazioni per farci girare lo sguardo e proiettarci in un qualche gioco ego-verso.
Mettici pure la ‘testimonianza’, toh!, la ‘trasmissione’. Tanto per toccare temi ‘sensibili’.
Quali sottili alibi per darsi un senso, uno scopo, un ruolo!
Febbraio 23rd, 2013 at 7:40 pm
Come già spiegato, per genuino intendo senza aggiunta di coloranti ecc. senza arricchimento della propria personalità. Una volta si diceva:”Parla come mangi..” humm non si addice.. Vivi come se nulla ti appartenesse, agisci ma senza ricercare un ritorno come profitto personale, insomma “genuino” sta per sii te stesso!
Ma, qui gatto ci ..cova, cosa significa essere se stessi?
a Yushin l’ultima risposta..:-)
Febbraio 23rd, 2013 at 7:42 pm
@89: Ci metto anche la musichetta: ti ho tirato in mezzo, ti ho tirato in mezzo! 😀
Son d’accordo: la rete in @ 85 era tesa per acchiappare il primo furbacchione che avesse messo avanti “testimonianza” “trasmissione” et similia.
Ma che c’entra Fossati… essì che mi son letto il testo due volte, continuo a non capirlo.
Febbraio 23rd, 2013 at 7:44 pm
@ 90: vabbe’, genuina onesta, si sa…
ma perpetuare?
Febbraio 23rd, 2013 at 8:28 pm
@91. No problem. Sapessi quante cose non capisco io …
Non siam mica qui a lasciarci suggestionare tutti allo stesso modo!
Febbraio 23rd, 2013 at 8:34 pm
@ 93: Sarà mica stato un koan, veh! 😕
Per kengaku: quando hai un momento, por favor, vedi di dir la tua su @ 83 e @ 92. Altrimenti … Non ci divertiamo 😛
Febbraio 23rd, 2013 at 9:00 pm
«Ero affamato e mi avete dato da mangiare. Via, lontano da me, maledetti» – Matteo, 25, 41 sg.
Intorno al silenzio poco buddista di p. Mazzocchi. Per una archeologia della “strumentalizzazione”.
Cause
– il livello spirituale nel quale continuamente diventa grossolano, si dissimula, si sposta, la cecità completa nei confronti di se stessi (qui non si dà nemmeno il principio di autocoscienza di se stessi);
– l’enorme sicurezza dei settari nell’avvalersi del proprio maestro per l’apologia di sé;
– la morte da delinquente di Cristo come enigma;
– la falsa generalizzazione nel tipo universale del taumaturgo (Gesù come Buddha e conduzione del cristianesimo sulla via di un’assurda metafisica)
– l’iscrizione nel maestro degli affetti più forti
– la costrizione psicologica a non voler vedere nella morte di Gesù nessun fine.
Febbraio 23rd, 2013 at 9:03 pm
Gesù è morto semplicemente per dare l’esempio della sua dottrina: vivere e morire con la pace nel cuore; e invece… Perché Gesù è morto da infame? Qui deve essere all’opera una necessità e avere massima razionalità. I discepoli non gli perdonarono che dopo la sua morte tutto rimase come prima, che le aspettative popolari restassero deluse, venne alla luce il meno evangelico dei sentimenti: la “vendetta”. Era necessaria una ritorsione, un il ritorno del giudice che venisse a giudicare i suoi nemici: l’avvento del «regno di Dio» fu rainteso come profetizzazione di un atto finale della storia. – oh, quanto diversamente aveva inteso Gesù!
La realtà psicologica di un uomo di 2000 anni fa divenuta una fede, un’attesa in una realtà che arriverà un giorno. Una vita nell’IMMAGINAZIONE come forma della redenzione! Una pantomima divinizzata.
E il buddismo europeo? È scritto in piccolo tra le righe.
Febbraio 24th, 2013 at 9:10 am
In un’uggiosa, nevosa domenica mattina, in attesa di andarne all’urna (non nel senso di estrema dimora, non ancora a occhio e croce). Ciao doc @89, visto che hai fatto capolino… “procedere sulla via, badando a se stessi, sarebbe già molto/tutto”: sembra la famosa quadra, ma… che cosa intendi per “badare a se stessi”? Potrebbe starci di tutto, oppure niente. E poi “molto/tutto” mi lascia perplesso: se si tratta di “procedere sulla via”, molto è poco e tutto è troppo, o no? Grazie.
Febbraio 24th, 2013 at 10:38 am
Per chiarezza, la frase evangelica completa (@ 95) è: 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.
Febbraio 24th, 2013 at 10:46 am
Per tornare un’ultima volta sull’infelice uscita del “nostro” Mazzocchi (@ 14 e @ 95): a me ha colpito l’affermazione tra le righe “da scandalo… quindi è vero”, relativa alla teoria secondo la quale Dio rivela se stesso e il suo giudizio nella storia. A mio avviso sarebbe bastato: noi, inopinatamente, crediamo così, perché così ci è stato detto di fare dai teologi, e la cosa è molto funzionale alla conservazione della nostra struttura clericale.
Febbraio 24th, 2013 at 10:50 am
@ 97: caro Doc, è vero, ti ho tirato per la giacchetta, ma la mano nella marmellata ce l’hai messa tu… 😡
Febbraio 24th, 2013 at 12:05 pm
Ciao jf.
@97 e 100.
Tocca proprio a me farmi prendere in mezzo?! e tutto a causa della neve?!
Ma ti pare che un pollo come me possa avere la pretesa di fornire una ‘quadra’, di dire la via in quattro parole?! o in otto?
Se riesco a badare a me stesso – cioè a tenere una qualche attenzione sui processi mentali che mi portano continuamente a definire e privilegiare il mio e l’io – è già un grande miracolo.
Però ho visto, nel tempo, qualcosa: per esempio che le testimonianze che mi sono suonate davvero ‘genuine’ (cfr @84) mi sono arrivate da chi non aveva niente da testimoniare e trasmettere. La misura di questo ‘non aveva’ deriva essenzialmente dall’intenzione.
Molto/tutto per me è sufficientemente esplicativo; ci stanno anche testimonianza e trasmissione. Ma di chi vuole la mia attenzione per esercitare la sua testimonianza/trasmissione, beh…quantomeno diffido e serenamente giro al largo.
Febbraio 24th, 2013 at 12:45 pm
Tataaan!
Al cuore, Ramòn!!! 😛
Febbraio 24th, 2013 at 12:59 pm
La neve è un fattore concomitante, scalda i cuori per effetto paradosso. Si chiacchiera non per rompere le scatole all’interlocutore ma per sconfondersi le idee l’un l’altro, compresi i lettori occasionali. Dunque “badare a se stessi” equivale “a tenere una qualche attenzione sui processi mentali che mi portano continuamente a definire e privilegiare il mio e l’io”. Mmh… di nuovo mi sembra poco e troppo nello stesso tempo. Poco, perché a occuparmi solo dei miei processi mentali escludo la gran parte della realtà che dei miei processi mentali se ne fotte eppur mi riguarda, troppo, perché a tener ferma l’attenzione sui miei processi mentali io ci riesco solo per pochi secondi, poi mi distraggo. Ma è un limite mio, ne convengo.
Comunque mi par di notare che la genuinità o meno delle testimonianze e delle intenzioni altrui la giudichi, o almeno la esamini, dunque non ti occupi solo dei tuoi di processi mentali, e fai bene, credo.
Allora, visto che per te molto/tutto è sufficientemente esplicativo e ci stanno anche testimonianza/trasmissione, mentre posso capire che tu giri al largo da chi vuol la tua attenzione per esercitare la sua testimonianza, nei confronti di chi vuole la tua attenzione e ti offre la sua perché tu eserciti la tua testimonianza, come ti comporti?
Febbraio 24th, 2013 at 1:16 pm
L’unico collega che potrei dire sia stato un mio maestro era un ospedaliero che non pigliava un euro per star dietro a noi giovinastri, e manco ci teneva granchè a farlo. Se ne stava per lo più in corsia, non teneva lezioni. Ma il suo lavoro gli piaceva così tanto e ne era direi così entusiasta che comunque trasmetteva più lui dei vari baroni e professoroni. E’ diventato primario: a volte persino l’Italia è giusta.
Quanto ai processi mentali: in che senso sono “miei o tuoi”? Abbiamo su di essi un controllo maggiore rispetto a quanto ne esercitiamo sulla “realtà esterna”? Sono davvero due aspetti così estranei l’uno dall’altro? Viviamo tutti nel medesimo mondo, la mia realtà interna è la tua reltà estena e viceversa…
Bella la neve, invoglia alla meditazione (nel senso di sorseggiare il Marsala, che però ahimè its over…)
Febbraio 24th, 2013 at 4:37 pm
Ciao aa, non molli mai! A me pare si dovrebbe far piazza pulita di questa storia del/dei maestri, buoni, cattivi, diabolici, angelici, compassionevolmente dediti, assetati di potere… Siamo tutti nella stessa barca, nessuno la indirizza da fuori. Qua sopra svolgiamo volta per volta vari e differenti ruoli, a volte bene, a volte male, spesso con buone intenzioni, spesso con secondi fini… Si tratta di discernere e di correggere il tiro, nei confronti di noi stessi e senza presunzione anche di chi ci è vicino, di chi ci si avvicina, come faremmo con noi stessi. Non è cosa facile.
Se i processi mentali sono i pensieri, belin se c’è differenza fra i miei e i tuoi, fra quelli che capitano a me e quelli che a quanto pare capitano a te. I miei pensieri e la realtà esterna… Non avrò un gran controllo sui miei pensieri, vabbé, ma certo assai di più, almeno potenzialmente, che sul terremoto o sulla guida del tir che mi tirerà sotto, se mai finirò così. Se invece si parla di un generico funzionamento della cosiddetta mente, non so, non me ne intendo.
Febbraio 24th, 2013 at 5:13 pm
@ 103-105: Temo sia molto azzardato dire che esiste una realtà fuori dai processi mentali.
Già dire che esiste una realtà è un bel rischio.
E poi “Si chiacchiera non per rompere le scatole all’interlocutore ma per sconfondersi le idee l’un l’altro, compresi i lettori occasionali.”: perché?
@ 104: buona cosa chiedersi se valga la pena definire “mio” “tuo” un processo mentale.
Febbraio 24th, 2013 at 5:48 pm
Con “sconfondersi” intendevo l’opposto di “confondersi”, senza magari arrivare a chiarirsi che è un obiettivo arduo. Va meglio?
Dire che esiste una (la) realtà è senz’altro un bel rischio: una volta corso, limitare la realtà ai processi mentali mi pare ancor più rischioso. Entrato in quel terreno minato, “sum ergo cogito” mi sembra meno azzardato di “cogito ergo sum”.
Febbraio 24th, 2013 at 5:54 pm
@ 107: Così intendevi, bene. Ma la domanda era “perché”.
Limitare la realtà ai processi mentali penso non sia cosa. È altrettanto poco igienico del ritenere vi possa essere dicotomia tra i due.
Febbraio 24th, 2013 at 6:22 pm
jf @ 103
Se dobbiam ballare, balliamo: al massimo si rischia di inciampare.
La domanda è legittima, la risposta pressocchè impossibile: ne converrai, vecchio situazionista .
Quel che mi viene d’acchito è: cerco di non raccontare balle, di mostrarmi senza (facendo attenzione a non…) millantare e senza nascondere troppo le mie miserie.
Poi,se proprio devo formulare una formula, un principio generale, credo che quella classica ‘pentimento-voto’ dica praticamente tutto quel che c’è da sapere. Mi pare una funzione naturale. Ma certo non è una garanzia in se per sè.
Però mi piacerebbe sapere cosa è questa realtà che se ne fotte dei miei processi mentali: mi chiedo se davvero sia lecita una distinzione così netta tra una presunta realtà e la mia – come dire’ – soggettivizzazione di quella che chiami realtà? Davvero il Tir che mi travolge non ha niente a che fare con i miei processi mentali?!
In ogni caso l’attenzione ai processi mentali non volevo intenderla solo riferita ai propri processi: nell’ascolto, ad es., i processi mentali degli altri si presentano alla mente soggettiva anche come suoi propri processi, sicchè può esaminarli ed elaborarli. Così facendo però è portata di nuovo a privilegiare il mio e l’io (ad esempio confutandoli od asserendoli).
Infine vorrei distinguere tra attenzione – che mi pare un processo discontinuo ma che può essere costante in un certo lasso di tempo tanto da permettere rielaborazione e, se il caso, pentimento ecc – e concentrazione (= ‘tener ferma l’attenzione’), che effettivamente tenerla ferma pochi secondi è già gran cosa. Ho usato effettivamente le parole in modo impreciso. Con certa gente bisognerebbe sempre …tener ferma l’attenzione!
Febbraio 24th, 2013 at 6:24 pm
Siccome doc è un pollo – parole sue – la metto giù dura in poche righe. Suggestionato dal repertorio canzonettistico sanremese ho accolto nella mia casa due Testimoni di Geova (cfr. Max Gazzé, Sotto Casa). Facce pulite, persone genuine, “autentiche”,- cioè autenticamente imbecilli. Per tutto il tempo ho pensato alla mia impolverata collezione di katana. Avrei voluto colpirli in testa e far loro provare la freddezza della lama (che volete? sono un fanatico della conoscenza, della Verità con la V maiuscola). E invece con le mie sofisticherie sono riuscito a mandarli via contenti e soddisfatti. Chissà cosa sarà risuonato nelle loro teste, tuttavia è difficile pensare che fossero una mia proiezione: anzi, erano proprio propagazione del mondo esterno. Il problema dei processi mentali è che i concetti di colpa, peccato, castigo etc. si sono fatti carne e sostanza agente, e dunque la strada per la liberazione è ancora lunga.
Per quanto riguarda il confronto, ad es., quello con jf è davvero proficuo. Perché? Perché per “scoprire la difficile strada da sé, bisogna cercare tenacemente il confronto con chi ha esperienza.”
PS: ringrazio i due testimoni di Geova per avermi ispirato il commento 96
: l’avvento del «regno di Dio» Frainteso come profezia.
Febbraio 24th, 2013 at 6:30 pm
Siete già avanti…
Ma perchè i processi mentali sono solo i pensieri?
E le percezioni, le intenzioni, gli impulsi, le emozioni ecc?! le sei coscienze sensoriali? come li chiamiamo?
Febbraio 24th, 2013 at 6:40 pm
Hsmx @ 110, sei icastico (Che ritrae la realtà così come appare, con grande evidenza rappresentativa. Diz. Hoepli). Qui, però, si pone il quesito: “E allora?”
Febbraio 24th, 2013 at 6:50 pm
@ 111: la faccenda si allarga… 😛
Febbraio 24th, 2013 at 6:59 pm
a mym (106 e 108)
Perché? Beh, perché il post è postato, la compagnia è buona, è non confondersi le idee a vicenda è un modo non male di passare il tempo, IMHO come si dice qui.
Grazie Doc di concedermi qualche passo di danza, al massimo inciampiamo insieme. La musica non è male, mi pare.
La risposta pressoché impossibile mi suona bene, ci sto.
Mi trova concorde anche la precisazione sull’attenzione come strumento di lavoro verso di sé e nelle relazioni con gli altri, merci.
Sulla vexata quaestio fra i propri processi mentali e la cosiddetta “realtà esterna” (da bambino mi stupiva che parole che non avevo mai sentito e di cui ignoravo il senso avessero già un significato che altri gli avevano dato e io dovevo far mio, per restare nell’ambito del convenzionale e non tirare in ballo i “cosiddetti fatti”, Tir e terremoto e compagnia bella) fatico a non credere che ci sia distinzione di genere, che non vuol dir dicotomia.
Febbraio 24th, 2013 at 7:04 pm
@110
Che doc sia un pollo, io lo posso dire. Tu no.
Febbraio 24th, 2013 at 7:06 pm
In ogni caso mi piace: l’incarnazione e la disincarnazione dei concetti mi pare rientri tra i processi mentali.
Febbraio 24th, 2013 at 7:09 pm
jf 114
distinzione di genere, non dicotomia. mi piace anche questo. Merci a vous.
Febbraio 24th, 2013 at 7:15 pm
@ 114: insomma, trattasi di… cazzeggio, pare.
Però, se fatichi a non credere che ci sia distinzione (o altro), nel prenderti cura dei processi mentali hai già il tuo da fare.
@ 114, @ 116 e @ 117: il ciccìcoccò non me lo aspettavo. Quasi quasi fatico a crederci 😀
Febbraio 24th, 2013 at 7:54 pm
@111
> i processi mentali sono solo i pensieri?
Sì, perché le percezioni, le intenzioni, gli impulsi, le emozioni ecc sono mediati dalla coscienza, dal pensiero.
Per essere icastico, una vergine timorata da Dio tradurrà come peccaminose le pulsioni sessuali.
@115
Mi sembra giusto. Pollo te lo puoi dire da solo. Giuro sulla Bibbia di non averlo pensato…:-)
Febbraio 24th, 2013 at 7:56 pm
@ 112
E allora?
Non bisogna confondere la costruzione puramente logica (tipo l’ontologia di Parmenide) con la considerazione della realtà empirica. Le due sfere sono eterogenee e incompatibili. Cioè, c’è il fuoco che brucia nel camino, dato empirico inconfutabile, “oggettivo”, e c’è l’essenza del fuoco. Si tratta di due modi di vedere la stessa realtà. La natura, è realtà, ma antropomorfizzata dalla nostra percezione.
Febbraio 24th, 2013 at 8:06 pm
Hmsx (@ 120), se la tua proposta è questa è scritto dappertutto. Persino Heidegger…
Il fatto è che “l’essenza del fuoco” è pura fantasia. Dire che c’è è come parlare del sarchiapone.
E anche dire che c’è il fuoco che brucia nel camino è poco sostenibile: è il fuoco che brucia, la legna o cosa? Se il fuoco fosse una cosa che c’è potresti prenderlo… e scompare.
Febbraio 24th, 2013 at 8:24 pm
ma questo non è un tranquillo relax passatempo, questo diventa lavoro….. Hummm non ci sto, non sempre riesco trovare il tempo necessario. Comunque riguardo il punto 83 personalmente io non ci ho mai fatto caso. Quando ho seguito persone che ritenevo potessero insegnarmi qualcosa, se avevano allievi che li chiamavano maestri, facevo altrettanto, come un “buon giorno” di cortesia. Non me ne è mai fregato nulla, ciascuno può farsi chiamare come vuole. Se tu decidessi di farti chiamare yusshin il meraviglioso, non avrei problemi a chiamarti così….. sarebbero problemi solo tuoi….
Per me la relazione tra un uomo ed un altro, quando è vera e intima, esula da ogni parola detta in più. Quando un uomo dice troppo spesso ad una donna.” ti amo” probabilmente vuole convincere solo se stesso! Chiamare maestro qualcuno o guida, forse rassicura solo chi lo pronuncia, la persona in se, se è d’avvero emancipata non ascolta nemmeno e non ne resta influenzata……in conclusione direi: ma dove sta il problema?
sai che per entrare in casa mia se non mi chiami venerabile non ti apro la porta? 🙂 🙂 🙂
ma perchè il buon Mazzocchi non scrive più?
cavolo lo hai bacchettato troppo……..
non fare così con me perchè altrimenti invece di indicarti la manovra corretta per la schiena, te ne suggerisco una che ti inchioda……..
a proposito, non esagerare perchè se lo fai troppo spesso rischi che la vertebra scivoli in avanti e sono caz…zi poi.
ciaooo
dopo lungo scritto magari non mi invitate più 🙂 🙂
Febbraio 24th, 2013 at 8:35 pm
@119
buona la battuta.
Invece questa:
…sono solo i pensieri…perchè le percezioni, le intenzioni, gli impulsi, le emozioni ecc sono mediati dalla coscienza, dal pensiero.
non mi convince.
Non che sia un teorico dell’inconscio, ma non la farei così semplice. E poi la verginella le pulsioni deve averle, per tradurle in peccaminose.
Febbraio 24th, 2013 at 8:40 pm
@ 122: Ciao kengaku, bentornato. Temevo ti fossi defilato. No, non è un tranquillo relax passatempo. Almeno, l’intenzione è approfondire un tema mettendo in gioco il fondo del fondo. Altrimenti: meglio guardare la tivì. Ma non è neppure lavoro. Largo spazio al relax.
Ecco, in questo caso (@ 122) il tuo argomentare non mi convince. Il motivo è che -apposta!- in @ 83, parlando di Maestri e di preti giapponesi chiamati Roshi mi sono riferito a qualche cosa che si pubblica nel tuo blog. Cioè ti chiama in causa direttamente. So che non sei il web master del blog perciò forse il testo non è tuo, ma “Maestro” con la maiuscola, indirizzato a Deshimaru e “Roshi” riferito a un prete giapponese compaiono lì. Per questo dico che, in questo caso, il tuo argomentare non mi convince.
Fatte salve le tue capacità di manipolatore (delle ossa, eh! 🙂 ): da quando ho avuto indicazioni da te mi è cambiata la vita.
Febbraio 24th, 2013 at 8:52 pm
Doc @ 123: in effetti definire tutto “pensieri” è un po’ povero. Il fatto è che queste idee (la mente è -matrice di- tutto, la mente percepisce solo ciò che la mente stessa genera ecc.) vengono da un ambito linguistico in cui i termini sono veramente tanti, hanno a che fare con ciò che intendiamo con “pensieri” e “mente” ma detto in modi molto più dettagliati e contemporaneamente specifici. Direi che l’arricchimento del linguaggio italico è appena iniziato.
Febbraio 24th, 2013 at 10:08 pm
Eh si svista…..è non sarà l’unica, tempo al tempo, il tecnico non sempre è raggiungibile.
Se poi vai a vedere la regola……dio ci aiuti, il fatto che il testo e’ vecchio e ora non ho il tempo rivederlo tutto…… 😩😩😩
Ma non essere esagerato, potrei essere settario anche se il sito fosse perfetto!!!
Però questa sera vorrei creare un altra provocazione…..oramai quella del Papa e’ scaduta.
Pratica di zazen e violenza, il benessere e la Via…… Sai cosa intendo, … La gioia di vivere e la pratica dello zazen……nel senso del percorso che uno compie per ….. Per ? Cosa crea sofferenza nella pratica dello zazen? A parte ginocchia ovviamente. Quali sensi di colpa, quante speranze, quanta frustrazione si cela la’ su quel cuscino rotondo?
Qui si che escono i fantasmi dagli armadi….😉😉😉
Dai espellami dal blog 😱😱😱
Alla prossima
Febbraio 24th, 2013 at 11:31 pm
@ 121
Se la tua proposta è questa è scritto dappertutto. Persino Heidegger…Se è per quello persino Nietzsche qualche decennio prima: “non esistono fatti ma solo interpretazioni”. Ecco, per me ci sono i fatti e ci sono le interpretazioni. Per dire, il progresso è possibile solo nella conoscenza della realtà empirica, nella metafisica no: la verità è una e non è strumentalizzabile, ma interpretabile (cfr jf @38).
Secondo me,Spinoza,con la formula deus e natura, non ha voluto indicare un’identità ma una diversità, non una sola cosa con due nomi, ma due cose diverse che però in definitiva ne sono una sola. Come fa,ad esempio, il fuoco eracliteo, essendo illusione non-essente, a essere eterno, e il fuoco del mio camino a consumarsi? Precisamente la confusione è tra metafisica e fisica e la conseguenza è la predica dell’inattingibilità della verità.
L’uomo è posto come reale in mezzo a un mondo reale ed è dotato di organi tali, per cui può conoscere e produrre il reale e, inoltre, il possibile.
PS: tema si vada troppo off topic e non voglio tediare i lettori. Inoltre il tema del papa non è scaduto proprio per niente,semmai è appena cominciato…e il peggio deve ancora venire!
Febbraio 24th, 2013 at 11:33 pm
@ 123 e ss
Certo, il linguaggio – mediante il quale si rivelano le pulsioni – è un prodotto derivato.
@125
E, sì, certo, le sfumature del linguaggio. Bisogna perfezionare l’arte del dire. Quanto a me ho raggiunto il limite: tra pensare e dire ci sono delle equivalenze, tutto qui.
Febbraio 24th, 2013 at 11:40 pm
temo si vada off, uff – medito sulle parole di Marta (ciao!) che continuano a interrogarmi, e vado a letto presto che domani devo andare a votare.
Febbraio 24th, 2013 at 11:54 pm
La formula di Spinoza è “deus sive natura” in cui il filosofo mette insieme le due cose, deus e natura.
C’è la notte degli oscar! ‘notte. Passo e chiudo.
Febbraio 25th, 2013 at 10:43 am
@ 127, 128, 129, 130: Xmsx, sei un chiacchierone (chiedo scusa ma non lo so dire in altro modo). E pure un filosofo. Penso che le due cose si tengano. Volano via assieme. @ 127: «Nietzsche […]: “non esistono fatti ma solo interpretazioni”. Ecco, per me ci sono i fatti e ci sono le interpretazioni. Per dire, il progresso è possibile solo nella conoscenza della realtà empirica, nella metafisica no: la verità è una e non è strumentalizzabile, ma interpretabile” ecc.» è il genere di palle (storie? Chiacchiere?) su cui ha campato per 2000 anni una certa organizzazione…
Febbraio 25th, 2013 at 10:52 am
@ 126: kengaku sei uno smargiffone con i controcosi. Complimenti. “potrei essere settario anche se il sito fosse perfetto” è una delle torte migliori che mi servono da un po’ di tempo in qua.
Hai pensato di partecipare al conclave? 😛
Riguardo a “Cosa crea sofferenza nella pratica dello zazen?” è interessante abbastanza da dedicargli… un libro. E non dico altro: ne parliamo al prossimo post.
Febbraio 25th, 2013 at 1:45 pm
Dai su coraggio, chiudi sto post sul Papa e sulla chiesa che oramai è roba inutile….. Stamani su radio tre interessante trasmissione sul perché è percome delle dimissioni del Papa, scandali ecc….. Interessante, ma che mi frega, mica ho intenzione di fare un processo alla chiesa… Cose che avevo già capito a 30 anni. Per me sono speculazioni intellettuali, roba da preti….lasciala a loro!
Su, prossimo post…… Tema 😳: lo zazen e l’autocertificazione, l’autopunizione, l’arroganza mentale! ( ovvero la presunzione !) dai dai su su…..
Cavolo, credo mi censuri 😄😄😄
Febbraio 25th, 2013 at 1:56 pm
@ 133: I post non si chiudono, ci sono post dell’anno scorso che ancora ricevono commenti. Caso mai si passa oltre.
Il prossimo post è già prenotato.
Febbraio 25th, 2013 at 3:03 pm
@ 131
Ch’ai ragione, mym, peccato che Gesù non sia “la Verità”. Egli era un impostore (e un uomo sublime). Resuscitare dal regno dei morti, l’immacolata concezione etc. non sono “fatti”, e manco interpretazioni.(infra)
Premesso che non spreco la mia intelligenza con la filosofia, provo a imporre a questa epoca un problema al quale essa rilutta: la teologia empia.
Non ritengo, a differenza di Descartes, che tutti pensino e che ci possa essere identità tra il ‘pensiero’ dei più e il pensare fine a se stesso. Il pensare è per me una “decisione”, e non un fatto spontaneo. Ora, il principio di Nietzsche vale sul piano assoluto (la vera ontologia, la logica formale) dacché non esiste una verità ultima o piuttosto ulteriore; tuttavia affermare che non esista la verità tout court cozza con la sfera intraumana nella quale i fatti ci sono, c’è pure la realtà (empirica), e la conoscenza ha pieno senso.
Febbraio 25th, 2013 at 3:04 pm
@ 67
Per il ‘vivere autentico’ basterebbe che usassimo quel poco di ragione che abbiamo tutti perché noi ci si riconosca scambievolmente tutti come compagni o meglio fratelli. Ma c’è un però.
Perché ci sottomettiamo a un capo? La risposta è perché l’uomo vuole servire. Sente in sé la volontà e, peggio, la voluttà di servire. La conseguenza è che ciascuno dei sottoposti diventa poi il «tirannello» di un altro. Ciascuno è così interessato a mantenere oliato il dominio perché solo sotto il giogo di un superiore ha diritto alla sua piccola quota di potere su un inferiore. È su questa piramide di abuso che si regge il potere, e su cui campa una certa organizzazione da 2000 anni…Insomma, «il dominio si trasmette attraverso i dominati», e dimenticare la libertà è facile perché in cambio si guadagna la servitù, simulacro della sicurezza.
“Gli uomini nascono servi, e, in definitiva, il problema sono i servi, non i tiranni.” – Étienne de La Boéti, Discorso sulla servitù volontaria.
Febbraio 27th, 2013 at 11:40 am
Come mym fa notare, i post non si chiudono e passare oltre può voler anche dire tornare sull’argomento che non si è esaurito. La questione del papa ci riguarda per almeno due motivi: primo, in quanto cittadini italiani, ovvero all’ombra del cupolone; secondo, in quanto persone che hanno a cuore i fenomeni religiosi, perché osservarli è sempre utile per osservare se stessi. In questo caso, nel piccolo mondo zen italiota non mancano esempi di papetti e papocchi che giocano con i titoli, gli abiti, i ruoli per gonfiarsi di autorità e influenza sugli altri: venerabili, reverendi, maestri, roshi e compagnia cantante. Se è pur vero che senza pesci gettare ami con esche non serve a niente, è anche vero che se nessuno getta ami ed esche i pesci stanno tranquilli: la maggior responsabilità pende dalla parte del pescatore. L’esempio del papa è illuminante: ha fatto la mossa, e ora si capisce che era un trucco. Si capisce dai particolari, come sempre: non è più papa, è papa emerito – non mette più le scarpe rosse, solo quelle arancioni – si toglie persino la mantellina! Belin, che rinunce! Che kenosis, che sprezzo delle mondane convenzioni! Dimettersi dovrebbe essere il più semplice dei gesti, un po’ come morire: punto e basta. Ma no, neanche questo sanno fare. Anche da noi ce n’è più d’uno che fa il beau geste, si dimette, rinuncia, e poi è sempre lì, sotto mentite spoglie, a tirare le fila. Su una cosa però sono d’accordo con l’apapa: è proprio un emerito…
Febbraio 27th, 2013 at 12:39 pm
Son d’accordo con te Jf, o mio venerabile
e reverendissimo maestro :).
Le dimissioni di JR, e verosimilmente quanto ne seguirà nell’amministrazione della Chiesa, mi sembrano una manovra gattopardesca: si cambia tutto per non cambiare niente. Scusate se mi ripeto: il gesto di papa Roncalli fu una vera kenosis, un farsi da parte per lasciar spazio ad altri. Mica per niente questo gesto lo fece il papa buono: uno messo lì perchè i capoccia della curia non riuscirono a mettersi d’accordo e pensarono che fosse un vecchio c…. Invece era un vero uomo di fede.
Oh lo so che è off-topic ma non resisto: ma come stiamo messi noi italioti? Ma qualcuno mi sa spiegare perchè siamo così autolesionisti? Forse era meglio quando c’era il governatore austriaco…
Febbraio 27th, 2013 at 6:10 pm
Off-topic. L’Impero Austro-Ungarico fu esempio di convivenza interetnica (undici etnie) nel rispetto delle differenze (una dozzina di lingue, tredici le nazioni attuali che comprendeva), efficienza amministrativa, convivenza di differenti religioni (cattolici, protestanti, ortodossi, islamici, ebrei) e l’attuale Europa dovrebbe studiarne con attenzione la storia. Consiglio i libri di Joseph Roth (per es. La marcia di Radetzky, La cripta dei cappuccini) veri capolavori sul quel periodo storico. Peccato che durò solo cinquant’anni (1867-1918). Mancava però la meraviglia dei giorni nostri, la democrazia pubblicitaria.
Febbraio 27th, 2013 at 7:37 pm
Maledetti Savoia…
Marzo 1st, 2013 at 5:28 pm
[…] » La via libera. Etica buddista, etica occidentale. di M.Y.Marassi e G.Iorio Dal sito della Stella del Mattino […]
Marzo 2nd, 2013 at 11:40 am
ma è un libro serio o tutte buddhanate? ché in questo tempo di crisi, uno mica può buttare via i soldi per un libro omaggio!
😛
Marzo 2nd, 2013 at 11:50 am
Serissimo: una buddhanata dopo l’altra!
I soldi, in ogni caso, non sono buttati: ci pensiamo noi… 😛
E non è un libro omaggio, scherziamo? Con quello che è costato… 😕
Ma lo spediamo anche aggratis.
A parte le spese di spedizione, veh!
Marzo 2nd, 2013 at 12:08 pm
va bene, mi hai convinto. e poi l’etica è un tema divertente, uno scatenamento della fantasia che in confronto Uòl Dìsni era un dilettante
Marzo 2nd, 2013 at 12:11 pm
P.S. spero abbiate inserito anche l’immortale insegnamento di Giacomo Leopardi: “Chi scrive libri sulle virtù non vorrebbe mai essere preso per uno che mette in pratica ciò che scrive, cioè un minchione” (abbozzo per le Operette Morali, poi cassato)
Marzo 2nd, 2013 at 12:59 pm
Traaaanquil! Credere a quello che si scrive, soprattutto “sull’etica”, è un errore che schiviamo con cura… 😀
Non ci crederai ma c’è anche una parte divertente.
Una parte… vabbe’: solo qualche pagina.
Una pagina.
Due righe, dai… 😕
Marzo 2nd, 2013 at 3:16 pm
Visto il tema e consapevole che una rendita adeguata è indispensabile alla pratica della virtù, verserò volentieri il mio obolo a sostegno degli autori 🙂
Marzo 2nd, 2013 at 5:01 pm
Grazie, lei è troppobbono. Però, a meno che non venga a portarmelo a casa un bell’obolone, quello che verserebbe alla Stella andrebbe: gli autori, meschinetti, si accontentano della gloria 🙁
Marzo 2nd, 2013 at 6:12 pm
Vorrei segnalare che la gestione della ricezione richieste e dell’invio dei testi non è personalmente curata da Mym, bensì da uno staff di cui fa parte il sottoscritto. Pertanto chi scrive a questo indirizzo (servizio@lastelladelmattino.org ) non dialogherà direttamente con l’Autore. Tuttavia avrà tutte le informazioni necessarie.
Marzo 2nd, 2013 at 6:14 pm
Accontentatevi, su, il dialogo con l’Autore è… roba che scotta! 😛
Marzo 2nd, 2013 at 8:12 pm
. . . il dialogo con l’autore dell’etica?! Mo’ sè!
Marzo 3rd, 2013 at 11:46 am
Si potrebbe dire che se non ti regalavano un biliardo con tanto di palle, non saresti in questo casino.. Ma dal momento che venire al mondo non dipende solo da noi, e’ inevitabile che giocando con le palle prima o poi queste fanno guai!
A mio parere, prima di leggere la soluzione del problema che mi giungerà col libro, questo impeachment riguarda solo la nostra coscienza e gli inevitabili sensi di colpa ( i parassiti e che nessuno ironizzi). Tornare indietro non si può. Nascosto dietro quel ue’. ue’ tanto amato dai genitori del neonato, che porta con se aspettative e speranze, si cela un terribile incubo: “da grande non farà mica il monaco zen?”
Come riportato nella Baghavat Gita “l’uomo ha diritto alla azione e non ai frutti che da essa derivano!” Ma anche Cristo e non solo il Buddha ne hanno rivelato l’uscita. Non sono le azioni che corrompono, sono i semi che da esse germogliano. C’è da dire che sfuggendo le palle dalle mani, se si restasse immobili forse, il danno sarebbe contenuto….il fatto e’ che nel tentativo di non creare danno e nella speranza di riprenderle al volo, queste rifuggono (altrimenti che palle sarebbero) e balzo dopo balzo con noi che gli corriamo appresso, ecco che rompono il vetro, cadono dalla finestra ecc ecc Che sciagura il movimento!!!! Ma ecco che la parabola dei talenti ci viene in aiuto….
Grazie ☺
Marzo 3rd, 2013 at 12:26 pm
Se nel libro speri di trovare “soluzioni del problema” … campa cavallo! 🙂
Non capisco in che senso richiami la parabola dei talenti. Uno dei capisaldi della giustificazione religiosa al capitalismo ed alla necessità della “crescita”.
Marzo 3rd, 2013 at 1:01 pm
Il senso di paura e’ sempre l’origine del problema. Paura di non riuscire,paura di perdere, paura del giudizio e di restare indietro…..
La paura divide l’uomo in se stesso.
Rende il terreno fertile alla avidità, alla rabbia, alla invidia.
È l’insicurezza e’ il perfetto humus per lo sviluppo del germe della paura.
Sai la storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, la stessa cosa la puoi girare verso “il mondo di Cesare o il mondo di Dio” .
Che la società Cristiana abbia fatto del capitalismo una giustificazione religiosa, e’ cosa oramai risaputa. È il limite del mondo delle parole e dei concetti…… Se io dico povero, l’altro cosa intende? Dipende dal suo concetto di povertà. Diverso se lo dico al barbone sdraiato sulla panchina, o al finanziere in difficoltà per l’ultima operazione finanziaria riuscita male, o ancora a quel malato in fin di vita nel letto dell’ospedale. Tutto e’ usabile, tutto fraintendibile nel mondo di Cesare, per questo spessissimo le civiltà giungono ad un impasse. Per questa ragione si diventa viandanti in cerca di ciò che non è fraintendibile, incerto, usabile a mio o tuo piacimento…. Quello che definiamo il mondo dello spirito o mondo religioso. Ma ahimè, anche qui hanno messo dei paletti, oggi la scienza sta dimostrando sempre più che siamo macchine chimiche, perfetti meccanismi sofisticati in simbiosi tra loro….. Che ne resterà di questo me tanto amato da me stesso? È allora, che ne farò di quel pugno di talenti che mi sono stati dati ? Non è forse questa parabola la dimostrazione dell’impasse della coscienza umana? Il bandolo della matassa inizia e finisce sempre con capo e coda…. Come vedi e consideri le cose e’ forse questo il libero arbitrio?
Marzo 3rd, 2013 at 2:18 pm
copio e incollo…..
kengaku Says:
marzo 3rd, 2013 at 11:46 am
Si potrebbe dire che se non ti regalavano un biliardo con tanto di palle, non saresti in questo casino.. Ma dal momento che venire al mondo non dipende solo da noi, e’ inevitabile che giocando con le palle prima o poi queste fanno guai!
A mio parere, prima di leggere la soluzione del problema che mi giungerà col libro, questo impeachment riguarda solo la nostra coscienza e gli inevitabili sensi di colpa ( i parassiti e che nessuno ironizzi). Tornare indietro non si può. Nascosto dietro quel ue’. ue’ tanto amato dai genitori del neonato, che porta con se aspettative e speranze, si cela un terribile incubo: “da grande non farà mica il monaco zen?”
Come riportato nella Baghavat Gita “l’uomo ha diritto alla azione e non ai frutti che da essa derivano!” Ma anche Cristo e non solo il Buddha ne hanno rivelato l’uscita. Non sono le azioni che corrompono, sono i semi che da esse germogliano. C’è da dire che sfuggendo le palle dalle mani, se si restasse immobili forse, il danno sarebbe contenuto….il fatto e’ che nel tentativo di non creare danno e nella speranza di riprenderle al volo, queste rifuggono (altrimenti che palle sarebbero) e balzo dopo balzo con noi che gli corriamo appresso, ecco che rompono il vetro, cadono dalla finestra ecc ecc Che sciagura il movimento!!!! Ma ecco che la parabola dei talenti ci viene in aiuto….
Grazie ☺
Marzo 3rd, 2013 at 2:41 pm
Se nel libro speri di trovare “soluzioni del problema” … campa cavallo! 🙂
Non capisco in che senso richiami la parabola dei talenti. Uno dei capisaldi della giustificazione religiosa al capitalismo ed alla necessità della “crescita”.
Marzo 3rd, 2013 at 2:47 pm
Di libero arbitrio me ne intendo poco, suppongo sia qualche cosa che ha a che vedere con la libertà di determinare il futuro.
Però riguardo a religione e capitalismo (o più precisamente: legittimità etica dell’accrescimento senza limiti) vedo le cose al contrario. L’uomo, per la dottrina cristiana, è l’amministratore delegato di Dio in terra, il pastore dell’essere per dirla con Heidegger, perciò la parabola dei talenti (il più bravo è quello che fa fruttare la moneta) tradotta in azione non ha limiti etici.
Marzo 3rd, 2013 at 3:58 pm
fammi capire, ma è un esclusiva dei popoli occidentali attribuire l’uomo ad amministratore delegato di Dio in terra ? e solo l’uomo o anche la donna ?
io credo che sia stata l’arroganza umana classica nei popoli conquistatori ad attribuirsi tale diritto che poi venne sostenuto dalle varie Chiese. io, per i miei limiti, non vedo nulla di etico in questa direzione. cos’è etico per l’africano che vive in simbiosi con la sua terra? o per l’eschimese che scandisce il suo tempo tra i ghiacciai? insomma, non è forse che più ci allontaniamo dalla realtà della nostra vita più abbiamo necessità di un etica che ci guidi, ispiri o giustifichi ? so che è il tuo campo, illuminami …..
Marzo 3rd, 2013 at 4:58 pm
Nel mio campo non è prevista l’illuminazione per procura. L’etica, comunemente intesa, è comportamento. Questo è determinato da cultura, religione, pulsioni, istinti ecc. Da un lato è vero che più ci allontaniamo dalla realtà della nostra vita più avremmo bisogno di guide etiche perché da soli non saremmo più in grado di tenere la rotta. Il fatto è che vivere la “vera” realtà della nostra vita, inteso come indicazione, è… un’etica.
Marzo 4th, 2013 at 12:15 pm
@ 13: a mio parere si tratta di un’interpretazione scorretta. Il senso secondo me è all’incirca questo: non aver paura di spenderti nella vita, non vivere da “piccolo borghese”, nel terrore di sbagliare o di peccare. Vivi, fa moltiplicare i doni che hai ricevuto, non importa se sono tanti o pochi, l’importante è che tu li “metta a frutto”, ossia che tu ti sviluppi come persona, che metti al servizio del prossimo quanto c’è di buono giusto e positivo in te. Ossia: non andarti a seppellire per paura e soprattutto non stare a “fare i conti” con Dio- si veda a questo proposito il discorso sulla peccatrice che ha molto peccato ma anche molto amanto. Detto in un altro modo ancora: Se sbagli Dio di perdona mille volte, non c’è problema, ma se stai a fare il furbo pensando di “esser giusto” ed essere “in credito” fai un grosso errore, butti via la tua vita. Facendo così strumentalizzi Dio!!! Sotto sotto è un attacco all’atteggiamento farisaico (Gesù polemizza spesso coi farisei perchè, si sa, ci si scanna sempre coi “fratelli”).
A mio modestissimo parere, se c’è una cosa che il buddismo può effettivamente “imparare” dal Cristianesimo è proprio questa spinta all’azione- se rettamente intesa ovvio. Però nemmeno io colgo il legame col testo di Mym.
PS: sto facendo la reclame al libro pubblicizzandolo come un testo dell’ANAS 🙂
Marzo 4th, 2013 at 12:21 pm
ANAS? Was ist das?
Concordo con la lettura di aa (@ 14) riguardo alla parabola dei talenti. Purtroppo l’uso che ne è stato fatto non è conseguente a quella lettura. I buddisti… meglio lasciarli stare: dove si son mossi han fatto danni.
Marzo 4th, 2013 at 12:24 pm
@ 12: Che sciagura il movimento sì…dipende da come ci si muove però, stare fermi è impossibile.
Dal Vangelo di Tommaso: “Qual’è la prova che il Padre è in voi?” “E’ nel movimento e nella quiete”.
Quanto al capitalismo ecc, sempre da Tommaso: “non prestate denaro ad usura ma datelo quando saprete che non lo riceverete”
Marzo 4th, 2013 at 12:25 pm
ANAS: Son quelli delle autostrade: sai la “Via libera”- se reclamizzo il libro come un manuale per evitare gli autovelox vedi quanto copie vendi 😉
Marzo 4th, 2013 at 6:08 pm
concordo con l’interpretazione di aa, di più con quella di mym.
ovunque ci si muova con l’intento di “aiutare” gli altri, inevitabilmente si cade nella propria interpretazione di cosa sia l’aiuto. I missionari la sanno lunga al proposito. Certo non si può fare di tutta l’erba un fascio, comunque farei molta attenzione ai cosiddetti promotori degli aiuti verso il prossimo. Riguardo poi al Buddhismo che debba imparare la via dell’azione dal Cristianesimo….. diciamo che abbiamo due modi diversi di considerare cosa sia un aiuto o la via dell’azione. Sul fatto che Dio ci perdoni gli errori basta che ci siamo mossi verso gli altri…beh, io lo chiederei direttamente a Lui. Forse ci stupiremo quel giorno che salendo oltre i confini della materia andando verso di Lui, incontreremo personaggi come Hitler e altri del genere, seduti tranquillamente su una nuvoletta che fumando un buon sigaro se la godono affianco a tanti Santi. Voglio dire che bene e male, perdono o castigo, il giudizio è affare di noi umani, se tutti siamo figli di Dio, come possiamo pensare che ami gli uni e detesti gli altri? Ma a noi piace la “nostra” cosiddetta giustizia e probabilmente faremo i conti con quella, senza dover scomodare il Santissimo. Per i Talenti, non ridurrei il tutto alla buona volontà, dobbiamo tener conto dell’epoca, delle circostanze….. un uomo Santo nasce al momento giusto, cioè quando molte circostanze lo richiedono, lo stesso, forse, per gli uomini malvagi. Ridurre tutto a se stessi implica lo stesso errore che aspettare che qualcuno ci chiami. Se il non movimento non è sempre la cosa giusta, lo stesso è per l’azione.
grazie–
Marzo 4th, 2013 at 7:57 pm
Ragazzi (si fa per dire…) parlereste di qualsiasi cosa.
E il silenzio del Buddha? Eh?
Parlereste anche di quello, scommetto.
Marzo 4th, 2013 at 9:01 pm
Io volevo più che altro correggere il tiro rispetto all’interpretazione “borsistica” riportata da Mym (e non condivisa, come si è chiarito). Interpretare una metafora come se fosse un’indicazione letterale è improprio(infatti si dice “il Regno di Dio è come ecc ecc”).
Io non ho posto l’accento tanto sull’aiutare gli altri, quanto sul vivere pienamente- nella parabola non si dice che far fruttare i talenti debba per forza voler dire essere altruisti. Il messaggio di fondo in molte parabole di Gesù che riguardo i denari è soprattutto “non fare l’ipocrita”.
Però non ci hai spiegato perchè tu hai tirato in ballo i talenti….
Marzo 5th, 2013 at 11:10 am
La parabola dei talenti ed altri ammonimenti di Gesù si collegano molto bene con la discuzzione nel post precedente sui “Maestri”, “le guide”, quelli che aprono i centri ecc. Il punto centrale del Vangelo, almeno a mio parere, è proprio una radicale messa in discussione di tutto ciò (ecco il vero senso delle frasi “i primi saranno gli ultimi”, “i pubblicani e le prostitute superano i giusti nel Regno ecc). Ossia è un attacco frontale ad una falsa identità fondata su una supposta superiorità morale, sulla base della quale ci si possa ergere a giudici degli altri (ecco chi sono i “lupi travesti da agnelli”, i “sepolcri imbiancati” ecc).
@ 12: quadno supereremo i confini della materia…a parte chiedermi dove stanno quei confini, la domanda principale che mi sorge è: che cos’è la materia?
Marzo 5th, 2013 at 11:12 am
discuzzione…oh non è che c’ho il raffreddore, ho sbagliato a digitare pardon
Marzo 5th, 2013 at 11:58 am
Non capisco che cosa c’entra la parabola dei talenti con “i primi saranno gli ultimi”, svp.
Marzo 5th, 2013 at 2:12 pm
Quelli che pensano di essere “i primi” ossia i capi del popolo, i maestri della Legge, i pii ecc. saranno gli ultimi nel Regno. Questa è tutta gente che ha sotterrato la moneta (si è risparmiata per “non sporcarsi” e per “essere giusta”); invece la prostituta dell’episodio evangelico, che profuma i capelli con l’olio, ha vissuto in modo più autentico, nel bene e nel male. I primi, i giusti, giudicano gli altri, ma saranno ultimi, i secondi, che sono biasimati dalla società, ma saranno i primi. E’ un rovescimento dell’etica dei “benpensanti”, molto disturbante per chi pensa di essere “a posto” perchè segue la Legge (atteggiamento quest’ultimo molto diffuso tra i cattolici).
Marzo 5th, 2013 at 2:18 pm
Si veda anche l’episodio del Figliol Prodigo; spesso lo si cita per mettere in evidenza la bontà divina, che accoglie il peccatore pentito, ma il punto interessante dell’episodio è alla fine (in cauda venenum!!). Cioè dove il figlio rimasto a casa si lamenta col padre perchè lui, che è sempre stato lì a fare il suo dovere, si vede trattato allo stesso modo del fratello puttaniere. Ma Dio, dice Gesù è libero di pagare allo stesso modo anche chi lavora nella vigna solo per un’ora. La giustizia divina non è quella degli uomini.
Marzo 5th, 2013 at 5:39 pm
Capperi se è difficile essere cristiani.
Nella nostra parrocchia basta sedersi, fare i bravi e … non rompere i santissimi 😎
Marzo 5th, 2013 at 6:16 pm
Fare i cristiani è così difficile (sono tutti ultimi, ossia primi, ma qualcuno è più ultimo dell’ultimo, cioè primo del primo…) che nessuno ci prova più 🙂
Marzo 6th, 2013 at 10:19 am
Tutto è relativo: fare i cristiani sarà difficile, ma rispetto a fare l’ebreo ortodosso ai tempi doveva sembrare una pacchia.
Fare i bravi e non rompere i maroni non è poi facile come sembra.
Kengaku ma che è sei sparito? Primi mi tiri il sasso e poi…
Marzo 6th, 2013 at 12:11 pm
Comunque, quanto all'”essere cristiano”, se uno va al succo dell’insegnamento, l’etica proposta non mi pare poi tanto diversa da ciò che nel buddismo si intende con “sila”. Stringi stringi, Gesù dice “non stare a preoccuparti del segnapunti e soprattutto non calcolare i punteggi degli altri, piuttosto fai il bravo, non far guai e possibilmente aiuta gli altri”.
Il problema della vita religiosa cristiana, per lo meno per quanto mi riguarda, per le mie necessità, è che manca il samadhi (purtroppo devo convenire con Mym su questo ;)), Per cui alla fine è un pò come spogliare una donna con due tette fantastiche e scoprire che è tutto push up ;).
Vabbhè ho capito, nessuno vuol giocare oggi…avendo finito il Marsala mi vedo costretto ad andare dalla vicina a chiedere le sigarette…
Marzo 6th, 2013 at 12:12 pm
Oppure faccio un’ora di Zz…dubbio amletico…
Marzo 6th, 2013 at 3:52 pm
ma no, non sono sparito…. ma voi lavorate ? comunque non mi tiro indietro. Mi stavo chiedendo quanto c’è di reale in tutto ciò che scriviamo….. la vita è piena di contraddizioni, come lo è l’onda nel suo andare e ritrarsi.
Ma cosa significano “vita Cristiana o vita Buddhista”? il dolore è dolore per tutti, le contraddizioni dell’amore lo sono per tutti e via discorrendo.
Possiamo dire che viviamo due vite, quella pubblica, cioè quella che mostriamo e quella che “viviamo dentro di noi” quando queste due sono in contraddizione può nascere la malattia. A mio modo di vedere quando una persona si ostina a perseguire una Via, qualunque essa sia, ma che non è realmente vissuta ( oso dire accettata dal proprio inconscio) , ripeto può nascere la malattia che, secondo qualcuno, altro non è che la manifestazione del peccato, cioè della contraddizione…….
qui sta la provocazione per voi….. il peccato non è altro che la malattia, cioè la divisione interiore. Cosa ne pensate? ☺☺☺
Marzo 6th, 2013 at 4:36 pm
@31: Cosa c’è di reale in quello che scriviamo?
Meglio non chiederselo…
@29: paragonare il samadhi a due tette fantastiche, ma si può? Chissà a cosa pensi quando sei lì seduto… 😯
Comunque concordo: una via religiosa senza samadhi/zazen è come un’auto senza benzina.
@31: se lavoriamo? Cosa credi che stia facendo? 😛
Marzo 6th, 2013 at 6:18 pm
Se parliamo di talenti alzo la posta: esiste un’ etica orientale? – Solo noi spiriti liberati, cioè scatenati, possediamo il presupposto di intendere questa rettitudine divenuta istinto e passione che alla «menzogna sacra» ancor più che a qualsiasi altra cosa fa la guerra…La Chiesa è stata edificata sulla negazione del Vangelo! Il messaggio di Gesù è :”aiutati ché poi gli altri ti aiuteranno”; il messaggio della Chiesa è “ lo spudorato tornaconto!”. Il cristianesimo è un gigantesco punto interrogativo per una forma di ironia storico-mondiale: l’umanità si inginocchia davanti alla Chiesa, davanti all’antitesi di ciò che era all’origine, il senso, la giustezza del Vangelo. Per un prete del ‘700 il cristianesimo è uno sbaglio, per un uomo di oggi è una deficiente menzogna! Il cristianesimo è una contraddizione, -eppure il suo fondatore sta ai suoi contemporanei come un uomo sta a una scimmia.
@31, qual è il rapporto tra realtà e scrittura? Forse fare il bene è una cosa oscura.
L’omicida-suicida di Perugia non ha forse rivelato l’essenza del “mondo”?
[fiero d’orgoglio empio: il cristianesimo è una malattia dello spirito che attecchisce sui moribondi].
Marzo 6th, 2013 at 7:06 pm
Ma, HMSX sei un prete ? non capisco questa questione che ritorna, sulla chiesa il Cristianesimo ecc ecc come se avessi qualcosa contro……
sai, ho fatto due anni di collegio dai preti quando ero in giovane età, ne ho viste e sentite ( menavano di brutto) tuttavia non nutro un rancore. Loro agiscono così, hanno i loro problemmi, non è diverso in Giappone in certe strutture e mym ne sa qualcosa, non a caso chi sente la spinta verso un senso religioso si rivolge altrove. Però, il mio pensiero è che se c’è gente che ha bisogno di “questa” chiesa, è giusto che “questa” chiesa ci sia. Lo stesso per i tanti guru o “maestri spirituali buddhisti” se c’è gente che necessita di un padre padrone, di strutture che infondano certezze, e che sia….. a noi cosa cambia ? se mym mi consente ti racconto una storia…..(segue)
Marzo 6th, 2013 at 7:21 pm
avevo una volta un giovane paziente che da me veniva per il male alla schiena. Era pieno di cicatrici, dappertutto! Un giorno gli dissi :” perchè continui a farti del male? non ne hai ancora abbastanza? che cosa ti angoscia così tanto?” e lui molto seriamente mi rispose: ” si! ho deciso che non mi farò più del male, desidero vivere una vita tranquilla, ho capito che mi sto facendo del male, da oggi che mi sento meglio, cambierò vita”
Una settimana dopo si sfracellò col suo camion giù dal primo cavalcavia di Serravalle. Al ricordo mi viene la pelle d’oca……
A volte piccoli errori possono evitarne uno grande…. ciascuno fa e vive quello che ha bisogno vivere, intervenire non è sempre bene.
Quando dissi ai miei compagni di pratica di quel tempo che la Via Buddhista non poteva comprendere la violenza, il rapporto padre-padrone, la presunzione di possedere la verità rivelata… finì che io fui buttato fuori e criticato da tutti che ovviamente li restarono. Certo sino quando ciascuno di essi non arrivò al “suo momento” di comprensione. non so se sono riuscito spiegare il mio pensiero. ci spero.
Marzo 6th, 2013 at 7:29 pm
Secondo me è impossibile essere cattolici (cristiani non so) senza essere assertivi in modo soffocante. Più che di una difficoltà nel cristianesimo si può – forse – parlare di un problema con i santi, con i religiosi, e con la colpa. Non penso che il peccato sia una malattia, del resto pubblicani e prostitute ci precedono nel regno dei cieli mica per nulla, daccordo hanno creduto, ma anche altri credono e stan loro dietro…. L’etica senza il dubbio è una condanna, o no? “etica buddhista, etica occidentale” … forse ci voleva proprio. chissà se ha senso parlare di etica buddhista al di fuori del terreno su cui ha attecchito la proposta di Shakyamuni: in occidente, come dire, c’è “già” la condizione per cui se ne possa discutere?
Marzo 6th, 2013 at 8:27 pm
@ 34
Prete… ammè? Vabbuò, pistolotto.
Mai avuto a che fare con i preti, né ho mai varcato alcun tempio buddhista. E me ne guardo bene! Piuttosto ho avuto molti contatti con le suore… Ma il tema è l’etica buddhista!
Ad ogni modo, mi spiace per la sua storia personale, molto commovente.
– Questa Chiesa è per me dannosa, e degli altri me ne fotto! Per me possono affogare aggrappati a questa rovina…(Sì, sono ‘contro’)
PS: fortuna che ho l’autista e non guido!
@ massimo, 36
“E”, congiunzione, non virgola. Linguaggio intenzionale.
Marzo 6th, 2013 at 8:32 pm
@aa, 28
“Ho una strana tristezza e un bizzarro malumore. Vorrei attaccar briga con voi, ma non so su che argomento»” (tipo, dal Vangelo dell’Anticristo, una protostoria dell’empietà)
Marzo 6th, 2013 at 9:36 pm
@HMSX, 37 🙂 te tu stai parlando uno che non sa scrivere e ignora i fondamenti di grammatica. Comunque è stata proprio “solo” una svista, mi scuso, ma l’errore mi ha permesso di andare a http://www.lastelladelmattino.org/23 .. che anche se non c’entra una b.m. è sempre un bel leggere. 🙂
Marzo 6th, 2013 at 9:48 pm
@massimo, 39
Mi piacciono le simmetrie e “Etica Buddista e Etica Occidentale ” è un titolo asimmetrico . Chiamala svista 🙂
Marzo 7th, 2013 at 8:26 am
Quindi? Se mi perdonate ancora l’intrusione, non ho proprio colto quello che mi voleva suggerire HMSX 🙂 … anche se per voi è semplice
Marzo 7th, 2013 at 8:40 am
@ 35: Anche a me sono capitate situazioni simili (faccio il medico); è molto doloroso- però non colpevolizzarti, tu non c’entri. Quanto a quelli che t’hanno cacciato, io direi piuttosto che sono loro che si sono rinchiusi.
Off topic: grazie per aver scritto “sedersi in pace”, l’ho trovato molto utile
Marzo 7th, 2013 at 8:44 am
Forse sarebbe l’ora di aggiornare l’ora. Dei commenti.
@41: non sei solo fratello! questo luogo in certi momenti è un club esclusivo ;-P devi solo avere la pazienza che arrivi mym a fare chiarezza in cinque righe. Per tutto il resto c’è mastercard, oppure si può sempre andare a spolverare (o scopare) il mare, che è attività benedetta e vero samadhi.
Marzo 7th, 2013 at 9:40 am
@35 … io avevo un amico che ha perseguito fino in fondo l’ideale del “poeta maledetto”. Potevo fare di più, di meno? La gente non ha quello che si merita, ma quello che le capita. Facciamo il nostro meglio, quel che si può …
Marzo 7th, 2013 at 1:34 pm
Torno alla questione delle “tette” di cui parlavo in 29. Il fatto che nel cristianesimo non vi sia un’esperienza diretta paragonabile al samadhi, fa si che non si percepisca il fatto che tutto quanto la religione “dice” rientra nell’embito degli “abili mezzi”, essendo la meta al di là delle parole. Come conseguenza la vita religiosa si riduce ad adesione ad una dottrina, che viene identificata con la Verità, o alla condivisione dell’appartenenza ad uno specifico gruppo (la Chiesa). Ecco perchè secondo me il cristianesimo tende a divenire una monocultura che soppianta le realtà “indigene” piuttosto che integrarsi con esse. Lo stesso mi pare che accada anche nell’Islam, in misura forse anche maggiore.
Ricollegandomi anche al post precedente, segnalo un interessante articolo su Interdependence, in cui Ratzinger difende esplicitamente il carattere peculiare del Cristianesimo come verità storicamente rivelata e quindi non equiparabile ad altre possibili vie al divino. L’a-papa sostiene che negare questa pretesa di assolutezza significa privare il Cristianesdimo della propria ragion d’essere e se la prende come d’abitudine con il “realtivismo”. Vale la pena leggerlo, tutto si potrà dire di JR ma non che sia uno sciocco.
Marzo 7th, 2013 at 1:42 pm
DHRma n’do stai? Quando intervieni mi trovo spesso in disaccordo con te, ma se non ci sei mi manchi…sob sob
Marzo 7th, 2013 at 6:14 pm
Andate come treni.
Magari non si capisce dove, ma…
Marzo 7th, 2013 at 6:42 pm
@41
Quindi il tuo lapsus mi suona… corretto. 🙂
Evidentemente i nostri amici hanno voluto mantenere la struttura de IL SUTRA DEL DIAMANTE ed. Marietti.
“Attraverso il Sutra del Diamante è possibile smascherare il Cristianesimo stesso, per poter cogliere la sua nascosta bellezza mistica” – G.Iorio, III. Un diamante tagliente fra le mani, in Il Sutra del Diamante, pag 217.
Spilorcio dotto pubblico della Stella non resta che accattarsi il libro. Offerta libera, si capisce.
PS: Il linguaggio intenzionale è sempre un bel leggere.
Marzo 7th, 2013 at 6:44 pm
Anelo alla teologia maledetta -una teologia “simultanea” – in cui tutte le parti siano compresenti e non ci sia nulla da “scoprire”.
Scopo della teologia empia è la diminuzione del desiderio di Dio. ‘Diminuire’ l’eccesso di significati opprimenti legati al concetto di Dio ed estinguerne il desiderio. Credo l’idea di Dio banale, da trattare come una idea qualsiasi o l’idea di insetto; -mentre la idea di “verità” è per me semplice; essa segna, come idea,lo scarto tra noi e le cose. Allibisco quando sento dire che le idee e le cose sono identiche e Gesù resta essenzialmente un uomo malato di nervi.
La ‘pace dell’anima’ è l’estinzione del pensiero pensato fino in fondo ché “Eliminare il desiderio non è eliminare il desiderio, è non avere niente da desiderare”.(Cfr mym, in Il Sutra del Diamante, ed Marietti)
Marzo 7th, 2013 at 6:52 pm
@48: Non avrei saputo dirlo meglio. Grazie.
Oggi voglio fare un regalo agli amanti del linguaggio intenzionale.
Naturalmente: acqua in bocca.
Marzo 7th, 2013 at 7:06 pm
@49: hai mai letto Tesi per la fine del problema di Dio, di Tartaglia?
Muy bueno.
Marzo 7th, 2013 at 7:56 pm
> hai mai letto Tesi per la fine del problema di Dio, di Tartaglia?
Un po’. Però ‘problema’ e/o ‘paradosso’ sono per me parole di disinteresse. Torno a dire: Dio non è un problema, semmai lo è il cristianesimo.
Il teologo maledetto è edificante; la teologia che insegna è costruttiva – il parallelo con il “poeta maledetto” è arbitrario.
Marzo 8th, 2013 at 11:11 am
@50: grazie mym per il regalo. Strumento indispensabile per iniziare a capirci qualcosa.
Marzo 8th, 2013 at 5:47 pm
Tutte le religioni hanno un contenuto morale e rappresentano ciascuna uno sforzo egualmente intenso ed equipollente per scrutare e per interpretare il supremo e imperscrutabile mistero dell’essere; sebbene il mio temperamento empio e realistico mi faccia poco propenso verso le religioni costituite, non sono indotto a combattere il sentimento religioso in astratto come la “fraterna umanità migliore” dei cristiani.
Il mio pensiero va a te, tesista pretesco del Dams che già ti stai esercitando su “Inglourious basterd”: il “woodyallenismo” come sport estremo.
La dirompenza dell’orrore è il racconto della vendetta ebrea di assassinare Hitler al cinema.
PS: adoro la c.d. “meta-storia”.
Marzo 8th, 2013 at 5:48 pm
I demoni non sono i più esclusivi abitatori di rovine. Hanno capito che questa civiltà è tutta un immenso brulicare di rovine perché riflette l’uomo nella sua integrità di male.” (cit.)
PS: la conseguenza del passaggio da un tempo circolare ad uno lineare è l’allucinante consumarsi della fine del cristianesimo, non la fine del cristianesimo in sé.
Marzo 8th, 2013 at 5:50 pm
Dalle ceneri del linguaggio intenzionale è sorta nel mio cuore la teologia maledetta la quale propone il veleno contagioso (leggi il cristianesimo) sotto un nome più specioso di quanto fosse stato fatto prima: l’empietismo.
I seguaci di questa setta danno l’impressione di ammettere Dio; ma il loro disegno è quello di sradicare sonoramente le colonne e le fondamenta della verità cattolica.
I loro cuori sono come “una pietra coperta di muschio”, nulla li corrompe. I loro corpi ardono come colonna di fuoco affinché facciano ardere.
Marzo 8th, 2013 at 6:02 pm
Hmsx: a folate… E hai scoperto il trucco per evitare i refusi.
Occhio, però. Anche perché “Tutte le religioni hanno un contenuto morale e rappresentano ciascuna uno sforzo egualmente intenso ed equipollente per scrutare e per interpretare il supremo e imperscrutabile mistero dell’essere” non è mica vero.
E poi “usare” Battiato senza dirlo… Non è fair.
Marzo 8th, 2013 at 8:55 pm
A folate? Magari…Ho scoperto il trucco per evitare i refusi: mettersi gli occhiali!
Occhio…
“No, no, non si può concepire il futuro come essere, né pensare il passato come essere. Sono solo gli indizi attuali del futuro che possiamo immaginare come presenti ed essenti; solo le tracce del tempo passato (tutto ciò che la nostra memoria conserva e che le varie forme dell’arte e dell’agire umano ci consegnano oggi, nel presente) questo soltanto possiamo chiamare “essere.” -Sant’Agostino
Usare Agostino senza dirlo è proprio no fair. È proprio da me. 🙂
Marzo 9th, 2013 at 12:50 pm
Se essere geniali costituisse merito e se tale merito fosse riconosciuto … avresti il sicuro affuturato 😀
Marzo 9th, 2013 at 6:45 pm
>DHR ma n’do stai?
quando, un giorno, aprendo la Stella ho visto che i commenti a questo post erano saliti di colpo a 50, mi sono spaventato…
Marzo 9th, 2013 at 8:19 pm
“Una volta che è stato detto tutto come se non si fosse detto nulla, ci si può rilassare e serenamente sorridere, in quel silenzio”. (cfr mym, Il silenzio e il sorriso)
Per il teologo maledetto filosofare è rispondere, non porre domande. Allora, Dio è un certo stato di avversione del mondo contro di noi. Ciò si rivela nella morte, non nella stupida sofferenza. Il potere della riflessione di matrice occidentale non consiste nel mediare l’immediato che così non si darebbe mai al suo livello, ma nel nominarlo con temerarietà.
Tuttavia finché in Occidente il cristianesimo impazzerà le menti dei semplici, la parola del Buddha suonerà come esotica, quando va bene, e non quella profonda dottrina che interroga Śāriputra e che fa dire all’Illuminato “Il mondo con i suoi dèi si spaventerebbe se parlassi di un tale argomento”.
Marzo 9th, 2013 at 8:22 pm
> Se essere geniali costituisse merito e se tale merito fosse riconosciuto … avresti il sicuro affuturato 🙂
Molto ridere. Se tradurre in un italiano geniale il Sutra del Diamante costituisse un merito e tale merito fosse riconosciuto…saresti più ricco di Fabio Volo.
Ah, l’editoria italiana!, mi raccontano certe storie sugli editori di caratura da… “che te lo dico a fare!”.
…
Hey dhr!, il tuo libro… fa paura! (è un complimento)
Marzo 9th, 2013 at 8:32 pm
O uno non può andarsene due giorni a bere nelle langhe e guardo dove vi ritrovo…
@ HMSX: secondo me sopravvaluti il Cristianesimo; non è più quello a segnare la nostra cultura.
La verità è la distanza tra noi e le cose…mi sembra un’idea strana…che differenza c’è tra noi e le cose? Quel “noi” esiste veramente? Non è un frutto dell’immaginazione (una ricostruzione a posteriori) come il sarchiapone?
Marzo 9th, 2013 at 8:36 pm
@ 61: “Per il teologo maledetto filosofare è rispondere, non porre domande”. Rispondere equivale a “porre un tappo” alla domanda.
Uccide la ricerca, lo stupore, la curiosità.
@ 62: Non conosco Fabio Volo, né il suo reddito. Non vorrei diventare ricco, troppo complicato.
Sono già molto ricco “di mio”.
Marzo 9th, 2013 at 9:23 pm
>Hey dhr!, il tuo libro… fa paura! (è un complimento)
uellà hmsx! mi fa davvero piacere averti tra i miei 25 lettori: altri 24, e pareggio Manzoni.
ma dov’è già che abiti? sto presentando il libro in tutta… mbeh, tutta l’Umbria, a essere onesti…
Marzo 9th, 2013 at 9:44 pm
@ aa
La IDEA di “verità”, non la verità etc; la differenza tra noi e le cose è l’attenzione mediante la quale ce ne separiamo. E poi io il cristianesimo non è che lo sopravvaluto, lo schifo proprio!
Tuttavia la nostra italica cultura, e anche quella africana, è segnata – ancora !- dal cristianesimo . Nel ‘mondo libero’ il cristianesimo è considerato alla stregua di una carnevalata.
@ mym
Sì, sul tappo, mentre sulla curiosità taccio; anche perché è una tale argomento spaventevole…
Beato te che non conosci Fabio Volo. È un ex panettiere con la terza media i cui libri hanno venduto 5 milioni di copie. Tutti uguali. “Vogliamoci bene e Dio ci premierà”…con assegni cospicui. Il denaro non risolve i problemi, li dissolve.
@ dhr
Abito in una terra di barbari. Molto meglio l’Umbria.
Marzo 10th, 2013 at 9:11 am
>Molto meglio l’Umbria.
questo è quello che dice chi la conosce solo da turista…
Marzo 10th, 2013 at 11:09 am
Hmsx @ 66 et alia: sommessamente -non vorrei si pensasse che io dico cose- mi incuriosisce questo reiterato attacco (acredine?) nei confronti del cristianesimo. Affetto sì da una gravissima malattia clericale ma, nei suoi … sogni ideali? Aspirazioni di bene? Proposte di vita beata? non direi che sia meritevole di tanta cura.
A volte le azioni risultano essere re-azioni e come tali (Pavlov insegna) poco commendevoli per coloro tra gli umani attenti all’arte del vivere.
Forse il denaro è in grado di dissolvere qualche problema ma penso che possa solo nascondere “il problema”.
If any, of course.
Marzo 10th, 2013 at 12:18 pm
Se si vivesse realmente nel segno della vera etica cristiana vivremmo in un mondo assai migliore. A dominare la terra oggidì è das Capital.
@ HMSX non capisco a che serva questa idea della verità (che non essa stessa la verità seguendo il tuo ragionamento). Io dico che si può applicare il criterio vero/falso solo a singoli enunciati, parlando di verità in astratto non diciamo niente, facciomo dei giri di parole. W Wittengstein (un tipo assai dotato di prajna, a mio modo di vedere)!
Marzo 10th, 2013 at 12:18 pm
W sta per viva…
Marzo 10th, 2013 at 1:33 pm
In qualità di ex cristiana-cattolica, cioè educata da una famiglia mooolto tradizionale e dalle monache, appena raggiunta molti anni or sono l’età della ragione mi sono allontanata dalla religione. Solo abbastanza recentemente mi ha punto vaghezza di rileggere il vangelo e, sorpresa sorpresa! non vi ho trovato niente di quello che mi era stato allora insegnato… Quello che ho letto nei testi giustifica in pieno il “se” di aa (69). Non si può dire lo stesso della prassi attuale.
A dhr 65: non ti capita mai di passare in quel di Liguria? in fondo, è la Bethleem di mym…
Marzo 10th, 2013 at 4:07 pm
Questo è un mondo virtuale, un mondo che inventa se stesso. Ogni giorno si formano nuove terre che poi vengono sommerse. Nuovi continenti della mente si staccano dalla terraferma. Alcuni godono di venti favorevoli, altri affondano senza lasciare traccia, altri ancora sono come Atlantide: favolosi, vagheggiati, mai scoperti…
Sommessamente il punto è che la Chiesa si è arrogata l’esclusiva di tradurre la lingua dell’Altro nonostante la sua mediazione simbolica abbia smarrito una qualsiasi funzione orientativa nella modernità. La Chiesa è incapace di cogliere la mutazione antropologica della vita.
Il destino di noi essere parlanti è quello di continuare la traduzione della lingua dell’Altro, – del “divino” – , ma senza le obsolescenti formule del cristianesimo. Occorre ripensarlo, magari maledirlo prima.
La Verità non si dissolve nell’ermeneutica; ha una potenza incontenibile e inesauribile che ci conduce all’eterno dilemma: attribuire un senso assurdo al mondo oppure affermare l’esistenza di Dio? Io sono per l’affermazione dell’esistenza di Dio anche perché di fronte alle rovine della cultura moderna nasce il problema di un nuovo mondo da edificare.
Per tornare al tema “la via libera” è un titolo che mi piace e sul quale non ci si può pronunciare senza prima leggere il libro. Vero?
Marzo 10th, 2013 at 4:40 pm
@ 71: la mia storia personale, da questo punto di vista, è identica alla tua Cristina. Faccio presente, en passant, che esistono movimenti interni alla Chiesa che tentano di liberare il cattolicesimo dal clericalismo e di riformarlo (ad esempio il movimento “Noi siamo Chiesa”.
Suggerisco di dare una lettura all’ultima intervista del fu Cardinale Martini per farsi un’idea più articolata su quanto accade in seno alla cattolicità.
@ 72: rifondare la cultura moderna è un compito un tantino ambizioso, io per quel che mi riguarda m’acconterei di trovare il modo di vivere serenamnente, e su quel versante non trovo molto utile scervellarmi sulla potenza liberatrice della verità ecc. A meno che la cosa non si traduca in un più prosaico “non raccontar palle”
Marzo 10th, 2013 at 4:43 pm
@ 72: clap (pausa) clap (pausa) clap…
Ma sai che se facevi il prete avevi una carriera? Almeno cardinale, forse di più… 😛
Il titolo? Certo, una volta letto (il titolo) su quello ci si può pronunciare.
@ 71: bentornata Cristina. Spuntano difensor fidei dappertutto oggidì… 😀
Marzo 10th, 2013 at 4:45 pm
Sono d’accordo nella sostanza su quanto scrivi nel secondo capoverso @ 72. Non penso che si possa far molto per cambiare la Chiesa standone fuori però. Il problema reale, stringi, stringi non è teologico, riguarda l’organizzazione ecclesiale.
Marzo 10th, 2013 at 4:45 pm
>A dhr 65: non ti capita mai di passare in quel di Liguria?
ciao Cristina! ehhh la Liguria appartiene al tempo della mia gioooventùùù nooon tooorna piùùù, dove andavano e vanno d’estate tutti i piemontesi senza fantasia che si rispettino.
o anzi: il libro è stato inviato al presidente della Soc. Dante Alighieri de La Spezia… ma non è pervenuta risposta, neppure una reazione pavloviana di quelle stigmatizzate da mym al n. 68.
con scuse agli altri utenti per questo immorale off-topic.
Marzo 10th, 2013 at 5:02 pm
Se si parla di Liguria…
Un paio di settimane or sono a piazza De Ferrari (a Genova, per i poverini che non sanno dov’è) han cantato “Ma se ghe pensu” in trentamila. Da brividi.
Chi volesse vedere dove Hmsx ha tratto parte del post 72 trova qui la fonte
Marzo 10th, 2013 at 5:09 pm
On topic: copiazzare senza dirlo è immorale sia per l’etica Occidentale che per quella Buddista (almeno credo…)
Marzo 10th, 2013 at 5:25 pm
Immorale? Forse, dipende dallo sfondo.
Secondo me è talmente inelegante da essere banale. Anche perché lo fa spesso.
Una cosa fuori dai fogli fatta una volta, due va!, può essere una carineria (come dice qualcuno), alla lunga è pettinarsi le penne altrui.
Marzo 10th, 2013 at 6:52 pm
Beh forse immorale è un’esagerazione ma sempre di furto si tratta, anche se di poco conto. Ma soprattutto, ricollegandomi a quanto diceva Kengaku sul rapporto tra scrittura e vita, siamo già sufficientemente falsi quando scriviamo idee “nostre”; figurarsi quando ci appropriamo di quelle altrui. HAi ragione, meglio non pensarci…chi è senza peccato ecc. ecc.
Marzo 10th, 2013 at 7:01 pm
Ma il libro, di cui al post, qualcuno del dotto pubblico (a parte Dhr) ha provato a leggerlo?
Marzo 10th, 2013 at 7:57 pm
> copiazzare senza dirlo è immorale
Embè? A parte che non conoscevo la fonte; ho ripreso la citazione da uno dei tanti messaggi che annoto dall’internet, ma una volta esplicitata la fonte cosa cambia? Se volete vi cito le altre fonti che usato, per il 72 sono ben tre…e con ciò? Non facciamo che pettinare bambole, mi pare.
non è manco inelegante: è un dialogo a più voci, dapprima nella mia testa, e poi col gentile forum (parlo di me, solo di me).
@ 72 “non raccontar palle”
Il problema è teologico. A fraintendere il messaggio di Cristo furono proprio gli evangelisti e poi tutto il resto. Ti suggerisco di dare una lettura all’Anticristo di Nietzsche, filosofo che non amo, che con quest’opera rivela cosa sia l’etica cristiana: un odio sistematico verso la realtà.
Marzo 10th, 2013 at 8:02 pm
Anzi no, sono 5! Mi ero dimenticato di conteggiare Lancan e Pareyson: NON L’ESSERE MA LA LIBERTA’.
Marzo 10th, 2013 at 8:10 pm
Luigi Pareyson, Ontologia della libertà, Einaudi, 2000. Dove si evidenzia il rapporto tra il Dio dei filosofi, “concetto senza realtà”, e la libertà intesa come “coscienza reale dell’assoluto” (Schelling).
Ci tengo a dire che questo commento l’ho scritto io con le mie manine. 🙂
Marzo 10th, 2013 at 8:25 pm
Luigi Pareyson pone come fondamento non Dio, ma la libertà, ovvero “una ontologia esistenziale interpretata alla luce dalla coscienza religiosa” (paracit.).
@ 81
Il libro, caro mym, ho provato a leggerlo addirittura prima che lo scrivessi. 🙂
L’homme passe infiniment l’homme, come dice Pascal.
Marzo 10th, 2013 at 8:27 pm
Non è che sia stata assente per tutto questo tempo, leggo sempre tutto quello che scrivete. Solo che non sono in grado, di solito, di sostenere un dialogo o trialogo o quadri… gulp!, ai livelli cui lo mantenete tutti voi epperciò solo occasionalmente mi sento di inserire una parolina. Tuttavia non vi è mai mancata la presenza della mia energia mentale, spero l’abbiate avvertita!
Marzo 10th, 2013 at 8:39 pm
@ 82 e sgg: Chissà perché, di solito, nei libri se una frase un concetto sono presi da un altro autore chi sta scrivendo il libro lo dichiara. Il motivo, penso, è duplice, il primo qui non importa, il secondo invece ci importa: scrivere commenti su un tema è comunicare tra noi costruendo un puzzle, non è riempire pagine copiandole di qua e di là facendo perder tempo a chi vorrebbe capirci qualche cosa. È rispetto per il tempo altrui, per l’intelligenza propria e altrui. E, purtroppo, spesso pare che a Hmsx interessi “riempire una bella pagina” più che comunicare on topic con gli altri, ovvero partecipare con le sue forze e capacità al puzzle. Bruttino, non arriva neppure ad essere brutto.
(Provare a) leggere i libri prima che vengano scritti lo fanno i bambini all’asilo, quando immaginano di essere un personaggio o l’altro. L’assurdo, di per sé, non ha alcun legame particolare con lo zen.
C’è pieno di quelli che, siccome “sono zen”, fanno gli strani.
Marzo 10th, 2013 at 8:43 pm
PS: la massima libertà è possibile dove vi sono persone che si autolimitano.
Marzo 10th, 2013 at 9:45 pm
@ 86
Cara Cristina,la tua presenza mentale la sento, tanto che la tua “rubrica” sulla Grecia classica mi manca molto.
Marzo 10th, 2013 at 9:48 pm
@79 etc.
> Una cosa fuori dai fogli fatta una volta, due va!, può essere una carineria (come dice qualcuno), alla lunga è pettinarsi le penne altrui
> Chissà perché, di solito, nei libri se una frase un concetto sono presi da un altro autore chi sta scrivendo il libro lo dichiara etc.
La ragione è una sola: il copyright, e sull’internet manca una legislazione in tal senso.
Il secondo motivo per cui ometto spesso di citare le fonti è per dare unità e senso al puzzle ed evitare dispersioni, altrimenti posso citarti tutta la mia copiosa biblioteca dalla quale attingo i miei pensieri: in modo mnemotico e/o letterario.
Secondariamente, quando cito qualcuno, lo faccio per strappargli le penne, come si fa quando si macellano i pennuti, mica per pettinarle, le penne.
In terzo luogo a me non interessa “leggere”, sillabare; leggere non è immaginare un processo spirituale che si svolge al nostro cospetto…ma “lo sforzo linguistico di accentuare e articolare le frasi, modulare le pause e l’intonazione, plasmando così quella forma unitaria in cui si realizza l’atto del comprendere”. (Gadamer, che, per inciso, disprezzo)
Oggi tutti praticano la lettura mentale e silenziosa, e di fronte alla richiesta di leggere un passo ad alta voce, di farlo come si deve, nessuno sa farlo realmente, badando all’inflessione, alla mimica, al ritmo, insomma alla “musicalità” – ecco che cos’è la musica, il senso musicale!
Quello che conta per me è la voce. Non intendo la fonazione, che ciascuno di noi possiede – non questa voce – bensì quella “voce” che le cose stesse hanno – o devono avere – per riuscire a parlarci.
A me non interessa “riempire belle pagine”, non sono un dotto, -eppure lo sono – ma forse uno che è finito al centro di un intrigo internazionale. Mavalà…
Marzo 10th, 2013 at 9:52 pm
> PS: la massima libertà è possibile dove vi sono persone che si autolimitano.
“Perbacco!, si contenga.” – Silvio Berlusconi.
Ok.
Provare a leggere i libri prima che vengano scritti è una ingenuità da bambini, e io un po’ lo sono, bambino.Ma sono un adulto e comprerò il libro perché scrivi bene. ‘Notte.
Marzo 11th, 2013 at 1:14 am
Non possiamo non dirci pessimisti in questa lunga notte dove anche i muri hanno orecchie.
Quando ho postato il commento n 1 sulla Stella (quasi sette anni or sono), l’ho fatto per replicare ad un commento omofobo nel più completo anonimato, senza cercare gloria. HMSX sta per “homosex”, più anonimo di così? (all rights reserved to dhr).
DOPO l’irreversibile, true story. (Ma che fine ha fatto Nello?)
Da allora il “dialogo” interreligioso della Stella ha avuto la conseguenza di: 1) tagliare “All’ombra del Partenone”, i.d. il confronto con il paganesimo greco-romano; 2) separarsi da padre Luciano…
Intanto la “ Cosa in sé” è sempre uguale a se stessa, anche perché abbiamo più piani della realtà, forse cinque, e uno di questi corrisponde sicuramente a Dio.
PS: la fiducia in se stessi rovina la religione degli altri. (I don’t remeber who)
Buon inizio di settimana a tutti.
Marzo 11th, 2013 at 8:01 am
>(all rights reserved to dhr)
no, la prima a usare la sigla “hmsx” era stata Cristina, ma l’ho subito ripresa perché “faceva rima” con mym, jf, aa, fdfsd, kgnu, azw, vgdvg…
Marzo 11th, 2013 at 1:50 pm
“Christendom has not been tried and found wanting, it has been found difficult and left untried” Penso sia di Chatterton, non ne sono sicuro.
Se fosse veramente difficile al punto di essere di fatto impossibile, non sarebbe un difetto di poco conto…forse Zz aiuta a renderlo più praticabile? E’ una possibilità. Dopo un pò però il “resto” diventa una zattera buona quanto altre. Forse dopotutto lo zio Ratzy ha le sue buone ragioni, dal suo punto di vista…
Marzo 11th, 2013 at 2:12 pm
Risposta privata, di cui mi scuso con gli altri, a HMSX 99. Quello che mi dici aumenta di un talento la mia già consistente superbia. Per quanto riguarda la cultura greca, avevo poco rempo fa’ progettato un’altra serie di paginette, non ne ho fatto niente in seguito a un malinteso con l’editore, dovuto, anche quello, alla sullodata superbia…
Marzo 11th, 2013 at 2:14 pm
Tempo, non rempo!(che assomiglia troppo a rompo…)
Marzo 11th, 2013 at 4:45 pm
@81 … non sono dotto ( e magari somiglio più a pisolo 🙂 ), e sono arrivato da asino cialtrone circa a pagina 71. Sull'”etica” ho proprio bisogno di quel calcione in più che vale mille parole. Il capitolo “un cavallo bianco non è un cavallo” mi ha comunicato qualcosa – anche – “non razionalmente”, non so come dire.
@82 un vecchio sysop non sa resistere 🙂 … citare la fonte si fa dai tempi di Fidonet. Lasciando perdere il discorso copyright, che è “solo” “norma di legge”, consente a chi la libertà di approfondirne il contenuto (e gli altri scritti dell’autore), fatto salvo la capacità di poterlo fare. IHMO
Marzo 11th, 2013 at 5:01 pm
… ahahah IMHO, e dire che l’avevo anche riletto 😀
Marzo 11th, 2013 at 8:00 pm
Bentornato Max, il Sysop mi mancava.
Non sai quanto… 🙂
Marzo 11th, 2013 at 8:58 pm
@ 94
The Christian ideal has not been tried and found wanting; it has been found difficult and left untried” – G. K. Chesterton.
Ben detto aa ;-), mi trovi in sintonia anche perché Chesterton è un autore che ho lungamente studiato da ragazzo.
La “via libera” che sto percorrendo è una via poco battuta, per non dire inedita, che però “funziona”, almeno per me. Il “resto” mi sembra una zattera buona quanto le altre…per affondare.
Questa “Via” è il tentativo di percorrere assieme le vie cristiana-buddhista-induista-pagana attendendosi la salvezza dalla confusione di tutte; oscillando tra un concetto di libertà di tipo spinoziano (o schopenhaueriano), che essenzialmente la nega, e quella espressa nell’entusiasmante libro di Pareyson, che però declina verso l’apologia del cristianesimo. Vedremo cosa ci raccontano mym e G. Iorio.
Marzo 11th, 2013 at 9:00 pm
@ massimo, 97
Nun ce provà. Saper plagiare è un talento; forse un ‘delitto’ che si commette dalla notte dei tempi nelle arti, e di bibliografie in merito ce ne sono a bizzeffe. Dhr è un esperto. Non perché plagi (spero proprio di sì), ma perché sa scovare nei vari dipinti le c.d. “citazioni nascoste”.
Siccome non sei un dotto voglio semplificarti la vita (si fa per dire, eh 😉 )
La mia dottrina è una sintesi tra lo zen dei samurai e l’empietismo. Cioè, come lo “cambi il mondo”? Scrivendo saggi oppure impugnando letteralmente la spada? Perché morire in battaglia nel pieno delle forze non è meno orribile che abitare in un corpo che invecchia. È un dilemma che mi tormenta. Soprattutto resto allibito dal fatto che problemi oggettivi di pensiero, tipo Dio oppure qual è deve essere il ruolo della Chiesa sono stati abbondantemente sviscerati e risolti per cui mi fa specie la “creduloneria” dei contemporanei sulla questione della fede. Per me la fine del cristianesimo è imminente, e le dimissioni del Papa sono un segno.
La Chiesa dovrebbe insegnare a leggere simbolicamente la storia, altro che raccontare favolette sul buon Gesù!
Pace e bene cari confratelli 😉
Marzo 11th, 2013 at 9:34 pm
Ossignur!!!
(…) quale deve essere il ruolo della Chiesa etc.
Marzo 12th, 2013 at 12:24 am
@HMSX Ho appunto scritto “lasciando perdere”, perchè puntavo a evidenziare l’utilità oggettiva di un link alla fonte: permette di approfondire. 🙂 comunque aver ragione non interessa a nessuno 😛
E’ “già” tempo di affrontare in modo efficace lo sviluppo etica buddhista, a partire da o grazie a quella vissuta “in oriente”? Qui “da noi” c’è “solo” la condizione per cui se ne può discutere? … anche se non bastasse il meglio che si può fare …
Marzo 12th, 2013 at 10:13 am
@ HMSX: ma perchè ti sei posto l’obiettivo di “cambiare il mondo”? E’ impossibile, il mondo è come è. Forse puoi provare a cambiare te stesso, e anche lì bisogna fare attenzione, persino quello ha i suoi rischi.
C’è un bel passaggio nello Zhuang-Zi al riguardo, sull’uomo saggio che lavora su se stesso, mentre l’uomo poco saggio cerca di cambiare il mondo…
Azz negli ultimi tempi devo essere invecchiato, una volta ero un combattente romantico come HMSX…;-)
Marzo 12th, 2013 at 11:06 am
Hmsx @ 101: “La mia dottrina è una sintesi tra lo zen dei samurai e l’empietismo”, già essere portatori di una “mia dottrina” è roba da incubi seminariali. Eppoi, cambiare il mondo? Quale? Dove? Tutto? E avendo come (uniche? Principali?) alternative lo scrivere saggi o mulinare la spada… Che cos’è, Cervantes in salsa blog?
Non è sempre necessario parlare, o scrivere.
Marzo 12th, 2013 at 11:21 am
Secondo me l’unica parte di “mondo” su cui si può agire è il proprio prossimo- la realtà che ci circonda, con la quale veniamo in contatto quotidianamente. Amare il proprio prossimo ed amare se stessi non sono due cose diverse. Io cerco di tradurlo nella prassi nel modo più semplice possibile: se c’è bisogno del mio aiuto, e sono certo che serva veramente, provo a darlo. Anche questo approccio peraltro richiede molta attenzione.
Poi ciascuno è diverso, se per HMSX seguire l’etica del samurai/empietismo lo aiuta ad essere felice ed in pace con se stesso, buon per lui. Mi sembra difficile, ma appunto io non sono lui.
Marzo 12th, 2013 at 11:30 am
@ 106: vabbe’, però trattare Hmsx da poverino (se lui è felice così…) non fa.
Quando si agisce tutto il mondo è coinvolto. Tutto il mondo cambia.
Prima di dire e fare occorre valutare con attenzione. E spesso desistere.
L’azione, la parola che salva (il mondo, il prossimo ecc.) non c’è.
Nel migliore dei casi si può allungare fiduciosamente una mano.
Ritenendosi fortunati se, poi, la possiamo ritirare intera.
Marzo 12th, 2013 at 11:45 am
Non voleva essere un atteggiamento paternalistico; io francamente non capisco come la mentalità da samurai possa essere di giovamento o costituire un aiuto per la propria vita, men che meno l’empietismo (posto che capisca cosa si intende con il termine). Per cui i casi son due: o è tutta una finzione scenica, oppure evidentemente HMSX è molto diverso da me
Marzo 12th, 2013 at 11:48 am
Tertium non datur?
Marzo 12th, 2013 at 12:04 pm
È stato trovato il primo refuso!
p. 32, riga 9.
A chi trova il secondo offriamo in premio un refolo di primavera.
Marzo 12th, 2013 at 12:07 pm
Terza possibilità: il senso di tutto il suo discorso è un altro, ossia l’obiettivo non è quello di individuare un contesto mentale/cognitivo che sia di supporto e di aiuto ad un modo di vivere di in-nocenza.
Marzo 12th, 2013 at 12:14 pm
La mano me la sono bruciata un sacco di volte…una delle fortune di fare il medico, è che per lo meno ti trovi in un contesto in cui è chiaro cosa significhi essere d’aiuto. Il bello è che ti pagano pure per farlo 😉
Marzo 12th, 2013 at 12:23 pm
@ 111: se “non è quello” siamo nel “non datur”.
@ 110: sono aperte le iscrizioni al concorso “trova un refuso, se sei capace”.
PS: tengo a precisare che bigliardo e biliardo sono ambedue ammessi, grammaticalmente. L’alternarsi delle due forme segue una logica.
Marzo 12th, 2013 at 12:44 pm
@ 113: concordo. Mi sembra il succo dell’etica buddista, a questo punto si può fare a meno del libro 🙂
Non mi vengono in mente altre possibilità…
Marzo 12th, 2013 at 12:49 pm
@114: Vero, il “non datur” è la condizione di partenza. Anche per leggere il libro.
Fissarsi su due possibilità è “datur”.
Marzo 12th, 2013 at 1:48 pm
Ah sì le possibilità sono infinite quante le persone, forse anche di più. Il senso di 106 era appunto che non si può dare un giudizio dall’esterno, quello che a me sembra un limite intollerabile magari per una altro è il massimo della libertà-fermo restando il principio di non pestarsi i piedi a vicenda.
Marzo 12th, 2013 at 2:00 pm
@ 116: trasformi il senso in pastetta. Dovresti imparare da Hmsx, ad essere icastico.
Marzo 12th, 2013 at 3:02 pm
“cent co cent crap, cent cul ducent ciap”
Antico proverbio brianzolo
Marzo 12th, 2013 at 6:40 pm
Lo so che il mondo non può essere cambiato, cioè “migliorato”, manco la società se è per quello; più che altro si tratta di accettarlo o voltargli le spalle.
Avere una dottrina propria la cui morale è: “vivere nella grandezza del disprezzo di Dio” è roba da eresiarchi, anche da Cervantes in salsa blog se vuoi, ma comunque è roba da grandi anime.
La mentalità da samurai è per me lo zen, la migliore filosofia dell’azione che sia stata concepita nella storia dell’umanità; l’empietsmo è invece una formula per la giustizia, verso se stessi e verso gli altri. È scagliarsi contro Dio, colui che diede avvio a tutta questa faccenda…è ira raggelata. Uno specchio dove si rimira l’offesa è dà alla rabbia la sua meta: Dio. L’uomo giusto è colui che persegue l ‘annullamento’ di Dio affinché la misura dell’eterna giustizia quotidianamente si compia. (ma si finisce off topic)
Marzo 12th, 2013 at 6:42 pm
PS: ci tengo a dire che non sono un ‘convinto’ e detesto i convinti, penso che la verità, diciamo così, si imponga per forza propria.
PPS: ho preso il secondo warnig da parte di mym, dunque mi ritiro nelle mie stanze e metto a freno la mia continenza. Perdonatemelo, queste sono cose di cui non parlo praticamente mai. È che la mia idea romantica di paradiso è vivere in un tempio abitato da amiche e amici dove si possa parlare in giardino serenamente di trascendenza così come lo si faceva da ragazzi.
Marzo 12th, 2013 at 6:56 pm
@ 119: “più che altro si tratta di accettarlo o voltargli le spalle” che ti succede, Hmsx, queste semplificazioni non sono da te…
Lo so che lo zen dei samurai è affascinante. In realtà quasi tutto di quell’epopea è un’invenzione dell’era Meiji, portata in Occidente dai libri di D.T.Suzuki e dai film di Kurosawa.
@ 120: “La verità … ” è una puttana dal cuore grande.
Davvero sei un romantico? Un giorno, se me lo permetti, sarò anch’io in quel giardino.
Marzo 12th, 2013 at 7:22 pm
HMSX il tuo mi sembra un punto di vista vicino allo gnosticismo, se non altro come sensibilità…”chi scopre il mondo ha scoperto un cadavere”-Vangelo di Tommaso. Perchè ci dev’essere per forza qualcuno all’inizio di tutta la faccenda?
Ci verrei anch’io se possibile nel giardino, però ogni tanto possibilmente farei un salto in quello islamico, giusto per dare un’occhiata
Marzo 12th, 2013 at 10:29 pm
@107: “Quando si agisce tutto il mondo è coinvolto. Tutto il mondo cambia. Prima di dire e fare occorre valutare con attenzione. E spesso desistere. L’azione, la parola che salva (il mondo, il prossimo ecc.) non c’è. Nel migliore dei casi si può allungare fiduciosamente una mano. Ritenendosi fortunati se, poi, la possiamo ritirare intera.”
Eccellente e cristallino, ora.
Marzo 12th, 2013 at 10:33 pm
@116: Salve aa: “[…]fermo restando il principio di non pestarsi i piedi a vicenda.”
Concordo con 117. In effetti è proprio quello che illo (mym) valuta quasi impossibile in 107.
Marzo 12th, 2013 at 10:38 pm
@120:
‘sta volta qualcosa è passato: qualcosa ha toccato il centro della questione. Tuttavia apprezzo l’integrazione in 121.
Marzo 13th, 2013 at 9:48 am
@ 124: Ciao AHR; evidentemente anche la scelta di non agire ha delle conseguenze. Ciò che è rilevante dal punto di vista etico, a mio parere, è il principio in base al quale ci si orienta nella scelta di agire o meno.
Non credo che la libertà sia un bene che ci si spartisce (a somma zero), piuttosto è un territorio comune da custodire. L’autolimitarsi rende possibile la libertà di tutti.
Marzo 13th, 2013 at 5:16 pm
Salve, ho trovato e letto un articolo questo è il link. Magari qualcuno lo trova interessante.
Marzo 13th, 2013 at 6:24 pm
@ 125, sono d’accordo. Per questo l’ho preso sul serio (121).
@ 126: pastetta pastetta pastetta! Ooooh! 😡
Marzo 13th, 2013 at 6:42 pm
A margine, ma neanche troppo: Ahr ha trovato il secondo refuso (p. 74) e si merita un refolo di primavera.
A dirla tutta, Ahr aveva trovato anche il primo (p. 32).
Marzo 13th, 2013 at 8:27 pm
E io me lo piglio ‘sto refoletto de primavera… prima che s’affacci er Papa nòvo
Marzo 13th, 2013 at 10:13 pm
È argentino… possiamo procedere col dialogo
Marzo 13th, 2013 at 11:10 pm
Non male sulla carta l’argentino…
Marzo 14th, 2013 at 8:02 am
>È argentino…
PIEMONTESE, prego!! i suoi nonni privenivano dall’Astigiano.
Orgoglio Gallico
Marzo 14th, 2013 at 9:33 am
Certamente non è stato scelto per l’intelligenza … spirituale. La preghiera per JR in cui intervengono -praticamente alla pari- dio e la madonna è un capolavoro di ignoranza monoteista.
Marzo 14th, 2013 at 11:23 am
Anche a me ha colpito questo fatto. Ma per i Cattolici la Madonna è più powerfull di Gesù. Che il cattolicesimo sia proprio un monoteismo ho i miei dubbi.
Marzo 14th, 2013 at 11:24 am
Son più monoteisti gli indù dei cattolici, dico sul serio.
Marzo 14th, 2013 at 11:27 am
@mym 133
caso rarissimo (a ogni morte… pardòn, elezione di Papa) una polemica fuori bersaglio.
Marzo 14th, 2013 at 12:06 pm
@ 136: non capisco…
Temo che il nuovo papa sia peggio del vecchio, che aveva “solo” partecipato alla gioventù hitleriana.
Ha un passato pieno di ombre, alcune molto scure
Marzo 14th, 2013 at 12:12 pm
questa obiezione è più interessante (vedi però risposta sul mio blog)… ma risibile la premessa: l’iscrizione alla Hitlerjugend era OBBLIGATORIA come da noi i Balilla ecc., ma non “partecipò” a nessuna missione.
Marzo 14th, 2013 at 12:33 pm
Capisco: basta una legge e si può (si deve?) associarsi a qualsiasi porcheria. Una volta i cristiani non avevano qualche idealità un po’ più alta che il rispetto della burocrazia? I martiri o quelli che han patito per non adeguarsi… tutta acqua passata?
Le frequentazioni di Bergoglio sono un disastro…
@ 136: continuo a non capire: che cos’è fuori bersaglio? Equiparare dio e la madonna o farlo notare?
Marzo 14th, 2013 at 2:19 pm
Ci fu anche chi disse in faccia d Hitler che gli Ebrei era ancora il popolo eletto e che la Chiesa ha un solo fuhrer.
Quanto al passato di Francy in web circolano versioni molto diverse. Tu hai contatti in Argentina Mym?
Marzo 14th, 2013 at 2:47 pm
@mym 139
era fuori bersaglio sbertucciare la equiparazione tra Dio e Madonna. “Francy” ha semplicemente detto che sarebbe andato a pregare la Madonna, senza specificare “chi sta di sopra e chi di sotto” (posizione teologica del missionario).
l’iscrizione alla HJ non era “burocrazia”, era questione di vita o di morte. se si vogliono salvare solo i martiri, ‘un si salva nisciuno. senza contare che anche i taliban kamikaze si ritengono dei martiri, quindi non necessariamente è un valore.
Marzo 14th, 2013 at 4:10 pm
Oh mamma il culto mariano…Lourdes…Fatima…il quinto segreto….Medjugorie e i veggenti…queste cose mi fanno venire l’orchite.
Il valore dei martiri nel cristianesimo sta nella testimonianza (in questo caso la denuncia del nazifascismo come non crisitiano), non nella morte.
“…anche i taliban kamikaze si ritengono dei martiri, quindi non necessariamente è un valore”….ti sembra un ragionamento? Anche Hitler si riteneva un brav’uomo quindi non necessariamente essere brav’uomini è un valore…anche Pol Pot si riteneva un filantropo, quindi non necessaramente essere filantroipi è un valore…Anche Moana Pozzi si riteneva una santa donna, quindi non necessariamente essere una santa donna è un valore…
Marzo 14th, 2013 at 5:05 pm
@ 141: il papa, fresco fresco, ovvero come primissime parole, ha detto: “Preghiamo tutti insieme per lui (JR), perché il signore lo benedica e la madonna lo custodisca”. Essendo le prime parole mi dicono molto: parrocchia, vespri, se ti tocchi diventi cieco, processione miiiir’al tuo popolo o beella signooooora, cheeee… e via tutta la baracca.
Qualcuno mi sa spiegare, al netto dei simboli, chi è, dov’è, cosa fa, in che cosa consiste ciò che il fresco fresco ha chiamato “Madonna”? E come fa (farebbe?) a custodire JR? Tralascio la domanda sul “Signore” perché ha già risposto Eckhart: chi si rivolge a Dio per chiedergli qualcosa è come il cane che ballonzola attorno alla padrona per farsi dare un’altra salciccia.
Non so se mi spiego.
Marzo 14th, 2013 at 5:12 pm
@ 140: la chiesa, in Sud America, come pure in Spagna e Portogallo, ha appoggiato il peggio del peggio. Vi sono alcune testimonianze, una certamente molto autorevole da parte di un giornalista, Verbitsky, che ha impiegato tutto la vita per circostanziare i misfatti della giunta militare, che muove accuse molto precise a Bergoglio.
Dimenticavo: fior di eminenze (per tutti: Ruini) ancora oggi appoggiano il berlusca.
Marzo 14th, 2013 at 5:27 pm
>Anche Moana Pozzi si riteneva una santa donna…
probabilmente la sua punizione eterna consiste in… trovarsi in paradiso da sola o quasi; esaltante ma un po’ noioso.
Marzo 14th, 2013 at 5:36 pm
>Qualcuno mi sa spiegare, al netto dei simboli, chi è, dov’è, cosa fa, in che cosa consiste ciò che il fresco fresco ha chiamato “Madonna”?
ha un suo senso nell’universo di discorso del teismo cattolico. secondo qualche autore, sarebbe anzi un equivalente omeomorfo di brahman e/o del nirvana (pozzi) 😛
Marzo 14th, 2013 at 5:42 pm
Diiiio bonino, Dhr, ed io che delle volte ti prendo sul serio… 😯
Marzo 14th, 2013 at 6:24 pm
E’ dai tempi dei conquistadores che la chiesa Cattolica ne fa di cotte e di crude, fianco a fianco al potere secolare. Non che i protestanti abbian fatto di meglio nel Nord America, anzi.
L’America Latina è un pò la cartina al tornasole del Cattolicesimo: un continente intero a larga maggioranza cattolica, dove le diseguaglianze sociali sono fortissime, le elites conservatrici e reazionarie, le masse povere ed illetterate. Ogni volta che qualcuno ha provato a far notare l’enorme contraddizione insita in ciò è stato messo a tacere, con le buone o con le cattive.
Moana Pozzi è in paradiso sola soletta da anni e anni…uhm come è che si fa ad andarci in quel posto lì? 😉
@ 143 R U serious? La beata vergine dell’immacolata concezione ha dei poteri devastanti. Se non l’ascoltano gli fa una capa tanta a tutti lassù, è una donna cheddiamine!
Il culto mariano è il lato B della sessuofobia e dell’omofobia cattolica
Marzo 14th, 2013 at 7:09 pm
Il nuovo papa è convinto che approvare una legge che consenta il matrimonio tra gay sia un piano per distruggere dio. Interessante sentire anche che cosa ne pensa della teologia della liberazione
Marzo 14th, 2013 at 7:12 pm
aa, hai dimenticato il mammismo!
comunque *sospiro* in tutta questa discussione si percepisce la grave assenza, sul mercato, di un buon manuale sull’etica occidentale/cristiana e quella buddista – che ci sia di orientamento, di faro, di lume, di giovedì (che sarebbe oggi)
Marzo 14th, 2013 at 7:20 pm
Giusto.
Siamo sempre off topic. Il topic si è consumato?
Fra due giorni… tatànnn!
Marzo 14th, 2013 at 7:57 pm
“16 ore dall’annuncio di Habemus Papam e già saltano fuori i primi detrattori. Ma dico, che senso ha dire che questo Papa ha collaborato con il dittatore Videla e specificare poi nello stesso articolo che non c’è alcuna prova, nemmeno un bonifico o una traccia di un bonifico bancario a favore di Papa Francesco”
Questo uno dei commenti all’articolo di Lettera43. In effetti…
Marzo 14th, 2013 at 8:36 pm
Sì, si può anche parlare di detrattori ma far circolare le notizie, anche quelle in cui si dice che non ci sono prove, non è da detrattori.
Se vuol essere davvero “Francesco” deve risultar pulito e indagare è un modo per verificarlo.
Il fatto che non ci siano prove è senz’altro importante e buono.
La chiesa ci ha però abituati a diffidare, anche dove “non ci sono le prove”.
Marzo 14th, 2013 at 11:46 pm
no però, Yushin, così proprio non ci siamo — e non ti riconosco. in un Paese civile, è l’accusa a dover dimostrare le proprie affermazioni. l’ordinamento opposto, per cui deve essere la persona accusata a dimostrare la propria innocenza, era il Codice Rocco del Ventennio fascista (rimasto in vigore anche parecchio dopo). o la tua idea di giustizia è quella del “caso Tortora”?
Marzo 15th, 2013 at 12:50 pm
In grave ritardo, a 137 e seguenti. La discussione mi ha proposto, anzi riproposto, una domanda che mi pongo da tempo senza arrivare a niente. In quale misura il passato di una persona ha potere sul suo presente, considerando che la persona non è la stessa di allora? Questo sia per quanto riguarda la vita privata, sia per quanto riguarda la funzione pubblica nel caso in cui la suddetta persona si proponga in questa veste.
Marzo 15th, 2013 at 6:07 pm
@ 154: partendo da una posizione di diffidenza non son certo dalla parte della ragione. Per questo, ancor più nel caso del papa, se avrò avuto torto a dubitare ne sarò lieto. Tuttavia il fatto che “non ci siano prove” non può essere usato al rovescio. Perché significa “non ci sono foto (in realtà una c’è), non ci sono documenti”. Tuttavia vi sono varie persone (ne parla di nuovo A. Sofri su La Repubblica di oggi) che dicono cose molto gravi sul passato di Bergoglio. Prendo atto, comunque, che padre Lombardi ha smentito tutto.
Ma ancora non mi fido.
Marzo 15th, 2013 at 6:12 pm
@ 155: chi ha compiuto una certa azione ha causato delle conseguenza che si esplicano nel presente e/o nel futuro. Queste conseguenze agiscono/possono agire sia sulla sua vita privata che su quella pubblica, se ne ha una. Questo è un fatto.
Marzo 15th, 2013 at 7:03 pm
@157
uno però insegnò che il karma è un camaleonte (you co-o-me and go-o-o, you co-o-me and go-o-o-o-ò)
Marzo 15th, 2013 at 7:04 pm
Però sempre karma è! Ah!
Marzo 15th, 2013 at 7:08 pm
Oh!
eh…
Marzo 15th, 2013 at 7:12 pm
(155)Si, indubbiamente, secondo l’ottica buddista. Ma a) non tutto il mondo vive in tale ottica; b) in ogni caso, ciò che è stato fatto non si modifica: ciò esclude che chi ha agito una volta in un cero modo possa agire “al meglio” ora e in una situazione diversa?
Marzo 15th, 2013 at 7:14 pm
Non cero nè c’ero… Certo, naturalmente!
Marzo 15th, 2013 at 8:57 pm
@ 161: in quale ottica ad ogni azione non corrispondono delle conseguenze? Che poi qualcuno non lo veda o non lo voglia vedere…. ognuno è ciascheduno. Proprio perché ciò che è stato fatto si modifica esistono le conseguenze. Ogni volta che agiamo siamo liberi di farlo al meglio o al peggio.
Marzo 15th, 2013 at 10:24 pm
>Ogni volta che agiamo siamo liberi di farlo
allora non hai letto le pagine conclusive di JJ
:-L
Marzo 15th, 2013 at 10:25 pm
Ok, parliamo in concreto. Mi permetto di riferirmi a quello che tu dici sul tuo conto, più volte, nei tuoi libri. Hai vissuto la tua adolescenza nel fermento del ’68: dopo quello che tu chiami il fallimento di quelle ideologie hai cercato, e trovato, la tua strada. Ora, l’essere stato un sesssantottino ti ha forse impedito di diventare un’altra persona, di percorrere con pienezza di adesione una strada divergente da quella, di ottenere in questo percorso anche una posizione di rilievo? Il karma da te originato in quei primi anni resta… ma tu non sei lo stesso di allora. perché questo non dovrebbe essere lecito a chi ha scelto un’altra strada? Non parlo a difesa di papa Francesco, in realtà dei papi non potrebbe fr… importarmene di meno. Parlo di PERSONE, capaci di utilizzare l’esperienza di vita e l’elaborazione della stessa per lavorare su di sé. Certo, non è da tutti…
Marzo 16th, 2013 at 12:39 am
Boh! Non è che uno diventa papa et voilà è immacolato, non ha importanza il fatto che mi sta simpatico perchè porta i mocassini, non si cancella quel che potrebbe aver fatto, come niente e nessuno perdona quel che ho fatto io , nessuno vi rimedia. Siccome ci insegnano che ciascuno ha il dovere di sostenere il peso delle proprie azioni, quel che vale per noi vale per lui, senza giudicare (nel senso di etichettare chi è malvagio o santo). All’atto pratico l’inerzia di quel che “siamo stati” accompagna quel che “siamo”: senza il dolore che abbiamo provocato, non saremmo. Cosa si può fare, se non prendersi carico del male compiuto? Non c’è redenzione o riparazione, non c’è un secondo “ora” come questo “ora” …
Non c’entra col papa … senza essere troppo sicuro di quel che dico:(se) su un certo piano ci si “inchina” davanti a dio o al demonio allo stesso modo, (se) bene e male ad un certo livello non si possono connotare, il (forse) venir meno del significato di etica e di pentimento non diventa un comodo alibi?
… devo andarci adagio col chianti, vero? 😀 😀
Marzo 16th, 2013 at 11:58 am
@ 166: concordo (nel frattempo ho messo ordine nei tuoi commenti, spero di averti correttamente interpretato…). In parte risponde a Cristina. Che pone domande aeree… per es.: “perché questo non dovrebbe essere lecito a chi ha scelto un’altra strada?”. Eh? Perché?
Perché un papa non può essere argentino? O: perché un argentino non può essere papa? Eh?
Boh’, si può continuare all’infinito. Forse Cristina faresti bene a riflettere su quello che vuoi sapere e poi, in modo circostanziato e preciso, puoi provare a scriverlo.
Marzo 16th, 2013 at 12:07 pm
@ 164: lette rilette e poi lette di nuovo e poi daccapo…
Certamente si può discutere sul senso di “libertà” (cominci tu?), però, ad ogni situazione data (nel tempo, nella chimica, nelle condizioni fisiologiche) corrisponde un momento di partenza. In quel momento la scelta è libera (si può discutere ecc…).
La situazione data è fatta di tutto il passato. Per cui seppure quanto sopra vada mantenuto, il mio pensiero è che sia meglio che chi ha praticato la pedofilia negli anni precedenti non sia accettato come insegnate d’asilo infantile. O, SE un cardinale è stato complice (per la chiesa esiste il peccato di omissione) anche solo in senso morale di delitti tremendi è meglio non farlo papa. Per di più se recentemente ha dichiarato che se una legge dello stato ammette un’unione simile al matrimonio anche per gli omosessuali quello è un complotto contro dio. Essere scemi non è una colpa. Fare papi gli scemi che FORSE sono anche degli infingardi sì.
Il fatto che Bergoglio fosse il meglio del mazzo non salva lui, squalifica il mazzo.
Il problema di fondo è: che bisogno c’è di un papa? Siamo sicuri che Gesù, il Vangelo, conducano inesorabilmente alla necessità di un papa?
Marzo 16th, 2013 at 1:43 pm
Nel mentre, è stato trovato il terzo refuso: pag. 37, riga 12. Questo era difficile, un doppio refolo a JF.
Marzo 16th, 2013 at 5:19 pm
@168 alle volte un papa lo cercano anche i buddhisti. In fondo (forse, bah, chissà) vorremmo possedere un papa personale e infallibile anche attraverso la frequentazione con un maestro. La religione cattolica che ha un fondamento nella parola, nella rivelazione, nella grazia, nella fede può non avere un papa?
Secondo me anche per questo pur potendo trovare buone/cattive le stesse azioni l’etica buddhista e cattolica (forse cristiana) sviluppano due percorsi diversi, forse non conciliabili.
p.s. Comunque pare che la maggior parte delle rivelazioni sul bergoglio non abbiano riscontri.
Marzo 16th, 2013 at 6:03 pm
Sì, molti cercano il papà, ovvero qualcuno che gli dica cosa fare e nella luce li guidi verso la beatitudine. E perciò maestri, maestrini e… papa.
Ripeto: che non ci siano riscontri è cosa buona, ma non mi fido. La lettera pubblicata oggi di uno dei due sacerdoti arrestati, si dice, anche per sua colpa o omissione è, imho, molto interessante. In pratica dice che, poi, quando lui incontrò Bergoglio celebrarono messa assieme e si abbracciarono e che ora ha superato quel passato. Sembra (sembra!) il massimo possibile che un uomo possa scrivere pro bonus senza mentire.
Marzo 16th, 2013 at 7:27 pm
ma alla fine della fiera, ma a noi che…?
o anzi: non vedo l’ora di sentire i commenti degli Zoroastriani quando verrà scelto un nuovo Dalai Lama, chissà se gli piacerà 😛
Marzo 16th, 2013 at 7:38 pm
Verissimo. Passare oltre e lasciare che i papisti si occupino del loro papa mi pare cosa saggia.
Poi penso: sì, come buddista non mi interessa, ma come italiano sì. La prossima legge che si vorrà fare che incida sui cosiddetti “valori non negoziabili” (come li chiama Giovanardi) il parere del papa conterà, eccome, anche per me.
Perciò… rischiamo di essere d’accapo.
Comunque quoto @ 172.
Marzo 16th, 2013 at 8:23 pm
ma insomma, con quel nome che c’hai, non senti neanche un po’ di “orgoglio argentino”, da mettere sulla bilancia accanto a quello gallico? 😀
per il resto, se la nostra classe politica deciderà qualcosa per fare piacere al Papa, sarà già un passo avanti rispetto alle leggi fatte per salvare mandrillate ed evasioni assortite…
Marzo 16th, 2013 at 8:35 pm
Vero, sempre meglio el compadrito che il vecchio puttaniere…
Marzo 17th, 2013 at 10:06 am
Buona domenica a tutti. Dal momento che non sono capace di riflettere prima di parlare ho preferito ritirarmi da questa conversazione pur continuando a seguirla nell’ombra. E mi sono dimenticata di salutare. E di ringraziare Massimo per la sua risposta.
Marzo 17th, 2013 at 10:46 am
Buona domenica Cristina, ben ritirata e ben presente… 🙂
In @ 168 penso di aver risposto alle domande che volevi fare. O no?
PS: se tutti quelli che non sono capaci di riflettere prima di parlare si ritirassero… Wow! 😛
Marzo 17th, 2013 at 12:14 pm
Buona domenica.
“Papa” (maestro..) o papà?
Certamente “in natura” appare l’importanza del ruolo genitoriale; mi pare che il problema sorga quando (anche rispetto alla guida spirituale)il papà non vuole o non può lasciare quel ruolo.
Questo, a mio parere, si può sintetizzare in queste ragioni:
a) nel primo caso perché non vuole rinunciare a quella posizione e lasciare che i figli crescano (interessi e/o identità nel ruolo)
b) nel secondo caso perché “non può” lasciare figli che non possono crescere (dipende dal forma educativa o dalle capacità del padre), oppure non riescono a crescere (e sente la responsabilità del sostegno).
Marzo 17th, 2013 at 12:49 pm
Si Dario, d’accordo. Mi sembra che alla tua analisi si possa aggiungere una cosa. Il ruolo del papà è, o almeno ha una base, naturale. Quello del papa… Le strutture che si costruiscono gli uomini sono ben più rigide di quelle date da madre natura, la quale ammette l’evoluzione delle specie: se ci si permette di metterle in discussione viene giù tutto. Per esempio, mym scrive (168)che il papa si pronuncia in modo discutibile sulle coppie omosessuali. Se non sbaglio, nella Bibbia si racconta che Dio ha cacciato Adamo ed Eva dal paradiso terrestre ingiungendo loro: Crescete e moltiplicatevi e popolate la terra. Sempre se non sbaglio, nel Nuovo Testamento non c’è niente che contraddica o revochi quest’ordine: mi sembra che sia proprio Paolo a scrivere che l’unica giustificazione della presenza della donna, presenza altrimenti dannosa e peccaminosa, sia la sua capacità di mettere al mondo i figli. Può una persona che vive all’interno della struttura fondata su quei testi mettere in discussione quanto essi asseriscono? Mym, ti sembra che la mia domanda segua un’opportuna riflessione e sia formulata chiaramente (faccina)? Poi mi insegnerete a inserire la faccina…
Marzo 17th, 2013 at 6:31 pm
@ 178: ciao Dario. Spesso la problematica è complicata (e resa possibile) dalla richiesta dei figli/discepoli ad essere mantenuti sotto tutela. È il caso in cui i figli non vogliono crescere, si trovano a loro agio nella situazione di figli e non vogliono diventare padri (di sé stessi prima di tutto). È il motivo principale per cui ad Antaiji non si poteva stare “per sempre”.
@ 179: la tua interpretazione di Paolo è decisamente … parziale. Seppure non fosse un femminista ante litteram non ha mai detto (né inteso dire) che “l’unica giustificazione della presenza della donna, presenza altrimenti dannosa e peccaminosa, sia la sua capacità di mettere al mondo i figli”. Perché la domanda “segua un’opportuna riflessione” occorre anche essere (cfr. 167) circostanziati e precisi. Altrimenti la domanda si sgretola da sola. Come scrivere le faccine lo trovi qui.
Marzo 17th, 2013 at 7:05 pm
Bah, ecco la mia, sempre con la difficoltà di essere brevi.
Da sempre la donna ha messo in luce le “debolezze” degli uomini e per questa ragione gli uomini hanno sempre cercato di sottometterle. La donna è pratica, posa i piedi bene a terra, l’uomo è fantasioso, spesso inconcludente! L’uomo ha bisogni dei miti per giustificare i propri limiti, incertezze, paure e, perchè no, pigrizia. Riguardo l’omosessualità, da sempre si sono demonizzati i diversi, il non capire, il non mettersi nei panni degli altri è frutto di chiusura, di non amore. A mani giunte siamo tutti uguali. Cristo non ha messo insieme nello stesso grembo del suo amore uomini, donne, esattori, prostitute, traditori e perchè no anche qualche gay? Non lo sapevate? Solo un fanatico come san Paolo poteva essere così arrogante da schierarsi contro l’amore.
Forse non ero in tema, ma qualcosa dovevo dire dopo tutto questo tempo …..
Marzo 17th, 2013 at 7:08 pm
Mi permetto riportare un argomento posto sul mio blog perchè qui c’è vita e mi piacerebbe sapere la vostra opinione…
Dal momento che vedo una certa timidezza nell’intervenire al blog, propongo uno stralcio di lettura su un argomento che ritengo interessante. Tratto dal libro di Neale Donald Walsch: Conversazioni con Dio, a pagina 149 si legge:
“Qual è la scelta più elevata ? Ciò rappresenta un interrogativo attorno al quale hanno ruotato le filosofie e le teologie dell’uomo fin dal principio dei tempi. Se la domanda affascina davvero ti trovi già sulla strada della realizzazione del Sé. Perché la maggior parte della gente continua ad essere assorbita soprattutto da un altro interrogativo. Non: Qual è la scelta più elevata? Ma: Qual è la più conveniente? Oppure: Come ci posso perdere di meno? Quando la vita è vissuta tenendo conto soltanto di come riuscire a mantenere sotto controllo i danni o a ricavare il massimo vantaggio, il vero beneficio dell’esistenza va perduto. Eppure non verrete mai a conoscenza di ciò nel corso della vostra esperienza se continuerete a dare risposta alla seconda domanda e non alla prima. Poiché soltanto una persona che ritenga ci sia qualcosa da guadagnare o da perdere pone la seconda domanda. E soltanto una persona che veda la vita in maniera diversa, che considera il proprio Io come un essere superiore, capisca che vincere o perdere non rappresenta il criterio di giudizio, ma lo è solamente il fatto di amare o di mancare di amare, pone la prima domanda. Colui che rivolge il secondo interrogativo dice: Sono il mio corpo. Colui che pone il primo dice:Io sono la mia anima.
Lascia che tutti coloro i quali hanno orecchie per intendere, ascoltino. Poiché ti dico questo: Al momento della crisi in tutti i rapporti umani esiste un’unica domanda: Che cosa farebbe adesso l’amore? Nessun’altra domanda è degna di rilievo, nessun’altra domanda è degna di significato, nessun’altra domanda ha qualche importanza per la tua anima.”
Questo breve passaggio del testo, apre profonde riflessioni a mio avviso. Una sorta di provocazione che ci impone un metterci a nudo dinnanzi certe nostre scelte. Sarei felice di conoscere la vostra opinione in merito.
Alla prossima..
RKP
Marzo 17th, 2013 at 7:10 pm
Ciao Kengaku, bentornato. @ 181: “La donna è pratica, posa i piedi bene a terra” uuuh, siii, be’, magari… a volte? 😛
Marzo 17th, 2013 at 7:47 pm
Mi sono prudentemente tenuto lontano dal discettare sul papa, contento in cuor mio di non esser cattolico. Noto che i più han preferito eludere il tema dell’etica buddista, certo meno agevole da trattare del malcostume clericale vaticano con pregressi, annessi e connessi. Ora grazie al lungo blog mi frullano due considerazioni che vi partecipo. La prima, da cittadino di un paese che circonda il Vaticano e da cui a volte sembra essere circondato: siccome il novello Francesco ebbe a dire che proporre una legge statale (in quel caso argentina) che consente il matrimonio omosessuale è “un tentativo di annientare il piano di Dio” (virgolettato da un articolo del Corriere della Sera) mi vien da chiedergli: 1. come lo sa?; 2. se è così informato sul piano di Dio, non sarà che (anche) un governo che butta in mare da un aereo degli oppositori dopo averli fatti torturare e dare in adozione i loro figli a fidate famiglie cattoliche sia un comportamento statale (perlomeno) non in sintonia con il piano di Dio? Epperò questo secondo virgolettato non lo trovo.
La seconda considerazione (kengaku @182) visto che anche i buddisti insistono a parlare cristiano, è una domanda che mi riporta all’etica buddista (il libro lo sto leggendo con calma): da un punto di vista buddista, visto che le domande hanno valenza etica non meno delle risposte e dei comportamenti, perché mai ci si dovrebbe chiedere “Qual’è la scelta più elevata?” Cos’è questa smania di mettersi sempre più in alto? Questa gara continua a primeggiare anche nella perdita? Non sarebbe abbastanza chiedersi “che voglio fare di quel che mi resta da vivere?” E prima ancora “lo so davvero cosa vorrei veramente fare dei giorni della mia vita?”
Marzo 17th, 2013 at 8:05 pm
Ciao Cristina, condivido l’analisi, c’è certamente differenza tra papa e papà: il primo è una istituzione (in quanto tale soggetta a riconoscimento-influenza sociale), il secondo un fenomeno originato dalla natura, anche se nel tempo è stato sempre più influenzato dallo sviluppo culturale. In merito alla comparazione intendevo dire che entrambi dovrebbero avere funzione educativa e che il problema non è tanto legato al ruolo ma a chi lo esercita.
Rispetto alla affermazione che “Le strutture che si costruiscono gli uomini sono ben più rigide di quelle date da madre natura”, non sempre è così: l’evoluzione dei diritti (civili, del lavoro ecc..)e della condizione della donna ne sono la dimostrazione
@MYM “diventare padri di sé stessi”..lo sforzo di una vita:-))
Marzo 17th, 2013 at 8:38 pm
@ 184: Ciao JF, bentornato. Temo che trovare un cardinale (e quindi un papa) non impelagato con una storia(ccia) o l’altra sia molto molto difficile. La chiesa in Sud America (Cile, Argentina ecc.) è stata non solo complice ma alleata degli assassini. Da almeno 400 anni. Per non parlare di Australia, Canada, Irlanda, Spagna, Portogallo… Questa sera una delle abuelas (le nonne, perché i genitori furono uccisi) dei bimbi strappati alle famiglie e dati in adozione, ha chiesto a Francesco di scoprire la pentola delle complicità. Vedremo, se vuol far “pulizia” l’agenda è pienissima.
Marzo 17th, 2013 at 8:59 pm
mym 180, è vero, devo cercare quel luogo o quei luoghi in cui Paolo ha scritto quello di cui mi ricordo bene perché, ovviamente, mi ha fatto girare le sc….
kengaku 181, non è vero che “da sempre” sono stati demonizzati i diversi, almeno non nel senso degli omosessuali! Io sono cresciuta nutrendomi della cultura greca nella quale l’omosessualità è scontata, non esistono domande sul suo conto, non c’è proprio il sospetto di poterla valutare moralmente, non c’è neppure un vocabolo che la definisca in opposizione all’etero…
jf. certo, qual è il piano di Dio? Tutta la struttura ormai bimillenaria della chiesa cattolica è proprio fondata sulla pretesa che ci sia quello che lo conosce e ha il compito di insegnarlo al mondo. Non me lo ricordo bene ma mi sembra che nel Vangelo sia scritto che Gesù ha attribuito questo compito a Pietro…
mym, scusa la nuova imprecisione. Come ho già detto mi sembra difficile che chi vive all’interno della struttura ecclesiastica possa modificarne le regole quando queste sono stabilite dai sacri testi.
Dario: si certo, qualche intervento c’è stato e continua ad esserci, almeno a livello di istituzione nella misura in cui è razionale. Ma questo ha provocato, se non sbaglio, una reazione decisamente violenta, espressa nell’omicidio,da parte dei maschietti che non accettano una modifica così consistente della maschilista struttura sociale da loro costruita.
Non mi dimentico di nessuno?
Marzo 17th, 2013 at 9:49 pm
Vai ragazzi continuate così che si arriva a 200…
Marzo 17th, 2013 at 10:57 pm
jf, il problema di aver la smania di mettersi sempre in alto forse è un problema tuo?…… hummm vecchio pensiero stantio comunista? d’accordo con la tua formulazione: “che voglio fare di quel che mi resta da vivere?” E prima ancora “lo so davvero cosa vorrei veramente fare dei giorni della mia vita?”
solo che detto così non diventa una provocazione interiore, potrei decidere di fare soldi a palate perche con quelli posso avere ogni cosa, ma non è questo il senso della lettura, bensi portare ad una riflessione su come orientare la propria vita, ho estrapolato dal libro un brevissimo passaggio, limitato d’accordo.
Forse anzichè sparare subito certe osservazioni, si potrebbe chiedere chiarimenti o spiegazioni. Mi pare spesso di notare che molti sanno gia tutto su tutto, bene, ho ben poco da aggiungere a tale pubblico, le certezze non sono mai state il mio forte. Grazie della tua precisazione.
Marzo 17th, 2013 at 11:19 pm
Cara Cristina (@187) effettivamente non te lo ricordi bene: nel Vangelo non sta scritto, se leggo bene, che Gesù ha attribuito a Pietro il compito di insegnare al mondo il contenuto del piano di Dio che lui conosce bene, ma semmai il contrario. Subito dopo averlo indicato come depositario delle chiavi del regno dei cieli, lo apostrofa nel modo seguente: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Matteo, 16,23) Insomma essere il capo della Chiesa non vuol dire automaticamente essere a conoscenza dei disegni divini.
Una spiegazione l’avrei anche chiesta, caro kengaku 189, ma al netto delle interpretazioni psicologiche sulle mie motivazioni, non trovo risposta alla domanda, che dunque ripeto: perché mai ci si dovrebbe chiedere qual’è la scelta più elevata? Da cosa ci si deve elevare? Grazie in anticipo del chiarimento.
Marzo 18th, 2013 at 12:38 am
Mah forse da tutte quelle scelte che fanno cadere l’uomo. Dedicare la propria vita a scopi puramente egoistici per esempio. Nonostante Buddha sembra abbia detto che abbiamo la sua stessa natura, troviamo molte indicazioni nel buddhismo su come utilizzare i nostri sensi. Non si tratta qui di elevarsi sopra qualcosa o qualcuno ma rivolgere lo sguardo verso se stessi e porsi qualche domanda. Non significa che qualcuno sia meglio di qualcun’altra.
Marzo 18th, 2013 at 8:20 am
@jf e mym
anzitutto, bentornato JF anche da parte mia.
riguardo alla volontà ‘francescana’ di aprire il calderone… il suo primo Angelus ha avuto come temi la misericordia e il perdono, il che (a voler fare della dietrologia… o Pietrologia?) marca male.
approvo la prospettiva di Jiso per cui lo scopo dell’etica buddista non sarebbe il “sempre più in altoooooo!” come diceva la vecchia pubblicità della grappa Bocchino (nomen omen).
Marzo 18th, 2013 at 9:01 am
solo sulla questione del “piano di Dio” eviterei isterismi un po’ di maniera. una cosa è che diano fastidio le ingerenze della Chiesa in politica, e va bene. ma quanto alla possibilità di “conoscere il piano di Dio” Bergoglio si riferiva semplicemente al fatto che nelle sacre scritture (Bibbia ebraica e Bibbia cristiana) il matrimonio è presentato come unione tra uomo e donna.
Marzo 18th, 2013 at 9:58 am
@176 Prego, ma non merito i ringraziamenti, mica ho risposto io, eran solo parole … 😛
Che cosa voglio fare (e se sono sicuro di sapere cosa voglio fare) di quel che mi rimane della mia vita è “la” domanda. Parlando per me, non sono un buon praticante: sono un po’ preso da mille cose, o meglio la mia vita me la faccio prendere da mille cose, affetti, lavoro, promesse, impegni, divertimento, egoismo, stupidità, pigrizia. Sovente mi comporto (mi scuso per l’esempio che usa la parola “vetta”) come se continuassi a guardarmi intorno, fermo immobile, scommettendo di poter trovare una seggiovia che mi porta su una cima qualsiasi non importa quale, piuttosto che incamminarmi piano verso la cima che ho scelto, perchè so che su quella collina non ci arriverò mai. Cercare in tutte le azioni il senso che diventa la meta, meta che non si raggiunge ma si percorre … Mi accorgo di sperare a tratti ancora – magari non consapevolmente – nella mano di qualcuno che mi dica “giusto”, “sbagliato”, “di quà”, “di là” o meglio ancora nella rassicurazione sul fatto di essere nel giusto comunque, o almeno nella benedizione di essere stato graziato … vivo ancora in modo molto infantile, in fondo. Ora mi aspetto gran bastonate ….
Per quel che mi riguarda, è tutto molto impegnativo: anche se per istinto posso sentire che non c’è un modo migliore o peggiore, c’è quello, ma costa fatica e mi scoraggio non tanto per lo sforzo ma per la mancanza “ora” della liberazione promessa.
Magari per altri è più naturale, non so.
Mettere in pratica le frasi ad effetto che uno si può inventare … sono c… ehm … è difficile.
Un altro punto, sempre per parere personale niente di più … sono due punti 😛 : stare nel mondo cercando un equilibrio tra un impegno per sè che non sia egoista e un impegno per chi ci circonda che non sia vanità, e smetterla di mentirsi su quello che si è e si fa e sul perchè (forse “cosa” e “perchè” non si possono distinguere).
p.s. sono “intimorito da” e mi sento “inadeguato a discutere di” questo argomento.
Marzo 18th, 2013 at 10:02 am
Sono d’accordo, mi sembra un pò troppo chiedere al papa che approvi i matrimoni omosessuali (anche se segnalo che alcune chiese evangeliche ci sono arrivate vicino, vedi presempio le posizioni dei Valdesi). Il problema è che le ingerenze sulla politica delle posizioni della Chiesa sono sempre state fortissime in Italia, ricordiamoci le faccende dei DICO, sul fine vita ecc.
Il fatto che la Chiesa tenti costantemente di imporre la propria visione attraverso la politica è un indice della sua debolezza morale.
Marzo 18th, 2013 at 10:08 am
Grazie Massimo per la sincerità e la chiarezza con cui ti sei espresso. Mi ritrovo abbastanza in quanto scrivi. Riprendo solo un punto: la liberazione promessa secondo me è proprio Zz, ed è una liberazione presente “ora” proprio in quello stesso momento.
Marzo 18th, 2013 at 10:28 am
@ 194: Max, ti dovrebbero fare papa di tutti i buddisti!
Così poi ti spariamo addosso col bazooka… 😛
Quello è il tema. Il resto sono spiccioli.
La continuazione del sutra 194 è il 196.
Marzo 18th, 2013 at 10:54 am
Max hai il mio voto. Sulla liberazione sentite qua un vecchio classico: “…To illustrate: a man who is lost goes astray because he is bent on pursuing a certain direction; and his confusion has no valid foundation other than that he is bent on a certain direction. It is even the same with all beings. They become unenlightened, foster their subjectivity and go astray, because they are bent on enlightenment”
Cosa non si trova nei links della Stella….(grazie Carlo, santo subito!)
Marzo 18th, 2013 at 12:27 pm
Allora, papa Massimo zero e aa segretario di stato: l’organigramma comincia a delinearsi. Habemus curiam, possiamo cominciare a demolirla 🙂
La questione non è (aa 195) a parer mio chiedere al papa che approvi i matrimoni omosessuali, bensì il richiamo al senso delle proporzioni (e anche del ridicolo) nell’uso degli anatemi. La gerarchia di una Chiesa o non si immischia mai nelle decisioni dei governi e nelle leggi degli stati, o se lo fa ha il dovere della denuncia di ogni forma di sopraffazione nell’uso del potere statale.
Il linguaggio religioso è trasversalmente maschilista (detesto il termine, ma qui ci sta) e verticista: Dio, Buddha, i profeti, gli antenati… son tutti maschioni e come tali parlano, e la meta è sempre in alto: gli ultimi saranno primi, metafore scalatorie, non plus ultra ecc… La riforma del linguaggio religioso è una delle cose necessarie IMHO
Marzo 18th, 2013 at 12:40 pm
>Dio, Buddha, i profeti, gli antenati… son tutti m[**]chioni
completare la frase a piacere
Marzo 18th, 2013 at 12:52 pm
La religione è fallocratica? Oh ragazzi non vorremo mica tornare ai tempi della Magna Mater, in cui noi maschietti eravam carne da leone…c’è un limite a tutto 😉
Ok per la curia buddista, non mi tiro indietro: l’importante è l’esempio che si da. Ossia ogni “fedele” d’ora in poi potrà dire: se sto minchione l’han fatto segretario di stato buddico io posso mirare a qualsiasi traguardo 🙂
Jf ma non eri tu ad occuparti delle ordinazioni? Ti voglio in Curia per lo stesso compito: scegliendo i prelati e i vescovi tra: residenti in strutture carcerarie e/o psichiatriche, clochard impenitenti, ballerine di flamenco o chef dello slow food 🙂
Marzo 18th, 2013 at 1:06 pm
Evviva, tutti d’accordo sulla designazione della nuova curia! Jf 190, io pensavo alla famosa frase: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa. Si può edificare su una pietra di cui non si riconosce la perfetta capacità di adempiere alla sua funzione che, nel caso della chiesa, è quella di far conoscere, diffondere e sostenere la volontà di Dio? Certo, questo non ci dice “come” uno possa conoscerla… E’ anche vero che i testi antichi si prestano a una serie di interpretazioni diverse, tra cui ognuno tende a scegliere quella conforme al proprio pensiero.
Non riesco a ritrovare il passo di Paolo cui mi riferivo in 179. Eppure… sono sicura che da qualche parte c’è. Chiederò aiuto un esperto, e intanto continuo a cercare.
Marzo 18th, 2013 at 6:04 pm
Ehm ehm (pausa):
O neoeletto don Bergoglio,
salutiam il vecchio Ratzy con cordoglio
ma un argentin accogliamo con orgoglio
in sul ponteficio soglio
🙂
Si lo so lo so, dovevo fare il poeta…
Marzo 18th, 2013 at 6:19 pm
@ 202: dalla prima lettera a Timoteo (2,12) Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.
Vai Saulo, queste son parole sante, che cavolo! Così dovrebbe andare il mondo!
PS: se mi sente mia moglie non mi fa entrare in casa per 3 giorni
PPS: non sono esperto di sacre scritture, ho fatto una ricerca con Google l’ho trovato in 3 secondi netti
Marzo 18th, 2013 at 7:01 pm
papa no, giammai! neppure per tutto il vin santo del vaticano. Poi che vi ho fatto di così terribile? Meglio il bazooka. 😀
@199 la metafora scalatoria si può intendere in più modi, ad esempio la fatica della marcia e il rifugio/bivacco che per quanto si scollini non arriva mai (sulla grigliata fuori dall’Alpenzu alla sera meglio tacere … che mi viene nostalgia).
Marzo 18th, 2013 at 7:03 pm
@196 magari poterlo dire. Mi confermo sempre e comunque un cialtrone 🙂
Marzo 18th, 2013 at 7:52 pm
W Papa Massimo zero, il papa nullo, Gran Visir di tutti i buddisti!
Perchè non lo puoi dire? Io mi sentirei di dire che per lo meno sono libero da quel gran rompipalle di aa, che si crede il centro del mondo 🙂
Marzo 18th, 2013 at 7:55 pm
Mi suol formulare una proposta, data la grande sapienza dei dotti uomini che siedono in zazen e che eloquentemente si intrattengono spesso su temi di carattere religioso, dottrinale, etico e morale, proporrei una sottoscrizione da inviare ai più alti responsabili del soto zen nonche abati e maestri vari, sulla beatitudine delle donne che affiancano tutti i venerabili…. si, tutte quelle sante donne che con infinita pazienza sopportano, sostengono, e condividono la Via , per loro, proporrei la proclamazione alla beatitudine! fin che son vive naturalmente. Donne che nell’ombra sostengono la paranoie dei loro compagni impegnati a scalare le più alte vette della sapienza umana!!! 🙂 🙂
grazie.
Marzo 18th, 2013 at 8:33 pm
Eh!?!?!?! Scherzi? Siam noi poveri martiri a sopportare le loro infinite menate ed isterie perimestruali.
Buddisti smidollati…..
Marzo 18th, 2013 at 8:34 pm
Martiri mariti, mariti martiri, vivi nella morte di quelli, ma nella vita di quelli, morti
Marzo 18th, 2013 at 11:20 pm
aa 202, sei grande! Era precisamente la citazione cui mi riferivo, che una volta ho trovato e non sono più stata in grado di rintracciare. Va da sé che non me la cavo bene neppure nella ricerca su Google: se ricordo almeno una frasetta precisa poi risalgo al testo, ma in questo caso mi ricordavo solo il sugo del discorso. Auguri e solidarietà a tua moglie!
Mi va l’idea del papa buddista, a questo punto però mi sento in dovere di proporre una papessa…
Marzo 18th, 2013 at 11:32 pm
Figurati Cristina, non c’è di che. Non so se sia considerata una lettera originale o se invece rientri nelle “farlocche”.
Nel caso non si fosse capito, rientro nella vasta categoria degli uomini zerbino 🙂
Marzo 18th, 2013 at 11:44 pm
Secondo wikipedia sarebbe apocrifa, i un autore tra il primo ed il secondo secolo dc. Quindi probabilmente farlocca. Diamo a Paolo quel che è di Paolo…
A quanto pare è farlocca anche la foto di Videla che prenda la comunione, nel senso che il prete di spalle non sarebbe Bergoglio, che all’epocaa era più giovane.
Marzo 18th, 2013 at 11:45 pm
@207 non lo trovo più divertente 😛 … un “brusacrist” non può indossare le scarpette rosse … 😀 sono decisamente più adatte ad una papessa.
Perchè non lo posso dire? Per essere un po’ onesto. Non è poi molto che mi siedo, ho ancora blah blah, preconcetti, concetti e zavorre varie che devo imparare a gestire, mentre ora sono ancora loro a gestire me.
Marzo 19th, 2013 at 9:54 am
Come desiderate, vostra illuminazione ;). No no ok, il gioco è bello finchè dura poco.
Ma perchè pensi che essere liberati voglia dire saper fare tutta quella roba lì? Tutti sono così, hanno zavorre, preconcetti ecc. è la condizione umana. Quelli che dicono di essere diversi o sono falsi, oppure si conoscono poco. Non devi fare niente, Zz è aggratis, lo può fare chiunque. Dai un occhio a 198.
Marzo 19th, 2013 at 12:50 pm
Ora che ci penso se fossi io a gestire le mie zavorre, preconcetti e concetti chissà che casino infame combinerei…brr meglio non pensarci
Marzo 19th, 2013 at 5:45 pm
@aa … hai pienamente ragione: a farcela da sè, e a ragionarci non c’è scampo, solo che tra il dire e il fare c’è di mezzo … ‘sta testaccia vuota, o troppo piena (di segatura s’intende) … 🙂
Marzo 19th, 2013 at 5:56 pm
… che dite di questo?
Se l’italiano è un po’ impreciso è perchè chi ha tradotto non è di queste parti …
Marzo 19th, 2013 at 7:55 pm
OH non mi fraintendere fratello non è che mi faccio gestire da qualcun altro (ci mancherebbe), è che tutte quelle robe lì di cui parli vanno per conto loro, col pilota automatico, e meno cerco di metterci mano meno guai combino.
Gestione dei preconcetti e delle zavorre come non gestione delle zavorre e dei preconcetti è stata insegnata dal Risvegliato, per questo è detta gestione dei preconcetti…
Mi leggo con calma il link che segnali
Ciao
Marzo 24th, 2013 at 7:06 am
– Quale via libera dalla maledizione?
Per maledizione si intende l’essere ciò che non si vuole. Tipo, come liberare Gesù dal simbolismo postumo della croce?
L’ odium andato al di là “sfida” in modo immediato il Sutra perché assume un dualismo chiaro e distinto: si collega al punto di vista dell’empio in tutta la sua potente-immensa-responsabilità-manageriale: l’essere felice. (Cfr. G. Iorio, Diamante, Marietti 2011, pag 236).
PS: La psicanalisi come religione, non come “fede”.
Marzo 24th, 2013 at 7:07 am
Vaticanismi.
“Forse bisognerebbe ripensare la diarchia spartana, con due sovrani, o il consolato romano, con due consoli a capo del Senato”. (cit.)
#trend topic – L’incontro tra i papi: la fine di un epoca e l’inizio del caos.
Marzo 24th, 2013 at 11:24 am
Ciao Hmsx, bentornato. @ 220: quando quello è l’ostacolo alla libertà, la mente, tornata in su la via, è dimentica di com’è.
La psicanalisi è un dramma senza fine.
@ 221: la citazione mi è ignota, neppure il web mi è d’aiuto.
Il caos non è mai terminato. Per questo si vocifera dell’esistenza del logos, l’ordinatore.
Marzo 24th, 2013 at 12:12 pm
E se il caos “fosse” l’ordine? Il logos sarebbe nient’altro che il modo di vedere che sic stant res…
Marzo 24th, 2013 at 12:38 pm
Insomma, tu dici: “essendo il caos la norma, il logos è rendersene conto”.
Sì, può stare, imho, tuttavia anche così il logos ha un ruolo ordinativo. Riconosce e quindi determina la norma.
Marzo 24th, 2013 at 12:59 pm
Sì, ma è un ordine aleatorio, non oggettivo. Il ruolo del logos è più orientativo che normativo: è l’impulso a cercare un modus vivendi nel caos
Marzo 24th, 2013 at 1:44 pm
@222
La psicanalisi finisce in…tragedia.
La Maledizione è ostacolo alla libertà perché la mente, memore della felicità che è la vita, non vuole dimenticare com’è.
Se l’intento programmatico, la vera “disarmonia prestabilita” della teologia empia, è la perdizione, capite bene che la felicità è d’ostacolo. Sono felice, che mi importa?
(Cfr. G. Iorio, Diamante, ed. Marietti 2011, pag 239, n. 22)
…
La citazione è di Giuseppe Girgenti, filosofo italiano e ricercatore presso l’Università San Raffaele di Milano, che cita a sua volta Adriano, più una mezza dozzina di altri autori fino ad arrivare a “Il seguito dell’Iliade” (libro in pubblicazione su poeti “minori” della Grecia antica).
Marzo 24th, 2013 at 5:37 pm
@ 226: la mente s’inganna se crede di ricordare la felicità che è la vita. Il dramma nasce dall’attaccamento a un’illusione. La psicanalisi tenta di vedere che cosa c’è dentro la cipolla ma si perde tra gli strati: specchi che riflettono all’infinito lo stesso nulla. Stridor di denti.
@ 225: si vocifera che il logos sia dio, il cui ruolo… È quello che gli diamo noi.
Marzo 25th, 2013 at 8:25 am
>Il buddismo può essere solo una confessione religiosa ufficialmente riconosciuta fra le altre presenti in Italia, o può rappresentare anche un modo differente di intendere l’appartenenza religiosa.
Ecco, appunto. Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato.
Marzo 25th, 2013 at 9:28 am
“Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato!”… risalì sul suo cavallo bianco (un non-cavallo!) si avvolse sdegnosamente nel suo mantello azzurro e, cloppiti cloppiti cloppiti, scomparve nel tramonto…
Ora, i fratellini dell’UBI, oltre al ritenere che esistano “Maestri (maiuscolo!) buddhisti qualificati e riconosciuti” stanno compiendo -imho- un grave errore. E dalle decisioni che prenderanno a breve, rischiano di compierne anche di più gravi. Farei, faremmo un errore simile se non dicessimo: “Hey you, out there in the cold. Getting lonely, getting old. Can you feel me?”.
Cloppiti cloppiti cloppiti…
Marzo 25th, 2013 at 11:04 am
Un paio di considerazioni mi sembrano opportune per inquadrare la lettera che accompagna il post. Siamo nell’ambito della politica religiosa. Fermo restando che in Italia c’è piena libertà di espressione religiosa individuale e collettiva, e dunque non è certo obbligatorio far parte dell’Unione Buddhista Italiana per “praticare” il buddismo anche in forme comunitarie, mi sembra innegabile che l’Intesa sancisce, più o meno surrettiziamente, che l’UBI rappresenta presso lo Stato la confessione religiosa buddista in toto (vedi il preambolo dell’Intesa con citazione del “famigerato” art.8 della Costituzione). Questo cortocircuito (l’UBI rappresenta solo i suoi iscritti ma nel sentire comune e di fatto d’ora in poi rappresenterà ufficialmente “i buddisti italiani”) ampiamente previsto non è mai stato preso in considerazione ed è foriero di guai a cascata. Va anche tenuto conto che l’UBI (con i centri iscritti) rappresenta invece una parte ampiamente minoritaria del fenomeno buddista italiano: e in democrazia la quantità non è un optional. Non vi era alcuna necessità, in effetti, di costituire l’UBI, soprattutto impedendo per statuto l’adesione individuale: il buddismo non è una religione di gruppi. E’ stata fondata solo in prospettiva dell’Intesa. Non c’è nessun bisogno di concludere intese religiose con lo Stato, un’anomalia italiana, anzi, una battaglia seria di politica religiosa sarebbe quella per l’abolizione delle Intese, a partire dal Concordato e per l’approvazione di una legge per la libertà religiosa indiscriminata (tanti anni fa Bassanini presentò un buon disegno di legge che non fu mai discusso neppure in commissione parlamentare, che io sappia). Fatta l’Intesa (a proposito, perché escludere la possibilità dell’insegnamento nelle scuole, forse per non avere grane insormontabili sul fronte cattolico?) non c’era nessun bisogno di stabilire che l’uso dell’otto per mille può essere anche di natura cultuale confessionale. L’otto per mille non è una donazione, è denaro pubblico, è una parte delle tasse già pagate dai cittadini, non un di più volontario: si tratta di finanziamento pubblico alle confessioni religiose, ben più scandaloso, a parer mio, del tanto demonizzato finanziamento pubblico ai partiti. I Valdesi, luminoso esempio di sapienza nella politica religiosa, non toccano un euro dell’otto per mille, lo devolvono tutto a opere assistenziali e sociali non valdesi. Chi devolverà quella parte delle sue tasse ai buddisti lo farà pensando appunto di darla ai buddisti, non a una cerchia elitaria di centri denominata UBI.
Sono state fatte scelte improvvide e discriminatorie, che rischiano di coinvolgere tutti i buddisti italiani. Da queste preoccupazioni nasce la lettera di cui sopra. Tanto altro ci sarebbe da dire, mi fermo qui scusandomi della lunghezza.
Marzo 25th, 2013 at 12:20 pm
Aggiungo solo una glossa imprescindibile, in linea con @ mym 2. Si deve per forza partire dal dato di realtà: l’UBI esiste, ha stipulato un’Intesa con lo Stato, ha deciso di usare l’otto per mille per finanziare il culto. Che possiamo fare noi buddisti italiani “indipendenti” perché non si proceda in una direzione foriera di guai, dispute e danni all’immagine di tutto il buddismo italiano, come a me pare evidente si stia facendo più o meno consapevolmente, e per far sì che i buddisti dell’UBI si rendano conto dell’enorme responsabilità che si sono assunti e la gestiscano in maniera meno improvvisata e più partecipata?
Marzo 25th, 2013 at 12:30 pm
Come scrissi in tempi (quasi) non sospetti, in materia occorrerebbe de-legiferare. Se l’UBI decidesse di dedicarsi alla eliminazione di tutti i concordati e alla riduzione dell’art. 8 della costituzione al suo primo comma, mi iscriverei all’UBI!
Se l’arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostanti… 😯
@ 4: amo le glosse imprescindibili… 😛
Marzo 25th, 2013 at 12:50 pm
avete ragionissima. il mio non era un invito al menefreghismo o all’indifferentismo ma il gusto di infrangere una ‘convenzione’… ora che c’è! ora che l’UBI (ubi sunt? ubi consistam?) ha fatto la sua brava puttanata, ci sarà ancora più gusto a dire e fare il contrario di quanto previsto dalle “chiese” istituzionali e stipendiate.
non mi è però chiara la faccenda dei Valdesi. anzitutto hanno ospedali con grossi problemi economici, quindi immagino che utilizzino l’ottomila per ripianare qualche debito, e in materia di sanità Dio sa se ce n’è bisogno. ma poi, se proprio quei soldi NON li vogliono, allora perché si sono fatti inserire sul 730 / modello unico?
Marzo 25th, 2013 at 1:01 pm
La storia dell’art.8 è interessante. Alla formula iniziale “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, sacrosanta, verrebbe da dire, e sufficiente, l’onorevole Terracini, comunista doc, propose di aggiungere un paragrafo che togliesse alla Chiesa Cattolica il monopolio del rapporto privilegiato con lo Stato. Il giovane Aldo Moro era contrario, ma poi si convinse e dal loro confronto scaturì l’articolo come lo leggiamo ora (così almeno ho sentito raccontare di recente da un esperto in materia). Un accordo fra due uomini di chiesa, insomma, un uomo di legge cattolico e un uomo di partito della chiesa di fronte, come Sciascia chiamava il PCI, che danno per scontato che le “confessioni religiose” debbano avere “statuti” e “rappresentanze”. Possibile che la libertà sia concepibile solo se vigilata?
Marzo 25th, 2013 at 1:05 pm
@ 6: I valdesi… mah, in realtà ne so poco se non che stan su sulle montagne. Jf dice che sono fulgidi esempi da seguire. Ma, si sa, il ragazzo è un entusiasta… 😕
Marzo 25th, 2013 at 1:08 pm
ho trascorso l’infanzia tra i valdesi, ma alla fine mi pare, oggi come oggi, si siano messi a contrabbandare per vangelo il banale “politically correct”.
a ‘sto punto, se c’è da scegliere tra gli eretici di montagna (che la teologia ci guadagna) sono più luminosi i catari(frangenti).
Marzo 25th, 2013 at 1:17 pm
Ciao dhr 6, l’ho chiesto di recente a un valdese di chiara fama. In un primo tempo avevano rifiutato tout-court l’otto per mille, per statuto. Poi si sono resi conto che i famosi resti, cioè l’otto per mille non destinato o restituito allo Stato (l’otto per mille viene comunque stornato a tutti), viene utilizzato per finanziare le missioni di pace, la ristrutturazione di chiese cattoliche, persino l’acquisto di armi. Hanno allora riscritto lo statuto, inserendo l’otto per mille a finalità benefiche non di culto e hanno rinegoziato l’Intesa in modo da decidere loro che farne. Ecco perché trovi il sul 730, come fra due anni (tempi tecnici) ci troverai l’UBI. Così almeno mi hanno spiegato. Quanto agli ospedali non so, ma insomma, anche se li usassero per un ospedale non mi sembra paragonabile a dividersi la torta fra i vari gruppi dell’UBI, come pare si intenda fare. Inoltre dall’anno fiscale prossimo i Valdesi concentreranno tutto il ricavato in un’unica iniziativa benefica, per non disperdere il denaro in mille rivoli. Qui comunque trovi lumi http://www.chiesavaldese.org/pages/finanze/otto_mille.php
Marzo 25th, 2013 at 1:28 pm
Va bene, va bene, ho capito l’antifona @8 e @9: in effetti scorrendo la lunga lista di finanziamenti dei Valdesi utilizzando l’otto per mille si scopre che di sponsorizzazioni pro domo loro ce n’è a bizzeffe… Non c’è più religione :-[
Marzo 25th, 2013 at 1:58 pm
già! e pensare che UBI Wan Kenobi sembrava tanto una persona seria… non ci sono più gli uomini di una volta (presumibilmente perché sono morti)
Marzo 25th, 2013 at 6:05 pm
Ubi maior..
@11 …”restano solo i riti e le celebrazioni” (a memoria, mi si perdoni l’approssimazione)
Marzo 25th, 2013 at 7:34 pm
Eppoi, come dice un membro femminile della -diciamo- comunità estesa: “Ma tu guarda questi! Almeno spartissero…” 😛
Marzo 26th, 2013 at 10:23 am
Perdonate l’ignoranza abissare in materia, ma che cos’è esattamente che fanno i ministri di culto Zen? Delle specie di messe buddiste?
E’ curioso che ci siano dei “Maestri” in una religione il cui fondatore pare consigliasse di essere luce per se stessi, e di verificare direttamente ogni cosa. Più paritario di così…
Marzo 26th, 2013 at 10:39 am
>ma che cos’è esattamente che fanno i ministri di culto Zen?
i funerali. (come espresso dal detto: “i giapponesi nascono shintoisti, si sposano come i cristiani, e muoiono buddhisti)
si sono anche presi l’unico mestiere dagli introiti sicuri.
Marzo 26th, 2013 at 10:54 am
Ah per cui se dovessi tirare le cuoia posso farmi fare il funerale buddista? Me lo fareste aggratis nell’eventualità :)?
Marzo 26th, 2013 at 11:21 am
non te lo “faremmo” perché – appunto – siamo contrari alla visione ritualista della religione.
negazione per negazione, “noi” NON ti facciamo il funerale, in compenso tu PUOI pagarlo.
in alternativa, versa l’8 per mille all’UBI e avrai un posto nel paradiso musulmano con le urì. che bella cosa il dialogo interreligioso.
Marzo 26th, 2013 at 11:34 am
Più che un’intesa pare un contratto, del resto siamo nel paese degli insegnanti di religione nominati dalla curia. Forse che sia una questione di obiettivi? … chi pensa al sostegno economico delle iniziative (o al gettito, chessò), chi all’occasione di una testimonianza. A monte c’è anche una buona dose di confusione sui buddhismi: è difficile “trovare”. Leggendo (e ascoltando anche Maestri Di Culto) qua e là pare che ci siano “Maestri Qualificati e Certificati Punto”, che ci sia realmente un massaggio che diventa “una pratica che coniuga i principi dello Zen (armonia, rispetto, purezza realizzazione) con la psicologia moderna”, ecc ecc. Si rischia di avallare un po’ tutto quanto per timore di “sparire”? So che voi che siete “dentro la macchina” fate e avete fatto di tutto per farvi ascoltare, ma non c’è sordo peggiore…
Marzo 26th, 2013 at 11:42 am
@ 13: benvenuta Vali. Puoi essere più chiara o… è un messaggio in codice per jf? 😕
Marzo 26th, 2013 at 11:51 am
@ 15: aa ancora non sai che cosa fanno i ministri di culto zen? Ossegnu! Fanno i Maestri Certificati e Qualificati.
Vulgo: chiacchiere e distintivo.
Però, prima di fare gli sbruffoni, qualcuno pensa si possa far di meglio?
@ 19: ciao max. Delizioso il tuo refuso “un massaggio che diventa una pratica che coniuga i principi dello Zen (…) con la psicologia moderna”. I ministri di culto che fanno i massaggiatori o, Gesù!, le massaggiatrici :P.
Insomma: preti e puttane allo stesso tempo.
L’ho detto che ti dovrebbero fare papa atte! 😉
Marzo 26th, 2013 at 11:58 am
@ 18: “noi NON ti facciamo il funerale, in compenso tu PUOI pagarlo. In alternativa, versa l’8 per mille all’UBI e avrai un posto nel paradiso musulmano con le urì” quando si dice la sintesi essenziale… 😛
Marzo 26th, 2013 at 12:14 pm
Ciao Vali: se @13 era un messaggio in codice per me, come ipotizza mym 20, beh, me lo son perso, pardon, l’incedere dell’età non fa prigionieri… ho pensato ai versi di una canzone, ma non la so (Vasco?).
Si rischia di avallare un po’ tutto quanto per timore di “sparire”? Per aver timore di sparire, caro Massimo @19, bisogna essere convinti di esserci in un modo soggetto a sparire: direi che si avvalla di tutto proprio per convincersi (e convincere) di esserci.
Io quello del massaggio non l’avevo mica preso per un refuso: ci sono anche i Maestri Massaggiatori in the Wonderland of Zen.
Marzo 26th, 2013 at 12:33 pm
Azz il Maestro Zen che ha paura di sparire…fantastico…mi suona un pò come il pesce che ha paura di nuotare.
Se qualcuno mi insegna lo Zen io in cambio gli insegno come si fa a far contrarre il muscolo cardiaco. Sono esperto. Lo faccio da una vita.
Marzo 26th, 2013 at 12:34 pm
Io preferirei la Maestre Massaggiatrici….de gustibus 🙂
Marzo 26th, 2013 at 12:46 pm
@ 25: con te aa si va sul sicuro: il cosiddetto pensiero unico …
@ 23-24: il GMZ (grande maestro zen) è come il gatto del Cheshire: scompare lasciando un sorriso.
Mai visto uno.
Marzo 26th, 2013 at 1:08 pm
Eh vabbhè si fa per ridere…
Il GMZ è come il Tao, se lo vedi, non è lui
Siddharta Gautama non era il Buddha :[
Marzo 26th, 2013 at 1:09 pm
Come si fa a fare la faccina con l’espressione “tosta”? Segreti dei maestri…
Marzo 26th, 2013 at 1:50 pm
Aaah! Ancora? Una volta per tutte: le faccine chi non le sa “fare” (tze!) le può copiare qui
Marzo 26th, 2013 at 2:39 pm
@21 e @23 non è un refuso ma un articolo del Messaggero, mi son tenuto sul vago per non fare i cognomi … non so se si puote liberamente sul webbe … 🙂
@23 Però allora sembra proprio che a “centri” e “modo di” c’è proprio tanta contraddizione, non solo confusione. C’è chi sa e fa (e si titola del diploma di buddhista). A questo punto è strano voler rifare chiesa e preti cambiando solo la veste. Forse anche per quello si attira anche molta gente che si vuol fermare ad una specie di disciplina newage.
p.s. viva *quel* “pensiero unico”!
Marzo 26th, 2013 at 3:28 pm
@ 30:viva quel pensiero unico…. high five! 😈
Marzo 26th, 2013 at 3:29 pm
Quanto al resto (i centri ecc) non c’ho capito un h…
Marzo 26th, 2013 at 4:09 pm
Questi dell’UBI sembrano proprio degli ingenui, a volerne pensare bene. La questione è seria e delicata. Mi pare di capire che il più eminente traduttore italiano del sanscrito, già docente della cattedra di storia delle religioni all’Università di Urbino etc, già ordinato monaco zen al monastero di Antai-ji, non abbia voce in capitolo nel dettare i criteri minimi per “il riconoscimento giuridico nell’ordinamento italiano della figura di Monaco zen abilitato all’esercizio e all’insegnamento ufficiale dei buddismi”.
Si capisce che la credibilità e la competenza di un uomo sono iscritte nella sua storia, anche se poi si accumulato titoli e attestati. A pensare male questi dell’UBI sembrano voler recitare la farsa pretesca in abiti zen. Una strategia fallimentare come ci insegnano i nostri fratelli cattolici.
Questi dell’UBI vogliono forse misconoscere il ruolo storico di divulgazione dei buddismi che la Stella del Mattino ha avuto in Europa in generale, e in Italia in particolare?
Marzo 26th, 2013 at 4:10 pm
Hey you, you, che fai parte dell’UBI beccati ‘sta sentenza:
“La storia ci insegna che gli uomini e i governi non hanno imparato nulla da essa”. – Georg Wilhelm Friedrich Hegel
…
Hey you, you, che pensate che quelli dell’UBI siano ridicoli e grotteschi: affilate i coltelli.
Il punto è tutto politico; però si finge di ignorare che non si può parlare di politica senza usare formule religiose. Soprattutto: per usare formule religiose di spiritualità zen quali certificati servono? Quelli accreditati dall’UBI senza il beneplacido della Stella del Mattino?
PS: quando si immischiano gli avvocati non è mai un buon segno.
Marzo 26th, 2013 at 4:24 pm
@ 33: potremmo fare coppia e andare sulle piazze, tu fai il venghino venghino! Ed io il resto: faccio il giro col cappello 😎
Marzo 26th, 2013 at 4:29 pm
@ 34: senza il beneplacito della Stellaaaa!?!?
Com’era…? Ah, sì: Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato!
Cloppiti cloppiti cloppiti…
Sipario.
Marzo 26th, 2013 at 4:34 pm
@ 33: occhio, l’UBI non è (solo) una roba zen. È come … come la mamma di tutti i buddisti, ecco.
Naturalmente il padre… s’è visto una volta e ciau.
Marzo 26th, 2013 at 4:43 pm
Nel frattempo jf vince un altro refolo: p. 95, secondo capoverso. Si porta così alla pari con ahr: due refoli di primavera a testa.
Marzo 26th, 2013 at 5:34 pm
>È come … come la mamma di tutti i buddisti, ecco.
UBIquitas
Marzo 26th, 2013 at 7:35 pm
Veramente il mio primo refolo era doppio (vedi l’altro post 169) però quello di pag.74 era davvero difficile e preferisco pareggiare, duqnue propongo doppio refolo anche ad ahr e tre e tre. Bisognerebbe intanto avvisar primavera, che vanno in giro refoli senza di lei: finché sta “avvolta dalla nebbia e dal freddo tra i rami del susino” neppure il susino la riconosce.
Marzo 26th, 2013 at 8:01 pm
@ 38
L’art 8, comma I, Cost è una norma di rottura nei confronti del passato, in quanto fa fede dell’avvenuto superamento del confessionismo di stampo ottocentesco, sostituito da una concezione del fenomeno religioso costituzionalmente rilevante COME TALE, senza che si possano più discriminare gradi diversi di libertà delle istituzioni di culto (Cfr. Sent n 195 del 1993 della Suprema Corte).
I singoli vantano nei confronti dello Stato la pretesa a professare (vale a dire a porre in atto manifestazioni esteriori del proprio pensiero sul destino trascendentale dell’uomo) qualunque fede religiosa con il limite della “decenza”, che è uno dei tanti «concetti indeterminati» posti dal Legislatore la cui portata varia a seconda del tempo e dello spazio.
A chi spetta stabilire che un rito, nella fattispecie buddista, è indecente? Ai buddisti dal diplomificio facile? L’ordinazione monacale, che è premio di una vita, te lo rilasciano con un corso sprint di 12 mesi alla modica cifra di 2 lire?
Marzo 26th, 2013 at 8:44 pm
@ 40: grazie per la precisazione. Facciamo tre spifferi a testa e non ne parliamo più?
@ 41: mi consenta, “L’ordinazione monacale, che è premio di una vita” non è. Laddove la si celebra come l’ingresso in ditta funeralesca è cosa che si da ai bambini o agli adolescenti figli del parroco. Altrimenti è possibile, dopo più o meno lungo noviziato, non come “premio” ma come ingresso a pieno titolo nella comunità. Il premio di una vita è spesso associato (nello zen) al cosiddetto shihō, o trasmissione del dharma, un complesso rito di origini confuciane al quale si attribuisce il potere di trasmettere da maestro a discepolo la cosiddetta “vera mente”. Prima in Giappone poi in Europa, è stato associato a questo rito il senso di riconoscimento dell’avvenuta illuminazione, la patente insomma. Inutile dire che con il buddismo le connessioni di tali pratiche sono molto molto labili. Mentre invece, a livello clericale (meglio di me potrebbe dirlo jf) è considerato un passo indispensabile per la … carriera di monaco zen in Europa e di parroco in Giappone. Così va il mondo.
L’art 8, comma I, Cost sarebbe stato già più che sufficiente, se non ci fosse stato il concordato con la chiesa cattolica. I problemi nascono da questo.
Marzo 26th, 2013 at 9:00 pm
@ 42: mi consenta, il precetto dell’art. 8, comma I, può essere compreso nelle sue armoniche interazioni con gli artt. 3,19 e soprattutto 2 della Cost, solo se si considera che i Patti Lateranensi sono stati stipulati nel 1929, cioè durante il Regime fascista con il solo intento, non taciuto, di operare una chiara distinzione, per non dire discriminazione, tra il confessionismo cattolico e il confessionismo di ogni altra natura. Insomma, si è passati da “tolleranza” dello Statuto Albertino a “ammissione” con la legge n 1159 del 24 giugno 1929. L’ “uguale libertà” delle Religioni si ha con il ripudio del regime fascista e l’affermazione dell’ideologia democratica e pluralista. Solo in questa visione generale può essere compresa la rilevanza costituzionale del pluralismo religioso e segnalare che il Concordato firmato dall’UBI presenta a parere dello scrivente diversi profili di incostituzionalità in molti dei suoi articoli, in particolare in quelli eccepiti da mym (nella sostanza). Ad es., la richiesta di un’autorizzazione governativa per la apertura di templi ed oratori, ovvero l’obbligo che le riunioni di acattolici siano presiedute da un ministro di culto approvato dal Governo è questione già dibattuta e cassata (su tutte cfr. sentt n 45 del 1957 e n 59 del 1958, S.C.)
Ad essere controverso è invece l’ultimo comma dell’art 8, in particolare è molto discussa la natura giuridica di siffatte «intese». Alcuni ritengono trattasi di convenzioni di diritto interno per motivazioni storiche (la peculiare tradizione nel nostro Paese della Chiesa cattolica); altri le ritengono un fenomeno istituzionale-normativo «originario» e non «derivato» (dallo Stato). Quest’ultima interpretazione valorizza la portata normativa (ed innovativa) del primo comma dell’art 8, alla luce del quale reinterpreta i commi successivi. Le due interpretazioni convergono nel fare carico al Parlamento dell’obbligo di rispettare le intese. Il punto è: chi sono tali rappresentanti che sottoscrivono l’intesa?
Marzo 26th, 2013 at 9:04 pm
Molto interessante. Grazie.
Chissà se all’UBI ci hanno mai pensato?
Marzo 26th, 2013 at 10:50 pm
@ 43: ah ma allora sei un leguleio, ecco perchè fai le filippiche 🙂 Ogni volta che sento parlare voi altri sulle questioni medico-legali provo dei forti istinti omicidi. Comunque mi sembri bravo assai, la prossima volta che mi fan causa ti faccio un fischio….
MA qualcuno sa cosa ci fanno effettivamente coi quattrini all’UBI? Se gli mando una mail dicendo che sò buddista mi danno una fetta del malloppo :)?
Marzo 26th, 2013 at 11:24 pm
Di fronte alla ratifica dell’intesa vedo allontanarsi due eventi a mio parere auspicabili: la completa affermazione in Italia dello stato laico, ovvero rigorosamente neutrale in materia religiosa; la diffusione di un modo diverso di vivere la religione, anche grazie al contributo del buddhismo.Temo il proliferare di ministri di culto “certificati” dall’UBI (art.7), indicati in “appositi elenchi tenuti dell’UBI” (art.4). UBI come erogatrice di “patenti” di legittimità?
Marzo 27th, 2013 at 8:16 am
>Se gli mando una mail dicendo che sò buddista mi danno una fetta del malloppo?
no, te la chiedono.
Marzo 27th, 2013 at 10:45 am
E perchè invece non me li danno? Non dovrebbero mica sostenere la diffusione del buddismo? Io sono un pezzettino di buddismo dopotutto….non si vorrà mica separare la pratica dai praticanti, ma dico! :). Chi è che gli ha conferito l’autorità di stabilire a chi vadano i danè e a chi no? Io dico che me li devon dare, cheddiavolo. Oppure che mi dimostrino che ne fanno un uso migliore di quello che ne farei io: comprare i giocattoli per mia figlia, delle scarpe per mia moglie, un libro (buddista!) per me….
Se invece le usano per opere di carità domando: che bisogno c’è di un altro ente che raccolga fondi per beneficenza? Se mi va i soldi li do ad emergency, o li mando ad Angal o alla mia amica infermiera in Perù, almento so come li usano….
Marzo 27th, 2013 at 1:52 pm
Saluti a tutti,
leggo con interesse i vostri commenti intelligenti e competenti ma di tanto in tanto mi pare qualcuno si lasci un pò andare.
Insomma, non è proprio che l’U.B.I. sia il nemico pronto a papparsi i nostri soldi. Secondo me chi la dirige non ha idea neanche di come spenderli e questo assieme a tutta un’altra serie di “indecisioni” denota l’immaturità del movimento.
Bene ha fatto il Rev.Forzani a sollevare apertamente queste questioni su cui, mi pare, in tutti i centri italiani (U.B.I. e non) si stà discutendo (era questo lo scopo, no?).
@47: ho sentito dire (fonti autorevoli) che se i soldi non vengono presi (Intesa senza 8 p.m.) verrebberò riutilizzati dallo stato per le proprie esigenze comprese quelle belliche, ecco perchè ai valdesi è parsa cosa buona prenderli e gestirli da se.
Almeno a me l’hanno raccontata così e mi sa che sarà la versione ufficiale. Poi io sono un pò boccalone.
Marzo 27th, 2013 at 3:13 pm
@ 46: benvenuta Rossella. Lo stato laico? In Italia? No, non penso sia possibile. Dove altro mai un (ex) comunista, presidente del consiglio incaricato, nelle consultazioni sente il parere del presidente della conf. episcopale?
O aboliamo i titoli o ci teniamo gli elenchi, poi chi li conserva è secondario.
@ 49: benvenuto ADM. Verissimo, qualcuno (e lo tengo d’occhio!) si sta lasciando andare… Temo che nei centri (l’UBI come luogo non esiste) la discussione sia molto … prosaica. Concordo: il Rev. Forzani ha fatto proprio bene a sollevare queste pesanti questioni.
Marzo 27th, 2013 at 4:54 pm
Mi scuso per averla buttata troppo sul faceto. Riformulo più sobriamente la questione. Come si fa a decide cosa è meritevole di ricevere un finanziamento (in base a quali criteri) e chi è deputato- o competente – a farlo? E’ ovvio che quanto ho scritto in 48 era provocatorio, ma voleva sollecitare la discussione in merito a come dovesse intendersi una “promozione della diffusione del buddismo”. Insomma se do un contributo vorrei sapere come viene speso, senno me lo tengo. Non volevo offendere chi dedica tempo ed energie alla cosa.
Ricordo di aver discusso di questo anni fa con Pierinux; eravamo d’accordo che uno non sa a chi dare il 4 per mille perchè sembra che nessuno se lo meriti, mentre l’8 per mille non sai a chi darlo perchè ce ne sono troppi.
Marzo 27th, 2013 at 5:23 pm
@ 51: a chi rivolgi (e perché ti ci rivolgi) la domanda “Come si fa a decide cosa è meritevole di ricevere un finanziamento (in base a quali criteri) e chi è deputato- o competente – a farlo?”?
Tra l’altro occorre chiarire una montagna di cose prima di fare una domanda del genere, per es.: fatto da chi il finanziamento? Perché? Di che entità? Cosa intendi per meritevole? ecc. ecc.
Se però non sai a chi o dove mandare i tuoi quattrini: a disposizione.
Marzo 27th, 2013 at 6:45 pm
@20 @23
grazie per il benvenuto, sono presente quanto eterea da tempo; così eterea che il login non mi viene riconosciuto..
andate veloci come treni, scusate il ritardo.
il succitato citato è irreperibile, niente giochi in codice per jf, mi riferivo piuttosto al mappō, la terza era del buddhismo, l’ultimo periodo del dharma, lungo declino, tempo ce n’è..
grazieciao
Marzo 27th, 2013 at 7:09 pm
@ 53: Ammapalo! Pure er mappo, mo’.
Grazie per il chiarimento, non ci sarei (saremmo?) mai arrivati… 😕
Marzo 27th, 2013 at 7:12 pm
Buongiorno adm49. Ringrazio per l’apprezzamento, in cambio una preghiera: ci sono situazioni (soprattutto limitate, per fortuna, alla redazione dell’indirizzo postale, a qualche etichetta o a improvvide presentazioni assembleari) in cui mi tocca ingollare nolente quel Rev. davanti al cognome che mi contraddistingue. Ma discutendo fra amici e conoscenti, o anche fra sconosciuti e con eventuali nemici, per cortesia lasciamo perdere. Di venerabile, reverendo et similia nel buddismo c’è solo il dharma. Non fatemi vergognare, basto già a me stesso. Ricordo che una volta, tanti tanti anni fa, proposi a una riunione dell’UBI cui mi invitarono, di abolire siffatti prefissi: un successone :-/
Ciao Vali, accidenti, il mappō… e io avevo pensato a Vasco Rossi, se lo sa si offende! “La terza era del buddhismo”: e la seconda di chi era? 🙂
Marzo 27th, 2013 at 8:11 pm
@45 Grazie per la stima aa, nel caso che…devo prima controllare l’agenda: sono impegnato fino al 2017! Che vita frenetica quella degli avvocati; ma torniamo al tema.
Nella situazione attuale del nostro Paese, non vi è dubbio che il buddismo (più una filosofia che una religione) ha un grosso seguito, sebbene la stragrande maggioranza degli italiani ne abbia una conoscenza approssimativa; comunque in termini relativi [il buddismo] è tra le confessioni religiose più praticate. Negare questa realtà o ritenerla trascurabile, finirebbe con il condurre a soluzioni che altererebbero la realtà obiettiva e contrasterebbero con lo stesso disegno generale della Carta Costituzionale.
In questo senso la Suprema Corte vigila affinché le disposizioni legislative siano coerenti ai principi della libertà religiosa e della parità di trattamento delle confessioni religiose, e affinché ognuno possa pensare e dire ciò che vuole in materia religiosa.
L’ordinamento giuridico favorisce la discussione su temi religiosi, sia a livello scientifico o divulgativo, sia con critica e confutazione, pure se vivacemente polemica, anche con l’espressione di radicale dissenso
…
Piace segnalare, ad. es., che la depenalizzazione del reato di “bestemmia” è avvenuta nel 1997 (!) anche grazie all’influsso in Italia [sulla sensibilità del Legislatore], dello zen “a modo mio”, che poi è il solo modo, ed è quello dalla parte della Stella (i ‘buddismi’ sono comunque le declinazioni di un unico fenomeno religioso che non ammette interpretazioni arbitrarie – buddismo non liturgie!)
Marzo 27th, 2013 at 8:13 pm
Infine va ricordato che gli sgravi fiscali previsti per una associazione o istituzione a fine di culto hanno lo scopo di garantire soprattutto enti e istituzioni non cattoliche per bilanciare e precludere privilegi odiosi, posto in particolare il regime giuridico goduto da enti religiosi cattolici in base ai Patti lateranensi, anche se oggi più attenuato. Tali enti acattolici rientrano nel novero dei «gruppi di pressione» la cui attività sfugge ad ogni disciplina formale sebbene siano meritevoli di attenzione per il nostro ordinamento giuridico in quanto espressione di elaborazione di dati della realtà sociale secondo una visione non unilaterale e non circoscritta a determinati interessi corporativi. Sono le c.d. «società intermedie» ove l’uomo svolge la sua personalità e realizza la «partecipazione democratica».
…
Non so se quelli dell’UBI ci abbiano pensato, più che altro mi chiederei “chi sono i loro referenti politici”? Fino a che punto il «politico» può prevalere sulla comunità buddista in senso largo, compresa la comunità della Stella del Mattino? È il politico a prevalere, o la comunità?
La questione è da anni dibattuta e controversa, anche perché si rischia di occuparsi “di qualcosa di teologico, di molto vicino alla famosa questione del sesso degli angeli”. (Cfr. Temistocle Martines, Diritto Costituzionale, Giuffré 2004, pag. 197).
Al di là delle mode e delle occasioni contingenti, occorre “tornare alla Costituzione” per darle concreta e puntuale attuazione affinché da una società disgregata (e, per ciò stesso, non pluralista) si passi ad un razionale ed armonico assetto di poteri centrali e comunitari che consentano il pieno dispiegarsi della democrazia.
Marzo 27th, 2013 at 8:58 pm
Wow…adesso capisco perchè quando parli di buddismo end co la fai lunga ed è difficile seguirti…è un fatto di deformazione professionale…comunque mi convinco sempre di più, trovami un buco in agenda.
Ma perchè dici che il buddismo è una delle religioni più praticate in termini relativi? Non mi risulta…
Marzo 27th, 2013 at 11:07 pm
Intendo in Italia, dove il cristianesimo è egemone nelle sue varie declinazioni: cattolicesimo, Testimoni di Geova, Valdesi, etc.
Marzo 28th, 2013 at 10:13 am
@ 57: dai Hsmx, smettila con i copincolla. Se metti tra virgolette una frase di cui dai conto dell’origine e poi anche il resto è quasi tutto incollato (pgg. 199 e 200 dello stesso testo) pare che quello che hai copincollato sia opera tua. Leggerlo sapendo che è opera tua (pensata e scritta apposta per l’occasione contingente) o che è copiata da un testo non è la stessa cosa. Nel @ 56 non ci hai messo nemmeno le virgolette (da Lezioni di diritto ecclesiastico)
Marzo 28th, 2013 at 10:38 am
Ma cosa c’entra!, smettila tu, abbiamo capito, sai guglare, ma non è questo ciò rileva: ho fatto uno studio da un minuto per permettere di inquadrare giuridicamente la faccenda al pubblico ed è opera mia (l’ho copiincollatoio). E poi non citavo Lezioni di diritto ecclesiastico ma Istituzioni di diritto pubblico. Piuttosto:
> @ 46: benvenuta Rossella. Lo stato laico? In Italia? No, non penso sia possibile. Dove altro mai un (ex) comunista, presidente del consiglio incaricato, nelle consultazioni sente il parere del presidente della conf. episcopale?
In una Repubblica democratita e laica dove la religione cattolica è stata religione di stato fino al 1984!
Anch’io Temo il proliferare di ministri di culto “certificati” dall’UBI (art.7), indicati in “appositi elenchi tenuti dell’UBI” (art.4), specie se dalla rappresentanza dell’UBI si escludono delle vere autorità in materie tipo mym &co (poco ferrato in diritto)
Marzo 28th, 2013 at 10:43 am
[mi consenta] Insomma, l’uomo non è soltanto un animale sociale, politico e comunitario, una animale dotato di ragione, linguaggio e capacità di calcolo sociale di armoniose proporzioni del corpo atletico e della polis ben governata, ma è anche la trasposizione concettuale del Buon Legislatore, e cioè di colui che sa praticamente (donde praxis, termine poi confluito in Max, inteso come legislatore ideale di una società comunista del futuro) garantire alla comunità stessa quei dati che la natura umana ha in potenza (e cioè dynamei on), ma che devono però anche essere messi in pratica, e cioè in atto (energheia).
PS: se ti diverti tanto cercati questa triplice citazione – sono tre gli autori – io non te la dico, non rivelo mai le mie fonti. tié 8)
Marzo 28th, 2013 at 11:16 am
@ 62 è da Costanzo Preve, “Lettera sull’Umanesimo”, Petite Plaisance 2012, p. 52.
Sinceramente, ovvero non devo fare neppure la fatica di inventarne una, mi sono un po’… seccato (indovina cosa). So, sapevo, chi sono rossella @ 46 e adm @ 49 (ricordi il post scriptum relativo al fatto che il plurinick è vietato?) ed anche prima di loro alcuni “altri”.
Se, tu, almeno non fossi prepotente…
Vediamo se qualcuno parla a tuo favore.
Marzo 28th, 2013 at 11:44 am
HMSX, secondo me dovresti smetterla con internet. Ecco, non sono fatti miei, però…non è che ti manca un pò di contatto umano “reale”? Magari chessò una pacca sulla spalla, una birra in compagnia, una partita a Monopoli…
Marzo 28th, 2013 at 11:56 am
aa sei un brav’uomo, che -naturalmente a fin di bene- strofina cartavetro su un brufolino.
Marzo 28th, 2013 at 12:22 pm
Ah tu invece c’hai la pazienza di Giobbe, non so come tu faccia.
Ier sera passeggiavo per Lecco son passato di fronte all’UBI- Credito Bergamasco e Valtellinese…credo che stia per Unione Banche Italiane…pensa se si confondono al Ministero…
Marzo 28th, 2013 at 12:47 pm
>Ier sera passeggiavo per Lecco son passato di fronte all’UBI- Credito Bergamasco e Valtellinese… pensa se si confondono al Ministero…
questa è deliziosa!
Marzo 28th, 2013 at 1:28 pm
Part 1: Uhè Ambreus sa voren cusè dì Buddisti? Dac un oech te che ta parlet Milanes…per mì in rop da terunì. Sà l’è cus’è ul Dharma?
Part 2: Miiii c’hanno accreditato 1 milione di euro dalla Valtellina!!!! Potenza del Dharma, sia ringraziato il Buddha Avolokitesvara!!!! Possiamo aprire una padoga in Val Brembana!!!
Marzo 28th, 2013 at 1:37 pm
@63
Sinceramente non ricordo il post, ma il plurinick era divertente (mi consentiva maggiore libertà d’espressione)
aa ha parlato a mio favore, però mi difendo da solo.
Dunque, cosa c’entra la bibliografia? Se dovessi citarti, ad es, tutte le sentenze e massime che ho consultato non basterebbero 666 battute! Come si fa?
Prepotente ammè? Ti perdono solo perché la tua è deformazione professionale. Corregger tesi di studenti che vogliono fregarti deve essere un incubo. Io non sono uno studente, e se posto qualcosa non lo faccio per l’applauso del pubblico – che non paga – ma per dare un contributo COMPETENTE ( che significa sapere dove andare a prendere le “citazioni”) alla discussione. [Eppoi alcune intelligenze non vanno collettivizzate]
E no, caro aa, gli esseri umani mi fanno abbastanza schifo. Mi fanno perdere la flemma.
Marzo 28th, 2013 at 1:51 pm
@mym63 Vediamo se qualcuno parla a tuo favore.
Son fra quelli che apprezzano i commenti di hmsx perché mi danno spunti anche quando non li comprendo appieno.Non mi riguardano le eventuali motivazioni personali che lo spingono a tanta facondia. Da questo presupposto mi permetto di invitarlo a maggiore sobrietà. Un blog, per come lo capisco, è una forma di dialogo, non dovrebbe essere monopolizzato da un solo utente. E l’uso di plurinick (questa non la sapevo, carina!) è senz’altro scorretto, denota una volontà di tirare surrettiziamente le fila usurpando in parte il ruolo dell’amministratore. Se tu riducessi il numero e il ritmo dei tuoi interventi, usando più tempo e cura a ridire con parole tue invece che copiaincollare (esimendoti così anche dal dovere di dichiarare l’origine delle citazioni testuali) ne guadagneremmo tutti e circolerebbero più opinioni, imho.
Marzo 28th, 2013 at 2:12 pm
Concordo col reverendissimo. Però, per parlar forbito, se copi dei testi faccendoli passare per tuoi pigli per il c**o chi legge. Almeno le “virgolette”…
Marzo 28th, 2013 at 2:12 pm
@mym63: veramente sai chi sono? Mica sono così famoso! Avevo un altro nick? Proprio non me ne ricordo!
Grazie per il precedente benvenuto.
@jf55: va bene. Di solito non ti chiamo Rev. quando ti scrivo altrove e ignoravo l’etichetta del blog. Ma mi sembra coerente con le tue posizioni. Basta che qualche altro prete qui non pretenda altri “trattamenti” sennò non ci capisco più nulla.
Questa cosa poi rimanda al Dramma dei maestri e dei riconoscimenti, alle intese, agli ori e agli allori.
Proprio tu jf, altrove mi scrivevi che dobbiamo fare attenzione a non far pensare che facciamo la conventicola, la parrocchietta dei “buoni” e dei puri.
Però qui mi pare si abbia tutti la stessa posizione critica su questi temi, pur se con diverse sfumature; allora, mi domando, come ne usciamo?
@aa51: certo che la tua era una provocazione, e pure gradevole. Per me il problema non si pone, i mie soldi non li dò a nessuno se non c’è chiarezza e se non mi convince l’uso che ne verrà fatto.
Il problema però sono quelle migliaia di illusi che, plaudono all’Intesa dichiarando che finalmente daranno i loro denari al Buddhismo. Mamma mia!
Marzo 28th, 2013 at 4:30 pm
@adm72 Non vedo il nesso. Una cosa è ritenersi gli unici (insieme ai propri amici) che capiscono come stanno le cose e si comportano di conseguenza mentre tutti gli altri sono o in mala fede o cretini, altra cosa è riconoscere quando gli altri (fossero anche tutti gli altri) stanno commettendo errori, si incaponiscono a continuare a farne e dirlo a voce alta se necessario. Nella storia dello Zen giapponese, si è dato il caso che un solo monaco (uno!) si sia opposto all’appoggio spirituale e materiale fornito da tutti gli altri (tutti, a migliaia! compresi tanti Maestri Famosi anche qui da noi) all’espansionismo imperialista militare che ha fatto milioni di morti in Asia: lo hanno impiccato, per decenni non si poteva neppure nominarlo, salvo riabilitarlo due anni fa. Non c’è bisogno di ritenersi impeccabili per far notare agli altri quando sbagliano.
Marzo 28th, 2013 at 6:01 pm
@ 72: caro (speriamo…) adm, fu un errore. Ti chiedo scusa. Ti ho preso per un multinick. Ma ho qualche scusante: qui c’è UN UTENTE ISCRITTO, e non faccio nomi, che oltre a praticare a cascata il copincolla, evabbe’, per occupare più spazio usa vari pseudonimi su questo blog. E siccome il tuo post è arrivato in contemporanea con uno postato da uno dei nick di QUELL’UTENTE … incautamente ho fatto 2+2=3.
Il fatto che su questo blog “si abbia tutti la stessa posizione critica su questi temi” è per me un problema. È uno dei motivi che mi hanno impedito di bannare (sino ad ora) quel certo utente: qualche volta esprime un’opinione controcorrente, e senza copincollare.
Insomma, qui se vuoi un’opposizione te la devi curare 😛
A dire il vero c’era un’altra voce del dissenso, ma è sparita: Nelloooo! Dove sei?
Marzo 28th, 2013 at 6:27 pm
@mym74: pace fatta.
@jf73: certo, sono d’accordo, lo sai. Non mi sono spiegato bene, non volevo venire qui a muovere critiche ma a suggerire che forse, dopo averne parlato, bisognerebbe agire per contrastare gli altri che stanno commettendo errori.
Elaborare strategie, fornire alternative.
Marzo 28th, 2013 at 6:34 pm
@ 75: “bisognerebbe agire per contrastare gli altri che stanno commettendo errori. Elaborare strategie, fornire alternative”: socc…! (come dicono a Bulàgna).
Si potrebbe tagliargli le gomme della macchina… 😎
Marzo 28th, 2013 at 7:02 pm
E’ che per andare controcorrente nella Stella bisogna essere molto mainstream. Io ci ho provato a far la voce fuori dal coro ma dopo un pò mi sentivo falso.
Insomma se uno bazzica regolarmente un posto, vuol dir che ci si trova bene, o almeno benino….
Marzo 28th, 2013 at 7:09 pm
@ 77: “Io ci ho provato a far la voce fuori dal coro ma dopo un pò mi sentivo falso”: be’, almeno ci senti bene 😀
“E’ che per andare controcorrente nella Stella bisogna essere molto mainstream”: insomma bisogna andar contromano rispetto a quelli che vanno contromano.
Juanìn pet pet sigàla al fasìa l’aviatùr.
An mancansa d’la bensinna al pisava ‘ntel mutùr.
mds.
Marzo 28th, 2013 at 7:32 pm
oh basta con le scemenze in sanscrito, finalmente un po’ di sana saggezza celtica!
Marzo 28th, 2013 at 8:53 pm
@ 75: adm, non ti pare che tutto questo ovvero il post, la lettera di Jiso, i commenti… non sia già quello chiedi?
Non vi è solo un indicare quelli che, pare proprio, sono errori e pericoli futuri. Vi sono indicazioni, suggerimenti, speranze.
Come mai nessuno dell’UBI o che simpatizza per l’intesa, invece, non è ancora intervenuto?
Questo blog ha più di 100 ingressi singoli (magari solo per un momento) al giorno. 263 (totali) solo da FB. Possibile che nessuno di coloro che sono direttamente coinvolti con l’intesa l’abbia visto?
Temo che il problema sia un altro.
Spero proprio che qualcuno mi dia torto.
Marzo 28th, 2013 at 9:42 pm
Grazie jf, adesso capisco. Prima di prendermi una lunga pausa – non è che non abbia niente da fare e sia uno scioperato – volevo precisare che l’Intesa, nella sua ratio, è tanto bene, specie oggi che il cristianesimo è precipitato in una crisi epocale. Potrebbe, ad es., favorire e promuovere la figura di religiosi-non-confessori, magari coniugati, e dare nuova linfa al messaggio autentico del Vangelo (portare conforto agli ultimi della terra).
Sul perché in Europa non si possa avere una “spiritualità” diversa da quella cristiana è una di quelle questioni che rientrano nel novero del “sesso degli angeli” e che mi pregio di aver risolto. Ma non vorrei annoiare il pubblico con 3-4 fulgidi commenti dalla sintesi perfetta e taccio. 🙂
Secondo me molto dipende dal ruolo che avrà la Stella nelle persone di jf e mym. La questione, infatti, è stata ben inquadrata da Rossella @46: non è l’opportunità dell’Intesa a essere messa in discussione (ci mancherebbe altro!), ma il ruolo che sarà riconosciuto, o misconosciuto, in questo progetto di rinnovamento ai nostri amici.
Carissimi, in uno Paese in cui il cattolicesimo è stata religione di Stato fino all’altro ieri, il genere di buddismo che avete/abbiamo (?) in mente è troppo futuristico. L’Intesa è un passaggio necessario della storia, insidioso perché può generare cattive ambizioni personali, il c.d. “carrierismo”, cancro del Vaticano e foriero di disastri.
Marzo 29th, 2013 at 11:02 am
Caro mym @80, ho personalmente postato il link di questa pagina su due dei gruppi “buddhisti” di Facebook più numerosi (il maggiore 2492 iscritti).
In questi gruppi sono, tra l’altro, iscritti alcuni dei “notabili” del buddhismo italiano.
Solo in uno dei gruppi si è acceso uno scambio brevissimo fra due o tre persone.
Se ci mettiamo la mezza dozzina di intervenuti qui siamo ancora bassini per fare “quello che chiedo”.
Ma che chiedo? Mi riallaccio anche a quanto scrive HMSX @81.
Con li non sono proprio d’accordo. Non conosco direttamente mym, ma sò chi è e apprezzo quanto scrive. Conosco un pochino jf per il quale provo una considerevole stima.
Nonostante questo non vorrei che lui avesse un qualche “ruolo” in questo papocchio.
Intendiamoci jf, per il ruolo istituzionale che ricopre ma soprattutto per le sue qualità. è altamente stimato dall’establishment del “buddhismo ufficiale”.
Gli basterebbe dire una parola e credo con facilità entrerebbe in qualsiasi commissione o divverrebbe facilmente membro del C.D. U.B.I. (questo quasi lo tollererei per vedere si ci caccia fiuori da questa situazione).
Quello che invece io chiedo non è ne la mera contestazone ne tanto meno l’utilizzo del prestigio personale ma l’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno di “non stare al gioco” e magari, come ho accennato altrove a jf la determinazione attraverso un manifesto, una dichiarazione d voler agire distintamente da queste modalità.
Per intenderci e essere chiaro sulla mia posizione, benchè io sia un religioso di un centro aderente all’U.B.I, dico la mia sull’intesa.
Le intese sono leggi che ci omologano al Vaticano che ha il concordato. Sono leggi che forniscono alcuni cittadini di diritti lasciando comunque altri senza. Le realtà troppo piccole o disorganizzate non riusciranno ad averli questi diritti se non si farà una legge sulle libertà religiose che azzeri i privilegi di taluni a vantaggio di tutti.
Le differenze fra le realtà dentro l’U.B.I. e quelle fuori, rischiano di acuirsi, creando un Buddismo di serie A e uno di serie B, già ora molta gente si avvicina ai centri sincerandosi della sua affiliazione all’U.B.I. o meno.
Poi gli altri rischi, il potere, i soldi (tanti, troppi, immotivati), la politica e i politicanti.
Marzo 29th, 2013 at 11:27 am
Dai, jf, eddì ‘sta parola…! 🙂
@ 82: “l’establishment del buddhismo ufficiale” capperi, ma allora non so nulla. I nomi adm, per piacere, i nomi.
@ 81: ciao hmsx, questa cosa qui del “portare conforto agli ultimi” da un bushi come te non me l’aspettavo.
Il messaggio autentico del Vangelo è ben difficile da spiattellare.
Marzo 29th, 2013 at 11:41 am
@83: Eeeh, i nomi. I nomi si fanno nelle sedi idonee non certo su un forum pieno di anonimi.
M’hai preso proprio per un ingenuo?
Basti pensare che il nostro stimato amico và all’Assemblea U.B.I. si siede e parla autorevolmente senza che nessuno glielo impedisca. Mica è da tutti.
Poi magari non lo ascoltano ma questo è un’altro discorso!
Marzo 29th, 2013 at 11:44 am
@ 82: adm, sei molto ottimista, imho. In questo caso un intervento che nasca da uno spirito religioso può solo indicare quelli che sembrano essere errori ed evidenziare quelli che paiono essere pericoli. Ovvero rivolgersi alla parte spirituale, fuori dai giochi mondani, degli uomini e delle donne che sono direttamente coinvolti nel caso. Quando e se ci sarà spazio per una proposta concreta si potranno valutare proposte e iniziative. Come dici, occorre una legge sulla libertà religiosa che preveda l’abolizione delle intese compreso il finanziamento dello stato alle religioni “riconosciute”.
Per esempio si potrebbe usare il primo otto per mille per stipendiare uno stuolo di avvocati (che ne dici hmsx?) e di lobbisti che lavori a quello scopo. Un 8X1000 usato per la sua abolizione.
Marzo 29th, 2013 at 11:48 am
@ 84: aaaah! Parlavi di LUI, del reverendo!!! Qui si spara sul quartier generale, vai che ti seguo.
Dai, gli altri chi sono?
Marzo 29th, 2013 at 12:06 pm
L’Intesa è esplicitamente stipulata in attuazione del terzo comma dell’art.8 della Costituzione che recita: “I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze” (quel “loro” fa riferimento al comma 2, ovvero “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”). Se l’italiano e la logica hanno senso, l’UBI ha stipulato l’Intesa come “rappresentante” di una “confessione religiosa diversa dalla cattolica”, che si suppone sia il buddismo. All’UBI aderiscono attualmente 44 centri (di cui quasi due terzi “tibetani”), alcuni dei quali molto piccoli. Comunque, dato che per aderire all’UBI bisogna presentare uno statuto, dunque essere costituiti in associazione o fondazione, ciò significa che i membri dell’UBI sono i membri iscritti delle singole associazioni che ne fanno parte. Calcolando per sropositato eccesso cento membri iscritti per ogni centro, si arriva a 4.400 buddisti, che in un ulteriore eccesso di zelo arrotondo a 5.000. Wikipedia stima i buddisti in Italia a 160.000, arrotondiamo per difetto a 100.000. L’UBI, che ha il monopolio assoluto della rappresentanza del buddismo nei confronti dello Stato italiano, rappresenta dunque un buddista italiano su venti.
Questo problema discriminatorio dovrebbe essere sentito come la questione primaria da risolvere, preliminare alla analisi di qualunque altro problema tecnico, economico, burocratico. Eppure non solo non se ne sante mai parlare, ma non si riesce neppure a intavolare una conversazione in proposito con nessun responsabile né dell’UBI né dei singoli centri afferenti.
Marzo 29th, 2013 at 12:11 pm
“Eppure non solo non se ne sente mai parlare, ma non si riesce neppure a intavolare una conversazione in proposito con nessun responsabile né dell’UBI né dei singoli centri afferenti”.
Chissà perché…
Offro tre refoli di primavera (con ‘sti chiari di luna non è poco…) a chi sa spiegare perché.
Marzo 29th, 2013 at 12:18 pm
@ 87: senza voler contraddire l’establishment, non si sa mai…, secondo me il problema primario è che quel meccanismo che prevede le intese è errato e, in nuce, già discriminatorio. Il problema secondario sta nel perché coloro che decidono le sorti dell’UBI abbiano lottato tanti anni per avere l’intesa. La scarsa rappresentatività di chi ha stipulato l’intesa è la dimostrazione e il risultato dei due problemi che ne stanno a monte.
Marzo 29th, 2013 at 12:38 pm
Belìn, fijeux!
Sono venticinque anni che mym e il sottoscritto, tanto per fare due nomi, in tutte le sedi, ripetiamo cose tutto sommato ovvie, nello spirito che mym 85 descrive. Ma a parte generiche attestazioni di stima, non è mai stato possibile intavolare un confronto serio. La strategia dell’UBI in questi anni pare essere stata solo quella di far girare le ruote del carro, senza curarsi minimamente della direzione da prendere. Con effetti a volte paradossali. Un piccolo esempio: art. 5 dell’Intesa, “Assistenza spirituale”: il comma 1 e il comma 3 dicono chiaramente che all’assistenza spirituale durante il servizio militare, in ospedale, in casa di cura o di risposo, in carcere hanno diritto “gli appartenenti agli organismi rappresentati dall’UBI”, non i buddisti. Prima di ammalarmi, di finire all’ospizio, di compiere un reato da galera, devo iscrivermi a un centro UBI per avvalermi di un diritto costituzionale? E’ stato ampiamente discusso e ridiscusso almeno fra tutti i membri dei centri affiliati all’UBI il testo dell’Intesa? E’ stato passato al vaglio fine, come testo di politica religiosa, come espressione del dharma, o si è solo pensato a mettere in saccoccia un risultato come che sia? Dove sono i cantori del buddismo impegnato socialmente in questo frangente così profondamente sociale? Se non è impegno sociale questo, di che parlano?
Marzo 29th, 2013 at 12:45 pm
Capperi! Qui il quartier generale picchia duro.
Di che parlano?
Qualche volta “li” ho sentiti.
Da paura.
Volendo, tra “gli zen”, si può fare un tour…: ce ne sono elencati per parecchie pagine.
C’è anche chi ha organizzato una raccolta firme per sollecitare l’intesa.
Marzo 29th, 2013 at 1:15 pm
@90:”o si è solo pensato a mettere in saccoccia un risultato come che sia?”
Eh già!
Comunque, se si pensa all’U.B.I. come a un coacervo di profittatori si è fuori strada.
L’U.B.I. è fatta dai centri che ne fanno parte e dagli aderenti agli stessi. Personalmente mi viene in mente più qualcosa come “dilettanti allo sbaraglio”. Ma magari mi sbaglio.
Il peccato originale lo abbiamo anche noi, una comunità nata con finalità politiche.
Dell’assemblea U.B.I. in cui è stata presentata le lettera del post, l’unica relazione in rete è la seguente. Gustatevela.
http://sangha.posterous.com/assemblea-ubi-del-9-1032013
Marzo 29th, 2013 at 1:22 pm
Ringrazio per il benvenuto, sono un po’ frastornata… sarei una “plurinick”!? ma cos’è?
Frequento poco i blog e non pensavo di dovermi presentare, anche se vi leggo da tempo non sono mai intervenuta perché spesso trovo riflessioni che condivido e che avrei fatto anch’io, forse sarebbe meglio frequentare blog dove gli interventi siano meno in linea con il mio pensiero, in quel caso potrei dare (forse) contributi più significativi rischiando magari di essere insultata, ma per le buone cause bisogna rischiare! Questa volta a proposito dell’intesa mi sono unita al coro, l’argomento mi interessa particolarmente, e in uno slancio di entusiasmo…ho voluto partecipare al dialogo senza la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Anche se sono stata tacciata di incompetenza nel campo del diritto continuo ad auspicare che l’Italia possa un giorno diventare uno stato laico, d’altra parte se lo fosse già non potrei auspicarlo.
Marzo 29th, 2013 at 1:53 pm
Dio bonino il buddismo ufficiale…i maestri certificati…..si sta andando ammale. Dove andranno a finire, alla tassa sul Samadhi ed all’Enlightment Card, coi punti fragola modello Esselunga? Raggiungi i 10.000 punti ed avrai in premio il Samiaksambhodi ed una pentola antiaderente!
What a shame…torno al dolcetto Dogliani, alle partite a pallavolo con mia figlia ed allo Zazen fuorilegge. Tra un pò ci vorrà l’autorizzazione e l’apposito modulo anche per defecare, scusare la finezza
Marzo 29th, 2013 at 2:01 pm
@ 92: adm, come cerchiobottista hai un futuro… 😛
La relazione sull’assemblea di cui al tuo link è un pezzo da incorniciare, grazie. C’è tutto quel che serve sapere sull’UBI, le sue finalità, la sua cultura, la sua sensibilità, la sua capacità di recepire discorsi diversi, il suo interesse per i temi più profondi…
Pure l’ex deputato radicale, bell’esemplare: competente, informato…: “ha sottolineato il grande valore, anche simbolico, di quest’intesa, a cui si spera possa seguire una più generale “legge sulla libertà religiosa” che andrebbe così a regolare specificatamente tutte le realtà religiose oggi non riconosciute (o perché l’intesa non c’è, o perché non vi hanno potuto aderire) e che, di fatto, sono per lo Stato una semplice, qualsiasi associazione”, proprio quello che ci manca: una legge che irreggimenti tutti, anche quelli che non son riusciti a ingabbiare sino ad ora.
Marzo 29th, 2013 at 2:05 pm
@94: no no, non puoi fare zazen se non c’hai un maestro certificato MdC e giocare a pallavolo se non sei affiliato alla federazione. Il dolcetto va bene, è a norma.
Mi riconsolo pensando che è tutta una pantomima, ma bisogna farci da conto.
Zazen vive e lotta con noi!
Marzo 29th, 2013 at 3:04 pm
@95: mym, accetto volentieri, ma preferirei cerchiobuddhista.
Anni or sono, non ricordo con precisione chi, mi pare Andreotti, partecipò ad una assemblea relativa allo sport nazionale. Nel suo discorso disse qualcosa che suonava più o meno così: “Lo Stato non si è occupato abbastanza di voi” poi aggiunse “direi per fortuna”.
Poi lo stato cominciò e l’utopia del dilettantismo sportivo divenne sempre più solo nominale.
Avverrà così anche per le religioni? Penso proprio di si. Nesuno zazen se non in terra consacrata e dopo aver pagato la giusta tassa.
Questo avverrà comunque solo finchè le religioni cercheranno di essere accreditate dallo Stato.
Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore.
Marzo 29th, 2013 at 4:20 pm
@ 97: “Questo avverrà comunque solo finché le religioni cercheranno di essere accreditate dallo Stato. Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore”: sono d’accordo un bel po’ un bel po’! Ritiro senz’altro il cerchiobottista e volentieri ti vedo come cerchiobuddista. In fatto di religioni le leggi servono, a far sì che ogni religione possa svilupparsi in pace.
Poi ci sono altre leggi, ma valgono per tutti, che stabiliscono che cosa è vietato e che cosa no.
Marzo 29th, 2013 at 5:28 pm
@ 96: “maestro certificato MdC”, questo mi manca (si fa per dire…), che cos’è? 🙁
Marzo 29th, 2013 at 6:20 pm
La relazione dell’assemblea UBI cui ho partecipato come ospite praticamente autoinvitato (@92) è davvero esemplare. Se persino chi fa parte dell’UBI parla dell’UBI medesima come fossero “loro” e non “noi”, una sorta di controparte da sfruttare per gli interessi della propria bottega e da ignorare quando gli interessi non collimano, e non un terreno di incontro, che unione del piffero è? Inoltre il resoconto è faziosamente tendenzioso, sembra che il relatore abbia udito solo quel che voleva sentire e riferito solo quel che voleva qualcuno (il Maestro?) sentisse. Non ho preso appunti, ma ricordo bene che Mariangela Falà ha insistito sulla responsabilità nuova che compete all’UBI con l’Intesa, anche verso i buddisti non membri dell’UBI, il valdese Naso ha spiegato accuratamente i motivi religiosi per cui i valdesi non usano i soldi dell’otto per mille per il culto, io non ho mai parlato a nome di una fortunatamente inesistente Organizzazione Soto europea ma a titolo personale e come rappresentante dell’istituzione Soto Zen cui fanno riferimento tutti i preti Soto Zen italiani per fregiarsi dei documenti di legittimità che esibiscono. Ho parlato per alcuni minuti, invitando a far tesoro dell’occasione per ripensare la questione dalla base, ad assumersi la responsabilità di rappresentati unici del buddismo di fronte allo Stato, pur essendo in realtà rappresentanti di una minoranza, a cogliere l’occasione per “fare qualcosa di buddista”, ho invitato tutti a lavorare insieme al fine di rendere il buddismo italiano sia sempre meno clericale e sempre più laico. Il radicale mi è parso di quelli che non fanno rimpiangere che non vi siano più rappresentanti di quel peraltro nobile e glorioso partito in questo parlamento. La lettera che si trova all’inizio di questo bolg è stata poi distribuita ai presenti. Concordo in pieno con @98
Marzo 29th, 2013 at 7:09 pm
Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore…consiglio la visione del film “la Vendetta dei Sith” di G.Lucas, molto pertinente al tema in discussione. I Jedi vanno a catafascio non tanto perchè Il Signore Oscuro li frega, ma perchè sono intrallazzati fino al collo con la politica.
Marzo 29th, 2013 at 7:11 pm
Yoda è un maneggione democristiano. Infatti se ci fate caso somiglia ad Andreotti,
Marzo 29th, 2013 at 8:34 pm
Ecco, lungi da me l’intenzione di censura. Mi basta il desiderio. Però, quando si scrivono cose … goliardiche? un commento per volta penso sia abbasta.
Marzo 29th, 2013 at 11:55 pm
Veramente era semiserio, comunue Ok
Marzo 30th, 2013 at 12:06 am
Non è che sottovaluti l’importanza del tema in discussione, tutt’altro, ma mi pare si sia as un punto morto. Sulla diagnosi mi sembra ci sia un accordo generale, mentre quanto al che fare, sembra di capire che non si possa far nulla. Per cui o si piange oppure,,,
Marzo 30th, 2013 at 1:42 pm
Ho una domanda per jf o per chi abbia voglia di rispondere a ragion veduta: come è regolato negli altri paesi occidentali, come ad es. la Francia, il rapporto stato-religioni?
Marzo 30th, 2013 at 7:52 pm
Certo, anche io concordo con mym @98. Aggiungerei che le leggi devono servire “solo” a far sì che ogni religione possa svilupparsi in pace.
@99:MdC=Ministro di Culto
@100:jf, chiaramente ciascuno interpreta le cose secondo il proprio punto di vista. Lo “scollamento” fra l’U.B.I. e i suoi membri credo sia dovuto alla scarsa partecipazione dell’organizzazione (leggi C.D.) a eventi organizzati dai proprio associati. Una dinamica analoga al classico serpente che si morde la coda.
Leggo volentieri le considerazini che riporti del Vice Presidente Maria Angela Falà che, come dici tu “ha insistito sulla responsabilità nuova che compete all’UBI con l’Intesa, anche verso i buddisti non membri dell’UBI.”.
Questo stride però con quanto riportato nella relazione che cito @92 in cui è scritto: “Chi rappresenta l’UBI: per noi rappresenta solo gli aderenti; non si è deciso ma la maggioranza è di questo avviso”.
Che impressione hai avuto tu jf riguardo a questo tema? C’è stata una votazione? Dichiarazioni a parte le due citate?
Marzo 30th, 2013 at 8:13 pm
Buona Pasqua, non ostante tutto.
Fosse il mondo la consolazione del vivere
non vi potrebbero essere auguri.
Ma: non di solo pane…
Per questo è possibile, scambiarsi gli auguri,
pur nel mondo. mym
Marzo 30th, 2013 at 8:40 pm
E’ un bel pensiero, grazie Mym. Buona pasqua
Marzo 30th, 2013 at 8:47 pm
Grazie adm 107: ministro di culto, accipicchia!
Marzo 31st, 2013 at 10:25 am
@ 105: “quanto al che fare, sembra di capire che non si possa far nulla” forse ti è sfuggito che si è già fatto tutto. O quantomeno la base.
Al punto che si può, addirittura, tirar le fila di una conclusione: a seconda di qual è il loro intimo interesse, di che cosa cercano e di che cosa vogliono, coloro che si avvicineranno (e che si sono avvicinati) al buddismo potranno scegliere.
Una cosa non è un’altra.
Marzo 31st, 2013 at 4:44 pm
Ciao, doc @106. La questione è complessa, e varia da Stato a Stato: si va dal riconoscimento di una religione di Stato (ormai un’eccezione in Europa – vedi Inghilterra e Grecia) all’affermazione costituzionale della separazione totale far Stato e religioni (Francia). In Francia il principio di laicità vige dal 1905 (legge di abrogazione del concordato del 1801) tranne che nella regione Alsazia-Mosella dove invece è in vigore un concordato con la Chiesa cattolica. Lo Stato francese riconosce costituzionalmente egual diritto di espressione e manifestazione del culto a qualunque forma religiosa ma almeno in teoria non ne privilegia nessuna. Le cosiddette singole confessioni si organizzano come meglio credono e possono accreditare singoli ministri di culto che possono accedere a un servizio pensionistico (pagando i previsti contributi, il che ha aperto un dibattito perché spesso non ne vale la pena in un Paese dove il welfare state è efficiente per cui conviene la pensione sociale) svolgere funzioni di culto, visitare malati e carcerati ecc… Le pratiche per il riconoscimento da parte dello Stato (per esempio dell’UBF – Union Bouddhiste Française) equivalgono più o meno a quelle per il riconoscimento della personalità giuridica per enti morali senza fini di lucro, in vigore anche in Italia. Non esiste niente di simile all’otto per mille. In quasi tutti gli altri paesi europei vigono forme “concordatarie”. Bisogna tener conto che in genere i cosiddetti concordati sono stati strumenti legali per superare la situazione di religione di Stato (cattolica, luterana, riformata a vari titoli, ortodossa) che vigeva in tutti gli Stati Nazionali europei. Una curiosità: oggigiorno, nel mondo, quanto a religioni di Stato, dopo l’islam che guida con gran distacco la classifica, la religione di Stato più diffusa è il buddismo (Bhoutan, Myan mar, Cambogia, Sri Lanka, Thailandia, Tibet – in esilio – Kalmucchia) che batte nettamente per quantità cattolicesimo, ortodossia e chiese riformate varie.
Marzo 31st, 2013 at 4:56 pm
adm @107 L’impressione che ho avuto è di un gruppo di persone prive non dico di una visione comune, ma persino della volontà di provare a iniziare a discutere della possibilità dell’elaborazione di un pensiero comune. Ognuno pensa al proprio recinto, in un parossismo di quella che Panikkar chiama “microdossia”. Non so se ci sono state votazioni perché la mia presenza è stata appena tollerata e mi hanno fatto molto chiaramente capire che non potevo partecipare alla discussione del direttori dei Centri né assistere alle votazioni: cosicché fatto il mio discorsetto (e ho dovuto praticamente imporlo) e lasciata la lettera da mettere agli atti e far circolare, me ne sono andato senza rimpianti né rimorsi.
Sottoscrivo @ mym 111: il fattibile è stato fatto, chi vuole informarsi ha strumenti, chi vuole operare scelte ha una vasta gamma.
Marzo 31st, 2013 at 5:39 pm
Ciao jf, benturnat. Penso che la frammentazione che hai percepito sia nella ratio stessa di un’unione che non s’aveva da fare. Come hai detto altrove, il buddismo è e resta un fatto individuale, personale.
Però per motivi ormai noti e spesso non di carattere religioso, si sono formate conventicole e gruppi chiusi. Che, per potersi unire ad altri o anche solo per avere un pensiero comune, dovrebbero rinunciare al “pensiero unico” che li fa esistere. Ovvero autodistruggersi o tornare all’origine de uno=uno, come s’usa dire ora. L’unico motivo che hanno (avevano) di stare assieme in quella forma detta UBI, imho, è che l’unione fa la forza, la forza per trattare con lo stato. Ora la trattativa è terminata. La forza -e quindi l’unione- non servono più. Ciononostante sono obbligati a stare assieme, altrimenti va tutto in malora.
Classico pasticcio all’italiana.
Marzo 31st, 2013 at 7:35 pm
Ciao jf, grazie della panoramica.
In ambito ‘buddista’, in Francia, ci sono altre associazioni riconosciute oltre alla UBF?
Marzo 31st, 2013 at 7:53 pm
@111 Una cosa non è un’altra
Concordo, ma per indicarle si usa lo stesso termine (buddismo) così come ci si riferisce ad una comune tradizione, e questo produce fraintendimenti e difficoltà di comunicazione. Mi viene in mente la distinzione che fa Bergson tra religione statica legata alle istituzioni, a credenze stabili con le quali proteggersi dalle paure e fornire speranze consolatorie; e religione dinamica – dei mistici – propensa alla valorizzazione della creatività personale, questa seconda tipologia di esperienza religiosa mi sembra che sia non solo rara ma anche non riconosciuta come tale, spesso dequalificata come arbitrio personale.
Marzo 31st, 2013 at 7:57 pm
@ 116: quindi “a seconda di qual è il loro intimo interesse, di che cosa cercano e di che cosa vogliono, coloro che si avvicineranno (e che si sono avvicinati) al buddismo potranno scegliere (cfr. 111)”.
Perché una cosa non è un’altra.
Anche quando si usa lo stesso termine.
Marzo 31st, 2013 at 8:02 pm
@ 111: non mi è sfuggito, infatti a mio parere le due cose veramente necessarie sono la possibilità di accedere liberamente alle informazioni e di condividere le esperienze, e per entrambe il sito della Stella è più che sufficente. Mi fa specie però che un gruppetto di persone che arriva si e non al 3 % del totale chiede di rappresentare tutta una religione presso lo stato e gli venga riconosciuto.
Marzo 31st, 2013 at 8:46 pm
Se non ci fosse stata un’esperienza come quella della Stella, non mi sarebbe stato possibile iniziare seriamente (vabbhè diciamo con un minimo di serietà) la pratica. Da una parte non sopporto l’autoritarismo, anche in forma mascherata o “microdossica”, dall’altra degli strumenti di lavoro ed una possibilità di confronto sono pur necessari.
Aprile 1st, 2013 at 9:21 am
@ 119: la stella non esiste. Ma è bene non si sappia in giro.
Altrimenti ci fanno sparire.
E pazienza.
Aprile 1st, 2013 at 10:44 am
@120: o almeno non esiste solo la stella, ma questo è bene che si sappia in giro.
Buona pasquetta a tutti.
Aprile 1st, 2013 at 10:57 am
@ 121. Questa volta dissento vigorosamente: la stella non esiste per davvero. E questo, buono o cattivo che sia, non è imitabile. Soprattutto da chi, magari onorevolmente, esiste.
Quando dico “è bene non si sappia in giro” intendo: se chi è abituato all’esistenza dei cosiddetti “Centri” (una volta qualcuno mi chiese: ma tu non apri centri? Risposi: piuttosto mi faccio male alle parti basse. Non capì) si rende conto di ciò, magari finisce per ignorarci (i.e.: ci fa scomparire). E, a volte, questo è un peccato, un’occasione persa che -forse- non si ripresenterà più.
Passano balestrucci, già da una settimana, ma niente rondini
Aprile 1st, 2013 at 11:16 am
Un giorno qualcuno mi spiegherà a cosa servono i “centri”. Personalmente, ho avuto occasione di fare Zz in compagnia, e non ho trovato differenza alcuna rispetto a farlo “de per mì”. Inoltre secondo me è necessario, oltre che-francamente-piacevole, che la pratica sia un’abitudine quotidiana che si consolida, ed andare tutti giorni in un “centro” mi sembra molto poco pratico.
Certo, conoscere personalmente vis-a-vis, un’altro praticante, magari esperto, ha il suo perchè. Per me è stato molto bello scoprire com’era di persona il Rev. Lup. Mannar. Forzani, data la sua non esibizione di non contrassegni, la simpatia, l’umanità, la cultura, lo humor ecc ecc…
Propongo Jf come non direttore supremo di tutti i non centri 😉
Aprile 1st, 2013 at 11:34 am
aa sei ‘na mosca. E pazienza.
Il fatto è che non… ci prendi. Quel che fai, così, è già fare conventicola, fare i centri.
Noi che…
Lui, dei nostri, che…
Io, che conosco/frequento LUI, mica come voi…
ecc.ecc.
Siamo tutti, te compreso, direttori supremi.
E peui, lassa sté col povr’òm…!
Aprile 1st, 2013 at 11:43 am
Ma sì uno=uno d’accordo. Mica l’ho detto io che Zazen vive e lotta con NOI…noi chi? gli altri chessono, in loro non ci lotta?
Se parlo encomiasticamente della Stella, è soprattutto per l’uso secondo me intelligente del web, che secondo me rende superflue molte altre cose
Aprile 1st, 2013 at 11:53 am
@ 125. Massì, una bella chiamata di correo ogni tanto ci può stare… 😛
L’avevo lasciata passare in @ 96. Avevo il dubbio fosse lo scherzoso riecheggiare di un vecchio slogan. Ma non si sa mai: meglio sparargli, poi… Dio riconoscerà i suoi, se vuole.
L’uso intelligente del veb, quello sì che è da rimarcare 😛 😛 😛
Aprile 1st, 2013 at 12:01 pm
A me invece mi aveva fatto pensare a “Che la Forza sia con te giovane Skywalker”; è per quello che poi m’ero lanciato sull’ardito richiamo a Star Wars, che non voleva essere una goliardata…ciascuno ha i miti che si merita I guess…
Aprile 1st, 2013 at 12:14 pm
Ma sete carini.
aa @125: Se io dico “Zazen vive e lotta con noi” vengo preso sul serio. Boh?
E le vostre posizioni sulla Stella che esiste e non esiste che sfociano nella conventicola io però ve le passo per buone.
Sulla questione centri da @122 fino @125.
Io dissento del dissentire. A parte che ognuno fà quel che gli pare, se vuole andare/fare un centro è libero di farselo senza che ci sia moralismo anarcoide a sfotterlo. Mi sembrerebbe un atteggiamento un pò presuntuoso ma concordo con mym @124.
Poi c’è da dire che non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda (si può dire?).
Imho uno dei problemi del buddhismo italiano è proprio la deriva “saccentella”, ciascuno nei propri centri o non centri (e via tutte le possibilità immaginabili) si crede il detentore del Vero Dharma, del vero Zen. Lascia passare questo messaggio ai frequentatori, agli amici e non scende a confrontarsi all’esterno per paura che le proprie tesi possano essere confutate.
Come risultato abbiamo microidentità elitarie che non dialogano (e questo sarebbe già il meno) ma che confliggono quando si incontrano.
Insomma, lo Zen in occidente è arrivato per centri, comunità e associazioni (cfr.Wikipedia “La Stella del Mattino”) e non si può non tenerne conto.
Guardate che di “stellini” ne ho incontrati negli anni e mi pare tutti belli orgogliosi della loro identita “vacua identità”ergo…
Altrove, mi si chiedevano i nomi. Ora io chiedo, le alternative?
Aprile 1st, 2013 at 12:27 pm
Certe proposte @aa123 le fai a tua zia. A scanso di equivoci.
Il buddismo è roba per solitari, si può anche trovarsi insieme, ma solitari si resta anche in compagnia. Fra solitari non ci sono gerarchie, primazie, direttori e diretti: tutti diversamente uguali. I cosiddetti centri sono costituzionalmente centri per cuori solitari, ovvero per persone che si sentono sole e in qualche modo vogliono smettere di sentirsi sole, non fosse che per convincersi l’un l’altro che si sta facedno la cosa giusta, procedendo in sulla via ecc… Quello che nasce come uno strumento diviene immediatamente un fine. Prova a dire a una persona che ti racconta le pene di “tenere un centro” (ce n’è a bizzeffe) “bene, chiudilo”: ti guarda come se bestemmiassi, come fossi il diavolo.
@doc 115 Sì, ci sono, conosco per esempio un associazione molto grande, con tempio, centro culturale, biblioteca ecc… che si chiama Tenrikyo, affiliata all’omonima organizzazione buddista giapponese, riconosciuta come associazione francese e non aderente all’UBF. Inoltre ci sono associazioni membri dell’UBF che sono anche riconosciute in proprio. Non credo che essere membro dell’UBF sia privilegi speciali. l’ufficio europeo cui afferisco è organizzato come associazione francese senza fini di lucro (non ha personalità giuridica) è membro dell’UBF ma devo dire che frequentiamo poco: ci mandano un sacco di resoconti, verbali di assemblee, inviti a iniziative, ma non ci siamo mai fatti vedere: i giapponesi non sono minimamente interessati, e io… 🙂
Aprile 1st, 2013 at 12:34 pm
@ 128 capperi che filippica. Peperoncino a colazione? 🙂
Però alcune cose è ben chiarirle.
-“E le vostre posizioni sulla Stella che esiste e non esiste che sfociano nella conventicola io però ve le passo per buone” se così fosse -e mi piacerebbe capire che cosa fai passare- faresti male, imho.
-Se “ognuno fà quel che gli pare” be’ checc’è di male se qualcuno sfotte ‘nu poco?
-È già la seconda volta che esprimi il concetto “Poi c’è da dire che non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda” ammesso che sia come dici 😀 dove mai qualcuno ha detto/espresso una cosa simile su questo blog? Se me lo indichi gli facciamo tottò.
-“Guardate che di “stellini” ne ho incontrati negli anni e mi pare tutti belli orgogliosi della loro identita “vacua identità”ergo…” temo si tratti di … come si dice quando uno le spara grosse? Forse si trattava di sedicenti stellini. Non scherzo, lo ribadisco perché pare necessario: non esiste la stella né tantomeno gli stellini. I nomi, mannaggia, i nomi! 😡
– Alternative a cosa? Alla non stella o ai centri?
– Evito di commentare “e non scende a confrontarsi all’esterno per paura che le proprie tesi possano essere confutate” perché mi pare nei fatti che non riguardi questo blog. O no? Conosci qualche Centro dove i … referenti (giusto il tempo necessario di scrivere queste righe poi: puf!) si mettono in gioco così?
Finalmente qualcuno che dissente.
Se … insisti ti passiamo un vitalizio 😛
PS: è vero, la stella esiste come associazione (cfr. wiki). Ci sono molte ragioni per cui è stata fatta questa scelta. In assenza di queste ragioni (legali, amministrative, tecniche) non ci sarebbe associazione. Hai mai incontrato qualcuno che facesse parte (ovvero: fosse un associato) della associazione “Stella del Mattino, comunità buddista zen italiana”, a parte i fondatori? Più numerosi i dissociati.
Occorre farsene una ragione: la stella non esiste.
Aprile 1st, 2013 at 12:54 pm
@ 129: scherzavo, scherzavo, non t’inkakkiare…vade retro Satana, ho capito, ma non è il caso
Io non ho mai detto che chi va ad un centro è un mentecatto, ci mancherebbe, ho detto che difficilmente ci si può andare tutti i giorni, per cui alla fine non mi sembrano così fondamentali.
Aprile 1st, 2013 at 12:55 pm
@ 130: però insisto scusa: il sito web serve. Niente sito web (o similari, s’intende) niente opzione B
Aprile 1st, 2013 at 4:27 pm
@ 132: aa bisogna sempre spiegarti tutto… L’opzione B, in realtà è l’opzione C, infatti il sito veb è uno schermo, serve di copertura alla vera opzione. Nota solo agli stellini, per diventare i quali occorre far parte dell’associazione, in modo da essere, poi, accettati nella stella. Come ci si associa all’associazione? Per una volta ti dirò la verità (non dovrebbe farmi male…): non lo so.
Aprile 1st, 2013 at 8:40 pm
ola! ma non vi fermate neanche a Pasqua?? noi abbiamo visitato il Centro di Roma (il centro storico, non quello buddista! vero è che in mezzo c’è un immenso Foro vuoto, quindi un po’ buddista lo è).
a margine della discussione, a mo’ di sintesi, viene bene citare la frase ‘storica’ pronunciata dalla moglièra in Via dei Fori imperiali: “Non ho visto l’uomo invisibile…”
Aprile 1st, 2013 at 9:51 pm
@130 ma no, non dissento (niente vitalizio perciò), anzi da ora anche io non faccio parte della Stella. C’è da pagare una quota o basta la fedeltà alla linea?
Buonanotte a tutti.
Aprile 2nd, 2013 at 8:58 am
@ 134: ciao dhr, buone vacanze, a te e signora.
@ 135: adm sei un’anguilla… 🙂 Però una cosetta, almeno, potresti dirla: quando riaffermi che “non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda” lo dici per… dovere di parte 😀 o hai qualche esempio, una persona un Centro per cui si possa, baldanzosamente, affermare quanto sopra?
In questo blog (anche se a volte non sembra) cerchiamo di parlare seriamente, così finché è possibile ascoltiamo seriamente.
Aprile 2nd, 2013 at 9:03 am
@ 135: pagare la quota facilita SEMPRE le cose… 😎
Aprile 2nd, 2013 at 10:16 am
Io la butto là (tanto una più una meno): non è che il modello più funzionale in circolazione in Italia è quello della meditazione vipassana – tradizione Theravada? Non lo conosco direttamente ma mi sembrano “avanti” come approccio. C’è sempre da imparare dagli anziani…
Aprile 2nd, 2013 at 10:31 am
@ 138: aa sei la disperazione degli stellati.
Funzionale a cosa?
Aprile 2nd, 2013 at 10:46 am
E’ un esempio di diffusione in occidente senza bisogno di centri, non “cultuale”, nel quale la figura del “maestro” esiste ma, mi pare, non nel senso di “direttore o guida spirituale”
Funzionale alle necessità dello stile di vita occidentale. Discutibile in se stesso ma di fatto imprescindibile.
Aprile 2nd, 2013 at 10:55 am
@ 140: sì, lo so è tutta brava gente. Per favore, prima leggi questa poi ne riparliamo.
Aprile 2nd, 2013 at 10:57 am
Funzionale anche a rendere disponibile il succo senza doverci aggiungere l’inessenziale. Che mi sembra il centro della questione IMHO
Aprile 2nd, 2013 at 10:57 am
Grazie
Aprile 2nd, 2013 at 10:59 am
142 @: linguaggio intenzionale all’anno zero. Come entrare in bagno col trattore.
Aprile 2nd, 2013 at 11:04 am
@aa140: di imprescindibile… ci sono solo le glosse di jf
adieu
Aprile 2nd, 2013 at 11:19 am
Linguaggio intenzionale involontario….come l’uomo invisibile che non sa di esserlo
Aprile 2nd, 2013 at 11:27 am
@ 146: diobonino aa, ci sarebbe una cosa risolutiva per uno come te. Mai sentito parlare del pentolone pieno d’acqua sino all’orlo?
Aprile 2nd, 2013 at 11:37 am
@136: MYM, Prego “anguilla cerchiobuddhista”, così la mia identità “stellina” và definendosi. Come nome da Giovane Marmotta mi piace pure, posso cambiare il nick?
Il punto è che cerco di mitigare alcuni post magari un po’ aspri, poi, difficilmente troverai che mi trincero su qualche posizione. Anzi, sono incline, quando si parla seriamente, a cambiare idea.
Detto questo, per risponderti @130, certo “merda” l’ho usato io; mi rendo conto, un po’ forte, ma rileggendo i commenti e pure facendo un giro sul blog, qua e là qualche posizione virtuosa scappa, e a volte si esplicita nella contestazione e disapprovazione delle altre modalità. Magari è una mia idea, ma pure rileggendo, non cambia. Se vuoi parliamone.
Comunque no, nessun dovere di parte e neppure baldanza nell’affermare che esistono realtà “virtuose” che rigettano le gerarchie stantie, se ne fregano della politica e non coltivano attaccamento per soldi e onori.
La statistica verosimile accennata da jf ci dice che esiste una maggioranza buddista “sommersa” di cui non si parla mai.
Inutile fare nomi, che a volte manco esistono, per la gioia di qualcuno, ma ecco cosa mi è capitato fra i piedi in tempi recenti:
-Gruppi di giovani e studenti che praticano regolarmente assieme senza qualsivoglia gerarchia, nome o associazione, in un paio di casi affittano casolari per fare ritiri più volte all’anno, in un caso il locale in campagna è messo a disposizione gratuitamente da uno dei praticanti e viene usato a turno per ritiri individuali (cfr. @138).
-Studenti o monaci (de noantri) Zen che si emancipano dai padri padroni e dai modelli neo-confuciani proponendo la pratica e lo studio dello Zen a un livello “orizzontale” con liturgie ridotte al minimo e poco o niente nippo-esotismo.
-Derivazioni di scuole orientali o americane che già da tempo hanno abbandonato o accantonato le forme autoritarie precedenti e che svolgono un’intensa attività sociale.
Una piccola nota. Dagli U.S.A. ci arrivano cronache di scandali in relazione a centri buddisti e insegnanti; è pur vero che lo scandalo fa più notizia della banale normalità e in America esiste un gran numero di realtà oneste che hanno superato da tempo i difetti di cui stiamo trattando. Esistono tanto per fare un esempio, realtà come la First Zen Institute of America rette unicamente da “studenti senior” che gestiscono uno dei centri più vecchi d’America e periodicamente invitano insegnanti dal Giappone senza che essi si possano “accasare”.
Certo per questi esempi citati esistono altrettante realtà che hanno deviato parecchio o che hanno riprodotto surrettiziamente modelli che, riproposti in Occidente non possono che apparire palesemente grotteschi.
Ciò non toglie che ci sia qualcuno che “ci prova”.
Aprile 2nd, 2013 at 11:39 am
Quale pentolone, quello della serie televisiva “Kung-Fu”?
Aprile 2nd, 2013 at 11:52 am
@ 148: ah, uh, certo: qualcuno checceprova cestassempre… Ma l’UBI con tutto ciò checciazzecca? Esiste o no il fulgido esempio che la riscatti dalla tua coprolalica excusatio?
Aprile 2nd, 2013 at 12:09 pm
@150: Che c’entra l’U.B.I.?
Qui stiamo diffusamente parlando del buddhismo italiano (e d’Occidente) e l’U.B.I. e l’Intesa centrano nella misura in cui i buddhisti italiani (fra i quali quelli citati da me) si aspetteranno qualcosa dall’U.B.I. (e viceversa).
A meno che non ci sia una alternativa.
Non fare il furbo mym, non mi porterai a dire che io sono meglio di te.
Qual’è il tuo nock da stellina?
Aprile 2nd, 2013 at 12:27 pm
Non ci fossi tu, vali @145, a capirmi e a ingentilire questa rozza compagnia… come l’angelica lady che sfiorando di quando in quando con l’eterea veste la gravosa pietra del tempo, ne svela l’inconsistente natura – basta aver pazienza 🙂
Aprile 2nd, 2013 at 12:43 pm
@ 151: “Qui stiamo diffusamente parlando del buddhismo italiano (e d’Occidente) e l’U.B.I. e l’Intesa centrano nella misura in cui i buddhisti italiani (fra i quali quelli citati da me) si aspetteranno qualcosa dall’U.B.I. (e viceversa)” non è così: il post è sull’intesa il resto (della frase) è tutta farina del tuo sacco. Come pure è farina del tuo sacco la frase di excusatio riguardo all’UBI, e non riguardo agli americani o dei buddisti d’occidente “che si aspettano qualcosa dall’UBI”. Chissà che cosa si possono aspettare.
Riguardo a chi sia meglio (o al dire chi sia meglio) tra te e me lascio a te la scelta, essendo, di nuovo, farina del tuo sacco.
Assumersi la responsabilità di quello che si scrive/dice … chissà, magari è proprio questo che si aspettano i “buddisti occidentali”.
Ooooh!
Cloppiti cloppiti cloppiti…
Aprile 2nd, 2013 at 12:54 pm
@153:
Il post è sull’intesa, i commenti no!
Pure se fosse, non mi pare d’essere così O.T., questo genere di richiami all’ordine smorza qualunque dialettica.
Ma se credi sia giusto così taccio.
Riguardo a chi sia meglio, la faccina e le allusioni su “dovere di parte” e “baldanza” @136 la dicono lunga sull’origine della farina del mio sacco.
Ebbene si, l’ho rubata dal tuo.
Aprile 2nd, 2013 at 2:40 pm
@ 123 Ciao aa, in ritardo, ma volevo riprendere il fatto che fare zz in compagnia o da soli sia equivalente. Non dico che una cosa sia migliore o peggiore dell’ altra ma sicuramente non è la ‘stessa cosa’.
Quando si è in compagnia la campana non suona quando vuoi tu e ciò non è affatto indifferente. Magari scopri anche che la postura che ritenevi essere il tuo massimo possibile può essere un po’ ‘migliorata’. Se frequenti un dojo con regolarità hai la possibilità di confrontarti con la normale vita di chi segue questa strada… e altro..
Le due modalità ( da soli e in compagnia ) non credo siano alternative una all’ altra, anzi credo si sostengano a vicenda…
Poi è chiaro che ognuno fa ciò che può o che crede sia migliore per lui, però la differenza ( nel bene e nel male )credo proprio che ci sia.. ciao
Aprile 2nd, 2013 at 3:13 pm
Una cosa da rimarcare, voi che lavorate sul pezzo, sarebbe che l’Ubi deve trovare il modo di non certificare, non deve farsi garante di un certa esperienza religiosa. Forse come presupposto a tutto ci si dovrebbe mettere daccordo su quale (non so come dirla diversamente) forma di “fare” si vuole sostenere economicamente nel buddismo, … liturgia o impegno sociale, o in che proporzioni entrambi? Sarebbe molto più semplice all’atto pratico se si rinunciasse alla parte destinata alla liturgia. Restando in casa “soto”, voi che c’eravate all’assemblea @92, la posizione di jf e dell’abate di Fudenji non sottintendono due percorsi diversi se non divergenti? Almeno dal resoconto si potrebbe immaginare una cosa simile …
Aprile 2nd, 2013 at 3:58 pm
Buogiorno Massimo @156, mi sa che alla fatidica assemblea ero presente solo io fra i dotti interloquenti di questo post, dunque tocca a me risponderti. “La posizione di jf e dell’abate di Fudenji non sottintendono due percorsi diversi se non divergenti?” E’ molto più semplice: sottintendono e presuppongono due posizioni che non hanno niente in comune perché guardano e vedono cose del tutto differenti. L’abate di Fudenji ha un’intenzione chiara e un progetto strutturato, ovvero mira alla costituzione di un clero buddista (zen) a struttura gerarchica, detentore di un potere liturgico-sacramentale, che si fonderebbe su una “teologia cultuale buddista” (ri)costruita ad hoc: questo disegno è evidente ed esplicito e solo gli ingenui o i pigri possono imputargli fumosità e cripticità nell’enunciarlo. Io non ho alcun disegno, intenzione, progetto: mi sono limitato nell’occasione ad augurare al buddismo italiano del futuro una robusta dose di laicità che lo vaccini dalla deriva clericale che constato ovunque in Europa anche grazie al lavoro che svolgo attualmente. E’ stato questo richiamo alla laicità a stimolare la critica del rev. Guareschi, che si è detto in radicale dissenso e ha definito la laicità una forma di dittatura.
Aprile 2nd, 2013 at 4:04 pm
@ 154, ciao adm: ti abbraccerei, era dai tempi di Nello che non “avevamo” uno come te (ça va sans dire è un “come te” pleonastico: siamo tutti diversi…) nel blog. La linearità dei tuoi argomenti, oserei dire l’onestà intellettuale dei tuoi ragionamenti, mi hanno basìto. Però, da qualche parte, mi è rimasto un paio di dubbi a prop del tuo @ 151: ‘sti buddisti italiani, che cosa aspetteranno dall’UBI? E, ancor più: che cosa mai potrà aspettarsi l’UBI dai buddisti italiani? Almeno come pretesa/intenzione, non sono la stessa cosa?
L’intreccio s’infittisce…
Aprile 2nd, 2013 at 4:20 pm
@ 155: ciao Marta. Sono d’accordo, sedersi da soli o in compagnia non è la stessa cosa. Il @ 123 di aa era eccentrico, paradossale. Il ragazzo è fatto così… Penso che il problema sia da sempre parte delle preoccupazioni dei praticanti se nel più antico (o uno dei più antichi) sutta, il Suttanipata, troviamo (riassumo): associarsi a buoni amici che pratichino con diligenza e ci stimolino con l’esempio è la cosa migliore. In assenza di quel tipo di buoni amici: meglio soli.
Quando mi siedo da solo non uso la campana: lo zazen termina quando suona la sveglia, ma si può fare anche aspettando che si spenga l’incenso.
Una cosa vorrei puntualizzare: troppo spesso le persone che frequentano un dojo, un centro dove si siedono una due volte a settimana, lo fanno un poco (un poco!) come andare alla messa della domenica: il resto della settimana pratica cristiana nisba. Invece, salva la funzione del sedersi in compagnia, occorre sedersi (anche da soli) tutti gli altri giorni. Altrimenti è proprio come andare alla messa della domenica lasciando al nisba gli altri giorni.
Aprile 2nd, 2013 at 4:21 pm
Beh stando alla visione del Gaureschi (è parente?) è ovvio cosa bisogna finanziare: tutta quella roba ha bisogno di danè, per fare i templi e dar da mangiare al clero zen e famiglia. L’opzione B di quattrini ne abbisogna molto meno, se non quasi zero.
Però l’opzione B non è quella della vipassana/theravada…lavoro interessante la tesi, il problema mi pare è che in quella forma lì mancano slancio etico e tensione mistica, e che forse si sottovaluta la portata di dhukka riducendola “solo” a disagio psicologico. Il rischio è di diventare roba da centro benessere e palestra, come lo atha yoga
Una religione senza culto ma che sia ancora religione, senza struttura, organigramma e gerarchie, senza clero ne testi sacri, ma che non si riduca a mera tecnica e non si mercifichi (mistificandosi). E’ uno stretto pertugio…
Aprile 2nd, 2013 at 4:26 pm
@ 160: “Però l’opzione B non è quella della vipassana/theravada” aa per favore parla di ciò che conosci. Prima di usare ancora il termine Theravada, per piacere, passa una settimanella qui.
Aprile 2nd, 2013 at 6:30 pm
@157 Grazie, jf! … forse a questo punto l’intesa può essere solo un contratto, perchè assolve alla funzione di erogare denaro ad un clero, o meglio alla parte identificata dall’ubi come tale. Rileggendo @87 e @90 … riguardo la funzione dell’Ubi, la migliore definizione di quest’ultima credo sia il nodo cruciale. Sono convinto sia dura venirne a capo, forse impossibile, visto che non ascoltano voci “esterne” … le mie sono solo opinioni chiaro…
Si dovrebbe poi trovare un modo alternativo per farsi trovare da chi cerca, a me personalmente piacerebbe molto che tutte le posizioni avessero visibilità. Credo che ci siano persone che non si sentano libere in certi tipi di impostazione; avessi dovuto “subire” una “gerarchia clericale” non sarei qui a romper le OO, almeno credo. Non ho molta esperienza, ma – se posso dire – forse ogni “maestro” ha il suo “pubblico”. Poi si cambia.
Aprile 2nd, 2013 at 6:44 pm
Ciao marta @155, a parer mio far zazen da solo/sola e far zazen in compagnia non sono la stessa cosa ma non per i motivi che dici tu. Non c’entra niente la campana, io pure da solo uso una sveglia e dunque il tempo è stabilito dal tempo stabilito, non dal mio capriccio. Il controllo “esterno” della posizione seduta alla lunga è una “laccia” (ergo, una fregatura) si può essere seduti come statue impeccabili e dormire come ghiri o pensare ai cavoli propri tutto il tempo. Lo scambio di vedute, di opinioni, di amichevoli conversari con le persone con cui ci si siede in compagnia possono essere ottime cose, ma non hanno direttamente a che fare con lo zazen. Zazen è una pratica solitaria, che si può fare da soli, che si può fare sedendosi insieme ad altri. La differenza, se devo esprimerla, è che nello zazen “in compagnia” c’è, oltre allo zazen di ciascun singolo, anche lo zazen dell’insieme. Ma non so esattamente cosa voglia dire.
Aprile 2nd, 2013 at 6:47 pm
@ 162, è importante che ci siano vari tipi di minestra. Altrimenti non esiste scelta.
Chi cerca trova, non temere.
Non solo: è il cercare che genera il percorso per cui se … non si mettono gli annunci sul giornale è anche meglio.
E non si tratta di enduro o prove mistiche.
Aprile 2nd, 2013 at 7:03 pm
Si hai ragione io mi riferisco a questo “…Il secondo tipo di approccio occidentale alla samatha-vipassana è quello secolare, che segue la via della ricerca scientifica e della rielaborazione psicologica della pratica a scopi curativi. In entrambi i casi, il razionalismo dell’atteggiamento scientifico trova corrispondenze nei caratteri antidogmatici,
esperienziali e diretti all’osservazione della mente” che conosco anche se non dettagliatamente, perchè so come viene inserito nei modelli di Beck e Guidano della piscoterapia cognitiva. Ma è giusto non chiamarla Theravada.
Sono un pò eccentrico ma non fino al punto della piena sanità mentale.
Aprile 2nd, 2013 at 7:44 pm
“..E’ stato questo richiamo alla laicità a stimolare la critica del rev. Guareschi, che si è detto in radicale dissenso e ha definito la laicità una forma di dittatura.”. Si potrebbe sorridere del novello Bertone, io non ci riesco: la “banalità del male” supporta il fanatismo che tanta sofferenza ha portato nella storia.
Aprile 2nd, 2013 at 7:45 pm
@ 165: m’hai fatto prendere uno spavento… qui bisogna essere “non-qualcosa” magari pure “anti” se si vuole essere “in”.
Finché piace il gioco.
Aprile 2nd, 2013 at 7:50 pm
@ 166, ciao Dario, bentornato. Però, c’è una logica. Se tu immagini una sorta di potere clericale assoluto è evidente che un’apertura “alla pari” ai laici è una tale cessione di autorità da essere percepita come dittatura.
Aprile 2nd, 2013 at 8:09 pm
@ 168: E’ esattamente per la stessa ragione che il papato considera il “laicismo” una dittatura, teme di perdere il potere. Ma che senso a sostituire er Cupolone con la Grande Padoga? A quel punto lì conviene restar cattolici e far la fila al confessionale.
Sarà perchè sto sempre in mezzo a psicologi e pichiatri, pazienti stressati, sarà perchè ho fatto pure io la psi modello cognitivista, ma io son convinto che il pericolo maggiore per il buddismo west-side non sia tanto quello dell’autoritarismo ecclesiale, ma quello di essere “risucchiato” dall’ambito psicoterapico-sanitario, una Chiesa in vero assai più potente. Il che dipende a mio avviso da una sottovalutazione del problema di dukkha (anche una persona del tutto sana di cozza ce l’ha, anzi forse lo avverte più chiaramente come tale- non che ciò mi riguardi of course).
Aprile 2nd, 2013 at 8:10 pm
a senz’hacca che vergogna
Aprile 2nd, 2013 at 8:59 pm
Ritengo appunto che il “potere clericale assoluto” sia il problema,la logica perversa, non tanto(al momento)per la società (il buddismo in Italia non mi pare abbia potere a sufficienza)quanto per le persone che entrano nel “meccanismo”.
Il problema relativo a tali “maestri” mi pare “grave” soprattutto in quanto buddisti: potere, clericale e assoluto non mi sembrano parole espressive di “buone intenzioni”, anzi tutt’altro. Mi paiono la malattia..
Aprile 2nd, 2013 at 11:12 pm
Non capisco in che senso la laicità possa essere una forma di dittatura (cfr.@157).La mancanza di un clero depositario del sapere e di conseguenza del potere non dovrebbe portare all’opposto della dittatura? Democrazia forse?
Dittatura e democrazia sono termini del linguaggio politico che fanno riferimento a modi di organizzare il potere, usarli in questo ambito contiene l’ammissione implicita che l’ esperienza religiosa abbia a che fare con la gestione del potere, come si vede in tanti Centri dove ci si occupa più della pratica degli altri che della propria.
Aprile 3rd, 2013 at 9:04 am
@ 169: traaanquil, il buddismo non corre pericoli.
@ 171: questo è uno dei problemi nei quali un intervento legislativo potrebbe -se fatto senza mire di interferenza indebita- avere senso. Per es. in Francia vi è un elenco nel quale vengono listate quelle organizzazioni (denominate “sette”, con forte senso negativo) all’interno delle quali si siano sviluppati episodi (certificati tramite denuncia, processo, condanna) di malversazioni, maltrattamenti, violenza, circonvenzioni ecc. L’appartenenza a tale elenco non è “per sempre”: dopo un tot di anni senza aver originato problemi si può chiedere di essere depennati. L’appartenenza a tale elenco implica l’esclusione da varie facilitazioni normative e amministrative. Inoltre, essendo consultabile, permette ai cittadini di avere un warning.
In ogni caso il problema non si può eliminare, già ne parlammo: per alcuni l’adesione ad un gruppo o a un Centro (non sai quanto non mi piaccia questo nome…) è il tentativo di soluzione di un problema pre-buddista, a volte la soluzione di quel problema passa anche attraverso la dipendenza e la sottomissione.
Aprile 3rd, 2013 at 9:50 am
Infatti infatti, il problema non è certificare i centri o i maestri ma far si che se ci sono abusi emergano e siano noti. Ma non mi sembra un lavoro da UBI o similari ma da magistratura.
Volevo lanciare l’idea dei non centri dove ci si raduna per non fare zazen (unica condizione per il tesseramento: non fare zazen solo all’interno del centro certificato ed abilitato, dove uno va il meno possibile), ma poi l’ho accantonata, troppo paradossale…
Aprile 3rd, 2013 at 10:01 am
@158: mym, che fai mi lusinghi?
Ti rispondo:
>‘sti buddisti italiani, che cosa aspetteranno dall’UBI?
-essere rappresentati e tutelati.
>E, ancor più: che cosa mai potrà aspettarsi l’UBI dai buddisti italiani?
-i soldini dell’otto per mille.
@165: aa, a me era chiaro quello che intendevi e uno dei frutti di questo tipo di approccio e anche quello che citavo @148.
Su laicità & potere clericale.
Il potere clericale nel buddismo si è retto per secoli sulla presunzione del Sangha religioso di essere depositario di un sapere che oggi è accessibile ai più.
Soprattutto in Occidente questa storiella andava bene fino a una ventina di anni fa, quando per conoscere qualcosa bisognava aspettare le agognate fotocopie del libro spedite dall’amico torinese che era stato a Londra e se l’era comprato. Ora non è più così.
Non regge più manco il fascino dell’esotico se uno vuole il nobile Okesa viola, se lo compra a pochi euro sul noto sito d’aste on line e dintorni. Tempo fa mi pare ci vendessero pure le satira dell’Onorato dal Mondo. 😯
Ognuno può farsi il suo corredino, scaricarsi un Sutra e farsi la sua scuola buddhista.
E a volte già accade.
Il punto quindi, non credo sia abbattere il potere clericale, che tanto verrà giù da solo, quanto fornire modelli diversi; ovvero, laddove oltre la forma c’è anche un po’ di sostanza (mica tanta eh), i religiosi dovrebbero farsi due calcoli e rimettersi in gioco prima di essere travolti dalla storia.
Problemi dei preti comunque come dice mym @173 l buddismo non corre pericoli.
Aprile 3rd, 2013 at 10:09 am
@ 175: ho sistemato la faccina: occorre lo spazio dopo il punto altrimenti non appare.
Finalmente andiamo d’accordo, come due piselli in un baccello… 😀
Aprile 3rd, 2013 at 1:20 pm
Un saluto a tutti. Dopo aver letto jf @87 ho cercato nel web una conferma del numero approssimativo dei buddhisti italiani, ma non sono riuscito a farmene un’idea precisa. Le cifre discordano parecchio. Ad esempio, alla voce di Wikipedia su “Buddhismo in Italia” troviamo scritto che il buddhismo italiano conterebbe “secondo i dati Cesnur pubblicati nel 2002 circa 74.000 credenti”. E poiché “secondo i dati forniti dalla Caritas” nel 2004 circa 50.000 immigrati erano di fede buddhista, si aggiunge che “questi dati potrebbero essere ampiamente sottostimati”. Inoltre la stessa voce ci informa subito dopo che l’U.B.I. “dichiara di raccogliere circa 70.000 membri (dei quali 50.000 cittadini italiani)” – una cifra ben diversa dai 5.000 membri calcolati da jf @87 -, mentre la Soka Gakkai “dichiara di raccogliere circa 33.000 aderenti”. Ora, non conosco su quali basi l’U.B.I. possa fare una simile dichiarazione (Wikipedia trae questi dati dal volume di Lionel Obadia, “Il buddhismo in Occidente”, Mulino, Bologna 2009, che non possiedo), ma trovo difficile fare statistiche con dei numeri così discordanti. So che in aprile è prevista l’uscita della nuova edizione aggiornata dell'”Enciclopedia delle religioni in Italia” curata dal Cesnur. Forse lì potremo trovare dati più attendibili.
Aprile 3rd, 2013 at 3:02 pm
Ciao Vice! se vai sul sito http://www.buddhismo.it/centri.asp leggi che l’Ubi conta “44 tra Centri e Fondazioni”, per cui 44*100 indica approssimativamente quanti tra i buddhisti frequentano centri che “condividono gli scopi statutari dell’UBI” (e che versano la quota d’iscrizione). Salvo miei errori ed omissioni.
Aprile 3rd, 2013 at 3:03 pm
Eh si, i numeri sono importanti. Un altro dato che a me è saltato all’occhio è che al’assemblea in questione “i centri rappresentati erano circa 30 su 44” (cfr relazione @92) quindi ne mancava ben oltre il 25%!!!
Tra l’altro, voci di corridoio (da confermare certo) e l’esperienza personale pregressa, mi fanno sospettare che alcuni centri potesserò essere presenti per delega, il che ridurrebbe ancor di più il numero di partecipanti a quella che doveva essere una delle assemblee più importanti per la storia di quest’ente.
Anche questi numeri dovrebbero farci riflettere, tra l’altro io questa della delega non l’ho ben capita.
L’U.B.I. è una federazione di Centri, e dai numeri che essa indica, sembra anche abbastanza consistente. Possibile che una quarantina di centri, con circa 70.000 iscritti totali, riescano ad esprimere solo poco meno di tre dozzine fra deleghe e delegati?
Aprile 3rd, 2013 at 3:13 pm
@159 163 Sono d’accordo con quanto dite.
Però cominciare a praticare lo zazen da soli ( come mi era sembrato di capire dall’intervento di aa )e continuare a farlo sempre e solo da soli( l’ho fatto anch’io per un tot di tempo), a mio parere, contiene alcuni rischi…
Diversa è la scelta di ‘continuare’ la pratica da soli dopo alcuni periodi di pratica insieme ad altri.
Certamente, campana o sveglia è la stessa cosa per chi ha ormai la consuetudine di ‘sedersi’. Ma, parlando in prima persona, quando comincio a sentire qualche ‘dolorino’ o quando mi sembra che nell’ ambito familiare ci sia bisogno della mia presenza, faccio ben fatica a ‘restare’ finchè suona la sveglia.
Come anche mi sembra piuttosto difficile riuscire a fare due sedute di zazen di 40 minuti a casa, per tutta una serie di ovvi motivi.
Parlo naturalmente di praticanti alle prime armi che trovano magari difficile il solo giustificare con i propri familiari il ‘senso’ di questa pratica ‘poco produttiva’.
Trovarsi a praticare con altre persone ( non parlo di centri organizzati con maestri certificati o quant’altro) consente di avere quel minimo di tranquillità ambientale in modo da dedicare quello spazio-tempo solo allo zazen.
Questo credo sia importante, fermo restando il discorso della pratica ‘per tutto il resto del tempo’della settimana.
Aprile 3rd, 2013 at 3:47 pm
@179 adm, ma 70000/40 fa 1750 iscritti a centro. Di media. Secondo me non può essere. L’Ubi – in quanto associazione, non per quello a cui si ispira – non credo che *numericamente* rappresenti molto “i buddhisti” ( e comunque ne esclude almeno un paio, insomma 🙂 ) . boh. Può essere che contino gli immigrati delle comunità asiatiche che li sostengono (i quali forse dell’Ubi sanno poco). Penso ad esempio al Santacittarama.
Aprile 3rd, 2013 at 4:13 pm
@181: dubito che i devoti del Santacittarama & analoghi (vedi neoentrati cinesi) siano regolarmente associati ai Centri, li frequentano come potremmo fare io e te (quei due no 😉 ).
Che fanno, se m’affaccio mi contano? E come fanno? Boh?
Le cifrone grosse sono sul sito U.B.I. però a dire il vero la formula è elegante ma può ingenerare confusione. Effettivamente non c’è scritto che nei Centri ci sono 50000 o 70000 praticanti, questa è una stima dei buddhisti italiani, che però finora non mi pare siano rappresentati dall’ente e allora perchè sono citati nella pagina che racconta l’ente? Ariboh?
Come se io dicessi che a volte pratico Zazen con dei buddhisti italiani che si stima siano 50000. Forte no?
http://www.buddhismo.it/ente.htm
Aprile 3rd, 2013 at 4:42 pm
@ 177: ciao Vice, bentornato. “ho cercato nel web una conferma del numero approssimativo dei buddhisti italiani, ma non sono riuscito a farmene un’idea precisa”: penso che sia un’ottima cosa (l’indeterminatezza del numero dei buddisti) addirittura un’indice di salute della “cosa”. E contemporaneamente il segno che nessun potere (clericale, politico ecc.) ha realmente potuto irreggimentare il fenomeno. Nelle scienze tradizionali (cfr. Guenon) contare il gregge, la popolazione è un forte atto di dominio, da un lato. Dall’altro essere contato è essere simbolicamente ucciso (cfr. Canetti, Guenon et alia). Comunque, a parte ciò, che può essere tranquillamente posto da parte, siccome non mi piacerebbe essere “contato” come buddista, tendo a pensare (mi auguro?) che sia così anche per altri.
Per questo penso sia bene lasciar perdere certi calcoli.
Aprile 3rd, 2013 at 4:51 pm
@ 180, un senso forte del “sedersi assieme” è quello di trainarsi l’un l’altro nei momenti di stanca e di poter usare un posto più adatto e più neutro della propria casa.
Continuare a star seduti quando ci si è accorti che il bimbo s’è svegliato, s’è alzato ed è entrato in cucina dove potrebbe tirarsi addosso la pentola dell’acqua per la pasta è un atto criminale. D’altro canto seguendo quella logica saremmo sempre lì ad alzarci per controllare. In casa è molto importante la scelta del momento. Per esempio, con flessibilità, quando il marito/moglie esce con il cane e il frugoletto, qualunque ora sia può essere il momento adatto per tirar fuori il cuscino… 😉
Praticare assiduamente zz a casa propria senza incrinare l’armonia famigliare è così difficile da essere un’ottima meta.
Aprile 3rd, 2013 at 6:16 pm
Nel ribadire che il discorso relativo a UBI, Intesa, conta dei “buddisti” et similia ha carattere di analisi politico-sociologica di un “fenomeno religioso” e non è un indice dello stato di salute religiosa del buddismo, come rileva mym @ 183, rispondo a Vice @177 per una precisazione. Ho scritto (@87) “All’UBI aderiscono attualmente 44 centri […] dato che per aderire all’UBI bisogna presentare uno statuto, dunque essere costituiti in associazione o fondazione, ciò significa che i membri dell’UBI sono i membri iscritti delle singole associazioni che ne fanno parte”. In Italia queste associazioni senza fine di lucro hanno per legge nell’assemblea generale il loro organo decisionale, AG che deve sempre per legge riunirsi almeno una volta l’anno con la presenza di almeno la metà più uno dei soci e deliberare a maggioranza assoluta. Trovo difficile credere che ogni associazione abbia una media di 1750 soci regolarmente iscritti e deliberanti. E’ ben possibile che centinaia di persone frequentino annualmente luoghi di pratica di grande capienza, ma queste frequentazioni più o meno occasionali non possono essere considerate membership del “Centro” iscritto all’UBI. Non ce ne frega niente del numero dei buddisti, ma a chi invece importa (UBI & C) è opportuno consigliare di non millantare e di non fare il gioco delle tre carte. Con pardon :-))
Aprile 3rd, 2013 at 7:55 pm
@ 184 probabilmente non sento così la necessità di un centro perchè m’imbosco in ospedale (pratica diffusissima). Facessi chessò l’impiegato avrei i miei bei problemi. Inoltre probabilmente avere a disposizione un luogo dove poter praticare con altri aiuta a persistere non solo nelle fasi di stanca, ma anche in quelle di difficoltà e dolore personali.
Aprile 3rd, 2013 at 8:01 pm
Un dei criteri che -mi dicono- è stato proposto per suddividere gli ipotetici milioni di euri che dovrebbero arrivare dall’otto per mille, è distribuirli ai Centri in base al numero degli associati.
E non dico altro.
Aprile 3rd, 2013 at 8:57 pm
E’ un criterio che tende ad incentivare i “falsi tesseramenti”. Chiunque potrebbe dire che ha un centro nel garage sottocasa, far associare amici, parenti e conoscenti vari e chieder quattrini allo stato.
Aprile 3rd, 2013 at 9:05 pm
Pensate che bello se invece l’otto per mille dei buddisti fosse devoluto interamente per una causa benefica, cheesò acquisto di farmaci contro l’AIDS in paesi poveri. Non sarebbe un’alta dimostrazione di religiosità? Si potrebbe fare una petizione on-line da inviare all’UBI. Se si arriva a 200.000 firme poi li voglio vedere. Pierinux sei all’ascolto?
Aprile 3rd, 2013 at 11:20 pm
mym @183: Grazie. Sì, hai perfettamente ragione ma io prosaicamente volavo molto più basso, su un piano politico-sociologico che è quello relativo all’Intesa, all’U.B.I. ecc., come precisato da jf in uno dei primi commenti (@3) e ribadito in uno degli ultimi (@185). E su questo piano i numeri purtroppo contano, se non altro perché “in democrazia la quantità non è un optional” (@3). Dire che i buddhisti in Italia sono 70.000 è diverso dal dire che sono 160.000, così come dire che l’U.B.I. ne raccoglie 5.000 è diverso dal dire che ne raccoglie 70.000.
Nel frattempo, però, leggendo gli articoli dell’Intesa fra U.B.I. e Stato italiano mi è venuta un’altra considerazione. In nessuna parte del documento mi sembra sia scritto che l’U.B.I. rappresenti tutti i buddhisti italiani, né che sia l’unica Intesa che gli appartenenti italiani al buddhismo possano stipulare con lo Stato. Tanto è vero che la Soka Gakkai ha avviato già da tempo il procedimento per stabilire una propria Intesa. Dunque come esistono Intese fra le varie confessioni cristiane, così è possibile che in futuro potranno esistere varie Intese con differenti comunità buddhiste. Sempre che – e io sono fra quelli che lo auspicano – lo Stato italiano non decida di abolire Patti Lateranensi e Intese.
Aprile 4th, 2013 at 10:54 am
@ 190, concordo sul fatto che quando si tratta di rappresentanza e -sullo sfondo- di quattrini, i numeri contano, sono dalle parti della sostanza.
La seconda parte del tuo post apre a molto interessanti considerazioni. Compresa quella per la quale nell’intesa vi sia una sorta di implicito riconoscimento dell’equazione UBI=buddisti tout court. Questo è riscontrabile, imho, in alcuni articoli: il comma 3 dell’Art. 4. (Assistenza spirituale), il comma 1 dell’Art. 11 (Modalita’ per il riconoscimento), il comma 2 dell’Art. 14 (Mutamenti degli enti religiosi) ecc.
Tuttavia penso che in punta di diritto quello che dici sia corretto: è possibile concordare con lo stato un numero indefinito di intese da parte dei buddhisti italiani. Se la cosa fosse accettata dallo stato e si trovasse un congruo numero di organizzazioni buddiste disposte a tanto, tutto ciò potrebbe far scoppiare contraddizioni tali da costringere la mano pubblica a modificare/abolire le intese. Basti pensare al fatto che i termini buddhista/buddista/ministro di culto buddista non potrebbero più essere appannaggio esclusivo di alcuna intesa particolare, creando contraddizioni e incomprensioni a non finire…
Potremmo fondare la VUBI, vera unione buddista (come avvenne in Giappone nel XIII secolo con la Jodo shinshu), a cui potrebbe rispondere una SVUBI, super vera… 😯
Aprile 4th, 2013 at 11:10 am
Si, fino all’Unione Buddista Minimalista (1=1), in cui ognuno rappresenta se stesso presso lo Stato, è ministro di culto e ha il suo centro autocertificato che si tiene l’8 per mille. Oppure si da ciascuno l’8 per mille e poi si distribuisce in parti uguali la somma, più fiscalmente democratico. Io lo dicevo già in @ 48, ma non mi capite 🙁
Aprile 4th, 2013 at 11:12 am
In un certo senso anche il singolo individuo è un’unione….
Aprile 4th, 2013 at 11:23 am
A volte vorrei uno scacciamosche digitale…
Il PC con l’hossu 😛 😛 😛
Aprile 4th, 2013 at 11:35 am
Tud!
Aprile 4th, 2013 at 11:48 am
Vero, la seconda parte di Vice @190 apre a interessanti considerazioni.
La prima è che l’U.B.I. c’ha messo venti anni per fare l’intesa e una eventuale altra organizzazione, questa volta osteggiata anche da buddhisti “concorrenti” ce ne metterà quaranta.
Non è facile ottenere le Intese (giusto) come non è facile entrare nell’U.B.I. (giusto?).
Ma qualsiasi azione imho dovrebbe andare contro qualsivoglia discriminazione e divisione.
Io propongo la F.A.U.B.I.S.I.. 😛
Federazione degli Amici dell’Unione Buddhista Italiana Senza Intesa.
Posa l’hossu mym 😉
Aprile 4th, 2013 at 12:25 pm
@ 191: c’è una grande differenza tra le diverse confessioni cristiane e le diverse comunità buddiste, perchè il buddismo-a differenza del cristianesimo-non è una religione corporativa e la grazia (la salvezza) non viene dall’esterno, quindi non dev’essere “dispensata” e neppure “si trasmette”, piuttosto penso si possa dire che la si scopre. Perciò, secondo me, non stiamo parlando solo di una questione amministrativa o politica. La parte finanziabile IMHO è il contenitore esterno, il veicolo, e più soldi ci metti più rendi difficile scartare il pacchetto.
Giuro non ho altro da aggiungere, questa è la mia sintesi della questione, quindi basta legnate….
Aprile 4th, 2013 at 12:51 pm
Posa (molla?) l’hossu non è male … 🙂
Aprile 4th, 2013 at 3:08 pm
@ 196: “l’U.B.I. c’ha messo venti anni per fare l’intesa e una eventuale altra organizzazione, questa volta osteggiata anche da buddhisti “concorrenti”…: ma perché mai altri buddisti in cerca di un’intesa con lo stato dovrebbero essere osteggiati da buddisti che quell’intesa già ce l’hanno? 😕
Aprile 4th, 2013 at 9:04 pm
pensierino n. 200: non a caso Intesa è una Banca
Aprile 5th, 2013 at 10:40 am
A prop di intese, non bancarie, sul sito dell’Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose vi è una messe di notizie notevole, tra l’altro anche su tutti i concordati stipulati dalla chiesa cattolica con i vari Paesi europei e non (ben 48), ed una analisi giuridica dell’intesa stato/UBI dove sono in evidenza le marcate differenze tra il testo proposto dall’UBI e quello poi approvato dal governo italiano. In questo caso la mano pubblica, imho, è stata certamente migliorativa.
Aprile 5th, 2013 at 12:15 pm
Interessante. Chissà perchè non è previsto lo stanziamento di fondi per chi traduce, commenta e rende disponibili i Sutra o i capolavori del Mahayana? Quello lì secondo me, se fatto bene, è sostenere la diffusione del buddismo. Siccome uno non ci fa gran soldi ed è un lavoro che richiede un’alta specializzazione, sarebbe giusto un sostegno economico IMHO
Aprile 5th, 2013 at 12:27 pm
condivido al 100% quanto afferma aa202
Aprile 5th, 2013 at 12:54 pm
Nel lavoro di traduzione e commento dei classici, salvo eccezioni, non c’è guadagno, ed è giusto così. Basterebbe garantire la sopravvivenza a chi vi si dedica.
Potrebbe essere interessante avere fondi per l’editoria di tali lavori, per finanziare corsi universitari o master nei quali si studi il buddismo, centri di ricerca (una traduzione complessa non nasce dal lavoro di un singolo, a parte eccezioni). Nei corsi che ho tenuto all’Uniurb ogni anno c’era almeno uno studente in grado di far faville se si fosse dedicato alla ricerca ed all’approfondimento. A parte pochi casi, mi son dovuto limitare alle pacche sulle spalle…
Non si vive di solo pane ma senza pane non si vive.
Aprile 5th, 2013 at 3:17 pm
Lo Stato, si sa, ritiene che con la cultura non si mangi (parole del 3monti), magari l’UBI è più illuminata…
Aprile 5th, 2013 at 3:34 pm
Comunque maneggiare e distribuire soldi pubblici quando c’è di mezzo la religione (anche se nel suo aspetto culturale) è molto difficile se non pericoloso. Non dovrebbero farlo mai, dico mai, preti monaci o assimilabili.
Un buddista zen ricco è possibile, ma solo per confermare la regola.
Aprile 5th, 2013 at 3:48 pm
Per questo suggerivo che il modo migliore di gestire l’otto per mille sarebbe devolverlo a terzi, per scopi umanitari. Se ci fosse la garanzia che l’UBI (o chiunque altro) fa questo, gli darei il mio pezzetto.
Per quanto riguarda la cultura sottolineerei il valore generale che essa ricopre per un paese; tutti gli italiani sono più ricchi se possono leggersi lo Zhuang-zi, mica solo i taoisti. Per ciò un investimento di soldi pubblici in questo settore sarebbe secondo me tollerabile.
Aprile 6th, 2013 at 11:32 am
Condivido completamente quanto esposto nella lettera da Jiso Forzani.
Bisogna aspirare continuamente a una rettitudine ben espressa con chiarezza in particolari enunciati del Genjokoan che avrei inserito nello statuto UB(I). Secondo me sarebbe stato sufficiente, a indicare le molteplici tradizioni, il termine “Unione Buddhista”. L’accezione “italiana” ha un portato controverso che si presta a molte distorsioni potenzialmente fuorvianti e non si può partire con premesse del genere…
Ovviamente, tutti i termini presentano qualche pericolo…potendo scegliere, sarebbe bene utilizzare quelli meno pesanti come portato.
Un gassho a Jiso per la misura e la chiarezza.
Nello
Aprile 6th, 2013 at 11:49 am
@ 208: ciao Nello, bentornato. Quasi non mento se dico che mi sei mancato? 😕
Se hai tempo, svp, accenni a che parti del Genjo avresti inserito nello statuto UB(I)?
Aprile 7th, 2013 at 2:40 am
Premesso che l’analisi giuridica di Silvia Angeletti è acuta ma non esaustiva, in punta di diritto la questione investe i rapporti tra l’UBI e le comunità buddiste che da essa non si sentono rappresentate. Solo in questo senso esistono motivi per impugnare l’Intesa. Per usare una formula del Legislatore “queste sono beghe tra buddisti!”. Ciò che rileva per la scienza del diritto è il riconoscimento giuridico nella Repubblica Italiana di una comunità religiosa non appartenente al ceppo giudaico-cristiano. Un fatto inedito nella storia del rapporto della religione con lo Stato.(*)
Ho sviluppato alcune osservazioni leggendo Wittgenstein, Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, Adelphi, Milano 1967, pag 11ss, dove si afferma:
– l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale;
– un certo caratteristico uso errato della nostra lingua percorre TUTTE le espressioni religiose.
Sperando di fare cosa gradita le espongo.
(Ciao Nello, ti rendo edotto che ho confutato in modo definitivo Severino; però lui è “professore di filosofia” e a me non mi danno una lira. Ebbene sì, anche l’etnologia giuridica e l’antropologia giuridica – eccellenze italiane – sono roba da “pacche sulle spalle”, o da avvocati sfaccendati).
(*) Temistocle Martinez è il padre dei costituzionalisti italiani, e “Diritto costituzionale” è un testo universitario per matricole.
Aprile 7th, 2013 at 2:43 am
«Ogni saggezza è stata pensata e bisogna solo pensarla di nuovo» – Goethe
Occorre ripensare il “paradosso”, ovvero il valore etico attribuito ad una esperienza particolare, che è poi l’esperienza per eccellenza, senza armeggiare con l’idea di “miracolo”. (Contra Wittgenstein, ibidem, p 16ss)
È vero che l’uomo è inadatto a esprimere il trascendente perché è inadatto a pensarlo. Assumendo un punto di vista pragmatico mi pare evidente che il sapere complesso del buddismo può essere trasmesso solo istituzionalizzandolo e promuovendo la figura del “buddista -impiegato” anche alla luce della posizione espressa più volte da mym. Il buddismo è per sua natura essoterico, fatto di metodo e di ragione e non di sentimento e misticismo.
L’uomo contemporaneo non va tanto per il sottile quando si tratta di raggiungere la “pace dell’anima” e servire l’istanza mondana, ovvero la “produttività”,la sua piccola felicità. Del “messaggio autentico” del Buddha sono rimaste – forse – solo le nuvole e le rughe del volto.
Oggi risulta velleitario pensare di praticare il buddismo “gratuitamente” passando dal lavoro al non-lavoro, fra produzione di reddito e analisi tecnica rivolte alle forme della conoscenza. Ecco l’abisso della praxis: “Che ne è del maestro zen se compare la sua figura professionale? È una forma di estinzione?” La mia analisi è che i sentimenti religiosi di massa sono messi in relazione con rapporti di forza sempre più sbilanciati a favore del capitale (rapporti di forza spinti al limite del dominio)
Aprile 7th, 2013 at 2:51 am
“Se assumo l’impossibilità materiale di soggettivarmi come maestro zen attraverso le modalità finora praticate, e contemporaneamente sottopongo tale impossibilità allo sguardo del pensiero critico, quali trasformazioni si stanno determinando, che tipo di soggetto sto diventando? Come dovrò vivere questa condizione che presenta come conto lo sconcerto del paradosso? Si esplicita una epoché radicale del soggetto che obbliga ad un ripensamento ipercritico dei bisogni di riconoscimento e identificazioni individuali lungo la linea orizzontale dell’intersoggettività” (…) (senza fonte)
“La Stella del Mattino è considerata una delle esperienze più importanti in Italia per il dialogo tra cristiani e buddhisti . Ed è stato uno dei pochi centri monastici interreligiosi nel mondo” [fonte wikipedia]
L’UBI avrebbe tutto l’interesse a cercare il dialogo con la comunità della Stella del Mattino, ciò darebbe maggior lustro all’Intesa, imho. (cfr. Silvia Angeletti L’Intesa tra lo Stato italiano e l’Unione Buddisti Italiani, p 2, n 1)
Aprile 7th, 2013 at 10:09 am
Nello non accettare provocazioni (cfr. @ 210), svp.
@ 210, ciao hmsx. “l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale”, concordo. L’interessante è spiegare (indagare?) il senso che ha qui “soprannaturale”.
@ 211, 1) “«Ogni saggezza è stata pensata e bisogna solo pensarla di nuovo»” per questo è stato coniato il termine prajnaparamita, per indicare “l’altra”. 2) “Assumendo un punto di vista pragmatico mi pare evidente che il sapere complesso del buddismo può essere trasmesso solo istituzionalizzandolo e promuovendo la figura del “buddista -impiegato” anche alla luce della posizione espressa più volte da mym”: se riesci a esprimere il concetto opposto (cfr. qui, a fondo pagina) forse posso provare ad essere d’accordo. 3) “Che ne è del maestro zen se compare la sua figura professionale? È una forma di estinzione?” sì, ammesso che si possa estinguere una chimera. 4) “La mia analisi è che i sentimenti religiosi di massa sono messi in relazione con rapporti di forza sempre più sbilanciati a favore del capitale (rapporti di forza spinti al limite del dominio)” mah, forse, in quale contesto?
@ 212: 1) “Se assumo l’impossibilità materiale […] la linea orizzontale dell’intersoggettività” preso da Come produrre aria fritta? 🙂 2) il punto 1 a p. 2 dell’Angeletti è incongruo con l’argomento “lustro all’intesa and the likes”. Penso comunque che se quelle fossero le premesse per un dialogo sull’intesa sarebbe difficile trovare interlocutori “targati” Stella.
Aprile 7th, 2013 at 11:32 am
“Il buddismo è per sua natura essoterico, fatto di metodo e di ragione e non di sentimento e misticismo”. Domanda:la fede nella libertà che sembra realizzarsi proprio come libertà nella fede non indica forse il confine, quella porta senza porta che mostra il limite di ogni s-piegabilità dell’esperienza nelle categorie della ragione?
“Del “messaggio autentico” del Buddha sono rimaste – forse – solo le nuvole e le rughe del volto”. Riflessione: anche il buddismo sembra fare i conti (come ogni religione)con il suo messaggio “autentico” http://leviedellasia.corriere.it/2013/04/01/se-anche-i-buddhisti-sono-cattivi/
Aprile 7th, 2013 at 11:51 am
@ 214, ciao Dario, interessante l’articolo. Un dato che in esso manca è che tutti i Paesi (con l’eccezione dell’India) in cui il buddismo è (o è stato) maggioritario o ampiamente presente sono Paesi in cui il sistema politico volge all’autoritario, per usare una metafora.
Aprile 7th, 2013 at 12:09 pm
@215MYM Infatti, anche questa questione da tempo mi fa riflettere: La democrazia è la migliore (o il male minore)forma di convivenza (tendenza al bene)che finora l’uomo ha costruito?
Se la mente-le menti sono (anche)ciò che pensano di essere come mai la democrazia si è sviluppata in prevalenza in occidente?
Quale contributo ha dato il buddismo al senso collettivo in quelle aree geografiche?
Aprile 7th, 2013 at 4:30 pm
@ mym, 213
“l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale” è per me una affermazione priva di senso. Wittgenstein argomenta ricorrendo al valore etico o assoluto, intendendolo come meraviglia e altre amenità. Il c.d. “soprannaturale”,cioè l’etica, è invece qualcosa di eminentemente naturale, anzi utilitario, – anche se a volte è utilitario per la specie non per l’individuo.
La modernità ci ha trasformato in eremiti di massa. L’internet è diventato il luogo romantico del tempo e dell’attesa. La “solidarietà biologica” resta problematica sullo sfondo perché implica una solidarietà attiva, non spirituale: è una etica che “non fa miracoli”!
In mancanza di stoccatine a Severino posso dirla così:
Come si spiega che al divenire “grande” dell’intelletto si è accoppiata una così violenta omologazione del pensiero critico? La via della liberazione è di certo una palingenesi da realizzare, non in una sola occasione, né in un’ora, ma in migliaia di occasioni, gradualmente; – una più potente dell’altra e attraverso i secoli.
La verticalità dell’ askesis è di ordine teoretico e promette in cambio il dono della verità: il buddismo correlato con gli altri. “L’essere umano è un sistema biologico inerziale che funziona ad Amore tendente ad evolvere attraverso la condivisione, l’espressione in comunione d’intenti di sé con se stesso, l’altro e la Realtà.( cfr. homosexual, 15 novembre 2010 alle 11:25 am, commento 36). È vero che lo zazen è pratica individuale, ma gli uomini hanno bisogno di conoscenza condivisa e liturgie: a che serve un buddismo irrelato?
Aprile 7th, 2013 at 4:33 pm
@ dario, 214
Elaboro le parole di Nietzsche di Al di là del bene e del male.
“Piuttosto dobbiamo chiarire a noi stessi da dove provenga quella fatale importanza attribuita alla storia dei sentimenti etici e religiosi giacché, sotto l’influsso di questi sentimenti, gli spinosissimi problemi della realtà sono divenuti così rilevanti e terribili. Sin dall’antichità si è fantasticato con temerarietà là dove nulla si poteva stabilire, e ora, riguardo alle cose ultime della religione, c’è bisogno non del sapere contro la fede, bensì dell’indifferenza verso la fede e il preteso sapere in quei in campi!
Permanga questa indeterminatezza su tutto ciò che è indagabile e accessibile alla ragione, si ridiventi BUONI VICINI DELLE COSE PROSSIME senza distogliere da esse lo sguardo”.
Per come la vedo io una “istitituzione buddista” è una specie di grande ospedale per poveri. Il discorso pubblico intorno alla religione può avere solo la funzione di palliativo psicologico.
Le religioni positive nascono con l’unico scopo di consolarci della fragilità dell’anima e a renderci saldi nelle nostre decisioni; chimeriche sono le pretese di eternità e i superstiziosi rimedi che promettono immortalità.
Aprile 7th, 2013 at 4:50 pm
@216
Secondo me la migliore forma di governo è l’aristocrazia o la teocrazia illuminata, che funzionano solo per piccole comunità umane. Nella società di massa non ci resta che la democrazia.
> come mai la democrazia si è sviluppata in prevalenza in occidente?
L’incantesimo livellatore dell’uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale.
Aprile 7th, 2013 at 6:04 pm
@ 217-8-9, se tu ne… sparassi una alla volta si potrebbe giocare, interloquire? Comunque: esiste etica in assenza di norma, indicazione, legge o enunciato pensabile. In questo senso è soprannaturale. Saltando alla fine di 219: “uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale” pare un buon motivo ma a meno di non considerare Occidente anche l’India, la cosa non regge. Buddismo e Jainismo -pur senza chiamare Dio nella partita- ben prima e ben meglio…
@ 216: L’influenza cinese, di cultura per nulla interessata ad un’uguaglianza orizzontale, ha lavorato molto, da molto e diffuso il suo verbo. Il caso della ierocrazia tibetana (di modello mongolo) per es. è semplicemente il sistema cinese applicato al rovescio: il potere religioso che assorbe il politico. In Occidente -generalmente parlando- il B. si è diffuso maggiormente in ambienti liberal per cui non solo ha (spesso) questo volto ma dimostra di non avere inclinazioni (politiche) di base.
Aprile 7th, 2013 at 6:48 pm
> ma a meno di non considerare Occidente anche l’India,
Giammai!
Nell’antico diritto indiano gli uomini non erano uguali davanti alla legge! Vigeva il principio di diseguaglianza.
Esclusa l’India, l’analogia con tra democrazia orientale e occidentale finisce con l’esperimento del Giappone; dove però la yakuza è legalmente riconosciuta nel ordinamento giuridico. (32 morti in dieci anni. Quando si dice la non violenza…)
A meno di non considerare yakuza anche la mafia italiana, l’idea regge eccome. Ad es., l’influenza cinese ha prodotto una intesa tra la malavita organizzata del dragone e la yakuza. Una pace armata, senza vittime, proprio per il riconoscimento un’uguaglianza orizzontale, ovvero il controllo del territorio.
Aprile 7th, 2013 at 6:59 pm
Non vale buttare la palla in tribuna…
Comunque se è la diseguaglianza tra uomo e donna ciò che determina la non democrazia, a parte il presente (e basterebbe), almeno considera che, qui, le donne hanno l’anima (e diritto di voto) dall’altro ieri…
Aprile 7th, 2013 at 6:59 pm
@219 Aristocrazia o teocrazia: de gustibus..personalmente sono per il male minore http://temi.repubblica.it/micromega-online/lumilta-della-democrazia-intervista-a-nadia-urbinati/
“L’incantesimo livellatore dell’uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale”: meno male che qualcosa di buono lo ha fatto anche l’occidente:-)
@MYM Quello che mi chiedevo (esprimendomi male) è se, forse, anche “l’etica anonima” (cito “la via libera”) mostra il suo limite nel “politico”. Almeno questo è il mio dubbio.
Aprile 7th, 2013 at 7:58 pm
@ 223: che la democrazia sia allo stato la forma di governo migliore penso sia indubitabile. Questo non significa sia perfetta.
L’espressione “etica anonima”, penso coniata dal mio pard Gennaro, indica una forma di assenza di discriminazione che non dovrebbe collidere con la democrazia. Intendendo con quest’ultima una forma di governo nel quale l’avvicendamento è possibile senza spargimento di sangue grazie ad un giudizio maggioritario.
Invece, una forma mentis nel quale la modifica del sociale è meno importante della rivoluzione interiore può favorire (o non contrastare) la presa e la conservazione del potere da parte di forze antidemocratiche. Ma è un derivato improprio del buddismo, seppure reale.
Aprile 8th, 2013 at 4:06 pm
Novità! Ho appena ricevuto, con preghiera di massima diffusione, il testo che segue con le posizione del Monastero Santacittarama di tradizione Theravada. Spero possa essere utile alla discussione.
Considerazioni su alcuni temi che appaiono controversi o non ancora sufficientemente definiti.
PREMESSA…
Qui è possibile scaricare il pdf con il testo integrale, dal titolo
Santacittarama e l’8×1000
Aprile 8th, 2013 at 6:25 pm
Grazie adm, certamente utile e importante. Ho linkato il commento a un pdf con il testo completo: all’interno di un commento era troppo lungo da gestire.
Aprile 8th, 2013 at 6:50 pm
Intanto sono arrivate anche in Italia le sacre reliquie del Buddha e di vari maestri: “Un evento straordinario e imperdibile che fa tappa a Milano, un’occasione unica per entrare in contatto con la spiritualità ed il fascino di una delle principali religioni d’Oriente”. Se accostate al corpo posso provocare guarigioni. Non so, però, se possono avere effetti collaterali.
Aprile 8th, 2013 at 7:01 pm
@ 225. A proposito del documento di Santacittarama: ad una letta veloce, a parte due punti 1)l’indelicato accenno alla simonia delle “ricche Chiese Evangeliste” e 2)una presunta “esigenza di creare una sede adeguata per l’UBI, con le infrastrutture minime necessarie per il suo corretto funzionamento -uffici, segreteria, materiali informativi, una biblioteca-, trasformandola in un moderno ed efficiente centro di informazioni inter-buddhiste” (cosa a cui, penso, dovrebbero provvedere gli iscritti), mi pare che molto del documento sia condivisibile. Interessante il richiamo all’incombere della Guardia di Finanza.
Essendo un documento redatto da un soggetto aderente all’UBI, che quindi ha condiviso la volontà di giungere all’intesa (e quindi della richiesta dell’8×1000), non ci si poteva attendere che negasse l’utilità complessiva dell’intesa chiedendone l’abolizione.
Aprile 9th, 2013 at 2:50 am
Comunque mi sbaglio o in molti punti è in accordo con la lettera aperta di jf? Può essere in fonso che ci sia il presupposto per qualcosa, no? Se non sono casi isolati
Aprile 9th, 2013 at 8:27 am
Chissà quante mandibole del Buddha ce stanno in giro per il mondo…
Il documento del Santacittarama individua due aree principali: cultura e media da un lato e opere di utilità sociale dall’altro. Sul primo fronte, a mio parere quello che propongono è molto simile al sito veb della Stella: consiglio di chiedere il 50% del malloppo. Sul secondo versante, la cosa più semplice, da vari punti di vista, non sarebbe “girare” direttamente i soldi a qualche organizzazione no profit, chiedendo solo di poterne verificare l’impiego? Sarebbe il modo migliore per far sì che la “mano destra non sappia ciò che fa la sinistra” ecc.
Aprile 9th, 2013 at 8:28 am
Ma non si dice Evangeliche? Mai sentito il termine Evangelista, tranne che per Giovanni..
Aprile 9th, 2013 at 9:30 am
La Costituzione italiana, a differenza di quella francese, non definisce espressamente “laica” la Repubblica democratica. La laicità effettiva si avrà solo dopo gli anni ’70 a seguito dei mutamenti sociali (leggi sul divorzio e sull’aborto), e con la “simbolica” esplicita abrogazione dell’art. 1 del Trattato che regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa (i famigerati patti lateranensi dove all’art. 1 si sanciva la religione cattolica come religione di Stato).
La laicità dello Stato italiano, così come la si intende oggi, è conquista recente e fu formulata solo nel 1989 con sentenza n203 da parte della Suprema Corte, dove, tra le altre cose, si ammette che lo Stato possa intervenire finanziariamente a favore delle confessioni religiose diverse da quella cattolica al fine di dare attuazione al principio di uguaglianza: tra i singoli, tra le confessioni, tra gli enti (artt. 3,8,20 Cost).- 142
La laicità del giudice delle leggi è però diversa dalla laicità tradizionale di stampo liberale. Inoltre la locuzione “confessione religiosa” non ha alcuna traduzione giuridica e fu usata per sostituire il termine “Chiesa”, per cui l’interprete, più di ieri, devi misurarsi con un problema di non facile soluzione, oltre che con l’imponderabilità dell’elemento sociologo.
(da Commentario alla Costituzione, vol I, Utet 2006)
Aprile 9th, 2013 at 9:36 am
La ricerca di una definizione di “religione” pone oggi problemi per il proliferare di nuovi “movimenti religiosi” (tipo Scientology) e per la progressiva perdita di connotati del religioso della società.
Per lo Stato italiano è religioso “ciò che si definisce da sé”, anche se sono stati posti dei limiti onde evitare irragionevoli e incontrollate autoqualificazioni delle associazioni, che, tuttavia, sul piano della dottrina del diritto, restano “criteri inafferrabili”.
In conclusione, la stipula dell’Intesa da parte delll’UBI costituisce l’esercizio di un diritto costituzionale e dà titolo a partecipare alla distribuzione degli interventi di finanziamento pubblico. Il problema riguarda l’assenza di un diritto-dovere all’Intesa, nonché la ”legittima rappresentanza” dell’UBI.
Il conflitto di rappresentanza si dovrebbe risolvere in seno alla confessione, non spetta allo Stato scegliersi la rappresentanza, né, tuttavia, lo Stato può stipulare più intese tra i buddisti così come è stato fatto con le altre confessioni religiose di matrice cristiana, anche se, testuale, “non si capisce perché” (la questione investe, ad es, anche la comunità mussulmana che non riesce a darsi un unica rappresentanza). Ciò lascia molto spazio all’arbitrio ed è causa di una libertà diseguale delle confessioni religiose. (ibidem)
Condivido in buona parte il documento del monastero di Santacittarama e credo che la Comunità della Stella del Mattino, per la sua storia, potrebbe dare dei contributi seri di indirizzo e programma circa, ad. es., l’attività editoriale: libri, pubblicazioni, etc. (La Stella in questo senso è una vera miniera). Ho il dubbio che sia un “dovere”, più del cittadino che del buddista, quello di cercare un dialogo con l’UBI (ferme le riserve circa ’utilità complessiva dell’intesa).
Aprile 9th, 2013 at 11:20 am
@ 234: perché lo stato non “può stipulare più intese tra (con?) i buddisti”?
Aprile 9th, 2013 at 12:24 pm
@225
‘Conclusioni:
…gestione del “bene comune buddhista”… Dovremo porre all’ordine del giorno – … – la definizione di questa Intesa che tutti considerano
un’opportunità …’
Dopo il linguaggio intenzionale, il linguaggio demagogico?!
Aprile 9th, 2013 at 1:42 pm
Refuso: “confessione religiosa” non ha alcuna TRADIZIONE giuridica (in luogo di traduzione).
> perché lo stato non “può stipulare più intese tra (con?) i buddisti”?
“non si capisce perché” è la risposta lapidaria del curatore de il Commentario alla Costituzione, vol I, Utet 2006, dopo complesso e articolato ragionamento.
> Dopo il linguaggio intenzionale, il linguaggio demagogico?!
Forse, oppure c’è sempre la neosofistica.
La gestione del “bene comune buddhista”, inteso come il patrimonio di conoscenza e tradizione, che non va mummificato ma messo al servizio della società italiana al fine di evolverla in senso religioso facendo del buddismo, ad es., una semiotica del cristianesimo (ma le possibilità sono infinite).
Aprile 9th, 2013 at 1:51 pm
@ 235: ciao, doc. Sì, va letto con attenzione quel documento. Per esempio all’inizio: “La destinazione del 8/1000 dell’IRPEF dei cittadini, alla comunità dei buddhisti italiani, sarà resa possibile a partire dall’anno prossimo (2014). Per sollecitare questa scelta, con gli argomenti giusti…” in primis l’UBI non è la comunità dei b. italiani, saltare così il problema della effettiva rappresentatività … manda cattivo odore. E poi la perla delle perle: “sollecitare questa scelta (ovvero la destinazione del’8×1000), con gli argomenti giusti”: una simile premessa rischia di inficiare tutto quel che viene dopo che appare essere un modo di … batter cassa con gli argomenti “gggiusti”.
Il discorso viene eticamente rovesciato: non più cercar di fare le cose bene per il bene in sé ma il bene al servizio della questua.
Siamo lontani dalla misura e dalla chiarezza del Nostro… (cfr. 208) 😎
Aprile 9th, 2013 at 2:00 pm
@ 236, cambio la domanda: chi (o dove si) asserisce che “lo stato non può stipulare più intese con i buddisti?”
Aprile 9th, 2013 at 2:18 pm
Una frase del documento (225) ritengo pienamente condivisibile:
‘Inoltre abbiamo la convinzione che il contributo proveniente dalla società italiana, a essa debba essere restituito, sotto forma di utilità pratica per i più svantaggiati’
Però avrei messo un punto dopo ‘restituito’, ed avrei cancellato il seguito.
Aprile 9th, 2013 at 3:14 pm
Capisco, a ‘sto punto pare inevitabile. Però se il contributo invece di farlo provenire glielo si lasciasse direttamente (alla società italiana) si eviterebbero tutti ‘sti problemi.
Certo però che, in quel caso, non ci sarebbero piccioli da spartire.
Aprile 9th, 2013 at 4:40 pm
Il problema dell’otto per mille potrebbe essere un falso problema. Va solo verificato se Intesa vuol dire necessariamente (ergo, per legge) obbligatorietà dell’accesso al finanziamento pubblico tramite la famosa finestrella sula dichiarazione dei redditi, modello Unico. Se tale obbligo non sussiste, basta una piccola modifica allo statuto dell’Ubi, un comma per dire che mai si accetterà qualsivoglia forma di finanziamento pubblico, una conseguente modifica all’Intesa e il problema non c’è più. Si tratta solo di dedicare un po’ di tempo e di denaro alle incombenze pratiche, ma il tutto sarebbe fattibile in pochi mesi. Se ci possono essere dubbi sull’opportunità di abolire ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti politici (e personalmente qualche dubbio ce l’ho) non vedo come si possa dubitare della necessità di evitare ogni forma di finanziamento pubblico alle “confessioni religiose”, specie nel caso del buddismo che ha nel proprio dna lo spirito della questua, ovvero della “non garanzia” e dell’imprevedibilità dei contributi per il sostentamento dei religiosi.
Aprile 9th, 2013 at 4:59 pm
Temo che non sia una questione di obbligatorietà ma di volontà. Ovvero: se l’intesa non avesse previsto l’8×1000 forse che tanto tempo ed energie sarebbero state spese a quello scopo?
Una volta de 8xmillizzata, visto che l’UBI ha rinunciato all’insegnamento nelle scuole, resta pochino: giusto i ministri di culto che vengano (vadano?) in carcere ad assistere i plotoni di buddisti carcerati.
Aprile 9th, 2013 at 5:49 pm
E’ sintomatico che l’UBI abbia rinunciato motu proprio a tutto ciò che poteva creare disturbo al potere consolidato della Chiesa Cattolica, in primis l’insegnamento del buddismo nelle scuole in alternativa a quello della religione cattolica e la celebrazione dei matrimoni con valore civile. Se da un lato il “matrimonio buddista” è un non sense, è pur vero che nei cosiddetti Paesi buddisti si celebrano a iosa matrimoni buddisti e la rivendicazione di celebrare matrimoni buddisti con valore civile come quelli cattolici, valdesi, ebraici… avrebbe potuto creare un bello sconquasso: perché non sostenere che se si dà un matrimonio buddista esso non prevede necessariamente l’eterogeneità sessuale dei partners, e dunque sotto a chi tocca, creando un interessante precedente normativo (matrimoni omosessuali celebrati con rito buddista e con valore civile in base all’Intesa?) Ma non turbare lo status quo (ovvero quanto di meno buddista ci sia) sembra essere una delle maggiori preoccupazioni della dirigenza UBI: i piccioli che saranno destinati ai buddisti non vanno a scapito della fetta di torta degli altri, ma solo dello Stato: e dunque, a tavola!
Aprile 9th, 2013 at 6:37 pm
Da quello che si dice qui, sembrerebbe che la nomina a mdc automaticamente permetta di celebrare matrimoni con efficacia civile, sbaglio?
Qui sembra che confermi. Ora la legge che prevedeva il riconoscimento del mdc dal ministero della giustizia (o dell’interno, come si dice al link precedente più attendibile) è superata dall’intesa.
Trovato, nel diritto di famiglia, qui, in fondo a p.11 (p.5 del pdf.): “Per coloro (mdc) che hanno stipulato intese il riconoscimento è previsto a condizione che l’atto sia trascritto nei registri civili, previa pubblicazione”.
Aprile 9th, 2013 at 7:33 pm
@ 238
cfr Casuscelli, “Le proposte d’ Intesa e l’ordinamento giuridico italiano”, p. 99-102, dove l’autore discute le tre diverse bozze d’Intesa con U.C.O.M., CO.RE.IS e A.M.I., associazioni a vario titolo rappresentanti della comunità islamica-mussulmana. A parere dell’autore nulla osta alla stipula di più intese se non vi è conflitto tra le rappresentanze che aspirano a rappresentare la medesima confessione [eppure il Parlamento tergiversa]
cit. in Commentario alla Costituzione, UTET 2006, pag. 207.
Aprile 9th, 2013 at 7:46 pm
@ 245. Grazie. Mi par di capire che è “il parlamento” che non ha ancora accettato l’idea che possano esservi più intese per la stessa fede religiosa. Interessante anche la pre-condizione affinché -secondo l’autore- vi possano essere intese plurime: “se non vi è conflitto tra le rappresentanze che aspirano a rappresentare la medesima confessione”. D’altro canto se non vi fosse, in vario senso, conflitto non si vede perché le intese dovrebbero essere plurime. Pare il famoso “comma 22”.
Aprile 9th, 2013 at 8:22 pm
Ho evocato la questione del matrimonio perché durante la riunione del 9 aprile cui ho partecipato l’attuale presidente dell’UBI a domanda in merito da parte del rappresentante valdese ha risposto che l’UBI ha esplicitamente rinunciato a che i “suoi” MdC si avvalgano della facoltà di celebrare matrimoni con valore civile. Al che il valdese ha commentato “vi siete tolti una bella grana” in quanto pare che anche un piccolo errore nella trascrizione degli atti (assai complessa, a quanto pare) possa comportare una procedura di infrazione che può condurre alla sospensione immediata e sine die dell’Intesa.
Aprile 10th, 2013 at 4:10 pm
@ 247. Grazie jf, un doverosa precisazione. Ora, posto che l’attuale presidente dell’UBI abbia parlato con cognizione di causa, sarebbe interessante sapere come, con chi (e perché) l’UBI possa aver rinunciato alla possibilità che i “suoi” mdc possano celebrare matrimoni con valore civile, visto che sull’intesa nulla si dice a proposito.
Era una notte buia e tempestosa…
Aprile 10th, 2013 at 4:12 pm
Buongiorno a tutti. Sono nuovo ed ho cercato di leggere (spero bene) tutti i 250 interventi. Per dire la mia, spero in modo non ridondante, la criticità dell’Intesa Stato-UBI sta nel fatto di avallare le norme concordatarie tra lo Stato e La Città del Vaticano. Norme, per alcuni, al limite della costituzionalità, come ad esempio il meccanismo dell’8xmille. In altre parole: per acquisire alcuni diritti l’UBI potrebbe aver trascinato i buddhisti, o l’accezione che essi acquisiranno, in un “minestrone” molto torbido.
Qui potete scaricare il pdf L8xmille: la storia, il meccanismo, i conti allegato al commento. Nel quale si trova, tra l’altro: “…la Chiesa Cattolica ha investito 9 milioni di euro solo per comunicare ai suoi credenti di averne donato un terzo (3 milioni) alle vittime dello tsunami”.
Aprile 10th, 2013 at 4:24 pm
Ciao pablitostanco, benvenuto. Grazie per il materiale. Su un punto solamente ho dei dubbi, ovvero sulla reale completa attuazione da parte dei Valdesi (cfr. anche @ 11) del loro intento di bandiera: “destinare l’intero importo esclusivamente in beneficenza, ricerca, in progetti nei Paesi in via di sviluppo, progetti assistenziali in Italia […]. In totale ha restituito alla comunità tutto l’importo ricevuto senza trattenere nulla.”. In ogni caso, però, anche se lo avessero realizzato solo in parte è sempre santa follia rispetto a come usano quei quattrini i cattolici.
Aprile 10th, 2013 at 7:04 pm
E’ vero @mym248, sarebbe interessante, anche perché tale scelta confligge con la “normale” interpretazione secondo la quale un mdc è de facto depositario del diritto di celebrare matrimoni religiosi che hanno pure valore civile. Posso solo confermare l’affermazione del presidente pro tempore dell’UBI, alla quale hanno corrisposto da parte di tutta la dirigenza schierata ampi annuenti cenni… d’intesa 🙂
Quanto alla de-ottopermillizzazione, quel che fa notare pablitostanco@249 (grazie) coincide con quanto sosteneva il rappresentante valdese, dicendo che loro hanno deciso di avvalersi del diritto di fruire dell’otto per mille una volta compreso che rinunciando favorivano le casse della CC e/o dubbie imprese belliche dello Stato. Sono peraltro i valdesi stessi a lasciare qualche dubbio sul fatto che davvero tutto il ricavato vada a scopi completamente estranei al culto confessionale, come si evince da http://www.chiesavaldese.org/pages/finanze/otto_mille.php
Aprile 11th, 2013 at 11:06 am
grazie dell’accoglienza. personalemtne ammiro i valdesi, anche nella loro reale attività di disponibilità e dialogo interreligiosi. però, il dubbio che sorge è che non è sufficiente essere i “primi della classe” nelle opere caritatevoli se i proventi finanziari con cui si realizzano sono al limite della costituzionalità. ribadisco il concetto che firmare un’intesa significa, de facto, avallare le norme concordatarie: laicamente parlando rimango perplesso.
Aprile 11th, 2013 at 11:20 am
@ 252: concordo. Sino ad ora -in questo post- il punto di vista laico non ha avuto molto spazio, se non tecnico (giuridico, economico). Le norme concordatarie attuali nascono per garantire alla chiesa cattolica la posizione di privilegio che aveva prima: l’8xmille maggioritario al posto dello stipendio statale ai preti. Sempre con i soldi dei contribuenti. Si può concorrere per le briciole oppure per cercare di conquistare il posto dei cattolici, in ogni caso all’interno di una logica che continua a far pagare chiese e preti ai contribuenti.
Aprile 11th, 2013 at 12:51 pm
@ 252 e 253: conconcordo. Per portare a termine la trattativa dell’Intesa servono lobby parlamentari, cordate trasversali, illuminati pareri di professionisti, costituzionalisti, esperti tecnico-legali, profusione di denaro ed energie: si fosse usato tutto ciò per farsi paladini, come religiosi, dell’approvazione di una legge sulla libertà religiosa col solo limite della non violazione delle leggi sull’ordine pubblico, per sostituire la famigerata legge sui “culti ammessi” del 1929, vanificando il non meno famigerato sistema delle intese, che è discriminatorio e irreligioso prima ancora che di dubbia costituzionalità, quella sarebbe stata una battaglia che valeva la pena combattere. Non meno di quindici anni fa lo proposi nelle sedi adatte, senza ottenere alcun tipo di ascolto. Ma non per questo la posizione muta.
Aprile 11th, 2013 at 3:23 pm
@ 253 e 254: quoto totalmente. Oltre all’8xmille, altri meccanismi sono l’esenzione dell’IMU sugli immobili di culto, il finanziamento pubblico alla scuola privata (ovviamente cattolica), ecc.
Probabilmente tutti diritti che saranno acquisiti anche dalle istituzioni afferenti all’UBI, ma con la conseguenti ed inevitabili critiche (legittime) di quella componente laica che vorrebbe vedere l’attività dello stato separata ed indipendnete da qualsiasi infiltrazione etica.
Aprile 11th, 2013 at 7:49 pm
Le infiltrazioni etiche nello stato … ci vorrebbero eccome 🙂 anche se non nel senso che, mi pare, gli dai tu ovvero quello dello stato etico.
C’è un altro blog dove c’è stato un accenno di dibattito su UBI/intesa…
Aprile 12th, 2013 at 1:04 pm
@256: hai interpretato benissimo (e io sono stato generico)l’etica, soprrattutto se oggettiva, razionale, non emotiva e, mettiamoci pure, normativa sta alla base di un moderno Stato laico e democratico. Lo Stato etico è ben altra cosa… ma siamo nella filosofia pura… campo minato nel quale non vorrei entrare.
Aprile 14th, 2013 at 8:14 am
oh toh, rileggendo “La Volontà nella Natura” di Schopenhauer mi sono imbattuto in questa frase: ” … il Buddhismo si mantiene per forza propria, senza alcuna protezione da parte dello Stato, circostanza che dice molte cose a suo vantaggio …”
Aprile 14th, 2013 at 11:36 am
Non so da dove Schopenhauer abbia evinto tale convinzione, purtroppo non è così e non è andata così un po’ dappertutto.
Penso che la frase dovrebbe essere: … le religioni si mantengono per forza propria ecc.
Il fatto è che i piccioli e far la vita del michelasso piacciono un po’ a tutti, buddisti e non.
Aprile 14th, 2013 at 11:50 am
>Non so da dove Schopenhauer abbia evinto tale convinzione
da saggistica ottocentesca relativa alla situazione in Cina.
in ogni caso, il “pezzo forte” in quelle pagine di Schopenhauer è la giusta previsione dello shock culturale che si sarebbe percepito in Occidente dalla notizia che esisteva un intero mondo “non teista” né interessato a diventarlo. cfr poi le considerazioni di Panikkar sul tema.
Aprile 14th, 2013 at 2:47 pm
Temo che l’ottimo Scopenhauer abbia preso una bella cantonata. Se vi fu, da tempi antichissimi, un’area geografico-politica in cui il buddismo dipese totalmente a livello economico e amministrativo dallo Stato, quello proprio la Cina fu. I preti buddisti, C’han compresi, erano funzionari statali, la cui nomina e registrazione dipendeva dallo Stato locale. Ne fece esperienza Dogen che ebbe grosse difficoltà a ottenere il permesso di scendere a terra dalla nave giapponese che lo aveva condotto in Cina perché gli standard della sua ordinazione monastica non corrispondevano a quelli richiesti dal governo cinese. Uno dei problemi è che il buddismo che è stato presentato fin dall’Ottocento agli occidentali (da altri occidentali) aveva ben poco a che fare col buddismo come era effettivamente nei Paesi in cui sussisteva come fenomeno religioso. Si disse e si dice che quello popolare e locale non era “vero buddismo” mentre quello vero era rivelato dai pionieri occidentali ottocenteschi. E’ una tesi non del tutto peregrina, con il vizio di forma che i criteri per stabilire la “purezza” erano di marca occidentale e che comunque non si teneva conto della realtà dei fatti. La stessa manfrina si è ripetuta nella seconda metà del Novecento con lo Zen, con la differenza che in questo caso i cosiddetti pionieri furono asiatici fortemente influenzati dal pensiero occidentale, che ignorarono la penosa condizione dello Zen giapponese e presentarono come reale, vivo e vegeto uno Zen (e un C’han) che non esisteva da (quasi) nessuna parte.
Aprile 14th, 2013 at 3:21 pm
>il buddismo che è stato presentato fin dall’Ottocento agli occidentali (da altri occidentali) aveva ben poco a che fare col buddismo come era effettivamente
ah ma sicuramente. però trovavo gustoso l’ideale da lui proposto, peraltro in parallelo con la sua polemica più generale contro la teologia cristiana insegnata (stipendiata) alle università, che influenzava anche i corsi di filosofia (“catechismo mascherato”).
Aprile 14th, 2013 at 4:55 pm
Ma lo sanno tutti dove si fa il Ch’an perfetto: a Shamballa no? Il paradiso è sempre da qualche altra parte, meglio se inaccessibile.
Riprendendo un’immagine proposta da Mym, io penso che la rivoluzione interiore non possa non coniugarsi a quella sociale. Questo mondo è fondato sulla forza, sull’accrescimento senza fine, sullo sballo sfrenato, l’edonismo vuoto, il consumo delle risorse planetarie…è l’opposto del Buddhadharma! Io penso che debba essere per prima cosa estinto dentro se stessi e poi confutato nella società.
Aprile 14th, 2013 at 4:59 pm
Ossia: rivoluzione interiore come inizio della rivoluzione sociale, rivoluzione sociale come premessa per una rivoluzione interiore.
Aprile 14th, 2013 at 5:49 pm
E una domanda: invece che chiedersi cosa il buddismo (i buddisti) possano attendersi o chiedere allo Stato, non sarebbe meglio chiedersi cosa possono dare (riprendendo il JFK)? Non solo come singoli ma anche eventualmente come gruppo? Forse su questo piano ha un senso contarsi e muoversi insieme.
Scusate gli interventi multipli.
Aprile 14th, 2013 at 6:11 pm
Questi giovani, sempre pronti a salir sulle barricate…
La rivoluzione interiore non esclude la rivoluzione sociale.
Il “caso” dei buddisti tibetani che si autoimmolano, quello dei monaci birmani che sono sfilati per le strade al posto dei laici, pagandone le conseguenze.
Non c’è rapporto tra la rivoluzione interiore e la rivoluzione sociale.
Si dice che il Buddha decise di tornare al luogo in cui era nato per rivedere la sua famiglia. Arrivò sul passo montano che sovrastava il regno di suo padre e vide un esercito che stava per assalire e distruggere la sua gente. Non ostante la grande pena voltò i suoi passi e tornò dai suoi discepoli.
Se non avesse scelto quella strada oggi… niente zazen.
Aprile 14th, 2013 at 6:24 pm
No, le barricate non servono. C’è un chiaro rapporto, IMHO, tra la rivoluzione interiore e quella sociale; è questione di raggiungere una sufficente massa critica. Separe il sociale dall’interiore secondo me è stato il limite del buddismo asiatico. Perchè dovremmo fare lo stesso- con tutto il rispetto per la storia?
Aprile 14th, 2013 at 6:31 pm
Il rapporto c’è perché non c’è opposizione, contraddizione, non perché sono collegate dal ragionamento.
Se cambio “io” cambia tutto il mondo.
Se il mio mondo non cambia… è perché non c’è rivoluzione interiore.
Aprile 14th, 2013 at 7:06 pm
Se non sei più dominato dal desiderio diventi un elemento sovversivo, perchè ti poni al di fuori della logica del mondo. Se un numero sufficente di persone lo fa può essere l’inizio di un modo diverso di vivere i rapporti sociali e quindi di un mondo nuovo condiviso. Più naturale, più umano, non distorto. Mettere in discussione i presupposti su cui si basa il sistema: non vengono percepiti e sono dati per scontati. Questo è possibile e non è poco.
Aprile 14th, 2013 at 7:48 pm
Capisco. Se ciascuno è “buono” la bontà trionfa.
O quella massa critica non si è mai raggiunta oppure anche se raggiunta non funge. Non essere dominato dal desiderio non porta al pensiero unico, ad un’onda politica che spazza via il sistema basato sui desideri. Il non afferrare non porta ad aggregarsi per lottare per la giustizia. L’agone politico è fatto di convinzioni mentali, a proposito di soluzioni, è un altro ambito.
La politica guidata dalla religione non può che essere assolutista, meno democratica e liberale del sistema che vorrebbe cambiare.
Prova a mettere 5 buddisti assieme per decidere qualche cosa di politico. Senza il “caro leader” nella maggio parte dei casi non si arriva a nulla.
Politica+religione=dittatura
Aprile 14th, 2013 at 7:57 pm
Più che di aggregarsi per lottare per la giustizia, la questione secondo me è che il non afferrare è già di per se un’opzione dal significato politico nel senso più profondo, ossia attiente allo stile di vita, ai consumi, alle scelte economiche. Se la regola è afferra più che puoi, contraddirla e dimostrarne l’inconsistenza ha un profondo significato politico- e pedagogico. Io non penso tanto ad una rappresentanza politica, ma a delle scelte individuali e collettive dai risvolti politici.
Aprile 15th, 2013 at 11:05 am
E poi: l’ideale del bodhisattva, per cui la distinzione tra “io” e “mio” e “altro da me” viene a cadere, si potrebbe agevolmente tradurre in una vita sociale e collettiva ben diversa da quella attuale.
Religione + società civile impegnata e consapevole= democrazia “spirituale”
Aprile 15th, 2013 at 11:13 am
demo-crazy-a
Aprile 15th, 2013 at 11:15 am
@ 271-2: Fai un minestrone tale che è quasi impossibile risponderti. Il non afferrare può o non può avere un risvolto materiale, non siamo nel daoismo anarchico di Zhuangzi dove a parte mangiare e andare in bagno il resto è ridondante. Non esiste una vita “alla buddista” e perciò non c’è una politica buddista.
Sull’ideale del bodhisattva penso che tu lo immagini come una sorte di kolkoz spirituale e materiale.
Trattare te come fossi me non implica alcuna politica, per di più su dieci che trattano te come fossero “loro” con ogni probabilità ci sarebbero scelte opposte, completamente contraddittorie nei fatti.
Anche le comunità “religiose” che hanno tentato di realizzare in un ambito chiuso il paradiso in terra hanno avuto bisogno di leader assoluti. E sono fallite nel disastro.
Aprile 15th, 2013 at 11:53 am
Non esite alcuna politica buddista? E chi lo dice? E’ qui che non sono d’accordo. Di certo esistono un’infinità di politiche chiaramente contrarie all’insegnamento buddista. Mercificazione degli esseri umani, speculazione finanziaria, devastazione ambientale, militarismo come modalità di risoluzione dei conflitti….
Trattare te come se fossi me implica eccome una linea politica: io non ci andrei in catena di montaggio senza diritti ne malattia in condizioni di assoluta precarietà. Considerare il mondo come me stesso implica assolutamente una linea politica: rispetto degli ecosistemi.
Nessun ambito chiuso, nessun kolkotz: principi non negoziabili
Aprile 15th, 2013 at 12:10 pm
Appunto: principi non negoziabili, poi “Dio lo vuole” ecc. ecc.
Il fatto che tu non andresti ecc. ecc. per me può non significare nulla.
Il fatto è che per politica buddista, intendi “il modo giusto”, ovvero come pensi tu che dovrebbe essere.
Aprile 15th, 2013 at 12:32 pm
Quindi a tuo parere, il buddismo non ha alcuna rilevanza per l’etica pubblica e nelle scelte sociali? Un buddista può essere favorevole alla pena di morte, al narcotraffico, all’impiego dei bambini comi guerriglieri?
Aprile 15th, 2013 at 1:29 pm
Oppure: perchè hanno sbagliato i monaci Zen a sostenere l’imperialismo Giapponese? Se si fossero semplicemente astenuti dal prendere posizione, standosens belli tranquilli nei monasteri, sarebbe stato sufficiente?
Aprile 15th, 2013 at 6:33 pm
@ 277-8: il buddismo in astratto non esiste. Ci sono stati buddisti favorevoli alla pena di morte, in certi casi chissà, magari lo saresti pure tu. Il narcotraffico, i bambini guerrieri, la fame nel mondo ecc. sono gli argomenti che tratta spesso padre Luciano. Penso dovresti sentire lui.
Non c’è giusto/sbagliato, bene/male in assoluto.
Nei casi limite tutto può accadere.
Aprile 15th, 2013 at 7:24 pm
… senza contare che le cose belle e buone che abbiamo sono INESTRICABILMENTE collegate a quelle brutte e cattive. è il samsara, bellezza: prendere o lasciare.
Aprile 15th, 2013 at 7:35 pm
Vero.
Prendiamo l’intesa, ci sono un sacco di cose bruttine, non dico cattive, poi invece se guardi meglio … 😯
Aprile 15th, 2013 at 8:10 pm
Che vuol dire che il buddismo in astratto non esiste? Quindi se per ipotesi c’è un buddista pedofilo significa che per il buddismo la pedofilia è accettabile? I casi limite sono i casi d’ordinaria amministrazione.
Non fate il male, fate il bene: mi sembra un’indicazione molto chiara
@ 280: Secondo me è semplicemente falso. Non c’è una ragione necessaria per cui ci debba essere il male, il bene può esistere anche senza il male. Ne parlò Jf in un post precedente
Aprile 15th, 2013 at 8:48 pm
>Non c’è una ragione necessaria per cui ci debba essere il male, il bene può esistere anche senza il male
Vietarlo, non lo vieta nessuno, ma in 8.000 anni di storia umana (fonte statistica: Raimon Panikkar) non è mai successo.
Anzi (fonte: Teilhard de Chardin) in 15 miliardi di anni di esistenza dell’universo.
Anzi (fonte: Buddha) in una serie imprecisata di kalpa.
Aprile 15th, 2013 at 10:07 pm
Secondo me è “normale” che un qualsiasi essere umano (buddhista o meno) si debba adoperare per “fare il bene”, qualunque cosa al tempo in cui vive possa voler dire. Sui “malvagi” … mi vengono in mente le parole di Claude Anshin Thomas, “a senso” e per come l’ho capito/mi ricordo dice che un è errore pensare che i carnefici e le vittime siano diversi/peggiori/migliori gli uni dagli altri, non credo proprio intendesse che la vittima se la cerca o che si possa sfuggire alle proprie responsabilità, quanto alla possibilità di superare la sofferenza della violenza inflitta e subita in un modo diverso da vendetta o perdono, finalmente in un modo efficace. Sul fatto che sia desiderabile una politica che si definisca cristiana, o buddhista, o mussulmana nutro molte perplessità.
Aprile 15th, 2013 at 10:12 pm
Buona sera a tutti.
L’eccessiva sicurezza di stare dalla parte del Bene ha prodotto le peggiori tragedie della storia… il più “minimalista” non nuocere non è molto ma a ben vedere…non è neanche poco.
Aprile 16th, 2013 at 9:14 am
@283: quanto tu dici è irrilevante sul piano etico. Non credo che se tu vedi una persona a terra bisognosa d’aiuto la lasci lì per non turbare l’equilibrio cosmico. Passando al livello sociale, chi vuole preservare lo status quo (generalmente chi ne trae vantaggio) dirà sempre che è la situazione migliore possibile sulla terra.
Sono d’accordo con 284: nell’uomo c’è secondo me una spinta naturale alla cooperazione ed all’aiuto reciproco. Certo, non c’è soltanto quella, c’è anche l’impulso alla competizione ed alla distruzione, ma l’una si può coltivare, la seconda incanalare. PEr quanto riguarda la politica, io non intendo un “partito” di questa o quella religione (penso ne abbiamo avuti tutti abbastanza della DC), intendo dire che la politica è parte integrante dell’etica, e che questa ha evidentemente a che fare con la religione. Perchè distinguere nettamente il privato dal pubblico? Se io sono non violento nella mia quotidianità posso coerentemente sostenere un partito neofascista/squadrista?
Aprile 16th, 2013 at 9:31 am
@ 286: la risposta è “sì, certamente”.
Aboliresti la polizia?
Aboliresti i tribunali?
Oppure vuoi qualcuno che si sporchi le mani al tuo posto?
Occorre “capire” l’ambito in cui agisce legittimamente esclusivamente profondamente imperfettamente la parte religiosa/spirituale dell’uomo.
Se quello che dici fosse vero, nell’ipotesi tu fossi ciò che dici di essere, non potresti usare la carta per non distruggere l’Amazzonia e i suoi abitanti, l’auto per non avvelenare il pianeta, la plastica idem, non potresti chiamare la polizia perché non usino violenza a chi sta usando violenza a tua moglie ecc. ecc.
Aprile 16th, 2013 at 10:25 am
Per mym #209,
del Genjokoan riferito alla traduzione con testo a fronte di Jiso senz’altro inserirei il passaggio n.4 ma anche il n.11-12-13…
Tante altre indicazioni potrebbero essere desunte da altri testi illuminati.
Io personalmente metterei tutto il Genjokoan e basta, sarebbe piu’ che sufficiente e vincerebbe il confronto eventuale con qualsiasi scritto di qualsiasi tradizione buddhista.
Ma anche il Bendowa il Gakudo yojinshu…
Per HMSX #210,
non sono un esegeta di Severino sono solo un ammiratore e lettore delle sue opere che ritengo uniche nel panorama mondiale. Il termine Prof. per Severino e’ un po’ riduttivo, i suoi allievi e studenti lo chiamano Maestro.
In quanto al “confutarlo” la vedo dura…dovresti interpretarmi, possibilmente in modo sintetico, l’ottimo testo di sole 23 pagine di piccolo formato, pubblicato dall’ottima Mimesis editrice sul ‘bello’ che termina con queste parole attribuite dai testi al Cristo, “Voi siete il bene”.
Se lo decifri bene puoi avere qualche bagliore del pensiero severiniano che in questo caso si avvicina parecchio al buddhismo.
Ciao.
Aprile 16th, 2013 at 10:40 am
@ 287: questa non è un’argomentazione Mym. C’è un evidente differenza tra l’uso legittimo della forza da parte della polizia e la violenza utilizzata come strumento di intimidazione politica. Per quanto riguarda la carta, la plastica ecc. quanto tu dici è un’ottima argomentazione A FAVORE della necessità di una politica con dei principi etici. Non è possibile per un singolo vivere senza fare danni ambientali (dovresti cominciare con lo spegnere il PC), mentre sarebbe possibile farlo con delle politiche corrette. Stesso discorso per la forza pubblica: in assenza di tribunali ecc. saresti costretto a difenderti con la violenza per salvare tua moglie e tua figlia; è proprio perchè esiste uno stato di diritto, e si spera una moralità pubblica, che puoi evitarlo.
Aprile 16th, 2013 at 11:31 am
@ 289: Quindi, se lo stato di diritto prevedesse tortura, pena di morte ecc. … Dalla porta che aprono espressioni come “uso legittimo della forza” (o “politiche corrette”) ci passa -letteralmente- di tutto.
@ 288: ciao Nello, grazie per la precisazione. Poi vado a ripassare il Genjo. Sostituire il Genjokoan al testo dell’intesa, dici. Sarebbe un bello scherzetto. Senza dolcetto. L’intesa è un’obbrobrio (comunque) perché è, costituisce esattamente quel terreno in cui politica (e quindi interessi terreni, passioni, divisioni, mediazioni, contrasti, furbizie ecc.) e religione si mischiano. Non è emendabile, ergo: Genjokoan e pedalare.
Anni fa, fui molto colpito dall’argomentare di Severino.
Non trovo però la fonte (evangelica? Apocrifa?) della frase “voi siete il bene”.
Aprile 16th, 2013 at 3:54 pm
Eh no caro, sei tu che ti ostini a negare un legame tra l’etica e la politica, non io. Secondo il tuo ragionamento sì che lo stato può fare qualunque cosa.
Paragonare i poliziotti ed i tribunali agli squadristi è francamente offensivo per chi svolge il lavoro, utile e per nulla sporco, di magistrato o di poliziotto.
Aprile 16th, 2013 at 4:43 pm
@ 291: infatti fai molto male ad adombrare certi paragoni.
Tuttavia se parli di rifiuto della violenza, devi considerare che è violenza sia quella di stato, in guanti bianchi, praticata in modo pulito ed utile da magistrati e polizia sia quella che praticherei, arbitrariamente, brutalmente, ingiustamente su di te, la persona che mi fa utilizzare tanto tempo in una discussione inutile.
Se poi riuscissi a farti agguantare da un paio di poliziotti di quelli “che dico io” ne prenderesti un sacco ma… pulitamente, utilmente.
Aprile 16th, 2013 at 7:17 pm
Solo un ultimo OT, non mi sento di resistere, devo ardire a dire 🙂 aspettandomi una bella bastonata sulle gengive … Ahio che botta! 😡 😉
Da sciocco, maleducato, cialtrone e un po’ burino obiettore di coscienza … le frasi “violenza in guanti bianchi”, “aboliamo la polizia allora”, “allora non usiamo carta e computer”, “chi non crede alla violenza come mezzo per risolvere i problemi non deve aiutare la vittima di uno stupro” applicano norme generali a casi particolari che rendono la norma inapplicabile.
Poi diremmo: “visto che non ci posso arrivare, non parto neppure”. Non c’è giusto/sbagliato, bene/male in assoluto, certo, e se prendo un cazzotto sento dolore. … e quindi? Chi lo sa!
Tornando al topic, leggendo jf @261, parte finale, probabilmente l’unico mezzo per testimoniare un qualcosa in linea con quanto proposto riguardo all’intesa sarà il dissociarsene. Si potrebbe fare in modo di perdere quell’aureola luminosa, fosse la volta buona … Sulla rete (non solo sui social network ma anche, ad esempio, qui oppure qui … ma solo come esempio) o c’è chi non si pone il problema o è entusiasta a prescindere. E forse quei “qualcuno” contano come maggioranza. C’è qualche spunto nei post che potreste forse portare sul tavolo della discussione ma “nonviascolterannopunto”. La vedo dura, anche se c’è chi ha capacità e autorevolezza da vendere e spalle molto larghe. Probabilmente il formarsi di clero/fedeli concepiti nella forma che conosciamo (come in veste cattolica, belle chiese, belle cerimonie, aitanti Mdc, devoti fedeli) è inevitabile. Certi modi di cercare rimangono l’eccezione e non la regola. Forse, è chiaro.
Aprile 16th, 2013 at 7:44 pm
Sì, è chiaro.
Infatti ciò che era nelle intenzioni e che, mi pare, è poi avvenuto, era elencare una serie di criticità dalla più radicale (rinunciare all’intesa e agire affinché anche le altre scompaiano) a quelle più articolate (almeno si potrebbe far sì che… ecc.).
Il tutto non per una battaglia di tipo politico o comunque di contrapposizione. Non ho, non abbiamo?, nulla da contrapporre.
Però molte cose sono state dette e approfondite. Chi vuole può avere elementi per approfondire per conto suo e formarsi un orientamento non stereotipato.
Poi, si sa, ognuno è ciascheduno.
PS: non ho capito il riferimento a jf @ 261… Forse intendevi @ 251…
Aprile 17th, 2013 at 8:45 am
Sì è molto comodo definire inutile una conversazione perchè per te è fastidiosa.
Aprile 17th, 2013 at 8:56 am
E comunque, non sei minimamente obbligato ad interloquire, fai come vuoi. Puoi anche scegliere di ignorare delle obiezioni che ti vengono fatte. Sarebbe sufficiente far notare che si va fuori argomento o che quel punto non è rilevante per la discussione per quanto mi riguarda. Certo, se scrivi cose come 287, a mio parere un mix di argomenti del tutto scollegati tra loro e che di fatto non c’entra nulla con quello a cui vorrebbe rispondere, tendenzialmente te lo faccio notare.
Aprile 17th, 2013 at 9:25 am
>un mix di argomenti del tutto scollegati tra loro e che di fatto non c’entra nulla
ma era “intenzionale” 😉
Aprile 17th, 2013 at 12:05 pm
Il Buddhismo (i Buddhismi?) ha sempre avuto bisogno di evolversi, trasformarsi e adattarsi.
Mi fanno ridere e mi son sempre parsi poco buddhisti i paladini del Vero Zen, i protettori del Puro Dharma e i nostalgici dei bei tempi che furono, quelli che guardano sempre a quello che faceva Shakyamuni 2500 anni or sono nell’Asia più remota.
Se il Buddhismo fosse rimasto quello, oggi sarebbe estinto.
Certo, IMHO per trasformarsi c’è sempre voluo tempo e sono state spese tante parole per confrontarsi. Ma mica è obbligatorio. Qualcuno che lo farà si troverà sempre.
Aprile 17th, 2013 at 12:50 pm
@ 298: vero, qualcuno che vuole dedicare tempo ed energie a innovare, invece che a sedersi, comportarsi in modo corretto, studiare e non rompere gli zebedei si trova sempre.
@ 297: vero anche questo. Il collegamento tra un’affermazione e l’altra non è nelle parole.
Un conto è il rapporto tra etica e politica (cfr. 255-6-7): normale e auspicabile in modo palmare. Un conto è il rapporto-commistione tra politica e religione, da evitare come la peste.
@ 296: in @ 274 trovi il necessario. Ma il collegamento tra una frase-affermazione e l’altra no.
Aprile 17th, 2013 at 2:02 pm
300, yay!
Aprile 17th, 2013 at 5:02 pm
@294 … lo so alle volte non mi capisco nemmeno io da solo. Intendevo riferirmi alla frase ” (i) pionieri furono asiatici fortemente influenzati dal pensiero occidentale, (…) presentarono come reale, vivo e vegeto uno Zen (e un C’han) che non esisteva da (quasi) nessuna parte.”. Molti cercano proprio “la” “religione” che ha bisogno di “più fondi” per sostenersi. Considerano una ricompensa e una fortuna l’edificio ricco dove si celebrano solenni e potenti cerimonie leggendo gli antichi volumi. Ma non è solo un fatto esteriore: puoi trovare chi organizza “celebrazione del Battesimo, Matrimonio e Funerali” e di “formazione dei catechisti” in riferimento allo Zen … e certe cose necessitano di spiccioli.
“Chi vuole può avere elementi per approfondire per conto suo e formarsi un orientamento non stereotipato.” E’ già molto comunque, no?
Aprile 17th, 2013 at 5:23 pm
@ 301: a qualcuno non basterà, per qualcun altro sarà di troppo. Insomma: al solito.
In ogni caso, questo è ciò che facciamo qui.
Aprile 17th, 2013 at 5:53 pm
Se il buddismo (adm@298) avesse (avuto) sempre bisogno di evolversi, trasformarsi e adattarsi, sarebbe niente più che un qualunque fenomeno del mondo. Questo non è buddhadharma, che non ha bisogno di niente, e proprio per questo è il buddhadharma. Innovarsi, restare fedele all’originale… tutte fantasie per occupare il tempo, per sentirsi parte di qualcosa, utili a qualcosa. Parli del buddismo come fosse un prodotto da rendere bello e buono, da trasformare a misura dei tempi e delle persone, e così ne fai un oggetto di spettacolo e di consumo fra gli altri. Non sei tu (noi) a dover trasformare il buddhadharma, semmai è il caso di mettersi nella posizione di essere (tras)formati dal buddhadharma. Il che implica, in primis, buttare come feccia ogni idea di intervento sul (a favore di, per apportare migliorie al) buddhadharma.
Aprile 18th, 2013 at 11:15 am
#303 è ineccepibile e spero che non chiuda l’argomento che è interessante e chiarificatore sul senso delle cose nella loro totalità.
Per mym #290:
Non ho verificato la fonte dell’asserto di Severino che conclude il breve testo “del Bello” (con lezione allegata in CD), ho focalizzato la mia attenzione sull’uso magistrale che ne ha fatto, ovvero citare “il figlio di Dio” per togliere Dio.
Aprile 18th, 2013 at 11:58 am
@ 304: pur essendo @ 303 et similia in palese OT, sfrucuglio a mia volta.
@ 303 si basa su quella sorta di idealismo che vede il buddhadharma, lo zen ecc. a prescindere: dal mondo, dai suoi fenomeni…
@ 298, viceversa, considera il buddismo interamente fenomenico e in più sbeffeggia i paladini del vero zen e i protettori del puro dharma.
Aprile 18th, 2013 at 12:30 pm
non-buddhadharma, non buddhadharma: per questo si chiama “buddhadharma”
… no?
Aprile 18th, 2013 at 12:36 pm
Mah
Parafrasando Dogen: non lo si può trovare da nessuna parte per cui è detto bd.
Però ci andrei piano.
Aprile 18th, 2013 at 1:12 pm
>per cui è detto bd
cioè “fumetti” in francese. meglio di così!
Aprile 18th, 2013 at 3:48 pm
Citando Uchiyama, buddhadharma come “non guadagnare, non sapere”, “essere liberi da qualsiasi cosa fabbricata dal cervello”, oltre la mente discriminante…
nulla da aggiungere ai fenomeni (la dimensione del sacro)
Aprile 20th, 2013 at 11:15 am
mym #305,
tutt’altro, nessun idealismo ma originale concretismo.
Il Risveglio è il Risveglio, non “a prescindere”, ma dentro il prescindere ed ogni cosa da quella dimensione.
E’ molto chiaro il # 303.
Aprile 20th, 2013 at 11:21 am
Correzione per mym,
sul breve testo di Severino “Del Bello” Mymesis ed., non c’è il CD, mentre c’è in un’altro testo recentemente pubblicato sempre da Mymesis che è “Pòlemos”, un argomento molto interessante che Severino sta trattando da tempo in modo molto profondo e originale. Da non perdere.
Dogen è e non è del 1200, per questo è eterno.
Aprile 20th, 2013 at 5:45 pm
Grazie, Nello.
Dogen è frammentario, al punto da rischiare l’inaffidabilità, in ciò che scrive. Conosci “Dogen, textual and Historical studies” a c. di S. Heine? Non è esculso che tra 50 anni -passata la moda tra gli zen- di Dogen, inteso come opere, si perdano le tracce.
@ 310: non penso che “originale concretismo” sia … meglio di idealismo. Anni fa andava molto il realismo mistico.
Il @ 303 è chiaro e molto pericoloso.
Aprile 22nd, 2013 at 6:46 pm
@312: ne ho una copia tradotta in italiano
Aprile 22nd, 2013 at 6:51 pm
Bene. Sei avanti col programma…
Ti riferisci al testo di Kim, suppongo. Quello di Heine difficilmente verrà pubblicato in Italia.
Aprile 22nd, 2013 at 7:42 pm
Si. Ma uno come me non è mai avanti. Sono perennemente OT. Saluto tutti e vi ringrazio per la gran bella discussione.
Aprile 22nd, 2013 at 7:46 pm
Eeeeh lo so: non essere avanti, sembrare indietro, così poi saremo i primi, sgomitaqqua sgomitallà… 😉
Ciao AHR, bentornato.
Aprile 27th, 2013 at 1:29 pm
ora attendiamo “MYM: The Unauthorized Biography”
😛
Aprile 27th, 2013 at 6:45 pm
Sì, dopo la tua però… 😯
Aprile 28th, 2013 at 10:35 am
il Rivarossutra del Diamante (falso)
Aprile 28th, 2013 at 12:26 pm
Si, d’accordo, se lo cerco non lo trovo. Ma se sto ferma, niente e nessuno viene a cercarmi… Di chi è la poesia? Rispondo con un’altra ben nota: Ognuno sta solo sul cuor della terrra ecc.
So che ho cambiato argomento, naturalmente!
Aprile 28th, 2013 at 5:17 pm
La poesia, come indicato, è di aa.
A parte questo non chiedi nulla quindi… nulla ti troverà 😉
Non so se hai cambiato argomento: quale il primo e, eventualmente, quale quello da te introdotto?
Aprile 30th, 2013 at 9:19 am
L’idea di, una volta recuperate le spese, inviare il libro solo con il contributo per la spedizione la trovo fantastica. E’ un metodo che applicavate già per altro?
Aprile 30th, 2013 at 9:28 am
Ciao Max.
Non abbiamo “altro”.
Quello che potevamo mettere a disposizione (come libro) è qui.
Oppure qui.
Aprile 30th, 2013 at 9:34 am
Ciao Cristina, “spiegare” le poesie è un pò imbarazzante. Non saprei dirlo meglio di come ho cercato di farlo in versi. Però il punto non era tanto il cercare fuori di se (nell’altro) in opposizione al cercare nella propria interiorità; piuttosto la tensione è tra attività-concettualizzazione e accettazione-esperienza diretta. Anche le altre strofe seguono la stessa direzione. Nell’ultima strofa la tensione si scoglie perchè il punto di vista non è più soggettivo ma “ecologico”; non c’è più polarizzazione perchè c’è fusione.
Oddio il critico letterario di me stesso…ma quello che conta credo sia: t’è piaciuta o no?
Ciao
aa
Aprile 30th, 2013 at 3:17 pm
🙂 La mia reputazione di Biellese dal braccino corto mi precede ahahaha 🙂 , ma non intendevo quello… intendevo se il metodo è la prima volta che lo sperimentate o ha già funzionato in quel modo per altre pubblicazioni. Semplice curiosità … mi pare un modello da replicare.
Aprile 30th, 2013 at 3:28 pm
L’intenzione è replicare, in futuro.
Il passato è come dice la parola.
Aprile 30th, 2013 at 3:33 pm
Grazie mym! … grazie a tutto lo staff e agli autori!
Maggio 6th, 2013 at 11:34 am
Eh no jf@303 quello che intendevo l’ha colto meglio mym@305.
Pure se la mia visione non è certo esclusivamente fenomenica, qui si stà parlando di leggi, sviluppi, normative e pensiero, tutte cose assai relative. mettersi a confutare le cose scritte da altri ponendosi in un’altra prospettiva, pure se elegantemente come al tuo solito, non penso sia utile al confronto ma neanche dialetticamente corretto.
Basta rileggersi la tua lettera iniziale per vedere che assieme a istanze ideali, tu proponi questioni molto pratiche afferenti al tuo ufficio, ovvero entri nel merito del fenomeno Intesa rivendicando una azione di conservazione delle prerogative della tua scuola. Questo è molto concreto, molto interventista, conservativo e comprensibile ma, come già ho avuto occasione di dirti, non perciò condivisibile.
Ma se qualcun’altro cerca di abbattere il mito delle chiese, delle istituzioni e dei maestri-mostri a vantaggio di una serena osservazione per vedere la piega che le cose prenderanno adattandovisi e sperimentando non va bene?
Maggio 7th, 2013 at 11:53 am
Chiedo scusa per il ritardo: ohibò, le vicende della vita! mym, certo che ho cambiato argomento: dal tema della “ricerca” sono passata a quello della “solitudine”. aa, ti ringrazio della spiegazione: sotto ai versi c’è sempre, o almeno è auspicabile che ci sia, un pensiero, ma non è detto che quest’ultimo risulti chiaramente a chi legge. Non a me, perlomeno. Ora che me lo hai spiegato, la poesia mi piace di più!
Maggio 7th, 2013 at 11:53 am
Chiedo scusa per il ritardo: ohibò, le vicende della vita! mym, certo che ho cambiato argomento: dal tema della “ricerca” sono passata a quello della “solitudine”. aa, ti ringrazio della spiegazione: sotto ai versi c’è sempre, o almeno è auspicabile che ci sia, un pensiero, ma non è detto che quest’ultimo risulti chiaramente a chi legge. Non a me, perlomeno. Ora che me lo hai spiegato, la poesia mi piace di più!
Maggio 7th, 2013 at 11:54 am
Doppione meccanico…
Maggio 7th, 2013 at 12:31 pm
Galeotto fu il meccanico… 🙂
Ciao, mym
Maggio 8th, 2013 at 8:00 pm
Ciao adm, bentornato.
jf è momentaneamente of line.
Penso che le chiese ed i maestri mostri continueranno ad esserci.
In ogni caso agire per abbattere crea il problema che si vorrebbe eliminare.
Una ragionevole riduzione del danno che certe istituzioni inevitabilmente creano è, penso, cosa possibile e non negativa.
Nel frattempo sappiamo tutti che cosa fare.
Luglio 24th, 2013 at 7:08 pm
No mym! Nessun materiale è “vile”, la viltà è una categoria nostra e non delle cose!Dipende dall’uso che ne facciamo e, in questo caso, mmmmmm… Butxyhw ecc. é un genio!
Luglio 24th, 2013 at 8:15 pm
Ciao Cristina. Grazie per la precisazione. In effetti la carta igienica non è, apparentemente, il materiale più vile. Come fai notare, la sua viltà dipende dall’uso che se fa.
Però, mi vien di pensare: nel caso della suddetta carta, quale potrebbe essere un uso “vile”?
Luglio 26th, 2013 at 6:29 am
Giusta domanda: quale ne sarebbe un uso vile? Mi hai messo in difficoltà, non so rispondere!
Luglio 26th, 2013 at 6:44 am
Ah, ecco una rispsta. Potremmo scriverci sopra insulti razzizti e appenderla in festoni alla base del monumento a Luther King…
Luglio 26th, 2013 at 10:11 am
…in festoni alla base del monumento a Luther King… facendo le puzzette e mettendoci le dita nel naso.
Great performance! 😛
Luglio 27th, 2013 at 1:05 pm
Bravo, col tuo ritocco il quadro è perfetto. Chissà come è contenta, la carta igienica, di esserne la protagonista!
Luglio 29th, 2013 at 12:05 pm
Poverina, così giovane e già cosi vile… 😕
Agosto 1st, 2013 at 9:18 pm
Chi? Io?!?
Agosto 2nd, 2013 at 11:06 am
Nooo, tu non sei né poverina… né vile 😎
Agosto 2nd, 2013 at 1:05 pm
Esplicitiamo quello che sottintendi: giovane sì, lo sono! Grazie di averlo riconosciuto pubblicamente. Mi permetto di cambiare argomento: non posso farlo in privato perchè per ragioni tecniche il mio programma di posta attualmente non funziona. Possiamo parlare qui della sentenza che ha colpito il povero Silvio colpevole “solo” di frode fiscale?
Agosto 2nd, 2013 at 2:09 pm
Direi proprio di no.
Che c’azzecca con la vellutata musica di Butchlazy e la -ora è certo- vile carta igienica?
Agosto 2nd, 2013 at 5:16 pm
Ci azzecca, come al solito, la tua domanda!
Agosto 17th, 2013 at 10:50 pm
queste tue parole, aa, mi riportano alla mente le parole-azioni di Andy Goldsworthy in “Rivers and Tides”, riflessione “ecologica” sulla circolarità e linearità del tempo http://youtu.be/AT3lveJmjY8
Agosto 17th, 2013 at 11:51 pm
Elias Canetti,ne “La rapidità dello spirito” esprimeva cosí simil vissuti:
La superficie delle cose
Perché vuoi sempre spiegare?
Perché vuoi sempre scoprire che cosa c’è dietro?
E più dietro ancora, sempre e solo dietro?
Come sarebbe una vita limitata alla superficie?
Serena? E sarebbe da disprezzare solo per questo?
Forse c’è molto di più alla superficie, forse è tutto falso ciò che non è superficie, forse tu vivi ormai tra immagini illusorie, continuamente cangianti, non belle come gli dèi, ma svuotate come quelle dei filosofi.
Forse sarebbe meglio: tu allineeresti parole (giacché hanno da essere parole), ma ora sei sempre alla ricerca di un senso, come se ciò che tu scopri potesse dare al mondo un senso che il mondo non ha.
http://it.wikiquote.org/wiki/Elias_Canetti
Agosto 19th, 2013 at 1:12 pm
Ciao Pievarino, bentornato.
Mi piace questa cosa di Canetti, grazie. Mi pare un’ottima critica alla psi (canalisi, cologia ecc.).
Agosto 19th, 2013 at 4:45 pm
Ciao pievarino, c’è un passo del Sutra del Diamante che mi ha molto colpito, soprattutto nella versione di Kumarajiva che Mym riporta nelle noticine sottotesto (leggetele che meritano): Vera apparenza delle cose, vera apparenza delle cose, come non vera apparenza della cose è stato insegnata dal Risvegliato, per questo è detta vera apparenza ecc.
L’apparire, il mostrarsi delle cose è sempre veritiero rispetto al soggetto che le esperisce. Vero/falso rispetto a che cosa? Qual’è il metro di riferimento “esterno” per giudicare il valore o l’autenticità di un’esperienza? Quasi sempre IMHO si tratta di un metro culturalmente imposto ed arbitrario, per quanto ampiamente condiviso. E qui son d’arrordo con Mym 10 la psi non è logia/scienza, è moda/cultura/opinione/letteratura (a volte di qualità non eccelsa).
Sto giusto scrivendo un paio di cose sul tema….
Agosto 22nd, 2013 at 4:09 pm
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale 🙂
Il linguaggio intenzionale mi ha sempre molto colpito, tra le altre cose, perchè è una sorta di “metascrittura” nella quale il significato profondo è veicolato dalla struttura narrativa e va sovrapporsi al contenuto esplicito del testo. E’ una sorta di “terza dimensione” che da profondità al testo, non priva di un valore artistico IMHO. Assomiglia quasi più alla pittura che alla letteratura.
Ora l’idea è: perchè limitarsi a commentare per attualizzare i testi e non provare invece ad imitare, usando gli strumenti di oggi (videoscrittura, digitale, ecc)? Le possibilità sono infinitamente superiori rispetto alle foglie di palma, e dopotutto gli antichi erano uomini come noi….più intelligenti probabilmente, ma sempre sapiens.
Anzi paramitasapiens 🙂
Agosto 22nd, 2013 at 4:30 pm
Be’, sì, in effetti, uomini come noi, i paramitasapiens.
Solo che sapevano star compressi 😕
Agosto 22nd, 2013 at 4:52 pm
Perchè mi sò allargato troppo? In effetti negli ultimi tempi a furia di birre 🙁
Riguardo a quanto scrive Mym nell’intro secondo me il problema principale del “fraintendimento” di cui parla sono le ripercussione pratiche, perchè si trasformano delle indicazioni per risolvere un problema in una parte del problema stesso, che così diventa ancora più difficile da schiodare…..
Agosto 22nd, 2013 at 4:56 pm
Troppo è poco.
Agosto 23rd, 2013 at 5:22 pm
Beh, sì, insomma… si apprezza l’entusiasmo, la verve, financo l’intenzione, venata un po’ di volontarismo. Mi suscita, lo scritto inedito, due considerazioni critiche (che sarebbe lo scrittore senza il lettore critico…?)
Nel primo raccontino, la specularità dei pensieri attribuiti ai due soggetti dello sketch, risulta artificiosa. Non abbiamo qui due personaggi ma uno solo, bifronte. Due persone poste nel medesimo luogo, in analoga situazione, che vivono ciascuna per la sua parte la medesima vicenda, producono pensieri incommensurabilmente differenti, imprevedibili che non sono mai gli uni il back side degli altri. Anche questa è la ricchezza estenuante dell’interdipendenza.
Per mettere in forma scritta leggibile lo stream of consciousness non basta togliere la punteggiatura ai propri ordinari pensieri, è una forma di letteratura che implica profonda e instancabile fantasia e annullamento delle proprie elucubrazioni.
Quanto al secondo, i pensieri in zazen, a mia esperienza, se sbrigliati suffiscono a se stessi, seguono logica e piste loro. Qui appaiono invece la prosecuzione con altra postura dei pensieri quotidiani ordinari. Quando invece non gli si dà spazio, tacciono. Per questo non c’è niente da dire sul pensiero, sui pensieri in zazen. E’ saggio astenersi. Ma proprio volendo, non è bene, trattando dei pensieri in zazen, darsi del tu (“tieni dritta la schiena” et similia): già è problematico darsi dell’io senza mettersi a ridere (o a piangere), figurarsi del tu. In zazen la schiena si raddrizza quando si sente curva, c’est tout.
C’è una vena di narcisismo su cui l’autore dovrebbe lavorare per limarlo: l’immagine che lo specchio riflette è quella che i miei occhi vedono e riconoscono, dunque una mia proiezione. Quale volto poi imprima la sua traccia sulla superficie seducente dello specchio, resta oltre la capacità visiva dei miei occhi. Buon lavoro.
Agosto 23rd, 2013 at 5:50 pm
Ciao jf, bentornato.
Quando ero giovane mi capitava, a volte, che al mattino dopo dovessi alzarmi … tardi, così, ad una certa ora, lasciavo la compagnia per portare a letto quello che, il mattino dopo, non ci sarebbe stato ma avrebbe ereditato tutta la mancanza di sonno dello scapestrato della sera prima. Una versione arzigogolata de “alla sera leoni leoni, la mattina…” di mia nonna.
Nella dicotomia la cosa diventa dicibile.
Certo però che senza narcisismo sarebbe disperante trovare qualche cosa da leggere la sera…
Gli scrittori della stream of consciousness, per nostra fortuna, eran capaci di lavorare sino ad un mese (cfr. V.W. nella redazione de Le Onde) su una sola pagina. Vero è che, non di rado, ci andavan via di testa.
Aaah che non si farebbe per un po’ di perfezione…
Agosto 23rd, 2013 at 7:23 pm
Non sarò certo io a stigmatizzare il narcisismo: ma anch’esso necessita di attenzione e lavoro, perché non soverchi, va curato come una compagnia simpatica e pericolosa, da maneggiare con precauzione.
Certo che la dicotomia permette di dire la continuità della diversità, è un artificio espressivo molto utile senza il quale la piattezza regnerebbe ovunque. Però forse non è il caso di provare a render tutto dicibile.
Agosto 23rd, 2013 at 8:08 pm
Sì, capisco. Soprattutto quando il voler dire tutto è al servizio di un narcisismo… un filino grezzo?
Tuttavia, che dire allora dell’invito dell’Antico per cui “percorrere la via è [anche] dire la via”?
Certo, a volte, lasciare che ciascuno si ingegni ed abbia la gioia di vedere, da solo, il non detto…
Chi fa da sé sbaglia per tre 😛
(From now on: off line for a while)
Agosto 24th, 2013 at 11:59 pm
salute aa, (salute mym 😉 )
per comprender meglio il tuo commento (11) sono andato a rispolverare un articolo del 2010 sulla fisica quantistica. http://bit.ly/19EErsT
Al di là dei dettagli, il messaggio chiave è che le teorie che i fisici stanno sviluppando rimettono in questione la percezione e la misurabilità della *realtà*. In estrema sintesi la conseguenza di tali teorie è che basta voler osservare un oggetto per fargli cambiar natura.
“Penso di poter affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica”, si potrebbe dire citando Feyman (nobel per la fisica). Tuttavia penso che l’approccio zen aiuti a comprendere che « la realtà si divide semplicemente in tanti mondi paralleli quante sono le misurazioni possibili. E uno di questi mondi contiene noi e la realtà in cui viviamo.» (vd. articolo)
In quest’ottica passo alla lettura della letteratura zen http://www.lastelladelmattino.org/8344
Agosto 26th, 2013 at 12:15 pm
Ciao jf, grazie per la lettura critica. Certamente nel raccontino non ci sono due soggetti distinti, ma uno soltanto, la cosa è voluta. Quello che volevo esprimere era il mutamento di prospettiva nel relazionarsi all’altro, o più in generale al mondo esterno, nella prima parte come totalmente altro da se, nel secondo come parte di se stessi. Il testo non è narcistico IMHO, è assolutamente solipsistico. Nella parte II io non ho voluto tanto “raffigurare” lo zz (cosa che ritengo impossibile), quanto questo mutamento di prospettiva con ciò che ne deriva. Il fatto che si parli di un soggetto in meditazione è quasi un artificio narrativo. Considera comunque che le parti “vuote” del testo II hanno una loro funzione, c’è “spazio” per il non detto. A mio parere- ovviamente alquanto di parte ;)- il limite maggiore dell’esperimento è che il modo di rappresentare il “meccanismo” (l’idea era di raffigurare un “come”) è troppo esplicito, è smaccato.
Agosto 26th, 2013 at 12:20 pm
…però forse non è il caso di provare a render tutto dicibile.
Son d’accordo, l’idea era proprio di lasciar leggere tra le righe….se vuoi però possiamo aggiungere una parte III…basta cliccare sull’icona “nuovo” della barra degli strumenti 🙂
Agosto 27th, 2013 at 11:12 am
Certo (mym 8) l’Antico stabilisce una relazione necessaria fra la via e la parola che la dice. Al punto da asserire “se qualcuno se la tira da buddha, verifica che abbia raggiunto il dire” (trad. libera). Il che comprende, mi pare, non dire ciò di cui non si sa bene che dire. Insomma, farina non del proprio sacco, ma passata al proprio vaglio. La parola che dice ha un sentore di novità, pur dicendo ciò che già è detto innumerevolmente. Non è questione di tentativi di “provare a dire” l’indicibile, di forzare la soglia, di giocare con le parole e con le spaziature, ma di avere da dire. Avendo da dire, il modo di dirlo vien fuori col tempo in forma originale, per necessità (e non è detto che sia parola scritta). Questo mi pare risponda almeno in parte alle precisazioni di aa (9-10).
Agosto 27th, 2013 at 12:09 pm
@ 10 Se non avessi avvertito la necessità di esprimere qualcosa di “originale” non avrei scritto nulla. Il punto è che l’originalità in questione, sempre ammesso che essa ci sia e che sia avvertibile, non è nel contenuto del testo, ma nella forma. Il contenuto è davvero puramente casuale, ho utilizzato “materiale” narrativo che viene dalla mia quotidianità ma che di per se è irrilevante. Con il commento 1 ho cercato di rendere esplicito che era questo il livello di lettura che ritenevo interessante.
Non c’è alcuna pretesa di verosimiglianza. Il flusso di coscienza è “sdoppiato” simmetricamente nella parte prima per sganciare il susseguirsi dei pensieri da qualsiasi riferimento o cornice “esterna” di fattualità, per rendere insomma impossibile la verifica di come “sono andate davvero le cose” tramite un punto di vista esterno. E’una doppia proiezione, simmetrica, in cui l’altro non c’è, e quindi non c’è nemmeno l’io che vede l’altro. Qual’è più reale, l’immagine riflessa nello specchio o quella che nello specchio si riflette? E’ un gioco (di specchi) che tenta di cogliere il modo in cui si genera il disagio e di rendere evidente che l’attribuzione di quest’ultimo a fattori esterni è tendenzialmente inutile.
Nella parte seconda invece ho cercato di rappresentare in qualche modo una coscienza unificata e non discrimentante, cosa estremamente difficile, dal momento che essa credo sfugga a qualunque verbalizzazione. Per questo ho fatto ricorso allo stratagemma, forse un pò stucchevole, di rendere la narrazione in qualche modo ricorsiva, rendendo impossibile stabilire un “prima” ed un “dopo”. Anche in questo caso è un gioco mentale, non c’è la pretesa di “rappresentare” realisticamente la meditazione zz. Insomma è sì parola scritta, ma il tentativo è di usarla per disegnare, non per raccontare. Poi l’esito può non piacere, o essere considerato inadeguato, ma questa è un altra questione. Qui l’importante era la forma, e solo la forma è il vero contenuto che si intendeva comunicare, quello che viene detto è piuttosto il mezzo per ottenere quella data forma. Ma direi che non ha funzionato 🙁
Agosto 27th, 2013 at 12:24 pm
Sì, non ha funzionato.
L’orecchio, intendo. Dialogare significa ascoltare quello che dice l’altro. Ribadire è monologare.
Lo diceva anche Jannacci…
Agosto 27th, 2013 at 12:55 pm
“se qualcuno se la tira da buddha, verifica che abbia raggiunto il dire” (jf @ 11), certamente una ripassatina ai chiacchieroni può essere una buona idea, quantomeno per ridurre un po’ il vocìo, se non per segnalare che prima di spararle grosse bisognerebbe pensarci 100 volte e poi desistere.
Tuttavia penso che quando si dice che percorrere la via è (anche) dire la via, si intenda una cosa più vicina, personale.
Non di solo zz vive l’uomo…
Agosto 27th, 2013 at 3:06 pm
‘verifica che abbia raggiunto il dire, se….. qualcuno se la tira da Budda!
Caro aa, non pensavo fossi già da ‘quelle parti’!!
Un saluto
Agosto 27th, 2013 at 3:54 pm
@ 13: dipende, talvolta può essere utile ribadire per chiarire il proprio pensiero, o in questo caso le proprie intenzioni. Può essere che risulti pleonastico perchè si era già stati compresi, ma quaesto è difficile dirlo. Per esempio quanto al “tirarsela da buddha ecc.” direi che occorre una precisazione. L’intenzione era di imitare una tecnica letteraria, il che richiede solo una certa creatività. Non ha niente a che vedere con essere questo o quello. Io in 1 ho parlato di provare ad emulare un mezzo narrativo, ed è appunto un tentativo, un esperimento.
Agosto 27th, 2013 at 5:42 pm
A volte repetita iuvant, a volte no. L’insistenza a voler separare la forma dal contenuto (aa @ 12) mi pare la classica toppa che mette in risalto il buco.
In cinese (e di conseguenza in giapponese) “via” e “dire, parola” si possono esprimere con lo stesso “ideogramma”. Dire la via diviene una tautologia che non è una figura retorica, è il segno della massima intimità: qualcosa di molto vicino e personale (mym @ 14)
Agosto 27th, 2013 at 6:21 pm
Eeeeh me lo diceva la mia mamma: studia gli ideogrammi! Possono sempre venir bene nella vita… 😕
Agosto 27th, 2013 at 6:24 pm
Potrebbe essere che in questo caso aiuti. Un aspetto che intendevo sottolineare era che soffermarsi sui contenuti del pensiero cercando di decifrarne il senso “profondo” spesso genera ansia, paura, rabbia. Questo l’ho imparato nel modo più diretto, doloroso ed intimo. Almeno per quanto mi riguarda, è più utile lasciare che il flusso del pensiero si dilati e si stemperi, rimanendo sulla superficie. Il passaggio da I a II vorrebbe riflettere questo cambiamento di attitudine, ossia sì “forma” ma intesa anche come forma del vivere, modo di procedere, quindi rilevante, vitale.
Agosto 27th, 2013 at 6:25 pm
Com’è l’ideogramma per “cavarsi d’impiccio”? 😉
Agosto 27th, 2013 at 6:27 pm
Un bel tacer non fu mai scritto. Neppure in ideogrammi.
Agosto 27th, 2013 at 7:27 pm
Questo lo diceva sempre la mia nonna. Mica per niente dirigeva una cartiera.
Agosto 27th, 2013 at 7:58 pm
E tu, già da allora… orecchie turate. 😛
Agosto 28th, 2013 at 8:59 am
Già, eh si che in teoria dovrei essere allenato con la mogliera al QUALSIASI COSA DIRAI POTRà ESSERE USATO CONTRO DI TE!
Comunque ragazzi, criticare è facile, a non fare niente son capaci tut…nnooo nooo scherzavo scherzavo…
Agosto 31st, 2013 at 11:52 am
Buongiorno Maria Alessandra, grazie per il tuo articolo, mi pare un inizio interessante aperto a imprevedibili sviluppi. E prima di questo, un atto di coraggio. Paolo di Tarso è un gigante religioso, che proietta le sue luci e le sue ombre fino ad oggi. Per alcuni è il fondatore del cristianesimo, edificatore della base teorica della teologia cristiana e dei parametri di identità per potersi dire cristiani; per altri una figura religiosa universale, cui rifarsi ogni volta che si sente il bisogno di rigenerare lo spirito. Sottrarlo all’esclusivo copyright cristiano per posizionarlo in un più vasto orizzonte, per esempio parlandone da buddista, è un’operazione molto delicata, pericolosa e quantomai opportuna. Buon proseguimento di lavoro.
Settembre 1st, 2013 at 11:48 am
Grazie Maria Alessandra per l’interessante contributo, sicuramente stimolo per ulteriori approfondite riflessioni. Condividendo il sentimento(aspirazione)di fondo, la religione come veicolo di bene, cogliendo l’occasione dell’articolo, porrei (anche) alla tua attenzione una riflessione-interrogativo che mi accompagna e che penso non possa trovare “spiegazione” ma solo risoluzione nell’atto di fede che fa chi sta dentro una prospettiva. Se possiamo affermare che diverse prospettive religiose (e non) trovano in quel sentimento un punto d’incontro, è possibile accostare teoricamente aperture di fede che si pongono in logiche completamente diverse? Intendo dire (in estrema sintesi)che se per il cristiano è possibile “trascendere” l’esistenza solo a partire da uno sfondo di senso fondato sulla figura del Dio persona e dei suoi precetti, per il buddhista quella prospettiva non sta dentro l’insieme delle prospettive che vanno trascese per camminare con la giusta intenzione? Possiamo, penso dobbiamo, convergere sul “bene comune” per realizzare quella aspirazione, ma possiamo far incontrare logiche diverse sul piano dei fondamenti?
Settembre 2nd, 2013 at 10:19 am
“Alla religione un avversario intelligente giova più di mille seguaci incapaci” – Freud.
Non condivido neanche una parola di quest’articolo. Spero che la dottoranda non si offenda, ma lo trovo melenso.
Si prenda un Paolo di Tarso qualunque, – ovvero un uomo che nasce in un punto e in un momento del mondo e che campa un tempo limitato, dunque un essere finito – il quale assume su di sé l’arduo compito di concepire ciò che non ha limiti di spazio e di durata tipo la verità eterna. L’effetto deprimente di tale “missione” sarà l’invenzione di una religione, l’immortalità delle anime e magari dei corpi, dopo la resurrezione o grazie alla reincarnazione o metempsicosi, senza badare troppo al fatto che queste cose sono fondate o infondate, ipotetiche o immaginarie. L’unico dato certo che si ricava dalla storia di Paolo è l’esistenza di un mondo non finito, dunque di una cosa in-finita, dove si svolge la nostra vita a cui la morte pone definitivamente fine. Sappiamo infatti che nessuno torna indietro dalla morte, malgrado le pretese resurrezioni religiose.
Voglio dire che le religioni (compreso il buddismo) sono delle “nevrosi ossessive universali dell’umanità” le quali esprimono la disposizione dell’uomo a subordinarsi a pretese forze superiori, a fattori che trascendono l’esperienza, e che svolgono una mera funzione sterilmente autoconsolatoria la quale distorce la visione delle cose disarmando l’uomo invece di armarlo per le lotte della vita.
Esempio # 1.
Come si salva l’uomo? Con la preghiera? Con la meditazione? Niente di tutto ciò: l’uomo non si salva.
Siamo condannati a lottare con le condizioni di esistenza e alla fine a perdere noi stessi, a naufragare nella vecchiaia, nella malattia, nella morte.
Settembre 2nd, 2013 at 10:25 am
Dal Vangelo secondo l’Anticristo.
“Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede” (Paolo, 1 Cor 15)
Il più antievangelico dei sentimenti è la vendetta, tant’è che l’esemplarità della vita di Gesù fu proprio la sua maniera di morire. In sé e per sé, con la propria morte, Gesù non poteva voler nient’altro che dare la prova più forte, la dimostrazione pubblica, del proprio insegnamento: perdonare i carnefici e offrirsi a “Dio” (alla morte) con soave e ridente pace del cuore – la c.d. beatitudine. Ma i suoi discepoli furono ben lungi dal perdonargli quella morte avvenuta in modo così infame e misero… Proprio Paolo rappresenta l’opposto del “buon nunzio” e incarna la peggiore di tutte le novelle. Invece di professare la beatitudine nella morte e per la morte, l’unica realtà del Vangelo fu aggirata con la dottrina della resurrezione – a vantaggio di uno stato posteriore alla morte! – facendo del Vangelo la più spregevole di tutte le promesse irrealizzabili: la spudorata dottrina dell’immortalità personale insegnata come ricompensa! La dottrina del “giudizio” – dell’immortalità- come vendetta!
Se uno colloca il peso della vita non nella vita, ma nell’ “al di là” – nel nulla -, ha tolto in generale alla vita il suo peso. Si distrugge così ogni istinto di ragione e si vive come se il vivere non abbia alcun senso. A che scopo collaborare, aver fiducia, promuovere e proporsi un bene comune?
Settembre 2nd, 2013 at 4:14 pm
Sinceramente non vedo il “taglio” antropologico. Mi sembra più incline al sociologico-teologico.
Al di là di questa opinione personale, ritengo che la suddivisione in theravada, mahayana, vajirayana…lasci il tempo che trova e andrebbe comunque approfondita. Oltre a ciò, a parlare di bodhicitta starei molto attento a non creare fuorvianti ipostatizzazioni.
Su bodhicitta, penso che parole molto precise e pertinenti siano state enunciate dal Prof. Abe Masao nel suo magnifico lavoro che è “A study of Dogen: His Philosophy and Religion”.
Ad HMSX direi di non confondere il buddhismo tibetano (pur nelle sue variabili scolastiche) con il buddhismo di Dogen che è su un altro piano.
Settembre 2nd, 2013 at 4:53 pm
Ai giovani uccellini che si affacciano fuori dal nido non si spuntano le ali, semmai li si stimola a tentare il volo, anche prendendo qualche sbandata: sono sicuro che la giovane autrice prenderà sul serio le critiche, senza scoraggiarsi ma usandole come strumento di ulteriore approfondimento.
HMSX @ 4 tocca un punto dolente, citando 1 Corinti 15,13 : una fede che poggia su un “se” (se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede) e oltretutto su un “se” così bizzarro, nasce maluccio e ha dunque bisogno per sostenersi di una teologia dogmatica robusta. Questa è la storia del cristianesimo fino a oggi.
Concordo con Nello @5 che la questione del bodhicitta va presa con le molle. Inviterei però è non “ipostatizzare” Dogen: mi iscrivo fra i suoi ammiratori come indegno discepolo, ma non di solo Dogen vive il buddismo.
A Dario @ 3 mi viene da chiedere: come si identifica il “bene comune” nel prolificare dei beni spesso non conciliabili? Non è più semplice concordare sul “male comune”? – che già non è così immediato come sembrerebbe.
Settembre 2nd, 2013 at 4:57 pm
Ciao Nello, bentornato.
Le suddivisioni sono come le ombre: tutto in luce non si vede niente. Certo occorre non credere che le “cose” siano davvero suddivise come da elenco e caratteristiche.
Settembre 2nd, 2013 at 5:06 pm
Ciao Dario (@2), “insieme delle prospettive che vanno trascese per camminare con la giusta intenzione” non mi … suscita voli dell’anima. Eppoi ipotizzare, per un buddista, il trascendere l’esistenza (dopo Nagarjuna, il Lankavatara ecc.) come obiettivo non sta in piedi. Se tutti i dì, si riuscisse a fare zz (o dzogchen o vipassana…), fare i bravi e studiare un po’ penso che quasi basterebbe.
Che cosa vuol dire fare i bravi? Evitare ogni tipo di male, compiere ogni tipo di bene…
Settembre 2nd, 2013 at 5:09 pm
Cio HSMX, bentornato.
“le religioni (compreso il buddismo) sono delle “nevrosi ossessive universali dell’umanità” le quali esprimono la disposizione dell’uomo a subordinarsi a pretese forze superiori, a fattori che trascendono l’esperienza, e che svolgono una mera funzione sterilmente autoconsolatoria la quale distorce la visione delle cose disarmando l’uomo invece di armarlo per le lotte della vita.” cito da @ 3. Assolutizzare un punto di vista (magari, il proprio) per dire “è così” è la peggiore delle religioni.
Chiunque abbia composto quella frase in larga parte non sapeva che cosa diceva.
Settembre 2nd, 2013 at 9:35 pm
Ci tengo a dire che ho apprezzato l’arditezza della dottoranda, e se sono stato severo nella critica è stato solo per spronarla ad avere maggior coraggio nella sua analisi, ovvero a considerare Paolo non come “una guida e un modello”, piuttosto come un genio dell’odio, spregiatore della vita e falsario, prototipo di ogni razza pretesca.
A mym @9
La frase incriminata è del sig Freud ed è tratta da “L’avvenire di una illusione” (Newton Compton, 2010, pag 37).
In questo prudente libro Freud non si occupa né della storia delle religioni, né delle religioni positive, ma solo della religione soggettiva, ovvero delle rappresentazioni religiose che sono considerate la cosa più preziosa nel patrimonio psichico della civiltà.
Mi spiace contraddirti, mym, ma Freud sapeva quel che diceva e il libro è di una lucidità disarmante.Consigliato.
Settembre 3rd, 2013 at 3:06 am
Grazie all’autrice, non sono certo competente ma mi pare fatto bene, brava!
@Dario(2) “possiamo far incontrare logiche diverse sul piano dei fondamenti” è una domanda che mi ha tenuto in ostaggio (e un po’ mi ci tiene ancora). Se arrivo “qui” passando da un certo percorso è naturale che qualcosa mi dia l’orticaria (per me sono certi preti, i dogmi, riferire a un Dio la mia vita, ecc.) Poi mi accorgo (o qualcuno me lo fa notare) che sto solo rivangando cose passate, e che se devo troncar tutto …
E’ tutto sempre un’altra scaglietta della “trave nell’occhio” che devo togliere (e io nell’occhio ho proprio l’intera orditura del tetto)
Cristo, la cultura Cristiana volenti o nolenti in qualche modo ci hanno “formato” per come siamo, anche nell’avversione verso qualche cosa. Come “gente”, “cultura” e come singole persone.
Forse trovare in qualche cosa quel “*” che fa incrociare due strade non dovrebbe avere alcuna connotazione come bene/male corretto/scorretto opportuno/inopportuno .. ma è semplicemente “*”. L’importante è viaggiare con dei riferimenti precisi, e mantenermi per quel che posso libero nelle scelte.
Che ne dite di questo?
http://www.abuddhistlibrary.com/Buddhism/B%20-%20Theravada/Teachers/Buddhadasa/No%20Religion/NORELIG.HTM
“Those who have penetrated to the essential nature of religion will regard all religions as being the same. Although they may say there is Buddhism, Judaism, Taoism, Islam, or whatever, they will also say that all religions are inwardly the same. However, those who have penetrated to the highest understanding of Dhamma will feel that the thing called “religion” doesn’t exist after all. There is no Buddhism; there is no Christianity; there is no Islam. How can they be the same or in conflict when they don’t even exist? It just isn’t possible. Thus, the phrase “No religion!” is actually Dhamma language of the highest level. Whether it will be understood or not is something else, depending upon the listener, and has nothing to do with the truth or with religion.”
(non mi arrischio nella traduzione per non peggiorare la mia situazione)
In certi passi Paolo è chiaramente figlio del suo tempo e della sua storia. Secodo me se smetto di considerarlo *San* Paolo, se gli tolgo la Santità credo si possa apprezzare qualcosa (molto?) di quel che ha scritto senza problemi e paraocchi, proprio perchè lo si abbraccia come uomo e non – appunto – come Santo. Non occorre per forza prendere di quel che si legge “tutto o niente”. Sempre se non lo devo sposare (ma questa questione forse è delicata).
Poi credo che una qualche nota stonata la si possa trovare anche osservando il “buddhismo” nei “buddhisti”, no? Se applichiamo lo stesso metro …
@HMSX (10) “genio dell’odio, spregiatore della vita e falsario, prototipo di ogni razza pretesca” … ‘saggerato! chè è … Sith Darth Fener… “l’esercito del male” ? 🙂 non vado (più) molto d’accordo con i preti, ma non tutti sono “geni dell’odio”, ne conosco almeno un paio che non lo sono. Uno per la coerenza con quello che pensa si è fatto spaccare più volte le ossa… come sempre è tutto su un livello personale, si commette ingiustizia a generalizzare. Boh 🙂
Settembre 3rd, 2013 at 12:23 pm
@ 10: so bene che Freud “sapeva quello che diceva” ma solo perché lo aveva pensato. Parlare delle “religioni” in generale è una sciocchezza. Pensabile, specie se si è un po’ fatui e presuntuosi come Sigmund, ma resta una sciocchezza. Provare, testare, approfondire, prima di tacere. Altrimenti è come assaggiare la buccia della banana e buttare il resto…
PS: poi, così per dire, non è molto elegante nascondersi dietro a Freud. Al quale, caso mai, si può accollare l’apodittico “la religione può definirsi come la nevrosi ossessiva universale dell’umanità” il resto… cucù seppete!
Settembre 3rd, 2013 at 12:27 pm
Ciao Max (@ 11) le religioni sono verticalmente diverse, grazie a Dio (sic!). Chi le vede uguali… trave travetto ecc. Vedere le somiglianze tra le tre branche della religione abramitica è normale, sono una e trina.
Se ti tieni un po’ più stringato (l’obiettivo è tenersi sulle 500 battute…) è meglio.
Già ci sono altri, chi ha orecchie per intendere intenda, che amano stroppiare.
Settembre 3rd, 2013 at 5:15 pm
@JF Riprendendo lo scritto a tema, se il punto di partenza possibile è quel sentimento realizzabile da tutti gli esseri umani: sì; anche il “male comune” (se non sbaglio a intenderlo come sofferenza) penso possa essere il collante, d’altronde il presupposto di entrambi (bene-male, facce della stessa medaglia?)è il “riconoscimento dell’altro”, e non parlo di teoria ma di possibilità dell’essere umano.
@Mym Per “trascendenza”, riferito a chi non ha una prospettiva teologica, intendevo la semplice possibilità di pace che è possibile sperimentare “andando oltre” (lasciando andare) quell’uno-nessuno-centomila che siamo nella nostra vita quotidiana. Fare i bravi? un accenno di risposta mi riporta a Ippocrate: cominciamo con il non nuocere, a partire dalle intenzioni, poi il bene vien da sé (forse) 🙂
@Massimo: non ho rancori né rimpianti nei confronti del passato, ma ho ancora tanta curiosità nei confronti della vita, comunque nel pormi/porre le domande cerco di preservare il “*” che fa incrociare due strade”
Settembre 3rd, 2013 at 5:31 pm
Sì, il forse ci sta proprio bene (cfr. @14: poi il bene vien da sé (forse)). In questo mondo la norma è la fregatura. E non (solo) perché ci sono i cattivi. Funzia proprio così.
Altrimenti “il dharma” non servirebbe a nulla.
Sarebbe pure bello, se non servisse a nulla.
Non che serva a qualcosa, eh!
Settembre 4th, 2013 at 3:49 am
A massimo @ 11
“Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicar delle cose minime? Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare delle cose di questa vita!” (Paolo 1 Corinzi 6:2-3)
Paolo è la testimonianza di una corruzione intollerabile già all’interno della prima comunità cristiana. Egli è un virtuoso in fatto di pervertimento psicologico e un artista della menzogna. Rifiuta ogni altra prassi, ogni prospettiva alternativa; rovescia i valori in generale in direzione di se stesso, come se solo il cristiano fosse il senso, il sale, la misura, e il giudizio finale di tutto il resto.
Se si vuole per noi stessi essere il “tempio di Dio”, oppure “giudici di angeli”, ogni altro principio di elezione fondato, per esempio, sulla virilità e sulla fierezza, sulla bellezza e libertà di cuore, è semplicemente “mondo” – il male in sé…
Bistratta la saggezza mondana (la scienza medica di scuola alessandrina) e pretende che ognuno, in quanto “anima immortale”, abbia una importanza eterna; avvalora tra i piccoli bigotti e per tre quarti pazzi l’idea che per loro possano essere costantemente infrante le leggi di natura ottenendo così una “salvezza” tutta immaginaria.
È possibile ritenere che Paolo, formatosi alla scuola dell’illuminismo stoico, sia stato sincero nella sua predicazione? E perché si fabbricò con una allucinazione le prove del vivere-ancora del redentore? Forse egli mirava a tiranneggiare sugli altri, sulle masse, brandendo idee, teorie, simboli come fanno i preti al fine di accozzare greggi. Non riuscendo a capire il senso della morte di Gesù, cercò il suo nemico naturale: l’ebraismo al potere, la sua classe più alta. Da quel momento ci si sentì ribelli contro l’ordine fino a intendere Gesù come un ribelle contro l’ordine. A che poteva servirgli la vita del redentore? A niente. Paolo aveva bisogno d’altro. Tirò un tratto di penna sull’ieri e falsificò la storia d’Israele affinché apparisse come la preistoria del suo (di Paolo) agire: tutti i profeti hanno parlato del suo “redentore”. Nulla rimase simile alla realtà. Paolo spostò il peso di dell’esistenza di Gesù dietro tale esistenza e con la menzogna della resurrezione ne stravolse il messaggio.
Morale: deus qualem Paulus creavit, dei negatio.
Settembre 4th, 2013 at 4:04 am
A mym @12
Non conosco la biografia di Freud, però nella premessa a “L’avvenire di un’illusione” è molto cauto. Il suo discorso è concreto e aderisce alla nostra vita contemporanea in modo tale da lasciare spazio alle critiche. Questo, secondo me, è il valore e il fascino del libro.
Premesso che “ l’illusione non è la stessa cosa di un errore, non è neanche necessariamente un errore” (pag. 24), per lui le dottrine religiose “sono tutte illusioni, indimostrabili, e nessuno può essere costretto a ritenerle vere e a credere in esse. Alcune di esse sono così inverosimili che…possiamo paragonarle a deliri” (p. 25).
Le rappresentazioni religiose sono “assiomi, asserzioni su fatti e situazioni della realtà esterna (o interna), che comunicano qualcosa che non si era trovato da sé, e che pretendono si abbia fede in loro” (p. 19) Eppure preziose perché umanizzano la natura, ne trasformano le forze in persone con cui si possono avere rapporti, attribuisce a queste carattere paterno, ne fa degli dèi che possono proteggere nelle difficoltà della vita. Le rappresentazioni religiose, presentandosi come assiomi “non sono sedimenti dell’esperienza o risultati finali del pensiero, sono illusioni, esaudimenti dei desideri più antichi, più forti, più pressanti dell’umanità; il segreto della loro forza è la forza di questi desideri” (pag. 24)
E poi continua con una serie di altre “sciocchezze “ sul sentimento religioso, a volte virando sulla psicanalisi per deformazione professionale tipo “ il bisogno religioso non è altro che l’evoluzione del bisogno che il bambino ha della protezione del padre, ossia un sentimento che viene conservato nell’età adulta dall’angoscia che si prova di fronte allo strapotere del fato”, a volte con rilievi che per sinteticità e pregnanza paiono risolutivi.
Settembre 4th, 2013 at 4:10 am
PS: poi, così per dire, non è molto elegante che ogni volta mi devi ricordare che non è elegante avere certe fisse… Non sono capace di avere un pensiero “mio”, però sono capace di reagire al pensiero altrui, cioè di correggere il pensiero di x con il pensiero di y e il pensiero di y con il pensiero di z, e così via. La cosa mirabile è proprio questa: pensare fino in fondo il pensiero altrui e guardare al presente con i propri occhi.
Settembre 4th, 2013 at 11:23 am
Ciao Hmsx, non fare la vittima (@ 18) usando argomenti inesistenti. In questo caso, e sottolineo “in questo”, la tua ineleganza non era -solo- avere “certe fisse” come tu stesso indulgentemente ti riconosci, ma, come detto nel PS di @ 12, cercavi di accollarle al povero Sigmund che, di suo, guai ne fece a sufficienza, senza bisogno di caricarsi dei tuoi.
Per favore, cerca di essere più sintetico, altrimenti mi trovo costretto a tagliare. Grazie.
Settembre 4th, 2013 at 1:46 pm
@mym(15) Se le religioni non sono tutte uguali, e verticalmente, ha senso ricercare/leggervi somiglianze? Se invece non ci sono santi e religioni il discorso cambia…
@HMSX(16) Non difendo Paolo. Ma “il clero” non è “il prete”. Poi – per chi crede – Tommaso ha davvero messo la mano nelle piaghe di Cristo vivo e risorto.Mi trovi abbastanza d’accordo sul fatto che la Chiesa e Paolo propongano un Dio diverso rispetto a Cristo. Ma chi lo sa? E’ una religione rivelata…
@mym(15) < 500 car.:-)
Settembre 4th, 2013 at 4:17 pm
@ 20
1) forse un domani avrà senso (al limite pure oggi, come gioco di nicchia). Ora, imho, sarebbe più importante vedere bene come dove e perché sono diverse.
Senza sventolare la bandiera “i campioni siamo noi, ma chi … ?!”.
2) 495
Settembre 8th, 2013 at 8:39 pm
Scusate il ritardo, ero in ferie. Spero di non arrivare fuori tempo massimo. Certo che Freud parlava male delle altre religioni, aveva la SUA da spacciare, l’unica VERA, scientifica perbacco! Quello che scrive circa l’indimostrabilità delle religioni si applica perfettamente alla psicanalisi: pagine e pagine di ri-narrazione mitologica, con poca o nulla evidenza fattuale. La libido, il complesso di Edipo, la rimozione, esistono per chi ci crede, come i troni, le dominazioni, gli spiriti degli alberi…
E’ interessante che Sigmund sia spuntato insieme a Saulo. Solo entrambi ebrei eretici, che tentano di rileggere la Torah e venderla ai gentili. Freud vedeva se stesso come un nuovo Mosè, tavole della legge, barba profetica e tutto quanto…
Se Cristo non è risorto dai morti la nostra fede è vana…cioè non crede già più nel Dio di Israele? O ha già cominciato a sostituire il Padre ingombrante e legiferatore col più mite Figliulo?
Settembre 8th, 2013 at 9:34 pm
Ossia (in sintesi): non è la Torah ad essere il frutto di proiezioni del subconscio, piuttosto è la descrizione freudiana della mente ad essere una revisione dell’ebraismo, secondo categorie a lui contemporanee (nel caso di Freud lo scentismo di inizio 900). E da questo punto di vista lo vedo molto vicino a Paolo.
Sorry for multiple posting…
Settembre 9th, 2013 at 4:03 pm
>Scusate il ritardo, ero in ferie. – eh sentivamo proprio la mancanza… 🙂
1. Freud non parla male delle religioni, ma le separa dalla spiritualità che è cosa diversa e alla quale è da ricondursi la psicanalisi.
2. Dimostra l’esistenza dell’inconscio, un dato fattuale. La libido c’è.
>E’ interessante che Sigmund sia spuntato insieme a Saulo.
Infatti, ma Paolo fa credere ad altri una cosa che non c’è mai stata, e a cui non crede egli stesso, ovvero la resurrezione, dunque agisce in mala fede; Freud non inventa dogmi, è aperto al confronto e alle critiche, giunge per via psicologica a cogliere talune verità religiose. La costruzione della seguente frase: “O ha già cominciato a sostituire il Padre ingombrante e legiferatore col più mite Figliulo?” , per esempio, rivela semplicemente un delirio: una ossessione individuale.
Freud pone interrogativi seri: “Come diavolo concilia ciò che viviamo in questo mondo…con il Suo postulato di un ordine morale universale?”
Insomma, un Dio per adulti è una cosa, la Torah, invece, è solo un gioco per bambini e se ne conoscono di migliori.
PS: Il giudaismo è pure peggio del cristianesimo.
Settembre 9th, 2013 at 4:51 pm
Ciao aa, questa volta i tuoi @ 22 e 23 li trovo molto interessanti. Secondo me quando si scrive di ciò che si conosce ci si guadagna, almeno, in stile.
Ciao Hmsx, @ 24. Prima di definire gioco per bambini (quali -plurale- sarebbero quelli migliori?) un testo che da tanto tempo è studiato e apprezzato da tante persone ci penserei 100 volte e poi lascerei perdere, per dirla secondo Confucio.
Mi pare che Freud abbia appena preso un paio di bordate sotto la linea di galleggiamento…
Curiosità1: quali sarebbero le “verità religiose” a cui Freud arriva “per via psicologica”?
Curiosità2: e se la libido appartenesse alla stessa sfera della fame e della sete? Ovvero con il fantomatico inconscio non c’entrasse nulla?
Settembre 9th, 2013 at 5:05 pm
Ciao HMSX, lo so, lo so che vi mancavo, non scrivo mai 😉
Non so dirti se Freud in persona era aperto o no al confronto, posso dirti che per esperienza gli psiconalisti non sono molto inclini a mettere in discussione le basi della loro disciplina. Se ci provi, in genere ti dicono che hai avuto problemi con la mamma. Qualunque cosa uno dica o scriva può essere letta come un “delirio individuale”, dipende da chi ha il coltello dalla parte del manico, o sta dalla parte giusta della chaise long se preferisci. Molte volte è puramente una qustione di potere.
Forse la psicanalisi ha a che fare con la spiritualità, ma con la scienza ho i miei dubbi. Non è falsificabile; è una teoria generale dell’uomo costruita su una serie di casi clinici (soprattutto donne della borghesia austriaca).IMHO è soprattutto di interesse antropologico, e francamente comincia a diventare un capitolo della STORIA dell’antropologia.
PS: la psi in certe sue declinazioni è la peggio di tutte. Specialmente perchè NON SA e NON AMMETTE di essere una religione.
Settembre 9th, 2013 at 5:14 pm
Lo si può vedere gratuitamente qui
Settembre 9th, 2013 at 5:36 pm
@ 25: e bhe sì si guadagna almeno in chiarezza (si spera). Riguardo alla libido è bene chiarire che Freud ipotizzava che esistesse una sorta di “energia” psichica che, se non sfogata per via sessuale, doveva trovare un’altra via attraverso cui incanalarsi, e sulla base di ciò spiegava tutta una serie di fenomeni ed attività umane, dalla religione, all’arte, fino alla psicopatologia. Questo modo di vedere riflette probabilmente una dinamica realmente presente nella società del suo tempo, fortemente sessuofobica e repressiva, ma non credo sia generalizzabile più di tanto.
Provate a fare un esperimento e ad immaginare un confronto tra uno psicanalista e, che so, un cacciatore raccoglitore animista della Nuova Guinea….
Settembre 9th, 2013 at 6:00 pm
Non so che cosa ne pensi il raccoglitore animista ma essendo evidente che, in condizioni standard, il corpo umano produce energia, poi se ne può fare vario uso.
Specie in gioventù se ne produce molta…
Settembre 9th, 2013 at 7:23 pm
L’esperimento del cacciatore raccoglitore guineiano voleva sottolineare il fatto che la psicanalsi è strettamente collegata ad un certo contesto culturale, fuori dal quale perde di senso. E’ parte integrante della storia europea ed occidentale. Quelli che Freud riteneva aspetti fondamentali dell’essere umano, inalterabili, erano aspetti contingenti del suo tempo, e sono difatti mutati.
Settembre 9th, 2013 at 7:26 pm
Sì, tentavo di dire una cosa simile (nel suo contrario) coinvolgendo il cacciatore: anche per lui come per me la produzione d’energia da parte del corpo/mente è un fatto, come pure che anche il suo corpo in gioventù ne produceva molta.
Settembre 9th, 2013 at 8:07 pm
Certo ma quello che cambia è l’interpretazione che viene data di quel dato “biologico”. Ora il punto secondo me è che mentre ci sono buone ragioni per sostenere che, per esempio, la teoria della relatività sia una descrizione del cosmo più accurata dei miti della creazione delle culture animiste, ciò non vale per la psicologia, se con quest’ultima si intende una descrizione dei vissuti umani e del significato soggettivo ad essi attribuito. In che senso le spiegazioni psicanalitiche sono “migliori” o “più accurate” di quelle animiste? Se il nostro Guineiano si sente poco bene va dall’uomo medicina, che fa il suo bravo rituale, e magari lo guarisce. Forse più frequentemente di quanto non accada a noi andando dallo psicanalista. Dire che la guarigione è un frutto della “suggestione” è un pregiudizio culturale. Anche la psi agisce in virtù di una suggestione e della convinzione, condivisa dal paziente e dal terapeuta della veridicità ed efficacia dei modelli utilizzati. Non c’è differenza IMHO rispetto allo sciamano.
Settembre 9th, 2013 at 8:15 pm
E’ facile ridicolizzare le credenze altrui, magari dei “popoli primitivi”. Può essere che a un Guineiano il complesso di Edipo paia talmente inverosimile che…possiamo paragonarlo ad un delirio. Invece che la foresta sia viva e ti ascolti e ti guardi…vai a viverci per un due-tre anni vivendo di caccia, poi vediamo quanto ti fa ridere l’idea.
Settembre 9th, 2013 at 8:57 pm
Prima di definire la Torah un gioco per bambini mi sono letto Spinoza. “Non c’è dunque da meravigliarsi se dell’antica religione non sia rimasto altro che il culto esterno (col quale il volgo sembra adulare Dio più che adorarlo), e se la fede non sia ormai altro che credulità e un insieme di pregiudizi”.
Una entità esterna, YHWH, detta direttamente a Mosè la Legge. – Ma perché ci si appassiona a letture così?
Condivido il 26 e 27 e 31. La psicanalisi non è una scienza, ma una modalità storica di descrivere l’anima. Alcuni uomini, autonominati psicanalisti, hanno tentato, in una data epoca e con gli strumenti che hanno legittimamente escogitato, di descrivere la psiche. Quelli che pensano che la psicanalisi abbiano colto la struttura oggettiva della psiche sono…matti. 🙂
Settembre 9th, 2013 at 9:01 pm
A mym @ 25
Tutte le religioni concordano sulla “divina” essenza della specie umana, intermediaria dell’infinito, e sulla solidarietà. Cioè, esprimono in questa “certezza etica”, un dover essere. Epperò bisogna capirsi. Il legame con gli altri membri della specie è una cosa che, nell’individuo, trascende l’individuo. Ma fin dove? Questo è il punto. Che non autorizza una visione totalizzante in tale chiave. Nè a credere a tutto ciò che si vuole.
Anche perché “certezza etica” potrebbe venire dal basso, invece che dall’alto.
Settembre 9th, 2013 at 9:05 pm
E sono molto stanco perché leggo male. @33 è ‘abbia colto’, e @34 “perché LA certezza etica”
I refusi mi fanno soffrire tanto.
Settembre 9th, 2013 at 11:11 pm
Sì, se la varie descrizioni della mente venissero intese come “modelli” , senza alcuna pretesa di assolutezza, il discorso potrebbe stare in piedi ed avere una sua validità. Certi indirizzi hanno un taglio più pragmatico della psicanalisi ed un campo di lavoro decisamente meglio delimitato. Ma IMHO resta il problema di base, ossia che l’uomo non si salva nel finito. Più ci sguazzi e ti ci rigiri più la tela ti si stringe addosso. Ecco perché IMHO il famoso adagio per cui “se non vi fosse un incondizionato non vi sarebbe liberazione dal condizionato” è alla fine una semplice constatazione empirica. Sublimazione? Distacco ed evitamento? Sarà, ma non mi pare che le alternative più prosaiche diano grandi risultati. Provare per credere…
Settembre 10th, 2013 at 9:28 am
Constatazione empirica che è anche evidenza sociologica. Siam pieni di psicologi, educatori, pedagoghi, esperti di settore, eppure più infelici ed angosciati che mai. Gli stessi psicologi lo sono. Certo non è mica tutta colpa della psi, ma essa è parte del sistema e non si sogna di metterlo seriamente in discussione, anche perchè ne condivide i presupposti e ne ricava vantaggi anche economici. Sì perchè alla fin fine è una faccenda di sordi.
Anche per Paolo lo era (anche se non pro domo sua). Ma direi che la psicologia paolina ha retto di più e dimostrato una maggiore efficacia nel tempo di quella freudiana, che non è durata manco un secolo.
Settembre 10th, 2013 at 2:30 pm
Il commento 37, IMHO, è scemo, e sono un po’ stanco di argomentare l’ovvio. Rispondo al 36 ché c’è qualcosa da mordere.
>“se non vi fosse un incondizionato non vi sarebbe liberazione dal condizionato”
Ben detto, però, perché sarebbe un problema il fatto che l’uomo non si salva nel finito? Ah, già, la “psicologia” paolina, quella che “ha retto di più”.
Paolo crede di salvarsi nella fede in Dio, ovvero nello spiritualismo inteso come monismo onnicomprensivo al di sopra di tutto. Paolo interiorizza l’uomo perché l’interiorità è la verità e la verità è Dio. D’accordo. Ma non c’è solo quello, anzi, ce n’è poco rispetto al resto. E chi trova un altro Dio non trova questa salvezza. “Salvezza”, del resto, che la psicanalisi ha elaborato come “guarigione”.
C’è troppa teleologia nello sguardo degli psicanalisti, troppo desiderio che la fine si traduca in un fine. Dove sta scritto che bisogna vivere una vita da ‘sani’?
Agli psicologi ed esperti di settore che vogliono accreditarsi come scienziati rispondo con le parole di Husserl “La soggettività non può essere conosciuta da nessuna scienza oggettiva”. (in La crisi delle scienza europee)
Settembre 10th, 2013 at 2:31 pm
PS: La ‘Etica buddista’, in “La via libera” è scritta da Dio. Sono a pag. 63. Notevolissima. Dovrebbe invitarti da Fazio, altro che chiacchere, altro che il pane di ieri.
Settembre 10th, 2013 at 4:18 pm
Mah dire che un post “è scemo” non è granchè come obiezione, specie se non si spiega il perchè lo si trova tale. E’ solo leggermente meglio di scrivere “non ti rispondo perchè tu personalmente sei uno sciocco”.
[Commento editato su richiesta dell’autore. mym]
Settembre 10th, 2013 at 4:19 pm
@ 39: Da Fazio? Hai voglia di scherzare. Il buonismo da messa laica di quel salottino mi fa venir l’orticaria.
@ 38: Il commento 37 non è scemo, se lo sai leggere: se è legittimo tirar in ballo Freud parlando di Paolo… idem il contrario. E siccome si parla di “cura” i paragoni sono sull’efficacia.
Affinché una cura possa avere successo di massa bisogna trovare i malati e convincerli che così come sono sono sbagliati/in peccato ecc.
A mio vedere, Paolo più che esser diventato cristiano ha reso (fortemente) paolino il cristianesimo.
Questo non è -in toto- un male: molte sue intuizioni sono profonde, autenticamente religiose. Di queste il cristianesimo si è giovato.
Settembre 10th, 2013 at 4:46 pm
…A mio vedere, Paolo più che esser diventato cristiano ha reso (fortemente) paolino il cristianesimo.
Questo non è -in toto- un male: molte sue intuizioni sono profonde, autenticamente religiose. Sono d’accordo. Il problema è che il cristianesimo non paolino è divenuto talmente marginale da rendere molto difficile, anche se non impossibile, stabilire dei confronti.
La cosa a mio modo di vedere paradossale, è che a giudicare da diversi logion gesuani si potrebbe azzardare, con molta cautela, che la predicazione del Rabbi andasse in una direzione del tutto differente dal voler far sentire tutti sbagliati/peccatori…
Settembre 10th, 2013 at 4:52 pm
Anch’io, dovendo fare una scelta secca, preferisco di gran lunga il Rabbi.
“Logion gesuani” was ist das?
Settembre 10th, 2013 at 4:55 pm
Ah, trovato:
“un logion di Gesù è da ritenersi originale, quando non lo si può ricondurre né all’ambiente ebraico né alla vita e all’insegnamento dei primi cristiani, e se segue anche il criterio del riferimento multiplo (più di una fonte originale) e della coerenza del logion, con altre parole di Gesù che si sono dimostrate originali” (cfr. Wiki).
Son proprio un ignorante.
Settembre 10th, 2013 at 7:20 pm
Fazio sarà un buonista, ma fa vendere un sacco di libri… e caro mym, non lo dico per adularti o cose così, ma sei un talento puro (poi dice perché l’editoria è in crisi…)
Il commento 37 è scemo perché la “psicologia” paolina è in crisi da 500 anni, ovvero dalla Riforma di Lutero, mentre i concetti che Freud ha formulato,le parole che ha scelto per esprimerli, sono entrati con naturalezza nella lingua vivente. Hanno colonizzato tutti i campi del sapere: arte, scienza, storia delle religioni etc. Anche se il futuro riplasmerà i risultati delle sue ricerche, la sua opera ha lasciato, e lascerà, una impronta profondissima.
(Magari mi sbaglio e fra duemila anni Paolo sarà sceso in terra a giudicarci tutti. Magari il mite Figliuolo instaurerà un regno di pace e armonia e saremo per sempre salvi. Perché dare credito alla ragione? Si può prendere sul serio un Freud che profetizza una maturazione dell’umanità tale da liberarla dal giogo della religione?)
Settembre 10th, 2013 at 7:23 pm
Per quanto riguarda l’efficacia della cura, c’è da dire che la psicanalisi ha smascherato la falsa coscienza del cristianesimo. L’umanità non è protetta da un dio, non ha alle sue spalle un ordine, non c’è una astuzia segreta che porta a naturale composizione pensieri e passioni, uomini e dèi.
Grazie a Freud sappiamo che le leggi della rappresentazione del mondo sono dettate dall’Io, non dalla natura né da Dio. E scusate se è poco.
Settembre 10th, 2013 at 8:10 pm
Grazie a Freud? Tze!
Eppure qualche cosa pare che leggiucchi anche tu… 😕
@ 45: come sai, il libro non è in vendita (chiediamo solo un piccolo obolo per le spese postali, vero?), per cui da quel Fazio/Vespa che ammicca a sinistra andrei per nulla.
Faccio già -possibilmente tutto il dì- una sorta di spettacolo. Senza pubblico.
Settembre 10th, 2013 at 10:59 pm
HMSX, sarò anche scemo, ma non capisco proprio perché mai la riforma luterana debba essere considerata un punto di arresto o di decadenza del pensiero di S.Paolo. Ma come? Paolo, soprattutto la Lettera ai Romani, sono la colonna portante del Luteranesimo! Il Sola Fidei ecc. ecc. da dove credi che venga? Le lettere di Paolo sono più care ai Luterani dei Vangeli.
La psicanalisi ha solo sostituito una falsa coscienza con un’altra, non ha tolto nessun giogo, piuttosto l’ha considerevolmente appesantito e soprattutto ha creato una nuova casta sacerdotale, che vorrebbe tenere le redini. Peraltro non direi proprio che Freud abbia introdotto una distinzione tra Io e natura, dal momento che il suo obiettivo era precisamente quello di giungere ad una descrizione naturalistica dell’Io. Era un Neurologo, ha fatto la tesi da laurea sul sistema nervoso dei pesci! Il suo pensiero è stato certamente una pietra miliare, ma, per moltissimi aspetti, IMHO, risente pesantemente di pregiudizi eurocentristi e colonialisti, ed è improntato ad un paradigma scientifico ottocentesco. Infine, non mi è chiaro se tu hai una qualche esperienza concreta, diretta, di come funziona tutto il procedimento…
@ Mym: macchè Fazio/Vespa, punta in alto, vai da Crozza!!!
Settembre 11th, 2013 at 12:30 pm
Freud: ah ora ho capito yah! Padre celeste con parpa bianka è solo proiezione di frustrazione infantile, ti pimpo ke fuole matre per se e fiene osteggiato da Padre che lui infidia
Y: Sarà sarà, sta di fatto che tu sei sempre roba mia…sai come la chiave è legata allo scrigno, così è il pololo eletto e la Legge, legati insieme per sempre
F: Nein! Tu non zei nei cieli, zei zolo insubkonscion, non zei reale
Y: Sì forse, forse, ma anche da qui comando io. Puoi dire o fare quello che vuoi, non sarai mai come i Cananei, che mangiano e bevono e se ne stanno tranquilli
F: Skrifero lipri monumentali per kancellarti da die welt!
Y: Fai pure. Anche se non te la leghi più alla testa, ce l’hai comunque dentro alla testa la Torah. Comunque non preoccuparti, vi amo proprio per questo, perchè siete dei ribelli
F: ARRGGH! -fuma ennesimo sigaro-
Y: guarda che ti fa male, viene il cancro alla bocca…
Settembre 11th, 2013 at 1:07 pm
La Riforma è stata una delle tappe principali della parabola discendente del cristianesimo corrispondente alla parabola ascendente della laicità. Attraverso Lutero e la Riforma si è approdati al libero pensiero e alla critica. Per Max Stirner segna addirittura la fine del Medioevo, nonostante i luterani.
Se ne so un po’ più di te che sei “accreditato” ed hai “esperienza diretta del procedimento” è perché non ho mai avuto difficoltà religiose. Sin da bambino non ho mai dedicato tempo e attenzione a concetti come “immortalità dell’anima”, “redenzione”, “aldilà”, rifiutando in blocco l’idea che la natura sia espressione della bontà e provvidenza di Dio, o che la Storia sia la realizzazione di una ragione divina e testimonianza costante di un ordine etico o di finalità etiche ultime. Mai stato così superbo da credere che tutto il creato abbia come centro e fine l’uomo, e “ora sono uno splendido quarantenne!”(cit)
Freud non è responsabile dell’uso che gli addetti del settore fanno delle sue scoperte.
>non direi proprio che Freud abbia introdotto una distinzione tra Io e natura,
Io direi proprio di sì. Ma non intendo spiegarlo. Non mi piace cucinare pappette per bocche sdentate.
Settembre 11th, 2013 at 1:11 pm
Eeeh Hsmx, se usi quei toni e quegli argomenti (ne so più di te, bocche sdentate…) sei alla frutta.
Dai, se ti sdrai sul lettino aa ti dice che cos’hai che non va… 😛
Settembre 11th, 2013 at 2:33 pm
Io sarei alla frutta?
Quello se ne esce con un “non mi è chiaro se tu hai una qualche esperienza concreta, diretta, di come funziona tutto il procedimento…”
Insiste a spiegare ammè che la psicanalisi non è una scienza oggettiva; è un esperto della materia però i suoi colleghi sono infelici e angosciati quando Freud, ne Il disagio della civiltà , spiega perché il risultato della maturazione di un uomo- l ‘adultità’ – è la coscienza infelice; si preoccupa del fatto che non c’è salvezza nel finito e attacca col solito copione recitato a braccio che solo nella Parola c’è la salvezza perché “la psicologia paolina ha avuto maggiore efficacia nel tempo di quella freudiana”, e i luterani – questi sconosciuti – idolatrano la Lettera ai Romani.
L’ultima volta che mi sono sdraiato su un lettino ho mandato il mio psicanalista… dallo psicologo. La scena è che ero io psicanalizzarlo, a “curargli l’anima”; non solo, ma nello stesso periodo, nella terapia di gruppo, c’era un pretino esperto di letture paoline che soffriva di ansia da prestazione – eh, chi non conosce il panico prima della messa! – e quando gli muovevo le obiezion,i che sapete, si tappava le orecchie e chiudeva gli occhi.
Mo’ mi vado a prendere un drink, ché stamattina sono stato in bamca. 🙂
Settembre 11th, 2013 at 3:01 pm
Tutti siamo sdentati in rapporto a qualcosa, chi questo chi quello, non ci sono storie. E non preparare la pappetta per chi non ha da masticare non sempre è utile, qualche volta è un’azione nella logica di Pantalone.
Secondo me il punto non è chi ha “la psicanalisi più grossa” (o quella più consolatoria o falsa ecc). C’è gente che ha vissuto una vita piena leggendo (anche) Paolo. Facendo perno su quanto detto dal Freud, non so.
Settembre 11th, 2013 at 5:35 pm
State diventando tutti così saggi che…
In effetti giocare a chi l’ha più grosso (lo zen, la psi ecc.) è l’uscita peggiore.
L’autrice dell’articolo ha provato un paio di volte a postare un commento ma è stata intimorita dalle… misure esibite dai cerberi che frequentano il blog.
La invito nuovamente, ma fate i bravi, por favor.
PS: Hmsx @52, una curiosità: se “il risultato della maturazione di un uomo- l‘adultità’ – è la coscienza infelice”, visto che è l’adultità ciò a cui tende la psicanalisi… allora la psicanalisi è la causa efficiente dell’infelicità, una fucina che produce disperati. Sic stantibus rebus la psicanalisi o è un’anticamera della religione oppure del suicidio.
Che ne dici?
Settembre 11th, 2013 at 7:29 pm
Secondo me è l’anticamera di una nuova religione che per comodità definiremo ‘religione laica’.
Invito l’autrice a intervenire. L’articolo è veramente interessante.
Pace e bene.
Settembre 11th, 2013 at 7:47 pm
… basta che non diventi alla fine una Chiesa laica con i suoi preti laici…
Settembre 11th, 2013 at 8:33 pm
Ma guarda HMSX che io non voglio spiegarti nulla, assolutamente, ci mancherebbe altro. Come potrei, data l’abissale differenza di intelligenza che ci separa? Mi domando piuttosto come mai tu non abbia ancora dato alle stampe qualcosa.
Veramente non credo che solo nella Parola (con la maiuscola o senza) ci sia la salvezza, al contrario, penso che essa stia nel silenzio. Anche per questo il metodo psicanalitico mi lascia molto perplesso.
Settembre 12th, 2013 at 12:00 am
Ma guardsa aa, sembrava proprio che ci tenessi a spiegarmi a 23, 26, 27, 31, 36, 37, 48 e ancora a 57! che la psicanalisi non è una scienza oggettiva, nonostante il mio 24 e il 38.
Eppoi, chi te lo dice che io non abbia pubblicato niente? Cosa ne puoi sapere?
‘Ste malignità travestite da ipocrita umiltà te le puoi pure risparmiare, va’. Anzi, perché non te ne stai un po’ silenzio? Invece di impugnare la penna, magari te leggi “L’impero dei segni” di Barthes. Così – forse – prima di aprire bocca, o di scrivere altre oscenità, ci pensi, e te stai zitto.
Dopo questo scambio indecoroso, in cui è possibile mirare in nuce la tipica viltà della psicologia cristiana, invito l’autrice a postare qualcosa, senza temere alcunché, perché non mordo. Magari si esce da questo loop e si prova a dare slancio al dibattito.
Settembre 12th, 2013 at 9:43 am
Ma no ti assicuro, cercavo solo di avere lumi da te, di carpire qualcosa della tua sconfinata sapienza. Con i miei mezzi limitati è ovvio. Non mi stupisce quanto mi racconti di come è andata la tua psi; è così che accade quando una mente superiore si deve “confrontare” con altri. Però non mi risulta che qui tu abbia il diritto di stabilire chi deve parlare e chi no…certo, sarebbe naturale che fossi tu ad avere questo ruolo, ti spetterebbe di diritto
Settembre 12th, 2013 at 10:50 am
La draghinassa e il fioretto. Sansone e Rafa (Nadal)…
Gli incontri tra personaggi (molto) facondi ricordano le grandi nubi bianche che il vento arruffa.
Temo che l’autrice continuerà a girare alla larga.
Settembre 12th, 2013 at 11:34 am
Ma piantala! Te ne esci con un “sarò scemo ma non capisco come Lutero e bla bla”, te lo spiego, e invece di dire “ma grazie anche oggi ho imparato qualcosa” , te ne esci con la storia del silenzio. E questo sarebbe il confronto? Stare in silenzio dopo essere stati sbugiardati?, o, peggio, giocare la carta della falsa umiltà quando è evidente che esiste una gerarchia delle intelligenze e che gli uomini non sono uguali.
> Però non mi risulta e bla bla,
È evidente che hai delle difficoltà nella comprensione del testo e non voglio infierire.
Gentile autrice, temo che la sua scelta di girare alla larga sia molto saggia. Farò lo stesso anch’io.
Settembre 12th, 2013 at 2:56 pm
VA bene, HMSX, la pianto, se ti ho offeso con quanto ho scritto mi scuso. Sinceramente io la trovavo una bella conversazione, e ho anche apprezzato diverse cose che hai scritto. Per me è stata utile. Non ho capito, te lo dico sinceramente, perchè a un certo punto tu ti sia alterato. Potrebbe essere che io abbia inteso male alcuni concetti da te espressi, e che quindi per conseguenza ti abbia dato delle risposte che ti sono sembrate poco sensate. Può succedere, non volevo assolutamente essere maligno. Se ti ho chiesto se avevi esperienze dirette della psi è perchè onestamente non conosco NESSUNO che mi abbia detto, sì sono stato in analisi e ne ho tratto un gran beneficio, mentre conosco tanti “entusiasti” che non ci sono passati.
Settembre 12th, 2013 at 3:38 pm
Anzi guarda, se capita ti offro mezza bottiglia di Amarone Montresor, 2008, che tanto me l’ha regalata un paziente :). Sicuramente meglio sia di Freud che di S. Paolo.
Per quanto riguarda la religione che ce l’ha più lungo, purtroppo non c’è storia: è ormai stabilito che si tratta del Rastafarianesimo Jamaicano. Le argomentazioni dei Rasta sono solidissime, inoppugnabili
Settembre 12th, 2013 at 3:42 pm
Rastafarianesimo? Tze! Vorrai dire Pastafarianesimo… 😉
Settembre 15th, 2013 at 8:27 am
Per un attimo pensavo di essere finito su Yahoo! Answers 🙂
E’ un peccato che l’autrice non si sia unita al discorso, sicuramente veniva fuori qualcosa di costruttivo
Settembre 16th, 2013 at 10:47 am
Eccomi qua finalmente!
Ho seguito con attenzione il dibattito che l’articolo su Paolo ha suscitato (particolarmente vivo!)
La mia impressione è che dicendo: “è così/non è così” oppure “è giusto/è sbagliato”,” la religione è un’ illusione dell’umanità”, “questo è bianco/questo è nero”, il rischio è che si reifichino dei concetti.
E che alla fine si scada in un discorso “religioso” dove per “religione” intendo ogni tipo di discorso di tipo morale e dogmatico, in senso lato.
Dal mio punto di vista, come ho scritto anche nell’articolo, mi sembra che Paolo si ponga su un piano di tipo non-religioso, al di là della forma. Il mio è non un articolo antropologico o sociologico, e il mio intento non era quello di parlare di religione, di buddhismo o di cristianesimo, ma di presentare un personaggio che secondo me viveva e agiva su un piano diverso da quello ordinario. Come del resto ve ne sono tanti in altri luoghi e in altri tempi, che, al di là della forma, andavano dritti verso il contenuto.
Settembre 16th, 2013 at 10:53 am
Benvenuta Maria Alessandra.
Grazie per il commento: il resto è fuffa.
Anche se per dirlo occorre un po’ di fuffa.
Settembre 16th, 2013 at 2:28 pm
Ciao MA, direi che Paolo era un mistico, nei suoi scritti ribadisce più volte, in modo molto chiaro, che non può esprimere verbalmente il nucleo più profondo della propria esperienza religiosa. Anzi la sensazione leggendo le Lettere è che si aspetti che i lettori abbiano a loro volta tale percezione diretta. C’è un’apertura ad una dimensione “verticale” (qualcuno ha visto in ciò un influsso gnostico, specie da parte ebraica), rispetto alla quale è possibile stabile un’uguaglianza tra tutti gli uomini- in effetti non vedo perchè mai si debba vedere in Paolo un nemico della laicità. Secondo me gli si addibita ingenerosamente la responsabilità del clericalismo successivo.
Volendo fare un paragone con un autore buddista, io penserei a Santideva, per l’impostazione e i toni un pò “moralisti” e la prosa emotivamente carica
Settembre 16th, 2013 at 2:37 pm
Però del secondo ho letto solo dei pezzi di traduzione di un’opera molto più lunga (sul Gnoli I) quindi può essere che mi sia fatto un’impressione sbagliata…
Settembre 16th, 2013 at 4:29 pm
Gesù com’èccolto quest’uomo! 😛
Però su Paolo/gnostico a parer mio ci prendi, è un proto-plotinico… È il motivo per cui, sopra (@41) dicevo che fu Paolo a paolinizzare il cristianesimo.
Settembre 16th, 2013 at 4:56 pm
Gli ebrei non lo possono vedere Paolo; il Rabbi piano piano lo stanno “reintegrando”; ma Saulo lo odiano a morte…dal loro punto di vista ha completamente distorto la Legge mosaica, dandone un’immagine sbagliata. Date un occhio alla Jewish Encyclopedia su Internet, istruttivo IMHO.
C’è un libro molto interesante di Harold Bloom sul tema (in senso lato), mi sfugge il titolo, ma ogni tanto compaiono degli estratti su questo sito, nello spazietto della “citazione del giorno”
Settembre 20th, 2013 at 11:22 am
ops, scusate il ritardo! il post era uscito in un periodo di mia latitanza, poi era finito nel dimenticatoio. grazie mille per la segnalazione del libro. beh “rigoroso e minuzioso”, ma sapeste il lavorone fatto tra traduttore e suorina della redazione! il testo tedesco era zeppo di errori e [diciamo: imprecisioni storico-concettuali] assortite…
Settembre 20th, 2013 at 12:23 pm
>ha avuto un’accoglienza positiva
quando un test è positivo, di solito non è una buona notizia… 😀
Settembre 20th, 2013 at 12:28 pm
Grazie, grazie, in questo caso anche il papà è contento… 😕
Settembre 20th, 2013 at 1:10 pm
mi riferivo a test tipo l’Accertamento Ideale Del Soto-zen
Settembre 20th, 2013 at 1:19 pm
Grazie, abbiamo già tutto, non serve nulla …
Settembre 21st, 2013 at 8:48 pm
No mym, non hai proprio tutto: ti manca la mia approvazione! Eccola. Purtroppo non potrò essere a Milano, visti i miei consueti problemi familiari cui si aggiungono, attualmente, anche quelli economici. Ma ci sarò comunque, in spirito: lo sai che sono sempre con te!
Settembre 22nd, 2013 at 7:13 pm
Be’, allora possiamo andare, mi pare…
Grazie
Settembre 22nd, 2013 at 7:53 pm
Un annuncio: il 25, alle 19, prima della presentazione del libro, vi sarà la presentazione della mostra dell’artista Claudio Secchi. La cosa dovrebbe essere contenuta in una decina di minuti.
Settembre 26th, 2013 at 8:17 pm
[in the beginning was the sward] Quando un uomo col fioretto incontra un samurai con la draghinassa, quello col fioretto è un uomo morto.
Ciao dhr, fino all’altro ieri c’era uno che “Saulo ha completamente distorto la Legge mosaica”; epperò davanti a “il testo tedesco era zeppo di errori e [diciamo: imprecisioni storico-concettuali] assortite…” s’è ritirato in silenzio a fare penitenza. Finalmente!, si può andare a caccia di cerbiatti.
Settembre 26th, 2013 at 8:22 pm
@ maria alessandra
>“il rischio è che si reifichino dei concetti.”
È in finale come frase più scema della settimana, e forse ce la fa.
Vabbe’, il cristianesimo non è la tua materia. Proviamo col buddismo.
«In tal modo, mediante le parole del Maestro riguardanti la via sulla quale non v’è salvezza, il dolore cominciò a divenire in lei più leggero da sopportare.» (cfr. Mauricio Y. Marassi, Etica buddista, p 38 nota 32, in la Via Libera, Stella del Mattino, Perugia 2013).
Paolo è un personaggio che viveva e agiva nella menzogna. Gesù non è risorto, dunque Cristo non è la verità. Qual è lo scopo della sua predicazione? Cosa promette? E il buddhismo?
Settembre 27th, 2013 at 11:57 am
Hai di nuovo consumato una cena pesante…
Vabbe’, si sa che stabilire l’intelligenza e la stupidità altrui è una delle attività precipue delle persone intelligenti per cui: pazienza.
Settembre 28th, 2013 at 12:56 pm
@aa Per esperienze dirette della psi è sicuramente vero che hai inteso male i concetti da me espressi. Onestamente non conosci nessuno che sia stato in analisi contro la sua volontà, fingendo un esaurimento nervoso solo per giovare ai dementi del gruppo d’ascolto, psicanalista compreso. (100 euri senza fattura. ore da cinquantaminuti.)
Secondo il comportamentismo, per dire, l’assunzione di cocaina è in antitesi al processo di guarigione: «Sa com’è, ci sono una trentina di psicologie, e una mezza dozzine di psichiatrie…»
L’orrido Paolo: «La cura dell’anima è “il mondo gira intorno a me!”»
iI medico dice «inguaribile», il filologo «imbroglio».
VA be’, «Dio perdona a colui che fa penitenza» – in parole povere a colui che si sottomette al prete…-
Settembre 28th, 2013 at 12:57 pm
@ massimo, 56.
La religione laica – una religione della terra e del corpo, della vita breve, effimera, caduca; del divenire incessante, della vita che supera se stessa, si potenzia, decade e si rinnova nelle stesse forme – è una conquista storica ma sempre individuale, non può essere un fenomeno di massa come le altre religioni.
Ottobre 3rd, 2013 at 6:55 pm
Lo presentiamo anche a Rimini?
Se sì, fammi sapere come fare e i costi.
Grazie.
Nello
Ottobre 3rd, 2013 at 8:04 pm
Ti ringrazio Nello, apprezzo la tua generosità: organizzare queste cose costa lavoro e grattacapi. Il fatto è che il libro è praticamente esaurito, se le presentazioni generassero richieste dovremmo lasciarle inevase.
Inoltre la -diciamo- volontà politica del presentatore non è indirizzata al mostrarsi in pubblico.
PS: sarò off line un paio di giorni.
Ottobre 7th, 2013 at 9:49 pm
olé!!!
Ottobre 8th, 2013 at 11:44 am
Y… nada mas?
Ottobre 9th, 2013 at 10:12 am
Vuoi un “mas”? Eccolo: quando sarai famoso e osannato in tutto il regno sul quale non tramonta mai il sole (cfr. Carlo V), non dimentircati dei vecchi, umili amici di oggi!
Ottobre 9th, 2013 at 11:01 am
Dei vecchi mi ricordo facilmente, degli umili… s’è visto poco ultimamente … 😕
Ottobre 10th, 2013 at 7:35 pm
Ohhh… Ammetto che una battutina sull’umiltà me la aspettavo. Sono troooppo intelligente! -tanto per restare in tema…
Ottobre 22nd, 2013 at 10:41 am
E insomma, si contano gli anni anche quando hanno smesso di cumularsi. Trovo giusto: la memoria, anche dello “spiacevole”, dimensiona il presente, ri-presentando il passato come tempo attuale. L’oblio è l’anticamera della ripetizione degli errori. Grazie dell’occasione di un vivo ricordo.
A margine, mi pare che il modo di contare partendo da uno, non sia poi così peregrino: lo zero non è un’entità divisibile e dunque come si passerebbe dall’anno zero all’uno? Di questo c’è un eco anche nel nostro modo di contare: parliamo infatti di “compleanno”, anno compiuto, rivelando che contiamo ciò che è finito, non quello che è in corso.
Ottobre 22nd, 2013 at 4:47 pm
Mi consenta, reverendo, ma per “passare” da zero a uno si potrebbe aggiungere uno a zero, se non ci cascasse dentro. Più difficile troverei invece contare lo zero, che come quantità contabile mi difficolta un po’.
Per cui: vero, persino i giapponesi hanno una ratio, contano direttamente l’uno, lasciando perdere le quisquilie, lo zero ecc.
Ottobre 23rd, 2013 at 12:26 pm
Mi unisco al ricordo di Daido che non ho mai incontrato personalmente ma che anche solo dalla sua immagine sprigiona simpatia e semplicità, due qualità sempre apprezzabili.
Nello
Citare il “punto zero” di Deshimaru…sarebbe come accendere una miccia e la accendo.
Ottobre 23rd, 2013 at 12:30 pm
Miccia per miccia ne accendo una anch’io: Deshimaru -mi assicurano- più che dal punto zero era attratto dal punto gi. 😛
A meno che non si parli del Punto Zero del grande Kowalski…
Ottobre 23rd, 2013 at 7:41 pm
Nella matematica moderna, cioè, a partire da Cantor, Frege, etc. in realtà il problema dello zero, dell’uno, ecc. non esiste, perché tutto è in ultima istanza zero.
Zero è l’ordinale col quale designiamo arbitrariamente l’insieme vuoto, 0 = {}, cioè quell’insieme che non contiene nessun elemento. L’ 1 sarà quell’insieme che contiene unicamente l’insieme anteriore, 1={0} oppure {{}}, 2 quello che contiene i due anteriori, 2={0,1} oppure {{}, {{}}, etc.
Gli infiniti numeri, pertanto, non sono in essenza niente di distinto da zero, da niente. Come la vita stessa… eppur si muove.
Ottobre 23rd, 2013 at 8:05 pm
Questo è parlar chiaro!
Però, non per dire, ma la vita l’ho mai vista muovere, io.
Cioè, per dire: non l’ho mai vista proprio.
Ottobre 24th, 2013 at 10:29 am
Eppur si muore… come direbbe il Daido se dicesse, chissà…
Punto zero, zero e punto… W Kowalsky e l’immenso Super Soul!
Ottobre 24th, 2013 at 11:41 am
Sulla tragica america ha detto molto bene il grande Terzani.
Poi, c’è la trasfigurazione del senso…e questa può essere ovunque.
Boycott america.
Ottobre 24th, 2013 at 11:52 am
Vero. La tragica America ci traccia il futuro verso il disastro certo. Corredato di lustrini e fumo negli occhi.
Nel caso di Kowalski -da parte mia- non c’era trasfigurazione, solo un poco di (sciocca) nostalgia per quando il “tanto peggio tanto meglio” aveva la capacità di entusiasmarci.
Fai bene a farci tottò, ci potrebbe cascare qualcun altro.
Ottobre 24th, 2013 at 12:30 pm
Il percorso per il disastro non c’è più bisogno di farcelo indicare dall’America, si snoda ormai fra colli romani e nebbie brianzole con la nostra correità. Senza neppure i lustrini e un po’ di fumo…
Kowalsky faceva senz’altro parte del gioco, ma almeno ci si incazzava, la musica era buona e un po’ di entusiasmo (pur se negativo) circolava: c’è illusione e illusione, non farei di ogni erba un fascio. Difficile entusiasmarsi oggi che impera il “tanto peggio ancora peggio”.
Comunque quel buco lì ormai è chiuso e nessuno ci può cascare più: ben altre voragini sembrano alle viste.
Ottobre 24th, 2013 at 1:07 pm
L’America continua ad essere avanti col programma, per es. in molti casi già non inquinano più (aria acqua ecc), si dedicano ad altro, ai droni per es. Una direzione ideale diventa una direzione morale.
Sono contento se il buco del nichilismo è chiuso, ma -almeno dalle statistiche- i suicidi dei ragazzi compresi tra il 18 e i 25 anni sono triplicati negli ultimi 10 anni.
Per dirla tutta Kowalski era pure un tossico e l’unico amico con cui scambia due parole (quello con cui fa la scommessa di farcela in 24 ore) era uno spacciatore…
PS: Terzani, buonanima, nel ritratto che ne fanno i vivi (da vivo non lo conobbi) non lo sopporto.
Ottobre 24th, 2013 at 3:28 pm
Una curiosità: c’è un legame particolare tra quanto scritto nel post e il terzo quadro del bue?
Ottobre 24th, 2013 at 4:16 pm
Bel colpo Marta. Così dovrebbero essere i commenti. Altro che quei piantagrane…
Ci sono due punti di contatto: è il terzo quadro (di 10) ovvero il numero 3, cioè 三 in sinogiapponese, per cui richiama il 三, primo segno del sankaiki. Poi …
Insomma il bue che sfugge l’ho voluto usare un po’ come la metafora della vita: andata quando uno pensa di aver appena cominciato.
Ottobre 24th, 2013 at 11:02 pm
Grazie
Ottobre 25th, 2013 at 3:44 pm
Continuo a pensare che non sia il caso di fare d’ogni erba un fascio: se quegli spioni degli americani in molti casi non inquinano più è una cosa positiva che andrebbe presa ad esempio, il che non scalfisce minimamente la condanna per l’uso dei droni che invece non va certo presa a modello.
Non ho mai inteso dire che il buco del nichilismo si sia chiuso, mi riferivo al tipo alla Kowalsky, che non mi pare più un modello per i giovani “nichilisti” odierni. Mi interesserebbe avere più lumi sulle statistiche dei suicidi giovanili, a che paese si riferiscono quelle disastrose citate in @11? Da una ricerca su internet (con i limiti di questo tipo di ricerche) tutte le fonti mi danno una lenta ma costante diminuzione dei suicidi giovanili in Italia dagli anni ’90 a oggi.
Lasciamo pure Kowalsky al suo misero destino e al meritato oblio: però, per essere un tossico con un solo amico (e per di più spacciatore) non era poi così male 🙂
Ottobre 27th, 2013 at 7:43 pm
Sì, non fare d’ogni erba un fascio è un buon modo. Per questo se mi fanno notare che “strizzare l’occhio” a Kowalski (come ho fatto) non è cosa buona su un blog di pubblica lettura lo riconosco. Per di più spostando il discorso dal “punto zero” di Deshimaru (che suppongo intendesse con ciò il “non pensiero” o simili) ad un film su un tossico suicida. Per quanto simpatico e accompagnato da buona musica.
L’America, purtroppo, continua ad essere data per scontata come esempio positivo da molte persone in Italia e fuori, non ostante Abu Graib, Guantanamo, la condanna a decine di anni di carcere a un soldatino che ha rivelato stragi di civili per le quali nessuno, poi, è stato punito, la caccia spietata a Snowden (addirittura bloccando un aereo presidenziale che si temeva lo avesse a bordo…) come se il criminale fosse lui. Ma soprattutto per la proposta di uno stile di vita di cui Bush e Berlusconi sono i campioni.
Le statistiche dei suicidi giovanili le avevo consultate lo scorso anno, riguardavano l’Europa nel suo complesso. Quando ritrovo il dato lo pubblico.
Ottobre 28th, 2013 at 8:09 am
Ho compreso, apprezzo il rigore. E’ quel che ci aspetta da chi regola un blog come questo (che poi è unico…). Come affezionato habitué mi allineo, convinto peraltro che anche agli altri aficionados e lettori non faccia difetto il sense of humor (anche se un po’ dark), inseparabile strumento dell’intelligenza che dimostra chi frequenta questo sito, nel farlo.
L’America è nata in punta di schioppo, un tragico parto. E continua su quella strada, se è vero, come è vero, che da quelle parti si valuta la libertà (anche) dal numero di proiettili che uno ha in canna. Vedo in Reagan (e nella spaventosa Tatcher) i vessilliferi in tempi recenti di un modello di vita che mortifica quel poco di buono che c’è nel genere umano e valorizza il nulla: quelli sì che sono sul serio nichilisti. Dovrebbero processarli per crimini contro l’umanità. In confronto il piccolo Kowalsky, oltre che personaggio di fantasia, è uno squinternato autolesionista.
Ottobre 28th, 2013 at 5:57 pm
@ 5: carina l’insiemistica. Facciamo però un giochino (credo risalga a Russel): chiamiamo tipo 1 gli insiemi che contengono se stessi come elemento (es. l’insieme di tutti i gruppi, che è anche lui un gruppo), e tipo due quelli invece che non contengono se stessi come elemento (es. insieme di tutte le scarpe: non è una scarpa). Ora chiediamoci: l’insieme di tutti gli insiemi tipo 2 a che gruppo appartiene? 1 o 2? 😛
Si è vecchia, ma c’ha il suo perchè IMHO
Ottobre 28th, 2013 at 5:59 pm
@ 3 anche a me la foto fa la stessa impressione…sembra la foto di uno che vorresti averci per vicino di casa
Ottobre 28th, 2013 at 6:14 pm
Il Daido per vicino di casa?
T’è andata bene 😛
Ottobre 29th, 2013 at 10:48 am
Bhè ho detto “sembra”…
@17: l’America è una follia JF. Conosco dei colleghi che hanno trascorso qualche anno in California e a Chicago (quindi in teoria in zone “civilizzate”) e mi raccontano cose allucinanti. Tipo che i messicani che attraversano la frontiera per farsi curare a San Diego (non hanno altra scelta porelli), vengono trattati come cavie umane…”ah lascia perdere di informarlo quello degli effetti collaterali della sperimentazione, tanto è un messicano”. Oppure che se esci tardi dal Mc Donald ti accompagnano alla macchina armati perchè se sbagli strada finisci male…non puoi portare una bottiglia di alcoolici in vista in macchina, pena manganellate dalla polizia ed arresto, ma ti è consentito portare un fucile!!!
Sono moooooolto più avanzati gli indiani (quelli del subcontinente asiatico intendo), il dramma è che anche loro pensano di dover imitare il modello US per essere moderni. Sono disposti a barattare la Gita per i fast food, la macchina privata (ma che sia “di marca”!), gli shopping malls e i Pizza Huts. Per quanto ho potuto vedere in India qualche anno fa, le elites indiane cercano di assomigliare agli yankees…neocolonianismo post modrno? Neanche perchè non è nemmeno più l’occidente il colonizzatore, ma uno sottospecie di scoria degradata del capitalismo, che non sa manco più cosa fa e perchè 🙁
Ottobre 30th, 2013 at 5:53 pm
Il punto zero si riferiva al mezzo, tra il + e il -, quindi è paradigma di madhyamika, Nagarjuna, Dogen e tutta una lunga filogenesi che lo ha elaborato, proposto e riproposto in questi ultimi due millenni circa fino ai “buddhisti critici”…
Bello l’intervento di aa 21, molto terzaniano. L’immagine pubblica è un prodotto, ma lui era proprio lui, vale a dire un tipo veramente gagliardo.
Ottobre 30th, 2013 at 6:13 pm
Bè, ha fatto innamorare tutta l’Europa del Dharma…e alla sua già venerabile età e in quel tempo non era una passeggiata…
Ottobre 30th, 2013 at 6:18 pm
Vero, vero.
Purtroppo molti, forse troppi, hanno pensato (e alcuni ancora lo pensano) che quel dharma fosse il dharma.
Di lì ne sono nati parecchi problemi, per quegli stessi e per chi li ha seguiti.
Ottobre 30th, 2013 at 5:57 pm
Non conoscevo l’interesse di Deshimaru per il punto gi (@4). Quell’uomo si rivela sempre più strabiliante…
Ottobre 30th, 2013 at 6:03 pm
Se dico che Deshimaru è stato il berlusca dello zen temo che qualcuno si inalberi.
Perciò: come non detto.
Ottobre 30th, 2013 at 10:03 pm
@ 22: Sì, Terzani aveva viaggiato ovunque ed era un uomo molto intelligente. Per quanto riguarda la ‘merica, ricordo lunghe ed estenuanti conversazioni con dei californiani, neanche troppo repubblicans, a riguardo della copertura sanitaria universale. Erano fermamente convinti che fosse un provvedimento “unfair” perchè, sostenevano, se sei povero e non ti puoi pagare la polizza sanitaria, è colpa tua. Per loro era immorale che la collettività si facesse carico delle cure mediche, perchè la cosa avrebbe incentivato il lassismo e punito i “virtuosi”…roba da laissez faire degli whigs inglesi del ‘700, ma per loro era chiaro, solare, che fose giusto quel modo di organizzare la società. Nessun argomento “umanitario” valeva a smuoverli: se sei un povero cristo è perchè sei un “loser” uno che non se lo merita di essere aiutato. Ci sfido che sian tutti sull’orlo del tracollo mentale, e che ci sia gente che ordina il fucile via web e va a sparare nei cinema!
Purtroppo anche noi italiani, non solo gli indiani, stiamo andando lungo quella china…
Novembre 4th, 2013 at 11:23 am
Bè, il Dharma è il Dharma al di là di Deshimaru e di chiunque…
Quando si inizia qualcosa è impossibile non sbagliare.
Sono convinto che nemmeno Shunryu Suzuki abbia indovinato tutto…vedi Baker…il suo successore.
I “problemi” vanno anche bene, l’importante è risolverli, mentre perseverare nell’errore…è un altro piano dialettico e sottilmente, impercettebilmente, velatamente…ma pur sempre egoico. Cosa lo cura? Cosa lo risolve? Qual’è il contesto ideale per la risoluzione?
Novembre 4th, 2013 at 11:26 am
Poi, mym 26, potresti enunciarne alcuni dei problemi derivati da una errata interpretazione del Dharma, sia da parte di Deshimaru, sia da parte dei successori?
Scateniamo questa “battaglia del Dharma”.
Novembre 4th, 2013 at 11:32 am
a.a.27, mi piace come scrivi. Terzani Anam, alla fine era completamente libero. Lo ringrazio per la sua testimonianza ovunque sia.
E’ tutto il mondo che si sta omogeneizzando, resiste solo l’islam con radicale e non condivisibile violenza.
Novembre 4th, 2013 at 12:39 pm
@28: no, il dharma non è il dharma “al di là di”, quelle son proprio le fantasie che spargeva il buon Deshimaru. Sono d’accordo che sia (quasi) impossibile non sbagliare. Però un conto è un errore un conto è un grave errore. Se un mercante di carbone, o di tofu, si presenta per ciò che non è, per es. un chirurgo, e pretende di saper compiere operazioni sui cervelli non compie un errore, compie un grave errore, si può dire un crimine.
Suzuki non ha indovinato tutto, e pazienza, si è però lasciato divinizzare e questo è un grave errore. Errori come questo alla lunga finiscono per distruggere anche ciò che non era errato. Mischiare l’io con il dharma inquina e non si può più parlare di dharma: una goccia di gasolio in un bicchiere di latte e … non si può più parlare di latte. Proprio perché non esiste un “dharma al di là di”, che non sarebbe inquinabile.
Novembre 4th, 2013 at 12:47 pm
@29: nooo, niente battaglie. Sono fuori allenamento: è dall’epoca di Arjuna che non combatto… 😉
Novembre 4th, 2013 at 7:49 pm
@31 giusta la tua osservazione, tuttavia io ho scritto Dharma (maiuscolo) da intendersi come ordine dell’universo, ordine delle cose. Che mi rendo conto puo’ prestarsi a fraintendimenti e hai fatto bene a correggere il tiro. Tuttavia, esisteva il Dharma prima di Shakyamuni? Certo che esisteva.
Novembre 4th, 2013 at 9:17 pm
Né prima né dopo, né con la maiuscola né senza.
Eternalismo e nichilismo non son cose buddiste.
Per cui si parla di buddha-dharma.
Dell’altro, quello con la maiuscola, il Buddha non ha mai parlato.
Novembre 7th, 2013 at 12:06 pm
Però fermarsi qui non abbasta.
Prendiamo, per esempio, l’espressione buddha-dharma e notiamo due cose: in primis non è “il dharma (o Dharma che scriver si voglia)” ma un certo dharma. A rigor di termini si potrebbe perciò dire “relativo”. Tuttavia non è il dharma del signor Siddhartha, altrimenti sarebbe una sua invenzione, un’idea, un marchingegno studiato da una persona.
Per questo, in secundis, è detto dharma di buddha, ovvero del risvegliato che sei anche tu sono anch’io, la parte universale della vita. Perciò, potrebbe pensare qualcuno, allora precede me te Siddhartha, quindi quello non è “un” dharma, ma “il” dharma, cioè il Dharma.
Meglio non pensare certe cose. Poi si finisce per credere che esista il Dharma e ci si mette al servizio di un marpione a cui, dice, quel dharma è stato trasmesso da un Maestro per cui se fai il bravo un giorno te lo passa a te così ce lo avrai anche tu.
Ma quel giorno non può arrivare perché quella cosa da avere non esiste. Esiste solo il gioco di potere che si perpetua nel desiderio, con… chiacchiere distintivo e privilegi.
Machevvelodicoaffà….
Novembre 7th, 2013 at 12:09 pm
Dovendomi adattare al tuo registro linguistico dovrei dire (assieme a una lunga tradizione prima: “Buddha non è mai nato e non ha mai insegnato nulla”.
Potrei anche dire che non esistono “cose buddhiste”.
E potrei aggiungere che il “buddha-dharma” è proprio il Dharma eterno (che non ha nulla a che vedere con il termine “eternalismo” e tanto meno con il termine “nichilismo”.
una piccola nota lessicale (ma non solo), la lineetta per separare due termini è stata abolita dai linguisti quindi si dovrebbe scrivere “buddhadharma”. (Cà Foscari docet).
Novembre 7th, 2013 at 12:14 pm
Con tutto rispetto per i linguisti, soprattutto quelli della benemerita Ca’ Foscari, l’efficacia del linguaggio (quando scrivo buddha-dharma dico una cosa quando scrivo buddhadharma posso dirne un’altra) per me viene prima.
Quanto alle cose che potresti dire: vai tranquillo, se ne sentono di tutti i colori… 😉
PS: il Buddha (maiuscolo) mai nato che non ha mai insegnato nulla non s’è mai visto (nel senso che non c’è mai stato). È della “banda” del Dharma e delle altre pie fantasie.
Novembre 7th, 2013 at 12:22 pm
Mi hai anticipato di qualche secondo…simpatico, in effetti il mio @36 è per il tuo @34.
Riguardo il termine Dharma (accademicamente e convenzionalmente parlando) si riferisce a un ambito, a una dimensione delle cose, mentre il termine dharma indica proprio i fenomeni in sè (i dharma).
Il timore del “marpione” non dovrebbe contaminare la realtà delle cose…vale a dire che la cerimonia di trasmissione della “verità” del Dharma è un preciso rituale che continua ad avere un suo significato che non può ricondursi al “marpione” di turno o supposto tale.
Purtroppo, quello che descrivi tu è piuttosto diffuso…come tante altre problematiche. Tuttavia, il Dharma, quindi Sunyata…
Novembre 7th, 2013 at 12:30 pm
Siamo nell’era della velocità…
Più o meno so che cosa indicano dharma e Dharma convenzionalmente. Ma proprio perché la cerimonia della trasmissione della “verità” del Dharma è solo un preciso rituale (confuciano per di più), produce i marpioni e i loro giochetti. Meglio non dare neanche l’impressione di credere a certe cose. Per cui “dharma” o “Dharma”, e senza badare alla convenzione.
Se qualcuno, poi, visto che non uso la convenzione non capisce e gentilmente mi interroga: rispiego.
PS: da qualche parte mi pare di aver letto: meglio non attaccarsi alla lettera ed alle parole… 😕
Novembre 7th, 2013 at 12:31 pm
Capisco la tua simpatia per i “buddhisti critici”, che esprimono una critica appunto rispettabile e con la quale confrontarsi, ma non credo esista una “banda del Dharma”…
E ti regalo delle semplici parole del vecchio e criticatissimo e osannatissimo Deshimaru:
“Indossare la veste di Buddha è essere umile e praticare con assiduità; sedersi sul seggio di Buddha è vedere tutti i fenomeni come non sostanzialmente esistenti e non avere attaccamenti; entrare nella dimora di Buddha è condividere la sua grande compassione che abbraccia ogni cosa e provare simpatia e comprensione nei confronti di tutto e di tutti.”
Kaisan Mokudo Deshimaru Taisen e qualcuno ha aggiunto Dai Osho.
Novembre 7th, 2013 at 12:36 pm
I buddisti o son critici o non sono. Amen.
Chissà a chi si rivolgeva il Taisen con quella frase.
Dire o scrivere delle belle frasi è mooolto facile. Mettere in pratica, anche un poco, è mooolto difficile.
PS: la “banda del Dharma” esiste ed è ampiamente maggioritaria.
Novembre 7th, 2013 at 12:38 pm
Il vecchietto ne era ben consapevole.
Novembre 7th, 2013 at 12:41 pm
Non basta.
Se ci provi e non ci riesci fatti da parte. O si rischia di essere l’uomo con il piffero che conduce i seguaci nel burrone.
Novembre 7th, 2013 at 12:42 pm
E bisognerebbe chiarire cosa significa e quali comportamenti assume il “critico”…
Novembre 7th, 2013 at 12:49 pm
(ho spostato il 44 di un posto).
A parole è facile: assume il comportamento di chi prova e riprova nella/con la propria vita e non si fa abbindolare dai vecchietti, dalle belle parole, dai cerimoniali, dai titoli ecc. Così, dopo un 30-40 anni, se ha lavorato con costanza e passione, ha scelto bene gli amici, ha capito bene bene che zz non è un’esibizione ma è come respirare, ci sono dei casi in cui comincia a sbagliare un po’ dimeno. Ma son casi rari.
Novembre 7th, 2013 at 1:40 pm
Perdinci!!
Chi è che “sceglie bene gli amici?”
La “cerimonia” iniziale del vecchietto era il silenzio…troppo rumore?
E nel 1982…si è “fatto da parte”…il dopo è opera sua? Ha responsabilità sul dopo?
Sarebbe come dire che Padre Pio è responsabile per la pedofilia e tutto il resto…
Sarebbe come dire che Shunryu Suzuki è responsabile di Richard Zentatsu Baker e delle sue avventure…
Torniamo sempre all’inizio, è giusta l’esperienza della Stella con il Mazzocchi?
Novembre 7th, 2013 at 2:15 pm
Ossegnucau…
-Sceglie bene gli amici chi si associa con chi pratica senza avere, volere, cercare ottenimenti personali.
-Il silenzio di per sé non vuol dire nulla. Il rumore… peggio
-Nel 1982 non si è fatto da parte, è morto. Se fosse stato in salute, secondo me, non si sarebbe fatto da parte neppure con le cannonate.
-Non so se padre Pio fosse (pure) pedofilo. Di molte cose è certamente responsabile. Direi che, però, il discorso esula un bel po’.
-Penso che, poiché lo ha scelto (ed educato!) lui , Suzuki sia responsabile del destino complessivo di Baker, non dei singoli casi.
-Non so a quale inizio ti riferisca: non mi pare che ne abbiamo mai trattato. Tuttavia (e poi magari ci dici tu sul giusto e lo sbagliato della tua esperienza iniziale), ti dico: sì, è giusta. Prescindere dal cristianesimo (i.e.: dai cristiani) nel praticare il buddismo in Italia è (quasi) come per un pesce voler prescindere dall’acqua.
Se vuoi partecipare e migliorare la realtà della stella: prego.
Certo, prima dovresti superare qualche esamuccio… 😛
Novembre 7th, 2013 at 6:12 pm
Nulla su cui appoggiarsi.. posso anche intuire che è la ( una? )strada che introduce ad una libertà senza limiti, ma talvolta mi sembra così inumana che mi scoraggia…
chissà..
Novembre 7th, 2013 at 6:25 pm
Sì, capisco. “Inumano” è anche l’aggettivo usato da Dogen per qualificare lo zazen.
Puntare all’infinito comporta il prezzo più alto.
Novembre 7th, 2013 at 10:05 pm
a MYM
Si può dire che il personalismo è un “peccato mortale” soprattutto nel buddismo(come mettere una bomba sotto le fondamenta di una casa)?
Si può dire che la parola sia un mezzo per indicare il modo del procedere “rettamente”, ma che nasconda anche il pericolo, la tentazione ,l’inganno della reificazione (phallacy of misplaced concreteness)?
Se si:
Nel primo caso ancora non comprendo perché proprio nel buddismo(almeno in occidente)sia così frequente il machismo spirituale e il culto della persona.
Nel secondo caso, questo continua ad interrogarmi sulla “conciliazione” del fondamento di senso nel (inevitabile, almeno per me)dialogo religioso (intendo il rapporto con chi concepisce il Verbo come inizio e destino di/del tutto).
Novembre 8th, 2013 at 10:53 am
Ciao Dario.
Be’, il termine peccato mi conturba un po’ però il concetto è quello. Stessa cosa nel cristianesimo, comunque, quando Gesù dice “non si possono seguire due padroni”.
Machismo e culto della persona nel buddismo (soprattutto zen, ma non solo) sono in gran parte contingenti: la cultura buddista giapponese, specie nell’area compresa tra il prof. Suzuki T.D. e Sawaki ha un fondo di machismo spesso e consistente. Trasferito facilmente in Occidente (soprattutto in Europa via Deshimaru, mentre in USA dopo le follie della beat generation lo zen si è diffuso maggiormente in persone di cultura liberal) caratterizza questa fase storica. Il culto della persona idem, favorito dalla mitizzazione occidentale di personaggi quali gli ormai imprescindibili Deshimaru e Suzuki S., recepito poi da molti dei loro discepoli come parte consistente del bottino ottenibile grazie alla “trasmissione”.
Il dialogo religioso, nella norma ma non nella totalità per fortuna, tra buddisti e cristiani è caratterizzato da una superficialità tale che molte contraddizioni non hanno alcun modo di esprimersi.
Come ho detto altre volte: sino a che non ci sarà almeno un cristiano che pur rimanendo tale penetri a fondo nello zazen… parlare di dialogo è più una speranza che una realtà.
Novembre 8th, 2013 at 11:28 am
Zonta alla prima risposta.
Come rimedio al personalismo, nella tradizione viene proposta l’imitazione virtuosa. Ovvero: sino a che non sai dove andare a parare, stai compresso e defilato, se proprio ti occorre uscire allo scoperto imita fonti sicure (la regola, una persona ecc.) almeno non farai guai grossi. Questa soluzione ha però due limiti: il primo è quello di rischiare di trasmettere il messaggio che si fa così perché è così che si fa. Basta fare un giro tra i “centri zen” italiani e si vede che il “si fa così perché è così che si fa” affianca allegramente il personalismo.
Il secondo limite, invece, è più serio: l’imitazione, ancorché virtuosa, “a un certo punto” è da abbandonare, bisogna lanciarsi nel mare degli errori. Con l’obiettivo di, e cito Dogen così il vecio sarà contento 😉 , porre il piede esattamente nell’impronta di chi ci ha preceduto. Ovvero far sì che l’agire sia personale e impersonale/universale contemporaneamente. Come detto: lì si sbaglia quasi sempre. Ma non c’è altra strada.
Novembre 8th, 2013 at 1:58 pm
Avete tirato fuori molti punti interessanti IMHO.
Come disse il Grande Vecchio: si possono fare solo due errori nella ricerca della verità: il primo è non andare fino in fondo, il secondo è non iniziare (vado a memoria, forse è dai discorsi di media lunghezza?). Certe frasi che la tradizione attribuisce al Buddha hanno secondo me una caratteristica, sono “olografiche”, cioè pur considerando un aspetto particolare, riescono ad “includere” la totalità dell’insegnamento.
A me sembra che il dharma (minuscolo) sia contemporanamente una guida (nel senso di “mappa” per orientarsi su un terreno molto difficile- la vita) ed una manuale di istruzioni (indicazioni su cosa fare per trasformare se stessi lungo una certa direttiva). “Ciò” che viene descritto/spiegato fa tutt’uno con l’effetto che l’insegnamento concretamente produce.
Il problema della “trasmissione” dei “maestri ecc”, è a mio (del tutto inesperto) parere la sacralizzazione-ritualizzazione di un processo del tutto naturale, comune a tutte le forme di apprendimento. Se voglio imaparare a mettere i punti, guardo uno che lo sa fare, poi magari gli chiedo se per favore mi guarda mentre lo faccio io ecc. Solo che a differenza di altre forme di trasmissione del “sapere” DEVE essere del tutto gratuito- non si possono servire due padroni…perciò credo sia meglio che non ci siano “professionisti” del settore…
Novembre 8th, 2013 at 2:13 pm
Il merito è di Nello e Dario, abili maieuti.
La ricerca della verità non è parte del programma, comunque. Ammesso e non concesso ci fosse una verità e per di più trovabile, poi che ci si fa? Nel buddismo la verità è già trovata, si tratta “solo” di mettere in pratica.
Io penso che i professionisti, come nel tuo mestiere, servano e parecchio. Purché, come dici, siano disposti alla piena gratuità: questo è l’aspetto che distingue un professionista da un dilettante.
Novembre 8th, 2013 at 3:46 pm
Nota però come, secondo me significativamente, si dica che il secondo errore è non iniziare. Il che sarebbe illogico, se non ci si riferisse ad un processo ciclico, ovvero chiuso in se stesso, o continuamente reiterato. Dal che si desumerebbe che la “verità” alla quale ci si riferisce non possa essere “verificata” una volta per tutte, ma piuttosto che vada realizzata esistenzialmente (essendo il processo conchiusa, non ha un “esterno” rispetto al quale confrontarla). Io penso che si parli della verità della possibilità di estinzione del dolore (“vera” nel senso di sperimentabile)
Certamente, anche per fare il medico è indispensabile che lo si faccia gratuitamente (ossia senza un guadagno DIRETTO). Senno alla fine finisce che fai altro…
Novembre 8th, 2013 at 4:51 pm
Se è come dici, allora le verità son 4, non una. Facevi un altro discorso: se tiri la tela perché ci stia tutto…
Riguardo al “gratuitamente” non sai di che cosa si stia parlando, sino a che non hai definitivamente rinunciato a tutto lo stipendio mantenendo tutto il lavoro.
Mi fai venire in mente la quinta verità…
Novembre 8th, 2013 at 5:41 pm
Il dharma come termine buddista (ergo il buddha-dharma, come opportunamente rilevato) non è (aa @51) una guida/mappa per orientarsi nella vita né men che meno un manuale di istruzioni, escogitato e sintetizzato dal signor Buddha. Il dharma è la madre dei buddha, non viceversa. Buddha è chi si uniforma, conforma… al dharma, scomparendoci dentro in modo che il dharma compaia nel mondo. Per questo ogni personalismo è incompatibile, è out.
Emblematica mi pare la nota di Nello @25 a proposito di Deshimaru: “ha fatto innamorare tutta l’Europa del Dharma”. Si può dire. Ma proprio questo fatto dovrebbe indurre a qualche diffidenza, sia per l’innamoramento (sentimento volubile e aleatorio quanto altri mai) sia per l’estensione del campo di azione che implica superficialità (“l’estensione è misura della profondità” per restare a Dogen). Mi pare più pertinente dire che ha fatto innamorare di sé tutta l’Europa (parlando per iperboli), surrettiziamente imponendo l’equazione: le Dharma c’est moi, per dirla alla francese. Capovolgendo “chi vede il dharma vede Buddha” in “chi vede me vede il Dharma”: la madre di ogni vulnus.
Novembre 8th, 2013 at 5:59 pm
Mah il discorso era relativo agli “errori” e secondo me la frase ciata dice che l’unico errore è quello di non persistere incessantemente, o di tendere, in una certa direzione. Che cos’è la quinta…che non di solo pane vive l’uomo?!?!?!
@55: ma questo dharma al quale ci si conforma non è il comportamento stesso di chi ad esso si conforma? Mi sembra una questione del tipo “vien prima l’uovo o la gallina…”
Parlo da ignorante in materia: non sarà che tutta la questione su Dashimaru ecc. sia un pò stata superata dai tempi? Io non sapevo nemmeno chi fosse prima di sentirlo nominare su questi schermi….
Novembre 8th, 2013 at 6:41 pm
Ti vedo, caro aa, un po’ sbrigativo nell’interloquire. Che c’entrano, evocate qui, uova e galline? Chi ha parlato di prima e di dopo? Se “questo dharma al quale ci si conforma [fosse] il comportamento stesso di chi ad esso si conforma” saremmo nell’autoreferenzialità assoluta. Proprio quello che la questione Deshimaru richiama. Che resta di cogente attualità, anche nel caso dell’oblio del suo nome e del suo passaggio, non tanto come fenomeno storico, ma come atteggiamento personale emblematico.
Novembre 8th, 2013 at 7:11 pm
@ 56: visto che me lo chiedi non mi posso esimere: la quinta (o sesta o settima fa listess) verità dice che se qualcuno ha toppato e sguiscia di qua e di là per non riconoscerlo rischia (rischia!) di far la figura del patacca.
_/_
Novembre 8th, 2013 at 7:47 pm
@ 57: Attenzione, io dico che non vedo distinzione tra l’insegnamento del dharma ed il comportamento CHE AD ESSO SI CONFORMA (scusate il mauiscolo, non so come fare il corsivo), il che non è affatto equivalente a tutto il comportamento di una data persona. Non credo che nessuno possa proporsi come “modello del dharma”, sia perchè sarebbe accollarsi un peso insostenibile, sia perchè vorrebbe dire trasformarsi in una specie di caricatura vivente.
@ 58: non ho capito esattamente dove ho perchè avrei “toppato” secondo te. Che la “ricerca della verità” non vada intesa come ricerca puramente intellettuale (filosofica o scientifica per esempio), io credo che sia ovvio- dato il contesto- e del resto mi sembra chiaro anche da quanto ho scritto successivamente, nel secondo capoverso.
Novembre 8th, 2013 at 9:25 pm
Mi pare chiaro.
Novembre 8th, 2013 at 9:50 pm
@ 59 ma allora dove è che secondo te il ragionamento non fila?
@ 57: il riferimento all’uovo e alla gallina non voleva tanto riferirsi alla questione della successione temporale, ma al fatto che non si da uno senza l’altro
Novembre 9th, 2013 at 1:12 am
Ah forse è per via dell’identificazione della verità con la seconda nobile verità…in tal caso penso tu abbia ragione, li c’è uno scarto del filo del ragionamento.
Forse la “ricerca della verità” va meglio intesa come costante atteggiamento critico ed antidogmatico- anche se non su di un piano meramente intellettuale- come perenne verifica individuale ed esistenziale?
Novembre 9th, 2013 at 11:37 am
@jf 55: la frase [Il dharma è la madre dei buddha, non viceversa. Buddha è chi si uniforma, conforma… al dharma, scomparendoci dentro in modo che il dharma compaia nel mondo] è molto bella.
Non mi è chiaro però di chi o di che cosa parli.
Secondo me è bene non lasciare dubbi o fantasie, per via dei mosconi. Anche perché a volte i mosconi siamo noi.
@aa 18, 19, 21, 27, 51, 56, 59, 61, 62: non è detto che ciò che ti viene in mente leggendo quel che si scrive qui valga la pena di essere scritto, comunicato. Anzi.
Ci sono decine (solo ieri circa 200) che entrano, leggono e tacciono.
Poi, a volte, dopo averci pensato bene, decidono di intervenire. Più spesso: no.
Novembre 9th, 2013 at 2:27 pm
A me viene il sospetto che molti non intervengano per paura. I post che citi riguardano 3 argomenti differenti; a quanto pare almeno uno dei lettori del thread li ha trovati di interesse.
Per quanto riguarda 51 e successivi, io trovo che la risposta di jf sia molto interessante, per cui non mi sembra di aver trascinato la discussione su un binario morto.
Novembre 9th, 2013 at 5:38 pm
Su questo penso tu abbia ragione: molti non intervengono per paura, o per timore.
Perché si rendono conto, per tanto o per poco.
Chi, a quel punto del discorso, esordisce con: “Avete tirato fuori molti punti interessanti IMHO” (@51) secondo me non si rende proprio conto.
Quanto ai binari morti: mai citati.
Anche se, visti certi treni (thread?)… 😛
Novembre 10th, 2013 at 5:01 pm
Ho fatto una pausa, mi girava un po’ la testa ma qui sono. Dal fondo: il timore (soprattutto di dire sciocchezze) mi sembra un sentimento sano. Non per niente si elogia il silenzio, nel buddismo e non solo, che però non è, ahimé, solo tacere.
Di belle frasi (@mym 63 per il mio 55) è lastricato l’inferno: bisognerebbe resistere alla tentazione di sfornarne: chiedo scusa. Provo a spiegare cosa volevo dire con la frase in questione, nel contesto del discorso in corso. Il dharma non è un parto di Buddha, come la montagna non è fabbricata da chi la scala o il mare da chi ci nuota. E’ la fede nel dharma, la fede che il dharma è reale, che risveglia e rinnova la mia decisione di verificare che è vero, seguendo l’insegnamento di Buddha che ha enunciato la realtà del dharma. Applicare quotidianamente quell’insegnamento non è un’abilità personale da sbandierare, a più a che vedere con l’anonima continuità.
Novembre 10th, 2013 at 6:42 pm
Succede.
Anche “anonima continuità” è bella. Ma non è come l’altra. Questa funge.
Sopra, però, c’è rimasto un piccolo gap.
Ci provo.
La montagna, il mare son lì, si vedono. Il dharma se lo si vede, o lo si mostra, è fuffa.
Per questo non è da sbandierare, e l’anonima continuità non è diversa dalla gratuità.
Novembre 10th, 2013 at 10:16 pm
Sì, mi son chiesto se fosse il caso di mettere in guardia dalle metafore, portatrici di gap, proprio mentre ne proponevo ben due. Poi mi son detto che qualcuno avrebbe fatto notare che allora potevo lasciar perdere di usare metafore. Così le ho lasciate sperando che dessero comunque un’indicazione e che qualcuno ne rilevasse l’inadeguatezza. Grazie.
Novembre 11th, 2013 at 10:55 am
@47
– Se per fare qualcosa cerchi di scegliere degli “amici” perfetti…aspetti tutta la vita. Ci si può “perfezionare” strada facendo…
– Il silenzio di per sè, è una buona base di partenza (Antaiji e Sawaki docet.
– Nel 1982 si è fatto da parte perchè la “nostra” vita, non è, ed è, in contemporanea la nostra vita. Non ci appartiene e viene da lontano…
– Su P. Pio c’è una travisazione in quanto io non ho detto che fosse “qualcosa”, ma semplicemente che non può essere ritenuto responsabile, o se lo fosse, lo sarebbe nè più nè meno come chiunque altro degli errori della Chiesa, noi inclusi.
– Se S. Suzuki, avesse aspettato per “scegliere” gli “amici” giusti secondo il criterio da te espresso per vivere il Dharma in California, probabilmente sarebbe rimasto solo. (E tu potresti dire: “meglio soli che…”).
– L'”inizio” sta a significare che con le parole si può andare avanti all’infinito e si possono “tirare” quasi in ogni direzione, come adesso sto facendo.
– Per me, io ho incontrato un uomo del Dharma con certe caratteristiche, per alcuni vanno “bene”, per altri no, io sono tra questi altri, tuttavia, il limite più grande che ho incontrato è l’affermazione del “monologo”, e io preferisco il dialogo. Oltre a ciò, non sopporto censura dell'”errore”, considero l'”errore” un carburante molto importante per la risoluzione dell’ego, quindi sono per illuminarlo fino a farlo esplodere e si spera dissolvere.
– Seguendo il tuo assunto, quello che questa è una terra “cristiana”, ogni luogo ne è intriso, quindi anche le sezioni comuniste, i bordelli, le prostitute, le cosche, ecc. quindi si può condividere l’esperienza del Dharma con tutti, oppure si devono “scegliere gli amici”?
Questo per dire che non mi sono mai posto il problema di trovare uno specifico interlocutore che rispondesse al termine “pesce-acqua-cristianesimo” in quanto sono ben consapevole che sia ovunque nel bene e nel male. Ergo, la Stella e Mazzocchi??
Novembre 11th, 2013 at 11:09 am
@55 Per questo ho detto, relativamente al buddhadharma (meglio togliere la lineetta così risulta più chiaro anche graficamente il senso del termine, spezzandolo si potrebbe dare adito a una sorta di dualismo che di fatto non dovrebbe esistere), che “Buddha non è mai nato e non ha mai insegnato nulla”, poi, certo si può entrare in ambito Dharmakaya, Nirmanakaya, Sambhogakaya…
Relativamente a Deshimaru e al fatto che abbia “fatto innamorare…” si può dire che siamo fatti anche di carne…e anche tra uomo e donna ad una prima fase di infatuazione-innamoramento, segue poi la reale sostanza della relazione alla fine di quella fase. Quindi, è possibile che il compito di Deshimaru fosse quello che è stato, aveva senso in quel contesto (per questo è necessaria una ermeneutica al riguardo), mentre oggi? Oggi.
A parte queste “sfumature”, condivido le tue osservazioni.
Novembre 11th, 2013 at 11:31 am
Ciao Ne’, hai un’energia invidiabile.
Rispondo alla prima (in @69) e all’ultima (in @70). Il resto lo posso lasciare con le sfumature?
-Mai parlato di scegliere amici “perfetti”.
[…]
-Il “compito di Deshimaru”, inteso in quei termini è un’altra fantasia… alla Deshimaru.
Novembre 11th, 2013 at 12:59 pm
Torniamo all’infinito gioco-giogo delle parole…
chi è che sceglie? (giusti, buoni, perfetti…sono sfumature).
Deshimaru. Qua. Trovami il senso. Cosa è venuto a fare? Perchè è venuto? Chi glielo ha chiesto? Perchè glielo ha chiesto? Si è incartato? Era nessuno? Era puro ego sottilissimo? Era un sognatore idealista? Gli è sfuggita la situaziuone di mano? Ne era consapevole? Sì, no, forse…? Se sì, ci giocava? Pensava di volgere e trasformare qualcosa in positivo sopravalutandosi? Era un pazzerellone? Era un giocatore de’azzardo?
Potremmo andare avanti all’infinito, resterà un patriarca e con il suo retaggio dovremo confrontarci e probabilmente scontrarci.
Novembre 11th, 2013 at 1:05 pm
Deshimaru parlava all’Europa e al Mondo…balbettava? Titubava? Stravedeva?Forse.
Senza di lui cosa avremmo? Il Dharma perfetto?
Novembre 11th, 2013 at 1:25 pm
Interessante. Grazie.
Sì, resterà un patriarca, per un po’ almeno, perché a molti fa comodo così. In effetti Huineng è “rimasto” patriarca anche se (dicono gli storici) nella vicenda non contò quasi nulla ma al suo sponsor faceva gioco che l’imperatore lo riconoscesse come tale. E l’imperatore, alla fine, sfinito dalle insistenze (e solleticato dai vantaggi fatti balenare) lo riconobbe.
Non so senza di lui che cosa avremmo, è il campo dei se… Io sono nato da un ramo di un albero che all’inizio era nel suo giardino, e conosco solo Taino come nato fuori da quel cultivar. Si può dire sia che fece un lavoro enorme, sia che la sua attività sia stata enormemente invasiva.
Sul che cosa sia venuto a fare e perché ho ascoltato testimonianze dirette attendibili, almeno per me. Se ci fosse un vero discepolo di quel grandissimo marpione che prendesse sul serio il suo ruolo e scrivesse la storia più completa possibile, Deshimaru ne uscirebbe male rispetto al mito, ma comunque come un gigante.
Novembre 11th, 2013 at 8:16 pm
Ancora due parole su “con il suo retaggio dovremo confrontarci e probabilmente scontrarci.” (@72)
Come dicevo, nacqui da un albero a sua volta già innaffiato da Deshimaru, anche se solo per qualche tempo. Di questo conservo gratitudine. Un altro punto, diciamo di confronto, e certamente di sollievo, è dovuto alla presenza sul territorio italiano/europeo di molti luoghi, solitamente detti “centri”, di rito deshimariano. Questo per me, per noi, è un benefit: non ci cerca quasi nessuno. Perché è chiaro da subito che non offriamo alcuna consolazione, alcun supporto estetico o formale alla pratica e neppure conventicole in cui fare gruppo e trovare identità. Per cui, siccome molti sono attratti dall’esotismo e dalle forme orientali, dalla possibilità dell’appartenenza, oltre che dalla speranza di scalare la piramide e sedersi il più in alto possibile: ci lasciano in pace.
Novembre 12th, 2013 at 8:18 am
Sul non intervenire: gli argomenti (il buddhadharma, la verità, gli amici) sono veramente molto impegnativi, intimoriscono è dir poco.
Sullo zen proposto con “forme esotiche”, con cariche e trasmissioni: trovo che quel tipo di proposta scacci alcuni problemi attraverso la creazione di altri e diversi problemi. Per cui si ha l’impressione di risolvere, invece si cambia solo carrozza. Ho visto che col passaggio da un insegnante ad un altro il pubblico cambia quasi tutto ma in ogni caso ci sono spettatori paganti. Per cui, ognuno vedendo le cose a modo proprio, la storia va bene così per molti. Per quel che mi riguarda occorre allenare lo sguardo, abituarsi al fatto che tutto avvenga sotto lo stesso cielo e ricercando nello stesso buddhadharma. Non ho la vostra esperienza e i vostri anni (decenni) di pratica.
Novembre 12th, 2013 at 11:18 am
Ciao Max, bentornato.
Il problema della carrozza, come lo definisci, è centrale. Pensare che la scuola zen nacque proprio per non imbrogliare le carte, per far vivere quello che, nei circoli d’alto bordo della Romagna, è chiamato “budìsmo sensa pugnètte”.
Mi chiarisci, per favore, quali sono i problemi scacciati dalle “forme esotiche con cariche e trasmissioni”?
Sino a che è possibile non … sprecherei il titolo di insegnante. Nel buddismo c’è un solo Shakespeare, gli altri sono solo interpreti più o meno bravi.
Oddio la metafora! 😕
Novembre 12th, 2013 at 4:56 pm
Volevo dire “scacciati con altri problemi”, ma non “superati”. Cioè pesantezza sostituita con altra pesantezza, non c’è più la fatica di prima ma si fa fatica nella stessa quantità (forse è peggio, se ci si illude di “aver ragione”). Anche se magari per qualcuno funziona, non dico di no. Non si svela nulla, si cambia modo di velarsi, ci si inquadra in una o più definizioni/vite al fine liberarsi da altre che ci fan soffrire, e si soffre ancora e ancora… “Liberi da” non funziona mai, funziona “liberi nel”, sbaglio? Sul titolo di insegnante, hai ragione, ma qualcuno ci tiene!
Novembre 12th, 2013 at 6:01 pm
Abbe’, se ci tiene: come non detto… 😉
In effetti, in questo mondo, liberi da non è possibile, è antitetico con “esser vivi”.
“Liberi nel” pare interessante, ma è roba che scotta!
Novembre 13th, 2013 at 10:09 am
“liberi nel” non è certo farina del mio sacco… posso ringraziare?
Novembre 13th, 2013 at 11:59 am
OT: l’8 novembre si è “tenuta” l’assemblea UBI per discutere di ottopermille e ministridiculto. Pare, ma pare proprio, abbiano deciso di vendere un negozio di proprietà dell’UBI e con l’incasso (200 mila euri) finanziare la campagna pubblicitaria per incassare più pilla, perché i centri (eccoli qua!) son poveri.
Invece di esserne contenti..
A breve, appena ho qualche dato certo: pubblico.
Novembre 13th, 2013 at 9:33 pm
Non si è intervenuto prima perché – PERCHÈ – non si capisce dove inizia il topic e finisce l’ OT!
Dalla commemorazione di un simpatico iracondo si è passati agli USA : dove la J.P. Morgan è stata condannata a risarcire gli ‘mmericani di $ 13 mld (scrivo miliardi), e i ‘capoccia’ finiranno il galera per il resto dei loro giorni; anche se hanno più di settant’anni – (così, per dire, mi serviva una toppa ) – passando per la matematica !!!
Non sarà perché la matematica è solo oggetto di calcolo e non di fede?
PS: scusa, mym, ma perché con questi dell’UBI non ti incazzi? Sono dei minchioni. “Non si vive di solo dharma”; – ma anche di artha e di kama.
PSS: Ma lo sai che il mio pusher m’ ha spiegato il Fondamento? Da non credere.
Novembre 13th, 2013 at 9:35 pm
Dicevamo: «Sono convinto che non sia necessaria l’affermazione di una divinità trascendentale personale per una produzione etica» (M.Y. Marassi, Etica buddista, in La via libera, Stella del Mattino,Città di Castello, 2013, p.91)
«Il Fondamento tipo come il finale di un film di Tarantino: “Oggi è la giornata perfetta per smembrare persone col coltello» .
PS: se incontri di nuovo il telologo poliglotta dell’Università di Algeri e dottorando alla Sorbona, salutamelo! – Io gli menerebbi -; a puro scopo terapeutico, giusto per fargli adorare il Fondamento. #Trivarga – वेद Veda.
Novembre 13th, 2013 at 10:54 pm
erràta còrrige.
(…) il *teologo* poliglotta dell’Università di Algeri e dottorando alla Sorbona etc. – Io gli menerebbi -; a puro scopo *pedagogico*, giusto per fargli adorare il Fondamento. #Trivarga – वेद Veda.
Novembre 14th, 2013 at 11:28 am
Ciao Hmsx, ben turnàt.
Noooo il Fondamento nooo, così siamo d’accapo! Finiamo definitivamente in mano ai pusher, quelli che “se mi dai l’8×1000 ti tratto bene, mi ti dò il Fondamento, quello gggiusto”…
Su topic e OT hai ragione da stravendere. Uno straccio di motivo ce l’avrei… Ho inteso questo post come le 4 chiacchiere che si fanno tra amici ricordando il defunto, che si parla di tutto meno che di lui.
Adirarmi con quelli dell’UBI? Ma no, sono una garanzia: finché ci sono loro persino noi sembriamo splendidi 😉
Il teologo poliglotta (pure svizzero tedesco!) èttosto, praticamente non mi lasciò parlare, ad ogni mio intervento mi interrompeva chiedendo: “Su che basi dice ciò? Qual è il suo Fondamento?” Un incubo!
Per quanto riguarda il trivarga consiglio di andarci pianino comunque. Anche se: non di sola moksha…
Novembre 14th, 2013 at 5:42 pm
PS: @83
Il Daidone non era iracondo. Aveva un treno di difetti, da scriverci libri, ma iracondo no.
Novembre 14th, 2013 at 9:08 pm
Il teologo poliglotta svizzero-tedesco praticamente non ti lasciò parlare?
A maggior ragione!, una testata nel terzo occhio poco prima di una risata isterica.
Il Fondamento è ciò che dà ragione di una preferenza, di una scelta, della realizzazione di un’alternativa piuttosto che di un un’altra. Secondo alcuni filosofi, tipo Émile Durkheim, la morale esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini; di conseguenza è il ‘Fondamento’ delle scienze o teorie corrispondenti nell’evidenze di certi fatti. Gli scolastici, infatti, ammettono l’esistenza di una logica spontanea (logica naturalis) distinta dalla logica formale (logica docens).
Di questi minchioni travestiti detesto la maniera che hanno di guardare al cielo.
PS:non ho mai conosciuto il Compianto, ma voi voi, mi siete simpatici.
PSS: Io sono iracondo; e non mi sembra di avere un difetto.
Novembre 15th, 2013 at 12:09 pm
Unione buddhista, già era tanto…ITALIANA è un vulnus, con sede a roma poi!?! Una follia.
Sciogliamola subito e rifondiamola senza il termine “italiana” (che non c’entra nulla) e cambiamole sede, roma porta una super sfortuna o sfiga che dir si voglia.
Novembre 15th, 2013 at 12:24 pm
Be’, una volta sciolta (con l’acido :D?) si potrebbe approfittarne per fare una cosa buddista: fargli “ciao ciao” con la mano mentre scorre via nel lavandino 😎
È uno scherzo, veh!
L’Unione è utilissima, o almeno potrebbe esserlo. Ovvero, meglio ancora: avrebbe potuto esserlo.
Novembre 15th, 2013 at 5:31 pm
@87.
Il Fondamento inteso come “morale che esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini” sembra un parto del pensiero bolscevico. Meglio non fidarsi né della ragione (come direbbi il teologo svizzero: non ci ha il fondamento…) né tantomeno dei gusti.
Facile essersi simpatici senza frequentazione, così anche il Berlusca pare un amicone…
L’iracondia è un difetto perché rende infelici.
Novembre 15th, 2013 at 10:05 pm
@90.
>Il Fondamento inteso come “morale che esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini” sembra un parto del pensiero bolscevico.
Esatto.
Meglio fidarsi della ragione, come direbbe il *teologo maledetto*: ci ha il fondamento, ovvero l’amore. Però l’amore non muove niente.
Facile essersi simpatici senza frequentazione, il difficile è farlo dal vivo, e Belusconi a me non fa ridere. Ad ogni modo, l’iracondia non è un difetto giustappunto perché rende infelici.
Novembre 16th, 2013 at 5:13 pm
Daido l’ho conosciuto pochissimo.
E’ un peccato che non vi cerchi quasi nessuno, certe cose si rischia di non poterle più respirare, se “lo zen” viene indicato – senza fare nomi – “solo” nell'”altrove del tempo”. Che per carità va anche benissimo, ci mancherebbe. Però uno potrebbe pensare che sia proprio quello, e basta …
Novembre 16th, 2013 at 5:37 pm
È un peccato? In che senso? Ma nooo.
Sin che uno pensa questo o quello a prop. del buddismo: ben gli sta.
Cioè: ognuno trova ciò che cerca. Se non ci cercano è perché non cercano noi. Ergo: tutto è al suo posto.
Daido certe cose le aveva capite e bene. Se la giocava da ggiusto, stando nel formaggio.
@91. Iracondia e dintorni: per quello dicevo che è meglio non fidarsi dei gusti… 🙂
Novembre 17th, 2013 at 8:27 pm
@93. Iracondia e dintorni: per quello dicevo che è meglio non fidarsi dei gusti…
Quando l’ira è perfetta, la distruzione è totale.
Ma lo sai che una volta (20 ottobre) ho mandato facebook in crash col last seen?
Fioretto: Raccomandiamo a S. Giuseppe, patrono dei moribondi, chi oggi è in fin di vita. – E prendetevi il farmaco con dentro il rosario. Mi raccomando. (Due millenni di marketing. Mica pugnette).
Giaculatoria: Confido in te Signore e nell’immenso tuo amore.
Preghiera: O Dio onnipotente ed eterno, Signore dei vivi etc. concedi la pace a tutti i nostri fratelli defunti; – anche se respirano ancora.
Amen.
PS: ché io ti darei pure retta, ma certe cose le trovo disgustose.
Dicembre 9th, 2013 at 12:15 pm
Qui c’è il film sulla vita di Dogen con i sottotitoli in italiano. Le immagini sono molto belle e solo la scena dello shiho con il suo maestro vale tutto il film.
Dicembre 10th, 2013 at 12:59 am
Il film … bello … però non so dare un parere: è l’unico che ho potuto vedere su Dogen … non so se rispecchia molto la sua vita o dà un po’ troppo enfasi alla poetica della sua vita incredibile e piena. Magari è un po’ troppo “spot pubblicitario” insomma. Certo è meglio di un qualsiasi “lo zen e l’aspirapolvere” http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=lqyww71PAGY … però non “credo” ai film.
Dicembre 10th, 2013 at 11:31 am
@95: Ciao Ne’, grazie per la segnalazione. Quando uscì non diedi la notizia perché è un filino di maniera, ma non è malaccio. A che minuto è lo shiho? Così lo guardo tipo…. Blob 😛
@96: Ciao Max, un po’ sciapa la storia del video con l’aspirapolvere, ma al dojo di Melbourne si danno parecchio da fare con i video
A me piace molto questo
Dicembre 10th, 2013 at 11:37 am
Un film è un film, con l’eroe e la ragazza, come dio comanda. Quello di Dogen -secondo Keizan- non sta male, ma il film di “lo zen e l’aspirapolvore” è della cosa migliore che ho visto ultimamente, coi suoi momenti di tensione drammatica tra il cane e l’iRobot, credo che anche io mi comprerò un IRobot.
La cosa unica che non mi è piaciuto è che sia la donna la responsabile di collocare gli zafutoni, tutto molto moderno ma ritorniamo alle solite.
Dicembre 10th, 2013 at 11:42 am
Ciao Roby, bentornato. Da noi si usano poco i video zen, on line ce n’è una mucchia da tutto il mondo. Un po’ sul serio un po’ per scherzo, una volta pubblicai questo.
Invece questo lo abbiamo fatto noi una quindicina di anni fa.
Dicembre 10th, 2013 at 6:51 pm
Lo zen e l’arte dell’aspirapolvere, con tanto di rigraziamenti alla fine, a me non era piaciuto per niente. mi dà la stessa sensazione di un film di fantascienza visto dopo aver letto il libro che ne ha ispirato la sceneggiatura. Di cose buone ce ne sono, ma sono pochine, si perde quasi sempre il senso dell’originale.
I video della stella me li ero persi. Rimedio!
Dicembre 11th, 2013 at 6:13 pm
@97 la scena dello shiho è tra i 22-26 minuti, ma il film è fatto bene e tocca i tasti giusti per una vasta platea in cui tutti possano riconoscersi.
“Amongst the White clouds” è un documentario molto bello, materialmente “poveri” non mancano di nulla.
Quello australiano è troppo elementare, troppo esplicito su un punto ormai di dominio pubblico, in sostanza: inutile.
Dicembre 12th, 2013 at 11:19 am
@98 RobertoP,
la figura femminile del film è un paradigma del femminile tout court. E’ la Donna che biologicamente risponde a una natura che la “imprigiona” nella libido e per quanto piacevole possa essere la “prigione”, sempre prigione resta, inoltre, il tempo stabilisce l’estinzione progressiva e naturale anche della libido…Quindi, resta l’interrogativo di fondo che Masao Abe nell’ottimo testo “Zen and Modern World” sintetizza nel “Why”, perchè siamo qui?
Quindi, la “bella ragazza” del film non è da intendersi come una figura stereotipata di consumo, tutt’altro, vuole a mio parere rappresentare l’ipotesi di realizzazione buddhista, vale a dire porsi nel mondo da una originale posizione umana che può sintetizzarsi nel termine mujo (impermanenza).
Certo, il film va visto per intero perchè non è ingenuo, nè di maniera, parla con un linguaggio visivo originale, e raggiunge lo scopo che si prefigge ovvero toccare lo spirito (sesshin).
Dicembre 12th, 2013 at 12:24 pm
Tutti dovrebbero svegliarsi e capire bene l’uso della donna che fa il sistema di potere globalista.
Dicembre 12th, 2013 at 6:25 pm
Né ingenuo né di maniera? Ognuno è ciascheduno, perciò: perché no?
Però l’astronave a forma di fior di loto al momento del satori di Dogen, è una roba a cui neppure il Bertolucci de Il Piccolo Buddha (forse il peggior film mai fatto “sul” buddismo) era arrivato.
È una sciocchezza, grossa, perché fanno sul serio, non c’è traccia di ironia. Con “l’astronave” hanno davvero inteso rappresentare quella cosa lì.
A scopare il mare tutta la vita, li manderei.
Dicembre 13th, 2013 at 1:23 am
Oh!, la famosa scena del cosiddetto satori di Dogen. Il Denkoroku, il testo del traditore Keyzan che ha ispirato quella scena, fa ancora molti danni… come si dice nel mio paese, da quelle piogge vengono questi fanghi.
Tuttavia è possibile che senza Keizan, Dogen non sarebbe arrivato fino a noi, paradossi perversi della storia umana.
Dicembre 13th, 2013 at 10:18 am
@102, Nello. Non sono sicuro che la libido rappresenti una prigione. Eros e Thanatos, la pulsione di vita e la pulsione di morte, attraversano sincronica e diacrónicamente all’individuo umano, andando oltre quello che l’io ed il superio sono capaci di maneggiare e controllare, credo che sia in queste due ultime istanze dove si stanziano i muri di qualunque prigione; Eros e Thanatos trascenderebbero quelli muri. Inoltre, per caso non sono queste due pulsioni i componenti basilari di qualunque religione?.
D’altra parte, posti a raccomandare film buddisti per questa fine settimana, a me mi è piaciuto molto “Come come come upward” http://www.movie22.net/2013/02/watch-online-come-come-come-upward-1989_182.html; senza idealizzazioni, senza santi, adatta per praticanti deboli e picoli come me, (che non significa che è adatto per i minori).
Dicembre 13th, 2013 at 11:59 am
Keizan è acqua passata. Il film e il satori in stile new age possono creare problemi imitativi, e perciò sterili, oggi.
Il link che hai postato per il film coreano è… una sola, per questo non l’ho corretto: così cliccandolo non succede nulla.
Il film non lo conosco. So solo che è una tragica storia di monache buddiste violentate ma indomite.
Dicembre 13th, 2013 at 1:36 pm
Scusi, non so molto bene come mettere un link nel sito della stella (credeva che con ), ma penso che se si copia l’indirizzo e si incolla nel browser se funziona: http://www.movie22.net/2013/02/watch-online-come-come-come-upward-1989_182.html
Inoltre, non sono sicuro che “tragica” e “violentate” sono la qualificazione valida, mi dà l’impressione che essi sono “nostri” qualificazioni, ma che uno spettatore coreano vede le stesse cose di un altro modo: le cose sono così, senza giudizi morali, o in qualsiasi caso con giudizi distinti ai nostri (questa è una costante nei film coreani che ho potuto vedere). In realtà la “maestra” delle novizie che li invia alla grotta dove sono “violentate” non sembra che il regista voglia presentarla come una “cattiva maestra”.
C’è un libro sull’etica buddista chiamato “La Via Libera” (non so se tu lo sai, ma oltre che in spagnolo penso che c’è una versione in italiano), un po’ oscuro ed astratto, ma che dobiamo rileggere più e più volte.
Dicembre 13th, 2013 at 1:44 pm
Scusi nuovamente, credo che ora sì va direttamente. Certo?
Dicembre 13th, 2013 at 2:37 pm
Non ho visto il film.
Senza giudizi morali. Però uno stupro fa più male tra le virgolette. Magari mi sbaglio, la prossima volta provo a “soffire”.
Dicembre 13th, 2013 at 3:07 pm
Può che mi sia espresso male, o insufficientemente, in qualsiasi caso lo sguardo è molto distinto al nostro; e non suolo nei film coreani di tematica buddista.
Per esempio, nel caso del documentale “Amongst White Clouds”, l’unico difetto che lo trovo è che il direttore sia americano… non per caso “Documentale” è anche un genere di finzione.
Inoltre, la prima nobile verità è: “Tutto è sofferenza”, e credo che qui tutto voglia dire tutto.
Ma afortundamente né il Buddismo finisce nella prima nobile verità, né le altre tre significano l’annullamento di questa prima, che persiste intatta fino al fine.
Dicembre 13th, 2013 at 5:23 pm
Sì ora il link è giusto, prima depistava.
Ho definito tragica la storia perché le tragedie umane, qui da noi, le definiamo così. Idem per “violentate”: costringere a far sesso sotto costrizione violenta vien detto violentare.
Non so come si dica in coreano…
Dicembre 14th, 2013 at 11:11 am
@104, un loto non è un’astronave…è un simbolo così come l’infinito a cui ritorna e da cui proviene.
Poteva essere fatta meglio ma non pregiudica il valore del film che è rivolto al grande pubblico e deve toccare certi tasti…
Per esempio, Ken Russell nel film biografico sul musicista Gustav Mahler (La perdizione, 1974), per rappresentare visivamente l’ispirazione musicale del Mahler lo situa in un giardino al pianoforte e da lì l’immagine si eleva, si eleva, si eleva fino a guardare il pianeta Terra dallo spazio infinito in un crescendo musicale mahleriano che precisa ulteriormente il senso del creare artistico.
Credo che quella scena del loto sia rivolta ai lettori di manga, ai giovani e giovanissimi, e sempre con i giovani (bambini) si chiude il film, ed è un gran bel finale in tutti i sensi.
Penso che la preoccupazione di fondo degli autori o committenti il film sia proprio quello delle giovani generazioni imprigionate da media di ogni tipo. Sostanzialmente gli si propone una visione del mondo e quindi di sè che affonda nella saggezza e compassione. Non è poco e non è facile comunicare con tutte le età in modo trasversale oggi.
Dicembre 14th, 2013 at 11:23 am
@111: riguardo a “tutto è sofferenza” andrei con i piedi di piombo. Questa affermazione non compare, da sola, in nessun insegnamento del Buddha, è sempre accompagnata da una spiegazione. In breve: nascita, malattia, vecchiaia, morte, impossibilità di avere, impossibilità di rifiutare, effetti dell’impermanenza (soprattutto perdita di persone e cose), attaccamento ai 5 skandha=mal di vivere.
Nel caso si voglia riassumere quanto sopra con “tutto è sofferenza” bisognerebbe quantomeno riflettere sul senso di quel “tutto”. E provare a darne conto.
Dicembre 14th, 2013 at 11:23 am
@106, RobertoP, riguardo lo Zen Deshimaru diceva che “è la ‘religione’ prima della religione” e per me è così. Poi Levi-Strauss direbbe c’è “Natura-Cultura”…
Sulla donna, c’è il frammento di intervento al @103, che sviluppato sinteticamente significa che oltre alla componente biologica (riproduttiva, ecc….), questo sistema di potere per continuare ad affermare il suo status, tra le altre cose (leggi droghe di ogni tipo), fruga continuamente fra le gambe delle donne portando all’esasperazione una natura già connotata naturalmente in quel senso. Vale a dire che stravolge la natura, soprattutto femminile, per affermare la sua perversa visione della vita e del mondo (o mercato per lorsignori).
Dicembre 14th, 2013 at 11:27 am
@113: son d’accordo con te Nello, il film può andar bene in senso popolare, o come film per bambini/ragazzi.
Con Dogen e il suo insegnamento (if any) …
Dicembre 14th, 2013 at 11:36 am
@115: riguardo a “religione prima della religione” c’è una lunga fila prima (durante, dopo) Deshimaru, qui cito solo Panikkar e Mazzocchi. Ma quell’espressione, se legata allo zen (“lo zen è…”) è una sola, una patacca. Sposta solo dialetticamente l’errore di voler definire (in questo caso: far finta di definire per far intendere che si sappia cos’è) lo zen in un fantasioso “prima”. Tra l’altro in questo mondo di sogno detto “prima” c’è una certa folla, visto che vorrebbero collocarvisi cristiani, buddisti, induisti e -mi pare- anche muslim.
Anche questo è uno dei lasciti della cultura detta New Age.
Dicembre 14th, 2013 at 11:55 am
@ 117, mym, sono d’accordo. “Prima” resta un concetto, io l’ho attribuito a Deshimaru e sono convinto che lui sapesse molto bene a cosa voleva riferirsi. Panikkar e Mazzocchi, con tutto il rispetto, non lo so.
Deshimaru è morto nel 1982 e il fenomeno “new age” non c’era ancora così come postosi successivamente.
Dicembre 14th, 2013 at 12:29 pm
Il fatto è che (non so se Deshimaru intendesse anche lui la stessa cosa) quelli che ho sentito usare o ripetere l’espressione “la religione tal de tali è la religione prima delle religioni” intendevano “la MIA religione è quella vera”.
Sul nome New Age hai ragione, è stato usato dopo Deshimaru. Le idee, le tendenze che poi sono state raggruppate sotto a quel nome sono nate molto prima.
Dicembre 14th, 2013 at 5:44 pm
mi piacerebbe fare un commento intelligente, ma – ahimè – il mio ruolo prettamente tecnico mi richiede semplicemente di mettere un commento per vedere se le notifiche via mail arrivano… continuate, continuate, fate come se non ci fossi.
Dicembre 14th, 2013 at 5:48 pm
Come tutti i Pierini… lestamente impertinente.
Sì, le notifiche arrivano.
Grazie.
Dicembre 14th, 2013 at 6:12 pm
@114 Se posso domando: sofferenza e dukkha son la stessa cosa? La memoria adesso fa cilecca e non ricordo le esatte parole: credo di aver sentito che dukkha sia l’attrito che la ruota della vita ha sul mozzo (noi) compiendo la nostra funzione (esistere) … mi era piaciuta come metafora perchè ci prende bene.
Dicembre 14th, 2013 at 6:20 pm
Gesù Giuseppe Maria… Se mi ti presenti all’esame in queste condizioni … ci rivedremo alla stagiòn dell’uva!
La sofferenza non esiste, dhuhka è un ricciolo di nebbia. Basta realizzarlo pienamente e il gioco è fatto. Insomma, siamo buddisti perbacco! 😯
Dicembre 15th, 2013 at 11:19 am
Eh … che il gatto mi ha mangiato gli appunti e non ho potuto studiare, prof! 🙂 Sicuramente ricordo male, ma la frase me la ricordo da un buddista. Riflettendoci sopra mi pare che eliminare l’attrito è lasciar andare, e mi pare pertinente con lo zazen. Sul basta realizzare il ricciolo di nebbia, tu riesci a dirlo dopo 40+ anni di zazen (e comunque grazie di cuore mym), per me dirlo invece è un po’ ripetere a pappagallo cose lette o buoni propositi, e non abitudine acquisita. Ci va costanza e pazienza, no?
Dicembre 15th, 2013 at 11:55 am
Certo, costanza e pazienza, sostenuti da un poco di fede.
In un certo senso son qui (anche) per questo, non posso far nulla, se non dire: un po’ più avanti la strada continua, val la pena, mantiene le promesse.
La frase: cfr. L.V.L, 35 ss.
Dicembre 15th, 2013 at 3:09 pm
morire/ dormire./ oppure rassegnarsi/ e farci un post
Forse sono venuto a capo del fondamento senza derive bolsceviche, con una argomentazione valida e ragionata. Il sacerdote-teologo-poliglotta-etc. ha torto marcio (cfr. Etica buddista, in La via libera, p.91). Te lo volevo dire.
Un film sullo zen che mi è piaciuto è Ghost Dog di Jim Jarmusch 1999. (L’ho visto una sola volta al cinema e me lo ricordo a memoria)
Un film coreano notevole è Pietà di Kim Ki-duk (2012). Il regista sviluppa in maniera geniale il rapporto tra la Pietà e il risentimento.
PS: facci un post!, siamo a natale.
PSS: hanno dato del bolscevico a papa Francesco. Non si è offeso.
Dicembre 15th, 2013 at 5:24 pm
Ciao Hmsx. Bene per il fondamento senza derive bolsceviche. Non che pensi male dei bolscevichi.
Ghost Dog me lo ricordo, abbiamo gusti differenti in fatto di film.
Pietà non lo conosco, ma di Kim Ki Duk diffido, sin dalla Samaritana e anche prima
Papa Francesco lo ascolto con interesse. Lo aspetto al varco: se e come incontrerà José Mujica (detto Pepe), il presidente dell’Uruguay.
A Natale un post? Chissà…
Dicembre 25th, 2013 at 10:12 am
“costruito con la mente”?? avercela!!
insomma , vedo che il Natale rende ottimisti anche in casa zen.
AUGURI A TUTTI!
Dicembre 25th, 2013 at 10:59 am
Ottimisti… dici; visto quel che si costruisce…
Ciao, uomo.
Dicembre 26th, 2013 at 2:07 pm
Ciao dhr, che piacere risentirti. E mym, permetti una domanda dettata dall’ambiguità, in questo caso, della lingua italiana: dicendo “uomo”, intendi “appartenente al genere umano” oppure “persona di genere maschile”, cioè frequente esempio di profondità religiosa? Natale non mi ha reso più buona, tuttavia voglio inviare il mio “bacio al mondo intero”, come ha scritto Schiller e Beethoven ha messo in musica. Fortunatamente sono entrambi maschietti e quindi non accusabili di ragionare con l’utero – come si dice, o almeno si diceva fino a pochi anni or sono…
Dicembre 26th, 2013 at 5:01 pm
Indubbiamente, così detto, quel ‘raro esempio di profondità religiosa al femminile’ dà luogo a fraintendimenti..
penso si intendesse ‘esempi’ che hanno lasciato una traccia scritta..
ma anche così.. qualcosa attorno a cui riflettere rimane..tipo : anche nel buddismo la ‘profondità religiosa’ viene ritenuta tale, nel momento in cui la persona di cui si parla sa ben esprimersi in concetti, parole scritte o dette?
Non è che, chi sa fare questo è semplicemente ‘anche’ un buon scrittore o relatore…?
Cosa di non di conto, ovviamente, ma non garante, di per sè, di profondità religiosa penso.
La risposta potrebbe essere ovvia e banale ma si porta dietro un mucchio di cose….
Dicembre 26th, 2013 at 5:28 pm
Poffarbacco, una miriade di esseri umani dal nome femminile bussa e interroga… Bene, è raro su questo blog. Anzi, penso sia la prima volta che due commenti di seguito siano firmati al femminile. Cominciamo col primo: fra gli uomini, intesi come maschi della specie umana, gli esempi di profondità religiosa sono rari. Molto rari. Dicendo “uomo” quindi, in ogni caso, non faccio distinzioni di quel tipo, sia che intenda “il maschio” sia che intenda “appartenente al genere umano”: rari nantes….
Dicembre 26th, 2013 at 5:55 pm
@ 4: Ciao Marta, la risposta (o l’argomento) non è per nulla banale. Inanellare belle frasi non è molto difficile e, soprattutto, non è indice sufficiente di profondità religiosa. Anzi, a volte accade che proprio per apparire profondi, epperciò quando non lo si è, si costruiscano (o si citino) belle frasi ad effetto. Veniamo al caso specifico. La frase della Stein non è particolarmente bella: non l’ho scelta per quello. L’ho però tolta da un contesto (Sabina Moser, Il “credo” di Simone Weil, p. 34) dove la Moser spiega come la Stein parli della natura cristica. In particolare cita quella frase in relazione a due passi di Matteo dove si indica l’intimità segreta col Padre: 6,4 “perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” e 6,18: “perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Ho trovato significativo (non esteticamente bello: si può far di meglio) quel suo commento a proposito: secondo me centra il bersaglio.
Dicembre 26th, 2013 at 6:53 pm
Grazie a Yushin per la citazione e auguri a tutta la Stella.
Con un consiglio di recente lettura “natalizia”, per chi fosse interessato alle riflessioni di e su Simone Weil.
Di Marco Vannini ne la Repubblica del 24 dicembre 2013: “Natale mistico”, agevolmente scaricabile in rete.
P.s. “Mistica” è un termine abusato, Vannini lo sa, ma, per seguire il latino di Yushin, nomina nuda tenemus….
Dicembre 26th, 2013 at 7:21 pm
Ciao Giorgio.
Grazie: letto ora. Ben centrato.
Riporto solo una frase: “Il senso vero del Natale non va dunque cercato all’esterno ma in se stessi, non in una costruzione teologica, ma nel vuoto, nel distacco”.
Dicembre 26th, 2013 at 8:33 pm
Visto che evidentemente stiamo percorrendo lo stesso sentiero, a proposito del distacco, sembrerebbe che una traduzione aderente della locuzione, per vari motivi abusata, “rinnegare se stessi” (Mc 8,34) sia “prendere distanza dall’affermazione del proprio sé”.
Ma, se la lezione è corretta, per proseguire sul passo citato, se chi segue deve scomparire, chi resta a seguire?
E, d’altra parte, come farebbe a essere seguito chi ammonisce gli inseguitori che è bene per loro se se lui ne va (Gv 16,7)?
Forse che il seguire sia uno stare in un modo diverso?
Un sempre nuovo imitare?
O che il fuori sia un dentro?
O meglio, che in un mondo di causeffetti che non si perdono, come dice qualcuno di mia conoscenza, non ci sia un fuori dove rotolare, e quindi ci sia solo “questo qui” che è un andare e venire?
Auguriamoci quindi questo Natale ventoso!
Dicembre 26th, 2013 at 8:48 pm
In latinorum (anche in Lc 9,23) suona abrenuntiare se ipsum, ma non conosco l’originale (greco? Aramaico? Mah. Studia! Mi dicevano, studia!…).
Il problema [verbale, per dire] “chi resta” quando io scompaio è parimenti dibattuto dai buddisti. Dogen per esempio ricorre al pronome interrogativo “chi?”, per dirlo. Il punto, al solito, per i buddisti, è farlo, più che dirlo.
Colui che è da seguire non è lo stesso che se ne va.
Ma “colui” stroppia a non finire.
“Fuori” e “dentro” sono modi di dire molto grezzi.
Ma… nomina nuda tenemus….
Dicembre 26th, 2013 at 8:54 pm
In greco “aparnao”, salvo errori post cenone…
Dicembre 26th, 2013 at 8:56 pm
Adesso sì che sappiamo tutto 😛
Scherzo: è solo invidia!
Dicembre 26th, 2013 at 8:58 pm
E se no, dove sta il bello dell’inseguimento? 😉
Dicembre 26th, 2013 at 9:46 pm
Scherzi a parte, leggo così da:
Aparneomai, forma medio riflessiva (il soggetto che riflette su di sè), che scompongo in:
Apo, con il significato di distanza da,
A, privativo-negativa, del verbo arneomai, negare, dalla radice v-er ( da cui il latino verbum), er (eiro, dico, affermo in greco).
Da qui leggo: non affermare distaccandosi (da se stessi, nel testo).
Grazie e ancora auguri.
Dicembre 26th, 2013 at 10:12 pm
Grazie a te!
Dicembre 27th, 2013 at 1:42 pm
All’unico scopo di contribuire alla dotta discussione, a me risulta che il testo di Luca (9,23), che scriveva in greco e che leggo nell’edizione di Merk e Barbaglio (EDB1990) dica αρνησασθω εαυτον (al netto di spiriti e accenti che mancano al programma di scrittura che utilizzo) ovvero in caratteri romani “arnesastho eautov”, dove il verbo “arvesastho” dovrebbe essere la terza persona dell’imperativo del verbo αρνεομαι (arneomai) [ho qualche dubbio sul modo, il mio greco è un ferrovecchio, attendo smentite o precisazioni]. Comunque il verbo è quello e significa negare, dire di no, rifiutare, respingere, rinnegare, si trova anche altrove nei Vangeli (es. Pietro quando “nega” di aver conosciuto Gesù: “egli negò di nuovo” Mt.26,72; Gesù stesso quando dice “chi mi rinnegherà davanti agli uomini anch’io lo rinnegherò davanti la padre mio” Mt.10,33). Dunque il significato pare letterale come da contesto: “Se uno vuole venire dietro a me, neghi sé stesso e prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Qui “croce” ha una strana eco ante-litteram: in origine è “palo” (qualcosa che si erige, si innalza) usato anche come “palo della tortura” e poi “croce” come forma di supplizio. Pare semplice: resta un quesito: chi nega se stesso, nega il negatore? E allora chi la porta ‘sta croce? Ognun lo sa, ma chi lo dice?
Dicembre 27th, 2013 at 1:54 pm
Qui l’ambiente si sta elevando: l’è rivà la cultùra!
Grazie.
Dicembre 27th, 2013 at 7:36 pm
Povera me, a queste cose non resisto.Come è bello sentirvi parlare in greco… e vedere che l’altra femminuccia intervenuta finora si è già ritirata dalla conversazione!
Dicembre 27th, 2013 at 7:47 pm
“Femminuccia” quando ero bambino in tempi remoti e impolitically incorrect, si diceva ai maschietti…
Va da sé (e poi la chiudo qui col greco millantato, prima di scivolare) che quando dico la terza persona dell’imperativo del verbo αρνεομαι (arneomai) intendo dire imperativo aoristo (grazie Bignami!)
Dicembre 27th, 2013 at 9:26 pm
Ciao Cristina, non ho capito il senso del tuo intervento ( se era riferito a me )…
Sicuramente il greco non è il mio forte, neanche il latino ( penso che il massimo voto che ho preso sia stato un 5 e pure copiato )e neanche la letteratura in genere…
Non sono quindi a mio agio in queste conversazioni e spesso neanche in altre…
Ascolto però volentieri soprattutto quando le argomentazioni contestualizzano, in modo diverso da quello che si trova nei libri, aspetti della pratica che mi interessano…
Dicembre 28th, 2013 at 11:10 am
Cara Marta, ti ringrazio per aver fatto, elegantemente, quello che avrei compiuto in modo certamente più scomposto: anche a me il nozionismo erudito fine a sé stesso sta poco simpatico. Spero sempre che, gli eruditi, arrivino al dunque e mi dicano, al netto dell’esibizione, come comprender meglio il linguaggio di cui dottamente eccepiscono…
Dicembre 28th, 2013 at 12:07 pm
Giusto, jf 19. C’era però anche la contrapposizione: maschietti da una parte, femminuccie dall’altra. La terminazione
-uccio/a non è di per sè spregiativa: pensa ai cantucci… magari col Vin Santo!
Marta 20: era riferito a te solo nella misura in cui mi sembri capace di una conversazione ad alto livello quale quella tenuta abitualmente su queste pagine, non in merito al latino o al greco, ma all’argomento specifico delle pagine stesse. Fatti sentire!
Dicembre 28th, 2013 at 3:36 pm
L’erudizione è la forma deteriore del sapere, ammoniva un mio insegnante di quei tempi. Qui però c’entra poco, mi pare, anche perché come erudito so di far ridere. L’intenzione era quella di partecipare qualche informazione sul significato letterale di quella espressione greca, visto che era stato richiesto. Può darsi che mi sia allargato, era per gioco ma evidentemente non ha divertito, se tacciato di esibizione e di poco simpatico nozionismo erudito fine a se stesso: mi pare un po’ eccessivo, ma un gioco che non diverte tutti coloro con cui si gioca non è bello e me ne scuso.
Credo che l’espressione evangelica “negare se stesso” sia foriera di complicazioni superflue: negare è speculare ad affermare, e quel se stesso resta d’ingombro. Direi che il buddismo non propone di affermare e/o negare un sé stesso, ma di vederne la natura, cosa fra le cose, tramite la pratica. Quel negare a parer mio ridonda.
Dicembre 28th, 2013 at 3:52 pm
Non vorrei deludere nessuno, tanto meno un’appartenente al mio ‘genere'(!) ma devo ammettere che le conversazioni ad alto livello mi fanno girare la testa con conseguente ‘nebbia’ ( abito in Val Padana quindi mi è proprio connaturata!
ma.. per stare in compagnia questo ed altro!
Non so a quale argomento tu ( Cristina ) faccia riferimento. Se è la contrapposizione maschi -femmine ( in ambito religioso e non ) non sono molto ferrata, anche se .. ci sarebbe qualcosa da dire…
In questo periodo sta accadendo che, almeno dalle nostre parti, si stanno avvicinando allo zen ( nella pratica dello zz) più donne che uomini. Alcune provengono dal mondo dello yoga e altre, soprattutto ragazze, vengono per il ‘silenzio’.
L’ atteggiamento di quest’ultime ( parlo di quelle. poche, ovviamente, che conosco personalmente perchè frequentano lo stesso dojo dove vado anch’io)è decisamente in controtendenza con quello che viene veicolato dai mass media senza però sfociare nella ‘mascolinità’.
Questa cosa( cioè la loro
frequenza) mi ha stupito inizialmente, ma poi mi ha fatto fare alcune riflessioni più o meno condivisibili..
Il messaggio del Buddha, si dice, è rivolto a tutti, ma forse, sotto sotto, si tende a pensare che, magari, qualcuno è più adatto di altri…
Alcuni ‘miscugli’ di uomini, donne, di varie età e professioni, che si trovano unicamente per la pratica, mi sembra rendano bene l’ idea di che cosa possa essere l’ universalità del messaggio buddista e di come l’ individualità ( con tutte le caratteristiche che le sono proprie ) cessi di essere fonte di separazione.. chissà..
forse è anche un ‘modo’ che costringe a ridurre all’ essenziale ( chissà poi quale sarà?!) l’ insegnamento o anche no.
L’ argomento su cui volevo riallacciarmi non era questo, ma ormai ho superato il limite di parole consentite ( faccetta ) ..
Dicembre 28th, 2013 at 4:09 pm
jf 23 che strano come girano le parole,..
ad un certo punto seguono traiettorie tutte loro ..
per quel che mi riguarda, nulla di più lontano da me di tacciarti ‘di esibizione e di poco simpatico nozionismo erudito’,…
di tacciar nessuno, peraltro..
mi spiace se ho dato quest’ impressione..
Dicembre 28th, 2013 at 4:34 pm
Cara Marta, non ho mai pensato che tu fossi una tacciatrice, e non mi hai dato per niente quell’impressione.
E’ interessante quello che scrivi delle donne e ragazze che si recano al dojo per la pratica, per il silenzio. In quasi tutti i dojo, centri, monasteri che in passato ho visitato mi pare che la componente femminile sia maggioritaria: non di rado, però, mi è parso si tratti di donne che vorrebbero essere uomini. Se nella tua esperienza ci sono invece persone di sesso femminile che aspirano solo a praticare in silenzio insieme a persone diverse, mi pare un segno incoraggiante. Certo l’insegnamento di Buddha è rivolto a tutti, il che non ha impedito che il buddismo, come religione storica asiatica, non faccia eccezione rispetto alle altre religioni quanto a maschilismo, per semplificare. Questo è particolarmente vero nello Zen giapponese, da noi importato spesso senza discernimento.
Dicembre 28th, 2013 at 6:00 pm
La citazione della Weil, con la provocatoria frase “raro esempio…” vuol essere -anche- un invito alla presenza dell’altra metà del cielo.
Contemporaneamente, tramite la Weil, volevo mostrare un caso particolare di ciò che la mente costruisce, ovvero la percezione e l’idea della differenza tra maschio e femmina, riportata poi a “uno” da quel “impersonale”.
SVP: non mi dite che maschio e femmina SONO differenti. Cerchiamo di capirci sul perché non lo sono.
Forse ha a che vedere con il miscuglio di uomini e donne del silenzio, di cui Marta @ 24.
Dicembre 28th, 2013 at 10:16 pm
Non so perché, ma ragionare per categorie mi sembra fuorviante..
date per conosciute le ragioni per cui i rappresentanti del genere maschile hanno imposto la loro presenza nei vari ambiti, mi sembra che l’ essere maschio e femmina, per quanto riguarda la pratica, possa rientrare in quell’ insieme di ‘ruoli’ intesi come modalità di esistere, che vanno lasciati cadere nel loro essere definiti, pensati, catalogati…
Una volta che son caduti, forse emerge ( per un po’..) quell’ ‘elemento’ ( non mi viene un altro termine ) unificante che è la vita senza attributi ..
E poi ci saranno mille altri motivi che dicono la non- differenza…
Dicembre 29th, 2013 at 11:20 am
Sono d’accordo, Marta. Penso che sia un punto di vista molto saggio.
Mi rammenta la visuale paolina in Gal 3,28 «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
Invece, porrei tra “le conosciute ragioni” altri passi di Paolo, per esempio le esortazioni alla sottomissione e al tacere della donne (le trovate qui, nella loro incredibile indifferenza): Paolo era figlio del suo tempo.
Dicembre 29th, 2013 at 11:38 am
Ancora due parole (parole parole parole…) sulla mia uscita @21, dalla quale, mi pare, Jf si sia sentito esageratamente bistrattato: nel caso mi scuso, se così si sente posso aver sbagliato.
E seguendo il trent dell’antipatico, lo fo usando una frase di Jf. Laddove dice “… ma di vederne la natura, cosa fra le cose, tramite la pratica.” @23. Se “l’elemento”, per citare Marta @28, è “cosa” (virgolettato) mi rimanda a un’esperienza in cui “quella” cosa è unica, senza né uguali né somiglianti. Se invece è “cosa tra le cose”, è un’altra storia, si parla d’altro e mi piacerebbe saper di “cosa”.
Non ritengo, sempre, come dice Paolo (2 Cor 3, 6) che “la lettera uccide” ma che occorra usarla come mezzo, non come fine. Altrimenti c’è il caso che abbia ragione lui, l’Apostolo.
Dicembre 29th, 2013 at 1:20 pm
Nella mia frase @23 “il buddismo non propone di affermare e/o negare un sé stesso, ma di vederne la natura, cosa fra le cose, tramite la pratica”, cosa fra le cose si riferiva a un se stesso, intendendo che quel se stesso da negare, secondo il Vangelo citato, non è che una cosa (senza virgolette) fra le altre, inconsistente e di passaggio, che si riconosce nel differenziarsi, non nell’eguaglianza unificante cui accenna, con apprezzabile sobrietà, Marta. Il mio argomento era che l’invito a negare quel se stesso rischia di essere un modo per dargli una fisionomia speciale che non merita.
Dicembre 29th, 2013 at 4:14 pm
In questo caso penso che sarebbe stato più chiaro se “cosa tra le cose” fosse stato dopo “sé stesso”, perché dalla posizione pare che quel “cosa tra le cose” si riferisca alla natura (del sé stesso).
Dicembre 29th, 2013 at 4:47 pm
Capisco, effettivamente ci ho pensato un po’ su, ho cambiato posizione delle parole un paio di volte poi ho scelto per l’opzione che ho scritto. Almeno è diventata un’occasione di chiarimento.
Dicembre 31st, 2013 at 2:46 pm
Un’ultima considerazione: rileggendo gli interventi e ripensando ad altre occasioni di vita mi sembra che (almeno per quanto mi riguarda) la nostra presunta, parziale, libertà raggiunta sia molto fragile..
Chi per un motivo chi per un altro, facilmente (più o meno sempre?) ‘reagiamo’ a ciò che incontriamo seguendo schemi che, in qualche modo e da qualche parte, abbiamo interiorizzato e di cui spesso siamo inconsapevoli contenitori..
A volte ce ne accorgiamo e rimaniamo lì a guardarci dentro, un po’ stupiti di questa cecità..
A quel punto, un po’ mi rendo conto che sovente invece di ‘ascoltare’, tendo a rivestire quello che accade con i miei bisogni, i miei pregiudizi e quant’altro
e un po’, ci rimango male..
chissà se mi sono spiegata..
un buon anno a tutti..
Dicembre 31st, 2013 at 5:52 pm
Direi che ti sei spiegata.
Tra l’altro il Bz di fine-inizio anno è una … mattonata proprio su questo, visto dal lato buio.
Se ho capito, descrivi lo zazen “lontano dal cuscino”.
In questo caso penso che sia il meglio che un uomo (ooops!) possa fare. Il tornare continuamente a bomba smascherando ogni personaggio rinforza e perpetua la “fragile” libertà.
Il “rimanerci male” puoi evitarlo (o smascherarlo), se vuoi, è un personaggio anch’esso, di solito figlio del mea culpa mea culpa, un bagaglio un po’ pesante.
Gennaio 1st, 2014 at 9:38 am
Passano gli anni, ma una certezza resta: Buddhazot!
RI-AUGURI a Doc e a tutta la combriccola!
h
Gennaio 1st, 2014 at 9:57 am
Grazie, altrettanto.
Ieri sera hai fatto … presto? 🙂
Comunque Bz, a differenza di Deborah, non ha l’acca!
E ci tiene, tze!
Gennaio 1st, 2014 at 6:03 pm
Grazie…
Gennaio 1st, 2014 at 6:12 pm
… E per poco o per tanto siamo (spesso) tutti lì far vivere un personaggio, figlio di uno stereotipo o di un cliché. Sino a che non vediamo che è il gioco; all’interno del quale siamo cascati come burattini, che si muovono sull’aria dei “signora mia”, “dormiamoci su”, “buon anno” ecc.
Gennaio 1st, 2014 at 6:29 pm
Grazie a Doc, a Mym e a tutti gli amici di tastiera per la compagnia. Buon Anno!
Ps. Piccolo quesito iniziale: se buddazot non ha la acca, mentre bhairava ce l’ha, è perché il budda di buddazot non è il buddha di buddha?
Gennaio 1st, 2014 at 6:34 pm
Già, è il gioco ..
e magari non lo vediamo finchè non arriva ‘bhairava’ ( sono andata a vedermi cosa o chi era) che, patapum, ti rompe tutti gli steccati ( almeno per un po’ )..
chissà se ognuno ha un ‘bhairava personale’…
Gennaio 1st, 2014 at 6:35 pm
Ma noooo, è che bhairava qui… se la tira da strano. In realtà, sotto sotto, non ci ha l’acca nemmeno lui. Ma è un tipo moooolto inc… iracondo, insomma, per cui lo prendiamo come viene. Anche con l’acca.
Gennaio 1st, 2014 at 6:36 pm
La h ce l’ho messa perché tutte le persone importanti ce l’hanno 😉
Ma dovendo scegliere, allora scelgo Deborah.
Gennaio 1st, 2014 at 6:46 pm
Certo! Gli indiani sono furbetti: Vijnanabhairava, ovvero “la conoscenza/coscienza del tremendo” è uno splendido testo, una guida tantrica e saiva (cioè inerente a Siva) verso “l’inondazione divina”. Tremendo è scoprire il senso personale di impermanenza.
Il bhairava personale è quello che qualcuno ha chiamato “l’elemento”, quando non fa più paura, grazie a lunga frequentazione.
Gennaio 1st, 2014 at 6:47 pm
Davvero, le crisi, le persone, la stella non esistono. (Ma per ciò stesso) si dice che esistono le crisi, le persone. la stella. Quindi… buon anno
Gennaio 1st, 2014 at 6:51 pm
Ciao Roberto, bentornato.
Eeeeh il Genjokoan, quelli sì che erano tempi!
PS: se vendete Messi vi tolgo il saluto!
Gennaio 1st, 2014 at 6:54 pm
@5: bella forza, con Deborah non c’è partita… 😎
Gennaio 1st, 2014 at 7:17 pm
Mi fido dello ‘splendido’ e provo a leggermi qualcosa…
Gennaio 1st, 2014 at 7:20 pm
Be’ sì, uno splendido testo, ma non ho detto “facile”.
Gennaio 1st, 2014 at 7:23 pm
Ahi ahi, cosa significa, non è facile per una ‘del genere femminile?’
Scherzo naturalmente.. Grazie per l’ indicazione
Gennaio 1st, 2014 at 7:30 pm
Volendo, per far contente le femminucce (absit iniuria…) si può ricordare che il Bhairava è completo al momento dell’unione con la Shakti (simbolizzata da Kali), il lato femminile o “potenza”.
Maaa, chettelodicoaffà… 🙂
Gennaio 1st, 2014 at 7:41 pm
Perchè le femminucce dovrebbero essere contente di ciò? Magari preferiscono mantenersi la ‘potenza’ per sè medesime!
Però ..chissà se è possibile la scelta..
Gennaio 1st, 2014 at 7:45 pm
La potenza è tale solo con l’unione.
Almeno nella dottrina tantrica.
Nello zen… ognun per sé e lo zz per tutti.
Gennaio 1st, 2014 at 7:49 pm
Mi piace black bhairava, mi piace Deborah la rossa… direi che iniziamo bene.
Il criceto nella ruota.
Gennaio 1st, 2014 at 7:54 pm
E va bene così.. ( almeno per me )
Gennaio 1st, 2014 at 8:00 pm
Non vale! Il “ritorno all’osteria”, con annessi e deboreh connesse, solo alla fine.
Dopo il decimo quadro.
Ma solo se sei stato mooolto bravo.
Altrimenti i preti checcistannaffà? 🙁
Gennaio 1st, 2014 at 8:22 pm
Non vale! Se è alla fine, chisselogode il bendiddio? I preti? Aemu sa deitu (“abbiamo già dato” tipica espressione ligure con cui si usa liquidare il questuante di turno alla porta, prima di richiuderla con mano ferma)
Gennaio 2nd, 2014 at 11:52 am
Eh, il bendiddio, costa caro comunque: anche solo per passarci in mezzo senza “bagnarsi” troppo, c’è da rimetterci la vita.
E, si sa, a non tutti piace.
Lo strano però è che, i più, proprio per questo scelgono quasi con accanimento di “bagnarsi”, con tutti i malanni del caso, e la vita… by by comunque.
La ruota del criceto: nu ghè moddu de sciurtìne*, si direbbe.
*Non vi è modo di uscirne (nella nobile lingua dei liguri).
Gennaio 2nd, 2014 at 6:37 pm
La connessione al sito va e viene…
Mi informano dagli Alti Comandi che da mezzodì siamo bersaglio di un attacco massiccio di hacker.
Gennaio 2nd, 2014 at 7:08 pm
La prevalenza del criceto…
Molti nemici molto onore, diceva il Fesso di turno. Non han proprio niente da fare gli hacker se se la prendono con la turris eburnea della stella mattutina.
Gennaio 2nd, 2014 at 7:30 pm
non per sminuire l’importanza della stella, ma l’obiettivo dell’attacco era un altro sito vicino di casa. ora mi pare rientrato tutto nella normalità.
Gennaio 13th, 2014 at 2:44 pm
bellissimo il paragone con il neonato!
Gennaio 20th, 2014 at 4:59 pm
Non per sminuire l’importanza della stella, ma… ”È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un occidentale entri nel regno orientale”
Se il fondamento è X, (cfr. Etica buddista, p. 91. ed. Stella del Mattino 2013) significa che abbiamo percorso con onore la via che conduce alla saggezza.
Chi odia Dio nella massima purezza ama gli dèi. Il teologo maledetto inaugura l’epoca della grande valutazione. Valuta anche Dio contro l’ingenuità di trovarlo inesistente: «Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo» scriveva Simone Weil.
La divinità del fiume, dell’albero e dell’uccello mi restituiscono il principio divino che emana dalla materia. Un senso “laico” del sacro.
PS: dagli Alti Comandi mi dicono che siamo in campagna elettorale. La novità è che il tema sui giovani è stato già svolto. Aemu sa deitu.
Gennaio 20th, 2014 at 5:00 pm
Il problema globale di oggi non è più quello religioso alla maniera di Nāgārjuna o Dōgen zenji… e dei bei tempi che furono: lame e sangue perbacco! – “vivere o morire”- . Il problema di oggi è quello del nichilismo, che stringe come in una morsa la nostre vita. Questo problema travaglia la nostra civiltà sia sul piano teorico che su quello pratico, ma sembra aver acquistato tutta la sua forza, tutto il suo veleno, solo nel nostro tempo. È un fatto che se non l’umanità, almeno la vecchia Europa, in tante cose guida dell’umanità, è paralizzata o per lo meno ne ha tutta l’aria. I valori del cristianesimo, dopo aver guidato la bimillenaria marcia regolare, tutt’altro che trionfale, dell’umanità occidentale, marciscono in questa crisi. Che tali valori siano definitivamente tramontati o solo oscurati dalle nubi presente, è un fatto che siamo fermi e senza più guida.
NB: questa storia che i geni della finanza sono miliardari e quelli religiosi no deve finire.
Gennaio 20th, 2014 at 5:02 pm
Un tempo per imparare a scrivere un ideogramma ci si impiegavano anni. Oggi abbiamo #instantbook a misura di #trendtopic.
«Una conflagrazione storica ridurrà l’Occidente in frammenti. Questa non è una sciocca profezia, ma un attendibile previsione». (25 ottobre 2002)
Si capisce che per entrare nel regno orientale bisogna passare per queste porte. È normale che un fabbricante di chiavi e guida dell’umanità per meno di $30000 all’anno non si alza dal letto.
Dormo sereno cullato dal Nirvana occidentale. Il Dragone trionferà.
Gennaio 22nd, 2014 at 7:08 pm
Bè, il cristianesimo è perfettamente funzionale all’imperialismo globalizzante e all’imperialismo monetario (che poi coincidono), è come un “utile idiota”, nella migliore delle ipotesi. Personalmente, considero il vaticano pericolosissimo, sono troppo librodipendenti o veritàdipendenti (la loro, ovviamente), e la loro verità libresca sta andando a capofitto verso la realizzazione piena del loro libro che si chiama Apocalisse.
Gennaio 22nd, 2014 at 8:51 pm
Ciao Hsmx, ciao Nello, scusate se vi ho lasciati “soli”.
@16: ti piace questa cosa del fondamento, eh! Se vuoi ti metto in contatto col teologo crucco per una bella rimpatriata… 😉
@17: religione e miliardi sono come il diavolo e l’acqua santa. Nell’ordine. 😯
Comincio a dirlo a te: valori del cristianesimo… mica ti confondi con quelli di don coso, come si chiama quello che comandava le finanze vaticane e l’hanno arrestato?
@18: Il dragone trionferà, concordo.
@19: Come dicevo prima, valori cristiani sono amore povertà fratellanza giustizia solidarietà (nel senso di intervenire in solido quando serve). Che poi siano secoli che si chiamino cristiani i valori dei ladroni è vero, ma questo non fa più “valori” quelle robe lì da miserabili. La librodipendenza, imho, dipende dal fatto che hanno di fatto un solo libro. Non per dire, ma l’Avatamsakasutra da solo (come quantità, veh!) fa più che tutto il vecchio ed il nuovo testamento. Difficile essere librodipendente con un canone di più di 20.000 testi.
Gennaio 27th, 2014 at 8:38 pm
E’ abbastanza disarmante questo articolo. Comunque lo rigiri ‘scotta’ tra le mani…
L’ universalità dell’orgoglio mi fa molto riflettere e mi fa un po’ impallidire..
La presunzione di poter seguire la via del discepolo appare nella sua ‘realtà’, ma nel contempo,mi rendo conto che, come si dice nell’ultimo capoverso, non c’è altra via.. e allora, che fare?!
Caspita, comunque si guardi la cosa, non c’è altro verso che.. guardarla e basta..
Mi viene un po’ da sorridere ( per non piangere ), pensando a quante volte si parla ( ho parlato anche ) del ‘problema dell’ io’ e di come fare per….
se considero tutto ciò dal punto di vista dell’orgoglio, c’è proprio da compatirsi..
Vabbè, per fortuna che il conto delle stupidaggini commesse è ormai perduto…
Gennaio 27th, 2014 at 8:47 pm
Ciao Marta, è un piacere che qualcuno fruisca di queste pubblicazioni: a volte sembra di lavorare … nel deserto.
Nel sutra di Vimalakirti (cito a orecchio) si dice che “la via del buddha è la via dell’errore, dell’orgoglio e delle passioni”: senza farsi prendere dalla gabbia mentale non c’è liberazione. Certo che occorre accorgersene e… provvedere.
Il dialogo con Di Folca ha avuto un seguito…
Gennaio 29th, 2014 at 12:38 pm
“Qualcuno chiese: ‘Quando non si porta in sè nessuna cosa, com’è?’
Joshu rispose: ‘Mettila giù’.”
Animiamo un pò il dibattito partendo anche da cose semplici…
Gennaio 29th, 2014 at 12:45 pm
Sei speciale: spari un koan (e senza contesto!) e poi inviti a partire dalle cose semplici.
Potrei risponderti: il dibattito? Mettilo giù.
Invece: in questo periodo sto preparando un nuovo corso per l’Uniurb. Il corso inizia fra 19 giorni. In due mesi ho preparato circa metà delle lezioni.
Insomma: il dibattito? Noooo, il dibattito noooo!
Gennaio 29th, 2014 at 6:25 pm
@ 21 Bè, lasciando il nostro curatore al suo impegnativo compito, vorrei chiederti: come mai hai associato quel koan alle cose semplici intese, presumo, come cose basilari, relative al fondamento?
Febbraio 1st, 2014 at 11:41 am
@22, il “contesto” è sempre, è oltre…
@23, si spiega da sè, e non da me.
Marta non si fa impressionare e indaga…ti lascio nel tuo legittimo dubbio e simpatizzo con la tua domanda. Un bacione.
Febbraio 3rd, 2014 at 7:05 pm
Caro Nello, ad “ammazzare” il dibattito sei più bravo di me! 😉
Oggi, a proposito dello stato delle cose nel mondo/Italia, dicevo a persona di saggezza che occorre molto senso dell’umorismo. Mi ha risposto: “il senso dell’umorismo lo devono avere le vittime. I “carnefici” sono serissimi”.
A pensarci, non può che essere che così.
Febbraio 4th, 2014 at 4:42 pm
Non essendo, come sa chi mi frequenta, persona di saggezza, mi permetto di aggiungere, a mo’ di corollario, che non sarebbe male se i carnefici anche avessero molto senso dell’umorismo: ciò impedirebbe loro, de facto, di fare i carnefici, e non ci sarebbero più vittime (almeno quelle dei carnefici). Ma, ahimè, essendo carnefici, son privi di senso dell’umorismo. Non se ne esce…
Febbraio 4th, 2014 at 7:10 pm
La considerazione che mi è sorta leggendo quella frase è che l’umorismo non può che essere autoironico: anche noi siamo tra ciò di cui si ride, altrimenti irridiamo. E siamo tra i carnefici.
Febbraio 6th, 2014 at 11:50 pm
e il dramma è che non è un modo di dire..del primo, secondo o terzo livello, a seconda delle condizioni che ci hanno portato fin qua, ci siam dentro un po’ tutti, più o meno consapevolmente, più o meno spesso..
a volte lo siamo anche nei nostri stessi confronti…
la via dell’ umorismo, dell’ autoironia è una bella via, ma c’è la possibilità di apprendere quel particolar modo di vedere la vita, di far nascere dentro di sè quel ‘quid’ che permette di ‘sgonfiarsi’, di non prendersi troppo sul serio?
Febbraio 7th, 2014 at 6:02 pm
Penso che solo una parte della capacità autoironica si possa apprendere, per esempio ne parlo qui ed è una parte rilevante, qualitativa direi. Un’altra parte, a mio vedere, è legata al carattere ed è forse impossibile apprenderla. Grazie al cielo, però, quest’ultima dose di capacità autoironica più che qualitativa è quantitativa. Sono vecchiotto per cui faccio esempi vecchiotti: anche Gino Cervi aveva capacità autoironiche ma, rispetto al principe De Curtis, Cervi era una lapide.
Febbraio 7th, 2014 at 7:00 pm
Come al solito ..grazie!
Febbraio 13th, 2014 at 11:55 am
@25 Ho solo spostato il piano di dialogo.
Cosa che faccio ancora ma tutto è connesso…
Io amo la Svizzera (ho avuto una morosa svizzera) che ho frequentato regolarmente per qualche anno.
In Svizzera, le decisioni che riguardano la collettività svizzera le decidono le libere popolazioni dei Cantoni.
Non ci sono demiurghi a Berna che decidono per tutti, ma tutti si esprimono riguardo qualsiasi cosa appunto che riguarda tutti.
Questo si può anche definire embrione di libertà. LO trovo molto equilibrato e considero le comunità svizzere le più evolute del pianeta.
Perchè non li copiamo??? Quella forma di stato funziona. La nostra è fallita da sempre, dalla sua fondazione artificiale e violenta.
Se sei incatenato e non individui le catene che ti imprigionano o peggio le accetti, è inutile lamentarsi.
La libertà non è gratis.
Ciao
Febbraio 14th, 2014 at 6:23 pm
La libertà non è gratis, concordo. Il fatto di essere nati nell’era post bellica ce lo ha fatto dimenticare.
Proponi il governo locale, con un coordinamento centralizzato… Potrebbe anche funzionare, in teoria. In pratica temo di no, almeno in Italì. Da noi ciò che non funzia non è un modello di governo. Siamo noi.
Avevamo persino un presidente del consiglio zen… 😯
Marzo 2nd, 2014 at 3:11 pm
Buongiorno. Ringrazio di nuovo di avermi mandato una versione file del libro “La via libera”. Lo ho stampato e lo sto leggendo con interesse. Avrei una domanda per uno degli autori, non so se è possibile fargliela avere. La scrivo qui sotto:
“ A pag. 58 viene riportato che “i modelli della scuola Yogacara/Vijnanavada sono tra i più raffinati”. Questa è l’opinione dell’autore, della corrente zen del buddhismo, o di chi? Chiedo questo perché di solito viene detto che la Prasangika Madyamika è la scuola più sottile e precisa nell’ esporre la visione del Buddha relativa al modo di esistenza dei fenomeni, chiarita da Nagarjuna e Chandrakirti. Non vorrei iniziare una polemica, solo capire i motivi di tale scelta. Ringrazio in anticipo.
Manuela De Zulian
Marzo 2nd, 2014 at 6:04 pm
Buongiorno a lei. Dicono (non ci ho mai provato…) che la “scuola” Prasangika, ovvero una sorta di specializzazione della “scuola” Madhyamaka, sia la più sottile ed efficace per “vincere” un dibattito dottrinale. Forse anche per questo ebbe successo in Tibet dove tali dibattiti/duelli erano apprezzati. Laddove ho scritto che “i modelli della scuola Yogacara/Vijnanavada sono tra i più raffinati” non mi riferivo alla loro efficacia o sottigliezza in un dibattito. Parlavo dei modelli o ipotesi sul funzionamento della realtà utili a deporre duhkha dalle nostre spalle.
PS: sono tutte opinioni personali.
Marzo 2nd, 2014 at 7:02 pm
grazie della risposta, e della velocità con la quale ha risposto. Devo dire che ho trovato il libro interessante (ma non lo ho ancora finito), anche all’inizio in cui espone benissimo le difficoltà di lasciare il mondo per il monastero e poi di uscire dal monastero, oltre che della difficoltà di trovare maestri degni. Buon lavoro e buona serata! Grazie della gentilezza.
Marzo 2nd, 2014 at 7:27 pm
Prego.
Grazie a lei
Marzo 17th, 2014 at 2:52 pm
Bom giorno
Sono brasiliana e mio italiano ché insuficiente…peró, andiamo nos comunicare…
Voglio molto la pubblicazione de Shobogenzo in italiano, tradizione Carlo…íncontro difficulta per prendi la pubblicazione.
I capitoli non sono disponibili per il download e rapporti di internet non trovano il sito.
Grazie por vostra atenzione. Aguardo
Marzo 17th, 2014 at 5:11 pm
Cara Heishin,
Grazie per la segnalazione. Questa pagina ora funziona. Invece riguardo ai link di questa bisogna attendere che ci metta mano il webmaster: gli hacker ci hanno scombussolato gli indirizzi.
Appena ho notizie aggiorno
Un saluto
mym
Marzo 17th, 2014 at 6:37 pm
Cara Heishin: ora funziona tutto
Alla prossima
mym
Aprile 3rd, 2014 at 12:36 pm
Spero che, per compassione, c’arrivi qualche eco a quelli chi non possiamo andare al paradiso
Aprile 3rd, 2014 at 7:39 pm
Ciao Roby, bentornato.
Be’ sì, un sistema ci sarebbe.
Però, si sa, la compassione costa… 😳
Aprile 4th, 2014 at 3:11 pm
Era il primo d’aprile quando ho preso visione di questa locandina, latrice del “nobile invito”. Ho pensato a un autoironico pesce d’aprile: si sa, i buddisti hanno il sorriso facile… Invece no, è tutto vero e, trasecolando, viene da piangere.
Aprile 4th, 2014 at 9:13 pm
E visto che l’esempio da imitare pare essere il dark side della Chiesa Cattolica, viene a fagiolo l’ammonimento di Paolo di Tarso: “Beato chi non si condanna per ciò che approva” (Lettera ai Romani, 14-22).
Aprile 6th, 2014 at 11:34 am
Anche se si potrebbe discutere riguardo il “buon uso” dei fondi, direi che, dati i precedenti, il rischio di un uso non proprio disinteressato è molto alto.
http://www.mentecritica.net/wp-content/uploads/otto_per_mille.jpg
Ps. penso che chi ha scelto di mettere l’immagine da Mc Donald dovrebbe “fermarsi a meditare” 🙂
Aprile 6th, 2014 at 11:50 am
Ciao Dario, Vauro è cattivo un bel po’… ma la realtà a volte supera: negli anni scorsi la parte dell’8X1000 destinata allo stato è stata utilizzata per “missioni umanitarie”. Peccato che sotto quel nome si trovi anche, per es., la missione di pace dei “nostri ragazzi” in Afghanistan. Dove da trentanni vari eserciti stanno portando la democrazia. Con le armi, of course.
Non ho capito il tuo PS, puoi spiegarti meglio svp?
Aprile 6th, 2014 at 12:30 pm
Trovo che l’immagine della mano del Buddha con la penna in mano che invita al versamento sia una rappresentazione da marketing pubblicitario, da “carosello”(da Mc Donald..).
Le intenzioni saranno pure nobili, ma personalmente la trovo di cattivo gusto.
Aprile 6th, 2014 at 5:16 pm
Ah, ecco. Il fatto è che sei troppo gentile, niente nobili intenzioni: a mio parere trattasi di simonia, più che di cattivo gusto. Il Buddha (nella metonimia della mano) siamo noi quando firmiamo per dar soldi a loro, ergo: quando firmi sei come Lui.
Oppure: anche il Buddha (ha) avrebbe firmato. Ma questa lettura è troppo … spiritosa perché ci abbiano pensato.
Aprile 7th, 2014 at 9:28 am
Il sostegno a qualsiasi clero in questa forma (per me in qualsiasi forma normata da una legge di stato) secondo me non è opportuno (forse neanche etico, ma non mi ci metto a farci discorsi seri).
Promettono (tutti) di destinare un sostegno economico al culto e all’impegno sociale, Stabiliscono che farne però a posteriori. E chi decide è legittimato non da una competenza particolare, ma dal fatto di appartenere a questa o quella religione (nel “nostro caso” associazione).
Il sostegno al culto sottintende che un bel tempio, un rito solenne possano divenire “la strada” meglio di una stanza, spoglia o meno, cioè che il messaggio risuona meglio se la chiesa è ricca.
Passa il messaggio “buddha è meglio, fidati di noi, lo rappresentiamo, ci abbiamo le carte in regola”. E’ una grande responsabilità.
C’è un motivo per cui il clero Islamico non chiede di accedere all’8×1000?
Aprile 7th, 2014 at 9:38 am
Sono d’accordo. Sia sul sistema attuale (l’uso e la suddivisione dell’inoptato è una vera truffa: chi non sceglie … versa ugualmente e prende di più chi ha già di più) sia sui finanziamenti statali. La cosa che fai notare è importantissima: stabilire dopo, una volta incassato, che cosa fare dei quattrini è pessimo. Almeno dicessero: questi sono i nostri progetti (luogo, tipo, finalità, costi, ente gestore del denaro e di ciò che se ne farà). Un disastro.
Da quello che ho letto gli islamici non accedono all’8×1000 perché non hanno una sola associazione che li rappresenti. Come dovrebbe essere per i buddisti: che sia l’UBI che si presenti allo Stato dicendo “i buddisti siamo noi dateci la pilla” è… proprio quello che sembra.
È il Paese di Stamina e Vanna Marchi.
Aprile 7th, 2014 at 12:01 pm
@ 7 ed 8: il motivo per cui la Chiesa Valdese riceve molti più finanziamenti rispetto al numero dei fedeli è proprio perchè viene dettagliato in modo molto chiaro per cosa verranno utilizzati i fondi, e se ne da poi conto. Sul sito dell’UBI non ho trovato nulla di paragonabile, anzi direi proprio nulla in assoluto, nessun dato.
Il paragone con la Chiesa Cattolica secondo me è corretto perchè in entrambi i casi si strumentalizza la religione per scopi mondani (nobili o meno, nel caso dell’UBI non saprei dire)…che poi si venda la remissione dai peccati o l’illuminazione/compassione si tratta sempre di mercificazione.
Tempo fa rileggevo il Sutra del Loto; da qualche parte si definisce il Buddhadharma come “la dottrina che va contro il mondo”…qua invece mi sembra che sia tutto il contrario, :-/
Aprile 7th, 2014 at 12:32 pm
“Tempo fa, circondato da 5000 tra bodhisattvi e bodhisattve accompagnati da esseri celesti che portavano baldacchini e ghirlande, mentre una pioggia di petali copriva il mondo, rileggevo il sutra del loto…”
Chi di Loto colpisce… 😛
Aprile 7th, 2014 at 12:51 pm
Poteva andar bene anche il Diamante by Mym, paragrafo 10…
Aprile 7th, 2014 at 12:56 pm
A be’, se mi citi, allora ben vaselinato abbasso il tiro: scendi dal pero quando scrivi da queste parti o… finisce che prima o poi qualcuno ti butta giù.
Aprile 7th, 2014 at 2:21 pm
Non voleva essere quel tipo di atteggiamento, ma comunque cadere dal pero può far bene…
Stando ben sulla terra: attenzione perchè se un gruppo si è fatto accreditare come rappresentante di tutto il buddismo anche l’uso che farà poi del denaro verrà considerato nella stessa ottica…
Aprile 7th, 2014 at 3:21 pm
Fa certo bene al pero, un peso in meno sui rami…
I rappresentanti dell’UBI e i suoi membri tutti, sanno benissimo cosa stanno facendo e fanno proprio quello che vogliono, ovvero far cassa all’ombra di qualche stereotipo religioso e di una legge statale (concordataria) e fiscale (otto per mille) da repubblica dei polli (i cittadini tutti). Invece di cogliere l’occasione di esemplificare una mentalità differente, e bastava far niente, hanno messo la penna nella mano di pietra di un finto buddha: una vera mano morta!
Aprile 7th, 2014 at 5:16 pm
@ 13: lo so che certe cose non sei capace di farle apposta, per quello ti ho buttato giù. Quando impari salgo anch’io e giochiamo assieme.
@ 14: secondo me la mano morta non è di pietra, o è terracotta o è legno.
Si vede sì che non è il vero Buddha: Lui non era mancino, si sa.
Però la penna ce l’han messa bene, con le ombre giuste.
Aprile 8th, 2014 at 10:49 am
Propendo per il legno.
Non sapevo si sapesse che non era mancino: quante cose non si sa di non sapere…
Aprile 8th, 2014 at 11:28 am
Le cose un po’ si sanno, un po’ non si sanno, poi ti tornano a mente e si sanno di nuovo.
Ma non dura.
Ricordo al dotto pubblico, a chi c’era e a chi è appena arrivato, che giusto (?) un anno fa abbiamo discusso approfonditamente dell’intesa Stato/UBI, del Concordato ecc. Purtroppo alcune delle cose che temevamo si verificassero sono avvenute e dalle avvisaglie c’è da sperare che il trend vada a migliorare.
Aprile 8th, 2014 at 5:01 pm
E’ davvero impossibile o inutile prendere una posizione o segnalare gli aspetti più deteriori della cosa? Ricordo che Jf scrisse una specie di lettera aperta l’anno scorso, ma evidentemente non è servita a molto…
Aprile 8th, 2014 at 5:30 pm
Potremmo fare un appello
Firmare una petizione
Lanciare un grido di dolore…
Con tutto il rispetto e la simpatia per l’UBI ed i suoi associati, in realtà son fatti loro. L’unica cosa che mi seccherebbe sarebbe l’essere confuso con loro.
Grazie a Dio non ho mai detto a nessuno di essere buddista.
Aprile 12th, 2014 at 7:30 am
Secondo me la possibilità di versare l’8xmille all’UBI è un progresso per la legislazione nazionale. Un nuovo soggetto giuridico ha titolo per sedersi al tavolo e rivendicare briciole di denaro pubblico. Alla meno peggio un parassita che contenderà al Vaticano la giurisdizione sugli articoli di fede.
Per conto mio, celebro una vittoria sull’oscurantismo ecclesiastico. Ho fatto presente al parroco – a furia di sentenze – l’aspetto deteriore di far suonare le campane al volume di 60 decibel 14 volte al giorno per quattro minuti di seguito! I tribunali sono severissimi. Nessuna pietà per i parroci col complesso di Fra Martino. Condanne esemplari. Ex plurimus Tribunale di Chiavari, Sentenza 9 agosto 2008, n. 373. (Immissioni rumorose, intollerabilità, obbligo risarcitorio, sussistenza, danni).
Insomma, il parroco s’è dato una calmata.
IMHO, un “buon uso” dei fondi sarebbe quello di adoperarli per silenziare le campane delle chiese. La ricerca del silenzio e la lotta al frastuono sono diritti inalienabili dell’uomo.
Aprile 12th, 2014 at 10:30 am
Ciao HMSX, bentornato. I Fra Martini de’ noantri, città per città, sono di un’invadenza spocchiosa: segnano il territorio col suono come i cani con la pipì… Il mio, di FraMartino, non lo denuncio perché mi fa gioco: inizia alle 7 a scampanare follemente svegliando i rompipalle che, altrimenti, farebbero rumorosamente tardi la sera.
Sull’uso dell’8X1000 già ne parlammo l’anno scorso, mi piacerebbe che quei quattrini fossero usati per una battaglia legale per l’abolizione di tutti gli 8×1000.
Aprile 14th, 2014 at 2:47 pm
Peppone e don Camillo 2,0 😉 Le campane fanno allegria e l’età avanza: anni fa erano i preti a chiamare i carabinieri perchè noi si faceva chiasso, e non viceversa!
L’Ubi si prende una bella responsabilità anche a dare una specie di (o meglio la) “certificazione di buddhismo doc” ai centri associati. Come se ce ne fosse bisogno in quei termini. Come se chi (chi?) di dovere avesse discusso e risolto ogni aspetto della questione.
Aprile 14th, 2014 at 4:10 pm
1. Le campane non fanno allegria. Le campane inquinano.
2. Se chiami i carabinieri per denunciare la Chiesa del quartiere per disturbo alla quiete pubblica ti ricoverano alla neuro.
Ciao mym. Se flotte di cittadini consapevoli denunciassero le loro chiese di quartiere potrebbe addirittura ripartire l’economia.
Aprile 14th, 2014 at 7:53 pm
Ciao Max, l’UBI non solo certifica la buddisticità (art. 12 dell’Intesa) ma la può pure togliere. L’articolo 14.3 dell’Intesa recita: “La notifica dell’avvenuta revoca dell’erezione di un ente da parte del Presidente dell’UBI determina la cessazione con provvedimento statale della personalita’ giuridica dell’ente stesso”.
Il problema delle campane non è dappoco, a parte l’arroganza che di per sé è fastidiosa, quando d’estate dormi con le finestre aperte e abiti, per es. dove abito io, dalle 7 in poi è di fatto impossibile dormire. Se hai un bambino piccolo, con la febbre, e finalmente alle 5 sei riuscito a farlo dormire… alle 7 siete di nuovo in pista. Se in quel momento ti passa vicino il prete, il pensiero di strozzarlo arriva alle mani in un momento…
PS: il “mio” prete non ha neppure le campane: trasmette dei CD a tutto volume tramite delle casse degne di un concerto dei Rolling Stones.
Aprile 15th, 2014 at 2:33 pm
Ciao mym, campane … scherzi a parte avete ragione, sono io che son stato fortunato, oppure il prete ha dei vicini più vendicativi dei serial killer.
La questione della buddisticità è marginale vista da un certo angolo, dall’altro richia di essere un’indicazione distruttiva … perchè uno potrebbe cercare solo dagli associati tralasciando il resto, cioè se uno vuole assaggiare del buon vino senza conoscer l’oste… non dico che gli unici e i soli duri e puri siano i non associati, ma che il dubbio è meglio di avere una sicurezza sbagliata.
Aprile 15th, 2014 at 4:48 pm
Sì quelli son certo dei rischi. Però, ora che gireranno dei bei soldini immagina un po’, visto (Gabanelli docet) il Paese in cui siamo, che qualcuno venga al tuo “centro”, regolarmente associato, e ti dica che insomma quella milionata che avete cuccato sarebbe bene spartirla altrimenti ti revochiamo l’erezione…
Insomma, almeno tua moglie forse (forse!) potrebbe cominciare a preoccuparsi, no? 😯
Aprile 15th, 2014 at 5:57 pm
Spero proprio che rendano conto del denaro incassato, Purtroppo se guardi a come viene speso altrove non fa problema destinarne la maggior parte al clero e al culto. Va bene al praticante-bancomat che cerca il corso zen tenuto dal maestro che dice cosa e cosa. Oppure a chi vuole il bel centro, la pace nel mondo e il matrimonio zen … magari nascerà anche la figura del catechista zen, così per arrotondare.
C’è sicuro chi si siede senza menate, ma il suo 8×1000 andrà comunque a riempire il calderone.
Mia moglie santadonna … non si preoccupa, di questo almeno no … e se ricordi la storia del “centro” (che non è “mio”) nessuno ci viene a trovare sicuro …
Aprile 15th, 2014 at 6:02 pm
Sedersi senza menate è la cosa più difficile del mondo.
Aprile 16th, 2014 at 2:42 pm
Senza menate chi mai si siederebbe (si sarebbe seduto)?
Aprile 16th, 2014 at 4:39 pm
Sì.
In più, se quel tal ci fosse, dubito molto che destinerebbe l’8×1000 a quel calderone.
Aprile 16th, 2014 at 7:40 pm
Già sarebbe dura spiegargli cos’è l’8×1000: de che? Otto per mille non faceva ottomila? Senza menate…
Aprile 24th, 2014 at 8:57 pm
Non piangiate, il 8×1000 è poco, cosa di debuttanti. Nel mio paese, Spagna, la chiesa cattolica ha la potestà di “immatricolar”, cioè, di mettere al suo nome, quelli beni che non hanno un previo proprietario riconosciuto: case, campi, monumenti, chiese, etc. E per ciò non è necessario che intervenga un notaio, è sufficiente semplicemente con che il vescovo dica: “quello che non era di nessuno… in realtà è nostro”. Per questo procedimento si sono messi al suo nome, per esempio, la moschea di Cordova, alla quale hanno rinominato automaticamente come moschea-cattedrale di Cordova.
A che non sapete chi instauro quella legge?. Fu Franco (non so se avete sentito parlare di questo signore) che mentre visse, insieme con i vescovi, è stato l’unico che aveva il diritto di entrare nelle chiese sotto un baldacchino.
Aprile 25th, 2014 at 10:38 am
Ciao Roberto. Grazie della precisazione. Non sapevo di questa cosa.
Chissà papa Francesco che cosa ne pensa.
Effettivamente è una porcheria anche peggiore dell’ottopermille.
Proprio vero che al peggio non c’è limite.
Riguardo a chiese e baldacchini, invece, temo che in Italia vi battiamo: da noi sono le mafie che organizzano molte processioni, quelle dove si porta a spasso Mariavergine o il suo Figliolo.
Aprile 26th, 2014 at 10:36 am
Il cattolicissimo macellaio Franco e i suoi retaggi mostrano purtroppo esemplarmente cosa possono produrre gli amplessi fra istituzioni religiose e politiche: si generano mostri. In Spagna si vivono i cascami di duemila anni di giochi perversi fra cristianesimo e Stato; in Italia i nostri buddisti sono agli albori, sono ancora al petting, per questo andrebbero messi sull’avviso: il buon giorno si vede dal mattino.
Aprile 28th, 2014 at 9:00 am
[…] […]
Maggio 12th, 2014 at 3:15 pm
Bentrovati,
Uh che bello! A cose fatte si ricomincia a parlarne, si che, come ricordato @17, ne avevamo discusso a lungo.
Ma non è bastato (eppure io credevo…).
Vabbè, allora ricomincio anche io, che amerei quello che con ironia mym suggerisce @19.
Perchè l’immobilismo rischia di essere una colpa e essere confusi non è poi un rischio così remoto.
Maggio 12th, 2014 at 4:41 pm
Bentornato adm.
Qui langue, oooh come langue.
Per una religione che si impantana nei quattrini non si sprecano più neppure i “signora mia…!”.
La cronaca giornaliera è talmente piena di guano pubblico che l’inabissarsi del (sedicente?) buddismo nel mondo del desiderio non è che un sospiro nel temporale…
Maggio 17th, 2014 at 6:08 pm
Quell’invito e la locandina sono orrendi, quindi, a monte chi ha prodotto immagine e testo si rispecchia in quella immondizia.
Vanno criticati in modo radicale e pubblicamente.
Questa gente qui ha sicuramente sbagliato parrocchia e con una “presentazione” del genere non meritano alcun appello. Questa è una organizzazione da chiudere subito o da spostare in un luogo di pratica del Dharma dove potrebbe stare per un biennio poi via in un altro luogo di seria pratica del Dharma. Non si deve consentire il consolidamento di organizzazioni discutibili come l’UBI soprattutto in luoghi di altissima corruzione e decadimento come Roma. Lontanissimi dal vaticano.
Maggio 31st, 2014 at 8:12 am
…e intanto, si delinea la figura…
http://forum3.zenshinji.org/
Tra l’altro: “Durata degli incarichi
Si propone che il Ministro di Culto e l’Assistente spirituale durino in carica almeno un anno, al termine del quale il mandato debba essere necessariamente riconfermato per iscritto e controfirmato dalla Guida Spirituale del Centro.
Si propone che la Guida Spirituale del Centro abbia comunque diritto di revoca insindacabile sia del Ministro di Culto e che dell’Assistente spirituale, al di là del potere di revoca esercitata dall’U.B.I. ( vedi di seguito Codice deontologico e Collegio dei Probi viri).”
Insomma…’sti ministri sarano presi fra due fuochi…il loro Maestro che, come accade spesso in occidente, al primo scazzo li può cacciare e l’U.B.I. che invece potrà cacciarli attraverso i Probi Viri…poraccio!
Giugno 1st, 2014 at 6:24 pm
Riporto qui il commento che ADM ha postato sul post di qualche tempo fa La difficile intesa. Interessante.
***
…e intanto, si delinea la figura…
http://forum3.zenshinji.org/
Tra l’altro: “Durata degli incarichi
Si propone che il Ministro di Culto e l’Assistente spirituale durino in carica almeno un anno, al termine del quale il mandato debba essere necessariamente riconfermato per iscritto e controfirmato dalla Guida Spirituale del Centro.
Si propone che la Guida Spirituale del Centro abbia comunque diritto di revoca insindacabile sia del Ministro di Culto e che dell’Assistente spirituale, al di là del potere di revoca esercitata dall’U.B.I. ( vedi di seguito Codice deontologico e Collegio dei Probi viri).”
Insomma…’sti ministri sarano presi fra due fuochi…il loro Maestro che, come accade spesso in occidente, al primo scazzo li può cacciare e l’U.B.I. che invece potrà cacciarli attraverso i Probi Viri…poraccio!
Giugno 9th, 2014 at 9:01 pm
>attenzione all’incasso
. . . eh già, attenti a non farci perdere le staffe!
Giugno 10th, 2014 at 9:59 am
Gentile professor Mauricio,
spero che questa lettera le arrivi, è l’unica possibilità d contatto che ho trovato in internet.
ho partecipato all’incontro di Camaldoli, in cui lei ha esposto alcuni temi dell’insegnamento zen.
Mi permetto di scriverle per ringraziarla. Ciò che ho apprezzato di più è stata la sua franchezza, ed è stato merito suo se il dibattito ha rotto con gli schemi buonisti, perbenisti del dialogo interreligioso ed è entrato nel vivo delle scelte esistenziali, nella drammaticità di un mistero, quello della fede che sorpassa e supera tutte le discussioni ragionevolmente umane. Rischiamo di fare bei discorsi, corretti e rispettosi e di addormentarci consolati nel sentimento della nostra virtuosa tolleranza. E così quella che dovrebbe essere la grande protagonista di questi incontri, la Verità, risulta un personaggio troppo scomodo che è meglio mettere da parte. Lei ha espresso tra le righe questa insofferenza, ed ha deviato il discorso provocando, svegliandoci.
C’è una cosa che ha detto che mi ha toccato molto. E’ quando ha parlato del Crocifisso, “antiestetico”, che non accetta, che non capisce. Mi sembra che abbia toccato proprio il centro. Mi sono venute in mente le parole di San Paolo: “se i giudei chiedono miracoli e i pagani cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani”.
E ho capito che quello è il punto di demarcazione, è la lama che taglia via ogni discussione. Ci possono essere tanti punti in comune tra le varie religioni, ma la stoltezza di quell’uomo crocifisso non è svendibile con niente, ed è solo la Grazia che tocca l’anima e fa “capire”.
Io non lo so se lei lo aveva capito ed accettato quando era crisitano. Ha detto che proprio nel monastero zen ha scopeto il vero cristianesimo, ma ha preferito professare la fede buddista. Non lo so.. mi è sembrato che forse quel giorno, proprio grazie alla disciplina zen che lo aveva purificato, quella Grazia fosse arrivata per lei… Mi perdoni se sbaglio, mi è sembrato di capirlo, tra le righe di quello che ha detto.
Mi è rimasta nel cuore la sua vicenda, e non mi dimenticherò di questo incontro che la Provvidenza ha voluto. Le auguro un santo cammino, verso la pienezza della Verità.
Sr. Lucrezia
Giugno 10th, 2014 at 10:45 am
Cara sr. Lucrezia,
La ringrazio per le sue parole. Ancor di più perché vengono da una persona della Via. Per ciò che riguarda il crocifisso c’è stato un piccolo fraintendimento, dovuto certo alla mia scarsa capacità di comunicatore. Personalmente ho accettato senza alcuna obiezione, respirando l’aria di casa potrei dire, la follia del crocifisso in quanto tale e quella del Padre che manda il Figlio a morire in croce. Fa parte del mio dna il “senso” che il simbolo religioso per eccellenza sia il crocifisso. La necessità di accettare la croce, sia come simbolo sia -soprattutto- come porta stretta è il punto d’ingresso alla religione cristiana. L’unica volta in cui ho parlato, durante l’incontro, del crocifisso, è stato quando ho rappresentato la difficoltà, da parte Orientale, ad accettare un uomo nudo e sanguinante che pende da una croce come immagine di Dio. In Oriente la religione è (anche) estetica. Dissi poi, se ricorda, che invece, in Oriente, è “facile” accettare che il Figlio di Dio venga rappresentato come uno sconfitto, perché “la nobiltà della sconfitta” è una delle più raffinate epopee dell’eroe in Oriente.
Per quanto riguarda il resto penso che lei abbia capito il mio intento, e la ringrazio di cuore. Dal punto di vista umano esser capiti è essere accolti.
Buon tutto
yushin
Giugno 10th, 2014 at 2:29 pm
Qui trovate un primo feedback del convegno (assieme alla mia risposta).
Giugno 10th, 2014 at 4:18 pm
va bene l’elettronica, ma certe scene sarebbero da vedere in diretta, accidentaccio! quand’è che torni a fare sfracelli da queste parti?
Giugno 10th, 2014 at 4:30 pm
Sfracelli, insomma, un filino di agitazione, nulla più.
Se posso dirlo… Posso dirlo: un monaco dell’eremo, vecchio amico, seduto in prima fila, al termine dell’incontro ha detto: “Mi sono divertito un mondo!”
Giugno 10th, 2014 at 10:20 pm
il tuo capolavoro resta probabilmente quella volta che te ne sei uscito con: affermare che Dio è “uno” è una forma di idolatria 😉
a proposito del Dio trino e quattrino, sto diffondendo la campagna anti-8 per mille. mi spiace per loro, ma Ubi Maior…
Giugno 10th, 2014 at 10:37 pm
Che gioventù scapijata! E rivoltosa. Vi benedico perché siete meglio pure d’un bicchierotto di rosso.
Giugno 11th, 2014 at 10:17 am
Certo, affermare che Dio è uno è idolatria: contare Dio è contare dio, perbacco.
Del tipo: quanti so’? Booh, ammemmepare uno…
Con tutto il rispetto, naturalmente.
Giugno 11th, 2014 at 10:35 am
Mi è piaciuto moltissimo il tuo intervento.
C’è una misura, un rispetto dell’altro che si precisa in un registro lunguistico e semantico chiari quindi estremamente comprensibili.
Veramente, ben fatto, gassho.
Giugno 11th, 2014 at 10:52 am
Grazie.
Purtroppo non son riuscito a far capire (o a far accettare la legittimità del pensiero) che, nella finzione letteraria della Scrittura, se Abramo ha creduto che fosse Dio (e non, per es. un demone) colui che gli chiedeva di sacrificare il figlio, vuol dire che Abramo credeva in un Dio in grado di, o legittimato a chiedere sacrifici umani. Per cui se oggi i cristiani credono nello stesso Dio…
Purtroppo l’unico che l’ha capito lo hanno censurato (nel CD).
Giugno 11th, 2014 at 7:32 pm
A gentile richiesta…
Offro al vostro ascolto la parte finale (il duello! 🙂 ) dell’incontro di Camaldoli.
La proprietà del file è del santo eremo ma pubblicandone solo un pezzetto penso di non danneggiare (troppo) gli incassi relativi al CD.
Giugno 12th, 2014 at 3:57 pm
Ho letto e molto apprezzo il testo del discorso di mym, che va più attentamente studiato ed esaminato. Qui mi concedo un paio di considerazioni che la lettura leggera mi stimola fino a esternarle. La prima è più importante, e riguarda il “tema” della fede che è basilare nel discorso: averlo affiancato ai tre tradizionali “ambiti” (sila, prajna, dhyana – etica comportamentale, conoscenza cosciente, pratica dell’assenza presente) è una “novità” fondamentale, perché senza la fede come è indicata i tre altro non sono che esercizi di bravura. La seconda è meno centrale, per me, e riguarda il discorso delle religioni comparate, le due automobili che vanno in differenti direzioni: è un discorso ambivalente. Se i dialoganti lo prendessero sul serio, come metodologia, invece di partire dal presupposto che per incontrarsi bisogna andare tutti dalla stessa parte (anche le tombe sono differenti e, azzardo dire, anche le morti, visto che la mia non coincide mai con la tua) forse ognuno potrebbe riflettere più seriamente sulla propria meta.
Secondo me, comunque, questo della compassione è uno specchietto per le allodole: ai buddisti non serve, è già compreso nel pacchetto, come si evince chiaramente dal discorso di mym, i cristiani non li riguarda, hanno la misericordia, che è altra cosa: il samaritano, il padre del figliol prodigo sono misericordiosi, non compassionevoli: il bene lo fanno da fuori, non per identificazione.
Giugno 12th, 2014 at 4:20 pm
Grazie di averlo letto.
L’analogia dell’automobilista la considero il punto più.. basso? debole? del discorso.
Però molto utile, da due parti. Primo: mi è servita per mettere con le spalle al muro la solita pappina del volemmosebbene con gomitate ammiccanti: siamo tutti nella stessa barca vediamo di non far polemiche ecc.
Non siamo nella stessa barca/automobile, non vado dove andate voi. Punto.
Secondo: mi ha evitato di dover spiegare davvero perché preferisco il buddismo: imitare Dio, investire nella vita eterna e simili, seppur spesso consista nel far cose simili a quelle che già faccio (ecco l’auto dello stesso modello), non mi interessa.
Giugno 12th, 2014 at 5:01 pm
Bene, allora ho “beccato” il punto più alto e quello più basso…
Non sono sicuro sia questione di “perché preferisco il buddismo”. Forse “all’inizio” sì, ma poi direi che diventa una questione di necessità, per restare alla terminologia della cara Simone. Come tu dici, la religione non si sceglie, e certo non per comparazione: prende una vita e ne abbiamo una sola. Forse si può dire preferisco il buddismo perché il buddismo ha preferito me, parla una lingua che sento e consento, ascoltandola – è sempre impreciso ma dice (ci prova) anche quella parte che il semplice “preferisco il buddismo” non dice. Mah…
Giugno 12th, 2014 at 5:06 pm
Uso “preferisco il buddismo” perché, almeno nominalmente, son nato cristiano e nel santo eremo lo misi avanti. In ogni caso, nella realtà, il buddismo sono andato a cercarlo, perciò l’ho scelto.
PS: Mai detto che “quello” fosse il punto più alto.
Sarò off line per un paio di giorni.
Giugno 15th, 2014 at 3:35 pm
Mi è piaciuto l’intervento di mym. Tra le tante cose, ho apprezzato la formula ‘cuore fidente’. Credo sia una conquista dell’età matura che si realizza quando non non si ha più l’energia per praticare lo scetticismo: la cosa più contronatura per l’uomo.
Credo anche che il dialogo con i cattolici sia impossibile perché sono sleali. Il dotto gesuita p. Fausto Gianfreda, per es., cita Timore e tremore di Kierkegaard dove si descrive l’episodio di Abramo ignorando (?) che questo libro – come tutta l’opera dello scrittore danese – è un attacco alla Chiesa ufficiale. Il paradosso di Abramo è che egli non può dire a nessuno quello che deve compiere perché non verrebbe capito per cui il personaggio funziona solo se si assume un “rapporto assoluto con l’assoluto”, senza la mediazione etica (il rapporto con gli altri). Inoltre l’atteggiamento di Abramo è dubbioso, esitante, distante dalla sicumera dei “paladini della fede” che di quella fede (quella di Abramo) sono solo una parodia. Bisogna considerare che l’opera di Kierkegaard è sterminata, che io l’ho studiata tutta (!), e che per ‘fede’ deve intendersi qualcosa di molto complicato che suona come ‘conoscenza’. Ma queste sono questioni dotte che non piacciono al gesuita. Temo, tuttavia, che la semplicità non gli converrebbe.
Giugno 15th, 2014 at 3:36 pm
Domande semplici.
– Si può credere che Dio ha creato il mondo per l’uomo, centro e signore dell’universo?
– Che dopo milioni di anni ha deciso di rivelarsi, casualmente in un certo punto della storia e della terra e non in un altro?
– Che è importante pregarlo perché ci salvi da malattie, guerre etc, che non cessano di funestarci nonostante le preghiere?
– Che bisogna rimettere a Dio il giudizio che incombe a noi nella problematicità di tutte le cose?
– Che dobbiamo illuderci e accecarci nella fede quando non c’è alcun segno che le cose credute siano vere?
– Che il nostro destino sia diverso da quello dei «bruti», ossia dei nostri fratelli animali, dei quali ci cibiamo senza scrupoli e i cui comportamenti, anche aggressivi, sono lontani dalla malizia umana?
– Che solo per noi esiste l’immortalità e addirittura la resurrezione della carne, alla bella età di trentatré anni, e che questa carne dura poi in eterno senza tutti gli accidenti della carne?
Le risposte, secondo me, sono semplici, così come è semplice, per me, constatare che l’ «esperienza» su cui basa la fede il nostro gesuita è quella della psicopatologia, ovvero della malattia mentale, per dirlo in modo semplice. Il cristianesimo è solo una favola, ossia, per usare le parola di Kierkegaard: “il cristianesimo non esiste” (cfr. L’Ora: atto d’accusa al cristianesimo nel regno della Danimarca, Roma, Newton Compton editori, 1977).
Giugno 15th, 2014 at 4:35 pm
Grazie HMSX, proprio di età matura si tratta.
Di Kirkegaard non so praticamente nulla perciò mi astengo. Leggendo le tue domande e la conclusione che ne trai, mi vien di pensare che tu sovrapponga cattolicesimo e cristianesimo. Senza pretendere che esistano cristiani “puri”, voglio dire che quel giovanotto che faceva seccare gli alberi di fico (succede, ne ho fatte di peggio…) non solo era ‘nu bravo guaglione, ma le cose che diceva erano molto interessanti, per vivere meglio. Occorre anche rendersi conto che cosa doveva essere, in fatto di cultura (religiosa e non), quella parte del mondo 2000 anni fa.
Giugno 15th, 2014 at 5:18 pm
Premesso che le differenze tra cristianesimo, cattolicesimo etc., secondo me, consistono esclusivamente nel modo di spartirsi il bottino, anch’io penso che Gesù si stato ‘nu bravo guaglione.
Gesù, in quella parte del mondo di 2000 anni fa, cioè nella fase storica in cui le civiltà antiche erano giunte alla sazietà, alla sterilità e all’impotenza, infiammò e provocò l’esplosione della catasta di valori esausti fondati sulla aristocrazia introducendo valori inediti e democratici (l’attenzione verso gli umili e gli oppressi). Proprio questa sua funzione storica dimostra secondo me l’umanità – geniale al sommo grado – di Cristo e non la sua divinità.
La Chiesa, invece, come istituzione spirituale e secolare, è ormai incamminata sulla strada della corruzione e il suo tramonto coincide con la sua inarrestabile perdita di credibilità.
Giugno 15th, 2014 at 5:28 pm
Mi pare un buon punto di partenza, o di contatto, o di arrivo.
Le chiese sono un problema di tutt’altro genere.
Giugno 23rd, 2014 at 4:17 pm
Grazie.
Ho letto e scaricato “LA VIA LIBERA” e la tua parte mi è piaciuta molto mentre quella di Iorio no.
Di questo ultimo testo che proponi ho l'”originale” italiano dei due traduttori, adesso vado a vedere come è oggi. Ciao e grazie ancora per le sempre ottime pubblicazioni.
Giugno 23rd, 2014 at 5:24 pm
Grazie Nello.
Anche se mi preoccupi un po’: una volta eri la coscienza del blog, trovavi da ridire su tutto, ci tenevi attenti sul pezzo, altrimenti… poi lo senti Nello!
Sarai mica invecchiato? O, peggio, innamorato/sposato/ingabbiato.. insomma, quella cosa lì? 🙂
Ciao
PS: se tu volessi dire, anche brevemente, perché la parte di Iorio non ti è piaciuta, daresti una mano a migliorare. Grazie.
Giugno 25th, 2014 at 5:28 pm
La “coscienza del blog…” forse non sono io ad avere cambiato posizione!
Il mio commento sull’8 per mille non era delicato…
La parte di Iorio non mi è piaciuta perché è troppo fratta tra i vari aspetti che avrebbe voluto trattare mentre ci sono solo accenni che non dicono nulla e si risolvono in un meta linguaggio sul soggetto in oggetto che risentono troppo di personalismo che ai limiti è valido per lui medesimo (Iorio). Nelle sue pagine c’è il tentativo di raccolta, di didascalia, di agiografia che non precisa e chiarisce o pone le premesse perché questo possa avvenire. Forse sarebbe stato meglio trattare pochi aspetti fondanti la materia e lavorare su quelli per quelli, vale a dire senza occhieggiare a oriente perché quello lo avevi già fatto tu. E aveva a disposizione la grande scuola greca ed europea…
Episteme, stare, essere, “sul pezzo”, questo manca.
Sono andato così a braccio, non ho un pc e sono qui in quello pubblico della biblioteca per cui non ho il testo sotto mano per entrare più nello specifico.
Giugno 25th, 2014 at 5:43 pm
“forse non sono io ad avere cambiato posizione”: touché! 🙁
Grazie per la critica sul pezzo di Iorio. Apprezzo molto.
Giugno 25th, 2014 at 6:19 pm
Il testo de ‘Lo zen di Dogen come religione’ mi piace assai, ma temo che quelli dell’UBI non abbiano la convenienza di leggerlo o di capirlo…
Siccome Nello latitava, ho pensato bene di scrivere una critica al testo di Iorio sperando di fare cosa gradita. Mi ha ispirato una frase di Kosho Uchiyama: “Nell’era della tecnologia, il significato di religione deve cambiare e noi dobbiamo chiaramente capire che l’autentica religione diventerà sempre più importante in futuro”.
Iorio si prefissa l’obiettivo di “penetrare nella storia… dell’etica della cultura occidentale”, ma non lo centra perché identifica l’etica cristiana con l’etica tout court. La sua analisi è viziata dal tentativo di conservare il cristianesimo mostrando una straordinaria cecità nei confronti della storia. Invece di prendere atto della parabola fatalmente discendente del cristianesimo, e del suo superamento a favore di una nuova e autentica religione, quella laica, tira l’acqua al mulino della Chiesa.
Sostiene, ad es., che non siamo padroni di disporre liberamente delle nostre vite perché generati da un principio creatore (pagg 132 e 154); mentre tutto il secondo capitolo è una fenomenologia e apologia della compassione, disconoscendone però il fondamento utilitaristico e interessato. La parte più debole, secondo me, è quella dedicata alle neuroscienze. (Segue spiegazione).
Giugno 25th, 2014 at 6:21 pm
Iorio scrive a pag 174 che l’anima, ossia la mente, è immateriale, dunque deduce, in maniera arbitraria, “una sua immortalità e… origine trascendentale”.
Posta questa premessa, sostiene che la metafisica non può dare una spiegazione esaustiva e definitiva del male, per cui deve essere integrata dall’etica cristiana mediante un atto di fede.
In verità, la metafisica ci offre una spiegazione definitiva del male, e apre la strada ad una etica svincolata dai dogmi cristiani.
Occorre fare una premessa. Quella forza sconosciuta e inconoscibile, che tutto muove, e che ci ostiniamo a chiamare Dio, nella realtà non si dimostra un Dio di bontà. Del resto, se è Dio, non può aver caratteri umani, né positivi, né negativi. Ma questa è la cosa più indigesta per chi crede e per chi vuole credere. In altri termini, bene e male sono la stessa cosa: siamo noi che li separiamo per comodità di analisi, ma nella vita il bene non è mai puro, ma saldato con quello che per noi è il male.
La (nostra) vita, secondo il Dio dell’amore, è sacra, dunque è il bene; la morte è il male. Ma la morte sopraggiunge per dare spazio ad altri esseri, per cui il bene viene dal male, coincide con il male. Il nostro destino di deperibilità e miseria non consegue ad un decreto di condanna di un demiurgo maligno, ma dalla struttura positiva, creativa della realtà.
In conclusione, il problema concreto dell’etica (occidentale) è quello di vivere come santi, ma senza Dio; ovvero di esercitare una laicità autentica e problematica che significa tradurre il linguaggio mitico-antropomorfico, “fumettistico”, della religione, in linguaggio critico.
Giugno 25th, 2014 at 6:38 pm
Grazie, HMSX, sottoscrivo quasi tutto. Non mi convince però che la morte sopraggiunga per dare spazio ecc. Son più dell’idea che non ci siano idee valide a proposito. Si nasce si muore, nel frattempo un mare di guai. Che non sono guai: sono quel che sono ma spesso li pensiamo così.
Riguardo all’UBI, al dialogo interreligioso et alia ho postato una foto che vale un Perù
Con tutto il rispetto, naturalmente; soprattutto per fratel Tenzin Gyatso XIV che è ‘nu bravo guaglione.
Giugno 29th, 2014 at 4:38 pm
La parte che non ti convince del commento 6 è una interpretazione della massima 1251 di Goethe:«La natura riempie con la sua sconfinata produttività tutti gli spazi. Consideriamo soltanto la nostra terra: tutto quello che chiamiamo cattivo, infelice proviene dal fatto che essa non può dare spazio a tutte la creature, e ancore meno può conferire loro durata». Prendiamo il problema del male. Un terremoto è un assestamento interno di questa sfera che è la nostra terra nel ruotare su se stessa e intorno al sole a velocità vertiginosa, quindi è una cosa «buona», funzionale per la terra, per la natura. Ma chiaramente non per le vittime del terremoto.
Insomma, ci sono cose che sono come guai… e poi ci sono i selfie.
Fratel Tenzin Gyatso XIV ha rilasciato un’intervista al Corriere della sera il 15.06.2014. La notizia è che il Dalai Lama non ha mai letto quel libro di Beppe Severgnini in cui spiega che il cervello italiano è diverso da quello degli altri. Spero che l’omaggio spontaneo dei trafficoni dell’Ubi sia stato più rispettoso. La foto è bella. Non distinguo i confini tra il buddismo cosmico e il buddismo comico.
Giugno 29th, 2014 at 5:32 pm
Grazie Hmsx, ho capito. Mi pareva strano che tu, dalla parola misurata, ti lanciassi -di tuo- in certe affermazioni.
La foto è bella nella misura in cui è “bella” la famiglia Addams… 😉
Purtroppo Iorio dice di essere troppo indaffarato in questo periodo per poter trovare il tempo di rispondere alle critiche di Nello e Hmsx. Se un giorno qualcuno farà un censimento delle occasioni perse non dimentichiamoci di questa.
Giugno 30th, 2014 at 9:11 am
“Se un giorno qualcuno farà un censimento delle occasioni perse”: un catasto non meno vertiginoso della borgesiana Biblioteca di Babele, sempre meno capiente, comunque, di quello delle occasioni da lasciar perdere e invece sventatamente colte.
Giugno 30th, 2014 at 10:17 am
Autoriflessiva? 😛
O si gioca a misurantis il noster col voster? Allora ti dirò che c’è n’è uno ancor più grande, pensa mo’ che ci cade di tutto ed è sempre vuoto, ne esce di tutto e non c’è mai nulla.
Tze!
Giugno 30th, 2014 at 11:45 am
Brame del mio specchio, tu dici… Chissà
Ma “quello” cui accenni non concede censimento.
Giugno 30th, 2014 at 11:53 am
In effetti contare sino a uno non è quel gran censire. Ed è pure meglio non farlo: c’è chi -invece che a tutto- pensa subito al mono, al monocoso lì; poi arrivano i gesuiti ecciao.
Giugno 30th, 2014 at 11:55 am
Iorio, di fatto, non potrebbe dire nulla di più di quanto già abbia detto.
Lui, l’occasione l’ha avuta prima. Ora, a posteriori…
Giugno 30th, 2014 at 12:29 pm
Non resta che una parola: amen.
Luglio 1st, 2014 at 10:35 am
Quando si potrà avere una traduzione e commento di Uji e del Taidaiko gogejari ho?
E, quale è la tua posizione rispetto al Taidaiko….? Io lo trovo molto educativo e profondo.
Luglio 1st, 2014 at 10:46 am
Su Uji lavorò Carlo, mono-stellato di Bg, alcuni anni or sono, e pubblicammo. Il Taidaiko mi fu… imposto dal Boss come studio per un inverno intero ad Antaiji. Chissà perché… 😕
Sinceramente non ne ricordo molto, se non che vi era posto in risalto l’aspetto confuciano della faccenda. Penso, spero, che tale confucianità fosse per funzionalità di marca buddista, ma -come detto- la memoria non mi aiuta.
Per Shobogenzo e dintorni prova a chiedere a Jf, lui si diletta di Dogen e limitrofi. Recentemente si dedicò al successore di Keizan 😯 per esempio.
Luglio 5th, 2014 at 10:24 am
Vedo e condivido
http://www.internazionale.it/immagini/birmania/2014/07/04/foto-403341/
Lo Zen di Dogen come religione (Zen Soto Monza 1991):
forse ci dice anche che non c’è una religione Giusta, ma un “giusto” approccio alla religione
Luglio 7th, 2014 at 10:46 am
Ciao Dario.
Non c’è proprio religione, intesa come qualche cosa.
Ci siamo noi e il nostro, eventuale, procedere verso il bene su uno sfondo di gratuità. L’eventualità, il procedere, il verso, il bene, lo sfondo di gratuità, nella loro variabilità singola e combinata sono poi ciò di cui si parla.
Tralascio appositamente “noi e il nostro”, o per dirla come piace (?) a Nello: wasururu nari. Dimenticarsi.
Luglio 17th, 2014 at 10:24 pm
Come sempre, ottimi gli spunti de La Stella del Mattino e del sempre lucido Jf. Corretta l’autocritica finale, il compito non è facile e si commettono molti errori.
Opinabile che aprire e amministrare un luogo di pratica religiosa dovrebbe essere realizzato a spese di chi lo fa. Chi lo dice?
La cura di un posto del genere, delle persone che lo frequentano, delle loro esigenze, e pure delle loro periodiche crisi motivazionali che inevitabilmente ricadono sul malcapitato “missionario” sono assai onerose, sottraggono tempo, spesso a impegni di carattere professionale e IMHO non credo sia sbagliato siano sostenute dai devoti, dai praticanti che usufruiscono di qualcosa di più ampio del solo “vitto & alloggio”.
A meno che il prete in questione non goda di prebende, donazioni o sostegni di altro genere o non sia, oltre che pio, pure benestante,
Naturalmente non parlo dell’attività spirituale (zazen, insegnamenti, partecipazione al culto…) citata dall’autore.
Luglio 18th, 2014 at 12:03 am
Grazie a te Jf, quel che scrivi mi pare assai pertinente, oltre che vivida indicazione, soprattutto per chi fa, della propria vita, un campo coltivato a zazen.
Luglio 18th, 2014 at 8:26 am
Bentornato adm.
Forse anche per la lodevole intenzione di esser breve, Jf nel rappresentare “Aprire e amministrare un luogo di pratica religiosa dove vivere in modo santo e condurre dei ritiri” pone assieme situazioni che possono essere molto diverse, sia nella dimensione (quantità) sia nelle intenzioni (qualità). Se sono a casa mia e organizzo uno spazio per me è un conto (anche in senso economico), se accetto che qualcuno -saputolo- si unisca a me è un altro conto, se faccio “pubblicità” affinché si uniscano è un altro conto ancora. Se, da solo o in compagnia, organizzo un posto nel quale possano convergere o convenire “tutti” coloro che si vogliono sedere secondo la mia (o nostra) accezione di sedersi (ecc.), è un altra modalità ancora. Certo è che se in ognuno di questi casi lo zazen viene fatto pagare (nel primo caso, per es. viene imposto alla famiglia) siamo comunque fuori dal seminato. Servire Dio e mammona, dicevano gli antichi…
Luglio 18th, 2014 at 10:05 am
Mi pare il caso di rimarcare che le mie considerazioni prendono spunto dall’osservazione di situazioni in cui viene pubblicamente offerta a tariffa prestabilita la possibilità di partecipare, in un dato tempo e luogo, ad attività il cui fulcro è la pratica religiosa: in cui varie componenti dell’esperienza spirituale (meditazione, preghiera, insegnamento, assistenza spirituale, lavoro…) sono presentate e/o proposte, in modo più o meno surrettizio, come beni fruibili in quel luogo e in quel tempo, anzi, sono l’anima del pacchetto. Questo le snatura, non sono più quello che promettono di essere: a livello commerciale, si tratta di pubblicità ingannevole. Quanto mai opportuno il rilievo di Mym, che le forme e le monete dei costi imposti possono essere molteplici e non solo pecuniarie.
Continuo a pensare che fare il missionario, l’assistente spirituale, l’organizzatore di centri di spiritualità (?) non siano mestieri o professioni, ma libere scelte di vocazione. Constato che numerosissimi sono i casi in cui viene aperto un “centro” con la buona volontà di offrire un posto per sedersi in pace, e poi il problema diviene poco a poco il mantenimento anche economico del suddetto luogo, che dunque da spazio di libertà si trasforma in luogo di dipendenza.
Luglio 18th, 2014 at 1:51 pm
Chiedendo in anticipo scusa ma so soltanto volare rasoterra. Come ci si comporta con chi non è “in regola con i pagamenti” fa capire lo spirito di quel che si fa. Dal lato “organizzativo puro”, le proporzioni, i modi e le decisioni nel discutere i punti dell’interesse collettivo (struttura, partecipazione, economia, iniziative) … forse anche, ma un po’ meno. Difficile regolarsi in merito alla prebenda. Sostenere l’assistente spirituale dovrebbe essere naturale, e quest’ultimo capire che ecc ecc … e organizzarsi di suo.
Luglio 18th, 2014 at 2:10 pm
Grazie per il suo post, mi sembra molto equilibrato. Vorrei fare un esempio concreto. Sarebbe molto utile se Lei potesse dare delle linee guida per poter capire che cosa ci si aspetta da qualcuno che vuole partecipare ad un ritiro per praticare la meditatione. Sto pianificando la mia partecipazione ad un ritiro in settembre. Oltre agli ovvi costi “indiretti” dovuti alla richiesta di ferie, viaggio, etc. Mi viene richiesto un fisso per pagare vitto e alloggio e una offerta libera agli speakers. Il tutto potrebbe costarmi tra i 1000 e i 1500 euro. Poichè gli speakers sono “prominenti autori internazionali” cio’ implica che la mia “libera offerta” sia all’altezza della loro notorietà? Grazie
Luglio 18th, 2014 at 8:19 pm
Condivido i timori di jf @4, i rischi di “snaturare” la proposta spirituale sono a portata di mano, basta un fraintendimento, un momento di stanchezza di un amministratore o di un insegnante e emergono subito le falle di un sistema di sostegno che dovrebbe essere spontaneo, naturale e misurato.
Condividi che fare il missionario, l’assistente spirituale, l’organizzatore di centri di spiritualità (???) non debbano essere professioni ma svolgere questi compiti è spesso oneroso, l’impegno, deve esser totale, senza soluzione di continuità, oserei dire stoico, mica un giochino, adesso apro un centro per la pratica e poi se non mi va lo rompo.
Discuto sul fatto che un simile impegno debba essere tutto sulle spalle di chi lo offre.
Nella comunità buddhista tradizionale, il Sangha monastico riceveva e riceve tradizionalmente offerte, non per il vitto e l’alloggio che offre, non certo per l’attività spirituale ma proprio per sostentarsi poichè dedica il proprio tempo alla ricerca e all’insegnamento del Dharma.
Certe cose in Oriente sono date per scontate, qui un po’ meno…ma non credo che in Oriente non ci siano abusi, anzi.
A Massimo @5 posso dire solo che ritengo qui si stia parlando di Dharma, assurdo pensare che la pratica possa essere preclusa a chi per necessità o per egoismo non può o vuole contribuire.
Luglio 18th, 2014 at 11:29 pm
Appunto, succede. Tra l’altro succede anche che venga suggerito di allontanare questo o quello per divergenze di opinione. Tutto il mondo è paese, e non per tutti “i dojo” i “requisiti necessari” per potersi togliere le scarpe sono gli stessi.
Luglio 19th, 2014 at 9:23 am
La metto così (adm @6 e prec.): il dharma non si insegna, sulla Via (nella vita) non ci sono (siamo) che apprendisti, ciascuno col suo bagaglio sulle sue spalle. Se te ne do (te ne arriva) un po’ del mio, diventa il tuo, se me ne dai (me ne arriva) un po’ del tuo, diventa il mio. Gratis. Tutto il resto (e anche questo) è modo di dire, di descrivere il panorama, in modo più o meno stoico o lamentoso.
Non evocherei la “comunità buddhista tradizionale, il Sangha monastico” in relazione al nostro presente. Oggi tutta la realtà del buddismo Zen, in Occidente e in Giappone, (salvo ipotetiche isolate anonime eccezioni) è laica e/o clericale, quale che sia il nome o titolo che gli attori si danno. Niente Sangha monastico, nessun bhikkhu, allo stato, secondo la concezione tradizionale. Se lo Zen occidentale si mettesse l’anima in pace, riconoscendosi laico come dato di fatto e comprendesse che laico non equivale a mondano, impegnandosi a scoprire perché e come, sarebbe un dignitoso punto di partenza, credo.
Luglio 19th, 2014 at 7:12 pm
Ma certo jf, sono concettualmente e fattivamente concorde su tutto.
Qui non parlavamo dei massimi sistemi, ma delle lamentazioni di chi offre uno spazio e il suo tempo in cui condividere ‘sta pratica.
Poi, si, il dharma non s’insegna, non tiriamo in ballo i bhikku e lo zen “de noantri” si metta l’anima in pace!
Io credo, ma non sono manco tanto sicuro di avere una giusta opinione, che il dignitoso punto di partenza è lo sforzo dei tanti che provano a impiantare (con tutto quel che ciò può significare) questa pianticella in occidente, sbagliando, riprovando, cercando soluzioni e confrontandosi, come stiamo facendo qui.
I balordi, i profittatori e i vari maestronzi si smascherano da soli, non credi?
Se non è così e li smascheriamo noi, non c’è necessità di fare denunce, basta tenersene lontani, non farci il passamano con le coppette di fronte ai butsudan, non porgergli incensi, non avvallare con la nostra presenza la loro autorità.
Però, se mi scrivi di nuovo che tutto è modo di dire o che non c’è niente da impiantare non gioco più a meno che le regole non siano scritte.
Mi scuso con l’amministratore per gli O.T..
Luglio 20th, 2014 at 4:06 pm
Non è la prima volta che si ragiona attorno alla problematica centri, gestione dei centri ecc. e ogni volta sorge in me un senso di disagio che ho cercato di capire guardandolo un po’ con attenzione. Provo a dirlo scusandomi fin d’ora della improprietà che emergeranno.
Un primo motivo di disagio è la sensazione che invece di proteggere questa piccola piantina che si chiama buddismo zen in Occidente si tenda a togliere terra e humus mettendo, in questo caso, a nudo manchevolezze e difficoltà , senza che si intraveda, in modo chiaro, un’ alternativa fattibile;
il secondo motivo è legato all’ abitudine di agganciare anche le forme di religiosità laica a qualche istituzione cioè a qualcosa che ‘appare’ più solida della buona volontà di trovarsi assieme. Dopo secoli in cui la religione è stata veicolata soltanto da chi ne è ufficialmente autorizzato è quantomeno difficoltoso immaginarsi qualcosa di diverso;
un terzo motivo di disagio è la difficoltà di sganciarsi dall’ ideale monastico.
Un ultimo motivo, che è conseguente ai primi, è la radicalità del cambiamento che si viene a prospettare nel momento in cui sembra che scompaiano i punti di riferimento.
Detto questo, a mio parere, rimane comunque da ringraziare questi ‘fastidiosi’ (proprio perché tali) pungoli e ‘richiami’, affinchè la piantina, se è dato che attecchisca, lo faccia nel modo più ‘pulito’ ( non mi viene un altro termine) possibile.
Luglio 20th, 2014 at 5:22 pm
Un paio di precisazioni mi paiono opportune: “l’articolo” che ho inviato e da cui questa discussione trae spunto, è, dal secondo capoverso in poi, il testo integrale e integro di una lettera che il giorno precedente avevo inviato al presidente di una delle più grandi (la più grande?) associazione zen europea, con sede in Francia, che organizza nelle sue varie diramazioni centinaia di ritiri Soto Zen all’anno, molti dei quali a tariffa fissa: questo per dire che si tratta di un testo mirato, che ho poi, come anticipato al destinatario della lettera, reso pubblico perché mi pareva potesse interessare un più vasto uditorio, oltre a coloro che le mie considerazioni chiamano direttamente in causa. Su quel fronte non ho finora avuto riscontro di sorta, ma non è una novità. Questo per dire che, come faceva notare Mym @3, non è di ogni erba che intendevo far fascio, per bruciare insieme grano e zizzania. Né mi arrogo il potere di detenere il vaglio.
La seconda considerazione è che, per prassi, cerco di dire agli altri quello che prima e contemporaneamente dico a me stesso. Non mi considero indenne da nessun vizio, in potenza e/o in atto, dunque invito a far attenzione riguardo a ciò cui penso di dover fare attenzione io: sono prete, ma non fino al punto di guardare gli altri con occhi diversi da quelli con cui guardo me.
Avrei ancora qualcosa da dire sia a adm @9, che a Marta, di cui comprendo il disagio. Ma si fa lunga, oltre che sera: domani, forse, oggi è domenica.
Luglio 20th, 2014 at 5:47 pm
Benvenuto Mintorcia @ 6. Le rispondo con un rilancio: per 1000-1500 euri di ritiri gliene organizzo due. I “prominenti autori” si trovano a due lire per cui non c’è problema… 😉
Allo stato, ovvero oggi in Occidente, direi che le linee guida dovrebbero essere che l’insegnamento della pratica e il praticare non si pagano. Se ci sono (e di solito ci sono) delle spese andrebbero indicate minuziosamente come giustificativo delle richieste di denaro. Tutti (tutti) dovrebbero essere in grado di mantenersi col proprio lavoro. Casi particolari sono sempre possibili: se domani un santo (hei! ci sono santi in ascolto?) mi manda un centomila euri smetto immediatamente di lavorare per denaro. Un domani si potrebbe anche discutere di far vivere alcuni professionisti del dharma (Gesù!) grazie alle offerte (con tutte le incertezze del caso, non con l’obbligatorietà delle donazioni). Oggi penso sia meglio di no (parlo della confraternita zen). Se poi un gruppo di persone si accorda liberamente per garantire la sopravvivenza di qualcuno affinché quest’ultimo possa dedicarsi full time a un centro di pratica… mah, con l’esperienza del passato direi di tener d’occhio con molta cura i conti, però non ci sarebbe nulla di male.
Luglio 21st, 2014 at 10:17 am
PS: mi terrei alla larga dal pensare (@9 e @10) che vi sia un dharma che non si insegna. La radice del problema che ha portato in Occidente alla situazione attuale della confraternita zen si è nutrita di simili assunti. Per cui: io ce l’ho e tu no, se lo vuoi lo paghi. Ma siccome ce n’ho sempre un altro po’ che tu non hai: lo paghi per sempre.
Luglio 21st, 2014 at 10:34 am
PPS: non credo di aver capito bene @14; e probabilmente non mi sono spiegato bene @9. Nel dire “il dharma non si insegna” intendo che non è una “materia” di insegnamento che io ho (so) e tu no, per cui se ne vuoi imparare mi paghi l’insegnamento. E siccome ce ne avrò sempre un altro po’ che ti manca, dovrai pagare per sempre.
Luglio 21st, 2014 at 10:37 am
Mi pare semplice: pensare a, parlare di un dharma che non si insegna è la fonte principale del problema.
Luglio 22nd, 2014 at 10:54 am
“Il dharma non si insegna”
mi pare richiamare quel “a chiunque fin dalla nascita è dato con pienezza il principio della condizione in cui la persona vive il sé originale genuinamente.” (Bendowa, p.25 vostra traduzione 1990) e, in riferimento alla guida, “la persona che ha questo modo di vivere senza confini, illimitato , volutamente non dà adito, in alcun ambito, alla consapevolezza di star vivendo una vita illimitata..” (come sopra p.26).
Quindi mi chiedo e chiedo: non è proprio nel pensare di avere “qualcosa” da insegnare, l’errore, l’illusione (magari in buona fede) che porta poi alla costruzione di quelle sovrastrutture che constatiamo?
Oppure possiamo dire semplicemente che ci troviamo di fronte ad interpretazioni diverse per cui si arriva anche alla
Teo-logia buddista?
http://www.fudenji.it/it/seminario/seminario.html
http://www.shaolintemple.it/buddhismo-chan/teologia-buddhista/
ES
Luglio 22nd, 2014 at 11:11 am
Ciao Dario. Non so praticamente nulla della teologia buddista, può anche essere che sia una cosa buona. Purtroppo a me il termine stesso mi innervosisce, per così dire, per cui ho delle resistenze. Limiti culturali, penso.
Concordo con l’uso che fai delle citazioni del Bendowa e con le tue conclusioni, per questo sono stato molto netto: è proprio “di lì” che parte il problema che ha creato la situazione attuale.
Ovviamente sarebbe altrettanto un errore pensare e sostenere che il dharma non esista tout court, solo perché non c’è alcun dharma che si possa insegnare. Ma questo errore è pericoloso solo per chi lo compie, non dà adito a strutture di sfruttamento della miniera/dharma.
Luglio 25th, 2014 at 10:34 am
E’ un tema che va chiarito e concordo con quanto precisato sull’argomento sia da jf che da mym.
E’ evidente che se si parte da basi sbagliate, su un piano scorretto, poi è molto, molto difficile riorientarsi nel modo corretto e qualcuno paga un prezzo molto, molto alto e non solo traducibile in monete ma in vita…che va in direzione altra
Luglio 27th, 2014 at 6:56 pm
L’occasione/vita è una sola. Sprecata quella dietro a un fantasma o l’altro… si chiude.
Luglio 28th, 2014 at 2:20 pm
Cosa si può intendere per ‘sprecare una vita’…
è difficile essere nella condizione di valutare quando una vita è sprecata…
Quello che, a mio parere, si può dire quasi sicuramente (?)è che ognuno di noi ha criteri abbastanza diversi nel giudicare la propria e l’altrui vita…
Luglio 30th, 2014 at 3:50 pm
Provo a dire, arbitrariamente, la mia rispetto a marta @21.
“Sprecare”, per me, è quando si è nell’inautentico rispetto alla natura originale dell’essere umano.
Sorge la domanda: come si realizza la nostra natura autentica?
Il buddhismo propone un suo modo.
Luglio 30th, 2014 at 4:12 pm
Però ragazzi almeno d’estate potreste andare sul leggerino… 😉
Su piani diversi concordo con tutti e due.
Nello è sulla stessa linea di quello che volevo dire.
Marta è irriducibile nel difendere la libertà di principio.
È vero, correre dietro a un fantasma o all’altro non può essere definito, in modo oggettivo, sprecare la vita.
Ma in senso buddista lo è.
La natura originale dell’essere umano si realizza quando cessiamo di seguire un fantasma o l’altro.
Luglio 31st, 2014 at 4:52 pm
Aderisco con convinzione a quanto dite, ma mi rimane un quid sul tappeto: cosa ne faccio di tutti quei tempi ‘sprecati’ che comunque, (che me ne accorga o meno) continuano ad accadermi nel vivere quotidiano?
Mi auguro che la vita sia più ampia di come la posso pensare e che, in qualche modo…da qualche parte, ‘recuperi’ anche quella parte di tempo che, per inseguire qualche fantasma, non ho vissuto (pienamente).
Luglio 31st, 2014 at 5:12 pm
Non mi ero mai posto il problema. I tempi, sprecati o no, comunque oramai sono “andati”; e non si sa neppure dove. Penso che non si possa farci nulla, perciò ci si può anche rilassare.
Su una cosa penso di poterti dare assicurazione: la vita è più ampia di come la si possa pensare.
Sulla faccenda dei recuperi, però, ho dei dubbi. Il secondo principio della termodinamica esprime bene la situazione, secondo me. Che espresso in parole povere recita: tutto va in malora naturalmente, senza alcun bisogno del nostro aiuto.
Agosto 6th, 2014 at 10:54 am
Sì, però a volte, non so per qual principio, tutto sembra tornare in equilibrio…
mi è sempre piaciuta questa frase “SOLO DAL CAOS PUO’ NASCERE UNA STELLA DANZANTE…” (Nietzsche, Cosi’ parlo’ Zarathustra)
Agosto 6th, 2014 at 4:33 pm
Marta sei una birbante.
Stelle danzanti purtroppo se ne vede pochine ma son d’accordo: la meraviglia di un ampio cielo che si rannuvola mi rassicura sul fatto che “va tutto bene”.
Questo non toglie che siamo in un mondo che si sfalda davanti ai nostri occhi.
Non si conserva nulla del presente che passa né vi è un futuro dove sta crescendo lo scenario che sarà.
Agosto 7th, 2014 at 7:06 pm
Temo che questa volta i nostri saggi vegliardi mistifichino il “valore” del denaro.
Il denaro è fatto della stessa materia dei sogni, ovvero giovinezza e disponibilità economica.
Oppure è il monocoso che piace tanto ai gesuiti per cui si dannano la vita.
Il commento di dario @17 mi ha fatto venire in mente Marguerite Yourcenar, Mischima o la visione del vuoto, Bompiani 2005.
“forse lo scrittore giapponese ignorava la teologia buddista” (p. 87). L’autrice non si spiega perché Honda, protagonista de “La decomposizione dell’Angelo”(天人五衰’), abortisce la cospirazione mentre Mishima va fino in fondo nonostante i suoi mezzi finanziari siano modesti, se paragonati al terrorista della finzione.
Insomma, ne so meno di mym.
Come dice Nello, bisogna ‘stare’ nello zazen…
Quando siedo a gambe incrociate difronte al muro ho solo il desidero di prenderlo a testate. Fortuna che sono pigro.
Marta, invece, ha ragioni da vendere. 🙂
Agosto 7th, 2014 at 7:10 pm
Esempio.
Ho sprecato un pomeriggio a leggere il libro di Gennaro Iorio quando avrei potuto giocare ai videogames.
Prendiamo la vita sprecata di un Gennaro Iorio. Ha collaborato con Pannikkar per fraintenderlo completamente. Vabbè.
Voliamo un po’ più su. Prendiamo la vita sprecata di un Diego Fusaro. Il paladino del turbomarxismo-come-se-fosse-antani, ha curato la traduzione di Also sprach Zarathustra per Bombiani (2010).
A Catania prendiamo la vita sprecata di un quarantenne che è “letteralmente” contro la musica, cioè non l’ascolta. Però vuole tanto bene a Gesù.
Ora prendiamo mym, una vita sprecata a non leggere Kierkegaard.
Agosto 7th, 2014 at 7:23 pm
Devi sapere, caro mym, che Kierkegaard è lo scoglio che affonda i soloni della chiesa: da Ravasi in giù.
Il problema con Kierkegaard è che si ha sempre l’impressione che Dio sia altro. Egli ammicca che non è così come abbiamo capito e non capiremo mai.
Siccome è agosto, una lettura estiva: Soren Kierkegaard, Esercizi del cristianesimo, Piemme 2000. L’autore distingue il cristianesimo dalla cristianità (l’imperium della Chiesa).
“La bestemmia è propriamente una proiezione dell’empietà” – Soren Kierkegaard (ibidem p.129)
Agosto 7th, 2014 at 8:04 pm
Grazie HMSX, mai letto Kierkegaard (per scrivere il nome devo fare un copia-incolla altrimenti…). C’è il caso che lo faccia ora, le tue opinioni letterarie non sono banali.
Agosto 8th, 2014 at 12:48 am
PS.
Considera che K.f u un lettore appassionato ma critico di Schopenhauer, contemporaneo e gemello spirituale di Nietzsche. Morì due mesi dopo la pubblicazione de “L’Ora: atto d’accusa al cristianesimo nel regno della Danimarca”.
L’11 novembre 1855 dichiarò bancarotta. Stramazzò nella pubblica via e fu ricoverato al Friedriks Hospital di Copenaghen dove visse i suoi ultimi 41 giorni. Morì all’età di 42 anni.
L’ironia è che…
«Solo un’impossibile impresa può liberare l’uomo nell’infinito» è proprio una frase alla Kierkegaard!
Agosto 11th, 2014 at 4:56 pm
[…] sito della Stella del Mattino […]
Agosto 11th, 2014 at 4:56 pm
[…] novembre 3, 2012 da admin, 0 Commenti, in Uncategorized Sul sito della comunità Stella del Mattino è presente una recente traduzione in italiano dal sanscrito del Sutra del cuore ( Prajñāpāramitāhṛdayasūtram). Lo segnalo, un po’ per ringraziare concretamente e non solo a parole del lavoro e della fatica. Il Sutra del Cuore della Prajñāpāramitā […]
Agosto 11th, 2014 at 7:08 pm
[…] http://www.lastelladelmattino.org/7573 […]
Agosto 16th, 2014 at 3:29 pm
«Venite a me, voi tutti che siete affaticati, e oppressi, e io vi ristorerò» Mt 11,28.
Si immagina l’odio come un sentimento pericoloso. L’anticamera della violenza: ma l’odio del neikosofo non è violento. È un odio mite, tranquillo, sereno. Quasi annoiato. (…) Ci vuole calma per odiare con stile, per questo il neikosofo approda alla placidità delle filosofie orientali. Tuttavia è l’odio per la realtà che ci trascina a pensare. Il mondo che ci circonda è orribile, in me stimola nobili pensieri d’odio.(*)
(*) Il Vangelo dell’Anticristo, p.13, inedito scritto da me medesimo.
Continuate pure a far pubblicare i libri dei monocosi eh!, cari i miei editori…
PS: a volte penso che per quello che ho scritto meriterei un fantamilione di dollari, ma anche due settimane in un centro zen vista mare mi andrebbero bene. Happy Madonna day.
Agosto 17th, 2014 at 6:45 pm
Fantamilioni, fantamilioni. I fantamilioni come non fantamilioni sono stati insegnati. Per questo son detti fantamilioni.
Penso che ultimamente quella rappresentazione di Dio che possiamo chiamare “dio di Abramo”, quella che chiese ad Abramo fede cieca e assoluta in cambio di terra e folta discendenza, stia mostrando tutta la sua tragica assurdità.
Agosto 30th, 2014 at 12:47 pm
«Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?» (Mt 15, 12)
Dio è il sistema dell’uomo. Non nel senso che l’uomo si identifichi con Dio o viceversa: all’uomo non va tolta nessuna debolezza o grandezza che gli viene dal suo essere umano. Ma nel senso che Dio è la proiezione geometrica necessaria della forma spirituale dell’uomo. Il fatto che l’uomo sia uomo postula automaticamente il sistema Dio. Questo postulato, all’uomo non è dato negarlo. Se lo nega, o s’inganna o si imbroglia. Ne discende che cercare Dio significa cercare sé stessi. Alla fine Dio, mondo, sé stesso, vuol dire la medesima cosa.(*)
Tuttavia…
L’ateismo del buddismo non è aggressivo. Il suo sistema esclude un Dio onnipotente, ma non le innumerevoli divinità della mitologia popolare giacché, tra gli indiani, l’ortodossia non è definita dalla credenza in una divinità personale, ma dalla venerazione dei Veda: raccolte di inni, preghiere, formule magiche e riti. «Dio non può aver fatto il mondo per interesse, perché non abbisogna di nulla; né per bontà, giacché nel mondo c’è la sofferenza. Dunque, Dio non esiste».(**)
(*) Il vangelo dell’Anticristo, inedito scritto da me medesimo, pag.3
(**) ibidem, pag. 23.
Agosto 30th, 2014 at 12:48 pm
PS: «Amici, non ci sono amici!» gridò il saggio morente. «Nemici, non ci sono nemici!» grido io, il pazzo vivente. Federico Nietzsche.
NB: Siccome ho una diversa scala di valori, do molta importanza al denaro, mi secca oltremodo che un Gennaro Iorio, per dire, un qualsiasi gesuita, mi legga aggratis. L’inedito resta inedito. Ciao.
Agosto 31st, 2014 at 7:42 pm
Ciao HMSX,
@35 Questa cosa della proiezione geometrica la trovo molto interessante. Però, penso, il problema non è se negare o meno Dio, il problema è se postularlo o meno. In effetti il buddismo, o il sistema detto buddismo, non esclude Dio. Affronta il problema della vita dell’uomo secondo un percorso che non postula, non afferma l’esistenza né la non esistenza di Dio. Penso che si possa essere buddisti e credere in Dio, purché non si affermi, creda o pensi che si crede in Dio perché si è buddisti. A quel punto il problema diventa non immaginare Dio, altrimenti quel “essere buddisti” non si da.
@ 36: Il denaro ha importanza, mannaggia, penso però che occorra funzionare secondo una scala di valori in cui il valore del denaro non sia al primo posto.
Settembre 6th, 2014 at 4:57 pm
@ marta, 26
Prima del Big Bang il tempo non esisteva. Il tempo è il risultato dell’espansione dell’universo stesso. Quando il tempo smette di espandersi il movimento si inverte e si ha il Big Crunch. Significa che vivremo per sempre le nostre vite: esse ritorneranno in eterno. Tuttavia per ogni vita sono possibili infinite variazioni.
Dunque il principio per cui tutto sembra tornare in equilibrio pare essere l’eterno ritorno del divenire (cfr. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, libro III, Della visione e dell’enigma).
Settembre 6th, 2014 at 5:01 pm
@mym, 37
Mi viene da dire: «Ha ragione, hai ragione, lo so che c’hai ragione!»
Perché Dio quando basta un sasso? Il fatto è che ereditiamo dalla nostra tradizione questa parola, Dio per l’appunto, e dobbiamo farci i conti. Credo di esserne venuto a capo ma non interessa al mercato. Men che meno ai cattolici.
Una volta un filosofo veniva onorato, oggi è considerato alla stregua di un Fantozzi, a meno che non vada in TV a sparare minchiate. È che il mercato produce demenza. Le vittime di questa demenza, con la complicità di una casta sacerdotale davvero “empia” nel senso loro (evadono le tasse e vivono in attici da mezzo milione di euro), sono incoraggiate a iscrivere nel concetto di Dio le più assurde fantasie.
Hare Krishna Hare
Settembre 7th, 2014 at 6:29 pm
Hare Krishna Hare!
@38 Sì, me lo ricordo il B.B., quello fu un momento davvero con i controcosi, non si sapeva ancora che cosa ne sarebbe venuto fuori, speranze, aspettative, entusiasmo. Poi… Insomma, lo sapete com’è andata. Mo’ aspettiamo il crunch, e speriamobbène!
@39 Forse è banale dirlo ma il mercato ha bisogno della demenza. Basta guardarsi attorno: senza demenza (ovvero avendo ben calcolato le conseguenze) la stragrande maggioranza delle cose attorno a noi non le avremmo comprate. Il concetto/parola Dio ce la passano già all’asilo, ma anche l’uomo nero, gesùbbambino e la cicogna. Un po’ di reset (formattazione?) è possibile.
Settembre 9th, 2014 at 12:25 pm
La cicogna la terrei, in corso di reset. Ha il pregio di esistere con ragionevole certezza, almeno lei, seppur non nella funzione da levatrice attribuitale, ed è pure molto bella e sapiente.
Novembre 13th, 2014 at 1:13 pm
Intanto complimenti per il programma di studio.
Se trovo tempo verrò a qualche lezione e mi piacerebbe farla coincidere con lo zazen assieme al vostro gruppo. In quali giorni e orari e dove praticate in quel delle Marche.
Saluti romagnoli.
Novembre 13th, 2014 at 1:44 pm
Ciao Nello. Sarai benvenuto.
A Fano le sedute comuni sono il martedì e il venerdì, qui, dalle 18,30 alle 19,40.
Dicembre 14th, 2014 at 3:23 pm
A proposito di *dialogo inter-religioso*, papa Francesco ha negato udienza al Dalai Lama perché, siccome è stato il primo pontefice ad attraversare lo spazio aereo cinese, non è il momento di complicare i rapporti con Pechino. “Il dialogo tra Cina e Vaticano prosegue più che mai. Un dialogo epocale tra realtà millenarie che non è il momento di complicare”. (Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin).
Uno fa tanto per non complicare le cose, e poi scoppia il caso di mafia capitale. I tre poteri – religioso, politico, criminale – stritolano la città di Roma in maniera stupefacente. Il Dalai Lama è a Roma per il summit dei Nobel per la pace, epperò è “sconveniente” dargli udienza.
In effetti, durante il summit, il leader tibetano ha sbadigliato per ben due volte.
Dicembre 14th, 2014 at 5:50 pm
Ciao HMSX, bentornato. Sei pronto per il Natale? 😛
Ho letto anch’io questa cosa da parte del buon (?) Parolin. Mi fa notare persona solitamente informata che in quell’occasione il Dalai non aveva chiesto un’udienza.
In ogni caso, che l’avesse chiesta o meno, pur avendo rispetto per il buon (!) Tenzin Gyatso XIV, penso che le mosse del Dalai facciano scalpore per motivi unicamente politici. In senso religioso Tenzin è il monaco eminente di una delle 4 principali scuole del buddismo Vajrayana di “rito” tibetano. Se i tibetani, e per contrappunto i cinesi, non gli dessero importanza come leader politico in esilio non se lo filerebbe, penso, quasi nessuno. Come avviene per i leader religiosi delle altre 3 scuole. Voglio dire: il Papa ha fatto un atto politico con un personaggio che ha (soprattutto) un ruolo politico.
Dicembre 25th, 2014 at 10:23 am
Cari voi, c’è chi non dorme … sui concorsi. Jf ha visto la stella (prima vignetta). Ma c’è ancora molto da trovare. Anche il nostro “gronchi azzurro” e non dico altro. (Per ora)
Dicembre 25th, 2014 at 12:55 pm
Mi correggo: due “gronchi azzurri”; uno, che assomiglia di più a un granchio, l’han trovato ma… il birbante non lo vuol dire per lasciare a qualcun altro il piacere del ritrovamento.
‘Sti bodhisattwi! Nemmeno a Natale…. 😕
Riassumendo: mancano tre ritrovamenti (di cui uno trovato ma non svelato), poi il concorso chiude, sino alla prossima volta.
Dicembre 25th, 2014 at 4:09 pm
Non so se c’entra, ma mi sembra che sia sparito l’accendino e che la sigaretta abbia cambiato di mano..
Auguri a tutti
Dicembre 25th, 2014 at 4:20 pm
Happy a tutti…
Manca il punto interrogativo nel “fumetto” IN CALIFORNIA – sarà intenzionale? Auguri
Dicembre 25th, 2014 at 6:51 pm
Ciao jf
auguri anche a te.
Beh, sì, è intenzionale. Ma non nel senso che dici tu (almeno mi par di intendere… cioè come se la California fosse una opzione più desiderabile).
In realtà, potessi rimetterci mano ora, scriverei ‘Santo Domingo’ in caratteri più piccoli.
La vedo come una questione di linguaggio umoristico caratteristico dei fumetti, come se – visto il silenzio/diniego del Padre alle prime due opzioni – timidamente il Figlio buttasse lì la terza anche giocando un po’ su una sorta di vanità del Padre (il nome Santo Domingo è vagamente celebrativo); ma senza troppa convinzione.
Non mi si fucili se parlo di vanità del Padre: in un ambito di raffigurazione antropomorfa dell’assoluto, il Padre è figura relativa con attributi (ops…!) umani. Quindi anche sensibile agli incensamenti ed alla piaggeria.
Dicembre 25th, 2014 at 7:30 pm
Per c’entrare c’entra tutto, ma il gronchi azzurro ancora non l’ha visto nessuno. Né quello intenzionale (difficile, lo ammetto: persino io che avevo chiesto dimettercelo lo trovai…), né quello vero: un errore dell’autore, una rarità!
PS: BZ, di solito, fuma… fuma… ecco: fuma!
Dicembre 25th, 2014 at 7:42 pm
Giocherellone.
Spendi piuttosto 2 parole per il ‘cuore’ del fumetto…
…ne parla anche il Papa.
Dicembre 25th, 2014 at 9:00 pm
Già fatto.
Ma lì c’è poco da giocare.
Interrogarsi sul senso del natale è proprio scomodo.
Dicembre 26th, 2014 at 12:19 am
Ciao Doc,
bel lavoro! Grazie.
Capisco, in quel caso, allora, ci stavano tre puntini di sospensione dopo California e prima di Santo Domingo in caratteri più piccoli… ma… a proposito, Santo Domingo, dov’è…???
Dicembre 26th, 2014 at 1:50 pm
Sì, il prossimo anno BZ lo disegna Jf, con i 3 puntiniqquà e i caratteri più piccolillà…
Così lo possiamo impallinare su tutto il resto 😛
Tornando all’invito del Doc (@7): mi gioco due dita della terza mano (roba buddista…) che se prendi un cristiano intonacato a caso (saltando George che ci ha da lavorare) e gli chiedi del senso del natale per te, in quanto singolo uomo, al netto delle scritture, dii che scendono s’incarnano e risalgono, madonne all’insaputa ecc. lo trovi in serie difficoltà.
Nel caso puoi fare la domanda di riserva: dal punto di vista umano perché, in ragione di che cosa, esiste la religione o via cristiana?
Perché se fosse “solo” una cosa voluta da Dio…
Dicembre 27th, 2014 at 11:51 am
Come dicevo, Jorge (scusate, prima ho sbagliato la grafia del nome) si dà da fare anche a Natale e “sul” Natale ha detto di “spogliare la celebrazione del Natale di quel falso rivestimento dolciastro che non gli appartiene”. Bene, mi sembra un’ottima idea, sul piano del togliere ci troviamo. Ma se ‘sta celebrazione la spogliamo, che cosa rimane?
Quel che intendevo dire nel commento precedente, non è dubitare che Dio abbia mandato Suo figlio in terra ad incarnarsi, nascendo da una vergine, e poi che questo Figlio sia asceso al Cielo. Non mi metterei mai a dubitare di una cosa del genere. Quello su cui mi interrogo e ancor più interrogo i cristiani, è se il tutto sia una faccenda Loro (o Sua) fatta per Loro (Sua) scelta e volontà, nel quale l’uomo è solo una pedina di un “gioco” infinito che gli passa sopra la testa, oppure se nel Natale, ossia nel cristianesimo, c’è anche una parte in cui l’uomo è protagonista.
La questione non è dappoco, secondo me, perché a chi tocca la parte dell’umano (e da quel che vedo pure a cani, polli, gatti, alberi, aria, acqua ecc.) la faccenda non è a costo zero. Se è un “gioco” di LorSignori non mi interessa. Anzi, quasi quasi ci metto una zeppa. Se c’è qualcosina che, da uomo, si può fare affinché tutto il circo possa uscire dai guai … allora la cosa si fa interessante.
Dicembre 27th, 2014 at 8:04 pm
Salve a tutti, scusate l’entrata a gamba tesa.
Avrei una proposta per il gronchi azzurro (presumo) non intenzionale: la data della seconda vignetta, che mi pare un po’ avanti
Dicembre 27th, 2014 at 8:52 pm
Benvenuto Fago.
Ebbene sì! Il Doc ha firmato come se fosse già nell’anno prossimo, ma gli artisti si sa…
Bel colpo, aggiudicato il premio occhio di lince.
Dicembre 27th, 2014 at 9:49 pm
Manca ancora l’ultimo, quello intenzionale.
Un aiutino? Penso lo si possa definire un trompe-l’œil…
Dicembre 28th, 2014 at 8:00 pm
Le soddisfazioni della vita! Quello intenzionale è troppo difficile, ci vediamo al prossimo concorso 🙂
Dicembre 29th, 2014 at 11:27 am
Veloce a sfilarti, sarai mica un buddista alle volte? 😕
Collage di fine d’anno:
“Difficile da capire è il linguaggio intenzionale … perché pur vedendo non vedono, e pur udendo…”
Dicembre 29th, 2014 at 10:28 pm
Macché buddista, sono solo un fan di “trova le differenze” della settimana enigmistica capitato qui per caso.
Vabbé mi lancio: c’è un orecchio “nascosto” nel fumo del secondo riquadro della prima vignetta
Dicembre 30th, 2014 at 9:57 am
Mmmh, disinvolto, eh. ‘Sta settimana enigmistica fa bene alla salute vedo.
Comunque no, non è il gronchi, è un granchio.
Riassumendo: sono stati trovati ben 4 particolari “sfuggiti” all’Autore, la stellina che sprizza dall’accensione di… quel che fuma Bz, l’assenza di Cuba dal mondo (ma a questa distanza Cuba non si vede, si sa), l’orecchio nel fumo, la data nella seconda vignetta e poi l’assenza -intenzionale- del punto interrogativo nel fumetto californiano…
Ma proprio quello che era stato studiato apposta per lanciare il concorso: nisba.
Il successo di un insuccesso, direbbe quel lunatico di Bz… 😛
Gennaio 1st, 2015 at 3:57 pm
Augurio minimalista e supremo, coglionare la morte anche quest’anno… ottimo lavoro, Doc, grazie, ricambio.
Più che un filino troppo buonista, quell’ottica lì del guadagnare persino perdendo, mi pare un filone marpiona. Chi sa cos’è la perdita (e chi non lo sa?) sa che non contempla risarcimento. JJ mi perdonerà, spero, se la correggo citandola: Freedom is just another word for nothing left as gain.
Gennaio 1st, 2015 at 5:20 pm
Uuuh, grazie Jf.
In effetti detto così, solo in 7 parole, in italiano, senza neanche un po’ di inglese era troppo chiaro…
Adesso sì che non ci si perde in tante parole 😉
Gennaio 2nd, 2015 at 2:36 pm
Ci riprovo… c’è qualcosa di strano nella poltrona di ‘Babbo’. Se la guardi in un modo sembra vista di fronte e se la guardi in un altro sembra vista di lato.
Gennaio 2nd, 2015 at 3:56 pm
non vorrei fare il saputello, ma siccome è il mio campo… la distribuzione di luci ed ombre fra terra e (quella che presumo sia la) luna è tale da lasciare intendere che il sole debba essere dannatamente vicino. nella migliore delle ipotesi, se la distanza terra-luna è di 300mila km ed è perpendicolare al foglio, il sole non dovrebbe essere a più di 1milione di km, cosa che si trova banalmente con una equazione goniometrica talmente semplice che non vale neanche la pena di spiegare. ma se è a 1 milione anziché 150 milioni come dovrebbe essere non c’è dubbio che si trova già nella fase in cui, finito il bruciamento dell’idrogeno, dopo una prima fase di collasso ha già riacceso il bruciamento dell’elio, cosa che l’ha gonfiato fino a 100 volte le sue dimensioni normali, alla stregua di una gigante rossa, il ché significa che la fine del mondo è vicina, molto vicina, e che moriremo presto arrostiti. devo cominciare a salutare i parenti? ho vinto qualcosa?
Gennaio 2nd, 2015 at 11:51 pm
Beh, il premio Occhio di Lince resta da attribuire: ma proporrei di istituire un premio Testa di Lince per l’autore di questa intrigante e colta dissertazione.
Molto divertente, grazie.
(Vado a preparare la navetta spaziale.)
Gennaio 4th, 2015 at 9:25 pm
Grazie della (mica “dello” eh!) strip, doc, e Buon Anno a tutti voi, amici!
Gennaio 5th, 2015 at 11:30 am
Ciao dhr, ben tornato e buon anno.
Sì, il doc -ora- con le strip va molto più sicuro che con lo strip 😮
Gennaio 6th, 2015 at 11:51 pm
Salve a tutti.
Ben trovati.
Una curiosità che condivido con voi: perché in questo tributo al “Settimo sigillo”, il buon Doc non piazza sulla scacchiera i pezzi degli scacchi? Cosa ci vorrà dire?
Nel paese dello stellone e dei gomblotti, questa faccenda mi suona sinistra.
PS
Questo account sostituisce il vecchio AHR. Ammesso che a qualcuno interessi 🙂
Gennaio 7th, 2015 at 9:22 am
Certo che interessa. Una svolta epocale.
Proprio ieri alla Coooop la Sandra diceva a suo marito… 😕
Bentornato Alessandro da Oriolo (carino questo nick, potresti aggiungerci la data di nascita, il nome del gatto… 😛 ) e benandato AHR.
Gennaio 8th, 2015 at 7:24 pm
Ci sarebbe un antidoto alla “pretesa di sapere com’è Dio” e di conoscerne quindi la volontà: è l’autoironia, la capacità di sapere ridere delle proprie pretese. E’ quell’invito a ridere di sé e delle proprie pretese di accaparrarsi l’assoluto che i torvi ottusi assassini hanno voluto colpire: difficile immaginare un atto più antireligioso.
Gennaio 8th, 2015 at 7:31 pm
Ciao Jf, grazie.
Qui lo dico e qui lo nego ma sono seriamente convinto che vi sia una relazione profonda tra senso dell’umorismo e verità religiosa.
E viceversa.
Alcuni “centri” di casa nostra sembrano più delle… galere che dei vascelli di liberazione.
PS: dimenticavo con BZ ci eravamo portati avanti col programma.
Gennaio 8th, 2015 at 8:58 pm
Penso che una parte importante del problema non siano i monoteismi ma la cosidetta “cultura laicista” con il suo “cala-braghismo” e il suo sorrisetto di superiorità. La quale (a) concede TROPPO ai musulmani, “per non offenderli” anche quando — vedi il presepio a scuola — un devoto musulmano non si offenderebbe affatto, ma (b) allo stesso tempo li DISPREZZA, considerando le loro credenze e le loro moschee come una variante di Disneyland.
Gennaio 9th, 2015 at 9:12 am
Ciao dhr.
Questa volta, forse, non ti capisco. Il presepe negato -a scuola come altrove- per non offendere i muslim, come direbbe Max Von Sydow è una cogl….ta. Tendenzialmente il presepe a scuola non ce lo metterei e basta. Potrebbe esserci un presepe studiato a scuola, per esempio. Vuoi dire che certe iniziative possono sviluppare (portare a) atti violenti? Anni or sono una delle cime di insipienza della politica italiana, tal Roberto Calderoli, guidò un manipolo di … sprovveduti? a far orinare un maiale sul terreno destinato alla costruzione di una moschea, per profanarlo. In alcune città d’Italia i muslim pregano in strada, per terra, perché non hanno avuto (a volte anche per opposizione della curia, chissà perché…) il permesso di costruire una moschea. Queste sono iniziative, situazioni che, secondo me, possono portare ad atti di violenza. E discendono anche (soprattutto?) dalla prepotenza di una cultura alla cui base è il monoteismo.
PS: A proposito di Calderoli, memorabile fu il commento di Crozza: “cosa se lo porta a fare il maiale?”
Gennaio 9th, 2015 at 10:36 am
Ariciao, M.
Le due osservazioni, in maniera stringata e con diversa terminologia, riprendono alcune bordate di Panikkar nei confronti della “tolleranza” occidentale, che provoca appunto reazioni di quel tipo.
Gennaio 9th, 2015 at 10:45 am
Eh no, caro dhr, sul tuo taxi questa volta non ci salgo. Dio preservi e protegga la “cultura laicista” (un ossimoro quantomai appropriato, aujourd’hui) se le sue colpe sono togliere i presepi (o i crocefissi) dalle scuole e non prendere sul serio l’estetica di qualche luogo di culto (per restare inter nos, certe pagode e certi templi buddisti d’Oriente, trasferiti di sana pianta qui in Europa, sono l’apoteosi del kitch e del folklore etnico, roba da ridere se non ci fosse da piangere…). Robetta in confronto alle stragi perpetrate e all’annichilimento delle coscienze perseguito nei secoli dalle varie declinazioni del monoteismo esclusivista. E’ vero che la “cultura laicista” è sul mercato solo da un paio di secoli, mentre il monoteismo ci delizia da circa seimila anni, con i suoi popoli eletti, terre sante, nazioni cristianissime, stati islamici, ebraici, cristiani… ma non ci sono i presupposti ideologici perché possa fare danni neanche paragonabili. I laicisti sono a volte più sciocchi dei (mono)teisti, non fosse per il fatto che si credono più intelligenti, ma, alla prova dei fatti, sono molto meno cattivi, anche quando sono cattivi. Secondo me, una persona religiosa non sarà mai laica abbastanza.
Gennaio 9th, 2015 at 11:03 am
Grazie per la citazione di BZ, sentivo la mancanza della sua matita, in anticipo su questi tempi sospetti…
Gennaio 9th, 2015 at 11:43 am
Ancora rivolto a ciò che è accaduto a Parigi.
Che anche solo nominalmente le religioni siano coinvolte in fatti del genere dovrebbe generare una rivoluzione nelle tre branche della religione abramitica.
Cosa che, temo, non accadrà.
Jf @6: monoteismo vecchio di 6000 anni? Forse mi sono perso qualche cosa.
Aaah, ho visto ora su Wikipedia, accreditano 6000 anni di storia al Candomblé quei buontemponi. A molti di quelli che scrivono su Wiki piace scherzare 😉
Gennaio 9th, 2015 at 12:08 pm
Ok, rettifico: facciamo 4500 abbondanti? (Abramo me lo accreditano nel XX secolo aC) Tenuto conto del periodo di incubazione, un 5000 ci può stare… insomma, tanti, quasi troppi. Può anche darsi che questi siano i colpi di coda…
Gennaio 9th, 2015 at 12:16 pm
Ora non vorrei tirare … sugli anni ma il passaggio dall’enoteismo al monoteismo gli stessi ebrei lo datano -circa- al VII-VI sec. a. C.
In ogni caso anche fosse molto meno sarebbe ora di ragionare in termini più seri in fatto di religione. Mettendo da parte dèi che farebbero bene ad appartenere al passato. Come il dio di Abramo che propone, ascoltato e quindi preso sul serio, di effettuare un sacrificio umano. Per di più in cambio di prole e terre.
Gennaio 9th, 2015 at 3:49 pm
Farei osservare però che sia il nazismo sia lo stalinismo hanno compiuto forse i peggiori crimini della storia (dico forse) pur essendo ideologie totalmente atee. Per cui, a meno di considerare il totalitarismo politico una forma di monoteismo, direi che il problema non sta nell’aspetto monoteistico, ma nella mentalità fanatica. Che può trovare terreno ovunque, anche nell’induismo e nel buddismo. Gli antichi romani, per fare un altro esempio, erano politeisti, eppure hanno compiuto dei genocidi e tratto in schiavitù intere popolazioni. Le popolazioni amerindie compivano scarifici umani, e a volte spazzato via i popoli vicini, prima di essere a loro volta fatte fuori, eppure nulla sapevano del dio semitico (faccio riferimento all’impero Azteco). Il problema IMHO sta in qualche aspetto della natura umana che purtroppo non credo sia facilmente eliminabile. 🙁
Gennaio 9th, 2015 at 4:40 pm
Ciao aa, bentornato.
Sì, ne hanno/abbiamo fatte più di Carlo in Francia. Solo la morte, forse, mette al riparo dal far scempiaggini. Ma non mi sento di proporre suicidi o stragi di massa. Qui, con le religioni che ci sono toccate in eredità dai nostri avi, il monoteismo è un problema prima di tutto religioso, perché banalizza quella cosa che chiamano “Dio” e con la quale pensano di rispondere a domande che, imho, andrebbero lasciate aperte. Eppoi genera mostri assassini, convinti (magari, almeno qualche volta) di agire per conto di quella tal “cosa”, che -in quel modo- non è altro che una costruzione, un idolo.
Poli o mono non fa grande differenza.
Gennaio 9th, 2015 at 5:48 pm
Ciao aa
nego si possa definire il nazismo una ideologia atea (gott mit uns). Una brevissima ricerca sul web (digitando nazismo ateo) mi conferma semmai l’opposto.
Quanto allo stalinismo … l’ateismo – in quanto negazione – è una ideologia(?) speculare al teismo.
Se non erro gli atei italiani si stanno battendo per ottenere una sorta di status religioso ovvero per l’otto per mille (http://www.uccronline.it/2013/10/28/gli-atei-si-accorgono-che-luaar-e-unassociazione-religiosa/ ).
Io il minimo comun denominatore preferisco cercarlo nel ‘pensiero unico’.
Gennaio 9th, 2015 at 6:34 pm
@ 12: Infatti, il punto secondo me non è tanto il monoteismo in contrapposizione al politeismo od all’ateismo, ma la modalità della vita religiosa e, più in generale (???) la foram mentis. Forse è più corretto contrapporre e paragonare le religioni “del libro” in cui la parola scritta è fondamentale ed ha valore normativo, a quelle in cui ha maggior valore l’esperienza diretta, mistica del divino. Non credo però che sia così ovvio e dimostrabile storicamente che le seconde siano immuni dal rischio di degenerare nel fanatismo, come dimostra proprio la storia dell’Islam, in cui in più occasioni è avvenuta la saldatura tra le frange più estreme del sufismo e le scuole di interpretazione coranica più letteralista.
@ 13: si, in senso stretto probabilmente hai ragione; ma in pratica la vera divinità nel pensiero nazi è la razza- il sangue ariano. Secondo me le ideologie politiche sono degli “ismi” in cui lo stato, o la razza, o un classe sociale”rivoluzionaria” prendono il posto di Dio, in quanto divengono un termine assoluto di giudizio della realtà- e anche dell’etica. E’ accettabile uccidere se è in nome della rivoluzione, dello Stato ecc.
Gennaio 9th, 2015 at 6:58 pm
Ok, si può dire anche il contrario: e cioè che le teologie sono degli ismi in cui una costruzione mentale o credenza prende il posto dei parametri costituenti la società (razza, classi o caste, identità di popolo ecc), ovvero li giustifica e sostiene.
E’ nato prima dio o il bisogno di un pensiero forte e unico per giustificare e sostenere un qualunque modello sociale?!
Gennaio 9th, 2015 at 7:15 pm
Ehh sarebbe molto meglio se la religione stesse fuori da tutto ciò, ma di fatto ci sta sempre dentro con tutte e due i piedi. Nell’Islam poi, per quanto ci capisco io, è estremamente difficile distinguere tra un livello religioso ed uno politico-sociale, perchè fin dagli albori sono un tutt’uno- non c’è distinzione tra Dio e Cesare, o almeno è una distinzione molto problematica.
Gennaio 9th, 2015 at 8:04 pm
Per rispondere all’invito di mym (nell’eventualità venga usato il termine “Dio” o equivalenti …. che “cosa” si intende con quel termine) direi che il termine dio stia qui, per quanto mi concerne, a rappresentare una creazione-proiezione della mente umana.
Gennaio 9th, 2015 at 8:16 pm
Ho visto alcune vignette pubblicate da HD. Sono davvero becere. Se dobbiamo aspettarci la “salvezza” da quell’atteggiamento…
Gennaio 9th, 2015 at 8:17 pm
da CH, sorry
Gennaio 9th, 2015 at 8:23 pm
Ciao Tassista
è vero. Nel calderone ‘umorismo’ ci sta di tutto, dalla satira al sarcasmo più becero; e di più ancora.
Ma questo non cambia le cose (interessante l’articolo di E. Loewuenthal sulla stampa: io non sono Charlie (http://www.lastampa.it/2015/01/09/cultura/opinioni/editoriali/io-non-sono-charlie-libert-anche-essere-diversi-19FVFHstLk2068OgCIn4QL/pagina.html)
Gennaio 9th, 2015 at 9:01 pm
aa @14: l’hai detta giusta, mono poli ateismo ecc. si contrappongono. Per questo non sono atteggiamenti religiosi. Ma qui, lo ripeto perché pare tu non lo veda, il problema è il mono, non il poli o l’ateismo dei nazi che, grazie al cielo non c’è (quasi) più. Guarda alla realtà non ai pensieri.
Gennaio 9th, 2015 at 10:44 pm
@21: concordo con mym. Aggiungerei come spunto il breve pezzo: Il fondamentalismo si combatte soltanto con la laicità assoluta
di Paolo Flores d’Arcais in “il Fatto Quotidiano” del 9 gennaio 2015 (facilmente in rete).
Gennaio 10th, 2015 at 8:03 am
Un Natale diverso. Il primo senza l’influsso di Manlio Sgalambro. Eppure, in generale, la neikosofia mi pare la più o meno consapevole ripercussione teoretica di un presente sempre più fosco, truce, aspro, malsicuro, senza direzione, senza senno, senza lume.
La teologia maledetta, al pari della neikosofia, è unzeitgemäss: arriva fuori tempo massimo.
Pare che Fethullah Gulen sia il filosofo più influente del mondo. Un mussulmano turco praticamente sconosciuto in Occidente.
Gennaio 10th, 2015 at 8:07 am
@jf, 6
Roberto Baggio ha inaugurato il centro buddhista più grande d’Europa (i.e. luogo di culto della dottrina orientale). È costato 15 milioni di euro. Soldi privati.
Centro culturale di Corsico – Via Alzaia Trieste, 53 – ingresso da via C. Marchesi, 9 20094 Corsico (MI)
Tel. 02 45103451 – Fax 02 91390846
L’architettura è bellissima. Le splendide fontane sono la celebrazione magniloquente e dispendiosa del potere. È vero: la struttura ipogea di un ruscello è l’opposto del suo omologo monumentale che svetta dal suolo. La sapienza tradizionale che guidò la costruzione di *umili templi* fu il tentativo riuscito di consentire la vita in ambienti difficilissimi con l’aiuto degli umori sottili dell’aria, della terra, del sole. Un modello di sostenibilità e di ecocompatibilità per tutti gli insediamenti umani. Un tipo di interazione con l’ambiente.
Gennaio 10th, 2015 at 8:09 am
PS: simpatiche le vignette a tema religoso di BZ. Io ne ho fatta una su Maometto. Però resta inedita. 🙂
Gennaio 10th, 2015 at 8:46 am
Ciao HMSX, bentornato. Grazie per la tua vignetta, specialmente per averla lasciata inedita 😉
Che Baggio si dica buddista è abbastanza noto, che lo sia “davvero” è ancora da dimostrare. Il fatto che il Centro di Corsico si autodefinisca “il più grande luogo di culto buddista d’Europa” la dice chiara sul suo… quoziente? di buddismo.
In ogni caso nulla a che vedere con l’andare a sparare alla gente…
Gennaio 10th, 2015 at 8:55 am
Ciao Giorgio, ho cercato l’articolo di D’Arcais @22 ma non l’ho trovato, se lo linki direttamente ci semplichi la vita, grazie.
Gennaio 10th, 2015 at 9:17 am
Ho ricevuto, e letto con ritardo, una lettera (di una cartella) di padre Luciano Mazzocchi sugli accadimenti di Parigi.
Ve la propongo con un titolo (scelto da me): Le ragioni degli altri.
Gennaio 10th, 2015 at 10:00 am
Ecco l’articolo di D’Arcais Il fondamentalismo si combatte soltanto con la laicità assoluta, meno di una cartella, grazie Giorgio.
Gennaio 10th, 2015 at 11:16 am
Trovo pertinente, rispetto ad alcuni temi fin qui accennati, la seguente citazione: “Bisogna che il male sia reso puro, o la vita è impossibile. Dio solo lo può. E’ l’idea della Gita [Bhaghavad Gita]. E’ anche l’idea di Mosé, di Maometto, dell’hitlerismo… Ma Jéovah, Allah, Hitler, sono dèi terrestri. La purificazione che operano è immaginaria”. (Simone Weil – La pesanteur et la grace [La pesantezza e la Grazia]) Questo dovrebbero proclamare dai loro pulpiti imam, preti, rabbini…
Gennaio 10th, 2015 at 11:26 am
mym @28.
Al principio fu lo Sberleffo: a causa Sua vennero oppressione e violenza. Genocidi e pedofilia compresi.
Gennaio 10th, 2015 at 11:55 am
Doc sei peggio di… BZ! 😀
Gennaio 10th, 2015 at 12:02 pm
@ 30: con tutto il rispetto per la Weil, mi sfugge questa cosa del “male reso puro”. Cioè, così puro che sia uguale al bene (magari al bene puro)? E poi, perché il suo dio sì e gli altri no?
Gennaio 10th, 2015 at 12:12 pm
A proposito dell’articolo in @28, se il don Mazzocchi fosse riuscito a non scrivere frasi come “All’avversione al terrorismo dei kalashnikov si è aggiunta l’avversione al velato ma altrettanto violento terrorismo della satira” (fine sec. capov.) e “Sono certo che ogni buon musulmano come ogni buon cattolico soffra come fosse stato ferito e ucciso, davanti a certe caricature oscene e violente” (penultimo capov.) si poteva anche lasciar correre. Così no, lo scollamento dalla realtà è totale. Un vignetta, la più oscena e una pallottola in pancia non si possono equiparare.
Penso che questo scollamento sia lo stesso che fa sì che quando i preti parlano di cose della vita come famiglia, matrimoni, divorzi, contraccezione ecc. molto spesso appaiano relegati nel mondo del pensiero inutile.
Gennaio 10th, 2015 at 12:16 pm
mym @32
Mi riferivo ad Esopo. Quell’agnello era così irriverente!
Gennaio 10th, 2015 at 12:22 pm
Zì zì, era chiaro che parlavi dell’Agnello, va là! 😉
Gennaio 10th, 2015 at 12:28 pm
È un OT, però parlando di preti… Guardate un po’ il video che ha messo on line il Pontificio Consiglio della Cultura: come esempio di scollamento dalla realtà mi pare egregio.
Complimenti a Nancy, comunque: lì sembra che non ostante gli anni, non si scolli nulla… 😕
Gennaio 10th, 2015 at 12:33 pm
mym @34
Mazzocchi (finge di) dimentica(re) che lo sberleffo è da sempre l’unico sfogo (lui direbbe arma) degli oppressi, dei reietti, dei deboli, dei poveri ecc
Rimane il mugugno. Ma temo che anche il mugugno….
Non è pensiero inutile, caro mym. E’ funzionale.
Gennaio 10th, 2015 at 12:40 pm
Però quelli di Charlie potevano permettersi (sino a che non li hanno “fermati”) di pubblicare certe cose perché non erano tra i deboli ecc. Fossero stati un giornaletto iraniano non duravano mezz’ora in libertà.
Identica cosa sarebbe successa qui in Italia anche solo alcuni decenni or sono.
Son d’accordo: a prima vista pare inutile, in realtà il potere, il controllo, il divieto discendono da quel pensiero.
Gennaio 10th, 2015 at 1:13 pm
Ho dormito tanto. Per giorni ho sognato lo stesso bellissimo sogno. Vabbe’, se proprio insistete, ve lo raccomto.
Ero il padrone del mondo, e in un momento di gioia, decisi di uccidere tutti i preti a cominciare da Luciano Mazzocchi! Poi mi sono svegliato e ho letto un post che dice che Nietzsche è cristiano. Luciano Mazzocchi. Dice.
“E’ ridicolo e astorico considerare i Lumi sotto la specie dell’irenismo”. (Il Vangelo secondo l’Anticristo, p.11)
Se questa genta ha pervertito la grandezza del martirio fino a trasformarla in apologia dell’assasinio è perché è totalmente corrotta e manipolata, Manco conosce il Corano. Sono pedine di un sinistro e terrificante apparato geopolitico che agisce su ben altra scala in molte parti del pianeta.
Luciano Mazzocchi non è mai entrato in una banlieue pargina. Figurarsi in una moschea di una banlieue parigina. Non ha mai chiacchierare con qualcuno di loro, intendo musulmani, per capire qualcosa.
“Una grande civiltà non si estingue pacificamente. Prima del temporale si alza per l’ultima volta con violenza la polvere”. (ibidem, p.13)
Abbiamo assistito agli scontri nella ex Jugoslavia, in Israele e Palestina, nei Paesi arabi, in India e in Pakistan, in Cecenia e in Ucraina. In questo global village non è più possibile tenere le distanze, starsene ognuno per conto proprio. Gli incontri di ogni specie sono inevitabili e gli incontri di etnie e civiltà si tramutano quasi inevitabilmente in scontri,
Gennaio 10th, 2015 at 1:15 pm
Va bene. Vi regalo una vignetta. Però non quella su Maometto.
Gesù: O Babbo, non è che, per una volta, potrei nascere a Parigi?
Dio: Vabbene figliolo. 🙂
Gennaio 10th, 2015 at 1:40 pm
secondo me la satira è una cosa, il disegnare vignette con il chiaro scopo di provocare l’altra parte e di trasmettere ideologie facendosi paravento del lasciapassare della “satira”cui tutto + concesso per giustificare qualsiasi cosa si dica – un’altra. la seconda la capisco molto meno, anzi, la capisco ma penso sia una bieca vigliaccata.
non si possono contrapporre le armi alle vignette, è evidente, ma non mi pare nemmeno una buona idea giocare a chi lancia più lontano il fiammifero acceso in un deposito di benzina.
se io insulto una persona pubblicamente quella mi può querelare sarà un giudice a stabilire (in un paio di kalpa se siamo in italia) chi ha ragione. se insulto il dio in cui crede un altro no. naturalmente il dio dell’altro non mi può querelare, quanto meno perché non ha le mani per firmare la querela, e poi non ha la carta d’identità, non ha i documenti in regola, per carità. un casino. però l’effetto netto è che a fronte di questa impunità di fatto sto facendo incazzare potenzialmente parecchia gente, nel caso dell’islam una buona miliardata e passa. legalmente è mio diritto farlo. che sia il caso di farlo un altro paio di maniche. io non farei una crociata per difendere questa finta libertà di stampa.
ho trovato molto condivisibile questo articolo
http://karim-metref.over-blog.org/2015/01/mi-dispiace-ma-io-non-sono-charlie.html
Gennaio 10th, 2015 at 1:45 pm
Sì, chiaro. Comunque non vedo che bisogno ci sia di ribadire qui questo punto di vista, qualcuno ha sostenuto il tipo di vignette di quel giornale? A parte qualche volta -ed anche allora spesso per puro senso di provocazione-, solo uno di coloro che intervengono sul sito (sì XMSX, stavo pensando a te…) espone punti di vista dissacranti. Temo però che -ora- non 10 giorni fa, questi discorsi portino a pensare cose come “All’avversione al terrorismo dei kalashnikov si è aggiunta l’avversione al velato ma altrettanto violento terrorismo della satira”, oppure “dopotutto se la sono cercata!”. Ma non solo: se Charlie non ti piace basta che non lo compri, chett’importa di quel che pubblica? O sei tra quelli che, con le buon o con le cattive, vorrebbero “far cessare questo sconcio”?
Molte vignette di Charlie erano uno sconcio. Proibire e ancor più sparare è molto peggio.
Gennaio 10th, 2015 at 1:48 pm
Mi intrufolo abbassando il livello della conversazione. Senza certezze, premettento enormi “forse”,”secondo me”, e generalizzando: più che (mono/poli/a)teismo, satira o altro la questione penso sia la pretesa di avere “la” risposta. La risposta (scritta e/o certificata dal Libro/Prete/Maestro … o dal’ateo di turno) mi fa spendere come un “integralista” i quattro giorni che mi spettano. Se poi sono anche un *bip* divento pericoloso. Invece quando mi sforzo si imparare “come”… sbagliando continuamente … e coltivo le domande …le cose vanno.
Poi mi viene in mente che anche l’assassino è stato un bambino. Qualcosa, in qualche momento si dev’essere guastato nella sua vita, anche prima che nascesse per carità. Se uno cresce nella sofferenza materiale/esistenziale non ne può uscire qualcosa di buono. Se poi ho una certa predisposizione i giochi sono fatti. La religione (monoteistica?) ha presa su certe persone è perchè promette vendetta rispetto ai torti subiti, dà falsa certezza di essere una persona “corretta”, mente indicando quel che è bene e quel che è male, promette affrancamento da condizioni che non so definire.
Se tanti hanno un fucile in mano non è solo perchè quella religione è così, ma anche perchè in quella parte del mondo si vive in modo ingiusto.
Sicuramente grazie a tutti i nessuno che anonimi e dimenticati accolgono il prossimo nelle piccole cose, si va meglio di come potrebbe.
Di certo non tutti gli atteggiamenti religioni sono uguali, non tute le religioni sono uguali .. però …
Potrebbe essere una occasione da cogliere. Mi sa che perdiamo il treno anche stavolta.
Gennaio 10th, 2015 at 2:59 pm
@ 44: sono d’accordo, infatti secondo me questi fenomeni hanno soprattutto a che fare con la situazione delle periferie parigine- che credo siano posti peggiori delle vele di Napoli- e con il fallimento dell’integrazione dei migranti e delle minoranze. L’estremismo islamico offre una “soluzione” a queste situazioni, ovviamente strumentalizzandole. Io penso che il problema di fondo sia la mancanza di istruzione, di formazione e la marginalizzazione che ne consegue.
Gennaio 10th, 2015 at 3:18 pm
Ho letto l’articolo di D’Arcais..non lo condivido. La sintesi finale mi sembra un incitamento ad una forma di censura, simile anche se di segno opposto, rispetto a quelle di stampo religioso. Mi sembra poi una proposta sostanzialmente antidemocratica
Gennaio 10th, 2015 at 3:21 pm
Ciao Pierino @42
“io non farei una crociata per difendere questa finta libertà di stampa”
Sai quella storiella relativa ai campi di concentramento che non ricordo nella forma corretta, ma riassumo approssimativamente così: ‘…hanno deportato i tuoi amici, ma avranno avuto dei buoni motivi. Hanno deportato i nonni , ma avranno avuto buone ragioni. Hanno deportato i tuoi genitori, ma ci sarà stato qualche motivo….Quando verranno per te, avranno ancora molti buoni pretesti’.
Ecco perchè il terrorismo fondamentalista ha già vinto.
Gennaio 10th, 2015 at 4:05 pm
ciao doc, mym. ma chi ha mai detto pubblicare vignette e sparare siano da mettere sullo stesso piano? o (ancor peggio) che ci sia o giustificazione allo sparare? quando succede una cosa grave non è che una seconda più grave cancelli la prima. anche se c’è la tendenza a fare così, restano purtroppo tutte due. altrimenti per far dimenticare l’assassinio di parigi basterebbe mettere una bomba in uno stadio. ora, dopo aver finito (per primo) di condannare il kalashnikov condanno anche le vignette.
@mym, “dopotutto se la sono cercata” non lo direbbe né lo penserebbe nessuno sano di mente, spero
doc @47, se devo spendere la mia vita in una crociata (e non ho problemi a farlo) preferisco farlo per una causa che condivido. travestire l’orrore per l’azione terrorista di parigi da “campagna per la libertà di stampa” mi sembra completamente fuorviante.
la cosa per me folle è che ora improvvisamente il mondo si scopre paladino della libertà di stampa quando fino a ieri inveiva, censurava, querelava, per ogni parola fuori posto. comunque avete ragione, non è il posto giusto per questa discussione.
Gennaio 10th, 2015 at 4:15 pm
c’è anche questo punto di vista, che comprendo e condivido. forse è il più sano di mente. ognuno si prenda la propria responsabilità http://www.internazionale.it/opinione/karim-metref-2/2015/01/09/io-non-mi-dissocio
p.s. ora smetto, promesso
Gennaio 10th, 2015 at 5:28 pm
Hai ragione Pierino, l’idea di una ‘crociata’ è di per sé orripilante. Non avevo colto l’accento su ‘crociata’.
Buone cose.
Gennaio 10th, 2015 at 5:35 pm
Già, la libertà di espressione la si dovrebbe sostenere comunque: anche i morti per la jihad che non son francesi sono morti, e ci stiamo accorgendo che quello che capita lontano prima o poi ci arriva vicino. Il “brodo di coltura clericale” va bene da sempre per i soliti scopi. Focalizzare poi quel dolore a scapito quell’altro dolore giova alla solita gente (anche a noi in qualche misura). Sono cose che si sono già dette ma probabilmente se certe religioni sono più adatte di altre a questo scopo è frutto del buon lavoro di generazioni di potenti e preti, almeno credo. Non sarà semplice e facile uscirne bene.
Gennaio 10th, 2015 at 6:14 pm
Ciao Max, bentornato. Quanto dici @44 secondo me è corretto. Il fatto è che “qui” quella parolina di tre lettere, spesso con davanti “il mio”, È la pretesa di avere la risposta. Tra gli appartenenti alle tre branche del mono…coso la stragrande maggioranza (oggi vado lungo, vah!) è in buona fede. Cerca davvero “la” risposta. Basta un lampo di luce per illumin… pardòn, volevo dire: far aprire gli occhi ad un mare di bravi guaglioni. Che hanno sempre avuto solo e unicamente quella paroletta come soluzione. Prova ad affermare che trovare Dio vuol dire averlo perso e vedrai che ci saranno parecchi che ascolteranno.
C’era un tale che diceva: prima identificare il problema, poi trovare la cura, poi metterla in pratica. Il resto è fuffa.
Gennaio 10th, 2015 at 6:23 pm
Pierino @48: chi l’ha mai detto che vignette e kalashnikov siano sullo stesso piano? Prova a dare una letta alla lettera @ 28.
Pierino @49: si molto bello, le anime belle, quelle che non si sporcano le mani, non si coinvolgono… vanno bene in tempi “normali”.
Anche perché se i muslim non prendono le distanze rischiano che presto quelli dell’altra parte che son altrettanto, o più, cogl…ni, sparino nel mucchio. Come già in Afghanistan, in Irak, in Palestina ecc. oggi. O in Spagna e nel santo sepolcro in passato.
Gennaio 10th, 2015 at 7:18 pm
myn @53 però non ricordo una gran corsa a prendere le distanze, battersi il petto e promettere di vegliare sui nostri figli quando Breivik (cristiano), dichiarato anti-islamista e salvatore del Cristianesimo ha steso 77 persone a Utoya. han parlato tutti pilatescamente di un pazzo. problemi altrui, a casa nostra no. però ora vorremmo che loro si dissociassero. mah.
Gennaio 10th, 2015 at 7:31 pm
Già, la reciprocità. ‘Na schifezza però non ne giustifica un’altra.
Gennaio 10th, 2015 at 8:09 pm
Mi pare strano che non si sottolinei mai, o quasi, il legame tra il terrosismo islamico ed in generale la situazione di dissesto del mondo musulmano, ed il colonialismo europeo. In Francia c’è il problema degli immigrati algerini perchè è stata la Francia ad invadere e colonizzare l’Algeria, non il contrario. E la cosa non è finita, continua. Penso che a nessuno sfugga il rapporto molto stretto che lega il sorgere dell’ISIS e l’interveno Americano in Iraq. Non è che possiamo far finta che “noi non c’entriamo”. La rivoluzione comeinista in Iran, con tutte le conseguenze del caso, l’ha voluta e sostenuta l’occidente, idem quella dei mujaiddyn in Afghanistan. Forse se smettessimo di andare a rompergli i co… e mettere mano negli affari loro, chissà che magari le cose non andrebbero meglio? Solo che non si può, bisogna intervenire, per motivi umanitari, chiaro, il petroglio non c’entra nulla…
Gennaio 10th, 2015 at 8:58 pm
Ma quale petrolio! I crociati di W.G.Bush volevano solo portare la democrazia…
Gennaio 11th, 2015 at 12:12 pm
Credo che l’impressione suscitata dall’evento appartenga anche a quel sentimento che definiamo panico, ovvero sconcerto, difficoltà (incapacità?) a recuperare la ragione, o meglio le ragioni che hanno condotto alla tragedia di Parigi. Molte opinioni sono state espresse (filosofiche, teologiche, sociologiche) infatti, alla ricerca del principio di ragione sufficiente. Mi permetto di partecipare a questa ricerca ricordando il contributo Arendtiano. La pensatrice ci ricorda che, forse ,”il peggior male non è quello radicale, ma quello senza radici”. La “banalità del male” tenta di mostrarci come spesso gli uomini agiscano non secondo convinzioni -ragioni chiare- ma secondo “sentimenti di conformità”, e che “purtroppo questi sentimenti non sono indici affidabili, e in fondo non sono affatto indici del giusto e dell’ingiusto”.
A supporto di questa inquietante tesi, e in riferimento alla discussione, mi pare che molte proposte politiche e/o religiose nella storia del mondo abbiano i loro martiri e le loro stragi, consentite dalla partecipazione attiva o passiva dei “popoli” che le hanno vissute, e che quindi l’assegnazione della colpa esclusiva ai monoteismi o a qualsiasi forma di “pensiero forte” corrisponda ad una lettura parziale.
Gennaio 11th, 2015 at 12:29 pm
Ciao Dario.
Vero, in generale è così. Ma stiamo parlando di un particolare quando e un particolare dove. Oggi il problema che dilania il nostro mondo ha come origine il (mono)teismo. O, se preferisci, la pretesa di sapere com’è e che cosa vuole dio. Uno dei killer francesi prima di sparare dice “Allah è con noi”. È il corrispettivo di tutti i “Dio lo vuole” pronunciati nei secoli compresi quelli del prete (attuale!) o del papa che ci spiega che cosa vuole e non vuole dio.
I motivi politici, sociali, antropologici di questo stato di cose ci (in questo blog) riguardano marginalmente.
Parlare di dio/Dio in religione è cosa poco seria. Se si arriva a dire che cosa vuole/non vuole è delirio -in senso religioso-. Guardando le cose da un punto di vista religioso (oggesù!) questo è il problema.
Per es., come mai nessuno dei cattolici che si stracciano le vesti per l’oscenità blasfema delle vignette di Charlie (o altrove) non si preoccupa delle vignette cattoliche, ben più blasfeme perchè esposte in chiesa? Come a san Petronio, a Bologna, dove Muhammad/Maometto è dipinto nudo, avvolto da serpi, preda del demonio, in fondo all’inferno.
A me interessa la risposta sul piano religioso.
Gennaio 11th, 2015 at 1:01 pm
Non volevo contrapporre la tesi di Arendt, alle precedenti, ma affiancarla per tentare di leggere la complessità, anche perché credo che: a) abbiamo contribuito “tutti” a questa situazione, b) non esistono risposte semplici a questioni complesse.
Proprio perché siamo “in un particolare quando e un particolare dove” la storia penso vada letta come espressione contingente ma che eredita una parte del senso dal passato..
In merito a questo, e a quanto detto, la risposta religiosa, se risposta solo teorica, non so se possa essere esaustiva.
ps un contributo
http://www.matteogracis.it/sull-islam-non-aveva-ragione-la-fallaci/
Gennaio 11th, 2015 at 1:10 pm
Capisco, ma non sono uno storico (quando era ora di studiare … facevo altro) né un tuttologo per cui non sono in grado di dare risposte/proposte a 360 gradi.
E penso che una proposta/risposta solo teorica non abbia nulla di religioso in un caso come questo.
Come dicevo: identificare il problema, trovare la cura, metterla in pratica. Per me la religione o passa di lì o… è la solita fuffa.
Gennaio 11th, 2015 at 1:19 pm
Buongiorno. Mi permetto di segnalare che ho appena pubblicato sul sito di cui padre Mazzocchi è responsabile un commento alla sua lettera qui proposta in @28. Chi fosse interessato alla lettura la trova qui http://www.vangeloezen.org/2015/01/il-kalasnikov-e-la-satira/ Grazie
Gennaio 11th, 2015 at 2:22 pm
Finchè si insenga la religione e si insegna che quella religione sa proprio chi/cos’è Dio (e/o la Verità Vera) … non c’è trippa per gatti. E’ uno schema di base duro da rimuovere. Quello schema uguale-uguale si riconosce un po’ ovunque. Non si sa ancora qual’è il nostro posto? … boh!
Mazzocchi non scrive mai sul sito della Stella?
Gennaio 11th, 2015 at 5:12 pm
No, Luciano non scrive quasi mai su questo blog. Però ci si può sempre registrare nel suo e portargli un po’ d’allegria 😉
Gennaio 11th, 2015 at 5:38 pm
in genere faccio io da ambasciatore per p.Luciano
– px
ricordate che ambasciator non porta penna.
Gennaio 11th, 2015 at 5:49 pm
Pene, si dice, non porta pene!
E non voglio saper altro… 😕
Gennaio 11th, 2015 at 7:08 pm
@ dario, 58
L’idea di tolleranza universale è il contraddittorio perenne. La sua versione 2.0 è il buonismo: non solo devi tollerare, ma persino amare l’opinione contraria alla tua.
Una società basata su questo principio, implica una società composta da mistici, oppure, più semplicemente, una società in cui nessuna opinione conti, e quindi il dialogo non sia che un chiacchericcio indistinto.
Tuttavia. la quantità di ascolto e di disposizione ad essere contraddetti è limitata. Non possiamo continuamente fare una revisione di certezze, di atteggiamenti, di abitudini, perché altrimenti passeremmo la nostra vita a lottare per o contro idee altrui.
Se l’amore cristiano fosse indistinto e attribuito in maniera egalitaria a tutti gli esseri viventi Gesù non avrebbe avuto ‘il discepolo che egli amava’, – di amore particolare -. Il comandamento dell’amore non obbliga all’inumano amore universale e paritario, senza differenze, antipatie e simpatie; questo tipo d’amore è predicato dalle religioni impersonaliste, non da quella cristiana.
Gennaio 11th, 2015 at 7:09 pm
PS
Nietzsche non voleva che l’uomo, abbandonato a se stesso nell’universo, strisciasse ai piedi di vani fantasmi creati dal bisogno e dalla paura; voleva, come dice nello Zarathustra, che l’uomo andasse nella vita a testa alta. Non per superbia, come gli rimprovera papa Benedetto XVI, ma per dignità, onestà e coraggio. In realtà la concezione di Nietzsche della religione laica è improntata a un’estrema umiltà: amare la vita nonostante gli orrori del mondo, essendo e sapendosi sottomessi alle leggi (agli orrori) del mondo. È invece proprio la concezione cristiana che è improntata a oggettiva superbia. Essa concepisce infatti che tutto il creato abbia come centro e fine l’uomo.
Gennaio 11th, 2015 at 7:11 pm
@jf, 62
La forza retorica con cui Luciano Mazzocchi costruisce i discorsi è percussiva e finisce con l’essere perennemente tautologica o evocativa. Il livello di analisi, qui come altrove, è quello di un tema scolastico di uno che la butta in vacca. Una concezione fumosa della storia, della geopolitica: una supercazzola.
*È tutto collegato* è un’altra espressione chiave: nella prospettiva di Mazzocchi è sempre tutto collegato. Ossia i collegamenti non sono mai cogenti, polari, ma onnifunzionanti. Questo accade perché la sua logica non è argomentativa ma associativa. Simula una elaborazione o spesso una sintesi, come nelle frasi riportate, ma non la attua mai. Spaccia un’accozzaglia, un’incapacità di districare la complessità, per un’analisi fatta e compiuta.
Gennaio 11th, 2015 at 7:28 pm
Grazie, HMSX. Molto chiaro.
PS: se Luciano una volta ascoltasse, riflettesse… Chissà.
Gennaio 11th, 2015 at 8:55 pm
@67
“L’idea di tolleranza universale è il contraddittorio perenne”: concordo, nel senso di dialogo,anzi non può che essere così,questa è la funzione/struttura della ragione/linguaggio; se poi uno “ama” anche il prossimo meglio, per il bene della convivenza.
Per quanto riguarda Nietzsche, per quel che conosco del suo pensiero, mi pare abbia portato un grosso contributo alla storia del pensiero, ma mi pare che adesso sia superato dagli studi dell’etologia e delle neuroscienze.
Se, come pare, le emozioni e gli affetti si trovano nell’area sottocorticale (quindi sviluppatesi prima della ragione), e se alcuni tipi di primati manifestano non solo una intenzionalità collettiva ma comportamenti solidali e altruistici (cioè solidali verso altre specie o elementi di altri gruppi in difficoltà) mi pare che nonostante la ragione perda il suo primato sul corpo, sia sconfitta la tesi dl’altruismo come costruzione culturale.
Per quanto riguarda le differenti etiche: sono tutte adesioni a valori-ragioni e quindi in sé opinabili.
Gennaio 11th, 2015 at 10:44 pm
Ho letto la lettera di Jf sul sito di Vangelo e Zen. Faccio notare però, che da un punto di vista islamico dire cose tipo “Dio non può essere questo o quello, non può prendersela per cose di questo tipo ecc.” è inaccettabile, rasenta la bestemmia. Allah è totalmente libero e può fare ciò che gli aggrada, la sua volontà non è prevedibile e non è detto che sia necessariamente “buona”. E’ libero anche di castigare i pii e premiare gli empi- almeno in linea di principio; l’uomo non può in alcun modo comprenderlo, ma solo obbedirgli, fare la sua volontà. Ecco perchè nell’Islam lo iure è assolutamente prevalente sulla teologia e sulla metafisica. Fare il tipo di cambiamento che Jf suggerisce mi pare equivalga a richiedere al musulmano di commetere apostasia- l’unico peccato imperdonabile per un credente. Non credo che l’evoluzione dell’Islam verso forme compatibili con la modernità possa passare per questo snodo; non sono un esperto, ma per quella che è la mia comprendione, l’unicità di Dio e la sua completa libertà ed alterità non possono essere messe in discussione.
Gennaio 12th, 2015 at 9:21 am
@ 69: persona ben informata sui fatti e che non vuole apparire, mi scrive privatamente “Certo che HMSX lo legge in controluce, il Mazzocchi”. Concordo. Suggerisco, per chi ama l’assurdo, di leggere la risposta di Luciano a Jf: sembra abbia cercato di dar “ragione” a HSMX in tutti i modi, e anche di più.
@ 72: è vero Jf si lancia a dire che cosa non fa dio. Peccato veniale se si tratta di smontare fantasie pericolose.
@ 71: anche alla luce della giornata di ieri, una cosa laica, ovvero che non ha diretto collegamento con forme religiose, mi sento di dirla: beato quel popolo e quel Paese che accettano e difendono l’esistenza di una porcheria come Charlie. Una lezione storica, mondiale.
Gennaio 12th, 2015 at 9:42 am
Però secondo me su un punto Luciano ha ragione, quando fa notare “…Può così facilmente un popolo colonizzatore avere una visione non condizionata, innocente, rispettosa, verso i popoli che ha sottomesso, al punto da permettersi di colpirlo con le sue satire?” e altre considerazioni sulla stessa linea di ragionamento. In effetti, mi ha colpito sentire le dichiarazioni di uno degli attentatori, che ha addotto delle motivazioni di tipo strettamente geopolitico-noi vi colpiamo in casa vostra perchè voi attaccate lo Stato Islamico. Poi hanno scelto un bersaglio che per loro ha un valore simbolico, ma come se si trattasse di un organo di propaganda di una potenza militare nemica. Loro si percepiscono come soldati di una guerra in cui non sono gli aggressori, ma le vittime.
Gennaio 12th, 2015 at 9:47 am
Sì, Luciano ha ragione quando dice quello e, da questo punto di vista, quelli di Charlie sono dei pericolosi provocatori. Il punto è che non c’entra nulla con quello che dice Jf. Dovresti studiare meglio quello che scrive il prof. HSMX.
Se io ti dico che sei un bischero e tu mi dici che sono offensivo e io ti rispondo che il sole sorge a Oriente ho ragione.
Gennaio 12th, 2015 at 1:31 pm
Non riesco a farmi autenticare sul sito di Vangelo e Zen. Mi dice che ho fatto troppi tentativi di login: in realtà è la prima volta. meglio così, senz’altro. Ma ci deve essere un problema tecnico (Px, se mi leggi…)
Gennaio 12th, 2015 at 1:35 pm
Tu quoque Doc …
Leggi il pps di questo post, per piacere.
Gennaio 12th, 2015 at 1:53 pm
Una cosina, forse politicamente scorretta , da ignorantello qual sono, vorrei dirla.
Ma davvero l’Islam è la povera vittima storica della violenza e del sopruso altrui, per cui tutto oggi gli deve essere condonato in quella chiave storica?!
Qualcuno avrà letto ‘il ponte sulla drina’?! Qualcuno ricorderà le invasioni dell’impero mussulmano in occidente, fino a Vienna; in oriente, in Afganistan, pakistan, in India ove peraltro mi risulta abbiano azzerato il buddismo?! in Africa, in estremo oriente, fino ai territori russi e mongoli….
E’ davvero tutto iniziato con i crociati o a causa degli occidentali che vogliono solo petrolio?
Non ci avranno messo qualcosina anche di loro?!
Qui c’è tanta gente colta, che forse mi può rinfrescare la memoria correggendomi.
Tanto per capire se tutto sto ‘buonismo’ ha davvero giustificazioni storiche tali da sosternere un senso di colpa così radicato nei tempo.
Gennaio 12th, 2015 at 1:54 pm
cosa essere pps, mym@77?
Gennaio 12th, 2015 at 2:52 pm
Doc @ 78: niente buonismo, sono i più intransigenti propugnatori del teismo asfittico. Anche se, occorre riconoscere, hanno avuto ottimi maestri nei loro predecessori ebrei e cristiani. Non per nulla i guai son sempre stati tra loro tre: vendono lo stesso prodotto quasi allo stesso modo alle stesse persone. È guerra sicura.
Doc @ 79: pps essere pps, pasta leggere per intero post e tu capire. Post essere articolo cui tu aggiungere commenti.
Gennaio 12th, 2015 at 4:02 pm
Capito. me ne ero scordato.
Quanto al tema, è ora di finiamola con le pippe mentali.
Guardiamo al presente; è in atto un cruento scontro di civiltà, la cui origine si perde nelle quinte del tempo. Io mi posso chiamare anche fuori, per carità. Ma allorchè mi tirano dentro, proprio perchè non stavo con Charlie (nè con nessun altro, off course) allora sto con Charlie.
E se voglio dire che il Re è nudo, continuerò a dirlo.
Gennaio 12th, 2015 at 4:49 pm
Visto che don Mazzocchi non si unisce a questo consesso di allegri discorrenti, gli rispondo nel suo territorio: chi fosse ancora interessato può leggere qui
Concordo con doc @78 e suggerisco la lettura di questo articolo. Chi ha parlato è probabilmente un personaggio pessimo, ma una cosa sensata resta tale chiunque la dica.
Lasciatemi dire, anche come persona che ha abitato qualche anno a Parigi (l’ultima mia residenza era in un quartiere al 90% arabo, con la moschea a trenta metri dal portone di casa e a cinquanta una scuola elementare ebraica con negozio kasher accanto)che ieri Paris è stata davvero la ville lumière! Non c’è altra città del mondo dove poteva accadere quel che è accaduto: teniamocela cara.
Gennaio 12th, 2015 at 5:13 pm
Ciao Jf. Sei sicuro di aver postato su Vangelo e Zen? A una prima occhiata la tua replica non c’è.
Gennaio 12th, 2015 at 5:30 pm
Ho verificato, è in attesa di moderazione… Appena mi moderano magari lo risegnalo.
Gennaio 12th, 2015 at 7:16 pm
@dario, 71
“Per quanto riguarda Nietzsche, (…), ma mi pare che adesso sia superato dagli studi dell’etologia e delle neuroscienze”.
Non credo proprio.
Il termine tollerare di derivazione illuminista non rende l’idea di cosa vuol dire spiritualmente convivere, accogliere, cioè amare il tuo nemico, che sicuramente la pensa diversamente, sulla tua vita per esempio, cioè accogliere la sua verità per unirla alla tua. Una grande lezione di diplomazia dimenticata in questo nuovo secolo. La messa in discussione aprioristica della propria convinzione, dovrebbe l’essere un pre-requisito del dialogo, non qualcosa che emerge durante il dialogo stesso. altrimenti il dialogo si trasformerebbe in metadialogo, e quindi si discuterebbe di come si discute e non di ciò che si discute.
Gennaio 12th, 2015 at 7:18 pm
Le pretese della Chiesa di parlare in nome dell’unica Verità e dell’unico Bene, tramite un platonico attingimento delle essenze universali delle cose (natura umana inclusa), sono ridicole. La religione laica afferma il “primato della democrazia sulla Metafisica “, intendendo sostenere, con questa espressione, che le pretese assolutistiche delle religioni tradizionali vanno ripudiate, in quanto risultano strutturalmente inconciliabili con gli assetti pluralistici e democratici delle società avanzate.
Nelle democrazie nessuno può ergersi a custode dell’unico Vero e dell’unico Bene e nessuno può pretendere di imporli agli altri, alla maniera dei guardiani platonici.
Contrariamente a quanto si afferma talora, la religione laica non coincide affatto con una forma estrema di relativismo culturale. [1/2]
Gennaio 12th, 2015 at 7:25 pm
L’anti-etnocentrismo della religione laica, che parte dal postulato antropologico dell’equivalenza di tutte le culture (rinuncia a difendere i valori tradizionali della propria cultura), è bilanciato da un “etnocentrismo moderato” che, pur essendo consapevole del carattere locale di determinati valori dell’Occidente (libertà, uguaglianza di diritti, pluralismo ecc.), ne afferma la validità transituazionale, cioè l’universalità di diritto.
Dobbiamo accettare con assoluta serietà il fatto che gli ideali della giustizia procedurale e dell’eguaglianza umana sono sviluppi culturali provinciali, recenti ed eccentrici e renderci conto che non per questo vale meno la pena di battersi per essi. Gli ideali possono essere locali e legati a una cultura e ciò nondimeno costituire la più grande speranza della specie.
Noi siamo gli eredi dell’Illuminismo: “tutti quelli che non la pensano come noi sono dei pazzi”. [2/2]
Gennaio 12th, 2015 at 7:45 pm
HMSX grazie. Non sono sicuro di capire tutto ma sostanzialmente concordo con tutti e tre i post. Un punto, per piacere, potresti chiarire. In @85 parli di “amare il tuo nemico”. Forse sbaglio ma mi pare che questo contenuto o approccio di relazione sia di origini cristiane. Quanto meno è certo presente nel vangelo. Perchè usi questa espressione? È un altro modo per esprimere “la messa in discussione aprioristica della propria convinzione”?
Te lo chiedo perché “la messa in discussione aprioristica della propria convinzione” in favore di un comportamento SEMPRE formale è il concetto di “amore per l’altro” espresso da Confucio.
Gennaio 13th, 2015 at 9:37 am
Buongiorno. Rispolverando il precedente @ 82 segnalo, si parva licent, che mi hanno moderato qui http://www.vangeloezen.org/2015/01/il-kalasnikov-e-la-satira/
Gennaio 13th, 2015 at 9:53 am
@ mym: sono d’accordo con l’analisi di HMSX sul modo di argomentare del Mazzocchi, ma se dice qualcosa di giusto all’interno del minestrone, resta qualcosa ddi giusto
@ doc: io quelli che fai osservare riguardo all’espansionismo islamico è corretto, ma insisto nel far osservare che quello occidentale, colonialista, è stao ben peggiore. Schiavismo in Africa, campi di concentramento in Africa, in Sud America ed in America Latina, genocidi di massa. Tutte cose, si badi bene, fatte non solo e non tanto in nome del Cristianesimo, ma del “white man burden”, della superiorità morale e razziale degli europei, con una mentalità di fondo di tipo illuminista. Sì gli illuministi sono stati schiavisti. In India, l’Islam non ha azzerato la popolazione, anche se l’ha in parte arabizzata ed islamizzata. Guarda che fine hanno fatto le popolazioni nordamericane. O, per fare un esempio più recente e più vicino a casa nostra, cosa hanno fatto i simpatici soldati italiani in eritrea-armi chimiche sulla popolazione inerme, bombardamenti sui campi della croce rossa ecc. Bisognava spezzare le reni del Negus…
Gennaio 13th, 2015 at 9:54 am
Scusate gli errori di stompa, devo correre a fare gli ambulatori 🙂
Gennaio 13th, 2015 at 10:52 am
A proposito di analisi ampie, segnalo a chi avesse il tempo di farlo (sono 5-6 cartelle) questo articolo di Franco Livorsi da Città futura on line.
Gennaio 13th, 2015 at 10:56 am
aa @ 90: Voltaire, Diderot et copains mandanti morali del gen. Custer e del gen. Graziani? Tu apri nuove frontiere al revisionismo storico con i tuoi errori di stompa 🙂
Gennaio 13th, 2015 at 11:08 am
I britannici in Africa giustificavano il colonialismo sulla base del “progresso”, lo vedevano come una missione “civilizzatrice” secondo una visione della storia di tipo illuministico. Certamente, ti confermo che divesi pensatori illuministi, Hume ad esempio, trovavano giustificabile la schiavitù.
@ 92: ho dato una rapida lettura (un paziente ha deciso di non venire all’appuntamento, saggiamente). Mi pare eccellente
Gennaio 13th, 2015 at 11:23 am
Visto che continua a non arrivare nessuno (forse sapevano che c’ero io in ambulatorio????) aggiunge che secondo me la mentalità che fu dei colonialisti inglesi e francesi è in fondo la stessa che porta gli americani a pensare di poter “portare la democrazia” in medio oriente. Finchè si compiranno poscherie come la seconda guerra del Golfo (ma ve lo ricordate Powell alle Nazioni Unite che faceva vedere le slide con le “armi di distruzione di massa”??? che presa per il c…) è logico che ci sarà il terrorismo islamico. Quella è stata una pura aggressione di uno stato sovrano…quanti morti avrà fatto, e per cosa poi? Ci stupiamo di ritrovarci fenomeni come l’ISIS in quelle latitudini? Io mi stupirei del contrario. Anzi, e con questo chiudo, mi stupisco veramente che per esempio il terrorimo palestinese sia tutto sommato poca cosa, visto quello che stanno subendo da quanto decenni almeno. Devono essere uno dei popoli più pacifici e tolleranti della storia IMHO.
Gennaio 13th, 2015 at 12:03 pm
@mym, 88
Sì, certo, Confucio. Pensavo anche a Cesare e al politeismo.
È che per venire incontro alle capacità mentali di una parte di pubblico sono costretto a censurare alcuni passaggi. Prendiamo per esempio don Luciano Mazzocchi. Dovrebbe andare a nascondersi. Egli è pretenziosamente ancorato alla propria leggenda di prete avventuriero: “mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana… e incontrai una donna anziana che m’offri un pezzo di pane. Non sorrise, però aveva un *profondo sentimento materno sul suo volto* .“
Ecco, Don Mazzocchi è per certi versi agli antipodi dell’amore per il prossimo. Egli è prigioniero del suo ego e non è capace di instaurare una relazione autentica con nessuno.
PS: con “amore per il prossimo” (che può essere un amico o un nemico) intendo quello che si può sentire genuinamente come pietà di sé e degli altri, come comunanza di destino e di natura essenziale (cfr. Friedrich Nietzsche, libro I, Dell’amore del prossimo).
Gennaio 13th, 2015 at 1:06 pm
aa@90
no comment. E il gol della Juve allora, che era in fuorigioco eclatante?!
Gennaio 13th, 2015 at 1:29 pm
Mi dispiace che tu non colga il nesso. L’occidente ha colonizzando mezzo mondo, facendone di peggio dell’Islam. E il punto su cui insisto è che molte delle cose peggiori sono state compiute con giustificazioni, diciamo così “laiche”, per esempio il razzismo era propugnato su basi “scientifiche”, per esempio sulla base del darwinismo. Provo a spiegarmi meglio: mai i musulmani hanno considerato le popolazioni occupate come “non uomini”, sub umani. Infedeli sì, gente da convertire magari sotto minaccia di morte, ma non oggetti o bestia. Questo, caro Doc, l’abbiamo fatto noi occidentali, coi neri, con gli amerindi ecc. Con giustificazioni anche religiose, ma soprattutto scientiste ecc.
Gennaio 13th, 2015 at 1:33 pm
“Con giustificazioni anche religiose, ma soprattutto scientiste”, dovresti esaminare meglio la storia e l’antropologia delle religioni: l’ontologia, la morale, le giustificazioni etiche le dà (da sempre!) la religione non la scienza. Questa poi si accoda soprattutto dove non abbia elementi per fare affermazioni, tipo quella delle “razze inferiori”.
Gennaio 13th, 2015 at 1:34 pm
@mym88: chiedo scusa posso chiedere una spiegazione sul collegamento tra “la messa in discussione aprioristica della propria convinzione” in favore di un comportamento SEMPRE formale ?
grazie
Gennaio 13th, 2015 at 1:38 pm
@HMSX96: forse, e dico forse, il clima iniziale della discussione prescindeva da valutazioni così “singolari”; ma magari ho frainteso, e in questo caso me ne rincresce
Gennaio 13th, 2015 at 1:39 pm
Semplice caro Watson @100: io posso pensare che gli avvocati siano una delle espressioni del male nel mondo, ma quando ne incontro uno ” … gran bella giornata avvocato! Come sta la sua signora?” 😉
Gennaio 13th, 2015 at 1:45 pm
E’ pertinente osservare (a seguire HMSX @ 86/87 e @ 96 con riferumento a mym @ 88) che l’amore per il prossimo, amico o nemico che sia, prende forma, nel civile convivere, nella distinzione fra diritto e giustizia (a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio) e che quando si pretende di far coincidere diritto e giustizia (vedi un’interpretazione giuridica della sharya) non ci sono più né l’uno nè l’altra?
Gennaio 13th, 2015 at 1:51 pm
Non è esattamente il mio terreno: con le leggi, gli avvocati, i giudici ecc. mi trovo parecchio a disagio. Tuttavia penso che nei termini della convivenza civile diritto e giustizia dovrebbero coincidere. Mentre diritto/giustizia e Giustizia dovrebbero rimanere ben separati.
Ma forse volevi dire la stessa cosa.
Gennaio 13th, 2015 at 1:54 pm
Sì, quello intendevo.
Gennaio 13th, 2015 at 2:03 pm
aa@98
Mi spiace che TU non colga il nesso.
O credi che qui nessuno ci abbia mai pensato, che anche i cristiani e/o occidentali (a cominciare dai preti missionari che spesso hanno aperto la strada agli eserciti) sono e sono stati dei bricconcelli?!
“La messa in discussione aprioristica della propria convinzione” (lettura/analisi/appartenenza), “dovrebbe essere un pre-requisito del dialogo” (citazione da HMSX).
Siamo oltre i pre-requisiti.
Gennaio 13th, 2015 at 4:18 pm
In mistica attesa del 108, un momento di relax http://www.stefanodisegni.it/Vignette.aspx?comicID=464
Gennaio 13th, 2015 at 5:25 pm
Me lo becco io, il 108!
Contrordine compagni, non sparate! il gol della juve era regolare. C’era Caio che teneva in gioco quel tizio e però il guardalinee aveva la congiuntivite e sua mamma da piccolo lo spiava quando andava in bagno a farsi le …..
Gennaio 13th, 2015 at 5:27 pm
Doc più invecchi e più mi diventi fiòlo… 😛
jf @107 Niente male il relax, grazie.
HMSX @96: non vale, ora mi dovresti spiegare che cosa c’entra Cesare…Lo sai che di Mazziniegaribaldi ne so pochino…
Non ci crederai, o forse sì: le cose che scrivi di Luciano gliele dico da quasi trentanni. Temo che restar prigionieri del proprio io sia inevitabile per i cristiani che pensano di aver realizzato il cristo. Non son più io che vivo ma cristo che vive me, e alé…. Tra l’altro lo dice pure Thomas Merton ne “Lo zen e gli uccelli rapaci”, uno che l’ambiente lo conosceva molto bene.
Per non farmi mancare nulla ho postato anch’io un commento sul blog di Luciano…
Gennaio 13th, 2015 at 7:31 pm
@ 99: questa è una tesi che resta da dimostrare IMHO
@ 106: non capisco bene cosa tu intenda con quello che scrivi. A me sembra, ed ho portato diversi argomenti, che ci sia in opera una colossale opera di rimozione di quanto è avvenuto storicamente, e che vi siano spesso letture molto unilaterali. A me sta bene, per dirti, che si chieda ai musulmani di smarcarsi, di prendere le distanze, di fare tutti i distinguo rispetto agli atti terroristici ecc. Ma non è questo uno scotomizzare le nostre di colpe? E non ti parlo solo del passato, ma rispetto a quanto sta suggedendo oggi nel mondo? Non dovremmo, mentre esigiamo questo da loro, anche fare noi un passo nella stessa direzione, riconoscendo le nostre di colpe, passate e presenti? Altrimenti è troppo comodo
Gennaio 13th, 2015 at 10:10 pm
Ciao aa
in @78 intervenivo alla ricerca delle “radici” di certo ‘buonismo’ di cui altri avevano parlato.
Del questionare chi tra i cattivi è più cattivo del cattivo, me ne importa davvero molto, molto poco. Mi sembra una disputa da bar sport. Irrilevante.
Una cosa forse posso dire; l’islam, dopo una decadenza secolare, ha visto il definitivo tramonto con la prima guerra mondiale ove, se non erro, si era schierato con la Germania. Ha perso. Tutto lì.E non si è più ripreso. Ma, ripeto, non è materia di mio interesse.
Semmai mi stanno a cuore altri argomenti, di cui se hai piacere ti posso parlare a seguito.
Gennaio 13th, 2015 at 10:12 pm
Quello che mi ha stupito di più nella reazione di Luciano – e temo non sia un caso così isolato – è l’avversione che traspare limpida per lo strumento umoristico (in cui rientra la satira) come veicolo di dialogo.
Certamente l’umorismo satirico può essere aggressivo e può ferire. Inoltre può essere ben riuscito o mal riuscito. Può piacere ad uno e dispiacere ad un altro, può suscitare risentimento e rabbia. Come ogni linguaggio; come una predica in chiesa, una sacra scrittura, un editoriale o un libro.
L’umorismo ironico è per sua natura un linguaggio non letterale, ma che può anche avvalersi di (poche) parole.
Tanta avversione, ampiamenta diffusa nel mondo mussulmano e non solo, in ogni dittatura, in ogni situazione in cui il dominio dell’uomo sull’uomo non voglia essere messo in discussione, deve avere una ragione esplicitatbile.
Gennaio 13th, 2015 at 10:12 pm
Credo che questa ragione vada ricercata nella particolarità del linguaggio umoristico, che parla a tutti con immediatezza; come dice Francesca Paci oggi su La Stampa anche ‘in paesi con tassi di alfabetizzazione non altissimi parla.. una lingua comprensibile a tutti.’
Non c’è scudo culturale che tenga di fronte all’immagine umoristica, alla struttura antifrastica, al paradosso, alla caricatura e perchè no?, al sarcasmo. Il gap culturale è azzerato, la contraddizione salta agli occhi con tutta evidenza.
Ma c’è dell’altro: l’ironia fa da specchio, ci costringe a guardarci ed a riconoscerci, non più protetti dal linguaggio interiore che subito prende le difese dell’io aggrappandosi ai cardini su cui abbiamo edificato la nostra personalità, il nostro personaggio, il nostro ruolo.
Gennaio 13th, 2015 at 10:13 pm
Questa funzione liberatrice ci obbliga a ri-conoscere le nostre difese, i nostri dogmi, le nostre convinzioni e le idee fisse riguardo noi stessi ed il mondo:e riconoscerli per quello che sono. Creazioni, proiezioni mentali. O maschere. Maschere che indossiamo di fronte a noi stessi ma soprattutto di fronte agli altri.
Ecco perchè di fronte all’ironia o all’umorimso satirico ognuno di noi si sente nudo e vulnerabile.
Ma cosa di meglio c’è, in funzione di una sincera volontà di dialogo, che il ritrovarsi nudi entrambi i contendenti, riconoscerci per quello che siamo, miseri animali pensanti ed impauriti che si rivestono di piume per sembrare più grandi di quel che sono?!
L’ironia satirica toglie, spoglia. Rende umili gli uomini di buona volontà. Ed è invisa a chi pretende di essere preso sul serio nel suo ruolo rigido, importante, imprescindibile.
Gennaio 13th, 2015 at 10:19 pm
Una vignetta azzeccata dice a volte più di un libro: dice di più perchè il libro lo fa scrivere al lettore stesso, stimolandone il cuore e l’intelletto cui ha sottratto alibi e difese.
Gennaio 14th, 2015 at 12:40 am
“Le satire di Charlie Hebdo sull’Islam (parliamo di queste perché sono l’argomento del momento), al di là di tutte le parvenze, a che cosa rendono culto? Che cosa è che è incensato da quelle satire contro l’Islam? Che cosa si vuole raggiungere?”
Così dice ad un certo punto Luciano. Mi sono chiesto in questi giorni cosa diamine volesse poter dire. Ora l’ho capito, credo, e la risposta è qui sopra. Ma se prima non si toglie i paramenti, gli incensi ed i culti dalla testa, temo che lui non la possa capire.E neppure tu.
Gennaio 14th, 2015 at 1:09 am
Mi scuso per ever abusato dello spazio.
Gennaio 14th, 2015 at 9:10 am
Prego, prego.
Più si è tronfi e più una battuta smonta. E perciò la si teme.
“struttura antifrastica” non l’avevo mai sentito.
Gennaio 14th, 2015 at 12:09 pm
@giorgio, 101
Le grandi questioni, dio, morte, guerra etc, hanno il potere di generare grandi inquietudini. Oggi, quando tecnologia e informazione ci consentono di riunirci in sterminate piazze virtuali per discutere delle nostre paure, il fenomeno si amplifica e assume delle declinazioni suggestive.
Ai tempi d’oro di internet la tolleranza era più forte. I forum erano comunità specifiche dove c’era una comune base culturale e valoriale, quindi la differenza di opinioni era più ristretta. Con i socialnetwork il dialogo è diventato impossibile perché fb o twitter vivono di dinamiche tribali (il clima si scalda presto, le opinioni divergenti vengono isolate attraverso il sistema dell’indifferenza ostile – ciao don Luciano! – e si finisce per essere bannati).
Se il dialogo si protrae nel tempo, è necessaria una base larga di tolleranza e incompatibilità, e soprattutto che i dialoganti siano disposti a mantenere una cortesia e una lucidità di lettura e argomentazioni non comuni. Questo è molto più raro, però è possibile. L’internet, però, in questi casi, non è il luogo adatto; un whisky allo stesso tavolo mi sembra per esempio un ambiente più idoneo. 😉
Gennaio 14th, 2015 at 12:11 pm
@mym, 102, 109
Il discorso sulla filosofia del diritto è complesso, soprattutto… è lungo! Si può dire che una norma è valida anche se è ingiusta. Si pensi alle leggi razziali.
Per i masochisti amanti delle letture ultraspecialistiche rimando a Hans Kelsen, Il problema della giustizia, Torino, Einaudi, 1998; Lo Stato come Superuomo. Una risposta, Torino, Giappichelli, 2002.
Ne “Il problema della giustizia” – pubblicato originariamente nel 1960 come appendice alla seconda edizione di La dottrina pura del diritto – Kelsen elenca analiticamente le varie teorie della giustizia, asserendo la relatività del concetto di giustizia e respingendo quindi le teorie che, fondandosi su un diritto naturale, propongono un certo valore di giustizia come superiore agli altri. A questo relativismo nella ricerca scientifica non corrisponde tuttavia l’indifferenza, l’apatia nella vita pratica: infatti sostenere il relativismo nella teoria giuridica significa lottare per la tolleranza, che è il valore su cui si fonda la democrazia” (quarta di copertina).
PS: l’ Unione Giovani Avvocati Italiani (UGAI), ha deciso di denunciare Luciano Ligabue perché offesa dalla strofa “Avvocati che alzano il calice al cielo sentendosi Dio” della canzone Il muro del suono (2014). Assurdo. Tutto ciò è davvero intollerabile. 🙂
Gennaio 14th, 2015 at 1:57 pm
Ai giovani avvocati italiani consiglierei di iscriversi davvero all’UGAI 😉
Sul fatto che una norma sia legittima ancorché ingiusta concordo. Purché il sistema preveda la possibilità di aggiornare le norme per adeguarle al giusto (del momento, dell’acquisizione scientifica, dell’evoluzione dell’etica condivisa…).
Su giusto e sbagliato ci si può far venire il torcicollo: non è giusto che Charlie pubblichi vignette come quelle, è giusto lasciargliele pubblicare ecc. ecc.
Gennaio 14th, 2015 at 2:11 pm
Ho letto Alessandro Robecchi (“Tra un imam e un sacerdote…”) in chiaro sul sito del Fatto Quotidiano di oggi. Forse vale la pena di dargli uno sguardo.
Gennaio 14th, 2015 at 2:16 pm
A proposito, mi sembra anche che l’ultima parola – o l’ultimo silenzio – forse spetti un po’ anche alle vittime. Per es. l’ormai celebre vignetta di apertura di oggi di “Charlie”, anch’essa ovunque, vale (più di) uno sguardo.
Gennaio 14th, 2015 at 4:59 pm
Sì, peccato sia incomprensibile per … coloro ai quali è realmente diretta. Ma non importa.
Gennaio 14th, 2015 at 5:06 pm
Se è per quello, temo sia incomprensibile anche per la maggioranza di quelli dell’altra parte…
Ma… sì, non importa.
Gennaio 14th, 2015 at 5:53 pm
Prima grana (post-Charlie) per la libertà senza se e senza ma
Il nodo politico penso stia proprio, come indicato da MYM e JF, nel rapporto tra Giusto e Legale(giustizia), o, come pensato da J.Habermas, tra (senso del)Bene e giustizia: è solo nel riconoscimento reciproco e nel rispetto delle identità (ciò che vale per me/noi) che si possono trovare forme possibili di convivenza. Nel confronto pubblico, le proposte che si coagulano nelle norme condivise (costituzioni) devono riconoscere anche i limiti della possibile realizzazione pratica di ciò che è bene per me/noi, a favore di una convivenza meno ingiusta possibile per entrambi.
Gennaio 14th, 2015 at 6:14 pm
Avevo notato. Anche Charlie aveva cambiato varie volte nome perché chiuso almeno tre volte dalla magistratura.
Secondo me c’è una differenza: nel caso di Dieudonné alla satira si mischiano parecchie altre cose, alla rinfusa: stupidità, voglia di far quattrini sfruttando la provocazione e, più grave, far di ogni erba un fascio. Da qualche parte un limite va posto. Una volta che un’auto parcheggiò in modo che non potevo uscire di casa chiamai la polizia: prima e unica volta, ad oggi. Il rischio di banalizzare il male/terrorismo non è da sottovalutare. I fessi in circolazione sono troppi e a causa di una frase infelice il rischio che qualcuno si metta a sparare esiste. Meglio non correrlo e legare Dieudonné, purtroppo.
Gennaio 14th, 2015 at 6:54 pm
A proposito di fessi. Abbiamo già offerto in olocausto Peppa Pig.
Pensate che basterà a farci perdonare?!
Gennaio 14th, 2015 at 6:59 pm
E la peppa!
Fra un po’ toccherà mangiare il persiutto di nascosto…
Je sui Peppà!
PS: complimenti per la citazione occulta del nuovo Charlie. Be’, fra voi vignettisti… si sa!
Gennaio 14th, 2015 at 7:10 pm
Salve a tutti, mi permetto di intervenire in modo un po’ scollegato dall’andamento della discussione per sottoporvi un mio dubbio.
Citazioni tratte dall’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo:
Frase 30: “Prima di esprimere il proprio dissenso ci si accerti se l’altro è disposto a recepirlo o no”
Frase 32: “Come si può correggere qualcuno svergognandolo?”
Senza stare qua a discutere sul valore o meno del testo in questione, personalmente trovo piuttosto sensati questi due consigli.
Nel senso: se io critico e pungolo una persona su un punto che so essere delicato sapendo che la critica verrà immediatamente rigettata senza alcuna elaborazione, l’unico risultato a mio avviso possibile è un inasprimento del conflitto tra me e l’altro e un radicamento ancora meggiore dell’altro nelle certezze che io metto in discussione.
Non ne so abbastanza per citarlo, ma mi pare che anche Dogen dica una cosa del genere (onestamente non mi ricordo dove): meglio fare arrivare la critica nel modo più indiretto possibile in modo che abbia maggiore possibilità di non venire fermata dalla “censura” dell’altro e che possa così penetrare in profondità.
Quello che personalmente non capisco è il senso di una provocazione fatta solo per il gusto di provocare, senza (mi pare) la minima traccia di compassione.
Senza cioè l’intento (magari presuntuoso) di aiutare l’altro a vedere dove si è incagliato.
Con questo non voglio assolutamente giustificare le uccisioni che ci sono state o negare la libertà di espressione, però quello che mi chiedo è quale sia l’intenzione che “guida” una persona a fare “quel tipo” di vignette satiriche.
La compassione per l’altro o il disprezzo per la (presunta) ingenuità altrui?
Gennaio 14th, 2015 at 7:20 pm
Bentornato Fago. Nel post che stiamo commentando, le vignette di Charlie sono definite “cretine”.
Perché? Non penso che i redattori di Charlie fossero/siano dei cretini, ma molte delle loro vignette me lo sembrano. Penso che per loro esistano dei valori, idee, punti di vista che per essere capiti richiedano tempo e frequentazione. Ma, al momento, preferisco impiegare altrimenti ambedue.
Però vorrei che Charlie non fosse ucciso.
Gennaio 14th, 2015 at 7:51 pm
Guardando un poco più profondamente al perché implicito nel tuo post, perché facciamo le cose che facciamo? Penso che nella vita delle persone, di tutte le persone, vi sia il desiderio come molla principale. Sino a che non entriamo in profondità nell’opportunità o meno di seguire questa molla, possiamo distinguere solo tra desideri più o meno innocenti, più o meno “nobili” ma non usciamo dal vortice. Per uscire occorre non solo una scelta di fondo sul piano intellettuale ma fattuale. Occorre imparare a vedere da che cosa nasce il desiderio. Sino a che non mettiamo “le mani” in quel punto i conflitti saranno inevitabili: prima o poi i tuoi desideri confliggeranno con i miei.
Gennaio 14th, 2015 at 8:01 pm
mym 129
sono un po’ tardo di comprendonio, lo sai.
Mi spieghi il PS?!
Gennaio 14th, 2015 at 8:07 pm
Mi pare ci voglia discernimento a distinguere due ambiti e tenerli separati: una cosa è la critica della e alla satira, una cosa è la pretesa di farsi giustizia da sé, magari in nomine domini. Se ben ricordo, non siamo partiti con questo blog per discutere di satira, se si deve dare dei limiti, se deve avere solide giustificazioni teoriche o, per dirla con don Luciano dietro le quinte, a chi rende culto (satiricamente vien la tentazione di rispondere facendo cadere la t 🙂 ). E’ un argomento interessante, io penso che il limite lo diano le leggi vigenti nel paese dove la satira si esprime, la quale può essere trasgressiva e violarle e ne prende le conseguenze (finché la legge non cambia). Infatti Charlie era subissato di querele.
Però qui si cercava, mi pare, di riflettere se e come una concezione religiosa monocratica e monotestuale fornisse un alibi “divino” alla pretesa di esercitare potere di (stile di) vita e di morte su tutti gli umani, anche quelli che non partecipano di quel credo. Secondo me è follia criminale ammazzare qualcuno perché scrive o disegna cose che offendono quel credo, quale che sia il livello dell’offesa (e anche cercare di impedirglielo con la forza che non sia quella della legge vigente dove pubblica).
Mischiare i due piani con discorsi tipo “però hanno esagerato”, “a chi giova”, “mancano di compassione”… è un errore metodologico grave ed equivale all’anticamera della giustificazione del delitto: non ci si dovrebbe neanche mettere un piede.
Oggi un rappresentante del governo iraniano ha ufficialmente deprecato la pubblicazione della copertina del nuovo numero di Charlie (mym @ 124 – come volevasi dimostrare) in quanto foriero di nuovi turbamenti e tensioni. Questi sono fuori di testa, come si permette un governante di uno stato di criticare una rivista privata (non un organo di stampa ufficiale) pubblicata in un altra nazione per quello che pubblica? Non gli piace? Temono che fomenti…? La ignorino, e si facciano i charlie loro. La malafede è evidente.
Gennaio 14th, 2015 at 8:45 pm
Doc @ 133: nooo, dovevi far finta di aver capito, mannaggia!
Comunque: la nuova copertina di Charlie mostra un Maometto piangente con la scritta “tout est pardonné”, tu parlavi di “perdonare”: bastava fare due più due…
Ma voi vignettisti siete imprevedibbbili, si sa! 😀
Per concludere, per ora, il “discorso” @ 132: questo è perché ho identificato il (mono)teismo come base di un male profondo della nostra società. Se io ritengo che una via religiosa debba essere in qualche modo (sia come via dell’amore, della sottomissione o via di Buddha) l’uscita dal mondo del desiderio, postulare l’unico vero dio, è porre un oggetto di desiderio non solo fortissimo ma legittimato proprio da chi dovrebbe condurmi oltre la porta stretta. Non solo non mi ci conduce ma mi radica qui, a discettare secondo i miei desideri su che cosa vuole e non vuole quel dio che non è altro che un sogno di potere. In nome del quale posso essere legittimato a qualsiasi nefandezza perché “dio-io” lo vuole.
E tutto questo non è negare Dio.
Gennaio 14th, 2015 at 9:09 pm
Si effettivamente il mio intevento va fuori tema, mi scuso.
In realtà mi sono accorto che quello che volevo esprimere era solo la mia parplessità nel vedere come le persone uccise siano considerate quasi “martiri per la libertà”, visto che, dal mio punto di vista, la Libertà ha a che fare oon il lavorare appunto sulla “molla” e vederne chiaramente le implicazioni.
Ma qui si va ancora più fuori tema.
Onestamente non capisco bene l’errore metodologico. Quello che mi verrebbe da rispondere è che se la mia osservazione si rivolge a persone che (presumo) non andranno ad ammazzare nessuno dicendo che il buon Padre gli ha mandati in sua vece per estirpare il male dal mondo non vedo il problema.
Poi se questo blog è frequentato anche da attivisti di Al-Qaeda allora in quel caso sono d’accordo 🙂 Per dirla in breve: l’errore metodologico dipende a mio avviso più dal contesto in cui viene pronunciata\scritta la frase che dalla frase stessa
Gennaio 14th, 2015 at 9:42 pm
A me non pare tu fossi fuori tema, sia perché qui si fatica sempre a definire o mantenere un tema, sia perché hai riportato le cose verso un tema religioso.
Poi le opinioni… appacchi!
Gennaio 14th, 2015 at 10:14 pm
Penso che l’idea di “libertè” corrisponda più o meno con l’idea di libertà di desiderare e di soddisfare i desideri. E’ evidentemente una idea ‘mondana’.
Questa idea è mitigata da leggi e regole codificate nel tempo per evitare che l’idea di libertà sconfini nel campo del sopruso e della sopraffazione. In questo senso, a mio avviso, funzionicchia: e comunque non vedo idee o proposte migliori, in giro per il mondo.
Poi c’è il desiderio come terra d’azione dei Buddha, ove i termini cambiano di segno e di significato e dove a volte è opportuno “correggere qualcuno svergognandolo” (la letteratura zen mi pare rechi non pochi esempi), altre volte no.
Sembrerebbe ovvio che i due piani vanno mantenuti distinti; se non fosse che la sfera d’azione dei buddha è questo stesso mondo.
Gennaio 14th, 2015 at 10:20 pm
mym 135
Che mi frega di Charlie!? perchè mai avrei dovuto vedere la nuova copertina?! 🙂
Gennaio 14th, 2015 at 11:04 pm
@135: solo una curiosità: se al posto di “postulare l’unico vero dio” si scrivesse “postulare l’esistenza di nirvana e samsara come due condizioni\luoghi\stati distinti”, secondo me la frase avrebbe ancora senso.
Quindi, pensavo, il problema non sta forse nel supporre esistente un qualche dio, ma in qualcosa che non saprei bene come definire. Forse semplicemente “assolutizzare il proprio pensiero\mondo”. Che poi il (mono)teismo sia la forma attualmente (e non) più diffusa e comoda per assolutizzare il pensiero non ci piove penso. Ma non capisco perchè considerarlo come IL problema (sempre che io non abbia frainteso) quando non è che una conseguenza della presunzione di sapere cosa sia il Bene e cosa sia il Male.
Gennaio 14th, 2015 at 11:57 pm
@140: sono d’accordo. Salvo sul fatto che il teismo sia in assoluto la forma più diffusa e comoda per questa operazione. Forse lo è ancora numericamente, a livello globale, ma oggi sul marcato ci sono diverse varianti, ad esempio quella basata sulla scientismo o sull’economia.
Gennaio 15th, 2015 at 12:30 am
@140
Per restare in tema di umorismo, ricordo una vignetta su un qualche settimanale, in cui uno diceva ad un altro, indaffarato con le pratiche di ufficio: “Cosa cercate, cosa volete realizzare voi buddisti?”
L’altro rispondeva: “Il Nirvana!”
E il primo: “N i r v a n a! 7 lettere verticale. Grazie!”
Gennaio 15th, 2015 at 9:28 am
Fago 135@: qualsiasi postulato religioso, per minore che sia, contiene idolatria (anche il postulato del non-postulato). Svolge, nel suo ambito-dimensioni, le stesse funzioni di catalizzatore del desiderio del “monocoso” (cfr. l’illuminazione in molti centri zen). Non solo, ma “postulare l’esistenza di nirvana e samsara come due condizioni\luoghi\stati distinti” oltre ad essere errato secondo l’esperienza (cfr. Mulamadhyamakakarika 25; 19-20… e più non dimandare) di postulati ne porta addirittura due: quello cattivo, il samsara, da fuggire e rifiutare e il nirvana da cercare, afferrare, possedere. Due problemi in uno, un ottimo inferno se è quello che volevi.
Aa @142: Il monocoso è molto più pericoloso (mai sentito di guerre o attentati terroristici in nome della costante di Planck sbeffeggiata dagli antiscientisti?) in primo luogo perché è il Nemico travestito da Amico e poi perché va a toccare corde infinitamente più profonde e delicate dello scientismo e dell’economia. Difficile immaginare le brigate Draghi che danno l’assalto alla Bundesbank …
Doc143@: spero che con questo tu non intenda affermare che il nirvana non esiste o che è una bubbola… 🙁
Gennaio 15th, 2015 at 9:57 am
Ciao Mym, io sono d’accordo su tutto il discorso che hai impostato, tranne che su questo punto; tutti gli esempi che ho portato, che forse sembrano non c’entrare una mazza col tema servono per questo. Considera per esempio, gli scempi che vengono compiuti perchè “lo vogliono i mercati”-come se si trattasse di volontà divina. Oppure, torno a dirti, tutte le nefandezze compiute in nome del “progresso”, sia nella variante socialista, sia in quella capitalista. Secondo me, di brigate Draghi ce ne stanno eccome e di nefandezze in giro per il mondo ne fanno a iosa, giustificandole sulla base di una supposta necessità di tipo economico. Guarda anche soltanto, semplicemente, le devastazioni che fa questo tipo di mentalità in Europa, dove di fatto siamo diventati incapaci di prendere decisioni sul nostro futuro perchè sennò “si alza lo spread”- se ci dicessereo che “lo vuole dio” ci faremmo quattro risate e li manderemmo a farsi f…. Secondo me, a partire dal 700-800 e poi in misura sempre maggiore col tempo “dio” è stato sostituito da un altro idolo, un Moloch ancora peggiore, che c’ha le sue cattedrali, anche imponenenti, ed un suo culto. Solo che facciamo più fatica a vederlo, perchè ci viviamo dentro. Ed è anche più difficile da sbeffeggiare/prendere per il culo perchè è informe, non riesci a dargli un volto.
Gennaio 15th, 2015 at 10:45 am
Aa @144 Va bene va bene, la tua idea non te la tocco più (ma occhio che prima o poi fa infezione): al monocoso della religione abramitica aggiungiamoci quello del mercato, uno più uno meno il senso non cambia.
Però -non vorrei sembrarti pedante- se leggiucchi Canetti (Massa e potere, in particolare) vedrai che capitalismo, mercato, religione della crescita ecc. nascono da ebraismo e protestantesimo, con la benedizione -almeno sino a Francesco, ora vedremo- del cattolicesimo.
Per me il monocoso è tale in qualsiasi ambito. Se lo trovi nel modo di ragionare di tua suocera… è altrettanto (di più?) nocivo che nella predica della messa.
Almeno la predica non l’ascolta più nessuno… 😉
PS: fai solo attenzione a non cadere nel ben’altrismo. Forma infantile del “mo’ te lo spiego io come stann’ ‘e cose!”
Gennaio 15th, 2015 at 11:25 am
Sì sono d’accordo che è stata un evoluzione a partire dal giudeo cristianesimo, ma ora si è per così dire resa indipendente, non gli serve più l’appoggio religioso- non necessariamente. Eppoi è prevalente anche nelle parti del mondo dove le religioni semitiche non hanno mai fatto presa, India, Cina, giappone.
Il mio laptop si rifiuta di fare la g maiuscola…
Gennaio 15th, 2015 at 12:03 pm
Purtroppo non c’è solo Charlie. E l’Arabia non è la Francia.
Gennaio 15th, 2015 at 1:04 pm
mym @143
spero che tu con questo non voglia affermare che il Nirvana esiste ed è ontologicamente postulabile come condizione\luogo\stato distinto (da samsara).
Nè che con la storia di Charlie tu abbia perso il senso dell’umorismo – che non a tutti e non in tutti i momenti ‘parla’ alle persone allo stesso modo.
Gennaio 15th, 2015 at 1:04 pm
Se dobbiamo essere discorsivi, anzichè intuitivi, dico che ‘Nirvana’ è parola che esprime una idea-forza, una direzione; ovvero un mezzo abile, un giocattolo offerto dai Buddha per far uscire i bambini dalla casa che brucia.
Considerarlo un coso, lì, su cui l’ego può mettere le mani in premio ai propri sforzi o di cui può appropriarsi in altri modi … beh, allora mi pare idolatria. E pure pericolosa. Un altro Dio, effettivamente, come in fago@140, manipolabile dal primo fanatico che passa.
Gennaio 15th, 2015 at 1:45 pm
@ 148-9: non mi limiterei ai fanatici. L’idolatria (monoteismo nella sua espressione più potente) agisce (può agire) in tutti. L’idea fissa da cui non ti stacchi ti fa idolatra, ma non per questo sei un fanatico. Rompipalle, magari, ma non fanatico.
Il problema non è se il nirvana esista o meno, quello non è in discussione. Il problema è pensare, credere che esista. Da cui discende che è così o cosà. Magari come un’idea forza, un mezzo abile o un giocattolo 😛
Spero di non aver perso il senso dell’umorismo. E qualche volta rido anche ai funerali. Ma ai funerali penso sia meglio non ridere.
Gennaio 15th, 2015 at 5:13 pm
Doc @ 148: sono molto d’accordo col fatto che l’umorismo non a tutti e non in tutti i momenti ‘parla’ alle persone allo stesso modo. Certe battute/vignette non le capisco e alcuni non capiscono le mie battute. Ci sono poi persone prive (per nascita o per scelta) del senso dell’umorismo. Mi paiono così strane da considerarle “sbagliate”, almeno un po’. Non bisognerebbe pensare così, però. Addirittura a volte penso che un prete (di qualsiasi religione) privo di senso dell’umorismo possa essere una persona pericolosa.
Gennaio 15th, 2015 at 6:20 pm
Proprio così, mym. Ci sono anche battute/vignette che magari lì per lì non dicono nulla e sembrano banali, e poi invece ti girano in testa ‘lavorandoti’ in profondità.
Dipende dal momento-pensiero che stai attraversando e da mille altri fattori non facilmente scrutabili.
Come è successo a me allora, con quella ‘sciocca’ barzelletta che ho voluto offrire all’amico Fago.
Certo, ci vuole una certa disponibilità a ‘lasciarsi lavorare’, cosa che molto spesso manca a chi è ‘sprovvisto’ del senso dell’umorismo.
Trovo che molte storielle zen, o koan, siano delle vere e proprie scenette umoristiche.
Gennaio 15th, 2015 at 9:09 pm
L’amico fago ringrazia, devò però confessare che ci ho messo un attimo prima che la cosa mi parlasse. Ora siamo già a “qual è il tuo gusto di gelato preferito” 🙂
Gennaio 16th, 2015 at 9:13 am
Fago sei un birbante! 😉
Ma c’è una cosa che voglio asssssolutamente scrivere ora: I N C R E D I B I L E ! Ieri, il Papa, intervistato sui fatti di Parigi, dopo averci dispensato due chicche di saggezza ineffabile: non si deridono le religioni degli altri e non si uccide in nome di Dio, (parola di esperto… Comunque Ashoka -altro esperto- 2300 anni fa l’aveva detto meglio) per spiegare la dinamica vignette-massacro ha detto: “se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma (lo abbraccio e lo perdono? Noooo! Porgo l’altra guancia? Noooo!), si aspetti un pugno!!!”. Me tuccu se ghe sùn!
Vabbe’ che il Bergoglio, lì, viene dalla Patagonia, ma prima di farlo Papa potevano almeno fargli leggere un po’ di Vangelo… 😛
Per fortuna che almeno alcuni filo- muslim son più evangelici del Papa…
Per chi ha tempo e voglia sarà interessante leggere, in francese, i commenti all’articolo linkato.
Gennaio 16th, 2015 at 10:58 am
Siamo noi che non avevamo letto bene, abbiamo frainteso, l’aramaico è ambiguo, in Patagonia lo parlano ancora e dunque, vai con la pataesegesi : il Vangelo non dice “se qualcuno ti colpisce, porgi l’altra guancia” dice “quando colpisci, non dimenticare di menare anche l’altra guancia!” La sortita pone però gravi problemi teologici: se l’offesa a Dio (quello mono) equivale all’insulto alla mia mamma, siccome un altro papa ha detto che Dio è madre, trattasi di monomamma, madre di tutti. Ma allora, se uno dice i nomi a mamma mia, devo intender che dà a tutti dei fiji de ….? Sai che pestaggio!
Gennaio 16th, 2015 at 11:41 am
La monomamma del monocoso… Gesù vieni presto a salvarmi! 😯
Gennaio 16th, 2015 at 11:49 am
Per chiarezza: non vorrei che vi fosse chi pensa che cogl….are il Papa sia irridere alla religione, eh! 😎
Gennaio 16th, 2015 at 12:40 pm
Absit iniuria verbis! E poi, il Papa ha fatto tutto da solo… 🙂
Gennaio 16th, 2015 at 12:46 pm
E pensare che è un gesuita…
Non ci sono più i gesuiti di una volta! 😀
Gennaio 16th, 2015 at 1:36 pm
A proposito di gesuiti, voici les français…
Gennaio 16th, 2015 at 3:47 pm
La Cina ha condannato duramente l’accaduto…evidentemente si può essere contemporaneamente contro il terrorismo (altrui) e promotori della censura. Un quotidiano cinese pare abbia lodato la censura perchè tutela le minoranze etniche e religiose ed assicura la convivenza civile!
Gennaio 16th, 2015 at 4:19 pm
Ho letto il discorso di Bergoglio, e mi sembra chiaro che lui intendesse dire che è sbagliato provocare, andare a toccare dei tasti talmente delicati e profondi da poter suscitare una reazione violenta. Potrebbe anche essere intesa come una forma di amore verso l’altro: io non voglio che tu commetta il male, quindi evito di metterti in una situazione per cui tu sei costretto a farlo. Se tu insulti mia mamma io non ti do il pugno però IO non insulto la tua perchè so che potrei provocare quella reazione. Non mi sembra in contraddizione con il Vangelo
Gennaio 16th, 2015 at 4:47 pm
Tu ti sei bevuto il cervello, fratellino. Bergoglio ha detto che se tu insulti sua madre lui ti dà un pugno! Ha fatto un caso personale citando una persona del seguito, lì presente. Siccome non mi capacitavo ho ascoltato due volte tutta la registrazione. Non ha detto, parlando in generale, “se insulti la madre di una persona che non crede al vangelo ed ha una natura violenta potrebbe darti un pugno”. Abbiamo (avete, va!) un Papa che enuncia il vangelo di Mike Tyson invece di quello di Gesù Cristo e siete così intronati che gli tenete bordone. Non solo: se segui la sua logica, è come se avesse detto “quelli di Charlie, ammazzarli no, ma se una squadraccia gli avesse dato una ripassatina ci poteva anche stare”.
A quel povero Dieudonné l’han legato per molto meno.
Gennaio 16th, 2015 at 4:58 pm
A ripensarci, il discorsetto di Francesco è tale e quale a quello di Luciano. Non è la sbandata di un prete un po’ in là con gli anni che ci tiene ad essere sempre presente in ogni occasione anche quando sarebbe meglio tacesse. L’evoluzione di una certa parte del modo di pensare cattolico, evidentemente, porta in quella direzione.
È desolante.
Gennaio 16th, 2015 at 5:32 pm
No io ho letto una sbobinatura su “iltempo”, dalla quale mi sembrava che il senso fosse quello….ma tu dici che ascoltando si capisce che lui intende dire “state attenti a non toccarci perchè sennò”…mi sembra incredibile
Gennaio 16th, 2015 at 5:39 pm
No, non è minaccioso, è giustificazionista. Te lo ripeto, lui dice “se insulti mia madre ti meno”. E siccome l’argomento è l’insulto alla religione, e il discorso della mamma lo tira fuori (spero) per fare un esempio di un tema delicato, ciò che diventa la somma delle sue parole è “se mi dileggi prendi legnate”. Ripeto: non ha detto “occhio che ci sono dei senza dio così coglioni che se gli tocchi la madre o maometto ti possono sparare”. Anche perché non c’è bisogno di dirlo: è quello che succede normalmente. Ha detto: “(persino io) se mi insultano la madre meno!” Da un faro del cristianesimo ci si aspetta un’indicazione molto ma molto ma molto diversa.
Gennaio 16th, 2015 at 6:03 pm
A questo punto propongo di fare papa il Dalai Lama, che tanto è esperto del ramo. Visti i suoi commenti sull’accaduto mi pare rappresenti meglio i valori cristiani. Ma più che altro è cerebrato
Gennaio 16th, 2015 at 7:38 pm
E’ proprio così, mym @ 164, i due discorsi sono identici, nello spirito e nella forma, e non per caso: talis filius…
Gennaio 16th, 2015 at 7:57 pm
A prima vista sembrava una sbandata, una gaffe dovuta a mania di protagonismo da rock-star – anche Gramellini ad es. l’ha dapprima vista così.
Ma riflettendo:
1- da un papa uno si aspetterebbe una certa attenzione alle parole
2 – se si accetta la libertà di sfottere Buddha, Shiva e Maomeotto, vuoi vedere che tocca accettare anche gli sfottò a Cristo e alla chiesa (sottile ragionamento gesuitico)
2+1=3 sapeva quel che diceva. Forse non aveva neanche bevuto.
Gennaio 16th, 2015 at 8:03 pm
Personalmente gente che minaccia pugni a chi offende la mamma, li ho incontrati solo nei peggiori e malfamati bar dei vicoli (anche se a Caracas non sono mai stato).
Non ho mai visto qualcuno che davvero lo facesse, neppure dopo il decimo amaro.
Gennaio 16th, 2015 at 8:06 pm
Ma che ha detto il Dalai Lama?!
Gennaio 16th, 2015 at 8:57 pm
Che ha detto il Dalai? Ma, qualcosa avrà pur detto…
Speriamo che pure lui non si metta a fare discorsi da bar con la scusa che è il Dalai.
Ps: il papa è argentino e caracas è in venezuela. Carramba!
Gennaio 17th, 2015 at 12:47 am
Non risponde alla domanda iniziale della discussione, ma mi sembra da non scartare a priori il tentativo di sfuggire alla logica dell’aut-aut.
Non mi sembra neppure apologetico.
Magari sbaglio, ma spero di non irritare nessuno.
http://www.huffingtonpost.it/ida-dominijanni/la-misura-di-francesco_b_6483100.html?utm_hp_ref=italy
Gennaio 17th, 2015 at 9:09 am
Grazie Giorgio. Non dev’essere un gran cristiano l’articolista. In pratica accoglie la proposta del vangelo di Mike Tyson in alternativa allo stragismo. A me pareva che il vangelo di Gesù dicesse una cosa diversa.
Da un papa mi aspetto che parli di religione non di sociologia: che le provocazioni possano generare risposte violente lo sa anche la casalinga di Voghera (lunga vita!), che un pugno non sia paragonabile a una strage è l’avventurosa scoperta dell’acqua calda. Se la proposta di Francesco era su come dovrebbero reagire i cristiani (e tutti i religiosi del monocoso) alle provocazioni, dovrebbe togliersi lo zuccotto e -come dice Doc- tornare al bar Caracas.
Gennaio 17th, 2015 at 9:14 am
@167, 171, 172 finalmente abbiamo la dichiarazione del Dalai: ha il pregio di essere breve.
Gennaio 17th, 2015 at 10:19 am
@175:ciao mym. Come sai, ho smesso da tempo di aspettarmi che un papa parli di religione (figuriamoci di fede). Noto che anche il Dalai Lama, se leggo bene, parla di filosofia. Parlano le istituzioni, mentre tu ti aspetti molto di più.
Concordo con il pregio della brevità e anche con il contenuto.
Solo dico: incomprensibile per cattolici e musulmani (i soggetti in questione oggi). Meno per i sinceri praticanti, di qualsiasi fede.
Ma anche questo,mi vien da ripetere con te, forse ormai poco importa.
Gennaio 17th, 2015 at 10:37 am
Apprezzo molto la tua fiducia nelle istituzioni… 😛
Il Dalai, almeno è Dalai obtorto collo, c’è nato. Suppongo che proprio volendo potrebbe dimettersi. in qualche modo. Ma non è lì per sua volontà.
Il Papa se accetta di fare il Papa è, deve essere, il vicario di Cristo.
Come dicono a Torino: ciau balle!
Gennaio 17th, 2015 at 10:49 am
Se io fossi il Papa dei buddisti, a parte il disastro in sé, e dicessi una min…ata come quella che ha sparato Francesco e nessuno mi dicesse “Ma cheddici? Sei ubriaco?” una volta passati i fumi mi preoccuperei un bel po’ un bel po’.
Invece, temo, il compadrito è bello contento degli “Evviva!” “Bravo!” “Ancora!”.
Gennaio 17th, 2015 at 11:20 am
Offende di più lui il cristianesimo che le vignette di Charlie (che secondo me offendono solo la bigotteria), anche se io non credo che ci fosse dietro chissà che ragionamento, per me ha fatto una sparata.
E ovviamente offendono veramente l’Islam gli attentatori, non le vignette.
E’ apprezzabile in quello che dici il Dalai, che riconduca l’evento non ad una reazione ad una supposta offesa alla religione, ma a fattori di ordine psico-sociale diciamo così. E’ un modo di vedere che tende a spegnere la violenza anziché rinforzarla
Gennaio 17th, 2015 at 11:34 am
Eee il Dalai è uomo di mondo… Una volta in una lunga intervista, gli fu chiesto se rimpiangeva qualche cosa della vita che non aveva potuto vivere visto che dall’età di 8 anni era stato “rapito” dalla sua famiglia e posto in mano agli istitutori che dovevano trasformarlo in Dalai. Ebbene, il malandrino disse che sì una “cosa” c’era che gli era rimasta per traverso: non aveva mai potuto indagare di persona su la petite difference…
Gennaio 17th, 2015 at 1:05 pm
beh però s’è risparmiato la gioia della suocera, che in genere prima o poi te tocca…ehm no tornando “in argomento” ed a monte del discorso, bisogna però tener conto di una grande differenza tra cristianesimo ed Islam. gesù (scusate ho sempre il problema della g maiuscola) nacque in una società radicalmente monoteista e cercò in tutti i modi di “limare” gli eccessi del monopensiero, escludendo però il ricorso alle armi. Muhammed invece nacque in un mondo politeista ed idolatra ed introdusse il monoteismo, non disdegnando di combattere militarmente. Per i tempi suoi si trattò di un grande passo in avanti, di una moralizzazione della società. Però come fai a dire ad un muslim che può/deve superare un certo modo di vedere il monoteismo? E’ tutt’altra storia che dirlo ad un Cristiano, nel qual caso puoi dirgli: in fondo non devi far altro che seguire l’esempio del Maestro. Per un Muslim in pratica gli stai dicendo di rinnegare il Profeta
Gennaio 17th, 2015 at 1:50 pm
Molto giusto quello che dici.
In effetti non sta a me dire ai muslim o ai cristiani che cosa dovrebbero fare o non fare. Mi basterebbe che non sparassero e non tirassero pugni. E non rompessero gli zebedei sulla legislazione civile per far legare qualcuno che dice o disegna cose che non gli piacciono.
Gennaio 17th, 2015 at 2:09 pm
infatti, secondo me “basterebbe che distinguessereo tra legge islamica e legge dello stato. Ma anche quella è operazione durissima, visto che il Corano entra in moltissimi aspetti della vita civile e delle relazioni interpersonali. Anzi, quello lì è l’aspetto più importante per il musulmano-almeno per quanto riguarda la propria “coscienza”; è lasciata invece grande libertà individuale per quanto concerne la spiritualità, l’interiorità dell’uomo.
Gennaio 17th, 2015 at 3:08 pm
Non tanto il Corano, piuttosto la sunna, la raccolta dei comportamenti del Profeta e dei suoi compagni. Comunque il fatto che uno voglia/debba rispettare una o più norme non implica necessariamente che lo debbano fare tutti.
Tra l’altro una delle costanti che mi perplettono nei fatti di terrorismo “islamista” è che quando gli inquirenti guardano nei PC dei terroristi uccisi o catturati molto spesso li trovano pieni di pornografia. Mentre magari hanno fatto frustare, o peggio, una donna perché ha mostrano un pezzetto di pelle del corpo.
Gennaio 17th, 2015 at 6:54 pm
Per chi ne abbia ancora voglia, qui è possibile ascoltare la registrazione delle parole di papa Francesco.
Nei commenti al video l’han fatto nero.
Gennaio 18th, 2015 at 5:02 pm
Un po’ di par condicio, anche se non se ne sentiva alcun bisogno. Pare proprio che la cogl…aggine non risparmi alcuna religione.
Gennaio 18th, 2015 at 5:08 pm
Non se ne viene a capo se non cambiando i presupposti o forse senza averne proprio… superare il monoteismo (e la religione) è difficile fintanto ci sono persone che lo/la insegnano. Si propone qualcosa che ci definisce come individui e collettività.
Ma la faccio facile. Del resto non si riesce neanche a togliere un crocefisso dalle scuole, e si discutere di quanto possa essere offensiva Peppa Pig. Sarebbe meglio proporre ai nostri pargoli qualcosa di serio, dar loro modo di pensare con la propria zucca, e non facendosi persuadere di aver ragione, leggendo un catechismo ,guardando la tivù, o perchè su un post ci mettono un “like”
Gennaio 18th, 2015 at 5:17 pm
Ciao Max. No, non la fai facile, è molto difficile quello che proponi. Scegliere che cosa insegnare (a scuola o in famiglia) riguardo alla religione è molto difficile. Come lo formi un insegnate che sappia parlare di tre-quattro religioni (almeno!) in modo chiaro competente e… imparziale? Ed altrettanto lo è insegnare a pensare con la propria testa. Lo stereotipo di gruppo inizia prestissimo, già all’asilo e se spingi il pargolo a non seguirlo fai di lui un isolato un infelice. Se invece lasci fare, ogni giorno che passa diventa più difficile tornare indietro.
È ‘na guera!
Gennaio 18th, 2015 at 7:17 pm
E’ ‘na guera, ma a volte la soluzione c’è dove non viene cercata.
Sono un’insegnante e, per una serie di coincidenze, mi trovo quest’anno con una classe che ha due terzi ( non esagero) di bambini figli di coppie straniere ( dal cinese al cubano passando per il Marocco) e di coppie miste. Ci sono bambini che fanno religione cattolica, anche stranieri, e bambini che nel frattempo fanno altre attività. Il tutto senza problemi. Si può dire: sarà un caso più unico che raro. Non so, può anche essere vero, ma mi sembra che a furia di mettere in primo piano le ‘difficoltà’ che sorgono dall’ integrazione tra persone di culture diverse, ( è sempre il negativo che fa notizia) non si considera quanto si è fatto e si fa per convivere. Nelle scuole italiane non ci sono anni ponte, i bambini anche quando arrivano a lingua zero entrano direttamente in classe. Certo per gli insegnanti non è una pacchia, ma l’idea che comunque passa sia tra i genitori stranieri che tra quelli italiani è che non c’è differenza. Son bamini e stanno a scuola. Punto e basta.
Credo che come questa ci siano tante altre realtà simili che non fanno notizia ma che creeranno, ne son convinta, la base per una convivenza multietnica. Come penso sia sempre stato. Quando le persone ‘si mischiano’ tra loro, quello che entra in rapporto è la persona con i suoi pregi e suoi difetti e non l’etnia di origine. Questo almeno è ciò che la mia esperienza ( ormai decennale ) mi fa dire.
Gennaio 18th, 2015 at 7:25 pm
Ciao Marta. Hai ragione, esaminando i problemi posti su un tavolo le difficoltà si mostrano per prime ed oscurano possibilità meno drammatiche. In fatto di integrazione tra bambini quello che dici è sacrosanto, la quotidianità è delle persone, non delle etnie, queste le lasciamo tra i problemi sul tavolo.
Però Max, mi pare (non mi ha autorizzato ad essere suo esegeta…) parlasse di come evitare tramite l’educazione che si formino menti idolatre orientate dal monotesimo e dallo stereotipo in favore della formazione di persone dalla mente libera. E qui torniamo ai problemi sul tavolo, anche se nel caso specifico parlo come padre e come insegnante di religione (mirate al cuore, salvate il volto…) 🙁
Gennaio 18th, 2015 at 9:35 pm
La storia della nostra Pedagogia ci ricorda che la formazione di persone dalla mente libera è da tanto tempo lo scopo primario della scolarizzazione. Con questo non voglio dire che si è riusciti nell’ intento ma non mi sentirei neanche di dire che non si è fatto nulla.
Non è sicuramente possibile condensare in poche o anche tante righe le modalità educative-scolastiche ( in campo familiare penso sia quasi una causa persa!!) che possono svolgere un ruolo formativo importante. Forse può essere più semplice dire cosa NON si dovrebbe fare o proporre ai ragazzi in età evolutiva per, almeno, non far danni.
E comunque per avere qualche speranza che qualcosa attecchisca bisogna che i bambini ( ma non solo)ci passino ‘attraverso’..
le sole parole possono addirittura far danno, perchè portano a pensare che quello ( solo quello ) sia il livello di soluzione del problema …
anche in campo religioso..
capisco e so interpretare ogni passo del Vangelo ( o qualche altro libro sacro) e allora ‘sono’ un buon cristiano, buddista ecc..
le parole accompagnano il percorso formativo per consapevolizzare, quanto si sta facendo, quanto si sta vivendo…
altrimenti stiamo perdendo il nostro tempo..
Gennaio 18th, 2015 at 10:05 pm
Un esempio adulto credibile. Una possibilità vivibile. E poi qualche parola di spiegazione…
Gennaio 19th, 2015 at 9:19 am
Cameron ha avuto il coraggio di dirlo. Ci voleva un non cattolico.
Per una volta guardiamo alla predica senza guardare al pulpito, almeno per qualche secondo.
Gennaio 19th, 2015 at 3:56 pm
E’ anche una questione di buona volontà. Credo che in Nigeria abbiano problemi indigeni in esubero, e non si interesserebbero minimamente a cosa pubblica una piccola rivista parigina, se non ci fosse qualche mestatore che si preoccupa di farglielo sapere con torbide intenzioni. La mia esperienza di vita in una città plurietnica come Parigi, mi dice che le persone convivono trovando un modus vivendi vivibile preservando le proprie particolarità e cercando come conciliarle con quelle altrui quasi per istinto di conservazione. Ma spesso sono proprio coloro che dovrebbero indicare i percorsi della pace a indicare le occasioni di scontro. Le religioni si autodefiniscono ciascuna “religione di pace”, ma poi i “religiosi”, i faith maker dei vari credi, molto spesso fomentano la discordia. Bergoglio, che invita a piangere per i bambini filippini, ai quali bastano e avanzano le proprie di lacrime, suppongo, ha parlato da fomentatore di discordia mentre fa il messaggero di pace: forse il suo capo lo avrebbe definito, in questa occasione, un sepolcro imbiancato.
Gennaio 19th, 2015 at 7:31 pm
Sì, ho visto la scena. Ha perso un’occasione fantastica per essere un semplice fratello di quella bambina. Ha scelto la parte del profeta. Quando la bambina, piangendo gli ha chiesto perché i bambini come lei soffrono abusati per strada, senza genitori, perché Dio permette ciò, poteva dire, umilmente: non lo so, non lo sa nessuno, non sappiamo nulla, sulla volontà di Dio brancoliamo nel buio… tu come me, come tutti. Invece ha alzato la voce e rivolgendosi alla folla invece che alla bambina per cercare l’applauso: “Questa è l’unica domanda a cui non c’è risposta!”, come se lui tutto il resto lo sapesse. Ha preferito lo spettacolo alla vicinanza umana.
Gennaio 20th, 2015 at 12:18 am
Da piccoli non si tollera l’altro ma ci si gioca, solo da adulti si parla di tolleranza … un diritto non si “tollera”. Quella di Marta, come tutte le proposte che contengono “esempio adulto credibile, una possibilità vivibile, e poi qualche parola di spiegazione…” è una delle tante realtà purtroppo con poca “risonanza”.
Sono convinto che la quando c’è “gente viene qui e ti dice di sapere già ogni legge delle cose” (come canta l’altro Francesco) si perde una grande occasione, non ci si incammina nella soluzione. Come dicevamo discorrendo col ragazzo di mia figlia, “quel che contano sono le domande” (e lui precisava “contano i bicchieri che servono ad arrivare alle domande” 🙂 )
Comunque, in fondo, si tratta sempre di vendere qualcosa. Sia GPII che il papa attuale san vendere bene. Sicuramente a fin di bene e in “buona fede”. La rivoluzione è lontana.
Gennaio 20th, 2015 at 1:00 pm
Lasciare aperte le domande importanti, quelle a cui non c’è risposta, è un lusso delle persone libere che non vogliono incatenare gli altri ad una dottrina o a una ideologia.
Ma, oggi, c’è di peggio: dopo il vangelo di Mike Tyson è arrivato il vangelo in teoria.
Per non parlare dei conigli…
Ho l’impressione che stia succedendo qualche cosa.
Gennaio 31st, 2015 at 6:21 pm
Vorrei tornare un attimo al post che terminava con: Perdita è perdita
Libertà è perdita totale.
Se a ‘libertà’ posso dare ( con tutti i ‘se’ e i ‘ma’) una connotazione positiva, riguardo a ‘perdita totale’ ( se perdita è perdita) mi è un po’ difficile fare una simile affermazione…
certo, posso piazzare ciò ad un’ altezza tale che non ha più a che fare con la mia vita, ma anche questo non mi suona molto bene, perchè ‘libertà’ allora diventerebbe una ‘chimera’, un’immagine mentale come tante altre…
Gennaio 31st, 2015 at 7:03 pm
Ciao Marta. Grazie.
Quello che dici è sensato. “Libertà è perdita totale” nel mondo del senso non sta. Basti dire che se libertà è perdita totale allora è anche perdita della libertà, e ciao. Ma quella frase (al cuore, Ramòn!) voleva essere … al di là. Laddove qualsiasi cosa, persino la libertà, è una limitazione. In altre parole: il paradiso per essere tale dovrebbe essere completamente sgombro. La frase è la “versione zen” di un sutra che recita:
-Qual è, o donna, il contrario dell’ignoranza?
-Conoscenza, o amico Visakha, è il contrario dell’ignoranza.
-E qual è, o donna, il contrario della conoscenza?
-Libertà, o amico Visakha, è il contrario della conoscenza.
-E qual è, o donna, il contrario della libertà?
-Nirvāṇa, o amico Visakha, è il contrario della libertà.
Febbraio 1st, 2015 at 5:15 pm
…è sulla stessa lunghezza d’onda di:
nè albero
nè specchio
nè polvere
nè il togliere la polvere?
Febbraio 1st, 2015 at 6:32 pm
Uuuuh, certo, anche se “lì” anche parlare di lunghezza d’onda son parole grosse.
Febbraio 1st, 2015 at 8:03 pm
>Ho l’impressione che stia succedendo qualche cosa.
Due cose.
1. Il mondo presente è assurdo: è irreparabilmente in preda all’assurdo ed al male, tanto irreparabilmente che per uscire dall’assurdo e dal male, non è già possibile pensar di correggere tale mondo presente, ma bisogna immaginarne uno radicalmente altro da esso, indipendente da esso, che sia la sua recisa negazione. Il passo più in là compiuto dalla neikosofia è stato precisamente quello di distruggere il «saggio» e la sua superba sicurezza, di far penetrare anche in esso la «stoltezza», di stabilire che il «saggio» è tutt’al più solo velleità di esserlo, e che non c’è mente umana, non c’è mente di «saggio» stoico, che contro l’invasione della stoltezza sia corazzata.
2. La neikosofia muove da pincipi generali per illuminare il reale. Non si perde in astrazioni.
Febbraio 1st, 2015 at 8:04 pm
Prendiamo il caso Bergoglio.
Il vecchio papa diventa per il cristianesimo l’impeccabile «saggio» in cui la ragione ha inamovibilmente sede. Il «giusto» che pecca settantasette volte al giorno. Egli ci prospetta una proiezione dell’ultraterreno che nel suo profondo motivo significa l’idea religiosa dello stato di dannazione, di purgazione e di fusione trasfiguratrice con Dio delle nostre anime nel mondo di là. Con ciò non c’è più vetta che sia salva dall’assurdo. È chiaro che la sua mente è essenzialmente stolta. Soprattutto è umana.
L’empietà, invece, rappresenta qualcosa di più eroico della santità. Consiste essenzialmente nella chiara visione dell’assurdo che avvolge la realtà, nell’essere non ciechi e insensibili ad esso, ma vivamente suscettibili di avvertirlo, e quindi nel coraggio di reggere al suo aspetto.
Febbraio 1st, 2015 at 8:43 pm
Ciao Hmsx.
“… e quindi nel coraggio di reggere al suo aspetto.” (@199, finale)
Fin lì, seguo. Ma poi? Cheffamo? Che la seconda legge della termodinamica (tutto va naturalmente in vacca da sé) sia il principio base del mondo (che parte da un coefficiente “vacca” altissimo) lo pensano in molti.
Promettere paradisi e inferni è mercanzia medioevale, d’accordo. Ma detto ciò, cheffamo?
Va bene, a parte tutto.
Febbraio 2nd, 2015 at 12:59 am
@198: distruggere il «saggio»
penso sia importante fare una distinzione tra “saggio” in quanto ideale di persona “costantemente illuminata” e saggio inteso come comportamento. Il che non presuppone una ripetizione nel tempo ma solo la possibilità, data in ogni istante, di agire in certo qual modo (che, a mio avviso, potrebbe essere definito, da “fuori”, come compassionevole).
Perchè se si nega anche quello…
In un certo senso secondo me si potrebbe dire che saggezza ed empietà si supportano a vicenda, non capisco la necessità di innalzare la seconda a scapito della prima.
Trovare il “coraggio di reggere al suo aspetto” dà la possibilità di agire in modo “saggio”, e l’agire in modo “saggio” nutre il “coraggio di reggere al suo aspetto”.
@200 “Ma detto ciò, cheffamo?”
Mi è capitato di porre questa domanda ad una persona qualche giorno fa la quale mi ha risposto più o meno: “non c’è molta scelta, l’unica cosa possibile è testimoniare”.
Sono ben conscio che non sia in alcun modo una novità, ma rimane comunque un argomanto secondo me interessante da approfondire.
Soprattutto per quanto riguarda la frustrazione e il senso di impotenza che la suddetta “testimonianza” può portarsi dietro.
L’unica cosa che personalmente mi pare possibile è seminare seminare e seminare, prima o poi qualcosa cresce.
Inoltre, tenendo conto dell’impossibilità di comprendere la portata a “lungo termine” della benchè minima azione, secondo me l’unica cosa è bruciare al 100% e poi baci e abbracci.
Ci tengo a precisare che parlo davvero da sbarbato, senza pretesa di dare consigli a nessuno
Febbraio 2nd, 2015 at 9:06 am
Ciao Fago (ti do del te, sul web usa così ma, se vuoi, passo al caffé…) questa cosa che dici “Inoltre, tenendo conto dell’impossibilità di comprendere la portata a “lungo termine” della benchè minima azione, secondo me l’unica cosa è bruciare al 100% e poi baci e abbracci” mi trova molto d’accordo. Risponde appieno alla mia domanda sotto tutti i punti di vista: non giudica né irreparabile né risolvibile la situazione, indica una modalità che “risolve” il problema sul piano personale, non crea problemi (mine vaganti) che possano dolere in futuro, imposta una logica etica dell’atto e non del risultato, pur auspicando un risultato.
Poi possiamo azzuffarci tutta la vita sul perché e soprattutto sul come e in ragione di che di quel “bruciare”, ma almeno partiamo… col frigo pieno.
“bruciare al 100%”: era tanto tempo che non sentivo qualcuno che avesse il coraggio di usare questa espressione.
Febbraio 2nd, 2015 at 10:48 am
Del te va benissimo, a quanto pare aiuta a non ossidarsi 🙂
Riguardo al perchè e al come effettivamente la cosa è parecchio ostica.
Anche perchè a quanto pare questo “bruciare” manca totalmente di “forme fisse”.
Però l’argomento rimanda all’importanza dell’autoironia e del senso dell’umorismo come antidoti alla possibile e facile deriva dell’intenzione.
Azz.. qua si gira in tondo!
Febbraio 2nd, 2015 at 11:33 am
Sul perché direi che se -ammesso e non concesso- libertà è perdita totale, bruciare al 100% è un goal a porta vuota.
Sull’assenza di forme fisse concordo, ma solo “all’esterno”.
Altrove non c’è che un modo.
A volte si finisce per pensare di essere qualcuno, l’auto ironia è un buon modo di bruciarlo.
Nel mentre, girare in tondo può essere tempo in cui non si fanno danni.
Febbraio 3rd, 2015 at 11:31 am
Ciao mym, > che famo?
È controverso se l’etica dell’immanenza (cfr. Etica buddista, in La via libera, Stella del Mattino, 2013, pag. 91) sia una grande scoperta oppure no. Bisogna indagare.
Tutto questo ci riguarda perché la guerra contro il monoteismo è una guerra che l’Occidente combatte da almeno quattro secoli. Perché il monoteismo esclude e non include. Perché il monoteismo è una cosa che deve essere superato. Perché siamo strumenti inconsapevoli della nostra epoca.
Il Vaticano, nella persona di Bergoglio, è solo la punta dell’iceberg di un progetto che di religioso non ha nulla, ma che è politico e abominevole.
*La constatazione che l’assurdo regna nella realtà e nelle menti, è il fondamento della religione laica, il pensiero da cui essa scaturisce, ciò che dà ragione del suo formarsi.*
Febbraio 3rd, 2015 at 11:33 am
Ciao fago,
non capisci la necessità di innalzare l’empietà a scapito della “saggezza” perché, secondo te, si potrebbe dire che saggezza ed empietà si supportano a vicenda?! Grazie a ‘sta cippa, fago.
È dal 2006 che stresso mym con la teologia maledetta, ma solo perché nel decennio precedente non avevo trovato nessuno con cui parlarne. Compresi gli uomini di Chiesa, si capisce. (Teologi, preti e compagnia cantando.)
Ora, tenendo conto dell’impossibilità di comprendere la portata a “lungo termine” della benché minima azione, nel mio caso si parla di circa un ventennio di pratica e divulgazione dell’empietà.
Già, trovare il “coraggio di reggere al suo aspetto” dà la possibilità di agire in modo “saggio”, e l’agire in modo “saggio” nutre il “coraggio di reggere al suo aspetto”.
Sempre che per “saggio” si intenda qualcosa di più vicino a De Sade che a un Papa. Nel senso che sotto accusa è l’ideale ascetico, ovvero la “forma fissa” del cristianesimo. (Cfr. Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, Terza dissertazione, par 27)
PS: si può dire che la mia vita sia stata tutto un girare in tondo al fine di trovare l’occasione propizia per bruciare, cioè per dispiegare la mia razionalità.
Febbraio 3rd, 2015 at 11:36 am
Discorso sull’empietà
Un atto di bene contiene la più assoluta negazione di Dio. L’atto del bene, nel momento che elegge un “altro” a prossimo, gli dice: tu non devi morire. Il resto è una sottospecie dell’utile. Nel bene c’è l’afflizione e il dolore per il fatto che muore. Come si può dunque fondare quest’atto su un Dio “che ci chiama a Lui”? Il bene è una lotta contro la mortalità dell’altro, contro “l’essere” che lo risucchia e lo uccide. Ill bene contesta l’ordine del mondo, attenta all’assetto che si vorrebbe divino. Il bene è il più grande tentativo di annullare “l’essere”, ovvero Dio ̀, l’assetto “metafisico” del mondo che si sorregge ontologicamente sul mutuo carnage. Dio non è intelligente né buono. Ma essere, bruto essere che chiamiamo Dio solo per la potenza. Cosa sarebbe infatti l’atto in cui si è “uniti” a Dio: «Uno con l’Uno, uno dall’Uno, uno nell’Uno e, nell’Uno, eternamente uno» se non la nostra morte? (Credo che l’idea di Dio e l’idea di morte si associno a tal punto che possiamo adoperare sia l’uno che l’altro nome).
L’idea di Dio non coinvolge una natura divina. Dio non dev’essere. Ecco, questa è l’idea che mi faccio di Dio. L’idea che di Dio si fa l’empio è che Dio non dev’essere. Invece per la corrente opinione l’idea di Dio e l’idea del bene si presentano congiunte. Inscindibili. Mentre per me l’empietà è sete inesausta di bene e mi indigno che esso si colleghi a Dio la cui idea, torno a dire, lo respinge totalmente.
PS: non so che gentaglia frequenti fago – beato lui! – ma considerare Dio l’essere più infimo non è così automatico. Io, ad es., non parlo mai di empietà per ragioni di prudenza. Essa è considerata, se va bene, una stramberia, se va male, una offesa mortale a Dio, una mancanza di rispetto, che provoca i peggiori istinti dei credenti.
Febbraio 3rd, 2015 at 1:10 pm
Ciao HMSX, a me questi tuoi discorsi sull’empietà sembrano sempre profondamente cristiani, anzi direi proprio evangelici. Scontrarsi contro un’immagine mitologica, arcaica del divino in nome di un’etica basata su una sete inestinguibile di bene, è-secondo me- proprio quello che fece Gesù, letteralmente. Direi anche, per quanto ci capisco io, che è stato quanto tentarono di fare i profeti bibblici.
Non vedo cosa ci sia di “empio” nel rifiutare od attaccare una forma di religiosità che è solo una maschera del potere, o una giustificazione per perpetrare un certo modello di società. Semmai empio sarebbe accettarla, per convenienza.
Febbraio 3rd, 2015 at 5:16 pm
Ciao HMSX,
cercherò di risponderti per quello che ho capito.
Considero Dio l’essere più infimo semplicemente perchè il Dio che posso considerare non è altro ,secondo me, che un tentativo di dare un senso fondante alle mie azioni e alla mia vità senza il quale la mattina rimmarrei nel letto a defecarmi addosso schiacciato del peso del Vuoto.
Poi per quanto riguarda il Dio che non posso considerare…meglio lasciarlo stare mi sa.
Che poi chiamarlo Dio mi fa strano, meglio lasciarlo davvero stare.
A quanto ho capito tu lo chiami “bene”.
Non capisco però perchè continui a parlare di Dio come di un’entità esistente. Se è solo una proiezione di noi stessi che te la prendi a fare con lui? Voglio dire, sembra che te la prendi con qualcosa di esterno all’uomo e non ne capisco la necessità.
Il tuo discorso risulterebbe secondo me molto più chiaro se la posto di “Dio” scrivessi “l’Io”. Che alla fine va bene uguale no? Ed evita di scaldare inutilmente gli animi rendendo il dialogo difficile.
Per quanto riguarda “Un atto di bene contiene la più assoluta negazione di Dio”, personalmente mi fa strano che un atto di bene contenga una negazione.
Nel senso che a mio avviso un atto di bene è proprio su un altro piano, e non ha bisogno di negare niente per trovare lo spazio di essere.
Febbraio 3rd, 2015 at 6:05 pm
ben detto. Un atto di bene sta su un altro piano perchè non reca vantaggio a chi lo compie; per essere tale dev’essere gratuito, fine a se stesso, al di fuori di una logica di retribuzione. Meglio ancora se anonimo. Questo gli conferisce un aspetto di trascendenza. E io penso che sia per questo, per la gratuità che lo caratterizza, che l’atto di bene si situi nello stesso “spazio” dello Zazen.
Febbraio 3rd, 2015 at 6:09 pm
Cioè più che altro quello che non capisco è: perchè la chiami empietà? Perchè lo chiami Dio?
Se la tua intenzione è quella di diffondere la cosa, mi pare che usare quei termini sia martellarsi le p…e da soli no?
In un certo senso mi sembra un atto di gran narcisismo (lo dico con estremo rispetto eh!) che si rivela molto controproducente appunto perchè “provoca i peggiori istinti nei credenti”.
E qui si ritorna a Charlie
Febbraio 3rd, 2015 at 6:11 pm
Scusate la poca chiarezza,il post 211 è indirizzato a HMSX
Febbraio 3rd, 2015 at 6:29 pm
Hsmx @205: l’etica dell’immanenza… brrr mi fa un po’ senso, però hai ragione. È di quello che si parla. Non la si può certo affermare, non è giustificabile né dimostrabile. Non ha una fonte di cui si possa parlare ed il comportamento di tante persone pare, di per sé, dimostrare il suo contrario. Non la si può neppure raccomandare agli altri: “cari fratelli, affidatevi all’etica dell’immanenza…!” rischi le legnate.
Però il fatto che tu la definisca una “scoperta” mi incuriosisce.
aa @210: se per compiere un atto di bene occorresse seguire tante… regole saremmo persi.
Febbraio 4th, 2015 at 8:52 am
Fago, prenditi il tuo tempo, non essere precipitoso ché per capire certe cose ci vuole pazienza.
Si fa il nome di Dio per necessità, perché non v’è altro nome. Perché il discorso sull’”essere” si stempera nel placido dolore universale mentre la teologia maledetta ce l’ha proprio con Dio.
Ma Dio è, per così dire, un fatto, sebbene si preferisce ancora una metafisica privata per cui si sarebbe padroni di pensare ciò che si vuole di Dio. La fede dell’empio è una fede senza fiducia che crede a Dio con le modalità dell’irriverentia e del contemptus.
I sentimenti d’empietà come la detestatio boni divini e l’odium Dei attaccano il nucleo mitico annidato nel termine ‘Dio’ nel punto più vitale e lo dissolvono. L’empio è un “demitizzatore” che ha imparato a concepire Dio come una cosa tra le cose. Segue l’accidia, come recessus a Deo, ovvero il crollo del desiderio di Dio al limite del quale nasce il taedium Dei, la sazietà più completa.
Io non dico “non credo a Dio”, ma “io ho rotto con Dio”, “non ne voglio più sapere”, “ non ne posso più di Dio”.
Ps: ora, secondo me, è meglio lasciare stare una replica puntuale alle tue perplessità. Davvero. Forse, il mio discorso @207, risulterebbe più chiaro se lo rileggessi, confrontando anche i riferimenti bibliografici ché «A quanto ho capito tu [Dio] lo chiami “bene”» è una affermazione che mi fa strano, di più, alimenta la mia collera teologica.
Febbraio 4th, 2015 at 8:53 am
@aa,
In effetti fare del “bene” per disprezzo di Dio ha qualcosa della santità. Tuttavia, secondo la religione cattolica, la sfiducia in Dio appartiene allo stato di empietà (cfr la voce empietà su wikipedia). La teologia maledetta, a differenze delle teologie del passato, non può costruirsi su Gesù perché ne contesta il messaggio. È da escludersi infatti che la morale, il “bene”, abbia come fondamento la compassione. Gesù non era la via, né la verità, semmai l’amore.
Febbraio 4th, 2015 at 8:56 am
@mym, 213
Chiamo “etica dell’ immanenza” quella che si impone dall’interno “perché io lo voglio” e la distinguo dall’etica di tipo cristiana che si impone dall’esterno perché “Dio lo vuole”.
Sossio Giametta formula ne il Volo di Icaro (il prato, 2009) il “principio di massima determinazione”. Un principio simmetrico e opposto al principio di massima indeterminazione di Heisenberg.
Quando si dimostrò che la terra non stava ferma ma girava intorno a sole si produsse un grande sgomento. Si scoprì, ad es., che la narrazione biblica della creazione non rispecchiava la realtà ma noi stessi, cioè l’assurdità e la stoltezza delle nostre menti ribaltate nell’universo caotico. Cito:
«Ma come sarebbe ingiustificato temere di cadere capovolti e finire nel vuoto perché la terra gira “dall’altra parte”, così è ingiustificato sgomentarsi per il venir meno del fondamento (assoluto) della conoscenza e della morale. La relatività che ci perde ci salva. Per la forza di gravità noi cadiamo verso il centro della terra e non rischiamo di finire nel vuoto. Per la forza di gravità della specie noi “cadiamo” interiormente verso il centro di essa e … non rischiamo l’irrazionalità nella conoscenza né l’arbitrio nella moralità. La specie, l’umanità, costituisce per noi, al pari della terra, la base e la stabilità … nella conoscenza e nella morale». (ibidem, p.66)
La morale sarebbe il legame biologico con la specie e si fonderebbe sul principio di organicità. Più diffusamente Giametta ne parla in “Erminio o della fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete, Spirali, Milano 1997.
«Dico che deve essere così in base al ragionamento, se questo è giusto. Ma come avvenga che sia così, non lo so. Il giro è troppo largo, a dir poco». (ibidem, pag 157)
Febbraio 4th, 2015 at 9:13 am
Chiedo scusa se mi intrometto (di teologia, empia o meno, non ne capisco un’acca), però (Hmsx@214) “Fago, prenditi il tuo tempo, non essere precipitoso ché per capire certe cose ci vuole pazienza” è di un paternalista che neppure un prete…
Hmsx@216: ecco perché “etica dell’immanenza” mi faceva un po’ senso (@213): perché si impone.
No no no, laggiù (La via libera, 91) non si parlava di quella cosa lì. Che si imponga dall’esterno o dall’interno, con tutto il rispetto per il pubblico in sala, mi straccia i maroni allo stesso modo.
Sossio non lo conoscevo, né come nome né come autore (era parte della mia personale Treccani: le cose che non so). Interessante quel che dice ma è tutt’altro dalla via libera, quella che passa dall’esperienza, dove il trovare non è figlio né del filosofare, o ragionare, né del credere.
Così, a naso, della morale di specie non mi fido niente.
Febbraio 4th, 2015 at 10:05 am
L’uomo non ha nessuna morale di specie. Quello che abbiamo, probabilmente innato e cablato nel nostro cervello, è la tendenza ad essere morali con il nostro gruppo dei pari, con la nostra tribù, e ad essere semmai spietati o diffidenti nei confronti di chi non rientra in questo gruppo. Ciò ha un valore adattativo, dal punto di vista biologico, se si considera che gli esseri umani si sono evoluti in piccole tribù, spesso in competizione tra loro.
Estendere i limiti del gruppo di persone che consideriamo uguali a noi, con i nostri stessi diritti, a tutta l’umanità, inclusi i nemici, o al limiti a tutti i viventi, va semmai contro il nostro istinto biologico, lo forza al limite.
Febbraio 4th, 2015 at 10:33 am
Ciao aa. @218: “probabilmente”, chissà, magari, forse, in ogni caso non so.
Hai sintetizzato bene l’inutilità di affermazioni assolute (tipo: “L’uomo non ha nessuna morale di specie”) soprattutto se basate su opinioni, ragionamenti ecc.
Febbraio 4th, 2015 at 11:27 am
Provo a spiegarmi. Mi sono illuso, leggendo il commento di fago, 198, che avesse capito. @ 207 ho scritto chiaro che Dio e morte si possono usare come sinonimi. Fago ha capito che per me Dio sarebbe il bene. Prendere tempo non è paternalismo. È un invito alla prudenza. La pazienza serve a elaborare concetti che sono ostici. Insomma, se uno scrive @109 “ evita di scaldare inutilmente gli animi” è perché non ha letto l’ironia. Francamente posso solo invitarlo a rileggere.
Siccome è importante pensare le cose dietro le parole, è vero che “imporre” non è una parola felice. È fuorviante. Manco la formula “etica dell’immanenza” a dire il vero. Il termine tecnico è moralismo.
In via libera a p. 91 scrivi: “Sono convinto..che una religiosità priva del credo nell’esistenza di un fondamento divino… possa produrre un comportamento che sia edificazione del sommo bene”. Che cosa volevi dire? Anche perché prosegui con “non è per nulla facile come questo possa avvenire etc”. A me pare di vedere dei punti di contatto.
Ad ogni modo, mi prendo un po’ di tempo per sbrogliare la matassa, ovvero riformulare meglio. Con rispetto per il pubblico in sala direi “magna tranquillo” (slang giovanile per dire sul tardi).
>Così, a naso, della morale di specie non mi fido niente.
Anch’io diffido.
Febbraio 4th, 2015 at 11:52 am
No, prendere tempo non è paternalismo. Ne vedo di più in “per capire certe cose…”
Sì, anch’io ti dissi che pensavo parlassimo della stessa cosa quando citasti il non bello “etica immanente”, ma quel “si impone” mi ha fatto fuggire di corsa.
Che cosa volevo dire… cerco di spiegarlo nella pagine successive, con la metafora del mahayana. Una parte che ha allungato parecchio il brodo. Poteva forse bastare la conclusione: permanere in tutti gli ambiti … [in una] vuota pienezza luminosa (cit.112).
Febbraio 4th, 2015 at 1:07 pm
Che non vi sia un sentimento morale universale, conseguente al sentimento di appartenenza al genere umano, come specie biologica (faccio riferimento alla citazione di hmsx), è un dato di fatto. La mia affermazione si riferisce a questo- ad una morale “di specie” in questo senso. Se esistesse un sentimento di questo tipo, innato, non vi sarebbero state guerre, genocidi ecc. Basta considerare come è variata nel tempo la definizone di chi vada considerato “essere umano”- se vi fosse un sentimento innato, biologico, essa sarebbe immutabile (almeno nei tempi brevi della storia). Per i nazisti, l’ebreo, il rom ecc. non erano esseri umani.
La nozione di chi è veramente “umano” è invece qualcosa che viene appresa culturalmente, e che quindi non può essere data per scontata.
Febbraio 4th, 2015 at 1:55 pm
A volte invidio un po’ quelli che, un po’ su quello un po’ su questo, hanno sicurezze tali da essere dati di fatto.
Se l’uomo, in qualche modo che (mi conferma Hsmx) non so spiegare, non fosse portatore più o meno sano di morale/etica… davvero non ci sarebbe più religione. Se non quella del monocoso dove l’etica te la dà lui, il prete, perché Lui, si sa, dopo averla spiegata al don, tace.
Non mi ritrovo in quel di Sossio, anche se pare dica la stessa cosa, perché lo afferma per logica. Come fai tu (aa@222), ma dal punto di vista opposto.
Febbraio 4th, 2015 at 2:54 pm
Io diffido del riferimento alla biologia, nell’etica, perchè mi pare porti a sottovalutare l’importanza della memoria storica, da una parte, e dell’educazione, della formazione dall’altro. E’ ovvio, lapalissiano, che tutto quello che l’uomo fa è compatibile con la sua biologia, ma questo vale anche per le peggiori nefandezze. Anche quelle sono “naturali”, anzi naturalissime. La citazione di quel tale sembra dire, state tranquilli, che tanto l’uomo ha un’etica naturale, buona, fondata sulla specie. Se è così però deve trattarsi di un impulso davvero molto debole- siamo sul punto di estinguerci, perchè non riusciamo a metterci d’accordo su come gestire la produzione di energia, perchè ognuno valuta il suo orticello più dell’interesse globale. Io penso che il nostro livello di programmazione naturale sia molto rudimentale, e comunque non più adeguato al tipo di mondo in cui viviamo oggi, che è molto lontano dal nostro stato naturale.
Febbraio 4th, 2015 at 3:15 pm
E quindi, concludo, penso sia molto importante l’educazione, e anche un riferimento a dei valori etici, che non sono semplicemente desumibili dalla biologia (anche se ovviamente sono compatibili con essa), sennò non ci sarebbe bisogno di insegnarli, di spiegare perchè sono importanti, perchè vanno difesi.
Febbraio 4th, 2015 at 5:16 pm
@220:
provo a spiegarmi meglio anche io, col rischio di iniziare a risultare pittosto noioso.
Personalmente mi trovo d’accordo con quello che dici (per quello che ho capito), ma è sui termini che non ci troviamo.
provo a parafrasare quello che hai scritto @207, correggimi se sbaglio:
“l’ atto religioso contiene la più assoluta negazione dell’Io”
“L’atto religioso, nel momento che elegge un “altro” a prossimo, gli dice: tu non devi morire” (ovvero non devi “farti fregare” dall’Io)
“L’azione religiosa è una lotta contro la mortalità dell’altro, contro “l’Io” che lo risucchia e lo uccide”.
“L’azione religiosa contesta l’ordine del mondo, attenta all’assetto che si vorrebbe divino (ovvero l’Io relativo che si innalza a Io assoluto)
“Credo che l’idea di Io e l’idea di morte si associno a tal punto che possiamo adoperare sia l’uno che l’altro nome”
(chiaramente qui per “morte” si intende l’opposto della cosiddetta “grande morte”)
“L’idea dell’Io che si fa l’uomo religioso è che l’Io non dev’essere (affinchè si possa incarnare il bene ovvero agire in modo religioso).
Invece per la corrente opinione l’idea di Io (che viene proiettata\giustificata nell’immagine di un dio esteriore da idolatrare) e l’idea di religione si presentano congiunte
In breve: quello che tu chiami “Dio” io lo chiamo “Io”, e quello che tu chiami “bene” (empietà?) io la chiamerei “azione religiosa” (o Dio).
La frase di prima @209 (“quindi per te Dio è il bene”), va letta così: Quindi, quello che io chiamerei Dio tu lo chiami bene”
Spero di essere riuscito a spiegarmi
Febbraio 4th, 2015 at 6:52 pm
Sì, certo. Però la “cosa” rischia di avvitarsi attorno ai pensieri di voi due e in questo caso gli altri ne verrebbero esclusi. Non per sfinimento, per carità, ma non tutti hanno la lucidità mentale (e il tempo) per seguirvi. Se volete (in questo caso scrivetemi una mail) vi metto in contatto via mail così potete proseguire indisturbati.
Febbraio 4th, 2015 at 10:05 pm
Ciao fago, sei molto ricettivo ma non ci capiamo. Siccome l’empietà non è una mia creazione originale, se sei interessato, ti invito alla lettura di Manlio Sgalambro, Trattato dell’empietà, Adelphi. È una analisi spregiudicata del concetto di Dio a partire dalla scolastica medioevale fino alla Summa di Tommaso D’Aquino, scovandovi anche lì tracce d’empietà. Un precursore dell’empietismo è stato Giulio Cesare Vanini. Credeva a Dio con sfiducia. Ecco una definizione che Vanini fa di Dio.
“Dio è di se stesso principio e fine; manchevole di ciascuno dei due, non bisognoso né dell’uno né dell’altro, ed è padre e insieme autore di entrambi. Esiste sempre, ma è senza tempo, perché per lui né scorre il passato né sopraggiunge il futuro. Regna dovunque ma è senza luogo, è immobile ma senza quiete, infaticabile senza muoversi. Tutto fuori di tutto; è in tutte le cose ma non vi è compreso; è fuori di esse ma non ne è escluso. Regge l’universo dall’interno, dall’esterno lo ha creato. Buono pur essendo privo di qualità, grande pur essendo privo di quantità. Totalità senza parti, immutabile, produce nelle altre cose mutamento. Il suo volere è potere e la volontà gli è necessaria. È semplice, e nulla è in Lui in potenza, ma tutto in atto, anzi Egli stesso è puro, primo, medio ed ultimo atto. Infine è tutto su tutto, fuori di tutto, in tutto, oltre tutto, prima di tutto e tutto dopo tutto”.
Fu bruciato vivo, previo staccamento della lingua. Per darti una idea della sua irriverenza, disse al boia che lo accompagnava al patibolo: “andiamo a morire allegramente da filosofi”.
Avvertenza. Il libro è di difficile lettura, di difficile assimilazione, ed è molto cupo.
Febbraio 4th, 2015 at 10:06 pm
Secondo Giametta, l’organicità è la forma ultima, necessaria e onnicomprensiva della realtà, che è antropomorfizzata dalla nostra percezione. Ciò non vuole dire che la realtà sia effettivamente un organismo, ma che noi la percepiamo così per la nostra conformazione limitata sulla base del principio di ragione sufficiente (spazio,tempo,causalità) che sono le forme a priori della conoscenza. La realtà resta una x. Tuttavia il dato che la realtà sia inafferrabile, e che ogni tentativo di penetrarla si riduca ad una descrizione sempre più precisa di noi stessi, non significa che essa non abbia senso. È vero che sul piano assoluto ogni tentativo di darci una spiegazione ultima “una verità definitiva” è destinato a fallire, tuttavia la conoscenza ha pieno senso sul piano relativo, nei rapporti intraumani, dove insieme all’interpretazioni esistono i fatti: il mondo che si fa valere con le sue leggi per tutti i viventi.
Questo è il prospettivismo, per il quale il mondo appare a ogni essere in una prospettiva particolare, che è anche una sua abbreviazione, e cattura la realtà entro i limiti e le forme particolari delle singole creature nell’ambito delle specie a cui queste creature appartengono. Le specie sono le intermediarie tra l’assoluto e gli individui. Le prospettive degli uomini si costituiscono nell’ambito della specie umana (specie = l’umanità con la sua storia e le sue potenzialità) e in relazione ad essa. La specie tiene gli individui legati a sé e ai suoi bisogni, che essi tutti rappresentano come organi di un organismo unitario, e costituiscono il senso della loro vita.[1/2]
Febbraio 4th, 2015 at 10:09 pm
Tutto ciò premesso, l’aspetto originale è l’aver individuato nel perseguimento dell’interesse personale, nell’egoismo, il fondamento della morale. Una morale che non si impone dall’alto, ma che risponde alle esigenze del soggetto e della specie. Spinoza usa come formula il conatum sum esse servandi. Tuttavia ciò non esaurisce la ragione dell’agire morale che è radicata nel piacere. Voglio dire che non tutti gli egoismi sono uguali, che esistono delle gerarchie: la madre che si prende cura del figlio o quella che l’uccide, agiscono entrambe per egoismo, ma l’una serve la specie l’altra la dissipa. Al vertice della gerarchia degli atti morali ci sono quelli compiuti dai santi, filosofi, illuminati etc. Anche in questo caso però agiscono per una virtù propria non insegnabile o apprendibile, che risponde ad un bisogno interiore, il quale, risalendo i canali della specie, produce quella beatitudine che s’accompagna ad ogni autorealizzazione. Dunque libertà e responsabilità. Questi individui, che si rispecchiano nel ritratto che ne fai in la Via Libera alle p. 93 ss., sono massimante centripeti e il loro agire è un dono di natura che è riservato a pochi. Ferma la prospettiva buddista della tua trattazione, ho trovato dei collegamenti con l’opera di Giametta, ad esempio nella spiegazione nella tavola del bue. Il passaggio dall’ottava alle ultime due figure p. 106. Giametta scrive di ascesa e discesa dell’etica. Parafrasando, è come inerpicarsi per vie tortuose su una montagna e solo quando si raggiunge la vetta si vede quale è la direzione migliore per discendere. Ma anche altrove. Se tu scrivi “Bisogna muovere da elementi contraddittori, basati più sulla fede che sull’evidenza” p.91. Egli scrive che “La vita è un atto di fede perché rimane, dal lato dell’essenza, un dono, un emanazione del Bene”.[2/2]
Non è bello consigliare dei libri, tuttavia quelli di Giametta sono un ottimo banco di prova per il lettore. Considerato il panorama culturale italiano, lo consiglio. Ha il pregio di scrivere in modo chiaro e conciso, e di non essere un accademico.
Febbraio 5th, 2015 at 9:17 am
Grazie Hmsx, hai pazienza da… vendere. Spero l’abbiano anche i nostri lettori (per la cronaca: ogni giorno ci cliccano tra le 20 e le 300 persone). I tuoi tempi di scrittura (e perciò di lettura), sono più adatti ad un simposium che a un blog ma nella mia ignoranza apprezzo e qualcosa imparo. Mi spiace per G.C.Vanini (@228), non sapevo. Riguardo a “Tuttavia il dato che la realtà sia inafferrabile, e che ogni tentativo di penetrarla si riduca ad una descrizione sempre più precisa di noi stessi” (@229) consiglio G. Berkeley: sino a che non tira in ballo Lui secondo me è rigoroso al 100% («Le idee che ci facciamo delle cose sono tutto ciò che possiamo dire della materia», direttamente da Wikip.), si sa comunque che in materia (!) la visuale yogacara/cittamatra è insuperata. Per ciò che riguarda invece Spinoza e il “suo” conatum sum esse servandi è dove tu, imho, non comprendi me: così come non si impone (@216-7) non “risponde ad un bisogno interiore” (@230). Se le cose stessero in termini di imposizioni o di bisogni non avrei avuto difficoltà a spiegarmi. Nei 10 quadri del bue appare abbastanza chiaro che lo stato (mai statico) ideale rappresentato è oltre i bisogni. Libera scelta in libera via.
Mi dilungo: quando scrissi il libro chiesi a Watanabe una frase come esergo. Mi accontentò, ahimé, racchiudendo il “mio” libro in quella frase (cit. 11). Mi dovetti accontentare di girare intorno a un già detto.
Febbraio 5th, 2015 at 12:52 pm
Gossip: apprendo da uno dei tanti cliccatori silenti “Spero comunque che fago e hmsx continuino a duellare in pubblico, mi diverto e imparo anche delle cose… “.
Non so se si possa dire che sia bello, ma certamente il mondo è vario all’inverosimile!
Al lavoro ragazzi, il pubblico scalpita! 😛
Febbraio 5th, 2015 at 1:32 pm
Interessante quello che dici HMSX sulla conoscenza umana; in effetti come scrisse Lorenz, il grande etologo, ciò che a priori per l’individuo, è a posteriori per la specie. Però torno a dire, attenzione a far discende l’etica dalla biologia. Ad esempio, dal punto di vista biologico, la specie non fa assolutamente niente: tutti i processi selettivi avvengono a livello degli individui, e la compezione tra individui della stessa specie è altrettanto importante, se non di più, di quella tra specie diverse. Dal punto di vista biologio, ad esempio, la pulizia etnica è un’ottima cosa: ottimizza la mia fitness (la mia trasmissione genetica) a scapito di quella di altri individui nella stessa specie, con cui competo.
Inoltre, farei osservare che la conoscenza umana non è tanto “di specie” nel senso biologico del termine, quanto di tipo sociale. Con lo sviluppo del linguaggio, con la comunicazione simbolica, siamo entrati in una sfera diversa da quella biologica. Possiamo spingerci molto al di la dei nostri limiti sensoriali e, con l’avvento dell’automazione, dell’informatica, anche al di là dei nostri limiti cognitivi.
Febbraio 5th, 2015 at 6:55 pm
Grazie mym, anch’io imparo molto. In effetti i miei tempi di lettura sono lenti, quelli di scrittura lentissimi. È perché il livello del blog è alto – forse è per questo che il pubblico è così affezionato – .
Sì, Berkley è rigoroso, ma anche Cittamātra non scherza. La mia impressione è che la tesi de La Via Libera sia valida, ma che funzioni solo in comunità ristrette e pacificate, mentre su scala più ampia (mondiale), come fa notare aa, “the battle of life” tra specie diverse e tra individui della stessa specie è serratissima. Dunque Justiz und Polizei. In questo senso il conatum sum esse servandi – lo sforzo di non farsi ammazzare – acquista pieno valore. Il dovere però non è prescrittivo ma descrittivo. Siccome i tedeschi hanno una parola per tutto, la dico: müssen. Come dire il sole “deve” tramontare.
Al di là delle tesi, ihmo, ciò che ti accomuna a Giametta è lo stile.
Per quanto riguarda l’ obiezione di aa, la domanda è: qual è l’origine dei sentimenti morali? Perché ci commuoviamo se vediamo un essere soffrire? Il legame tra individui della specie se non dipende dalla biologia da cosa dipenderebbe?
Per dire che il fondamento della morale è “la pietra filosofale che si cerca da migliaia di anni” (Schopenhauer).
Febbraio 5th, 2015 at 7:15 pm
Attenzione: «La mia impressione è che la tesi de La Via Libera sia valida, ma che funzioni solo in comunità ristrette e pacificate, mentre su scala più ampia (mondiale), come fa notare aa, “the battle of life” tra specie diverse e tra individui della stessa specie è serratissima» (@234) rischia (però potrebbe essere un’interessante convergenza) di dar ragione a Bergoglio: il Vangelo è giusto, in teoria, nella realtà quotidiana, se insulti, vale il papàgno.
Laddove, invece, diffido del legame di specie, appare se considero che mi commuovo, o potrei commuovermi, anche per un cane torturato o una montagna deturpata dall’invadente presenza di una croce alta 20 metri…
Bello questo müssen, il dovere descrittivo mi mancava. Grazie.
Febbraio 5th, 2015 at 8:13 pm
Ciao HMSX, ti ringrazio per i consigli bibliografici. Ho datto un occhio al libro di Sgalambro (lo so, un occhio non è sufficiente) e, come con quasi tutti gli scritti di filosofi occidentali che mi sono passati sotto mano, ho avuto l’impressione che non fosse quella la via più adatta a me. Ma forse devo solo prendermi un po’ più di tempo 😉
Vorrei condividere qualche pensiero.
Robert Pirsig in “Lila” dice che a suo avviso un atto è immorale quando un sistema di complessità inferiore cerca di fagocitarne uno di complessità superiore.
Le cose si fanno interessanti quando il cosiddetto “sistema” non ha ben presente quali siano (e, soprattutto, se ci siano) i suoi confini. Che è la nostra situazione mi pare. Il che ci porta a non sapere cosa sia morale e cosa no. Il che in fin dei conti ci porta ad agire a svantaggio delle “esigenze del soggetto” benchè cerchiamo in tutti i modi di fare il contrario. Miopia. (E’ abbastanza azzeccato secondo me il classico paragone con le cellule cancerogene). In un certo senso, se “studiare la Via del Buddha è studiare il sè ecc..”, la pratica è lo strumento essenziale che permette all’uomo di ampliare il suo concetto di moralità fino alla sua massima estensione.
La gerarchia degli egoismi di cui parli secondo me è appunto determinata dalla risposta alla domanda “Che cosa è “me”?”.
Un estremo è la persona che uccide suo figlio (o forse la persona che uccide se stessa), l’altro estremo è “tutti gli esseri senzieni hanno raggiunto la Suprema Realizzazione”.
E interessante perchè agire secondo il secondo “estremo”, nel quale è a mio avviso espresso il più alto grado di moralità di cui è potenzialmente capace l’uomo, non contraddice il fatto di trovare nell’interesse personale il fondamento della morale. Solo che qui il concetto di persona ha raggiunto la sua “estensione” massima.
E’ come se l’evoluzione della specie fosse funzionale ad un’evoluzione della morale che, portata a suo compimento, porterebbe alla “massima” cooperazione possibile tra le specie garantendone in modo più efficace sopravvivenza.
In quest’ottica le Religioni e le varie Vie, alla fine non sarebbero niente di che. Solo l’ultima trovata della Vita per tutelare meglio se stessa.
Il che mi dà parecchio fastidio…perchè così non sono altro che un “impiegato” della Vita. Con tutta la fatica che ho fatto per studiare mi aspettavo almeno una posizione manageriale 🙂
Febbraio 5th, 2015 at 8:43 pm
Fago (@ 236) ti mostro il cartellino giallo! L’obiettivo ideale, qui, è far post di max 500 battute. Ma tu non lo sapevi, perciò: la disciplinare ti toglie il giallo.
Se hai molto da dire fai come quel… quel… di Hmsx: dividi in due o tre post. Aiuti la lettura, snellisci, alleggerisci.
Che poi ci sia chi sfora, si sa, ma almeno provarci.
Grazie.
PS: l’obiettivo ideale, ovvero la somma etica del post, è deciso dal sistema di massima complessità.
Febbraio 5th, 2015 at 8:57 pm
In relazione al contenuto (@236): lessi Lila perché mi piaceva il titolo, una volta letto ho apprezzato, ma son rimasto della stessa opinione.
“Che cosa è “me”?” è un’ottima domanda, buona parte degli scritti buddisti ci gira attorno. Le buone domande, imho, non vanno risposte, se mantenute aperte (i.e. senza risposta) e non accantonate, sono ottime compagne di viaggio.
“la pratica è lo strumento essenziale che permette all’uomo di ampliare il suo concetto di moralità fino alla sua massima estensione” pare un’affermazione intelligente, senza dare almeno un nome a quella pratica rischia di autodisintegrarsi.
Eppoi, è davvero importante “ampliare il concetto di moralità fino alla sua massima estensione”? Temo che se questo è il risultato auspicato della pratica di cui sopra, l’affermazione precedente sia già a pezzi. Non credo che Dogen (parafrasato con “studiare la Via del Buddha è studiare il sè”), intendesse indirizzarci verso concetti.
950 battute. ‘Sta regola proprio non funzia! :-[
Febbraio 5th, 2015 at 9:34 pm
Ciao HMSX, grazie per la tua risposta. Certamente la capacità di provare compassione, come del resto quella di provare odio, sono inscritti nella nostra biologia: sono invarianti umane, si trovano in tutti i gruppi etnici. Ma non si tratta di un legame generico con la specie, ne in un caso ne nell’altro. Noi amiamo od odiamo specifiche persone o gruppi di persone, a seconda delle circostanze e della convenienza, ed è logico che sia così. Prova ad immaginare un gruppo di esseri umani programmati geneticamente per amare incondizionatamente il prossimo, tutta l’umanità: è facile immaginare che fine farebbe- sarebbe spazzato via dalla competizione. E la stessa fine farebbe uno di individui che odiassero incondizionamente il prossimo. Infatti non ce n’è di gruppi umani così, e non per caso. La soluzione migliore dal punto di vista evolutivo, è quella di poter modulare le emozioni a seconda dei casi, come facciamo anche noi oggi. Intendiamoci, io auspico che l’umanità arrivi a sviluppare un senso di amore universale, di tutela dell’umanità in quanto tale, ma non è qualcosa che nasce spontaneamente in noi, va costruito, alimentato, protetto, e nel caso dovesse mai realizzarsi sarebbe continuamente a rischio di andare perduto. Si possono considerare casi molto concreti e vicini, come ad esempio ciò che è avvenuto nella ex jugoslavia: dopo decenni di pacifica convivenza, è bastata una scintilla per far scoppiare il pandemonio. Peraltro sono d’accordo con mym che l’umanità non può essere un orizzonte definitivo dal punto di vista morale. Perché le altre specie viventi non hanno diritto di esistere, a meno che non ci siano utili? Vogliamo vivere in una terra trasformata in un’enorme fattoria-fabbrica?
Febbraio 5th, 2015 at 9:59 pm
E’ come se l’evoluzione della specie fosse funzionale ad un’evoluzione della morale che, portata a suo compimento, porterebbe alla “massima” cooperazione possibile tra le specie garantendone in modo più efficace sopravvivenza
Purtroppo fago, non penso che sia così. Il 99 per cento delle specie apparse sulla terra si è estinta. Questa purtroppo pare sia la regola, le specie si espandono fino al loro massimo potenziale, occupano tutti gli ecosistemi possibili, poi si estinguono. La morale è un problema dell’uomo, nasce con noi, e forse con noi finirà. Sta a noi far si che le cose vadono come dici tu, ma non possiamo aspettarci un aiuto da una “provvidenza” insita nella natura. Quello che scrivi tu, mi sembra una ripresa della filosofia dello Spirito Hegeliana; è un modo di vedere bello, che riempie il cuore, ma che secondo me non trova riscontro in quello che sappiamo del mondo naturale
Febbraio 6th, 2015 at 9:07 am
Aa @239-240: per piacere riassumi, quello che hai scritto -se lo mediti e non lo sbrodoli- si dice in dieci righe belle larghe. Cartellino giallo!
Febbraio 6th, 2015 at 9:47 am
@mym238,@aa240:
Grazie molte per le vostre osservazioni. Mi hanno aperto gli occhi sull’ intenzione da cui è partito il pensiero @236 e sulla sua estrema inutilità.
Detta in altro modo è stato un tentativo di rispondere alla domanda “ma perchè tutto Questo?”. Che, a ben guardare, sembra una delle famose domande da mantenere aperte e che, se “chiuse e accantonate”, pregiudicano la possibilità di applicare “l’audacia di vivere” al qui e ora.
PS: @237,@241: Aa, fossi in te farei ricorso contro il sistema di massima complessità 🙂
Febbraio 6th, 2015 at 10:51 am
Fago (@242), la prima cosa che mi vien di pensare leggendoti (occhio: nessuno è pienamente responsabile di ciò che gli viene in mente ma di ciò che ci fa) è: “questo lo vorrei come amico perché da nemico sarebbe un guaio…” poi passo oltre e dico: com’è saggio quel Fago…
Per il ricorso (@242 PS) la procedura è semplicissima. Ma per evitare inutili lungaggini il sistema ha deciso di non divulgarla.
Febbraio 6th, 2015 at 11:19 am
@ mym: chiedo venia! @ fago: Per un pò sono stato un grande fan di de Chardin, per il quale il sistema di massima complessità è il punto d’arrivo a cui tende il cosmo. Però boh, tutti sti massacri, tutto sto dolore nel mondo…per il sistema di massima complessità? Mi sembra un pò una presa per i fondelli. Per quanto se uno lo esprime non come un dato di fatto, ma come una fede, una fiducia nella realtà, che tutto vada da qualche parte- anche se non si capisce bene dove- non ho nulla da obiettare. Ho da obiettare invece sulla traduzione diretta bilogia-etica perchè secondo me ha conseguenze nefaste. Uno potrebbe ad esempio pensare che per migliorare la specie, è giusto far fuori chi ha malattie genetiche, deformità ecc.
Febbraio 6th, 2015 at 7:01 pm
mym@243:
mi sono autoconvinto che il commento non fosse ironico, quindi, nel caso lo sia, fai finta di niente e soprattutto non farmelo capire 🙂
aa@244:
se ti ho capito, quello che volevo dire era un poco diverso. Ovvero: il sistema di massima complessità c’è già, il problema è che nessuna specie è ancora in grado di riconoscerlo ed agire di conseguenza. L’unica (?) che pare avere la potenzialità per farlo è la specie umana che però, con “tutti sti massacri, tutto sto dolore nel mondo” qualche dubbio lo fa venire.
In ogni caso, alla fin fine, mi pare che appena si ritorna un attimo “giù”, che sia “vero” uno o che sia “vero” l’altro, all’atto pratico la differenza è ben poca.
Febbraio 6th, 2015 at 7:09 pm
Fago @245: vedi che avevo ragione, qui si lavora di terza intenzione con -poi- due opzioni aperte.
Peggio di Deep Blue 😛
Febbraio 6th, 2015 at 7:23 pm
Ah ma il sistema di massima complessità sarebbe l’ecosistema? La biosfera? Se intendi questo ti seguo; però direi che la nostra capacità di comprensione non si accompagna ad una capacità di azione intelligente. Anzi, pare che ci sforziamo a comportarci in modo idiota 🙁
Febbraio 6th, 2015 at 8:27 pm
aa@247: eggià. In effetti sarebbe ora che la smetteste 😀
Febbraio 6th, 2015 at 8:28 pm
Ciao aa, scusa mi sa che sono andato un attimo in confusione :). Cerco in ogni caso di risponderti.
Il sistema di massima complessità è, secondo me, quello costituito (già ora) dall’interazione tra i sistemi “più semplici” che lo formano in ogni momento.
Quindi, se proprio vogliamo continuare la discussione,direi che ciò a cui punta il “sistema di massima complessità”, è lo sviluppo, al suo interno, di un “sistema di complessità inferiore”(specie) che lo serva nel migliore dei modi, ovvero che non scateni inutili conflitti “intersistemici” e “intrasistemici”. Ovvero che sia grado di vedere chiaramente l’interdipendenza.
Però torniamo giù!
Febbraio 6th, 2015 at 8:41 pm
mym@206:
è divertente perchè manco io mi accorgo di tutte ste strategie!
Non pensavo di essere così maleintenzionato 😉
Febbraio 6th, 2015 at 8:53 pm
fago@250: la mossa senza strategia calcolata è l’unica che può “fregare” deep blue. L’unico gioco in cui la velocità dell’uomo è ancora un pelino avanti alla macchina è nel weiqi, detto go in giapponese, dove il giocatore davvero esperto non fa calcoli: vede la mossa e la gioca.
Febbraio 6th, 2015 at 9:14 pm
Il che richiede in un certo senso di “lasciar cadere corpo e mente”.
Trasponendolo alla mia situazione vorrebbe dire accettare la possibilitá di dire una ca..ta.
…quanto chiedi all’ora per il counceling? 🙂
Febbraio 6th, 2015 at 10:13 pm
Il computer è ancora indietro nel go perché è meno abile nel riconoscere forme geometriche-cosa in cui siam forti. Anche se personalmente non sono mai riuscito a battere il mio comp…neanche ai livelli basic 🙂 @mym non mi riesce di smettere rientro nei livelli medi di comportamento idiota credo, almeno a livello di coscienza ecologica
Febbraio 7th, 2015 at 9:16 am
Fago@252: direi che si tratta di un filino di più di una possibilità…
Per la cronaca: lasciar cadere corpo e mente è una fatica inutile.
Aa@253: “Il computer è ancora indietro nel go perché è meno abile nel riconoscere forme geometriche-cosa in cui siam forti” smettere di pensare di sapere una cosa almeno sino al punto di tacere è un buon modo di modificare il “livello di coscienza ecologica”.
Febbraio 7th, 2015 at 12:39 pm
Mym, voleva essere una battuta…nonostante tutti dicano che il cervello sia meglio del computer per giocare a go, il mio smartphone mi batte regolarmente, anche con un sacco di pietre di vantaggio 🙁
Febbraio 7th, 2015 at 12:43 pm
Prova ad usare un phone.
Ciao
y
Febbraio 17th, 2015 at 5:38 pm
Tra i tanti spunti di riflessione offerti da questa discussione ce n’è uno che mi ha particolarmente attratto: la relazione fra senso dell’umorismo e verità religiosa. Certo in tradizioni antiche di secoli si può trovare di tutto, ma non si può proprio dire che l’umorismo abbondi nelle religioni più diffuse dell’orbe terracqueo. Nel cristianesimo addirittura è passata alla storia la frase di Giovanni Crisostomo “Gesù non ha mai riso”. Il Nuovo Testamento attribuisce il ridere agli avversari del vangelo: ridevano i soldati romani durante la passione di Gesù; viene accolto con risa il messaggio evangelico durante la pentecoste e gli apostoli vengono scambiati per ubriaconi; i filosofi ateniesi scoppiano a ridere quando Paolo parla loro di resurrezione. Nell’ebraismo – inteso come cultura – c’è sicuramente un rapporto molto migliore con l’umorismo. Credo non sia un caso se moltissimi attori comici e umoristi (compreso Wolinski) siano di origine ebraica. Una battuta come quella di Woody Allen: “Dio non esiste, ma noi siamo il suo popolo eletto!” sarebbe difficilmente concepibile entro la cultura cristiana, in cui Dio non deve essere fatto oggetto di scherno.
Anche nella cultura buddhista, però, il rapporto con l’umorismo è sempre stato quanto meno problematico. All’indomani dei fatti di Parigi, Françoise Robin ricordava come il problema dell’intolleranza religiosa nei confronti della libertà di espressione e della difficoltà di concepire la laicità del governo della vita pubblica appartenga anche ad una cultura come quella tibetana. Ben pochi dei buddhisti tibetani che sono sfilati per le vie della capitale francese, gridando “Nous sommes Charlie” e rivendicando la libertà di espressione per il popolo tibetano oppresso dall’invasione cinese, sarebbero stati favorevoli alla pubblicazione di vignette satiriche sul Buddha o il dalai lama (http://asies.hypotheses.org/234?lang=en_GB).
Se poi andassimo ad esaminare la tradizione buddhista indiana non ci sarebbe molto da star allegri. Nel canone pali il ridere (così come il partecipare a spettacoli con attori, ballerini e musicisti) è condannato severamente non solo nel comportamento monastico, ma anche in quello laicale, sotto la minaccia rinascite infelici (ad es. nel Talaputa sutta http://www.canonepali.net/sn/sn_libro42/sn42-2.htm). Il Buddha stesso non ride mai, si limita a sorridere (a bocca chiusa). Solo con il mahayana le cose cominciarono a cambiare, almeno da un punto di vista dottrinario (http://www.thezensite.com/ZenEssays/Philosophical/Buddhas_Dont_Laugh.pdf) .
Ma si sa, tra il dire e il fare…
Finisco con una barzelletta ebraica:
Un giorno Dio decise di dare un’occhiata alla Terra.
“Certo, come l’ho fatta bella!” disse fra sé.
Poi vide degli uomini che faticosamente stavano lavorando sotto il sole in una cava di pietre.
“E quelli cosa fanno?” chiese all’arcangelo Gabriele.
“Come, cosa fanno, Signore! Lo hai detto tu: Lavorerai con il sudore della tua fronte”.
“Ma io scherzavo…”.
Stava per tornare nei suoi palazzi quando vide un gruppo di rabbini, preti e imam che in una bella sala discutevano sul futuro dell’umanità.
“E quelli chi sono, Gabriele?”
“Quelli, Signore, sono i soli che hanno capito che scherzavi…” (D. Vogelmann, Le mie migliori barzellette ebraiche, Giuntina, Firenze 2010, p. 25).
Febbraio 17th, 2015 at 6:04 pm
Ciao Vice, ben tornato. Grazie del commento.
È vero, nelle tradizioni il riso è presentato per lo più in chiave negativa. Secondo me perché, a parole o in un testo, è molto difficile se non impossibile distinguere senso dell’umorismo e quel che abbonda sulla bocca degli sciocchi. Per cui, si spara nel mucchio. A difesa di questa posizione si può dire che senso dell’umorismo e “ridere di” sono lontani. Siccome il tema mi interessa, anni fa mi ci si sono cimentato. Recentemente sono tornato a scriverne.
Una cosa è certa: c’è un tempo per una cosa e un tempo per l’altra ma nei monasteri, cristiani o buddisti, si ride.
PS: combatto la persa battaglia di ridurre la lunghezza dei commenti: la prossima volta, per favore, dividilo in due o tre parti.
Febbraio 24th, 2015 at 11:52 am
Buongiorno. Le numerose persone che hanno letto il post non hanno lasciato un commento.
Interrompo questo silenzio spiegando, per grandi linee, i motivi personali di questo post. Vi è chi mi ha scritto che (riassumo):”…sì, tutto giusto, ma perché intervieni in casa altrui?”. Non è casa altrui. In primis perché, pur praticamente “a mia insaputa”, sono stato battezzato, comunicato e cresimato e questo fa di me un “avente diritto”. Ma, soprattutto, perché lasciare l’amministrazione delle religioni ai soli specialisti, preti o assimilabili, è un errore da non compiere più. Hanno già fatto troppi danni e gli effetti di questi danni li paghiamo tutti. Quindi: non è casa altrui, è doppiamente casa mia.
Febbraio 25th, 2015 at 3:25 pm
Ciao mymy.
Concordo.
Sull’assenza di commenti solo azzardo un’ipotesi, un po’ ruvida (confido in una certa franca consuetudine reciproca).
Forse, è il discorso sull'”amministrazione delle religioni” e con i suoi funzionari che non interessa più. Ma probabilmente è un fatto solo mio.
Febbraio 25th, 2015 at 4:34 pm
ops, “mymy” sta per “mym”, chiedo scusa
Febbraio 25th, 2015 at 5:19 pm
Ciao Giorgio,
Confida, confida pure.
Può essere che sia come tu dici.
Può essere che sia una pausa di riflessione.
Ciao
y
PS: mymy non è male…
Febbraio 26th, 2015 at 3:25 am
Voglio fare i complimenti a Don Luciano. Un bell’uomo. Telegenico. I santini andranno a ruba. Tuttavia se dialoga con lo zen così come dialoga con la Stella non c’è molto da compiacersi. Quién sabe? Magari Iddio fa una delle sue chiamate ultratrascendentali e aggiusta le cose. Una di quelle chiamate che fa al vecchio papa per esempio. Piace segnalare che dopo le ispirate parole di Bergoglio molti dei principali politici locali hanno intasato la mia timeline di facebook con status del tipo: “Evviva! Urrà! Ci vuole il pugno chiuso con questi mussulmani! Questo è un grande papa!”.
Chiedo a Don Luciano – semmai si degnasse di rispondere – se il concetto di “prossimo tuo” si applichi al suo stretto circondario, oppure se non è il caso di alzare il naso e guardare lontano. Anche perché se i vari Charlie Hebdo non sono “prossimo” cosa sarebbero? Nemici? E che si fa con i nemici? Li si ama, in teoria, in pratica gli si spara.
Don Luciano si guardi la mano e si chieda quanti giorni sono passati, o quanti minuti, dall’ultimo sasso che lei stesso ha lanciato. Perché è facile amare il prossimo quando lo si guarda negli occhi, difficile è amarlo quando il prossimo viene trucidato a mille miglia di distanza.
Febbraio 26th, 2015 at 9:01 am
Buongiorno Hmsx. Concordo. Buona parte del problema sta nella pretesa di scegliere il “prossimo”.
Che è esattamente il contrario del senso della parabola del samaritano. Il sacerdote e il levita scelgono e perciò scartano. Il samaritano, benché samaritano ovvero un diverso, si fa interprete di una realtà che ha bisogno di lui. Anche se impersonata proprio da qualcuno che, forse, sino al giorno prima era tra quelli che lo discriminavano perché non era israeliano o israelita d.o.c.
Sì, Luciano in tivì riesce bene, dovrebbe andarci più spesso.
Febbraio 27th, 2015 at 3:28 pm
Secondo me la domanda da farsi è: cosa vogliono i cattolici?
Personalmente faccio molta fatica a vedere la chiesa come un’ istituzione religiosa. Proprio perchè a mio avviso un’istituzione non può esserlo. Cioè, è quasi matematico che lo scopo primo di un’istituzione diventi la propria sopravvivenza. Anche a costo di contraddire in toto i propri “codici etici” fondanti.
Febbraio 27th, 2015 at 3:29 pm
Detto ciò, il papa a mio avviso non è che l’amministratore delegato dell’azienda chiesa. Che deve ovviamente fare i conti con gli azionisti e tenerseli buoni. In questo caso gli azionisti sono i credenti (tralasciando qui il lato strettamente economico, ior e blablabla)
Quindi il Papa non ha nessun interesse a dire cose contro il senso comune, scatenerebbe semplicemetne del risentimento nei fedeli. Lo dico perchè m’è capitato di vivere questa cosa più volte al termine di prediche in cui il prete si era azzardato a trasporre il messaggio evangelico alla vita di tutti i giorni. C’era fastidio nell’aria.
Non so chi l’ha detto, ma da qualche parte ho letto una roba come: “ognuno trova l’insegnante che si merita”.
Febbraio 27th, 2015 at 5:10 pm
Fago, sei simpatico, ma quello che scrivi è incomprensibile (ti prego non provare a rispiegare). La chiesa è un’ istituzione religiosa in base alle leggi vigenti dell’ordinamento giuridico. Fai fatica… a fare che? 2+2? Va bene, non c’è bisogno di farlo sapere in giro.
(scrivendo)
Febbraio 27th, 2015 at 5:23 pm
Hmsx: ogni volta che su questo blog si affaccia un nuovo commentatore fai lo sprezzante. In questo caso, a mio avviso, non hai capito che cosa diceva Fago (ciao). Proprio perché è un ente giuridico, diceva, non può essere un ente religioso anche se tale è il suo nome. Giusta l’etichetta ma il contenuto non è quello indicato.
Dove non concordo con Fago (e questo è poi il senso del post, spiegato nel @1) è chiedersi, dal di fuori, che cosa pensano i cattolici. È ora di esser noi, ovvero tutti, a mettere i piedi nel piatto perché le decisioni/pensieri della chiesa (dei cattolici) influiscono pesantemente sulla nostra vita, la vita di tutti, per cui è bene che interveniamo tutti.
Febbraio 27th, 2015 at 5:43 pm
mi scuso. ho avuto una brutta giornata.
Febbraio 27th, 2015 at 5:43 pm
Prego, Hmsx, nessun problema.
Febbraio 27th, 2015 at 5:44 pm
@7-8-10 (grazie Fago).
Al proposito illuminanti le osservazioni di Simone Weil sul “grosso animale” sociale, sintetizzabili nella conclusione “l’istituzione, in sè e per sè, è nemica del Bene” (che infatti costò il posto a un amico religioso).
Febbraio 27th, 2015 at 5:53 pm
Sì, la Weil (da pronunciarsi, tassativamente!, “vail” mi corresse un gesuita di quelli in cui incappo ogni tanto) rappresentò con precisione il pericolo dell’istituzione (sedicente) religiosa. Tuttavia, e lo dico per esperienza, muoversi a livello transpersonale in assenza di una forma istituzionalizzata presenta difficoltà quasi insormontabili.
Febbraio 27th, 2015 at 6:56 pm
@14 – Corretto, l’istituzione è necessaria, ma senza mai dimenticare (e qui sempre la Weil, che cita la sorgente greca) “la distanza tra la necessità e il bene” (“distanza” = “distacco”?).
Febbraio 27th, 2015 at 7:03 pm
Una volta iniziato, ovvero realizzata seppur di poco quella distanza, pare che sia tutta terra da arare. Mantenere quella distanza al minimo, ovvero impedire che la struttura cresca, è proprio difficile. Tutto spinge nell’altra direzione.
Febbraio 27th, 2015 at 10:39 pm
Penso che una cosa fondamentale sia tenere ben presente la possibilità (necessità?) di un “suicidio” dell’istituzione una volta che quella distanza (@giorgio15) inizia a diventare “controproducente”. Che poi c’è il solito problema, non c’è la prova del palloncino che ti dica quando sei “fuori”.
Febbraio 27th, 2015 at 10:48 pm
@mym10:
Concordo sulla necessità di mettere i piedi nel piatto.
Il fatto è che mi pare estrememente difficile un dialogo religioso vista quella che mi pare essere l’intenzione di chi decide di far parte della tradizione cattolica rappresentata dalla Chiesa. Che mi pare essere (l’intenzione) non tanto il “re-ligarsi”, ma piuttosto il trovare una presunta giustificazione divina alla separazione.
Poi vabè, generalizzare è sempre stupido, però…
Febbraio 28th, 2015 at 8:51 am
@17: il seppuku istituzionale funziona. Purtroppo lascia seri danni collaterali, persone che ne soffrono. Può essere un’idea istituzionare il suicidio istituzionale 😯 ovvero stabilire dall’inizio che “questa congregazione/chiesa ecc. si scioglierà tra 10 anni” e, per es., che se ne viene fondata una nuova, debba avere una dirigenza rinnovata. Qualcosa di molto simile era stabilito ad Antaiji riguardo all’abate, anche se ora pare diventato un incarico a vita.
Febbraio 28th, 2015 at 8:58 am
@18 La mia proposta non è di dialogo. Volendo possiamo definirla “oltre il dialogo”. Si tratta di dire noi, senza paura. Ieri è venuto il prete a benedire casa mia. Compie un servizio, anche abbastanza faticoso e perciò ho fatto un’offerta (pensando a tutti i quattrini che incamerano con l’8×1000 mi piangeva il cuore ma quello che è giusto è giusto). Gli ho parlato 20 minuti. Non è riuscito a spiccicare parola. Penso che difficilmente dimenticherà quest’occasione.
Febbraio 28th, 2015 at 10:14 am
@19 Ricordo la proposta di un maestro francescano, di sciogliere ogni ordine alla morte del fondatore… Era un contributo sorridente a una conversazione privata, ovviamente 😉 ma mi fa piacere leggere la versione di mym.
Febbraio 28th, 2015 at 10:32 am
Il principio è quello, ma non è da prendere alla leggera. Spesso, ed a volte auspicabilmente, chi entra a far parte di un ordine o anche di una comunità religiosa lo fa pensando di aver tagliato i ponti dietro di sé e che da quel momento in poi … totus tuus. Poi arriva uno che suona la campanella e dice: signori, si chiude. Può essere una botta tremenda. Se lo si dice prima… dirai tu. Ma poniamo, per es., che sia scritto da qualche parte e in modo palese che fra uno-due dieci anni una certa congregazione si scioglie. Chi taglierebbe i ponti alle sue spalle per entrarvi secondo una scelta radicale?
Marzo 1st, 2015 at 10:23 am
@mym19:
istituzionare il suicidio istituzionale lo ucciderebbe… 🙂
Secondo me deve rimanere un atto “fresco”, altrimenti rischia di creare solo danni. Riprendendo l’esempio di Antaiji: se l’attuale abate avesse seguito la “regola” dei 10 anni, ora probabilmente il tempio sarebbe chiuso.
Riguardo ai danni collaterali e al “dirlo prima” effettivamente è un bel dilemma
Marzo 1st, 2015 at 10:29 am
@mym20:
“Si tratta di dire noi senza paura”
penso di aver colto il senso, ma mi pare ancora più utopica come cosa! Se già non si riesce a dialogare..
Marzo 1st, 2015 at 10:54 am
Chiaramente @23 è sottinteso il mio personale parere che la pratica portata avanti attualmente ad Antaiji sia “cosa buona”.
Marzo 1st, 2015 at 11:44 am
Buongiorno Fago.
23-24-25@: le spari al volo tu, eh!
Così, tanto per vedere se sotto al vestito c’è qualcosa: senza sbrodolarti, mi dici svp che cosa intendi per “fresco” in 23@?
Su cosa fondi l’opinione “che la pratica portata avanti attualmente ad Antaiji sia “cosa buona”?
Quando dici “se l’attuale abate avesse seguito la “regola” dei 10 anni, ora probabilmente il tempio sarebbe chiuso” che cosa intendi, che sarebbe una iattura? Una cosa buona? Indifferente?
Riguardo a @24: monologare, lipperlì, è molto più facile che dialogare.
Marzo 1st, 2015 at 12:42 pm
Buondì, rispondo in ordine:
– per “fresco” intendo un atto compiuto in base ad una visione chiara della situazione presente ed esente da calcoli utilitaristici
(per quanto possibile)
-l’opinione è fondata sulla lettura dei testi scritti dalla persona che ora guida la pratica e dai praticanti stessi. Riconosco che siano “prove” insufficienti. AAAcercasi opinioni più fondate
-intendo che sarebbe un peccato
@”Riguardo @24 ecc”.. : chiederei delucidazioni se possibile, perchè ci sono un paio di modi per interpretare la frase e non so quale sia l'”originale” 😉
Marzo 1st, 2015 at 12:56 pm
Cominciamo dal fondo: il monologo è quello che è avvenuto ed avviene tuttora. Qualcuno (spesso sul pulpito) spiega quale sia la volontà del tuo dio e tu… zitto. Propongo di invertire. Ovviamente riuscendo a farsi ascoltare. Per nulla facile.
La morte del bruco è la vita della farfalla: Antaiji è morto molti anni fa. Ora c’è un’altra cosa. La sua vita sarebbe farfalla se si svolgesse altrove ed in una forma diversa. Così è bruco che non muore e farfalla che non nasce.
Su “fresco” sono d’accordo: le tue regole sarebbero un buon modo di istituzionalizzare il suicidio. Ma senza un orizzonte temporale il più definito possibile (ad Antaiji “10 anni” era un termine chiaro, infatti Watanabe fu abate per 12) siamo in mano alle buone intenzioni.
Che come si sa…
Marzo 1st, 2015 at 6:05 pm
Anno 10 dell’era Zuckerberg.
[è il 2016, insultarsi è il nuovo dialogo moderato, ma cosa vi offendete, a quest’età poi]
M’ è partita la brocca su *perchè*. @8. Si scrive con l’accento acuto perché la vocale è chiusa. Quando la vocale è aperta si scrive *è*.
Ripensadoci, io, scrivevo peggio 🙂
[non è vero non è vero… ]
@20
Il prete responsabile della parrocchia ha 70 anni. Ha vissuto 25 anni ad Avellino. Sempre nella stessa camera. Allocata a qualche centinaio di metri dal passaggio a livello! Ogni mattina alle 6.45 scampana. Meno male che mi sono incazzato e si è ridimensionato. “Solo sette” scampanate al dì da due minuti.Considerato il giorno di ventiquattro ore fanno un quarto d’ora al giorno. Esclusi funerali, feste, etc. Allora scampanata. Sempre due minuti. Non trentasecondi come dice la legge.
Ad ogni modo un buon risultato, la pianta di spezzarsi la schiena. Una volta – pensate – scampanava per cinque minuti. Altri tempi. Era giovane.
Ha preso così sul serio la mia incazzatura che ha insistito affinché portassi a casa un libro di fotografie dedicato alla sua persona e il giornalino parrocchiale. Ogni mercoledì scrive l’Arcivescovo “Superbo”. Si chiama proprio così.
La questione dei decibel è stata affrontata in questi termini: “gli ombrelli li diamo ai poveri, eh sì i bimbi africani sono belli”.
Fortuna che la scommessa è andata a buon fine. Contro Pascal.
Marzo 1st, 2015 at 7:11 pm
Quando scrivi bene scrivi davvero bene.
Ma a tutti, prima o poi, sfugge un accento.
Ora, molti non ci fanno neppure caso, come alle maiuscole e gli a capo.
Che ci vuole fare, signora mia, ora scrivono tutti; del resto di che si stupisce, anche l’operaio vuole il figlio dottore.
Marzo 2nd, 2015 at 11:16 am
@HMSX29:
We, mi sun de Milan. U mai sentì un “perchè” cun la E sarada :))
Marzo 3rd, 2015 at 10:31 am
Ueé, polentò, facìte o piacere: parlate tricoloore!
Marzo 4th, 2015 at 10:58 am
Bè, questo Papa è biblico e evangelico a seconda dell’occorrenza…deve risollevare le sorti di una chiesa fortemente compromessa e assolutamente contradditoria…come sempre nella sua storia.
Pur condividendo lo scritto di mym, mi chiedo chi ha destabilizzato un’area pericolosissima come quella? Per quali scopi?
La risposta è abbastanza facile ma nessuno, Papa incluso, la dice.
Marzo 4th, 2015 at 7:31 pm
Ciao Nello, bentornato.
Per area destabilizzata intendi la fascia che va dall’Afghanistan… alla Libia?
Puoi essere più chiaro per favore? Grazie.
Marzo 5th, 2015 at 2:09 am
Non si dovrebbe dare credito alla gente che ha capito tutto della vita. “Il papa è il papa”, “quel che dice è saggio” “il papa è (umilmente per carità) infallibile” … anche fosse in contraddizione con il papa precedente, col Libro o il buon senso (in ordine di importanza? boh)… quindi?
Secondo me da tutte queste menate per ora se ne esce solo su un piano personale, con un * ben detto. Collettivamente, con voci numericamente trascurabili, non c’è via d’uscita nè modo di non passare per fessi. La norma corretta/salutare sembra quella di delegare la propria opinione ad un leader/papa/maestro/guru, a qualcuno con un qualche sacramento distintivo.
Delegare è diverso dall’ascoltare. C’è stato chi si è costruito un proprio status religioso con contorno di infallibilità, in sicura deroga alle proprie condizioni (sulle intenzioni non si può certo dire). L’ha anche lasciato come eredità al proprio lignaggio.
Se trovo divertente come non si colga la dissonanza tra papi che propongono Cristo e la chiesa (si propongono) in modo così differente … quel che trovo difficile da sopportare è il dover subire volenti o nolenti questo carnevale. Ormai inutile brusa-crist convinto.
Marzo 5th, 2015 at 9:38 am
Ciao brusa-crist, bentornato.
Il numero, da un lato, non conta. Non si tratta di far la rivoluzione e prendere il potere o di ottenere la maggioranza. O meglio: sì, si tratta di quello ma non “fuori”.
Per cui il prete sul pulpito dirà quel che vuole: che diventi cieco o che Gesù si addolora, ma se tu nel frattempo pensi “prima o poi anca lù se ne farà ‘na ragione…” e, naturalmente, fai il bravo, allora … allora cosa?
Va bìn parei!
Il teismo esasperato necessita di definire la volontà di dio. Gran brutto guaio.
Ma è un guaio loro se non te ne fai coinvolgere. Poi occorre che a tempo debito si esprima opinione, questo sì, altrimenti comandono “loro” e la legge sul divorzio saremmo ancora lì ad aspettarla…
Riguardo ai lignaggi infallibili: tempo un due trecento anni nessuno se ricorderà più.
Marzo 5th, 2015 at 10:58 am
Ciao mym, mi riferisco ai fatti più tecenti, quali L’Egitto, la Libia e la Siria (a margine l’Ucraina, il Kossovo, ecc…).
C’è una precisa regia e sceneggiatura, a Hollywood sono molto bravi in questo genere di cose.
E’ evidente che una certa parte di mondo, per mantenere leadership e privilegi, confligge a 360 gradi con gli altri.
E finisco con gli studi del Prof. Serge Latouche: “se tutto il pianeta consumasse con gli standard americani, sarebbero necessarie le risorse di otto pianeti come la Terra”…
E’ evidente l’intenzione di destabilizzare l’Europa (con il cavallo di Troia inglese dentro che boicotta finemente), e soprattutto la Russia che non ha l’anello al naso ed è tecnologicamente pari agli USA, mentre i cinesi no, per esempio, quindi nell’immediato non sono un problema.
Il problema per gli USA è l’unione naturale di Europa e Russia che li relegherebbe dove è naturale che stiano, vale a dire nel loro inferno o immondezzaio consumista, amorale, relativista.
Ma ti pare che i russi gli facciano mettere delle basi militari in Ucraina…ti ricordi quando Kruscev voleva mettere le basi a Cuba, rischiammo grosso, ora gli USA sono già in Polonia, in Turchia e dintorni…
Il vero pericolo per tutti è la geopolitica USA. Non è tollerabile, e solo dei politici da poco come merkel, hollande, renzi, e soci possono sostenere l’insostenibile.
Marzo 5th, 2015 at 11:25 am
La rozzezza della politica estera USA (e di chi l’appoggia) è evidente: portare la democrazia per il mondo è uno slogan perverso e dannoso. L’altra faccia della medaglia dei dittatori che hanno imposto per anni in Sud America. Putìn, d’altronde, non è il Carla Fracci della situazione.
La regia politica delle crisi anche religiose è possibile però perché vi sono religioni che confondono il diritto con la fede, ancora più rozze dei Bush di recente memoria.
Siamo un povero blog che si occupa della vita secondo la sua declinazione religiosa, quella è l’angolatura che ci (per scelta) compete.
Marzo 6th, 2015 at 1:15 am
Sarà la demenza senile che “incipie”, ma non reggo più qualsiasi cosa che riguardi Dio, i teisti, la religione nel senso “collettivo” e i discorsi dei vari unti dal Signore … preferisco curarmi della trave nel mio occhio che degli slogan pubblicitari del redentore di turno … forse sbaglio ma ad un certo punto per me occorre semplificare, ed escudere a prescindere questo o quello, perchè energie e tempo sono limitate. E poi il vaticano generosamente si arroga il diritto di decidere quali affetti siano veri, quali vite siano sante, quali scelte siano da portare avanti ecc … del resto loro sono in missione per conto di Dio. purtoppo però non come Jake & Elwood Blues…
Marzo 6th, 2015 at 9:11 am
In effetti, se i predicatori di turno (qualche volta lo sono anch’io, eh!) avessero un po’ di senso dell’umorismo quando ci spiegano quello che dio vuole o non vuole almeno finirebbe a pacche sulle spalle.
Invece finisce che qualcuno poi su ‘ste cose ci fa la guerra.
Il teismo a oltranza è una malattia inguaribile.
Marzo 6th, 2015 at 10:59 am
A proposito di umorismo.
Il filmato (che ho visto senza audio, ma basta) mi sembra, al di là di tutti i limiti, una buona predica sull’impermanenza.
(se ricordo bene, sfrutta un’idea del film, non eccezionale, “Samsara”, l’incontro dell’eremita, sorridente, con il giovane monaco).
Marzo 6th, 2015 at 11:24 am
Molto bello, grazie.
Certo migliore di quella scena, che però nell’economia del film ci stava, visto i luoghi.
Marzo 6th, 2015 at 6:24 pm
I fanatici dell’antiamericanismo non li capisco. È vero, gli americani sono rozzi e pragmatici, tuttavia la loro democrazia è quella che funziona meglio nonostante sia una macelleria sociale. La catastrofe europea dipende da noi stessi. Gli americani hanno tutto l’interesse che l’Europa si regga sulle sue gambe. Questo è però un blog religioso. Dunque, il capostipite dell’antiamericanismo italico si chiama Diego Fusaro. A proposito del terrorsimo islamico dice “i signori dell’ISIS hanno lo stesso grado di esistenza del dottor Balanzone del carnevale bolognese o del Gianduja del carnevale torinese”(*) perché li ha visti solo alla TV che non è neutra ma manipolata dal mondialismo. E poi, se quelli dell’ISIS sono contro gli americani, cattivi cattivi proprio non devono essere. Insomma, un folle.
(*)sul profilo facebook di Fusaro, status del 6/3/2015 ore 7.20.
Marzo 6th, 2015 at 6:25 pm
Le osservazioni di Massimo mi fanno venire in mente le parole di Ennio Flaiano, Diario degli errori:
“Preferire sempre di no. Non rispondere a inchieste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società che è chiaramente contro la libertà dell’individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla Burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, (…) dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, (…). Rifiutarsi, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: no. Non cedere alle lusinghe della televisione. (…) Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di no isolati sono più efficaci di milioni di no in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: No. Sarà un modo segreto di contarci. Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo”.
Marzo 6th, 2015 at 6:49 pm
@44: Mi piace la prosa di Flaviano, seppure utopica. Mi rammenta un altro, più realista però: Enzo Biagi.
@43: Concordo sul fatto che, per governare noi occidentali, la democrazia sia il sistema migliore. Se in Europa (a parte Irlanda, Kosovo, Ukraina e poche altre…) non ci sono state guerre da circa 70 anni è merito della democrazia.
Però non funziona dappertutto, per es. dove ci sono situazioni tribali con forme di governo che garantiscono un equilibrio tra le tribù. Lì, se ci “porti” la democrazia fai disastri. Molto più pesanti del male che vorresti curare. La realtà, a me pare, parla chiaro.
Ma, come dici, questo è un blog religioso.
Marzo 11th, 2015 at 6:15 pm
ragazzi, “religioso” non esclude nulla e da questa parte di mondo, è sempre stato commisto (trono e altare).
Se poi parli dell’islam, lo “stato” può solo essere confessionale…
Ribadisco: E’ l’America il più grande pericolo per la pace nel mondo, ed è sempre stata una realtà imperialista, altro che “democrazia”.
L’unica democrazia vera è solo quella Svizzera, il resto è altro.
Marzo 11th, 2015 at 6:18 pm
Noam Chomsky: “L’America non è mai stata tanto pericolosa come ora.”
Questo nella sua ultima recente visita in Italia.
E per dargli una sfumatura religiosa potremmo dire che la religione del dio dollaro necessita dei suoi sacrifici.
Marzo 11th, 2015 at 6:48 pm
Ciao Nello.
@46: il fatto è che hai ragione, “la religione non esclude nulla” ed è pure vero che, sino ad ora, in un’ottica islamica, tra stato e religione la differenza è solo una questione di dosaggi, Paese per Paese. E così è pure in un’ottica buddista: pensando a Myanmar (alias Birmania), Thailandia, ex Tibet, Nepal et alia. Per non parlare di Italia, Spagna e Paesi del Sud America in area cristiano cattolica ecc. ecc.
Ma il piccolo compito che la Stella si assume qui è quello di dire che così non va. Religione è tutto del mio comportamento ma in libertà. Ossia: il mio comportamento non può/non deve essere regolato da una legge dello stato condizionata dalla religione. Quindi stato e religione devono essere, stare separati. E chiedere l’8×1000 è già sovrapporli.
“La democrazia -diceva Churcill- è la peggior forma di governo. A parte tutte le altre”. Nel senso che non c’è da scandalizzarsi. Ma è “meglio” della guerra per bande.
Non penso che imperialismo e democrazia si escludano a vicenda. Il contenuto della democrazia (per es. il dio denaro come anche in Svizzera o l’imperialismo) è altro (può essere altro) dalla democrazia, che è un modo di organizzarsi, non un imperativo etico. Altrimenti sarebbe religione.
Marzo 14th, 2015 at 11:32 am
Pur comprendendo la critica radicale che MYM fa al senso fondamentale del dare (vivere) un significato religioso alla vita, e il conseguente invito ad una altrettanto radicale coerenza, data la complessità del tema e la difficoltà a sintetizzare questa in poche righe mi sono fin qui astenuto dall’intervenire. Pur avendo delle perplessità sul linguaggio usato da papa Bergoglio, credo che i possibili effetti sulla realtà POTREBBERO essere positivi (per l’intera pianeta), anche se apparentemente non in linea con una “forte” struttura teologica.
Visto quindi questo, a mio parere, interessante articolo, laicamente condivido.
http://ilmanifesto.info/bergoglio-il-fascino-non-e-eterno/
Marzo 14th, 2015 at 6:07 pm
Ciao Dario.
Sì, capisco quello che vuoi dire. Una risposta mi viene da uno slogan che usava 40anni fa nel “movimento”: i liberali son peggio dei fascisti perché fan sembrare buono il padrone.
Se la positività ipotizzata sta nella nuova capacità della chiesa di attrarre le masse mi lascia parecchio freddo. Soprattutto se il tutto è fatto nominalmente per la misericordia, ma in realtà giustificando la strage di Charlie perché ‘sti vignettari avevano esagerato.
Impegno radicale non significa per forza volto severo e bastone del senso di colpa.
Significa provare a vivere davvero il Vangelo. Allora essere misericordiosi avrà il senso dell’autenticità.
In realtà, dal punto di vista concreto, non so nemmeno che cosa sia un giubileo, un anno santo. Ma immagino che si farà parecchio baccano, si esibiranno parecchie stole dorate e tiare intarsiate di gioielli in lunghe cerimonie concelebrate da stuoli di preti.
Misericordia è, per esempio, andare a lavorare e fare anche il prete, con la messa la mattina ecc. Ovvero una forma di condivisione.
Non dico che questo dovrebbe essere il modello fisso ma qui il modello fisso è il contrario.
Così misericordia son solo discorsi al vento. Ci hanno messo 35 anni a riconoscere che Romero era un brav’uomo.
Marzo 15th, 2015 at 12:24 pm
Penso che Marx, nonostante abbia drammaticamente sbagliato sulla proposta/ previsione politica, abbia colto la logica dei processi economici e le loro conseguenze sull’uomo: la natura umana modellata dalla struttura dell’economia.
La cosiddetta società globale si sta trasformando in un mercato globale in cui l’uomo è una merce e le relazioni identitarie sono fondate sul guadagno.
Quindi, non entrando nella complessa discussione sulle ragioni teologiche/filosofiche per cui le religioni hanno favorito o consentito (anche attraverso la loro indifferenza)questa patologia planetaria, come essere vivente penso che tutto ciò che aiuta ad uscire da questa situazione (in modo non violento) va ascoltato e anche favorito. In questa emergenza che rapidamente degenera penso vadano tentate convergenze sui frutti più che divergenze sulle radici.
Per essere chiari ci sono “religiosi e religiosi” (Bertone e Luigi Ciotti) e “laici e laici” (Gino Strada e Antonio Angelucci.. o Landini e Marchionne:-)
Ps penso che anche questo sia “religioso” in senso morale
Marzo 15th, 2015 at 3:16 pm
Guardando da un punto di vista politico, quello che dici è chiaro e, in un’ottica di parte, condivisibile. Ma la religione non è politica. Per questo ho usato quello slogan per risponderti: è la traccia di quando si mischiavano e confondevano politica e religione. Più o meno vuol dire: padrone=diavolo per cui vade retro. Qui si vede bene la differenza: in un’ottica democratica della politica, con la parte avversa (il padrone o il dipendente, l’altro partito ecc.) si può e si deve trattare. In religione col diavolo non si tratta. In senso politico è bene che Bergoglio abbia tolto Bertone dalla sala comando da cui si decidono le politiche dello IOR. Magari ci avesse messo don Ciotti. In senso religioso evangelico è lo IOR come tale che non ci dovrebbe essere. La politica, in democrazia, è compromesso. Il vangelo e lo zazen non si possono compromettere, altrimenti scompaiono.
Per cui: politicamente parlando il fatto che la CEI abbia agitato il ditino contro l’ex cav è cosa apprezzabile. Dal punto di vista religioso puzza alla grande.
Landini e Marchionne sono ben differenti e rappresentano scelte e mondi differenti, sia in senso politico che in senso umano. Al punto che, da un punto di vista laico, ritengo che la loro differenza sia anche morale. Ossia (non li conosco, perciò è un azzardo): il loro comportamento mi pare che poggi su basi morali diverse.
Ma se venissero a fare zazen con noi li tratterei allo stesso modo, come è normale che sia.
Marzo 16th, 2015 at 12:34 pm
Il giubileo sarebbe anche un evento interessante, nelle intenzioni. Istituito nell’AT (Levitico 25,8 e segg.) una volta ogni cinquanta anni, doveva essere un anno di riposo, anche per la terra e gli animali, prevedeva l’annullamento dei debiti, la restituzione delle terre, la liberazione dei servi… Insomma, una specie di azzeramento collettivo. Non risulta sia mai stato messo in pratica e dubito che sia questo che papa Francesco intende proporre ai potenti del mondo, non fosse che ai cattolici. Ai greci piacerebbe, comunque…
Marzo 16th, 2015 at 2:22 pm
Sino ad ora, chi durante il giubileo si recava a Roma, riceveva indulgenza plenaria.
Credendoci, non è poco.
Aspettiamo e vediamo.
Marzo 16th, 2015 at 5:51 pm
Questa questione dell’indulgenza dà da pensare. E’ legata a una parola del Vangelo che non mi è del tutto chiara, e che ricorre in almeno tre passi: per tutti Matteo 18,18 “Tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”. Non tutti i cristiani la leggono nello stesso modo, ma certo il cattolicesimo ci ha costruito sopra l’edificio del potere sulle anime. Un conto è il “potere” del perdono, che è incondizionato, assoluto, gratuito. Ma perché abbinarlo al potere di legare? qui si pesca nel torbido. Ho chiesto in giro, ma nessun cattolico mi ha spiegato in modo soddisfacente, finora. Ma son fuori tema, pardon.
Marzo 16th, 2015 at 8:35 pm
Il tema, di solito, lo spostiamo dalle parti dell’ultimo commento.
Il potere di slegare può essere inteso come far scomparire il senso, la paura, la convinzione (ossia l’illusione) di essere legati. Mi sembra un bel lavoro, allegerisce. Il potere di legare pare inteso come il suo contrario: ti convinco che sei… fregato per sempre. O almeno sino a quando lo dico io.
Quando entra in gioco il potere qualcuno ci rimette sempre.
Giusto per non far dei paragoni: non ce lo vedo il Buddha che prende da una parte Ananda e Subhuti e gli fa il discorsetto dei poteri.
Le differenze, anche di livello culturale, tra la letteratura cristiana e quella buddista sono evidenti.
Marzo 17th, 2015 at 12:33 pm
Un fraintendimento della Chiesa
Il ladrone nella croce: se pure il delinquente, che sopporta una morte dolorosa, pensa: «così, come questo Gesù, senza ribellarsi, senza ostilità, indulgente, sottomesso, così soltanto è giusto» ha affermato il Vangelo, egli è perciò in Paradiso. Il regno dei cieli è uno stato del cuore (dei fanciulli è stato detto «perché di essi è il regno dei cieli»); non è qualcosa che sta «sopra la terra». Il regno di Dio non «viene» cronologicamente, storicamente, secondo il calendario, come qualcosa che un giorno c’è e il giorno prima non c’era: ma esso è un «mutamento di senso del singolo», qualcosa che avviene in ogni tempo e in ogni tempo non c’è ancora.
Morale: il fondatore del cristianesimo ha dovuto pagare il fatto di essersi rivolto allo strato più basso della società e dell’intelligenza ebraica. Essa lo ha interpretato secondo lo spirito che essa capiva.
Marzo 17th, 2015 at 12:35 pm
Questo papa è simpatico. Se qualcuno t’offende glie devi da’ un cazzotto, anche se nel vangelo c’è scritto porgi l’altra guancia, perché quella è teoria. Se sono i bimbi a mancare di rispetto, bisogna picchiarli, ma non in faccia. È una questione di dignità. Pochi figli, massimo tre, ché non siamo conigli. Così dice Bergoglio. Mò un anno santo straordinario dedicato alla misericordia. In effetti, a una attenta analsi, considerate le premesse, Francesco è proprio uno esperto di Misericordia in senso cristiano. La misericordia è un po’ come il regno dei cieli: è legato ai cristiani e abita solo i cristiani: gli irriverenti, gli empi, come charlie, è giusto che abitino l’inferno.
ps: se il papa è un idiota, rilevarlo mi rende colpevole agli occhi di dio o lodevole? e non ammettere che il papa dica idiozie, cosa fa di me? un filisteo, se diamo retta all’esempio di Gesù. la questione è semplice. se poi uno dice una idiozia e si fa finta di niente solo perché è il papa a dirla, evidentemente seguiamo fedi diverse. forse la mia è più verace. forse. sicuramente non mi rende così cieco da perdere il senso critico.
Marzo 17th, 2015 at 5:44 pm
L’umorismo della cultura europea: ritiene vera una cosa e se ne fa un’altra; per esempio a cosa serve ogni tecnica di lettura e di critica se l’interpretazione ecclesiastica della Bibbia (sia protestante che cattolica) si mantiene come prima?
Marzo 17th, 2015 at 6:15 pm
Ciao Hmsx.
Carramba! Direbbe el señor Bergoglio.
@57: un commento ispirato.
Può essere, però, che la conclusione non sia -solo- come tu dici: anche il fondatore apparteneva a quell’ambiente. Lo scatto, lo stacco dalla mentalità preistorica è poderoso, perciò: complimenti. Ma, come dicevo sopra (@56), la letteratura buddista ‘i dà di bèl! (gliene da delle belle). C’è da dire però che -quella buddista- è nata in un ambiente in cui c’erano già le Upanishad…
@58: sull’ipotesi che Francesco sia un po’ cogl…e ne abbiamo discettato un paio di post or sono. Penso che, carte alla mano, vada detto.
@59: c’è la versione CEI e la versione CEI rinnovata, che cosa vuoi di più? Cerchi rogne? Eh? Ti do un pugno, sai! 😯
Marzo 21st, 2015 at 8:09 pm
Cara catastrofe,
mi chiedo se la menzogna non sia qualcosa di divino; se il valore di tutte le cose sia nel fatto che sono false. Se la disperazione non sia la più pura conseguenza di una fede nella “divinità della verità”… Se proprio il *mentire * e il *falsificare* (trasporre in falso), l’introduzione di un senso, non sia un valore, un senso, un fine; se non si debba credere a Dio, non perché è vero, ma perché è *falso*.
Marzo 21st, 2015 at 8:13 pm
PS: non voglio litigare, è che è stata una settimana ispirata da dio, con tanta nuova buona musica. Peccato che non ho più l’età per fare il juke box.
Nessuno vuole sapere niente. Pare che il termine ignorante sia impronunciabile. Guai a dire ad un ignorante che è un ignorante: apriti cielo. Bisogna dimostrare di sapere qualcosa, anche se quel “qualcosa” è il tuo mestiere, il tuo bagaglio, quello che hai studiato per una vita intera. Torno a cantare tra “Cielo e terra”; nella metrica di Dante; nella pioggia ovunque cada; nella voce del cantante; nella vita che degrada; nel tempo che farà. 🙂
Marzo 21st, 2015 at 8:53 pm
@61: Dio non può essere falso. È come dire che l’acqua non bagna: se è acqua bagna. Irrimediabilmente falso è ciò che si dice di Dio.
Credere a Dio è una sovrastruttura inutile e religiosamente nociva. Il Dio che è tale implica che non ci sia bisogno che si creda in “qualcosa” chiamandolo “Dio”.
@62: l’amore in cielo e in terra…
Benedetta gioventù.
Marzo 23rd, 2015 at 11:00 am
Faccio una deviazione…ho letto “The Eight Gates of Zen, di John Daido Loori, Shambala ed.”, mi è piaciuto, qualcuno lo ha letto? Cosa ne pensate mym e jf della linea Maezumi?
Marzo 23rd, 2015 at 11:01 am
“qualcosa”…è già…
Marzo 23rd, 2015 at 11:02 am
@63
Marzo 23rd, 2015 at 11:03 am
@66 completa @65, scusate
Marzo 23rd, 2015 at 11:03 am
riferito a @64
Marzo 23rd, 2015 at 5:07 pm
Ciao Nello
@64 La linea di Maezumi? Mah, a parte che si scopano pure i tappeti non c’è molto da dire. Maezumi era il “classico” giapponese faso tuto mi che gli amerlocchi (i.e. alcuni allocchi tra gli americani) hanno idolatrato salvo poi accorgersi che … era la volpe nel pollaio. Questo a proposito delle vite private.
Poi chi fa zazen fa zazen, e con san Pietro se la vedrà lui.
Certamente una linea in cui sesso e discepolato si mischiano non è né zen né buddismo.
Non è il sesso che non va bene, quel che non c’entra sono lo zen e il buddismo.
Marzo 23rd, 2015 at 5:12 pm
@65: se non ci metti qualcosa nel credere… non è credere in o credere a.
Marzo 23rd, 2015 at 11:16 pm
Chiamato in causa (Nello @64 – Ciao!) eccomi. Per prima cosa penso che nel buddismo dovrebbe esserci solo la linea Sakyamuni, ed è pure già un rischio anche solo chiamarla così. Quanto a Maezumi penso sia stato uno della banda “le zen c’est moi!” con le conseguenze che mym ci rammenta. Per fortuna il tempo di questi pionieri self made è finito, speriamo che prima o poi se ne accorgano anche i loro seguaci: l’ombra che proiettano è ancora spessa e qualcuno la prende ancora a riparo della propria ignavia spirituale.
Marzo 24th, 2015 at 9:35 am
Amen
Marzo 25th, 2015 at 10:50 am
Grazie mym @69 e jf @71 l’America è l’apoteosi del relativismo…tuttavia, l’esperienza di Daido Loori mi sembra positiva, poi c’è tutto il resto che è appunto America. Per esempio, Shunryu Suzuki ha creato un certo sangha, poi il suo successore…americano…Sorge anche la domanda: è circoscrivibile alla sola America il problema? Comunità miste avranno sempre attività del genere. E’ il momento di separare i generi? Dove va a parare il farlo? E’ bene precisarsi in questo senso, a priori, a monte. Nel testo di Daido Loori che ho citato, quanto meno si è tentato di precisare le funzioni del monaco e del laico nel sangha, poi c’è tutto il portato di Yasutani Hakuun e la mescolanza di elementi rinzai e soto…che però, nel caso di Daido Loori mi sembrano formativi, educativi, nel senso corretto.
Il mondo è grande e vario…
La carne è sempre stata debole
Marzo 25th, 2015 at 10:53 am
mym @70, non me la voglio tirare dogenianamente ma, “qualcosa”, nella mia intenzione, era soggetto-avverbio-predicato.
Marzo 25th, 2015 at 8:53 pm
@74: “qualcosa” come avverbio…
qualunquemente… 😛
@73: non ho letto il libro di Loori. Però “precisare le funzioni del monaco e del laico nel sangha” così, a naso, mi suona proprio male. Lo zen non è la chiesa cattolica ed inoltre le funzioni possono essere ben fluttuanti. Per di più il mahayana nasce proprio perché non vi sia più differenza sostanziale tra chi vive nel chiostro e chi si siede vivendo nel mondo.
Riguardo invece al sesso nella sangha, il sesso tra persone che fanno zz non è un problema di per sé, lo diventa se avviene tra due che appartengono ad un gruppo di persone che si riunisce (è riunito) per fare zz. Perché sconbussola i rapporti al punto che quel gruppo non è più un gruppo dei pari e quasi sempre, come gruppo di zz, si sfalda. Di questa cosa ne ho scritto anni fa.
L’unica comunità mista sopravvissuta a lungo di cui sono a conoscenza è Antaiji.
Il problema è quando colui che dovrebbe essere un padre si comporta da … porco. Uso questo termine perché non è lo stesso di quando due nel gruppo dei pari finiscono a letto assieme. È completamente un’altra cosa. È usare la vicinanza, fiducia che si crea in un rapporto intimo di tipo religioso per motivi del tutto impropri. Su questo io sparerei a zero. È normale, probabilmente necessario, che quando un anziano cura, assiste lo sviluppo spirituale di un giovane si crei un contatto molto profondo, intimo. Che per essere ciò che è, ovvero un canale di profonda comunicazione, deve assolutamente rimanere puro. Approfittare di quel canale per altri scopi, qualsiasi essi siano (anche “solo” per farsi dipingere la casa), è una porcata.
Marzo 26th, 2015 at 12:46 pm
grazie, mym @75, penso che sia molto difficile non attraversare lo sfaldamento e prodursi nella eventuale ricomposizione su basi sempre più profonde di un sangha. Penso sia molto difficile precisarsi a priori circa l’esperienza dello zazen che può iniziare con certe caratteristiche che via via producono quello che è inevitabile si produca, vale a dire il karma. Come si fa a pensare uno zazen che da subito abbia le caratteristiche che enunci e secondo me frutto di una crescita comune entro l’esperienza stessa dello zazen che, qui e ora è diversa per ognuno?
Marzo 26th, 2015 at 1:00 pm
Si fa, non c’è bisogno di pensarlo. Lo zazen non può e non deve essere piegato alle voglie personali. Non è questione di avvicinarsi a poco a poco. Una cosa non è un’altra.
Che poi ciascuno a modo suo sbagli, è vero. Ma certi errori non sono “perdonabili”: chi li compie è (già) fuori.
Se questo non è chiaro, come non lo è nei vari dojo americani in cui hanno confuso lo zazendo con il lettone di Putìn, allora zen e buddismo non c’entrano, sono il nome di copertura per delle “carriere”. Siccome sono attaccati alle “linee”, alle ordinazioni, e a tutto ciò che deriva dall’essere diventati “qualcuno”, molti da quelle parti (che comprendono anche la Francia) invece di riconoscere che si è andati in un’altra direzione e quindi occorre tornare indietro e ricominciare da capo (letteralmente), cercano di salvare capra e cavoli, dicendo (riassumo): era sì un porco ma ANCHE un grande maestro zen. Così, automaticamente, possono dire: lo zen che mi ha trasmesso (altra cavolata) è autentico perciò anch’io…
Lo zen del porco non sta in piedi.
Marzo 26th, 2015 at 4:30 pm
Boia!!! Sei chiarissimo. E condivido quello che affermi e che è.
Marzo 26th, 2015 at 5:21 pm
Tatàààn! 😉
Marzo 27th, 2015 at 9:17 am
Chi sostiene che si deve distinguere l’uomo dal maestro, per cui la medesima persona può essere umanamente infima e dharmicamente eccelsa (e chi approfitta della propria posizione di potere per sedurre l’altrui mente e corpo è infimo) opera la separazione fra vita vissuta e dharma, che è la negazione del buddismo Mahayana e dello Zen, di cui quel grande maestro dovrebbe essere il testimone e in nome del quale si impalca a maestro. Ragionando così la frattura non si chiude ma si amplia: per sanarla non c’è che tornare al punto di partenza. 1/2
Marzo 27th, 2015 at 9:18 am
Immaginiamo che effetto avrebbe un big master che, guardandosi una volta allo specchio per vedersi e non solo per specchiarsi, dopo aver vomitato, dica (prima di tutto a se stesso): “Ma che c…o sto facendo?!” e, sceso dall’alto seggio, ricominci daccapo, come un nuovo arrivato. Smontando il castello di sabbia, aiuterebbe forse anche i “suoi” devoti discepoli a guardare a se stessi. Chissà se questo intendeva quel tale che, con il suo linguaggio un po’ bislacco e non di rado greve, ha detto: “C’è più gioia in cielo per un peccatore che si pente…”? 2/2
Marzo 27th, 2015 at 4:53 pm
Ciao Jf, com’è la grande ville? È primavera anche lì?
Mitigherei solo un poco quanto scrivi, per evitare idealizzazioni che rischiano di vedere il bambino giù nello scarico insieme all’acqua.
Confortato da Dogen e dal Raihai Tokuzui, Inchinarsi rispettosamente è raggiungere il midollo, spezzo una lancia per le donne, gli uomini pieni di difetti, magari dal passato turbolento, dal carattere difficile e … antipatico che cercano sinceramente di praticare e seguire la via. Quelli che sembra che non ne azzecchino una perché hanno modi ruvidi, e perché come tutti a volte sbagliano. Anch’essi, se disposti a guardarsi in quello specchio (anche nel segreto) e a riprendere da capo ogni volta sono “buoni amici”.
Anche “più” (però in questo campo le quantità non sono di casa) di chi non sbaglia perché non rischia.
Certo qui il porco, quello che se ne approfitta non c’entra.
Marzo 27th, 2015 at 7:40 pm
Beh, dài… sfondi una porta aperta. Dogen conforta anche me: il passato, i difetti, il carattere, gli errori a ripetizione, sempre gli stessi: c’è tutto! E in casa, chiuso l’uscio, ogni tanto allo specchio un’occhiata la do.
La grande ville stempera il freddo al primo sole: i volti sono ancora arrossati, ma i passi si fanno snelli e leggeri.
Marzo 28th, 2015 at 11:00 am
Ciao mym, premetto che non sono interessato al cosidetto “dialogo interreligioso”, tuttavia il modo in cui lo esporrai contiene argomentazioni interessanti. Saranno 9 punti per 90 minuti (10 minuti ad argomento è un tempo congruo per una persona con una certa capacità concentrativa).
Tra i punti enunciati, quelli che mi interessano di più sono:
– Destrutturazione del concetto corrente di religione
– Inclusivismo, omologazione, sincretismo: malattie del dialogo interreligioso.
Ovviamente, come buddhista, ritengo la forma più vera di dialogo l’azione, la prassi, il gesto, educati secondo il proprio essere.
Pubblicherai il tuo intervento qui?
Marzo 28th, 2015 at 11:25 am
L’intenzione è quella. Col tempo e con la paglia…
Le parole a proposito del dialogo religioso sono un prodotto molto richiesto attualmente. Siccome è l’argomento che tratto a lezione, a Urbino, lo metto volentieri a disposizione del dotto pubblico.
Le parole possono essere semplici suoni nel vento oppure l’accompagnamento a un percorso, una via interiore, al suo inizio o in itinere.
Ad un livello macro: l’assenza di dialogo è attualmente tra le maggiori cause di guerra.
Marzo 28th, 2015 at 12:10 pm
Quei passi snelli e leggeri meritano ben … una messa? 😛
Aggiungo al discorso degli ultimi commenti postati una considerazione generale, per cui facilmente opinabile: non esistono casi generali parlando delle persone e soprattutto dello zz.
Raro trovare tra gli assidui praticanti di zz persone “normali”, ossia nati in case serene dotate di tutto e amorevolmente accompagnati sin nella vita adulta.
Non intendo dire che solo i disadattati siano in grado di compiere il necessario distacco, ma ribadire da un altro punto di vista quello che già negli antichi sutra era palese: la via è difficile da raggiungere per i nati nei vari paradisi, per i bravi ragazzi insomma.
Marzo 30th, 2015 at 9:25 am
[…] Tratto da: “La Stella del Mattino”, laboratorio trimestrale per il dialogo religioso, n.1, gennaio/marzo 2003. Sito web: http://www.lastelladelmattino.org/rivistahttp://www.gianfrancobertagni.it/materiali/krishnamurti/suares.htm […]
Aprile 5th, 2015 at 6:31 pm
Bellissima notizia!! Sarei curioso di sapere se e quale è stato il seguito dato alla lettera di commiato. Molti mesi fa (credo un paio d’anni, forse tre) qualcuno spiegava i suoi modi di fare con “sai cosa vuol dire il colore di questo Okesa?”
Aprile 5th, 2015 at 6:41 pm
Ciao Max.
Eee, bei tempi quando bastava sventolare un okesa colorato e pànfete, tutti a rosicare… 😛
Aspettiamo il ritorno di Jiso per avere lumi sulla tua domanda ma temo di conoscere la risposta: l’okesa colorato me l’hanno dato e guai a chi me lo tocca.
Pensare che i colori degli okesa (come pure dei koromi e dei cordoni) furono decisi in base a regole cinesi (valide anche per le altre religioni, compresi i cosidetti cristiani nestoriani) stabilite secoli or sono dal potere politico cinese per definire i ranghi e le gerarchie dei preti, non in senso più o meno religioso, ma nel sistema dei funzionari. Nulla a che fare con la religione.
Aprile 6th, 2015 at 5:32 pm
[…] Ho cercato di indagare il tema, all’interno della tesi dal titolo “Ordine educazione controllo nella cultura cinese. Dalla tradizione alla diaspora attuale”, realizzata presso l’Università di Urbino a conclusione del corso in Sociologia della multiculturalità, con il supporto del professor Mauricio Marassi. Qui è possibile scaricare il testo completo del lavoro. […]
Aprile 7th, 2015 at 10:13 am
Grazie!
Aprile 7th, 2015 at 10:24 am
Caro Massimo, è presto detto. Sul piano personale, qualcuno è stato così gentile da scrivermi parole di saluto e persino di ringraziamento, il che certo mi ha fatto piacere. Sul piano di una discussione del tema da me accennato, cioè riguardo alla deriva del Soto Zen europeo, nessun seguito. Quanto al colore dei kesa, la cui genesi e funzione mym spiega, il fatto che qualcuno lo esibisca come segno di “superiorità” di qualsivoglia genere dice tutto sulla miseria dello spirito di chi si nasconde sotto quelle vesti, agli antipodi della povertà di spirito su cui magari intesse sermoni.
Aprile 8th, 2015 at 2:21 pm
Dopo leggere la lettera di Jiso, e confidando (egoisticamente) che il suo ritorno alla Stella sia buono per tutti ed in primo luogo per lui, mi sorgono 2 domande, chiedendo in anticipo scuse per il mio italiano:
1) Se non mi sbaglio le strutture organizzative di carattere istituzionale che tradizionalmente il Buddismo ha adottato sono stati sempre di carattere nazionale, benché possa che sia male informato. Ho letto in qualche lato che Kosho Uchiyama raccomandò una volta ad alcuni giovani occidentali che ritornavano all’Europa che, al suo giro, essi dimenticano di cose come Rinzai e Bosco, lasciando i problemi dei giapponesi per i giapponesi. Essendo il Soto Zen una chiesa giapponese ed essendo chiaro che nella sua espansione ad Occidente non è stato capace di smettere di essere una chiesa giapponese, mi chiedo: non sarebbe venuto il tempo di dimenticarsi di quello e cominciare a costruire qualcosa di nuovo, qui, da zero?
2) Sono convinto che, sebbene è certo che in definitiva su ciò che conta la religione è personale e intima, è anche certo che la dimensione collettiva, spesso imprescindibile, serve da orientazione e stimolo agli singoli praticanti. Ma mi chiedo se questa dimensione collettiva, per sopravvivere nel tempo senza stravolgere il suo impulso iniziale, deve necessariamente essere fortemente ritualizzata, professionalizzata per alcuni e di natura gerarchica. Ci sono alcuni modelli, come ad esempio è il caso dei quaccheri, che senza rituali o gerarchie sono sopravvissuti già quasi 4 secoli. In questa “Chiesa”, a quanto pare, l’evento centrale dei praticanti per quanto riguarda la Comunità è una riunione settimanale di gruppi locali, fondamentalmente silenziosa, interrotta solo quando un partecipante si sente ispirato per comunicare qualcosa di utile agli altri (tradizionalmente si diceva “ispirato dallo Spirito Santo”, sebbene oggi, a quanto pare, c’è anche la possibilità di essere “agnostico quaker”).
Aprile 8th, 2015 at 2:23 pm
Scusi. Bosco=Soto
Aprile 8th, 2015 at 4:19 pm
Ciao Roberto, bentornato.
Belle domande e bello il refuso bosco per soto.
1)Noi, certamente io, vorremmo dimenticarci del Giappone (in quanto istituzione soto zen) ma la stragrande maggioranza dei cosiddetti monaci soto zen non solo non vuole dimenticare ma vuole mantenere saldi i rapporti. Fondamentalmente è una questione di certificati: i giapponesi, più di 40 anni fa, hanno convinto gli europei che se avessero dato retta a loro, prima o poi avrebbero ricevuto il certificato di “maestro zen”, così sono ancora lì che gli danno retta…
2) Riguardo alle riunioni settimanali, in silenzio, sono parecchi anni che le pratico. Con la differenza che tali riunioni sono due alla settimana, non una sola.
Aprile 8th, 2015 at 5:06 pm
Un caro saluto a Jiso.
La lettera è molto chiara, precisa, gentile ma ferma e senza fronzoli. La apprezzo moltissimo. Grazie.
I rilievi che pone sono quelli classici. Ora, il monachesimo zen europeo, li riconosce tali o no? Se fossero rilevati ci si attiverebbe per innescare un processo di superamento dei medesimi. C’è qualcosa in atto in questo senso? Se no, il problema non è rilevato. Se così fosse, per quali cause? Attiene, il non rilevare le problematiche dello zen europeo, a una imprecisa formazione dei monaci europei?
L’imitazione, permette di penetrare la sostanza o si ferma al puro formalismo? Stando alla posizione della Stella, no. Tuttavia, lo zazen, può ritenersi una imitazione? E’ manipolabile lo zazen? Per me no. Certo, il problema è, forse, la scarsa pratica dello zazen…I secoli risponderanno comunque.
Qui ora, cosa facciamo?
Aprile 8th, 2015 at 5:19 pm
Ciao Nello. Penso che sulle questioni generali ti possa rispondere Jiso meglio di me.
Solo due battute: laddove usi il termine “imprecisa”, imho, sei generoso.
Ora cheffamo? Come s’è sempre fatto, lasciamo che i secoli facciano la loro parte.
Aprile 8th, 2015 at 6:15 pm
Hola, Roberto. Senz’altro dimenticarsi del Giappone, visto quello che rappresenta in questo caso (l’istituzione Soto Zen) sarebbe a dir poco opportuno e consigliabile. E penso che non pochi fra coloro che siedono in zazen e studiano il buddismo come riferimento religioso per la propria vita non solo se ne dimentichino allegramente ma proprio non se ne interessino fin dall’inizio. Io mi sono rivolto alle persone con cui ho avuto a che fare per il mio lavoro appena terminato, e qui invece quasi nessuno intende dimenticare, anzi, non gli basta mai. Perché? Secondo me perché per questioni che nulla hanno a che fare con il dharma (beghe personali, insicurezza, vanità, bisogno di riconoscimento, spirito imitativo, desiderio di potere…) hanno pensato e pensano che esista un certificato da esibire che assevera la loro maestria e che il Soto Zen giapponese detenga tale papiro. Non c’è che da augurarsi (per loro e per chi li segue) che la cosa pian piano si esaurisca per manifesta insipienza, facendo nel frattempo meno danni possibile.
Aprile 8th, 2015 at 6:48 pm
No, caro Nello, il monachesimo zen europeo non rileva il problema, se per monachesimo zen europeo intendi le persone che considerano il Soto Zen giapponese un’istituzione religiosa di riferimento al punto di volerne importare qui le modalità di affiliazione. I giapponesi sanno bene che il Soto Zen giapponese è un’istituzione che di religioso ha ben poco oltre a degli slogan, è più che altro un ente amministrativo che gestisce circa quindicimila templi piccoli e grandi. Non ha un modello di formazione monastica da proporre, ma solo un iter per diventare responsabile di uno di questi templi. Il non rilevare le problematiche cui accenni ha certo a che fare con la formazione e l’esempio ricevuti.
Quanto al che fare, direi di continuare tranquillamente a fare quel che facciamo, con gli occhi ben aperti.
Aprile 14th, 2015 at 10:05 am
La lettera di addio di Jiso trova eco in altre lingue ed in altri luoghi. Sta bene. Già solo manca lo più difficile: che si legga, si rifletta, si capisca e si agisca in conseguenza.
Aprile 14th, 2015 at 10:15 am
Ciao Roby, grazie per il link.
Aprile 14th, 2015 at 11:52 am
Ciao Mauricio, grazie per la gratitudine… ma io non ho nessun centro, non sono il gran Roberto, bensì solo il piccolo Roberto 🙂
Aprile 14th, 2015 at 11:57 am
Aaaaa! Scusa Roberto. Stavo scambiando mails con il tuo omonimo e ho pensato… una volta di troppo.
Oramai la frittata è fatta, le uova sono rotte: buon appetito.
Aprile 15th, 2015 at 5:22 pm
A proposito della domanda di Nello @8, ho ricevuto una lettera di risposta, cui ho a mia volta risposto così: nel caso qualcuno fosse interessato al “dibattito”…
Aprile 16th, 2015 at 9:53 pm
Grazie, Jiso. A me il “dibattito” mi interessa. Perfino può che troppo: questa mattina, durante zazen, ho dovuto prestare abbastanza attenzione affinché il mio pensiero non si vedesse colonizzato per questa questione.
Il problema che tu esponi è cruciale per il futuro (o il non futuro) del Buddismo in occidente. E non suolo per quelli che si situano in qualche modo all’interno della scuola Soto, bensì, credo, per qualunque buddista occidentale, inclusi quelli che non praticano all’interno di nessun quadro istituzionale importato di oriente o perfino che praticano soli.
Questo blog, oltre italiano e pertanto europeo, è una blog buddista. Potrebbe supporrsi pertanto che chi qui accorrono sono, siamo interessati nel Buddismo; che è fondamentalmente una pratica individuale, ma che è anche suscettibile di essere condivisa con altri e di avere pertanto un’espressione, una forma pubblica, condivisa, comunitaria. E ciò, credo, che è spesso utile e buono per molti, perché serve da stimolo per non svenire in questo cammino di vita. In realtà in questo stesso blog esiste una pagina il cui nome è “La comunità”, nella quale possiamo trovare 6 gruppi che integrerebbero quella “comunità” e perfino un sezione denominatao “la via della Stella”… suppostamente, perché dopo risulta che gran parte dell’informazione lì raccolte è obsoleta, senza nessuna nota che indichi che è obsoleta né nessuna spiegazione addizionale di perché è obsoleta. Chiarimenti che credo non sarebbero del tutto vane.
Tuttavia, in un’entrata anteriore sul monoteismo ci sono 258 commenti, mentre la continuazione in un’altra entrata dell’entrata sul monoteismo ci sono 84 commenti addizionali, quando né il monoteismo, né il politeismo sono questioni propriamente buddiste.
Certo, so che in realtà la questione in gioco non era il monoteismo, ma l’idolatria. Ma anche nella lettera, nelle lettere scritte per Jiso è anche quello la questione. Tuttavia sembra che ora tutto il mondo sia rimasto praticamente muto. E non mi riferisco né a Mauricio né Jiso, che sì si sono espressi abbondantemente su questa questione, qui ed in numerosi luoghi, ed ai quali, per lo meno io, sono grato per ciò, per darmi orientazioni utili per non perdersi, ma bensì al resto di intelligenti, formate e spesso loquaci persone che normalmente compaiono per questo posto.
Perché questo silenzio? È vero chi è più facile criticare gli idoli altrui che staccarsi dai propri idoli, dei propri sonni. Ma, per caso, non vale la pena fare questo sforzo?
Chiedo perdono, a chi sia stato capace di leggermi fino a qui, per la semplicioneria del mio pensiero e per la tortura del mio italiano.
Aprile 17th, 2015 at 8:20 am
Caro Roberto, grazie per la segnalazione dell’invecchiamento della pagina “La via della stella”: era calibrata sulla situazione della Stella precedente a quella attuale e non è stata più aggiornata. Lo farò al più presto.
Riguardo al problema “Soto zen in Europa (nel mondo?)” temo tu compia un errore, anzi, un duplice errore: il primo riguarda l’importanza che tu dai alla questione. Il secondo riguarda la possibilità di cambiare le cose parlandone. Certi fiori attirano le farfalle, altri le api (forse non è così ma passami la metafora per piacere). Le farfalle che si sono radunate attorno a certi fiori non sono lì per sbaglio, sono lì perché volevano proprio quelli. Anche se gli indichi dove stanno gli altri “fiori” dicendo che sono migliori, più sani, autentici ecc. forse diranno “sì sì” ma rimarranno dove sono perché … a ciascuno il suo fiore. Come mai, non ostante i tanti templi, centri, monasteri in stile Soto Zen in Spagna e in Europa tu non sei diventato un manichino Soto Zen? L’importante non è tagliare i fiori “sbagliati” (lo so lo so, non esistono fiori sbagliati!) ma coltivare gli altri.
Aprile 17th, 2015 at 8:52 pm
Salve a tutti.
Mi pare che anche coltivare gli altri fiori sia piuttosto complicato di questi tempi.
Se uno vuole praticare con più intensità lo zazen senza fronzoli si trova bene o male costretto a ingerire tutto lo sbrodolame giappo semplicemente perchè è pressochè impossibile trovare un posto che non lo proponga. Con posto intendo un “monastero”/centro residenziale di pratica. E la nuova generazione di “preti zen” non se ne rattrista affatto (in Europa come negli USA). Parlo di persone sotto i trenta.
La vedo grigia!
Aprile 17th, 2015 at 9:01 pm
@Roberto 5:
“Cominciare a costruire qualcosa di nuovo qui da zero” secondo me è estremamente rischioso, nel senso che a mio avviso il “lignaggio” può essere un buon setaccio (per la grana grossa quantomeno). E negando l’importanza di una “continuità nella trasmissione” si spianerebbe la strada ai gurugiullari “mi sono fatto da solo”
Aprile 18th, 2015 at 8:09 am
Ciao Fago, bentornato.
@19: coltivare è difficile solo se pensiamo difficile, ovvero se costruiamo difficoltà nella nostra testa. Sedersi ogni giorno, fare i bravi ragazzi e studiare un po’ non è la fine del mondo. Molto più difficile è mantenere una famiglia con figli e lavoro precario. È il pensiero che qualcuno ci possa insegnare qualcosa che ci fa vedere le cose difficili. O che si possa praticare zz con più intensità in un luogo invece che in un altro. La normalità spaventa.
@20: l’importanza del lignaggio e della continuità della trasmissione sono proprio parte di quello che chiami sbrodolame giappo: la sicurezza di aver trovato il maestro “giusto”, che ti darà la dritta “giusta”. Il maestro giusto lo trovi davanti al muro. Ma … troppo normale per noi maschietti con grinta. E quindi: questo non va quell’altro nemmeno, ah se avessi questo, se avessi quello… E gli anni passano.
Aprile 18th, 2015 at 9:34 am
Non ho esperienza e farei meglio a tacere. La mia è solo una opinione e non vale (da) sempre e per tutti. Il lignaggio imho non sempre è una garanzia, sono le persone singolarmente a “garantire”. Però solo per una certa funzione: ad esempio se qualcuno mi deve correggere la postura quando appoggio le natiche sul cuscino, è meglio che sia uno che lo fa da anni .. ma non può dirmi come fare, lo devo scoprire , anche se ricevere aiuto da qualcuno è fondamentale deve essere appunto aiuto, sostegno e non regola. La garanzia funziona solo poi imho entro certi limiti: ad esempio il maestro non mi può imporre un “perchè”, o un modo, neanche un vestito ( se non nella liturgia, ma io essendo un laico … ). Nella risposta di jf @16 dice qualcosa che non so in quanti preti italiani condividano, ma non credo sia poi questo il punto, che secondo me è invece cosa metto in gioco, personalmente, nella vita di tutti i giorni. Questo può passare da zz.studio e “fare il bravo” oppure da qualcosa d’altro. Definire il “buddismo” “zen” “vero” “quello” “fatto” “così”, è una cosa che si ascolta qualche volta nella sicurezza della certificazione del lignaggio di buoni maestri. “Se la cosa vada bene o no è una scelta personale” è l’unica posizione credo che si può sostenere senza grossi danni. Scegliere dovrebbe la seconda cosa da fare, dopo aver capito che tutti siamo dei gran pirloni, ciascuno a modo suo. Non so se c’entra, ma oso: Uchiyama quando parla di voto e pentimento “risuona” parecchio. Scusate la poca chiarezza e l’arroganza
Aprile 18th, 2015 at 9:49 am
Ciao Max.
Non esistono garanzie di nessun tipo. Men che meno quella del lignaggio, fola carrieristica importanta in Occidente dal Confucianesimo giapponese (altrove: tibetano). Prova, sbaglia e impara è un buon modo. Deve valere anche nel valutare se una persona è affidabile o no. Certo, conta anche il curriculum, come no. Ma la parola finale nasce da “prova, sbaglia e impara”
Aprile 18th, 2015 at 4:16 pm
@ 22: Ancora una cosa: “conta cosa metto in gioco, personalmente, nella vita di tutti i giorni” questo è esattamente il punto. Perciò è la stessa cosa che occorre guardare per trovare “garanzie”. Aver chiaro quello che si cerca e guardare con chiarezza che vita fa chi si propone come guida. Non solo per un giorno o due: un po’ di scena e poi alé a fare i grandi baba, ma nel giorno per giorno. Per anni e anni. Se c’è chi pratica seriamente sinceramente, da una vita, quello che noi stessi cerchiamo, può essere più o meno simpatico, intelligente o meno, ma conosce la faccenda. Se andiamo a farci strapazzare da chi fa il “prete soto zen” è molto stupido andarsi poi a lamentare. O, addirittura, a pretendere che lui/lei cambi orientamento per far contenti noi.
Aprile 19th, 2015 at 1:21 am
@mym21:
“La normalità spaventa”: got it, grazie.
In ogni caso penso che sia necessario che qualcuno ci insegni che “siamo tutti dei gran pirloni”. Forse basterebbe zazen in cameretta ecc.. ma guardacaso chi solitamente dice che non è necessario trovare un posto che supporti la pratica “intensiva” è stato minimo una decina d’anni appollaiato 10 ore al giorno su uno zafu (lo dico in modo rispettoso eh!)
Quindi se è necessario per capire che non è necessario..pare sia necessario alla fine.
E poi ok, un posto vale l’altro, ma è come dire che è la stessa cosa sedersi in uno zendo o in un night club.
Ci sarebbe anche l’alternativa: zendo vicino a night club!
Aprile 19th, 2015 at 1:28 am
Avrei ancora una domanda:
cosa vuol dire “fare il bravo”?
Aprile 19th, 2015 at 8:30 am
Ciao Fago,
@25: rendersi conto che “siamo tutti dei gran pirloni” è l’indispensabile, grande, preliminare illuminazione, senza la quale si rischia di dover, prima o poi, tornare alla casella iniziale. Se vuoi stressarti l’anima per 10 anni per scoprire quello che sai già (40 anni fa in Italia nessuno lo sapeva: niente sapevamo) chi te lo impedisce? Antaiji è ancora lì, le regole sono pressoché le stesse… O sarà mica che vuoi il monastero sotto casa, cappuccino brioche ecc.?
@26: fare il bravo? È facilissimo, basta essere rapidi nel compiere il bene e ritrarre la mente dal male. Se si esita a compiere il bene già stiamo andando dall’altra parte (cfr. DHMPD 116).
Per questo dicevo (non so se l’hai colto) che, oltre a sedersi ogni dì e fare il bravo, bisognerebbe studiare un po’.
Per “studiare” intendo: leggere, capire e rapidamente mettere in pratica.
Aprile 19th, 2015 at 10:18 am
Comunque, prima o poi anche in Italia sarebbe bene che ci fosse il posto adatto.
Aprile 19th, 2015 at 11:04 pm
@mym27:
In realtà più che cappuccino e brioche mi interessa la presenza del bidet, che pare però non aver varcato i confini nazionali! E quindi mi trovo costretto a star nelle vicinanze 🙂
A parte gli scherzi, un’ultima cosa e poi giuro che taccio:
Il mio scetticismo nei confronti di “si può benissimo portare avanti una “buona” pratica senza andarsene chissà dove” deriva dalla constatazione che per riuscire a “fare i bravi” (ma soprattutto per riuscire a capire “cosa” fare per farlo) è necessario essere moooolto ben radicati nello zazen. E questo radicarsi è possibile (quantomeno inizialmente) solo in un ambiente “studiato apposta”. Perchè pare che “star giù” sia l’ultima cosa che vorremmo fare. Ma forse non tutti hanno resistenze così forti alla pratica, non so
Aprile 20th, 2015 at 3:43 pm
Caro Fago, non so che età (anagrafica e di zz) tu abbia. Il fatto è che per i primi 7-10 anni non c’è ambiente studiato apposta che tenga: non ci si acchiappa abbastanza da … “capire che cosa fare per farlo”. A volte diamo responsabilità della nostra volatilità alla mancanza dell’ambiente adatto, per lo più -invece- è questione di età, sia anagrafica sia di zz.
Vero è che tagliarsi i ponti alle spalle aiuta. Se, perché “rinchiusi”, si riesce ad arrivare a doppiare capo Trentanni di vita e ad attraversare lo stretto Diecianni di (solo) zz allora inizia la pianura, prima della discesa finale…
Aprile 23rd, 2015 at 7:54 am
Buongiorno.
A Milano, ciò che doveva essere fatto lo è stato. Ciò che doveva essere detto: idem.
Ho usato, concentrati, alcuni degli argomenti che somministro agli studenti dell’Uniurb. Ma a un pubblico molto più adulto (non ero tra i più anziani…) e colto. Interessante la diversità di accoglienza, ricettività, tipo di interesse e comprensione che si nota nel paragone tra i due ambiti, quello universitario e … l’altro.
Trovate qui il testo scritto del mio intervento.
Se trovate dei refusi o delle incongruenze e me li segnalate concorrerete al “premio Stella 2015”. Grazie.
Aprile 24th, 2015 at 8:11 am
Caro Nello, cari tutti, volendo potete scaricare qui il testo del mio intervento in quel di Milano.
Maggio 4th, 2015 at 10:19 am
Ho appena scaricato il tuo intervento, lo leggo e poi, eventualmente, commento. Grazie per averlo postato.
Ho appena letto “The Zen teaching of homeless Kodo” (ultima edizione con il commento di Uchiyama e Okumura), l’ho trovato bellissimo e lo consiglio alla grande.
Ho anche ricevuto l’ultimo testo edito da Steven Heine “Dogen and Soto Zen”, di cui ho appena finito l’introduzione, aspetto anche il vostro commento al riguardo.
Maggio 4th, 2015 at 10:52 am
Ciao Nello, grazie per il consiglio. Tutti (si fa per dire…) dicono che Sawaki qui Sawaki là ma ben pochi ne hanno letto alcunché. Sia perché non scriveva sia perché è più comodo far riferimento alle sue frasi/battuta. Penso che il suo merito maggiore, oggi, sia quello al quale -forse- lui stesso non diede importanza: è la dimostrazione vivente del fatto che “la linea ininterrotta della trasmissione”, almeno come viene intesa solitamente, è una bubbola: quella cosa c’è ma non nelle persone. O, da un altro punto di vista, ciascuno si collega a quella invisibile cremagliera non attraverso una (altra) persona.
Se si espandesse la coscienza di ciò parecchi “maestri” rischierebbero di finire disoccupati.
Questo non vuol dire che una persona non serva, ma è come il padre: la sua necessità è tanto imprescindibile quanto fugace.
Riguardo a Heine…
Se vai avanti tu poi leggiamo il tuo, di commento 😉
Maggio 6th, 2015 at 10:18 am
Ciao mym, perchè dici (@33) “la linea ininterrotta della trasmissione”…è una bubbola, riferendoti a Sawaki? E anche “il padre”: “è tanto imprescindibile quanto fugace” come tutto l’impermanente…! Quindi, imprescindibile e fugace corrispondono quasi alla reale sostanza delle cose…
Okumura è stato discepolo, o studente, di Uchiyama che a sua volta ha trascorso la vita con Sawaki e penso possa parlarne a giusto titolo, essendo suo successore nel Dharma. Chiarisci un pò meglio, grazie.
Ho letto il tuo intervento di Milano e mi è piaciuto e tuttavia, a p.12 affermi: “E il fenomeno non è terminato, ancora oggi, volendo avvicinarsi ad una pratica autentica dello zazen, il pericolo di finire in mezzo ad una rappresentazione teatrale è elevato”.
Ecco, per mio conto, “la rappresentazione teatrale”, finisce nel momento stesso in cui si pratica zazen. Per esempio, se Hitler si sedesse in zazen, mentre pratica partecipa del processo dello zazen, quindi è un buddha, poi, torna ad essere magari “rappresentazione teatrale”…
Questo per dire che lo zazen non è manipolabile, se lo fosse, cadrebbe tutto il buddhismo. Quindi, anche il “lucrare” come “maestri” ha le gambe corte…non credi?
Un altro punto che proponi è il dialogo quale esperienza pratica e adesione all’altro per capirne precisamente il portato. La vedo dura che un cattolico praticante possa “dialogare” aderendo al buddhismo, forse è meglio dialogare con la coerenza nel proprio quotidiano.
Infine, sulla tua conclusione sono perfettamente d’accordo, sarebbe opportuno applicare il “federalismo” anche nelle comunità cattoliche, per cui, è la comunità che sceglie la propria guida ecclesiastica e non il vertice (Roma), ma la base.
Ciao
Maggio 6th, 2015 at 7:44 pm
Ciao Nello, ho bisogno di un poco di tempo per rispondere, poni varie questioni, pesanti. Spero domani di potermici dedicare. Grazie.
Maggio 6th, 2015 at 9:03 pm
Ciao Nello. Il federalismo, in realtà credo che esiste già nello Zen, benché possa che mi sbagli perché non sono esperto in quelli temi, concretamente nello Zen coreano, nel quale la comunità di monaci può abrogare gli abati e scegliere altri nuovo. In qualsiasi caso, posti a proporre modelli per organizzare la comunità dei praticanti e per facilitare il reciproco sostegno, io, invece di un modello politico piramidale, benché ammorbidito, sarebbe più a favore di qualcosa di più ugualitario, più simile al modello quacchero. Mi sembra di essere più in linea con ciò che dice Mauricio nel suo testo sul “dialogo interreligioso come riconquista della propia religiosità”, ma soprattutto più in sintonia con lo spirito dei tempi.
http://it.wikipedia.org/wiki/Quaccherismo
Maggio 8th, 2015 at 10:14 am
Ciao Roberto,
Forse, ma spero di no, prima o poi sarà necessario o opportuno stabilire una forma organizzata e generalizzata (ma perché?) per le comunità zen. Io mi auguro che ciascuno e ciascuna comunità si organizzi al meglio secondo le condizioni in cui si trova a vivere. Stabilire una forma è, di fatto, renderla obbligatoria o (ed è lo stesso) proibire le altre. Mi viene l’orticaria solo a pensarci.
Maggio 8th, 2015 at 11:49 am
@ 34. Comincio a poco a poco, a rivedere i punti che Nello propone.
1) Dicendo che “la linea ininterrotta della trasmissione, almeno come viene intesa solitamente, è una bubbola” riferendomi a Sawaki, pensavo soprattutto a prima di Sawaki. Sia dal punto di vista umano che religioso Sawaki non ha avuto padre, si è arrangiato da solo. Certo, un padre biologico, come fugace presenza (rimase orfano di padre a 6 anni), lo ha necessariamente avuto, ma niente più. Così pure per ciò che riguarda lo zz: qualcuno, fugacemente, deve avergli detto (potrebbe anche averlo letto, la prima volta, ma dubito perché … “aveva” la quinta elementare…) che esiste lo zz e dato delle istruzioni di massima. Ma, così come fece come figlio, così fece come discepolo del Buddha: prova sbaglia e impara. E tenne duro per 69 anni senza, mai mollare. Non si è collegato ad una catena iniziatica “fatta” da persone. Si è agganciato a quell’altra, quella vera. Nessuno gli ha trasmesso nulla, almeno nel senso in cui si vocifera vanamente tra i preti zen nostrani riguardo alla “trasmissione della mente”. Anche se può apparire strano, ma indispensabile affinché ci sia autenticità, la stesso è successo a Uchiyama: grazie a Sawaki ha avuto un ottimo esempio per vedere che solo lui, Uchiyama, poteva fare ciò che andava fatto. E lo fece.
Il Buddha c’è già stato, ha già detto quello che c’è da fare, per cui ora, anche grazie ai mezzi di comunicazione di massa, non occorre che mettere in pratica. Un padre (qualcuno che ti dica: siediti, fai il bravo e muori in silenzio) ci vuole. Il resto sono bubbole.
Maggio 8th, 2015 at 12:49 pm
@ 34:
2) Se qualcuno cerca zazen e incappa in una rappresentazione teatrale è escluso che possa fare zz, almeno all’interno di quella scena. Perché in quel caso lo zz è usato come esca, per farti entrare nel gioco del maestro-discepolo, ovvero la pantomima nel quale qualcuno lucra (sicurezza, prestigio, ruolo, a volte pure quattrini…) sulla vita di altri. Certo si potrebbe dire che, comunque, siamo in una rappresentazione teatrale, ma in questo caso l’inesistente Regista non è un fessacchiotto che sventola un okesa colorato come fosse il segno della sua grande illuminazione. O una Colt.
Perciò, vero che “la rappresentazione teatrale finisce nel momento stesso in cui si pratica zazen”, come dici. Il problema è che, generalmente, dove c’è l’una non c’è l’altro.
Maggio 8th, 2015 at 4:08 pm
@ 34:
3)Scrivi: “La vedo dura che un cattolico praticante possa dialogare aderendo al buddhismo”: molto dura, soprattutto agli inizi quando ti trattano da povero scemo che vorrebbe ficcanasare nella religione dei grandi…
Ma poi le cose cambiano: sono esseri umani anche loro, sai? 🙂
Poi aggiungi: “Forse è meglio dialogare con la coerenza nel proprio quotidiano” certo farsi i fatti propri è un’opzione. Penso che noi e il mondo al momento faremmo meglio a scegliere l’altra, più difficile, faticosa, irritante. Capire come diamine fa, lui, a dedicare la propria vita ad una religione come la sua… Mentre lui tenta di fare lo stesso con me.
4) Sul federalismo penso sia sufficiente quello che ho scritto sopra, cfr. @ 37. Grazie.
Maggio 12th, 2015 at 10:46 am
Giubilo per la partecipazione della Stella, nella persona di Giuseppe Jiso Forzani, al Festival dei Comportamenti.
È un tema che mi sta a cuore. Soprattutto da quando Renzi ha approvato lo “Sblocca Italia”, che autorizza il trivellamento a tutto spiano della Basilicata (il 77% del suo territorio). Una genialata. Chi deciderà se e dove trivellare saranno i cervelloni di Roma, perché le province non esistono più, il petrolio è un interesse strategico, e i lucani sono in tutto 500000. Poi, se si inquinano le falde acquifere, chi se ne fotte: la Lucania è solo il serbatoio dell’acqua potabile in Italia che distribuisce in Campania, Puglia e Calabria.
A parte questo, il diaologo tra istituzioni religiose e laiche procede bene: gli alti vertici della Curia lucana sono indagati dalla magistratura per il reato di occultamento di cadavere. Il caso Elisa Claps. Il corpo della ragazza fu occultato nel sottotetto della Santissima Trinità, a due passi dal Municipio, Chiesa simbolo della Città (custodiva una reliqua di San Gerardo).
En passant, il comune di Potenza è in dissesto finanziario. Il comune di Viggiano, un paesino di 3.000 anime, ha nelle casse comunali 70 milioni di euro grazie alle royalty del petrolio. In tre anni hanno rifatto i marciapiedi 5 volte!
Una volta ero pessimista, mi dichiaro apertamente disfattista.
PS: la mia malignità raggiunge vette di sublimità da far impallidire un prete. Per es., ero un po’ giù di corda, poi ho acceso la TV e ho visto Berlusconi cadere dalle scale 🙂
Maggio 12th, 2015 at 10:48 am
Nello è in fissa per Sawaki, il sottoscritto legge Takeo Doi, psicoanalista giapponese: Anatomia della dipendenza, Cortina editore, 2001
In tre parole: amae (甘え), nihonjinron (日本人論) parasite single (パラサイトシングル).
Questo per dire che lastelladelmattino.org non è solo un medium per la trasmissione del Dharma, ma anche altre cose. E mym non è solo un “maestro zen”, ma anche un accademico. Per aderire alle sue tesi non è che uno deve farsi 7 anni in Tibet! Però occorre aver coraggio perché il dialogo che propone è serio. Quanti sono disposti a farsi ascolto?
Maggio 12th, 2015 at 10:49 am
Per esempio, per restare on topic,
La fede Bahá’í propone l’unità spirituale di tutta l’umanità attraverso il concetto di relatività e progressività della religione. Secondo questa religione la rivelazione religiosa non è assoluta, ma relativa e progressiva. Lo scopo ultimo della religione bahá’í è l’unità del genere umano e la pace universale.
Dice Bahá’u’lláh(1817-1892) il fondatore di questa religione: : “La Terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini”. La fede bahá’í mira all’instaurazione di una comunità mondiale in cui tutte le religioni, razze, credenze e classi si uniscano, non obliando tuttavia la loro peculiare genesi storica e diversità.
Bahá’u’lláh afferma che “Le risorse del sottosuolo vanno considerate come patrimonio comune dell’umanità intera, in un equilibrio sostenibile tra natura e tecnologia”, auspicando la creazione di un sistema legale federativo mondiale che conduca al benessere e alla sicurezza collettiva.
Se il messaggio è chiaro, le premesse sono errate perché poggiano sul secondo avvento di Cristo, ovvero sulla credenza di un ritorno, in carne e ossa (!), di Gesù su questa terra!
Sono disposti i cattolici ad ammettere che San Paolo avvalora l’idea che per loro possano essere infrante le leggi di natura ottenendo così una “salvezza” tutta immaginaria, e che quando sulla via di Damasco ebbe la folgorazione, con gli occhi aperti vide il nulla?
Secondariamente, a proposito della Fonte Q (cfr. Mym, Dialogo interreligioso come riconquista della propria religiosità, p.1), se si considera, per esempio, che la materia è energia, come Einstein ha dimostrato, è chiaro che noi non vediamo la realtà com’è «in sé» in quanto noi vediamo e sentiamo la materia, non l’energia. Tuttavia mi chiedo se questa energia non sia a sua volta un’altra cosa, per esempio spirito, per esempio… Dio?
Maggio 12th, 2015 at 5:52 pm
Ciao Hmsx, bentornato. Proprio l’altro ieri uno dei lettori del blog mi diceva: è un po’ che Hmsx non interviene. “Ssssssh!!!” gli ho detto, “che anche i muri hanno le recchie…”. 😉
Non so se ciò che sto per dire si possa definire disfattismo, ma il famigerato punto di non ritorno, imho, è stato doppiato da un po’. In Lucania, forse, si nota di più, perché l’inizio del disastro è relativamente recente. Ci sono regioni dove è tutto talmente stravolto, la terra, le piante, gli animali, l’acqua, l’aria, le persone che solo la scomparsa immediata dell’uomo permetterebbe in due trecento anni il ricostituirsi di un ecosistema non dico pulito (per quello di anni ce ne vorrebbero almeno 500 in completa assenza di umani) ma reversibile. Non parlo della Terra dei Fuochi ma della Lombardia o della Liguria per esempio.
Mym non è né un “maestro zen” né, tantomeno, un accademico, è uno che pensa: non ci resta che sedersi. Da seduti si fa il minimo danno.
Maggio 12th, 2015 at 6:02 pm
@ 2: il nihonjinron e il conseguente, o parallelo, nihonshugi sono dei pericoli per i seguaci occidentali degli zen giapponesi, difficili da comunicare. Ho cercato varie volte di mostrare di che cosa si tratta ma… Come ogni male si cura da sé: se lo conosci lo eviti. A tue spese però.
Maggio 13th, 2015 at 5:45 pm
Per quanto possa non essere molto importante, mi sento di ridire che “l’esca” (@39), resta una cosa viva, proprio la cosa.
Se uno si siede in zazen è un buddha, in qualsiasi luogo e in qualunque compagnia. Capisco, la posizione della Stella e mi sento affine a questa modalità di pratica, tuttavia, il Dharma, qui ora è diverso per ognuno…Da una prospettiva si vedono danni e perdita di tempo, che è vita, ma chi ci si trova dentro alla modalità oggetto di critica, probabilmente avrebbe comunque “perso del tempo”…
Ho avuto una morosa svizzera e per un pò ho frequentato il Canton Vaud, quando ci sono stato io festeggiavano 200 (duecento) anni di federalismo, ovvero, la comunità tutta decide le proprie regole comuni e si respira bene…come anche tu indichi in @37.
Maggio 14th, 2015 at 12:34 pm
L’Arpa birmana è uno dei miei film preferiti, nel senso che ho il DVD. Non ho molti DVD. Il germanista Sossio Giametta, ne “Commento allo Zarathustra”, Mondadori, 1996, raccomanda la visione di questo film per spiegare meglio il culto dei morti, in generale, e la figura del samurai in particolare. Credo che le varie teorie sul Giappone siano tacciabili di Orientalismo. Sovente il Giappone è presentato non come una entità geografica o culturale concretamente determinabile, ma come uno stereotipo impossibile. Il caso dei parasite single (パラサイトシングル), ovvero di coloro che scelgono di vivere coi genitori anche dopo aver superato i trent’anni, per semplificarsi l’esistenza e godere di una vita agiata, pare non essere una peculiare caratteristica della mentalità giapponese.
Maggio 14th, 2015 at 12:40 pm
Tornando al silenzio, e alla speculazione che parla tanto del silenzio, lo zazen si ferma dove comincia il codice penale, nel senso che la verità, invece di stare zitta, strilla. Per esempio, supponiamo che un teologo, dopo aver interpretato il silenzio zen, dica: “L’altro provoca un sentimento etico nella coscienza”. Ebbene e con ciò? Fare il teologo e poi dire quanto sopra, per questo basta il prete. Si tratta di una cosa assolutamente diversa. Il teologo maledetto direbbe: “ il prossimo mi è indifferente come una capra”. Se la teologia non può giustificare il pensiero che il prossimo può ben essere impiccato, e che chi pensa così non è un comune delinquente ma un teologo, allora la teologia è soltanto uno scherzo, e se ne conoscono di migliori. Di fronte a problemi come questi il prete parla di fanatismo o, più semplicemente, di manette. “Bisogna essere pronti a tutto” sostiene il sottoscritto. “Sì, stai fresco” risponde il prete.
Lascio immaginare che tipo di dialogo un cattolico possa instaurare con uno che è certo di non avere nulla a che fare col prossimo e che, anzi, vive nella grandezza del disprezzo di Dio. Eppure il teologo maledetto è una figura altamente contemporanea: è l’ultimo genio di un’etica impossibile nell’età in cui l’agire è diventato impossibile. E si fa il nome di Dio per necessità, perché non v’è altro nome. Se il discorso sull’“essere” si stempera nel placido dolore universale, la teologia maledetta ce l’ha proprio con Dio. Ma Dio è, per così dire, un fatto, sebbene si preferisce ancora una metafisica privata per cui si sarebbe padroni di pensare ciò che si vuole di Dio.
ps: scusa mym se ti ho dato dell’accademico, in verità mi piace il tuo curriculum extraccademico. però come prof. non sei male, eh.
Maggio 14th, 2015 at 6:34 pm
Di fronte alle parti in movimento di un verme tagliato in due un monaco chiese: in quale parte si trova la natura-di-buddha? Il maestro rispose: non farti illusioni.
Penso che “il dialogo” sia tutto il tempo e non lo nego a priori, tuttavia, con i bergogliocattovaticanisti andrei immediatamente in conflitto…siamo molto ma molto lontani…e la loro intrusione nella politica la trovo assolutamente indigeribile. Un esempio, la visita di Bergoglio a Lampedusa, le radio e TV africane trasmettono quel discorso a nastro, da mesi, e gli sbarchi in questa terra fallita e corrotta sono aumentati dell’800X100!!! Un intervento come quello di Lampedusa dimostra che quell’uomo vive già nel suo Paradiso, non ha i piedi per terra…e poi, loro vogliono assolutamente realizzare il Libro dei libri, quindi l’Apocalisse e io non sono d’accordo, ovviamente.
Come li redimi alla logica questi qui? Hai voglia a dialogare…
Maggio 14th, 2015 at 7:44 pm
… E nessuno spese una parola per le sofferenze di quel povero verme. Che non c’entrava nulla, l’esempio si poteva fare usando qualsiasi altro essere o cosa.
Redimere alla logica? … Son parole grosse. Per lo più mi accontento di non litigare. In uno stadio successivo arrivo sino ad esprimermi “senza peli sulla lingua” ma la parte che conta riguarda me. Il dialogo è una pratica, anche qui “non farsi illusioni” è per nulla facile.
Maggio 14th, 2015 at 7:49 pm
Caro Hmsx, per quanto un po’ lunghetti, ma si sapeva, fai commenti compiuti in sé stessi.
Non ho curriculi (curriculà) ne extra né intra.
Maggio 15th, 2015 at 8:33 am
PS: più che i parasite single (@2 e @6) sono caratteristici del giappone gli hikikomori e, lo erano, gli otaku.
Maggio 15th, 2015 at 5:23 pm
Buongiorno a tutti; ho letto il test di Jf sull’ecologia (ciao Jf). Domando però: va bene mettere in discussione il modello occidentale, e l’idea di un dominio razionale sulla natura che ci sta dietro ( e che secondo me dipende più dalla riscoperta della filosofia greco-romana nell’umanesimo che dalla Genesi), ma chi sarebbe disposto a rinunciare ai benefici che esso ha portato? Ai vantaggi della tecnologia in ambito medico, nell’istruzione, nella conoscenza? Il mondo precedente alla rivoluzione industriale era un mondo in qui quasi tutti facevano i contadini, e dove un’epidemia di influenza faceva fuori anche metà della popolazione.
Io penso che la crisi ecologica sia un riflesso dello stato della società, e che dipenda soprattutto dal predominio totale dell’economia ripetto ai processi democratici. Da questo punto di vista, non mi sembra sbagliata l’idea dei Bahai’ (ciao HMSX), forse utopistica, ma che comunque porta il problema al livello delle società e delle istituzioni
Maggio 15th, 2015 at 6:05 pm
scusate gli errori di stompa 🙁
Maggio 16th, 2015 at 1:59 pm
Credo che jf abbiamo inquadrato bene il problema, ovvero che il modello occidentale – il dominio (ir)razionale sulla natura – origini dal cristianesimo: “Dio creò maschio e femmina a sua immagine e disse loro soggiogate la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra.” (Gen. 1,27-28).
Sull’importanza del dialogo interreligioso segnalo il caso dell’Ecuador.
Il presidente Rafael Correa indisse nel 2007 un referendum per la convocazione di un’assemblea costituente finalizzata a riscrivere la Costituzione del Paese. La nuova Costituzione introduce lo “stato di diritto” per la natura, cioè vengono riconosciuti diritti alla natura stessa (a cui si fa riferimento con il nome Quechua di Pachamama).
Afferma l’articolo 71:
«La natura (o Pacha Mama) dove si riproduce e si realizza la vita ha il diritto che si rispetti integralmente la sua esistenza e il mantenimento e la rigenerazione dei suoi cicli vitali. Tutte le persone, comunità popoli … potranno esigere dall’autorità pubblica il rispetto di diritti della natura.».
Se in occidente è stato proposto di includere la salute dell’ambiente tra i diritti umani, gli Ecuadoriani si spingono ancora più in là, riconoscendo la natura stessa come soggetto di diritti e dando agli individui e alle popolazioni la possibilità di intervenire per difendere il diritto all’integrità della natura, anche quando i loro propri diritti non fossero minacciati.
È qualcosa di assolutamente inedito nella storia del diritto.
Per la prima volta un paese rivede il concetto di natura nella propria Costituzione e le conferisce lo stato di entità giuridica affrancandola dalla condizione di mera proprietà. Assegna inoltre ai governi locali il compito di difenderla dalle attività «che possono portare all’alterazione degli ecosistemi o dei cicli naturali». Le nuove leggi impediscono al diritto di proprietà sulla terra di interferire con l’esistenza delle comunità umane e delle specie animali e vegetali che lo popolano. Il governo del presidente Rafael Correa ha compiuto così un passo importante anche in difesa delle popolazioni indigene, attribuendo loro l’autorità legale di agire per conto della Pachamama, la madre terra.
Nella stessa direzione dell’Ecuador si stanno muovendo Uruguay e Brasile.
Maggio 16th, 2015 at 2:00 pm
Preambolo della Costituzione della Repubblica dell’Ecuador
Noi, donne e uomini, popolo sovrano del Ecuador, riconoscendo le nostre radici millenarie, forgiate da uomini e donne di popoli diversi; celebrando la natura, la Pacha Mama, della quale siamo parte e che è vitale per la nostra esistenza; invocando il nome di Dio e riconoscendo le nostre differenti forme di religiosità e spiritualità; appellandoci alla sapienza di tutte le culture che ci arricchiscono come società; come eredi delle lotte sociali di liberazione di fronte e tutte le forme di dominazione e di colonialismo; e con un profondo impegno con il presente e il futuro; decidiamo di costruire una nuova forma di convivenza cittadina, nella diversità e in armonia con la natura, per raggiungere il buon vivere, il sumak kawsay; una società che rispetti, in tutte le sue dimensioni, la dignità delle persone e della collettività; un paese democratico, impegnato nell’integrazione latinoamericana – sogno di Bolivar e Alfaro1 – la pace e la solidarietà con tutti i popoli della terra.”
Nota. L’invocazione alla Pacha Mama, la Terra Madre, viene prima di quella al Dio cristiano, nella nuova Costituzione ecuadoriana, e questo ha creato non poche polemiche e discussioni in fase di Assemblea costituente nonché una forte opposizione della Conferenza episcopale ecuadoriana e delle alte gerarchie ecclesiastiche del paese che hanno fortemente osteggiato il progetto di rinnovamento costituzionale ma che sono uscite sconfitte dalle urne.
La nuova Costituzione dell’Ecuador è stata approvata il 28 settembre 2008, attraverso un referendum, con il 65% dei voti a favore, il 28% di “no” e il 7% di voti annullati.
Maggio 16th, 2015 at 2:17 pm
(*) Simón Bolívar (Caracas, 24 luglio 1783 – Santa Marta, 17 dicembre 1830), fu un generale, patriota e rivoluzionario venezuelano, che fu insignito del titolo onorifico di Libertador (Liberatore) in ragione del suo decisivo contributo all’indipendenza di Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela.
Eloy Alfaro (1842-1912) fu Presidente dell’Ecuador, assassinato nel 1912. Fu un sostenitore della separazione sta stato e chiesa. Ha legalizzato il divorzio e istituito il matrimonio civile e le scuole pubbliche.
Maggio 17th, 2015 at 6:06 pm
Cari aa e Hmsx, aspettiamo che Jf torni alla base, vi legga e volendo risponda.
Maggio 18th, 2015 at 6:32 pm
Ho letto l’intervento a Lodi di Jiso e mi è piaciuto, è aperto, fermo nei punti giusti ma non statico, veramente bello, compassionevole, che fa il paio con prajna.
Nei suoi enunciati mi sembra di individuare in sintesi questo percorso:
– nessun dualismo, ovvero riconoscere la dualità ma non vivere dualisticamente;
– antropocentrico > cosmologico, da > a;
– bussho – mujo – mubussho, ovvero nessuna ipostasi;
– “un altro non è me” che riprende il sempre eterno koan tra il tenzo e Dogen in Cina.
Qust’ultimo punto è proposto e testimoniato anche da Kosho Uchiyama nella prefazione al bel testo “Opening the Hand of Thought” che ha per titolo “The Theme of My Life” specie nella parte conclusiva che dice:
“What is most crucial is to remenber to pursue the way of the self selflessly, not for any profit. Because we concretely are universal self, there is no particular value in talking about it. Yet if we don’t make every effort to manifest it, just knowing about it is useless. To concretize the eternal, that is the task before us. Even if we have a cup of cool, clean water sitting right in front of us, if we don’t actually drink it, it won’t slake our thirst. The expression of universal self is a practice that is eternal, but to the extent that we don’t walk it ourselves, it won’t be realized, it won’t be our path.
May this-the actualization of our universal self-be all our life work.”
Se i nostri amici capiscono che non hanno “fratelli maggiori” da ossequiare, probabilmente farebbero una enorme ermeneutica evolutiva, anche se resta un Dio veramente molto ingombrante…
Maggio 18th, 2015 at 7:25 pm
Caro Nello, come dicevo ad aa e Hmsx, aspettiamo Jiso per una chiosa. Conosco, anche per aver respirato quell’aria, la predilezione di Uchiyama per espressioni quali “il sé (universale)” e simili. Frasi come “because we concretely are universal self” sono da prendere con delle molle molto lunghe. Si rischia di immaginare qualcosa. Solo in una radicale percezione che “il mondo nasce con me (e muore con me)” si può tentare di comprendere con la testa di che cosa sta parlando.
Maggio 21st, 2015 at 10:10 am
@ HMSX: molto bella la costituzione equadoregna; io starei attento però ad idealizzare “madre natura”. Lo “stato naturale” è una condizione di precarietà, di dipendenza e di fragilità estrema.
Non sono poi molto d’accordo sul fatto che il modello occidentale attuale derivi dal Cristianesimo; nei Vangeli vi sono molti passi che vanno in direzione toralmente opposta. IMHO il Discorso della Montagna è un testo molto significativo, anche sul piano dell’ecologia, perchè unisce in un tutt’uno la pace tra gli uomini, la pace con la terra e la pace con Dio-sono i miti che erediterenno la Terra. Penso che sia davvero opportuno unire giustizia sociale e coscienza ecologica- un mondo in cui l’uno per cento della popolazione detiene tutte le risorse non sarà mai equilibrato neppure dal punto di vista ambientale.
Sono invece del tutto d’accordo sul fatto che il dominio occidentale sul mondo sia irrazionale, come scrivi, e questo IMHO è proprio il nocciolo della questione. E’ irrazionale perchè è giudato dal profitto nudo e crudo, dalla volontà di accaparramento fine a se stessa…si potrebbe parlare di trisna? E che ciò sia un male penso sia un punto su cui tutte le religioni possano convenire.
Maggio 22nd, 2015 at 12:51 pm
Eccomi, scusate il ritardo se ritardo c’è stato.
Trovo le considerazioni e le informazioni che HMSX offre molto interessanti: le parole del diritto sono normative, nel senso che determinano le convenzioni legislative cui si attiene il (con)vivere delle società umane. Riconoscere diritti alla natura, come fa la costituzione ecuadoregna, crea un precedente storico nella comprensione che l’uomo ha di sé come dispensatore e fruitore di diritti. Mi pare diametralmente all’opposto della visione della Genesi biblica, in cui il dominio e lo sfruttamento sulla natura sono (auto)attribuiti all’uomo per diritto divino. Il punto di partenza determina la direzione da prendere, e man mano che si procede è sempre più difficile tornare al punto base per mutare orientamento. Scrivere una costituzione è cosa assai seria, è un atto fondativo, di azzeramento e ripartenza: il modo con cui si cerca di riscrivere la costituzione in Italia oggi, o con cui si è discusso di costituzione europea ieri, rappresenta in modo lampante la pavida miseria dei tempi.
Maggio 22nd, 2015 at 1:46 pm
Buongiorno Nello, in questi giorni sto rileggendo il testo di Uchiyama (Seimei no jitsubustu – in it. La realtà della vita) la cui prefazione inglese citi (@16) e mi rendo conto una volta di più di quanto sia pericoloso scrivere (per non parlare di tradurre quel che altri hanno scritto). Le parole di Uchiyama che citi sgorgano da una vita dedicata a smontare (facendo zazen) le suggestioni mentali e spirituali che hanno il potere di menarci lontano da quella che Uchiyama chiama “la realtà della vita – seimei no jitsubutsu”. Eppure sembrano fatte apposta per creare suggestioni: che sarà mai “ricercare la via del sé selflessy” (non mi azzardo a tradurre), che vuol dire “l’espressione del sé universale è una pratica che è eterna” o “concretizzare l’eterno, questo è il compito di fronte a noi”? In giapponese queste espressioni suonano meno suggestive e vaghe, i termini sono più quotidiani e di atmosfera più poetica che filosofica, e soprattutto quell’orrendo e inquietante “self – sé” non è altro che “io” detto in modo un po’ aulico. Ma mi chiedo se c’è davvero bisogno di questa terminologia, riportata specularmente da una traduzione piatta, o se non sia preferibile, anche traducendo, usare un linguaggio che possa riportare all’esperienza personale diretta invece di affidarsi ai voli delle parole assolute.
Maggio 22nd, 2015 at 6:59 pm
Ciao jf secondo me visto il tema della conferenza poteva essere interessante portare l attenzione sul concetto di interdipendenza, che per quanto ne so non ha corrispettivi in altre religioni. A me pare un aspetto veramente chiave specie quando ci sono in gioco beni come acqua, aria, CO2, che essendo di tutti non appartengono a nessuno, per cui si pensa di poterne abusare senza conseguenze
Maggio 23rd, 2015 at 8:31 am
In Equador sembra che non siano solo chiacchiere
Maggio 23rd, 2015 at 11:20 am
Ringrazio per @17 mym e per @20 Jiso.
Le vostre considerazioni sono pertinentissime.
Tradurre e scrivere presenta sempre un limite…e spesso non basta l’intuizione per andare oltre le parole che producono,distorcono, sviano.
Come comunichiamo?
Maggio 23rd, 2015 at 11:26 am
Nel senso che anche le “nostre” parole possono avere lo stesso risultato…
Maggio 23rd, 2015 at 11:28 am
@ 23: in ogni modo lecito, possibilmente. Altrimenti, se proprio ci stiamo comunicando addosso, potremmo usare qualche modo illecito, per fare il gioco più interessante.
Basta che ci siano una buona ragnatela e un tot di elefanti.
Maggio 23rd, 2015 at 1:13 pm
Ciao aa, tante sono le cose su cui poteva essere (più) interessante portare l’attenzione (@21) in occasione di quella conferenza: ormai è andata come è andata. Mi tengo prudentemente lontano dal concetto di interdipendenza parlando di buddismo, se con tale termine intendi pratītyasamutpāda: è una questione assai complessa, enunciata in modi differenti dalle diverse scuole buddiste (vedi per es. http://en.wikipedia.org/wiki/Prat%C4%ABtyasamutp%C4%81da) e parlarne con nonchalance genera più confusione che chiarezza, a parer mio. Comunque, quando ho affermato che dalla concezione enunciata nella Genesi sono scaturiti effetti che tutt’ora permangono, implicando che dalla cessazione di tale concezione anche gli effetti ne sarebbero depotenziati, penso di aver detto qualcosa di molto vicino a una delle più semplici e famose definizioni Mahayana di pratītyasamutpāda: “essendoci questo c’è quello, cessando questo cessa anche quello”. Certo questo vale anche per i cosidetti beni comuni, acqua, aria ecc. come per qualsiasi altro “fenomeno”, ma non mi pare abbia un senso specificatamente ecologico: indica il valore intrinseco delle cose, non il loro valore d’uso.
Maggio 23rd, 2015 at 4:05 pm
Nello @23, 24: a parte le battute (@25) delle quali qualche volta potrei fare a meno, quanto dicevo in @17 è simile a quanto esplicitato da jf in @20. Non è una critica del linguaggio in toto. Piuttosto, penso che usare frasi di monaci famosi, o comunque di altri, a volte rischia di esimerci dal parlare per esperienza, con parole nostre.
Maggio 23rd, 2015 at 4:26 pm
Penso, caro Nello, che la domanda creativa non sia “come comunichiamo?” (lo facciamo in mille modi, necessariamente, si comunica anche con il silenzio) ma “cosa comunichiamo?” – rispondo che secondo me comunichiamo limiti in movimento, nel senso che ogni comunicazione esprime il limite della sua potenza espressiva non in forma statica, come acquisizione finale, ma in forma dialogica, aspettando un’altra comunicazione che sposti quel limite. Per questo, come fa notare mym @27, è molto più “potente” una parola detta dalla nostra esperienza personale e diretta, che una lunga dotta citazione di modi di dire altrui. Questo appare chiaro quando si legge un testo in cui si mischiano citazioni e parole “fresche”. E’ uno dei problemi della traduzione: nel caso di Uchiyama che citi, le parole forti e genuine che per lui erano la comunicazione della sua esperienza, il limite del suo poter dire, diventano mosce e smorte se ripetute da altri “perché le ha dette Lui”. Ovviamente, non si deve dire per forza: se non si ha niente da dire, conviene tacere. Anche questa è comunicazione.
Maggio 23rd, 2015 at 4:54 pm
Ciao jf grazie. Personalmente ho qualche dubbio sul fatto che l idea della creazione sia l elemento principale nel rapporto molto problematico tra uomo e natura in occidente. l Europa medioevale era cristiana ma considerava le risorse naturali in modo molto diverso dalla modernità. Secondo me il punto di svolta fu la nascita dal pensiero scientifico. Poi non so quanto possa essere utile sul piano pratico questo approccio al problema, visto che comunque un cristiano, un ebreo od un musulmano non possono abbandonare l idea del mondo come creazione divina. Almeno mi pare molto dura…
Maggio 23rd, 2015 at 6:22 pm
Caro aa (@29) se pensassi che qualcuno, chiunque sia, non possa abbandonare un’idea, qualunque essa sia, altro che dialogo: non mi resterebbe che spararmi immediatamente.
Sono duro di comprendonio, ma che tu abbia qualche dubbio “sul fatto che l’idea della creazione sia l’elemento principale nel rapporto molto problematico tra uomo e natura in occidente” l’avevo capito, stai tranquillo. E’ che nel ricercare la causa base non so risalire più indietro: sono loro, quelli del Libro, a parlare di “bereshit”, “in principio”, e perché non dovrei prenderlo per buono? Che poi le cose si siano complicate e che da un paio di secoli la questione abbia esponenzialmente accelerato è evidente: ma un’esponente, per quanto grande, senza la base non combina niente.
Maggio 24th, 2015 at 10:38 am
Premetto, cari Jiso e Yushin, che apprezzo al massimo le vostre considerazioni @27 @28 e anche altre. Queste le mie.
Innanzi tutto direi che “come comunichiamo”, include anche il cosa comunichiamo in qualche modo, e comunque non era mia intenzione essere creativo ma realizzativo, concreto.
Se uno scrive un libro vuole essere letto.
Quindi, è evidente che ritiene comunicabile quello che scrive. Al lettore la sentenza sulla fruibilità o meno dello scritto. E aggiungerei, se coloro che lo traducono in altra lingua sono suoi discepoli, penso si sforzino di fare un lavoro onesto.
Se altri citano quanto letto in quel libro è evidente che a lor volta pensano che quello che citano sia comprensibile, quindi fruibile nel suo contenuto.
Se altri ancora ritengono che il citante non abbia la comprensione di quanto citato e lo usi per accreditarsi inappropriatamente, è una eventualità possibile ma andrebbe verificata.
SE poi ancora, alla luce della propria esperienza, si ritiene di evitare qualsiasi terminologia specificante preferendo una forma dialogica non connotabile come di parte, va benissimo. Questa è una modalità relazionale raffinata e sottile e probabilmente la forma meno contaminante e più libera possibile. La dottrina buddhista comprende anche di liberarsi dal Buddha e dal buddhismo (spero che le “h” non irritino nessuno) per realizzarli nella loro verità.
Quindi, voi dite sostanzialmente, permettetemi di trarre ispirazione e sintesi dall’edizione Marietti del 1990 del vostro Bendowa: meglio scrivere Doghen con la “h” che citarlo! E questo per me ha una enorme valore e vi ringrazio e riprendendo il discorso, vale a dire che, anche se l’espressione personale è sostanziata in qualche modo (e la “h” lo era), non si può prescindere da ciò, non c’è nessuna possibilità di bypass citazionale che possa esimerci dall’esprimerci quali noi siamo senza paraventi citazionali.
Questo assunto tuttavia, ancora non statuisce che il citante possa “tradire” il citato nel senso che quanto da lui (il citato) detto “diventa moscio e smorto se ripetuto da altri” @28. Se il contenuto della citazione ha una sua “verità”, tale resta indipendentemente da chi la propone, qui stiamo parlando di parole tratte da un libro e non da un teisho. E comunque, anche se uno cita inappropriatamente qualcuno ed evidenzia una sua lacuna, forse sarebbe meglio chiedergli, cosa significano per te le parole di Uchiyama?
Non pensate che sia, l’esprimersi rispetto a un enunciato o citazione, il dare forma a quella interiorità personale che io citando voi, ho sintetizzato nel termine “Doghen”? Cioè, il dire, sulla citazione o qualsiasi altra cosa, non equivale alla “h” di Doghen?
Usare un registro linguistico attiene alla propria “cultura” e formazione, personalmente, ho grande rispetto e apprezzamento per il vostro che è una modalità e comunque penso non l’unica modalità.
I traduttori dal giapponese di quella citazione, Thomas Daitsu Wright, Jisho Cary Warner, Shohaku Okumura, sono tutti discepoli di Uchiyama, lo hanno tradotto o hanno sviato? O sono io che ho fuorviato? Per me, semplice zazenista, la citazione, aldilà dei sofismi lessicali è abbastanza chiara nella sua proposizione con tutti i £pericoli” interpretativi da voi sottolineati ed estensibili a qualsiasi cosa.
Resta questo punto che non voglio occultare o eludere, voi mi dite: Questo qui (io), come tanti altri, cita, enuncia, blatera, Tizio, Caio, Sempronio…ma lui chi è? Prego dire!
Qualcosa ho provato a dire.
Personalmente, trovo più indisponente il citazionismo cristiano, chi cita continuamente Dio. Dio di qua, Dio di là, Dio ha detto…,quelli li trovo indigeribili e molto più pericolosi di Uchiyama citato da chicchesia. Tuttavia, ognuno è libero di relazionarsi con gli interlocutori che vuole o gli toccano.
Personalmente, sono per affermare la mia, magari presuntuosa, adesione al Buddhadharma. Questo può irritare, precludere, fuorviare? E’ nella natura delle cose. Le “parole proprie”, sono tutte le parole, proprio tutte, anche quelle citate di altri diventano in definitiva “proprie”.
Nella risposta alla lettera di commiato di Jiso (del thread precedente), l’amico che gli risponde dalla Germania, dimostra con le sue considerazioni che si spostano dal tema oggettivo dello scritto che Jiso poneva, a considerazioni sul soggetto (Jiso) che le pone, di non avere capito appieno il portato dello scritto in oggetto.
La parziale comprensione, quando non la travisazione, sono sempre potenzialmente reali per chiunque e comunque. Non è così?
Maggio 24th, 2015 at 10:57 am
Caro Nello, concordo abbastanza globalmente su quello che scrivi. Partendo dalle acca: l’acca a “doghen” faceva parte dello stesso discorso all’interno del quale consiglio di lasciar da parte quello che diceva Uchiyama (soprattutto se lo si è compreso) per dire la nostra esperienza con parole proprie. Il sistema Hepburn che translittera i due caratteri cinesi 道元 con “dogen” per imitarne la lettura giapponese, non solo è vecchio (1867), e pazienza, ma è fatto per l’inglese. Quando traducemmo Bendowa ci illudemmo fosse possibile traslitterare secondo l’uso italiano dei caratteri latini; lasciando da parte come superato il sistema Hepburn, perché non “parla” italiano. Ora mi illudo pensando che Uchiyama, una volta compreso, sia superato, da lasciar da parte.
Il fatto che Uchiyama non “parli” italiano è un problema che riguarda la sua giapponesità. Uchiyama non può prescindere dal suo essere giapponese, ovvero da una visuale profonda, costitutiva, irrinunciabile legata ad un tipo di spiritualità che lo porta a dire quello che i suoi discepoli traducono con “we concretely are universal self”. Noi, in quanto occidentali, e quindi anche offesi dall’eccesso di teismo della nostra cultura religiosa, dovremo (dovremmo?) parlare a partire da un diverso sentire spirituale.
Maggio 24th, 2015 at 7:14 pm
@jf: capisco quanto scrivi, il fatto è che la fede in Dio è il punto centrale della vita religiosa e della spiritualità delle religioni abramitiche. Non tanto come adesione intellettuale ad un dogma o ad un credo, ma come un sentire profondo, che impronta tutta la vita della persona. All incirca è come se ti dicessero che il tuo problema religioso in quanto buddista è che non credi nel Dio di Abramo! Poi segnalo un problema di metodo: mi sembra piuttosto problematico attribuire i mali della cultura occidentale alla religione cristiana e ricondurre invece gli aspetti positivi (la democrazia, la liberta d espressione, i diritti individuali ecc) ad altri fattori, legati ad un evoluzione storica successiva. Mi sembra un modo di procedere schizofrenico, in un caso si sottolinea lo continuita nel secondo l evoluzione e la rottura. Non faccio riferimento al tuo testo in particolare, ma ai binari su cui si incanala generalmente la discussione su questo blog quando si discute di monoteismo e del suo rapporto con altri aspetti della cultura occidentale.
Maggio 24th, 2015 at 8:09 pm
Faccio un esempio per spiegare cosa intendo. Io penso che il disinteresse per la storicità delle religioni darmiche sia uno dei fattori-certo non l unico-che ha portato alla prevalenza del totalitarismo politico in Asia. Ma da ciò non giungerei alla conclusione che per essere persone con una mentalità democratica bisogna smettere di essere buddisti, perché capisco che c è differenza tra la cultura di un paese e le religioni che l hanno plasmata. Non vedo perché applicare questo tipo di distinzione, io penso valida e sensata, alle culture asiatiche e non applicarla a quella europea. Inoltre se fosse davvero valido il principio per cui, essendo la creazione divina uno degli elementi che hanno portato alla scarsa valorizzazione delle risorse naturali, allora è necessario rimuovere il primo per modificare il secondo, seguendo lo stesso ragionamento bisognerebbe giungere alla conclusione che bisogna credere nel Dio di Abramo per avere una forma mentis umanistica, ed avere a cuore i diritti dell duomo, visto che questi ultimi sono valori dell occidente, che dipendono, anche se in modo remoto e certo non esclusivo, dal cristianesimo
Maggio 24th, 2015 at 8:11 pm
Opps diritti dell uomo non del duomo…correttore automatico:-)
Maggio 25th, 2015 at 9:04 am
Eppoi, scusate i post multipli, io penso che i “loro” con cui bisogna fare i conti, non sono i monoteisti, o i cristiani in particolare, ma l’elite di sociopatici che governa le multinazionali ed il corporate business, a cui credo non importi assolutamente niente della Genesi, perchè è interessata unicamente al proprio tornaconto nel brevissimo termine, essendo disposta a mandare in vacca l’ecosistema e con esso il resto dell’umanità, inclusi i prorpi figli, pur di guadagnare il milione di dollari extra.
Maggio 26th, 2015 at 4:21 pm
Salve a tutti, potete consigliarmi dei testi tradotti in italiano di Nagarjuna?
grazie infinite
Maggio 26th, 2015 at 4:28 pm
A parte quelli che trova in questa pagina non penso ve ne siano molti. Gli unici di cui sono a conoscenza sono qui
ovvero: Madhyamakakarika, Vigrahavyavartani, Pratityasamutpadahrdayakarika e Catuhstava.
Maggio 26th, 2015 at 4:56 pm
Buona sera Jiso,
mi chiamo carlo, sono “nuovo”.
Ho letto con grande interesse il testo della conferenza di Lodi.
Al riguardo, ti vorrei per favore chiedere dei chiarimenti: Quando scrivi “qui si annulla la sofferenza che si genera nell’attrito fra me e ciò che è fuori o dentro di me”, intendi forse sottolineare l’importanza di non attaccarsi alle cose, cioè il senso di appartenenza che genera sofferenza?
Inoltre, i lombrichi: da questa, se non sbaglio, metafora, ho pensato che una persona sta bene nel momento in cui la coscienza personale non è incentrata sull’immagine che si ha di sé stessi, ma sul bene comune di ciò che ci circonda. Ma anche, ho pensato, che la metafora si possa riferire al lombrico come essere umano che in assenza di un culto svolge normalmente il proprio lavoro (qual’è?). Invece, nel momento in cui un culto ci dice cosa fare, questo lavoro viene svolto con difficoltà… Cosa intendi dire, se il lombrico avesse un’idea di sé, rimarrebbe paralizzato da un comando “esterno”?
Chiedo scusa per l’ignoranza sull’argomento, vorrei approfondire.
Grazie,
c
Maggio 27th, 2015 at 11:40 am
Buon giorno, Carlo, grazie per le tue osservazioni.
Sofferenza è una parola molto difficile da scrivere, non è un solo concetto, un problema o un tema: è esperienza di ogni essere umano, perlomeno. Penso che ogni tanto vada pronunciata, con cautela, quando si parla di buddismo, il cui primo annuncio è la realtà della sofferenza e la cui promessa è la realtà della sua fine. Come parola è un termine generico, vuol dire tante cose, dolore fisico, perdita, angoscia, gelosia… Ho provato a dire quale radice della sofferenza il buddismo individua con la parola sanscrita dukkha, che si legge nei testi antichi, esprimendone il senso, anche etimologico, secondo la mia esperienza e comprensione: l’attrito penoso e usurante che la mia idea di me, soggetto consolidato e persistente, genera nell’impatto con le cose, a loro volta concepite come oggetti consolidati e persistenti, si tratti di eventi, pensieri, sentimenti. Attaccamento e senso di appartenenza sono prodotti di quell’attrito. 1/2
Maggio 27th, 2015 at 11:40 am
2/2 Quella del lombrico è una metafora cui sono affezionato, si può usare anche per riparare a un torto che gli viene fatto in un testo buddista, in cui lo si prende in considerazione da un punto di vista autoptico, tagliandolo in due a meri fini speculativi (vedi @42 e @43 del post “Bentornato alla Stella”). Come tutte le metafore (e le affezioni) porta aiuto e impaccio. L’ho usata per dire che se valutiamo il compito cui siamo messi di fronte dalla vita e dalle nostre scelte in base all’idea che ci possiamo fare delle nostre forze, ci troviamo fra gli opposti rischi della megalomania e della paralisi, fra “ghe pensi mi” e “non ce la farò mai”. Se quell’animaletto si vedesse minuscolo e vulnerabile, come noi lo vediamo, di fronte al compito immane di ossigenare la terra, lo scarto fra le due misure lo paralizzerebbe. Come lo so, dirai, che lombrico non sono? Lo so, qui sta la metafora, perché se mi pongo di fronte all’obiettivo promesso della fine della sofferenza del mondo, e accollo il compito a me come mi penso, quando mai crederò nella realtà di quella promessa? Se invece mi metto all’opera scordandomi di me, è l’inizio del compimento.
Maggio 27th, 2015 at 8:30 pm
Purtroppo i testi di Nagarjuna tradotti in italiano sono scarsi e non mi risulta ve ne siano altri oltre a quelli citati da mym.
Maggio 28th, 2015 at 11:13 am
Ciao jf,
chiedo scusa per il ritardo nel rispondere, anche per aver subito usato la forma del “tu”. Non è mia intenzione mancare di rispetto.
Innanzitutto, grazie per le risposte.
A volte mi sembra che la sofferenza sia anche l’unica maniera per “svilupparsi” e “spostare” la percezione dell’individualità ad una collettiva. Sofferenza come causa, ma anche come mezzo essenziale di crescita del bene, collettivo.
Imparare a lasciare andare. E’ ciò (l’unica cosa?) che si può fare per diminuire l’attrito che si interpone tra l’immagine dell’interno (me) e quella dell’esterno (il mondo)?
Inoltre, la metafora mi è sembrata molto concreta. Soprattutto le ultime parole “Se invece mi metto all’opera scordandomi di me, è l’inizio del compimento”. Però, quando leggo “scordandomi di me”, non capisco, ma provo una rara sensazione. Si può spiegare concettualmente? Oppure, è questo il frutto dello zazen?
Grazie ancora,
cp
Maggio 28th, 2015 at 2:47 pm
grazie a voi tutti, siete stati gentilissimi,
Maggio 28th, 2015 at 5:12 pm
Ciao cp,
il tu va benissimo, per quel che mi riguarda, in questa sede, e non rilevo ritardi, meglio pensare con calma a quel che si dice e scrive. La sofferenza è causa benefica quando è “usata” bene per il bene, ma può pure essere solo peso che sprofonda. Per questo è bene, secondo me, parlarne poco e lavorare molto a imparare a lasciarla andare, come usiamo dire. Non so se sia l’unica cosa che si può fare, so che si può fare e che per me lo è.
Scordarmi di me, è un’altra espressione che a dirla più che raramente diventa impudica. Spiegarla concettualmente implica non farlo, è come parlare del silenzio: si può, perché no? a patto di sapere che quando ne parlo non lo faccio. Nel momento in cui mi scordo di me, non so di star scordandomi.
Maggio 28th, 2015 at 5:28 pm
Grazie jf,
Una spiegazione concettuale chiara.
Di conseguenza, mi verrebbe solo da dire (se non sbaglio, simile a come mym ha suggerito in altri momenti), alcune cose si capiscono con la pratica e con la fiducia che in essa si ripone, non in maniera logica.
Grazie ancora per le gentili e belle risposte,
c
Maggio 30th, 2015 at 10:27 am
Nello Zen esistono anche l’umorismo e il ludico…Jiso è affezionato al lombrico nella suo forma non autoptica, a me piace ricordare quel burlone di Joshu (Chao chu)che si mette le scarpe in testa e avrebbe salvato il gatto tagliato in due. Ci sarà sempre “chi taglia un gatto” e ci sarà sempre “chi si mette le scarpe in testa”.
Chi non fosse edotto sulla vita del monaco Joshu se lo vada a cercare perché merita la lettura.
Maggio 30th, 2015 at 6:40 pm
Come no, caro Nello, ci sono nello Zen e per fortuna anche nella vita. Però, a parer mio, perchè sia davvero umorismo giocoso, deve poter far sorgere il sorriso sulle labbra di tutti i giocatori, vermi e gatti compresi: nel caso di Nanquan, che evochi, metafora o episodio che sia, il sorriso del gatto non lo vedo.
Maggio 31st, 2015 at 4:46 am
@cp, 42
Tutto ciò che capiamo lo capiamo grazie alla logica, tanto è vero che la metafora dei lombrichi l’hai capita grazie ad una spiegazione. Non è logico invece il commento 44.
Breve storia zen
Un giorno un micetto fece apparizione nel tranquillo tempio di montagna. I monaci lo catturarono e nacque una disputa tra l’ala orientale e quella occidentale del monastero. Lottarono perché ciascuna delle parti voleva fare del micetto la propria mascotte. A un certo punto, il reverendo Nansen afferrò la bestiola per il collo, e levando in alto un falcetto, disse: “Se qualcuno di voi sa darmene il motivo, risparmierò questo gattino, altrimenti l’ucciderò.”
Nessuno rispose. Allora il reverendo Nansen decapitò il micio e ne gettò via il cadaverino. A sera, fece ritorno il capo-corso dei discepoli, Joshu.
Il reverendo Nansen gli riferì l’episodio e gli chiese la sua opinione. Joshu, senza perdere un attimo, si sfilò i sandali, se li mise sul capo e se ne andò.
Disse allora Nansen con rammarico: “Se tu fossi stato qui oggi, avresti salvato la vita a quel gatto.”
Più o meno questa è la storia, famosa soprattutto per la difficoltà d’interpretare il comportamento di Joshu.
Secondo il venerabile maestro non era un problema poi tanto arduo.L’uccisione del micio da parte di Nansen simboleggia la distruzione delle illusioni del sé, e lo sradicamento di pensieri e fantasticherie fallaci. Annichilendo la propria sensibilità, il reverendo aveva mozzato il capo del gatto e insieme aveva troncato ogni contraddizione, opposizione o conflitto tra il sé e il fuori di sé, tra proprio ed altrui. Se chiamiamo l’azione di Nansen “della spada che uccide”, quella di Joshu è “della spada che dona la vita”. Dimostrando un distacco così grande da mettersi addirittura in capo i sandali – una cosa cioè insozzata dal fango e tenuta per vile dagli uomini – Joshu aveva realizzato l’illuminazione.
@jf è notorio che i gatti non sorridono.
Maggio 31st, 2015 at 4:47 am
Questa storia del micio decapitato mi ispira una definizione * logica* di Dio.
Dio è l’ “annientante” e ciò perché se si esamina il concetto di Dio viene fuori che egli è ‘niente’ non davanti alla logica delle definizioni, ma perché annienta continuamente ogni determinazione, perché è l’ “annientante”. Ciò che ci è possibile stabilire è solo un diritto alla vita illimitata, un diritto alla propria conservazione, restituendo a Dio il diritto alla morte.
Se, come scrive mym ne il ‘Dialogo interreligioso come riconquista della propria religiosità’, per religione dobbiamo intendere non un culto ma “edificazione spirituale, costruzione di una limpida presenza interiore”, pag 1, allora la nostra attenzione dovrà essere rivolta alla elaborazione razionale della sfiducia. Senza diffidenza l’edificazione non regge un momento. Ma la diffidenza non è il contrario della fede, non è la fede rovesciata come un guanto.
Siccome lo stato di sfiducia in Dio appartiene allo stato di empietà, è l’empietà che diventa il sentimento fondamentale a cui si deve riportare la sfiducia. Il teologo maledetto non si fida di Dio e non si fida in maniera così assoluta che su questo “non mi fido” edifica, per così dire, la sua Chiesa.
Domandarsi che cos’è la sfiducia in Dio però non ha niente a che fare con l’ateismo. L’empio non dice “non c’è Dio”. Dice che ne diffida; per questo edifica.
Maggio 31st, 2015 at 4:49 am
ps: la cosa illogica, per non dire “surreale”, è il dialogo con la chiesa cattolica. è semplicemente incredibile che, ad esempio, le alte gerarchie ecclesiastiche continuino a contrastare Rafael Correa, il quale, per la cronaca, è al suo terzo mandato presidenziale: rieletto nel 2013 con il 57% delle preferenze.
Maggio 31st, 2015 at 6:48 pm
Ciao HMSX, Rafael Correa, chi era costui?
La diffidenza, ovvero il dubbio, non è obbligatorio che riguardi Dio. A meno che non ce l’abbiano inculcato come una spina così a fondo da non poter prescindere da quel pensiero. La diffidenza, il dubbio servono per sgretolare tutti gli idoli.
Il dialogo con i cattolici è possibile, quello con la chiesa cattolica è… come discutere con Equitalia.
Maggio 31st, 2015 at 6:54 pm
Però.
Siamo a 50 commenti ed ancora nessuno ha chiesto a jf che cosa diamine sia “lo spirito della natura”.
Banda di tontoloni!
Invece di concionare della diffidenza, un po’ di messa in pratica…
Giugno 1st, 2015 at 12:59 pm
Buon dì,
Mym, penso tu abbia ragione.
Jf, qual è, cos’è, lo spirito della natura?
Sulla base di tale domanda, vorrei comunque scrivere poche righe di riflessione.
Ho immaginato che lo spirito della natura possa essere lo spirito umano che, a partire da una base di “tabula rasa”, inizia e continua ad essere plasmato dall’educazione culturale e da altri fattori (se non ricevessimo input esterni, rimarremmo noi tabula rasa?). In particolare, ricollegandomi ai quattro verbi della narrazione biblica, ho pensato, generalizzando a dismisura, che una persona di matrice cristiana possa essere una persona legata ad una concezione comunitaria alla base (il culto che vede Dio su un piano e gli – altri? – esseri umani su un altro), ma che ha un obiettivo individuale, cioè la salvezza dell’anima propria. In questo caso, immagino una piramide. Al contrario, una piramide capovolta, il buddismo, secondo la mia concezione, cioè lo sviluppo dell’individuo in sé per il bene comune. Tale riflessione anche per mezzo della ricerca “Riding the Waves of Culture” di Trompenaars e Hampden-Turner, in cui si individua uno sviluppo della persona verso uno dei poli di un continuum, cioè individualismo, o “comunitarismo”. Seppur oggi i non credenti ed i non praticanti siano in percentuale relativamente alta all’interno della popolazione occidentale (se non sbaglio, la ricerca riporta questo risultato), la religione plasma comunque la cultura, dalla quale nasciamo e ci sviluppiamo. Invece, secondo il parere di un’amica proveniente dalla Cina, la cultura orientale è più legata alla natura. Quindi, la mia concezione dello spirito della natura riguarderebbe lo sviluppo dello spirito umano.
So di errare già dal momento, forse prima, in cui generalizzo, tuttavia spero che riportare tali parole possa essere utile a capire bene dove sbaglio.
Giugno 1st, 2015 at 3:10 pm
> Cos’è lo spirito della natura?
A me pare di aver risposto al commento 3, a proposito della Fonte Q, ovvero Dio, che secondo Spinoza sarebbe la natura (Deus sive natura). Cioè, come dice jf, «“lo spirito della natura” non è una forma di animismo, di panteismo, di spiritismo… Sono le cose, ogni cosa, a essere spirito, vita materiale e spirituale: sia le cose animate, che le cose inanimate»; – giustappunto l’energia che permea la materia.
Schelling ne La filosofia della Natura, sostiene che la la Natura è prodotta da una intelligenza inconscia che si sviluppa e si manifesta in gradi sempre più alti, dalla materia al livello organico, fino a giungere all’uomo, in cui l’intelligenza raggiunge la consapevolezza. Egli sostiene che la Natura si realizza attraverso l’incontro e lo scontro tra due forze fondamentali: quella di attrazione e quella di repulsione, che danno luogo ai vari gradi della Natura, sempre più elevati. Il principio della filosofia di Shelling è che la Natura è lo Spirito visibile, lo Spirito è la Natura invisibile, intendendo dire che la Natura non può essere concepita come un meccanismo, ma come un organismo vivente. L’organismo, infatti, si presenta non come una somma meccanica di parti staccate, ma come una unità che ha in se stessa il principio di sviluppo e la necessità delle relazioni delle parti col tutto.
Siccome mi piacciono le distinzioni, torno a Spinoza che distingue la natura naturata – quella che possiamo conoscere – dalla natura naturans, eternamente inconoscibile.
Giugno 1st, 2015 at 3:11 pm
@mym
È vero che la diffidenza, il dubbio servono per sgretolare tutti gli idoli. L’uomo produce credenze proprio per evitare il dubbio, che genera inquietudine. La credenza vuole evitare il dubbio mediante una approssimazione del reale che non ammette la messa in discussione.
Ora, la sfiducia è proprio la conseguenza della messa in pratica, quando l’entusiasmo etico non trova più materia e l’agire è diventato impossibile.
«Tutto ciò che faccio è lavarmi e vestirmi, uscire da casa, aprire l’ombrello quando piove, e per tutta relazione con l’altro chiedergli una sigaretta. Dov’è la prassi che doveva accudirmi?», così parla il disperato davanti all’agire.
Egli edifica in senso spirituale proprio perché non ha totalmente fiducia nell’azione.
Giugno 1st, 2015 at 4:07 pm
@cp 50: davanti a uno che mi cita Trompenaars e Hampden-Turner con aria di nulla (non ci sono nemmeno sulla wiki.it, occorre espatriare per trovarli!) … la mia mano corre alla fondina 😉
Non son sicuro di aver capito tutto, però il buddismo con “lo sviluppo dell’individuo in sè per il bene comune” non ci azzecca. Sembra più un programma dell’AGESCI o dei Verdi-per-il-comunismo.
@hmsx 51: sei più teista tu di mia nonna…
Giugno 2nd, 2015 at 9:34 am
Non so nulla dello ‘spirito della natura’, ma – del passo di Jf – una chiave di lettura intrigante al proposito mi pare di individuarla nella frase: “Noi siamo abituati a pensare di essere nati nel mondo in un dato momento storico….e pensiamo di essere venuti a posizionarci, a occupare un posto in un mondo che era già lì, strutturato e definito, prima che noi nascessimo.” … e seguenti
“Qui, nell’esperienza diretta, nuda e cruda, io sono vivo nel mondo e il mondo vive del mio essere vivo”.
Giugno 2nd, 2015 at 10:42 am
Ciao Doc, qual buon vento?
jf è davvero intrigante, anche per questo non bisogna fargliela passar liscia.
Se il mondo non c’era già, chi mi ha visto nascere, dov’era?
Sarà stato nel mondo dello spirito della natura?
E gli altri?
Va a finire che c’è un via vai che neanche all’ora dello struscio…
Giugno 2nd, 2015 at 11:28 am
Ciao mym.
E’ il vento dello spirito, ovviamente, complice una mancata gita in montagna.
Se il mondo c’era già, dov’è adesso tutta quella gente?! avrà solo cambiato scompartimento (che ressa in ‘sto treno)? Sarà scesa? e in quale spirito della natura è finita?!
Dicono che la memoria a volte sia la cosa più reale…( ma io non ci credo)
Giugno 2nd, 2015 at 11:36 am
Capito.
Certo più igienico che mettersi un sandalo fangoso in testa.
Quando scompare il bersaglio nessuno si ferisce.
Giugno 2nd, 2015 at 4:26 pm
> @hmsx 51: sei più teista tu di mia nonna…
Questa fa molto ridere. In verità sono stato per molto tempo un aspirante deicida, nel senso che per anni ho preso sul serio le seguenti parole di Zarathustra « Dio è morto! E noi lo abbiamo ucciso! », però mi sa che Dio non può morire. C’è un lungo passo ne la Volontà di potenza dove Nietzsche accenna alla questione dell’empietismo, però poi non approfondisce.
Ma lo sai che Spinoza fu ostracizzato e accusato di ateismo? La ragione è che il Dio di Spinoza è un dio oggettivo e non personale. Talmente oggettivo che Einstein era solito dire: « Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fatto e delle azioni degli esseri umani» .
Ad ogni modo, continuo ad indagare…
Giugno 2nd, 2015 at 4:35 pm
Certo che se Dio fosse in tutti i modi (e solo in quelli) in cui lo pensate, lo volete, lo odiate, lo preferite… sareste in un bel guaio.
Speriamo bene.
E continuiamo ad indagare, alla fin fine non se ne sa nulla.
Giugno 2nd, 2015 at 6:30 pm
Mi dichiaro apertamente ateo, così mi tolgo dai guai.
Avevo scritto altrove su questo blog: “mi chiedo se la menzogna non sia qualcosa di divino; se il valore di tutte le cose sia nel fatto che sono false. Se la disperazione non sia la più pura conseguenza di una fede nella *divinità della verità*… Se proprio il mentire e il falsificare (trasporre in falso), l’introduzione di un senso, non sia un valore, un senso, un fine; se non si debba credere a Dio, non perché è vero, ma perché è falso.”
Cioè, Dio è un errore necessario che serve a rendere pensabile ciò che non è. Il problema è che quando un autore fa il nome di Dio, ecco spuntare il prete che ci dice come lo dovremmo intendere. C’è addirittura un prete che fa i viaggi in Giappone per lo zazen, e insomma è arrivato a dire che Nietzsche era cristiano…
Invece di fare lo scettico, perché non dici apertis verbis quello che non ti convince dell’intervento di jf? O almeno dacci un indizio? Ah già, l’hai detto. Allora indago, alla fin fine ne sapremmo un po’ di più, sempre troppo poco però.
Giugno 2nd, 2015 at 6:58 pm
Ottima idea quella del continuare ad indagare tenendosi dalla parte del saperne poco. Che non è mai troppo, anzi: meno se ne sa …
Lo spirito della natura è una cosa di jf, qualcuno (vabbe’, sono in flagranza: ci ho messo lo zampino) lo ha interrogato (cp @50) ora, se vuole, la palla è nella sua metacampo.
Dichiararti ateo non ti salva dal teismo ed è la posizione meno conveniente: rischi l’inferno e non concorri neppure per un posto in paradiso.
Secondo chi si intende della faccenda l’unico errore necessario è impicciarsi quando qualcuno si infila in un guaio e non c’è nessun altro che possa fare (o disposto a fare) l’errore al tuo posto.
Giugno 2nd, 2015 at 7:08 pm
Quella storia di Nansen (pron. jap. per Nanquan) e del gatto tagliato in due che HMSX riporta (@45 e segg.) la si può leggere in più di una raccolta di kōan cinesi, è oggetto di innumerevoli commenti ed esegesi. Mi permetto di aggiungere che trovo la storia inverosimile come episodio e imbarazzante come metafora. Inverosimile la contesa fra i due gruppi di monaci, la reazione dell’abate rispetto all’incolpevole oggetto del contendere, lo svolgimento dell’assemblea plenaria, la gestualità dell’esecuzione (non è così semplice tagliare un gatto in due con un sol colpo). Ma anche prendendo in considerazione la metafora, qualcosa non torna. Pare la versione dark della storia di Salomone, il neonato e le due madri: quella andata storta. Nanquan si ficca da solo in un vicolo cieco, si mette nelle condizioni di commettere un delitto, premeditato e gratuito, per futili motivi, e non ne sa uscire. Che non sia contento di sé e di come è andata lo dimostra l’appendice della storia, quando chiede a Zhaozhou (jap. Jōshū), che non c’era, di togliergli le castagne dal fuoco, dopo che son già bruciate. Molto strano un kōan su due diversi piani temporali, il gesto di Jōshū non è congruo rispetto all’accaduto stante che sapeva già com’era andata a finire e non è messo sotto pressione dall’evento. Dōgen si occupa della vicenda (Zuimonki 1,6 nella versione corrente) e, pure lui fuori tempo massimo, fornisce alcune risposte che, tutte, salvano il gatto. Salvare capre e cavoli è una delle funzioni dei kōan… o no? Quanto alla spada che dà la vita e la morte, la lascio nel fodero: con quell’alibi troppe teste sono state tagliate nella Cina occupata dai Giapponesi nel recente passato.
I gatti, è notorio, non sorridono (a parte lo stregatto): non per questo è lecito tagliarli in due.
Giugno 3rd, 2015 at 1:12 am
Allora, caro cp @50, su pregevole assist di mym mi chiedi: qual’è, cos’è lo spirito della natura? La risposta sintetica è: non lo so. Mi dirai: ma allora, perché evocarlo? Ecco, assomiglia un po’, formalmente, alla storia di Nanquan alle prese col gatto, nel senso che anch’io mi son messo nei guai da solo, per futili motivi. Ho buttato giù, su richiesta, un titolo provvisorio della conferenza, facendo balenare, per attinenza con il tema del festival, l’idea di un’alternativa fra natura creata e spirito della natura e per di più suggerendo nel sottotitolo un legame fra il secondo e la “visione buddista orientale”: una leggerezza espressiva di cui mi sono reso conto man mano che scrivevo il testo, dato che la cosa in quei termini non funzionava, ma ormai era tardi per cambiare il titolo. La cosa non poteva funzionare perché quello non è un mio argomento, non sono le cose che conosco, di cui mi sta a cuore parlare e di cui credo di avere qualcosa da dire. Come avrai notato, nel discorso mi guardo bene dal dire cosa sia questo spirito della natura, da qui la tua/vostra domanda, suppongo. Certo c’è, nell’espressione “spirito della natura” l’eco spinoziana ed einsteiniana che HMSX rileva in @51 e che anch’io avevo in mente, usandola, insieme a un riflesso della concezione spirituale della natura propria della sensibilità giapponese – e va bene, ma non ne so abbastanza da poterne parlare e inoltre tutto questo con il buddismo non c’entra: il discorso quindi è rimasto lì, a mezz’aria, indefinito, ma dando adito al possibile fraintendimento che l’alternativa alla concezione della natura creata sia un non meglio definito spirito della natura, che avrebbe a che fare con il buddismo. Un errore di cui sono dispiaciuto, ringrazio dell’occasione di questo parziale chiarimento, spero che questo punto debole non infici altre parti del discorso che invece riconosco più mie.
Giugno 3rd, 2015 at 8:58 am
@63: grande jf!
@62: molto sensato quello che scrivi. Ma il gesto di Nansen con il buon senso non ci azzeca, per cui si rischia di buttar via l’acqua assieme al gatto. Dogen critica l’azione di Nansen sul piano del buon senso ma riconosce anche un piano diverso, parla infatti di coincidenza tra azione criminale (quella che con il buon senso si può ridicolizzare) e azione del Buddha. Zhaozhou, alias Joshu, si limita ad interpretare il caso con un’altra azione apparentemente insensata: è un altro tipaccio “capace” di tagliare gatti. E non discute l’altro piano (quello del buon senso). Come tu stesso ricordi, quella storia compare varie volte nella tradizione cinese, se fosse stata liquidabile con il solo buon senso sarebbe scomparsa. Nella non breve vita a contatto con personaggi del mondo dello zen, ho assistito più di una volta ad atti, prese di posizione apparentemente del tutto insensate e che -lì per lì- con il buon senso ho criticato. Salvo poi, sempre, riconoscere col tempo che le ragioni irragionevoli erano condivisibili, e preponderanti. In tutti quei casi c’è sempre stato (almeno) un poveraccio, un “gatto”, che fu seriamente ferito.
Non sto parlando della logica del risultato: quelle azioni non le giudicai (giudicammo?) poi valide perché portarono a buone soluzioni: alcune portarono disastri.
Ma a un certo punto si aprì l’opportunità di vedere oltre il gatto.
Giugno 3rd, 2015 at 10:34 am
@64: Vero, mym, so di cosa parli, ho ben presenti casi concreti di cui sono stato anch’io testimone partecipe. E, come dici, col (non)senno di poi riconosco quelle azioni come lampi di grazia. Ma non è solo buon senso quello cui mi riferisco: anche sull’altro piano, credo si debba trovare il modo di non uccidere il gatto, non per una proibizione morale o per la logica del risultato (il gatto prima o poi muore comunque e sul quel piano non è forse né vivo né morto) ma per evitare il rischio che i “caduti” possano addure la ferita ricevuta come motivo (alibi?) per allontanarsi dalla via su cui quella botta invece li avrebbe dovuti riportare. E suppongo sia anche questa la preoccupazione di Nansen nel chiedere anche a Joshu. Fra le varie “soluzioni” postume che Dōgen propone, la più intrigante 😉 a parer mio è la seguente: “Ai monaci che non trovano parola, a lungo senza risposta, avrei detto: ‘L’assemblea già così parla’. E avrei lasciato andare il micio” E aggiunge: “Un anziano [Yunmen Wenyan, alias Unmon Bun’en] dice: ‘Quando l’agire illimitato si manifesta qui, non c’è regola predeterminata’”. Insomma, anche sul “altro piano” forse si può far sempre meglio.
Giugno 3rd, 2015 at 10:45 am
Zì zì, tutti presi a salvare il gatto, e il lavoro sporco non lo vuol mai far nessuno.
E il medico pietoso fa la piaga cancrenosa.
Non si tratta di giudicare la liceità dell’atto di Nansen.
È grazie a una cappella di quelle dimensioni che siamo ancor qui a parlarne.
Giugno 3rd, 2015 at 11:13 am
“È grazie a una cappella di quelle dimensioni che siamo ancor qui a parlarne”: questo è poco ma sicuro.
Ma la porta ai saccenti l’ha aperta lui, chiedendo a Joshu in seconda battuta e riaprendo la partita, fino ai giorni nostri.
Giugno 3rd, 2015 at 11:25 am
Vedere la cappella è facile.
Più difficile è vedere l’apparente contrario.
Quello che Dogen riconosce essere l’azione del buddha.
Nansen era -anche- un uomo e Joshu lo ha assolto, riconoscendo solo l’azione del buddha.
Giugno 3rd, 2015 at 11:45 am
Più difficile ancora è vedere i due apparenti contrari nello stesso agire: l’azione di buddha nella cappella e la cappella nell’azione di buddha, compresenti e separati, chiamandoli con il loro nome.
Giugno 3rd, 2015 at 11:51 am
Adesso pare tutto facile, anche il difficile.
Ma siamo partiti da molto distante.
Giugno 3rd, 2015 at 12:26 pm
🙏
Giugno 3rd, 2015 at 5:27 pm
@mym, 61
“L’anima che va all’inferno vuole restarci” 🙂
Il un guaio è questo: ho scoperto che l’empietismo è un’apologia del teologo maledetto, non del bonhomme che guarda Dio con occhi libidinosi. Questi è un essere lascivo. “Dio dà la parola anche ai porci” dice pieno di riconoscenza. Nell’altro c’è una grande calma, una forte risolutezza, la sicurezza che Dio non ‘esisterebbe’ se non esistesse il teologo. Chi scopre che il teologo ‘esiste’ fa sicuramente una scoperta maggiore di quella del teologo che scopre soltanto che esiste Dio. Dove per teologo deve intendersi un tipo di esistenza, non solo una professione;- diciamo un’ abitudine a pensare Dio.
Un altro guaio è Nietzsche… Sebbene sia passato alla storia come un filosofo, egli era un antifilosofo, e, soprattutto, un genio religioso. Se l’ateismo di Spinoza è freddo (fa il nome di Dio, ma era uomo del ‘600! anche Giordano Bruno e Vanini fanno il nome di Dio e sappiamo come è andata a finire…), è stato Nietzsche a portare i valori tipicamente religiosi, cioè di entusiasmo, di sublimità, di misticismo, alla laicità.
Giugno 3rd, 2015 at 5:28 pm
Il kōan… è esemplare. Yukio Mishima ha scritto un romanzo, Il padiglione d’oro, Mondadori, 1986, su di questo kōan. Il protagonista dapprima vuole prendere i voti monastici, poi raggiunge la “liberazione” incendiando il tempio.
Nansen ha agito secondo karma, cioè ha annullato la coscienza individuale nell’azione pura. Magari Nansen aveva avuto una brutta giornata, e non aveva pazienza di sopportare una ridicola lite. Per questo Jōshū è illuminato, perché non glie ne fotteva proprio dell’intera situazione. Ancora la costante dell’annullamento della coscienza individuale.
Esempio: “quando faccio zazen, non sono capace di non pensare a niente, ma posso pensare a cose molto sceme”… invece, quando devo tagliare la testa a un gatto, non penso a niente. Nel caso fossi affamato, infatti, non esiterei a tagliare un gatto in due.
Giugno 3rd, 2015 at 5:34 pm
Caro Hmsx, che bravo prete saresti stato…
😛
Giugno 3rd, 2015 at 5:50 pm
Scusate, ma “i due apparenti contrari nello stesso agire” @69, cosa sintetizzano? Se possibile precisare un po’ di più, grazie.
E’ evidente che da Joshu a Dogen sono passati alcuni secoli…così come nel concetto di “tempo” espresso da Nagarjuna e ripreso ed evoluto da Dogen circa 1000 anni dopo in Uji…
E’ evidente che Dogen non può che “tagliare il gatto in uno”, quindi non tagliarlo.
Anche il Cristo, mi sembra abbia incinerito un albero…
Giugno 3rd, 2015 at 5:59 pm
Ciao Nello.
Oggi il setaccio è stretto…
A volte jf pare che vada un filino lungo con le parole.
Sì, il Cristo ha fatto seccare un fico che non gli dava frutti fuori stagione, ha fatto cadere in mare 2000 maiali…
Se davvero si applicasse il detto “chi è senza peccato scagli la prima pietra” penso che si potrebbe dormire all’aperto nella massima tranquillità.
Giugno 3rd, 2015 at 6:12 pm
Quello che si evidenzia nella storia di Joshu resta, nel senso che pone quello che è necessario porre. Cosa, oggi, è rilevante di quel koan? Le letture dello stesso, come già indicato, possono essere molteplici ed avere un portato riguardante più piani.
La giusta azione è in sé un koan, oppure tutto è koan.
“Quando il monaco ebbe finito di pulire e sistemare il giardino del tempio chiese al maestro se il lavoro svolto fosse stato corretto. Il maestro rispose, non ancora, e scosse l’albero facendo cadere le foglie dove il monaco aveva pulito”,
la sintesi della storia è mia ed è più o meno quella. Quindi, giusto non giustificare l’errore…ma “c’è sempre una coda…”
E comunque, questa esegesi sul gatto e sul lombrico, mi è piaciuta.
Giugno 3rd, 2015 at 6:18 pm
Non so, dopo la prima volta, temo che anche tagliando la testa a un gatto si possano pensare cose molto sceme. Probabilmente l’unica testa tagliando la quale siamo sicuri di non pensare a niente è la propria.
Giugno 3rd, 2015 at 6:29 pm
I due apparenti contrari nello stesso agire, di cui in @69, sono il taglio del gatto come delitto (o peccato, o cappella) e come azione di buddha. Ho usato “apparente contrario” riferendomi a mym @68.
Giugno 3rd, 2015 at 11:11 pm
@jf, 78
> temo che… tagliando la testa a un gatto si possano pensare cose molto sceme.
No, è proibito pensare a cose sceme. Il sangue fa molta impressione.
>l’unica testa tagliando la quale siamo sicuri di non pensare a niente è la propria.
Non so, Vercingetorige, ad esempio, pensò al suo popolo.
@Nello, 77
È vero che le letture del kōan sono molteplici, ma al contrario delle interpretazioni, la spiegazione è gelosa.
Giugno 4th, 2015 at 10:13 am
@hmsx: “la spiegazione è gelosa” mi perplette. La gelosia richiama conflitto, timor di perdere, afferrare, insomma tutto ciò che impedisce di poter vedere un koan con sufficiente chiarezza da darne una spiegazione. Togliere le pieghe, porre in piano, apertamente.
Giugno 4th, 2015 at 11:02 am
@HSMX80
Sarà anche proibito, ma dubito, per fare un esempio, che Elia, il profeta, che scannò quattrocentocinquanta profeti di Baal di sua mano, un dopo l’altro (1Re18,40) non abbia in quel lasso di tempo pensato almeno una scemenza: l’operazione richiede svariate ore. Per tacer degli addetti alla ghigliottina ai tempi d’oro di Marianna. Il sangue non basta a lavar via i pensieri.
Giugno 4th, 2015 at 11:20 am
@mym, 81
Pensare non mi ha mai spaventato. Sento però che scrivere è il mio vero problema. Mi si è formato un concetto di scrittura che è tutta una cosa con ciò su cui vado via via riflettendo. Mi sembra per la verità che ciò che vado scrivendo non sia semplicemente scrittura. Mi sembra che tuoni ma che a volte rasenti il silenzio. In realtà deve essere proprio così: un misto di silenzio che desti silenzio prima di tutto in me stesso, poi un rumore che supera il tuono. I “libro” mi spaventa, eppure lo spirito della narrazione aiuta.
Giugno 4th, 2015 at 11:25 am
@hmsx, 83: quando ti libri nel tuo cielo ti perdo di vista.
Giugno 4th, 2015 at 11:45 am
@jf,
Grazie.
Anche se “lo spirito della natura”, come ho inteso, non è stato concretamente definito, mi sembra comunque di capire che quest’ultimo e “natura creata” non siano due elementi in contrapposizione, ma che il primo sia l’origine dell’altro.
Intanto continuo a leggere con interesse e simpatia i commenti di tutti.
Buona giornata.
Giugno 4th, 2015 at 12:35 pm
Direi che sono due diversi modi di vedere e descrivere la realtà, da cui derivano diverse concezioni del posto e del ruolo dell’uomo nella natura.
Giugno 5th, 2015 at 11:22 am
Grazie jf @79.
E’ bello quanto dici perché coincide con la forma più compiuta del PDNC (principio di non contraddizione)cioè, l’affermare un “contrario” è possibile solo perché esiste appunto il “contrario”.
Per HMSX, c’è un termine “proibito” nello Zen ed è “illuminazione”.
Giugno 5th, 2015 at 1:15 pm
Caro Nello, il principio di non contraddizione mi ha sempre un po’ confuso, fin dai tempi del liceo – inoltre c’è gente molto suscettibile al riguardo, un tizio ha bruscamente interrotto i rapporti perché mi ero permesso una facezia sul tema. Me ne sto.
Giugno 5th, 2015 at 10:18 pm
@mym: siccome i cantanti hanno sempre ragione la dico così: “Che fai, se sbagli da solo… in due più azzurro è il tuo volo, amico è bello, amico è tutto, è l’eternità, è quello che non passa mentre tutto va … il più fico amico è chi resisterà, chi resterà, chi di noi resisterà”. (Renato Zero, Amico).
Gilles Deleuz e Feliz Guattari, in Che cos’è filosofia, Einaudi, 2002, sostengono che la grande scoperta greca non sia la filosofia ma l’amicizia. Per gli autori la Grecia classica ha superato la figura del Saggio per confrontarsi con quella dell’Amico: cioè qualcuno che non possiede il vero, ma lo ricerca pur essendo convinto della sua irraggiungibilità. ( cfr Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Parte prima, Dell’amico)
Giugno 5th, 2015 at 10:20 pm
@ cp, 85
Ben detto. Considera che l’Ehica more geometrico è scritta in latino, dunque la “natura creata” è un prodotto tardo. Spinoza, dopo aver passato il pomeriggio ad uccidere ragni (era un po’ sadico), annota sul suo diario:
“L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”.
Recentemente ho letto due libri che hanno fissato un sentimento che non riuscivo a esprimere compiutamente. Il primo si intitola Critica della vittima, il secondo Stato di minorità; l’autore di entrambi è Daniele Giglioli. Si tratta di due pamphlet non troppo lunghi. Specialmente Stato di minorità, Laterza, 2015, cerca di capire come ci siamo ritrovati in una società in cui l’azione politica è “sentita come impossibile” perché “ineffettuale, senza esito, svuotata di ogni concretezza”, dove l’impotenza è tecnicamente e giuridicamente sancita.
Il disegno di legge sui reati ambientali approvata dal Senato della Repubblica italiana a marzo è un bivio importante. Inserisce nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente, cioè punisce con la reclusione “da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque, abusivamente, cagiona una compromissione o un deterioramento, significativi e misurabili: delle acque o dell’aria o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo e di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna”. (art. 452-bis ).
È una buona legge, penso però che in tema d’ambiente dovremmo essere radicali e aderire al modello proposto da Rafael Correa.
Giugno 6th, 2015 at 8:09 am
Hmsx @89-90: grazie. Però la filosofia greca arriva tardìn con la valorizzazione dell’amico, il kalyanamitta/kalyanamitra era cosa fatta dal V-IV secolo a.C. tra i buddisti e prima ancora tra i jaina.
Giugno 6th, 2015 at 9:33 pm
“L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando”.
Secondo me, belle parole.
Penso che, se si identificasse Dio e/o dio sulla vita, cioè la pianta, le scimmie – quasi – senza pelo (noi, cfr. Morris) e gli altri animali, anziché esternarlo sull’immagine, ci potrebbe essere sia nello spirito della natura, sia nella natura creata, un approccio diverso, di “rispetto reciproco”. Se non sbaglio, come scrisse y, siamo “tutti sullo stesso piano, ma omologati in maniera differente”. Tutto ciò che “contiene” il flusso vitale (Dio, dio) è come se facesse parte di un unico corpo. Questa concezione, secondo me, potrebbe essere una base per la sostenibilità della natura creata. Riconoscere lo spirito della natura nella natura creata.
Giugno 6th, 2015 at 9:54 pm
Nell’ambito del tema “Condividere la terra, condividere risorse” (generalizzo scrivendo “sostenibilità ambientale e sociale”), forse è innanzitutto necessario un cambio “di mantalità”, anziché pratico. I piani di sviluppo sostenibile dovrebbero già essere stati progettati da chi di competenza all’interno dell’UE, ma non vengono messi in atto per un motivo economico. Penso, invece, che sia una questione di priorità e che alla base manchi un modo di pensare che abbia l’immagine dell’interno (io) e dell’esterno (tu, egli, NOI, voi, essi), appunto, sullo stesso piano.
Giugno 7th, 2015 at 6:37 pm
Sinceramente in queste dotte disquisizioni la mia mente si perde… quello che vorrei però comunicare a margine di queste, è uno stato d’animo che ho provato e che provo, nel leggere l’ultima parte dell’intervento di JF: una sorta di ‘commozione’ nel percepire la piccolezza/grandezza dell’ essere umano che, volendo, ‘può’ vivere con serenità in questo mondo.
La strada indicata mi sembra chiara nella sua ‘semplicità’; spesso, a volte, èdifficile da mettere in pratica, forse perchè non c’è un punto di arrivo che superato faccia scomparire i problemi. Talvolta, si cerca la soluzione nelle parole espresse o meno: sembra che capire il perchè e il come di una cosa sia non solo utile ma anche risolutivo.
Il ritornare continuamente alla pratica come azione quotidiana credo permetta anche di ‘comprendere’ più profondamente gli insegnamenti di coloro che ci hanno preceduto nel seguire la via di Buddha.
Grazie
Giugno 8th, 2015 at 4:31 pm
Ciao Marta, bentornata.
cp @92: il dio di Spinoza è certamente interessante. Però “usare” visioni religiose come basi per costruire una cultura, in generale, meno di rapina nel mondo del lavoro, dello studio, delle vacanze, dell’ecologia, del cibo ecc. a mio avviso è molto pericoloso. È comunque sempre una via integralista, almeno sul piano propositivo. La religione ha il suo ambito, se poi da quell’ambito, in grazia di pratica e tempo si formano uomini in grado di fornire suggerimenti per una cultura migliore: bene.
Giugno 9th, 2015 at 2:06 pm
Y, condivido.
Giugno 13th, 2015 at 7:45 pm
A volte è difficile capire come nel normale vivere quotidiano ‘stia’ il rapporto con le cose.
Leggendo come ha trascorso la vita chi ha praticato la via, a volte, si può intuire come ciò sia reale e possibile.
Per esempio quando un discepolo di Uchyiama ritiene che sia importante menzionare il fatto che l’ accendere una stufa a legna sia stato un dei più importanti insegnamenti che ha avuto, oppure quando lo stesso Uchyiama racconta come, nonostante non riuscisse a dormire dal freddo ( a causa della sua salute cagionevole), capiva che quella era la vita che in quel momento doveva vivere, ed altro ancora, ecco, queste cose mi permettono di interrogarmi sulla pratica al di là delle parole…
E credo che lo studio di come hanno vissuto e vivono chi sinceramente mette in pratica la via sia un elemento molto importante per vivere la pratica..
Giugno 14th, 2015 at 11:10 am
Cara Marta, credo di capire quello che dici e solo in parte sono d’accordo. Farei molta attenzione a non mitizzare persone e comportamenti. Chiunque sia capace di farlo come si deve è in grado di mostrare come si accende una stufa: imparare ad accenderla, poi, è altra cosa. Chiunque faccia da un certo tempo zazen con sincerità è in grado di mostrare come ci si siede: la descrizione (di Uchiyama o di chiunque altro) è buona solo se la ritrovo e la dimentico nella mia esperienza. Le biografie dei “maestri” sono utili e mendaci, perché quasi sempre narrano solo di episodi ed eventi edificanti: la fuffa, le bassezze, le cantonate si sottacciono. Personalmente ora preferisco chi, per usare le tue parole, “sinceramente mette in pratica la via” sottraendosi al merito di divenire un esempio preclaro. Diceva un tale: le onoroficenze non basta rifiutarle, bisogna non meritarsele.
Giugno 14th, 2015 at 4:28 pm
Non so se persone come Uchyiama avessero l’intenzione di essere, nel loro comportamento, di esempio per altri. Mi sembra che quello che comunichino sia un ‘modo’ di vivere all’interno della via.
Io non ho avuto e non ho contatti con persone che si ritengano ‘maestri’ ma da quello che ho sentito raccontare, non ho dubbi sul fatto che vengano sottaciute bassezze e cantonate, ma appunto perchè son tali, il conoscerle non mi serve certo a capire come la via possa essere ‘vissuta’. O meglio, in realtà (senza generalizzare), mi permettono di capire qualcosa (anche se faccio fatica ad accettarlo)e cioè che la ‘pratica’ non mi mette al riparo neanche da atteggiamenti che non si possono non definire ‘riprovevoli’.
Lasciando però ai ‘maestri’ i loro problemi, e riflettendo sulla pratica che si svolge all’interno di un gruppo, ritengo che molti aspetti del modo di vivere la pratica ‘passino’ attraverso i comportamenti che ognuno ha, e non solo nei momenti di pratica ‘formale’. E talvolta, almeno per me è così, è proprio nel momento in cui vediamo (o mostriamo i nostri)i limiti che la pratica diventa ‘viva’.
Luglio 7th, 2015 at 10:58 am
Ho letto il testo in oggetto e dico subito che le stesse cose le sento da una ventina d’anni, magari assumono sfumature diverse ma la sostanza è la stessa.
Per tutta la parte del Padre cristiano, mi sono annoiato a morte, l’unico dato positivo è come si evidenzi in modo concreto, e per certi versi drammatico, tutto il loro errare (nel senso di “sbagliare”).
Loro sono tutto e il contrario di tutto.
Loro sono i padri fondatori del relativismo e quelli che si vorrebbero porre come risolutori del medesimo.
Loro sono quelli che hanno innescato la distruzione dell’ambiente, e oggi diventano ecologi…
Hanno lo stesso archetipo dei massoni (alchimisti, occultisti, che sono una loro filiazione), vale a dire crea il problema e proponiti come unico risolutore dello stesso e sempre con lo stesso archetipo ovvero, quando la “soluzione” che hai proposto/imposto, non è più adeguata, si può ripetere lo stesso archetipo nei secoli dei secoli.
Sostanzialmente, caro Yushin è un “dialogo” con il sordo perchè il suo udito è già riempito da altro. E’ come la storiella del professore che va visitare il maestro Zen per farsi spiegare il buddhismo…il maestro nell’offrirgli il tè versa fino a traboccare la tazza…equiparando la medesima alla sua mente già piena di altro…quindi non c’era altro da dire che questo.
Quello che risulta chiaro, peraltro da te rilevato, è che non c’è sintonia sui termini del dibattito, loro si pensano con i termini della loro ermeneutica tutta interna a loro (Gadamer è altro) e per dirla alla Masao Abe hanno il complesso di superiorità e Freud è morto da un bel pezzo e per loro forse non è mai nato…e non voglio nemmeno attribuire un valore particolare a Sigmund.
La cosidetta “Regola aurea”, non l’hanno mai praticata e quando lo hanno fatto era per una questione di rapporti di forza che lo imponevano…
Sono “amoredipendenti” senza sentire e realizzare cosa precisamente sia amore, quindi di errore in errore e i popoli pagano…
Si parla di “amore del nemico”, li voglio vedere di fronte ai tagliagole, io sono con Kodo Sawaki, se i tempi mi vogliono fare fuori mi difendo al 100%, poi quando i tempi lo permetteranno torneremo “pacifici”.
Al termine “Amore” preferisco “Saggezza”, l’amore lo trovo un prodotto commerciale, si vende sempre bene…tocca, commuove, induce, ammalia, obnubila, martirizza….
Nello Zen Compassione (karuna) fa il paio con Saggezza (prajna) e non con Benevolenza che ha un altro afflato…Personalmente, nel “dialogo” con costoro, farei tutto il tempo zazen, massimo silenzio per 20, 30, 40 minuti, questa è la forma dialogica più vera con un ambito del genere. Quando tocca al prete parli pure della sua dottrina, della sua pratica, dei suoi santi, di amore, ecc., quando tocca al buddha, silenzio.
Per me: Amore = Prajna = Ku.
Il termine amore nella loro accezione è troppo ambiguo, troppo sentimentale, commerciale…
Tralascio di entrare nel merito del loro insopportabile e ingombrantissimo dualismmo, vale a dire “l’amore per Gesù che domina tutto”, prova a immaginare cosa avrebbe detto quel burlone di Sawaki a costoro….
Mi è piaciuta la tua seconda parte, quella critica, meno la prima in quanto, secondo me, la testamentaria canonica, strutturata per favorirne la memorizzazione, non è così efficace nel dibattito con costoro, preferisco Dogen e seguito teoretico.
Concludo, per ora, con la storia dei cosidetti “Martiri giapponesi” celebrati nel calendario liturgico cattolico.
Vado per ricordi e a grandi linee: arrivano le missioni circa 500 anni fa, e iniziano il loro proselitismo, il potere militare e politico lo permette. Come si accorgono delle mire politiche, oltre a quelle teologiche, li invitano, gli ordinano, di andarsene e non tornare più. La missione ripara su Macao. Dopo alcuni decenni, ritornaro e furono tutti decapitati, questi sono divenuti i “Martiri giapponesi”…
Loro sono vocati al martirio-amore, loro vogliono assolutamente e pervicacemente realizzare l’escatologia del loro libro, ovvero, l’Apocalisse, loro non sono assolutamente con i piedi per terra ma sono già, o sognano ad occhi aperti di esserci nel loro paradiso.
Personalmente, non ho bisogno di nessun Papa che mi dica cosa è bene o non è bene, e la Regola aurea appartiene al pensiero greco per l’occidente e non a loro.
Ciao.
Luglio 7th, 2015 at 12:41 pm
Ciao Nello. Torrenziale, oggi.
Più o meno, partecipare al (a un) dialogo è scordare (o far finta di non vedere) tutte le cose che evidenzi e far comunque la propria parte, per es. mostrare che può esservi un altro occhio, un’angolatura diversa, forse più ampia e più libera. E non tutto va perduto, ti assicuro. La frase finale (una citazione di Standaert) della parte di fra’ Matteo è una novità da non sottovalutare. Un’apertura ad una possibilità di ascolto, da parte cristiana, veramente a mente sgombra.
Per quanto riguarda invece quello che dici sulla responsabilità della distruzione ambientale come derivato dell’atteggiamento proprietario instillato nelle culture dalla Bibbia, sono d’accordo con te. Il Papa ora fa il verginello e parla di economia ecologicamente sostenibile, ma c’è dentro sino al collo.
Luglio 10th, 2015 at 1:15 pm
[…] Nota 1) La traduzione è letterale; il senso è ambiguo. Ora interpreto così: il dharma è ovunque, ogni corrente del buddismo lo presenta a modo suo: zazen è la pratica che riporta tutto all’unico comune denominatore e previene dal girovagare per le interpretazioni, ostacolando con l’immobilità ogni movimento fisico e mentale. Postilla alla traduzione di Fukanzazengi In merito al titolo 普勧坐禅儀 – Fu kan zazen gi – un paio di precisazioni appaiono utili, se non necessarie. In precedenti occasioni abbiamo tradotto l’intero titolo con “La forma dello zazen che è invito universale”: ora è bene rendere conto del perché di quella scelta, affinché conservi, se è il caso, la sua validità. Vediamo prima le singole parole e poi la frase nel suo insieme. 普勧 – Fu Kan – è ciò che è stato reso con “invito universale” e la traduzione ci sta, a patto, crediamo oggi, di inquadrare il senso con cui si utilizza il lemma “universale”, parola attualmente di uso comune quanto polivalente. 普 – Fu – sta a indicare “ampiezza – generalità”: nel giapponese moderno si usa, ad esempio, abbinato ad altro ideogramma, per dire “comune, usuale (futsū – 普通)” oppure “onnipresenza, universalità (fuhensei – 普遍性). 勧 – Kan – sta a indicare “incoraggiamento, raccomandazione”: oggi si usa, ad esempio, nella parola “stimolo, incoraggiamento (kanshō – 勧奨)” o anche “persuasione, invito (kanyū – 勧誘)”. Fukan è dunque invito ampio, raccomandazione rivolta alla generalità. Zazen lo lasciamo lì dov’è e com’è. 儀 – Gi (pron. it. Ghi di ghiro) è stato reso con “forma” dopo non breve riflessione: è utilizzabile a patto di chiarire di che genere di forma si tratta. Il senso letterale del termine è “rito”, “modello”, “standard di comportamento”: ritroviamo l’ideogramma in molte parole, fra cui “gishiki – 儀式 – cerimonia, rituale, servizio religioso” e “girei – 儀礼– etichetta, cortesia formale”. Chiediamoci ora cosa può aver voluto dire Dōgen usando quell’espressione e cerchiamo di capire perché ha usato proprio quelle parole. Siamo nel 1227, in Giappone: il buddismo è una religione di scarsa diffusione popolare ma organizzata e potente, gestita in modo esclusivo da una classe clericale protetta e sostenuta materialmente dal potere politico costituito, che a sua volta conferma e legittima sul piano religioso. Le forme del culto sono rituali ed esoteriche, i testi scritti incomprensibili a tutti, tranne che a pochi specialisti. E’ anche un periodo di grande turbolenza politica, segnato da numerose catastrofi naturali: a livello popolare si fa strada l’idea della fine dei tempi, dell’ingresso nella fase storica finale del dharma (mappō). Alcuni religiosi, tutti formatisi nei templi situati sul monte Hiei, sede della scuola esoterica ritualistica Tendai, sono spinti dalla loro ricerca verso differenti lidi: molti viaggiano in Cina, per cercare il sapore genuino dell’acqua sorgiva. Fra loro, Dōgen Zenji. Al suo ritorno in patria pubblica subito Fukanzazengi. E’, in ordine di tempo, il suo primo testo, che però giunge a noi nella forma definitiva, dopo rivisitazioni protrattesi nell’arco di tutta la vita. Non è il solo Zazengi scritto da Dōgen: nella sua opera maggiore, lo Shōbōgenzō, troviamo un testo datato 1243, intitolato semplicemente Zazengi: è praticamente identico al nostro ma ridotto a circa un terzo, contiene solo le istruzioni su come mettere il corpo seduto e sulla disposizione del pensiero. Possiamo ritenere fosse rivolto prevalentemente all’ambito monastico. E’ legittimo dunque intendere che l’intenzione di Dōgen, nello scrivere Fukanzazengi, fosse di offrire ai lettori uno zazengi (una spiegazione relativa al gi chiamato zazen) rivolto a chiunque, alla generalità delle persone. Fukan va dunque inteso come consigliato a tutti, nel senso che è scritto in modo che tutti lo possano comprendere e che è indirizzato a persone comuni, non a specialisti. Possiamo inoltre legittimamente pensare che Dōgen intendesse anche proporre lo zazen come una forma religiosa accessibile direttamente alle persone, senza mediazione di chierici, senza fumi esoterici. Per parte nostra, ci spingiamo fino a sostenere che fukanzazengi vuol dire che zazen è una forma d’accesso all’universale: forma del corpo che coincide con la nostra postura seduta (za), forma del pensiero che non coincide con niente. GJF (Jiso Forzani) Dal sito: http://www.lastelladelmattino.org/la-pratica-dello-zazen/fukanzazengi […]
Luglio 11th, 2015 at 10:35 am
Caro mym, la loro “apertura” è sempre in libertà vigilata, come il centro dice no, o censura, loro si ritirano in buon ordine…
Luglio 11th, 2015 at 10:54 am
Mentre, permettetemi di riprendere questo passaggio di jf del thread precedente e precisamente @98:
“Chiunque faccia da un certo tempo zazen con sincerità è in grado di mostrare come ci si siede: la descrizione (di Uchiyama o di chiunque altro) è buona solo se la ritrovo e la dimentico nella mia esperienza. Le biografie dei “maestri” sono utili e mendaci, perché quasi sempre narrano solo di episodi ed eventi edificanti: la fuffa, le bassezze, le cantonate si sottacciono. Personalmente ora preferisco chi, per usare le tue parole, “sinceramente mette in pratica la via” sottraendosi al merito di divenire un esempio preclaro. Diceva un tale: le onoroficenze non basta rifiutarle, bisogna non meritarsele.”
Le mie deduzioni sono che il maestro non deve creare una dipendenza da sè, ma evitarla nel modo più rigoroso.
Se poi pensasse: quelli che mi seguono sono abbastanza sprovveduti, come tutti, ed è meglio che pensino secondo i miei criteri del pensare che trovo più furbi…allora sarebbe un doppio errore, primo perchè genera maestrodipendenza, secondo perchè non permette ai meno furbi di sbagliare di loro e quindi, pedagogicamente, attraverso l’errore conoscersi e realizzarsi da sè, con sè. Come da Genjo koan. E’ chiaro che, fondando la relazione, maestro discepolo, o insegnante allievo, in questo modo, prima o poi si arriva al vicolo cieco di questa relazione errata e, sopratutto chi si pone come punto di riferimento o insegnante, dovrebbe azzerare ogni gerarchia nel dialogo e chiudere il suo monologo. Diversamente, resterà a monologare con i maestrodipendenti in una relazione sterile mentre quelli un poco più autonomi se ne andranno.
Nel cristianesimo, non potrai mai trovare delle risposte nel senso proposto da quanto affermato da Jiso perchè domina l’affidarsi a Dio con tutto il portato di questa posizione rispetto a tutto.
Mentre nel buddhismo puoi trovare i “maestri” “faso tuto mi” con i problemi di dipendenza e irrealizzazione di cui ho accennato.
Luglio 11th, 2015 at 10:56 am
“le onoroficenze non basta rifiutarle, bisogna non meritarsele.”
E’ grande…
Luglio 14th, 2015 at 8:18 am
Ciao Nello,
In superficie le cose stanno come tu dici (@ 3), gli uomini sono più profondi e intelligenti degli ordini di scuderia. Inoltre il buddismo è la “religione” dell’impossibile, l’opportunità di un fare o non fare non va decisa a fronte delle probabilità di successo.
By the way: la tesi che ci hai mandato su Dogen: tradizione, buddismo critico, realizzazione sta avendo “successo”: già circa 40 aficionados l’hanno scaricata.
Luglio 14th, 2015 at 9:37 am
@6, giusto quello che dici e che condivido.
Tuttavia, non pensavo alla possibilità di successo ma al tempo eventualmente andato…ma è vero che le persone sono oltre le ipotetiche appartenenze ed è corretto relazionarsi con chiunque sia disponibile a farlo. E mi scuso anche con frà Matteo per essere stato così categorico e irrispettoso. Sbagliare è umano e sbagliando si impara.
Pensa che, l’eminente filosofo Emanuele Severino, quando ancora insegnava alla Cattolica, con la sua chiarezza ha determinato un religioso a rinunciare ai voti…
Mi piacerebbe un confronto aperto tra buddhismo e filosofia severiniana.
Non pensavo che la tesi riscuotesse tanto interesse…ti invierò una correzione non determinante ma che completa un elenco.
Oltre a ciò, il vostro libro è da leggere e anche rileggere, se non altro per non stare sulle opinioni altrui ma fondarsi, per quanto possibile, sulle proprie.
Ciao
Luglio 14th, 2015 at 10:11 am
@ 7: seppure col caldo afoso, fondarsi su opinioni è buddisticamente da evitare… 😉
Luglio 14th, 2015 at 3:21 pm
Penso che uno dei motivi per cui il dialogo è un’atto religioso consista nella sua vocazione all’insuccesso. Dialogo infatti con chi è talmente diverso da me che la prospettiva che intenda quel che dico e come lo dico rasenta lo zero. Il dialogo con chi crede e pensa come o similmente a me non è infatti dialogo ma conversazione. In comune fra i due dialoganti ci dovrebbe essere questa concezione del dialogo e la disponibilità teorica a non ancorarsi alle proprie opinioni: così si riduce il rischio di voler mettere le mani sui risultati e si può prospettare la possibilità di una qualche novità, per entrambi.
Luglio 14th, 2015 at 5:13 pm
A proposito del libretto oggetto del post: c’è la possibilità che sia refuso-free. Sarebbe la prima volta.
Per questo -in via eccezionale- abbiamo messo in palio un premio per chi trovasse un refuso.
Buona caccia!
Luglio 26th, 2015 at 4:45 pm
Salve a tutti.
Sto ancora leggendo il libro, ma per quanto riguarda certi aspetti concordo già con Nello, i cui commenti a questo thread trovo (da lettore) molto interessanti e ben esposti, anche nella parte delle scuse. Ad esempio, concordo sulla mancata pratica di reciprocità da parte di costoro 🙂 ma soprattutto concordo sul fatto che essi sian degli spacciatori incalliti di amoredipendenza, che io solitamente chiamo invece “incontinenza emotiva”.
Peraltro mi viene di considerare che dove Nello (4) parla di maestrodipendenza, magari conseguenza di un tipo di relazione maltradotta su questi lidi, si possa per l’appunto rintracciare quell’atteggiamento dell’archetipo massone: crea il problema e proponiti come soluzione. Come dire che a volte non basta vestire la tonaca zen per togliersi di mezzo quella cattolica.
Infine una nota al testo di Yushin: mi è garbata molto la parte (pag. 47) in cui si parla della fede e della sua realtà. In particolare: “[…] È un sentimento appena un passo oltre la speranza, è attraversata dal dubbio e nutrita dall’esperienza”.
Luglio 26th, 2015 at 7:46 pm
Ciao Alex (accorciare ‘sto nick non si può?), grazie per leggere il libro.
Però noto una cosa: praticamente tutti quelli che me ne hanno parlato/scritto per parte buddista hanno espresso mugugni e signoramia!.
E fannosemprecosì, enoncisipuòfidare, esonsempremassoni, elareciprocità…
Non è per impicciarmi, ma non ho mai trovato in un sutra l’indicazione a mettersi a spulciare i peli altrui per trovarvi la tigna.
Nel frattempo il libretto è ancora refuso-free, tze!
Dalla parte dei non-mugugni, segnalo una bella recensione con refuso, redatta in francese da un monaco benedettino.
Luglio 26th, 2015 at 9:47 pm
Certo, ma questo serve a dimostrare che noi (mah!) si sa fare retromarcia e chieder scusa per il disturbo.
Non era mia intenzione spulciare.
Ora mi metterò a spulciare sutra per vedere se è vero o no quel che ci rimproveri 🙂
Luglio 27th, 2015 at 8:18 am
Seee, le scuse perché sbagliare è umano: ha detto un mare di ca…te ma, poverino, è un uomo anche lui dopotutto…
Spulcia spulcia, poi in quel sutra, alla voce “coda di paglia”, vedi se spiega che cos’è un rimprovero.
Un par d’anni con qualche buddista che dico io vi manderei.
Luglio 27th, 2015 at 2:01 pm
Trovo interessante le modalità del dialogo attuato dagli autori, perchè mantiene in evidenza le differenze che però non diventano un ostacolo alla reciproca accoglienza.
Cosa non facile da attuare nella vita quotidiana dove la condizione normale, a voler essere ottimisti, è la disponibilità a senso unico.
Quante volte infatti non ci apriamo al dialogo perchè partiamo dal presupposto che ‘quello’, ‘quella’, ‘quelli’ non hanno nulla da dirci e dai quali non possimao apprendere nulla.
Sono d’accordo nel considerare il dialogo un atto d’amore e cercare di metterlo in pratica può costituire il presupposto per una reale convivenza. Purchè il dialogo sia reale e non rivolto solo all’interlocutore “giusto” nel contesto “giusto”.
Non so se è un vero refuso: pagina 100, riga 4 … con stupore sulla quella che a me…
Se è un refuso cosa vinco? (faccetta)
Luglio 27th, 2015 at 3:49 pm
Aaaaaaah!
Marta ha vinto il primo premio!
Come che cosa hai vinto? Il PRIMO PREMIO!
Ora bisogna vedere se ci saranno il secondo e il terzo…
Comunque in un colpo hai sfatato due leggende: che alla Stella non si vinca mai (sai, le solite storie “perdita è guadagno” ecc.) e che esistano libri refuso-free.
Grazie.
Luglio 30th, 2015 at 9:33 am
Vorrei dire questo ai sentimentalisti, nel buddhismo, i sentimenti sono considerati una illusione, quindi, non apportatori di veridicità. Quindi, dire che al termine amore=illusione, sia da preferire la saggezza quale soluzione all’illusione, è dire “qualcosa di buddhista”.
Se il tempo utilizzato nel dialogo, corrisponde a quanto esposto da jf in @9, possiamo forse dire che le modalità di dialogo utilizzate fino ad oggi probabilmente non sono le migliori o quelle adatte alla bisogna e adoperarsi per trovarne di più efficaci.
Ora, il buddhismo è qualcosa di eminentemente pratico, una esperienza diretta che consiste nella pratica dello zazen. La pratica cristiana consiste in: eucarestia (transustanziazione), preghiera, digiuno, da cui dovrebbe derivare il susseguente stile di vita. Ora, se qualche buddhista è interessato a sviluppare un dialogo su questo piano gli faccio i miei migliori auguri, a me non interessa. Per il resto, sia il buddhista che il cristiano sanno benissimo cosa sia bene e cosa sia male, poi, le risposte a questi fenomeni sono molto diverse e attengono allo specifico di ogni esperienza.
In soldoni, se un cristano, religioso o laico, capisce l’importanza dello zazen lo pratica, se poi vuole confermare la correttezza del suo fare, qui si apre il dialogo.
Come diceva il vecchio e bistrattato Deshimaru: lo zen, lo zazen, nella vita di una persona è l’ultima stazione.
Praticando si capisce in fretta.
Luglio 30th, 2015 at 9:41 am
Il cristianesimo è una via religiosa “femmina”, aperta, accogliente la sostanza dei fenomeni, con tutte le derivazioni connesse a un piano del genere.
Il buddhismo è una via religiosa “maschia”, penetrativa della sostanza delle cose, quindi, per il mio punto di vista, fondata sulla saggezza e non sull’amore cristianamente inteso che per me è una assoluta illusione e produce enormi problemi. E la storia è testimone di questo.
Luglio 30th, 2015 at 9:48 am
Che poi la saggezza sia la sublimazione più alta dell’amore libero da illusioni, è proprio buddhista. Confrontiamoci e dialoghiamo a partire da qui con il mondo cristiano.
Luglio 30th, 2015 at 12:53 pm
Ciao Nello,
@ 17, 19: interessante la definizione che dai di saggezza (19) ma dissento. Saggezza è tale se è (come diceva Sawaki ripreso da quel buontempone di Deshimaru) l’ultima stazione, dopo la fine dei binari. Non c’è più nulla da sublimare in quel “territorio”. L’amore buddista, imho, nasce da un’altra radice, che guardata “male” può parere paternalismo supponente. È il dispiacere per la condizione umana dove manca zz. Poveracci: non possono che soffrire, producendo sofferenza e guai vivendo così…
Credo che la definizione di dialogo tratteggiata da jf sia un filino pessimista. Esclude l’intelligenza, l’intuizione, la capacità per me per te di comprendere quello che ha compreso, pensato elaborato un altro uomo. Eppoi accingersi ad un impresa attirati, vocati dall’insuccesso non è particolarmente buddista.
Tafazzismo? 🙂
Luglio 30th, 2015 at 4:40 pm
D’accordo mym @20, che nella realtà non ci sia più sublimazione, tutti i termini sono troppo in quel territorio, anche sunyata, ku, vacuità, pratityasamutpada, ecc…
Il mio era un tentativo di svuotare il termine “amore” di tutta la retorica che lo avvolge e che è sempre più problematica.
Ai cattolici, in caso di dialogo, bisognerebbe chiedere di evitare assolutamente almeno due termini: 1) Dio, 2) Amore. Poi ci aggiungerei anche 3) Ecumenismo. E torniamo sempre alle parole, al loro senso storicizzato, all’ermeneutica necessaria per stabilire un minimo di realtà in un mondo, quello cattolico, completamente dominato dalle illusioni. E le illusioni creano astrazione dalla realtà, ovvero, l’unica cosa che abbiamo.
Luglio 30th, 2015 at 4:50 pm
Sono d’accordo.
Se fai caso nella parabola del buon samaritano (più che discreta a mio parere) non c’è ombra né di sentimento né di sentimentalismo. Per questo ritengo che una rivisitazione di quell’apologo sia un buon inizio di dialogo.
Vietare ai cattolici l’uso di Dio, amore ed ecumenismo è come chiedere ad uno spadaccino di rinunciare alle mani.
Se se ne trovasse uno (di cattolico) in grado di farlo sarebbe davvero un bell’incontro.
Però, a quel punto, di “cattolico” che cosa gli sarebbe rimasto?
Luglio 31st, 2015 at 10:09 am
Se si vuole dialogare con coloro che seguono la via indicata da Gesù, credo che non si possa prescindere da quella che è la profonda motivazione del loro agire e cioé l’amore di Dio per l’uomo con quello che ne discende.
L’abuso dei termini Dio e amore è ben conosciuto anche dagli stessi cristiani. Ricordo che, al termine di un capitolo di un libro, dove appunto si parlava della necessità di non abusare di queste parole, Padre Turoldo si rammaricava del fatto di averle citate una decina di volte.
E’ chiaro che la motivazione al vivere di chi segue la via buddista nasce da tutt’altra sponda ed è appunto per questa diversità di fondo che si parla di dialogo.
A proposito di come l’amore si possa incarnare nella storia, dal punto di vista cristiano, ho letto ultimamente un libretto di Arturo Paoli, morto il 13 luglio alla veneranda età di 102 anni, che si intitola ‘La pazienza del nulla’.
Mi è sembrato molto interessante, soprattutto per come è stata vissuata l’esperienza del nulla nel deserto.
Agosto 2nd, 2015 at 10:28 am
Sul dialogo religioso:
premesso che condivido: “Il dialogo con chi crede e pensa come o similmente a me non è infatti dialogo ma conversazione. In comune fra i due dialoganti ci dovrebbe essere questa concezione del dialogo e la disponibilità teorica a non ancorarsi alle proprie opinioni: così si riduce il rischio di voler mettere le mani sui risultati e si può prospettare la possibilità di una qualche novità, per entrambi”.
Domanda: il dialogo è solo intellettuale-impersonale, ovvero su “tipi” (i buddisti, i cristiani)) o “credenze” (il buddismo, il cristianesimo)? Il corpo, il mondo dell’esperienza (quindi il “sentire che..” e non solo il pensare e credere che..) ci può dire qualcosa?
Simone Weil (persona a cui mi pare siano accreditati pensieri che trascendono le credenze strutturate)pare interessante al riguardo:
“Tutto ciò che io concepisco come vero è meno vero di tutte quelle cose di cui non posso concepire la verità, ma che amo”.
“La fede. Credere che niente di ciò che noi possiamo afferrare è Dio. Fede negativa. Ma credere anche che ciò che non possiamo afferrare è più reale di ciò che possiamo afferrare. Che il nostro potere di afferrare non è il criterio della realtà, ma al contrario inganna. Credere infine che tuttavia l’inafferrabile appare, nascosto”.
Agosto 2nd, 2015 at 11:50 am
Ho seguito il vs. dibattito con interesse, anche se frammentariamente: sono solitamente fuori città e ho accesso al computer solo ogni tanto, quando passo da casa .
Anche se non partecipo alla discussione, desidero scrivere qui qualche mia osservazione, coll’intento velleitario di sparigliare qualche gioco.
A mio avviso:
Per un confronto tra religioni – che è poi in realtà, ricordiamolo, un incontro confronto tra due o più persone che si prestano a rappresentare, incarnare quella ‘religione’ o quel ‘cammino’ – sarebbe opportuno adottare la mente del cercatore. Quindi abbandonare ogni presunta conoscenza, soprattutto riguardo alla esperienza (conoscenza) dell’altro.
Il punto di partenza dovrebbe essere quindi quello dell’andare alla ricerca delle motivazioni/ragioni dell’altro, con spirito di osservazione (ascolto) e di curiosità. Ripercorrendo insieme all’altro, per così dire, il proprio cammino formativo: da zero.
A tal fine credo potrebbe essre utile provare ad usare un metodologia di tipo più ‘scientifico’, e quindi, in particolare, partire dal ‘problema’. Perchè quella religione? A che problematica intende dare risposta? Perchè tu hai scelto quel percorso anziché un altro?.
Questo approccio permetterebbe, fra l’altro, di entrare in dialogo nel senso corrente della parola, perchè non sarebbero più due costruzioni dell’intelletto (religioni) a parlarsi, ma due persone in carne ed ossa. Due cuori, come da titolo del libro in questione. E il gioco diventerebbe più ‘scoperto’.
Si può anche scegliere di partire da altri parametri.
Ad esempio si potrebbe, anziché dal problema, partire dagli ‘obiettivi’.
Quale scopo ci prefiggiamo con questa ricerca? C’è una tesi di partenza da dimostrare? (es. le due religioni sono sostanzialmente uguali nella sostanza…..). Quale obiettivo parziale possiamo ragionevolmente raggiungere? Quale approccio metodologico è più coerente con l’obiettivo? (es. intervista?! Questionario/griglia?! ). Quali correttivi adottare? (domande chiuse o aperte?….)
Affinchè ogni asserzione-risposta sia comprensibile occorrerà comunque una definizione accettata del linguaggio, che va ri-definito nell’uso di tutte quelle parole che vengono utilizzate in difformità dall’uso linguistico corrente (es. amore; religione).
E’ da ricordare anche che la risposta dipende dalla domanda, e quindi il modo di formulare le domande sarà essenziale per la coerenza e comprensibilità della risposta.
Dai risultati di una prima ricerca di questo tipo e dall’analisi delle risposte, si potrebbe estendere successivamente il procedimento per individuare nuovi obiettivi, per correggere metodologie o introdurne di nuove (Brain storming?), per coinvolgere nuovi attori: in un processo di approfondimento ‘ a spirale’.
Sul web si trova qualche documento che può essere utile nel ragionare su come programmare un progetto di ricerca secondo le metodiche della ‘spirale della progettazione’ applicata (es. http://www.genova5.org/downloads/files/progetto_educativo.pdf)
Agosto 2nd, 2015 at 12:00 pm
Mym,
poroponi una borsa di studio per un progetto di tal guisa! <3
Agosto 2nd, 2015 at 6:09 pm
Ciao Doc, prima dovrei capire (@26) quale sarebbe l’oggetto del bando della borsa. Però allargare l’attuale borsa (solo argomenti collegati al buddismo) per gli studenti di Urbino anche a chi tratta di dialogo è un’idea.
Far progetti (@27) precisi (stato di fatto, direzione, obiettivi, strumenti ecc.) in fatto di dialogo, dici. Non sarei in grado.
Per usare parole abusate: le religioni sono modi di esprimere verità. Far progetti a proposito di discorsi che vertono su verità mi pare inadeguato.
Chiarirsi le idee su “perché il dialogo?” e su “come procediamo affinché possa avvenire?” mi pare opportuno.
Per il resto non pianificherei. Ma è una posizione personale: sono allergico alle regole… :-[
Agosto 2nd, 2015 at 6:28 pm
Ciao Dario, (@24) il dialogo tra persone di religioni diverse non è (solo) questione di come la pensano due o più persone o di quel che credono. C’è dietro qualchecosa di molto più pesante. Detto in parole è la somma tra appartenenza, identità (religiosa e spesso anche non), sicurezza, ruolo, visione della vita (e della morte) e molto altro. Siccome il dialogo è anche accettare di porsi in discussione, la posta in gioco è molto pesante. Non penso, per esempio, che tutti siano in grado. Non basta volerlo. Non basta la teoria.
Si può dialogare su ogni cosa, lo sai, ma il dialogo religioso è quello dove la posta è massima. Senza “avere” una religione penso sia impossibile, perché mancano quelle cose che ho elencato che “fanno” la posta.
La Weil era una persona di dialogo, era lei stessa ad essere un laboratorio di dialogo, come tutti coloro che scelgono, a occhi aperti, una religione diversa da quella nella quale sono nati.
Agosto 2nd, 2015 at 6:57 pm
Ciao Marta, (@23) sono d’accordo. Occorre accettare l’identità religiosa dell’altro per come lui stesso la presenta affinché possa iniziare un dialogo.
C’è un passo successivo di cui esiste poca esperienza, in cui per cercare di comprendere meglio l’altrui identità si “prova” ad assumerla. In questo caso certo occorre spogliarsi il più possibile della propria.
Iniziare pretendendo o sperando che l’altro si spogli della sua struttura religiosa per assumere la nostra non è un metodo di dialogo accettabile.
Grazie per la dritta sul libro di Paoli, gli ho dato un occhiata, mi ha interessato e l’ho ordinato.
Amo il “deserto” e soprattutto il silenzio del deserto. Mi incuriosisce sentire che cosa ne dice un cristiano che lo ha molto praticato.
Agosto 3rd, 2015 at 11:43 am
Buondì a tutti.
Trovo molto utile l’approccio “scientifico” proposto da Doc@25. In particolare il fatto di “partire dal problema”. Cos’è la religione? A che problematica intende dare risposta? Ma, soprattutto, a che problematica vogliamo NOI dare risposta attraverso di essa. Secondo me prima di partire con un dialogo interreligioso, bisognerebbe avere molto ben chiara la risposta all’ultima domanda. Per scendere nel concreto: vogliamo sicurezze o vogliamo qualcosa che ci aiuti a tenere aperte le domande? Se la mia risposta è la prima sarò sicuramente un pessimo “dialogante”. Perchè appena l’altro fa crollare una parte del mio castello di carte lo rovino di mazzate (nel migliore dei casi solo in senso metaforico).
Detto ciò, ho l’impressione che alcune religioni (perlomeno nel modo in cui sono proposte attualmente) tendano più di altre a giustificare la creazione dei suddetti castelli. Cioè, aderire ad un monoteismo in un certo senso facilita parecchio le cose. E, se uno degli scopi della religione è fare capire ai fedeli che tutto quello che possono “tenere in mano” non è “la cosa”, mi pare che sia un poco controproducente.
In particolare mi sembra che ciò rischi di trasformare la preghiera in un monologo. Mi chiedo: come fa il gioco a diventare “più scoperto” se ho a che fare con un fedele di una religione che distribuisce salvagenti a destra e a manca piuttosto che insegnare alle persone cosa (non) fare per lasciarsi “affondare”?
Agosto 3rd, 2015 at 3:32 pm
Come al solito non avevo capito dove volevo arrivare. Chiedo scusa, cercherò di essere breve:
-Obbiettivo del dialogo è, imho, aiutarsi vicendevolmente a lasciare andare quegli “schemi statici” di pensiero che ci precludono un agire intelligente
-Per essere disposti e “chiamati” a fare ciò bisogna essere d’accordo con la Weil @dario24
-Per essere d’accordo con la Weil è necessario praticare zz/preghiera che sia un’ “apertura” e non un monologo con se stessi/idolatria del proprio pensiero
-Se zz/preghiera ha un oggetto/”destinatario” è idolatria e non più apertura
-Religioni monoteiste danno un oggetto alla preghiera
-Religioni monoteiste rendono difficile il dialogo
E concluderei con un +case -chiese 😈
Agosto 3rd, 2015 at 3:58 pm
Ciao Fago, bentornato. Sei tornato in Italì anche fisicamente?
Ho esitato a rispondere a @ 30, perché, mi son detto, è da rileggere, fa caldo e i miei due neuroni tendono ad assopirsi prima di costruire un’idea… Poi l’ho riletto e: niente.
Grazie al cielo ora hai dato la spiegazione ufficiale del tuo pensiero.
Ma non sono d’accordo: la chiesa è la casa del signore! Insomma, con la crisi non è tempo di sgomberi.
Mentre pulivo il cortile dicevo tra me e me (era molto sporco per cui: meglio in due…): certo che la prossima volta che arriva un gesuita moscatello che vuol fare un dialogo sino all’ultimo sospiro c’è mica bisogno che ci vada io. A giudicare da quante persone sappiano tutto su come si fa o si dovrebbe fare ci sarà la fila di quelli che vogliono farsi santamente massacrare.
Perché quella sicurezza che mai e poi mai cercheremmo nel buddismo, nello zz o nel bel satori che ci portiamo appresso, quella uno tosto te la sfila in un attimo, ti ritrovi a guardare le suorine (agli incontri di dialogo ci son sempre le suorine) che scuotono la testa con aria di commiserazione… E se provi a farfugliare: “ma lo zazen…” Ti becchi in fronte un “mi faccia il piacere, ci risiamo con ‘sti esotismi, va bene che siete orientaleggianti ma non potete parlare in italiano? Cosa vuol dire con ‘sta parola? Sedersi? Sì sì ho capito. La preghiera è un’altra cosa (tono e voce solenne): un profondo colloquio con Dio. Non scherziamo… Ci si siede al cinema…”.
Con le suorine che applaudono anche con i piedi.
All’ultimo sospiro.
Agosto 3rd, 2015 at 6:02 pm
Eh sì, son tornato, nel paese delle case del signore (però neanche là scherzano a riguardo).
Che poi, come casa del signore? La storia non era mica che non sapeva dove posare il capo? Ah no, quello era suo figlio. Non ho mai capito i genitori che cacciano i figli di casa perchè “quando avevo la tua età in una settimana potevo creare il mondo e tu stai sempre seduto a non fare una mazza!”
Per quanto riguarda la fila per il massacro non penso che sarei tra gli entisiasti.
Siamo onesti, non mi beccherei nè un bel giardinetto all’inglese nè le millemila vergini. Buddy Shakyamuni poteva fare un po’ più di retto sforzo in quella direzione. Voglio dire, se una schiera di donzelle ti passa davanti e tu rimani seduto come un ebete sotto a un albero è chiaro che non ti fileranno più per il resto dei kalpa a venire.
E poi se la suorina mi fa pure crollare la sicurezza di aver lasciato aperte tutte le domande, non è proprio cosa per me!
Agosto 3rd, 2015 at 6:11 pm
Ben detto, ben detto!
Ma nel momento preciso in cui tocca a te, a me, non saper che rispondere non è IL SILENZIO DEL BUUUDDHA, ma non sai proprio che dire davanti a 2-3 cento persone che cominciano a pensare (e si vede) “ma che pirli ‘sti buddisti… E vengono pure a stracciare i cosi col dialogo…”.
Certo, non mi smuove di una virgola, da un lato.
Dall’altro …
Agosto 3rd, 2015 at 6:56 pm
Buonasera a tutti.
A proposito delle suorine di mym, temo che, senza avventurarsi in dialoghi interreligiosi, non poche avrebbero già qualche difficoltà con santa Teresa d’Avila: “Teresa, buscate en mi; buscame en ti” (“Teresa, cerca te, in me; cerca me, in te”).
Fortunatamente, quelle che ho conosciuto forse sono più cristiane che cattoliche 😉
Agosto 3rd, 2015 at 7:39 pm
Ciao Giorgio, bentornato. Sei anche tu in Italì o…?
Le suorine, per carità, tutte brave e sante, non vorrei mai…
Però non perdonano.
Grazie per la citazione
Ho modificato il secondo “buscate” in “buscame”.
Agosto 3rd, 2015 at 8:02 pm
@36 Grazie a te mym. La partenza imminente per http://www.untouan.com affretta le citazioni 🙂
Agosto 4th, 2015 at 8:40 am
分かりました。
“I giapponesi”, come “gli italiani”, “i tedeschi” ecc., hanno un mare di difetti, ma come arredano loro una stanza lasciandola vuota…
Agosto 4th, 2015 at 9:25 am
Cara Marta @23, sta emergendo in tutta la sua problematicità la possibilità di intendersi in un dialogo, per esempio, qui siamo in Italia che è assuefatta a una terminologia “religiosa” che per me, buddhista,(e anche la scrittura italiana dovrebbe rispettare la radice di questo termine che è budh, con la H), non è sufficientemente chiara. Quindi, primo, se mi dici “…l’amore di Dio per l’uomo…”, dovremmo precisarci circa il termine “amore” e circa il termine “Dio”, non è un fatto di poco conto e per me non è assolutamente scontato che siano l’uno e l’altro chiari nella loro sostanza.
Cos’ come li hai posti tu, per me, si produce una dipendenza sia dall’uno che dall’altro termine e io, come buddhista, sono per l’inter-dipendenza. E tu dovresti chiedermi, cos’è per te l’interdipendenza? E forse si potrebbe entrare con più precisione nel contesto dialogico.
Tu dici ancora: “E’ chiaro che la motivazione al vivere di chi segue la via buddista nasce da tutt’altra sponda…”, quale sarebbe secondo te questa “sponda” e che cosa intendi per “motivazione”?
Di fatto, “la via buddhista” è l’ordine dell’universo (Dharmakaya)e i buddhisti si sforzano di aderirvi, poi, realizzata questa identità, “la via buddhista” “scompare”.
Agosto 4th, 2015 at 9:35 am
Poi, voglio dire polemicamente ai “buoni”, gli indios dell’Amazzonia, del Paranà, gli Yanomami…erano più felici con o senza il cristianesimo? Erano più felici con o senza i cattolicissimi spagnoli e portoghesi? Io, non ho il minimo dubbio…
Ecco, la forma dialogica che ha quella qualità ecumenica andrebbe discussa a fondo e una volta per sempre…mentre questi sognano nientemeno che di evangelizzare la Cina, l’Asia…ma ci rendiamo conto che razza di progetti hanno questi signori? E la loro miope, cieca, intrusione continua nella politica…Per fare i conti con la propria storia…non bastano le scuse di qualche Papa….
Agosto 4th, 2015 at 9:39 am
Caro mym @34, alle suorine e agli altri 300, il vecchio Deshimaru, che la sapeva lunga, avrebbe imposto non le parole ma la pratica, immediata, diretta, chiarissima, fulgida, incontrovertibile.
Avrebbe piazzato il suo cuscino sul tavolo, sarebbe salito sopra, avrebbe congiunto le mani e si sarebbe maestosamente seduto. Solo a vederlo, li avrebbe convertiti tutti.
Agosto 4th, 2015 at 10:44 am
Ciao Nello, (@ 41) il vecchio Deshimaru, anche, con quei teatrini ieratici che proponi ha fatto tanti danni che non basterà una generazione. Temo occorra l’estinzione.
Poi (@40) se, ponendosi in dialogo, qualcuno cominciasse a tirarti sulla schiena quello che i buddisti (senza l’acca) giapponesi in nome del buddismo (idem) hanno fatto in Cina, Manciuria ecc. o quelli Birmani stanno facendo alle minoranze indù e muslim del loro Paese, mentre tu rinfacci loro i misfatti in America o altrove, finirebbe a mazzate prima ancora di cominciare.
Sarà pure, come dici (@39), che “la via buddhista” sia l’ordine dell’universo, ma tu, come fai a saperlo? Non siamo mica personaggi nella storia dello Scimmiotto…
E poi, quel dharmakaya lì mi sa un po’ di imparaticcio: secondo me il vecchio Deshimaru ti avrebbe dato una legnata 😛
Agosto 4th, 2015 at 11:13 am
Ciao Nello (@40). Nel recente viaggio a Bolivia del Papa Francisco, un gruppo di indigeni resistenti al colonialismo tentarono restituirgli una “ostia” come simbolo di rifiuto per la distruzione della sua cultura. La notizia è stato appena diffusa, ma è significativa. In qualsiasi caso il suo stile è molto più rispettoso di quello che noi, spagnoli, avemmo con essi, imponendoli la nostra religione, (questo ultimo in relazione con Nello 41: “Deshimaru… averebbe imposto”)
Agosto 4th, 2015 at 11:19 am
Caro mym, @42, non so se “teatrino” sia il termine giusto, e non credo che a produrre quelli che tu definisci “danni” sia stato quel genere di proposta plateale e non piuttosto la tipologia di persone che ha incontrato in quel contesto storico della sua missione. E comunque, le persone che ha incontrato e i risultati di questo incontro stabiliscono che “ogni cosa è perfetta così come è” e questo non ha nulla a che vedere con la perfezione comunemente intesa.
Non mi risulta che al seguito delle truppe giapponesi ci fossero dei religiosi in appoggio, mentre, siccome i monaci non hanno alcun privilegio rispetto a tutti gli altri venivano arruolati di forza come tutti gli altri (Sawaki docet), o passati per le armi. Ma il punto non era questo, era l'”ecumenismo” cristianamente inteso che non esiste in ambito buddhista, il punto era quello, e sicuramente non parlerei su questo piano in un eventuale “dialogo” a meno che il tema del dialogo non verta su questo e in quel caso andrebbe affrontato con precisi dati storici.
Per ME, la Via buddhista coincide con l’ordine dell’universo o Dharmakaya, e il significato del termine Dharmakaya lo trovi nei termini che ho indicato in qualsiasi dizionario della materia. E comunque, anche lì, il tema non era il significato del termine ma la sua scomparsa….
Una legnata da Deshimaru non si rifiuta mai.
Agosto 4th, 2015 at 11:28 am
Ciao RobertoP, @43, grazie per questa testimonianza bellissima.
Agosto 4th, 2015 at 11:29 am
@ 44: “Non mi risulta che al seguito delle truppe giapponesi ci fossero dei religiosi in appoggio”??? Proprio tu che (mi pare) citasti Lo Zen alla guerra, mi dici ciò? Portavano il dharma ai barbari, che dovevano essere convertiti volenti e nolenti, e la maggior parte dei preti buddisti che accompagnavano le truppe non erano per nulla forzati a fare ciò. Neppure Sawaki, anche se lui ci andò come soldato (quindi coscritto) e non come prete al seguito. In quel libro, Lo zen alla guerra, c’è quasi un intero capitolo dedicato a Sawaki: da far accapponare… lo zafu.
Mi pareva che del dharmakaya ne parlassi come di qualche cosa preso dai libri. In effetti, non è possibile diversamente.
Deshimaru ha incontrato e coltivato la tipologia di persone adatta al suo insegnamento.
Agosto 4th, 2015 at 11:39 am
(@43) Ciao Roberto desde España! Non sapevo (e sì che ho ascoltato con attenzione i resoconti del viaggio…) questa cosa dell’ostia restituita. Hai fatto bene a segnalarla (e complimenti per il montaggio del video).
Sì, imporre l’ostia, oppure la pratica come farebbe Deshimaru nella fantasia di Nello (@41), non è molto differente.
Gli zen giapponesi come esempio di dialogo…
Agosto 4th, 2015 at 4:43 pm
(@39)Ciao Nello, premetto che sono una praticante zen e nutro una ‘certa’ diffidenza per chi, tra i praticanti cristiani, si avvicina alla pratica dello zz. Ho poca esperienza in merito, ma mi sembra che lo zz venga utilizzato come pratica prevalentemente per ‘migliorare’ la pratica cristiana. (Niente di male ma..)
Date per sapute le ragioni per cui è difficile dialogare ‘alla pari’ con i cristiani(e direi con gli appartenenti alle religioni monoteiste), penso però, che si possa riconoscere all’interno della Chiesa (intesa in senso allargato)la presenza di persone che mettono in pratica il messaggio evangelico al di là della dottrina. Alcune conosciute, altre anonime.
Con queste persone, secondo me, è possibile dialogare anche perchè a quel Dio ( che viene così spesso citato quando si parla dela dottrina) son disponibili a non dare alcuna definizione e a considerare l’amore, non in termini sentimentalistici ma come la possibilità di esistere che ci viene data in modo gratuito.
Certo, sono solo parole se poi non hanno una ricaduta nella vita quotidiana, vero banco di prova per qualsiasi modalità di intendere la vita.
Anche parlare di Unico Veicolo, di impermanenza, di interdipendenza,(a proposito, cosa intendi con questa parola in concreto? )comporta la stessa necessità, cioè di essere calate nella vita.
Per me la motivazione a seguire la via buddhista nasce dall’esperienza dello zz, dove mi imbatto in quel me, che molto spesso non mi piace, ma che posso lasciar cadere. E con quel che mi rimane posso cercare di vivere le varie situazioni per quello che sono, manifestazioni di questa mia vita che fa parte di quell’unica Realtà (chiamata in più modi) che non si può definire.
E forse proprio su come ‘stare’ (parola secondo me pregnarte che, scrivendo, usavi spesso qualche tempo fa) nelle varie situazioni, ci si potrebbe confrontare in un dialogo sincero mirante alla salvezza dell’uomo. (Naturalmente prima ci si mette d’accordo su cosa si intende con salvezza!!)
Agosto 4th, 2015 at 4:52 pm
Ecco perché tengono le donne fuori dai ruoli ecclesiastici.
Paura che gli facciano le scarpe… 😯
Agosto 4th, 2015 at 8:35 pm
(@48) Proprio – forse solo – attraverso lo stare, nella pratica, passa un tentativo di “dia-logo”.
Ad esempio, da “un’altra sponda”, in Giovanni 8,31b-32: “se rimanete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
Agosto 5th, 2015 at 8:21 am
Sullo “stare” in senso cristiano è laddove ho i maggiori dubbi. Proprio a partire dalla constatazione di come sia difficile imparare/fare zz anche applicandosi anni e anni. Quel “rimanere nella parola”, che per forza di cose è vago o quantomeno difficile da spiegare in termini di “si fa così”, mi sembra così labile che… Mah!
Quello che ho verificato molte volte in valenti uomini di religione cristiana è che questo essere liberi si risolve, nel migliore dei casi, in un atteggiamento mentale verso la realtà e in un modo di pensare plasmato sulla scrittura negli altri casi. La differenza con lo zz è palese, non si tratta né di atteggiamenti né di pensieri. Un’altra base.
Chissà se Nello sarà così gentile da rispondere alla domanda di Marta (@48)…
Agosto 5th, 2015 at 9:23 am
Ciao mym, @46, non ho mai letto “Lo zen alla guerra” e non l’ho mai citato, mi sembra strano che i giapponesi volessero “convertire” i cinesi al buddhismo visto che da quelle parti il medesimo era diffuso e praticato almeno da 400 anni prima di loro, e mi riesce ancora più difficile pensare che i giapponesi possano ritenere “barbari” i cinesi visto che hanno ricevuto da loro il taoismo, il buddhismo, il confucianesimo e susseguente neoconfucianesimo…nonchè la scrittura!! Quindi, penso che quanto scritto dagli autori di quel testo sia tutto da verificare.
Sulla nostra “trinità”, Dharmakaya, Sambhogakaya, Nirmanakaya, si potrebbe parlare a lungo su molti registri linguistici, semantici, didattici….che rappresentano una cosmogonia che i libri possono provare a descrivere ma è solo l’esperienza diretta di quella/e dimensioni che può rivelarne la reale sostanza…Quindi, per te, la mia citazione di Dharmakaya “puzza” di libresco ed è una tua opinione. Per me è solo un termine e in definitiva scompare anche quello, quindi, si realizza.
Agosto 5th, 2015 at 9:48 am
(@51) Concordo. È questione di pratica.
Agosto 5th, 2015 at 10:10 am
Ciao Marta, in riferimento al tuo @48 (così soddisfo anche la curiosità di mym che mi aspetta al varco…), dico questo, io sto molto attento, contrariamente a quello che fanno in tanti, ad assumere terminologia e frequentazioni cristiane, non vorrei diventare un cattobuddhista nè assomigliare troppo ai nostri amici, ho la nausea del mondo cristiano. Un mondo che in duemila anni non ha risolto il corpo, la sessualità, la sua problematica dimensione nel pianeta (indios docet), e mi limito agli aspetti del loro stare più grossi, ma ce ne sarebbero tanti altri. Poi, ovviamente i santi ci sono dappertutto…
Tu mi chiedi cosa intendo per “interdipendenza”, il termine “Dharmakaya” del mio @39 è già una ipotesi di risposta. Ma la risposta, intesa con la concretezza che richiedi tu, quindi posta su questo piano dialettico, potrebbe essere tutto mi riguarda e sono, sto, a mia volta, riguardo tutto. Ma questo stare non ha codici, non è preordinato nè indottrinato, semplicemente è. Quindi è necessario provare a precisare l’essere originale. Parafrasando un celebre koan si potrebbe dire, che faccia avevi prima di nascere?
L’interdipendenza è il cosmo, è la Ruota del Dharma, è l’Ottuplice Sentiero, le Quattro Nobili Verità, i Dodici Anelli di concatenazione causale, le Paramita, la vita stessa. Ma dicendo “vita stessa” non è per nulla chiaro di cosa si tratti nella sua reale sostanza, quindi concretezza, come chiedi tu.
Di fronte a una domanda del genere, la Tradizione zen ha dato innumerevoli risposte tutte assolutamente, quindi veritatamente, non esaustive. L’interdipendenza è l’inesauribile, e qui ancora può sorgere, cos’è che è inesauribile? e si torna sempre al punto di partenza, che è anche quello di arrivo, ovvero, qui ora. Di fronte all’inesauribile,
Joshu si è messo i sandali in testa…Un monaco viene cacciato dal maestro che gli intima di uscire, si dirige verso la porta, il maestro dice, non da lì, il monaco si dirige verso la finestra, il maestro dice, non da lì, il monaco si inchina in sanpai, il maestro gli dice, così si esce. Gensha alzava il pollice sia in caso affermativo che negativo, un allievo ha fatto la stessa cosa e glielo ha tagliato. E’ infinita l’interdipendenza e qualsiasi aspetto dell’educazione zen li contiene tutti, e tutti rappresenta l’infinito in questo caso.
Le parole non possono contenere il qui ora.
Agosto 5th, 2015 at 10:33 am
Nello @ 52: 1) si vede proprio che non conosci i giapponesi: pretenderebbero di insegnare alle galline a far le uova, se (loro) ne fossero capaci. 2) Quel libro è documentato che di più non si può. Forse conviene che lo leggi prima che ti sfugga qualche giudizio azzardato. Senza leggere quel libro parlare di storia (recente, ma con riverberi lontani) dello zen/buddismo giapponese è favolistico.
Mi pareva lo avessi citato tu, se non è così… sarà stato qualcun altro.
@54: “L’interdipendenza è il cosmo, è la Ruota del Dharma, è l’Ottuplice Sentiero, le Quattro Nobili Verità, i Dodici Anelli di concatenazione causale, le Paramita, la vita stessa”, sarà il caldo ma … insomma è un po’ quello che fanno i monocosi quando gli chiedi che cosa intendono per “Dio”.
Pensare che è un concetto così semplice: quello c’è perché questo c’è. Cessando questo cessa anche quello.
PS: “Dharmakaya, Sambhogakaya, Nirmanakaya…” sei sicuro che se non ne avessi letto sui libri ne sapresti qualcosa?
Agosto 5th, 2015 at 11:25 am
@55, per me, semplice, contiene anche complesso. Semplice, rispetto a che cosa? Anche “dire” semplice, non semplifica nulla. E dipende dall’interlocutore/trice. Uno è libero di scegliere il registro linguistico che ritiene più opportuno al suo comunicare, per me, quanto detto, era la massima semplificazione, per te no. Come ho già detto in altre occasioni, qui e ora è diverso per ognuno, e per fortuna nostra. Non esiste uno standard che statuisca cosa è semplice perchè c’è sempre un margine di soggettività sia in chi pone la domanda sia in chi risponde al soggetto proponente la domanda.
Possiamo dire che Shinran e il buddhismo della Pura Terra abbiano le visioni? E prima di loro in Cina…e in India…
Tutta la teoretica può essere oggetto della domanda che poni tu in P.S., il punto non è se io abbia saputo qualcosa attraverso i libri, il punto è se ho capito quanto letto oppure esperito.
Relativamente al testo da te indicato, sono abbastanza prevenuto perchè chi lo cita ai vari convegni (a Venezia quelli della Fondazione Maitreya per esempio), dimostrano una analisi del problema molto parziale. Un dramma del genere, necessita una lettura ampia e profonda di tutti i fattori che lo hanno determinato, non ultimo, la presenza violentissima dell’America a partire dalle navi di Perry e seguito colonialista…
Comunque lo leggerò.
Agosto 5th, 2015 at 11:33 am
ma tu mym, che faccia avevi prima di nascere?
Agosto 5th, 2015 at 11:34 am
(@ 56): Brian Victoria, l’autore, era ed è prevenuto che di più non si può. Ma siccome i giapponesi lo avrebbero fatto a pezzi (ci hanno provato comunque ma hanno perso tutte le cause) se avesse pubblicato un rigo che non fosse documentato, ha fatto un lavoro inoppugnabile. Per di più ha usato, nella stragrande maggioranza dei casi, materiale prodotto ufficialmente (!) dagli stessi giapponesi.
Che poi qualcuno, nella Maitreya o altrove lo citi a sproposito… be’, è la solita storia.
Che lo zen giapponese sia stato (e in gran parte sia ancora) coinvolto nei crimini di guerra, nel sostegno al nazionalismo religioso, nelle discriminazioni nei confronti dei fuori casta -braku- giapponesi, a denti strettissimi hanno dovuto riconoscerlo gli stessi dirigenti del Soto zen shu. Salvo poi continuare imperterriti.
Agosto 5th, 2015 at 11:38 am
@ 57: semplice (con tutte le sue implicazioni e anche di più): la stessa di ora.
Agosto 5th, 2015 at 4:05 pm
Purtroppo non è una novità che l’essere (ma anche il non essere) praticante di una religione (qualsiasi essa sia) non metta al riparo l’uomo dal suo poter essere comunque belligerante sia pure con diverse gradazioni di violenza.
Forse è un dato di fatto da tenere presente e da non sottovalutare.
Nello @54, credo di aver capito cosa intendevi dire e sono d’accordo con il primo capoverso di @56. Grazie
Agosto 6th, 2015 at 3:22 pm
un caro saluto a tutti, rieccomi qui, stavolta, per avere qualche titolo ( in inglese ) di Nagarjuna.
Ho trovato qualche testo tradotto in italiano.
Grazie infinite
Agosto 7th, 2015 at 10:13 am
Per non dimenticare…
è passato il 6 agosto nel silenzio…una casa editrice ha pubblicato 4 racconti di una sopravvissuta che oggi è una affermata scrittrice, potrebbe sembrare un post “fuori tema” ma questo non lo è mai.
Hayashi Kyoko, Nagasaki, traduzione di Manuela Suriano, Gallucci, Alta Definizione, Roma, 2015
http://www.galluccihd.com/index.php?c=scheda_bibliografica&id=629
Agosto 9th, 2015 at 6:05 pm
Gran brutta storia.
Pare (ma non so quanto sia attendibile) che Hirohito fosse pronto a firmare la resa ma le abbiano lanciate lo stesso.
Per esperimento?
All’epoca i giapponesi erano considerati poco più che scimmie dagli americani.
Agosto 24th, 2015 at 2:34 pm
Ecco qualche titolo di testi in inglese:
The Tree of Wisdom: She-rab Dong-bu
by Nagarjuna
Forgotten Books, 2007
The Sun of Wisdom: Teachings on the Noble Nagarjuna’s Fundamental Wisdom of the Middle Way
by Khenpo Tsultrim Gyamtso, Nagarjuna
Shambhala, 2003
Precious Garland (The Wisdom of Tibet series ; 2)
by Nagarjuna (Author), Dalai Lama VII (Author), J. Hopkins (Translator), etc. (Translator)
Allen & Unwin, 1975
Nagarjuna’s Seventy Stanzas: A Buddhist Psychology Of Emptiness
by David Ross Komito, Nagarjuna
Snow Lion Publications, 1988
Nagarjuna’s Precious Garland: Buddhist Advice For Living And Liberation
by Nagarjuna
Snow Lion, 2007
Nagarjuna’s Letter to a Friend: With Commentary by Kangyur Rinpoche
by Nagarjuna
Snow Lion, 2013
Mulamadhyamakakarika of Nagarjuna: The Philosophy of the Middle Way
by Nagarjuna
Motilal Banarsidass, 2015
Master of Wisdom: Writings of the Buddhist Master Nagarjuna (Tibetan Translation Series)
by Nagarjuna
Dharma Publishing, 1987
Elegant Sayings: Nagarjuna’s Staff of Wisdom & Sakya Pandit’s Treasury of Elegant Sayings (Tibetan Translation Series)
by Nagarjuna
Dharma Publishing, 1994
The Fundamental Wisdom of the Middle Way: Nagarjuna’s Mulamadhyamakakarika
by Nagarjuna
Oxford University Press, USA, 2003
Lama Mipam’s Annotated Commentary to Nagajuna’s Stanza For a Novice Monk
by Nagarjuna , Je Tsong Khapa, G.H. Mullin, Lobsang Rabgay
Paljor Publications, 1997
Nagarjuna’s Seventy Stanzas
A Buddhist Psychology of Emptiness
by David Ross Komito
translated by Tenzin Dorjee, David Ross Komito
Snow Lion, 1999
Nagarjuna: A Translation of his Mulamadhyamakakarika with an Introductory Essay
by Nagarjuna
Inada, Kenneth K. (Translator)
Hokuseido Press, 1970
Settembre 7th, 2015 at 11:29 pm
Peccato. Fino al lunedi 14 non arriverò fino Italia, ma spero che qualche eco arrivi qui.
Che vada bene.
Settembre 8th, 2015 at 8:30 am
Uuuh! Perché l’eco arrivi fin lì dovremmo farne del rumore… 🙂
Se tu ci fossi stato ne sarei stato contento.
Comunque, gli altri anni c’erano TV, radio, triccheballacche… Faranno delle registrazioni che poi andranno on line.
Grazie
Ciao
mym
Settembre 15th, 2015 at 6:00 pm
Fatto quello che c’era da fare, detto ciò che c’era da dire, restano le tracce, che a poco a poco si affievoliscono…
Settembre 17th, 2015 at 11:02 am
Mym, ho letto l’intervento e ti do lo spunto per introdurti valido in qualsiasi situazione, vale a dire che può essere elaborato secondo la bisogna. Poi dico perchè non mi è piaciuto soprattutto per l'”introduzione” al tema.
Eccoti l’incipit dello Heike monogatari:
Il suono delle campane di Gion costituisce l’eco dell’impermanenza [mujo] di ogni cosa. Il colore dei fiori degli alberi di sara sono la manifestazione del principio in base al quale coloro che ottengono successo inevitabilmente cadono. Anche le persone che ottengono potere non ne godranno a lungo e tutto ciò si dimostrerà simile a un sogno in una notte di primavera. Anche coloro che godono di una posizione elevata presto decadranno e diventeranno simili a polvere nel vento.
Vengo all’introduzione del tuo intervento, a mio avviso sarebbe stato meglio circoscriversi al proprio ambito, vale a dire:
…Sono qui e parlo della mia esperienza nell’ambito del buddismo di tradizione zen Soto…
Aggiungo io: il fatto che non sia possibile parlare del buddhismo in termini “unitari”, per me è una ricchezza e non un limite, come potrebbe intendersi da come ne parli tu.
Dici: “Non vi è quindi…” – c’è, c’è la dottrina, c’è la pratica, c’è una lunga storia Zen, indiana, cinese, giapponese,…
Dici: “…non è un ente dottrinale…”, – lo è, lo è, e si può illustrare in molti modi.
Dici: “…non è una religione strutturata…”, – lo è, lo è, ma non lo è come il cristianesimo per fortuna…
Dici: “…non ha una forma determinata…” – c’è, c’è, e si chiama zazen…
Dici: “…è ‘i buddismi’ in senso personale…”, – come potrebbe essere altrimenti…?
Dici: “…il buddismo non ha un progetto storico…”, – potrebbe non essere chiaro il “relativo”, perchè è universale, cosmico. Quindi, ce l’ha.
Dici: “…non ha un indirizzo collettivo…”, – come sopra, oppure, perchè è logicamente deantropocentrico…quindi cosmologico.
Ci sarebbe da parlare a lungo, anche sul concetto di “storia” contemporaneo dove tutto è subito post-…quindi sistemicamente consumistico. Qui, il buddhismo ha una proposta agli esseri assolutamente UNICA e universale, appunto, cosmica.
Ripeto, in questi incontri frettolosi e tuttologi e omologi, è meglio, a mio parere, usare Dogen con un linguaggio contemporaneo.
Ciao.
Settembre 17th, 2015 at 11:10 am
Oltre a ciò…se un buddhista parla in termini riduttivi, quando non discutibili e apertamente critici, della sua tradizione…bè allora, siamo meglio noialtri (laici, laicisti, cattolici, cattosinistristi, cattointegralisti, oshoisti, newageisti, framassonisti, rotaryanisti, lyonisti, roundtableisti, soroptimisti/e, ecc…).
Settembre 17th, 2015 at 11:31 am
Ciao Nello, grazie per aver letto e commentato. Non sei mai banale.
C’è (quasi) sempre bisogno di modulare il discorso alle circostanze e agli ascoltatori. Avevo, in tutto, 20 minuti a disposizione, all’introduzione (che pare averti conquistato come fosse il tutto) ho dedicato meno di 3 minuti. Il numeroso e splendido pubblico era composto quasi totalmente da pensionati, di buon livello culturale ma solo pochi (pochissimi) avevano un’infarinatura di buddismo.
Potevo fare un poco di sceneggiata giapponese parlando dei fiori di “sara” (?) e delle campane di Gion (quartiere di Kyoto, I suppose…) ed alle anziane signore sarebbe piaciuto molto. Tutta la coorte degli zen europei ed americani ha costruito le sue fortune ripetendo giapponeserie.
Dovevo parlare in qualità di buddista, ovvero rappresentante del buddismo in generale e perciò far capire i limiti del ruolo che mi era attribuito: non c’è un buddismo che li rappresenti tutti, perciò, benché parli da buddista lo fo’ da una posizione personale. Il tutto, ripeto, in 3 minuti. Bisognerebbe provare per capire realmente.
Per quanto riguarda un buddista che critica il buddismo, a me non pare in errore, se non racconta falsità.
Sul fatto, invece, che siate meglio voi sono proprio d’accordo.
Settembre 17th, 2015 at 11:41 am
Caro mym, a proposito di @5 in cui “erroneamente” mi includi grazie alla mia frettolosità nello scrivere, quel passo avrebbe dovuto essere scritto in questo modo:
“…bè allora LASCIA SUPPORE CHE SIANO MEGLIO TUTTI GLI ALTRI, VALE A DIRE (laici, laicisti, cattolici, cattosinistristi, cattointegralisti, oshoisti, newageisti, framassonisti, rotaryanisti, lyonisti, roundtableisti, soroptimisti/e, ecc…).”
Io con i signori di cui sopra non ho quasi nulla a che spartire.
Lo Heike monogatari, che non è un testo religioso ma storico, si presta a essere elaborato in chiave moderna e senza alcuna giapponeseria. E’ possibile. Ciao.
Settembre 17th, 2015 at 11:51 am
Ah, bene.
Lasciamo supporre allora.
Che un testo giapponese del XIV secolo che parla dei fiori di sara (?) e delle campane di Gion sia rappresentabile al pubblico senza giapponeserie è uno splendido koan.
Ma ci proveremo, perbacco.
Settembre 17th, 2015 at 4:31 pm
Buongiorno Nello,
rispetto al tuo @5, penso invece che un buddista che non critica il buddismo, non per partito preso o per gioco verbale, ma nele sue forme onestamente criticabili, fa un torto al buddismo. La critica è il sale del buddismo e criticare sempre gli altri è troppo facile.
Personalmente ho apprezzato la traccia dell’intervento di mym, considerando l’ambiente in cui ha accettato di intervenire, ho avuto esperienze consimili. Piuttosto mi incuriosisce sapere come l’hanno ascoltato gli altri tre interlocutori, rappresentanti, forse ob torto collo, di tre robusti assolutismi teistici.
Settembre 17th, 2015 at 5:08 pm
Ciao Jf,
Ascoltato, dici…
Non lo so, ad un certo punto Vittorio Robiati Bendaud, ebreo ortodosso si definì, mentre parlavo ha annuito. Questo è stato tutto il riscontro palese che ho avuto del mio dire. Erano così occupati a parlare tra loro dei problemi “loro” che praticamente non hanno fatto caso alla mia presenza. Penso che non si rendano conto né di quanto siano obsolete, almeno nella forma, le proposte spirituali che rapprentano, né della potenziale ma reale “minaccia” futura del buddismo.
Settembre 17th, 2015 at 5:19 pm
mym @10 “praticamente non hanno fatto caso alla mia presenza” – beh, mi pare il risultato pieno, presenza senza traccia: non potrebbe non piacere a Dogen, “con un linguaggio contemporaneo”, non trovi, Nello?
Settembre 17th, 2015 at 5:26 pm
Buonasera jf,
seguendo il tuo @9 allora dico che mi piace quella critica, posto che si renda necessario che ve ne sia una in certi contesti, che chiaramente include anche il suo superamento, e questo deve risultare molto chiaro. Quale buddhista, in un incontro pubblico di qualsiasi genere, ci tengo ad affermare la mia fede in chiave superativa delle contingenze di qualsiasi natura, storica, teologica, sociologica…senza appesantirmi troppo con il fardello critico…che ha un suo valore ma può anche rivelarsi controproducente sotto ogni punto di vista se non effettuato nella giusta misura e nel giusto modo e momento.
Questa è solo una mia opinione…
Settembre 17th, 2015 at 5:32 pm
caro jf @11, a me Dogen piace così come è. E penso che possa parlare alla contemporaneità da qualsiasi punto di vista anche così come è. Lo spirito delle persone, di qualsiasi età ed estrazione può intendere Dogen, anche i bambini possono. Sempre per mia opinione.
Settembre 17th, 2015 at 5:50 pm
Non vedo la critica come un fardello (@12) semmai come liberazione da un peso inutile o dannoso. Se dico che il buddismo, in una della sue estrinsecazioni storiche, è stato usato a fini di potere temporale, non mi carico di un fardello critico, semmai cerco di liberare quella forma di buddismo (e me stesso) da un peso che la opprime e la distorce. Inoltre rilevo che anche il buddismo, come manifestazione fenomenica, è a rischio di uso improrio da parte dei buddisti medesimi, per cui si deve star sempre vigili. Opinione anche questa, certo.
Settembre 17th, 2015 at 5:57 pm
Dogen così com’è… Caro Nello @13, ti confesso che a volte mi chiedo se lui stesso sapesse com’era. Lo frequento da un bel po’ con devota attenzione (nei limiti della mia comprensione, non nego) e a volte faccio fatica a seguirlo, sulle montagne russe del suo mutevole linguaggio. Io penso, invece, sia in gran parte lettura da iniziati.
Settembre 17th, 2015 at 6:41 pm
@14, si può stare vigili in tanti modi. E l’uso che ne possa essere stato fatto, non ne può contaminare il cuore. Nonostante i buddhisti medesimi.
@15, Dogen così come è, non attiene alla sua espressione formale letteraria ma alla sua verità. Che è eterna e universale. Dargli espressione originale è il punto, per me.
E comunque quanto dici in può essere sviluppato in tante modalità e lo stesso vale per quanto esposto da mym al convegno.
La criticità può assumere forme non conformiste ma essere inclusa nel suo superamento.
Settembre 17th, 2015 at 7:05 pm
Il buddismo nonostante i buddisti è un’astrazione, al più una tensione ideale: come il cuore senza corpo. Con questa argomentazione, non si può criticare il cristianesimo per i delitti perpetrati dai cristiani in nomine domini, le scimitarre degli islamisti sguainate per la jihad e compagnia cantante. Siamo tutti innocenti per contratto, qualsiasi cosa facciamo. Se c’è incontaminato, c’è anche contaminazione, altrimenti che stiamo a dire? Dogen docet.
Settembre 18th, 2015 at 9:31 am
@17, non mi sono spiegato sufficientemente nel mio @16, tento di farlo:
Esisteva la verità del Buddha prima di Shakyamuni? Certo. Quindi per “…buddhismo nonostante i buddhisti”, si intende che se fai una conferenza sul buddhismo con tutti i limiti del caso, gli ascoltatori non buddhisti, possono attingere al buddhadharma nonostante la tua esposizione magari limitata.
Questo statuisce che resta la speranza, nel non buddhista, di poter fruire del buddhismo appunto, nonostante i buddhisti lo espongano magari limitatamente.
Vale a dire che il buddhadharma è una esperienza pratica personale che avviene nella chiarezza dello zazen, nonostante i buddhisti.
Quindi, c’è il buddhadharma (zazen) incontaminato e immacolato (ovviamente qualsiasi aggettivo può essere limitato e fuorviante ma siamo nell’ambito del linguaggio…), nonostante i buddhisti brutti, sporchi, a volte destrorsi e guerrafondai e peccatori.
Uno può scegliere di vivere il suo buddhadharma (siamo sempre nell’ambito del linguaggio, e mi riferisco al senso di “suo” che qui ha una accezione di sensibilità personale), criticandolo per tutta la vita, se crede che il buddhadharma sia quello, ovvero, criticare il finto spacciato per autentico a caro prezzo nella speranza di indicare l’originale.
Un’altro può indicare nel buddhadharma una speranza di redenzione…(siamo sempre in ambito linguistico) soprattutto ai non buddhisti, e qui la critica non serve a molto, ci pensa zazen a fare pulizia…se non si crede a questo…
E immagino la replica potenziale cui induce questo asserto, certo, uno si avvicina allo Zen, poi trova nei dojo dei filonipponici marpioni…e io penso che comunque incontra lo zazen. Forse mi illudo…ma non sarebbe poco nonostante i buddhisti brutti, sporchi…
Settembre 18th, 2015 at 12:39 pm
Seguo il tuo ragionamento @18 articolato e interessante. Riconosco gli accenti della speranza, che male non fanno, se resta un’esca lanciata nel vuoto. Non vorrei essere a mia volta frainteso, come mi sentissi dalla parte dei “buoni” e potrei allora dire, parafrasando, che c’è il buddhadharma nonostante i buddisti buoni, puliti, pacifisti e santi. Se di speranza parliamo, forse meno orpelli si aggiungono e più c’è speranza di incontrare zazen sedendo in zazen. “Ci pensa zazen a fare pulizia…”: sarebbe anche bene, però, che chi siede in zazen se ne accorga.
Settembre 19th, 2015 at 8:05 am
Mym, ho letto l’intervento e ti faccio i complimenti. Mi sono piaciuti gli espedienti retorici.
La questione secondo me non è tanto la critica al buddismo (jf, 14), ma la critica alle religioni. Scrive Nietzsche in Umano, troppo umano:
“Nessuna religione ha mai finora contenuto, né direttamente né indirettamente, né come dogma né come allegoria, una verità. Poiché ciascuna è nata dalla paura e dal bisogno e si è insinuata nell’esistenza fondandosi su errori della ragione.”
Settembre 19th, 2015 at 8:07 am
Secondo me, Nello @ 7, sragiona
Per esempio, sto studiando Johann Georg Hamann, (Königsberg, 27 agosto 1730 – Münster, 21 giugno 1788) sfigatissimo amico di Kant, temuto e rispettato da Goethe. Influenzò Hegel e Kierkegaard.
Hamann dice di sé:
“non mi sento a casa mia in nessuna occupazione, sono inutile sia come pensatore sia come uomo d’affari… Non sopporto l’alta società né la solitudine del chiostro”, “non so pensare abbastanza male di me stesso”, “sono sempre stato stupido” etc.
Dopo il fallimento degli studi giuridici divenne teologo. Convisse con una donna semplice, analfabeta e devota, che gli diede quattro figli; predicò la via della rinuncia. Morì a cinquantotto anni probabilmente in conseguenza dei suoi eccessi alimentari… Insomma, Hamann fu un uomo oscuro e bizzarro, un “cristiano” come dice Nello, soprannominato dai suoi contemporanei il “Mago del Nord”. Quando appose l’emblema di un Pan Cornuto ad alcune sue opere passò alla storia come “il profeta cristiano dal piede forcuto”.
E gnénte, poi arriva Nello e dice @5) che con cattolici, i buddhisti duri e puri, non hanno quasi niente a che spartire. Anzi, i buddisti duri e puri non hanno quasi niente a che spartire con un sacco di altra gente…
Settembre 19th, 2015 at 9:20 am
C’era uno, anni fa, che voleva pervicacemente pubblicare un libro a tema buddhista di un monaco zen, a tutti i costi, era risolutissimo. La sua cooperativa editrice era di destra e cattolicissima. Io era dubbioso…e feci presente le mie perplessità al riguardo al monaco che non ne tenne conto.
Bene, l’editrice “pubblicò” il libro per seppellirlo nei suoi magazzini e non apparve mai in nessuna libreria….
dedicato a @21.
ti inviterei ad evitare aggettivi riferiti alla mia persona, resta nel merito con altrettanto merito. Se poi non mi rilevi, lo apprezzerei al massimo.
Settembre 19th, 2015 at 9:41 am
“Non so pensare abbastanza male di me stesso” (secondo il finora a me sconosciuto Hamann in @21) non mi dispiace: è un filino egocentrica come formulazione, ma non sarebbe male se ognuno si esercitasse a pensarlo almeno una volta al giorno, come pratica allo specchio.
In qualità di moderatore per interposta persona ed esplicita delega (mym è offline fino a lunedì) invito a evitare apprezzamenti e battibecchi personali nei commenti: della loro assenza si giova la discussione comune, anche nella marcata diversità delle opinioni.
Settembre 19th, 2015 at 9:56 am
Nello, “sragiona” non è un aggettivo, ma la terza persona singolare del verbo “sragionare”.
Dedicato a @22.
Dunque, “restando nel merito con altrettanto merito”… se non rilevi la distinzione tra un verbo e un aggettivo della lingua italiana, forse, prima di commentare, sarebbe gradito che studiassi un po’ di grammatica.
Settembre 19th, 2015 at 10:35 am
Caro HMSX, ribadisco l’invito di cui al mio @23. Le diatribe a due dai toni personalizzati fanno passar la voglia di intervenire (e anche di leggere) agli altri frequentatori del blog, e fan perdere di vista il merito di cui si discute e, perché no, del contendere.
Settembre 21st, 2015 at 8:16 am
Ciao jf, grazie per l’aiuto.
Purtroppo l’abitudine di screditare l’interlocutore, con verbi e aggettivi, è diventata cultura di massa. Ed è una pessima abitudine da almeno due punti di vista: quello etico e quello dei contenuti. Riguardo al primo spetta a ciascuno, per conto proprio, la valutazione di opportunità. Riguardo al secondo spetta anche a chi “cura” questi commenti. Oltre ad aggiungere queste parole, per garantire il rispetto personale a chi interviene qui, non ho altro modo che la censura. Ovvero cancellare commenti oppure impedire l’accesso ai recidivi.
Un poco mi spiacerebbe doverlo fare: è una sorta di fallimento del mediatore, dall’altro l’esercizio del potere, seppur in minimalia, concede un poco di piacere.
Settembre 21st, 2015 at 8:22 am
Nello 12@: forse non hai colto una cosa nel programma. La prima parte della prima parte era dedicata a “le differenti linee di tensione che percorrono la propria tradizione, mettendo in risalto quelli che sono i punti di maggiore criticità”. Il superamento, che a mio parere c’è stato, l’ho evidenziato valorizzando quello che fai tu e tanti altri nello scorrere del quotidiano.
Non potevo mica fare nomi e cognomi… 😛
Settembre 21st, 2015 at 8:30 am
Ciao hmsx, bentornato.
@ 20: questa volta Nietzsche ha preso una solenne cantonata, imho. Laddove dice “ciascuna [religione] è nata dalla paura e dal bisogno e si è insinuata nell’esistenza fondandosi su errori della ragione” visto che il buddismo, quello vero inesistente e puro, fattuale e splendido, efficace e leggero, non ha nulla a che vedere con la ragione, avrebbe dovuto scrivere “ciascuna, a parte almeno il buddismo, è nata dalla paura e dal bisogno e si è insinuata nell’esistenza fondandosi su errori della ragione”.
Settembre 21st, 2015 at 11:32 am
@jf, 23 e 25.
Hamann scrisse poco, disordinatamente e in modo oscuro. Nei suoi scritti le enunciazioni essenziali sono annegate in un mare di riferimenti biblici e culturali, citazioni, allusioni, ironie e fatti personali che lo rendono ostico finché un lampo non rischiare le tenebre. Egli diventa chiaro se lo si considera non a partire dagli scritti ma dalla personalità, potente e misteriosa che ispirò lo strurm und drang, il classicismo, lo storicismo, l’idealismo e il romanticismo. Infati, se nelle opere era oscuro, era cristallino nelle amicizie e nelle lettere agli amici, e col cemento della sua personalità Hamann seppe riunire intorno a sé una cerchia di spiriti eletti.
Questo per dire che comprendere la personalità di un uomo spesso aiuta a fare chiarezza sul suo pensiero (altro che “evitare aggettivi riferiti alla persona”).
Nello, sostenendo al contrario di mym che il buddhismo è un ente dottrinale(@4), si colloca ipso facto nella grande famiglia dei parrucconi, ovvero di coloro che nel ‘700 indossavano la parrucca da dotto e scrivevano l’enciclopedia. Hamann lottò tutta la vita contro quelli che, compiacendosi di parole raffinate, derivate e vuote, finiscono con l’ arzigogolare all’infinito.
In particolare Nello, nella sua tesi di laurea “Dōgen: tradizione, Buddhismo critico, realizzazione“, prende lo zazen, una specifica visione umana, ( “che non serve a niente ed è una inutile perdita di tempo” – Abe Masao) per farne una fonte pseudo-oggettiva di autorità: una cosa dell’uomo che viene immaginata come eterna, immutabile, universale.
Mi viene in mente l’ aneddoto di Hamann che rimase allibito quando Kant, nel 1768, disse nel giardino del mercante inglese Green che l’astronomia aveva raggiunto una tale perfezione da escludere ogni nuova ipotesi. Per questo Goethe ricorda Hamann come «la testa più lucida del suo tempo».
Settembre 21st, 2015 at 11:33 am
@mym, 28
Non sono sicuro che Nietzsche abbia preso una cantonata perché non sono sicuro di cosa debba intendersi per Dharma. E se fosse solo la proiezione della coscienza umana sull’universo?
Hamann non mi è d’aiuto: “Non esiste una ragione universale come non esiste una lingua universale. In una traduzione si perde ciò che distingue una esperienza da un’altra”.
Settembre 21st, 2015 at 11:40 am
@hmsx, 30: se fosse solo la proiezione della coscienza umana sull’universo non sarebbe dharma.
Certamente, comunque, non è un errore della ragione.
Settembre 21st, 2015 at 5:49 pm
@hsmx, 29 e 30
Zazen è una porta, la si può dire universale, non fosse che per il fatto che chiunque può varcarne la soglia, ma lo è solo per chi lo fa. Come una lingua, che è esperienza significante per chi la parla.
Ottobre 16th, 2015 at 2:22 am
Dharma (in devanāgarī: “धर्म”) può essere tradotto come “Dovere”, “Legge”, “Legge cosmica”, “Legge Naturale”, oppure “il modo in cui le cose sono” o come equivalente del termine occidentale “Religione”. (fonte wikipedia)
Eppure il Dharma, la legge morale, è una antropomorfizazione che ribalta nel disordine esterno l’ordine interno. Una barriera fittizia contro l’onda caotica dell’universo. Il dharma non arresta il caos, non gli impedisce di irrompere fra gli uomini e dentro gli uomini e di spingerli a combattersi ferocemente per àmbiti ma non sovrabbondanti beni della vita, a strapparsi lo spazio, il tempo, e la materia. La legge dell’universo, il nomos basileus o legge sovrana, è la forza selvaggia, il caos.
Per esempio, @32, una mia amica non può varcare la soglia dello zazen perché è paraplegica! Eppure il Dharma è universale.
Lo zazen di Dōgen mi sembra fanatico e morboso. Alla fine tutto si riduce al complesso rapporto tra mente e corpo che le varie tradizioni religiose devono indagare mediante il dialogo.
Si deve dialogare “… affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità.” (Editto di Costantino)
Ottobre 16th, 2015 at 7:58 am
Ciao Hmsx, si medita, vedo. Grazie.
Il significato della parola dharma è, in parte, anche quello che tu dici. Quindi anche antropomorfizzazione, barriera fittizia ecc. Questo soprattutto se il termine viene letto secondo la sua origine hindù. Tuttavia laddove venga usato secondo il buddismo, con quella parola si intende un insegnamento che non consiste né in una parola né in una formula (verbale o di altro genere) ma in un atto dello spirito. Come sai, le azioni parlano solo quando noi cominciamo a pensare e a descrivere, altrimenti sono mute.
Quando diciamo “lo zen di Dōgen”, se per un momento leghiamo il senso di zen a quello di dharma, siamo già fuori sia dallo zen che dal suo sinonimo-per-un-momento.
Anche i paraplegici possono fare zz. Anni di sciatica e di conseguenti sedute su una sedia (non era a rotelle, ma penso non vi siano sostanziali differenze in quel caso) mi hanno insegnato che, benché con qualche difficoltà in più (sia fisica che mentale) si può fare zz anche su una sedia.
In ogni caso l’universalità del dharma/zazen non significa che tutti siano in grado di accedervi. Ma che è offerto a tutti e a nessuno è impedito di accedervi.
L’editto di Costantino, scritto se ricordo bene per garantire anche i cristiani sino ad allora discriminati, da per scontata la divinità che sta in cielo (Cielo?), dubito che garantisse anche quelli che in cielo (Cielo) non vedono nessuna divinità.
Ottobre 30th, 2015 at 12:37 pm
Ho letto il testo conclusivo, condivido le tue note. Ribadisco, sono una ventina d’anni che si leggono le stesse cose, cambiano poche sfumature…ed è anche naturale che sia così.
Io proporrei una formula diversa:
– una volta ci si incontra e ci si relaziona e confronta su un aspetto buddhista, tipo: ku soku ze shiki shiki soku ze ku…; oppure il cuore del Genjokoan;
– un’altra volta ci si confronta su un aspetto cristiano a loro scelta.
In questo modo si entrerebbe nel vivo, nello storico, nell’antropologico, nella santità come intesa ambo le parti, ecc…
Così come è ora, il “dialogo” mi sembra a un punto morto, posto che ne abbia mai avuto uno vivo…
Ottobre 30th, 2015 at 12:41 pm
Trovo strano che nell’elenco degli ospiti che hanno partecipato a questi incontri non ci sia mai stato Abe Masao che è un titano sia del dialogo, sia come filosofo.
Novembre 1st, 2015 at 7:57 pm
Ciao Nello, bentornato.
Abe Masao sarebbe da studiare sia da parte buddista che da parte cristiana.
Il dialogo in effetti non serve a nulla. La sua funzione principale è nullificare i danni causati dall’assenza di dialogo.
Novembre 10th, 2015 at 5:23 pm
Alcuni giorni or sono se n’è andato per sempre Stefano. Pochi giorni prima gli avevamo chiesto -e subito ci aveva mandato- l’originale di una sua traduzione di un inedito di Uchiyama, Per te che ancora non sei contento del tuo zazen, che abbiamo pubblicato su questa pagina.
Era una persona “per conto suo”, un artista della non appartenenza.
Novembre 10th, 2015 at 11:36 pm
Un gran vuoto ed una grande tristezza, benché la sua amicizia rimane in noi per sempre. Ricordo sempre come, nel mio primo ritiro in Rovofiorito, Stefano Zezza fu l’unico che stette vicino a me durante tutti gli zazen, spesso soli i due, eravamo molto pochi e l’altro Stefano (Piselli) doveva uscire a volte a cucinare. Tuttavia Stefano stette lì, al mio fianco, tutto il tempo. Condividendo spesso il dolore, prima di molti kinhin tanti a lui come a me ci costava metterci in piede, con le gambe addormentate e doloranti, ma condividendo anche l’allegria, il silenzio, l’autunno e la fiducia in zazen. Quello segnò un prima ed un dopo per me e Stefano Zezza è e sarà sempre una parte importante di quello felice e luminoso sveglio.
Novembre 14th, 2015 at 5:42 am
Non dirò che Nello è miope perché… la cecità è assai diffusa. Dunque il dialogo è (È?) il “punto morto”.
Per esempio, sappiamo che il Vaticano è il luogo più corrotto del mondo dai tempi di Lutero: altro che “sono una ventina d’anni che si leggono le stesse cose”(!)
È vero che i cristiani danno molta importanza alla disponibilità al dialogo come un atteggiamento di sincera e grande apertura… a patto di far prevalere la fede con la scusa che la ragione ha dei limiti.
Il dialogo lo si fa (lo si dovrebbe fare) per la verità e non per aver ragione. Se si vuole avere ragione bisogna prima aver fatto coincidere la propria ragione con la verità. Cioè la pretesa di aver ragione contro qualcuno, per essere valida, deve significare una difesa oggettiva della verità.
L’essenza del dramma moderno è il processo di sostituzione del cristianesimo con un’altra altra religione. Questo processo implica e dimostra che i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa, che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo.
Il processo è inarrestabile. Genera incredulità, ma quella incredulità che, oggettivamente, libera il campo per far posto a una nuova fede e religione.
Novembre 14th, 2015 at 5:43 am
Dopo Nietzsche, la religione laica trova espressione in Bertrand Russell, specie in Dio e la religione. Un altro convinto seguace della religione laica è Benedetto Croce.
“I continuatori del cristianesimo furono dunque, nonostante talune parvenze anticristiane, gli uomini dell’umanesimo e del Rinascimento.(…) I continuatori del cristianesimo sono stati gli uomini della Riforma, i fondatori della scienza, gli illuministi, eccetera, cioè tutti quelli che, da una altro punto di vista… sono stati gli avversari del cristianesimo e in particolare della Chiesa cattolica”
(Benedetto Croce, Discorso di varia filosofia, Bibliopolis, 2012).
Novembre 14th, 2015 at 5:44 am
PS.
Sulla religione laica come continuazione, trasformazione e accrescimento del cristianesimo cfr Benedetto Croce, L’Anticristo che è in noi (Quaderni della critica, luglio 1947, n 8).
PPS.
Caro mym, se vedi dhr, dagli due sberle. Vorrei dire a dhr, come amico e come artista, che se gli stolti commentatori gli ispirano calembour facili e idioti, ad altri amici e artisti ispirano cose così https://www.youtube.com/watch?v=8I_Z_7evqQg
(detto tra parentesi)
Novembre 14th, 2015 at 5:44 am
Un abbraccio alla Stella e agli amici di Parigi.
Mi viene da dire anche…
Povero Belgio.
Novembre 14th, 2015 at 10:32 am
Ciao Hmsx, bentornato.
Se nella tua cavalcata beffarda “contro” l’umanità tu riuscissi a non essere personale, ci guadagneresti in eleganza, se vale. Anche a me piace sfrucugliare le persone ma devo, purtroppo, riconoscere che farlo in pubblico ha un che di esibizionista, ai limiti del pornografico.
Far coincidere verità e ragione… Vaste programme! per citare De Gaulle. Però, nominalmente, è ciò che propone (proponeva?) Ratzinger nel Discorso di Ratisbona.
Non ho capito il riferimento a Dhr, ha pubblicato qualche cosa che ti disturba?
E cosa c’entra il Belgio?
Novembre 14th, 2015 at 11:31 am
Povero Belgio. Uno degli ultimi scritti di Baudelaire. Una satira sulla stupidità, idiozia, pigrizia e la volgarità morale-artistica di una intera nazione: il Belgio.
Le Maison du Chant d’Oiseau è a Bruxelles.
“Stolti
commentatori prendono
a fucilate
perNietzsche.”
dhr, 9 ottobre 2015.
Ecco, non è bello. Ci sono rimasto male.
Novembre 14th, 2015 at 11:41 am
Essantapolenta, neanche Dogen era più criptico.
Grazie.
Però la battuta “sulla caccia” non è malaccio.
Forse un filino “highbrown”, per citare la Woolf…
Novembre 15th, 2015 at 8:52 am
Se 7-8 persone riescono a fare praticamente indisturbate un massacro tale, quando ci si metteranno in 50-100 o più saremo in un guaio inimmaginabile.
La totale ignoranza occidentale (per alcuni versi: mondiale) delle conseguenze estese del proprio agire sta distruggendo il mondo, sia tramite l’alterazione del clima e dell’ambiente sia tramite la nullificazione della convivenza pacifica tra diversi.
Chi pensa ancora che il dialogo sia inutile o, addirittura, controproducente non si rende conto di che cosa stia succedendo.
Novembre 15th, 2015 at 11:17 am
Concordo in pieno con mym@13. Il dialogo è essenziale perché è l’unica metodologia (se davvero di dialogo si tratta) che ha come presupposto il riconoscere l’altro, chiunque sia, come alter ego. L’unica speranza, se ancora sussiste, è che Parigi, che oggi siamo noi, veda Beirut, Damasco, Baghdad, Kabul, Gaza… l’elenco è smisurato, come allo specchio, e pure, terribile a dirsi, in proporzioni ridotte. Per portare la ragione a coincidere con la verità bisogna non ignorare che la verità è plurale e le ragioni riottose a ridursi a una sola. La fede nel dialogo calmiera quella di considerarsi i soli detentori dell’unicità di verità e ragione.
Novembre 15th, 2015 at 8:42 pm
Non so che tipo di effetti reali possa avere firmare una petizione on line. Tuttavia, al di là dei risultati concreti che possa eventualmente avere, vi invito a firmare questa petizione. Quando la stupidità supera una certa soglia diviene un crimine estremamente pericoloso.
Penso che in questo caso firmare sia parte di un impegno, seppure tramite una forma di censura, verso la pace e la libertà.
Novembre 15th, 2015 at 9:36 pm
Ho già firmato, e mi ha un po’ tremato il dito del click. Firmare senza esitazioni una petizione che invita di fatto a inibire una libertà di stampa è per me il segno che una duplice soglia di barbarie, fatta di idozia e ferocia, è stata varcata: tornare indietro sarà assai difficile.
Novembre 19th, 2015 at 12:04 pm
Padre Ernesto Balducci nel suo bel testo: “Il sogno di una cosa”, Fiesole, Edizioni Cultura della Pace, 1993,pp. 15-16, affermava:
“La civiltà occidentale ha prodotto l’annientamento o l’omologazione delle forme di vita e delle espressioni culturali diverse in nome di un ‘progresso’ acritico, che si presentava con tale sfacciata sicurezza del successo della civiltà del consumo, dell’industrializzazione, dell’individualismo sfrenato e portato alle sue estreme conseguenze, della sopraffazione, producendo un modello di vita non sostenibile: «Nessun cambiamento è da ritenersi positivo se obbedisce soltanto a ragioni economiche e tecnologiche, senza introdursi, con rispetto, nella struttura antropologica che un gruppo umano ha ereditato da secoli».”
Il testo è bellissimo e lo consiglio caldamente.
Qui, si tratta di “macrodialogo”, e bisogna capire bene tutti gli attori della situazione attuale, vale a dire quelli manifesti (le braccia), e quelli occulti da ambo le sponde…che si fregano le mani…
E’ evidente che se l’occidente spinge la pornografia nel mondo…il mondo cambia e non tutti sono disposti a questo tipo di cambiamento che distrugge quanto non è funzionale ai suoi scopi.
IL discorso è complesso e comunque emerge in tutta la sua drammaticità l’assenza di reale democrazia nel mondo dove i potentati di ogni sponda giocano con la vita di milioni di persone.
Qundo mai è stato chiesto agli italiani (ma anche ai francesi, spagnoli, inglesi,ecc..) se sono d’accordo alla diffusione della pornografia, dell’affidamento di bambini a coppie dello stesso sesso, della liberalizzazione delle droghe, della costruzione di luoghi di culto (in particolare quelli islamici che sono anche luoghi del loro “diritto legale”)?
La Francia ha fatto ENORMI errori sia in politica estera che interna, devono gli altri popoli europei pagarne le spese??
Gli USA, sono il più grande pericolo per l’umanità, per la democrazia (perchè non sono un paese democratico) e la loro politica estera è mortale per il resto del mondo.
Perchè, la maggior parte delle persone non ha chiaro il quadro complessivo?
Perchè, l’islam possa accettare una ipotesi ermeneutica sulla loro testamentaria, passeranno secoli. Sarebbe stato molto meglio per tutti se fossero rimasti a casa loro senza intrusioni di chicchessia (leggi USA). Nel passare di questi secoli, certo, il dialogo può avere una funzione ma è soprattutto sul macrodialogo che bisogna operare facendo in modo che il proprio paese non accetti le logiche dei potentati mondiali (leggi USA e leggi affaire libico per esempio). Ed è possibilissimo.
Novembre 19th, 2015 at 12:14 pm
Dice Padre Balducci:
“Le mie radici profonde sono rimaste in quell’isola sommersa in cui presi a elaborare, attingendo alla terra dei padri, la trama simbolica del mio sogno, prima di fare i primi passi nella storia. Anche quando ho messo piede nei palazzi, fosse il Quirinale o il Vaticano, o mi sono seduto in cattedre o tribune prestigiose, mi sono sempre sentito guardato, mentre mi intrattenevo con la gente del potere o della cultura dominante, con un occhio segreto che mi teneva sotto controllo impedendomi di civilizzarmi fino in fondo. E bene hanno fatto gli uomini del potere a non fidarsi di me, che sono sempre stato un cospiratore, ostinatamente fedele a un sogno impossibile.”
Novembre 19th, 2015 at 12:23 pm
E ancora il Balducci:
“La stanza in cui dormivo da piccolo aveva una finestra che dava su un dirupo (la casa è ancora lì, appollaiata sulle mura medievali) oltre il quale si alzava una breve cornice di poggi. Ai lati del dirupo, la lunga sagoms di un antico convento di Clarisse. Di notte, a più riprese, la campanella chiamava le monache a “mattinar lo sposo”. Di tanto in tanto, mi capitava di scendere dal letto, al suono della campanella, per osservare nel buio accendersi una dopo l’altra le minuscole finestre delle celle e poi spegnersi. Ora mi spiego il fascino di quello spettacolo notturno, che mi godevo da solo, quasi furtivamente. Era come se mi affacciassi all’altro versante della vita, dove il tempo ha ritmi diversi dal nostro; è un tempo inutile, è il tempo dell’Essere, il tempo che gira su se stesso, col passo di danza, e non si cura del nostro, che è il tempo dell’esistere. Potrei dire che io, da quella finestra, non mi sono mai mosso”.
(Il cerchio che si chiude)
Novembre 19th, 2015 at 12:30 pm
Sempre Balducci:
Calendimaggio! Ho aperto stamattina
la mia finestra che piangeva ancora
in cielo qualche stella e già la brina
rosea tremava al soffio dell’aurora.
e d’improvviso nella nuda stanza
la gioia irruppe dal nascente mese,
un alito di fiori, una fragranza
tenue di viti e acre di maggese;
una fragranza c’ho sentito altrove
quando col babbo ne’ miei dì più belli,
scendevo alla mia vigna tra le nuove
siepi fiorite e garrule d’uccelli.
…
Ah, dimmi, babbo, dimmi il pero ha messo?
Il pero?…quello dietro la capanna?
Il pero, babbo, che piantai io stesso!
Era un virgulto avvinto ad una canna.
Io lo piantai. E tu (come se fosse
ora, ricordo) tu dicevi: “Questo,
figlio, è di razza. Fa le pere grosse
così. Ma buone! E che colore! E presto,
Presto, ma forse non così ch’io possa
vederle. Ma tu sì. Tu le vedrai
quando la vigna (e ti tremò commossa
la voce) un giorno a lavorar verrai”.
Ed io ridevo…Che la stessa estate
t’avrei lasciato lo sapeva Iddio,
ma che le viti non le avrei potate
oh, questo, babbo, lo sapevo anch’io!
Sì, lo sentivo: non sarei restato
nella tua vigna. Ormai te lo confesso.
Perdonami. Che vuoi, non c’ero nato…
Ma dimmi, babbo, dimmi, il pero ha messo?
Novembre 19th, 2015 at 12:33 pm
e ancora…
“… Se noi lasciamo che il futuro venga da sé, come sempre è venuto, e non ci riconosciamo altri doveri che quelli che avevano i nostri padri, nessun futuro ci sarà concesso. Il nostro segreto patto con la morte, a dispetto delle nostre liturgie civili e religiose, avrà il suo svolgimento definitivo. Se invece noi decidiamo, spogliandoci di ogni costume di violenza, anche di quello divenuto struttura della mente, di morire al nostro passato e di andarci incontro l’un l’altro con le mani colme delle diverse eredità, per stringere tra noi un patto che bandisca ogni arma e stabilisca i modi della comunione creaturale, allora capiremo il senso del frammento che ora ci chiude nei suoi confini. E’ questa la mia professione di fede, sotto le forme della speranza. Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo”.
Novembre 19th, 2015 at 12:55 pm
Ciao Nello, grazie.
Non conoscevo padre Balducci, grazie per la segnalazione. Bella l’immagine delle luci delle celle che si accendono mentre le Clarisse si levano e poi si spengono quando escono dalla cella. Più sdolcinata (abbi pazienza ma così la percepisco) la storia del pero e del babbo morto.
Nei giorni scorsi, in relazione ai morti di Parigi, alcune persone mi hanno chiesto “che cosa possiamo fare?”, “qual è l’indicazione del buddismo per affrontare una realtà come questa?”. Temo che in sottofondo ci sia anche un’altra domanda: “che cosa possiamo fare affinché non accada anche a noi?”. Un altro elemento che colgo in quelle domande è “visto che si tratta di una situazione eccezionale, qual è la risposta eccezionale che, da buddisti, possiamo dare?”. Con ogni probabilità è tardi per far qualcosa affinché non accada anche “a noi”. La civiltà che in parte abbiamo contribuito a mantenere produce mostri. Massacrando mezzo mondo per avere e accrescere ciò che abbiamo, prima o poi qualcuno massacrerà noi. È matematico.
Riguardo al secondo punto, ovvero al che fare in una situazione eccezionale, penso che se qualcuno vive da buddista fa già il massimo, nell’eccezionale norma del non ferire ma favorire la vita. La vita di tutti. Assumendosi delle responsabilità, ovvero accollandosi i rischi delle scelte.
Cercare soluzioni eccezionali è un modo per sfuggire al normale. Perché sappiamo che il nostro normale non funziona, alla luce dell’insegnamento. Una giornata è fatta da 1440 minuti, quanti tra questi siamo in grado di salvare?
Tornando al micro e al macro dialogo: se in una città, in un Paese vige la sharya, non è un problema militare. È prima di tutto un fatto religioso e poi politico. Certo, per un discorso di “ermeneutica sulla testamentaria” islamica ci vorranno anni, forse secoli. Ma sino a che la nostra risposta sono le bombe …
Solo da un amico si accettano le critiche.
Solo da un amico che accetta le critiche si accettano le critiche.
Novembre 19th, 2015 at 12:59 pm
E poi, non vivremo mai in questo mondo come fosse un paradiso. Perché non lo è. Anzi.
È il mondo della sofferenza, della sopportazione, dell’io speriamo che me la cavo.
Se non fosse così il buddismo non ci sarebbe
Novembre 19th, 2015 at 8:47 pm
A proposito di “cosa possiamo fare” in relazione alle morti di Parigi:
su proposta di Joshin Bachoux diverse persone si piazzeranno sullo zafu tra le 20 e le 21 di stasera 19 novembre per…per quello che ognuno vorrà.
Scusate lo scarso preavviso
Novembre 19th, 2015 at 8:52 pm
Ciao Fago.
Prego.
Però se è un avviso, un invito, sarebbe bene dire dove e come arrivarci.
Sempre che ci si possa arrivare.
Novembre 19th, 2015 at 8:58 pm
Ognuno a casetta sua!
Novembre 19th, 2015 at 9:01 pm
Ma… allora… la sangha… la santa comunità dove andrà a finire?
Capito, capito.
Ciao
y
Novembre 19th, 2015 at 9:52 pm
Ecco, non vorrei fare quello che trova sempre da ridire (anche perché non ho bisogno di farlo).
Fare zz è fare zz per cui -soprattutto per iniziare- un motivo vale l’altro.
Però questa cosa qui ha una vago retrogusto di cattolico.
Ottimo retrogusto, per carità.
Ma preferisco senza.
Novembre 19th, 2015 at 11:08 pm
Io sento invece un retogusto new-age, le vibrazioni positive, siam tutti collegati e compagnia bella. Ho pensato, nei giorni tragici di Parigi, che se fossi stato ancora a vivere lì forse sarei andato a sedermi un po’ davanti al Bataclan o in un altro dei luoghi, così come mi era piaciuto vedere una ragazza seduta a gambe incrociate e occhi chiusi in place de la République fra i molti che portavano fiori. Ma son cose personali, credo. “Aux zafu, camarades!” è incomparabilmente meglio di “Aux armes, citoyens!” della Marseillaise, però…
Novembre 20th, 2015 at 1:20 am
Parlando alla tv di Stato tedesca Deutsche Welle, il capo spirituale tibetano ha sottolineato: “La gente vuole condurre una vita pacifica. I terroristi sono miopi, e questa è una delle cause di attentati suicidi. Non possiamo risolvere questo problema solo con la preghiera. Io sono un buddista e credo nella preghiera”, ha aggiunto. “Ma gli esseri umani hanno creato questo problema, e ora stiamo chiedendo a Dio di risolverlo. E’ illogico. Dio avrebbe detto di risolvercelo da soli, perché siamo noi ad averlo creato”
Così la soluzione secondo il Dalai Lama è “un approccio sistematico per promuovere valori umanistici, di unità e di armonia. Se iniziamo a farlo ora, c’è la speranza che questo secolo sarà diverso dal precedente. E’ nell’interesse di tutti. Quindi dobbiamo lavorare per la pace delle nostre famiglie e della società, e non ci aspettiamo l’aiuto di Dio, di Budda o dei governi”.
Così il Dalai Lama
Novembre 20th, 2015 at 8:50 am
Ciao Doc,
Avevo notato la frase del Dalai, però ero rimasto interdetto di fronte ad alcune contraddizioni (che mi riprometto di tentar di chiarire la prima volta che ho occasione di parlare con un buddista vajrayana). Il Dalai Lama dice di “credere nella preghiera” poi però non spiega perché o che cosa vuol dire ma critica chi (crede nella preghiera e quindi) prega Dio di risolvere i problemi, se sono creati da noi stessi. Infine interpreta quello che potrebbe essere il pensiero di Dio. Il tutto, specialmente se servito in salsa buddista, necessita di qualche spiegazione.
Novembre 20th, 2015 at 8:58 am
Ciao Jf, sì lo so che voi “ragazzi del ’68” amate queste cose tra il new age e le good vibrations e vi sareste seduti in Place de la Republique, magari canticchiando hare hare… 😛
Niente di male per carità.
Però, come penso dovrebbe fare (può essere che l’abbia fatto ma non sono informato) la reverenda Joshin Bachoux, dovreste spiegare perché agitarsi tanto per star seduti.
Novembre 20th, 2015 at 9:17 am
Buongiorno Doc,
ho quanche dubbio che la gente voglia condurre una vita pacifica: se davvero così fosse non ci sarebbero più guerre da un bel po’. La gente concepisce una vita pacifica come farsi i cavoli propri, il più delle volta a spese altrui, a cominciare dai famigliari e dai più prossimi. Vivere una vita pacifica è una faticaccia, che comporta rinunce e sacrifici che “la gente” non ha, di solito, alcuna voglia di fare.
Novembre 20th, 2015 at 9:24 am
Concordo con quanto detto @28,29.
Però secondo me bisogna contestualizzare. In questo caso si tratta (anche) di incanalare reazioni emotive piuttosto intense in modo che evaporino senza creare troppo casino.
Inoltre, supponendo che in un determinato momento io abbia bisogno di un “perchè” per sedermi (che ok, non è il top, ma “l’è quel che l’è”), mi posso anche raccontare di farlo per i canguri delle steppe libanesi tanto sulla “porta” sta scritto “io non posso entrare” quindi, come già detto in @28, cambia poco.
Secondo me finchè si parla dell’accendino e non del fuoco non è necessario essere così… taleb(uddh)ani. Rimane in ogni caso una “cosa personale”, imho. Poi se si sta parlando di ascoltare Enya mentre si è seduti e/o di farsi un video da caricare su youtube per far vedere come mi adopero per l’ammmore nel mondo ok per il bazooka
Novembre 20th, 2015 at 9:28 am
Ciao mym,
come si evince (@29) parlo a titolo strettamente personale, non invito nessuno a far niente, e critico affettuosamente le atmosfere emotive che mi addebiti. Mi sono limitato a dire che, forse, se vivessi ancora a Parigi sarei andato un giorno a sedermi lì invece che al dojo o nella stanza accanto (per potersi sedere bisogna sempre andarci). Perché?. Perché ogni tanto non è male sedersi all’aperto, e forse anche mostrare per un momento una posizione immobile e pacifica a fronte di chi si agita al punto da sparare, uccidere, farsi saltare in aria e compagnia bella. Una forma di dialogo?
Novembre 20th, 2015 at 9:33 am
Ciao Fago @34, tutti in piedi prestìn ‘sti buddisti. O ancora in piedi?
Chiaro. Due punti -imho- slittano. Per incanalare le reazioni emotive meglio non usare la forma dello zz. Anche l’ipotesi della “sapiente regia” del bodhisattva che sfrutta persino l’occasione parigina per “far sedere” le persone non mi convince.
Lo zazen è sempre una “cosa” personale. Ma quando se ne parla, si annunciano sedute in “occasione di” o in “relazione a” c’è una componente pubblica.
Ogni volta che lo zz viene presentato al/in pubblico va (man)tenuto pulito.
Novembre 20th, 2015 at 9:42 am
Jf 35@.
Certo, tutto legittimo, come girare per le strade canticchiando hare hare.
Ogni tanto è bene sedersi all’aperto? Forse, bene per ché e per chi? E poi chissà perché però proprio lì. Quel giorno.
Come forma di dialogo, invece, la cosa potrebbe essere interessante. Ma andrebbe sviluppata. Per es. correre ogni volta che c’è una bomba a sedersi, lì, tra i pezzi di cadavere. Il simbolo del Buddha che pacifica i cuori.
Chissà.
Preferisco “hare hare…”
Novembre 20th, 2015 at 10:17 am
Penso che non sia male (che è leggermente diverso da dire che è bene, che suona come un invito) ogni tanto sedersi all’aperto, perchè soffitto sopra e muro davanti non diventino la conditio sine que non; per chi? Per me. Inoltre i testi antichi a volte lo consigliano (sedersi sotto un albero ecc.).
Perché proprio lì, quel giorno? Suppongo il pensiero (che di questo si tratta) mi sia venuto per un motivo personale: l’ultimo periodo in cui ho vissuto a Parigi abitavo a poche centinaia di metri dal Bataclan, e una delle vie possibili per andare a piedi al lavoro mi ci portava davanti: invece di sedermi sulla panchina di un parchetto, avrei potuto sedermi lì. Perché no?
Novembre 20th, 2015 at 10:36 am
Sì, certo. Perché no. Come mille altre cose, compreso “hare hare…”. Anche quello non è male.
Pensavo si “parlasse di zz”.
I testi antichi (li abbiamo scritti noi, comunque, i testi antichi) consigliano di sedersi sotto a un albero. Meglio chiedersi perché, altrimenti si rischia di credere che consiglino genericamente di sedersi “all’aperto”, magari in mezzo al traffico.
Sempre quei testi, consigliano anche il muro davanti, che senza il soffitto sopra non è facile da trovare.
Ma tutto ciò con Parigi, le bombe, il Bataclan c’entra solo per il fatto che ci hai abitato vicino.
Doloroso, impressionante, emotivo, lancinante. Ti sono vicino. È spiaciuto, spiace molto anche a me.
Novembre 20th, 2015 at 11:10 am
Ti ringrazio per la vicinanza, ma ormai sono lontano da lì. Non per pignoleria, ma se rileggi il @29 mi pare chiaro fosse scritto come critica bonaria all’invito di cui Fago si è fatto latore, comunicando in aggiunta un pensiero circa una mia ipotetica azione in quella circostanza. Dunque, quanto di più aleatorio. Ma prendiamo l’ipotesi per buona: e parliamo di zz, lasciando hare hare a chi lo fa credendoci. Perché una seduta individuale in quel luogo non potrebbe essere pulita? Capisco perchè potrebbe non esserlo, il rischio è molto forte, ma perché non potrebbe esserlo? Era quel che mi chiedevo ventilando quell’ipotesi e che ora ti chiedo, vista la discussione che ne è sorta.
Novembre 20th, 2015 at 11:14 am
Ricordo occasioni in cui lo zazen veniva ‘dedicato’: a una persona malata o defunta, ma anche a cose più generiche come la pace ecc.
L’esternazione del D. Lama – con tutte le ambiguità che mym 31 ha sottolineato – mi è parsa interessante data la fonte.
In che accezione poi il nostro usi termine ‘preghiera’, se in questo termine generico includa anche scinè, beh.. bisognerebbe chiedeglielo .
Per inciso, un altro articolo che non trovo più, riferiva una lista delle religioni più ‘minacciate’ dall’Isis: al primo posto c’era il buddismo (i cui seguaci in oriente pare si dedichino a riti antropofagi….!)
Novembre 20th, 2015 at 11:35 am
Ciao Doc @41, forse è bene che chiarisci che cosa intendi con scinè. Questa cosa degli antropofagi è curiosa. Non la sapevo, da parte dell’Isis. Tenderei a escludere. Anche Marco Polo diceva che dalle parti di Kanbalù (Pechino) c’erano gli antropofagi. Tra l’altro kanbalù è la base etima da cui nacque il termine cannibale.
Jf@40: sì il rischio è molto forte. Però se anche tu leggi bene, vedrai, in primis, che ti prendevo in giro. Con tanto di linguaccia. In secundis che non ho mai detto che una seduta in quel luogo in quell’occasione debba essere sempre non pulita.
Mi vien voglia di pensarlo, però, a fronte di tante insistenze.
Certo se ci tieni, puoi sederti pure lì.
C’è da chiedersi, umanamente e buddisticamente: ma chittelofaffà?
C’è un nostro amico comune, lo sai, che vive in mezzo all’Oceano Pacifico e quando organizza i sesshin in Polonia dice che lo fa perché è come fare zz a casa sua…
Ce n’è di strani al mondo.
Hare hare, hare rama, hare rama…
Novembre 20th, 2015 at 11:50 am
A me pare che la religione più minacciata dall’Isis sia l’islam, sia perchè ammazzano soprattutto musulmani, sia perché non fanno fare bella figura all’islam nel suo complesso, come per evidente.
Mym@42 Chimmelofaffa’? Nessuno, e oltretutto non l’ho fatto. Però il caso del nostro amico comune, che lo fa, è comunque diverso: un conto è fare quattro passi per andarsi a sedere da soli in un luogo anomalo, senza raccontarlo in giro né prima né dopo, un conto è organizzare sesshin a diecimila chilometri di distanza, prendere l’aereo per andarci e poi dire che equivale a farselo a casa propria. Govinda jae jae gopala.
Novembre 20th, 2015 at 11:56 am
Aaaa, era un caso teorico. Nel caso che… Che ci sarebbe di male.
Il caso, comunque, mi pare identico. È solo differente nelle proporzioni, non nella sostanza. Sono ambedue figli della fantasia.
Novembre 20th, 2015 at 12:06 pm
mym 42
Scinè è la forma equivalente a zazen in ambito tibetano (il mio riferimento mnemonico è N. Chogyam; Tecniche di meditazione tibetana, Ubaldini, Roma 1989)
Novembre 20th, 2015 at 12:12 pm
Ma guarda. Sciné in giapponese vuol dire “crepa!”. Era un’espressione cara a Sawaki a chi gli chiedeva che fare: damatte sciné! Crepa in silenzio.
Conoscevo il termine tibetano dzogchen, ma non scinè.
Grazie.
Però se il Dalai avesse inteso quello avrebbe usato meditazione o simili invece di “preghiera”. Forse.
Novembre 21st, 2015 at 1:55 pm
C’è una frase che da qualche giorno viene ripetuta, prima in Francia ed ora anche in Italia. Dove, mi pare, il primo a pronunciarla è stato il presidente della repubblica. Una cosa che, una volta, dicevano solo gli americani: “non ci faranno rinunciare al nostro stile di vita. Non gli daremo la soddisfazione di cambiare il nostro stile di vita”. Questa frase, questo slogan totalitario, è accompagnato da un altro, altrettanto cretino: “dobbiamo difendere il nostro sistema di valori. Continueremo a vivere secondo il nostro sistema di valori”.
Lo stile di vita di chi? Di un disoccupato di Foggia? Della Santanché? Delle olgettine? Di un cardinale? Di un contadino veneto? E poi, quali valori? L’unico che si è sbilanciato è, di nuovo, il nostro Presidente, ha parlato del “nostro umanesimo”. Nostro di chi?
Siccome il Papa l’altro giorno ha detto “maledetti coloro che operano per la guerra e le armi”, subito la ministra della difesa, signora Mogherini, si è affrettata a dichiarare: “Vendiamo armi in Medio Oriente nel rispetto della legge” non accorgendosi della doppia idiozia di quel che dice A) vendiamo armi e per di più a contendenti che guerreggiano B) lo facciamo secondo la legge, ovvero viviamo in una nazione in cui ciò si può fare legalmente. Fosse almeno illegale…
Questi sono i nostri valori, questo il nostro stile di vita. Non vedo perché non dovremmo affrettarci a cambiarli.
Chissà che le bombe, i terroristi non portino ad una riflessione.
Novembre 21st, 2015 at 5:58 pm
Ciao mym
Il coraggio di una riflessione è il coraggio di chi è disponibile a ‘vedere’ modificarsi o addirittura ribaltarsi il proprio sapere (prevalentemente evenemenziale; bella questa parola. Eh!) e la propria opinione/analisi al riguardo. E non vi si oppone.
Novembre 21st, 2015 at 5:59 pm
Grosso modo gli eventi mi sembrano così riassumibili:
I vincitori della prima guerra mondiale (Francia, Inghilterra, Russia in primis), per timore che l’impero Ottomano potesse ricostituire un pericolo, lo hanno frazionato in staterelli disegnati sulla carta: divide et impera è un ‘diritto’ (sic!) che i vincitori sempre esercitano.
Per bilanciare le influenze delle zone di confine hanno creato eserciti irregolari (Afganistan docet) e dittature (vedi Saddam and company).
Si sono messi a trafficare armi e petrolio con tutti (pecunia non olet!).
Nel frattempo hanno incentivato uno stile di vita evidentemente non rispettoso degli equilibri eco-socio-etno-politici.
D’altro canto il loro modello di vita (produzione di ricchezza + scienza e tecnica), a fronte di innumerevoli morti nei conflitti armati, ha permesso di sconfiggere in buona parte del mondo fame, malattie, miseria, ignoranza bruta e isolamento.
Novembre 21st, 2015 at 5:59 pm
Una riflessione sarebbe d’obbilgo, da parte di tutti i soggetti. Anche la chiesa ha avuto nei secoli le sue belle mani in pasta.
Purtroppo sappiamo che quando parlano i fucili…. non è il momento migliore per una riflessione serena. E’ come voler contare le mucche dopo aver lasciato la stalla aperta: tocca prima correre a riprenderle.
E una riflessione non serena rischia di partorire mostri peggiori, come la storia dimostra.
Novembre 21st, 2015 at 6:09 pm
Sì, capisco, il bambino, l’acqua sporca ecc.
La mia visuale è, vuole essere, di tipo religioso, quindi sconfina nel filosofico sin quasi al politico.
A mio parere c’è un’intera filosofia di vita da rivedere perché è inficiata, dall’interno, da motivazioni e risultati aberranti. Per esempio: il mantra della crescita. Quasi tutti vedono nella crescita, ovvero nel continuo incremento dei consumi, il toccasana per ogni economia, per ogni crisi. È follia pura. Basta pensare che quando l’inflazione è bassa, ovvero il prezzo dei beni aumenta lentamente, invece di gioire lo consideriamo un male. Perché frena la crescita. Ripeto: è follia.
Poi c’è collegato quello che hai detto tu, la distruzione delle foreste, l’inquinamento di luoghi che erano puliti per estrarre senza cautele petrolio, oro, uranio ecc. ecc. ecc. Tutto concesso per il dio crescita.
Ed è solo un esempio tra i tanti.
Novembre 21st, 2015 at 6:36 pm
Secondo me una diversa filosofia dovrebbe basarsi su due riflessioni.
-Che cosa ci stiamo a fare qui
-Come funziona questo mondo
Ma fermarsi per esaminare questi due problemi base intralcia la crescita. Ovvero l’arricchimento smisurato di alcuni e la miseria sempre più nera per molti.
Perciò difficilmente verranno mai presi seriamente in considerazione al punto da costituire un punto di partenza per organizzare la vita.
Per quel che ha potuto, ci ha provato José Mujika
Novembre 21st, 2015 at 7:09 pm
@ 47 Errata corrige: là dove si legge “signora Mogherini” doveva essere “signora Pinotti”.
Novembre 21st, 2015 at 7:17 pm
Quando l’evidente follia, di cui in mym@51, coincide con la ratio su cui quasi tutti concordano (e soprattutto quelli che hanno il potere nel mondo) diventa altamente improbabile mutare orientamento, prima che succeda il patatrack. Ma anche il patatrack non basta, in sé e per sé: l’impero sovietico pareva monolitico, ed è venuto giù in breve tempo. Poi però non è che il dopo sia granché meglio, se non perché lì non ci sono più i gulag (che non è poco per chi ci stava). Qui si tratta di cambiare radicalmente e collettivamente mentalità, abitudini di vita, aspettative: non s’è mai vista una cosa del genere, neppure dopo le guerre distruttrici. Anche per questo è inutile farle. A volte ho l’impressione che anche Bergoglio ci provi. Comunque finirà per farsi ammazzare. Certo che l’ipocrisia di questi tromboni con le bandiere alle spalle è insopportabile e va denunciata.
Novembre 21st, 2015 at 7:20 pm
-Che cosa ci stiamo a fare qui
-Come funziona questo mondo
Non so tu, ma io alla mia vetusta età non ho ancora ‘risolto’ quei due problemi. Certamente non sul piano socio-economico. Ipotizzo che si possano dare parecchie ‘soluzioni’ equipollenti.
Al massimo posso ragionare su
-Che cosa ci sto a fare qui
-Come funziona questo mondo per me (sempre ammesso che mi trovi da qualche parte).
Novembre 21st, 2015 at 7:22 pm
E, perdona, ma una ‘visuale … di tipo religioso, che sconfina nel filosofico sin quasi al politico’….
faccio fatica anche solo a leggere…
Novembre 21st, 2015 at 7:27 pm
Penso proprio che le cose cambieranno, non siamo che all’inizio temo, grazie all’insicurezza, sconcerto e paura portate dalle bombe.
Bisogna vedere come. Temo che la forza delle idee e dell’esempio oggi non sia così rilevante. Ma è tutto ciò che si può provare a fare.
Novembre 21st, 2015 at 7:30 pm
Doc @ 55: Un ottimo inizio direi. Se il tuo ragionare è abbastanza radicale il plurale potrà essere legittimo.
Il fatto che tu non l’abbia risolti è un altro bene.
Il punto è partire da lì.
Poiché al primo non c’è risposta, o almeno non c’è una risposta se non personale, potrebbe essere che nel frattempo, per poter continuare a pensarci tutti assieme ci si potrebbe accordare sul fatto che per poter continuare la riflessione occorra poter vivere, tutti, almeno con il minimo vitale.
Al che il secondo punto potrebbe essere meno ostico: qui funziona che tu, per poter accumulare indefinitamente secondo la crescita, mi uccidi, o mi fai morire. E questo non va bene.
Novembre 21st, 2015 at 7:35 pm
@ 56: in “questi discorsi” distinguere tra filosofia e religione non ha molto senso. Il politico salta fuori quando dal ragionamento passi al “allora come famo?”
Novembre 21st, 2015 at 7:43 pm
@ 54: spero proprio che Bergoglio abbia una visuale d’insieme. Con il tipo di diffusione e credito che hanno le sue parole, un indirizzo da parte sua potrebbe essere molto importante. Almeno per rendere meno caldo l’inferno.
Speriamo che se la cavi.
Novembre 21st, 2015 at 7:50 pm
C’era una sottile ironia nel 55, così sottile che era trasparente…
Come pensi di fare in modo che ci si pensi ‘tutti assieme’? o anche uno per volta, ma tutti (o anche solo tanti)?
Secondo me dai troppe cose per scontate:
– che alla ggente interessi pensare a quesiti cui ‘non c’è risposta’
– che per fare questo si sia tutti d’accordo che vivere tutti col minimo vitale….
– che la risposta che dai al secondo quesito sia universale
Novembre 21st, 2015 at 7:56 pm
Anzi, forse c’è un modo per far sì che tutti pensino anche contemporaneamente: internet!
Ah…già…dimenticavo
è proprio il frutto di quel meccanismo tecnico attraverso il quale si uccide per accumulare indefinitamente.
Novembre 21st, 2015 at 7:59 pm
Come ho premesso, pur sconfinando “nel politico” guardo le cose dal punto di vista religioso.
Del come fare si occupi chi fa quel lavoro.
Io dico che continuare a perorare la causa della crescita è una truffa, una porcheria, un’ipocrisia, un male. E posso spiegare perché. Posso proporre anche su che basi sarebbe bene che ciascuno riflettesse sulla vita nel mondo per elaborare un’altra filosofia.
Non di più.
Novembre 21st, 2015 at 8:13 pm
Capisco.E per fortuna non sei solo a perorare quella tesi.
Anche a me, se posso, piace guardare le cose dal punto di vista della purezza comunque intesa, e parlarne.
Del lavoro sporco, del come fare, preferisco se ne occupino altri. (Lo ammetto, amo riservarmi il piacere di criticare )
Novembre 21st, 2015 at 8:14 pm
Non si può trovare un sinonimo a ‘religioso’?
Novembre 21st, 2015 at 8:25 pm
Ci sono parole che non ho mai molto apprezzato, ma che ultimamente mi accorgo che iniziano a darmi proprio sui nervi. Relgione/religioso: spirito/spirituale; amore; coscienza … e via discorrendo.
Capisco che nel linguaggio corrente siano comode: ma se si capisse ogni tanto di cosa si parla non sarebbe male.
Novembre 21st, 2015 at 8:30 pm
Beh, bomba ha in effetti un significato più univoco. Posso anche capire le personali idiosincrasie, ma a che serve un sinonimo se pensi che non si capisca di cosa si parla? Si continuerebbe a non capire con un’altra dicitura.
Novembre 21st, 2015 at 8:31 pm
Non vedo perché occuparsi di politica sia di per se un lavoro sporco.
Denunciare lo status quo vivendoci dentro ha vari deficit in fatto di purezza.
Riguardo al linguaggio, lo so che le parole abusate perdono senso. Se hai da proporre alternative: ben vengano.
Novembre 21st, 2015 at 8:47 pm
Ciao jf
immagino che la tua premessa non sia una frecciatina, sai che non la merito. Tuttavia sì, bomba ha un significato più chiaro perchè è ciò che sta succedendo. Quello che si può chiamare un ‘fatto’. (non nel senso di aggettivo… Non mi vengono le faccine, oggi).
mym68. Qualche alternativa magari ce l’avrei. Un po’ scomoda magari, tipo giri di parole o comunque qualche parola di chiarimento sull’uso che di volta in volta si fa di certi termini ‘caldi’, se proprio non è possibile non usarli.
Gli esempi di dialogo ‘religioso’ che ci hai mostrato forse si sarebbero potuti giovare molto di una ricerca di chiarezza di questo tipo.
Novembre 21st, 2015 at 8:48 pm
mym
la politica ‘è’ un lavoro sporco.
Novembre 21st, 2015 at 8:50 pm
Chiedo scusa, poi smetto.
Proprio nel dialogo propendo a pensare che nell’ambiguità terminologica spesso e volentieri si trovino ragione e scopo del proprio operare.
Novembre 21st, 2015 at 8:55 pm
@ 69: penso tu abbia ragione. Un po’ è abitudine, un po’ è pigrizia, un po’ è la difficoltà di farsi capire rinnovando il linguaggio, però bisognerebbe provare a spiegarsi per esteso, con parole proprie e nuove e non riassumendo in una parola stereotipata.
Questo porterebbe anche a parlare di meno.
@70: sei un patacca!
Novembre 21st, 2015 at 9:56 pm
Ti chiedo scusa, doc @69, sì, la mia premessa era una frecciatina, perché il discorso del “lavoro sporco” può condurre alle bombe – anche se personalmente le abborriamo e le consideriamo controproducenti. Se si divide purezza e lavoro sporco, e se qualcuno deve proprio farlo, per permettere a me la purezza, quest’ultima è già andata a farsi benedire: tanto vale allora che il lavoro sporco lo faccia io.
Quanto al linguaggio da rinnovare, in linea di principio hai ragione: però a spiegare ogni volta cosa si vuol dire con certi termini, si rischia di diventare pedanti. Comunque sono a disposizione per un rinnovamento del lessico. Mannaggia,ci ho messo anni a riabituarmi alla parola religione senza orticaria!
Novembre 21st, 2015 at 10:35 pm
Era quello che intendevo, jf.
Credo che l’ironia e il paradosso rendano più efficace la comunicazione, a rischio di veder travisato il pensiero. E’ un rischio (+ o -) calcolato ma non bisognerebbe abusarne: si rischia di trovarsi nella rete un pesce di passaggio.
Pardon.
Novembre 21st, 2015 at 11:20 pm
L’esca era buona e il pesce ha i riflessi rallentati. Sarà la religione… Ciao.
Dicembre 14th, 2015 at 11:20 am
Siamo fermi…immoti, auguri a tutti per tutto.
Dicembre 14th, 2015 at 11:35 am
Grazie Ne’, altrettanto a te.
Qui stamo immoti allavorà…
Ciao
mym
Dicembre 16th, 2015 at 7:10 pm
@jf, 14
> Per portare la ragione a coincidere con la verità bisogna non ignorare che la verità è plurale e le ragioni riottose a ridursi a una sola.
Tutto giusto, però, non è mai stato documentato dalla medicina il caso di un uomo che fosse morto e poi risorto, al punto che lo si può escludere. Come è possibile che nel giorno del giudizio tutti gli individui che hanno abitato la Terra dalla notte dei tempi potranno risorgere dalla morte? Secondariamente, il Sole è una stella destinata a collassare diventando un buco nero e attirando a sé i pianeti, cancellando ogni forma di vita sulla Terra. Come fa la verità rivelata ad essere eterna se la sua durata è condizionata dalla morte termica del Sole?
Cioè, alcuni versetti della Bibbia e del Corano sono talmente inverosimili da esser in aperta contraddizione con tutto ciò che abbiamo faticosamente appreso sulla realtà del mondo. Non si può credere a ciò che si vuole: l’ignoranza è ignoranza.
Uno può pure credere che il Sole non imploderà, così come i contemporanei di Galileo credevano che la Terra fosse ferma, ma così come è vero che la Terra gira (“Eppur si muove”) è vero anche che il Sole collasserà,nonostante riti e preghiere.
Dicembre 16th, 2015 at 7:11 pm
@mym, 10
Dicevamo…
L’essenza del dramma moderno è il processo di sostituzione del cristianesimo con un’altra altra religione. Questo processo implica e dimostra che i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo. Tutti hanno come défì, come centro motore, lo scetticismo (con conseguente ricorso a Dio). Scetticismo che si afferma serenamente solo nel neikosofo. Negli altri invece, preoccupati – in assenza e nell’incapacità di una nuova religione – di conservare quella cristiana dandola per scontata come unica e insostituibile, dà luogo a un drammatico dissidio, che li porta a tentare di conservarla in forme moderne, cioè a conservare, al di fuori della dottrina e della teologia, i valori schiettamente religiosi. Ma più propriamente bisogna dire, esso rivela solo la prima grande realizzazione alla religione: l’uomo ha un solo problema, vivere in Dio o fuori di Dio.
Dicembre 16th, 2015 at 7:15 pm
Siccome non ci sono più i saṅgha di una volta ché dhr non ci fa più amici, mi sono messo a trollare un sito di sunniti ortodossi, ma mi hanno bannato.
Report
Orientalisti e loro polemiche
sakun*/utente (bannato)
(*) Sakun è un mussulmano eterodosso. Mussulmano a causa degli insegnamenti appresi nell’infanzia. Eterodosso perché l’approccio al Corano non è in linea con la tradizione facendo egli ampio uso del taʾwīl (interpretazione allegorica) e del fitrah (sentimento naturale di giusto o sbagliato).
Dicembre 16th, 2015 at 7:18 pm
Satira politica.
Banksy ritrae Steve Jobs, il genio persiano fiorito negli states degli anni ’70, il profeta del futuro, il capitalista, ricchissimo… alla stregua di un mortale terrorista islamico. Ovviamente vandalizzando un muro.
La furia inconoclasta dei vecchi imam, così come l’ isterismo intorno alla musica, è sbagliata per ragioni scientifiche. Antropologiche.
Prendiamo come esempio la canzone “Nessuno” dei Baustelle del 2013.
Recito:
“Non credo alla Bibbia, mi chiedo perché
Dovrei consultarla, offende gli dèi
Non prego la Chiesa il fetore che fa
Non credo nel Cielo e nemmeno all’Inferno
E non so distinguere il bene dal mare
Non credo al mercato, produce demenza
Così com’è falsa la beneficenza
Diffido del saggio e di quello che sa”
Ascoltando “I Mistici dell’Occidente” (2010) ho imparato a leggere il Corano e a comprendere la lingua italiana; – la lingua parlata nella nazione che mi ha dato i natali. Un beneficio (maslaha : مصلحة, ).
Per l’Islam la musica è peccato. Ascoltare, produrre o cantare musica moderna per profitto è proibito. La musica proveniente da apparecchi elettronici, come radio o smartphone, stigmatizzata.
La musica è male*? (*Iblīs : إبليس)
Il male può essere assenza di bene, o invece l’effetto di una forza positiva scatenata, di una forza «diabolica». Ma in quest’ultimo caso non bisogna pensare al diavolo, bensì all’eccesso con cui uomini e cose reagiscono ad atti o fatti provocatori. Raramente l’uomo risponde con misura a uno stimolo. Già per il fatto che la sua natura e per definizione passionale, fatta cioè di cariche affettive, il suo agire eccede normalmente lo stimolo. Quando il processo di stimolo-reazione eccedente è negativo, si ha la “cattiveria”; quando è positivo, la “bontà”.
Islam danzante e ridente
contrā
Islam mortuario e nereggiante.
lā ilāha illā Allāh
Dicembre 16th, 2015 at 7:28 pm
Ciao Hmsx, bentornato.
Impegnativo. Dove lo trovo il tempo per risponderti? Magari mi banno da me…
Una cosa sola, almeno per ora (@ 79): “l’uomo ha un solo problema, vivere in Dio o fuori di Dio”.
Grazie, preferisco di no. Ma… come se avessi accettato.
Dicembre 16th, 2015 at 8:38 pm
Comincio dalla fine @ 81. Ovvero dalla suggestiva definizione che dai di “bontà” e “cattiveria”.
Questo si picca di essere un blog buddista, roba fine. Per cui non possiamo prescindere dallo zazen. È vero che “Quando il processo di stimolo-reazione eccedente è negativo, si ha la cattiveria; quando è positivo, la bontà”. Ma siamo dalle parti di un mondo senza Buddha, prima che il principino disastrasse la sua famiglia per andare a “fare l’asceta”. Poi, non è più stato così.
Dallo stimolo la reazione. Poi la scena sfuma. Lascia spazio alla libertà di scegliere. La realtà di buono e cattivo, essendo sfumato tutto, non riguarda più. Ciò che rimane è essere dharma. Corpo di dharma.
Sequitur
PS: molto bello quel murale di Banski, non solo in senso estetico.
Dicembre 16th, 2015 at 8:51 pm
Non sarei liquidatorio nei confronti del cristianesimo.
Nel sutra del diamante troviamo:
“Quindi, o Subhuti, l’essere del risveglio, il grande essere libero da tutte le concezioni deve generare pensiero di insuperabile completo perfetto risveglio, non deve generare pensiero dipendente da forme e colori, non deve generare pensiero dipendente da suoni, odori, sapori, sensazioni di tatto o concetti. Non deve generare pensiero dipendente da un dharma né deve generare pensiero dipendente da un non dharma, non deve generare pensiero che dimori in alcunché. […] Perciò il Così Andato ha detto: “Da un essere del risveglio che non abbia legami può essere dato un dono. Non da chi dona legato a forme e colori, a suoni, odori, sapori, sensazioni di tatto o idee”.”
Gesù ha detto (Mt 22,37-40): “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti”.
Difficile sostenere che, tra le due citazioni, non ci sia differenza. Molto più difficile sostenere che, in sostanza, si dicano cose diverse.
Dicembre 17th, 2015 at 9:30 am
@ 80. Ho seguito qui il tred del forum dove ti hanno bannato.
Se qui seguissimo gli stessi metodi… avremmo già chiuso.
Se mi permetti una critica: se tu poni il dogma del dubbio contro il dogma della certezza… finisce a mazzate.
Dicembre 17th, 2015 at 9:40 am
Una glossa a margine di mym @83.
Famiglia e casa l’han lasciata in tanti
dalla foresta solo lui n’è uscito:
della santa sequenza dei distacchi
forse il secondo è quello più saliente.
Dicembre 17th, 2015 at 10:06 am
Ciao jf.
Grazie per la glossa.
Quando hai tempo, ce la spieghi, svp?
Dicembre 17th, 2015 at 11:19 am
Eccomi. Nella mia precedente è saltata in fase di invio (non so perché) la citazione del tuo 83: prima che il principino disastrasse la sua famiglia per andare a “fare l’asceta” – che spiegava l’arcano: l’abbandono di casa e famiglia precede sì quello della foresta, che mi pare però più peculiare del percorso di Siddharta (rispetto ai tanti asceti del suo tempo). Ora è più chiaro, spero.
Dicembre 17th, 2015 at 12:40 pm
Be… sì… certo.
Cioè: Siddharta oltre che la casa/famiglia ha lasciato pure la foresta. E questo secondo lasciare è stato più importante.
Il fatto che in @83 non si parlasse di foreste ha complicato un po’ le cose.
Grazie.
Dicembre 17th, 2015 at 2:57 pm
@mym85:”se tu poni il dogma del dubbio contro il dogma della certezza… finisce a mazzate.”
Charlie Hebdo?
@HMSX78.: “Non si può credere a ciò che si vuole: l’ignoranza è ignoranza”
Secondo me già il solo fatto di credere a qualcosa è “ignoranza”. Non importa cosa sia quel “qualcosa”. Ovvero: quando uno si dimentica che il suo schema di pensiero (indipendentemente dal suo grado di efficacia nel non produrre sofferenza per sè e per gli altri) non è che un utile mezzo di interpretazione, è già “fuori”. Nè più nè meno di quel palo in c..o del blog che parla di “meri sussurri satanici”.
“così come è vero che la Terra gira”
Ad esempio secondo me qua sei mano nella mano col tuo amico Hosh dar Dam.
E’ vero che la terra gira finchè rimaniamo all’interno del nostro modo di interpretare la realtà (utilissimo, per carità). Ma fuori da quello boh, non so. Mi pare solo uno dei tanti punti di vista utlizzabili. Secondo me quello che dicevano i contemporanei di Galileo non era “sbagliato”, solo che ci credevano un po’ troppo.
Dicembre 17th, 2015 at 3:52 pm
Però… un dogma è una certezza apodittica per definizione: un eventuale “dogma del dubbio” contraddice se stesso, non vedo come possa sussitere. Il dubbio è un metodo di indagine, la certezza è conclusiva (anche se non necessariamente definitiva, può rinnovarsi) appartengono a due piani differenti. Il problema, forse, se problema c’è, è nel perchè si pone in dubbio, e nel rapporto che si instaura con la certezza (chi rivendica il copyright sulla certezza si rivela alquanto dubbioso della sua evidenza).
Dicembre 17th, 2015 at 5:06 pm
Ciao Fago.
In questo caso lascerei da parte Charlie. A meno che non li si voglia far passare per campioni del metodo del dubbio.
Quello che intendevo l’hai colto, portando (molto scomodamente) a esempio quelli che sostenevano (sostengono?) che Galileo aveva (ha) ragione e basta.
La critica che ho portato a Hsmx era fatta pensando al dialogo. Sì che lui ha esordito dicendo che si era “messo a trollare un sito di sunniti ortodossi” per cui apparentemente la sua finalità non era propriamente dialogica, se non in senso provocatorio o semplicemente distruttivo. Però poi non solo si è messo a dialogare ma ha riportato qui le tracce per farcelo vedere (ammirare?). Per cui: come troll un lavoro scarsino perché l’han beccato al quarto quinto commento, come dialogante…
PS: non ho capito che cosa c’entra hosh dar dam, la pratica della respirazione secondo i sufi, se non sbaglio.
Dicembre 17th, 2015 at 6:06 pm
Hosh dar Dam è il “nome” della persona con cui HSMX ha avuto quell’amabile e fraterno scambio di opinioni. Non sapevo fosse una pratica sufi. Comunque HMSX, se mi fai uno squillo la prossima volta che trolli un sito ortodosso ci organizziamo per un fuoco incrociato 🙂
Dicembre 17th, 2015 at 6:16 pm
Grazie, non mi ero neppure accorto del nome dell’interlocutore.
L’ho come tenuto lontano, rimosso, annullato.
L’ho lasciato nel buio.
Dicembre 17th, 2015 at 9:01 pm
“…la prossima volta che trolli un sito ortodosso”: dove pensate di essere e che cosa pensate di fare qui? 😕
Dicembre 17th, 2015 at 10:49 pm
Facciamo i Bloodysattva, che mangiano germi di Buddha a colazione col muesli e poi si spaparanzano sul divano raggiungendo vette mistiche mai esplorate prima, grazie alla loro costanza nel coltivare ciò che permette di dare origine ad una C(h)anna bella potente.
Va bene, mi sa che la posso anche smettere
Dicembre 18th, 2015 at 9:06 am
Bravo!
Dicembre 18th, 2015 at 9:19 am
Fago @90.
Penso che la proibizione del dubbio nell’islàm sia un metodo, forse non raffinatissimo, di eliminare ogni ragionamento, congettura, opinione, credenza personale riguardo alla “cosa”.
In questo caso, essendo l’obiettivo qualche cosa di condivisibile, il discorso può vertere sul metodo.
Forse in quel modo c’è uno spiraglio per il dialogo.
Dopo tutto anche dalle “nostre parti” è detto “vuolsi così Colà ove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”.
Dicembre 18th, 2015 at 10:39 am
A proposito di dubbio, inteso come metodo per il dialogo e non come clava per il troll – leggo:hmsx@79 “i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo”. Che la dimensione religiosa sia costitutiva nell’uomo, l’ho spesso sentito dire come fosse un dato di fatto evidente (e.g. R. Panikkar) ma quasi mai argomentare: ne siamo proprio sicuri? A meno di non dare di religione una definizione così ampia da rischiare l’insignificanza, avanzerei un dubbio. Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, ma non tutti accettano di bagnarsi. Zazen è alla portata di chiunque, ma non tutti lo fanno e pur fra coloro che si siedono non tutti lo fanno religiosamente. Preferisco pensare che la dimensione religiosa non sia né costitutiva (mi pare una posizione deterministica) né sovrastrutturale, ma una porta sempre aperta, un passaggio senza sbarra, come usava dire.
Dicembre 18th, 2015 at 11:54 am
Tu dici un robo come il tathagatagarbha che se non lo si… vive, se lo si ignora, è come se non ci fosse?
Dicembre 18th, 2015 at 12:44 pm
Sì, una cosa del genere. Se non “lo” si vive, dire che c’è (o che non c’è, o che non è una “cosa”) non ha alcun senso. E’ costitutivo sì, se… costituisce.
Dicembre 18th, 2015 at 2:03 pm
Però negli aggiornamenti del kernel 3.0 del sistema mahayana -come il file basic detto Discorso di risveglio alla fede secondo il veicolo universale dove, non per dire, è scritto come stanno davvero le cose-, si dice che anche nel caso in cui lo si ignori, non lo si viva, ma si viva a prescindere, quel robo influenza -in bene- la nostra vita.
Saremmo costituiti religiosi a nostra insaputa?
Buddisti a coscrizione obbligatoria?
Oppure il (ri)Costituente, è addirittura Dio? 😯
Magari islamico…
In quel caso Hmsx lo troviamo flambé nei shish kebab… 😛
Dicembre 18th, 2015 at 9:10 pm
Grazie del memento. Il robo attiene al piano della certezza (la fede) dove il metodo del dubbio perde i suoi privilegi. Sussiste (per così dire) a prescindere, in quanto non dipende: così non fosse, come potremmo anche solo intuirlo? Il dubbio, invece, esamina il piano del credere, e investiga soprattutto la sua produzione spicciola, la credulità.
Il robo non so che sia, ma non mi fa paura. Temo, invece e assai, i credenti. Specie se credono che il robo sia un dio che, alla fin fine, flamba chi non sta in fila.
Dicembre 19th, 2015 at 10:38 am
mym@98:
Ho avuto poche e brevi esperienze di “dialogo con credenti musulmani, ma di spiraglio non ne ho visto manco mezzo. Per il momento mi limiterò a cercare di sopravvivere tra “le suorine che applaudono anche coi piedi”
mym@102:
“dove, non per dire, è scritto come stanno davvero le cose”
Devo confessare che in un primo momento ho avuto un sussulto. Anche in un secondo momento. Nel terzo mi son detto: “Non hai (ancora) letto il testo in questione, meglio magari se sospendi il giudizio”. Nel quarto: “Sei proprio un buddhino”. Nel quinto: “Sarai anche un buddhino..ma il giudizio è ancora in “play” “
Dicembre 19th, 2015 at 11:42 am
Fago @104.
Per fortuna qualcuno sussulta.
Terrei il play e lascerei il giudizio. Ci son casi in cui la corte* … non è all’altezza.
*I.e.: noi pollastroni.
Riguardo al dialogo con i muslim, capisco, ci son cose difficili. Non so se ti sei mai seduto davanti a un muro con l’intenzione di lasciar perdere quel buddhino impertinente che ti gira per casa. Mica balle.
Però si fa.
Il dialogo non è per il risultato, è per chi lo fa (cfr. *). Allora c’è risultato.
Con le suorine ho, ancora, un conto aperto. È questione delicata.
Dicembre 19th, 2015 at 11:52 am
Jf @103.
Il robo non è di questo mondo, si sa. Per questo non c’è.
Come dici, tutte le volte che c’è arriva qualcuno che pretende di saperne appacchi e qualcun altro finisce flambato. Perché, come pare usasse dire l’accusatore nei processi inquisitori: l’importante non è stabilire se la convenuta è innocente o colpevole, l’importante è bruciare la strega.
Se non c’è, allora niente strega, niente rogo, niente convenuti, niente tribunali, niente inquisizione.
E niente suorine. Ah.
Dicembre 19th, 2015 at 2:02 pm
mym@105:
quando mi siedo davanti al muro il buddhino che mi gira in casa si mette a cantare canzoni in dialetto barese suonando le maracas.
E’ un po’ egocentrico, poveretto.
“Il dialogo non è per il risultato, è per chi lo fa (cfr. *). Allora c’è risultato.”
Piccolo cambiamento di prospettiva, thanks
Dicembre 20th, 2015 at 5:41 pm
@fago, 90
> Secondo me già il solo fatto di credere a qualcosa è “ignoranza”. Non importa cosa sia quel “qualcosa”.
La fede, cioè “il tener-per-vero degli stati di coscienza”, è una forma diversa di razionalità che permette la risoluzione morale dell’uomo, veicolando verso l’agire. Essa non fa altro che chiudere simbolicamente quello che è rimasto aperto per la ragione: l’oltre sensibile, la parte di questo mondo, di natura, che, per la nostra conformazione limitata, non possiamo conoscere. Il simbolo opera una cesura tra il mondo delle idee e quello fenomenico, e sta propriamente per una opposizione nella continuità, dunque ha carattere arbitrario.
> Ad esempio secondo me qua sei mano nella mano col tuo amico Hosh dar Dam.
Eccolo il nichilista. Siccome niente è vero, tutto è permesso, persino mettere sullo stesso piano una capra come Hosh dar Dam con il sottoscritto. La conoscenza umana ha pieno senso se usata per indagare quella porzione di spazio che ci è concessa abitare: il sistema solare. La rotazione della Terra è un faktum.
> la prossima volta che trolli un sito ortodosso ci organizziamo per un fuoco incrociato
Mi piacerebbe… ma sono troppo occupato a trollare il Vaticano e l’FBI! 🙂
Dicembre 20th, 2015 at 5:43 pm
@jf, 99
Ohibò!
La religione è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo perché l’essere umano è mortale. Siccome tutti abbiamo paura di morire, la religione ci aiuta a non averne troppa.
(più o meno Bertand Russell, Essenza della religione, in Dio e la religione, Newton Compton, 2009)
Dicembre 20th, 2015 at 5:49 pm
@Hsmx 108: “La fede, cioè “il tener-per-vero degli stati di coscienza”, è una forma diversa di razionalità che permette la risoluzione morale dell’uomo, veicolando verso l’agire. Essa non fa altro che chiudere simbolicamente quello che è rimasto aperto per la ragione: l’oltre sensibile, la parte di questo mondo, di natura, che, per la nostra conformazione limitata, non possiamo conoscere. Il simbolo opera una cesura tra il mondo delle idee e quello fenomenico, e sta propriamente per una opposizione nella continuità, dunque ha carattere arbitrario”
Complimenti.
Forse te l’ho già detto altre volte: saresti un prete con i controcosi.
Dicembre 20th, 2015 at 6:11 pm
Prete?
Cardinale. Mi piacciono: il sesso, le auto sportive, i bei vestiti e gli immobili lussuosi. 🙂
Dicembre 20th, 2015 at 6:53 pm
Capisco, la parte più dura della faccenda…
Dicembre 22nd, 2015 at 4:08 pm
@hmsx, 109
Però, fatto salvo il rispetto per il gran vecchio Bertrand, tutti (?) abbiamo paura non della morte ma del pensiero di morire (di paura si muore raramente) e quindi è un dato culturale: ovvero, non una dimensione costitutiva e ineliminabile. Se lo è, lo è al modo in cui lo racconta mym @102, un dato (pre)biologico di cui che si può dire?
Inoltre, che la religione aiuti (serva) a non aver troppa paura di morire pare opinabile, almeno ad ascoltar la voce che proviene dal Getsemani e dal Golgota: e l’uomo non si può dire non fosse religioso.
Dicembre 23rd, 2015 at 11:58 am
Sempre sia lodato Bertrand Russell per il suo “Perché non sono cristiano”.
Indubbiamente le religioni sono un dato culturale, come attestano templi, chiese, pagode e moschee edificate in tutti i paesi e in tutte le epoche, ma esse hanno anche a che fare con la nostra costituzione psichica. Scrive Freud: “La religione è un’illusione, e deriva la sua forza dal fatto che corrisponde ai nostri desideri istintuali”, “sebbene le illusioni non sono la stessa cosa di un errore, anzi, non sono necessariamente un errore”. La tesi di Freud è che il bisogno religioso non è altro che l’evoluzione del bisogno che il bambino ha della protezione del padre, ossia un sentimento che viene conservato nell’età adulta per l’angoscia che si prova di fronte allo strapotere del fato. L’adulto, a causa della sua impotenza, si ritrova nella stessa condizione del bambino riponendo la sua fede in un essere superiore che lo protegge. La religione diviene una tecnica per lenire la sofferenza del vivere permettendo di risolvere come per incanto gli enigmi dell’esistenza garantendo protezione da parte di un’amorevole Provvidenza, e soprattutto, l’immortalità. [1/2]
Dicembre 23rd, 2015 at 11:59 am
La fonte della religione sarebbe da rintracciare nel “sehnsucht”. Si tratta in sostanza di un sentimento dell’origine, di cui si può provare una forte nostalgia fatta insieme di senso della mancanza e di desiderio struggente della totalità da cui proveniamo.
L’uomo sente nella sua spiritualità che questa ha una matrice, e chiama questa matrice Dio. Così come è innegabile che l’uomo sia legato internamente all’inconscio, così è innegabile che quell’ente matrice, variamente denominato e qualificato, non sia altro che il resto della natura, tutto quello che è il non-io, per cui la religiosità sarebbe questo legame, secondo l’etimologia della parola “religione”. (cfr Freud, Il disagio della civiltà) [2/2]
Concordo con mym @102, è anche una dato (pre) biologico.
Dicembre 23rd, 2015 at 12:10 pm
@ Hmsx 115: “Concordo con mym @102, è anche una dato (pre) biologico” cerchiobottismo clericale? 😛
Dicembre 23rd, 2015 at 12:38 pm
un po’ 🙂
no, non è vero. è che mi sembra una spiegazione plausibile. insomma, dici le stesse cose di Freud senza aver letto Freud. complimenti.
Dicembre 23rd, 2015 at 12:49 pm
No no no, è Freud che dice le stesse cose… Lui, intelligentemente, mi ha letto 😎
Dicembre 25th, 2015 at 8:40 am
Ohhh finalmente!
Tanti auguri senz’ oggetto a tutti 🙂
Dicembre 25th, 2015 at 8:44 am
Buongiorno, mattiniero oooo… un dritto?
Senz’oggetto pur’atté!
Dicembre 25th, 2015 at 9:09 am
Che soggetto
gli auguri senz’oggetto!
Così anche un giorno che sembra perduto
fra i freddi scaffali dove tutto è venduto
ritrova il filo sottile che tiene
la trama tenace e perpetua del bene.
Grazie! Buon giorno a tutti!
Dicembre 25th, 2015 at 9:14 am
Buongiorno jf!
Dicembre 25th, 2015 at 12:26 pm
un po’ meno mattiniero,
ma non meno sincero,
un augurio da Piero
Dicembre 25th, 2015 at 12:30 pm
Ciao Piero, grazie, semel in anno…
Poi, adesso, appena possibile, quando infine il nostro insuperato webmaster, l’unico grande e vero master, con mossa subitanea renderà -ma che dico? Ha già reso- cliccabili le immagini del post, be’ allora satolli e felici ecc. ecc.
Dicembre 25th, 2015 at 9:50 pm
orsù bambini
andiamo alla montagna
a veder le viole
già domani potrebbero sparire
e noi cosa faremo?
Ryōkan Daigu
Dicembre 26th, 2015 at 8:19 am
Farém come a Faensa,
che quando ‘n ce n’è più
fanno sensa… 🙂
Ciao Giorgio, buon tutto anche a te e a Ryōkan
Dicembre 26th, 2015 at 7:51 pm
Comunque, le cose accadono. Stamane alle 07,15 ho scritto il commento alla poesia di Ryōkan. Alle 08,00 sono partito per la montagna, alle 12,00 ero in cima al monte Collogno. E ho visto una viola.
Dicembre 26th, 2015 at 8:10 pm
C’è qualcosa d’antico oggi…
Dicembre 27th, 2015 at 5:55 pm
In ritardo … auguroni a tutta la Stella!
Dicembre 27th, 2015 at 5:59 pm
Ciao Max.
E grazie per l’idea…
Gennaio 1st, 2016 at 7:23 am
Buon anno alle tartarughe baffute!
Gennaio 1st, 2016 at 9:20 am
Buon 2016 a tutti voi! Anzi, in un calendario universale sarebbe il 20.000.000.115.358.000.000 … ecc. ecc. … e 16.
Il mondo ne ha viste tante, ed è sopravvissuto. Quanto all’umanità, le carote dell’Altissimo sono finite, ora arrivano i bastoni.
Shantì!
Ari
Gennaio 1st, 2016 at 9:26 am
Ciao Dhr, buon 20.000.000.115.358.000.000 … ecc. ecc. … e 16 anche a te!
Gennaio 1st, 2016 at 10:54 am
Per fortuna… le tartarughe hanno i baffi! Altrimenti, come farebbero a riderci sotto…?
Buon anno!
Gennaio 1st, 2016 at 11:29 am
Buon anno Jf!
Le tartarughe baffute accompagnano il cammello, così non si perde nella cruna dell’ago
Gennaio 1st, 2016 at 11:40 am
Eh sì, è un labirinto, c’è rischio di perdercisi dentro, senza una buona compagnia: è difficile per il cammello uscire dalla cruna dell’ago…
Gennaio 1st, 2016 at 1:45 pm
È fuori da un po’….
Proprio come i preti, i cammelli: al popolo indicano la via stretta e per loro c’è la variante di valico.
Gennaio 1st, 2016 at 2:21 pm
Che stretta allo stomaco il primo disegno…maaadò.
Tra crune, dune e cammelli con le piume, buon 2016 a tutti.
Gennaio 1st, 2016 at 4:19 pm
Ciao Fago, grazie.
Gli artisti, si sa, son visionari. Figurati che Bz vede inquinamento dappertutto.
Persino nella sua testa
Gennaio 2nd, 2016 at 4:03 am
De coelo
Il cielo stellato è bello perché l’ordine morale è organico in noi, non fuori di noi. Perché l’universo fuori di noi, che crediamo governato dalla legge morale, è caos per l’eternità: confusione e distruzione. Noi lo vediamo retto dalla legge morale in quanto ribaltiamo in esso il nostro ordine interiore. Perché così diventa una barriera contro la sua onda caotica. Ma è una barriera fittizia. Non arresta il caos, non gli impedisce di irrompere fra gli uomini e dentro gli uomini e di spingersi a combattere ferocemente per gli ambiti ma non sovrabbondanti beni della vita, a strapparsi lo spazio, il tempo, e la materia. La legge dell’universo, il nomos basileus o legge sovrana, è la forza selvaggia, il caos.(*)
Gennaio 2nd, 2016 at 4:05 am
Dieci anni di scorribande sul sito della Stella sono un traguardo…
“Che questo nuovo anno sia dolce con tutte le persone che stanno soffrendo. Che con loro sia potente di gioia che guarisce, che sia braccia che stringono, amore forte. Che questo nuovo anno sia dolce con tutti gli animali, che doni loro salvezza, che è anche la nostra salvezza. Che questo nuovo anno sia dolce con il mare, il cielo, la terra, che doni loro salvezza, che è la nostra salvezza. Che questo nuovo anno sia dolce anche con me, perché ho bisogno di credere la dolcezza esista ancora.
Buon anno”…
per usare le parole della mia amica Isabella Santacroce.
Un augurio agli amici della Stella, in particolare a Butchlazy, ché è musicista…
Ho pensato ad una Stella Nera per la copertina del mio inedito: “Il Vangelo secondo l’Anticristo” da cui è tratto l’aforisma De coelo (*).
Come il libricino che David Bowie agita nel suo ultimo video: Blackstar 2015, al minuto 7:00. (La storia di un cosmonauta sperduto nel paesaggio lunare.)
Happy new year <3
Gennaio 2nd, 2016 at 7:59 am
Ciao Hmsx, un happy coso pure atte!
10 anni che ci allieti della tua presenza… chi l’avrebbe mai detto. Pensa un po’ che credevo fossimo alla seconda generazione… 😛
Gennaio 2nd, 2016 at 8:33 am
Non vorrei sembrare irriverente con Ajahn Chah, ma il giorno in cui la pace venisse a cercarmi vedrei di non farmi trovare.
Gennaio 2nd, 2016 at 8:43 am
Se tanto mi dà tanto, dovrebbe bastare dirgli (alla pace): “La mi scusi, il mio cuore non è pronto…”. E questo parlare in seconda persona (“il tuo cuore… verrà a cercarti…”) indispone assai – vien da dirgli: “Parla per te, Venerabile”… con buona pace!
Gennaio 2nd, 2016 at 2:05 pm
@13,14
Se se..
Vabè, visto che proprio non ne volete sapere, potete indirizzarla a casa mia. Che ci scambierei molto volentieri due parole davanti a tè e biscotti. Però la tartaruga la lega fuori senò mi riga il parquet…
Gennaio 4th, 2016 at 9:07 am
Passata la festa gabbato lu santu dicevano gli antichi…
Un po’ di pioggia e di vento ed è finita l’emergenza inquinamento.
Tutto come prima, peggio di prima.
Gennaio 5th, 2016 at 3:01 pm
De coelo (errata corrige)
(…)Non arresta il caos, non gli impedisce di irrompere fra gli uomini e dentro gli uomini, e di *spingerli a combattersi* ferocemente (…)
@mym, 16
Perché ti crucci così tanto? Siamo buddisti: imperturbabili, impassibili, perfetti… che ce ne fotte della distruzione organizzata? Mica il buddhismo è cieca fede attivistica…
Eppoi, in base alle mie visioni (esiste una mistica senza dio signori! Cfr. Fritz Mauthner) il “nostro mondo più funesto apparirà”, ma noi saremo pronti e ci abbracceremo da qualche parte…
Posto un video del mio amico Koko:
Gennaio 5th, 2016 at 3:10 pm
Capperi Hmsx, che bel lavoro grazie.
Sì, prendo il lusso di crucciarmi. Privilegio di vecchio buddista.
Vista la nuova copertina di Charlie?
Sempre detto che è tutta colpa del monocoso…
Gennaio 5th, 2016 at 3:10 pm
Del video di Koko ho letto notizia ieri gironzolando in rete, incuriosito ho provato a vederlo, ma partiva solo la pubblicità, niente Koko: ora anche qui non succede niente: il silenzio di Koko…
[Però il buddismo non è neanche cieca fede quietista…]
Gennaio 5th, 2016 at 3:13 pm
Pardon, ora è partito. Grazie, Koko e Hmsx!
La copertina di Charlie Hebdo non è piaciuta ai vescovi e a agli imam: chissà perché? 🙂
Gennaio 5th, 2016 at 3:39 pm
(scrivendo…)
La costruzione appassionata del futuro, sempre unilaterale e problematica, non è la contemplazione spassionata del passato già avvenuto e tutto spiegato nella sua necessità. La logica umana è solo la parte terminale del processo sociale e politico, ossia della logica delle cose; il macrocosmo storico, che non è fatto per l’uomo, si traduce nei microcosmi individuali solo apparentemente autonomi.
Tuttavia, sebbene si pensi che la ricerca della verità sia una fatto intimo e strettamente personale, che la verità debba dare una profonda serenità e beatitudine, anch’essa strettamente personale, giacché la ricerca e il possesso della verità non sono niente di esterno ma si esercitano nel foro interno, l’intima natura della verità è universale, cioè sociale, collettiva, pubblica.
La pretesa di avere ragione contro il cristianesimo e l’islam si spiega perché il quadro della realtà che essi formano è falso, sicché non succede mai quello che si aspetterebbe e si vorrebbe che succedesse, e la fede in Dio viene a poco a poco corrosa; o forse alla nuova venuta di Cristo parleremo daccapo? (cfr. Corano, 43:61)
Il progredire della religione laica genera incredulità, ma quella incredulità che, oggettivamente, libera il campo per far posto a una nuova fede.
…
Non avevo visto la nuova copertina, bella. Secondo me non è tanto colpa del monocoso, ma sempre e solo del potere: è una questione tutta politica.
Gennaio 5th, 2016 at 3:54 pm
La religione/monocoso in campo è politica.
Vedere come stanno le cose è abbastanza semplice: il passato “è” solo nella nostra testa, il futuro “è” solo nella nostra testa, il presente… non ha durata.
Non avanza molto.
“sicché non succede mai quello che si aspetterebbe e si vorrebbe che succedesse” non è un buon metodo per testare la verità, a meno che non si riconosca che non succede MAI MAI.
Anche le profezie son fatte con lo spannometro.
Gennaio 5th, 2016 at 4:09 pm
Forse si può dire: il passato è il futuro che si avvera e diviene materia per il futuro – il presente è il passaggio, senza durata, del futuro al passato e viceversa. Qui siamo, anche con la nostra testa, e questa è la nostra responsabilità.
Gennaio 5th, 2016 at 4:56 pm
Certo si può dire, come miliardi di altre cose
Gennaio 6th, 2016 at 7:54 pm
L’Epifania tutte le feste porta via: cionostante Buon Anno
integralismo religioso, liberismo selvaggio, individualismo, bellum omnium contra omnes, “non oltre due gradi”: cionostante Auguri e indipendentemente da (dove andremo)
GRAZIE
a tutti quelli che senza clamore si pongono al servizio degli altri per ridurre la sofferenza
A fianco delle sempre efficaci suggestioni di BZ, “cionostante” propongo una prospettiva possibile, un augurio indipendentemente da.. C:\Documents and Settings\Utente\Desktop\Immagini Dario\biani pace.jpg
Gennaio 6th, 2016 at 7:57 pm
Riprovo l’immagine
Gennaio 7th, 2016 at 8:09 am
Ciao Dario, buon giorno e buon anno anche a te.
Bella l’immagine, grazie.
“Le religioni” parlano di pace ma siccome in realtà non hanno ontologia se non le proprie radicate credenze, alla prima occasione (cfr. copertina di Charlie) ragionano con la pancia, ossia sragionano e si fanno carico di un dio fumettistico come fosse il loro.
Mio mio mio… il monocoso èmmio!
Gennaio 7th, 2016 at 8:48 am
Ciao Dario,
bella sì, l’immagine, ma, ahimé, c’è un lapsus grafico, assai emblematico. Chi ha lavorato a maglia sa che i fili di lana si infilzano sui ferri: qui abbiamo un filo che parte dal fondo del lavoro, è un filo “sfilante”, ovvero va all’incontrario, esce dalla sciarpa arcobaleno e va a formare la rete divisoria… cionosostante…
Gennaio 7th, 2016 at 9:27 am
Ma noooo, guarda mo’ bene: si vede il filo sciu le dita della scignora…
Gennaio 7th, 2016 at 9:40 am
Ah, beh… sì, è vero, passa sulle dita, pardon – a colpo d’occhio mi era parso più realistico nell’altro senso, la signora è lì da cinque anni…
Gennaio 7th, 2016 at 5:56 pm
Non sempre, quando si dicono le stesse cose si intente dire le stesse cose, la “filosofia” può essere diversa. Tuttavia qui dicono -con altri presupposti- molte delle cose che abbiamo detto noi.
Gennaio 7th, 2016 at 6:24 pm
Ogni tanto un buon articolo si legge volentieri, merci. Il vecchio assassino è a piede libero a tutte le latitudini (non scordiamo, nella folla, il fondamentalista hindù che spara a Gandhi) non è un’esclusiva dei monoteisti: è una proiezione mentale paranoica del potere e anche, va detto, un’ossessione dei fessi: ma come fa un religioso (vescovi e imam, in questo caso) a credere che quel vecchio bilioso e vendicativo sia una caricatura di Dio e sentirsi per questo offeso? In che diavolo di dio credono costoro? Oggi sì, je suis Charlie.
Gennaio 7th, 2016 at 7:08 pm
Lo ammetto: non ho mai lavorato a maglia.. e la signora e lì da cinque anni, cionostante spero che continui per sempre:-)
Gennaio 7th, 2016 at 7:14 pm
E spero se ne aggiungano altre/i
Tessitori
Gennaio 7th, 2016 at 8:00 pm
Io invece sì, nella mia lunga nullifacenza ho fatto anche sciarpe arcobaleno a maglia in tempi non sospetti… e tutto sommato, mutatis mutandis, continuo ancora, ciononostante…:-)
Ora basta, mi taccio.
Gennaio 7th, 2016 at 11:44 pm
@mym e @jf.
La storia è indissolubilmente legata alla filosofia, come lo spazio-tempo, e segue delle leggi imperscrutabili; a noi non resta che interpretarla perché non possiamo fare niente salvo annusare, intuire, coadiuvare il corso della storia e volere ciò che esso vuole (se vogliamo diventare le marionette giuste nelle sua mani). Nella storia operano soggetti che stanno al di sopra degli individui e li contengono come strumenti, come organi: sono le civiltà, le Kulturen. Queste durano, grosso modo, dai mille ai duemila anni, passano attraverso gioventù, maturità e vecchiaia. In vecchiaia diventano Zivilisationem senza nerbo. La fine del cristianesimo si annida nella biologia di quella civiltà, che è ormai putrefatta e, per semplice vecchia, prossima alla fine, destinata ad essere sostituita da una nuova religione: la religione laica. Una religione fatta di slancio, passione, entusiasmo, estasi, beatitudine, amore della vita così com’è e come la conosciamo ma come non abbiamo il coraggio di teorizzarla: effimera per definizione, senza immortalità, senza eternità, senza substrato, senza aldilà…
Io vedo il futuro; non tanto futuro, ma un po’ lo vedo. Vedo ad es. che se continuiamo a cazzeggiare con la natura, la razza umana si estinguerà. Vedo ad es. che quando il “Giudizio Universale” si abbatterà, nessuno risorgerà dal regno dei morti. Che volete? Se sono abitato dallo spirito profetico significa che sono un profeta. Piuttosto, invece di arzigogolare sul concetto di tempo (infra), ditemi… “I vostri padri dove sono? E i profeti vivono per sempre?”
Gennaio 7th, 2016 at 11:44 pm
Brevissima storia del tempo.
Esiste, signore e signori, “l’ effetto quantistico di Zenone” (Misra e Sudarshan, “Il paradosso di Zenone in Meccanica Quantistica”, Journal of Mathematical Physics): quando osserviamo da vicino l’intrinseco legame tra materia e spazio-tempo avviene il cosiddetto collasso della funzione d’onda. Che roba è?
Secondo la teoria della relatività (Fisica Classica Relativistica), la luce impiega del tempo per arrivare a noi, e del tempo diverso per arrivare altrove. Quando io vedrò accadere una cosa, qualcun altro sarà certo che essa non sia ancora accaduta o che sia già accaduta da qualche tempo; cioè ogni osservatore, ogni persona, ha il proprio modo di misurare il tempo: ha il proprio tempo. Esiste il tempo per come si misura in x e il tempo per come si misura in y. In Fisica si chiama “tempo proprio”. Questo è il primo indizio dell’evanescenza del concetto di tempo: se, scientificamente, nulla è effettivamente simultaneo, perché a osservatori diversi corrispondono misure di tempo diverse, allora, per gli osservatori giusti, tutto è simultaneo: se per un osservatore in questo momento io sto nascendo, magari per un altro osservatore, adeguatamente posizionato, io sto morendo. Dunque, in una “visione di insieme”, io sto nascendo ma sto anche morendo contemporaneamente. Il tempo ha una direzione, ma è un tempo proprio: in ogni punto, lo scorrere degli eventi avrà un ordine. In un altro punto, avrà un altro ordine. Non c’è uno scorrere assoluto. [1/2]
Gennaio 7th, 2016 at 11:45 pm
Secondo la Fisica Quantistica invece gli eventi sono disordinati: non c’è passato, non c’è futuro e del presente nessuno ci capisce un’ acca. Infatti, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, per osservare una particella devi illuminarla in modo che il segnale luminoso rimbalzi su di essa e torni da te. Più la illumini, più quella devia (e meno informazioni sulla sua velocità restano). Meno la illumini, meno devia, ma meno conoscerai la sua posizione. Capiamoci: una particella ha una certa distribuzione di probabilità di trovarsi “qui” o “là”, ovvero di spostarsi da un punto A a un punto B attraverso tutte le traiettorie possibili, e lo fa!Tutte le traiettorie possibili nello spazio e tutte le traiettorie possibili nel tempo. Avanti, indietro, di lato. Tutte. Per questo non si può parlare di traiettoria. Un osservatore osserva particelle sparire, particelle apparire, particelle viaggiare nel tempo. Nel tempo (che non è più una linea, che non è più un susseguirsi di punti e istanti, che non è più nemmeno una distribuzione di linee ognuna per ogni posizione) si distribuiscono stati, uno compenetrato all’altro, che continuano a collassare o rafforzarsi: funzioni d’onda che interferiscono, interferenze distruttive o interferenze costruttive, fino alle risonanze.
Tutti gli istanti possibili e tutti gli stati possibili dell’universo vanno immaginati insieme, sovrapposti multi dimensionalmente senza passato, senza futuro e senza qui o là; – ognuno con la sua probabilità. In soldoni: non esiste soltanto un effimero e istantaneo “presente”, c’è molto di più.
Banalizzando: ogni evento può essere “spinto” in una direzione o in un altra da informazioni relative al passato, ma può anche essere “trainato” in una direzione o nell’altra da informazioni relative al futuro. L’evento “reale”, cioè visibile, manifesto, è la conseguenza di determinate scelte che fanno collassare le funzioni d’onda (i futuri possibili), ciò non significa che le funzioni d’onda collassate non si ripropongano mediante altre scelte. Insomma, i desideri rivolti al futuro sono più reali di quanto si pensi.
(Cfr. Al-Khalili, “La Fisica del diavolo”, Bollati Boringhieri, 2012)
Gennaio 7th, 2016 at 11:46 pm
> non è un buon metodo per testare la verità, a meno che non si riconosca che non succede MAI MAI.
“Vi farò *ridere*… ma volevo fare il macellaio perché prendeva il coltello e faceva a pezzi gli animali; era un’arte, mi piaceva guardarlo” (Papa Francesco parlando ai bambini, 31 dicembre 2015)
Ho concluso vostro onore.
Gennaio 8th, 2016 at 7:48 am
Ciao Hmsx, ne sai a pacchi sul tempo, meno che cos’è. Da non confondere con la “durata” anch’essa evanescente come ogni concetto e, per di più, resa incerta dall’assenza, nel mondo, di un solo sistema stabile che costituisca “metro”.
Francesco, ne abbiamo già parlato qui a proposito del “pugno a chi insulta mia madre”, a volte pare proprio non sappia cosa dice. Da non sapere che cosa si dice a non sapere che cosa si fa il passo non è lunghissimo. Per distruggere le sedimentazioni putrefatte della chiesa può andar bene anche un “macellaio”. Per costruire… Specie per quel costruire che è non costruire, ci vuole altra stoffa.
@ Jf 32: il policoso nel nostro mondo (a parte forse sconosciute tribù) non esiste da Abramo. L’induismo (a differenza dell’abramismo che lo è diventato) è monocoso dalla nascita. Le murti nessuno le confonde con… con … il coso
Il monocoso è “io” (nella versione militare: “noi”) sublimato, giustificato dall’alto. Non è una questione di numero.
Gennaio 8th, 2016 at 2:58 pm
Ciao Hmsx, sei un corruttore di anziani, ora mi hai fatto venir voglia di leggere il romanzo di Eggers (“I vostri padri dove sono? E i profeti vivono per sempre?”). Io sono orfano da tempo, però sono un uomo fortunato, ho molti buoni amici, diffusi nel tempo, in spirito e perfino in carne e ossa. I profeti vivono finché la loro voce viaggia e ci sono orecchie per intendere, quindi sì, preferisco pensare che vivano per sempre (non nel senso della durata).
Gennaio 11th, 2016 at 8:23 am
Buongiorno.
Segnalo due articoli sull’argomento.
Questo
e
questo
Gennaio 11th, 2016 at 9:39 am
io segnalerei questo
Gennaio 11th, 2016 at 10:17 am
Il tema è complesso…e interessante.
Una riflessione può essere, funziona, è possibile una società multietnica? Quale prezzo pagano le società ospitanti ai nuovi venuti? E’ tollerabile, è pagabile? Sono d’accordo le popolazioni autoctone a questa invasione? E se sì, a che pro? Per quale finalità? E’ accettabile, è sostenibile, una società fondata sul PIL?
Perchè vengono qui e non vanno in Arabia Saudita, in Qatar, i Kuwait, in paesi più omogenei alla loro “cultura”?
Il sistema di potere (che sarebbe opportuno definire imperialista ma non voglio dare una coloritura ideologica), ha tra ci suoi strumenti efferrati: immigrazione=destabilizzazione=conflitto perenne, droga, pornografia. Tutti questi fattori sono all’apoteosi pressochè ovunque. Mi vengono in mente le “guerre dell’oppio” di Inghilterra e Francia per demolire la resistenza cinese e indocinese alla loro colonizzazione, quella “strategia” di conquista era perpetrata dagli Stati occupanti, oggi gli stati dipendono ancora di più dalla finanza. E’ accettabile?? Di fatto, in Europa, non c’è reale democrazia tranne in Svizzera dove decidono le libere popolazioni dei Cantoni. Se, avessero deciso i popoli europei, immigrazione, droga, pornografia sarebbero chiuse in 5 minuti.
Colonia, è solo un timido inizio…
In USA, la popolazione nera è presente da 500 anni. Nelle carceri USA, ci sono circa cinque milioni di detenuti, oltre il 90% sono neri. Sono “integrati”? Sono discriminati? Cosa abbiamo a che spartire con il modello USA? Zero. Però loro lo impongono imperialisticamente ovunque, e questo ovunque non è così malleabile ovunque, l’islam resiste strenuamente e non vuole vedere crollare il suo mondo, i suoi veli sotto i colpi della pornografia, della mcdonaldizzazione imperante e vomitevole.
Gennaio 11th, 2016 at 11:07 am
I grandi temi sono inevitabilmente complessi.
Vorrei attirare l’attenzione in senso… buddista.
Ossia quello che riguarda le scelte individuali.
Semplificando al massimo: come fare del bene a te facendolo anche a me?
Gennaio 11th, 2016 at 11:37 am
Interessanti gli articoli segnalati, in particolare il primo linkato in mym@1 e quello suggerito da pierino@2. Quel che è successo a Colonia e altrove la notte di Capodanno mi pare una delle cose più inquietanti accadute in questi ultimi tempi inquieti. Al punto che ammetto di stentare a credere ai confusi resoconti. Quel che è certo è che suscita un turbamento profondo, smuove cose ataviche. Perché al centro c’è il tema della condizione della donna e della sua libertà in culture e società (leggi:TUTTE) maschiomorfe. In cui nel migliore dei casi la libertà femminile è concepita più o meno esplicitamente come una concessione (regalata o estorta) maschile: e nel peggiore come sottomissione al maschio dominante. Le religioni sono state e continuano a essere uno dei veicoli più efficaci del dominio maschile sulla donna, usando alternativamente il bastone della demonizzazione e la carota della santificazione (decretata in base a valori machili). Il buddismo purtroppo non fa eccezione, ci sono passaggi in molti sutra antichi in cui si dà un’immagine della donna come mero oggetto della fregola sessuale maschile, roba da vergognarsi. Lo sfruttamento maschile della donna è polimorfo, e comprende anche la pretesa di gestirne la libertà (credo che l’uso del corpo della donna come oggetto del desiderio in campo pubblicitario sia uno dei tanti esempi). Ma è la conquista (appena abbozzata, fragile e sempre a rischio) più preziosa della laicità. Un bene comune da curare e proteggere, con la consapevolezza che stiamo muovendo i primi incerti passi in quella direzione, e da offrire senza tentennamenti a chi proviene da culture dominate dalla paura della libertà femminile.
Gennaio 11th, 2016 at 12:12 pm
“il bene in senso…buddista ” è imprendibile o prova a definirlo tu mym
Gennaio 11th, 2016 at 12:20 pm
“la libertà femminile “, mi viene da ridere…e che dire della acriticita’ con cui “il femminile ” assimila e metabolizza tutto l’ immondezzaio attuale?
Gennaio 11th, 2016 at 1:02 pm
@ 6: Anche definire il “vivere” è impossibile, ma si cerca di farlo ugualmente.
Basta provare e sbagliare: pian piano si impara.
Gennaio 11th, 2016 at 1:53 pm
Restringere allargare, comprimere espandere, soggettivo, oggettivo, collettivo…ci sta tutto…
Nel 1999, alla comparsa dell’ euro,conquistò il 30 per cento del mercato mondiale, prontamente gli USA bombardano il Kosovo con l’ utile idiota europeo. Con una fava hanno preso uno stormo di piccioni…
Se non fosse chiaro, si può buddisticamente illuminare
Gennaio 11th, 2016 at 2:00 pm
Quando Putin dice a Caio, non vorrei essere costretto a usare il nucleare in Siria, in realtà parla a Sempronio (USA), Caio non è in grado di impensierirlo fino a quel punto mentre Sempronio è sempre più invadente
Gennaio 11th, 2016 at 2:07 pm
Va bene, come vuoi.
Ma con “Colonia”, come singoli, perfino come buddisti, come la mettiamo?
Ci riguarda?
Non ci riguarda?
Gennaio 11th, 2016 at 2:28 pm
A io, riguarda. Me ne accorgo dalle mie reazioni. Che sono molteplici e contraddittorie. E mi spingono a chiedermi che immagine ho io della donna, del femminile, come lo immagino, come ne concepisco la libertà… quanto l’ideologia maschia che imbeve la cultura (anche la mia) mi condiziona nelle mie opinioni, scelte, comportamenti. Mi accorgo di vivere in un sistema di riferimenti culturali in cui anche la maternità è un concetto maschile.
Gennaio 11th, 2016 at 4:17 pm
Comincerei dalle mamme. E poi dai papà.
Per non parlare di maestri e maestre elementari e via discorrendo.
Le bambine da una parte che, già imbellettate, giocano con le bambole e i bambini dall’altra che giocano alla guerra.
Ed un’altra generazione è già “andata”.
L’educazione di genere è indispensabile, pari opportunità non significa essere uguali.
Ci vorrà molto tempo per superare la diseducazione di genere.
Gennaio 11th, 2016 at 4:34 pm
Però c’è un altro aspetto. Ora arrivano a decine, centinaia di migliaia persone che hanno una visuale culturale molto diversa dalla nostra. Per le quali è addirittura Dio (in realtà è il monocoso ma prima di arrivarci la strada sarà lunga) che dispone che le donne siano, di fatto, proprietà dell’uomo.
Occorre tenerne conto oppure sarà un’altra guerra.
Gennaio 11th, 2016 at 7:28 pm
Per chi ama il cinema, suggerisco di guardare ‘Timbuktu’, di A. Sissako.
Un film equilibrato, non ideologico ma “… un grido di allarme lanciato a un Occidente spesso distratto (salvo quando si presentino episodi mediaticamente rilevanti come il sequestro di giovani studentesse) e talaltra incline a pensare che in fondo l’integralismo sia una rivolta contro i secoli di colonialismo e che nasca dall’interno delle varie realtà nazionali.” (G. Zappoli, critico di MYmovies)
Gennaio 11th, 2016 at 7:28 pm
Nel secondo articolo di @1, Dacia Maraini dice, un poco sbrigativamente: “Da noi c’è stato Gesù Cristo che ha sconvolto e rovesciato le prescrizioni della Bibbia: le parole «amore» e «perdono» hanno sostituito il «dente per dente» e l’odio di religione. Nei Paesi musulmani un Gesù è mancato”.
È un argomento centrale, che non riguarda solo i musulmani ma anche ebrei e cristiani e in qualche misura anche i buddisti, come ricorda Jf@5.
Non si tratta di “cambiare le religioni” ma di modificare profondamente la lettera con cui sono espresse. Una nuova inculturazione. Penso che questa sia la nuova frontiera del dialogo interreligioso.
Gennaio 11th, 2016 at 7:32 pm
Ciao Doc.
C’è una tesi interessante esprimibile in questo film @15? Per quelli che non lo andranno a vedere…
Grazie.
PS: trovato, molte cose interessanti sul “messaggio” del film le trovate qui.
Gennaio 11th, 2016 at 8:17 pm
È già “guerra” .
Colonia è una colonia, è un luogo, come tanti altri, dove il sistema di potere ha realizzato il suo massimo obiettivo, subordinare le persone ai suoi diktat e fargli credere di contare qualcosa mentre in realtà qualsiasi azione è sempre dentro il recinto, la “logica” del sistema stesso che è pilotato sovranazionalmente. La politica “europea” la decide Washington, embargo ai russi docet. I nostri anziani sono trattati allo stesso modo delle ragazze ovunque a capodanno e anche tutte le altre sere.
Gennaio 11th, 2016 at 8:49 pm
pensavo che voialtri lì foste anti-teisti, ma ecco che spunta ‘sta grazia di Dio
😀
Gennaio 11th, 2016 at 9:18 pm
Ciao Mym @17
la critica di Zappoli è interessante e abbastanza condivisibile. Ma a mio avviso il film non ha una tesi, è una fotografia d’interno (di mondi a noi sconosciuti o che presupponiamo di conoscere). Così mi è piaciuto vederlo.
La forza delle immagini a volte vale molte chiacchiere.
E poi mi pare esca da quel dualismo (o poli ismo) di cui mi paiono permeati non solo molti Vs interventi ma anche gli articoli che sono stati suggeriti: islam Vs cristianesimo (o altre religioni….).
Non sono convinto che la dimensione ‘religiosa’, nel senso di tradizioni religiose ma non solo , sia la chiave di lettura giusta per gli avvenimenti di cui si parla. Nè per la convivenza civile. Per me la chiave, se bisogna proprio dirne una, oggi si chiama laicità; intesa come non valore, non religione, non ideologia.
Forse bisognerebbe rileggere Thoreau.
PS. Comunque il film non credo sia più in sala, ma basta affittare la cassetta ( o scaricarlo, per i malandrini!…)
Gennaio 11th, 2016 at 9:30 pm
La Libertà è una conquista culturale, una evoluzione dello/nello stare insieme tra umani a cui non mi sento di rinunciare.
Questa conquista ha comportato e comporta degli attriti nel mondo dei valori (che per sua costituzione è plurale)e quindi nei costumi.
Le sensibilità vanno rispettate e penso che per convivere in questa realtà si debbano mettere dei punti fermi e il primo è il NO alla violenza (in tutte le sue forme); prioritario ( per dirla con Salvatore Veca) deve essere il riconoscimento (e il rifiuto) del male, prima di discutere come e quanto posso realizzare ciò che è bene per me.
A chi viene da culture altre “dove le donne sono coperte sino agli occhi..e.. tanta carne scoperta sia addirittura scioccante, disturbante, innaturale.” è bene far comprendere che vanno rispettate anche le donne che non rispondono ai loro modelli e che solo nella non violenza può esserci una convivenza pacifica.
Gennaio 11th, 2016 at 9:34 pm
Poi certo che (citando JF) dalla schiavitù del principio di autorità siamo passati alla schiavitù degli istinti (..eteroguidati), ma l’uscita deve essere sempre dentro la presa di coscienza ovvero nella LIBERTA’ di scelta.
Gennaio 11th, 2016 at 9:36 pm
A margine, mi permetto di chiudere la giornata con un saluto grato a Magic Tom, che se ne è partito per sempre https://www.youtube.com/watch?v=1091W-lr
Gennaio 11th, 2016 at 9:42 pm
In questo non mi trovo in accordo con @19: la libertà di scelta è sempre scelta tra valori, altrimenti non sarebbe scelta ( giudizio e decisione tra differenti opzioni).
Perciò la Laicità è un valore (una conquista a mio parere), è una posizione “politica” che si distingue dalle altre posizioni che non si riconoscono in essa
Gennaio 11th, 2016 at 9:47 pm
Pardon, il link cui @22 rimanda è questo
Gennaio 11th, 2016 at 10:08 pm
Ciao Dario @ 23
infatti tu la scrivi con la maiuscola
Tu mi insegni che possedere dei valori è un invito per i ladri. Ecco l’origine.
Gennaio 12th, 2016 at 7:57 am
Buongiorno.
Dopo tanto cicaleggio maschile finalmente una signora ci onora di un suo commento, lo trovate sulla nostra pagina FB ma per comodità lo riporto qui:
«Sì, e se spacco la vetrina e’ colpa del gioielliere…
Attenzione che la parità sta arrivando, dai buffi uomini gonfiabili ai tristi uomini in vendita… E poi chissà.
Ma proprio verso il basso dovevamo farla la parità’? Cos’è troppo faticosa la salita?» (Marina)
Gennaio 12th, 2016 at 8:14 am
Ciao dhr, ma ‘ndo li metti i commenti…
Se ti leggono le femminucce qua succede il 48!
Gennaio 12th, 2016 at 8:33 am
Buongiorno Marina, non so se mi leggi (non frequento facebook), concordo, c’è un retrogusto di quel che fai notare – però c’è anche un sentore di minaccia nel tuo “Attenzione…” che mi sa di rivincita: di cosa dovrei aver paura? La salita è faticosa e la discesa anche. La questione è complessa e molto. Oltretutto parliamo di uomo e donna, maschile e femminile come fossero categorie chiare e distinte: ma le stagioni non sono solo quattro, i gusti non sono solo cinque e i sessi non sono solo due (come ci mostra David Bowie buonanima) mentre i pregiudizi sono pressoché infiniti. Il bipede deambulante che chiamiamo essere umano si aggira sulla Terra da qualche migliaio di anni, un tempo brevissimo evolutivamente parlando. Se non sparisce prima, la strada è ancora assai lunga prima di arrivare a una stabilità evolutiva decente. Partirei dunque da considerazioni basilari: se siamo in cerca di libertà, la libertà di movimento (andare dove e come si vuole) è basilare, così come la libertà d’abito (vestirsi come e quanto si vuole). Ma c’è il problema del condizionamento: per cui la questione diventa: sono sicuro di sapere cosa voglio davvero? L’unica educazione sensata mi pare questa: imparare a capire cosa voglio davvero, per me, per la mia vita, per il mio ambiente.
Gennaio 12th, 2016 at 8:41 am
Capito Marina? Fai la bravina e dai ascolto allo zio Jf… 😛
Gennaio 12th, 2016 at 9:32 am
ma perché?? la grazia di Dio, la salvezza, il nirvana, la banana…
però… per sicurezza, meglio occultare tutto qui 😀
Gennaio 12th, 2016 at 10:05 am
Quando il nirvana fa rima con banana siamo… alla frutta 😉
Gennaio 12th, 2016 at 10:52 am
“Sì, e se spacco la vetrina e’ colpa del gioielliere…”
Una metafora assai rischiosa, mi pare…
Gennaio 12th, 2016 at 11:00 am
“Se le metto una mano sul culo, la colpa è della sua chiappa…” (con rispetto parlando) è meno rischiosa come metafora… :-[
Gennaio 12th, 2016 at 11:17 am
Ciao Doc
@25, non so se intendo correttamente ma “possedere dei valori è un invito per i ladri” mi ricorda Ryokan Daigu nel suo verso “La bella luna lasciata dal ladro alla finestra”: una aspirazione etica (un valore o non-valore)che condivido.
Ma poi c’è Colonia (e non solo http://www.centrodonnapadova.it/component/content/article.html?layout=edit&id=13) che mi interroga e mi spinge ad agire e quindi a decidere (o a non decidere): un sé che si muove ” tra Marta e Maria”:-)
Gennaio 12th, 2016 at 12:03 pm
Ciao Jf
capisco e condivido.
La metafora è rischiosa, ho detto, e cerco di spiegare perchè l’ho detto.
A volte facciamo gli (finti) ingenui ad oltranza. E’ un discorso estremamente delicato, ma non a margine del tema posto da Mym.
L’ostentazione (di ricchezza, di benessere, di felicità ecc..) induce facilmente al malanimo. E’ un fatto constatabile empiricamente.
(o Sariputra… contatto, sensazione, percezione, desiderio, appropriazione…. )
Bisogna saperlo, e non stupirsi troppo se, girando per i vicoli, ti rubano il diamante che sbandieri al collo. O se il popolo affamato dà l’assalto ai supermercati.
La tentazione non assolve nè giustifica il ladro, ma l’ostentatore derubato, se vive in questo mondo, magari qualche domanda potrebbe farsela…
Certamente se riportiamo il discorso al corpo, al sesso ed alla sessualità, andiamo a toccare nervi molto scoperti. Ma il meccanismo del desiderio se ne frega delle nostre sensibilità.
In sintesi, dipende anche da …. come è esposta la mercanzia .
Gennaio 12th, 2016 at 12:14 pm
Ciao Doc,
sì, e il punto (uno dei punti) è questo, mi pare: il diamante è mercanzia, la chiappa no. A meno che il possessore, la possessora della medesima non la venda, esplicitamente. E allora va pagata. La mano morta (che poi è ben viva) va sempre censurata, anche se la chiappa pare ammiccante. Ovvero, non si deve imputare alla chiappa, per tentatrice che sia. Altrimenti non ci si capisce più niente nella convivenza civile.
Gennaio 12th, 2016 at 12:16 pm
Ciao mym
la Laicità come valore è mero strumento, stratagemma, mezzo abile che troverà (come tutti i valori) oppositori accaniti nel tempo e nello spazio. La si usa e, come dice l’amico @31, è posizione politica, quindi conflittuale.
La laicità come non valore non è, per me, una aspirazione etica: casomai metodo, timone. Anche nel commentare i fatti di Colonia.
Più tardi andrò a leggere l’articolo del centrodonnapadova.
Gennaio 12th, 2016 at 12:47 pm
@32 e @33: alla signora Marina su FB ho risposto: “Se possibile non parlerei di colpe, penso che la colpa sia un’invenzione per soggiogare: il termine nasce ed esiste solo nei Paesi cattolici. Se c’è un gioielliere in un quartiere pieno di persone alla fame di cui alcuni hanno preso a delinquere, gli consiglierei di mettere un vetro antisfondamento alla vetrina. Se non lo fa non ha “colpe” ma certamente si è assunto coscientemente dei rischi. Ovviamente sarebbe bene, nel frattempo, dar da mangiare agli affamati e rendere inoffensivi i delinquenti.”
Aggiungerei ora: se vai in giro discinta in mezzo a un branco di scimmioni arrapati ti assumi un rischio.
Il caso “Colonia” forse (continuano ad esserci vari punti contraddittori)è diverso. Se è vero che molti molestatori si sono dati appositamente appuntamento è stata un’aggressione difficilmente prevedibile. Per questo nel mio discorso parlerei più in generale riguardo ad una maggior cura o riflessività nel costume femminile.
Gennaio 12th, 2016 at 4:23 pm
Già, i fatti di Colonia: comunque sia andata, è andata male.
Non sono peregrini gli interrogativi di Nello (@3) che sono caduti un po’ nel vuoto:
“… è possibile una società multietnica? Quale prezzo pagano le società ospitanti ai nuovi venuti? E’ tollerabile, è pagabile? ….”
“…. Se, avessero deciso i popoli europei, immigrazione, droga, pornografia sarebbero chiuse in 5 minuti…..”
Gennaio 12th, 2016 at 4:23 pm
Comincio dal secondo punto: a me pare proprio che abbiano deciso i popoli europei. L’immigrazione è stata incentivata gradualmente sia a causa dell’invecchiamento della popolazione europea che per necessità di importare forza lavoro ; non se ne ricorda? o ho avuto io delle allucinazioni?
Ma anche la posizione del Vaticano dipende, a mio avviso, più dalla crisi di vocazioni ecclesiastiche occidentali e dal risiko delle 3 monocose, che da altro.
Quanto a droga e pornografia, credo che si sbagli, se capisco la sua posizione. Io già voterei difformemente da lui. Ed inoltre ricordo che il referendum sulla liberalizzazione delle droghe ha avuto una larga maggioranza di favorevoli in italia. Senza parlare della Svizzera, uno dei paesi più tolleranti d’Europa in fatto di sostanze, da almeno qualche decennio.
Per non parlare della pornografia, che tira … il pil più di un trattore FCA.
Non addebiterei queste cose agli immigrati, tantomeno islamici: mi sembra uno di quei luoghi comuni che lascerei cavalcare a gente come Salvini e combriccola.
Gennaio 12th, 2016 at 4:24 pm
Quanto al primo quesito invece, mi trovo d’accordo (se ho ben inteso).
Di fronte a fatti come quelli di Colonia c’è il diritto dovere di ‘tolleranza zero’, comunque siano andate le cose (e anche se i palpeggiatori fossero stati tutti tedeschi ed ariani che passavano di là per caso).
Il rapporto ospitante – ospitato ha delle regole pressocchè universali, in tutte le culture. Ed in ogni caso le regole le stabilisce l’ospitante, soprattutto se è l’ospitato a chiedere asilo.
Gennaio 12th, 2016 at 4:38 pm
Gli interrogativi di Nello sono rimasti (da me) inevasi perché insisto nell’indicare l’aspetto religioso della vita. Quello politico, sociologico, antropologico ecc. lo trattano i rispettivi.
Quello che “per religione” le persone fanno o non fanno è molto più trasversale e pervasivo di qualsiasi ideologia o convinzione culturale. Questo per dire che anche l’approccio religioso ha una grossa incidenza sul reale sociale.
Però a me interessa ragionare sul reale personale.
Per questo dico che nell’ospitare (anche nel caso in cui lo si faccia per necessità) l’ospitante dovrebbe avere cura dell’ospitato. In tutti i suoi aspetti. Nella misura del possibile.
Ciò non toglie che qualcuno vada cacciato via a calci nel di dietro.
Gennaio 13th, 2016 at 4:18 pm
Per doc @36-37,
i “fatti di Colonia”, hanno moltissimi antecedenti e una strategia politica ed economica rispetto alla quale le popolazioni non hanno deciso nulla.
L’immigrazione è funzionale a questo modo di intendere la vita e l’economia soprattutto, fondata su una idea di “sviluppo” infinito in un pianeta finito (ci insegna il grandissimo Prof. Serge Latouche, tra i tanti postulatori della decrescita che io condivido).
Quindi, sostanzialmente, immigrazione uguale forza lavoro a sostegno di un modello economico suicida e imperialista che distrugge tutto per il profitto, io dico NO!!!per quel che può valere. E questa è una posizione assolutamente religiosa e buddhista.
Il Vaticano per me conta ZERO, ed è funzionale, organico, al quadro di potere ed è esso stesso quadro di potere in questo stato assurdo chiamato Italia che considerano una loro proprietà.
Che tu, possa votare difformemente da me, in un ipotetico referendum che avvalli o meno la diffusione della pornografia, resta nell’ambito delle opinioni, io penso, ottimisticamente, che la maggioranza delle persone voterebbe NO. Sugli effetti devastanti del fenomeno porno bisognerebbe scrivere delle enciclopedie…e che tu sia d’accordo sulla sua libera circolazione fa il paio con il tuo assenso a questo modello economico che come ho avuto modo di dire si fonda sulla condizione imperialista e oligarchica della gestione del potere che poggia su: immigrazione, droga (ce ne sono di molti tipi e producono diverse dipendenze), pornografia. E ogni buddhista deve essere contro la distruzione morale ed ecologica nella sua accezione più universale.
Non mi risulta che sia mai avvenuto un referendum sulla liberalizzazione delle droghe in Italia….
Del PIL non me ne interessa nulla, la tua idea rispetto a questo fattore è speculare a tutto il resto. La vita non può essere fondata sul PIL, buddhisticamente parlando.
Gli “immigrati” e le enormi problematiche che inducono, sono solo l’effetto iniziale di un processo assolutamente devastante per tutti e tutto.
Gennaio 13th, 2016 at 4:32 pm
Ciao Nello. Al termine di @ 40 dici: «Gli “immigrati” e le enormi problematiche che inducono, sono solo l’effetto iniziale di un processo assolutamente devastante per tutti e tutto». Quando hai tempo puoi chiarire meglio che cosa vuoi dire svp?
Gennaio 13th, 2016 at 4:33 pm
a mym @ 39,
caro mym, questo fantomatico “aspetto religioso della vita”, erudiscimi al riguardo!?
Perchè mi devo occupare di “religione” su un piano che per il buddhismo non ha nulla a che vedere con il senso religioso. Io non riconosco alcuna valenza religiosa all’islam e poco anche al cristianesimo, preferisco i pellerossa, i nativi del nordamerica, oppure gli Yanomami dell’Amazzonia. Ma anche i taoisti o gli shintoisti (i preferiti con i buddhisti da C. Levi Strauss), torniamo a leggere “Tristi tropici”.
Quanto innescato da un sistema retto da demoni e idioti o tutti e due insieme, travolgerà tutto, sovvertirà tutto, azzererà qualsiasi ipotesi di autenticità per secoli…poi, forse, tornerà Maitreya…
Gennaio 13th, 2016 at 4:40 pm
Con lato (o aspetto) religioso della vita intendo che non importa se ci saranno “pellerossa, nativi del nordamerica, oppure gli Yanomami dell’Amazzonia. O i taoisti e gli shintoisti” ma sempre ci sarà morte, vecchiaia, malattia e sofferenza. Per questo è importante non dare soverchia importanza a chi c’è o chi non c’è ma occuparsi in fretta di come entrare nella via. Trovata la via (che come non via…) non abbandonarla più. Questo è.
Tuttavia, su un altro piano, ciò non significa che non conti nulla chi governa il mondo e come lo governa.
Gennaio 13th, 2016 at 4:41 pm
A Mym @41,
le enormi problematiche sono sotto gli occhi di tutti, sono una perenne destabilizzazione del sociale che dovendo occuparsi della propria incolumità e sopravvivenza in una lotta per bande etnicamente composte, non potrà dedicarsi a crescere nel senso vero del termine e quindi non potrà cambiare evolutivamente il quadro di potere che idiotamente e demonicamente pensa di poter continuare a vivere nelle torri eburnee del suo eden artificiale e artificioso.
Gennaio 13th, 2016 at 4:48 pm
Grazie Nello, un po’ di idealismo ci vuole. Altrimenti si finisce … a fare zazen 😉
46-47 anni fa ho creduto nella rivoluzione.
Certo, il mondo è “in mano” a una banda di deliquenti assassini. Spero che voi volenterosi possiate migliorare le cose. Nel mio piccolo vi darò una mano.
Gennaio 13th, 2016 at 5:15 pm
Sulle donne, di Colonia, di Roma, di Bruxelles, di qualsiasi posto, bisognerebbe partire dall’assunto che la contemporaneità è il prodotto di un sistema in cui la “libertà” è una chimera. Quindi, la sociologia, la “cultura” della donna contemporanea è il prodotto di un sistema che nulla ha a che vedere con quello che può essere configurabile come libertà. La donna è relegata, imprigionata nell’utero (“in basso” come dice Marina), ed è una prigione che può piacere con tutte le derivazioni connesse. Il punto è, cosa determina questo status che coinvolge tutta la società autoctona e aliena?
La condizione “drammatica” femminile, è speculare a quella maschile, sono identiche. La donna è costantemente rinchiusa, relegata, fra le sue gambe e l’uomo le è simpatetico. L’occidente fruga continuamente fra le gambe delle donne e l’utero, ha una connessione più che diretta con la parte più antica, “evolutivamente” parlando, del cervello definito protoreptiliano. Quindi, di fatto, la magìa, l’alchimia, operata dal quadro di potere, è quella di avere circoscritto la relazionalità della donna soprattutto in termini di genitalità e su quel piano tutto si riconduce e possiamo definirlo primordiale, recessivo, primitivo. Lo spazio per la Via è azzerato o comunque ai minimi.
Sia chiaro, la donna è già naturalmente su quel piano, è uterodiretta (e in questo non c’è nulla di spregiativo o diminutivo), quindi il sistema di potere non ha fatto altro che esaltare all’infinito la sua genitalità, e l’uomo è lì nei pressi ovviamente. Già un’icona della massoneria come Giordano Bruno (studiatissimo in ambito di marketing e induzione, condizionamente collettivo), affermava 500 anni fa: “Eros motore del mondo”.
L’uomo, non potrà mai conoscere il femminile fino in fondo perchè non può fare l’esperienza della gestazione, del concepimento, delle mestruazioni…Quindi, che senso ha che l’uomo parli della “libertà” della donna, di “uguaglianza uomodonna?
Sono felici e libere le donne occidentali?
Sono felici e libere le donne musulmane?
Sono emancipate, evolute le donne occidentali?
Sono retrograde e statiche le donne mussulmane?
E il tutto, rispetto a quale valorialità?
Che tipo di rapporto, di relazione, dà senso all’uomo e alla donna? Il sistema nel quale siamo immersi, consente di dare significato alla relazione uomo donna?
(E per me il termine “significato” coincide con buddhadharma).
Gennaio 13th, 2016 at 5:25 pm
Penso che “il rapporto, la relazione, tra uomo e donna” e così pure il suo “significato” c’entri col buddhadharma come tutto il resto. Praticamente nulla.
Quella che fai è l’analisi della condizione umana ridotta a pornografia. Penso che sia un’analisi un poco estrema ma lucida.
Burroughs in Pasto Nudo non rappresentava cose molto diverse.
Seppure tutto andasse al rovescio, ovvero al meglio, cosa impossibile in questo mondo del desiderio, sarebbe ugualmente difficile trovare e praticare il buddhadharma.
Gennaio 13th, 2016 at 9:16 pm
Io invece penso che buddhadharma sia la totalità delle cose e penso di essere in buona compagnia
Gennaio 13th, 2016 at 10:31 pm
Poi qui si può parlarne per ore blablabla… prova a mettere in zazen uno ai limiti della sopravvivenza, certo Ryokan…il mio zazen mi fa essere quello che sono ed è perfetto così, che ovviamente non ha nulla a che vedere con la perfezione. Io non faccio politica, né sociologia, né antropologia. Per chiarirci.
Gennaio 14th, 2016 at 12:08 am
Dovresti motivare il perché il buddhadharma c’ entra nulla nella relazione uomo donna. Che sono poi il paradigma dell’ umanità
Gennaio 14th, 2016 at 1:08 am
Ciao Nello @40
Innanzi tutto, ‘erratacorrige’! sono stato frettoloso: il referendum del ’93 (abrogativo) si espresse sulla depenalizzazione dell’uso personale di sostanze stupefacenti e non sulla liberalizzazione. Detto l’errore, il risultato di un referendum è piuttosto indicativo di una tendenza. Almeno si tratta di dati numerici, empirici, a fronte di opinioni personali (‘io penso, ottimisticamente, che la maggioranza delle persone voterebbe NO’). O hai altri dati?
Rispetto al fatto che le popolazioni non decidano nulla, beh… ciascuno è libero di chiamarsi fuori dall’impegno: e anche di negare corresponsabilità nei confronti del ‘suo Paese’ (ovvero del piatto dove mangia da una vita) e del governo che in qualche modo ha contribuito a mettere e mantenere al potere (o sostenendolo o non contrastandolo).
Ma se non sono ‘i popoli’ ad esprimere una classe politica, chi è mai? Ammesse anche le fantomatiche lobbies dei padroni del mondo, da dove arrivano costoro?!
Non so se ‘sentirsi parte’ sia o no ‘buddhista’. E neanche so se lo sia ‘chiamarsi fuori’. Francamente me ne infischio.
Io partecipo dell’umanità, diceva quel tale. Dove comincia; chi è l’umanità?! E la partecipazione?!
(certo che… governo ladro!).
Quando leggo frasi come ‘ … questa è una posizione assolutamente religiosa e buddhista’ oppure ‘… ogni buddhista deve essere contro la distruzione morale ed ecologica nella sua accezione più universale … ‘ mi vengono i brividi. Chissà perchè …
Non è che non abbia vizi, continuo a fumare per esempio; ma almeno quello, io, me lo sono tolto. Spero.
‘…la tua idea rispetto a questo fattore è speculare a tutto il resto’.
‘…che tu sia d’accordo sulla sua libera circolazione fa il paio con il tuo assenso a questo modello economico che….’
E’ carino da parte tua dirmi cosa penso: tendo a dimenticarmene così facilmente… mi fa comodo un amico sincero che me lo ricordi e spieghi.
Gennaio 14th, 2016 at 10:22 am
@ Nello 48: lo so che sei in buona compagnia, se il BD fosse quello che pensano le persone… non ci resterebbe che piangere.
@ 49: il giorno che mi vedete “mettere in zazen” qualcuno o che mi sentite parlare del “mio zazen” per favore chiamate la neuro.
@ 50: per quanto riguarda il paradigma dell’umanità potrei essere anche d’accordo. Ma, grazie al cielo, il BD c’entra nulla.
O, non vorresti mica dire che ci vorrebbero i monasteri misti dove… 😎
Come dire, ci abbiamo già provato: se poffà.
C’entra nulla, però, col BD.
Gennaio 14th, 2016 at 11:19 am
Mym@52,
Attaccarsi alle parole o ricamare sulle parole non è interessante e lo trovo una speculazione di tipo “intellettuale” ,quindi relativamente “esterna” all’ ambito religioso esclusivista cui ti riconduci.
Mio-buddhadharma- mettere, NON hanno il significato che vuoi attribuirgli e li ho usati apposta per verificare il reale grado di comprensione rispetto alla reale comunicazione che è oltre le parole . Il Sutra del loto potrebbe ragguagliare al riguardo.
Meglio affrontare il punto con il punto.
Aspetto ragguagli sul o nel o per o al buddhadharma.
Gennaio 14th, 2016 at 11:33 am
Nello@53: l’attesa, essendo oltre le parole, è un’ottima pratica. Lascerò che tu ne sia beneficiato a lungo.
Intendevo dare alle parole proprio il significato che hanno: non occorre attribuir loro alcun altro significato. La comunicazione, quando si comunica, è tutto. La scelta delle parole è la sostanza di quel tutto. Poi si può fare marcia indietro, dire “mi hanno frainteso”, “non le usavo nel significato che gli dai tu” (ovvero il loro), ma quelle parole sono. Meglio non usarle in quel modo, vedrai che non ci sarà bisogno di saltar su dicendo che sì, “ho scritto quelle parole (malamente), ma, da volpone, l’ho fatto apposta. Giusto per vedere bla bla bla…”.
Con e senza punto. Due punti, virgola e pure punto e virgola 🙂
Gennaio 14th, 2016 at 11:39 am
A doc@ 51,
Nel buddismo ci sono le regole che non sono dogmi, se ti fanno “venire i brividi ” è un problema (?) tuo non delle regole. Le regole sono. Il buddhadharma è.
Per tutto il resto usiamo diversi registri linguistici, spaiati.
Gennaio 14th, 2016 at 11:47 am
In effetti il Doc con le regole non ci ha mai avuto simpatia. È uno un po’ sregolato, fa disfà, insomma fa un po’ come je pare…
Ma da sempre, eh!
Come buddista è un disastro, fuma pure.
Quasi quasi lo banniamo….
Sì, lo so che non sono fatti miei, ma sto facendo un lavoro noiosissimo 🙁
Gennaio 14th, 2016 at 11:51 am
Mym@ 54,
Attaccarsi alle parole resta una speculazione. Quello che ho detto io resta tanto quanto quello che dici tu.
Non mi rimangio nulla e non rettifico nulla, perché non mi attacco alle parole. Poi ognuno è libero di farlo,l’ importante è che non ritenga che sia la stessa cosa per tutti.
Gennaio 14th, 2016 at 11:57 am
Nello@ 57: bene, su una cosa concordiamo: non è la stessa cosa per tutti.
A parte il BD.
PS: “non ritenere che sia la stessa cosa per tutti” è “l’importante” perché è una di quelle regole buddiste ooo…?
Gennaio 14th, 2016 at 12:25 pm
Mym@ 58,
Altre parole per il tuo spasso, dici: “…a parte il BD” per me, è quel “a parte “che è il BD.
La lettura soggettiva, la tua, resta una tua libera interpretazione e spero non abbia la pretesa di essere LA verità…, io, con la “neuro”, con i “volponi” e con la “verità” letterale, c’entro poco
Gennaio 14th, 2016 at 12:28 pm
a Nello @55
Non ti attaccherai alle parole, ma ci giochi molto; ed anche barando allegramente ( come peraltro mi pare si rilevi anche in @ 54).
Non ho mai detto che ‘le regole che non sono dogmi’ mi fanno venire i brividi. Ho detto che certe espressioni, come quelle che tu hai usato (e non è la prima volta che noto questo fatto), mi fanno venire i brividi. E la pelle d’oca, aggiungo.
Ho spesso pensato che la pratica buddista possedesse/fosse di per sè in qualche modo un antidoto al fanatismo ed al fondamentalismo. Ne sono sempre meno sicuro.
Anzi, adesso che ci penso, mi sovvengono alla memoria cose come Mishima, la setta AUM (quella del gas nervino a Tokio), Brian Victoria e, se ci penso ancora, chissà cos’altro.
Dio ci scampi dai Buddhisti (con la h al posto giusto, però). Non vorrei dover rimpiangere l’Isis, un ipotetico domani.
Gennaio 14th, 2016 at 12:52 pm
Nello@ 59: il BD lo giri e lo rigiri come vuoi, una volta è il rapporto uomo donna, una volta l’a parte ecc. ecc. Il fatto è che sino a che pensi di sapere che cos’è il BD … hai proprio bisogno del BD.
Non rispondi alla mia domanda, però: “non ritenere che sia la stessa cosa per tutti” è “l’importante” perché è una di quelle regole buddiste ooo…?
Gennaio 14th, 2016 at 12:56 pm
@ 60: aggiungi pure Deshimaru, la stragrande maggioranza del buddismo giapponese (con lo zen soto in testa), lo Shinto che è una truffa pazzesca (leggere per credere), quelli che mischiano religione e politica l’hai già detto tu…
Gennaio 14th, 2016 at 3:49 pm
Ergo, la verità ce l’ hanno mym e doc. Ve la lascio.
Tu doc riserva il termine “baro” per il tuo psichiatra.
Voler affermare il proprio dire stabilendo che l’ unico registro linguistico giusto è il proprio…non è come il kwatz di Rinzai (risparmiatemi le vostre considerazioni in merito, non è questo il tema) .
Il linguaggio, come da voi inteso, conta zero nello zen, per mia opinione.
Gennaio 14th, 2016 at 3:56 pm
Dario @31
Altra errata corrige.
Rileggendo: la nota @34 era indirizzata a Dario @31. Giuro che non ho sbagliato apposta O:) O:-), mi ha tratto in inganno il link in grassetto, che solitamente usa mym.
Grazie Dario: la poesiola del ladro e della luna è davvero stupenda. L’avevo dimenticata.
Gennaio 14th, 2016 at 4:05 pm
Caro Nello @63
uno che bara dicesi baro, uno psichiatra è un’altra cosa. Non gioverebbe solo a me, evidentemente! ma grazie del suggerimento.
Consiglio per consiglio: se tu facessi meno zazen, dimenticassi i cattivi maestri, coltivassi un po’ di umiltà e dedicassi un po’ di energia ad uccidere il tuo orgoglioso ipertrof-io, probabilmente il velo dei ‘registri linguistici’ che ti offusca tanto la visione si dissolverebbe come neve al sole.
Gennaio 14th, 2016 at 5:49 pm
¿Qué está sucediendo aquí?
Se empieza hablando de los acontecimientos de Colonia, para después pasar a decir que es verdad, que es lamentable, pero que las mujeres en muchos casos van provocando, se pasa a decir cómo han de hacer los joyeros su vitrinas, interviene una mujer y se le dan consejos paternales y (casi) se la hace callar, pasamos a prohibir o a legalizar las drogas o la pornografía, y finalmente unos intervinientes empieza a discutir cuerpo a cuerpo entre ellos usando armamento pesado.
Es cierto, nos lo recuerda Vimalakirti, que el bodhisatva camina por caminos equivocados, pero tampoco hay que exagerar.
Gennaio 14th, 2016 at 5:59 pm
Hola, Roberto.
Grazie. Hai proprio ragione.
Los caminos equivocados como caminos non equivocados se les enseñó…
La colpa è tutta di Doc!
Gennaio 14th, 2016 at 8:56 pm
Senti doc@65,
la tua presunzione ti induce in espressioni offensive, con me non ti è permesso. Ricordatelo. Non ti replico sul tuo piano per rispetto verso questo spazio che si definisce, non mi è ancora chiaro se velleitariamente “Comunità buddista zen “, mah! !!
Gennaio 14th, 2016 at 9:09 pm
Mym@ 61,
ho detto che per me BD corrisponde, è la totalità, ma nessun dizionario potrà dirti di cosa si tratta. Solo che tu avochi al dizionario la lettura. In termini strettamente buddici ,il dizionario conta zero. Poi uno può scegliere di giocare come gli aggrada l’importante è non usare termini offensivi.
Gennaio 15th, 2016 at 5:55 am
Vedi mym, se tu proponi al dibattito un tema come questo (anche se Colonia ormai può essere paradigma di Europa) , che è un concentrato quasi di tutto il male possibile, e vuoi che si sviluppi in modo che emerga “il bene “,”per te e per me “, in termini religiosi, affermo che uno che vive, o si sforza di vivere il buddhismo, dovrebbe in primis realizzare la sua natura originale. Dare espressione al proprio stato di essere, può anche esporsi al mescolamento di religione e “politica” bisogna poi vedere che tipo di contaminazione risulta. Sostanzialmente, tu dici, riconosco solo il bene autenticamente religioso che è quello che indico io, gli altri sono fasulli o non colgono nel segno. Alla tua posizione altre si confrontano e possono essere smontate nel merito che pongono. Nel dibattito che si sviluppa, è fondamentale mantenere un rispetto per le opinioni altrui e smontarlo, se si può, con argomenti convincenti che non sono il solito disco della corruzione del buddhadharma operata praticamente da tutti gli altri tranne che da te.
Gennaio 15th, 2016 at 6:13 am
E per “natura originale ” intendo “mubussho” che è “bussho” , quindi, nessuna sostanzializzazione, nessuna oggettivizzazione della medesima.
Gennaio 15th, 2016 at 7:30 am
Va bene, Nello. Grazie per la pazienza.
Le donne “di Colonia” han finito per rimanere sullo sfondo.
Gennaio 15th, 2016 at 8:20 am
Le “donne di Colonia “, così come le indichi tu, non esistono
Gennaio 15th, 2016 at 8:24 am
È vero.
Infatti non le ho indicate così 😛
Gennaio 15th, 2016 at 8:38 am
Le donne esistono, o almeno hanno dignità d’esistenza come tutto il resto. “Di Colonia” sta per simbolo. Per richiamare un problema. Vasto, sfumato, sovrapposto.
Gennaio 15th, 2016 at 11:14 am
Questi hanno la faccia come i marciapiedi.
Questa volta la battuta sarà capita da meno persone ancora rispetto a quella precedente.
Gennaio 15th, 2016 at 11:30 am
Sì, qui bisogna proprio fare uno sforzo per staccare l’immagine dal sentimento e dal riferimento emotivo automatico: può anche essere un buon esercizio, ma per pochi, molto pochi. Poi non si devono lamentare se vendono cinque copie.
Gennaio 15th, 2016 at 1:01 pm
Mi associo. Ci vuole un doppio salto mortale carpiato per ‘capire’ quella vignetta.
Interessante l’articolo segnalato da mym.
Gennaio 15th, 2016 at 3:57 pm
Mi piacerebbe conoscere quello che è andato a far vedere apposta (non credo siano tra gli abituali lettori di Charlie) la vignetta ai genitori del bambino per carpirne la reazione. Quello sì che è proprio una cacca.
Gennaio 16th, 2016 at 1:50 am
Mym 74
Che eleganza!
Gassho
Gennaio 16th, 2016 at 11:02 am
Tornando A “Colonia” e tentando di dire qualcosa sulla pro-vocazione di MYM sul “reale personale”..
1)L’uomo si muove a partire da spinte diverse: concordo con Bernard Williams, il sé è un “complesso motivazionale” (un intreccio di pulsioni, umori, desideri, pensieri, intenzioni che agiscono sulla scelta) che è interdipendente con la realtà esterna.
2)La visione del mondo basata sulle credenze o fedi religiose è forse (v fascismo e comunismo)una motivazione (valore) più radicale di ideologie non religiose ma non penso si possa assolutizzare. Hannah Arendt ci ha mostrato la “banalità del male”
3)I monoteismi radice di un pensiero pre-potente? forse, ma allora come si spiega lo sfruttamento dei minori nei paesi come Thailandia e Birmania, “accettato” dalle autorità e dalle masse? o i frequentatori/contribuenti perlopiù occidentali indifferentemente religiosi o laici
Gennaio 16th, 2016 at 11:07 am
I messaggi religiosi sono stati ovunque interpretati in modi a volte radicalmente opposti: mi pare anche nel Buddhismo.
Mi pare che nella sua storia Ahimsa, Karuna e Maitri non sempre siano stati al centro dell’agire
Forse è questione di intenzioni: dove si intende andare?
Gennaio 16th, 2016 at 11:28 am
Ciao Dario. Se la metti così non vale. Tu fai riferimento alla realtà delle cose. A quel che fanno quelli che si dicono/pensano buddisti o altro. Il discorso di massa, con tutto il rispetto, non è (quasi) mai un discorso religioso.
Mi piace la definizione “monoteismi radice di un pensiero pre-potente”.
Dove dissento vigorosamente è nella definizione di “sé” che date tu e Bernard Williams. Premesso che il termine stesso entra nella cultura occidentale via William James dopo aver malamente occhieggiato il Lankavatara sutra, il “complesso motivazionale (un intreccio di pulsioni, umori, desideri, pensieri, intenzioni che agiscono sulla scelta)” è ben poca cosa: pensieri, emozioni, sensazioni mutevoli che vanno, vengono e scompaiono. Se quello fosse il “sé” avrei già protestato con il fornitore.
Gennaio 16th, 2016 at 12:55 pm
A proposito della parte “alta”, per così dire, del dialogo vi segnalo quest’articolo. Grazie Giorgio.
Per ciò che riguarda la parte più seria, invece, penso che l’obiettivo più importante sia iniziare o approfondire il dialogo con l’islàm, in particolare con quello più radicale e intollerante.
Gennaio 17th, 2016 at 11:06 am
Interessante l’articolo, grazie. Penso anch’io che quello sia l’obiettivo più rilevante del dialogo presente e prossimo venturo. Qui la problematica è prima di altro relativa al linguaggio. Anni fa, in un pubblico incontro fra rappresnentanti di diverse tradizioni religiose (una forma minore e pressoché inutile di dialogo, ma da cui si possono trarre alcuni spunti) l’uomo dell’islàm, un italiano “convertito” radicale e intollerante q.b., mi apostrofò dandomi appuntamento al giudizio universale per potersi godere lo spettacolo del destino eterno che Allāh nella sua giusta misericordia mi avrebbe riservato: e questo solo perché, parlando, avevo usato l’espressione “essere umano” invece di “creatura”: di lì in poi mi ha ignorato e si è messo a litigare con il cattolico sul fatto che appeso a quella croce sul Golgota non c’era Gesù ma un suo sosia. Se si vuol dialogare con l’islàm radicale e intollerante bisogna far molta attenzione a come si parla: altrimenti quell’orecchio, già pregiudizialmente ostile, si sigilla.
Gennaio 17th, 2016 at 11:14 am
Sì, servono persone tolleranti, preparate, pazienti, prive di pregiudizi, disposte all’ascolto, indifferenti alle critiche, che sappiano far scivolar via le offese, disposte al bene, disinteressate ovvero prive di interessi personali di tipo materiale e spirituale, amanti del bene comune, profondamente radicate nel fondo mistico della creatura (!), profeticamente ispirate nel compiere un’opera dai contorni senza tempo.
Non spingete, uno/a alla volta per favore…
Gennaio 17th, 2016 at 11:28 am
Oggi non posso, porque no tiengo, porque me falta… qualche requisito (e.g preparazione, pazienza, mancanza di pregiudizi…). You go first 🙂
Gennaio 17th, 2016 at 11:30 am
Vabbe’, intanto vai tu e tienli occupati.
Appena arriva quello gggiusto: mando per il cambio…
Gennaio 19th, 2016 at 1:09 pm
Irriducibili…
Esperienza e tradizione insegnano che è inutile tentare di spiegarsi con chi pensa di aver ragione. E anche noi ci siamo dentro eh, come tutti. Se non apriamo uno squarcio e non tendiamo a lasciarlo aperto ben ci capita di non vedere la realtà ma solo quello che a noi sembra tale.
Sempre incorriamo nel sbagliare in qualcosa quando ci rapportiamo con altro da noi, ma, secondo me, la differenza la fa l’orientamento con cui agiamo. Se partiamo dal presupposto che ‘stiamo facendo il bene dell’altro’ cadiamo in trappola perché crediamo di poter pensare al posto dell’altro.. Se partiamo dal presupposto di badare al nostro bene siamo già in fondo.
Nel momento in cui si lascia cadere sia l’una che l’altra posizione, forse si può dire di essere disponibili al dialogo ( a prescindere da chi è il nostro interlocutore) e non solo a quello delle parole in cui tutto sommato, mi è anche facile dirti ’hai ragione’, ma anche a quello della vita.. in cui non mi è affatto facile dire ‘ok, va bene così. Mi fa male. Non capisco il perché. Ma va bene così.’ E poi ci si alza per vivere ciò che si incontra.
E questo non significa non parlare di ciò che succede. Se c’è da denunciare si denuncia. Qualsiasi cosa si possa concretamente fare per evitare sofferenza si deve fare. Non c’è bisogno di dirlo. Nella consapevolezza che né Buddha né Gesù ( per parlare dei due più famosi)hanno cambiato l’animo umano. Ma hanno cambiato la vita di uomini in carne ed ossa. Ed è in questa possibilità che voglio credere.
Poi, se l’unica cosa che ci rimarrà sarà di sederci in zz con la mascherina andrà bene anche quella.
Gennaio 20th, 2016 at 8:01 am
Ciao Marta bentornata. Sei un concentrato di saggezza… 🙂
Siamo in un blog, si parla/scrive, seduti in poltrona, al caldo…
Apparentemente per un dialogo basterebbe essere aperti e vuoti, così: niente preclusioni o preconcetti, solo perle di saggezza. Calati nella realtà forse occorre un po’ più di preparazione. Per esempio sulle priorità, e questo implica una conoscenza della realtà mondana. E poi sui presupposti sul quale l’altro, quello stabilito come prioritario, si muove. Se qualcuno mi dice che la moglie disubbidiente va battuta, dal punto di vista umano non ha importanza se me lo dice un macho della val Brembana (senza offesa: è solo per citare un nome) oppure un islamico ortodosso. Se intendo istituire una relazione/dialogo, invece, la cosa fa differenza. Per questo consiglio di leggere il Corano. La priorità è quella e senza conoscere la scrittura siamo senza parole. Il macho della val Brembana, per ora non è una priorità.
Gennaio 20th, 2016 at 8:09 am
“Il macho della val Brembana, per ora non è una priorità”… eh già… quiggiù al nord si è installato al potere (e per di più non ha manco una scrittura da poter leggere) 🙁
Gennaio 20th, 2016 at 8:42 am
Il consiglio (leggere il Corano) è buono a prescindere: ci (ri)provo, valendomi della traduzione di Gabriele Mandel khan (Utet 2006, euro 14)
Gennaio 20th, 2016 at 9:15 am
Queste son notizie! 😮
Grazie
Gennaio 20th, 2016 at 12:46 pm
Caro mym, la tua inclinazione alla tunica arancione rivela la tua propensione al martirio e la tua latente anima cristiana , Mazzocchi preghera per te…🎅
Gennaio 20th, 2016 at 12:57 pm
Grazie Nello, la latente anima cristiana in effetti sta benino. La tunica arancione è in lavanderia ma ancora gagliarda.
Però non credo che Luciano pregherà per me.
Forse una preghierina affinché io non ritorni… 🙁
Gennaio 20th, 2016 at 2:51 pm
Grazie del consiglio. Seguirò l’esempio di JF. Il Corano che ho io è dell’Oscar Mondadori del 2005. Non è quello di JF ma spero vada bene lo stesso: costa sempre 14 euro.
Sul discorso della realtà vorrei aggiungere un paio di cose. Sono insegnante e lavoro tutti i giorni con bambini (e genitori ) di religione musulmana. Nel paese in cui opero c’è un gruppo che oramai da anni si prodiga (nel vero senso della parola) con le mamme e i bambini musulmani affinchè le parole democrazia, libertà, integrazione non siano solo parole. Con molte difficoltà ma anche con evidenti risultati.
Credo che il dialogo agli alti livelli (sulle scritture) siano importanti ma innanzitutto non sono per tutti, (in prima persona non mi metterei mai a discutere sulle scritture per vari motivi), in secondo luogo perchè le priorità che sono al mio livello sono quelle di dare qualche possibilità di integrazione a chi me le sta in qualche modo chiedendo ora.
E tornando al post… Parlare per categorie non mi è mai piaciuto ma in questo caso parlo dal versante del genere femminile…
Non so quanto faccia bene alla categoria in questione mettere sempre in risalto la violenza sulle donne che avviene in ogni parte del mondo. E’ violenza grave come quella che avviene su qualsiasi altro essere umano. E tra l’altro a me sembra che più che se ne parla più sembra aumentare, anche nel nostro paese e non solo tra stranieri.
Che fare allora? Proporrei una riflessione: normalmente i bambini vengono allevati dalle madri. Gli uomini se ne occupano poco. Come mai i figli assumono ad un certo punto questi atteggiamenti maschilisti?
Cosa c’è di sbagliato nel rapporto tra madre e figlio? Chi se ne intende un po’ di psicologia, sa che ciò che accade nei primi anni sono determinanti per tutta la vita.
E questo vale anche per l’altro versante quello del femminile che mette in mostra la propria carne perchè pensa che quello sia il modello di libertà che più le si adatta.
Che poi, scusate, ma l’italiano ( e quanti ce ne sono) che va a prostitute o va a fare il safari sessuale nei vari paesi, è veramente tanto diverso dal musulmano nella modalità di pensare alla donna-femmina?
Ecco, un dialogo con le donne forse sarebbe più proficuo ma non per mettele in guardia dalle violenze ma per far loro vedere che forse la libertà ha anche altri terreni.
E anche qua, quale è la responsabilità delle mamme? e della scuola ( fatta tra l’altro prevalentemente da persone di sesso femminile?)
Gennaio 20th, 2016 at 4:17 pm
Alle mamme, ai papà, alle maestre e ai maestri avevo già dedicato poche sbrigative parole (cfr. @13). Qui si parla di violenza sulle donne un po’ perché ai maschietti (machos-protettivi) fa impressione che gli tocchino le loro donne, un po’ perché “i fatti di Colonia” hanno aperto un diverso capitolo del problema dell’integrazione.
Il riferimento alla scrittura/Corano non è verso una democratizzazione o una omologazione politica. Potrebbe diventarlo ma allo stato penso che sia importante che ogni religione (i.e.: appartenente a) riveda le proprie scritture in modo critico. Rinunciando alle parti dove si fomenta (o che possono essere strumentalizzate per fomentare) violenza e oppressione. La giustificazione religiosa di tanti atti di guerra può essere tolta eliminando la guerra dalle scritture.
Gennaio 20th, 2016 at 8:49 pm
E’ una meta notevole quella di rivedere le proprie scritture in modo critico. E’ un bel cammino. Tutto in salita penso ma non per questo da rinunciarvi.
Certamente però, mi sento di dire, che finchè non si trova il modo di non far partire la freccia (in questo caso della violenza sulle donne) comunque, volando un po’ più rasoterra, si dovrebbe cercare, dove si può, di farne deviare la traiettoria. Con gli strumenti che ognuno si trova ad avere.
Gennaio 20th, 2016 at 10:29 pm
Questo sistema economico è iperviolento, genera violenza sistematicamente, ci sono varie modalità per trasformarlo in saggezza e ce le indicherà compassionevolmente, mym.
Gennaio 21st, 2016 at 7:03 am
@98: sì. Ognuno la propria parte. Con gli strumenti che ognuno si trova ad avere. E con gli strumenti che decide di fornirsi o di affinare.
Gennaio 21st, 2016 at 7:11 am
@99 anche la politica è una parte importante nel rendere un poco meno ingiusto il quasi-inferno in cui molti vivono. Il sistema parlamentare, per esempio, trasportando lo scontro in un luogo in cui si parla e non si spara, ha quantomeno abbassato il livello di violenza cruenta nel processo decisionale. Anche la religione (l’uomo di) può fare una parte.
Quando avrai fatto la rivoluzione buddo-comunista e tutto sarà pace amore e giustizia, l’animo degli uomini sarà mutato dal desiderio alla generosità ecc. ecc. avvisami.
Gennaio 21st, 2016 at 9:12 am
@101, deduci frettolosamente, sono quanto di più lontano dal comunismo in qualsiasi salsa. Il punto è come dare espressione alla propria consapevolezza, come hai evidenziato in post precedenti, e qui, non c’è e non può esserci una modalità unica. A me del Corano importa nulla e per “leggerlo”,mi basta guardarlo in giro per il mondo. Poi, certo, il dialogo. …,ma, come dici anche tu, il “demonio” esisterà sempre. …
Gennaio 22nd, 2016 at 4:36 am
Mi fido di Schopenhauer perché la sua dottrina concorda in modo impressionante con il buddhismo. Scrive ne il Mondo come volontà e rappresentazione: “Buddha e io insegniamo nella sostanza la stessa cosa”. E nella Prefazione afferma che Il mondo come volontà e rappresentazione non è che un commento alle Upanishad:
“Ho denominato la cosa in sé, l’intima essenza del mondo, in base a ciò che di essa ci è noto nel modo più certo, la volontà. Si tratta com’è ovvio di un’espressione scelta in termini soggettivi, e precisamente facendo riferimento al soggetto del conoscere; ma, dato che comunichiamo conoscenza, tale riferimento è essenziale. È dunque infinitamente meglio che se l’avessi chiamata per esempio Brahman, o Brahma, o anima del mondo, o altro.”
Le concordanze col buddhismo emergono in modo esplicito nei capp XLI, XLVIII, XLIX de Il Mondo Vol. II e sono state evidenziate dall’orientalista svizzero Urs App, che insegna all’università di Kyoto. (cfr. Schopenhauer’s Compass. An Introduction to Schopenhauer’s Philosophy and its Origins).
Mi fido di Schopenhauer perché considera il teismo un’empietà e raccomanda di maledire dio in quanto ispira deliri sanguinari agli uomini. Mi fido di Schopenhauer perché è stato il primo onesto ateo nella storia dell’Occidente. Mi fido di Schopenhauer perché è snobbato dai professori di filosofia in quanto parla il linguaggio comune e rifiuta il linguaggio specialistico.
Scrive ne Il mondo a proposito del Corano:
“questo libro abbietto è stato sufficiente a fondare una religione diffusa in tutto il mondo, a soddisfare il bisogno metafisico di infiniti milioni di persone per dodici secoli, a diventare la base della loro moralità e di un rimarcabile spregio della morte, e anche a ispirarle a condurre guerre sanguinose e ottenere grandi conquiste. In questo libro noi troviamo la più triste e miserabile forma di teismo. Forse si perde molto nella traduzione, ma non sono stato in grado di trovarvi una singola idea di valore.”
Sulla stessa lunghezza d’onda di Schopenhauer si sono espressi Diderot, Leibniz, Voltaire, Tocqueville, Burckhardt, Kafka, Giovanni Papini, Bertrand Russell etc.
Se la barbarie del Vecchio Testamento è bilanciata dalla sublimità di Gesù, al punto che Schopenhauer indicherà nella pietà il fondamento dell’etica, Maometto è stato l’unico fondatore di una religione ad essere assetato di sangue.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:38 am
Userò alcune delle frecce del mio arco contro un bersaglio semplice: Nello, perché è il paradigma di quella malattia storica chiamata “pensiero debole” (l’incapacità di trarre le conseguenze dalle premesse).
Nello@42 dice che quando il sistema collasserà si avvererà la profezia della venuta di Maitreya e sarà la fine di tutte le guerre, le carestie e le epidemie. Ecco, questa è una speranza folle, al pari del messianesimo dei monoteismi, o del comunismo, perché significa armare e fanatizzare i disperati pronti ad illudersi che la storia porterà per conto suo la meta agognata: il paradiso in Terra. Tali speranze sono la causa delle stragi più terrificanti e inutili della storia. Il messianesimo, al pari dell’ utopismo puerile, non è che una proiezione che vuole porre fine al dramma dell’umanità che è senza fine. L’atto veramente rivoluzionario è dire la verità, cioè dire, con rigore terminologico, come stanno le cose (altro che speculazioni intellettualistiche! Cfr. @52). Per questo Schopenhauer, per es., è un rivoluzionario, perché ci ricorda che l’uomo può progredire solo passando da un male maggiore a un male minore, ma al bene puro e semplice non passerà mai; alla completa emancipazione, alla pura libertà, non arriverà mai. [1/2]
Gennaio 22nd, 2016 at 4:43 am
Nello vaneggia anche sul capitalismo, cioè descrive il diavolo peggio di come è (bello non è!). Il principio del capitalismo non è sradicabile perché si basa sulla libera iniziativa e, in economia come in natura, sulla lotta. È vero che il capitalismo è pieno di difetti e il nostro compito è quello di arginarlo e umanizzarlo, ma è un fatto che ancora oggi non c’è niente di meglio che possa sostituirlo, e che nelle società precapitaliste si muore di stenti mentre noi occidentali, grazie al capitalismo, viviamo, chi più chi meno, come mai i ricchi del passato hanno vissuto. Il capitalismo è parte di un problema più grande che è l’esplosione demografica.
Inoltre, a parte che con il modello USA abbiamo molto a che spartire visto che gli USA sono la democrazia più antica del pianeta (@3), e che la pornografia ha avuto il grande merito di desacralizzare la vagina, il solo pensare di proibire i romanzi pornografici di De Sade, per es., che sono stati un grande diletto della mia giovinezza (lo schema della narrazione prevede che la povera eroina subisca le peggiori scelleratezze proprio in virtù della cieca devozione a dimostrazione che nessun dio ci può salvare), oppure la droga, (nella civilissima Svizzera è lo Stato che eroga l’eroina ai tossici proprio in ragione del fallimento delle politiche proibizioniste), perché sono attività che non collimano con il proprio gusto, non solo è contrario ai valori dell’Occidente (i.e. la tutela delle minoranze), ma è profondamente antibuddhista.
L’atteggiamento antibuddhista di Nello è manifesto soprattutto @40 e @102. Hai voglia a dire che *a te* del cristianesimo e dell’Islam non ti importa, di fatto sono religioni che hanno miliardi di fedeli. Dio (o Allah) infatti, sebbene non esista se non come astrazione, unifica, semplifica e simboleggia atti e comportamenti religiosi.
Più ridicolo dell’ ‘io’ c’è solo un disturbo narcisistico della personalità alimentato dallo pseudobuddhismo.
Quando mym@97 scrive che “è importante che ogni religione (i.e.: appartenente a) riveda le proprie scritture in modo critico” non offre una “lettura soggettiva”, una “libera interpretazone” al pari, diciamo, della tua (@59) ma in saggezza, e compassionevolmente, dice la verità, cioè indica la soluzione (una soluzione antica) ad un problema concreto. [2/2]
Gennaio 22nd, 2016 at 8:31 am
Ciao Hmsx, come spesso accade arrivi a folate. Scrivi a delle ore che, se non sei a est dell’Afghanistan, sono antelucane. Sarebbe bello, proprio ai fini del dialogo e della riduzione del danno/conflitto/violenza discutere di idee e non di persone. Sostanzialmente non è molto diverso nei casi in cui ci sia autoidentificazione, ma formalmente (e quando ci sia distacco tra il pensante e il pensato) le cose cambiano. C’è differenza (di risultato) tra il dire “sei un cretino perché hai detto che…” e il dire “le idee che hai espresso a proposito di … sono delle cretinate”. Si può far di meglio ma è il primo passo per evitare un conflitto che genera (per di più in modo inutile, sprecato) sofferenza.
pensi che, volendo, non si potrebbe far lo stesso con te? Giusto per fare un esempio a caso: affermazioni come “Mi fido di Schopenhauer perché è snobbato dai professori di filosofia in quanto parla il linguaggio comune e rifiuta il linguaggio specialistico” fanno minimo minimo sorridere: se quello è (uno dei) il metro in base al quale concedi la tua schizzinosissima (choosy?) fiducia… per non volar troppo basso pare di essere tornati ai livelli di “non mi fido di nessuno che abbia più di trentanni…”.
Gennaio 22nd, 2016 at 8:40 am
Be’, però, se salta fuori che “le donne di Colonia” se la sono cercata perché avevano su un profumo in grado di “istigare gli uomini” è la scoperta dell’acqua calda.
O dell’Acqua di Colonia.
Qui penso proprio che si possa parlare di idiozia, non solo di idee idiote.
Almeno per ciò che presume “dall’altra parte”: io, come uomo, ogni volta che sono sollecitato da un profumo mi scateno…
Secondo questo imam gli uomini sono degli scimmioni arrapati pronti a dar sfogo … Una visione che offende più gli uomini delle donne.
Speriamo.
Gennaio 22nd, 2016 at 9:25 am
Penso che mym@106 abbia ragione, anche se disgiungere le idee da chi le esprime non è cosa agevole, specie in sedi come questa. Devo anche dire che con l’atteggiamento di Nello@102 “A me del Corano importa nulla e per “leggerlo”,mi basta guardarlo in giro per il mondo” non si va lontano, anzi si regredisce. Se dovessi giudicare il buddismo “guardandolo in giro per il mondo” (o anche solo chez nous) mi farei crescere i capelli apposta per metterci le mani. Piuttosto, leggendo il Corano, si ha proprio l’impressione di cui parla mym@107 a proposito dell’imam di Colonia: che da quel libro emani una visione dell’uomo come di una massa di scimmioni arrapati da tenere a bada con continue minacce di punizioni terribili: trattare gli uomini come bambini cattivi, riottosi e cretini non mi pare il buon metodo per farli crescere: d’accordo, lo sono (lo siamo) ma non è su di questo che un testo religioso dovrebbe far leva.
Rivedere le proprie scritture in modo critico è in realtà l’unica via da percorrere: tradurre significa snche questo. Certo che se il presupposto di una scrittura è che si tratta di “parola di Dio” tale e quale, la revisione si fa ardua, tocca discutere dell’autore…
Quanto a Schopenhauer non so, poco e male lo conosco: però tendo a fidarmi del citato Urs App, anche per averlo incontrato: uno studioso di prim’ordine, così come era la moglie (https://it.wikipedia.org/wiki/Urs_App)
Gennaio 22nd, 2016 at 9:27 am
Be’, sei l’hai incontrato dev’essere certamente in gamba. Non come la moglie, però 😛
Gennaio 22nd, 2016 at 9:30 am
Scrivo ad ore assurde perché sono dieci giorni che soffro di insonnia…e non dormo da 48 ore! Insomma, sono in pieno fervore mistico e non ho assunto nessuna droga.
Mi fido, anzi, adoro Schopenhauer perché disprezza l’ingegneria concettuale di Hegel, e tutto quel linguaggio iperspecialistico che collima con la masturbazione verbale tipica di molti professori di filosofia, come Heidegger o Severino, per esempio.
Dài, Nello, non ti arrabbiare, sono un tipo collerico, ma mi passa presto(certo che di cose da dirti ne avrei). Amici <3
Gennaio 22nd, 2016 at 9:35 am
Brutta bestia l’insonnia.
Hai provato con … Schopenhauer?
😉
Gennaio 22nd, 2016 at 9:35 am
A me sembra che il problema serio del rapporto tra etica e religione sia stato ampiamente trattato, forse pure troppo, cioè con troppa varietà di soluzioni; il che magari lo fa riaprire, ma parlare come se tale problema non fosse mai stato trattato, come molti pensatori alla moda fanno, significa ignorare il passato e andare indietro invece che avanti. Mi sembra che la cifra generale di quest’epoca sia una ripresa in peggio e quasi una trasfigurazione nella sofisticazione e nell’astrazione di vecchi problemi con cui si tortura il lettore odierno. Capita spesso che in un’epoca si dibattano con una nuova configurazione e una nuova terminologia problemi già sviscerati e risolti o almeno inquadrati e squadrati nel passato come se fossero nuovi. Ma non è giusto ripensare i problemi già trattati in grande in una forma meno cospicua e perspicua. Per es., la soluzione proposta da mym@97 è stata perseguita in grande stile dal teologo cattolico Hans Küng nel 1993 con l’istituzione del Parlamento delle religioni e la Dichiarazione per un’etica mondiale. La Chiesa cattolica, dopo una prima adesione al progetto, ha reagito con l’emanazione, nel 2005, della dichiarazione del “Dominus Iesus”, ovvero dell’unicità e dell’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, vidimato dal il cardinale Joseph Ratzinger futuro papa Benedtto XVI. “Un misto di megalomania e arretratezza vaticana” secondo le parole dello stesso Küng.
NB: l’Islam è un grande problema. Non dirò molto, ma rendo edotto il caro pubblico che il famigerato Nietzsche ne ha parlato diffusamente in tante sue opere, e in toni assurdamente elogiativi, cioè egli ne elogiava la violenza…
Gennaio 22nd, 2016 at 9:43 am
@112: quasi quasi mi offendo. Considerare “una forma meno cospicua e perspicua” la mia proposta a fronte di un tentativo di metter giù un nuovo decalogo etico. Dal quale, tra l’altro tutti hanno preso le distanze.
No no no, non sto parlando di un progetto comune o dell’individuazione di principi etici comuni. Quelle sono le follie dei filosofi. O dei papi.
Gennaio 22nd, 2016 at 10:01 am
No no, non mi riferivo alla tua proposta, caro mym, anzi, ma, diciamo, alle fonti sotterranee di Nello. Non voglio infierire, ma Diego Fusaro è un… se non posso dire la parola cretino taccio.
Gennaio 22nd, 2016 at 11:11 am
Certamente raccomando la lettura del Corano. Ma non solo: non dimentichiamo le radici comuni che sono anche cristiane, nonché ebraiche. Un’occhiatina a Deuteronomio 13:6-16 -tra i tanti esempi possibili- credo possa far riflettere sul perché di molte cose.
Gennaio 22nd, 2016 at 11:20 am
Se poi si volesse leggere la storia attuale anche alla luce della religione, potrebbe essere utile vedere che cosa promette Dio (si fa per dire…) a Mosé in Esodo 23:27-31 riguardo al futuro della Palestina e (soprattutto) dei palestinesi: “27 Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltar le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te. 28 Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l’Eveo, il Cananeo e l’Hittita. 29 Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché il paese non resti deserto e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te. 30 A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare il paese. 31 Stabilirò il tuo confine dal Mare Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al fiume, perché ti consegnerò in mano gli abitanti del paese e li scaccerò dalla tua presenza.”
Gennaio 22nd, 2016 at 12:49 pm
Per tornare alle “profumate donne di Colonia”: anche in quelle che sono (dette essere) le radici della civiltà europea qualche cedimento verso la donna oggetto lo si trova. Forse alcuni pensano che il decalogo cristiano sia così perché è così che Dio lo ha consegnato a Mosé. Invece è una piccola grande truffa: è a partire dal catechismo di san Pio V papa, elaborato dal concilio di Trento del XVI secolo che, per esempio, gli ultimi due comandamenti sono ridotti a: “non desiderare la donna d’altri” e “non desiderare la roba d’altri”. Nella versione antica, quella del Deuteronomio cap. 5 (ce n’è un’altra versione, analoga, in Esodo cap. 20) la norma è invece: “Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo” apparendo una norma che tende a mantenere l’uomo lontano dal desiderio in quanto tale, non a proibire due desideri particolari ritenuti perniciosi. Nella versione cattolica la donna è, al pari della roba, un oggetto di desiderio: non le si concede di essere soggetto, specificando anche la proibizione di desiderare l’uomo d’altri.
Cosa che, si sa, le profumate donne oggetto non sanno concepire.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:05 pm
Mym @106
fallo è quando arbitro fischia.
Fai bene a ricordare che questo spazio ha (vuole avere) le caratteristiche di un dojo buddista zen virtuale.
L’uso improprio può nuocere gravemente alla salute.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:26 pm
Ciao Doc, nonècche ti metti a fare l’umarell…
Una cosa da fare ora sarebbe citare un esempio di scrittura buddista bislacca.
Tra quelle antiche, sennò non vale…
Gennaio 22nd, 2016 at 4:33 pm
Non ne capisco la necessità ma… prego, sei tu l’esperto.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:37 pm
Capisco: i panni sporchi si lavano in famiggghia…
Facile criticare gli altri, quando poi tocca alla polvere di casa tua: tutto sotto il tappeto, eh!
Gennaio 22nd, 2016 at 4:50 pm
Che c’entra una scrittura buddista antica con un dojo zen :-O ?!
‘Dove’ mi hai ‘visto’? forse non ero lì.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:54 pm
Pardòn, non ci siamo capiti.
In @119, la prima (sull’umarell) era per te.
La seconda, sull’opportunità di non avere timori di parlar male della scrittura buddista, era in generale, anche per me.
Gennaio 22nd, 2016 at 4:58 pm
Capito
merci.
Gennaio 22nd, 2016 at 11:11 pm
@119 Per restare in tema mi viene da citare il Saundarānandā-Mahākāvya attribuito autorevolemnte ad Aśvaghoṣa dove si narra della “conversione” di Nanda, fratellastro (stesso padre, diversa madre) di Buddha. In italiano pubblicato come “Nanda il bello” nella dotta edizione Adelphi. Dōgen lo cita all’inizio del Chiji Shingi, come esempio edificante per chi cerca guadagno personale nella pratica. Nella scrittura, per molti versi assai interessante, si parla della donna in termini che l’imam di Colonia è un femminista spinto. Nel canto VIII (“La donna è ostacolo”) si legge: “le donne sono altezzose con gli umili e facilmente soddisfatte con i superbi”… si comportano in modo avido con i ricchi e in modo sprezzante con i poveri”… “come una vacca, anche se portata via da un luogo, giunta in un altro luogo continua a pascolare, così una fanciulla che sia andata altrove trova il suo piacere senza curarsi delle antiche amicizie”… ingrata, ignobile dubbiosa: tale è delle donne la mente”… la donna è particolarmente piena di difetti nella mente e nel corpo”… e via generalizzando di questo passo, per concludere, nel canto X, che “…Nanda vagava per quella tenebra chiamata moglie”. Va anche detto che questa scrittura andrebbe fatta leggere a chi aspira a un paradiso pieno di vergini in attesa, perché ce lo troviamo anche lì, bel bello: solo che chi ci finisce come premio per una vita di fede e pratica religiosa, dopo una tappa di goduria, finisce poi in un inferno racapricciante proprio per aver concepito la religione come metodo per ottenere un premio paradisiaco. Resta il fatto che la rappresentazione della donna è abbietta.
Gennaio 22nd, 2016 at 11:12 pm
P.S. Per notizie sull’autore vedi https://it.wikipedia.org/
Gennaio 23rd, 2016 at 8:24 am
Grazie Jf. Sì mi chiedevo come mai nessuno ancora citasse il Saundarānandā-Mahākāvya… 🙂
In effetti non lo si può che considerare uno scritto buddista anche se non solo non fa parte dei Nikaya ma della cui esistenza (chissà perché poi) si è accorto quasi solo Dogen. Forse perché è attribuito ad Asvaghoscia e siccome anche il Discorso di risveglio della fede è attribuito allo stesso autore…
In Bussho è evidente che Dogen era un fan di Asvaghoscia.
Non conoscevo la dotta edizione Adelphi, sono contento che le grandi edizioni si occupino anche di queste cose.
Tuttavia l’opera è un poemetto edificante, non fa parte del “corpo centrale della dottrina”.
Va bene, come fai notare, per fare da contraltare all’imam stropiccione…
Quel che voglio dire è che a differenza delle opere considerate tradizionali ed essendo un poema non è passato al vaglio dei secoli che ha eliminato (cercato di eliminare) ogni residuo di visuale personale.
Gennaio 23rd, 2016 at 9:11 am
Caro jf @108,
affermi che la mia posizione rispetto alla “lettura” del corano sia “regressiva”, e mi chiedo, regressiva rispetto a che cosa? Rispetto al “dialogo” in corso o a quello supposto in itinere? Rispetto a quale valorialità condivisa??
Quei signori lì, quelli che accreditano quel libro, dalla loro comparsa sulla terra, sono conflitto e morte!!! Sono il demonio. E poco importa quanti miliardi sono e se hanno scambiato lucciole per il sole.
Non visiterò mai i luoghi dove sono al potere e non li voglio a casa mia.
Non voglio avere nulla in comune con chi predica e istiga la violenza e la morte.
E questa è una modalità di dialogo, molto netta, precisa, distinta, che non lascia spazio a fraintendimenti.
Penso che la chiusura all’islam, sia molto meno pericolosa della apertura al medesimo.
E per “chiusura”, intendo proprio la messa fuori legge di qualsiasi organizzazione o culto che si prefigga o imponga e predichi la violenza.
Quindi, per me, l’islam confligge, ha conflitto durante il corso della sua nefasta storia, e confliggerà sempre. Con quella base dottrinale lì, il conflitto non è risolvibile in termini di ragione comune e semplice, elementare ratio.
Quindi, a casa mia, non ti faccio aprire luoghi di culto preposti a istigare la violenza fin dalla nascita e anche prima attraverso le violenze sulle donne, sulle gestanti, che non ridono mai in tutta la loro tristissima esistenza.
Quindi, per me, l’islam va respinto in toto, non è assimilabile ad alcun concetto di democrazia ed ha in sè una matrice fortemente demonica sempre pronta ad emergere, latentemente negativa nei secoli dei secoli…e la vita è troppo breve per impegnare il proprio tempo con questi qua, si può fare di meglio.
Tanto altro si potrebbe dire…un punto dovrebbe risultare chiaro ai più smaliziati, questo: costoro sono qui perchè qualcuno ha deciso così sulla pelle di milioni di altri, e assolutamente non per “bisogno”…e pagano un sacco di soldi per arrivare qui. Chi glieli dà???
Colgo l’occasione per salutarti e ringraziarti per l’attenzione dedicatami, per ora, non mi va più di scrivere qua sopra. Spero ci siano altre occasioni di incontro.Ciao.
Gennaio 23rd, 2016 at 9:26 am
Caro mym, siamo ai saluti.
Premetto, per gli altri frequentatori del blog, che non faccio parte della “Comunità buddista zen Stella del Mattino”, nè di alcuna altra organizzazione “ufficiale” buddhista, pur essendo buddhista da sempre.
Ad HMSX dico subito che non è mio amico, sono molto selettivo al riguardo e siccome si interessa troppo e in modo improprio al sottoscritto, chiarisco che mi piacciono le donne e molto.
In un thread precedente il “citazionista di fine thread”, era stato precisamente invitato a non rilevare la mia persona, non tenendone conto presumo che sia uno piuttosto tronfio.
Però qui, il problema non è lui ma la moderazione del blog. Per me, a furbacchioni del calibro del signore citazionista, andrebbe detto con rigore che per scrivere e partecipare qua sopra, bisogna osservare delle regole, diversamente, non potrà essere pubblicato lo scritto.
SE le irregolarità venissero reiterate, dovrebbe avvenire l’espulsione pedagogica dal blog con tanti saluti.
Questo, per me, è un punto imprescindibile dell’educazione standard, non dico nemmeno buddista, che qui manca.
In attesa di tempi migliori Nello qui non ci scrive più. E sono convinto e tranquillo sul fatto che tutti se ne faranno una ragione (me incluso) e non sentiranno la mancanza. Tutto scorre…
Vi ringrazio per l’ospitalità e le ottime occasioni di scambio. Buon proseguimento. Ciao.
Gennaio 23rd, 2016 at 10:17 am
Caro Nello (@128), capisco quello che dici sull’islàm. Ma lo considero un cedimento ad una tentazione: l’erba a fasci mentalmente si gestisce meglio. Sino ad ora (non per fare un paragone ma perché solo da voi due l’ho sentita) una presa di posizione così estrema, e chiara, l’avevo sentita solo da Luttwak. In quello che dici, a mio parere c’è (almeno) una forzatura: dove parli di “gestanti, che non ridono mai in tutta la loro tristissima esistenza” esageri nell’infilare nel fascio qualche cosa veramente di troppo.
Più che una posizione di dialogo, però, quella che esprimi è una posizione di guerra. Aumenterà violenza e sofferenza.
Una delle cose interessanti che disse Gesù è “ama il tuo nemico”, per nulla banale e molto intelligente, non solo per l’economia di pace individuale.
Gennaio 23rd, 2016 at 10:32 am
Caro Nello (@129). Tu mi chiedi severità censoria. Hmsx è l’unico che sia mai stato bannato da questo sito. Per un paio d’anni o giù di lì cancellai i suoi commenti e non lo lasciai registrare non ostante i tentativi, a volte riusciti, di intrufolarsi con altri nomi. Le regole servono, certo, ma le infrangiamo tutti, te compreso, almeno quella di mantenere una certa brevità (attorno alle 500 battute) nei commenti.
C’entra per quel che c’entra: il buddismo è l’unica religione estesa nel tempo e nello spazio in cui non vi sia né modo né posizione (o ruolo) dalla quale decidere chi è dentro e chi è fuori, e sono contento che sia così.
Dici di non far parte della “Comunità buddista zen Stella del Mattino”, ti dirò un piccolo segreto: nessuno né fa parte. Un club così esclusivo che nessuno è riuscito ad entrarvi.
Se ci privi dei tuoi commenti mi dispiace, lo dissi già anni fa quando per un periodo ti allontanasti: sei uno degli autori di questo blog che non sarebbe quello che è senza di te.
Gennaio 23rd, 2016 at 11:56 am
L’amicizia, la benevolenza, non è necessariamente reciproca: talvolta la si dona, gratuitamente, senza aspettarsi di esserne ricambiati.
Finito un Nello… se ne farà un altro.
La vita è grande maestra; il nostro amico troverà certamente altri luoghi e tempi in cui esercitarsi a non lasciare la coda in mezzo alle porte che si chiudono. O almeno a non lamentarsi quando viene pizzicata.
Gennaio 23rd, 2016 at 11:59 am
Evviva la compassione buddista 🙁
Gennaio 23rd, 2016 at 12:19 pm
Stimatissimo Nello,
anch’io non ti faccio più amico, e aggiungo: “specchio riflesso, ciò che vedi sei tu, fesso!”
Non ti sembra di peccare di superbia? Cosa ti fa pensare che il mio interesse per te sia “improprio”? Non sei né bello, né simpatico, e “le idee che esprimi sono delle cretinate”. Soprattutto, sei inelegante. Ti faccio notare, sommessamente, se parlare di verità ha un senso, che il mio intervento è stato solo la conseguenza di una esasperazione per i continui inviti che ti sono stati rivolti dai partecipanti di questa discussione a moderarti, e che tu hai maleducatamente disatteso. Il linguaggio per te contenerà zero, ma lo spagnolo è un idioma bello e simpatico: rileggiti il commento 66, por favor! (eh sì, bisogna andare oltre le parole, capisci?) In particolare, il commento 68 è di una volgarità intollerabile.
Aggiungo, buddhisticamente parlando, che sei un pidocchio, come tutti del resto, nel senso che non sei così importante. Se non esagerassi l’importanza che hai per te stesso, capiresti che io non rilevo te, ma, semplicemente, per motivi retorici, cioè per semplificare e riassumere, ti “uso” come semiotica per esprimere la “psicopatologia moderna” che infetta le coscienze di molti, scrivente incluso. Il fatto che tu non te ne renda conto si spiega perché la tua povera mente è schiava della tua mostruosa vanità: in psicanalisi si chiama meccanismo di difesa (negazione/rimozione/mutismo selettivo).
Inoltre la solennità con cui esprimi la convinzione che gli animatori di questo blog “tranquillamente” se ne faranno una ragione del tuo distacco dalla comunità della Stella del Mattino, alla quale, è bene precisare, senti di non appartenere, nonostante ricordo che il mio primo intervento nel lontano 2006 fu proprio una risposta polemica alla tua omofobia, o almeno così da me allora interpretata, esprime solo la tua meschinità e povertà di spirito. Il sottoscritto, ad es., non se ne farà tranquillamente una ragione (certo, nemmeno mi straccerò le vesti eh).
In attesa di tempi migliori qui non ci scriverai più è una bella dichiarazione di guerra che disattende completamente i precetti del buddhismo che è una religione di pace. Il tuo dichiararti da sempre buddhista suona sinistro, un po’ come quelli che professano l’amore per i prossimo, salvo poi accanirsi sui diversi.
Bene, anch’io non scriverò più per un po’, ma solo perché ho del sonno arretrato e tanto lavoro da smaltire.
Gennaio 23rd, 2016 at 12:19 pm
PS: vorrei scusarmi con i frequentatori del blog per questa speciosa polemica da comari. Sono veramente desolato.
Gennaio 23rd, 2016 at 12:24 pm
Anche a me dispiace se Nello non ci fa leggere più i suoi commenti, come mi dispiacerebbe non sorbire più i lunghi distillati di hmsx – quando per un po’ sono silenti, mi chiedo che fine avranno fatto… non è solo abitudine, è compagnia, un bene di cui non abusare, ma che non andrebbe negato, credo, per suscettibilità offesa. Ognuno è libero di andare, grazie al cielo, ma spero si tratti di una vacanza.
Gennaio 23rd, 2016 at 12:53 pm
Chissà, magari sono mooolto stanchi e allora… 😛
Gennaio 23rd, 2016 at 2:53 pm
Tanto per uscire dal gioco di chi ‘mi si nota di più se resto o se vado?!’, passerei oltre.
Osservo con piacere che dopo le ‘oneste’ dichiarazioni dell’Imam Sami Abu-Yusu perfino un buonista deamicisiano come Gramellini stringe le maglie.
Temo che i professionisti della religione ( e del dialogo) non si rendano bene conto della portata degli eventi e continuino ad illudersi (o a fingere di credere, in alcuni casi) che il dialogo specialistico che porta alla integrazione (forse meglio ‘convivenza pacifica’) passi in prima battuta dallo studio delle dottrine, dall’esegesi o dalla rilettura e revisione critica dei testi sacri, eccetera. Anche le priorità, infatti, sono ipotesi soggettive e risentono della definizione di ‘sé’.
Il confronto e la reciproca comprensione/accettazione delle dottrine religiose, quello che si chiama dialogo, può essere un risultato a venire, a mio avviso; che segue ad un altro processo, che avviene indipendentemente dalle intenzioni dei religiosi e dai credo.
Ognuno di noi (salvo, appunto, i professionisti) ha come priorità, come campo di azione e di pratica, la vita concreta che vive ogni giorno; la dottrina… poi.
Mi sembra il senso di Marta @96 (ciao Marta), che condivido: nelle scuole, nei condomini, nelle amministrazioni, negli ospedali ecc.
Non è la Religione che fa le persone, ma le Persone che fanno la religione. Quando le persone possono convivere allora anche i discorsi ‘spirituali’ hanno un luogo: sennò la religione è strumento di dominio, possesso o conquista dell’altro.
Come primo passo mi accontenterei, per esempio, che chiunque arrivi in europa e voglia restarci, sia invitato caldamente a sottoscrivere un documento ufficiale e vincolante con cui si impegna a rispettare leggi, usi, riti e costumi del paese che lo ospita. Sennò non entra.
Gennaio 23rd, 2016 at 3:08 pm
Senz’altro, se pensiamo che il dialogo consista nell’esegesi ecc dei testi sacri, bisogna farlo; è questione di strumenti, come osserva mym.
Ma è bene anche considerare che:
– costringerci a leggere il corano e fare del loro credo ‘il’ problema mondiale è esattamente ciò che quella gente (islam radicale) vuole, e già ci è in parte riuscita;
– il terreno della lettura e delle interpretazioni è proprio il loro terreno, dove gli infedeli neppure hanno diritto di accesso: è il loro cavallo di battaglia preferito. Come d’altronde lo è per cattolici ed ebrei, che ne sono i veri ‘interlocutori’ (o meglio ‘obbiettivi’) se mai interlocutori cercano. Sono migliaia di anni che si preparano a quel ‘modo’ di dialogare.
– Accettare quella idea di dialogo significa di fatto avallare la Verità della Rivelazione:e, una volta accettata la ‘rivelazione’, il dialogo si può svolgere solamente all’interno di quel recinto.
Gennaio 23rd, 2016 at 3:09 pm
E’ possibile che questa sia una strategia, ma potrebbe anche rivelarsi un ‘suicidio’ di massa: il dialogo secondo me presuppone che:
– si sia almeno in due
– con la voglia ed il desiderio di capirsi o quantomeno di giungere ad onorevoli compromessi.
Per questo ritengo che, almeno per quanto riguarda immigrati e rifugiati, il dialogo possa venire in un secondo momento storico: il pre-requisito sia il ripetto delle regole e delle usanze del paese ospitante.
D’altro canto il dialogo lo si può fare solo con gli immigrati, a meno di voler fare davvero i missionari votati al martirio: ma abbiamo ben visto che invadere casa degli altri alla lunga non porta gran che di buono ….
Gennaio 23rd, 2016 at 4:11 pm
Gramellini sta al giornalismo come Giovanardi alla politica.
Non ho l’obiettivo di cacciare nessuno né di integrare nessuno. Né so che cosa uscirà, quale sarà il risultato concreto di una maggiore conoscenza di quello che ora è l’altro e spesso è il nemico.
Molta violenza è contenuta nel Corano (oltre che nel Tanakh e in minima parte nel Vangelo) ed è anche su questa violenza che centinaia di milioni di persone costruiscono la propria vita. Alcune decine di milioni sono già tra noi, altri ne arriveranno.
Fagli pure leggere o firmare caldamente il “documento ufficiale e vincolante con cui si impegna a rispettare leggi, usi, riti e costumi del paese che lo ospita” ci si puliranno caldamente il didietro. E allora cosa farai? Riaprirai i forni crematori?
Gennaio 23rd, 2016 at 4:34 pm
doc@138 “sottoscrivere un documento ufficiale e vincolante con cui si impegna a rispettare leggi, usi, riti e costumi del paese che lo ospita”: a parte il fatto che se volessi andare a portar scompiglio in un Paese firmerei qualsiasi cosa pur di entrare, l’impegno a rispettare le leggi è tutto quel che serve: ma perché mai usi, riti e costumi? Credevo si parlasse di dialogo come pratica religiosa, che non è una professione ma, appunto, si svolge nella vita di tutti i giorni, nelle scuole, condomini ecc. e in cui categorie come “ospitante e ospitato” andrebbero criticamente riesaminate.
Gennaio 23rd, 2016 at 4:36 pm
Non solo.
Sino a che il mondo accetta che vi sia uno stato che si autodefinisce “lo stato ebraico” che occupa le terre che vuole con i suoi metodi, che si amministra come vuole e se ne frega delle opinioni degli altri Paesi, fa entrare come residenti solo ebrei e uccide anche a migliaia di kilometri di distanza chi ritiene colpevole, che bombarda chi gli pare che costituisca una minaccia, che accusa di antisemitismo chiunque lo critichi, chi potrà proibire che si costituisca uno stato islamico, che occupi le terre che ritiene “sue”, che si amministri con le proprie leggi e che voglia che al suo interno siano tutti islamici? E se poi questo stato occupa mezzo mondo, o più, cheffamo? Ci facciamo crescere la barba?
Gennaio 23rd, 2016 at 4:41 pm
Mym @141
Capisco ed apprezzo con viva e vibrante soddisfazione l’adozione in questo ambito del metodo di indagine scientifica indipendente da obiettivi e risultati.
Ma anche con questo ci si puliranno allegramente le terga.
Resta l’interrogativo rispetto a quali criteri definisci un certo ambito ‘priorità’.
Gennaio 23rd, 2016 at 4:47 pm
Salvare le chiappe? 😳
Anche i religiosi, pur avendo nulla da fare, dovranno passare il tempo in qualche modo, rendendosi utili, potendo.
Il mondo si sta scannando (nominalmente) in nome della religione, difficile migliorare la situazione con le bombe.
Capire, sopire, troncare…
Gennaio 23rd, 2016 at 4:50 pm
Jf @142
il vestirsi e profumarsi come si vuole, il non toccare il sedere alle ragazze di passaggio ecc non sono esattamente leggi; lo ‘struscio’ serale, le serate da ballo ecc ecc sono riti, usi e costumi. Il rispetto delle modalità di espressione ecc ecc.
Comunque ne convengo: ripettare le leggi andrebbe già bene
Gennaio 23rd, 2016 at 4:55 pm
mym 145
ne convieni alfine:
i religiosi (sostantivo indicativo di uno status che io chiamo professionale) hanno la loro priorità.
Il ‘dialogo come pratica religiosa, che non è una professione ma, appunto, si svolge nella vita di tutti i giorni’ (Jf 142) può tranquillamente prescindere dalla esegesi dei testi sacri.
Gennaio 23rd, 2016 at 4:56 pm
Forse invece che professionale dovremmo dire ‘specialistico’?!
Gennaio 23rd, 2016 at 4:59 pm
Sì, vanno bene entrambi.
La mia vita, per lo più, quasi unicamente, è occuparmi di spirito, mio altrui fa lo stesso. Con la pratica lo studio il blog i libri le lezioni ecc. ecc.
Gennaio 23rd, 2016 at 5:10 pm
Dimenticavo: “Il ‘dialogo come pratica religiosa, che non è una professione ma, appunto, si svolge nella vita di tutti i giorni’ può tranquillamente prescindere dalla esegesi dei testi sacri.” (Doc @147), sì, avevo già risposto a questa posizione parlando con Marta (@100), è bene darsi degli strumenti comunque.
Gennaio 23rd, 2016 at 5:39 pm
Può prescindere dall’esegesi (Doc147) ma non credo possa ignorare i riferimenti: se il mio interlocutore (vicino di casa, collega, fidanzato ecc.) sostiene di fondare il proprio comportamento, invasivo e/o lesivo della mia libertà, su un “testo sacro”, una qualche conoscenza di quel testo può servire a fargli da specchio. Inoltre, siamo stati crociati anche noi, e quando lo facevamo noi non gli piaceva: anche un po’ di storia non guasta. Se fossi un politico, opererei perché a livello internazionale si adottasse universalmente il principio di laicità: nessun rapporto economico, culturale, diplomatico con nessun paese che si definisca confessionale in qualsiasi forma e attui al suo interno politiche confessionalmente ispirate. Roba di lungo respiro, mi rendo conto, ma che fretta c’è: tanto se davvero i barbari sono alle porte (o già dentro casa) vuol dire che l’impero è ormai crollato: conviene pensare al dopo, cominciando ora.
Gennaio 23rd, 2016 at 5:46 pm
“nessun rapporto economico, culturale, diplomatico con nessun paese che si definisca confessionale in qualsiasi forma e attui al suo interno politiche confessionalmente ispirate”. Vaste programme, direbbe De Gaulle: l’attuale motto nazionale (!) degli Stati Uniti d’America è “In God we trust“.
Gennaio 23rd, 2016 at 5:56 pm
Lo so, però nel 1870, ieri l’altro, a Porta Pia, il papa scomunicava “gli invasori” italiani, oggi alle celebrazioni ci vanno pure i cardinali. Forse vuol solo dire che la breccia in realtà non ha fatto breccia, o forse dài e dài, qualcosa si muove: mi piace credere alla seconda.
Gennaio 23rd, 2016 at 6:06 pm
Capisco.
Nel caso particolare, però, pare che la breccia sia stata fatta verso la parte sbagliata: ora siamo tutti di là.
Nel senso che è il Vaticano (ciò che rappresenta) che ha esteso le mura.
Tra l’altro ieri ho scoperto che la famiglia al modo con cui la vogliono loro (noi, se siamo dentro) l’ha voluta Dio.
Gennaio 23rd, 2016 at 6:15 pm
Ho sentito: “il sogno di Dio per l’umanità…” sognato da loro, vien da toccarsi… Son tutti della stessa pasta, ma qui però ormai mi paiono petizioni di principio: il popolo se ne fotte, con rispetto parlando. Certo che se viene il Califfo lo rimpiangeremo il Bergoglio…
Gennaio 23rd, 2016 at 6:18 pm
Vero.
La storia di Re Travicello in grande stile.
Comparirebbero di nuovo le scritte “aridatece er puzzone!“.
Gennaio 23rd, 2016 at 6:58 pm
Una posizione estremista esposta in modo chiaro.
La guerra è pronta.
Gennaio 25th, 2016 at 5:39 pm
Saggissime le parole di doc @138 e ss. Aggiungo che molti che si dichiarano “mussulmani” lo sono alla stregua di quei cattolici che vanno a messa solo a Natale.
Per esempio: Aziz, tunisino, cinquant’anni, da venti in Italia, professione fornaio, mussulmano; entrambi i figli (un maschio e una femmina) laureati all’Università degli Studi della Basilicata. Mi dice: “I miei figli sono atei… che significa? Mi devo preoccupare?”
Per esempio: ho affittato un appartamento a una giovane coppia di mussulmani della Croazia. Lui: Erasmus a Roma facoltà di economia, quadro in un supermarket; lei commessa al centro commerciale dei cinesi. Puntuali. Onesti. (A volte saldano prima della scadenza, da non credere!)
…
[Esterno giorno. Oratorio.]
“Poi ho pensato che sono mesi, anni, che offendono me con i post di Salvini e la stronzate sugli immigrati” (Rachida, 11 anni, figlia di marocchini)
“Io vengo in Chiesa solo per giocare a pallone” (Gioele, 10 anni, figlio di cattolici italiani)
…
Famo la guerra… e a chi? Ai mussulmani o a quelli dell’ Isis?
Gennaio 25th, 2016 at 5:59 pm
Se si salda il fronte Doc-Hmsx siamo persi: l’estremismo visionario tra Piemonte e Lucania… 😮
La guerra penso sia meglio perderla che combatterla, e parlo per pura convenienza.
Gennaio 25th, 2016 at 6:04 pm
(*) Gioele “viene in Chiesa solo per giocare a pallone” nel senso che l’oratorio della parrocchia di Don Bosco è pieno di bambini.
I bambini vengono a giocare in libertà, salvo sorbirsi, tra una partita e un’altra, dieci minuti di prediche pretesche: un ave maria, un padre nostro e un “Angelo di Dio,che sei il mio custode”.
Gennaio 25th, 2016 at 6:07 pm
Sì, visionario: “Firmare un dovumento in cui ci si impegna a rispettare le leggi, gli usi e costumi del paese che ospita” è un atto solenne: presuppone di conoscerle quelle leggi, prima di firmare…
In Canada fanno così.
Gennaio 25th, 2016 at 6:25 pm
Al loro (parlo delle migliaia di profughi) posto firmerei qualsiasi cosa… poi: domani è un altro giorno.
Gennaio 26th, 2016 at 8:09 am
Interessante l’iniziativa per accogliere Rouhani, il presidente iraniano.
Gennaio 26th, 2016 at 10:19 pm
Episodio triste a dimostrazione di come l’andare incontro all’altro nel dialogo concreto si complica quando si ragiona su vasta scala, ovvero in senso politico.
Altrimenti, se non si hanno chiari obbiettivi e limiti, si nascondono le statue e poi magari va a finire che si proibiscono profumi e gonne sopra il ginocchio.
Sempre in nome del dialogo..(?)
http://36.media.tumblr.com/e15504d6b3b3952ca6ba352ef22b1431/tumblr_mz2uia7ndc1slixf5o1_500.png
Gennaio 26th, 2016 at 10:24 pm
In questo senso, e soprattutto in questo spazio, significa per me anche porsi la domanda: ci sono valori non negoziabili nel buddhismo? e se ci sono: quali sono?
Gennaio 28th, 2016 at 8:00 am
Ciao Dario, arrivo in ritardo a risponderti, con pardòn.
Qui (@165) viene a fagiolo l’accoglienza riservata a Rouhani. Anche se occorre tutta la vita per comprendere, almeno un po’, il senso di “migliore” in un’accezione buddista, penso che nel buddismo, per un buddista, sia irrinunciabile o non negoziabile tentare in ogni occasione di fare la cosa migliore. Per cui se accogli un ospite, a meno che tu non reputi che la “cosa migliore” sia usare quell’occasione per liberarti di lui per sempre, penso sia buona cosa evitargli occasioni di imbarazzo o di disagio. Se questi erano gli obiettivi per cui le statue sono state coperte penso che abbiano fatto bene. In quel caso, la tradizione italiana/occidentale di ospitalità è stata ben rappresentata.
Non è lo stesso quello che facciamo a casa nostra? Se entra un ospite, per esempio, chiudo certe porte affinché la vista di alcuni ambienti intimi (non luoghi di cui vergognarsi ma intimi) sia impedita. Se so che vi sono argomenti che lo possono turbare (chessò, i riferimenti a malattie e decessi se ha avuto un recente lutto) li evito o non ne faccio il centro del discorso. Molto spesso, fare le cose secondo il buddismo equivale a fare le cose in modo naturale. Anche se occorre una vita per comprendere il senso di questo “naturale”.
C’è un capitolo dello Shobogenzo, Jinzu, che tratta di questa cosa.
Febbraio 2nd, 2016 at 8:02 am
OT: nel frattempo l’amico Butchlazy ha pubblicato un nuovo video con una nuova chitarra e una nuova melodia.
È così bravo che si fatica a rendersene conto.
Febbraio 2nd, 2016 at 1:09 pm
Ah..ppperò! Che manico, anzi che manici! Come farà Butchlazy a decidere che il pezzo è finito?! 🙂
Febbraio 2nd, 2016 at 3:44 pm
Butch è un grande chitarrista, per cui quando non ha più musica da suonare sa che il pezzo è finito… 😯
Febbraio 12th, 2016 at 6:58 pm
Le lacune in fisica di Sant’Agostino sono più vergognose di quelle di Zenone… Ma allora, che cos’è il tempo? La risposta resta teoreticamente problematica, non chiara, sicché mi attengo al solido Kant e considero il tempo, come forma dell’intelletto umano, preso a sé, un’astrazione. Esistono solo i processi naturali, che si svolgono in contemporaneo o in successione. Ciò comporta la negazione della reversibilità del tempo, nella quale fra gli altri Einstein credeva. Ma i processi naturali non sono reversibili, sono unici e si consumano, come fuochi d’artificio. E il tempo, come astrazione, non è un concetto dappoco!, anche se, come ente fisico, “assoluto, vero e matematico”, non esiste. Infatti il tempo è un’astrazione su cui è regolata la nostra vita: un’astrazione che semplifica e simboleggia tutti processi naturali da punto di vista della successione.
PS: secondo me Koko è volteriano: “Se non ci fosse dio, bisognerebbe inventarlo… perché amo l’universo… e quando vedo un orologio con una lancetta che segna le ore, concludo che un essere intelligente ha progettato la meccanica di questo meccanismo così che appunto la lancetta segni le ore, quindi è probabile che io sia il prodotto di un essere più potente di me stesso, e nient’altro”.
(Voltaire, Trattato di metafisica, cap. II)
Febbraio 12th, 2016 at 7:01 pm
@jf
Mi piace corrompere gli anziani, penso che il “vecchio” sia il protagonista di quest’epoca, non per la “saggezza”, ma per il fascinans e il tremendus che derivano dalla sua tremenda età: egli è il favorito della conoscenza. La conoscenza tarda è conoscenza riflessiva perché costruisce il mondo partendo dalla delusione… e insomma, invecchiate e lo saprete. 🙂
(cfr. manlio Sgalambro, Trattato dell’età, adelphi)
Mi piace anche corrompere i giovani… per esempio, DHR! Ha aperto tremila blog e s’è messo a fare il monologante… e manco una spiritosaggine alla Francis Bacon, che so, una cosa del tipo “Francesco il macellaio”. Allora, per ingannare la noia, mi sono preso la briga di disegnare (quando vuoi, dhr, ti sfido a gara di disegno)
Febbraio 13th, 2016 at 8:00 am
Ciao Hmsx. Francesco il macellaio per via del … bacon? 😯
Il vecchio in quest’epoca è emarginato più di sempre, I guess. Una volta c’era la retorica della saggezza dei vecchi, ora neppure più quella. Essendo sicuramente un vecchio (mi hanno dato l’esonero dal pagamento del ticket sanitario in quanto povero-vecchio) ho la fortuna (si fa per dire) di vedere il fenomeno in diretta. Da un lato c’è indubbiamente un processo di rimbambimento che induce (dovrebbe indurre) alla cautela nel prendere posizioni di punta, dall’altro il numero di errori e fallimenti vissuti comincia ad avere una rilevanza statistica importante, se non li si ignora. Inoltre si ha meno futuro davanti e perciò meno competitività (non c’è, in prospettiva, quasi più nulla per cui competere) quindi si è effettivamente in grado di sconsigliare attendibilmente molte scelte apparentemente ragionevoli. In quanto al saper dare indicazioni sulle scelte consigliabili: ci indulgono i vecchi che non hanno ancora imparato dagli errori.
Febbraio 13th, 2016 at 9:27 am
Carina la battuta sul bacon, anche se avevo in mente Studio dal ritratto di Innocenzo X dipinto di Francis Bacon del 1953, dove la figura del papa è distorta e deformata e si aggrappa ai braccioli del trono mentre la bocca è spalancata in un urlo. Predominano i colori del viola del nero e del giallo. Anch’io nel mio bozzetto ho fatto ricorso al viola, al giallo e al rosso, come il sangue che gocciola dal coltellone del macellaio. Triste la condizione del vecchio, l’opera di Sgalambro, più che un Trattato dell’età, è una lezione di metafisica, come recita il sottotitolo; ha il pregio di non fare del vecchio una figura accomodante ed esprime, attraverso di essa l’idea di distruzione, in molti sensi, non solo con riferimento alla disgregazione del corpo.
Febbraio 13th, 2016 at 10:33 am
>DHR! Ha aperto tremila blog e s’è messo a fare il monologante…
Sarei meno monologante se qualcuno si degnasse di intervenire e commentare anche lì.
Febbraio 13th, 2016 at 10:38 am
Ciao Dhr, ben tornato.
Cheffai, peschi a strascico… ? 😛
Febbraio 13th, 2016 at 10:41 am
@mym
No, con il metodo del film Waterworld.
Febbraio 13th, 2016 at 10:48 am
Non vale, il film non l’ho visto.
Ma ho letto il libro… 😎
Febbraio 13th, 2016 at 1:15 pm
un’anima buona ha caricato la scena su YT:
Febbraio 13th, 2016 at 4:10 pm
Miiii…! Cherroba, fantastico, l’esca è il pescatore medesimo.
Molte grazie.
Febbraio 13th, 2016 at 5:25 pm
@mym
Mi sembra un’ottima rappresentazione visiva del samsara. Non solo il serpente va preso dal lato giusto 😉
Febbraio 14th, 2016 at 11:44 am
HMSX@43
“Esistono solo i processi naturali, che si svolgono in contemporaneo o in successione”
Mi pare che questa idea di esistenza si basi sull’ “astrazione tempo presa a sè”, quindi non mi sembra meno astratta di quest’ ultima…no?
E poi Sant’ Agostino non dice anche lui più o meno la stessa cosa quando scrive:
“In te, o mia anima, io misuro il tempo. (…) Non scindere te stessa con la moltitudine delle tue impressioni”?
dhr@52
E la zattera qua s’ha da mollarla o no?
Febbraio 14th, 2016 at 11:45 am
@fago 53
mollarla… per darla in pasto al bestio 😉
Febbraio 14th, 2016 at 11:57 am
Uuhhh…B7 colpito e affondato! Giusto per stare in tema.. 🙂
Febbraio 14th, 2016 at 11:59 am
uh? chi ha corretto “bestio” in “bestione”??
Febbraio 14th, 2016 at 12:29 pm
ciao dhr, chi non muore… non muore…
> Sarei meno monologante se qualcuno si degnasse di intervenire e commentare anche lì.
Tra i tanti pregi, ho quello di tacere e saper ascoltare, specie quando non conosco gli argomenti: cosa vuoi che ne sappia di Torquato Tasso e di stornelli… Piuttosto, mi mancano le tue rubriche sull’arte e relativo dibattito. (e comunque commentare su un blog è roba da 2006, una cosa un po’ démodé)
Febbraio 14th, 2016 at 12:30 pm
@fago
Agostino diceva che sapeva cosa fosse il tempo, ma che se glielo chiedevano non sapeva rispondere (cfr. mym@40); mentre Kant risponde così: “il tempo è una delle due forme a priori del soggetto (l’altra è lo spazio), esistenti prima dell’esperienza e da queste presupposte”.
Febbraio 14th, 2016 at 12:31 pm
… e da *questa* presupposte”
Febbraio 14th, 2016 at 12:32 pm
Dhr @56: pardòn, di solito nel dubbio chiedo, stavolta non ho dubitato e pensando a un refuso…
Ripristinato.
Febbraio 14th, 2016 at 1:13 pm
@mym60: c’è una profonda differenza teologica, Un “bestione” può essere innocuo. Un “bestio” no 🙂
@HMSX: ah ma allora segui sul serio! Ma dài su, adesso fai la parte di quello timido, silenzioso, e a corto di argomenti su temi religiosi e filosofici!
Per l’arte hai ragione: la chiusura del Blog delle Ragazze è stato uno shock 🙁 Riempi di annotazioni i cataloghi, ma resta tutta lettera morta.
Infine, non accetterei mai di restare fermo al 2006: voglio tornare al XVI secolo.
Febbraio 14th, 2016 at 1:14 pm
errata corrige: “Riempio”
Febbraio 14th, 2016 at 1:36 pm
A proposito di tempo e XVI secolo: nel medio evo era opinione comune che Dio fosse un signore attempato, barba e capelli bianchi, occupatissimo tutto il tempo a scrutare che cosa facevano gli uomini (e le donne) sulla terra: soddisfaceva una preghiera quà, puniva un attimpuro là, faceva venire una carestia con piaghe a questi, dava latt’e miele a quelli… Una vita pienissima insomma. Dicono che una volta, un nobile che si piccava d’esser letterato fors’anche teologo, pose a Martino Lutero il vecchio koan di sant’Agostino: che cosa faceva, come passava il tempo Dio prima della creazione? Lutero rispose che lo impiegava tutto nello sbucciare lunghi rami di salice. Al che l’altro incuriosito chiese: ma in tutto quel tempo avrà sbucciato moltissimi rami, che cosa ci voleva fare? E Lutero: il Signore nella sua onniscenza sapeva che nella creazione molti sarebbero stati quelli che fanno domande cretine e non voleva trovarsi a corto di scudisci.
Febbraio 14th, 2016 at 1:43 pm
Ma, visto che ormai i salici ci sono e quelli che fanno domande cretine pure, mi iscrivo: come faceva Dio a sbucciare lunghi rami di salice prima di averli creati?
Febbraio 14th, 2016 at 1:45 pm
@HMSX 58
Ho capito, grazie. Sto vizio di voler definire tutto però mi pare sempre più un comportamento patologico da satiriaco mentale. Così come lo è quello di dire la propria opinione se non richiesta…ooooops
Febbraio 14th, 2016 at 2:47 pm
E questo è ancora niente: sapessi cosa disse Agostino quando seppe che Martino rispose in quel modo…
Febbraio 14th, 2016 at 3:23 pm
>nel medio evo era opinione comune che Dio fosse un signore attempato, barba e capelli bianchi
Nient’affatto. Questa è un’immagine barocca.
Febbraio 14th, 2016 at 3:39 pm
Sì, ma -si sa- nel medioevo erano avanti un bel po’…
Febbraio 14th, 2016 at 5:50 pm
mym, please non confondere illuminazione e illuminismo (che è stato e purtroppo è ancora una pura ideologia ignorante).
Febbraio 14th, 2016 at 5:58 pm
Tu parli di cultura, io invento storie…
Febbraio 14th, 2016 at 6:00 pm
io parlo pour parler.
tu inventi pour inventer? 😉
Febbraio 14th, 2016 at 6:17 pm
Sei … un bestio!
Ti stavo per prendere sul serio… 😡
Febbraio 14th, 2016 at 6:54 pm
non sono mai così serio come quando scherzo (e viceversa). dovresti “sarlo”.
Febbraio 16th, 2016 at 8:45 am
@mym 66:
“Fra’ Martino, vacci piano; dormi tu!? Dormi tu!? Non te la menare, non te la menare e non parlar, non parlar!!”
Una cosa del genere immagino…magari con san Peter che lo accompagnava col pianoforte
Febbraio 16th, 2016 at 9:50 am
Fuochino.
Ci sono due versioni: c’è chi sostiene che Agostino (che, si sa, era uomo del sud) disse: “qui anche i muri hanno le recchie!”.
Altri dicono che semplicemente sibilasse: “spiùne!”.
E il gallo cantò.
Pare che, a quel punto, Peter arrossì.
Febbraio 16th, 2016 at 4:22 pm
Pare anche che il buon Peter (che, si sa, era uomo del nord, anzi, della val Brembana profonda…profondissima) non sia arrossito per il ricordo della passata monellerìa, ma piuttosto perché pensò: “Pota però, cosa scassa i ball st’ Agostin de l’ostia? Lancia carcasse in mezzo ai lupi e poi si stupisce dei morsi?” Ma solo il gallo sapeva che, misteriosamente, prima venne il morso e poi venne la carcassa…anche se ancora non sapeva la cosa per lui più importante: prima la gallina o l’uovo?
Febbraio 16th, 2016 at 4:43 pm
Giustamente prima venne il morso e poi la gallina, si sa.
Febbraio 18th, 2016 at 7:42 am
@53,65,76
L’allegro torello continua a farsi beffe del… torero Camomillo. Lo siento, saluti
Febbraio 18th, 2016 at 11:34 am
Senza torello, senza torero, senza picadores, senza banderilleros… : niente blog, niente pubblico, niente di niente.
Febbraio 21st, 2016 at 8:17 am
OT per U.E.: mai avuto simpatia per l’Umberto nazionale. Però rispetto sì. Interessante quasi sempre, e non è poco. Per esempio qui.
Marzo 5th, 2016 at 1:03 pm
Come promesso ho aggiunto in fondo al post il testo dell’intervento di oggi a Montegiove.
Un commento “a caldo”: quando i cristiani potranno parlare di cristianesimo utilizzando testi buddisti il “gioco” diventerà davvero interessante.
Marzo 13th, 2016 at 7:34 am
A me invece viene in mente una frase del supper-mini uomo: dopo aver dato la mano a un prete corro a lavarmela. Gran problema l’erotomania per i preti.
Non capisco con quale presunzione un prete si impossessa anche di questa tradizione.
Penso che debba almeno spretarsi prima.
Ecco che ho usato parole sferzanti, sono forse migliori dell’indifferenza per le stanche parole del prete?
Marzo 13th, 2016 at 8:12 am
Buongiorno Ago.
Sai che non capisco di chi/che cosa parli?
Quando hai tempo un bignamino, per piacere…
Marzo 13th, 2016 at 9:17 am
ho conosciuto tempo fa un prete ch’era vissuto in Giappone e che sparlava di Zen. Pensavo evidentemente sbagliando, che il moralismo del post venisse da lui. Probabilmente é tutto frutto di un malinteso, o forse il prete é morto? Come il prete in tonaca impartisse insegnamenti buddisti non me lo spiego se non con cattivissima fede (gradito il giochetto di parole?).
Marzo 13th, 2016 at 9:40 am
Ancora oscure, per me, le tue parole.
-Mi faresti un esempio dello “sparlare di zen” di quel tal prete?
-Mi diresti, secondo te, in che cosa consiste il moralismo del post?
-C’è qualche impedimento a te noto nell’impartire, in tonaca (cristiana, cattolica, buddista…), insegnamenti buddisti?
-Non ho nemmeno compreso “il giochetto di parole”: se hai ancora un poco di pazienza e me lo spiegherai te ne sarò grato.
Marzo 13th, 2016 at 10:21 am
-sparlare o parlare di Zen mi sembrano equivalenti, a te no?
-il moralismo sta giá nel tema, nelle foto postate, nel peró. Non é solo moralismo, é una visione repressa della sessualitá tipicamente cattolica (magari con calma mi faró invischiare in qualche polemica a riguardo, ma permettimi di lasciarti la battuta). ribadisco che il vero problema dei preti é l’erotomania,(assieme a tutti i credenti e penitenti; persino tutta l’arte cristiana é improntata sull’erotismo, o non ti pare?), ma anche qui se ti interessasse potrei dialogare. Con calma.
-scusa ma l’impedimento lo vedo nell’impartire in tonaca cattolica insegnamenti buddisti, e non certo in tonaca buddista. Se ti sfuggono questi impedimenti dottrinali o mi canzoni o ho sbagliato sito. In ogni caso sono disposto a scevrare qualche osservazione sul messaggio Chan-Zen originario e la religione ultra manierista alla quale vi rifate (no scusa sono due!), ma ho necessitá di adeguato spazio, cioé un tema per volta, per caritá. Non che abbia nulla in contrario che qualcuno mi spieghi qualcosa, forse preferirei un dietologo non superobeso, e nel caso, visto il monopolio spirituale pretesco, chiunque non rappresenti una dottrina imposta a ogni livello sociale, e sinceramente molto lontana dal “pensiero buddista”. (se isoliamo un argomento e cerchiamo di dialogare ne viene forse qualcosa di buono).
-Il povero giochetto di parole era sulla malafede, la malafede che sottende al mio storcere il naso di fronte alla tonaca, e la presunta malafede del prete in questione, oltre che mala fede eccetera Solo inutile malizia.
Scusa ma il tal prete esiste o no? E se sei tu puoi presentarti. Il prete che ho conosciuto io era un prete di campagna ottocentesco che impartiva dottrinucce mal digerite; era anche discretamente ignorante (per notarlo io!); cercava il pubblico da sagrestia e mostrava senza vergogna uno scabroso delirio egoico appunto parrocchiale. Se cambió registro son sempre pronto a verificarlo gioiosamente.
Ah! Oggi é domenica, che dice il Vangelo? Che dice di “Zen”?
Marzo 13th, 2016 at 10:38 am
Sì, penso proprio tu abbia sbagliato sito.
-“sparlare o parlare di Zen”, grazie al cielo (Cielo?), non sono la stessa cosa.
-il moralismo non sta in una foto o in un tema, ma nel loro uso, o sviluppo.
-si può (magari ce ne fossero!) impartire insegnamenti buddisti in tonaca cattolica.
-se il giochetto era nelle parole … non poteva essere perché parlavi di “cattivissima fede” e non di mala fede.
Riguardo all’erotomania dei preti mi sembri molto ben informato. Scottato o prevenuto? 😕
Marzo 13th, 2016 at 10:59 am
é questo che é scritto nel vangelo di oggi?
grazie per darmi l’occasione di usare tutta la compassione che esige il caso. Scusa se ho pensato di avere un interlocutore preparato, avessi intuito (ahimé non ho letto nemmeno 1 dei 170 messaggi), se avessi capito chi eri non mi sarei permesso (non é una provocazione, é un pentimento tardivo). Non capisco se il prete ti ha insegnato questo atteggiamento in nome del vangelo e dello zen. “Il moralismo sta non su di una cosa” eccetera é imperdibile, una chicca! “si puó impartire” eccetera senza niente d’altro é anche di gran valore comico, il resto é piú dozzinale, ma ho apprezzato. Scusa ancora, non molesteró piú tanta fine capacitá speculativa. Noto che il prete ha fatto un gran bel lavoro.
(se hai ancora desiderio di divertirmi come hai fatto, proveró forse a formulare qualcosa d’altro, magari di piú adatto a te. Sei una delle pie donne, no?). Forte lo Zen parrocchiale, grazie ancora! E cosa ha fatto la Juve?
E si che me lo avevi detto di non esser troppo brillante…
Marzo 13th, 2016 at 11:10 am
No nel vangelo di oggi è scritto: sopporta i troll sino al terzo-quarto commento. Poi bannali.
Marzo 22nd, 2016 at 12:59 pm
Un OT: qui ho trovato un punto di vista interessante su madre Teresa di Calcutta e la sua imminente santificazione.
Invito a leggerlo.
Marzo 28th, 2016 at 12:58 pm
Una pagina per me chiara ed esaustiva rispetto all’orientamento della prassi, che ripropone una (la) domanda radicale: Perché la “religione”?
La fede come “trascendenza”, ovvero oltre se stessi, oltre l’immediatezza della sua utilità?
Una riproposizione del senso radicale di fronte alla fine: una riproposizione del fine
Ps: qui una interessante pro-vocazione
Marzo 28th, 2016 at 4:08 pm
Ciao Dario.
Mi piacerebbe sapere come c’è finito e perché, quel tale (e la tavola) sul lungo tetto.
Molto ben scritta la pro-vocazione, grazie.
Mi interessa di più la domanda del tuo commento. Da un po’ di tempo in qua sostengo la tesi/pro-vocazione che se la religione non è per un’esigenza e non la soddisfa non val la pena dedicarvi particolare tempo, energie, attenzione. Questo suscita a volte il tentativo di giustificare la religione da parte di chi sente di appartenervi. E i cattolici (suppongo tutti i cristiani, però) in quella parte sono in difficoltà. Non per “colpa” di Gesù, che ha eliminato dalla scrittura antica il 99,9% della enorme quantità di violenza che contiene. Già questa sarebbe un’ottima esigenza soddisfatta. Ma per vera e propria colpa loro: discutono di trinità o maternità di Dio/dio, di resurrezione, di martiri e santi, di valori irrinunciabili ecc. ma non si chiedono che cosa ci stanno a fare lì. Qual è il valore, il merito di tutto ciò.
Da sbadigliare sino a slogarsi le mascelle.
Marzo 28th, 2016 at 7:20 pm
“Esigenza”: una parola apparentemente (penso)semplice ma che in questo caso contiene la totalità del panorama delle “questioni di senso” dell’umanità.
La domanda radicale: è “che cos’è” questa “esigenza”? da dove nasce? perché nasce?
Dalle religioni storiche come dalla religiosità senza Dio (penso a R. Dworkin) le risposte sono differenti.
“Precipitata da Iperuranio sulla terra”, la risposta del pensiero adesso la ritroviamo “semplicemente” nei meccanismi del cervello(v articolo sopra)?
Marzo 28th, 2016 at 7:50 pm
Capisco. Ma nel caso sono molto più terra terra (rispetto all’Iperuranio…).
Parto da un dato più o meno incontrovertibile: grazie alla biografia agiografica (Asvagosha, per lo più) del Buddha ed al Dhammacakkapavattanasutta, intelligentemente posto dalla tradizione come “il primo discorso del Buddha”, si può dire che il buddismo nasca come risposta al problema della sofferenza, dolore, disagio di vivere. Ovvero: se quella è la tua esigenza/problematica nell’essere uomo/donna, allora il buddismo è un’opzione possibile. Quindi ha un senso molto chiaro il perché “diventare” buddisti.
Così posso chiedere a un muslim o a un cristiano (ad un ebreo no: si è tali -di fatto- solo per nascita. La via per diventare ebrei è proibitiva): perché dovrei diventare muslim, cristiano? Che cosa hanno da offrire queste religioni all’uomo? Sino ad ora le risposte sono riassumibili (un po’ grezzamente) con: “la Verità”. Che non è poco, intendiamoci. Ma per vivere mi serve a poco.
Il fatto è che nei miti fondativi del cristianesimo e dell’islàm una risposta più articolata ci sarebbe: basta leggere che cosa promette Dio ad Abramo e poi a Mosé in cambio di obbedienza ed adorazione esclusiva. Solo che, pare, nessun cristiano/muslim è disposto a rispondere che se divengo muslim o cristiano ottengo da Dio territorio, pascoli e numerosa progenie.
E qui veniamo al senso della mia tesi/pro-vocazione: c’è un grosso, grossissimo problema culturale da affrontare in tutte e tre le religioni abramitiche, che riguarda la scrittura. Sino a che non lo si affronterà a fondo ci saranno guerre per motivi misti alla religione, come ci sono ora.
Aprile 1st, 2016 at 8:30 am
Riguardo agli ultimi commenti qui sopra, Giorgio (grazie) mi ha mandato un articolo, di Robert Mickens, molto interessante. Una sorta di apologia del cristianesimo cattolico che però, a suo e mio parere, finisce per funzionare al contrario.
Al punto da ingenerare (in me, che sono malpensante) il dubbio che sia stato scritto per motivi opposti a quelli apparenti.
Vi si trovano infatti frasi come “Questa è la conclusione a cui tante persone sembrano essere arrivate nelle nostre società più sviluppate. Quando finalmente sganciano la loro supposta fede (o almeno la loro adesione ad una comunità di chiesa) dalla sua connessione con la paura, che cosa trovano? Una Chiesa che è ampiamente irrilevante per la loro vita, a parte il fatto di costituire un gruppo sociale o una rete di amici – per coloro che sono fortunati”
Trovate qui l’articolo completo.
Aprile 2nd, 2016 at 5:34 pm
personalmente ho lasciato perdere. cattolicesimo o meno, la fede ci viene insegnata come aderenza a quella norma cui siamo capitati vicino al momento di nascere. Le chiese sono sempre state il modo per rendere mansueta la gente, i prelati molto spesso sono uomini come tutti noi, come noi si sono scelti un mestiere. Il lasciare andare che non nega il dolore, quello invece è interessante. Stare in quella perfetta letizia e fare quel che c’è da fare … quelli sì che sono ***** …
Aprile 2nd, 2016 at 5:53 pm
Aaaah miscredente! In panciolle nella perfetta letizia, non ti vergogni?
E l’inferno, eh? Non ci penzi che potresti finire arrosto?
Pensare che quel povero figlio del Bertone ha dedicato la vita a voi peccatori!
Vabbe’…
Aprile 3rd, 2016 at 4:27 pm
@8 E’ esperienza comune; la fede è di norma insegnata come il contrario della mis-credenza (ciò che al gruppo non piace), anziché come il contrario della (anche se preferirei forse la risposta alla) paura (il che non significa negarla, ma non aggrapparsi/farsi trascinare da essa).
Tuttavia, resta l’aforisma di Cioran: “Trovare che tutto manca di fondamento e non chiuderla lì è un’incoerenza che in realtà non lo è…”
@9 Mi vien da rileggere una facile battuta di questi giorni: che sia l’ineffabile porporato l’autore dei nuovi “Attici degli apostoli”…
Aprile 3rd, 2016 at 5:21 pm
@9 tanto mica mi ci vorranno ugualmente in paradiso … e comunque quale inferno/paradiso tra i tanti? No perché facendo quello che dice tizio finisco nell’inferno di caio e viceversa …
@10 però: se ci si salva per Grazia, ha senso aver paura?
Aprile 3rd, 2016 at 7:36 pm
“Gli attici degli apostoli” non è male.
A proposito di @10 e @11, mi viene in mente la storia del peccatore gaudente, per nulla pentito, che sino alla morte gode sfrenatamente dei piaceri del mondo. Arrivato nell’aldilà, viene introdotto in un edificio lussuoso dove un signore elegante di nome Satana gli comunica che si trova all’inferno e che secondo la procedura gli verrà assegnata una sede, che spera sarà di suo gradimento ecc. ecc. Detto fatto: una bella signorina sorridente accompagna l’ormai ex peccatore in una villa con parco piscina sauna sala massaggi palestra servitù e ogni tipo di confort. Prima di andarsene dà il suo numero di cell al nostro stupito amico dicendo di chiamarla per “qualsiasi cosa potrebbe desiderare”. Sempre più stupito e timoroso di qualche trappola, accompagnato dal maggiordomo, si mette ad esplorare la grande villa sino a che al fondo di una salone vede una pesante tenda rossa, mossa come da un vento. Il maggiordomo gli sconsiglia di avvicinarsi assicurandogli che non è una zona “interessante” ma lo stupito neo dannato vuole andare sino in fondo, si avvicina alla tenda la scosta e vede… un’enorme fornace ardente dove migliaia, milioni di persone patiscono le pene dell’inferno incalzati da una miriade di diavoli inferociti. Con aria tremante chiede al maggiordono: “Ma quello, che posto è?”. “È l’inferno dei cattolici, signore, a loro piace così…”.
Aprile 4th, 2016 at 10:40 pm
Però un cristiano veste la sofferenza di un valore/significato, per cui credo non ci possa essere più di tanto spazio per il dialogo. O forse no.
Aprile 5th, 2016 at 8:55 am
Non mi pare che Gesù desse un particolare valore positivo alla sofferenza. “Padre allontana da me l’amaro calice” e “Padre, perché mi hai abbandonato?” non sono propriamente apprezzamenti verso ciò che avrebbe patito e quello che stava, poi, patendo. È vero però che nella tradizione cristiana, anche per dare una giustificazione alle pene del giusto (quello che, essendo in armonia con i voleri del Signore, dovrebbe essere al riparo dalla disgrazia), si dice che i patimenti di oggi saranno la gloria e il paradiso di domani.
Su questo si può dialogare, eccome. Anzi, se conosci un cristiano, prova un po’ a discutere di queste cose… Secondo me provare a comprendere e comprendersi su questi temi non può che far bene a tutti.
Aprile 5th, 2016 at 12:02 pm
mah .. un po’ lo dà, valore positivo … la sofferenza diventa qualcosa che concorre al rimedio a quel che si fa … ci rende beati (“beati i perseguitati, gli afflitti, chi viene perseguitato, insultato “, ecc) … poi tradizionalmente si può dare un senso al “soffrire per” anche quando non ne ha senso alcuno … vedi anche eutanasia e diritto a scegliersi una morte dignitosa…la vita viene espressa in un purgatorio per il regno … boh, forse con i Cristiani si riesce a discutere, hai ragione, basta mettersi dalla parte del torto e del dubbio e farsi tollerare.
Aprile 5th, 2016 at 12:13 pm
Buondì. Quella barzelletta sull’inferno, cristiano e no, mi ha sempre lasciato un po’ perplesso.
Casualmente sto rileggendo Santideva, il Bodhicaryavatara. Qui troviamo espressioni che possono non dispiacere anche a molti cristiani.
Ad esempio il cap 2, ‘Confessione dei peccati’.
Oppure 4;21 (Basta il peccato di un istante e uno resta per un evo intero nell’inferno Avici).
O 6;21 (Il dolore ha una grande virtù perchè, col turbamento che ispira, abbassa l’orgoglio, eccita pietà verso le creature, fa temere il peccato, fa amare il buddha).
E via dicendo.
Forse c’è buddismo e buddhismo, come c’è cristianesimo e cristianesimo?
Aprile 5th, 2016 at 12:33 pm
@15: sì, hai ragione, “beati gli oppressi e i perseguitati” sembra sull’onda di “è andata bene perché è andata male…”. Qui nasce un discorso particolare: secondo me Gesù non incoraggia il patire in quanto tale ma la capacità di proseguire sulla propria strada non ostante tutto. Ossia non curarsi (lasciar andare?) dei costi nel seguire la via.
Se per poter ragionare con un cristiano riesci a metterti dalla parte del torto e del dubbio e a farti tollerare: beato! 🙂
Aprile 5th, 2016 at 12:41 pm
@16: ciao Doc. Santideva non l’ho mai frequentato. Comunque certamente c’è buddismo e buddismo, e a un certo punto occorre dichiararsi altrimenti è tenere il piede in più scarpe.
Lo zen è una linea di buddisti dove si sostiene la possibilità di trovare in sé stessi la matrice del comportamento etico.
Però siccome non è un discorso agevole né proponibile a tutti, anche nella scuola zen circolano indicazioni intermedie.
Per esempio anche in alcuni monasteri della scuola zen giapponese ogni quindici giorni c’è una sorta di (vuota) cerimonia in cui la comunità dovrebbe confessare i propri peccati.
E poi in molti sutra (minori) si parla di inferni e paradisi in termini seri, come se fosse certa la loro esistenza.
Occorre sempre tenere conto di quale problema ci stiamo occupando e con chi: in ogni caso se raccomandi di fare i bravi e sopportare con pazienza le pene della vita non combini grossi guai.
Aprile 5th, 2016 at 1:40 pm
@17 sì … ma “beati gli afflitti”? e poi “non curarsi dei costi” ok ma viene letta spesso come “abbiamo ragione in ogni caso, per fede/grazia” … dare un senso/significato alla sofferenza per me è difficile, sono dell’avviso che come proponeva (credo Heller) era meglio avere una insegna al neon in fronte che lampeggia invece…. Per avere un senso occore un disegno, un progetto, e non so immaginare lo scopo del cancro al pancreas, per esempio, se qualcuno volesse chiedere al nostro Ingegnere Capo…
Trovo più ragionevole dare un senso a quel che si fa, a come si affronta, a come uscirne… a ricavarne per quel che si può un costrutto… ed a accettare quando non si capisce una beata mazza di quel che accade…
Aprile 5th, 2016 at 4:37 pm
@19: il “discorso della montagna” è molto bello ma sono affermazioni assolute che tendono a creare una scala di valori. La mia chiave di lettura è nella prima frase: “Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli” qui ci leggo la povertà dello zz.
Per quanto riguarda il senso della sofferenza, grazie al cielo, “noi buddisti” non ci occupiamo di simili problematiche: nella nostra parrocchia è sufficiente farla sparire.
In effetti, però, c’è un buddista che se n’è occupato: diceva che il senso della sofferenza sta nel ricordare ai pigri che è ora di fare zz 😛
Aprile 7th, 2016 at 9:42 pm
Si dice: “è questione di percezione”. E’ questione di “percepire” di star bene, di non provare dolore, di non soffrire … di essere liberi, e via menate discorrendo? E’ solo “fare il pane con la farina che si ha” … e anche no allo stesso tempo. Non è possibile trovare un riferimento comune assoluto, ha senso un dialogo, un ascolto, un “vivi e lascia vivere” … dialogo sulla sofferenza è un ossimoro (. o ?)
Aprile 8th, 2016 at 10:57 am
Ciao Max. Sei sibillino.
Quando “parlando buddista” si dice che è questione di percezione, si intende che ciò che non percepisci non ti dà alcun dolore. Percepire di star bene è già mettere le basi del dolore.
Il resto mi suona troppo oscuro, quando vuoi puoi essere più chiaro?
Grazie
Ciao
Aprile 10th, 2016 at 8:27 am
In @6 scrivevo “c’è un grosso, grossissimo problema culturale da affrontare in tutte e tre le religioni abramitiche, che riguarda la scrittura. Sino a che non lo si affronterà a fondo ci saranno guerre per motivi misti alla religione, come ci sono ora”. Sembra che la realtà ce la metta tutta per darmi ragione.
Aprile 10th, 2016 at 12:35 pm
@23: intervistatrice donna… doppio problema per il manager politico religioso (in una parola: del Potere), letteralmente “spalleggiato” dai libri… Chissà quale sarebbe stato il commento di Ida Magli (Il mulino di Ofelia)…
Aprile 10th, 2016 at 1:50 pm
Forse avrebbe parlato del “possesso delle donne”…
Spalleggiato, spalleggiati, soprattutto da un libro che se non verrà riletto in chiave spirituale, se rimarrà la base culturale, concreta, normativa e legislativa di più di un miliardo di persone porterà alla catastrofe.
Aprile 15th, 2016 at 6:40 pm
A proposito di nuovi libri: è uscito il nuovo libro di Dhr Il Tassista!
Si intitola: The 7 days of the CryAction. A Poem With No Plot And No Protagonists, edizioni Guardastelle.
È la traduzione inglese del poema Le Sette Giornate del Mondo Creato, di Torquato Tasso.
Presto uscirà anche in USA in una versione ad uso universitario.
Aprile 15th, 2016 at 8:32 pm
Speta, speta! Il libro non è ancora uscito, è in fase di bozza… A breve, comunque.
Quanto alla versione americana (International Authors), è una traduzione TUTTA DIVERSA, pur opera del medesimo traduttore.
Quest’ultima è filologica.
I 7 Days invece sono una versione ‘personalizzata’, rielaborata, ri-detta con parole proprie… come ha fatto qualcuno con il “Discorso” 😉
Graz della segnalaz 🙂
Aprile 18th, 2016 at 8:43 am
La prima recensione!
In esclusiva mondiale vi presentiamo la prima recensione al Discorso.
Quel mat.., pardòn: folle in Dio? Eccentriclettico? amico, già Dhr ora il Tassista (Occhio: posta anche in latino 😯 …) ha pubblicato qui la sua recensione ed una riproposizione del tema di copertina con tanto di commento che la commenta.
E cita anche il Diamante!
Un grazie dalla Stella e … dal Drago.
PS: per il dotto pubblico: è aperta la caccia al refuso, con premi d’eccezione. Quello nella nota di p. 49 non vale: in primis è troppo piccolo, in secundis… 😎
Aprile 26th, 2016 at 8:08 am
Ot: buongiorno. Ho trovato un amaro, pessimista e realistico articolo (di E.G. Della Loggia) sulla corruzione.
Ve lo propongo.
Aprile 27th, 2016 at 2:59 pm
@4: entrando nello specifico, ecco un esempio di “comportamenti interdipendenti” altrettanto istruttivo.
Aprile 28th, 2016 at 9:30 am
Ot. Ho letto l’articolo di E.G. Della Loggia: interessante e acuto, ma… Mi chiedevo leggendolo dove voleva andare a parare, e all’ultima frase ho capito: la filippica è funzionale a dire: i giudici si occupino di reati, non di etica pubblica (che è il solito refrain di quelli della loggia del nostro Ernesto). Le considerazioni che lui fa sono verosimili, ma non valgono ahimé solo per l’Italia. I giovani francesi, per quel che ho potuto constatare, si comportano ugualmente se non peggio dei nostri pargoli, le cronache statunitensi non raccontano di una gioventù ligia alle regole e rispettosa del bene pubblico. Eppure in quei paesi la corruzione degli amministratori è incommensurabilmente minore che da noi. Ho l’impressione che E.G. voglia generalizzare il problema al punto da renderlo irrisolvibile, mentre nella fattispecie forse basterebbero alcuni ritocchi legislativi (come quelli suggeriti per esempio da Gratteri) per provare a rendere più decente il comportamento di chi amministra la cosa pubblica. Le considerazioni del Nostro sono condivisibili, ripeto, ma così facendo mischia piani diversi, che è un modo elegante di buttarla in caciara.
Aprile 29th, 2016 at 1:11 pm
Boh, a me l’articolo non è piaciuto, non dice nulla. Sui giovani quello che manca è imho la relazione tra quello che “puoi” e quello che fai per “potere”. Un buon bicchiere di vino non fa male se si ha la possibilità di faticare per guadagnarselo.
Aprile 29th, 2016 at 1:11 pm
E non c’entra nulla con la corruzione …
Aprile 30th, 2016 at 7:36 pm
Eccomi, scusate l’assenza. Come diceva quel tale: mi son distratto un attimo e son passati trentanni… 🙂
Ciao Jf: capisco quello che dici, ma mi pare che il discorso che fai (riassumendo alle brutte: lo fanno tutti) rischi ancor di più di far scomparire il “problema”. E penso sia giusto che i giudici si occupino di reati. Per l’etica… ci siamo “noi”. Ossia mi pare che l’articolo dica, anche: siamo tutti coinvolti.
Ciao Max: vero che un bicchier di vino, specie se buono, non fa male. Però le cose vanno in un altro senso. C’è un mare di ragazzini che già a 15-16 anni si sbronza in modo tremendo, non una volta per vedere-l’effetto-che-fa, ma con cadenza settimanale.
Il cinismo serve a poco, se non a corazzarci davanti alle notizie.
Maggio 2nd, 2016 at 8:24 am
A me pare invece di fare il discorso opposto. Se il tema è la corruzione della politica, dico che non tutti lo fanno, ci sono paesi in cui, pur se la situazione giovanile è simile a quella che l’articolo descrive, la corruzione degli amministratori della cosa pubblica è enormemente minore che da noi. I motivi sono vari, non mi sembra la sede per discuterne, ma non sono, a mio parere, quelli che l’articolo semplicisticamente indica, se non molto genericamente. Se l’ombrello è rotto e standoci sotto mi bagno, prendermela con la pioggia è un modo di divagare, conviene che aggiusti l’ombrello, come prima cosa. E’ in questo che siamo tutti coinvolti.
Maggio 2nd, 2016 at 9:23 am
Capisco ma dissento.
Trattare la corruzione politica come qualche cosa di “a sé stante”, equivale a pensare che esistano “i politici”, ovvero una categoria, avulsa dal resto che se “curata” porta alla soluzione del problema.
In più abbiamo che la quantizzazione della corruzione in Italia è pari alla metà dell’intera corruzione europea (120 miliardi) per cui c’è un problema etico specifico in Italia, che non riguarda solo un’immaginaria categoria, ma tutti noi.
Maggio 2nd, 2016 at 9:58 am
Se è per questo anche “tutti noi” è un’immaginaria categoria. Non mi far dire cose che non dico e non penso: non ho messo in discussione che ci sia un problema etico specificamente italiano, di cui il modo in cui gli amministratori della cosa pubblica concepiscono il potere è parte integrante. E’ una storia che va avanti quasi senza soluzione di continuità almeno dai tempi di Giolitti, quando i giovani erano beneducati. Se parliamo di quel problema o malattia, è da lì che si deve iniziare con l’analisi e la cura – e l’articolo in questione, generalizzando, a parer mio distoglie l’attenzione, invece di focalizzare: demoralizza invece di moralizzare.
Maggio 2nd, 2016 at 10:14 am
Va bene, ora concordo: la maleducazione dei giovani italiani (non degli immigrati delle banlieux…) non c’entra con la corruzione. I politici italiani già nascono adulti e “politici”, non vengono corrotti da un ambiente circostante particolarmente incline a non rispettare le regole e Giolitti…
Che c’entra Giolitti?
Su una cosa non concordo: che l’articolo sia demoralizzante. Lo ero già prima.
Mi basta pensare che ci sono le mafie che governano 4-5 regioni e parte del resto.
Per colpa dei “politici”.
Maggio 2nd, 2016 at 10:44 am
Bene, finalmente un bell’esempio di dialogo.
Maggio 6th, 2016 at 6:35 pm
Bai da uei…: ho trovato il secondo refuso.
Pag. 60, prima riga.
L’altro era troppo piccolo, questo troppo facile.
Saludos
Maggio 8th, 2016 at 10:47 am
Per gli appassionati del genere: ho trovato il terzo refuso.
P. 70, penultima riga: “universo” in nota diventa “universale”.
Maggio 16th, 2016 at 8:43 pm
Scusate l’intervento “a gamba tesa” solo per annunciare che il libro gentilmente annunciato nel commento n. 1 adesso “esiste realmente” (mo’ va’ a spiegare che cosa significhi quest’espressione).
Gli estremi si trovano qui
Ne approfitto per specificare che nella libera traduzione compare la parola “Buddha” che non compariva nell’originale, anzi in quel punto lì testo parlava di tutt’altro, come è giusto.
Bài! (come i cavalli)
Maggio 16th, 2016 at 8:57 pm
Grazie.
Complimenti, ci vuole un coraggio da cavallo per pubblicare certe cose…
Compare, senza comparire, mi pare. Bai de uei -per rimanere in inglìsc- nell’originale, al posto di “Buddha”, checc’era?
Maggio 17th, 2016 at 6:30 am
Nota tecnica previa: scusate, dite a Pierinux o chi per lui che il sistema “Avvertimi via e-mail in caso di risposte…” non funziona. Se non vengo a vedere di persona, non so mai se qualcuno ha commentato oppure no. Succede solo a me?
A seguire, la risposta alla domanda di mym.
Maggio 17th, 2016 at 6:39 am
“Il mondo creato”, Giorno 5, creazione di pesci e uccelli, vv. 1350 ss. Tasso sta riportando il mito dell’araba fenice. Testo originale:
E come sia del sol gradita ancella,
ha questo da natura officio e dono,
che quando in cielo ad apparir comincia
sparsa di rose la novella aurora
e dal ciel caccia le minute stelle,
ella tre volte e quattro in mezzo a l’acque
sommerge ‘l corpo, e pur tre volte e quattro
liba quel dolce umor del vivo gorgo.
Poscia a volo s’inalza, e siede in cima
de l’arbore frondosa, e quinci intorno
la selva tutta signoreggia e mira.
Ed al nascer del sol indi conversa,
del sol già nato aspetta i raggi e ‘l lume.
Tradotto, semplificato, tradito con:
As the Sun’s ancilla
she has a natural duty:
when the reddish dawn
starts to ascend the sky
forcing the stars to fade
she washes seven times
her frame in the stream
and seven times sips;
then flies to the highest
branch and Buddha-like
watches the wood
till turning eastward she
waits for the sun’s rays.
Lo stesso brano ispirò a John Milton l’immagine di Satana appollaiato come un cormorano sull’Albero della vita. A voi decidere se sia meglio Satana o Buddha 🙂
Maggio 17th, 2016 at 6:44 am
Nota postuma: la fenice, in tutta la tradizione cristiana, è un simbolo del Cristo morto e risorto. Tasso rende sacro ogni aspetto dell’esistenza della fenice, chiamandola anche “sacerdotessa”.
Maggio 17th, 2016 at 8:03 am
Eeeeh, chiudete la porta!
Qui arrivano folate di cultùra e, si sa: aria di cultura, aria ….
Un paragone tra Buddha e Satana?
Impossibile: praticano due sport diversi
PS: Px avvisato (@19).
Maggio 25th, 2016 at 5:34 pm
_/\_
Mentre rivedeva la traduzione al castigliano del Bendowa di Dogen, realizzata per la Stella e prologata per Koho Watanabe, ho visto questa notizia. Io non ho conosciuto a Koho, ma sì le sue tracce. Che cosa posso fare ma che ringraziare.
Maggio 26th, 2016 at 1:16 pm
Una storia che valeva la pena leggere.
Ribloggata su Google+ e Tumblr:
https://plus.google.com/u/0/collection/Qd41c
http://dariorivarossailtassista.tumblr.com/post/144951664050/laudacia-di-vivere-in-morte-di-koho-watanabe
Giugno 13th, 2016 at 8:27 pm
Cap.0, n.24. // Bisognerebbe aggiungere una traduzione di più, al castigliano. Benché non l’abbia letta e non conosco la sua qualità – preferisco che il mio lavoro attuale non sia contaminato. 🙂
EL DESPERTAR DE LA FE EN EL MAHAYANA
Giugno 13th, 2016 at 11:33 pm
Condoglianze alla famiglia e ai discepoli.
Non ho avuto il piacere di incontrarlo direttamente ma attraverso voi sì.
Si percepisce la freschezza, la limpidezza, il cuore della persona
Giugno 14th, 2016 at 8:26 am
Ciao Roberto. Grazie per la precisazione e per il link. Quella di Della Torre non è una traduzione dal testo originale cinese, è una ri-traduzione dalla traduzione inglese di Hakeda. Per di più senza note e senza introduzione, benché sia le une che l’altra in Hakeda siano interessanti e ben fatte. Nella nota che citi del cap. 0 sono elencate solo le traduzioni originali.
Giugno 14th, 2016 at 8:30 am
Grazie
Giugno 27th, 2016 at 8:04 am
Quello che, in questa occasione, doveva essere fatto è stato fatto. Presto e bene, a mio parere.
Novembre 1st, 2016 at 3:36 pm
Buongiorno mym, io sono stata una di quelle che ha studiato il libro nella prima versione. I 4 Marietti sono stati la cornice entro cui mi sono mossa per un bel po’ di tempo. Con questa nuova edizione un lato della cornice, che aveva preso il colore del tempo vissuto, viene cambiato. Leggerò il nuovo libro con l’attenzione dovuta.
Ti ringrazio
Marta
Novembre 1st, 2016 at 3:55 pm
Buongiorno Marta, prego, figurati.
Tieni conto che tra una quindicina d’anni uscirà la terza edizione…
Novembre 2nd, 2016 at 8:34 pm
Due segnalazioni per le “videospigolature zen”:
https://www.youtube.com/watch?v=p2O0qrn6-fY&list=WL&index=15
Un bel film sulla vita di Dogen zenji, con sottotitoli in italiano (nello stesso canale si trovano altri film interessanti);
https://www.youtube.com/watch?v=LL2XUTeoUsM&list=WL&index=23
Una bella introduzione alla pratica dello zazen dei Taigen Shodo Harada roshi (sottotitoli in italiano).
Novembre 3rd, 2016 at 7:55 am
Benvenuto Maurizio. Grazie per le segnalazioni. Il film su Dogen lo conoscevo, lo avevamo scartato perché … di maniera, encomiastico. Le istruzioni di Harada Shodo le ho viste ora per la prima volta. Dice cose strane (per non dire errate) secondo me, sia per ciò che riguarda la postura del corpo sia per ciò che riguarda quella della mente. Comunque aspettiamo che gli alti comandi della pagina prendano visione e si esprimano.
PS: per favore, i suggerimenti per la pagina di Videospigolature metteteli direttamente in quella pagina, grazie.
Novembre 3rd, 2016 at 8:03 am
Ottimo!
È chiaro che certe cose le posso imparare solo col confronto!
Grazie, carissimo.
Novembre 3rd, 2016 at 9:21 am
Maccome, senza una polemichetta? Neppure un “sì, ma però…!”. Troppobbono.
Comunque, a parte il video di Harada Shodo, imho, mettersi lì davanti alla telecamera per dare le istruzioni per lo zz non ha molto senso. Intendiamoci: sono molto propenso ad usare il web (mail e blog) invece degli incontri personali. Però, almeno quella volta, penso che bisognerebbe incontrarsi.
Novembre 3rd, 2016 at 9:36 am
Perfettamemente d’accordo!!!
Novembre 3rd, 2016 at 10:15 am
No, no, ma cos’hai capito? Intendevo: “negli altri casi”; tra di noi una mail basta e avanza… 🙂
Novembre 3rd, 2016 at 1:07 pm
😃😃😃😃
Perfetto!!!
Novembre 3rd, 2016 at 2:57 pm
Nel mettersi troppo a vento c’è il caso di prendere aria.
Novembre 3rd, 2016 at 3:06 pm
Agli ordini!!!
No, questa volta hai proprio torto!!!!
Novembre 5th, 2016 at 12:02 am
Salve Maurizio,
grazie, appena possibile farò visita al canale che suggerisci, se troverò qualcosa di pertinente lo pubblicherò.
Per il resto, concordo con Yushin. Circa il film su Dogen, posso aggiungere che ho apprezzato una fotografia curata e rigorosa che tuttavia denuncia il limite del film stesso: un bel quadro con tinte suggestive più attente ad evocare fragranze rituali tipiche della cultura giapponese piuttosto che tentare di dire qualcosa su un uomo che ha posto la sua intera vita nello zazen e la cui complessa produzione letteraria ancora oggi rimane una eredità inestimabile da scoprire per chiunque si addentri su quella stessa strada.
Novembre 5th, 2016 at 8:01 am
Ok.
Credo che ci sia il film della Cavani sulla vita di Milarepa. E poi un film basato su un romanzo di Inoue Yasushi, ma in cui il buddismo potrebbe essere marginale (letto attraverso l’arte del tè).
Novembre 5th, 2016 at 10:49 am
Il film della Cavani su Milarepa, considerato il periodo in cui fu girato (1973), era molto buono. Ora è un po’ datato, soprattutto nel ritmo. C’è ne siamo già occupati diffusamente, in un modo e in un altro. “Morte di un maestro del tè” (tratto dal libro Honkakubo ibun, di Yasushi), come film è fatto proprio bene, ho trovato solo una “piccola” discrepanza in tutta la storia. Mifune in quella parte è perfetto, potremmo dire che… è la morte sua. Non penso però che il film sia adatto a questo sito (se non con alcuni distinguo, se AdO avesse voglia) perché è il tipo di opera giapponese che tende a far passare l’equazione cerimonia del tè=zen, e pazienza, ma anche (e secondo me è peggio) l’equivalenza tra il codice d’onore del Bushido e un comportamento zen. In Giappone è stato (in alcune frange Rinzai è ancora) così ma preferirei che certe forme di vita rimanessero dove sono.
Novembre 5th, 2016 at 11:42 am
Yushin,
dove si può leggere il tuo commento al film della Cavani?
Mi pare di non averlo trovato sul sito e il libro dove compariva mi risulta irreperibile, ma forse devo cercare meglio.
Novembre 5th, 2016 at 11:48 am
Ossegnucau! Basta cliccare, nel commento precedente, sul link di “un modo”…
Novembre 5th, 2016 at 12:05 pm
Grazie!!!
☺
Novembre 9th, 2016 at 10:41 am
God bless the King(burger)
Novembre 9th, 2016 at 10:20 pm
Chiù pilu pè tutti!
Novembre 17th, 2016 at 7:44 am
OT
A quasi tutti i frequentatori di questo blog il nome di Michele Faggianini non dirà nulla. Sono quasi inutili, quindi, queste parole: uno sconosciuto rimane tale, anche parlandone. Però lo voglio ricordare ugualmente, sia perché -forse- gli avrebbe fatto piacere, sia perché non credo sarà ricordato altrove: aveva chiuso da tempo le comunicazioni con tutti. Michele era parte di quel sempre più sparuto gruppetto di persone che all’inizio degli anni ’70, a Torino, si avvicinò allo zazen. Dopo la nostra (di Daido, Jiso e mia) partenza per il Giappone, e una grave disavventura personale, aveva scelto la riservatezza e il silenzio. Una delle persone intellettualmente più interessanti, sensibili e difficili mai incontrate. Ora se n’è andato per sempre. Ho trovato una sua foto, è di almeno 30 anni fa, ma non ne ho altre.
Novembre 17th, 2016 at 10:01 am
Mi unisco al tuo ricordo di Michele, è sfumato dal tempo e dalla non assidua frequentazione, ma mi resta l’eco della sua intransigenza intellettuale quasi feroce, verso se stesso e gli altri, nello smontare ogni maschera e artificio mentale dietro cui nascondersi. L’uso che faceva di questo rigore dialettico mi fu allora di scomodo aiuto e, nel ricordarmene, forse può continuare a esserlo. Per questo, oltre che per i motivi che hai scritto, credo non sia del tutto inutile ricordarlo qui, facendo il suo nome anche a chi non l’ha mai conosciuto. Grazie.
Novembre 20th, 2016 at 9:34 pm
Grazie per questo ricordo allora.
Dicembre 15th, 2016 at 9:37 am
la mia donazione è per il gruppo zazen di Fano, grazie.
Dicembre 15th, 2016 at 9:51 am
Grazie a te!
Ciao
mym
Dicembre 24th, 2016 at 11:46 am
Grazie Yushin,
il tuo lavoro per me è irrinunciabile!
Dicembre 24th, 2016 at 11:47 am
Auguri anche a te,
un abbraccio.
Dicembre 24th, 2016 at 4:06 pm
Prego.
Però forse è bene che tu faccia sì che il tuo apprezzamento non sembri adulazione…
Ciao
mym
Dicembre 24th, 2016 at 4:10 pm
E se ti stessi mettendo alla prova?
😉
Dicembre 24th, 2016 at 5:23 pm
In quel caso, come sarebbe andata?
Dicembre 24th, 2016 at 5:37 pm
Beh, alla grande!!!
Quando si dice la “presenza mentale”…
Dicembre 24th, 2016 at 5:46 pm
Certo che come adulatore stai venendo fuori bene…
Per prova, naturalmente
Dicembre 24th, 2016 at 5:54 pm
Per prova, è chiaro!
Dicembre 24th, 2016 at 6:20 pm
Dalla facilità con cui mi hai smascherato, si direbbe che ti lodano spesso!
O è la rarità che ti è saltata all’occhio
Dicembre 24th, 2016 at 6:27 pm
Né l’una né l’altra: è palese.
Dicembre 24th, 2016 at 6:37 pm
Ahahah
Certi dialoghi andrebbero rivenduti come koan!
(Koan de no’ altri)
Dicembre 25th, 2016 at 10:53 am
Se qualcuno comprasse ‘sta roba pensando si tratti di koan, be’ … gli starebbe solo bene.
Ma se qualcuno provasse a venderla come tale sarebbe un criminale.
Dicembre 25th, 2016 at 11:51 am
Buon amico!
Dicembre 25th, 2016 at 12:23 pm
Che stresss…
Dicembre 27th, 2016 at 2:17 pm
Allora grazie alla Stella che nel suo piccolo illumina la via dove non c’è fine alle possibilità di miglioramento… Buona passeggiata a tutti. Con sobrietà.
Dicembre 27th, 2016 at 4:05 pm
Prego, prego.
Comunque trattasi del TUO piccolo, non del Suo… 😛
Gennaio 2nd, 2017 at 1:25 am
Un mondo migliore con Budda Zot a schermo intero. E quindi grazie a chi sa muover le foglie fatte di musiche e colori.
Saluti e auguri di bene a tutti voi gente sparsa qua e là.
Gennaio 3rd, 2017 at 12:59 am
Ho letto il testo un paio di volte e lo trovo molto chiaro, preciso, puntuale senza sbavature. Lo apprezzo molto, una sorta di medicina dello spirito, l’ho fatto girare tra gli amici ed è piaciuto. Complimenti a Yushin per l’eccellente e responsabile lavoro. Un caro saluto e grazie per l’opportunità
Gennaio 3rd, 2017 at 7:28 am
Ciao Nello, buon anno. I latini dicevano valeo si vales che, secondo Wikipedia, vuol dire “sto bene se tu stai bene”. Insomma, ci congratuliamo a vicenda e via. Comunque, non ho fatto tutto da solo: è stato anche per l’occhio acuto di Fred e la pazienza di Max (ha dovuto riaprire il file quasi 100 volte…) se il lavoro ha acquistato un aspetto così levigato. Grazie.
Gennaio 5th, 2017 at 7:47 am
Va bene, ti rispondo io: se ti prendi così sul serio (me sembri er papa…) con te non ci gioca nessuno 😮
Febbraio 15th, 2017 at 12:00 am
Il Prof. Di Folca, definisce “orgoglio”, quanto nella tradizione è sempre stato definito “ego”.
I meccanismi archetipici che finemente descrive, sono sempre stati chiarissimi e riconosciuti entro il sangha anche da chi non ha trovato la risoluzione della causa dei meccanismi stessi, quindi, come rispondeva Yushin in un intervento sullo stesso tema…”larga la foglia…”
Precisate le dinamiche egoiche (che preferisco a orgoglio), restano le possibili e potenziali soluzioni sempre in itinere…come la vita, il tempo, il Prof. espone la sua posizione rispetto al problema, condivisibile, altri possono usare altri upaya…
Resta un punto, lo scrivere, l’argomentare qualificatamente, l’avere chiare le dinamiche egoiche, non ci esime dall’essere, qui ora, proprio ciò che siamo, ed ognuno non può che dare una forma sua propria a ciò che è…
Febbraio 15th, 2017 at 12:05 am
In sostanza, l’ego, è a mio avviso, molto, molto più complesso dell’orgoglio.
Febbraio 15th, 2017 at 6:38 pm
Ciao Nello.
Il punto è che l’ego, l’io o come lo vuoi chiamare, non esiste come “oggetto” definito. Ciò che nel buddismo Yogacara (Vasubadhu in particolare se ne occupa) viene detto atman, jiva, jantu, manuja, manava ecc. sono tutti i pensieri riferiti al soggetto, ovvero all’afferratore come lo chiama Vasubandhu. Non solo quelli negativi, come l’orgoglio, ma anche i pensieri di generosità o di equanimità ecc. Siccome quei pensieri sono potenzialmente infiniti i contorni di quello che ingenuamente chiamiamo “ego” come fosse un’entità sono inesistenti. L’idea che esista un’entità dai contorni definiti detta “io” è una semplificazione del pensiero occidentale.
Febbraio 15th, 2017 at 10:04 pm
@5, sono d’accordissimo. Secondo la mia limitata gestione dell’argomento, il termine “ego”, lo trovo più rispondente, con tutte le potenziali travisazioni connesse, alla sua inafferrabilità e insostanzialità. Lo trovo meno problematico, quindi meno fuorviante, di “orgoglio”. Grazie per la tua lineare chiarezza.
Febbraio 16th, 2017 at 7:55 am
Prego.
In Italì quando due sono d’accordissimo… c’è subito chi pensa all’inciucio 😉
Marzo 1st, 2017 at 5:59 pm
Il Bendōwa della Marietti è stato uno dei primi libri di Dōgen che ho letto. Sul sito del bukkaidojo https://www.bukkaidojo.it/wp/mon-do/ ci sono un paio di brevi audio di Daido sul testo
Marzo 1st, 2017 at 6:16 pm
Uuuuh, la voce del Daidone, che impressione!
Grazie
Marzo 25th, 2017 at 10:10 am
Grande interesse!!!
Non vedo l’ora di leggerlo.
Marzo 25th, 2017 at 10:43 am
Questa volta tenterò un esperimento: il testo sarà interamente mimato.
Marzo 25th, 2017 at 11:47 am
Sarà senz’altro più divertente!
Linkami il video.
Marzo 25th, 2017 at 11:50 am
Sì, certo, te lo linko. Ma intendo esibirmi al buio.
Marzo 25th, 2017 at 12:21 pm
Allora lo guarderò ad occhi chiusi.
Credo che sarà bellissimo!
Marzo 25th, 2017 at 3:47 pm
Peccato, ci sarà un siparietto con le subrettine …
Marzo 25th, 2017 at 6:20 pm
Aspetta, la so, la so!
E la vita la vita
e la vita l’è bela l’è bela
basta avere l’ombrela l’ombrela
che ti para la testa
che ti para la testa.
Riguardo alla morte, vabbeh oh, mo’ devo spiegare tutto io?
Al mio indirizzo che hai, puoi mandare le soubrette anche senza il video ^__^
Marzo 25th, 2017 at 6:25 pm
il ne pense qu’à ça… 😛
Temevo che parlando di subrettine “qualcuno” si sarebbe svegliato…
Cereia, monsù!
Marzo 26th, 2017 at 11:44 am
OT:
El grupo de zazen de la Cañada ha tradotto La Piccola Guida al Buddismo Zen in spagnolo, in formato pdf ed epub. Grazie, gran bel lavoro.
Marzo 26th, 2017 at 11:49 am
El grupo de zazen de la Cañada ha tradotto La Piccola Guida al Buddismo Zen in spagnolo, in formato pdf ed epub. Grazie, gran bel lavoro.
Marzo 26th, 2017 at 8:16 pm
¡Qué buena noticia!, habrá que leerlo.
Marzo 30th, 2017 at 10:09 pm
Lei non mi conosce, ma la ringrazio molto perché questo sito è fantastico, uno dei migliori in materia di buddhismo e di zen che abbia mai visitato. I suoi testi, che alcuni ho pure acquistato, danno ottimi spunti e approfondimenti per un principiante come me, nonché una visione disincantata di ciò che è il buddhismo. I miei vivi complimenti e apprezzamenti.
Marzo 31st, 2017 at 7:54 am
Hola, caro sconosciuto Antonino
Grazie per i complimenti al sito. Anche se … più che uno dei migliori eravamo certi fosse di gran lunga il migliore 😎 😳
Marzo 31st, 2017 at 2:40 pm
Ahahah. Beh, volevo dirlo ma avevo paura di sembrare un moccioso adulatore, ho preferito essere più sobrio..😂
Marzo 31st, 2017 at 3:29 pm
Ah!
Il fatto è che … è l’unico sito del genere (almeno per ciò che mi consta) per cui essere i migliori non è molto difficile 😉
Volendo cavillare siamo anche i peggiori.
Aprile 21st, 2017 at 7:40 pm
la mia donazione è per il gruppo zazen di Fano, grazie
Aprile 21st, 2017 at 7:42 pm
Molte grazie!
Un saluto
mym
Maggio 3rd, 2017 at 3:21 pm
http://studybuddhism.com/web/it/archives/approaching_buddhism/introduction/dharma_lite.html
A quanto pare i tibetani dicono che il nostro non è vero dharma..
Maggio 3rd, 2017 at 3:32 pm
“Nostro”? Ohibò, se è nostro han ragione “i tibetani”.
“I tibetani” potrebbero citare un sutra o un testo canonico in cui vi sia la dottrina della rinascita, se ci fosse. Oppure spiegare perché, nel buddismo vajrayana (comunemente detto “tibetano”) sono solo 6-700 anni che la credenza nella rinascita viene presa sul serio. Prima non erano buddisti?
Maggio 3rd, 2017 at 6:54 pm
Mi intenda, sono d’accordo con lei. Ma se prova a leggere un testo del dalai lama dice “rinascita” ogni tre righe..
Maggio 3rd, 2017 at 6:59 pm
Non è un problema, almeno per chi pratica zazen: lo zazen “funziona” sia che la nostra vita attuale sia una vita singola, sia che si tratti di una serie di vite collegate una all’altra.
Caso mai è un problema di chi sostiene che senza credenza nelle rinascite non ci sia buddismo, dharma ecc.
Maggio 6th, 2017 at 9:55 am
Una domanda : per praticare zazen correttamente è indispensabile avere un contatto vicino e diretto con un maestro (frequentare quindi un centro con un maestro) o magari si può anche apprenderlo da libri e avere un contatto periodico sul web con un maestro?
P.s. La realtà della vita, zazen in pratica è Aprire le mani del pensiero sono lo stesso libro con edizioni diverse? Perché il primo è fuori produzione
Maggio 6th, 2017 at 10:00 am
Grazie in anticipo per la risposta e per i chiarimenti precedenti.
Maggio 6th, 2017 at 10:02 am
La “e” dopo “zazen in pratica” è congiunzione, senza accento, per evitare equivoci grammaticali 😊
Maggio 6th, 2017 at 6:54 pm
Buonasera Antonino, bentornato
La realtà della vita, zazen in pratica e Aprire le mani del pensiero sono due traduzioni profondamente diverse dello stesso libro, una (la prima) è la traduzione diretta dal giapponese, l’altra è una traduzione di una traduzione inglese. Esiste un’altra traduzione ancora, anch’essa esaurita, che si chiamava La realtà dello zazen. Se ha un poco di pazienza, fra non molto -certamente entro l’anno- pubblicheremo una nuova edizione gratuita, in ebook, di La realtà della vita, zazen in pratica. Quando sarà disponibile avviseremo con un post o qualche cosa di analogo. Rispondo alla sua domanda sullo zazen in un altro momento, con pardon.
Maggio 6th, 2017 at 7:39 pm
Torno alla sua domanda riguardo allo zazen. Per praticare correttamente zazen occorre che ci venga insegnato da chi sa come si fa zazen e, soprattutto, che lo pratichi continuativamente da molto tempo. Le persone che sanno come si fa zazen lo sanno perché qualcun altro, anch’egli con le stesse caratteristiche, glielo ha insegnato. Questo è indispensabile, il resto è accessorio. Se ha la pazienza di leggerlo, recentemente ho pubblicato il resoconto di una conversazione che ho tenuto a Torino, trova il testo in questa pagina, al primo posto.
Maggio 6th, 2017 at 8:41 pm
Buonasera signor Marassi (maestro, roshi, Padre? Non so come chiamarla!), grazie per la risposta. Per quanto riguarda il libro posso benissimo aspettare la nuova edizione in ebook, che a quanto mi fa intendere è migliore di quella che c’è in circolazione per ora (Aprire le mani), ed è pure gratis 😅
Mi scusi l’humor torniamo a noi.
Per lo zazen invece io pratico ogni giorno secondo un tempo prestabilito, e cerco di fare ciò che Uchiyama descrive nella sezione “Come si fa Zazen” e come lei descrive nel discorso che mi ha linkato “appena la mia mente si trasforma in pensiero, siccome non sono seduto per fare altro che zazen, rilasso il mio cervello e me ne sto semplicemente seduto lì. Dopo un po’, a volte dopo un bel po’, a volte subito, mi accorgo che mi sono di nuovo coinvolto in qualche fantasia, quindi lascio e me ne sto seduto lì. Tutto qua. Lo so che è difficile, ma o si fa così oppure … niente zazen: si fa qualche cosa d’altro. Non ci sono rinoceronti, visioni cristiche, filosofie daoiste che tengano. Occorre semplicemente tornare a star seduti lì. Nient’altro.”
Avevo letto descrizioni analoghe da altre parti prima di leggere queste, e mi sembra di far giusto, paragonando la mia esperienza di zazen agli scritti. Dico “mi sembra” perché non ho, e nemmeno voglio avere l’arroganza di credere che il mio sia zazen ben fatto senza magari averne parlato con qualcuno che lo ha imparato prima e mi precede in tal senso. Non so fino a quanto io possa dire che mi è stato insegnato correttamente solo perché ho letto sul web o su libri e perché secondo la mia opinione io lo sto facendo bene, capisce?
Altro paio di maniche per la posizione fisica, con cui ho un po’ di problemi..
Maggio 6th, 2017 at 8:47 pm
Riassumendo, per il come interiore vale il discorso che le ho fatto. Per il come esteriore (posizione fisica) purtroppo per le difficoltà che incontro sono spesso obbligato a ricorrere a posizioni alternative (seduto su uno sgabello, con schiena eretta, piedi piantati per terra e mani giunte per esempio)
È un problema quest’ultimo?
Grazie per la disponibilità che ha nel rispondere alle mie domande e per la gentilezza e il garbo con cui lo fa. Le sono grato. Buona serata.
Maggio 7th, 2017 at 8:14 am
Lo zazen si fa con il corpo (ciò che si fa con la mente è far sì che la mente non ci/si distragga), per cui la posizione fisica è importante. A Torino non ne ho parlato perché mi trovavo in un luogo in cui tutti i presenti sono al corrente da tempo di quale sia la posizione fisica corretta. Sono pochi, soprattutto in Occidente, quelli che riescono a sedersi in modo perfetto, siamo abituati alle sedie sin da bambini e la forma del corpo si adatta di conseguenza. È anche per questo che auspico che, chi pratica, almeno una volta incontri di persona chi può dare indicazioni sicure anche sulla forma del corpo. Provi a leggere questo libretto, forse la può aiutare.
Maggio 14th, 2017 at 10:38 am
Quando si allestisce un varietà, più delle subrettine, contano il regista e la musica: – ma “io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera!”, come cantano i Baustelle ne “Il Vangelo di Giovanni” (2017).
Anche perché tre elementi fondamentali dell’orchestra, diciamo pure imprenscindibili, sono morti: Prince, George Michael, David Bowie.
(per un riassunto definitivo cfr. Bowie “I built a wall of sound to separate us… Hey boy welcome to reality!” [2003] e “Where are we now?” [2013]).
…
Si tratta ovviamente di “personaggi concettuali” nel senso deleuziano, e sarebbe troppo dispersivo, troppo digressivo… insomma, troppo off-topic!, spiegare tutti i paralogismi e le antinomie di cui si è fatta carico la mia povera ragione nell’arco di un decennio; di certo, in questo “mondo musicale” fatto di concetti cantati, non c’è possibilità di evidenza giacché questa è relativa soltanto alla realtà e ai fatti…
Maggio 14th, 2017 at 10:39 am
Ciao Hmsx, ben tornato. Sei il Barnum della mente, qualche volta. Si fatica a seguirti, al punto che è difficile capire quanto tu sia OT. Ma ti si legge con piacere.
Maggio 14th, 2017 at 10:40 am
Qualche anno fa è uscita per Bur una raccolta di massime di Goethe intitolata “Gli errori rendono amabili”. La massima 575 secondo me è in perfetto stile Zen:
“Il massimo sarebbe di comprendere che tutti gli elementi di fatto sono già teoria. L’azzurro del cielo ci rivela la legge fondamentale del cromatismo. Soprattutto non si stia a cercare dietro ai fenomeni: essi stessi sono la dottrina.”
Caro mym, sulla possibilità di rincontrarci fra qualche millennio vorrei che non ti facessi troppe illusioni e ti ammonisco con le parole di quel “realista-uomo-dei-fatti” che è Schopenhauer:
«Nonostante il tempo, la morte e la putrefazione, saremo ancora tutti quanti insieme!»
Nel Capitolo 42 de Il mondo come volontà e rappresentazione, Della morte e del suo rapporto con l’indistruttibilità del nostro essere in sé, di cui la frase sopra, Schopenhauer riporta un passo della Doctrine of buddhism di Upham, p. 110:
«Nell’inferno la sorte più dura è quella degli empi chiamati Deitty: questi sono coloro che, rigettando la testimonianza di Buddha, aderiscono alla dottrina eretica secondo cui tutti gli esseri viventi hanno avuto cominciamento e avranno fine nella morte.»
Sicché dubiti della parola del Buddha, eh? Eh? 🙂
Maggio 14th, 2017 at 11:07 am
Sugli incontri ravvicinati di tipo millenario mi son tutelato, con un “se”. Pur nella scetticità mai porre limiti a madama provvidenza. Anche perché incontri bis di quel tipo presuppongono un “nel frattempo” che non mi andrebbe proprio di gestire.
Riguardo al dubitare della parola del Boss: è il modo migliore per non dubitarne.
Prima che lo dica qualcun altro: il finale della concione sull’inversione, passaggio o Pasqua buddista è un poco gigione.
Maggio 14th, 2017 at 4:39 pm
Be’, anch’io qualche volta fatico a seguirmi; più spesso, invece, sento la mancanza di un interlocutore: ci son cose che non so a chi dire.
Come quando, ad esempio, nel 2002, fece irruzione nella mia vita il Tragico. Ma non nelle forme della musica dionisiaca, come profetizzato da Nietzsche, bensì attraverso la musica rock.
Gli eventi che seguirono all’irruzione del tragico sono così mirabolanti che i tentativi di farne una cronaca obiettiva producono come effetto logico quello dell’incredulità. Tuttavia è possibile tracciare una linea di demarcazione tra il prima e il dopo attraverso la discografia che convenzionalmente faccio coincidere con l’albun Heathen di Bowie del 2002.
Se Heathen, il prima, rappresenta in pieno lo spirito del tempo in cui ero immerso, un clima di neopaganesimo ultra moderno, cioè maturo, privo delle ingenuità del paganesimo classico, a cui ero giunto in totale autonomia – presumo al pari di Bowie, e che egli, od ogni modo, formalizzò con mia somma sorpresa e un pizzico di compiacenza – il dopo, Reality, è la cristallizzazione di una visione che da allora è rimasta nitida e non è mutata, e dalla quale, attraverso percorsi tortuosi e misteriosi, si giunge ad una frammentarietà dispersiva e disgregante fino all’evanescenza.
È come se, tanto per sparare una ipotesi di fantasia, si dovesse raccontare la storia di un ragazzino un po’ stupido, che in un epoca archeologica dell’intenet (quando non c’erano i social), cominciasse ad annotare sulla rete le sue suggestioni sull’11 settembre 2001 e si trovasse intricato nell’escalation che condusse alla guerra in Iraq, vedendo i suoi pezzi ripresi paro paro dai politici coinvolti in quella faccenda, e, in un certo senso, dettandone l’agenda che va dal settembre 2002 al febbraio 2003. Un esemplificazione suggestiva può essere il video “Shoot the dog” di George Michael, dove il ragazzino un po’ stupido è sostituito da un calzino parlante che suggerisce a George W. Bush cosa dire.
George Michael, tra l’altro, è uno dei protagonisti del libro più personale e visionario di Manlio Sgalambro, Anatol, – un perfetto controcanto a Zarathustra – al punto che la copertina del disco del filosofo, “Fans club”, è sovrapponibile a quella di “Older” del cantante inglese, con la differenza che il nero della copertina di Michael è sostituita, nel disco del filosofo, dai colori dello spettro della luce che vanno dal giallo al rosso per giungere al bianco.
Insomma, per “banalizzare”, posso solo dire che “chi ascolta veramente ascolta l’ascolto” (Sgalambro, Contro la musica), e tanto basta, ché su certi OT è meglio tacere.
Maggio 14th, 2017 at 4:42 pm
Si capiva che stavi gigioneggiando, infatti ti volevo sfottere un po’. Chiarisco che quando Schopenhauer parla di vita dopo la morte esclude categoricamente la “resurrezione della carne”.
Siccome Schopenhauer era un uomo pragmatico – minacciò di morte il broker finanziario a cui affidò i suoi soldi riuscendo ad ottenere interamente il suo capitale mentre gli altri investitori, per colpa degli azzardi del broker, finirono in bancarotta – mi ha molto stupito il capitolo 42 de Il mondo, soprattutto la sicumera con la quale egli afferma la sua tesi. Ad ogni modo, “se” avesse ragione, nella vita eterna non avremmo spoglie mortali.
Maggio 14th, 2017 at 6:38 pm
Avere spoglie mortali nella vita eterna, per quanto scomodissimo, sarebbe stato interessante.
Mi pare che tu, a differenza di altri, trovi abbastanza agevolmente a chi dire.
Questa cosa di “chi ascolta veramente ascolta l’ascolto”, detto in modo brutale, me pare ‘na sôla.
Non per fare dei paragoni, per carità, ma anche Vasubandhu in un paio di occasioni gigioneggia: Tri-svabhava-nirdesa 13, 16 e pure 17.
Maggio 14th, 2017 at 8:03 pm
“Contro la musica” è un libro difficile, per musicologi, anche se, a dirla tutta, non è molto rigoroso. Sgalambro riprende i temi che Nietzsche sviluppa in “Nietzsche contra Wagner” (che insieme a Richard Wagner a Bayreuth e Il caso Wagner costituiscono la trilogia su Wagner) e li ribalta a favore del musicista. Ma il discorso non è prettamente musicale. L’annuncio del “trionfo della musica wagnerian” è da intendersi come il trionfo del frastuono dei giorni nostri, dove il tentativo di un nuovo ethos musicale “diventa un appello all’ascolto di se stessi”. Il filo conduttore è la riduzione di problemi metafisici a problemi sociali, e quest’ultimi a problemi musicali, suggerendo un ascolto *contro* la musica, nel senso che, a dispetto di quanto afferma la vulgata per cui attraverso la musica si celebrerebbe l’incontro con il proprio Sé (questa era anche la posizione di Nietzsche), per Sgalambro essa rappresenterebbe lo scontro con il mondo. (Insomma, è un libro pieno di sofisticherie, clownerie e intransigenza).
Simpatico questo Vasubandhu, pare quasi che la clownerie sia un tratto comune a molti saggi.
Maggio 15th, 2017 at 8:17 am
Ah, ho capito, grazie. Ascoltare la musica senza la musica è un’altra storia. Interessante.
Senza elogiare la clownerie (non sarebbe serio), un filo di ridicule aiuta a difendersi/ci dal tromboneggiare.
Maggio 30th, 2017 at 11:56 am
Dopo tanti anni -quasi 40!- è “tornato” Mario, il quarto uomo del nostro primo viaggio ad Antaiji. Mi ha chiesto di pubblicare un suo breve scritto, una memoria che gli è rimasta di quei cinque giorni di tanto tempo fa.
Trovate qui il suo testo.
Chissà se un giorno avrà voglia di spiegarci che cos’è “lo stile monaco zen” di cui parla nel suo scritto…
Maggio 31st, 2017 at 8:50 pm
Lo scritto di Mario è coraggioso e mi sento di dire citando il vecchio Sawaki e incorrendo nelle ire di Yushin e Jiso, che non apprezzano le citazioni in quanto si prestano sempre e comunque a uno scollamento con il momento, l’attuale, assumendo concetti e sfumature tutte del citante e che nulla hanno a che vedere con il citato, tuttavia…mi prendo questa responsabilità e dico a Mario che Sawaki raccomandava di “non cercare il successo” che non significa non realizzarlo in qualche forma o attribuirgli una qualche importanza.
Giugno 1st, 2017 at 7:51 am
Ciao Nello, bentornato.
Sull’avvicinare a Sawaki (rispetto a ciò che facciamo) “l’attribuirgli una qualche importanza” temo si stia palesando il paventato “concetti e sfumature tutte del citante”. Per il resto concordo: privatamente ho scritto a Mario che non mi pare il caso di considerarsi (o vedersi considerato) un fallito in toto per un episodio, per quanto importante, della sua vita. Se non potessimo modificare -anche profondamente- il corso delle cose della nostra vita il buddismo non avrebbe senso.
Giugno 1st, 2017 at 11:46 am
PS: ho riletto ora quello che ha scritto Nello e il mio commento sull’attribuzione di importanza. Può anche essere che io abbia preso fischi per fiaschi: la doppia negazione mi ha fatto interpretare l’attribuire una qualche importanza (al successo) come un prolungamento del pensiero di Sawaki. Se non è così mi scuso con Nello per avergli attribuito una tale grossolanità.
Giugno 1st, 2017 at 11:48 pm
Sawaki è virgolettato, segue la mia riflessione che lascia il tempo che trova…non mi permetterei di prolungare Sawaki…Nello sì, all’infinito…per la durata del “finito”.
A voi stellamattinieri vi voglio bene.
Giugno 2nd, 2017 at 7:28 am
Grazie per la comprensione.
Ciao,
mym
Giugno 2nd, 2017 at 11:48 am
Ciao Nello, grazie del richiamo, non ho nulla contro le citazioni, che non siano surrettizie appropriazioni indebite. Nel caso di cui parliamo, penso che il richiamo di Sawaki sia a non applicare al campo religioso una categoria cara all’amor proprio come il successo: con quale metro di misura si può valutare il successo in religione? Infatti Sawaki, ci dicono ancora, indirizzava alla perdita, più facile da verificare del guadagno, sempre in terra di religione, se si è alieni da civetteria. Quanto al testo di Mario, che se ci legge saluto, non mi pare richieda consolazioni di sorta: dice chiaro che poco gli importa se qualcuno lo considera un fallito dello zen (?) e non mi pare proprio che lui si consideri tale, buon per lui.
A tutti, buona festa della Repubblica, povera cara…
Giugno 26th, 2017 at 12:27 pm
Grazie, è molto gradito.
Giugno 26th, 2017 at 12:31 pm
Buongiorno Maurizio, ne sono contento. Un ovvio cosiglio: maneggiare con cura.
Giugno 26th, 2017 at 12:32 pm
Pardon, non meno ovviamente: consiglio.
Giugno 26th, 2017 at 4:34 pm
Una splendida descrizione del samsara, vissuto da una persona sensibile, intelligente che anela all’uscirne senza avere, in pieno, i mezzi per farlo. Nessuno gli aveva offerto la concreta via di salvezza che conduce al di là del mare che c’è tra il sapere e il portare a compimento. Sensibilità, intelligenza e cultura le danno i mezzi per coltivare speranza e rendono ancor più amaro il mondo: non può non vederlo appieno. Il sostegno principale le viene dalla fede che, a tratti, la proietta nella libertà. Per poi ricadere. Con le sue parole potremmo dire che non trovò risposta alla domanda: Come si sfugge a quello che, in noi, assomiglia alla pesantezza?, (cfr. pdf 18). Dice, Thibon: Lei conosceva, viveva la distanza disperante fra “sapere” e “sapere con tutta l’anima”, e la sua vita non aveva altro scopo che abolire questa distanza, (cfr. pdf 11).
In qualche misura, e mutatis mutandis, ricorda Virginia Woolf: E finché resterà ancora infisso dentro di noi l’uncino della vita, continueremo ad agitarci […] Forse, per il solo fatto di averla desiderata in tutti questi secoli, gli uomini saranno riusciti a farla esistere; dovrà pur esserci un’isola verde dove far riposare la mente.
Simone quell’isola l’aveva intravista: Non pensare a, facoltà suprema, (cfr. pdf 68).
Giugno 26th, 2017 at 9:04 pm
Mi lascia stupito il fatto che offriate in maniera gratuita traduzioni di testi, le quali non sono certo lavoretti facili, e che credo comportino tempi di lavoro non indifferenti.
Con vivissima gratitudine, vi ringrazio
Giugno 27th, 2017 at 7:50 am
Buongiorno Antonino, la libera circolazione di persone e opere dovrebbe essere norma di libertà mentre la tirannia del denaro, di cui la monetizzazione del lavoro e del tempo è il braccio armato, la rende quasi un’eccezione e, per molti, un fastidio: un inequivocabile segno dei tempi. Grazie a lei per lo stupore e per la compagnia.
Giugno 27th, 2017 at 8:03 am
Pappazùm pappazùm…
A dire il vero lo facciamo per divertimento: tanto tempo libero e voglia di giocare…
Giugno 27th, 2017 at 9:55 am
@jf
Sì, siamo nella società del Dio Denaro più che mai. 130 anni fa un tizio urlò che Dio era morto. Guardate un po’, le spese del funerale tutte a carico suo, e neanche una ghirlanda di rose in dono.
@mym
Divertitevi, divertitevi pure, che ci divertiamo pure noi lettori 😊
Giugno 27th, 2017 at 10:18 am
Poi però passiamo a raccogliere l’obolo: quando ci son di mezzo i preti (buddisti, cristiani fa lo stesso) si sa… 😌
Giugno 27th, 2017 at 12:00 pm
E’ l’obolo di san Dietro, ovvero la tassa sulla gratuità… un vero scherzo da preti.
@antonino
Nietzsche, per l’impressione incolta che ne ho, l’ha messa sul personale, come se la realtà fosse un torto fatto a lui personalmente. La Weil, anche se non sfugge al senso tragico, ha ben compreso invece che un inciampo sta proprio nel personalizare.
Giugno 27th, 2017 at 12:27 pm
Cito dal testo, pagina 40:
“Noi non possediamo niente al mondo – perché la sorte può toglierci tutto – tranne il potere di dire io. È questo che bisogna dare a Dio, vale a dire distruggere. Non vi è assolutamente nessun altro atto libero che ci sia permesso, se non la distruzione dell’io.”
Lì Nietzsche (ma anche un po’ tutti noi) si rivolterebbe nella tomba
Giugno 27th, 2017 at 8:04 pm
Vero. Distruggere una “cosa” che non c’è è una perdita di tempo sulle soglie dell’impossibile.
Come si distrugge l’io? Dove lo si trova e che cosa gli si fa per distruggerlo?
È anche per questo genere di follie, imho, che la Weil è rimasta in mezzo a un mare di guai. Tra l’altro il Nazzareno certe cose non le ha mai dette, era tutta produzione sua, di Simone.
Giugno 27th, 2017 at 8:14 pm
Sì. Penso che il cristianesimo difetti proprio in questo: nell’indicare Dio come fonte di gioia eterna ma nel non dirci come si fa ad arrivarci a questa (non) cosa. Per nostra fortuna c’è il buddhismo
Giugno 28th, 2017 at 8:52 am
No no, per fortuna il buddismo non c’è. Altrimenti saremmo nello stesso guaio.
“Inventare Dio” non è cosa semplice. Un buon tentativo mi pare quello hindu, dove “Lui” è indescrivibile, ineffabile e basta. Quando cominci con gli aggettivi (giusto, buono, misericordioso ecc.) oppure con le Sue volontà, poi occorre spiegare perché accade (anche) il contrario.
Se poi ti metti a parlare delle strade che portano a Lui rischi di parlar di cose che non conosci.
Giugno 28th, 2017 at 10:52 am
Intendevo : il buddhismo con l’ottuplice sentiero ci dice come si arriva a questa fonte di gioia (non intendevo Dio, il quale non è un problema buddhista), ci dà questa possibilità di salvezza (dal dolore)
Sì, quello Hindu è un buon tentativo, ma la parola Dio ha sempre un certo peso sul nostro cuore, anche a dire che è ineffabile, impensabile etc…, quindi si rischia sempre di ridurlo a idolo.
Ho diversi amici che praticano Yoga, e a sbandierare parole come “ma l’assolutooo, solo Luiiii” non ci stanno niente.
Occorre stare attenti.
Cari saluti.
Giugno 28th, 2017 at 11:09 am
Nenche io intendevo “Dio”, intendevo proprio dire che il buddismo non esiste. L’ottuplice sentiero dice questo dice quello, ok, ma il soggetto non è qualcosa detto “buddismo”. Quella cosa lì è un’immaginazione.
Giugno 28th, 2017 at 11:16 am
Ma sì, ma è tutta una recita. Neanche io esisto, eppure mi tocca dire “io… La mia..quella cosa..”
Per sfortuna la maggior parte degli uomini non lo sa che è una recita, o forse è una fortuna : ne rimarrebbero sconvolti.
Giugno 28th, 2017 at 11:26 am
Mmmmmh, mi sembra un po’ “buttata lì”.
Se non esisti chi è che scrive queste perle di saggezza?
Ovvero: se sai che il buddismo non esiste, che cosa intendi quando dici “buddismo”?
Giugno 28th, 2017 at 11:31 am
E va bene, sono stato superbo. Mi arrendo, non lo so 😂😅
A queste ultime due domande mi può rispondere lei?
Giugno 28th, 2017 at 12:30 pm
Oggi non vorrei mentire.
Su certi argomenti, soprattutto quando si criticano in blocco interi sistemi (il cristianesimo, il buddismo, i teisti…) bisogna fare particolare attenzione.
Giugno 28th, 2017 at 2:12 pm
Capisco. In questi casi, meglio il silenzio.
Buona giornata e grazie per la gradita conversazione mym
Giugno 29th, 2017 at 11:29 am
Scusate, ne approfitto per segnalare questo breve testo a mio parere molto interessante, sul confronto tra Dzogchen e Zen, probabilmente alcuni di voi lo conosceranno. Buona lettura
Luglio 3rd, 2017 at 11:24 am
Buondì
Grazie Antonino. Il testo però spiega a lungo (e in modo abbastanza confuso oltre che sbilanciato) a proposito dello Dzogchen e parla poco e nulla dello zazen. Inoltre semina zizzania in chi lo legge conducendo a pensare che ci sia un’illuminazione da realizzare. Oltre ad altre imprecisioni più o meno gravi.
Paragonare due “sistemi religiosi” non è cosa da fare. Se ci si è costretti, il lavoro dovrebbe essere molto ma molto più profondo e più studiato.
PS: ho sistemato il link nel tuo commento.
Luglio 3rd, 2017 at 2:22 pm
Non so cosa si intenda per “illuminazione” nel Vajrayana, forse la completa distruzione dei cosiddetti Klesa, o qualcosa del genere.
Comunque il testo è un estratto di un libro (che io non ho letto), dal titolo “Dzogchen e Zen”, quindi forse per vedere se è un lavoro fatto bene lo si dovrebbe leggere
Luglio 3rd, 2017 at 5:05 pm
A meno che il resto del libro non sia di tutt’altro tenore (ma allora perché pubblicare solo quel brano in un pdf a sé stante se è un pezzo scadente?) oppure, in questo caso, basta il pezzo che hai segnalato per capire che non è un lavoro fatto bene.
Luglio 28th, 2017 at 4:16 pm
la mia donazione è per il gruppo zazen di Fano, grazie.
Luglio 31st, 2017 at 11:47 am
Molte grazie
Ciao
mym
Ottobre 13th, 2017 at 6:58 am
Grazie Yushin.
Ottobre 13th, 2017 at 7:27 am
Prego. Niente di nuovo per chi segue da tempo la Stella. Però l’ambiente era composito e ho fatto una carrellata generale.
Ottobre 13th, 2017 at 8:04 am
È la smaterializzazione della Stella che ha dato spazio a chi non è fisicamente vicino.
Il sangha nell’epoca del web.
Ottobre 13th, 2017 at 8:10 am
Vero. Anche se “non di solo web…” 🙂
Sarò off line sino a domenica sera.
A presto
y
Ottobre 24th, 2017 at 10:09 pm
Ho apprezzato veramente ambedue gli interventi e le riflessioni chiare che pongono, veramente piacevoli e onesti, lo zazen risulta sempre più quello che è. Grazie
Ottobre 25th, 2017 at 8:35 am
Grazie a te.
Certo sai che un conto è provarci un altro è riuscirci, sempre.
Ma senza provarci nonostante tutto, non c’è speranza.
Un buon investimento
Novembre 21st, 2017 at 8:51 am
Murakami scrive in Norwegian Wood che se uno apre il cuore al “prossimo” – non a chiunque – guarisce da tutte le sofferenze. Diffido ovviamente dei romanzieri, ma quando leggo mym respiro meglio. Dipende sicuramente dal comune sentire; – anche, in un certo senso, dall’aver vissuto qualcosa di epico: il racconto di Antaj è entusiasmante.
La smaterializzazione della Stella mi sembra inevitabile nonostante la domanda religiosa sia destinata ad aumentare. Sono convinto che la questione delle questioni, almeno in Europa, sia la successione del cristianesimo – nei modi del rifiuto o del suo rilancio al di fuori dalla dottrina e teologia ortodossa – e che all’interno del “problema religioso” vadano iscritti tutti gli altri problemi e bisogni. Eppure, come fa notare mym a I, p. 10, la nuova religiosità, pur essendo una conquista storica, non può essere un fenomeno di massa, ma una ricerca personale (la quale, sia detto per inciso, prende le mosse dai valori falsi per condurre ad un credo di tipo laico).
Certo, la dismissione della casa di Galgagnano è una specie di lutto, anche perché il silenzio è il nuovo bene posizionale dell’upper class newyorkese: “Il silenzio è divenuto un bene molto richiesto e sempre più prezioso. Un investimento che non tutti si possono permettere…[sicché] oggi la gran parte del mercato dei beni di lusso riguarda il suono del silenzio” (John Biguenet, Il prezzo del silenzio, Repubblica del 22 ottobre 2017).
Capisco la mentalità del monaco, ma credo che le cose si disprezzino meglio quando si possiedono. A volte mi dico: “ah, se fossi milionario, con quanta intensità disprezzerei il mio denaro!”
Novembre 21st, 2017 at 8:52 am
Ciao HMSX, bentornato.
L’idea che le cose si disprezzino meglio quando si possiedono è sana, direi giusta. Quando Tommasino (cfr. Una vita violenta, P.P.Pasolini) è ricoverato, tisico, in ospedale, vede dalla finestra i ragazzetti cenciosi come lui che corrono liberi verso l’avventura e dice “eravamo ricchi e non lo sapevamo”. Non apprezza (o disprezza) chi realmente non sa della propria ricchezza. Al contrario, però, del monaco, che non ha non per disprezzo della ricchezza, ma perché è già ricco così com’è. Anche fuor dal buddismo: cfr. 1 Corinzi, 7, 20 ss.
Novembre 21st, 2017 at 8:53 am
@mym
PS: non vedo l’ora di leggere il tuo lavoro sul Vimsatika di Vasubandhu, effettivamente un drago.
Restando in tema di draghi, ne sto cavalcando uno notevolissimo: Giuseppe Rensi. Misconosciuto in vita perché contemporaneo e arcinemico di Croce e Gentile, è stato riscoperto dai posteri – e subito dimenticato – grazie al suo capolavoro “Filosofia dell’assurdo”. Il fatto che l’autore ponga come condizione per la comprensione della sua opera l’aver compiuto i quarant’anni mi sembra una garanzia. “La trascendenza “ e “La morale come pazzia” sono le cose più intelligenti che io abbia mai letto sull’etica. Le “Lettere spirituali” laureano meglio di qualsiasi università.
In particolare, nella Lettera XXIX, Rensi risolve l’apparente contraddizione del buddismo rilevata da Paul Deussen e dagli orientalisti del suo tempo circa l’ inconciliabilità dei dogmi del Karma e del Nirvana con la negazione dell’anima individuale.
Molte delle opere di Rensi si possono scaricare gratuitamente qui:
https://www.liberliber.it/online/autori/autori-r/giuseppe-rensi/
Novembre 21st, 2017 at 11:32 am
Penso che -vedendo, leggendo, sapendo perché lo si cita- Vasubandhu sarà una sorpresa.
Non conoscevo Rensi, grazie. Interessante considerare una vigliaccheria l’idealismo (cfr. Filosofia dell’assurdo, Conclusioni, G.Rensi). In questo (a parte il sentimento) c’è una certa vicinanza con lo Yogacarin. Riguardo al problema del karma-nirvana-atman-anatman, come giustamente nota Rensi nasce dal pensare che “Perchè il concetto del guiderdone non diventi del tutto illusorio, deve esistere una identità tra colui che ha compiuto l’azione e colui a cui l’azione sarà ripagata”, (cfr. Lettere Spirituali, Lettera XXIX) ovvero dall’avere una concezione morale del karma. Che invece è puramente meccanico: caus’effetto e a chi la tocca la tocca. La soluzione proposta da Renouvier è molto simile alla concezione dei Sarvastivadin, ora assunta quasi solo dal buddismo “tibetano” (Vajrayana), solo molto più complicata. Il Nostro, i.e. Vasubandhu, ha di molto semplificato le cose.
Dicembre 2nd, 2017 at 7:50 am
Buongiorno.
Recentemente, le Edizioni Multimediali San Paolo hanno prodotto la versione, con i sottotitoli in italiano, del docu-film La via dell’ospitalità: un DVD sulla realtà e le attività del DIM della durata di 52 minuti. Alcuni volti noti, altri meno noti tra i monaci cristiani, buddisti, indù, mussulmani sciiti e sufi di Francia, Germania, Giappone, Italia, Marocco e Stati Uniti.
Dicembre 12th, 2017 at 11:21 am
Sulla stessa linea di 1 Corinzi, 7, 20 ss. anche Giuseppe Rensi in “Il troppo” (scuola di pitagora editrice, p.16), dove l’attenzione è focalizzata sulla sottigliezza che il contrario di “troppo” non è “niente”. Un’eloquente poesia di Nietzsche si intitola “Sulla povertà di chi è il più ricco”.
Sono due mesi che mi scervello per scrivere in commento una intrepida teoria della conoscenza che faccia piazza pulita della diatriba “idealisti/realisti”…. e niente, sono ancora in alto mare.
Non di meno mi impegno pubblicamente a portare a compimento questa impresa ad alto tasso di fallimento sebbene nessuno me lo abbia richiesto. Sono persuaso che è proprio a causa di questa diatriba, rilanciata stucchevolmente da filosofi/teologi alla moda, che il prepotente tema della successione del cristianesimo con una nuova religione sia, se non proprio censurato, oscurato.
Dicembre 12th, 2017 at 11:22 am
Mi piacerebbe omaggiare Rensi e la sua categoria dell’assurdo con un breve elenco delle cose incredibili che mi hanno colpito in questi due mesi:
– l’immortalità politica di Berlusconi;
– le dichiarazioni pubbliche di Trump;
– i birmani che uccidono in nome di Buddha;
– Guido Rovelli che spiega Nagarjuna sul Corriere della sera;
– l’immagine di Gesù-Siddharta del tempio zen di Seiun-ji e il relativo rotolo innologico: http://cesim-marineo.blogspot.it/2016/01/gesu-siddharta.html
Mi domando se il “pericolo del sincretismo” di cui a pag 3, I, sia più immaginario che reale, stando il fatto che le varie religioni sono sopravvissute grazie alla capacità di fondere e assimilare cose disparatissime. Per esempio il cristianesimo http://www.silviaronchey.it/articolo/4/426/Tutti-gli-di-nascosti-dietro-al-dio-chiamato-Ges/
Dicembre 12th, 2017 at 4:15 pm
Rovelli che spiega Nagarjuna me lo sono perso. E la cosa non mi crea alcun problema. Il resto, più o meno…
Mi permetto di interloquire su una banale quistione di linguaggio. Comunemente per “sincretismo” si intende un’operazione pensata “a tavolino” nella quale si prendono pezzi di qua e pezzi di là e si costruisce una sorta di Frankenstein. Che, dato l’argomento religioso, è privo di spirito o di verità (a seconda del versante religioso dal quale si guarda). Assimilare cose disparate nel corso di secoli è un processo diverso che comunemente “va” sotto il nome di “contaminazione”. Il primo è, per definizione, negativo, la seconda… di solito si cerca di nasconderla, non perché sia anch’essa negativa, ma perché mette in luce che nella mia bottega non tutto viene dal Fondatore.
Dicembre 12th, 2017 at 4:20 pm
Ps: a Rensi avrei fatto notare che è soprattutto il contrario di “tutto” a non essere “niente”.
E poi gli avrei citato J. Joplin: “Niente vuol dire niente, honey, se non sei libero”.
Dicembre 13th, 2017 at 8:10 am
Riguardo alla diatriba “idealisti/realisti”, riferita a Vasubandhu e Asanga prima e Dinnaga e Dharmakirti poi, penso che la cosa migliore sia studiarli così come sono, senza etichette. Che spesso, proveniendo da ambiti culturali diversi, snaturano o limitano.
In ogni caso, però, non erano idealisti.
Dicembre 26th, 2017 at 7:04 am
Buongiorno,
Agli amanti del genere, segnalo che è stato pubblicato La provocazione del logos cristiano nel quale oltre agli scritti di teologi e professori di alta cultura, potete trovare l’articolo La concezione del Logos cristiano nella prospettiva buddista, che alcuni di voi forse già conosceranno.
Ma la vera notizia è che presto, immantinente, puntuale come ogni anno sta per arrivare il nuovo BuddaZot!
Dicembre 26th, 2017 at 9:43 am
Beh, grande risultato!
Mi chiedo ancora come te lo abbiano pubblicato. Non l’hanno letto? O pensano che il libro non sarà letto?
Dicembre 26th, 2017 at 10:26 am
Sul perché sia stato pubblicato anche il mio articoletto, esiste un piccolo aneddoto che forse spiega l’arcano. La “cosa” nacque due anni or sono: mi fu chiesto di scrivere un articolo nell’ambito del “Cortile dei gentili, la struttura che, all’interno del Pontificio Consiglio della Cultura, ha il compito di favorire il dialogo tra credenti e non credenti”. Prima di accettare chiesi chi fossero questi non credenti con i quali avrei dovuto dialogare. Non ebbi risposta. Ora, vedendo che nel libro solo il mio articolo è “targato” come buddista, ovvero -secondo la terminologia in uso presso il Cortile dei Gentili- come “non cristiano”, mi è venuto un dubbio…
Anzi, due. Ma il secondo, ovvero che faccia comodo a qualcuno una critica severa verso quella Sede, è pura fantascienza. Certe cose non bisognerebbe neppure pensarle.
Dicembre 26th, 2017 at 10:55 am
Effettivamente, molti sembrano rimpiangere, dal punto di vista teologico, quel papa. E spesso Rubettino propone letture teologiche più aderenti alla prospettiva di questo.
Io dico che li hai presi in contropiede e non hanno saputo come reagire. In realtà si aspettano lodi sperticate ai papi anche da chi si dichiara “non credente”. Qualche anno fa andava di moda definirsi “atei devoti” (?!). Discorso a parte per quelli che fanno marketing delle loro polemiche anti religiose, che alla fine vengono letti solo da chi è a priori d’accordo con loro.
Dicembre 26th, 2017 at 10:58 am
In definitiva: sei fuori da ogni categoria!
Dicembre 26th, 2017 at 11:04 am
Badi a come parli! 😳
Bada a come parla? 😳
Vabbe’: fuori sarai tu.
Dicembre 26th, 2017 at 11:07 am
PS: io un po’ di “marketing” l’avrei pure fatto, ma in certi ambienti se parli di baiocchi è un po’ come fare una puzzetta in un ascensore affollato… Appena si apre la porta filan via tutti
Dicembre 26th, 2017 at 11:30 am
😂😂😂
Gennaio 1st, 2018 at 1:14 pm
Buon anno a tutti!
Gennaio 1st, 2018 at 3:32 pm
Grazie
Non sono tutti ma ricambio volentieri.
Strano che nessuno, ad oggi, abbia criticato il vago sentore di riciclo… Per altro palese: tutto alla luce del sole, eh!
Gennaio 2nd, 2018 at 1:26 pm
Beh, s’è aperta la mano del pensiero e fatto un po’ d’esercizio supplementare… Comunque anche gli auguri riscaldati sono buoni, se lo sono.
Buon 2018 e oltre a chi legge!
Febbraio 7th, 2018 at 7:23 pm
Argomento interessante e sempre attuale. Ho scaricato lo scritto, lo leggo e commenterò, se possibile. Grazie per la condivisione.
(P.S. provai a postare, tempo fa, una critica nel thread precedente buddazot, mai vista!?)
Febbraio 7th, 2018 at 7:28 pm
Ciao Nello, temo che la tua critica si sia persa nel vento: non c’è nemmeno nei commenti in attesa.
Forse “il sistema” è allergico alle critiche… 🙂
Febbraio 7th, 2018 at 8:32 pm
non è arrivato niente. neanche nelle notifiche né nello spam. forse era un commento buddista: vuoto.
Febbraio 7th, 2018 at 9:25 pm
Grazie per la conferma Px.
I commenti vuoti sono i più graditi
Febbraio 8th, 2018 at 1:29 am
Caro Yushin non si può affrontare seriamente un tema del genere nel modo in cui lo hai fatto tu. Non è così maldestramente riducibile il Giappone e nessuna “storia” di chiunque altro. Prendi ad esempio un nipponista molto preparato come il Prof. Massimo Raveri che nel suo saggio “Il pensiero giapponese classico”, scrive 581 pagine per entrare un minimo, e nemmeno esaustivamente, nelle varie argomentazioni, e per farlo indica una fittissima bibliografia di circa quaranta pagine!
A fine lettura, annoiandomi parecchio,sorge una considerazione: avranno diritto i giapponesi a essere giapponesi?
Non si può ridurre a poche battute monotematiche una storia di duemilaseicento anni, sì, perchè prima dell’arrivo della scrittura, esisteva comunque una tradizione orale. Anche nel buddismo per i primi secoli la trasmissione degli insegnamenti canonici fu orale.
Ricordo, per chi fosse interessato allo Shinto, che i principali studiosi italiani della materia, sono i professori: Massimo Raveri, Fabio Rambelli, Fosco Maraini. Mentre per i nuovi culti giapponesi, un’esperta è la Prof.ssa Erica Baffelli, che ha una cattedra in Inghilterra.
Caro Yushin, se il mondo compra i prodotti giapponesi, tra i quali includo la loro estetica, la loro arte e financo le loro religioni (per esempio il buddismo Nichiren è molto diffuso ovunque nel mondo, alla gente piace, sarà libera la gente di avere gusti strani?).
Il Periodo Tokugawa (1600-1868), quello della chiusura al resto del mondo, ha prodotto una fioritura di arti, una sorta di rinascimento giapponese infranto minacciosamente dall’aggressione americana, uno stato, quello americano, che inizia la sua nefasta storia con lo sterminio di milioni di nativi (avranno diritto gli apaches di essere proprio apaches?). Questa aggressione gravissima e imperialista (anche senza amaterasu), del commodoro Perry, di uno stato sovrano a vasa propria, è analizzato in modo obiettivo da rarissimi storici che per la maggioranza sono allineati con il vincitore, con lo status quo e pervicacemente occidentecentrici, con tutto il portato imperialista che il termine indica e induce. Questa aggressione americana al Giappone si colloca nell’espansionismo coloniale dell’epoca, fatto che costrinse il Giappone a scelte obbligate e sbagliate per non essere ridotto a colonia, scelte che nel tempo hanno decretato in un tempo breve (una ottantina d’anni dall’arrivo di Perry), la sua fine in mani americane dopo due bombe atomiche su cittadini inermi che sono un crimine contro l’umanità e gli autori, o chi per loro oggi, andrebbero processati e condannati.
Chi volesse approfondire un minimo quel periodo, può farlo leggendo l’ancora valido classico di George Sansom, “A History of Japan 1615-1867”.
Il tuo scritto Yushin, fa un giro lungo (ma sempre troppo breve per essere seri sull’argomento), per andare verso un tema antico, sarebbe stato più onorevole affrontarlodirettamente e dire: il buddhadharma non ha nulla a che vedere con l’estetica giapponese e le arti tradizionali giapponesi anche quando da questo ispirate. Non c’entra nulla per queste ragioni: 1,2,3,4,5,….Mangiare con i bastoncini (hashi) non c’entra nulla con lo zen, non ci sono “maestri” zen, lo zen non si può insegnare, è una esperienza diretta tra te e te. Lo zen non è dipendenza ma interdipendenza, e così via….
Sempre con simpatia
Febbraio 8th, 2018 at 7:35 am
Sì, Nello, ho letto i libri di Craveri. Anche quello da 581 pagine che, tra l’altro, mi ha dissuaso dallo scrivere il terzo volume del Mahayana: quello basta e avanza. A parte una pressoché completa ignoranza del significato reale di “buddismo” sono dei capolavori di accuratezza e di capacità di ricerca. Craveri è uno scholar, uno studioso, non pretende di essere altro. Io sono un praticante che si interroga su un perché: se come dici “il buddhadharma non ha nulla a che vedere con l’estetica giapponese e le arti tradizionali giapponesi anche quando da questo ispirate. Mangiare con i bastoncini (hashi) non c’entra nulla con lo zen, non ci sono “maestri” zen, lo zen non si può insegnare, è una esperienza diretta tra te e te. Lo zen non è dipendenza ma interdipendenza”, allora perché i giapponesi in buona fede (questo è importante) insegnano tutt’altro? Il resto (l’imperialismo, lo sterminio degli Apaches, il processo ai crimini di guerra americani…) non c’entra nulla.
La simpatia è reciproca, perbacco. Un argomento è un argomento, una persona è una persona.
Febbraio 9th, 2018 at 2:52 pm
Processare gli americani per crimini contro l’umanità (pellirosse, Vietnam, Hiroshima, Nagasaki, Cile, Bolivia, Panama, Irak, Somalia,Afghanistan,Corea, ecc….), sarebbe catartico per il mondo intero e farebbe rientrare, o comunque equilibrerebbe i velleitarismi mercantili del clero zen che adotta gli stessi criteri dei cristiani sintetizzabili nell’assunto: ti do quello che ti serve (cibo, scuola, ospedale – estetica zen, autorità, nipponismo), se serve per affernare quello in cui crediamo. Chi ha reso il mondo “mercato” sono le corporazioni americane che hanno un unico e pericolosissimo dio che si chiama dollaro, per quello bruciano tutto.
Febbraio 9th, 2018 at 4:06 pm
Sebbene non guardi alla politica da politico, concordo in parte su quel che dici. Dove non concordo è che penso il mondo non sarebbe migliore per un processo in più, sarà sempre il mondo della sofferenza. Certo che cercare l’endorsement divino per la propria moneta (“in God we trust” oltre che motto nazionale compare sui dollari) è quasi un’operazione demoniaca, se diamo retta a San Basilio… Da questa parte dell’Atlantico, d’altronde, ricordiamo che l’imperatore Teodosio I stabilì nel 380 (quindi prima di Tenmu) che il cristianesimo era l’unica religione ammessa nell’impero romano, trasformandola in religione di stato e in Italia il cristianesimo rimase, per legge, religione di stato sino al 1989 (!) quando vi fu l’abolizione con una sentenza della Corte Costituzionale (n°203/1989). Tra i tanti esempi possibili, vi è il cosiddetto “istituto del matrimonio riparatore”, che permetteva allo stupratore di una ragazza minorenne che avesse acconsentito a sposare la donna stuprata, di non essere considerato colpevole del reato di violenza carnale. Ovvero: se un uomo stuprava una ragazza ma poi se la sposava non era perseguibile penalmente (articolo n. 544 del Codice Penale). Questo barbaro “istituto”, abrogato nel febbraio 1996 (!!!), riprendeva, quasi alla lettera, una norma dell’Antico Testamento: Deuteronomio, capitolo 22; 28-29. Con la sola differenza che nel Deuteronomio il matrimonio riparatore in caso di violenza carnale era accompagnato anche dal versamento di 50 monete d’argento al padre della ragazza, un’opzione che il nostro codice, più risparmioso, non prevedeva. Per non parlare della santa inquisizione (1184), nella quale la tortura fu autorizzata da Papa Giovanni XXII nel 1252, poi estesa all’America Centrale e Meridionale e che fu abolita dagli stati europei solo nel XIX secolo…
Febbraio 9th, 2018 at 5:35 pm
A me lo scritto di Yushin piace, è chiaro, informato, conciso. Nasce da un quesito dichiarato, e dà elementi per cercare una risposta. E’ tutt’altra cosa da un testo come quello di Raveri, al quale, pur non avendolo letto, non penso, Nello (ciao), che possa essere paragonato, per un motivo di sostanza, di posizione: Raveri e gli scholars scrivono sul buddismo, questo è uno scritto di buddismo. Ovvero, lì il buddismo è oggetto esteriore di studio, qui è soggetto interiore di ricerca: è la domanda buddista di un buddista sul quel buddismo.
Febbraio 9th, 2018 at 6:11 pm
Grazie jf.
Abbiamo molto da imparare da come in Giappone si sia evoluto, e o involuto, il buddismo. Idem per ciò che riguarda la Cina e l’India. In Giappone, in Cina e in India ci sono (state) persone che hanno praticato sino al massimo delle loro possibilità vitali e hanno lasciato tracce su percorsi possibili. È estremamente importante analizzare a fondo queste testimonianze, nel loro contesto. Comunque dobbiamo, dovremo fare tutto daccapo, e quindi prima di tutto occorre conoscere bene il bambino per distinguerlo dall’acqua, che non tutta è sporca, non tutta è pulita. Rifiutare in toto non è cosa, imitare perché si fa così: altrettanto. Per la prima volta nella storia siamo in grado di “vedere” India, Cina e Giappone, un’occasione da non perdere.
Febbraio 9th, 2018 at 6:46 pm
Una cosa che rimprovero al Giappone, è la convinzione sottile, pervasiva e adamantina, di rappresentare e custodire il “non plus ultra”, il punto finale: nel buddismo giapponese questa mentalità è il sottinteso quasi onnipresente, anche nei loro testi “nobili”. Questo atteggiamento ha una forte carica propagandistica e convincitoria, ma rischia di mortificare lo spirito di ricerca che credo non debba mai sopirsi del tutto e non è in contraddizione con la pratica della fede nel dharma.
Febbraio 9th, 2018 at 6:49 pm
Giusto!
I non plus ultras siamo noi! 😎
Febbraio 9th, 2018 at 6:57 pm
E ci mancherebbe…. finché dura!
Febbraio 9th, 2018 at 10:59 pm
Ciao Yushin,ho letto l’articolo con molto interesse.Ho trovato illuminante la storia religiosa del Giappone,anche se devo ammettere di non conoscere il libro di Raveri.
Per quanto riguarda lo zen e la cultura giapponese,mi sembra un argomento fondamentale che ogni praticante dovrebbe approfondire,questo per chiarirsi quale sia l’una o l’altra,e quale delle due (o entrambe) si voglia praticare e prechè.
Febbraio 10th, 2018 at 7:22 am
Buongiorno Sandro, benvenuto.
Sì, il punto si può riassumere anche così: chiarire l’uno (una?) e l’altra (ovvero la cultura giapponese) per chiarire quale dei/delle due si voglia praticare.
Febbraio 10th, 2018 at 10:01 am
E’ una questione personale, forse.
Io non sono capace. E poi non so se la questione del modo giapponese sia nelle mie corde.
Una volta spiegato il “come” successivamente non so se abbia senso discutere di imitazione. Almeno per un laico a cui si richiede in fondo poca roba.
Se si sta parlando di me poveraccio nel marasma non capisco di nuovo, perchè non vedo come ci possa essere qui una quotidianità giapponese.
Proponendo lo zen come fate qua è sicuramente un po’ più facile migliorare pian piano la messa a fuoco della “forma giapponese” in mezzo a quanto le si dà accidentalmente come contorno. Perchè tornare sui propri passi e privarsi di uno srumento formidabile per aderire – in fondo – solo ad un galateo (non siamo giapponesi in giappone)? Magari il problema si presenta di più nella frequentazione di certi ambienti certificati dove si spiegano le cose della vita ed il vero è di casa. Sempre al netto del rispetto verso chi ne sa, per il suo vissuto.
Se non per esigenze pratiche, anche certe gestualità – imho – potrebbero anche essere facoltative: chi vuole fa, ma il farne a meno (per trascorsi o limiti personali, per personalità o inadeguatezza) non mi deve bollare con “extra ecclesiam”.
Forzando la propria abitudine in un certo vivere all’orientale si passa soltanto solo da una gabbia ad un’altra, solo un po’ più esotica. Magari diverte pensare solo che “lo famo strano”, però chissà se è una buona idea.
Scegliere a prescindere, senza mettere in discussione niente, mi pare un po’ come prendersi a bottigliate come faceva il glorioso Tafazzi (ognuno ha i riferimenti culturali che può). Poi sicuramente non ci arrivo, per carità, troppa roba per i miei due neuroni, non sono quel grande esempio di forza, coerenza e capacità.
Non la facite facile quando scrivete che ognuno si reinventa tutto quanto. Come gestire l’autoreferenzialità all’interno della pratica personale? C’è il rischio in questo di una comoda pigrizia? Sospetto non ci siano molte alternative, ma boh chissà.
Febbraio 10th, 2018 at 10:26 am
Ciao Max, bentornato. Imho tu sei un esempio lampante de “ognuno si reinventa tutto quanto”, da quel che dici. Le coordinate che dai qui (niente lo “famo strano” né “tafazzismo”, né imitazione né quotidianità jpn, né un galateo esterofilo e poi: facoltatività di certe gestualità, laicità ma non “extra ecclesiam” ecc.) rappresentano un modo, o la tua maniera figlia della tua esperienza. Che -mi pare- ha già gli antidoti verso l’autoreferenzialità. Mentre per evitare la pigrizia il giapponesimo aiuterebbe. Non capisco però, quando dici “Perchè tornare sui propri passi e privarsi di uno strumento formidabile per aderire – in fondo – solo ad un galateo” che cosa intendi con “tornare sui propri passi” e “strumento formidabile”.
Quando sorgerà il sole anche dalle tue parti, nel profondo nord, ci vuoi spiegare svp?
Febbraio 10th, 2018 at 10:38 am
Non sono uno studioso ma un semplice praticante che cerca la sua via.Ai miei occhi, forse un po sempliciotti,il discorso mi sembra abbastanza semplice e lineare.Intanto credo che lo zen sia nato in Cina, e non in Giappone,dall’incontro del buddhismo con l’antica cultura cinese,con il taoismo e confucianesimo,e non mi sembra che in questo caso il buddhismo sia stato assorbito insieme alla cultura indiana.solo successivamente quando lo zen (chan) era già nato e molto ben cresciuto è arrivato in Giappone,sicuramente subendo ulteriori modifiche a contatto con la cultura e sensibilità giapponesi.Ora perche dovremmo pensare che lo zen in occidente debba rimanere indivisibile dalla cultura e sensibilità giapponesi? Pena la perdita della sua “autenticità”? Non potrebbe forse essere il contrario?
Mi sembra anche importante capire che uno zen occidentale non corrisponde ad uno zen “annacquato” e che la sua nascita e differenziazione dallo zen giapponese non sarà sicuramente facile ma necessaria.Ai miei occhi da principiante per essere per NOI uno zen autentico,dovrà essere un NOSTRO zen
Febbraio 10th, 2018 at 10:52 am
Il ragionamento fila. Resta un particolare insoluto: come si distingue nei fatti, vita quotidiana ecc., uno zen annacquato da uno che non lo è? Oppure, che è lo stesso: quando si guarda al “loro” zen, ossia al vituperato zen giapponese, come si distingue ciò che è zen autentico vestito con naturali panni nipponici da ciò che è “solo” cultura nipponica?
Lì hanno tutti gli occhi a mandorla…
Febbraio 10th, 2018 at 10:54 am
Un consiglio, anche se forse capisco che cosa volevi dire: prima di usare l’aggettivo nostro (maiuscolo, per di più) legato a zen, ci penserei un poco. Minimo minimo non porta bene.
Febbraio 10th, 2018 at 12:16 pm
Non volevo dire che esisterebbe già un “nostro “zen,ma che è assurdo pensare che la strada non sia quella,anche alla luce della storia.
Poi sicuramente non saranno i praticanti sperduti come me a favorire questo processo,ma uomini come te e Forzani e altri,che hanno vissuto anni nei monasteri giapponesi ed hanno dedicato la loro vita allo zen
Febbraio 10th, 2018 at 12:42 pm
Temo tu non mi abbia capito. Sia prima che poi, se fosse “nostro” allora meglio restare come siamo, giapponesizzanti o giapponesizzati.
Come mi pare suggerisca tu, dando particolare valore agli anni trascorsi nei monasteri giapponesi.
Approfitto dell’occasione per dirlo: si possono trascorrere decenni nel posto migliore, questo di per sé non farà sì che chi lo fa realizzi alcunché.
Febbraio 10th, 2018 at 2:31 pm
Aiutooo,temo di non afferrare.Forse il problema è l’uso dell’aggettivo “nostro”,con nostro intendevo dire uno zen occidentale,nato dall’incontro di una pratica (via) “universale” con la cultura occidentale.
Sono d’accordo che non esistano garanzie sul fatto di trascorrere decenni in Giappone o altrove,ma quello che mi sembra di vedere (forse sbagliando),è che ,chi è andato alla “fonte” spesso riesce a distinguere meglio lo zen come pratica universale dalla cultura giapponese,o forse e solo una mia idea
Febbraio 10th, 2018 at 2:57 pm
Caro Sandro, finché andare alla fonte sarà andare in Giappone, continueremo a girare in tondo. E magari a pensare che esista una pratica o una via universale scissa, avulsa da qualsiasi cultura.
Anche se non c’è cultura che possa essere presa per via univerale.
Febbraio 10th, 2018 at 3:36 pm
Ahi, lo sapevo che mi facevo male, sono impreparato, non ho le parole.
“Tornare sui propri passi” è cercare di nuovo sicurezza in un’altra chiesa universale (zen, o del giapponesimo), cambiare vestito a quello che si è già visto, cercare il comandamento che che dice: “fate così” e mandare a memoria la saggezza/tradizione che dice “è così”.
Prendendo per i capelli alcune parole di Guccini (lui le usa per un altro contesto, però):”E poi e poi, gente viene qui e ti dice / Di sapere gia’ ogni legge delle cose / E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco / di verita’ fatte di formule vuote / E tutti, sai, ti san dire come fare, /Quali leggi rispettare, quali regole osservare,/ Qual è il vero vero, /E poi, e poi, /tutti chiusi in tante celle, / Fanno a chi parla piu’ forte / Per non dir che stelle e morte fan paura.” Forse ci sono già passato, ormai so farmi male da solo.
Per “strumento formidabile” (aggiungo tra i tanti – o pochi – altri strumenti) intendevo la possibilità di esplorare vivere e riposare nella “fede senza oggetto”, anche sotto la luce di un po’ di buon senso. Mistici ok ma senza rinuciare ad un po’ di sana logica. Dopotutto abbiamo avuto più o meno la fortuna di venire educati ad un metodo di verifica scientifico dove di tutto si può dire “è sbagliato” e nulla si può affermare come giusto per sempre.
Trovo strano cercare lo zazen e poi obbligarmi in una qualche forma di “codice che stabilisce le aspettative del comportamento sociale” (galateo). Dopo tanto impegno a correggersi. Se non fosse una finzione verrebbe da sè.
Febbraio 10th, 2018 at 4:10 pm
Eeeeh caro Max, chi va al mulino s’infarina. «Esplorare vivere e riposare nella “fede senza oggetto”» non è male.
In effetti cercare lo zazen perché non ne vogliamo più nemmeno mezza, massacrarsi le gambe davanti a un muro e poi farsi ingabbiare nel solito giochetto da qualche prete vestito da pinguino … ecco, si può far di meglio.
Febbraio 10th, 2018 at 4:14 pm
Pratica “universale”significa aperta a tutti.
Da “lo zen di Dogen come religione”
-Tuttavia la caratteristica dello zazen di Dōgen Zenji è quella di poter essere consigliato a chiunque, in qualunque luogo e non ha nulla a che fare con l’essere saggi o sciocchi, intelligenti o ottusi. Questo perché il suo zazen è la semplice pratica di shikan (“unicamente questo”) priva di uno scopo particolare. E il fondamento del suo shikantaza (“unicamente sedere senza altro proposito”) è la pratica del dharma del Buddha, ovvero lo zazen come religione.-
Febbraio 10th, 2018 at 4:19 pm
Vero, verissimo.
Molte cose sono “aperte a tutti”, è una definizione che non definisce un granché.
Comunque è proprio come dici.
Febbraio 10th, 2018 at 4:44 pm
Era una risposta a Massimo,per chiarire da dove venisse il termine universale.Mi inirridiva l’accostamento di zen e chiesa universale
Febbraio 10th, 2018 at 5:10 pm
Ah be’, adesso è tutto chiaro.
La chiesa universale dici, però, non è un’idea malvagia…
Febbraio 10th, 2018 at 6:45 pm
hahaha si ci manca
Febbraio 10th, 2018 at 6:48 pm
🙂
Febbraio 10th, 2018 at 7:21 pm
La giapponesizzazione dello zen non è solo questione di abiti, liturgie, addobbi e modi di dire: è una forma mentis penetrante, che influenza e modifica chi la frequenta ben oltre il livello conscio. Conseguenza del fatto, che mi pare l’argomento principale dello scritto di mym, che la “giapponesità” è un’ideologia totalizzante, volta a formare l’individuo corpo e anima. E lo zen può essere usato come strumento a quel fine, non diventare giapponesi, che è deo gratia impossibile, ma interiorizzare un’ideologia totalizzante. In questo senso chi ha vissuto anni nei monasteri giapponesi è più a richio di altri di esserne stato penetrato fino al midollo (per inciso concordo al 100% con l’ultima frase di @mym 22). La questione mi pare chiedersi (e di questo stiamo parlando, credo) se e perché sia il caso di liberarsi dall’influenza giapponese: e nel caso, come. Una traccia può essere non dimenticare che 1) zazen l’abbiamo “appreso” da loro; 2) zazen non lo hanno “inventato” loro.
Febbraio 10th, 2018 at 7:51 pm
Proprio così.
Per questo dicevo che molti giapponesi in buona fede trasmettono assieme giapponesimo e zen. Ma senza il loro insegnamento potremmo strapparci i capelli uno a uno ma non avremmo mai saputo com’è. Senza qualcuno che lo sappia fare e te lo trasmetta… sono solo chiacchiere.
Febbraio 10th, 2018 at 9:16 pm
Molto interessante.Evidentemente la questione è molto più complessa di quanto riuscissi a immaginare
Febbraio 10th, 2018 at 9:30 pm
Non so come la immagini ma la questione ha veramente molte facce. Per esempio, parlando di quelli che hanno trascorso un lungo periodo in Giappone, volenti o nolenti sono quelli che hanno assorbito più a fondo il giapponesimo. E, spesso, nemmeno lo sanno. E se, con fatica, se ne accorgono (è difficile vedersi durante movimenti che sono diventati naturali) devono compiere un’operazione molto delicata, dove bambino, acqua sporca e acqua pulita si confondono e si sovrappongono. Perché, come ti accennavo, non c’è la trasmissione autentica, pura e semplice, quando c’è è sempre vestita nei panni di uno o dell’altro. Altrimenti non c’è.
Ovviamente non parlo di quelli che si fregiano di essere (stati) discepoli di famosi maestri dai quali hanno ricevuto la fantomatica TRASMISSIONE DEL DHARMA. Qui, di solito, non ci occupiamo di “chiacchiere e distintivo”. Anche se a volte facciamo un mucchio di chiacchiere.
Febbraio 10th, 2018 at 9:32 pm
Ho sbagliato e non volevo dare l’impressione di saperne. Però dal basso si legge nello scritto di mym che l’obiettivo di una ideologia totalizzante è di condurre, comandare chi non ne è al vertice/centro. In che cosa indicate l’utilità del giapponesimo?
Grazie per aver insegnato zazen, anche ai duri di comprendonio come me (tra l’altro non penso di aver imparato proprio bene bene bene dotto’…)
Febbraio 11th, 2018 at 7:48 am
Max sei un filone, occhio che prima o poi qualcuno se ne accorge e… i meriti qua i meriti là e ti fa lavorare aggratis 😮 😛
Il giapponesimo, come l’italianità, non ha alcun merito specifico. Però se vuoi imparare un gioco devi andare da chi lo conosce e giocare con le sue regole. Il problema è se, poi, riesci a giocare lo stesso gioco senza imitare la forma di chi te lo ha insegnato. E se chi te lo insegna intende trasmetterti il gioco, non la forma. E se chi te lo insegna conosce davvero il gioco e non solo la forma. E se tu sei davvero interessato al gioco e non solo alla forma/carriera/ruolo. E se fai lo sforzo, ci metti l’energia, l’atteggiamento interiore necessario, oppure no.
Febbraio 11th, 2018 at 8:30 am
Non si può mica separare il giapponesismo dai giapponesi, e nel caso dell’insegnamento i giapponesi vuol dire quella/quelle particolari persone. Che hanno (come lo abbiamo ciascuno) un particolare imprinting, volenti o nolenti, in cui anche la lingua, il linguaggio che si apprende fin da neonati e poi con cui si pensa e ci si esprime ha grande importanza. Ma se si fa lo slalom fra i paletti che i “se” del precedente commento (@38) rappresentano senza inciampare, e se si inciampa e si cade, se ci si rialza e si riparte non una ma tantissime volte, allora è un gran bel gioco.
Febbraio 11th, 2018 at 9:10 am
Se la signoria vostra mi consente, addirittura direi: chi non inciampa non gioca, o: non c’è gioco senza inciampi. Non per tirare in ballo il Giappone perché la frase non è giapponese, ma ai lati della scalinata del “nuovo” Antaiji c’erano (e ci sono di nuovo grazie al restauro di Seyu roshi, nostro fratello anziano) due pali bianchi con su scritto: solo chi cade si può rialzare.
Febbraio 11th, 2018 at 9:20 am
Grazie, magari un po’ per volta ci arrivo anch’io… Ha senso “interiorizzare un’ideologia totalizzante” nel percorso, mah …”laico”? o per dire … di chi non passa lunghi periodi “in chiostro”, di chi è arrivato tardi all’opportunità di praticare, di chi solo non se ne sente incline? Forse c’è rischio che ci sia solo il tempo di confezionare il veleno ma non l’antidoto. Magari uno non titolato come me ascolta, fa, si sente meglio e finisce lì, ritrovandosi in un’atra dipendenza. Imho interiorizzare ed esprimere l’impegno (totalizzare per un “laico” è un termine – forse – con limiti diversi) è più adatto rispetto a interiorizzare/totalizzare un’ideologia.
Voglio dire, esiste una via anche per chi si trova nel mezzo, per chi non ha doti spiccate e ha limiti più o meno evidenti. Perchè parlare di identificarsi totalmente come qualcosa, visto che invece si tratta di “andare, cadere, rialzarsi, andare”? Per andare dove dobbiamo andare,dove dobbiamo andare? (cit.)
Febbraio 11th, 2018 at 9:25 am
Ops! Con “di chi solo non se ne sente incline” intendo non incline al chiostro.
Febbraio 11th, 2018 at 10:10 am
Penso che a rispondere a queste domande ci metterai parecchi anni. Quando hai fatto ripassa: interessa anche a me aver la soluzione pronta…
Anche se mi priverebbe del gioco e potrei solo fare come te invece di fare come me.
Insomma: hai voluto la bici? Eeeeh, caro mio …
Febbraio 11th, 2018 at 11:23 am
Concordo con mym @10 e jf @33 e mym @34, resta in campo la domanda che ponete e che sorge spontanea, come regolarsi? E’ evidente che lo zazen, il suo approfondimento, stabililirà la forma zen naturale per questo luogo (direbbe Nishida).
Quando chiesero a Shunryu Suzuki come sarebbe stato in futuro lo zen americano rispose “molto colorato”, a indicare che era ben consapevole che avrebbero trovato e dato una loro forma all’insegnamento. Quando mym dici che è una grossa opportunità poter disporre delle esperienze di India, Cina e Giappone, è vero, ma si evidenzia anche il fatto che in Cina e India l’insegnamento è pressochè scomparso mentre in Giappone, nonostante la secolarizzazione e le intrusioni “politiche” che evidenzi nello scritto del thread, resiste una originalità dell’insegnamento. La “politica”, è quel fenomeno che impone a Shunryu Suzuki di dare obbligatoriamente le secolari campane del suo tempio per farne delle eliche per navi da guerra…Suzuki ha sempre criticato il sostegno militare dato allo stato dalle organizzazioni buddhiste all’epoca della guerra, tuttavia si è allineato obtorto collo. Poteva opporsi strenuamente e sarebbe stato fucilato con il risultato che la sua comunità non avrebbe avuto nè le campane, nè Suzuki Roshi. Ormai sono centinaia i tibetani che si sono immolati bruciandosi contro l’invasore cinese, secondo me, sarebbero stati più utili alla causa da vivi, ma io parlo da qua e non è facile entrare nel loro intimo essere, lo stesso vale per i giapponesi che non possono che essere loro stessi. Quando Suzuki Roshi, prossimo a morire, decise di dare la successione alla guida del tempio il discepolo americano Richard Baker, nessuno dei discepoli anziani era d’accordo ma lo fece lo stesso, come dire, nemmeno lui (che personalmente considero una grande figura), poteva uscire dalla sua giapponesità.
P.S. la comparazione con Raveri di @5, non era da riferirsi al contenuto del thread ma al rigore necessario per affrontare una qualsiasi tematica che coinvolge la responsabilità di chiunque, scholar and confessional.
Febbraio 11th, 2018 at 11:24 am
@41 riga 7: “atra dipendenza”… mi stuzzica, come si fa?
Febbraio 11th, 2018 at 11:40 am
@44: direi che occorre regolarsi in modo da non regolarsi in un modo fisso. È un filo sottile perché da un lato il “lo famo strano” di cui parlava Max, dall’altro si rischia la noia del banale, del buon senso a tutti i costi. Occorre liberarsi delle fantasie e muoversi anche con fantasia. Il sutra del diamante un po’ spiega come si fa. Tacere quando non si è limpidi, costruire nuova storia solo a partire da… da… dadà.
Febbraio 11th, 2018 at 12:24 pm
@45
Non volevo specificare niente, perchè ciascuno nella sua pratica riponde per sè, e sono un ipocrita a indicare.
Vabbè visto che me le cerco proprio tutte, scrivo e aspetto la bastonata.
Le dipendenze sono tante, ma facciamo una cosa del tipo: “Sono stanco … proviamo … inizio a sedermi… interessante … devo prendere i precetti prima di tutto, … è meglio quando c’è il maestro … il vuoto è forma, la forma è vuoto, magari a ripeterlo mi convinco o capisco … mi compro un kimono scuro, ah non si chiama così? è meglio della tuta, comunque … ed è giapponese … in giapponese è tutta un’altra cosa … se il maestro mi tratta come un pezzente sta usando mezzi abili … il vero zen, il vero buddismo (si scrive con h o senza, dicono sia importante) … non ho tempo per i ragazzi, devo andare al dojo … il mio maestro è più maestro del tuo … adesso mi compro lo zabuton … incensi … oryoki, oryoki !! come, 50 carte per un oryoki? soldi ben spesi, è fatto a mano recitando il nembutsu! ah cosa ‘entra il nembustu? è giapponese! noi zen possiamo usare tutto!… sutra come se non ci fosse un domani … devo avere kesa e rakusu … attenzione a non entrare in cucina che il tenzo si incazza. sei sulla soglia, non dentro e volevi solo chiedere se potevi aiutare? sai non si può fare di testa tua, è tradizione … in casa solo tatami da adesso in poi … vestirsi di scuro e testa rasata … devo avere almeno una calligrafia e l’altare a casa … devi entare nel dojo alla sinistra della porta, la destra è per il maestro. o no, forse ricordo male … si comincia con il pede sinistro, no destro? è dal lignaggio … senso orario o antiorario? … bagna cauda? no grazie preferisco la tempura …devo diventare bodhisattva, prendere i sacramenti … è formale, stai al tuo posto … certo somiglio ad un prete. Ops! ma a me non piacciono i preti. Certo che non somiglio ad un prete … la porta senza porta, zazen senza scopo … certo lo dice il maestro devi chiedere a lui ma io l’ho sentito… è una cosa formale… ecco un satori, sono sulla strada giusta … soprattutto dana … questa cosa è solo per gli ordinati, gli altri possono uscire. Chiudete la porta senza porta. Era un’altro discorso quello hai ragione ma fa uguale. Chiudi … il vero zen, so fare zazen … mi siedo da molti anni … certo che quando mi siedo in zazen trovo pace”
Mi rendo conto che proprio stigmatizzare questo o quel comportamento è l’altra faccia della stessa medaglia. Scrivendo ho fatto lo stessa cosa che ho descritto.
Ahia. Non così forte le botte però.
Febbraio 11th, 2018 at 12:37 pm
Mai pensato di fare teatro?
Febbraio 11th, 2018 at 12:38 pm
Accipicchia, hai avuto un’infanzia (zen) difficile…
Febbraio 11th, 2018 at 2:02 pm
@48 Teatro no, sono più adatto al circo, come pagliaccio 🙂
@49 In effetti no, non è stato difficile. Anzi devo ringraziare Paolo che mi ha “introdotto”, Daido che ho conosciuto poco (colpa mia), la pazienza di tutti quanti gli amici del dojo i quali mi hanno sopportato ed aiutato, e ultima ma non ultima tutta quanta la Stella, cominciando dai presenti. Qualcosa l’ho vista o sentita, qualcosa l’ho pensata davvero (p.e. “devo prendere i precetti per essere un praticante serio?” “oh come mi fa star bene lo zazen”) e qualche cosa l’ho vissuta in prima persona (e Daido non c’entra, non era presente), cioè: l’episodio della cucina e del Tenzo, i momenti formali e l’incazzatura se non si faceva così, i “fuori i non ordinati, qui solo dai bodhisattva in su insieme si fa dopo”, la storia del maestro migliore, la storia del si fa come dico perchè sono andat* in giappone. Vabbè dai basta.
Febbraio 11th, 2018 at 2:06 pm
@ 47
Non ho capito nulla e ancora mi gira la testa.
Ma è comunque FANTASTICA,potrebbe essere il testo perfetto per una nuova canzone di Francesco Gabbani
Febbraio 11th, 2018 at 2:27 pm
Buondì, mi introduco anch’io.
Secondo me un buon modo per non buttare via bambino e acqua sporca assieme è chiedersi: mi aiuta nello zazen?
Partendo da poco dopo lo zero:
Io, in piedi, vestito normale:
Qual è la posizione in cui praticare zz è più “facile”? Sullo zafu: ok, l’elemento “zafu” lo importo. E’ l’unico modo? No, rimango flessibile (No pensiero: si fa solo così). Poi: se mi vesto da Pingu mi siedo meglio? No. Può essere utile? Si, se in questo momento ho bisogno di identificarmi in un certo personaggio per riuscire a trovare la determinazione a sedermi. Poi: l’incenso è strettamente necessario al sedersi? No. E’ utile? Sì, se uno fa una puzzetta non si sente troppo e minimizza le possibili distrazioni olfattive. Posso provare a non accenderlo per un po’ e vedere cosa succede. Poi: la campana mi serve? No, soprattutto se sono da solo. Se siamo in due? Potrei schioccare le dita, suonare una padella con un mestolo, però ogni tanto anche l’occhio e l’orecchio vogliono la loro parte suvvia. Quindi la posso tenere pur senza cadere nel pensiero “si fa così”. Ecc…. con oryoki, precetti, nomi e nomignoli. Può funzionare, no?
Febbraio 11th, 2018 at 2:47 pm
Ciao Fago. Sì, può funzionare.
Se eviti di pensare come sei arrivato lì, in piedi, vestito normale, con conoscenza dello zz al punto da poter vagliare oggetto per oggetto per vedere se giova o no.
A quel punto, fosse così, resterebbe da vagliare solo la risciacquatura.
Febbraio 11th, 2018 at 5:30 pm
Ci dovrebbe essere comunque modo anche per i buzzurri come me, tiepidi, senza capacità. Lasciando perdere le menate sopra, mi sento incline più a una pratica scarna, fuori dai riti e dagli incensi e non ho la pretesa di avere ragione. Per me non fa problema se non va bene per chiunque altro. Tenendo bene a mente che non è una regola assoluta, potrebbe esserci spazio in abbondanza anche per il resto.
Il fatto che si faccia riferimento al Giappone è anzi molto utile imho se si vuole capire sempre meglio, e se spiega qualcuno che conosce bene il giapponesimo è sicuramente una grande ricchezza.
Cosa porta il chan a essere meno diffuso, perchè sembrano esserci meno praticanti in occidente rispetto al numero di zen?
Febbraio 11th, 2018 at 5:43 pm
Alle condizioni che poni tu, Max, c’è spazio per tutti e ne avanza ancora da una parte e dall’altra.
A parte Suzuki D.T. e poco d’altro, lo zen è stato “scoperto” dagli occupanti americani dopo la guerra. Poi, molti zen giapponesi, visto che la cosa piaceva, hanno traversato il mare e sono sbarcati in Occidente. In Cina questo processo non c’è stato. Per di più la rivoluzione culturale ha dato una botta tremenda a tutte le istituzioni religiose del Paese Centrale. I cinesi immigrati in Occidente se sono buddisti lo sono, per lo più, a livello di “parrocchiani”. I praticanti chan se ne stanno sulle loro montagne.
Febbraio 11th, 2018 at 5:49 pm
Buonasera Massimo,
secondo me una pratica “fuori dai riti” è proprio per quelli svegli assai.
Per noialtri penso che la ritualità sia un alleato prezioso per cercare di gestire al meglio lo zazen da non seduti. Purchè sia un alleato non troppo invadente (ovvero che non spinga a scambiare il movimento esteriore con il movimento interiore). Il rito crea valore e il valore crea attenzione
Febbraio 11th, 2018 at 5:52 pm
@mym53
Non sono sicuro di aver capito cosa intendi..mi lascio un attimo di riflessione
Febbraio 11th, 2018 at 6:10 pm
@56 Ciao Fago. Non credo proprio di essere tra quelli svegli, tutt’altro. Non voglio saperne più di riti, ho già dato con quelli cattolici. E di aiuto ne ho bisogno, e di tanto aiuto.
Imho il rito non crea valore nella pratica (ma non sono nessuno per dirlo), ma dà la sicurezza falsa della norma.
Un rito tutt’al più una forma di festa comunitaria, un sigillo, nel contesto di un rendere pubblico un cambiamento ed una scelta.
Il valore lo crea il “motore” del rito: pensa al matrimonio e all’amore tra due persone.
Sempre opinioni personali.
Febbraio 11th, 2018 at 6:28 pm
@58
Secondo me “il rito crea valore” nel senso che quando siamo dentro ad un qualsiasi tipo di forma rituale inconsciamente viene da pensare che ciò che sta succedendo è importante. Chiaramente è un prendersi in giro, ma a fin di bene direi. E la sicurezza falsa della norma prende piede se non si fa lo sforzo (non che sia facile) di ricordarsi costantemente che è appunto un “abile mezzo” e nulla più.
Riguardo al rito come festa comunitaria: penso sia solo uno dei modi di intendere la ritualità, io parlavo dei riti che si fanno per conto proprio o in compagnia ma “rivolti dentro”
Febbraio 11th, 2018 at 6:34 pm
Gia che ci sono…
Onestamente però non so se valga la pena di prendere il rischio di rimanere impantanati nel “questo è il modo giusto” del rito (cosa moooooolto facile) oppure se sia meglio evitarlo già dal principio e cercare di “girare la luce” senza darsi particolari appigli nella forma. Però è troppo difficile secondo me la seconda opzione. Già lo è da seduti, figurarsi da “in piedi”
Febbraio 11th, 2018 at 6:41 pm
@58 lo so non ci arrivo io, devi avere pazienza. E’ tutto a fin di bene, certo. Il rito rivolto dentro può avere o no una dimensione codificata e esteriore, questo può facilitare alcune cose e complicarne altre, ma in quest’ottica non dirmi che entrare dal lato sinistro della porta sia un rito. La stessa cosa per l’assenza di riti. Secondo me dipende da persone e tempi. Per falsa sicurezza intendevo pensare che basti fare così per fare bene. Chiaramente in comunità le cose sono comuni e ci devono essere dei codici.
Però sto facendo quello che la sa lunga, e non è così, assolutamente no.
Anzi.
Una domanda: in cosa lo zazen è un rito?
Febbraio 11th, 2018 at 6:43 pm
Poi la cosa dello zazen in piedi mica l’ho capita.
Febbraio 11th, 2018 at 6:51 pm
@61
Effettivamente io stavo pensando per me.
La mia esperienza di vita comunitaria è pressochè nulla e lì le cose da un certo punto di vista si complicano, non saprei.
Entrare a sinistra è comodo così non ci si scontra con chi esce da destra 🙂
Non so se la domanda sullo zz fosse rivolta a me, comunque: il problema dei riti esiste finchè non ci si siede, poi no. Poi però ci si rialza e torna fuori. Quindi zazen secondo me è fuori dal problema rito/non rito
Febbraio 11th, 2018 at 6:53 pm
@62
Intendevo l’attuazione del “movimento interiore” (è brutto…scusate) di zazen anche quando non si è seduti
Febbraio 11th, 2018 at 7:08 pm
Capito, grazie
Febbraio 11th, 2018 at 7:16 pm
Grazie a te, saluti 🙂
Febbraio 11th, 2018 at 7:36 pm
Complimenti ragazzi. Una lezione di stile.
E non solo.
Febbraio 12th, 2018 at 9:29 am
Un’altra considerazione. Stamattina, in un attimo di pausa, ho trovato questo: https://terebess.hu/zen/dogen/Fukanzazengi-6.pdf
Sono 6 traduzioni del Fukanzazengi, a confronto. Sull’affidabilità di queste non posso dire.
A prescindere dal resto però, anche in cose “statiche” come testi base (statiche almeno rispetto alle nostre storie) ci sono diversi “sapori”, variazioni, modifiche nel tempo. Forse così si pone la necessità di scegliere anche il riferimento Giapponese al quale aderire, per discernere quale aspetto sia da considerare o meno nella pratica. Qui la fiducia e l’affidarsi a chi ne ha fatto esperienza diretta diventano fondamentali. Magari anche nel modo che dovremmo evitare: occorre passarci, magari più volte boh. E’ un male necessario, forse.
Febbraio 12th, 2018 at 4:04 pm
Che succede su al Nord, ha preso fuoco la Serra? Non ti facevo così loquace… 🙂
Per ciò che riguarda il Fukanzazengi l’unico vero, gggiusto e autorizzato è questo.
Più in generale, però, è bene ricordare che lo zen/chan è l’unica scuola, chiesa, gruppo, corrente buddista (e non) a non avere alcun testo di riferimento. Chi pratica davvero lo zen non aderisce a niente e nessuno. I riferimenti base sono due: 1) patisotagamin: che non aderisce, che non si imbranca, che non se la beve e 2) “prova, sbaglia, impara”. Fare zz e tentare di continuare a farlo nelle 24h è la realizzazione di entrambi.
Febbraio 17th, 2018 at 11:38 am
Un po’ in ritardo su una discussione, con contributi interessanti, aperta da questo tema che personalmente ritengo argomento “vivo” per chi pratica e non guarda il buddhismo solo da osservatore/studioso. Comunque, le domande che mi accompagnano da tempo e che data l’occasione pongo sono: le suggestioni estetiche e/o intellettuali che hanno avuto il merito (per chi vive questo cammino) di avere avvicinato tante persone alla pratica hanno ancora un senso o permanendo tali ( suggestioni) ostacolano il cammino stesso? La giusta intenzione è il giusto sforzo non indicano una necessità di “svuotare le mani” da qualsiasi attaccamento e da ogni “stato non salutare”? Oggi il buddhismo produce nei praticanti stati salutari?
Penso sia un tema molto attuale visti gli episodi non edificanti che si moltiplicano nel mondo ( vedi Myanmar e Francia in questo periodo)
Febbraio 17th, 2018 at 3:31 pm
Dario san, @70, prendiamo ad esempio una “suggestione” estetica come la Cerimonia del tè (Sado), dove mai nel mondo si è riusciti a far coincidere in un fatto ordinario come bere un tè, fattori quali: etica, estetica, sociologia, pedagogia, filosofia, spiritualità? Ci credo che il mondo se ne innamora! E lo stesso può dirsi relativamente ad altre forme di quella cultura, per esempio i loro giardini: dove mai nel mondo si sono prodotti giardini artificiali dove la mano dell’uomo scompare per lasciare le cose così come sono? Dove, nel mondo, si sono prodotte composizioni floreali che esprimono una visione articolata e sostanziata dell’universo? E così via…Queste tradizioni producono senso, cultura, formazione, educazione da secoli e continueranno a farlo e i valori che vi sono intrinseci sono universali, quindi non circoscrivibili al solo Giappone.Ora, queste “suggestioni” non si può dire che siano il “cammino stesso”, tuttavia da quello hanno attinto e se ne sono impregnate e questo incuriosisce le persone e le spinge ad approfondire…, è la gestione dell’approfondimento, mi sembra, l’oggetto della riflessione in corso. Il “cammino stesso” corrisponde a “ogni cosa che incontri è la tua vita” quindi, le mani svuotate potrebbero anche essere sempre piene in quanto non c’è nè stato salutare nè stato non salutare. Carissimo, come si sostiene, giustamente, in questi spazi da sempre, il buddismo non deve produrre praticanti tout court….nè in un modo, nè nell’altro. A mym le conclusioni
Febbraio 17th, 2018 at 4:53 pm
Ciao Dario @70, bentornato.
Quello che dice Nello @71 è sacrosanto. Tuttavia vorrei esprimere un diverso punto di vista. Ciò che ci avvicina alla pratica ha la grande funzione di avvicinarci alla pratica. Sia la sublime arte giapponese, sia la presenza di maschiette o maschietti con grinta in qualche dove, sia la speranza di diventare dei padreterni son tutte cose che esauriscono la loro funzione nel momento in cui ti rendi conto che le tue motivazioni iniziali erano fantasie più o meno infantili e che sedersi è solo sedersi.
Maotsetung (ora Mao Zedong) diceva: non importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che acchiappi il topo.
Va bene come conclusione?
PS: qualcuno attribuisce la citazione a Deng Xiao Ping, discepolo ed erede di Mao, ma…
Febbraio 17th, 2018 at 7:32 pm
Grazie. Quello che però continua a costituire un problema per me è la questione di ciò che produce il buddhismo su chi lo pratica, una questione ineludibile, una questione che dovrebbe portare a riflettere soprattutto chi lo propone come modo di vivere, e non solo in questo spazio che da sempre se ne occupa.
http://www.patheos.com/blogs/americanbuddhist/2017/11/a-storm-is-coming-tibetan-buddhism-in-the-west.html
PS Su Mao tse Tung mi viene in mente il detto “la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”:-)
Febbraio 17th, 2018 at 7:51 pm
Se al posto di “buddhismo” (nella frase “ciò che produce il buddhismo su chi lo pratica”) mettessi quello che intendi con “buddismo” la questione sarebbe più chiara. Per es.: ci sono diocesi australiane in cui il 40% (dati presi dal telegiornale Rai 3) dei parroci sono stati coinvolti in questioni di pedofilia. Se in base a ciò ci si chiedesse “che cosa produce il cristianesimo su chi lo pratica” sarebbe un cortocircuito. Cosa c’entra Gesù Cristo?
Non basta portare una tonaca per essere cristiani, non basta qualificarsi buddisti per esserlo.
Dal mio punto di vista, rispondere alla tua domanda in un modo buddista richiede praticarlo a lungo, senza riserve e vedere in noi quello che è successo, quello che succede.
Febbraio 18th, 2018 at 1:51 am
Buonasera a tutti.
Piccola considerazione personale : io per la cultura giapponese ho veramente scarso interesse, mi sono avvicinato al buddismo per ragioni che nulla hanno a che fare con l’esterofilia, anzi : se il buddismo fosse nato, che so, a Catania, mi avrebbe fatto un gran piacere.
Ma ahimè, è nato dall’altra parte del mondo, e quindi mi tocca almeno in parte cercare di capire come se la campano la vitaccia da quelle parti, che sicuramente è diversa dalla nostra.
Per il resto, vivo una vita che più occidentale non si può, mi siedo una volta al giorno su un cuscino e a volte mi chiedo : quanto la conoscenza delle forme che il buddismo ha preso in Oriente mi può aiutare nella pratica ?
Un giapponese cattolico ha bisogno di fare il presepe e mangiare il panettone ?
Febbraio 18th, 2018 at 6:35 am
“Menghia Ananda…isti, vinisti..e chi zuorbi facisti? 😉
Febbraio 18th, 2018 at 7:48 am
Ciao Antonino @75, bentornato.
La domanda “quanto la conoscenza delle forme che il buddismo ha preso in Oriente mi può aiutare nella pratica?” penso sia una buona domanda. A cui però puoi rispondere solo tu: in base al tipo di problematica con cui dibatti nella tua vita allora vedi (in quella particolare problematica) come hanno fatto “gli altri”. Non per imitare: vedere come fa lui non è per fare come lui, ma per fare come te. A questo proposito ti suggerisco un’altra domanda: “quanto la conoscenza delle forme che il buddismo ha preso in Occidente mi può aiutare nella pratica?”. Non siamo all’anno zero, forse all’anno 0,01, ma non all’anno zero.
Forse per illuminare la dotta citazione di Fago @76 è opportuno consultare questa pagina.
Febbraio 18th, 2018 at 7:50 am
@75:
Buongiorno Antonino, perdona la battuta sopra.
Comunque penso che la questione sia proprio se (e se sì, quanto e in che modo) le forme importate sono necessarie o meno per arrivare a capire cosa è “la pratica” e quindi per capire anche cosa “mi può aiutare nella pratica” e cosa poi può essere messo da parte perchè superfluo (pur essendo stato prima, forse, necessario).
Febbraio 18th, 2018 at 7:52 am
Ecco lo sapevo…mentre scrivevo è apparso il commento 77. Vabè, si ignori il 78
Febbraio 18th, 2018 at 7:55 am
Con pardòn, ne ho dimenticato un pezzo: riguardo a se “Un giapponese cattolico ha bisogno di fare il presepe e mangiare il panettone” in @75, penso sarebbe bene porre la domanda “all’ala cristiana” della Stella, ovvero a Vangelo e Zen.
Febbraio 18th, 2018 at 7:57 am
Fago 79@, sai sempre tutto te…
Ma allora perché… ?
Mah!
Febbraio 18th, 2018 at 8:01 am
Eh c’è chi in testa ha scimmie e cavalli e chi ha ippopotami ed elefanti…
Febbraio 18th, 2018 at 8:09 am
Già.
E chi né gli uni né gli altri
Febbraio 18th, 2018 at 10:10 am
@MYM: certamente, infatti, forse, bisognerebbe parlare di buddismi piuttosto che di buddismo (ho tolto la h), e che ognuno cerchi di capire a che cosa guarda per la sua pratica.
Questo non toglie però, anche alla luce del tuo stimolo alla riflessione a partire dal tema in oggetto, che ci siano questioni che “ci riguardano” comunque. Come tu, insieme ad altri studiosi, hai posto la questione del rapporto tra monoteismo e violenza, così si pone con grande attualità il tema sulla forma e sul rapporto con la pratica, non per risolvere la questione ma per denunciarne le storture.
Premesso che “il praticare a lungo e vedere quello che succede” è la condizione necessaria per parlare, non so se sia anche la condizione sufficiente: la “retta visione” non è la premessa per “il cammino”? E questa, in “assenza di fondamento”, non è rapporto vivo con l’errore?
Febbraio 18th, 2018 at 10:41 am
Caro Dario, probabilmente tu dai per scontato qualche elemento che mi sfugge. Se qualcuno mi proponesse di fare uno studio sui problemi che tu poni, con ogni probabilità rifiuterei, perché non sento “miei” tali problemi. Potresti svp fare uno sforzo e farmi capire perché dovrei/dovremmo occuparcene? O, per usare le tue parole, perché “ci riguardano” comunque?
Febbraio 18th, 2018 at 2:53 pm
Infatti, hai colto bene, è una premessa mia: per me la pratica è rapporto con la sofferenza, ma non solo la mia, inoltre come trovo ineludibile la critica al cristianesimo, allo stesso modo trovo importante avere uno sguardo altrettanto critico verso il buddismo come pratica.
Febbraio 18th, 2018 at 5:16 pm
“Il buddismo come pratica” inteso come oggetto di critica rischia di essere un dato immaginario. Per quello ti rimandavo all’esperienza.
Per il cristianesimo (cattolico) è -un poco- più facile: ha una chiesa, una storia, un clero, un’ortodossia, libri sacri e libri quasi sacri. Per esempio non ho trovato nessun cattolico in grado di spiegarmi perché san Pio V nel XVI secolo modificò (falsificò?) le tavole della legge mosaica redigendo i 10 comandamenti. Tra l’altro “trasformando” il precetto “non commettere adulterio” in “non commettere atti impuri”, ovvero non commettere tutti gli atti sessuali sgraditi… alla chiesa. Non ostante Gesù stesso (Mt 19; 18) trasmettendo i comandamenti dica “non commettere adulterio”. Dal catechismo della chiesa cattolica: «2390 […] l’atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale».
Febbraio 18th, 2018 at 5:39 pm
Io intendo il buddismo come sofferenza-comprensione della sofferenza-soluzione.
Di conseguenza, la mia pratica è calibrata su quello.
Quindi, andarmi a studiare cosa effettivamente voglia dire dukkha, zazen, dhyana, paticcasamutpada etc mi serve, perché il significato di quelle parole si è declinato in quello specifico linguaggio e in quella specifica cultura per più di 2500 anni, ed è impossibile studiare quelle cose prescindendo da quelle.
Per me in quei casi ha senso interessarmi a quelle cose, perché riguarda la mia pratica. Nel resto dei casi non ha senso, a meno che non ci sia un interesse puramente esterofilo.
Per esempio, libri come Bendowa, Lo Zen di Dōgen come religione, Discorso di addio ad Antaji li rileggo spesso, perché li trovo funzionali alla mia pratica.
Così come i testi editi da Santacittarama li trovo molto interessanti, perché sono di una semplicità molto efficace che aiutano a capire molte cose e a fornire spunti di riflessione.
L’interesse verso le forme orientali deve essere quindi funzionale alla pratica, non perché “si fa così”.
Per quanto riguarda l’occidente, il buddismo ha preso tante forme.. per esempio quello che propone la stella, in particolare nel dialogo interreligioso lo trovò un buon esempio, per quelli come me che non hanno mai rinnegato il cristianesimo e che lo sentono ancora influente nel modo di intendere la spiritualità.
Invece, le giapponesate e le tibetanate non mi piacciono per nulla. So’ gusti.
P.s. Sono siciliano, comprendo la battuta 😂
Febbraio 18th, 2018 at 5:44 pm
Scusate gli errori di sintassi e grammaticali, L’ho scritto di getto tra una briscola e l’alrra
Febbraio 18th, 2018 at 5:58 pm
“L’ho scritto di getto tra una briscola e l’alrra”: pratica occidentale? 😛
Febbraio 18th, 2018 at 6:01 pm
Eh si, ma briscole di quelle equanimi, del tipo che se perdi o vinci mica ti attacchi.. via, lascia andare!
Febbraio 18th, 2018 at 6:09 pm
Ah be’, allora… 🙄
Febbraio 18th, 2018 at 6:14 pm
@88: sembra tu abbia le idee chiare. E non è male.
Forse sarebbe interessante sapere come fai a sapere che “nel resto dei casi non ha senso, a meno che non ci sia un interesse puramente esterofilo”.
Febbraio 18th, 2018 at 6:31 pm
Non volevo dire che si fa male a farlo: semplicemente non trovo funzionale alla mia pratica occuparmi della storia della cerimonia del thè, ma magari un altro può trovarlo interessante e funzionale.
Febbraio 18th, 2018 at 6:40 pm
Sì sì, dicevo che “il resto dei casi” è tanto, tantissimo.
Un’altra cosa che mi incuriosisce è questa funzionalità (alla tua pratica).
La cerimonia del té è (un po’) come un kinhin, solo molto ma molto più articolato.
Febbraio 18th, 2018 at 7:16 pm
Beh io ho fatto degli esempi, ci sono molte più cose. O magari mi sbaglio, e tra qualche anno troverò interessante la cerimonia del the o mille altre cose, ovviamente
Funzionale, mi spiego: ovviamente in zazen non servono a nulla, però sono utili per capire cosa si sta facendo, perché, a quale fine, in quale modo.. quindi funzionali indirettamente
Un modo di confrontarsi, ecco
Febbraio 18th, 2018 at 7:52 pm
E quando hai capito “cosa si sta facendo, perché, a quale fine, in quale modo”… o ti sei confrontato?
Forse non hai capito verso quali aspetti cercavo di attirare la tua attenzione.
In effetti non importa. La gioventù ha dei “diritti” speciali.
Non siamo mica in Giappone
Febbraio 18th, 2018 at 7:58 pm
Dopo i commenti ultimi, interessanti, questa la mia riflessione
Quando forma e sostanza coincidono, il dualismo è estinto, ed è pure importante che non si trasformi in monismo, vale a dire che qualsiasi cosa offre sempre una eccellente opportunità di pratica aldilà del tipo di estetica che la qualifica. Io posso consumare un tè al banco di qualsiasi bar o in casa di chiunque, prendendo proprio un tè.
Il problema sorge, in questo ambito di esperienza e ovunque, quando invece di forma/sostanza si produce solo formalismo, imitazione, dualismo.
Un altro problema ancora poi, sorge quando il formalismo statuisce una autoreferenza sterile che sopprime l’essere qualsiasi egli sia, quindi non permettendo alle sue imperfezioni di porsi così come sono illuminandole fino a farle scoppiare, ecco, il formalismo fine se stesso schiaccia la natura reale impedendole di conoscersi, è quindi un pericolo tra i tanti…non esiste una vita senza pericoli e senza sofferenza e non esiste zazen che possa eliminarli.
Febbraio 18th, 2018 at 8:07 pm
E chi ha detto che ho “capito”?
Non so, magari ho capito male, verso quali aspetti voleva attirare la mia attenzione?
Febbraio 18th, 2018 at 8:19 pm
Ecco, colgo la palla al balzo datami da Nello : quello che intendevo per “funzionale” nei commenti precedenti può essere più precisamente detto “comprensione intellettuale di ciò che si fa”. Ovviamente poi tutta la mia vita, ciò che incontro vivendo, è funzionale alla mia pratica, perché la mia vita è la mia pratica.
Febbraio 19th, 2018 at 7:15 am
Antonino @99: quello che volevo capissi è che pare tu assuma (magari un po’…) l’atteggiamento del capiscione, per usare un termine romagnolo. E siccome (nella cultura buddista e zen in particolare) vi sono ottimi motivi affinché quell’atteggiamento sia evitato, ti additavo alcuni punti dai quali tu potessi accorgertene. Però va bene così: imparare da soli è la miglior strada.
Febbraio 19th, 2018 at 7:18 am
@98: concordo. L’ostruzione che formiamo dividendo ciò che è da ciò che penso che sia (una delle infinite varietà della dicotomia base soggetto-oggetto) spesso supera indenne anche lo zazen. Uno zazen che è tale solo nella forma.
Febbraio 19th, 2018 at 1:20 pm
Ahh, ecco. Quiero pardon, non volevo dare assolutamente quell’impressione.
Imparare da soli è la migliore strada, sono d’accordo, ma la più severa, severissima.
Febbraio 19th, 2018 at 2:56 pm
“Imparare da soli è la migliore strada, sono d’accordo, ma la più severa, severissima”: sai davvero tutto, tu.
Così, si fa per dire, mi ricordi un tale… 🙄
Febbraio 19th, 2018 at 3:03 pm
E va bene, non dico più niente.. 😔
Febbraio 19th, 2018 at 3:30 pm
Be’, sì, di solito star compressi una decina d’anni aiuta…
Febbraio 19th, 2018 at 3:36 pm
Ahhh..
Febbraio 19th, 2018 at 6:42 pm
OT: vi segnalo che la “nostra” pagina Videospigolature si è arricchita di alcune sotto-pagine.
Di cui questo è un assaggio.
E questo è un altro.
Febbraio 19th, 2018 at 8:55 pm
OT: Ah…Gooood sittin’!!!
Febbraio 21st, 2018 at 7:15 am
Da padre Luciano ho ricevuto il testo che volentieri vi propongo qui di seguito:
Desio, 20 febbraio 2018
Carissimo Yūshin, grazie per il testo che mi hai inviato sul giapponesimo. Sulle prime correggevo in giapponesismo, ma poi mi sono accorto che stavo svigorendo le tue riflessioni che invece stanno bene sotto il nome di Giapponesimo.
Anzitutto grazie perché fa piacere trovarsi su un piatto una vivanda pazientemente preparata e c’è solo da gustarla. Infatti quelle date e quei riferimenti mi sono utili per riordinare quanto io avevo già nella testa, ma non così in ordine. Convengo che il giapponese quando accoglie un’idea nuova la indossa sopra al suo kimono, come fa con i termini inglesi che introduce, per cui quando parla dice il termine importato aggiungendo che dice pressapoco… e pone lì il termine giapponese su cui ha indossato quello straniero. Riguardo il testo che hai scritto, farei soltanto una sostituzione: al posto di Kyoto scriverei Nara per indicare la provincia Yamato. E’ più corretto geograficamente e storicamente: infatti la prima capitale da cui la storia scritta è partita è Nara.
Ieri leggevo che papa Francesco ha fatto marcia indietro circa la decisione che aveva precedentemente pensato circa il comportamento dei preti e dei fedeli della diocesi di Ahiara, Nigeria, che non hanno accolto il nuovo vescovo perché è di un’altra etnia (meglio: di un’etnia minoritaria al confronto di quella predominante). Papa Francesco non voleva cedere sul principio basilare che rende cattolica la chiesa cattolica: la fratellanza universale radicata nell’unica figliolanza divina e naturale. Precedentemente la stessa situazione nella diocesi di Makemi (Sierra Leone) e Uvira (Repubblica democratica del Congo) dove sono presenti anche molti missionari saveriani. Anche qui da noi tocchiamo con mano come tutte le esaltate virtù umanistiche italiane sono messe alla prova (a volte in perdita) da qualcosa di più appellante dell’umanesimo che è la vita senza disturbi. Meglio, come tu più volte metti in rilievo, anche i messaggi religiosi vengono addomesticati dentro le abitudini primordiali dell’anima dei popoli.
Alcune prospettive che trovo non approfondite a sufficienza nel tuo scritto (almeno dalla mia percezione) sono queste.
1) Cosa ha animato la vita del popolo giapponese prima che la Cina si affacciasse a stimolare il bisogno di una strutturazione statale con al perno la figura mitica dell’imperatore? Di quella religiosità genuina c’è qualcosa che ha continuato a scorrere non ostante che la neo costituita struttura statale abbia tentato di assorbirla e asservirla? Oppure questa genuinità originaria non è mai stata così radicata da poter resistere all’assorbimento totale? Mi pare una domanda doverosa per missionari buddhisti o cristiani che intendono trapiantare i loro messaggi in Giappone.
2) Che cosa condusse Eihei Dogen a salpare per la Cina e, ritornato, a dare una testimonianza che ha infastidito l’establishment politico-religioso? Quel movente era una novità assoluta al confronto con l’anima giapponese originaria, oppure era un fondo ritrovato? Che cosa animava Ryokan quando scriveva le poesie solo nel suo eremo dal tetto che lasciava filtrare la pioggia?
3) Rievocando il film di Scorsese “Silence” la stessa domanda sorge di fronte al fatto storico di migliaia di cristiani che scelsero di morire piuttosto che arrendersi allo shōgun, e alle decine di migliaia che calpestarono l’immagine sacra per evitare le torture e la morte, ma ciò non ostante non ripudiarono quanto avevano creduto, lo custodirono, e dopo 250 anni di clandestinità hanno nuovamente professato la loro fede. La rivolta di Shimabara mise in atto 3 anni di resistenza agli ordini dello shōgun da parte di 27.000 contadini e pescatori che alla fine furono tutti massacrati. La rivolta scattò come reazione ai soprusi degli agenti statali che estorcevano l’80% della pesca e del prodotto agricolo. La scintilla fu lo stupro di una fanciulla da parte di un esattore davanti al padre che non aveva potuto pagare la tassa richiesta.
Carissimo Mauricio, grazie! Luciano
Febbraio 21st, 2018 at 7:18 am
Caro Luciano, grazie per aver letto e commentato il testo sulla religione giapponese. Pensando alla tua riflessione, riproposta in quattro forme diverse: prima parlando della Nigeria di oggi con “la fratellanza universale radicata nell’unica figliolanza divina e naturale” e poi del Giappone antico come “genuinità originaria”, quindi del medioevo di Dogen come “fondo ritrovato” ed infine come spirito custodito e risorto riferito ai primi cristiani in Giappone (tralascio i fatti di Shimabara perché il richiamo allo stupro sposta il senso su un altro piano), ritengo che la comprensione e la realizzazione dell’insegnamento “amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente” conduca verso un chiarimento, assieme alla sua realizzazione nel quotidiano che passa, anche, per “amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Ma questo non riguarda solo missionari buddisti o cristiani, giapponesi o italiani. Soprattutto, pur nominando il “Signore Dio”, questa proposta può essere vissuta senza ricorrere ad alcun teismo. Questo è uno dei grandi meriti dello zazen.
Un abbraccio, mym
Febbraio 21st, 2018 at 8:33 pm
In merito a @110, devo dire che trovo una presunzione “classica” del mondo cattolico e cristiano in genere. Esistono innumerevoli studi seri, accademici, scientifici, attendibili sul Giappone e sul così definito “secolo cristiano” e a richiesta potrei fornire una bibliografia minima…
Oltre a ciò, vorrei dire che non possiamo fondare una seria visione di una storia così complessa basandoci su un filmetto ridicolo o enunciando l’esito di fenomeni complessi senza indicarne la filogenesi che li ha prodotti. Con questo chiarisco la mia assoluta contrarietà a qualsiasi forma di missionariato cristianamente inteso, non mi piace e non ne condivido i postulati.
Riguardo @111, quando dici “amerai…”richiede una precisazione il termine stesso, qui ha una vibratilità sentimentale, quindi comunque afferibile alla aleatoria sfera egoica, con tutti i fenomeni che un piano del genere induce…Mentre “ama” da intendersi non differibile, quindi sempre nell’attimo che non prevede mediazioni altre (tariki, per intenderci), buddisticamente inteso, afferisce a quiddità scevra da contaminazioni egoiche.
Caro mym, pensare che non ricorra al teismo chi ha fondato tutta la propria teologia sul Signore Dio….
Febbraio 22nd, 2018 at 7:58 am
Caro Nello, questa volta -imho- sei fuori strada. Luciano è una vecchia volpe, citando quei fatti apparentemente parla di quelli, in realtà dice (più o meno): alle spalle del tuo racconto sul giapponesimo e di tutto ciò che accade nel mondo, spesso di negativo, a volte inspiegabilmente positivo, c’è sempre l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Riguardo all’ultima frase, forse non hai letto bene: dico che il senso profondo di quella frase (di ambito e origine teista: compare già in Deuteronomio 6,4) può essere vissuta (e quindi realizzata) senza ricorrere al teismo: secondo lo zz. Non so se Gesù avesse una concezione teista, è probabile, quello che però afferma in quella frase (e nella successiva, già in Levitico 19,18) è di una tale forza anti-idolatra da coincidere con lo zz.
Febbraio 22nd, 2018 at 8:00 am
Il punto è che cosa pensiamo che Dio sia: ovunque e comunque noi vediamo Dio (in questo caso potremmo dire ugualmente “Buddha”), possiamo essere certi che ci stiamo sbagliando: Dio non è tra le cose del mondo, né è una creatura della nostra immaginazione. Di fatto quindi “amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente” non significa altro che non posare il nostro cuore, la nostra speranza su nessuna delle cose e le persone di questo mondo, perché qualsiasi cosa o persona eleggiamo a nostro oggetto d’amore quello non sarà mai Dio. Sarà sempre e solo un idolo. Il senso del distacco. Che si completa con la frase successiva: un distacco che per essere reale deve partire da noi stessi, ossia dal non privilegiare me rispetto agli altri. Non fare di noi stessi un idolo. Le due frasi indicano la stessa “cosa”: lasciar andare, liberarsi di ogni immagine mentale del tipo soggetto-oggetto. L’espressione, la forma di comunicazione è teista, il significato profondo no. Perché il teismo (ovvero l’affermazione positiva dell’esistenza di un dio con delle caratteristiche piuttosto che altre) è necessariamente una forma di idolatria. Il fatto che Gesù, tra le migliaia di indicazioni vetero testamentarie, abbia scelto quelle due per riassumere il suo messaggio è quantomento interessante.
Febbraio 22nd, 2018 at 9:14 am
Sinceramente…quello che dice Luciano lo trovo troppo cristianamente connotato, quindi di parte, e per me di nessun interesse, con tutto il rispetto. Nè intendo produrmi in equilibrismi strani tra teistico o non teistico…pure poco interessante.
La mia attenzione è sul termine “amerai” come inteso in ambito cristiano, vale a dire dualista, e qui ci separiamo subito con i nostri amici.Un altro aspetto del termine “amerai” è l’accezione sentimentale non condivisibile in quanto la pienezza dell’amore in ambito buddista si realizza nella quiddità che include la trasfigurazione della sfera sentimentale, quindi la include e la supera.
Caro mym, tra marito e moglie cattolici, c’è sempre Dio, una presenza decisamente troppo ingombrante…e non ne escono, magari trovano un loro equilibrio…che non mi appartiene, auguri a loro.
Poi…le parole e i numeri, come dicesti qualche tempo fa, significano quello che significano.
Febbraio 22nd, 2018 at 9:22 am
Larga la foglia, stretta la via…
Febbraio 22nd, 2018 at 9:26 am
il politically correct può produrre più problemi della chiarezza diretta…
Febbraio 22nd, 2018 at 11:07 am
Ridiamo anche un pò…con la storia del monaco anziano che di fronte a due parti dello stesso verme che si muovevano, chiede: in quale parte si trova la natura-di-buddha? Hold no illusions.
Non è male, è una posizione, una prospettiva, un piano, così come l’anima, e siccome so che ti piace lo shinto, sappi che in quella tradizione, uno muore veramente solo dopo 33 anni che è morto…fino a quel tempo si trova in una dimensione liminale, non è completamente morto e non è vivo. Quando è il suo compleanno gli si apparecchia a tavola con i suoi piatti preferiti, gli si parla e a fine giornata lo si saluta e invita ad andarsene….poi, certo, c’è l’imperatore…che ha un pò la funzione del papa…a chi piace…può tenerselo
Febbraio 22nd, 2018 at 11:23 am
Rispondere alla prima domanda è semplice: la “natura di buddha” è un’invenzione cinese perciò… riguarda i loro giochi. Forse più difficile: se c’è un lombrico che si chiama, poniamo, Antonio e lo tagliamo in due, quale delle due parti è Antonio? Oppure ci sono, ora, due Antonio?
Quindi esiste, secondo te, una tradizione detta shinto ecc. ecc. seppure si sappia che il nome, di conio cinese!, è stato introdotto nel 1400… Raveri non te la farebbe passare liscia… 😀
Febbraio 22nd, 2018 at 11:32 pm
@119, esiste una tradizione assimilabile al denominatore shinto ed è poliforme, varia, e comunque precisata nella sua ritualità. Gode, lo shinto, dell’apprezzamento di uno dei fondatori degli studi antropologici, Claude Levi Strauss che ha detto: è l’unica religione che potrei praticare.
Un testo classico che precisa molti aspetti della pratica shinto è di Carmen Blacker “The Catalpa Bow. A Study of Shamanistic Practices in Japan”, London, George Allen and Unwin, 1975. Dalle nostre parti c’è il classico di Raveri, “Itinerari nel sacro, l’esperienza religiosa giapponese”, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, Cà Foscari, 1984.
Raveri è un antropologo e la sua ricerca sul campo è stata sulle “itako”, le sciamane cieche cui venivano affidate bambine cieche per essere addestrate a muoversi in un mondo invisibile ma pieno di vita….Itinerari nel sacro è un bel testo per introdursi con cognizione in quel mondo. Il saggio della Blacker è un classico ed è bellissimo. Lo shinto è vicino, affine, alla tradizione shugendo, sono forme cultuali ancestrali e lì si può vedere una possibile protoorigine di quanto è arrivato dopo…che si trova e precisa per esempio in opere come:
Alicia Matsunaga, ” The Buddhist Philosophy of Assimilation. The Historical Development of the Honji-Suijaku Theory”, Tokyo, Sophia University in Cooperation with Charles E. Tuttle Company, Rutland, Vermont & Tokyo, Japan, 1969.
Quindi, aldilà del conio terminologico, si concentrano nello shinto una serie di culti assolutamente interessanti sotto molteplici prospettive e ineludibili per comprendere più compiutamente il lungo percorso che l’umano ha attraversato per partecipare di una realtà molto più grande di quanto si possa immaginare e con la quale ha provato a connettersi e dialogare….
Febbraio 23rd, 2018 at 3:48 pm
Tutto giusto tutto vero, a parte che Raveri in Itinerari nel sacro (mannaggia non lo trovo più!) non parla solo delle sciamane cieche, ma mostra l’incredibile frammentarietà del fenomeno.
In questo caso usi il termine “tradizione” in modo minimale.
Non so quanto tempo Levi Straus abbia trascorso in Giappone, immerso, studiando il fenomeno. E, penso, se gli si fosse chiesto in che cosa consista la pratica dello shinto che così tanto lo affascinava, che sarebbe stato in difficoltà a definirla. Nessuno ha mai negato che il Giappone e le sue componenti siano affascinanti. I primi ad esserne affascinati sono i giapponesi. Prova a dirgli che hanno copiato “tutto” dai coreani e dai cinesi, poi vedi…
Febbraio 28th, 2018 at 8:04 pm
Caro Yūshin vorrei lasciare anch’io un mio commento, confesso che non sono riuscito a leggere tutti i 121 precedenti per cui mi perdonerai se dirò cose che forse qualcuno ha già affrontato.
Il Buddha inizialmente sperimentò sicuramente prima di indicare la via di mezzo delle pratiche che potremmo definire alchemiche come il devayana -marga, o il vajarayana- marga. Ora c’è da chiedersi quali o cosa di quelle tecniche il Buddha salvò nel buddismo primitivo indiano? Lo stessa domanda va poi va ripetuta in Cina quando i monaci cinesi conobbero La tecnica conosciuta oggi come zazen l’hanno accolta nel loro casa ma prima di allora avevano delle loro pratiche e delle loro tecniche cosa ne hanno fatto? Come le hanno integrate? Le hanno abbandonate tutte o qualcuna di queste è stata salvata? Lo stesso vale per il Giappone. Io ritengo che alcune tecniche valide di purificazione Sidda, taoiste e shintoiste siano state assorbite dal buddismo indiano, poi da quello cinese e per ultimo da quello giapponese. Se “Zazen è la porta reale della pace e della gioia, è la pratica che conduce alla pienezza del risveglio.” a mio avviso è anche grazie a queste tecniche di purificazione che garantivano un cuore aperto e senziente condizione fondamentale perché “stare seduti senza far nulla” non sia una semplice perdita di tempo.
Un po’ se mi permetti il paragone è come la comunione, che è il fulcro del cristianesimo, diventa sterile se non è preceduta da una preparazione con il sacramento della confessione che purifica e prepara il cuore di chi lo riceve.
seconda considerazione il tempo porta a trasformare queste conoscenze e così si sono un po’ perse o trasformate a tal punto che le tracce di cui disponiamo oggi sono una vaga idea di quello che furono un tempo. Se io oggi volessi apprendere il Devayana -marga, o il vajarayana- marga da chi devo andare? Chi è in grado di insegnarmelo? Direi nessuno come pure il Daoyin, lo Shin-Sen Do non hanno molto a che fare con l’attuale Do in, Qi Gong etc. ormai sono nomi a cui non corrispondono più i contenuti di un tempo la trasmissione si è persa. Tornando al cristianesimo chi è in grado di insegnare le pratiche trasmesse da Gesù o i riti dell’agape dei primi cristiani? Dice il Maestro Oki: oggi bisogna essere dei geni per potersi risvegliare praticando lo zen , ed io sono del suo stesso avviso, nel tempo si devono essere perse delle pratiche secondarie che mantenevano viva la pratica principale. Non mi farei tante menate se questo o quello è essenziale o e solo forma estetica giapponese quando “coloro che praticano possono capire da sé se ottengono o non ottengono l’illuminazione, proprio come coloro che usano l’acqua sono in grado da sé di capire se quell’acqua è calda oppure fredda”. La comprensione avviene nel momento in cui la voce è già entrata nelle orecchie e si realizza il samâdhi.” Oggi quanti possono dire di sentire quella voce dentro di sè? Pochi, come mai? Domandiamocelo, secondo me è questo che dovresti indagare ed evidenziare nei prossimi lavori: cosa veniva dato per scontato che oggi non lo è più e va dunque reso esplicito, per essere fedeli al messaggio universale del Buddha? Ci si preparava allo zazen con delle tecniche di purificazione del cuore? E cosa facevano? Io da quando ho integrato con delle tecniche che riprendono questo concetto mi sento di essere diventato più uomo della via. Questo è anche la sintesi del pensiero di Arnaud Desjardins se il cuore è ingombro di paure o di pensieri non puoi accedere “all’altra sponda”.
Tornando alla tua citazione di Maotsetung: non importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che acchiappi il topo.
Mi ricordo che padre Luciano ci spiegava come per il processo di inculturazione cattolico durante la messa per i giapponesi prevede dei sampai e nel recitare il Padre nostro si dice: “dacci oggi il nostro riso quotidiano”, questo per rendere il rito della messa più comprensibile ai giapponesi . La chiesa romana ha voluto giapponezzizzare il rito della santa messa , ora perché dovremmo farci problemi noi italiani ad inculturale il buddismo zen rendendolo più nostro? Concludo con un pensiero gastronomico.
La pizza è il nostro piatto nazionale più diffuso al mondo, è diventato patrimonio dell’umanità ora possiamo dire che la vera pizza è quella napoletana? Storicamente senz’altro ma praticamente la pizza romana sottilissima è ancora la pizza e quella americana deep? e quella egiziana? E il sapore di quella napoletana è identico o è cambiato nel tempo? La pizza è ormai patrimonio dell’umanità è di tutti e tutti possono interpretarla liberamente purché rimanga pizza. Un saluto a tutti Giuseppe
Marzo 1st, 2018 at 8:26 am
Buongiorno Giuseppe, benvenuto.
Grazie per il tuo lungo ed articolato commento. Le prossime volte, per favore, dividi il commento in più parti, in più commenti, magari per argomenti. È difficile interloquire con tanti argomenti assieme. Inoltre, come hai verificato tu stesso che non hai letto i commenti precedenti, sul web si corre veloce (purtroppo, per fortuna…), di fronte a commenti troppo lunghi le persone si scoraggiano, non leggono. Una cosa mi ha colpito di quello che scrivi “Dice il Maestro Oki: oggi bisogna essere dei geni per potersi risvegliare praticando lo zen” non conosco il maestro Oki, tuttavia temo che questa volta abbia preso un granchio: chi pratica zazen è già risvegliato e non importa se sia un semplice o un genio.
Marzo 1st, 2018 at 3:17 pm
O.T., ma nemmeno troppo. Caro mym, ho appena ricevuto le 2256 pagine del bellissimo lavoro di traduzione e commento del Prof. Paul. L. Swanson, “T’ien-T’ai Chih-I’s MO-HO CHIH-KUAN, Clear Serenity, Quiet Insight” tre volumi. Sono a p.125 e ne avrò per qualche mese. Dalla esperienza T’ien T’ai dipartono un pò tutte le successive (Ch’an, Pura Terra e in Giappone Nichiren, Shinran, Honen, Dogen….Lo hai visto? Ti incuriosisce?
Marzo 1st, 2018 at 3:47 pm
Sì, m’incuriosisce… ma non abbastanza da sciropparmi 2256 pagine 😮
Una cosa mi sono chiesto quando ci misi il naso: è un caso che Dogen abbia usato gli stessi suoni dei caratteri del titolo del libro di Chih-i per dire “shikantaza”? O è perché voleva significare che il vero chih-kuan/shikan (samata vipassana) è lo zazen?
Marzo 1st, 2018 at 3:54 pm
Due domande:
Quindi lo zazen è il nome giapponese per samatha-Vipassana?
Di conseguenza, samatha-vipassana sono due aspetti ( calma e osservazione) della stessa pratica (Zazen)?
Grazie mille in anticipo
Marzo 1st, 2018 at 4:08 pm
Sì e no. I cinesi (vedi Dachengqixinlun) a volte usavano chih-kuan per indicare samata-vipassana (fermarsi nell’osservare in profondità) a volte per indicare la pratica seduta, in generale. Forse anche Chih-I li usa in quel doppio modo (ma ce lo dirà Nello fra tre mesi…). Quando Dogen scrive/dice shikan-ta-za usa la parola shikan che ha lo stesso suono della lettura giapponese di chih-kuan ma, in quel caso (visto che i caratteri che usa sono diversi) vuol dire “solamente”, “nient’altro che”. Se lo ha fatto pensando al titolo di Chih-I ha voluto dire “ma quale chih-kuan e chih-kuan, il vero chih-kuan è solo sedersi”. Ma forse è tutto nella mia fantasia.
Marzo 30th, 2018 at 6:59 pm
Grazie molte, desideravo molto leggere questo libro. Avevo provato a cercare una copia della vecchia edizione, ma invano.
Un chiarimento: nel libro “Lo Zen di dogen come religione” sbaglio o lo stesso autore dice che il satori non ha niente a che fare con condizioni di temperatura e umidità? Ho inteso male o c’è un errore di trascrizione?
Grazie ancora e Buona Pasqua.
Marzo 31st, 2018 at 7:40 am
È buona cosa (i.e. corretto verso i lettori e, soprattutto, nei confronti di chi dovesse/volesse risponderti), quando si usano citazioni, dire (per es.) a p. tale del testo tale, laddove si parla di …, è scritto «…». Invece/tuttavia nel testo tale a p. tale, dove si parla di…, trovo «…», cortesemente mi vorreste spiegare la contraddizione/l’arcano/il senso/ ecc.?
Tra l’altro, se alle tre dico che sono le tre, non per questo dovrò dire la stessa cosa alle 4 alle 5 ecc.
Marzo 31st, 2018 at 5:18 pm
Gassho, per questo eccellente lavoro, per me, la migliore resa in lingua non giapponese di un classico come questo. Attraverso uno studio profondo dei termini si ricrea il clima vivo cui invita lo scritto. Grazie di cuore per la condivisione.
Aprile 1st, 2018 at 7:47 am
Grazie Nello. Il merito va soprattutto al curatore che lo ha cesellato. Quasi tutta la nostra storia è intrecciata con questo libro. A tradurlo in francese fu Viallet che seguiva il gruppo di Torino, dove la maggior parte di noi praticava e che era discepolo di Uchiyama; la prima traduzione italiana, quella del 1976, fu opera di Melina, all’epoca parte del gruppo di Torino; la prima traduzione inglese fu opera di Tom, nostro caro amico e discepolo di Uchiyama; la prima traduzione italiana direttamente dal giapponese, come sai, fu di Jiso, nel 1993… Insomma, se fossimo dei sentimentali potremmo dire che è, almeno un po’, il nostro libro… 😀
Aprile 8th, 2018 at 5:55 pm
Ciao Antonino, confrontando i due testi che hai citato (pag 50 di ‘La realtà della vita’ e pag 27 di ‘Lo Zen di Dogen come religione’) non mi sembra che ci sia una contrapposizione tra le due posizioni espresse riguardo al satori determinato dalle condizioni atmosferiche. Infatti nel primo, Uchiyama dice “Se noi chiamiamo illusione, confusione, i momenti in cui non si può far a meno di andar dietro ai pensieri, e satori, risveglio, la condizione contraria, i periodi cioè in cui si fa zazen senza cadute, allora satori e ignoranza in definitiva non sarebbero altro che gli effetti delle condizioni atmosferiche, della temperatura e dell’umidità.”
E nel secondo, parlando ad una persona che pensava di aver conosciuto il satori perché aveva fatto l’esperienza di un particolare stato mentale durante uno zazen, Uchiyama risponde così: “Questa specie di condizione mentale non è nient’altro che un sentimento temporaneo causato da condizioni di temperatura e umidità.”
Uchiyama mette spesso in guardia dal praticare lo zazen inseguendo l’idea di un satori visto come illuminazione in contrapposizione all’illusione. Se ti interessa approfondire quest’aspetto della pratica puoi leggere il testo di Uchiyama ‘Per te che sei ancora scontento del tuo zazen’ che trovi nel Sito cliccando il link posizionato a destra della schermata iniziale: La pratica dello ZAZEN. È una lettura molto ‘illuminante’!
Ciao
Aprile 8th, 2018 at 6:00 pm
Grazie Marta.
Esistono anche persone pazienti che, pur senza i precisi riferimenti, si prendono cura delle domande.
Aprile 17th, 2018 at 1:30 am
Scusate, non avevo letto il resto dei commenti.
Grazie Marta della precisazione e delle spiegazioni, la prossima volta sarò più preciso nel citare i testi per facilitarvi le risposte.
Buona notte
Aprile 17th, 2018 at 6:51 am
Prego.
Se mai esistesse un motto della Stella sarebbe “prova, sbaglia, impara”.
Maggio 4th, 2018 at 8:35 pm
Due lettere molto belle, dense di contenuti e significato, grazie ☺️
Maggio 5th, 2018 at 8:13 am
Il “discorso” che è alle spalle di quelle lettere ha nutrito quasi un secolo di zen giapponese ed europeo. Potrebbero rappresentare un punto di svolta.
Maggio 5th, 2018 at 5:20 pm
Ho apprezzato questa lettura giacché pone come ubi consistam l’ *io*, “questa cosa che è io, è la mia vita” (cfr. p. 20), sebbene mym ci ricordi che “il vero sé è quello che non c’è”.
Eppure questo “io”, di cui abbiamo una conoscenza così inadeguata da farci pensare che il nosce te ipsum sia una cattiveria della divinità, come afferma Nietzsche nell’aforisma 335 de La Gaia Scienza, esiste e mi fa dire con le parole di Uchiyama “questa forza oltre il mio pensiero sono io e fintantoché opera in me è senz’altro la realtà della vita del sé, della mia vita”. (ibidem p. 57).
Come è possibile giungere a una tale smargiassata? Se si escludono ignoranza e mitomania, è possibile grazie ai tesori nascosti nell’enigmatica opera di Spinoza.
Sono mesi che mi arrabbatto sui vocabolari cercando di superare lo iato che separa due concetti che paiono antitetici: la Sostanza e il Vuoto. Facendo appello alla vaghezza cui conduce una attenta esegesi dei loro significati e alla scarsità di studi comparativi tra “la più eccelsa mente speculativa dell’Occidente” e il buddismo, affermo con una certa audacia che il Vuoto è un “attributo” della Sostanza.
Gli attributi sono le qualità fondamentali della sostanza, e sono infiniti. Tuttavia noi, per la conformazione limitata del nostro intelletto, ne conosciamo immediatamente due: il pensiero e l’estensione. Questo è il monismo, o “non-dualismo”, di Spinoza.
Hegel e Schopenhauer, discordi in tutto, concordano sul tratto orientale del sistema spinoziano.
Persuaso che il confronto con Spinoza sia un arricchimento, considerato che lo zazen “non è mai teoria”, ma un buon punto di partenza, prendo le mosse da una osservazione di Uchiyama: [perché] “se tu ed io guardiamo una tazza, di solito riteniamo di stare osservando la stessa tazza?”(p. 65).
Maggio 5th, 2018 at 5:21 pm
Molti pensano che tra l’interno e l’esterno della mente, tra pensiero e realtà, non vi sia passaggio o ponte e che la conoscenza sia quella che gli indiani chiamano il velo di Maya, cioè allucinazione o illusione. Ciò fa, nella filosofia occidentale, l’idealismo.
Altri ritengono che la mente rispecchi la realtà. Sono i realisti.
Nella filosofia occidentale hanno prevalso i primi. Gli idealisti per antonomasia sono Hegel, Schelling, Fichte, a cui si aggiungono quelli problematici come Schopenhauer (“Il mondo è la mia rappresentazione”) o Nietzsche (“Non esistono fatti ma solo interpretazioni”).
Essi negano qualsiasi legame diretto della mente con la realtà e si rifugiano nell’ermeneutica che assume le derive più disparate: il silenzio, l’ascolto, la conversazione, il pragmatismo, etc. Tutti suicidi del pensiero.
Spinoza invece nega che la conoscenza sia la corrispondenza dell’idea all’ideato, l’adaequatio rei et intellectus, assunto ancor oggi come criterio di verità, e afferma che pensiero e materia sono la medesima cosa “compresa ora sotto questo, ora sotto quell’attributo”. La corrispondenza tra pensiero e realtà è assicurata in partenza dal fatto che “l’ordine e connessione delle idee è identico all’ordine e connessione delle cose” (Eth. II, prop.7) per cui l’adequaetio (la corrispondenza finale, estrinseca), se c’è, è una conseguenza, un risultato, non un fondamento. Questa corrispondenza ha una base ontologica, esprime l’omogeneità della mente col mondo.
Maggio 5th, 2018 at 5:21 pm
Nella conoscenza la mente è esposta “all’attacco dell’essere” i cui oggetti sono la medesima cosa con l’idea che abbiamo di essi: “la rappresentazione dei corpi e questi corpi stessi sono la medesima cosa”. Questa rappresentazione non è da intendersi al modo schopenhaueriano, come rispecchiamento passivo, immagine simulacro dell’oggetto, ma come realtà attiva, come forza. Nella conoscenza l’uomo “patisce” le cose, ma il concetto (l’idea ricevuta dalla nostra mente), esprime azione della mente, è creazione e non rispecchiamento.
Per conseguenza i corpi estesi non sono rappresentazioni o fenomeni prodotti dalle nostre sensazioni o intuizioni, ma oggetti esistenti spazialmente indipendenti da noi: “non siamo noi che affermiamo alcunché di una cosa, ma è la cose stessa che in noi afferma o nega qualcosa di sé”, per cui le idee sono forme della mente perché sono forme del reale, ma né queste hanno prodotto quelle, né quelle queste. (cfr. Breve trattato, II, 16)
Tuttavia, sebbene l’uomo colga nella sensazione-intuizione qualcosa di reale, l’idea che egli se ne fa “esprime più la costituzione del suo corpo che quello della cosa”, cioè la nostra conoscenza è fatalmente antropomorfica (cfr. Eth. II, 16).
Questo antropomorfismo, come l’idealismo, ha una base scettica, ma a differenza di questo non è assoluto giacché conserva una base ontologica, cioè pesca nel reale, e il lavoro dell’uomo consiste nel liberare le idee il più possibile dalla loro deformazione antropomorfica.
Maggio 5th, 2018 at 5:23 pm
L’ antropomorfismo mi pare pervada l’intero scritto di Uchiyama e diventa manifesto a p. 46: “è la mia vita, la vita del sé che dà realtà fenomenica al tempo, e anche di questo facciamo esperienza in pratica”.
Ciò significa che la catena dei fenomeni dipende dalla conformazione della nostra mente, cioè che la realtà umana esiste e la creiamo noi, così come esiste il senso delle cose e della vita, che non esiste ma esiste in relazione a noi, che sviluppiamo soggettivamente una realtà oggettiva, di cui il sé, la realtà della vita, è esplicazione e continuazione.
Parafrasando una massima di Goethe, pare che Uchiyama voglia dire: “Compiango gli uomini che fanno gran caso alla “vacuità” delle cose e si perdono nella contemplazione della vanità terrena. Noi esistiamo per rendere “pieno”, cioè umano, ciò che è “vuoto”, non-umano.
Il vuoto infatti è una astrattezza stratosferica che riduce il mondo a complicati sistemi relazionali per cui i vari schemi che utilizziamo per ingabbiare la realtà non sarebbero traduzioni realistiche dei fenomeni, ma mere convenzioni che rendono dubbio il riconoscimento della realtà umana, sconvolgendo a tal punto le nostre percezioni e le idee che ci facciamo delle cose, che una pietra non è più una pietra, bensì uno spazio vuoto governato da chissà quali sofisticate equazioni.
Uchiyama, ponendo al centro del discorso “la realtà della vita”, mi pare voglia ostacolare quelle speculazioni che finiscono per vanificare il mondo, deprivando di senso e di importanza la nostra realtà primaria.
Siccome la verità, oltre che contemplazione, seppur parziale, della realtà, può avere un senso dialettico, opporsi cioè alla falsità e come tale essere oggettiva e definitiva, come quando per esempio affermiamo che la terra gira intorno al sole e non il contrario, dichiaro di stare bevendo un tè in una tazza bianca e non posso dubitarne.
Ovviamente questa tazza di tè e le cose che ho pensato sono anche altro, sono componenti di un flusso universale che nel suo complesso ci sfugge, in cui siamo immersi e che non possiamo contenere, “che è oltre il definire a parole pensando con l’intelletto”, come dice Uchiyama a p. 20.
Maggio 5th, 2018 at 5:45 pm
Ciao Hmsx, bentornato. Era da tempo che non ci “assalivi” con le tue folate. Interessante la tua lettura di Uchiyama, forse dimentichi, però che il piccolo sé, o “io”, per quanto esistente (come i sogni) per il Nostro non ha la stessa caratura riconosciuta al (grande) sé. Eppoi «il Vuoto è un “attributo” della Sostanza» va bene se lo tratti aristotelicamente con il suo opposto: senza dire anche che «la Sostanza è un “attributo” del Vuoto» si disconosce la realtà comune. Dove concordo con vigore è che laddove si parla di tazza vista ciascuno a suo modo, occorre urgentemente chiedersi chi mai abbia deciso che si tratti della stessa tazza…
Pensavo che, in Occidente, con idealismo si intendesse la negazione di una realtà “esterna” in favore di una realtà puramente mentale. Invece mi pare che tu affermi (@10, 4° riga) che l’idealismo afferma la sola inconoscibilità (il diaframma ecc.) della realtà esterna. Forse è per questo che (@12, 1° riga ss.) vedi antropomorfismo nello scritto di Uchiyama. Lui non parla della realtà (esterna) quando dice che è la nostra mente che forma il mondo, tempo spazio ecc. ma solo dell’unica cosa che possiamo conoscere: la realtà interiore.
Maggio 6th, 2018 at 9:09 am
Il discorso sulla Sostanza e il Vuoto è complicato. La Sostanza, “che tratta dei molti modi in cui si dice l’essere”, è causa sui, cioè è concepita come origine e causa di tutto, sebbene essa stessa sia senza origine; esiste per virtù propria, nel senso che la sua esistenza è “incondizionata” giacché “una sostanza non può essere prodotta da un’altra sostanza” (Cfr. Eth. I, def. 3 e prop. 6). La definizione che Spinoza dà alla sostanza somiglia a quella che Nagarjuna dà alla natura propria che… “non dipende da nessuna altra cosa” (MK, XV, 2), e sappiamo le conclusioni che trasse circa l’esistenza di qualcosa che è incondizionato…
Spinoza definisce il vuoto come «corpus sine corporis» (Principia phil. cart., II, pr. 3), per indicare una conoscenza imperfetta e inadeguata, un pensiero senza pensiero, ovverosia una «defectus cognitionis» (Eth., I, pr. 33, sch. 1), dunque in un senso completamente diverso da quello buddista. (infra)
La Sostanza, che egli chiama anche natura naturans, è una realtà a cui si giunge per necessità logica, in base al principio di contraddizione, perché è impensabile e impossibile che non sia (“non può non essere”). Essa, oltre ad essere infinita ed eterna, è indicibile, inafferrabile, non predicabile, mentre i suoi effetti, la natura naturata, sono per noi accessibili e esplorabili, giacché ne facciamo esperienza tramite la percezione umana.
La natura naturans è la Sostanza, mentre la natura naturata è la nostra percezione della Sostanza, necessariamente antropomorfica, ma non la Sostanza.
Il piccolo sé (la natura naturata) è l’altra faccia del grande sé (la natura naturans), una esplicazione e continuazione soggettiva di una realtà oggettiva, e tra le due realtà vi è omogeneità, come l’acqua che assume la forma del contenitore.
L’ “io” non è dunque una cellula impazzita dell’universo, avulsa da ogni realtà, ma un “modo”, una increspatura della sostanza.
Maggio 6th, 2018 at 9:11 am
Uchiyama, nella parte 1 capitolo 3, critica il logos greco, ovvero la pretesa degli occidentali di definire la realtà con le parole e che trovò compimento nel nominalismo medioevale, una forma di idealismo, il quale, comunque lo si concepisca, si caratterizza per negare qualsiasi passaggio o ponte tra pensiero e realtà.
Uchiyama pone una “realtà della vita al di là di qualunque definizione” … che è una forza grande che va al di là di ogni valutazione, ma che agisce dentro di me e non si può dire altro che è la cosa stessa della vita che chiamo io (p. 18 ss), per cui, così come il cuore batte involontariamente, allo stesso modo la nostra mente crea il mondo, il tempo, lo spazio, il senso etc. al punto che in fondo non possiamo dire altro che è “solo proprio così”.
Uchiyama nega il passaggio tra realtà interiore e esteriore? Lo ammette? Lo intuisce?
Non lo so, preferisco cogliere l’occasione di constatare come i veri pensieri degli uomini venerabili convergano in un’unica direzione.
Insomma, queste sono le messe di ”verità” mietute in questo sterile anno. Si consideri che l’opera di Spinoza è veramente enigmatica, cioè è costruita in modo tale da far scervellare il lettore.
Sul rapporto tra sostanza e vuoto linko un post del professore Soraj Hongladarom del dipartimento di filosofia dell’Università Chulalongkorn, autore anche del pregevole articolo “Spinoza and Buddhism on the Self”.
Substance and Emptiness: https://soraj.wordpress.com/2015/03/29/substance-and-emptiness/
Spinoza and Buddhism on the Self: https://theoxfordphilosopher.com/2015/07/29/spinoza-buddhism-on-the-self/
Maggio 6th, 2018 at 9:16 am
Postilla
Siccome “i miei stanchi occhi” hanno visto di tutto, persino certi cattolici andare in brodo di giuggiole per “l’amor dei intellectualis”, è d’uopo precisare che Spinoza, per aver sostenuto che le sacre scritture non sono enunciazioni filosofiche o scientifiche, ma indicazioni e incitamenti morali, oltre a subire un attentato da un integralista (il mantello fermò la lama del pugnale), venne “maledetto”… “sia di giorno che di notte; quando si corica e quando si alza… Possa il Signore mai più perdonarlo (…)”, secondo il dettato della scomunica del 1656, sebbene egli fosse, secondo le parole di Bertrand Russell “il più nobile e il più degno d’amore dei grandi filosofi” per la vita esemplare che condusse.
Faccio mio il rimprovero che gli mosse Schopenhauer “La parola Dio era stata usata fino ad allora per indicare un ben altro concetto e il lettore continua a pensare a questo concetto…”, ma “Spinoza non ammette nessun Dio, e probabilmente si servi di tale parola per non scandalizzare i lettori. Egli appare ateo in tutta la forza del termine” (Voltaire).
PS: è sorprendente, al di là delle definizioni, la concordanza del pensiero di Spinoza con il buddismo, così come sorprende la scarsità di una letteratura su tali concordanze.
Maggio 6th, 2018 at 6:28 pm
Interessanti quei due link. Tuttavia concordo con ciò che dice un filosofo moderno: “Identificare una scuola con un’altra (come per esempio quella della Vijñānavāda con qualche forma occidentale di idealismo) non è solo probabilmente sviante, troppo spesso è proprio il punto in cui l’argomento si interrompe. Un approccio più fruttuoso alla filosofia comparata dovrebbe iniziare con l’accettare provvisoriamente diverse filosofie comparabili in quanto sistemi coerenti nei loro propri termini e poi dovrebbe procedere con l’applicare le loro diverse visuali a specifici problemi filosofici”.
In secundis parlare dell’inconoscibile ha il piccolo grande difetto che non solo non si sa esattamente di che cosa si sta parlando, ma inevitabilmente porta all’ontologizzazione ovvero, come dice un altro autore a un “riduzionismo di tipo psicologico che coincide con una nozione pesantemente ontologizzata del sé”.
Le concordanze, in sistemi diversi, possono (possono) essere relative a significati completamente discordanti.
Maggio 8th, 2018 at 11:18 am
Caro MYM, non so se è questo il posto giusto per lasciare questo commento, ma tant’è. Ti volevo ringraziare per condividere con tutti gratuitamente la tua sapienza e la tua sincerità e umiltà. Ho letto alcune cose sul buddismo, da A. Watts, F. Capra, al Dalai Lama, il libro tibetano dei morti etc etc ma è anche merito tuo, della “Piccola guida..” e della “Via maestra” se ho iniziato a praticare in un dojo di Vercelli (fondato da Daido Strumia). La tua visione “occidentale” del buddismo zen (non che lo zen “occidentale” sia diverso da quello “orientale” intendevo solo lo zen descritto con un background culturale, storico e religioso occidentale), la tua lieve ironia, lo spessore culturale unito a una profonda umiltà (caratteristiche difficili da trovare insieme) mi hanno colpito.
Grazie
GASSHO
Maggio 8th, 2018 at 11:54 am
Gratuitamente? Ohibò, non ti hanno avvisato? Mannaggia, devo fare tutto io…
Vabbe’.
Ciao Gaetano, a’ mordu i’ oche? 🙂
Maggio 8th, 2018 at 2:10 pm
Caro MYM, tu giustamente ci scherzi, ma la gratuità mi sembra una delle caratteristiche del buddismo. Se una cosa si può comprare/ottenere con “lo sterco di Satana” non vale niente, o quanto meno, non è inerente alla “realtà così come è”, al Sè. Nel mondo di maya (sfoggio qualche termine in sanscrito 🙂 è vero esattamente il contrario, ma non stavo più bene in quel mondo lì.
Se non sbaglio veniamo entrambi dal mare (sei genovese?) ma io molto più sudorientale (Siracusa), quindi, se mi scrivi in genovese tanto vale che mi scrivi in giapponese.
Ciao MYM
Maggio 8th, 2018 at 3:57 pm
Pardòn, parlavi di Vercelli perciò ti ho scritto in piemontese, più o meno.
Sì sì, la gratuità, il buddismo, Maya, lo sterco di Satana ecc.
Poi non resta che farlo davvero. Ciao.
Maggio 14th, 2018 at 10:48 am
Caro MYM, parliamo di zazen. Io sono un absolute beginner, pratico da un paio di mesi in un piccolo dojo a Vercelli, piccolo perchè a volte siamo in due, a volte in tre, una volta sola 6. Non abbiamo un maestro, il maestro/fondatore era Daido Strumia che ci ha lasciato da tempo. I miei compagni di pratica sono nella via di mezzo da qualche anno, un paio da diversi anni, ma non c’è il tempo/modo, la confidenza di parlare di questioni di zazen, così mi rivolgo a te. Nel mio immaginario sei una specie di bodhisattva che ha fatto voto di rimanere nel samsara dei rompiscatole finchè l’ultimo degli esseri senzienti non abbia attraversato la soglia del satori 🙂 Ma, bando alle ciance, parliamo di zazen. Vorrei chiederti, innanzitutto, se lo spirito in cui mi siedo in zazen è giusto. E’ un momento della giornata che attendo con desiderio, mi piace molto sedermi in zazen a non fare un cazzo, se mi passi la trivialità. In quei momenti lascio evaporare i pensieri e quelli che vengono dopo li lascio passare; cerco di “aprire la mano del pensiero” quella mano sempre faticosamente tesa a ghermire e tenere stretto qualcosa di impermanente, che ha la sostanza del fumo e quindi non si può afferrare, fatica e dolore inutili. Quella mano di può finalmente aprire… è forse quello il suono di una mano sola? Il pensiero che evapora? 🙂 E’ questo lo o uno degli atteggiamenti giusti? O è solo un banale cupio dissolvi? E poi un paio di questioni tecniche: 1) quando mi siedo da solo in zazen metto dei suoni di una app del cellulare (buddhist meditation), rintocchi di campana rumore di risacca ecc che hanno due funzioni: attenuano i fastidiosi rumori ambientali, un pò quello che fa lo zafuton per le gambe e le ginocchia; e mi fanno da segnatempo, finito il tempo (25-30 min) i suoni cessano. Se uso il countdown del cellulare parte una sveglia molto sgradevole, faccio un lavoro per cui non posso lasciare il cellulare spento per tanto tempo quindi devo usare un segnatempo. E’ meglio sedersi in zazen in silenzio? 2) Quando ci sediamo in zazen nel dojo siamo tutti seduti contro il muro, quindi nessuno può controllare la postura dell’altro e allora mi vengono dei dubbi. Io siedo nella posizione del quarto di loto, adesso riesco a tenere abbastanza a lungo il mezzo loto ma mi arrivano degli input dolorosi abbastanza consistenti dai miei arti inferiori quindi i periodi più lunghi siedo in 1/4 di loto. Ho sempre letto che la colonna vertebrale deve essere eretta (come se la testa volesse perforare il soffitto), a me sembra di essere dritto ma spesso in zazen se controllo la mia colonna vertebrale mi accorgo di poterla stirare di più. Ora, una completa “erezione” della colonna vertebrale comporta una tensione muscolare, uno sforzo cosciente (=pensiero) che potrebbe disturbare il samadhi. E’ meglio tenere la schiena dritta ma senza sforzo o è meglio tenere la schiena completamente eretta?
Avrei ancora delle cose da chiederti, ma magari sarà per un’altra volta, mi sembra di aver già scritto abbastanza e te ne chiedo scusa.
GASSHO con nove riverenze
Gaetano
Maggio 14th, 2018 at 3:53 pm
Caro Gaetano,
Non passo la trivialità, sia in quanto tale sia perché vedere zz come un’occasione di poltrire è partire con il piede sbagliato. Alcune istruzioni per l’uso: un blog non è un forum, i commenti dovrebbero essere molto più corti. Se vuoi usare questo mezzo, ovvero un blog pubblico, dovresti fare una domanda alla volta.
Da quello che dici mi pare tu abbia bisogno di essere avviato con tutte le istruzioni del caso. Torino non è lontano da Vercelli, potresti scrivere a Carlo, responsabile del dojo di Torino, prendere appuntamento con lui un venerdì un paio d’ore prima dello zazen, così lo sfinisci di domande. Lui sì che è un vero bodhisattva…
Lascia perdere le musichette o suoni di accompagnamento, se non trovi un posto silenzioso per sederti impara a fare zazen anche relativamente ai suoni, sono solo suoni.
Ciao.
Maggio 14th, 2018 at 5:17 pm
Ricevuto.
Gassho
Agosto 8th, 2018 at 6:45 pm
Questa corrispondenza, nei due sensi, è bellissima e ne godiamo.
Riprendo qualche passaggio:
“,la risposta è nello zazen stesso; ogni motivo è solo un obiettivo o una speranza iniziale che non ha alcun rapporto con lo zazen in atto. […]Qualsiasi motivo ci abbia spinti o condotti allo zazen va abbandonato, ‘buttato via’ come dice il koan, altrimenti…non è zazen.”
Qui, personalmente, trovo proprio quello che è necessario trovare nella semplicità e comprensibilità del dire e si dissolve anche il dolce di riso disegnato.Oppure, tutto è solo un dolce di riso disegnato.
A me, anche le citazioni da Eckart, ricordano le dieci icone del bue, tanti rimandi tutti precisi, chiari, concreti.
Apprezzo moltissimo la Via allo Zen della Stella,vi voglio bene.
Agosto 8th, 2018 at 7:43 pm
Grazie Nello.
Come sai, sedendo zazen per lungo tempo è normale rendersi conto di ciò, e quindi esprimerlo.
Agosto 26th, 2018 at 8:59 am
Buongiorno a tutti; stavo leggendo, anche se con estremo ritardo, il pdf che è qui in allegato. Devo dire che sono molto attratto da questo genere di argomenti, e quando si parla di sofferenza per me già significa disquisire di qualcosa per cui vale la pena veramente di spendere il proprio tempo. Dal testo ho avuto modo di apprendere senza dubbio degli spunti di notevole interesse, come quello in cui viene citato l’attaccamento quale fonte di sofferenza; devo dire che, a partire dalla mia stessa esperienza di vita, questa è una verità che devo riconoscere come sacrosanta. Ci sono degli altri punti, però, che onestamente non riesco a comprendere pienamente, e in particolare devo rilevarne uno che diviene poi l’ origine e la fonte delle riflessioni che ora seguiranno. Si parla, con accezione negativa, della sofferenza, nei termini di un qualcosa che sarebbe meglio eliminare dalla propria vita definitivamente, qualcosa da cui scansarsi, da allontanare, diciamo, per sempre. Però poi, proseguendo nella lettura del documento, mi rendo anche conto che la sofferenza è l’input, diciamo lo starter, che ci fornisce la giusta motivazione per intraprendere un cammino di liberazione; quindi, se non ho capito male, la sofferenza non è un male per se stesso, ne tantomeno un bene, ma diciamo che si colloca relativamente agli esiti che essa stessa innesta. Ecco che poi mi si presenta la seguente riflessioe; come il manubrio del pesista gli fornisce la giusta resistenza che sarà tanto proficua allo sviluppo del suo sistema muscolare, così anche la sofferenza indotta dalla costanza di una retta pratica, perché alla fine comunque il cammino comporta sacrificio e, quindi, se così vogliamo chiamarla, sofferenza, produrrà un certo sviluppo delle potenzialità volitive dell’individuo stesso, e questo credo vada a suo vantaggio, perché volontà e motivazione si alimentanto e si accrescono a vicenda. Allora potremmo forse dire, ancora una volta, che la sofferenza non è un male per se stesso come, del resto, non è nemmeno un bene per se stesso; sarebbe un male se Tizio, vivendo pieno di angoscie per i suoi attaccamenti, non sfruttasse tale stato di disagio per compiere uno scatto evolutivo nella propria condotta di vita. Ok, allora, forse, potremmo dire che la sofferenza può anche essere utile in itinere ma che, alla fine di un percorso di crescita, essa va estirpata dalla propria anima. Però poi mi chiedo: ma è davvero alla nostra portata estinguere il focolaio della sofferenza, intesa in un senso globale? Io abito davanti al Policlinico di Roma, e al decimo piano sono tenuti in cura i bambini del reparto di oncologia pediatrica, che spesso ho avuto modo di vedere; per questo io mi chiedo, é possibile che una madre possa smettere di soffrire per la condizione di prostrazione in cui versa il proprio figlio? Certamente se una madre, china sul proprio dolore, si dimenticasse del mondo esterno, inclusi gli altri figli che non riesce più ad accudire ma che ancora, piccolini, hanno bisogno di lei, allora potrei anche pensare che una sorta di attaccamento morboso alla vita, collegato a una mancata accettazione dell’impermamenza delle cose, compresa la stessa vita di suo figlio, si siano installati in lei; ma fatta eccezione per questi eccessi, chi potrebbe biasimare il dolore di una madre che vede suo figlio patire in quel modo? Allora io credo che, molto più realisticamente, ci sia sicuramemte una sofferenza negativa, che scaturisce dagli attaccamenti e dalle paure; d’altra parte, però, non posso fare a meno di notare che esiste, accanto alla prima, anche una sofferenza di compassione, che non si identifica con un becero sentimentalismo, ma che esita invece da un atto di amore, come quello di un padre che si alza ogni giorno alle 5 di mattina e che nonostante la stanchezza, e quindi la sofferenza, intascate le chiavi della propria auto, si fa i suoi bei 70 km per raggiungere la sede di lavoro, e questo solo perché vuole provare a garantire un futuro dignitoso alla propria famiglia.
La mia personale opinione, in conclusione, è che l’amore spesso, anche se non sempre, va a stretto braccio con la sofferenza ( quella “buona” intendo), e che una vita felice non è una vita priva di sofferenza ma una vita carica di “alterità”, di “cuore” e di “valore”, che sa persino soffrire per il dolore degli altri.
Settembre 3rd, 2018 at 5:30 pm
Caro Vincenzo, benvenuto. Con ritardo ho trovato il tempo di leggere il suo commento. Se in futuro volesse di nuovo intervenire tra le pagine di questo blog, le chiedo la cortesia di essere più conciso. L’abitudine, nell’uso del web, è che esso fornisca spunti veloci, da approfondire in altra sede, forse. Gli scritti troppo lunghi rischiano di rimanere non letti. Un saluto, mym
Settembre 27th, 2018 at 10:23 am
Buongiorno.
Scrivo per segnalare che nella sezione ‘Libri on line’, sotto la voce ‘Addio ad Antaiji’ è disponibile il file audio dell’ultimo discorso di Uchiyama Roshi in Antaiji.
La registrazione è stata realizzata da Carlo DM per la voce recitante di Jiso; nella stessa pagina è stata aggiunta anche la versione cartacea dello stesso testo che Jf ha ritradotto dall’originale giapponese nell’estate appena trascorsa.
Settembre 27th, 2018 at 10:34 am
Grazie Doc, è una cosa del tutto nuova, l’audio libro, per il sito della Stella. Poi, la calda voce di JF, rende l’ascolto piacevolmente avvolgente …
😳
Ottobre 1st, 2018 at 2:23 pm
Milioni di kalpa addietro, nella casa dei Buddha e dei Patriarchi, un antico Buddha mi trasmise la dottrina pronunciando le seguenti parole: “Fai il bravo, fai zazen e non rompere le scatole”.
Penso che il testo sulla sofferenza sia chiaro: il pensiero che insegue ciò che desidera è la fonte della sofferenza, invertire la rotta verso il non-pensiero (il “vuoto” da cui il pensiero nasce) è la via buddhista. Metterlo in pratica momento per momento è difficile però la vicenda del peccatore gaudente (@12) ci insegna che la realtà è sempre diversa dalla nostra immaginazione, quindi perché vivere nell’illusione :)))
Ottobre 1st, 2018 at 5:02 pm
Nel non rompere le scatole, mi confidò quell’antico Buddha, è compreso anche non scrivere commenti… 😛
Comunque concordo: se lasci libera la scimmia di far guai… sono guai. Se l’agguanti subito e la lasci scomparire è un’altra storia.
Ottobre 4th, 2018 at 7:47 am
A mio parere, in questo libro la parte più interessante (per chi pratica zazen) è la chiarezza con cui Le Saux parla del ‘monachesimo universale’, quello che con altre parole possiamo definire monachesimo interiore, che fa di ciascuno di noi il proprio monastero e che vede l’istituzione come l’inizio della fine della non appartenenza, e quindi della vera libertà.
Ottobre 23rd, 2018 at 7:25 am
Il sito va e viene (migrazione sulla cloud, dopo la rottura del server, mi dicono in regia) eppoi non vi sono reazioni né al libro di Le Saux né all’audio libro. Approfitto allora per aggiungere una considerazione su un elemento che a me suscita stupore. A p. 184 s. del testo, troviamo: «La venuta di Gesù è stata necessaria per liberare la rivelazione biblica dal suo particolarismo e consentire la fondazione del ‘cattolicesimo’. Ma le radici da cui le Upaniṣad sono venute all’esistenza, sono incomparabilmente più universali di quelle della Bibbia, o persino del Vangelo, perché Gesù è un personaggio storico e senza una relazione con la sua persona che trascenda il tempo non è possibile nessun cristianesimo. I ṛṣi (veggenti vedici) delle Upaniṣad, invece, come anche il Buddha, non hanno una personalità da affermare, né una storia in cui debbano essere collocati. La scoperta del Buddha è la scoperta propria di ciascun uomo; la scoperta dei ṛṣi è alla portata di chiunque voglia davvero dedicarsi alla ricerca interiore e trovare la propria libertà. La scoperta del centro più profondo dell’essere e del sé è una possibilità per ogni coscienza umana; ed è proprio in questa scoperta, e solo in essa, che l’essere umano raggiunge se stesso, qualsiasi sia l’ambiente di provenienza». Non mi piace l’espressione “la scoperta del centro più profondo dell’essere e del sé” perché dà ad intendere sia un centro da scoprire sia una dualità tra l’essere e il sé, però non di questo arguisco. Le Saux era un sacerdote e un monaco cristiano e tale è rimasto sino alla fine. Ora, a meno che non venga relegato tra gli “strani” o tra quelli che in Oriente “hanno flippato”, se mi passate il sessantottismo, penso che i cristiani si dovrebbero confrontare con queste affermazioni. Quantomeno cercare di capirle. Se un buddista di lungo corso, serio e motivato, trascorresse una decina d’anni in una trappa e poi, motivandola, scrivesse la proposizione inversa rispetto all’affermazione di Le Saux, io andrei di corsa a vedere se davvero ha scoperto o’miracolo o … se invece ha solo flippato.
Ottobre 30th, 2018 at 9:28 pm
Buonasera.
Ho visto solamente ora il post, e la ringrazio per l’audiolibro e per la segnalazione del libro di Le Saux
Riguardo alle frasi da lei citate, posso dire di non essere completamente d’accordo. A mio parere l’universalità di una religione dipende dall’essere universale dell’insegnamento proposto. Ora, nonostante Cristo abbia operato in un periodo storico e in uno spazio culturale ben definito, avendo avuto a che fare con i problemi di quel tempo, ciò non vuol dire che il suo insegnamento sia meno universale di quello del Buddha.
E poi, parla del Buddha come di un uomo senza una “personalità da affermare”. Forse sta implicitamente dicendo che Cristo la avesse invece? E quale sarebbe questa personalità ?
È vero che la scoperta del proprio Vero Sé, parafrasando Uchiyama, è a portata di ciascun uomo. Ma forse sta dicendo che gli insegnamenti di Cristo non sono a portata di tutti ma solo per alcuni in particolare?
Non so, me lo sto chiedendo.
Ottobre 31st, 2018 at 6:52 am
Buongiorno Antonino.
Forse prima dovrebbe leggere il libro.
Tenga conto che si può parlare di un tipo di universalità orizzontale (tutti gli uomini respirano) ed una verticale (tutti possono realizzare l’insegnamento del Buddha). Qui si parla soprattutto della seconda.
Una cosa: non è “completamente d’accordo” o “se lo sta chiedendo”?
Novembre 1st, 2018 at 1:19 am
Non ho letto il libro di Le Saux, ma le considerazioni di mym mi hanno fatto venire in mente l’opera di Piero Martinetti che si è occupato ex professo di “monachesimo interiore”, segnatamente della distinzione tra Chiesa invisibile e Chiesa visibile, soprattutto nel suo “Gesù Cristo e il cristianesimo” (cfr p. 815ss). Un libro così bello, profondo e intelligente, che fu sequestrato dalla prefettura lo stesso giorno della pubblicazione, il 3 agosto del 1934, e poi, nel 1937, messo all’indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica. La grave colpa di Martinetti fu quella di aver interpretato il Vangelo entro i limiti della ragione, distinguendo gli elementi magici inseriti nella narrazione per meri scopi propagandistici, come i miracoli o la resurrezione, dagli elementi schiettamente religiosi, e concludendo che uno degli principi della religione di Gesù fu ”la condanna della religione formalistica e farisaica” (ivi p. 861), vale a dire che la Chiesa rappresenta tutto ciò contro cui Gesù predicò.
…
Martinetti, oltre ad essere secondo me il più autorevole commentatore dell’Etica di Spinoza, è stato anche autore di uno studio su il sistema Sankhya; un sistema filosofico che pare essere anteriore al buddismo e che ha molti punti in contatto con quest’ultimo, in particolare con la dottrina del dolore (cfr Il sistema Sankhya, p. 15), ma che a differenza del buddhismo mahāyāna – ma non del buddhismo più antico – considera illusorio ridurre “la realtà a sogno”, giacché “la vita empirica che si svolge attorno a noi e della quale noi siamo parte non è né un miraggio dei sensi, né un’illusione dell’anima, ma è in sé un’assoluta realtà” (p.35); infatti “uno che sogna può credersi sveglio, ma uno che è sveglio sa di non stare sognando e non può dubitarne”.
Comunque la si pensi, Martinetti ha il merito di scrivere in modo chiaro, rendendo comprensibili concetti assai difficili, e, ciò che qui interessa, ha descritto come l’istituzionalizzazione dell’insegnamento di Gesù sia degenerato in un formalismo ipocrita e in una schiavitù spirituale che ha svuotato di energia morale il popolo con gravi ripercussioni sui fondamenti stessi della vita sociale e politica.
Molte delle opere di Martinetti si possono scaricare gratuitamente a questo link:
https://bibliofilosofiamilano.wordpress.com/2014/10/21/le-opere-di-martinetti-digitalizzate-in-digitunito/
Novembre 1st, 2018 at 8:03 am
Ciao HMSX, bentornato.
La metafora dell’uovo: senza il guscio, tuorlo e albume rischiano di disperdersi. Ma poi, quando l’uovo svolge la sua funzione, sia da dentro (pulcino) sia da fuori (frittata), il guscio viene messo da parte. Nel mondo del fenomeno, assolutamente reale seppur relativo, senza forma (istituzione) nulla esiste. Se l’istituzione fosse in grado di fare come il guscio, svolgere la sua funzione e poi svanire, bene. Ma così, di solito, non è.
Un’alternativa è un’istituzione che pare esserci, quindi c’è per quel che serve, ma pare solo, per cui non può essere d’ostacolo perché materialmente non c’è.
Novembre 1st, 2018 at 11:28 am
Mi è salita “l’urgenza espressiva”.
L’altro ieri ho finito di leggere le 21 lezioni per il XXI secolo di Yuval Noah Harari.
Afferma a p. 190 che “Da un punto di vista etico, il monoteismo è stato forse una delle idee più nefaste della storia”; mentre a pag 275 scrive: “Molti ritengono che se una particolare religione o ideologia rappresenta in modo errato la realtà, i suoi seguaci presto o tardi lo scopriranno, perché non potranno competere con i rivali con una visione più chiara delle cose. Ma questo è solo un confortante mito. (…) [Poiché] non solo le nostre identità individuali, ma anche le nostre istituzioni collettive si basano su una narrazione, dubitare della narrazione fa paura. In molte società, chi cerca di farlo viene ostracizzato o perseguitato (…) se in effetti la storia è falsa, allora non ha senso tutto quello che conosciamo del mondo… – e tutto potrebbe crollare.
La maggior parte delle storie è tenuta insieme dal peso del suo tetto piuttosto che dalla solidità delle sue fondamenta. Prendete la narrazione cristiana, per esempio. Poggia su basi molto fragili.(…)
Una volta che l’identità dei singoli e di interi sistemi sociali sono costruiti attorno a una narrazione, diventa impensabile dubitarne non a causa della fragilità delle prove che la sostengono, ma perché il suo collasso innescherebbe un cataclisma individuale e sociale. Nella storia della nostra specie, qualche volta il tetto è più importante delle fondamenta”.
Novembre 1st, 2018 at 11:28 am
La parte che mi ha fatto sobbalzare dalla sedia è a p. 302:
“L’insegnante ci chiese di stare seduti con le gambe incrociate e gli occhi chiusi, e concentrò tutta la nostra attenzione sull’attività di inspirare ed espirare l’aria dalle nostre narici. “Non fate niente” ripeteva “non cercate di controllare il respiro o di respirare in modo particolare. Osservate soltanto la realtà del momento presente, qualunque esso sia. Quando state inspirando, siete solo consapevoli di questo: adesso il respiro sta entrando. Quando state espirando, siete solo consapevoli di questo: adesso il respiro sta uscendo. E quando perdete la concentrazione e la vostra mente comincia a vagare tra i ricordi e le fantasie, siete solo consapevoli di questo: adesso la mia mente ha vagato lontano dal respiro”. Fu la cosa più importante che mi avessero mai detto”.
Be’, non vi ricorda qualcosa?
Fine dell’urgenza espressiva.
Novembre 1st, 2018 at 11:45 am
Quoto interamente Yuval @7, a parte che per la frase “Prendete la narrazione cristiana, per esempio. Poggia su basi molto fragili.(…)”, che a mio parere avrebbe dovuto essere “Prendete la narrazione giudaica, per esempio. Poggia su basi molto fragili.(…)”, il monoteismo occidentale ha le sue attuali basi nel Tanak. Il sistema socio-economico-religioso del cosiddetto ‘mondo avanzato’ è una enorme bubbola che sta in piedi perché il crollo sarebbe devastante; soprattutto per i più abbienti, ovviamente.
In @8 non si capisce chi fosse quell’insegnante.
Novembre 1st, 2018 at 11:52 am
In risposta a Mym:
Diciamo che non riesco ad essere d’accordo su alcune cose e su altre ho dei dubbi (e quindi me lo sto chiedendo).
Che poi, il sistema su cui poggia il mondo occidentale credo sia uno dei più duraturi è diffusi. E se già questo è deboluccio, pensa gl’altri come stanno messi..
Novembre 1st, 2018 at 12:46 pm
Ciao Antonino: con “mondo avanzato” (per quanto vagamente) si intende anche l’Oriente e tutti i Paesi del mondo che viaggiano nel solco della modernità e dell’abbondanza di beni di consumo. È un sistema mondiale, o globale, oramai, che lascia fuori solo chi non ha i quattrini per comprare quei beni, o semplicemente perché non li vuole.
Non è molto antico, come sistema, un secolo o poco più.
Novembre 1st, 2018 at 3:01 pm
Secondo Yuval Noah Harari la narrazione giudaica poggia su basi ancora più fragili di quelle cristiane. È vero che il giudaismo generò il cristianesimo e influenzò la nascita dell’islam, ma Harari stima che nella realtà dei fatti il giudaismo abbia avuto un impatto relativamente modesto sul mondo nel suo complesso. A differenza delle religioni universali come il cristianesimo, l’ islam e il buddismo, il giudaismo è sempre stata la fede di una piccola tribù, sebbene gli ebrei israeliani si considerino il vertice della storia della specie. Nel capitolo intitolato significativamente “Umiltà” fa un bel resoconto sul giudaismo, poiché “è più corretto criticare qualcuno appartenente al proprio popolo invece che gli stranieri” illustrando “quanto siano ridicole queste storie di autoincensamento” lasciando al lettore “il compito di bucare i palloni gonfiati delle loro rispettive tribù”. Etc etc.
L’insegnante di cui @8 è S. N. Goenka.
Novembre 1st, 2018 at 3:22 pm
“Ha dedicato Homo Deus al suo maestro nella meditazione, S. N. Goenka, scrivendo: “To my teacher, S. N. Goenka, who lovingly taught me important things”.” (Fonte Wikipedia)
A proposito di dialogo..
Novembre 1st, 2018 at 3:26 pm
@ 12: grazie per le precisazioni.
L’argomento mi permette di citare ancora Le Saux 208: ‘Se il cristianesimo vuole conservare la sua pretesa di universalità deve accettare la sfida e integrare quell’esperienza [il risveglio] per non ridursi a una setta religiosa particolare, che nella storia sarebbe ricordata per aver provveduto efficacemente per una ventina di secoli alle necessità religiose di un’area del mondo civilizzato’.
Novembre 1st, 2018 at 3:37 pm
@11 ah, capito.
Credo che questo tipo di sistema cadrà semplicemente perché non si può perpetuare in eterno, essendo di per sé poco equilibrato.
Anche se al momento non riesco a visualizzare un’alternativa.
Poi non so fino a che punto questo sistema sia stato causato dalle radici giudaico-cristiane: tra l’incoraggiamento nella Genesi a sfruttare ogni dono di Dio per il beneficio umano al “siamo tutti figli di Dio “ dei Vangeli ne è passata acqua sotto i ponti. Anche se evidentemente il primo “consiglio” è stato preso più in considerazione del secondo.
Novembre 1st, 2018 at 4:56 pm
Cadrà cadrà è sicuro, sentirai chebbotta!
Leggi con più attenzione @7
Novembre 1st, 2018 at 5:02 pm
Buongiorno a tutti, neppure io ho letto il libro di cui se parla, ma vorrei lo stesso proporre qualche riflessione sul brano riportato da mym @2, a mio rischio e pericolo.
A me colpisce soprattutto il fatto che autore sembra dare per scontato che la salvezza, nell’esperienza religiosa cristiana sia equivalente ed avvenga secondo le stesse modalità rispetto a quanto avviene nelle religioni dell’India. Non è così, e lo Swami dovrebbe saperlo, essendo un religioso cattolico. La vita spirituale nel modello cristiano si sviluppa e si articola solo in un contesto comunitario, mai individualmente. Non è mai una conquista della singola persona, e questo per la ragione semplicissima che si presuppone che “il centro dell’essere” dell’uomo non sia interno al singolo, ma che si sviluppi realmente solo nei rapporti interpersonali. Non esiste, nel cristianesimo, un’esperienza religiosa trascendente, precedente o che prescinda da una riformulazione dei rapporti della persona con il resto della comunità. Per questo l’aspetto comunitario, ecclesiale, è assolutamente irrinunciabile e necessario dentro il cristianesimo: senza di esso, non esiste alcuna esperienza religiosa specificamente cristiana; non c’è una liberazione, od un risveglio, antecedente alla condivisione comunitaria, perché in un’ottica cristiana l’esperienza della liberazione è la conseguenza, e non la causa, della comunione. La comunione dei santi va letta nel senso che essi sono santi in quanto sono veramente in comunione, e non che possono essere in comunione perché, già prima. erano santi. Questo fatto penso possa anche spiegare il carattere peculiare dell’opera missionaria cristiana, che punta alla creazione di nuove comunità, di chiese locali, e non semplicemente alla conversione dei singoli. Inclusi, certamente, molti degli aspetti negativi di tale fenomeno. Anche il fatto che il riferimento fondamentale sia la persona storica di Cristo, e non un principio impersonale, od un’esperienza superpersonale attingibile da ciascun uomo individualmente, che lo Swami sembra avvertire come un limite, non è affatto sentito come tale all’interno del percorso religioso cristiano, bensì come un fattore qualificante, senz’altro positivo. E questo perché si ritiene che la storicità e la personalità siano fattori che conferiscono un valore universale all’esperienza religiosa, in quanto aspetti caratteristici dell’uomo in quanto tale, e non dei limiti che la legano ad un’esperienza particolare e non più ripetibile. Lo storicamente determinato non viene avvertito come contrapposto a ciò che è universale ed eternamente valido, perché si suppone che la salvezza avvenga all’interno e nella storia dell’uomo e non a prescindere da essa.
A mio parere, in generale, è un errore metodologico valutare la completezza o meno della religiosità cristiana in quel modo, perché si utilizza un criterio che non le è proprio. Si potrebbe facilmente rovesciare l’argomentazione, e muovere al buddismo la critica – peraltro frequente da parte cristiana, o comunque occidentale- di escludere gli aspetti sociali della vita, di considerare troppo astrattamente l’individuo portando ad un ripiegamento interiore disimpegnato e passivo, o di cadere in uno psicologismo astorico ecc. ecc. Critiche a mio parere sbagliate, lo ripeto, perché nascono dal trasferire su di un esperienza religiosa i criteri propri di un’altra, partendo dall’assioma che “quella” sia la “vera” esperienza religiosa.
Poi, ecco, la santità è in effetti una sola ed identica ovunque. Così come lo sono le manifestazioni del male e dell’egoismo. Anzi queste ultime sono forse ancora più universali, purtroppo.
Un saluto a tutti e buona festa di Ognissanti!
Novembre 1st, 2018 at 5:38 pm
Ciao aa, bentornato. Ti perdono per la lunghezza del commento perché è quel che ci voleva. Non se ne poteva più di darsi ragione l’un l’altro …
Quello che dici è sacrosanto. Chi pensa di avere il metro giusto per misurare la spiritualità, quello più alto o supremo, prima o poi finisce con lo scomunicare -o peggio- chi non la pensa come lui. Però anche nel cristianesimo vi sono asceti eremiti o comunque non legati strettamente alla comunità, è soprattutto ad essi che Le Saux si riferiva.
Il punto di vista di Le Saux è più articolato rispetto ad una critica frontale al “suo” cristianesimo, lo si vede nella citazione che ho riportato da p. 208: parla di ‘sfida’ e pensa che il cristianesimo la possa superare ‘integrando’ il risveglio, quindi senza rinunciare alle sue peculiarità. È un libro su cui l’Autore ha riflettuto molto, riversandovi più di ventanni di esperienza eremitica.
Novembre 2nd, 2018 at 7:27 pm
Ciao mmm; sì ho scritto un bel “muro” di testo, mi scuso. Certamente esistono esperienze eremitiche anche nel Cristianesimo, e sono molto importanti e significative, soprattutto nell’oriente ortodosso. In questi percorsi esistenziali si notano, secondo me, le maggiori affinità con il buddismo, cosa penso abbastanza naturale. Quanto scrivi nel secondo capoverso è molto interessante….mi viene voglia di leggere il libro a questo punto ; )
Novembre 2nd, 2018 at 7:32 pm
Mi sembra opportuno rilevare comunque che come nel cristianesimo si hanno caso di eremitismo così anche nel Buddhismo si hanno casi di comunitarismo. Penso per esempio, a tutto il Mahayana che è nato dalla consapevolezza che la liberazione non è solo possibile per il mondo monacale ma anche per i laici, e di conseguenza nel Mahayana il rapporto con l’Altro diventa imprescindibile
Difatti mi sembra di notare più affinità con il cristianesimo da parte del Mahayana che del Theravada
Novembre 3rd, 2018 at 7:24 pm
Buonasera a Tutti.
Ho letto il testo di Le Saux e accolgo l’invito di mym @18 con quello a leggere due brani tratti dal primo scritto della raccolta, paragrafo 3 “Sannyasa e religione – dharmatita” (che possiamo anche intendere, semplificando, come: la rinuncia… oltre tutti i dharma).
Il primo a pg.66-67.
“Nell’attuale congiuntura storica, mondiale e religiosa, a oriente come a occidente, il senso del mistero sta per essere oscurato ovunque, persino in coloro la cui vocazione speciale è di testimoniare … la presenza, qui e ora, delle realtà ultime… Dimenticano così che la loro funzione primaria è di testimoniare nella società ciò che è veramente sacro – che è oltre ogni forma e definizione”.
Il testo risale al 1973, ma non mi sembra patire l’usura del tempo; forse di ogni tempo.
Il secondo a pg. 69.
(Scil. il rinunciante) “è l’uomo che è passato oltre il regno dei segni, la cui funzione nel mondo è ricordare a tutti e a ciascuno che “tutto è compiuto”… che il tempo delle parabole è passato… che le ombre sono svanite davanti alla realtà … – non che un nuovo rito ha preso il posto di quello antico, ma piuttosto che tutti i segni sono stati trascesi dal passaggio “attraverso il velo”.
Gli omissis sono solo per non farmi rimproverare troppo da mym, ma posso assicurare che, trattandosi di citazioni tecniche dalla tradizione di Le Saux, non inficiano il testo.
Un grazie ai curiosi futuri lettori del maestro.
Novembre 5th, 2018 at 4:35 pm
Ciao Giorgio, grazie per l’apporto.
Come scrivevo sopra, il testo di Le Saux è molto articolato, non lo si può racchiudere in una singola tesi, anche perché non ha (quasi) tesi.
Una domanda che ho posto a un monaco cristiano è stata: “secondo te che cosa è andato a cercare Le Saux?” ovviamente con tutte le implicazioni riguardo a che cosa gli mancava o non sapeva trovare. Purtroppo non ho avuto risposta.
Novembre 5th, 2018 at 5:38 pm
Ricevo una “lettera da un’amica” che vuol rimanere anonima. Ve ne offro sotto alcun stralci in due parti:
Prima parte: Le parole di Henry Le Saux sono “Altissime, Purissime, Levissime” come la Sorgente da cui sgorgano e non stà a lui preoccuparsi delle dighe e dei canali che si trovano a valle. […]
Chissà quante volte Le Saux, da sacerdote, si sarà trovato su un altare a dover spiegare a dei bimbetti che i nostri desideri umani sono un pozzo senza fondo, più li alimentiamo, più cadiamo in basso. L’unico desiderio che ci tiene a galla è «il desiderio di Dio, il desiderio di Colui che è oltre tutte le forme, della Comunione con Uno senza secondo, della gioia che è oltre ogni distinzione fra “chi fa gioire” e “chi gioisce”» (p.26). Il compimento di quest’unico desiderio contiene la realizzazione di tutti gli altri……. di cui ci si può spogliare. Gesù lo dice in più di una circostanza, ma è troppo imbarazzante predicare queste cose da un altare, la gente vuole qualcosa di “confortevole” «Solo quando il cristianesimo perde il suo sapore può mutarsi in una religione confortevole» (p.22)
Novembre 5th, 2018 at 5:39 pm
Seconda parte: [..] lui [Le Saux] era finito in un posto, l’India, dove se vai in giro NUDO non ti ricoverano in un SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura), non ti sedano, non ti affidano ad una psicoterapeuta truccata, coi tacchi alti e ben vestita che ti dice che devi imparare a “realizzare te stesso” prendendo in mano la tua vita e con 3 anni di psicoterapia con 2 sedute a settimana lei ti insegnerà a diventare proprio come lei, perchè tu sei un “un caso difficile” “TU ASSOLUTIZZI TROPPO!!!”
No, per la società indiana se sei un “Sannyāsī” rendi testimonianza dell’unico Assoluto (p.39), la società è pronta a sopperire ai bisogni del Sannyāsī senza chiedergli in cambio nulla se non essere quello che è, i Sannyāsī sono l’offerta del popolo a Dio… «Il “Sannyāsī” è l’espressione esteriore della definitiva libertà interiore dell’uomo, nell’intimo del suo essere, la sua esistenza e la sua testimonianza sono una necessità vitale per una società umana sia secolare che religiosa». […] Il modo in cui Le Saux descrive il rapporto guru-discepolo è semplicemente commovente, è quello che dovrebbe essere e di cui in ambito cristiano non esiste traccia, nelle autobiografie di molti santi cristiani c’è la difficoltà di trovare una guida spirituale degna di questo nome.
Il Cristianesimo ha URGENTE bisogno di ibridarsi con tradizioni religiose che mettano al centro la Via e il rapporto con un maestro. Le Saux dimostra che non solo l’incrocio è possibile ma dà vita a progenie fertile e si perdono solo i caratteri inutili e si fissano i caratteri autentici delle due tradizioni religiose ibridate ……..
O no? È solo il sogno di una genetista matta?
Novembre 7th, 2018 at 6:03 pm
@22 – Pur non essendo monaco, posso azzardare un’ipotesi tratta dall’esperienza di Le Saux quale traspare anche dal suo Diario (attualmente purtroppo esaurito). Credo che l’impulso cogente che lo mosse sia stato profondamente radicato nella sua tradizione: “quaerere deum”, quella “inchiesta amorosa” così cara del resto alla tradizione cavalleresca d’Oltralpe. Leggiamo verso la fine del Diario: “Ho un solo messaggio … Il faccia a faccia con la Morte, con Dio: la totale nudità di questo faccia a faccia … La Grande Morte: la scomparsa dell’essere centrati su se stessi. E’ così semplice: aprire gli occhi. Ah! Il risveglio, e la Ricerca è finita!”
Forse Le Saux realizzò che questa sua ricerca del Maestro non fruttificava nei confini della sua tradizione, che pure aveva assimilato intimamente. Scoprì infine che quel cercare l’altro è invero un farsi trovare dell’altro, e lo scoprì proprio in un luogo (da occidentale pre-conciliare nell’India degli anni ’50) in cui necessariamente doveva diventare straniero a se stesso; e in quello spazio (“la caverna del cuore”) fare l’esperienza unica (ma non privata) del “non io non mio” (così sempre nel Diario).
Novembre 7th, 2018 at 6:11 pm
@24 in fine – Mi sento di aggiungere una recente (di per sé non nuova) riflessione dello storico Luciano Canfora, che, pur non sovrapponendosi alla considerazione della (anonima ma non certo “matta”) genetista, ben si adatta al lato assolutamente rivoluzionario dell’esperienza di Le Saux.
“E poi c’è la grande prova del succedersi delle generazioni: l’esperienza non si trasmette, e tanto meno lo ‘spirito rivoluzionario’, il credere. L’esperienza può solo essere diretta, non raccontata: anche se è sempre giusto e necessario raccontarla”.
Mi verrebbe da dire che la non risposta del monaco interpellato in @22 trova qui una certa qual spiegazione.
Novembre 7th, 2018 at 6:29 pm
Ciao Giorgio. Non è facile seguirti. Né in @25 né in @26. Comincio dalla fine: dare un’eccessiva importanza all’esperienza rischia di far pensare che occorra provare una certa esperienza e poi… fine della storia. Questo, a mio parere, traspare in molte pagine di Le Saux. Anche se, molto importante, “poi” non si è messo a offrirsi come guru, è rimasto nella sua capanna. In @25 il “farsi trovare dell’altro”, che interpreto come “è l’altro che si fa trovare”, va articolato, imho. Non dico far nomi e cognomi, ma dare una traccia di chi/dove sia questo altro sì. Specie nelle ultime pagine del libro, Le Saux mostra bene la visione advaita, e fa scomparire l’altro.
Novembre 8th, 2018 at 7:35 pm
@27 – Giusto mym: il termine “esperienza” patisce troppi fraintendimenti; tuttavia, come fai notare anche tu, nel caso di Le Saux credo possiamo ritenerla nel suo senso letterale; ciò è avvalorato dal fatto che egli considerò sempre e solo Gesù il suo sadguru (o autentico maestro).
Circa il “farsi trovare dell’altro” non possiedo formule (potrei pensare, peggiorando le cose, anche a “svelarsi al di dentro”), immaginando che Le Saux, sempre nella sua tradizione, abbia avuto certezza della parabola del tesoro nascosto nel campo.
Sull’advaita e sulla scomparsa dell’altro ho ancora più dubbi. Osserva, per esempio, Le Saux nel Diario: “Io non dico che l’uomo sia Dio né che Dio sia l’uomo, ma nego che l’uomo più Dio possa fare due”.
In effetti posso solo offrire dubbi, nonostante ami molto Le Saux; e del resto, se no perché sarei qui? 😉
Novembre 8th, 2018 at 7:42 pm
Grazie, interessante il “taglio”. Tuttavia se 1+1 non fa due perché parlare ancora dell’altro?
In senso buddista il problema si risolve, meglio: si espone, più facilmente: avvesi l’ignoranza, ci si risveglia e si vive la non ignoranza. Il linguaggio necessariamente è duale, ma il senso no.
Dicembre 11th, 2018 at 4:02 pm
ho letto tutto e mi sono divertito, non conosco Le Saux e confesso di non avere stimoli nella sua direzione, e penso che sia un mio limite che devo metabolizzare, tuttavia, in modo ludico, mi piacerebbe conoscere al riguardo il pensiero di quel burlone di Kodo Sawaki…ci fosse un medium…attendibile, magari di scuola tibetana. Ciao mym
Dicembre 11th, 2018 at 4:17 pm
Ciao Nello, bentornato.
Se almeno uno si è divertito la troupe ha fatto bene il suo lavoro …
Non so se Sawaki abbia mai preso in seria considerazione il cristianesimo e i suoi epigoni. Non mi pare che nei suoi scritti/detti ve ne sia traccia. Con ogni probabilità, per lui, la storia di Le Saux era un poco troppo scenografica. Il suo detto ‘damatte shiné!’, ovvero ‘crepa e taci’, era molto asciutto rispetto alla poetica del monaco francese.
Dicembre 12th, 2018 at 2:31 pm
Ciao mym,
Curiosità per curiosità, anche a me piacerebbe conoscere come si sarebbe divertito Le Saux sapendo di poter far divertire i suoi quattro lettori.
Se non altro per riconoscere i miei limiti.
Ma forse è meglio pensare che la trama della troupe sia solo un sogno…
Yopparai ne!
E buon 8 dicembre a Tutti 🙂
Dicembre 12th, 2018 at 4:25 pm
Tondemo nai!
Ciao Giorgio,
Le Saux era troppo serio per divertirsi a come si sarebbero divertiti quei quattro se lui si fosse divertito
Buon 8 dicembre? Era proprio buono quel sake! 😮
Gennaio 1st, 2019 at 7:46 am
Buon giorno e buon anno
Un amico mi ha mandato un link con gli auguri proprio ben scritti. Ve li propongo qui.
Comunque, in ogni caso, take care of times, they are a changin’
Gennaio 1st, 2019 at 9:34 am
Augurissimi a tutti.
Ho letto il messaggio augurale della Rinpoche.
Ovviamente, tutto condivisibile e chiaro.
Trovo però nelle tradizioni tibetane una enfasi sulla mente che di fatto si trasforma in una ipostatizzazione della medesima che richiede un lungo processo per essere estinta nella sua operatività dualista. Penso che Sawaki… ha ha ha… no buddazot no party.
Gennaio 1st, 2019 at 12:28 pm
Se il buon giorno si vede dal(la Stella del) Mattino, che incipit regale! La fresca fragolina del nuovo buddazot, continuità e rinnovamento, regala l’indispensabile sapore dell’autoironia al bel plastico augurale della buona amica tibetana. E la voce aspra del compagno Bob si insinua a ricordarci che…
Con un pensiero senza peso e forma rivolto a chi non riesce o non può ancora intravedere il raggio di luce, auguri a tutti.
Gennaio 1st, 2019 at 2:15 pm
Quando sento parlare di raggio di luce… siamo liminali a. .. anche se capisco l’A priori che in questo caso è Augurissimi.
Quindi, Auguri.
Gennaio 1st, 2019 at 4:57 pm
Ciao Nello, buon anno
Oggi sei micidiale …
Comunque concordo 😛
Gennaio 4th, 2019 at 10:46 am
Buon anno a tutti! anche di 4 gennaio.
Complimenti al nuovo Buddazot e ancor più al buon Doc con piña colada.
Gennaio 5th, 2019 at 6:11 pm
Conoscendo Uchiyama solo attraverso le sue parole scritte e quelle dei suoi discepoli, ascoltare il suo discorso attraverso una voce, è stato come avere un incontro personale. E per questo ringrazio.
Lo zazen di Uchiyama soprattutto quello delle sesshin è uno zazen nudo e così essenziale da sembrare ‘duro’ e ‘freddo’ nonché ‘solitario’. Percezione che talvolta non può essere che condivisa. Ma la pratica dello zazen che avverto, dalla vita di Uchiyama prima e dalle sue parole poi, è una pratica calda, che fa affiorare la densità del sangha, di ciò che è la vita di tutti quelli che percorrono la Via indicata dal Buddha Shakyamuni.
Il suo discorso era rivolto ai suoi discepoli. Ma in qualche modo partecipare all’ascolto delle sue parole ci rende parte di essi. Soprattutto se questo ascolto è vivificato dalla pratica di uno zazen senza scopo e senza aspettative come Lui lo ha vissuto.
Unico scopo, o forse meglio è dire direzione o voto, è contribuire a mantenere un luogo di pratica per tutti che coloro che sinceramente vogliono seguire la Via.
E questa direzione è il dono che sento ha fatto Uchiyama ai praticanti lo zazen.
Un saluto a tutti.
Gennaio 5th, 2019 at 6:37 pm
Ciao Marta! Bentornata e buon anno.
Concordo con quello che dici. Ovviamente non possiamo far altro, nel ‘conoscere’ Uchiyama, che basarci sulle sue parole. Parole che da mezzo secolo indicano un percorso pulito, scevro da fronzoli e aggiunte estemporanee. Tuttavia l’importanza principale dell’opera di Uchiyama non è in ciò che ha detto ma in ciò che ha fatto. Sawaki divenne famoso e lo è ancora, molti pensano a lui come a una specie di eroe dello zen. In realtà chi ha fatto il vero lavoro, chi ha ‘varato’ la nave è stato Uchiyama, l’idea fu di Sawaki ma la vita ce la mise Uchiyama. Sawaki ad Antaiji, a parte gli ultimi due anni circa, non c’era quasi mai. Chi tenne in piedi una barca che rischiava di affondare ogni momento, per anni in povertà estrema, fu Uchiyama, prima con l’aiuto di Sodo Yokoyama, poi da solo. Solamente a partire dai primi anni sessanta, quando Antaiji diventò famoso, le cose presero una piega più umana. Prima vi fu solo impegno e silenzio.
Gennaio 13th, 2019 at 3:45 pm
Buongiorno,
dopo circa 3 anni almeno passati a leggere a più riprese due testi che mi piacciono molto scritti da Charlotte Joko Beck, da appena 15/20 giorni ho iniziato a praticare ogni giorno. Altre volte in passato lo avevo fatto ma senza continuità. Io abito in Valle d’Aosta e attualmente non ho poco tempo a disposizione. Cerco però un maestro che possa darmi indicazione sul modo in cui mi siedo. Può per piacere darmi un’indicazione al riguardo? Grazie, cordiali saluti. Valeria
Gennaio 14th, 2019 at 6:10 pm
Buonasera Valeria, benvenuta.
Ad Aosta c’è un piccolo gruppo di persone che si riunisce settimanalmente per fare zazen, può essere che faccia al caso suo. Se vuole le posso dare l’indirizzo del referente del gruppo. Invece per ciò che riguarda la sua richiesta di istruzioni le consiglio di mettersi in contatto con Carlo, del gruppo di Torino, persona esperta alla quale potrà chiedere un appuntamento, a Torino ovviamente, e che penso possa soddisfare tutte le sue esigenze. Se invece le basta avere qualche suggerimento epistolare può scrivere a me: yushinlastelladelmattino.org.
Gennaio 15th, 2019 at 1:03 pm
Buongiorno,
la ringrazio tanto per la risposta. Proverò per prima cosa a contattare il sig. Carlo per un eventuale appuntamento. Cordiali saluti. Valeria.
Gennaio 15th, 2019 at 4:34 pm
D’accordo, in bocca al lupo
mym
Gennaio 16th, 2019 at 4:46 pm
Fatemi anche ridere, Joshu gli direbbe, mettilo giù.
Nello dice, se lo vuoi prendere, è già scappato.
Gennaio 16th, 2019 at 4:56 pm
Be’, farti ridere non è difficile: ce l’hai una specchiera in casa? 😛
Eppoi, mettilo sù, mettilo giù, scappa non scappa, è facile. Prova un po’ a dir che cosa
Ciao Nello, buona vita.
Gennaio 16th, 2019 at 5:02 pm
Mi è chiara l’apertura, che prelude, che induce a elaborare, l’elenchos… pieno di compassione, ma buddazot mi ha attivato la visione ludica e il buon umore.
Gennaio 16th, 2019 at 5:09 pm
Kapperi, elenchos mi mancava.
Los elenchos de los telefonos, suppongo 😳
Gennaio 16th, 2019 at 5:15 pm
Non farti portare fuori. Questo silenzio diventa sempre più rumoroso…
Speriamo non venga fuori Scorsese e la sua favola…
Gennaio 16th, 2019 at 5:22 pm
C’è anche la storiella dei tre monaci che si ritirano in sesshin con l’obbligo del silenzio.
Dopo un mese di ritiro passa un cavallo, dopo un altro mese uno dei tre dice, è passato un cavallo, passa un altro mese e un’altro monaco dice, era bianco. Ancora un altro mese e il terzo che non aveva parlato, dice, siamo venuti qui per fare la sesshin o per fare casino?
Gennaio 18th, 2019 at 1:21 pm
Vi ringrazio per questi scritti (L’altra riva, Il silenzio e il sorriso, Il silenzio nel monachesimo buddhista), mi sono di grande aiuto: mi hanno fatto considerare che stavo perdendomi per strada l’attrezzo di lavoro principale, il contegno.
Parole chiare (al di là di lacune personali) e con un programma di lavoro niente male che, in confronto, l’aver appreso a non far impolverare lo zafu è stata una passeggiata di salute.
Grazie.
Gennaio 19th, 2019 at 10:23 am
Bene. Tieni conto, svp, che il contegno va bene se contenuto e contenitore coincidono.
Gennaio 19th, 2019 at 10:33 am
OT.
A volte si dice o si sente dire che lo zazen non serve a nulla, che la via buddista non ha alcun risultato tangibile. Vero. Tuttavia esiste l’altra faccia della medaglia, quella splendidamente riassunta da un amico con: ‘la rete a maglie strette: reddito di cittadinanza, poi lavoro, con fidanzata incinta che la domenica ti trascina all’Ikea’.
Se volete vedere davvero a che cosa ‘serve’ lo zazen, vi consiglio di guardare il film documentario intitolato Samsara che trovate in questa pagina in prima posizione, per ora. È un po’ lungo (un’ora e 42 minuti) ma non ha una trama, lo potete vedere anche poco alla volta.
Gennaio 19th, 2019 at 8:23 pm
OT.
Ogni tanto ci vuole rammentarsi che è qui che esistiamo.
Io però consiglio di guardarlo tutto di fila, anche se non ha una trama il montaggio segue un filo e una sua consecutio temporum. E poi, nell’attesa che i navigators ci trovino un lavoro e mentre la fidanzata sfoglia il catalogo dell’Ikea, un paio d’ore libere sul divano ce le avremo pure…
Gennaio 20th, 2019 at 8:57 am
Mi fa piacere che Yushin abbia trovato qualcuno che abbia smentito il suo pessimismo. Mi sono detta: «Per essere riuscito in una impresa così dev’essere proprio bravo…. vediamo cosa scrive…» Effettivamente non delude.
A me è piaciuto il passaggio in cui scrive: «Non si deve dimenticare, inoltre, che la “retta parola” è una delle otto vie di cui si compone l’ottuplice sentiero che conduce alla liberazione: essa è una parola liberante sé e gli altri, una parola armoniosa che evita la menzogna, la maldicenza, l’ingiuria e i vaniloqui. Essa è una parola “paziente”, che nasce dal silenzio interiore e crea il silenzio attorno a sé, che mette a tacere ogni maldicenza, antidoto al “veleno [che sprizza] dalle parole dei malvagi”, è “stagione delle piogge che spegne l’arsura della rabbia”, è “essenza di ogni natura dotata di profondità”»
Il mio pessimismo è ancora più profondo di quello di Yushin: Escrivà nel suo Cammino (pensiero 910) scrive:«Tutto questo – il tuo ideale, la tua vocazione – è …..una pazzia. – E gli altri- i tuoi amici, i tuoi fratelli – pazzi anche loro…. Non hai sentito, qualche volta, questo grido nel più profondo di te? – Rispondi con decisione che ringrazi Dio per l’onore di appartenere al “manicomio”»
Per quanto i “Matti” si possano sforzare di parlare della Follia in modo accurato, forbito, profondo….., la fila per entrare nel “manicomio” non c’è mai stata né mai ci sarà.
Gennaio 20th, 2019 at 10:23 am
Ciao br1, bentornata.
Grazie per essere tornata al ‘tema’. No, la fila, quando c’è, normalmente è indice di qualche cosa che non funziona.
Gennaio 20th, 2019 at 4:37 pm
Non sono sicuro che la musica sia il peccato di gola dell’anima. E non so che cosa sia il buddhismo, però alcuni grandi musicisti si definiscono buddhisti o si lasciano ispirare dal buddhismo: specialmente Wayne Shorter, Sonny Rollins e Herbie Hancock. I monaci Komuso praticavano lo zen insieme allo shakuhachi, e pare che lo stesso Shakyamuni fosse un ottimo musicista. In India lo studio dei raga è una via del Dharma: il Suono – dicono – è Brahma. Schopenhauer vedeva in questa parola qualcosa di primordialmente nefasto, perché foneticamente identica a Brama, il desiderio; però sia nella musica indiana sia in alcune forme di buddhismo mahayana che parlano di identità tra desideri e illuminazione, questa “brama” è qualcosa di buono che ci conduce al Risveglio, veicolata dal mantra o dalla musica (va ricordato che sempre i monaci Komuso sostituivano la recita dei Sutra normalmente prescritti con la pratica musicale). E anche Keith Jarrett parla della sua musica come di un “desiderio feroce”.
Gennaio 20th, 2019 at 5:12 pm
Ciao Ziran, ben venuto.
Come sai ci sono vari livelli di interpretare o vivere il buddismo. Solitamente da queste parti (ovvero in questo blog) ne parliamo riferendoci soprattutto allo zazen. Come fa notare anche Daichi roshi nella sua lettera (la trovi pubblicata qui https://www.lastelladelmattino.org/12060) a p. 3, soprattutto se una canzone è orecchiabile o la ascolti molte volte, quando poi ti siedi sul cuscino, comincia a tornarti in mente una, mille volte, portandoti a spasso nelle situazioni più disparate. Ecco il senso di ‘peccato di gola dell’anima’. Certo questo non è solo appannaggio della musica, anche il teatro o il cinema hanno gli stessi effetti.
Gennaio 20th, 2019 at 11:52 pm
Quando leggo un testo così bello e curato l’unica cosa che cerco di fare è cambiare qualcosa nella mia vita, in questo caso imparare a stare un po’ più in silenzio, non parlo di silenzio esteriore ma di quello interno, ben più complesso da placare. Grazie Matteo da Bose!
Tuttavia la mia indole di peccatore mi porta a commentare.
“Lo zazen non serve a nulla” l’ho sentito dire da uno vicino Parma, ancora non conoscevo la Stella, penso l’abbia detto semplicemente per rimarcare le sue “origini spirituali” mentre Sawaki Roshi credo lo dicesse per proteggere e tenere lontano lo zazen proprio da quelli che volevano usarlo come merce di scambio nel mondo.
Sfogliare il catalogo ikea non crea molti problemi, ma mi asterrei dal pubblicizzarlo qui in mondovisione, perché da lì, è breve il passo a chiedersi: quale salotto mi caratterizza come persona?
Gennaio 21st, 2019 at 7:56 am
Ciao Christian, bentornato
È proprio difficile dire a che cosa serva lo zazen.
Imparare il silenzio è la via di chi lo sa.
Gennaio 21st, 2019 at 8:30 am
Ho guardato il video “Samsara”, la scena che mi ha colpita è stata quella dei prigionieri che ballavano sotto lo sguardo della direttrice del carcere. Mi ha richiamato alla mente un’altra scena letta sul “Manicomio chimico” di Pietro Cipriano in cui un bipolare ricoverato in SPDC in stato maniacale viene legato al letto e gli infermieri, per sentirsi un pò meno in colpa per averlo legato, cantano con lui “una vita spericolata di Vasco Rossi”. Cipriani conclude il capitolo dicendo che questa scena grottesca (vedere camici e divise cantare intorno al letto di tortura) è la quintessenza del manicomio.
A differenza delle epoche passate e delle civiltà primitive oggi il samsara è autoreferenziale: devi vivere sulla giostra e devi essere felice!!
Gennaio 21st, 2019 at 9:26 am
Da un lato dover vivere sulla giostra ed essere felice è una visuale tragica, senza uscita. Dall’altro lato è … l’uscita.
Non liberi da ma liberi in.
Gennaio 21st, 2019 at 10:07 am
Va be va, m’hai fregata un’altra volta!
Non mi resta che cantare legata al letto:”Voglio una vita spericolata, voglio una vita fatta fatta così, voglio una vita esagerata di quelle che non dormi mai……..Voglio una vita, vedrai che Vita vedrai!! “
Gennaio 21st, 2019 at 10:31 am
Piaccia o non piaccia è proprio così.
Che sia difficile e, soprattutto, non auspicabile, è fuor di dubbio.
Però, è possibile porsi un quesito: meglio mazziati cornuti e felici o …?
Per rimanere sul classico, se si considerano Le Jataka-Vite precedenti del Buddha, l’insegnamento che se ne trae è quello: se ti fanno a pezzi la situazione è già abbastanza compromessa, non peggiorarla preoccupandoti, disperandoti o recriminando.
Gennaio 21st, 2019 at 11:34 am
Allora proviamo a cambiare canzone: “Liberi liberi siamo noi, però liberi da che cosa?
Chissà cos’è…..” Dovrò imparare a cantare senza recriminare.
Buona giornata
Gennaio 21st, 2019 at 8:30 pm
Si, le canzoni sono emozioni con un enorme potere adesivo… e quando entrano e “cantano da sole” poi serve un duro lavoro per farle uscire. Tra i musicisti buddhisti vanno messi anche Leonard Cohen e Gary Peacock. Quest’ultimo dice che il suo amico Jarrett (sopra citato) pur non praticando lo zen, è più zen di lui, che fa zazen (pratica che ha rivoluzionato il suo approccio alla musica), forse proprio a causa di questo “desiderio feroce” che lo porta ad entrare totalmente e spontaneamente in ciò che fa: un maestro zen che non conosce lo zen. Credo che lo stesso possa valere per John Coltrane, furioso ma profondo e pacifico, e per chissà quanti altri. Le vie del… Dhamma sono infinite.
Gennaio 23rd, 2019 at 3:46 pm
Ho visto questo film e dice quello che un po’ tutti sappiamo. All’inizio mi ha ricordato la poetica di Leopardi. Ho notato che alla Mecca attorno alla loro pietra girano in senso antiorario, un aspetto di quel culto ulteriormente chiarificatore. Qual è l’associazione al tema del post? Confesso che a me il film non mi ha convinto perché nel voler rifuggire da una qualsiasi filologia ne stabilisce una sua che non dà alcuna indicazione concreta e direttamente perseguibile
Gennaio 23rd, 2019 at 4:10 pm
L’associazione al tema del post non c’è, tanto è vero che il commento nel quale lo segnalavo l’ho intitolato OT
Rifugge, non dà ma stabilisce. Interessante equilibrismo. Penso che il regista sarebbe lusingato nel conoscere il tuo commento.
Gennaio 23rd, 2019 at 7:00 pm
Complimenti all’autore per il bell’articolo. Sto studiando il Buddismo perchè vorrei realizzare delle opere di pittura ispirate a questo tema e ho trovato l’articolo di grande ispirazione!
Gennaio 23rd, 2019 at 7:39 pm
Benvenuto Elvis,
Grazie. Il merito sta solo nella pazienza di reperire i testi adatti: ero completamente a digiuno del soggetto
Gennaio 23rd, 2019 at 8:30 pm
Se fai un film del genere dovresti almeno indicare quali sono diciamo le dieci aziende più pericolose per il pianeta, tipo:
1 Monsanto
2 Bayer…
Dare delle indicazioni concrete con dati certi sui principali pericoli per tutti e a chi li dobbiamo. E ‘ chiaro che non sarebbero risolutori ma offrirebbero alcune indicazioni concrete su come orientare i propri acquisti responsabilizzandoli.
Gennaio 24th, 2019 at 6:48 am
Però, poi, non lo chiami Samsara ma Programma politico
Gennaio 24th, 2019 at 4:36 pm
Non vedo un pericolo nel sostenere o proporre un programma sociale che ognuno di qualsiasi tendenza politica non potrebbe sottoscrivere. Se dici no agli organismi geneticamente modificati la maggioranza, aldilà della politica, capirebbe. Siamo maturi per questo in Europa e abbiamo il modello svizzero che è il più democratico al mondo.
Gennaio 26th, 2019 at 8:11 am
Ieri lo studente (bravo) di lettere classiche Mauro Aresu ha pubblicato su unaparolaalgiorno.it l’etimologia e il commento di un’altra parola sanscrita di uso comune, come fa a venerdì alterni.
Questa volta era il turno di “maṇḍala”
Il film Samsara che Yushin ci ha suggerito di guardare per trarre indicazioni “sull’utilità” dello zazen, ruotava intorno alla realizzazione di un mandala raffigurante la ruota del dharma. Quando l’opera è conclusa, dopo mesi di meticoloso lavoro, i monaci lo contemplano per poi disfarlo incidendoci sopra le croci del dharma.
Sulla scena conclusiva del deserto mi sono detta:” ecco, adesso fatti la domanda e datti una risposta: a cosa serve lo zazen? a niente! …. ho riso in silenzio.”
Buona giornata
Gennaio 26th, 2019 at 9:28 am
Un filo di discernimento, però, non guasta.
Quando si dice che non serve a nulla lo si fa per eliminare la possibilità che lo zazen lo si faccia con uno scopo. Che trasformerebbe lo zazen in una tecnica per ottenere XXX, ammesso che in quel modo lo si ottenga.
Però non è vero che non serva a nulla.
Gennaio 30th, 2019 at 3:26 pm
A volte mi ritrovo ad essere un po’ triste quando mi accorgo di non saper dire perchè faccio zazen. Sono fortunata nel poter frequentare un centro dove le persone praticano con una certa assiduità. ma pur nella consapevolezza che ognuno ha la sua pratica rimango a volte perplessa quando, magari parlando di un ritiro o di una attività che comporta un certo impegno, ci sono commenti del tipo “Eh non posso, bisogna pur vivere!”
oppure “In quei giorni sono in ferie!”
Quando succede questo, mi chiedo in che modo sia conciliabile la vita “mondana” con la pratica dello zen.
Sarà forse un mio problema, ma, al di là del tempo materiale e delle condizioni logistiche, non riesco a ‘vivere lo zazen’ all’interno di giornate in cui coesistono tv, varie relazioni sociali, shopping, visite a città, ecc ecc.
Associare una vita improntata alla pratica dello zazen, al moderno stile di vita mi è difficilmente comprensibile..
Ma, come ripeto, può essere che sia semplicemente una questione individuale….
Gennaio 30th, 2019 at 5:09 pm
Ciao Marta,
Quello che poni è un problema grande come … la vita. «‘Vivere lo zazen’ all’interno di giornate in cui coesistono tv, varie relazioni sociali, shopping, visite a città, ecc ecc.» non è possibile. Certo, non c’è nulla di male in nessuna di quelle attività. È quello che, più o meno, tutti facciamo. Già: più o meno. Vi sono atti della giornata che sono indispensabili nella sopravvivenza e solo per quello vengono compiuti, altri che invece vengono compiuti perché in quelli ‘mettiamo’ la nostra vita. Dovrebbe essere che questi ultimi riguardassero solo lo zazen e ciò che ad esso è inerente. Ma nessuno è perfetto e perciò ci complichiamo la vita. Il punto base è che lo zazen, meglio: il suo tempo, dovrebbe essere il perno attorno al quale ruota tutto. Quindi non può essere che quel giorno non ci possiamo sedere perché abbiamo ‘altro da fare’. Se zz è il perno, è quel ‘altro’ che non ci sarà o verrà rimandato. Asciugare la nostra vita sino al limite, questo permette uno zazen molto diverso. Il perché è semplice: è impossibile sedersi senza portare con noi le mille cose in cui ci coinvolgiamo nelle altre 23,5 ore. Se le cose non sono più mille ma molte e molte di meno, avviene il processo inverso: è impossibile viverle senza portare con noi lo zz, perché quello è il perno della nostra vita e irradia tutto.
Gennaio 30th, 2019 at 5:33 pm
Ti ringrazio di cuore per la tua risposta.
Gennaio 31st, 2019 at 3:29 pm
27-Ciao Marta,mi sembra “bello” questo non saper dire il perchè si fa zazen,a me apparirebbe triste il contrario.
Febbraio 1st, 2019 at 5:21 pm
Ciao Sandro, forse hai ragione. Diciamo che la tristezza nasce, talvolta, quando vieni un po’ additata come ‘esagerata’ nel modo di vivere la pratica. Allora vorresti spiegare ‘perchè’ è così importante ma le parole talvolta aumentano la confusione. E allora è lasciar perdere…
Febbraio 1st, 2019 at 5:51 pm
Ciao Sandro, bentornato.
La precisazione di Marta mi pare opportuna. Per quanto difficile sia spiegare il perché dello zz, questo non mi lascia triste. Qualche volta sono un poco triste se qualcuno si arrabatta in problemi inutili e non considera l’opportunità dello zz, pur avendone la possibilità a portata di … cuscino.
Febbraio 1st, 2019 at 9:55 pm
31-Sono d’accordo con il lasciar perdere…..
Credo che il rapporto con lo zz sia molto intimo e personale,anche per questo difficile da spiegare o comunicare.Buona pratica
Febbraio 1st, 2019 at 10:26 pm
Ciao Yushin.
Ho passato parecchi anni ad arrabbattarmi in problemi “inutili” prima di realizzare che la possibilità era a portata di cuscino.Poi ho iniziato a sedermi,e continuato ad arrabattarmi.😊
Febbraio 1st, 2019 at 10:41 pm
Se un’amica intima mi chiede che cos’è lo zazen e perchè lo faccio rispondo che è il mio modo per “tenere il cuore dov’è il mio”…..cuscino, se me lo dovesse chiedere un estraneo direi che è una forma di psicoterapia per liberarsi dalle nevrosi.
Direi che non ho difficoltà a definire lo zazen ma ho molta difficoltà a definire “zazen” i 20 minuti al giorno che passo guardando il muro e pensando, grosso modo, ai fatti miei.
Febbraio 2nd, 2019 at 7:54 am
@33: Lasciar perdere va bene, con noi stessi. È la norma. Che sia un rapporto intimo è fuor di dubbio. Tuttavia, almeno per un’elementare forma di cortesia, alle domande occorre rispondere. Tacere con l’aria di chi la sa lunga … meglio di no.
@34: Arrabattarsi perché voglio questo e quello è un modo, arrabattarsi per lasciar svanire quel ‘voglio’ è un altro modo. La differenza apparente è minima. La differenza profonda è incalcolabile.
@35: Proprio in quel ‘grosso modo’ c’è il motivo per cui puoi chiamarlo zz.
Quando parli a quell’estraneo meglio che tu dica: “per liberarsi anche dalle nevrosi”, altrimenti sembra un’altra cosa.
Non è che 20 minuti siano pochi, per carità, però se arrivi a 25: meglio.
Febbraio 2nd, 2019 at 8:36 am
Per ora nessun estraneo mi ha chiesto che cos’è lo zazen, nell’eventualità terrò presente. La definizione non era mia era di un certo “Giulio Cesare Giacobbe” ed era riferita alla meditazione vipassana.
Vada per i 25 minuti di “pensare, grosso modo, ai fatti miei”.
Da tempo ho deciso di sospendere il giudizio sul mio zz per almeno 10 anni, poi farò un rapido test e protrarrò la sospensione del giudizio per i successivi 10 anni: arriverà un giorno in cui, d’improvviso, mi riuscirà proprio bene. La data di quel giorno la farò incidere su una lapide affianco alla mia data di nascita!
Febbraio 2nd, 2019 at 9:39 am
Non vorrei sembrar polemico, tuttavia è abbastanza facile (guardando ‘gli altri’ è tutto più facile …) arguire che le problematiche cui accenni nascono dal fatto che hai una meta, un modello al quale lo zz dovrebbe corrispondere affinché ‘riesca’ bene. Se fai quel che va fatto va già bene.
Sì, si può supporre che ‘quel giorno’ (da quel giorno?) lo zz riesca bene. Ma la logica dice il contrario: quando verranno a mancare forze e strumenti la situazione non sarà certo più favorevole. Altrimenti, invece di rompersi le gambe davanti al muro, basterebbe aspettare e, a tempo debito, tutto sarebbe risolto.
È un po’ la teoria delle dottrine teiste: da quel momento in poi ci pensa Lui e alé: tutti in paradiso, con la scusa che è infinitamente buono.
Febbraio 2nd, 2019 at 9:45 am
36-@33: Il mio lasciar perdere era riferito al fatto di essere additata come ‘esagerata’,e ai vari giudizi altrui.
Sono d’accordissimo sulla cortesia,anche se sarei in difficoltà a dover spiegare qualcosa sullo zz,ma di persone che fanno domande ce ne sono ben poche.Pazienza,oggi piove,domani c’è il sole,si sta con quello che c’è.
Febbraio 2nd, 2019 at 10:17 am
“Se fai ciò che va fatto…..”, la domanda che rischia di invalidare il processo è “oggi ho fatto quello che andava fatto?”
Per continuare a pedalare ho imparato a non chiedermelo più.
Gianna ha fatto la prima confessione: “mamma devo imparare la “poesia”: ….. infinitamente buono e degno di essere amato….”
Febbraio 2nd, 2019 at 10:36 am
Hai ragione: ‘fare ciò che va fatto’ è inutilmente sibillino. Però se sai che stai pensando ai fatti tuoi ne hai già fatto metà e se, allora, anche per poco lasci perdere i fatti tuoi: fatto!
Febbraio 2nd, 2019 at 11:15 am
Ok, Grazie, Buon fine settimana .
Febbraio 2nd, 2019 at 11:26 am
Cumme se fa a da’ turmient all’anima ca vo vvula’ – cantava l’ottima Mia Martini
Febbraio 2nd, 2019 at 11:35 am
Mia ha inciampato (e l’hanno fatta inciampare) in modo molto doloroso con i tormenti dell’anima, poveraccia. È uno dei casi in cui, non sapendo dello zz (o volendo ignorarlo) per sfuggire l’incendio si corre dalla parte sbagliata: dalla padella nella brace.
Non è pessimismo, ma i voli dell’anima solitamente lasciano macerie.
Anche se pare profondamente ingiusto.
Febbraio 21st, 2019 at 11:14 am
Buongiorno,
un paio di domande ben lontane dal valore individuale di cui sopra:
1) ho provato a procurarmi il libro “Intelligenza volse a settentrione…” ma non ci sono riuscito (mondadori, amazon etc) mi potreste indicare come fare?
2) Ho letto molte delle cose presenti in questo bellissimo sito, ho letto (quasi finito di) i due tomi del maestro MYM sul buddismo mahayana, pratico zazen da qualche mese, alcune domande mi sorgono spontanee alla mente (cittamatra… :-), dato che richiedono un’articolazione un pò più complessa che “cala la pasta, chè sto arrivando”, in quale settore (thread?) del sito potrei postarle? Lo chiedo perchè il maestro MYM mi ha già bacchettato una volta per aver postato un intervento nel posto sbagliato, e perchè sono disperatamente ignorante in queste cose di internet.
Grazie a tutti del vostro lavoro
GASSHO
Febbraio 21st, 2019 at 12:00 pm
Buongiorno Gaetano. Il maestro MYM è recentemente scomparso -mai sufficientemente compianto- ed avendone ereditate le sembianze le rispondo.
1) Il libro in questione è esaurito. Forse lo trova di seconda mano. Prima o poi ne faremo una versione digitale, ma il tempo non solo non esiste: vola via senza alcun ritegno, per cui non so dirle quando. Può trovarlo però in queste biblioteche.
2) Grazie per i complimenti al sito: la troupe è di prim’ordine; vista l’età media non so quanto durerà ancora ma, al momento, hic manebimus optime.
Visto che ci troviamo già qui e, penso, non disturberemo nessuno, potrebbe postare qui le sue domande. Le chiedo la cortesia di avere come obiettivo di contenere la sua facondia nelle 500 battute a post. Per ciascuna domanda non penso costituisca un problema. Che cosa ne dice?
Febbraio 23rd, 2019 at 6:14 pm
Buonasera MYM, ne dico che sarebbe perfetto. Cercherò di fare della stringatezza la mia cifra stilistica, ammesso che possa avere una “cifra stilistica”. Pratico da 9 mesi (un tempo ridicolo, lo so) e in questo tempo leggere te ed altre cose da questo sito ha costituito per me quanto di più vicino ci fosse ad una trasmissione “cuore a cuore” – anche se so che non è così – quindi faccio fatica a non chiamarti maestro (nel senso che dai a questo termine ne “La via maestra”). Essendo però venuto a conoscenza, con grande cordoglio, della dipartita del maestro MYM mi rivolgerò a te, che ne hai preso il sembiante terreno.
Come detto poc’anzi pratico da molto poco tempo, ma un pO’ per la mia natura, un pO’ per essermi “formato” a una certa scuola mi faccio delle domande. Mi rendo conto che un contenuto di portata immensa come la Via della liberazione del Buddha debba avere un contenitore, delle liturgie, dei riti, capisco che questa pratica ci sia arrivata dall’estremo Oriente, dal Giappone e che è arrivata in Occidente da meno di un secolo (anche questo un tempo ridottissimo per una inculturazione, anche se viviamo nei tempi di internet), ma sarà sempre così? C’è un tathagatagarbha (predona gli errori ortografici, le mie conoscenze di sanscrito sono debolucce) in Occidente che sta germogliando? Quali segni ne vedi? Per entrare nel particolare: ho imparato a recitare decorosamente il Maka Hannya, il Daishin Darani, lo Shiguseigan e mi piace anche, ma non riesco a non chiedermi a che cosa serva recitarlo in giapponese antico (l’ho dato da leggere a una signora giapponese, ma, pur avendo capito che si trattava di un sutra – pensava fosse una cosa della Soka Gakkai – non ne capiva il significato). Il “Prajna Paramita Hrdaya Sutra” ha un significato profondissimo (ho letto anche Conze, anche se l’ho trovato un po’ indigesto, forse dovevo leggerlo dopo i due volumi sul buddismo mahayana) ma che effetto ha su di me recitarlo in giapponese antico. Secondo una mia cara amica, che è stata allieva di Daido Strumia, è un “esercizio di respirazione”, potrebbe avere un significato mantrico? Come il “nam yoho renge kyo” della soka gakkai? Una domenica io e i miei amici del Dojo di Vercelli siamo andati al tempio di Fudenji, dal maestro Guareschi e caso volle che quella domenica cadesse la commemorazione di Bodhidharma; abbiamo partecipato nella sala del Dharma a una cerimonia molto lunga, complessa e senza dubbio affascinante. Ma quei paramenti, quelle movenze, non sono nostre, provengono da una cultura, da una storia interessante quanto si vuole, ma profondamente “altra”. Insomma, dove comincia il buddismo, la Via di liberazione dalla sofferenza, e dove finisce il giapponesimo? Forse contenitore e contenuto non possono più di tanto fondersi, se no perdono la loro funzione, la loro efficacia, o forse la mia visione è troppo dualistica. La pantomima è indispensabile? E quando diventa pantomima?
Senz’altro saranno temi già trattati, ma nelle mie peregrinazioni nel sito non li ho trovati, magari mi potrai dire dove trovare le riposte.
Sembrano tante le domande ma in fondo è una sola 🙂
Non so se sono riuscito a stare dentro le 500 battute, non vedo una contatore da nessuna parte, spero solo di non aver abusato della tua pazienza.
Almeno stavolta non ho scritto parolacce… 🙂
GASSHO
Febbraio 23rd, 2019 at 6:19 pm
Mannaggia! Vistolo pubblicato il post, temo di aver fallito miseramente il mio intento di stringatezza.
Scusa, MYM
GASSHO
Febbraio 23rd, 2019 at 6:52 pm
Caro Gaetano, se ‘stringatezza’ è il tuo obiettivo e questo è il risultato: il senso della parola è letteralmente esploso.
Dici che pratichi, ma da quello che scrivi non si capisce che cosa pratichi. Te lo chiedo: che cosa pratichi?
E poi: perché mi chiedi delle liturgie, dei riti arrivati dall’estremo Oriente, dal Giappone? Hai trovato in questo sito, o nei testi che consigliamo o scriviamo, indicazioni a seguire quei riti? Il tathāgatagarbha non è qualche cosa che esiste e germoglia collettivamente. È la tua, mia, nostra possibilità di praticare proprio come il Buddha. Uomini, donne come lui, destinati al risveglio se percorriamo la strada che porta al risveglio, perché abbiamo in noi quella capacità. Come quella di correre, dormire o mangiare. Ma senza correre non c’è corsa, senza dormire non c’è sonno, senza mangiare … pancia vuota. E ciascuna delle tre ha il suo modo. Non so perché hai imparato a recitare decorosamente il Maka Hannya, il Daishin Darani, lo Shiguseigan. Ho dato (hai trovato qui) indicazioni in tal senso? Le persone fanno le cose più strane, anche (soprattutto?) tra coloro che si dicono buddisti, ma …
Il buddismo inizia nell’istante in cui chiedi come praticarlo. Vive se ci provi. Ma non tutte le cose che si praticano in ambienti che si dicono buddisti sono la pratica del buddismo. Forse è bene chiedere in quegli ambienti perché indicano, consigliano certe pratiche. Io non l’ho mai fatto e neppure, mi pare, troverai indicazioni in tal senso qui o nei libri che consigliamo o scriviamo. Sulla pantomima (se la nomini lo sai, quindi ho il sospetto che stai -un poco- celiando) ho già scritto, ritengo sia chiaro che cosa ne penso.
Un consiglio l’avrei, se me lo permetti: fermati, metti da parte ciò che non è indispensabile e poi prova a dirmi che cosa vuoi.
La qualità delle parole è più importante del loro numero.
Febbraio 24th, 2019 at 5:40 pm
Caro MYM, pratico zazen. Quello che ho letto del buddismo, in particolare del buddismo zen, mi conferma che vi è una pratica che può dissolvere il dukkha, può spuntare il pungiglione della vita (non sono parole mie 🙂 ). E quindi seguo questa Via, pratico questa pratica, con tutte le incertezze del caso. Oltre a sedermi in zazen ogni giorno, una sera alla settimana vado al Dojo di Vercelli, lì si accende l’incenso ci si muove come hai descritto tu in un post sulla pratica e poi si fa zazen, kinhin, un secondo tempo di zazen e si recita il Maka Hannya, il Daishin Darani (a volte) Shiguseigan e Fueko. I più anziani della Via vestono il kimono e il takkesa (sono ordinati bodhisattva). Credevo sinceramente che questa fosse la norma per qualsiasi Dojo Zen. Così non è, quindi. Ora, vestire il kimono, recitare il sutra del cuore e i voti del bodhisattva in giapponese antico è funzionale al mio percorrere la Via, alla mia pratica o fa parte della pantomima? Non v’è alcuna celia, ho letto il post della pantomima, volevo sapere se le pratiche di cui sopra ne fanno parte. Poi, per restare nel mio Sangha, posso anche recitare qualche verso in giapponese antico, non ci vedo nulla di male, ma vorrei capire quel che sto facendo.
La sottodomanda è se una inculturazione occidentale del buddismo mahayana è già iniziata, se sì che forme ha, oppure se è ancora molto di là da venire.
Ho provato a contare le battute ma proprio non so come si fa, però stavolta mi sembra di aver fatto meno casino.
Grazie per la tua pazienza.
GASSHO
Febbraio 24th, 2019 at 5:54 pm
PS: il post sulla pantomima finiva così: “…cercando tenacemente il confronto con chi ha più esperienza.”
Ancora grazie
GASSHO
Febbraio 24th, 2019 at 6:40 pm
L’intreccio s’infittisce.
Spostiamo in un ‘luogo’ privato il seguito della nostra conversazione.
Aprile 7th, 2019 at 10:07 am
Io so perché faccio zazen – faccio zazen perché sento di essere contemporaneo alla fine del mondo. Quando “il nostro mondo più funesto apparirà”, voglio essere pronto e restare calmo. Se invece non assisterò alla visione devastante, avrò comunque tratto un grande beneficio: l’edificazione di uno spesso muro spirituale in grado di proteggermi dallo stupidario odierno.
Siccome aspetto a cuor leggero la catastrofe, non ho paura di niente, manco del ridicolo, quindi posto questo haiku:
bizzoso sole
sorriso e silenzio
piove in testa
Ho letto Henry Le Saux. Provo a farlo a pezzi.
Aprile 7th, 2019 at 10:08 am
Credo che Henri Le Saux sia una vittima molto istruttiva dei guasti del cristianesimo. Forse un cristiano che non voleva esserlo. Sebbene il suo misticismo sia grandioso, una vera miniera d’oro, il misticismo, in generale, resta un grave problema perché è incapace di farci comprendere Dio(*).
Il rischio è che il misticismo ci parli alla fine solo di noi stessi, di un noi stessi misterioso e delle nostre radici ramificate nell’essere, ma non spieghi “come stanno le cose”. E le cose stanno che Gesù è sì l’amore, ma non la Via, né la Verità, ed è quello che conta.
Bisogna infatti coraggiosamente guardare in faccia la realtà e valutarla per quel che essa è, non stravolgerla. La divinità non è quella che siamo abituati a figurarci, congegnata a nostro uso e consumo: il regno della bontà e dell’amore di cui siamo inondati dal padre celeste; bensì il regno della potenza e dell’onnipotenza della natura che risplende in tutte le cose – dunque il regno dell’onnipotenza di un Dio non antropomorfizzabile e in definitiva sconosciuto e inconoscibile che si presenta a noi come superiore, indifferente, come “non-amore”, proprio perché la natura non è umana. Tutta presa a irradiare la sua eterna infinita potenza, tutta presa a creare, essa non cura le cose una volta creata e gettate nelle vicissitudini del mondo; ne è al di sopra e non attribuisce loro nessuna importanza.
(*) Intendo Dio alla maniera di Spinoza, ovvero deus sive natura, sebbene “Il Dio di Spinoza in realtà non è un Dio bensì una supercosa, in sostanza un vuoto.” (Ernst Cassirer, Storia della filosofia moderna).
Aprile 7th, 2019 at 10:10 am
PS. Bello il testo sul silenzio di fra’ Matteo, anche se ho faticato a seguirlo, perché assalito da una specie di rabbiosa nostalgia. In qualità di buddista metropolitano, posso affermare di non sapere più come è fatto il silenzio – ne ho letto di recente su Repubblica a proposito di un nuovo business delle upper class newyorkese che, evidentemente, come me, patisce la società del frastuono (si offrono pacchetti costosissimi in luoghi dove poter “ascoltare” il silenzio) – ma ci sto lavorando. Se continuo ad ascoltare così tanta musica in cuffia, potrebbe attendermi un grandioso futuro alla Beethoven, nel senso della sordità, si capisce.
Aprile 7th, 2019 at 10:58 am
Buongiorno HMSX, ben tornato. Anche questa volta ‘a folate’.
Come il vento tra i pini, che non fa rumore. Ascoltandolo ci si addormenta sereni. Mentre lo stesso rumore (in decibel) emesso dai ragazzotti alticci sotto casa fa girar e rigirar nel letto come sullo spiedo. Allora il silenzio è anche qualità del rumore.
Non scherziamo, il silenzio è il silenzio. Come la rosa della Stein (ma quella di Silesius è ‘più’ zen). Che però c’è, come il suono del vento, mentre il silenzio c’è solo per sottrazione. La rosa no, la sottrazione si ferma prima. L’unica barriera dello spirito che ‘crea’ lo zazen è quella tra ‘la rosa’ e il silenzio. Certo, non è una barriera, si sa.
Se il mistico comprendesse Dio sarebbe una rosa, non un poveretto immerso nel mistero. Ma Cristo, Gesù, è anche la via. Come si potrebbe fare di meglio? Eppoi, a che vale sapere come stanno le cose?
Come diceva il poeta: e il naufragar m’è dolce …
Il mio senza zucchero, por favor.
Aprile 7th, 2019 at 2:16 pm
Grazie mym, anche tu mi sei mancato.
Dio, per la sua estraneità e immensità, non può essere un soggetto simile a noi, Egli (esso?) non può che presentarsi come potenza oggettiva; e anche se in realtà noi pensiamo Dio come soggetto, Dio resta un mistero: «in finem nostrae cognitionis deum tamquam ignotum cognoscimus» (alla fine della nostra ricerca conosciamo Dio come sconosciuto) – San Tommaso.
In forma umana, in forma di verità e guida, Dio lo possiamo ritrovare, agostinianamente, solo in noi stessi, dove abita insieme con la Verità. Dunque è vero che “in interiore homine habitat veritas” e che nell’interiorità si può trovare un ordine umano-divino che soltanto ci si addice, ma è anche vero che tutto ciò resta simbolico, parziale, unilaterale. Il linguaggio della religione cristiana non è un linguaggio realistico, veritativo; è soltanto verosimile, simbolico, per non dire mitologico, in funzione della vita verso l’esterno, che è poi il senso di ogni vita. E però qui l’interiorità subisce il più severo ridimensionamento scadendo a strumento dell’esteriorità. Al “rede in te ipsum” si oppone un “exi da te ipso”. La verità di Gesù è solo l’altra parte della verità che tende a controbilanciare la diabolica realtà esterna che è semplicemente la normale discendenza da Dio.
L’insegnamento di Gesù è sublime, scilicet impraticabile. Senza contare che “chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo, né in quello a venire” (Matteo 12:31) è una frase troppo crudele persino per il sottoscritto.
Aprile 7th, 2019 at 2:16 pm
A proposito della qualità del silenzio, due notizie: una buona e una cattiva. La cattiva. Il nuovo prete – il classico prete cretino, diciamo più “un impiegato della fede” – ha speso un botto di soldi per riparare il campanile dopo che il “buon Dio”, accogliendo le mie bestemmie (la bestemmia è la preghiera degli empi), l’aveva, letteralmente, fulminato e ammutolito. Fine dei due anni di pace santa. (Senza generalizzare, parlando della Chiesa del mio quartiere, devo dire che è un posto frequentato da gente sinistra. Sebbene rispetti il regolamento comunale, 25 secondi di scampanellio all’ora e 25 secondi alla mezza – come se non vivessimo nell’era dello smartphone – la catechista perorava “il dolce suono delle campane” che allieta Dio-che-sta-in-cielo. “Certamente.”)
La buona. Nel parco sotto casa, un bel parco con alberi, uccellini, fiorellini etc. Hanno messo una scuola di falconeria. Ogni mattina alle 11:00 assisto allo spettacolo fantastico dell’ammaestramento di uccelli bellissimi. L’altro ieri, il corvo, incurante degli ordini del falconiere si è posato sulla mia stessa panchina. Dice, “perché è curioso”. Anche la civetta è abbastanza indisciplinata, mentre il falco è maestoso e superbo.
“Se il mistico comprendesse Dio sarebbe una rosa…”, però è un mistico, e si sa che ai mistici piace perdersi nella infinita percezione di sé stessi; siccome mistico non sono, indago. Mi piace questa di Goethe: “Per la bellezza ci vuole una legge che passi nel fenomeno. Esempio della rosa. Nei fiori la legge vegetale entra nella sua massima manifestazione, e la rosa sarebbe poi, a sua volta, il vertice di questa manifestazione.”
Aprile 7th, 2019 at 3:37 pm
A parte che mi mancano le basi, ma ad usare ‘scilicet’ con tanta noncuranza non ci riuscirei mai mai.
La sola verità pronunciabile … ecco, adesso m’è sfuggita.
Aprile 7th, 2019 at 4:51 pm
Non è mica noncuranza, è severità.
Perché dobbiamo amare il prossimo? Il mio amore è qualcosa che per me è importante, che non posso gettare via così, senza pensarci. Mi impone doveri che devo essere disposto a compiere con sacrificio. Se amo qualcuno, questo qualcuno se lo deve meritare. Lo merita se in cose importanti mi somiglia tanto da far sì che io possa in lui amare me stesso; lo merita se è tanto più perfetto di me che io possa amare in lui l’ideale che ho di me stesso; devo amarlo se è il figlio di un mio amico, se al figlio capitasse un guaio, sarebbe anche il mio dolore, lo dovrei condividere. Ma se per me è un estraneo e non sa attrarmi con nessun merito personale, con nessun significato già acquisito nella mia vita emotiva, amarlo mi diventa difficile. Anzi, ad amarlo sarei ingiusto perché il mio amore è stimato da tutti come un segno di predilezione e a loro farei torto se mettessi l’estraneo al pari con loro. Se invece lo devo amare di quell’amore universale semplicemente perché anch’egli è un abitante di questa terra, al pari di un insetto, un lombrico, una biscia, allora temo gli toccherà una piccolissima parte d’amore, nient’affatto tanto quanto me stesso. A che pro un precetto così solenne se poi non se ne può raccomandare l’attuazione?
Aprile 7th, 2019 at 4:53 pm
Ti mancherebbero le basi, dici? A parte che sono in trepidante attesa per il tuo lavoro su Vasubandhu, non sai che «Il grande dotto raramente è grande filosofo. Chi ha sfogliato a fatica molti libri, disprezza il leggero, semplice libro della natura.» Goethe, Lettera a Oeser, 13, 2, 1769.
Aprile 7th, 2019 at 5:14 pm
‘Su’ Vasubandhu ci sto lavorando uora uora, stavo scrivendo (in nota): “è la dicotomia ‘soggetto-oggetto’ che si forma nel ritenere reale una scena nella quale ‘io’ fronteggio un mondo di oggetti, una scena i cui protagonisti sono trasformazioni della mente; una rappresentazione del mondo che esiste solo nella mente”. Ma, pensavo, ‘protagonisti’ non mi soddisfa perché la scena è solo apparentemente animata.
Sull’amore: hai proprio ragione, sino a che consideri l’amore umano. Il fatto è che la frase “ama il prossimo tuo come te stesso” viene dopo l’altra, quella in cui si tratta dell’amore inumano, ovvero verso nulla di ciò che è e di ciò che non è. Scilicet (yuhu!) qualsiasi ‘cosa’ pensiamo che Dio sia (non sia ecc.). Nei fatti, dice il Nostro, questo avviene quando non amo me più di altri/altro, ovvero non faccio di me dio/idolo.
Aprile 7th, 2019 at 5:33 pm
Ecco, ho trovato: “è la dicotomia ‘soggetto-oggetto’ che si forma nel ritenere reale una scena nella quale ‘io’ fronteggio un mondo di oggetti, una scena le cui parti in gioco sono trasformazioni della mente; una rappresentazione del mondo che -a quel modo- esiste solo nella mente”.
Le due frasi citate (non sono proprio sue sue: Dt 6,4 e Lv 19,18) da Gesù, a mio avviso, sono il top del senso dell’agire spirituale secondo la religione abramitica.
Vasubandhu dice la stessa cosa (il mondo inteso/visto/interpretato secondo la dicotomia io-tu è fantasia, non ha senso discriminare), in un contesto religioso radicalmente differente.
Aprile 7th, 2019 at 8:02 pm
Ma guarda che combinazione… anch’io sto “lavorando”. Orgoglio della Ragione. L’incipit fa così:
“*Io, Zarathustra.* Quando dico «io», sento che questo «io» non mi appartiene con esattezza: non tutto di questa parola riconfluisce in me: c’è in essa come una sedimentazione che non mi appartiene e non riconfluisce: forse è proprio ciò che chiamo «io».” E più oltre “l’amore per Zarathustra era un sillogismo manchevole delle sue vere premesse… era una specie di possesso mentale.”
…
Nietzsche commenta così l’agire spirituale di Gesù: “La vita esemplare sta nell’amore e nell’umiltà; nella pienezza del cuore, che non esclude nemmeno il più umile; nella rinuncia formale al voler avere ragione, al difendersi, al vincere nel senso del trionfo personale; nella fede nella beatitudine qui, sulla terra, malgrado povertà, ostacolo e morte; nella riconciliazione, nell’assenza di ira, di disprezzo; nel non voler essere ricompensati; nel non voler essere vincolati a nessuno; nell’essere senza signori in senso spirituale, molto spirituale; in una vita molto orgogliosa, sotto la volontà di una vita grama e servizievole… “ (Il ritratto che Nietzsche fa di Gesù è molto poetico, ma non so fino a che punto veritiero).
Sono contento di trovarti in forma. Ti avevo scritto su facebook una decina di giorni fa senza ricevere risposta (niente di importante) e mi ero un po’ preoccupato. Allora buon lavoro.
Aprile 8th, 2019 at 7:53 am
Scusa per il mancato riscontro sulla pagina FB della Stella: sono alquanto imbranato, so solo postare e rispondere ai messaggi. Però di solito non apro la pagina, per cui a volte passano mesi …
Alla prossima
Aprile 14th, 2019 at 6:48 pm
Tre citazioni tratte dal Diario spirituale di Henri Le Saux (Mondadori, 2002).
“Nel dogma cristiano tutto è vero, al livello cui appartiene. Ma il cristianesimo ha valore soltanto nel tempo. […] Poiché il cristianesimo non è de facto la via della salvezza per l’immensa maggioranza dei miei fratelli, come potrebbe esserlo per me?” (p.382)
“Come credere all’assolutezza di una formula dogmatica? di un rito? dunque di una Chiesa? Dio sarebbe inquadrabile in ciò che è creato? Anche noi crediamo a Cristo come a un Figlio di Dio. Ma come può Cristo esaurire Dio? Gli stessi teologi accettano la possibile molteplicità delle incarnazioni. […] Perché l’incarnazione in Galilea dovrebbe essere l’apogeo dell’umanità?” (p. 118)
“Sono ancora cristiano?” – 19 agosto 1959 (p.301)
Aprile 14th, 2019 at 7:35 pm
Maddai, è la domenica delle palme! Almeno oggi siamo tutti fratelli, o quasi.
Sentito che cosa ha detto papa Francesco? Quando le cose si mettono male è meglio tacere…
Eppoi, che padre Henri fosse un brav’uomo, sincero, era chiaro. Lui non sarebbe contento se le sue parole venissero lette come fossero una critica.
Certo, si era accorto che essere cristiani è difficile e onestamente lo metteva in chiaro.
Così, tanto per dire, ma tu come mai torni sull’argomento?
Sei ancora cristiano? 😯
Aprile 14th, 2019 at 9:32 pm
Mai stato cristiano, manco da bambino. Una volta, intorno alla metà degli anni ’80 (ero proprio un cucciolo), mi guadagnai una punizione memorabile da parte dei miei perché venne a farci visita una suora, mezza parente e molto trafficona (svuotava la dispensa del monastero regalando le migliori prelibitezze a uno zio il quale poi le rivenedeva senza manco rilasciare fattura), e, alla domanda se credessi in Gesù, risposi con tutta innocenza: “No. Non è possibile che uno muoia e poi risorga. Ci crederò solo quando lo vedrò.”
Ho un ricordo nitido perché dopo la punizione decisi di tifare per il Milan, la cui mascotte è il Diavolo.
Siccome è la domenica delle palme (!), non posto alcuni pensierini molto blasfemi. Magari a Pasqua (!!!).
Sono buddista – perché “L’ateismo del buddismo non è aggressivo (…) Il suo sistema esclude un Dio onnipotente, ma non le innumerevoli divinità della mitologia popolare (…) «Dio non può aver fatto il mondo per interesse, perché non abbisogna di nulla; né per bontà, giacché nel mondo c’è la sofferenza. Dunque, Dio non esiste»”. (Borges, Cos’è il buddismo)
Torno sull’argomento per due ragioni: 1) è da lunedì che voglio postare le domande del buon Le Saux, così mi sono tolto il pensiero; 2) volevo sfoggiare le mie competenze sull’argomento, quindi per vanità.
Buona domenica delle palme!
Aprile 15th, 2019 at 7:44 am
Grazie HMSX.
È vero, l’ateismo del buddismo non è aggressivo, per questo non esclude neanche un Dio onnipotente, caso mai lo include ecc. ecc.
Aprile 18th, 2019 at 9:11 am
OT: ho letto una cosa che se non la pubblico mi trabocca dalle orecchie, dagli occhi e pure dal cuore.
Non è politica, molto di più.
Eccola
Aprile 20th, 2019 at 3:12 pm
“Uora uora”, cioè ieri, proprio sul tema sollevato dalla Murgia mi sono infilato in una chat frequentata dalla “migliore intellighenzia” romana e meneghina. Riporto i passaggi salienti.
(Linguaggio crudo [1/5])
Attori:
CL: docente di bioetica alla Sapienza, femminista, saggista e giornalista.
CM: docente in un liceo romano, scrittore, giornalista, assessore.
GS: scrittrice, giornalista. Di stanza a Milano.
Comparsa 1 e 2.
HMSX, il selvaggio.
Aprile 20th, 2019 at 3:12 pm
CL: siccome Salvini vi sta sul culo, scambiate la lunga versione di «lei non sa chi sono io» e la collezione di fallacie a commento per obiezioni formidabili. Mi sembra anche di sentirvi borbottare «ah se gliel’ho cantate!». What could possibly go wrong? O forse siamo già morti.
IL SELVAGGIO: lasciamo perdere che Salvini sta sul culo a tutti quelli che hanno due neuroni, se Salvini dice a una disgraziata che è una radical chic, questa qui che gli deve rispondere? che poi mica risponde a Salvini, ma a quella banda di decerebrati che danno del radical chic a chiunque abbia un briciolo di istruzione, e lo fa usando una retorica fatta di fallacie e contraddizioni, che funziona col vasto pubblico che non capisce mai niente. Quella della Murgia non è una argomentazione ma una captatio benevolentiae. Tutto ciò premesso, a me sta sul culo pure la Murgia.
CL: No ma è rassicurante andare avanti con la conta di chi ci sta sul culo e degli amici nostri. Andrà a finire benissimo. O, come dicevo, forse è già tutto finito.
COMPARSA 1: Selvaggio, ma credi davvero che la lettera della Murgia convincerà qualche leghista a votare a sinistra? Ma davvero? Come i dati oggettivi sul fenomeno migratorio? Ci mettiamo la felpa tutti così ci capiscono o troviamo un registro più efficace senza scendere così in basso?
IL SELVAGGIO: ovviamente no. La mia considerazione è che la massa critica dei dementi che votano Lega è la stessa che un tempo votava Berlusconi o Renzi. La sofistica, cioè le argomentazioni fallacie e contraddittorie, sono sempre le stesse, cambia solo il sofista, l’interprete. L’unico dato oggettivo che farà cambiare idea a un leghista è l’impoverimento certo che lo (ci) colpirà da qui a un anno. Nuova giostra, nuovo leader, nuova sofistica.
PS: siccome non andrà a finire benissimo – perché dovrebbe? – è interessante capire il giochetto di chi sta sul culo a chi. I pettegolezzi da portinaia mi hanno sempre divertito.
(…)
Aprile 20th, 2019 at 3:13 pm
CR: se la lotta politica è sul piano performativo anche basso, è giusto che si risponda così ogni tanto.
CL: Quindi va bene anche specchio riflesso. Me lo segno.
CR: Sì, chiaramente. C’è una pluralità di piani linguistici. Se uno ti scureggia che fai? Gli spieghi che non è opportuno fare meteorismi in pubblico perché la civiltà moderna…
CL: Ma il guaio (tra gli altri) è che riesce a far sembrare Salvini un gigante.
CR: In questo caso non è vero, secondo me. Sono d’accordo che la qualità del piano performativo si misura con l’efficacia. In questo caso smonta un pezzettino della retorica salviniana, quella rispetto alla vita vera e al lavoro. Altre cose – i 49 milioni, il liceo milanese della borghesia… – prestano il fianco a fallacie hai ragione. Ma il piano dello scrittore radical chic e dei salotti è secondo me affrontato con efficacia.
CL: il punto è proprio non essere capaci di rispondere a Salvini se non scimmiottando i suoi modi di fare. Solo che lui è più bravo. Quindi il risultato è: fallacie meno efficaci e disastro.
Aprile 20th, 2019 at 3:13 pm
COMPARSA 2: quindi stiamo dicendo che la politica non è un mestiere? quindi ci va bene quella roba lì che ha spalancato le porte agli incompetenti?
CL: Io vado a bere. (cuori)
IL SELVAGGIO: no. Stiamo(?), io sto dicendo che bisogna distinguere tra politica e demagogia, e Salvini non è un politico in senso stretto, ma un demagogo.
NB: quando dico che la Murgia non mi piace, voglio dire che plaudo al suo status, nonostante sia la Murgia, e lo preferisco a tanti status di intellettuali simpaticissimi, per carità, che fanno analisi sofisticate e lucide, ma che pare ignorino la prima regola dell’arte oratoria, ovvero conquistarsi il favore dell’uditorio.
Aprile 20th, 2019 at 3:14 pm
COMPARSA 1: la Murgia non è efficace, non quando il giorno prima sbeffeggia il popolo che s’indigna per l’incendio di Notre Dame e nel contempo accusa i cuori dolenti di non indignarsi altrettanto per le morti dei migranti in mare. Il popolo bue, quello stesso popolo da cui viene anche lei che poi con gli studi si è emancipata… no non ci siamo proprio. Giudicante sempre, sempre un io e un voi e un “ora vi insegno io”.
GS: a me il problema sembra sia che qualunque cinquantenne ritenga efficace ricordarci che voto ha preso alla maturità risulta un coglione, e non sono sicura che in questo senso il più adatto a giudicare la formula sia uno che ha passato alcune deliziose ore a dire a un cretino “sono più laureato di te” (poi tifavamo tutti per te, CM, però “efficacia” è proprio un’altra roba). Peraltro sulla mozione Murgia «fare politica non è un lavoro» converge Calenda, così, tanto ci fosse rimasto qualche dubbio sui decenni di florido impero a venire.
IL SELVAGGIO: secondo me la mozione Murgia non è «fare politica non è un lavoro»; o, meglio, potrebbe essere letta, con una certa dose di benevolenza, in un altro modo. Assodato che il discorso pubblico non fa appello alla razionalità dell’elettore ma alla sua emotività, la fallacia argomentativa della Murgia è potenzialmente efficace se si declina nel senso dell’amaca di Serra di qualche giorno fa “il lavoro malfatto”. Il punto non è che la politica non sia un lavoro, ma che Salvini faccia così male il suo lavoro (raccogliere il consenso non esaurisce l’attività politica) da non sapere niente – perché non sa niente – e si può ben dire che non abbia mai lavorato. Un’iperbole.
(Fine dell’urgenza espressiva. Mi ritiro nelle mie stanze ché la questione è già esaurita)
Aprile 20th, 2019 at 4:53 pm
Interessante. Ci si ‘scalda’ parlando del parlare.
Però, per favore, la prossima volta mandamele ‘en privé’ le chiacchiere di voi radical-non-chic. Rischiamo che si pensi che qui ci sia il free for all.
Una cosa che gli esperti del (solo?) linguaggio sembrano scordare è che per scrivere quel che ha scritto la Murgia occorre aver vissuto (anche un po’ più di Neruda). Intendo: non è lo stesso “essere qui” se ‘prima’ eri un sottoproletario sardo con 6 fratelli o un rampollo di famiglia. Ogni ‘qui’ ha il suo spessore.
Aprile 21st, 2019 at 2:59 pm
OT: nonostante sia un giorno di festa, sono sgomento per gli attentati in Sri Lanka. Vorrei comunque fare gli auguri di Buona Pasqua agli amici della Stella, e a tutti con queste parole di Sergio Quinzio: «Dopo duemila anni che tace, è venuto il momento di credere veramente fino in fondo nella morte del Signore, cioè nell’umiliazione della sua potenza, di amarlo anche se non potesse mai più salvarci».
Aprile 21st, 2019 at 4:43 pm
Grazie. Per gli auguri e aver citato lo Sri Lanka, i morti lontani.
Di Quinzio sapevo nulla sino a poco fa: Wiki mi informa che è nato e vissuto ad Alassio (quasi anch’io) e poi è venuto a vivere proprio qui vicino, nelle Marche. Ci differenzia molto quello che abbiamo fatto nel frattempo.
Il mito cristiano che gravita attorno alla Pasqua non ha un aspetto religioso che suscita il mio interesse.
Maggio 31st, 2019 at 5:20 am
Ho letto il commento di Jiso e mi è piaciuto molto. Non conosco l’opera di Panikkar ma attraverso il commento ci si introduce appropriatamente, ho questa sensazione.
Questo direi così a caldo, non credete che nel buddismo si debba considerare il Dharma un equivalente del divino come inteso antropocentricamente nel cristianesimo?
Io apprezzo molto i lavori di Masao Abe e in particolare “A Study of Dogen…”, dove statuisce con argomenti precisi e condivisibili che nel cristianesimo Dio è inteso antropologico mentre nel buddismo è cosmologico.
Cosmologico, per me è il buddhadharma o Dharma.
Certo il tema è complesso e le sei pagine di Jiso sono molto interessanti e ci faccio una ulteriore riflessione.
Maggio 31st, 2019 at 7:12 am
Buongiorno Nello, ben tornato.
Ovviamente lascio il campo a Jiso che, oltretutto, di Dogen e Panikkar è attento studioso.
Maggio 31st, 2019 at 12:25 pm
Buongiorno Nello,
non conosco il testo di Masao Abe di cui parli, dunque non posso esprimermi in proposito.
Per quanto riguarda Panikkar, e in particolare il libro sul buddismo di cui stiamo parlando, penso vadano tenute presenti due considerazioni: la prima è che l’approccio di Panikkar al buddismo è dichiaratamente strumentale: il buddismo gli serve per dare una connotazione non (mono)teistica alla sua visione cosmoteandrica, ossia trinitaria della realtà come composta da aspetto cosmico, aspetto divino, aspetto umano: con questo presupposto di partenza Panikkar cerca nei testi buddisti quello che vuole trovare. Come ben sai, i testi si possono leggere in molti modi, e se si è abili gli si può far dire quello che vorremmo dicessero.
La seconda considerazione è che il buddismo che Panikkar studia e presenta è del tutto buddismo indiano, senza alcun riferimento a quello sino-giapponese. Nel buddismo indiano, per quel che mi consta, il divino sono i riferimenti ai deva, e null’altro. Cosmologie, cosmogonie, cosmovisioni sono assenti. Non così nel buddismo sino-giapponese, e forse è questo che rende possibile ad Abe riferimenti cosmologici parlando di Dogen: anche se parlare di “divino” mi sembra problematico pure in questo caso.
Maggio 31st, 2019 at 5:54 pm
Errata corrige.
Nel precdente @3 mi sono lasciato andare ad affermare che nel buddismo indiano “cosmologie, cosmogonie, cosmovisioni, sono assenti”. Affermazione a dir poco inesatta, di cui mi scuso. E’ noto anche a me, infatti, che in vari sutra indiani buddisti vi sono rutilanti descrizioni di mondi e piani di esistenze non terrestri: basta consultare la pagina “cosmologia buddista” di Wikipedia per rendersene conto. Con quell’impropria affermazione intendevo dire che la cosmologia buddista è metaforica, ossia descrive stati della mente o meglio variazioni della coscienza, e non è la descrizione di mondi e universi come sono concepiti dalla cosmologia scientifica: così almeno io comprendo. Per questo ritengo superfluo, se non potenzialemnte fuorviante, tirare in ballo il cosmo in un discorso relativo al dharma.
Giugno 4th, 2019 at 11:01 am
Grazie Jiso per le precisazioni.
Il senso di “cosmologico” come inteso e indicato negli scritti di Abe non è propriamente come nelle descrizioni canoniche.
Tuttavia, su queste argomentazioni mi sento di indicare almeno questi tre saggi di Masao Abe:
– A Study of Dogen – His Philosophy and Religion;
– Zen and Western Thought;
– Zen and Comparative Studies.
Masao Abe is Emeritus Professor of Nara University of Education, Nara, Japan. A graduate of Kyoto University in Japan, he studied an practised Buddhism, especially Zen, with Shin’ichi Hisamatsu while also studying Western philosophy and Christian theology. He has been Visiting Professor of Buddhism and Japanese Philosophy at the University of Chicago, Princeton University, Claremont Graduate School, Purdue University and other universities and institutes.
Abe è stato molto attivo nel dialogo religioso e filosofico…non so se rientri nella vostra top ten ma è sicuramente un serio punto di riferimento in ambito religioso, filosofico, e Dogen in particolare.
Giugno 5th, 2019 at 4:46 pm
Grazie a te, Nello, per le indicazioni bibliografiche.
Conosco il professor Abe più che altro come autore, insieme a Norman Waddel, di buone traduzioni di alcuni fascicoli dello Shōbōgenzō e di altri brevi testi di Dōgen. Ho letto in parte il lungo e articolato “A study of Dōgen” (reperibile gratuitamente in rete) che tu segnali e un altro suo breve saggio “God, Emptiness and the True Self” segnalatomi da Mym. I limiti della mia indagine mi sconsigliano dall’azzardare valutazioni sui meriti dei saggi di Abe. Due cose mi sento di dire, di ordine metodologico, perché riguardano i miei gusti: la prima è che il genere letterario di cui Abe è autorevole esponente, che definisco narrazione comparativa religioso-filosofica, mi è poco congeniale, essendo per sua natura farcito di argomentazioni apodittiche e tautologiche, cioè di ragionamenti e punti di vista personali asseriti come verità generali e assiomatiche. La seconda, collegata, è che la comparazione per sistemi (cristianesimo vs buddismo, Spinoza vs Dōgen) obbliga a un riduzionismo che produce bocconi comunque troppo grossi e approssimativi. Penso ci siano innumerevoli cristiani che non riconoscerebbero come tale il cristianesimo descritto da Abe (e reciprocamente forse anche buddisti…) e per trattare, con la stessa cognizione e profondità con cui Abe maneggia lo Shōbōgenzō di Dōgen (sulla base cioè di una conoscenza raffinata della lingua sinogiapponese e della sottesa cultura) l’Etica di Spinoza ci vorrebbe perlomeno la stessa maestria nel frequentarne il latino e la soggiacente cultura letteraria, filosofica e religiosa: l’impresa di una vita, se basta.
Giugno 5th, 2019 at 11:52 pm
Grazie, tutto molto chiaro.
Penso che anche lui si rendesse conto delle sintesi operate e tuttavia, tenendo ben ferme le tue precisazioni, resta uno studioso profondo e nella sua relazione di una vita con il cristianesimo, forse, il più concreto.
Grazie ancora per le sottolineature molto interessanti e ineludibili.
Giugno 9th, 2019 at 6:49 am
Dietro la porta aderente c’è la “camera aderente”?
Giugno 10th, 2019 at 5:41 pm
E dentro la camera aderente c’è la …
Hu, siamo un sito con pretese religiose, meglio lasciar perdere.
Ciao dhr, come va?
Giugno 11th, 2019 at 6:46 am
Bene, grazie, a parte un samsara stagionale 🙂
Giugno 24th, 2019 at 5:14 pm
Mi viene in mente che “tra nirvana e samsara non v’è la più piccola differenza”. Non riesco a ricordare chi ha detto/scritto questa frase, forse potete venire in soccorso alla mia acciaccata memoria.
Ciao a tutti
Giugno 24th, 2019 at 5:59 pm
Nagarjuna
Giugno 24th, 2019 at 10:11 pm
Mūlamadhyamakakārikā XXV,19
Giugno 25th, 2019 at 11:16 am
Grazie Roberto, non sapevo più se era Nagarjuna o Dogen. Belle le vignette, se hai voglia occupi spazio e quella porta è aspaziale, adimensionale… è proprio una cosa disumana 😂
Giugno 25th, 2019 at 5:20 pm
Ciao Gaetano, bentornato.
Se tra nirvana e samsara non ci fosse la più piccola differenza … che cosa ci starebbe a fare il buddismo?
A che pro la pratica e tutto il resto? 😯
Giugno 25th, 2019 at 5:22 pm
Ciao Roberto, bentornato.
Come va? È una vita che non ti si ‘sente’ …
Giugno 25th, 2019 at 6:40 pm
Buonasera Gaetano, sono contento ti siano piaciute le vignette
Un saluto
Giugno 25th, 2019 at 7:02 pm
Ciao MYM, mi vuoi sfruculiare, come dicono a Napoli. Vabbè, proverò a imbastire un discorso sensato anche se lo trovo molto difficile, è meglio il silenzio 😂 La pratica a me serve ad “aprire le mani del pensiero”, a lasciar andare quel groviglio di pensieri, desideri che identifico con l’io, a cercare di far esperienza dell’inconsistenza di questo io separato dal resto. E’ un pò come passare dalla fisica newtoniana, illusoria, alla fisica subatomica, molto più incasinata ma anche più reale (ho letto Capra). Sto pensando che non mi devo dilungare sennò mi cazzi.. L’io desidera e se c’è volizione non si passa più da quella porta. Se non c’è una meta da raggiungere non c’è differenza tra nirvana e samsara, non c’è nessun upgrade, ciò che mi feriva prima continuerà a ferirmi, però…. non è tutto finito lì. E’ un palcoscenico. So di stare ripetendo a pappagallo cose lette di qua e di là, ma sono cose in cui a poco a poco credo sempre di più e che lentissimamente spostano il mio punto di vista.
Comunque la pratica è shikantaza, semplicemente sedere. Una volta ho usato un’espressione che non ti è piaciuta punto 🤣
Ciao a tutti e scusate lo sproloquio
Giugno 25th, 2019 at 7:41 pm
Vabbe’ …
Era una domanda cattiva.
È tutto finito lì.
Giugno 26th, 2019 at 5:27 pm
@9 In certe crocevie della vita è migliore rimanere in silenzio e, se è seduto, molto meglio. Ma continuo a leggere e tradurre, tutti i giorni, te e Jiso, che è per me la migliore forma di leggere.
Anche il fatto di meno post scritti specificamente per il blog della Stella… cioè, che non siano lettere scritte ad altri, conferenze riprodotte dopo qui, rassegne di libri, riverberazioni di altri posti.
L’ultimo post specifico per i lettori de la Stella, se non mi sbaglio, è di più di un anno fa, del 7 di febbraio di 2018. Anche quello è, o io la percepisco così, un’altra specie di silenzio.
Giugno 26th, 2019 at 5:44 pm
@12 Almeno sono rimasto entro limiti accettabili di battute? 😊 Sono d’accordo con Roberto, è meglio il silenzio. Definire, descrivere certe esperienze è al di là delle mie possibilità
Giugno 26th, 2019 at 5:54 pm
Certo che per chi prova “certe esperienze” poi trasmetterle è difficile …
Forse volar più basso aiuta.
Non c’è un’esperienza una che non sia una nostra costruzione mentale. Quindi descrivere le nostre esperienze è trasmettere le nostre immaginazioni.
Giugno 26th, 2019 at 9:12 pm
@13 Oh! Scusarmi il mio pessimo italiano, che confidò a traduttori automatici, a volte senza prestare la dovuta attenzione ai risultati. _/\_
Con, “Anche il fatto di meno”, voleva dire: “Tuttavia io fatto in mancanza, mi piacerebbe tornare a leggere…”
Giugno 27th, 2019 at 7:59 am
Ciao Roby, adesso sì che non si capisce proprio nulla.
Hai provato con deeple? È quello che funziona meglio, imho.
Riguardo alla mancanza di nuovi testi: è proprio perché stiamo lavorando alla pubblicazione di nuovi testi che non ne pubblichiamo dei nuovi …
Oddìo, detta così sembra strana 😯
Massì: lo famo strano va!
Giugno 27th, 2019 at 11:07 am
@15 Cosa vuoi dire con “volare più basso”, per volare più basso di così dovrei scavare…🤣
Eppoi per volare basso bastava il mio samsara quotidiano, perchè cercare un samsara nirvanato? Smettere di desiderare, per ora, per me, è solo una costruzione intellettuale. Quello che voglio dire è che quello che provo quando pratico non ci entra nelle parole che potrei dire (pace, abbandono, ecc), una parte ne resterebbe fuori, quella parte non ho la maestria sufficiente nell’uso delle parole per rappresentarla
Giugno 27th, 2019 at 5:34 pm
Con ‘volare basso’ intendo avere un poco di contezza della dimensione dei problemi. Poi uno può anche decidere di misurarcisi ugualmente. Ma questa volta non hai dato quell’impressione. Prima ti chiedi chi ha detto “samsara e nirvana ecc.”, una domanda un po’ svagata alla “Carneade, chi era costui …” quindi pare tu non abbia avuto (almeno in quel momento) alla mente il contesto nel quale quell’affermazione nasce e nel quale trova ‘giustificazione’. Un contesto per nulla banale. Poi ti esprimi come se tu ben sapessi il significato di quell’identità ma, aggiungi in un secondo tempo, di certe esperienze è difficile parlare. Insomma: “la mia conoscenza è tale per cui, ragazzi miei, è inesprimibile”.
Ecco, direi che questo è, più o meno, il quadro. Nel quale ho colorato qualche tinta più marcatamente affinché si vedano meglio i particolari.
Nulla di male, per carità.
Però quello che provi quando pratichi non solo, penso, non interessa quasi a nessuno, ma faresti bene a liberartene senza indugi.
Anche perché non c’entra nulla con la storia “samsara e nirvana ecc. ecc.”
PS: se il tono ti pare troppo asciutto … bagnalo un po’ 😛 sto per uscire e poi sino a lunedì difficilmente troverò il modo di tornare a scrivere qui.
Giugno 28th, 2019 at 4:13 pm
Il tono va bene, è consono ai 41° attuali 😊. Io scrivo perchè penso che un confronto con una persona della tua esperienza mi possa indirizzare meglio sulla Via, tu rispondi quando vuoi e se vuoi, ovviamente non ho alcun titolo per aspettarmi niente. Il problema, semmai esiste un problema, è che non mi riconosco nella tua risposta, può darsi che tu colga aspetti di me che io non riesco a vedere, se è così spero, col tempo necessario, di rendermene conto. E’ vero che era una domanda un pò svagata, alla Don Abbondio, ma quella frase che tanto mi colpisce, davvero non ricordavo di chi fosse. Quelle bellissime vignette mi riportavano alla mente l’erroneità del desiderare e l’impossibilità di non farlo. Io non ho MAI avuto alla mente “il contesto nel quale quell’affermazione nasce e nel quale trova ‘giustificazione’”. Spero un giorno di averlo alla mente, ma non ne ho alcuna certezza. La mia conoscenza è tale per cui riesco solo a ripetere, neanche con parole mie, cose che ho leggiucchiato a destra e a manca. Non riesco a descrivere quello che provo durante la pratica 1) per una certa ritrosia, per un certo pudore nel cercare di mostrare attimi che riguardano soltanto me, 2) perchè davvero non saprei trovare le parole , 3) ovviamente, non ci sarebbe bisogno di dirlo, perchè non frega niente a nessuno. Ti scrivo queste cose non per il dubbio piacere di battagliare dialetticamente con te, ma perchè, come è successo altre volte, il confronto con te può aiutarmi
Augh
Giugno 28th, 2019 at 6:32 pm
Buongiorno Gaetano, m’immetto nella discussione, perché nel leggere i tuoi post c’è qualcosa che non capisco. Sei partito con la citazione virgolettata di un’antica espressione tanto famosa quanto dirompente, hai cioè aperto di tua iniziativa le danze con uno dei “pezzi” più difficili del repertorio. Hai ricevuto due pertinenti indicazioni, una bibliografica da Roberto @5 @6, una metodologica da Mym @8 che dicevano: visto che il tema ti sta a cuore e chiedi lumi, qui ci sono gli elementi da studiare per approfondire, il testo e il contesto. Lo studio di testi e contesti non è un esercizio di erudizione, gli autori erano (sono) persone della via di Buddha come siamo noi, hanno scritto (scrivono) pensando che la loro esperienza e conoscenza potrebbe venir utile anche ad altri. A far che? In primis, a ingrovigliarsi un po’ meno in elucubrazioni sulla pratica, su se stessi, sul samsara sul nirvana… Non mi pare tu abbia colto l’occasione, preferendo perseverare nel girare in tondo. A che pro? Scrivi in @20: “La mia conoscenza è tale per cui riesco solo a ripetere, neanche con parole mie, cose che ho leggiucchiato a destra e a manca”. Forse allora è il caso di leggere con maggior convinzione.
Subito dopo, elenchi tre punti che t’impediscono di descrivere quello che provi durante la pratica: dimentichi però il punto zero, che vanifica tutti i successivi e ce ne libera: quello che proviamo durante la pratica, qualunque cosa sia e non sia, rimane sul cuscino insieme alla forma del deretano nel momento stesso in cui ci alziamo.
Un saluto accaldato.
Giugno 28th, 2019 at 6:34 pm
Anch’io vorrei elogiare le due vignette, in particolare la seconda per gli incubi terrificanti che mi sta procurando.
A Potenza, il candidato sindaco di Basilicata Possibile/Potenza Città Giardino, un luminare della fisica con curricculum internazionale e il cui programma politico era di far diventare la Basilicata la regione più verde d’Europa, ha perso. Al ballottaggio. Per 200 voti. Ha vinto il candidato leghista: un trentenne assicuratore con la licenza media superiore. Le ragioni della sconfitta sono ascrivili al mese di maggio insolitamente freddo. Il ceto medio riflessivo infatti ha approfittato della prima domenica soleggiata di giugno per andare al mare. Le fotine sulla spiaggia con annesse frasucce smielate postate su facebook hanno fatto incetta di like.
I nuovi amministratori hanno un programma preciso: trivellare a tutto spiano il territorio alla ricerca del petrolio e usare le risorse idriche per raffreddare gli impianti di estrazione. L’investimento dell’ENI di 4 miliardi di euro servirà a fare un impianto “interno” per il trattamento delle acque di risulta di modo da rendere sempre meno tracciabile il ciclo dei rifiuti e sempre più facilmente aggirabili i limiti dei contaminanti consentiti nei reflui del petrolio appropiandosi così di quella che è la risorsa più importante della Basilicata: l’acqua. Tutto ciò, ironia della sorte, porterà circa 200 nuovi posti di lavoro e lo sterminio dei lucani.
A migliorarmi l’umore, gli aggiornamenti sul The Bonn Climate Change Conference.
Giugno 28th, 2019 at 6:34 pm
Link utili:
Sul progetto criminale dei nuovi amministratori locali con l’avallo della Lega Nazionale v. qui, e qui.
Sull’imminente apocalissi ecologica v. qui e qui.
(oggi niente zazen, ché se comincio a fissare la parete la prendo a testate)
Giugno 28th, 2019 at 6:34 pm
‘Io’ sono attaccato alla vita. Questo attaccamento non dipende da una decisione cosciente, tant’è vero che non avrei paura di morire se avessi la concreta possibilità di impugnare la mia katana e sgozzare letteralmente i criminali di cui sopra.
«Chi ha studiato Confucianesimo o Buddismo potrà ritenere che la Via del Samurai sia una “via” irragionevole. Solo se studi tutte le varie “vie” potrai essere in grado, prima o poi, di capire cos’è veramente ragionevole.»
Hagakure, Libro I.
Lo scopo dello zazen non è il silenzio pusillanime davanti a un muro. Tale silenzio è un suicidio del pensiero. La pratica dello zazen, cioè lo stare seduti su un cuscino, è solo un “allenamento” propedeutico a comandare l’“acquietamento della mente” nelle situazioni di crisi oltre il perimetro sicuro del tempio e seguire la Via con perfetta chiarezza di visione e assoluta intensità di apprendimento. Banalmente, per agire senza paure e condizionamenti della mente. L’azione per eccellenza è combattere perché l’esitazione può costare la vita.
Ps: una volta ho conosciuto una poetessa buddista, giovane e bellissima. Ma non sapeva niente di buddismo. Ci teneva a dirsi buddista per darsi delle arie. Aver pensato di prenderla a calci e non averlo fatto mi rende un santo?
Luglio 1st, 2019 at 6:03 pm
Caro js, ho sbagliato, non ho leggiucchiato, ho proprio letto, con una certa passione ed entusiasmo, “Il buddismo mahayana… India e cenni sul Tibet” e “il Buddismo mahayana… la Cina” entrambi almeno un paio di volte. Che poi li abbia capiti e fino a che punto è tutto da vedere. Ovviamente non ho letto il Mulamadyamakakarica. Volevo solo dire che mi erano piaciute le vignette e che mi facevano venire alla mente quella famosa sentenza oggetto di tutto questo contendere. Magari mi avreste potuto spiegare perchè la frase di Nagarjuna non c’entrava niente con le vignette. Comunque, il post @8 di mym non riportava alcuna indicazione metodologica, mi invitava a sviscerare a spiegare quella sentenza. Sono d’accordo con te, invece, sul fatto che tutto ciò che accade durante la pratica rimane sullo zafu, come la forma del deretano e, magari, coma quella scompare sprimacciandolo. @23 sono d’accordo con te su tutto HSMX, i tempi che ci è dato vivere sono veramente osceni. Riguardo allo scopo dello zazen, dal basso della mia leggendaria ignoranza, mi sembra una concezione un pò tanto “confuciana” 😊
Afosi saluti
Luglio 1st, 2019 at 7:30 pm
Ciao Gaetano, visto che ti “ha preso in carico” quel santo di Jiso lascio a lui, se vuole, dirti che … (come si dice in italiano “patacca”?). Lui è molto più circostanziato, ed elegante.
Luglio 1st, 2019 at 7:40 pm
Ciao Hmsx, strano che la seconda vignetta ti dia gli incubi, è così innocente … In @22 e 23 sei fuori tema (che come al solito non c’è, il tema, dico) da far ridere i passeri. Ma qualche volta girano anche a me.
Interessante (e coraggiosa) @24. Essere attaccati alla vita è NATURALE, si potrebbe dire ‘giusto’, ma ne verrebbe fuori una discussione, per cui non lo dico. Se non esistesse l’attaccamento alla vita non ci sarebbe il buddismo. Non ce ne sarebbe bisogno. Perciò c’è e ce lo teniamo. Sia l’uno che l’altro.
Però quando parli dello scopo dello zz dissento. Lo so che secondo l’Hagakure lo zazen è la via del senza paura, considerare vita e morte senza alcuna emozione. Tuttavia questa non è che una possibilità strumentale, non è lo scopo. Che resta essere: vivere in pace l’attaccamento alla vita.
Luglio 2nd, 2019 at 5:04 am
Tu dissenti, io dissento, noi dissentiamo. Concordiamo sulla conclusione, ovvero sulla strumentalità dello zz. La vignetta di BZ è così innocente che… puff, ho avuto l’illuminazione (si badi che non ho scritto ‘una’). Il tema c’è, solo che non si vede.
Ne Il silenzio e il sorriso scrivi a p. 22 “l’unico modo di credere in Dio è non credere in qualche cosa, ovvero credere senza alcun contenuto, semplicemente credere.” Solo che a furia di credere così, sono saltati fuori sia Dio che il suo contenuto. Ho scoperto che l’idea di Dio è legittima se pensata come il distruggersi di un centro ideale, di una X, ed è colta nell’atto di disgregarsi come un tutto che si disfa. Siamo distrutti da un Dio assieme a lui stesso? L’assetto metafisico del mondo si sorregge ontologicamente sul mutuo massacro. Dio non è né intelligente, né buono, ma bruto essere che chiamiamo Dio solo per la potenza. Il bene (il ‘giusto’) è lotta contro la mortalità, contro quest’“essere” che ci risucchia e ci uccide. Dio è l’annientante. Nella teologia della maledictio in ordine ad Deum, secondo la definizione dell’Aquinate, la distruzione diventa centrale come lo fu la creazione per i sognatori, anche se finora non se n’è accorto nessuno. La teologia maledetta però non può costruirsi su ‘Gesù’. Quello che fu è e resta irripetibile.
Luglio 2nd, 2019 at 5:06 am
@22 e 23 rappresentano l’epifenomeno di questa distruzione in atto che ci vede inermi. Ma a questo punto, a considerare vita e morte senza alcuna emozione non è il samurai, che esprime forza, vitalità e attaccamento al suo ideale, piuttosto i consumatori di cuscini che… “Non accade nulla e… puff!”, annientati.
Sulla pace il repertorio è vasto. Diciamo che “la guerra si fa per fare la pace.”
Io sono in guerra contro il mondo. Lo stato di avversione contro il mondo è un pensiero ancora acerbo per poter essere formulato compiutamente quindi taccio. Anche perché mi pare di aver detto troppo.
«C’è dignità nel tenere la bocca chiusa. (…) C’è anche gran dignità nel digrignare i denti e nel mandare lampi dagli occhi. La cosa più importante è concentrarsi su di esse tutto il tempo ed essere totalmente sincero nel manifestarle.»
Hagakure, Libro II.
Luglio 2nd, 2019 at 5:07 am
*Sul contenuto di Dio v. Kant, Critica della ragion pura, II. Dialettica trascendentale, Libro II, cap. III, Sezione quarta, quinta, sesta, settima: Dell’impossibilità di una prova ontologica dell’esistenza di Dio, Dell’impossibilità di una prova cosmologica dell’esistenza di Dio, Dell’impossibilità della prova fisico-teologica, Critica di ogni teologia fondata sui principi speculativi della ragione.
Dio risponde al bisogno umano di dare coerenza e sistematicità al pensiero; non esiste nel mondo fenomenico, ma solo nella coscienza del soggetto come idea regolativa – come errore necessario per pensare la realtà.
Luglio 2nd, 2019 at 8:00 am
Ecco, su l’idea di Dio ho le idee chiare: è una fregatura che, una volta attivata, si avvita per sempre su sé stessa. Per es.: se immagini l’assoluto e poi cerchi di dimostrarlo fai 2 cose che non si tengono. Su una cosa temo tu abbia ragione: il buddismo, in specie quello del “puff!” non porta nulla di buono al mondo, inteso come società politica. Semplificando: togliersi dalla comune lascia tutto lo spazio (e il tempo) ai salvini di turno. A parte l’India (caso a parte), dove c’è o c’è stato “il buddismo” come forte presenza numerica per un tempo lungo, il fascismo più stupido è di casa praticamente da sempre. Includo anche il Giappone, naturalmente, anche se il fascismo giapponese è molto più raffinato della media. Forse per ‘l’aiuto’ che ha avuto da parte del confucianesimo.
Quindi: parlando di dignità di vivere (secondo il modello Hagakure), sono “meglio” i monaci tibetani (o vietnamiti) che si danno fuoco rispetto al “puff!”. Ma, sulla via buddista, la dignità di vivere non è un valore omologato secondo un solo paradigma.
Luglio 2nd, 2019 at 8:21 am
L’assoluto me lo immagino così: la Terra senza l’uomo.
«La vita dura solo un istante; è necessario avere la forza di andare avanti facendo ciò che più ci piace.
In questo mondo fugace come un sogno vivere nella sofferenza, non facendo che cose spiacevoli è pura follia. Questo principio, mal interpretato, può tuttavia essere nocivo, così ho deciso di non insegnarlo ai giovani…
Mi piace dormire. In risposta alla situazione attuale del mondo, credo che quanto di meglio ho da fare sia rientrare a casa e dormire.»
Hagakure, Libro II.
Luglio 2nd, 2019 at 8:32 am
Buongiorno HMSX, mi fa piacere tu abbia apprezzato le vignette.
Riguardo al “puf!”: secondo me rimane comunque un “passaggio” fondamentale (c’è buddismo senza “puf”?) necessario per evitare (senza garanzie di riuscita) di entrare nel gioco con idee strane tipo messianiche e poi finire per giocare allo stesso modo.
E poi o fai “puf!”, o credi in Dio, o vai fuori di testa
Luglio 2nd, 2019 at 9:25 am
Ciao Fago, buongiorno a te, anche se per me è notte. O credi in Dio, o vai fuori di testa, o leggi Hagakure.
Sembra ragionevole seguire la via che conduce al mio letto.
Luglio 2nd, 2019 at 9:44 am
Ciao Fago, è vero: non c’è buddismo senza “puff!” (ahhh se lo praticasse anche Gaetano …) ma se è un passaggio allora c’è un dopo.
Che cosa viene dopo?
Luglio 2nd, 2019 at 9:52 am
Secondo me dopo viene quello che c’era prima ma molto più leggero
Luglio 2nd, 2019 at 9:54 am
Caro Gaetano,
dopo il tuo @25 reitero il mio invito a leggere con maggior cura, prima di tutto quello che tu stesso scrivi. A cominciare con le cose più semplici: l’acronimo con cui qui mi presento è “jf”, non quel “js” con cui mi apostrofi: niente di personale, ma nomi e nomignoli servono proprio a far sì che coloro a cui ti rivogli si accorgano che parli con loro, se sbagli una lettera su due la cosa si complica. L’“almeno” doppia lettura de “Il buddismo Mahāyāna attraverso i luoghi, i tempi e le culture” non è stata sufficiente, a quanto pare: ti consiglio di rileggere da pag.173 a pag.180, in particolare da fine pag. 179 dove proprio la frase da te allegramente citata viene presa in esame: se rileggi, oltre che “con una certa passione ed entusiasmo” anche con un po’ di attenzione, vedrai che il commento di Mym @8 ti apparirà meno sibillino, e ne apprezzerai il contenuto metodologico: si dice che proprio da un dilemma dello stesso ordine semantico Dōgen abbia dato nuovo impulso alla sua ricerca del senso della Via di Buddha: per questo dico che, ai miei occhi, quell’indicazione ha un chiaro valore metodologico e non è un invito “a sviscerare a spiegare quella sentenza”, operazione in questo caso faticosamente vana.
Dici: “Ovviamente non ho letto il Mūlamadhyamakakārikā”: l’ovvietà mi sfugge. Se ne vuoi parlare, comincia col leggerlo, ovviamente, non è un’opera lunga, ce ne sono almeno un paio di buone traduzioni integrali dall’originale sanscrito in italiano. Aggiungi poi “Magari mi avreste potuto spiegare perché la frase di Nagarjuna non c’entrava niente con le vignette”. Non so dove tu lo abbia letto: in @19 Mym ti diceva altro: “Però quello che provi quando pratichi non solo, penso, non interessa quasi a nessuno, ma faresti bene a liberartene senza indugi. Anche perché non c’entra nulla con la storia “samsara e nirvana ecc. ecc.”: difficile dargli torto. Le vignette di Fago e la loro pertinenza con la frase di Nāgārjuna qui non sono in questione.
Mi permetto una nota personale: ho l’impressione che tu parli della tua ignoranza con una certa spavalda nonchalance: l’ignoranza è cosa seria, a volte è una condanna, a volte è un’occasione, sempre, credo, un elemento costitutivo del nostro esistere da non prendere alla leggera.
Luglio 2nd, 2019 at 10:49 am
Ciao Gaetano, sei fortunato che esistano persone come Jf, per scrivere @37 ci vuole tanto tempo e tanta pazienza che solo persone oltre la media lo possono fare. Io ti avrei lasciato lì, come le ragazze bruttine alla festa della scuola …
Luglio 2nd, 2019 at 10:52 am
Fago @36: insomma il buddismo è un lenitivo … rende più leggero quello che c’era già.
Un buddismo centrista, per nulla radicale.
Nagarjuna era un pistola, allora?
Luglio 2nd, 2019 at 11:26 am
Caro Jiso, scusami per l’errore di battitura, so che sei Jiso Forzani, non so come ho fatto a sbagliare. Perchè non dovrei citare “allegramente” la frase di Nagarjuna? Non è “allegro”, “lieve” e anche “ironico” praticare senza porsi uno scopo? E anche un poco disumano… Riguardo al Mulamadhyamakakarika, pensavo che fosse un’opera mastodontica e di una difficoltà da “iniziati” e non sapevo neanche che ne esistessero traduzioni in italiano; anche in questo sta la mia leggendaria ignoranza, che non è spavalda, è solo tale e quale. Comunque, mi è venuta voglia di rileggere il primo volume sul buddismo Mahayana 😊. Ciò detto, prendo atto che la comunicazione è veramente faticosa, penso più che altro per difficoltà mie, quindi, per me, la possiamo chiudere qui.
Con affetto
Luglio 2nd, 2019 at 12:22 pm
Caro Gaetano, ma allora non sei così ignorante come ti vanti di essere: sai che sono Jiso Forzani, io invece non lo so che sono, penso che i nomi propri siano modi di dire, per questo richiedono precisione per capirsi.
“Allegramente” l’ho usato nell’accezione di “frivolmente”, per es. come si dice “una gestione allegra delle finanze” ecc. Con il praticare senza porsi uno scopo non ha niente a che fare.
Ciao
Luglio 2nd, 2019 at 1:50 pm
Mym @39:non lo definirei un lenitivo perchè (per restare nella metafora) la “ferita” scompare proprio. Assieme al dolore che provoca (da cui non è separabile).
Però la ferita è una specie di mia allucinazione (con conseguenze decisamente concrete), quindi quando scompare da un certo punto di vista non è cambiato niente “realmente”. Allo stesso tempo tra “prima e dopo” qualcosa cambia, e parecchio
Luglio 2nd, 2019 at 3:11 pm
Salve a tutti, leggervi mi ha fatto bene, un bene che se già mi aiutasse a non far danni, produrrà almeno a Oriolo e dintorni una grande quantità di merito :-).
Ma bando alle ciance, e visto che alcuni parlano di esperienze e allucinazioni, non vi dispiacerà se vi dico che la discussione mi ha fatto venire in mente mio nonno Renato. “E a noi che ce ne frega?” direte voialtri. Tuttavia, a mio rischio insisto. Egli era solito riferirmi un suo principio guida: “Alisa’ (Alessandro) è ‘na rota, come fai sbaji, ma sapello te permette de gioca’ d’anticipo e de fa’ qualche stupidaggine de meno. E se sei fortunato, te da er tempo de butta giù un bicchierotto de rosso con qualche buon compagno”.
Può essere pertinente? O è OT? Mah!
Saluti e grazie. Alla prossima.
Luglio 2nd, 2019 at 5:49 pm
Fago @42: è una sterzata su due ruote (da ‘più leggero’ a ‘scompare’) ma voi artisti siete così, un po estremi, un po’ approssimativi …
Alisà @ 43: di tuo nonno ci frega, figurati. È il resto …
Novembre 24th, 2019 at 6:47 pm
Buonasera,
ho letto con interesse l’articolo linkato che “distingue(…)psicoterapia e zazen”
Ho chiesto un parere ad un’amica che siede in zazen da circa 25 anni e che da altrettanti lavora come psicanalista.
Di seguito la sua risposta:
Not very interesting article. Mindfulness meditation is not zazen. Author seems to be writing from perspective of Theravada Buddhism. All he’s saying is: therapy and meditation have frequently been confused and remain confused in the minds of many. So what. Moreover, the article isn’t written (in contrast to say Dogen’s writing) with the mind of the meditator. So the author himself falls prey to the “triumph of the therapeutic” in even making the comparison. A sixth grader could have written it.
Novembre 25th, 2019 at 4:11 pm
Ciao Fago, grazie.
Sì, penso che quanto scritto dalla tua amica sia legittimo. Secondo me, però, occorrerebbe tener conto delle motivazioni dell’articolo che appaiono chiare dal titolo: ti rivolgi allo zz quando sarebbe meglio tu seguissi una terapia? Siccome è un errore comune, o quantomeno non inusuale, sia confondere mindfulness con lo zazen (una mia studentessa ha redatto una tesi interessante sull’argomento) sia rivolgersi allo zz invece che a un terapeuta (a me capita almeno un paio di volte all’anno di venir interpellato in quel ruolo), allora distinguere le due cose nella loro ‘sostanza’ penso sia utile. Riguardo al fatto che l’articolo non sia scritto con la mente di chi pratica lo zz, temo che la medesima critica si potrebbe legittimamente rivolgere alla signora psicanalista.
Novembre 27th, 2019 at 9:08 am
Buongiorno,
In questa pagina abbiamo pubblicato un nuovo testo, inedito, di Uchiyama Kosho roshi, specificamente sulla pratica dello zazen, dal titolo Uno zazen che non porta a nulla.
Novembre 27th, 2019 at 6:37 pm
Buonasera,
Sarò off line per qualche tempo.
A presto
mym
Dicembre 1st, 2019 at 3:07 pm
Mi chiedo se il nembutsu, del qui parla Uchiyama en il testo, possa funzionare allo stesso modo per un occidentale, senza il retroterra culturale di un giapponese. Qualche volta, alla ricerca di una sorta di preghiera per quando non si è seduti in zazen, ho provato qualcosa di simile, con la versione “namu zazen butsu”, ma l’ho lasciato immediatamente. Il valore e il senso immediato e intuitivo che zazen ha per me non è stato riprodotto in questo modo. Zazen è una proposta universale, ma non mi è chiaro nel caso del nembutsu.
Dicembre 9th, 2019 at 12:11 am
C’è stato un problema all’interno della gestione del sito. Purtroppo alcuni caratteri del commento di Doc sono risultati ‘potenzialmente pericolosi’ e Il Sistema ha cancellato il commento.
Ci scusiamo con Doc e con i lettori.
Se Doc avesse voglia, potrebbe riscrivere qualche riga sull’argomento. mym
Gennaio 1st, 2020 at 1:20 pm
Miei cari amici vicini e lontani buon anno, buon anno ovunque voi siate! La prima cosa che ho pensato, è stata “Che ve possino!” ma ahimé l’ho dovuta lasciar evaporare, altrimenti sarebbe stato proprio un bel commento. Budda Zot più illuminato dell’albero di Natale.
Gennaio 1st, 2020 at 9:33 pm
Ma è un’illuminazione fissa o lampeggiante? Spero la seconda, che… con la luce sempre accesa poi la festa si spegne
Gennaio 8th, 2020 at 10:38 am
“I pensieri che corrono dietro a me” è un’espressione interessante. Nolenti o volenti, la nostra mente produce pensiero in continuazione: quando le esperienze precedenti si legano al presente o anche semplicemente perché quelle esperienze affiorano. Il problema, letteralmente, è che molto spesso noi agiamo, decidiamo, prendiamo posizione in base a quei pensieri che, come diceva Uchiyama roshi, sono solo delle secrezioni mentali. Zazen è lasciarli svanire, la via dello zen è -una volta svaniti- produrre pensiero nuovo, a prescindere.
Gennaio 9th, 2020 at 12:38 pm
Una bella bordata alla cultura identitaria cattolica, e oltre. Chapeau!
Gennaio 10th, 2020 at 5:37 pm
Bentornato Mym,
la tecnologia fa, la tecnologia disfa…
Mi pareva che la questione del ‘nembutsu’ meritasse un approfondimento (non se ne è mai parlato su queste pagine, a mia memoria) . Volevo stimolare questo approfondimento.
Il senso che io personalmente ricavo dalla lettura del testo di Uchiyama è che la recitazione del nembutsu sia da intendersi come un modo per lasciar cadere i pensieri; un supporto, un mezzo, come seguire il respiro o altri ‘stratagemmi’. Quel che conta è che il flusso dei pensieri si interrompa: e poi… si ricomincia…
Il titolo del testo è “uno zazen che non porta a nulla” , per cui … anche .. un nembutsu che non porta nulla. (infatti Uchiyama rōshi rispondeva qui agli studenti che dicevano di praticare zazen perche volevano fare esperienza dell’illuminazione improvvisa).
Siamo lontani quindi dalla preghiera – così come noi di matrice cristiana intendiamo questa parola – o dall’uso di mantra – così come ad esempio intende Conze nel suo commento al Sutra del Cuore.
Gennaio 11th, 2020 at 9:36 am
Per la serie: va male e perciò andrà peggio.
I problemi di cui parlano i monaci e le monache di Bose, chiaramente espressi, con un improbabile ma possibile cambio culturale, potrebbero essere risolti, o di molto attenuati, nell’arco di qualche decennio.
La mia/nostra generazione, invece, ha lasciato, sta lasciando alle generazioni successive un mondo in condizioni tremende, in senso strutturale, dal punto di vista ambientale, della distribuzione delle risorse, della diffusa presenza di guerre e della morale corrente. Non si salva nulla. Non intendo dire che ‘quelli prima di noi’ fossero migliori: non avevano gli stessi potenti strumenti per fare danni, e quindi ne hanno fatti di meno. Noi, la nostra generazione ha avuto potenti strumenti e li ha usati per distruggere il (avviare la distruzione del) pianeta nel suo assetto attuale. Certo, la scienza medica cura malattie impensabili da curare anche solo 30 anni fa, c’è l’alta velocità, lo smartphone e i social. Ma, temo, salvo “un dio che ci venga a salvare”, potrebbe venir presto un tempo in cui, per gli umani, i bisogni saranno elementari.
Gennaio 11th, 2020 at 5:26 pm
Coraggio raga! su con la vita
Per completezza ed equilibrio, ora i buoni monaci dovrebbero anche mostrarci l’altra faccia della medaglia; almeno …che so…75 anni senza conflitti in europa … la fame e molte malattie sconfitte in buona parte del mondo (mortalità infantile abbattuta) – che paradossalmente causando l’aumento esponenziale della popolazione mondiale ci possono proiettare verso certe visioni apocalittiche – … la conquista un po’ ovunque dei cosiddetti diritti, non solo delle minoranze e dell’altra metà del cielo … l’accesso alla istruzione….la informazione…
Qualcuno dovrebbe ricordarci come si viveva prima degli anni ’50, o nei secoli passati.
è davvero esistita la mitica età dell’oro?
Certo che il futuro è una sfida, ma entrare così a gamba tesa… poi l’arbitro fischia.
Gennaio 11th, 2020 at 5:36 pm
Secondo me la lettera dei monaci di Bose è interpretabile solo sul piano religioso, altrimenti sfocia nel ‘semplice’ discorso politico: non è cristiano chi bacia i crocifissi ma chi segue il Vangelo. Respingere i migranti ecc. ecc. non è seguire il Vangelo, ergo il baciatore di crocifissi è un ipocrita.
A mio parere non dice molto di più.
Per quanto riguarda il futuro: non sono sicuro che ci sia un futuro, su questo pianeta, per gli esseri umani.
Gennaio 11th, 2020 at 6:42 pm
Mah. Il ‘solo’ piano religioso…
L’effetto boomerang per me rimane.
Gennaio 11th, 2020 at 7:47 pm
Secondo me a un certo punto sono sbottati. Immagina se Salvini avesse agitato un Buddha o qualche altro simbolo spacciandosi per buddista praticante (in parte ci ha anche provato: prima ringraziava o salutava con un gassho): verrebbe da dirgli ‘scherza coi fanti …’. Però se vedi come è costruito il discorso, in particolare tutto il pezzo di apertura e quello di chiusura, secondo me hanno contenuto sul piano religioso quello che rischiava di sfociare sul piano politico. Tieni anche conto che il (parte del) cristianesimo è militanza sociale: il regno di Dio va costruito nel qui e ora. La politica dei sovranisti de’ noantri è un pugno in un occhio in un progetto di purezza: propone un modello di ‘salvezza’ che è l’esatto contrario del programma cristiano.
Gennaio 14th, 2020 at 10:49 am
Buongiorno a tutti, come sempre molto belle le vignette di Buddazot, la prima è abbastanza caustica e anche nelle righe che la accompagnano mi è parso di avvertire un filo di ironia, ma su questo posso sbagliarmi, sono uso all’errore.
Mi sono spesso chiesto cosa aggiungerebbe/cambierebbe nella mia pratica una ordinazione laica a bodhisattva della quale, poi, non conosco neanche la procedura. Nei Sutra della Sapienza é scritto che contrassegno del Buddha é non mostrare contrassegni, cosa cambierebbe nel mio sedermi ogni giorno in zazen il fatto di indossare il kesa?
Sono stato in un monastero Soto-Zen in Italia e vi ho trovato delle belle persone cordiali e di grande levatura spirituale, ma penso che l’impressione sarebbe stata uguale anche se non fossero state vestite alla giapponese e gli ambienti non fossero stati arredati allo stesso modo. Che poi tutto l’insieme abbia un incontestabile fascino è un’altra cosa che non attiene all’essenza della cosa. Se poi vogliamo risalire alle origini il Buddha Sakyamuni è indiano non giapponese. Io sento di appartenere alla Via, sento che il sedermi in zazen fa parte di quello che sono adesso, che bisogno c’è di una ratifica da parte di qualcuno?
Altro significato avrebbe un’ordinazione monastica, ma per quella non sono attualmente contingentemente attrezzato.
Magari qualcun altro ha i miei stessi dubbi e qui se ne potrebbe parlare.
Un abbraccio a tutti
Gennaio 14th, 2020 at 6:44 pm
Buonasera Gaetano, sono contento che tu abbia apprezzato BZ
Riguardo a quanto scrivi dopo, lascio ad altri la risposta
Un saluto
Gennaio 15th, 2020 at 12:21 pm
@fago5: quindi lo lasci sulla porta ad aspettare? se hai disegnato e scritto puoi dirci qualcosa, o eri in trance quando producevi arte? 🙂
Gennaio 15th, 2020 at 6:49 pm
Uè…se Roma chiama…g’ho de rispund un queicos
Premetto che non ho mai ricevuto ordinazione alcuna, quindi alcune cose le posso solo supporre.
1)”cosa aggiungerebbe/cambierebbe nella mia pratica una ordinazione laica a bodhisattva”:
Aggiungerebbe un’idea in più da lasciare andare , cambierebbe che avresti a disposizione un pensiero di appoggio piuttosto solido per continuare la pratica nei momenti di difficoltà. Però poi lasciarla andare la zattera è dura…almeno per me
2)”cosa cambierebbe nel mio sedermi ogni giorno in zazen il fatto di indossare il kesa”:
Secondo me nulla, parlando “strettamente” di zazen
3)”che bisogno c’è di una ratifica da parte di qualcuno?”
Non c’è bisogno una ratifica, ma di “spintarelle” per riuscire a beccare la “direttrice”. Poi tocca fare il possibile per mantenere la direzione nonostante i numerosi e sicuri sbandamenti
Gennaio 16th, 2020 at 10:13 am
Grazie per la risposta, Fago. Di lasciar andare la zattera… non se ne parla neanche. Straziato dai marosi in tempesta, senza la zattera quanto resisterei? Almeno adesso so che sono straziato dai marosi in tempesta…:-)
Per come la vivo io, la “spintarella” la trovo in quello che leggo, di cui il presente sito è grande parte, nel contatto con gente più avanti di me nella Via (ahimè molto infrequente), nel ritrovarmi nel mio Sangha; non sento il bisogno di “diplomi”.
E’ bello poterne parlare qui, sono uno abbastanza ignorante che arranca nella Via e sentire cosa ne pensano altri come me, oltre ai “dottori della legge”, mi fa/farebbe bene
Grazie
Gennaio 16th, 2020 at 10:35 am
Figurati, buona giornata
Gennaio 16th, 2020 at 7:51 pm
Mi provo ad aggiungere qualcosa in attesa di testimonianze più pertinenti. Intanto faccio presente che su questo blog si trova molto materiale che tratta l’argomento sollevato dalla lettura che Gaetano ha dato di Buddazot: di zazen, religione, monachesimo e laicità, dei maestri e dell’onanismo religioso, del sedersi da soli o in compagnia e via dicendo. Un recente articolo per esempio presenta un libro, L’altra riva, scritto da Henri Le Saux, testimonianza peraltro di dialogo tra le religioni. Poi si trova anche una sezione video che propone varie “visioni” dall’Europa e dal mondo che si dicono esprimere, a loro modo, la Via.
Se ciò che rende riconoscibile il buddhismo è l’espressione “Via di liberazione dalla sofferenza”, credo che qualunque pensiero o dubbio sorga in merito alla pratica (chiedo scusa per la parolaccia 🙂 ) sia bene ricondurlo qui, a quest’espressione, ovvero se abbia o meno a che fare con la realizzazione di quel fine. Ma questo seppure l’avevo letto, l’ho riconosciuto solo quando ho provato a metterlo in pratica (come altre indicazioni) su suggerimento di un buon amico che ho avuto la fortuna di sbirciare. Se stare seduti immobili in silenzio è concreta forma e manifestazione di quell’essenza poi, e non solo un particolare tipo di meditazione, a maggior ragione quelle questioni (kesa, dojo, ordinazione) coinvolgeranno tutta la nostra vita e non solo un aspetto di essa. Quindi prudenza mi dico mentre mi “arrabatto tra l’inizio di uno zazen e la fine di un altro” (cit. mym nell’articolo su Le Saux ). Perché la domanda delle domande, per me che son tapino, rimane aperta ad ogni piè sospinto: come continuare fuori dallo zafu questa doppia derapata mondo-silenzio-mondo, nel presente di ogni istante? E pare che non ci si azzecchi a dare risposte definitive. Perché di vita stiamo parlando, dove tutto rapido muta. Ed ora: ghigliottina!
Gennaio 18th, 2020 at 12:39 pm
Ciao AdO, non riesco a capire:
“Se stare seduti immobili in silenzio è concreta forma e manifestazione di quell’essenza poi, e non solo un particolare tipo di meditazione, a maggior ragione quelle questioni (kesa, dojo, ordinazione) coinvolgeranno tutta la nostra vita e non solo un aspetto di essa.”
Che intendi?
Gennaio 18th, 2020 at 1:31 pm
Se l’origine di dukkha è nel fraintendimento con cui mi relaziono con la realtà, con i suoi eventi ineluttabili (nascita, morte, vecchiaia, malattia…), e questa condizione è per me evidente, individuabile chiaramente nella mia esistenza e non solo una bella citazione, non posso che lavorare su me stesso per liberarmene e verificare che al fondo di “io” non c’è me sostanziale ma una serie di bollicine d’acqua gasata :-). Una fonte inesauribile di bollicine. Se dunque la liberazione ha da passare dallo scioglimento di quelle fantasie, legami, e zazen è la realizzazione concreta proposta, questo è il luogo dove mettere la mia vita (anche quando mi alzo dal cuscino), pertanto il modo in cui vivo la vita (percorro) è determinante ai fini di quella direzione (Via di liberazione dalla sofferenza). Facile? “Avoja a magna’ pagnotte” diceva mio padre. In conclusione, intendo dire che non è il kesa, il dojo, l’ordinazione il problema, il problema è come liberare loro e tutto il mio mondo da me che fa “io”. Speriamo bene.
Gennaio 18th, 2020 at 7:16 pm
Got it, grazie
Gennaio 19th, 2020 at 11:09 am
Grazie AdO, tanto per essere sicuro di aver got it pure io, tu intendi che kesa, dojo ordinazione siano degli epifenomeni (a proposito di parolacce…) di quello che succede tra il momento in cui ti alzi dallo zafu e quello in cui ti ci risiedi, quando sei nella Via e nella vita. Penso che tu abbia ragione, ma, essendo caratteristico delle bollicine di gas pensare di essere diverse l’una dalla’altra, forse questa non è l’unica possibile manifestazione della cosa. E, comunque, è abbastanza irrilevante, non sono nessuno per poter dire che i fratelli e le sorella abbiano torto o ragione e neanche lo voglio fare, mi chiedevo solo se questo fosse l’unico modo per percorrere la Via.
Ogni tanto ricado nell’antico errore (per me) di fare della Pratica un’attività intellettuale, mentre più mi siedo in zazen più mi rendo conto che è il corpo che fa zazen e la mente è un interessante gingillo che separa il me dal tutto, dal vuoto, da ciò il dukkha. Dai miei ricordi di chimica, quando si ottiene una soluzione soluto (il me, l’anima ecc) e solvente (il tutto, il vuoto) sono indistinguibili ma il sapore della storia è cambiato.
Intanto che mangio pagnotte mi procurerò il libro di H. Le Saux.
Grazie a tutti
Gennaio 20th, 2020 at 3:50 pm
@Gaetano14
No, non penso siano degli epifenomeni, credo che a ben vedere nulla sia un epifenomeno nella via proposta dal Buddha. Ogni aspetto, momento della vita è un aspetto, momento della via, e la realizzazione di quest’ultima è nella maniera in cui vivo concretamente ogni aspetto della vita: che io vesta un kesa o scriva un commento, dev’essere scioglimento dei legami, dell’io, non deve appoggiarsi a nulla, altrimenti è fuffa. Come queste parole: belle, ma parole. Tuttavia a sostenere la mia fede, c’è, il Vimalakīrti Nirdeśa Sūtra, dove si dice che “la famiglia del Tathāgata è la famiglia dell’accumulazione delle cose peribili, la famiglia dell’ignoranza e della sete d’esistenza, la famiglia dell’amore, dell’odio e dell’errore”, un vasto campo da arare dunque, purché io non lo trasformi in vanità. Quindi meglio che vada a scavarmi la buca. Ciao.
Gennaio 22nd, 2020 at 5:10 pm
ok, got it anch’io
Gennaio 26th, 2020 at 9:18 am
Grazie Doc.
Penso che l’espressione ‘un nenbutsu che non porta a nulla’ sintetizzi bene tutto il discorso. Se i mantra (o altri strumenti tantrici) vengono usati per ottenere, è un deragliamento, un’uscita dal seminato. L’interruzione del flusso, ovvero la morte, ogni volta che risorge, è il passo normale dello zazen.
Febbraio 8th, 2020 at 10:16 am
Non condivido nulla di quanto detto in questa lettera. E’ un dire di superficie, politicamente corretto, eticamente corrotto, direbbe l’ottimo Fusaro.
Lo stato è LAICO. e deve rispondere alle esigenze dei cittadini che rappresenta.
Il territorio dello stato italiano può garantire la sostenibilità per quaranta milioni di persone, attualmente siamo già oltre venti milioni…
La lettera afferma anche il falso quando afferma che si rifiuta il soccorso in mare, mai successo, altro è lo sbarco. E lì, uno stato serio deve essere risoluto, vale a dire, nessuno sbarco.
La lettera mescola confessione religiosa e politica quindi non è chiaro a quale dei due aspetti rispondere e comunque intrude troppo nel politico e a questo si deve rispondere.
Come dice sempre bl’ottimo Fusaro, più che cristianesimo sembra il vangelo secondo Soros, e se qualcuno appella un soggetto del genere quale benefattore è il caso di chiamare urgentemente il 118. E’ una lettera delle favole, di capuccetto rosso, hansel & gretel…non si può prendere sul serio…
Febbraio 8th, 2020 at 10:30 am
@4 mym,
hai un bel dire che si deve rispondere sul piano religioso a uno scritto che è politico al 98%…Non essendo nemmeno cristiano non ne condivido i postulati che trovo superficiali, retorici,de noantri, per usare una tua espressione. Questi qua non danno lezioni a nessuno e la loro idea di cristianesimo non mi piace assolutamente, preferisco Don Alessandro Minutella che gliele canta e gliele suona con argomenti più profondi.
Respingere l’invasione, “migranti” è altro, è il compito di qualsiasi rappresentante politico serio. Se fossi in Salvini e considerando che razzxa di demoni, ripeto DEMONI, abbia come oppositori, di rosari ne porterei cinque, uno per caviglia uno per polso e uno al collo. Salvini è anche padre di due bambini che frequentano le scuole pubbliche e attacchi come quelli alla sua persona sono degni del peggiore squadrismo e soprattutto lo squadrismo clerico e sinistro. Nessuno è perfetto, quindi ergersi a legumeni o giudici dell’operato della politica e di una parte politica è un grave errore che i cristiani fanno da sempre. Secondo me il buddismo opera su un piano diverso.
Febbraio 8th, 2020 at 10:41 am
@6 mym
il sovranismo, qualificalo come ti pare, è l’unica risposta che si possa dare a un progetto demoniaco. Il sovranismo è una risposta seria ed equilibrata a quello che appare (direbbe il Maestro Severino)come quello che non è già a priori, non è mai stato e non può necessariamente essere (direbbe ancora l’ottimo Severino).
Giudicare Salvini come fai tu, lo trovo un errore. Non puoi giudicare. Uno è libero di esprimersi nella modalità che sente o ritiene e non per questo può essere incasellato in un abito o ambito. Oltre a questo si deve restare nel merito, negli argomenti di un eventuale interlocutore senza attaccare la persona ma le idee eventuali.
Tu mym ti sei, accodato al mainstream usuraio mondialista che è quello verso cui spinge l’eretico bergoglio.
Febbraio 8th, 2020 at 11:55 am
Ciao Nello, bentornato.
Ti sei alzato col piede giusto stamane! 🙂
Ci sono alcune cose che non capisco in quello che scrivi. Comincio con quella che più mi perplette (@8): a che cosa ti riferisci quando affermi che “il buddismo opera su un piano diverso”?
Febbraio 8th, 2020 at 1:51 pm
Mym @ 10,
Il piano diverso è nessun piano.
Nessuna retorica,
Nessuna critica,
Nessun giudizio,
Niente di niente.
Febbraio 8th, 2020 at 3:35 pm
Ah, ho capito. Non ti annoveri tra i buddisti, allora … 😛
(Il tuo commento appariva due volte, ne ho eliminato una perché ho pensato fosse ridondante. Se il doppione era voluto puoi ripristinarlo, se vuoi).
Febbraio 9th, 2020 at 7:55 am
Il simpaticissimo Sawaki direbbe, il buddista è un cadavere putrefatto 😜
Febbraio 11th, 2020 at 12:16 pm
Ciao Nello, a mio modesto parere (probabilmente bigotto) attaccare un dotto discorso di 469 parole (@Nello 7,8,9), farcito di “ottimo Fusaro”, “ vangelo secondo Soros”, “ Questi qua”, “invasione”, “”migranti” è altro”, “DEMONI”, “ squadrismo clerico e sinistro”, “ progetto demoniaco”, “Non puoi giudicare.”, “ ti sei, accodato al mainstream usuraio mondialista”, “l’eretico bergoglio.” potrebbe andar bene per luoghi virtuali come Facebook o simili, non qui (parere personale, anche non condivisibile). Intendo dire che buttarla sul parlare divisivo con espressioni che, proprio come tu dici, “incasellano in un abito o ambito”, cosa dovrebbero produrre? Risveglio? Non penso proprio: quindi meglio lasciar perdere. La lotta politica è una cosa, un modo come altri di entrare in contatto con la realtà, che può produrre visioni di futuro oppure chiacchiere, nulla da eccepire. E ciascuno di noi nel suo mondo, immagino che lo affronterà secondo una propria etica faticata. Credo però che un luogo virtuale che si propone di dialogare in modo religioso (che non è un modo come un altro) delle cose del mondo, lo si frequenti pure nella speranza di trovare un dialogo che abbia il coraggio di gettare il cuore oltre ogni tipo di identità che non sia la mera constatazione di un momento fenomenico per aspirare (all’increato?) e respirare un po’ d’aria fresca. Anche quando si legge qualcosa che pare non esserlo. Penso che un adulto sia consapevole, ad una certa età, che il mondo è luogo di ingiustizia e fabbrica di dolore, tuttavia e proprio per questo “Che cosa pensi di questo, o Sariputra? Forse perché il sole e la luna sono impuri, i nati ciechi non li vedono?”. Infine con riferimento @Nello11, quelle sono parole potenti, ma parole, che valgono nulla se non provo a dargli una forma adatta all’estinzione della sofferenza, altrimenti sono un vessillo per ricoprire di una qualche sacralità qualcosa che invece poggia su semplici formazioni nuvolose che vanno e vengono. Grazie.
Febbraio 11th, 2020 at 12:31 pm
Ciao AdO, grazie.
Sei proprio un brav’uomo.
Io, tutta ‘sta fatica, mica l’avrei fatta … 😳
Febbraio 12th, 2020 at 2:56 pm
Gentile signore AdO@14,
estrapolare parti di discorso come fa lei non è corretto.
Quello che per lei è un “dotto discorso”, per me non lo è.
In quel discorso, per mia opinione, non c’è nulla che valga la pena di essere rilevato.
Sul senso di “religioso”, lei, per me, non ha le idee chiare, e soprattutto nella sua accezione buddista.
Lei, come tutti, dovrebbe stare nel merito e dimostrare attraverso quello le mie eventuali lacune.
Dicendole che lei non sa cosa sia religioso, ovviamente, le ho già detto tutto.
All’asilo si insegna che qui e ora è diverso per ognuno, capisce? E in quel diverso bisogna giocarsela. Per lei è troppo difficile
Febbraio 12th, 2020 at 3:00 pm
Mym@15
Non si può gettare il sasso e nascondere la mano. Se il discorso posto in discussione è politico, e si fanno pure nomi politici, su questo piano si gioca la storiella.
Febbraio 12th, 2020 at 4:24 pm
Gentile signor Nello @16, sono stupito: quel “lei, come tutti, dovrebbe …” assieme a “per lei è troppo difficile” sono proprio deludenti. Temo che buddismo e religione(so) ne siano lontani.
Non si può analizzare, guardare, valutare secondo religione, quindi in modo religioso, un politico quando usa simboli religiosi?
Lo so che molti credono nel ‘primato della politica’. Se concordassi, mi presenterei/mi sarei presentato alle elezioni
Febbraio 12th, 2020 at 6:44 pm
Caro mym, la compassione può esprimersi anche con un colpo di kyosaku… Con la scorrettezza plateale e grossolana di quel signore, mi sono contenuto… dovresti apprezzarlo. Poi puoi plaudire chi ritieni, e io sono altrettanto libero di dire che non sono d’accordo. Non deviare dal contesto dello scritto che con il termine “religioso” ha poco da spartire, e comunque, ripeto, non siamo tutti uguali, intellettualmente parlando.
Febbraio 13th, 2020 at 8:57 am
Sì, sì il kyosaku, conosco la solfa. Amanti del manganello ce ne sono dappertutto.
Più difficile e faticosa è la pratica gentile, non aggressiva, amorevole, paziente della compassione.
Febbraio 13th, 2020 at 11:12 am
Chiedo scusa se intervengo ancora sull’argomento.
La questione sta un po’ degenerando e diventa poi difficile riprendere il bandolo della matassa. Per cui vorrei riordinare le idee.
La lettera dei monaci.
Per quale motivo è stata scritta e per quale motivo è stata pubblicata qui.
A ). Il criterio cronologico suggerisce che, appurato che i contenuti sono politici, che si tratti anche di una lettera elettorale, cioè tesa ad influenzare un qualche ‘elettorato’. Infatti pur non essendo datata è titolata ‘Avvento 2019’ – ovvero dicembre ’19 – e pubblicata qui l’otto gennaio: le elezioni in Emilia furono il 26 gennaio. In tal caso la cornice (apertura e chiusura) di carattere religioso sembrerebbero più che altro una sorta di ‘copertura’. Un filino ipocrita a mio avviso.
B). Essendo la ‘Stella’ un sito impegnato nel dialogo (interreligioso, intrareligioso..) bisogna però dar fede che l’intento possa esser stato quello di una prova di dialogo. E questo forse è l’argomento principe che merita un approfondimento.
C). La scelta di pubblicare qui potrebbe anche essere stata quella di far conoscere ‘dall’interno’ cosa gira nella testa dei monaci di Bose, quale è il loro tipo di atteggiamento nei confronti della lettura del Vangelo e dei testi sacri. Non che io sia un esperto, ma tra le varie citazioni non vedo nulla che mi riconduca all’invito di non mescolare gli ambiti di Cesare e Dio. Per cui probabilmente ci azzecca Mym quando dice che (mym 6) in quel contesto ‘il (parte del) cristianesimo è miltanza sociale’. Cioè politico. E qui torniamo ad A).
D). La scrittura ‘di gruppo’ indicherebbe non un punto di vista personale, ma una posizione collettiva, discussa elaborata da un gruppo di persone…. Di nuovo politica dunque. E non genericamente cristiana, né specificatamente cattolica: infatti la polemica dei monaci è anche con altri modi di vivere e interpretare il Vangelo (vedi cristiani del campanile vs cristiani del vangelo)
Febbraio 13th, 2020 at 11:13 am
Ma qui della politica nulla ci importa, per cui l’opzione interessante sarebbe quella del dialogo. E qui nascono ulteriori difficoltà, perché catalogare tout court la Via del Buddha (qui il buddhismo Zen) come religione nella accezione occidentale della parola (e che prevede anche, evidentemente (mym6), la militanza sociale come opzione nella definizione di religione) è operazione da acrobati. So che su questo tema le opinioni sono spesso discordanti e vedo anche che negli ultimi anni la definizione di religione sta diventando sempre più omnicomprensiva, nel tentativo di farci entrare, e inquadrare, il più possibile di ambiti . Tanto che ormai si parla anche del taoismo o del marxismo come di ‘religioni’. E va bene così, il politicamente corretto e inclusivo è l’ideologia di oggi cui è gioco adeguarsi.
Ma allora, se dobbiamo dialogare, ad una provocazione politica è non-solo-lecito rispondere; ed è bene essere altrettanto chiari. Mi pare che Nello non abbia usato toni particolarmente arroganti od offensivi, non più dei monaci di Bose comunque.
Il mio invito è questo. Interroghiamoci ancora una volta sulla questione del dialogo tra i seguaci della Via del (dei) Buddha e la politica, nonchè le Religioni. Siamo al punto zero, evidentemente, e questo blog ne è la prova.
Meno male. Chi cade a terra si rialza con la terra.
Febbraio 13th, 2020 at 11:41 am
Un ultima cosa:se Salvini o chi per lui avesse agitato un Buddino di ceramica o altro del genere (6), io credo che qualunque seguace della Via avrebbe osservato, con occhio più o meno benevolo ma certemente con un ieratico sorriso compassionevole sul viso 🤣 . Delle immagini e parole di buddha ormai si è fatto scempio ovunque (a proposito avete mai usato il bagnoschiuma Zen?! è ottimo, costa poco e lascia una pelle pulita, profumata e fragrante…..)e non ho mai sentito nessuno prenderla a male.🤬
Febbraio 13th, 2020 at 11:58 am
È onnicomprensivo, il Doc, oggi. Bentornato. Comunque ci hai preso, col punto C (diverso dal punto G, mi raccomando …): pubblicai la lettera appena la ricevetti/lessi, senza guardare alle date. Con ogni probabilità, però, ci avevano pensato loro, alle date. L’intento, mio, era esattamente quello di “far conoscere ‘dall’interno’ cosa gira nella testa dei monaci di Bose …”.
Vero che, a livello personale, nessuno se la prenderebbe a male se quel fine individuo di Salvini mostrasse o baciasse Buddini. Tuttavia non sarebbe fuori luogo (come hanno fatto i monaci di Bose) avvisare le folle che il giovanotto, proprio perché fa così, dimostra di essere tutt’altro che buddista e quindi di non ‘cascarci’.
Febbraio 13th, 2020 at 1:17 pm
Penso che l’umano linguaggio non sia un procedimento matematico di calcolo, ma necessiti di reciproca comprensione, empatica per ciò che concerne la comprensione delle intenzioni dell’altro: dunque forma è merito, a parer mio. Credo che il dialogo funzioni (sia etico) se è universale, permetta cioè ad un non laureato e uno studioso di conversare su temi comuni (in questo caso religiosi). Per me è una cosa importante, posso imparare molto per fare meglio. Cose semplici non penso a rifondare il pensiero concettuale. Del resto nel mio caso mi sono dato la regola di sedere in silenzio quotidianamente e non rompere i “cosìddetti” al prossimo, sarebbe già molto. Se non ci riesco, ci riprovo. Per questo, nelle mie intenzioni non c’era e non c’è alcuna di pretesa di insegnare alcunché ad alcuno, se ho dato questa impressione me ne scuso.
Febbraio 13th, 2020 at 2:21 pm
Riprendo un’affermazione che pare categorica e come tale mi fa drizzare le orecchie: @22 “Ma qui della politica nulla c’importa”. Con pardon, a me importa assai, perché politica è il mio stare nel mondo (saṃsāra) mentre religione è il mio cercare di starci da bodhisattva. Non vedo come e perché separare le due cose, che due non sono, nel Mahāyāna. Il mondo è ovunque siamo, che sia la famiglia, il lavoro, la comunità, la cella che per quanto eremitica pullula di viventi, e questo blog: sono polis, luoghi comuni. Il bodhisattva, credo abbia nella sua grammatica un solo pronome a diposizione, almeno tentativamente, il noi. Ma non il noi separatista che divide in “noi e voi”, bensì il noi e basta, che include tutto, tutti. Per questo Nello qui sbaglia: il sovranismo è l’apoteosi dell’io, del noi proprietario, che divide ed esclude, che protegge noi respingendo loro.
Ho sentito un venticello, in alcune asserzioni, che mi ha riportato a un passo letto di recente, che mi permetto di citare: Il Beato allora disse:[…] Ebbene, gli ottusi ti diranno: ‘Solo in un modo si raggiunge il risveglio e cioè col solo modo della vacuità’. Ma costoro, invero, sono impuri nella pratica’”. Infatti, coltivando esclusivamente la vacuità, cadono nel nirvāṇa, a guisa degli Uditori. (dal Bhāvanākrama di Kamalaśīla). E se qualcuno pensa che questo monito non c’entra granché con quanto fin qui detto in questo frangente e che per nulla lo riguarda, porti pazienza, per cortesia.
Febbraio 13th, 2020 at 2:40 pm
doc @21-22-23 hai centrato
Febbraio 13th, 2020 at 2:54 pm
jf @26
La realtà politico economica attuale si divide in EU mondialisti e ipotetici sovranisti, come la Svizzera per esempio.
Poi ci sono i sognatori, gli utopisti…
Tertium not datum per il momento.
Io preferisco i sovranisti e non credo che questo preferire infici il mio stare al mondo più di quanto non lo faccia qualsiasi altra cosa.
Che il sovranismo sia l’apoteosi dell’io mi sembra completamente sbagliato e fuorviante, non ha molto senso elaborare un problema del genere con gli strumenti dell’io e noi.
È il noi non può limitarsi solo alle persone e qui si apre uno scenario che implica criteri di analisi che vanno oltre i pronomi
Febbraio 13th, 2020 at 6:25 pm
Ciao Jf
sei tu che invecchi o il velo di ironia sottinteso nella frase incriminata (22) era talmente sottile da risultare invisibile?! Ci importa talmente poco della politica che sono già 28 interventi più l’editoriale che ….
Qui in effetti non vale il principio di Bergoglio (se tu offendi la mia mamma io ti do un pugno). Si risponde e finisce lì. Non scorre sangue. Poi amici come prima.
Purtroppo nel mondo non è sempre così.
Quindi facciamo attenzione: ci porti su un terreno quantomai periglioso. So quanto ci tieni ad annoverare il Buddhismo tra le religioni, ma penso converrai che l’ambiguità del termine ‘religione’ andrebbe dipanata, almeno volta per volta.
Parli di religione intesa come pratica, personale anche se la risolvi nel noi. Però per molti (i più?!) come sai la religione è una sorta di ideologia, carica di valori inopinabili e verità indiscutibili, talvolta ahimè da imporre agli altri anche con metodi poco…ortodossi.
Religione e politica spesso vanno a braccetto. Separarle – laddove lo si è fatto – mi pare sia stata una delle conquiste dell’umanità: dopo l’età dell’oro, si intende, quando il lupo e l’agnello si abbeveravano insieme…
Febbraio 14th, 2020 at 8:23 am
Ciao Doc,
eh sì, invecchio e l’ennesima evidenza me la rivela non aver visto il velo della tua ironia, neppur così sottile: in effetti siamo già a 30 interventi… scusami.
Dici che ci porto su un terreno periglioso: non penso di essere io a farlo, direi piuttosto che ci siamo, in pericolo, pur senza farne un dramma. Il mondo, inteso come la civiltà che abbiamo inventato, va a rotoli, almeno così mi pare, se già non è rotolato del tutto e noi lo vediamo solo al rallentatore. Trattandosi di un’invenzione, di una costruzione della mente, non è che le cose vadano obbligatoriamente così, come ci si vuol far credere. Si può immaginare tutto diverso: sempre costruzione mentale sarà, ma meno sofferente. Questo può essere un obbiettivo nel tempo, mentre continuiamo a fare zazen. Per questo pensarci e dirci come “noi” invece che come “io-tu” penso sia una grammatica migliore. Il linguaggio è basilare nella costruzione del mondo, è la forma del pensiero, e, nel mondo, siamo come ci pensiamo. Dunque ripensare le parole (religione, politica…) mi sembra un lavoro da fare. Finora, e da secoli se non da millenni, sono state malpensate: il problema non mi pare sia sostituirle con altre, ma come e per cosa le usiamo.
Febbraio 14th, 2020 at 9:14 am
Jf
Un buddista, quindi chiunque, anche se dice “io” non è mai solo io.
E Chandrakirti nel suo commento all’opera di Nagarjuna, ha chiarito molto bene e per sempre il senso di vacuità.
Sia” io” che “noi” sono fasulli e lo sanno quasi tutti
Febbraio 14th, 2020 at 2:22 pm
Repetita iuvant, così pare per te, Nello, anche nel tono.
Forse se leggessimo con più attenzione quello che viene scritto, in fondo sono poche righe, ci risparmieremmo tutti un po’ di fatica. Ho scritto che (io o noi) sempre di costruzione mentale si tratta, non sta dunque qui la differenza. Son diversi gli effetti. Fra un calcio nel basso ventre e un abbraccio la differenza non è di sostanza ma di conseguenze. Fra due “illusioni” scelgo la meno perniciosa, cioè quella che sciogliendo i nodi induce alla pratica dello scioglimento.
Vacuità è un buon modo di dire, una buona indicazione verbale sullo stato delle cose, come da più parti insegnato e come certo sai anche tu. Ma è parola di cui non abusare o farsi scudo, non è un riparo.
Febbraio 14th, 2020 at 6:37 pm
Jf
Per “indurre alla pratica dello scioglimento (dei nodi)” ognuno ha la propria modalità, e tra “calci e abbracci” può essere stretta di mano e abbracci, oppure, inchino e altro.
Qui e ora è diverso per ognuno e non c’è un ognuno che vada bene per tutti e possa parlare per tutti.
Spesso, a mali estremi si risponde con rimedi estremi. Se un bambino infila una forchetta nella presa della luce, puoi dirgli di non farlo oppure gli tiri uno scarpone che magari gli fa male ma lo salva. Forse.
Febbraio 15th, 2020 at 5:29 am
Dice Padre Ernesto Balducci:
“Nessun cambiamento è da ritenersi positivo se obbedisce soltanto a ragioni economiche e tecnologiche, senza introdursi, con rispetto, nella struttura antropologica che un gruppo umano ha ereditato da secoli”.
Il sogno di una cosa, dal villaggio all’età planetaria
Edizioni Cultura della Pace
San Domenico di Fiesole FI, 1993,p.16
Febbraio 15th, 2020 at 4:01 pm
Parecchio tempo fa ricevetti una telefonata, dalla Trinacria: un fraterno amico che non vedevo da molti anni. Il petto mi si riempì di gioia ed accolsi la sua voce con entusiasmo. Alla fine della telefonata mi resi conto che lo scopo dell’amico era sponsorizzare la Appendino, allora candidata a sindaco della mia città. Mi lasciai influenzare e votai. (Me ne pentii – politicamente – non tante settimane dopo, ma questa è un’altra storia). Quello che volevo raccontare, se a qualcuno interessa, è quanto rimasi deluso dall’amico, che pur sempre stimo ed amo in qualche deposito della memoria, ma che spero – con tristezza – non mi chiami di nuovo se non per affetto o per necessità contingenti.
Per questo, parlando della lettera da Bose, ho parlato di boomerang. Se fossi stato residente in Emilia, dopo averla letta, probabilmente avrei avuto la tentazione di votare lega. Per ripicca. E non è escluso che alcuni l’abbiano fatto.
Febbraio 15th, 2020 at 4:02 pm
Se i monaci influencer avessero scritto a me, mi sarebbe piaciuto rispondere più o meno così:
<<…nel nome del Signore, consiglio per consiglio, considerate per favore e con indulgenza anche le misere parole di un vecchio ignorante, accidioso e peccatore. Facciamo molta attenzione, cari monaci, quando scriviamo collettivamente e pubblicamente, a cosa scriviamo ed alla intenzione che mettiamo nello scrivere. Non consideriamoci autoreferenzialmente gli unici veri depositari della Verità, nè di quel Vangelo da cui estrapoliamo frasi a sostegno delle nostre tesi dimenticandoci magari di altre, come ad esempio il dare a Cesare e dare a Dio: la pagliuzza e la trave ..…. Forse la gente, anche se poco istruita, non è poi così stupida o insensibile come ci piace pensare. Molti non amano farsi manipolare, nè da santini sventolati su una piazza, né da santini invocati in una lettera. Abbiamo rispetto per il nostro prossimo, che è anche il nostro vicino, quello che incontriamo quando usciamo nelle strade, che è anche i confratelli di fede che dissentono dalle nostre posizioni politiche: anche loro soffrono e piangono sulla caducità umana e sulle disgrazie dell’essere al mondo. Evitiamo di comportarci come radical shic dello spirito, affini a quei radical del portafoglio che ‘poveri ed immigrati devono essere accolti senza se, …ma sistemateli nelle periferie, non ai Parioli o alla Crocetta’. Non solo il Paradiso è lastricato di buone intenzioni. E se la sofferenza di alcuni gruppi umani ci preme come priorità di azione … scendiamo sulla terra… sporchiamoci le mani in prima perona… E’ vero: c’è molto da fare. Perdonate la mia arroganza e presunzione: vi amo qualunque sia il vostro credo ed il vostro orientamento.>> .
Febbraio 15th, 2020 at 4:14 pm
Capisco, però sembra della serie: “E mo’ je faccio er cucchiaio …” 🙂
Febbraio 15th, 2020 at 5:35 pm
Forse c’è anche un po’ di retrogusto Tottiano, se tu lo vedi. Del quale mi scuso.
Voleva essere ‘Disambiguazione al di fuori della Dottrina’. E dalle citazioni.
Febbraio 15th, 2020 at 5:50 pm
Un po’ sì. Pare: ‘na cosa pe’ faje vedé come se fa …
Però è una risposta rivolta a chi è uscito per primo. Si può dire che ci sia stato uno stimolo che ha suscitato una reazione, non è una sparata ‘a freddo’.
Saresti bravino come cristiano … 😛
Febbraio 15th, 2020 at 7:03 pm
Nooooo!….
Abbi capiscimi. Non è per me che mi batto e non ce l’ho con qualcuno in particolare.
Però se politica è religione e religione è politica, la laicità è la cosa più sacra (😋) e preziosa. E qualcuno la deve pur difendere.
Febbraio 15th, 2020 at 10:49 pm
Ma non puoi mica imputare ai monaci di Bose di non essere laici: io gli lascerei fare il loro mestiere, come mi pare cercassero di fare, dando indicazioni per distinguere il grano dalla gramigna. Le citazioni disturbano, è vero, quando sono comodi paraventi, ma sono anche utili per capirsi: tenendo conto che la loro lettera era rivolta a lettori cristiani, nella stragrande maggioranza. Il senso di pubblicarla qui non era a parer mio quello di fargli le pulci, a me semmai ha stimolato una domanda: loro (quei monaci cristiani) in questo frangente storico dicono questo e questo, e noi? Ho cercato in breve di rispondere.
Febbraio 16th, 2020 at 12:39 am
Noi chi?
Febbraio 16th, 2020 at 12:41 am
Forse travisi. Non ho detto che i monaci debbano essere laici. Ho parlato di laicità.
Febbraio 16th, 2020 at 1:07 am
Errata corrige: Laicità.
Febbraio 16th, 2020 at 10:57 am
Noi chi? Scegli tu: noi lettori di questo blog, noi che ci scriviamo in questo caso, noi che cerchiamo di vivere il buddismo e ogni tanto ne parliamo, o anche i noi per cui tu ti batti, visto che non è per te che lo fai (@40).
La laicità con la L può essere non meno confessionale e angusta di un’ideologia religiosa, a mio modesto avviso e per mia esperienza.
Ringrazio per l’attenzione e mi scuso con chi ha rilevato travisamenti, in amicizia.
Febbraio 16th, 2020 at 2:34 pm
Mi spiace che ti sia andata la mosca al naso. Ma io ancora non ho capito cosa intendevi (42). Però queste sono sciocchezze.
Quello che mi spiace di più è che non venga compresa l’importanza e la serietà dell’argomento: questo è davvero triste.
Forse sembra scontato, per i nati dopo il ’45 in europa, poter godere di un grande spazio laico, e di avere una quasi totale libertà di scelta, di pensiero, di espressione e di azione.
Ma pare che un bene grande non lo si apprezzi mai quando è scontato. Lo si irride e lo si calpesta. Solo quando lo si perde se ne comprenderne la portata.
Da parte mia, ringrazio di cuore ed onoro la memoria di tutti coloro che hanno lottato, spesso a prezzo della vita, per permettere a noi di godere di questo spazio libero.
Febbraio 16th, 2020 at 2:38 pm
Laicità contiene tutti i Credo Religiosi, le Filosofie, le Verità, le Dottrine politiche, le Scienze eccetera. Ma nessuna di esse contiene Laicità. Nella Laicità, che è vuoto,che non-è, esse/i trovano vita e modo di disputare e di accoppiarsi.
Ma Laicità è tanto preziosa quanto delicata: ha bisogno di cure. Ha molti nemici e deve essere difesa, riconosciuta e preservata per poter continuare ad offrire il suo dono.
Dunque Laicità è lo spazio vuoto che consente. Dove può aver luogo il Dialogo. Che è la cosa per cui siamo qui. Il dialogo inter-intra-religioso (e politico, a questo punto).
Senza sangue, roghi e demonizzazioni.
Febbraio 16th, 2020 at 9:21 pm
Caro Doc,
pensavo di aver concluso quel che avevo da dire, ma la tua accorata perorazione della laicità (scusa la minuscola, non ce la faccio, sono laico anch’io) m’invita a un’ulteriore intervento. Nella sagra delle mancate comprensioni, non capisco chi sarebbe che irride e calpesta quel bene grande di cui parli. Forse i monaci di Bose? A me non pare. Io? Spero tu non lo pensi. A me non è parso si parlasse di mettere questo in discussione, ma tu l’hai detto, invecchio, il che forse aumenta la percentuale di rischio di sbagliarmi. Semmai, mi è parso si parlasse, su input di quella famigerata lettera, del fatto che quel grande spazio, quella quasi totale libertà di scelta, di pensiero, di espressione e di azione (con beneficio d’inventario) di cui qui godiamo sia un privilegio di pochi a questo mondo, e quando si comincia a volerlo difendere a scapito di altri, tenendo fuori chi bussa, quella libertà immiserisce, si snatura in proprietà, diventa un bene di consumo e si consuma. E’ quel che mi pare stia succedendo qui da noi.
Febbraio 17th, 2020 at 1:46 am
Caro Jf
la frase incriminata non era riferita ad un qualcuno particolare, bensì rafforzava pleonasticamente l’osservazione precedente (‘un bene grande’). Ora che lo vedo capisco e mi scuso dell’inutile ambiguità.
Mi par di capire che con ‘laicità confessionale ed angusta’ tu ti riferisca (45) a regimi totalitari non ierocratici. (Se ho capito male correggimi, grazie.) Quindi io uso la parola prevalentemente nel senso di ‘laicità dello stato’ e tu la usi prevalentemente col senso contrario a ‘religioso’. (Mannaggia, apposta avevo messo la L…). Quindi il fascismo per te è laico?! Laico!?
Quindi ora capisco anche la battuta sui monaci che non possono essere laici (41).😄
Non sei invecchiato….scherzavo.
La terza parte di (48) sembrerebbe un invito ad entrare nel merito di questioni politiche di casa nostra; non ero io il tuo interlocutore sul tema quindi lascio spazio.
Un caro saluto.
Febbraio 17th, 2020 at 9:17 am
Bene, Doc, mi pare che ci siamo quasi capiti, sono contento.
Un’ultima richiesta precisazione: con ‘laicità confessionale e angusta’ mi riferivo, un po’ enfaticamente, alla concezione sacrale di laicità che ho sperimentato in Francia, dove è visto con sospetto ogni discorso religioso in luogo pubblico e si legifera contro il velo, salvo poi stigmatizzare come antisemita ogni minima critica a una concezione sionista dello Stato. Ma son quisquilie, lo so, peli nell’uovo, in confronto al buio pesto dei regimi teocratici e/o totalitari, fascismo per primo, la meno laica delle allucinazioni umane.
Ciao.
Febbraio 17th, 2020 at 11:23 am
Cosa c’entra il contenuto di una citazione con il supposto uso di paravento del citate? Ripeto, il contenuto.
Qui non c’è nessuno che “bussa”, qui sfondano la porta con il pugnale tra i denti…
È lo stato deve essere laico,per me.
Febbraio 17th, 2020 at 11:26 am
Poi… I fascisti… I populisti…é dialettica dei padroni del discorso, fuffa, non c’è realtà, tutto virtuale. Non lo bevo
Febbraio 17th, 2020 at 2:17 pm
Anche a me pare che ci siamo quasi capiti (jf 50).
D’ora in poi le parole laicità e religione le scriverò sempre con la minuscola.
Il primo che mi fa le pulci (perchè ci sarà…oh se ci sarà!) posso mandartelo?!😛
Buone cose.
Febbraio 17th, 2020 at 2:48 pm
Ultimissima cosa, poi mi tolgo.Promesso.
Dopo aver letto il libro di Scurati (M) mi sono ulteriormente radicato nell’idea che non sia stata tanto la destra quanto un certo massimalismo della sinistra a fare di Mussolini ‘il Duce’…
(Disambiguazione. Massimalismo: l’orientamento o il comportamento di chi, in una opposizione di idee o di programmi, vuole ottenere il risultato massimo e non ritiene accettabili soluzioni intermedie o parziali).
I meccanismi storici sembra si ripetano ciclicamente, pur mutando le forme.
Marzo 7th, 2020 at 7:28 am
Vorrei rispondere nel “merito” ai commenti di Nello.
“Il piano diverso è nessun piano etc…”, ovviamente secondo la prematurata della supercazzola fusariana, nel senso severiano, come se fosse antani. (Che volete? Ha iniziato lui.)
Le turbe di Nello – speriamo non si metta a frignare per un paio di colpetti di kyosaku – pongono alla nostra attenzione due questioni cruciali: quella dell’identità, come opportunamente evidenziato da jf @26, e quella del nulla.
È vero che la dottrina dell’anātman afferma l’inesistenza di un “Io” individuale, ma è anche vero che l’Occidente non è come l’Oriente, non è buddhista, crede nella passione, nell’azione e nell’identità, che è cristiana.
Chantal Desol è “la più nota pensatrice francese cattolica contemporanea” e nel suo ultimo libro – Le Crépuscule de l’universel – afferma che la cristianità è morta per cui il compito dei cattolici dovrebbe essere quello di amministrare con intelligenza il suo patrimonio spirituale (posizione analoga a quella espressa dal sinologo François Jullien in Risorse del cristianesimo). Tra i vari temi la pensatrice si occupa anche del problema dell’immigrazione “che non è solo un problema morale di necessaria solidarietà, ma anche di salvaguardia della cultura ospitante”, nel senso che “per la prima volta… culture straniere si oppongono al nostro modello negando la natura universale dei principi che volevamo portare al mondo… denunciando insieme agli eccessi dell’Occidente anche il suo carattere utopistico”. Ovviamente i cosiddetti populisti o sovranisti sono bollati come stupidi e scorretti giacché è vero che costoro si ergono a difensori dell’identità, ma di una identità degenerata. (Chantal Desol, L’uomo senza volto né catene, intervista su Il Foglio, 22/02/2020.)
Marzo 7th, 2020 at 7:29 am
La questione del nulla.
Appartengo alla schiera degli antiseveriniani, insieme a Aldo Masullo, Tommaso Ariemma, Alfonso Berardinelli etc. Una menzione d’onore per Massimo Baldini che con il suo “Contro il filosofese” ci ha messo in guardia dai pataccari della filosofia.
Severino era uno che aveva sempre in bocca la parola ‘nulla’, ma «Il mio pensiero, per quanto debole, possiede la forza di attingere l’Essere necessario esistente per sé stesso, e non ha la forza di concepire il nulla. L’esistenza di un solo atomo mi sembra sufficiente a provare l’eternità dell’esistenza, mentre nulla mi prova il nulla. Come! Nello spazio che oggi è qualcosa, ci sarebbe stato il nulla? Ciò mi riesce incomprensibile.» (Voltaire, Il filosofo ignorante.)
La questione meriterebbe un topic a parte perché l’inesistenza del nulla implica l’inesistenza del vuoto – e qui mi fermo; sia per la manifesta inadeguatezza del sottoscritto, sia perché ciò che qui interessa è il “nulla” kantiano a cui si ispira – consapevolmente o meno – la lettera del monastero di Bose.
Se – dice Kant – una delle grandi forze morali, mutuo amore e rispetto dovesse venir meno (la c.d. “amabilità insegnata da Gesù”) «allora il nulla… inghiottirebbe a fauci spalancate, come una goccia d’acqua, l’intero regno degli esseri.» (Critica della ragion pratica.) Dove per “nulla” è da intendersi “la ricaduta nelle barbarie” contro cui Kant mobilità la civiltà come forza dell’intelletto e del dovere.
Marzo 7th, 2020 at 7:29 am
Il tema posto da mym @2 è il più serio di tutti: siamo alle soglie di un “nuovo mondo” o della tomba? Siccome l’Apocalisse appartiene alla letteratura religiosa, il tema è eminentemente religioso, anzi teologico.
«Tutto è possibile a un Dio che si vendica», dice un quaresimale del settecento. Questo è pacifico. Ma la razionalizzazione occidentale lo ha reso incredibile. Per conseguenza la teologia classica va in mille pezzi e le aporie teologiche aprono autentici varchi. La teologia empia fa la sua comparsa. Segue il crollo della fiducia in Dio e la sistematica avversione al suo concetto. Siamo di fronte alla grande domanda a cui è necessario rispondere se si vuole capire qualcosa: è l’individuo in quanto tale nel punto più lontano dalla “origine”, dalla “creazione”?
Vale a dire che nel “Giorno del Giudizio” non ci saranno «due milioni di angeli coperti di corazze impenetrabili, galoppanti mostruosi cavalli, che ammazzeranno gran parte delle creature umane», né «la Terra si spaccherà e il Sole si svellerà rotolando giù», né «si udirà l’aquila gridare tre volte “guai!”»
No. Niente di quanto fu mille volte previsto accade. L’assetto del mondo continua a perpetuarsi: nascono i bambini, si invecchia e si muore sazi, i fiumi scorrono nei loro letti e la velocità di caduta dei pianeti verso il Sole diminuisce in misura proporzionale al quadrato della distanza. Ma i rapporti sociali si spappolano, le stagioni non reggono più, i ghiacciai si sciolgono, il deserto avanza, l’aria si fa irrespirabile.
…
NB. L’iperbole “Dio si è fatto uomo” non è teologicamente ricevibile. Ciò che si presenta ottusamente con il nome di Messia sa poco di teologia: con esso non si intende né carne né spirito.
Marzo 7th, 2020 at 7:30 am
L’idea della fine di tutte le cose, ragiona Kant, è inaccessibile a una conoscenza speculativa. Ma è fornita dalla stessa ‘ragione legislatrice’ con una intenzione pratica: «… perché se ne traggano i principi morali che simili idee suggeriscono relativamente ai fini ultimi di tutte le cose.» (La fine di tutte le cose.) E ancora: «Non è ragionando sul corso fisico delle cose di questo mondo, ma sul loro corso morale, che ci sono dati l’idea di una fine di tutte le cose e il diritto di accoglierla.»
La separazioni tra le due ‘ragioni’ postulata da Kant e da lui stesso teorizzata è il filo a cui è appeso il destino dell’umanità. Il che significa segretamente che solo il vantaggio farà da filtro a ciò che dalla fisica rifluirà sul piano umano. Eppure dagli imperativi che provengono dalla fisica, dall’in sé cieco e sordo del mondo, dall’accumularsi della sventura, si possono trarre norme vincolanti che agiscono più “degli splendidi occhi di Dio”. Ma l’unica eredità kantiana accettata senza discussioni è la Critica della ragion pratica che è l’estremo tentativo (idealistico) di occultare gli imperativi che provengono dalla fisica sostituendovi gli imperativi della coscienza.
Marzo 7th, 2020 at 10:20 am
Ciao Hmsx, bentornato. È un piacere leggerti. Anche se un ignorante come me non ha riferimenti culturali sufficienti per apprezzarti appieno.
Una cosa sola, ora: penso che la tua domanda “siamo alle soglie di un “nuovo mondo” o della tomba?” sia inutilmente duale. Almeno altri due casi sono ammessi.
Per favore, nello scrivere, ricorda la buona regola che recita: kick the ball, not the player.
Marzo 7th, 2020 at 11:59 am
Chiedo scusa a Nello. Non ce l’ho con lui. È che quando leggo il nome dell’“ottim…” – cough cough – scusate, ci riprovo: è che quando leggo il nome dell’ “ottim..” di quel mentecatto di Diego Fusaro, perdo la mia calma proverbiale.
Voglio dire a doc@22, 29, che se non ci vuole accollare la spesa per i Parerga e paralipomena di Schopenhauer (ma l’hai visto il piano dell’opera su wikipedia!?), può sempre reperire presso l’editore il Piano B il capitoletto “Sulla religione” dove in forma di dialogo tra uno spregiatore e un estimatore della religione si dice l’essenziale (spoiler: finisce in parità).
Avvertenza. Schopenhauer ha il vizio di scrivere in maniera semplice-semplice, facendo sempre degli esempi concreti e ancorando le sue tesi alla vita quotidiana. La sua pecca, come ebbe a dire il leggendario traduttore Giorgio Colli, è che il 20% della sua opera è fatta di insulti a Hegel, che guarda caso è proprio il filosofo di riferimento dell’”ottim…”- cough cough – di quella testa di legno di Diego Fusaro (scusate, non ce l’ho fatta)
Grazie per la stima, mym. Per quanto riguarda l’ignoranza, l’altro giorno rileggevo alcune cose che avevo scritto e ne ho dedotto che sono un analfabeta e un fanfarone.
L’oscurità di alcuni passaggi forse dipendono dal mèdium. Ogni volta che provo a descrivere tutti i vari nessi logici escono fuori certe lenzuolate “impostabili”. Diciamo che faccio affidamento sull’intuizione e la benevolenza del lettore.
Marzo 7th, 2020 at 2:37 pm
Carissimo. Mi chiami (60) e rispondo.
Ti ringrazio per il consiglio: ma – credimi – quando voglio leggere dei libri so come fare a procurarmeli.
Mi spiace che tu, che ami leggere tanto – non è una critica ma una amara, amorevole constatazione – non riesca a dire due parole farina del tuo sacco e neppure, a quanto pare, a leggere con attenzione un blog cui non hai partecipato. Potrebbe essere interessante. Ti perdi tra un riferimento ‘dotto’ ed una citazione, non cogli il cuore della questione ; ne risulta alla fine una accozzaglia di pensieri, a volte inutilmente polemici, ‘sostanzialmente’ avulsi dal contesto di cui si è discusso; illeggibile.
Se non stai attento non capisci. E se non capisci resta solo la sgradevole esibizione di un esercizio onanistico-intellettuale .
Contento tu. Per me leggerti, oggi, è stata una inutile e faticosa perdita di tempo.
Consiglio per consiglio, ti suggerirei di smetterla di leggere, per un bel po’, e di aprire le orecchie ed il cuore.
Sono certo che neppure tu te la prenderai per un benevolo colpetto di kyosaku.
Marzo 7th, 2020 at 3:23 pm
Kapperi, Doc, ben detto!
Che legnata.
Però anche le belle parole danno un poco di piacere. E l’onanismo intellettuale non fa parte, ancora, degli attimpuri.
Marzo 8th, 2020 at 7:08 am
Buongiorno.
Kapperi doc che colpo!, peccato sia andato a vuoto…
Ma lo sai che l’accusa “non è farina del tuo sacco” è la stessa che Wagner mosse a Nietzsche?
«Nietzsche non ha mai avuto pensieri propri, mai sangue propri: è tutto sangue altrui che è stato travasato in lui», disse a Cosima (Diari, 4.8.1993).
Che poi è la stessa accusa mossa a quel genio di Vanini, “trapiantatore di pensieri altrui”, giacché costruiva le sue opere “montando” brani presi da altri libri senza tuttavia perdere la compattezza della composizione e suscitando comunque un effetto originale grazie al suo temperamento di scrittore. Che poi è la stessa accusa che alcuni pedanti muovono a Quentin Tarantino, ma sto divagando.
Dici che hai letto M di Scurati, dunque saprai che il romanzo non è altro che un assemblaggio di documenti e testimonianze originali, a cui Scurati non ha aggiunto una virgola. Cioè, Scurati ha vinto il premio Strega senza scrivere una sola parola che fosse “farina del suo sacco”. Tutto “copia-incolla”. Del resto si sa – si sa? – che “tutta la letteratura è un gigantesco plagio.” (Ti evito la fatica di googlare, questo è Borges.)
Ecco, “farina del mio sacco” è la scelta degli autori, la selezione dei brani, la disposizione degli argomenti, che esprimono al meglio ciò che ho nella *mia* testa.
Marzo 8th, 2020 at 7:10 am
Il cuore della questione, dici?
Mi pare di averlo individuato in questo passo della lettera del Monastero di Bose: “…stiamo vivendo tempi cattivi, in cui quasi ci si fa un vanto della cattiveria. Quasi si rivendica un diritto alla cattiveria.”
E infatti: “ti suggerirei … di aprire… il cuore”. Ecco, se non ti impermalosisci troppo, direi: MA TI SEI BEVUTO IL CERVELLO!?
A meno che, per te, il “cuore” della questione sia l’art. 7 della Costituzione (ma non è semplice, si fa per dire, seguirti giacché “È onnicomprensivo, il doc, oggi”, mym@24). Allora, la separazione delle sfere di competenza è formale, non sostanziale. Certo, bisogna non essere dei pedanti per capirlo. Il cristianesimo è stato un potentissimo instrumentum regni per cui solo uno che ha vissuto su Marte può aspettarsi che i cattolici non si immischino in affari che riguardano la politica. Del resto, anch’essi sono cittadini e obbligati al dovere civico. Voglio dire che la ratio della norma, nella sostanza, riguarda coloro che fanno politica di professione, i quali non dovrebbero appropriarsi dei simboli religiosi per fare propaganda. La lettera del Monastero di Bose è sacrosanta. Ma questo è solo un livello di lettura superficiale, il tuo. A un altro livello la questione è più sottile. Per esempio, l’apparato dei peccata della teologia classica funzionava come codice penale. I peccata avevano una cogenza che oggi non hanno, al punto che il “cattolicissimo” Salvini si fa fotografare il venerdì di quaresima mentre si ingozza di carne di animali morti. Qual è il destino di una religione incapace di incidere sulle coscienze dei suoi seguaci? Ma esistono altri livelli di lettura, almeno tre o quattro. Non riesci a leggerli? Non importa. Non aver studiato Kant non è una condanna. Anche Nietzsche non aveva mai letto la Critica della ragion pura…
Marzo 8th, 2020 at 7:11 am
Infine, mi spiace, ma le tue deduzioni sul mio conto sono errate: io detesto leggere. Siccome a dirlo con parole mie risulterei lungo, me le faccio prestare.
«Di tutto quanto è stato scritto io amo solo quel che uno scrive col suo sangue. Scrivi col sangue: e vedrai che il sangue è spirito.
Non è affatto facile, capire il sangue altrui: odio gli oziosi che leggono.
Chi conosce il lettore, non fa più niente per il lettore. Ancora un secolo di lettori e lo spirito puzzerà.
Che tutti possano imparare a leggere, rovina alla lunga non solo lo scrivere, ma anche il pensare.»
(Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Del leggere e scrivere.)
Marzo 8th, 2020 at 11:01 am
Già… hai ragione.
Temo che il colpo di kyosaku sia andato a vuoto.
Mi spiace per te.
Marzo 8th, 2020 at 11:10 am
Secondo me, ognuno a suo modo, siete dei ‘grandi’.
Ma Doc è in odore di santità (si sente di qua …) mentre Hmsx è un simpatico farfallone.
Così ne scontento due in un colpo solo 😛
Marzo 9th, 2020 at 12:16 pm
Beh, dato che si sono riaperte la danze, mi faccio un giro, perché me ne era rimasta una in gola e allora ve la dico. Scrivevi (Doc @54): “Dopo aver letto il libro di Scurati (M) mi sono ulteriormente radicato nell’idea che non sia stata tanto la destra quanto un certo massimalismo della sinistra a fare di Mussolini ‘il Duce’…”. Eh no, per favore: questo equivale a dire che lo stupro è stato colpa della minigonna troppo corta di quella puttanella della vittima. Non scherziamo. Non mi pare proprio un’idea in cui valga la pena di radicarsi. Non è da te, Doc!
Marzo 9th, 2020 at 1:21 pm
Ciao Jf
rispetto la tua opinione, ma preferisco la mia.
Spero che a Lodi vada tutto bene.
Marzo 9th, 2020 at 4:31 pm
Ciao Doc,
ma allora sei davvero in odore di santità: è troppo presto, non fare così 😉
A Lodi e circondario non va per niente bene, come altrove nel Bel Paese, del resto. Disastro negli ospedali e nelle carceri, i luoghi dove si è alla mercé… Anche su questo dovrebbero ragionare i monaci di Bose, su come siamo ridotti dopo secoli di indottrinamento e di potere cattolico sulle anime: come ai tempi di Gesù, a sperare d’incontrare i pochi buoni samaritani.
Marzo 9th, 2020 at 5:00 pm
Qui finiamo sul ghiaccio sottile …
Rischiamo che qualcuno ci chieda di ragionare su come sono ridotti, dopo secoli di indottrinamento e di potere buddista sulle anime, popoli come il thailandese, il birmano o … il giapponese 🙁
Marzo 9th, 2020 at 5:23 pm
(jf 70) Scusa, hai ragione. Ero di corsa.
Riguardo al libro di Scurati, è stata una impressione che ho avuto. Ma sono passati mesi dalla lettura. Ricordo che mi aveva sorpreso quel punto di vista che ho espresso, anche perchè mi accorsi che… sotto sotto …. lo sospettavo.
Ma il bello del libro – a mio parere – è che non ha una tesi: come dice HMSX sono documenti storici narrati asetticamente, senza particolari virus ideologici. Ognuno si può fare una sua opinione. E cambiarla.
Ma non ho voglia di rileggerlo, per ora.
Comunque ho la sensazione che tu stia bene. E così qui, per ora; anche se la paranoia collettiva cresce ogni giorno di più.
Marzo 9th, 2020 at 6:18 pm
Proprio così, Mym @71. Pattinare sul ghiaccio sottile è un esercizio che va fatto, di quando in quando: è quella roba di pagliuzze e travi. Non è questione di noi e loro, ma di imparare dal passato, anche quello cosiddetto altrui. Indottrinamento e potere sulle anime sono robaccia (come il kyosaku…) chiunque li detenga e li usi, inmho.
Marzo 9th, 2020 at 6:27 pm
Doc 72: Prego, figurati.
Il libro di Scurati non l’ho letto, non solo perché dopo aver sentito una sua intervista alla tele ho pensato che non m’interessava, ma anche per il titolo: quella M nera che campeggia in campo bianco è pubblicità. Il testa di morto (come lo chiama Gadda) ben lo sapeva dicendo: parlate pure male di me, basta che ne parliate. Non ci sto, per me sta bene dov’è.
Marzo 10th, 2020 at 8:56 am
Scusa Doc, ma il ciccìcoccò sulle vostre letture, non è quella cosa lì degli attimpuri, l’onanismo intellettuale? :-\
Marzo 10th, 2020 at 9:43 am
Sissignore.
Marzo 10th, 2020 at 11:11 am
Vabbe’.
Tre pateravegloria e pedalare, per oggi.
E non giocare al dottore … 😛
Marzo 10th, 2020 at 11:26 am
Forse però l’argomento che poni non è così peregrino…. Almeno, credo di capire. Perciò la meno ancora un attimo (per il bene degli esseri, of course 🙏)
a) ero consapevole di dilungarmi e (a richiesta), sono in grado di spiegare la concatenazione di riflessioni che mi hanno indotto a un po’ di ciccicoccò
b) uso non è abuso.
Marzo 10th, 2020 at 11:28 am
Non mi era comparso il tuo commento 77.
Aggiungerò un pizzicotto ai pater…
Marzo 13th, 2020 at 8:14 am
Il kyosaku non può essere travisato quale “manganello” e nemmeno come “punizione”.
Il kyosaku è un upaya, un mezzo. Si può scegliere se usarlo o meno. Può non essere adatto per tutti, fattore che connota ogni mezzo, sta quindi alla persona che lo usa capire se sia il caso o meno di utilizzarlo.
Questo non significa la sua esclusione a prescindere, a priori.
Un famoso monaco,che non cito per non irritare i suscettibili, durante il suo primo contatto avvenuto con lo zen Rinzai, fu erroneamente colpito in testa e prese a cazzotti chi glielo aveva servito maldestramente,poi, nel tempo, lo definì “bastone del risveglio”. Si può non essere d’accordo con questa definizione ma personalmente la condivido. Ognuno ha la propria sensibilità che vale quella di chiunque altro. Quindi, nessuna elevazione, nessuna condanna, pe me, e tanti altri.
Marzo 13th, 2020 at 8:19 am
Il kyosaku, di fatto è il tempo,mujo,se si realizza il tempo si comprende la nascita del kyosaku.
Marzo 13th, 2020 at 8:43 am
Il kyosaku è un bastone.
Il resto …
Marzo 13th, 2020 at 10:35 am
Ambedue le affermazioni:
“Il kyosaku è un bastone”
“Il kyosaku non è un bastone”
Non colgono nel segno
Marzo 13th, 2020 at 11:56 am
E quindi?
Marzo 13th, 2020 at 5:46 pm
(Chi-osa-cu)culiàre il kyosaku?
Questo sì che è un koan
Marzo 13th, 2020 at 5:51 pm
Chi di chiosaculiata ferisce …
Marzo 13th, 2020 at 6:18 pm
fago85: Chi osò non so, ma qualcuno sul suo nido ci volò. Metacitazionismo gergale statunitense per rimanere in tema (sperando non disgarbi il Doc), ché comunque ha a che fare con gli scherzi della mente.
Marzo 13th, 2020 at 6:53 pm
Pare anche a me più una questione di enigmistica (scherzi della mente) che di koanistica (niente scherzi; o solo scherzi, che è lo stesso).
Marzo 13th, 2020 at 7:18 pm
Eh, mi scivoló il piede…giù dal nido
Marzo 13th, 2020 at 7:43 pm
Il cacciatòr del bosco … Pan pan!
Marzo 27th, 2020 at 8:45 am
Dalla regia mi dicono che nell’intenzione dell’autore il “pennello” era la benna di un escavatore
Comunque, de perceptionibus (così come “de ‘na cifra de artre cose”) non disputandum est
Marzo 27th, 2020 at 4:01 pm
@fago: Non ho mai avuto dubbi in proposito, evidente che quel pennello non fosse un pennello. Anche se ho conosciuto un tizio che usava la bènna con tanta destrezza da meritarsi il soprannome Giggi “er Giotto de Primavalle”. Non so se rendo…
Marzo 27th, 2020 at 4:52 pm
Saluti dalla Spagna, anche qui chiusi in casa È strano questo momento, tre miliardi di persone confinate nelle nostre case. Come sempre, in realtà, solo che ora si sa.
Invece la natura è felice, l’abbiamo lasciata in pace un attimo, almeno per un po’ la peste è scomparsa.
Marzo 27th, 2020 at 4:58 pm
Ciao Roberto, bentornato.
È vero, la peste non è scomparsa, è chiusa in casa a leccarsi le ferite.
Appena potrà, farà peggio di prima.
Marzo 27th, 2020 at 6:17 pm
Ciao AdO
rendi, rendi… 😉
Marzo 28th, 2020 at 11:18 am
Nell’intenzione dell’Autore, vista da qui, la pala è appoggiata all’orizzonte-muro, oltre il labile limite del pensiero binario, di qua del quale si scava, si disegna… nevvero?
Bel lavoro, comunque, grazie.
Un saluto a tutti e a ciascuno dall’epicentro del contagio che, ci ricordano in continuazione, si annida in ognuno di noi: homo homini virus…
Marzo 28th, 2020 at 8:21 pm
Usti…tra un po’ sul nastro da cantiere un po’ davanti e un po’ dietro e la pala appoggiata al muro-orizzonte verrà scritto un trattato di metafisica..
Io non ne voglio sapere niente però eh
Marzo 28th, 2020 at 9:45 pm
Lanci lo zot e nascondi il budda…? Un classico 😉
Marzo 29th, 2020 at 8:09 pm
La prossima volta provo a lanciarli entrambi
Ma all’indietro, tipo i bouquet nei matrimoni…e chi pijo pijo
Marzo 30th, 2020 at 3:30 pm
Grazie. Gran bel lavoro!
Marzo 30th, 2020 at 4:40 pm
Buongiorno Doc, grazie!
Maggio 8th, 2020 at 3:57 pm
È in atto un colpo di stato con crimini di vario genere e nessuno dice nulla…..
Che tipo di risveglio praticate?
Maggio 8th, 2020 at 6:40 pm
Ciao Nello, bentornato.
Il colpo di stato forse c’è ma ‘il popolo’ è favente, è d’accordo. Direi che sia più simile a un plebiscito …
Ci sono vari tipi di risveglio?
Si può scegliere … à la carte?
Maggio 10th, 2020 at 11:28 am
Ciao Nello,
da un paio di giorni non vengo sul sito e non ti avevo letto.
A me pare piuttosto sia in scena il colpo dello stato mentale, collettivo perché diffusissimamente individuale: il gendarme ormai è interiore, credulone, consenziente, zelante, ottuso, spaventato e delatore. Un capolavoro, tocca ammettere a malincuore…
Maggio 10th, 2020 at 11:41 am
Eggià, questi giorni l’atteggiamento controllati-che-ti-controllo pressoché totale tra le persone in giro, mi ha fatto venire in mente il Giappone, … brrr.
Sulla situazione costituzionale e giuridica dello stato attuale c’è un’iniziativa interessante da parte di 200 tra giuristi e prof di diritto. Indicativo che (per ciò che è a mia conoscenza) non se ne sia parlato nei tiggì e nei tolksciò. Il video è lunghetto (40′) ma penso valga la pena.
Maggio 10th, 2020 at 3:16 pm
Davvero interessante il video, grazie. Ora sì che la Cina è vicina, un po’ sgangherata, alla nostra maniera: riso cantonese alla puttanesca…
Sul piano speculativo, segnalo questo breve articolo: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-la-medicina-come-religione
E’ l’ultimo di una serie di brevi articoli di Giorgio Agamben sull’argomento epidemia e dintorni, pubblicati dal 26 febbraio in poi, non tutti centrati, secondo me, ma comunque buoni esercizi di pensiero critico, una merce in via di estinzione qui da noi. Si leggono in poco tempo, non sprecato inmho.
Maggio 10th, 2020 at 4:42 pm
Interessante articolo. In particolare dove dice: “La causa di mortalità di gran lunga più frequente nel nostro paese sono le malattie cardio-vascolari ed è noto che queste potrebbero diminuire se si praticasse una forma di vita più sana e se ci si attenesse a una alimentazione particolare. Ma a nessun medico era mai venuto in mente che questa forma di vita e di alimentazione, che essi consigliavano ai pazienti, diventasse oggetto di una normativa giuridica, che decretasse ex lege che cosa si deve mangiare e come si deve vivere, trasformando l’intera esistenza in un obbligo sanitario”.
Maggio 11th, 2020 at 3:07 pm
Propongo un’altra breve lettura, del medesimo autore, pubblicata oggi:
https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-biosicurezza
Descrive in modo semplice e chiaro quello che sembra essere un passo ulteriore nell’utilizzo di quella che Panikkar chiamava “l’ossessione della sicurezza” come forma di governo in perpetuazione dello stato di eccezione. Nel volgere di pochi anni siamo transitati dall’identificazione di vari nemici “esterni”, terroristi, migranti invasori…, per approdare ora all’interiorizzazione del nemico potenziale: una sorta di nemico originale al posto del peccato originale in cui nessuno credeva più.
Maggio 12th, 2020 at 1:48 pm
Benvenuto e necessario ogni esercizio di pensiero critico. E benvenuto e necessario anche ogni esercizio di critica del pensiero critico.
Ad esempio la citazione, da G. Agamben, di cui al ‘mym 17’: secondo me non sta proprio in piedi, visto o no il contesto dell’articolo.
Interessante il video (mym 15).
Maggio 12th, 2020 at 6:23 pm
Ciao Doc,
Perbacco, perché la sta nen’t’in pe’? Non sono le malattie cardiovascolari la causa di morte più frequente? In effetti non l’ho controllato.
Maggio 13th, 2020 at 12:46 pm
Ciao mym
Non per quello, ma per altri 2 motivi .
Uno di correttezza, non solo formale: l’uso dell’imperfetto (‘..era mai venuto in mente…’) suggerisce l’idea che ‘adesso’ a qualcuno sia davvero venuto in mente di decretare ex lege cosa si deve mangiare … Fatto che, a me, non dico risulti falso; non risulta proprio. Però quel lieve errore grammaticale è funzionale a preparare il terreno emotivo del lettore alla tesi generale , che mi pare si possa annoverare come complottista.
Maggio 13th, 2020 at 12:47 pm
Uno di sostanza, di merito: comparare categorie così diverse come il rischio/danno da alimentazione al rischio/danno da coronavirus è, ad essere buoni, un errore grossolano: come comparare melanzane a ruote di treno.
Mi spiego: il danno da alimentazione ciascuno lo provoca a se stesso; se un diabetico si abboffa di cornetti alla crema rischia la pelle. Ma la ‘sua’.
Un portatore – sano o malato – di c.v. rischia invece la pelle degli altri.
Trattandosi di un discorso sulla libertà personale, una comparazione più corretta avrebbe potuto forse essere fatta con la liceità/illiceità del possesso e dell’uso indiscriminato di armi da fuoco, o col diritto/divieto di sversamento di sostanze tossiche in acque superficiali, o – per restare in sanità – sull’uso di siringhe ipodermiche per il ‘buco’e il loro abbandono nei parchi …
Più che un discorso medico diventa un discorso giuridico, come dimostra il dibattito sull’eventuale riconoscimento di ‘causa di lavoro’ qualora si configurasse come infortunio, risarcibile dall’Inail, una eventuale infezione da c.v. contratta sul luogo di lavoro.
Maggio 13th, 2020 at 12:47 pm
D’altronde l’assunto da cui Agamben ha costruito questo suo edificio teorico-politico-filosofico è esplicitato nell’articolo del 26 febbraio (L’invenzione di una epidemia). L’autore parte da alcuni dati e dichiarazioni del CNR (perché far riferimento al CNR, che per lo più si occupa di altro, anziché all’ISS, non viene spiegato), da cui ricava che ‘non c’è un’epidemia di SARS-CoV2 in Italia’… perché ‘ secondo il CNR è una normale influenza’.
Siamo nel pianeta di Johnson, Trump e Bolsonaro: anche se le motivazioni e le mire non sono le stesse. Anzi.
Maggio 13th, 2020 at 5:50 pm
Grazie Doc,
Ok per @21 e @23.
Su @22, invece dissento. Vero che una similitudine non è un’identità e vero che i mangiatori di salcicce salate non mi attaccano malattie ma siccome sono millanta intasano (a nostre spese) il servizio pubblico nazionale per curare (e reiteratamente!) se stessi ‘solo’ perché non vogliono cambiare dieta. Non solo, visto che sono tanti e si aggravano e continuano a mangiar salcicce capita che medici, ospedali ecc. si occupino di loro invece che di altri casi che, nel frattempo, potrebbero condurre anche a morte. Ora a Fano per sottoporsi a un’eco-doppler servono sino a 2 anni d’attesa (non sempre). Magari quelli in coda davanti a te sono tutti (si fa per dire) mangiatori di grassi ipersaturi e tu aspetti e crepi. Per non parlare dei miliardi di euro che ogni anno dobbiamo sborsare a big farma per fornire le cosiddette statine a quelli che intanto continuano ad ingozzarsi; quando ci sono malattie totalmente prive di cure perché non remunerative … Se le stesse somme risparmiate costringendo a dieta i milioni di mangiatori di grasse salcicce salate fossero impiegate altrimenti, quante vite si salverebbero? Forse millanta.
Maggio 13th, 2020 at 6:41 pm
Buonasera e ben ritrovati.
Di Agamben ricordo il lavoro sullo stato di eccezione, che consiglio anche se molto tecnico, pensando nostalgico agli studi giovanili.
Bene lo avete citato.
Intervengo @24 solo per un ulteriore risvolto di cronaca, peraltro abbastanza nota e nera, della vicenda citata da mym.
In Lombardia sono analoghi o anche superiori i tempi di attesa, purtroppo non (solo) imputabili direttamente ai comportamenti dei singoli amanti degli insaccati.
Scelte ben precise hanno fatto sì che la sanità funzioni efficace ed efficiente, auspicabilmente, solo per i cd “solventi”: paghi o sei assicurato, meglio se da una grande azienda, e l’intervento è entro le 48 ore.
Detto in francese, vaste programme…
State bene,
Giorgio
Maggio 13th, 2020 at 6:52 pm
Ciao Giorgio, bentornato
Sì, vaste programme, la sanità in generale…
In questo caso si trattava ‘solo’ di mostrare come le imposizioni relative ai comportamenti sanitariamente scorretti siano asimmetrici.
Però, pensando alle imposizioni, sarebbe altrettanto lecito (oltre che costringerci a casa per mesi) far sì, con mezzi altrettanto coercitivi (multe sino a 3000 euri per un singolo ritardo, denunce penali ecc. controllando le persone de visu) visto l’importanza vitale della cosa, che i singoli gangli della sanità funzionino in modo accurato.
Maggio 14th, 2020 at 10:13 am
Caro Doc, la critica del pensiero critico (@19) è una tautologia, se non è doppia negazione quindi censura, e non è certo il tuo caso. Non è questo il luogo per un’esegesi del pensiero di Agamben, mi associo comunque a Giorgio @25 e consiglio anche i suoi lavori su san Paolo e sulla comunità francescana delle origini. Comunque, non di complottismo si tratta, ma di vedere nelle strampalate e contraddittorie imposizioni extra lege con decreti emergenziali in nome della salute pubblica un tassello decisivo del processo di controllo capillare sulla vita degli individui, che la tecnologia favorisce e permette, e nella collaborazione acritica e passiva da parte dei medesimi una conferma di quanto questo processo sia ormai interiorizzato. Non serve alcun complotto, facciamo da soli.
Maggio 14th, 2020 at 10:27 am
Salute pubblica che è stata preventivamente massacrata da chi oggi la invoca, come documentano mym @24 e @26 e Giorgio @25.
Aggiungo da qui, dalla padania felix ed eccellente, dove chissà come mai il contagio fa strage più che altrove, che tutti i controlli tassativamente previsti per i cardiopatici sono stati rinviati sine die, perché non sono in grado di gestire un’emergenza più che prevedibile: in che colonna li mettono i morti per inadempienza sanitaria? Tutta colpa di covid? Eccellenza è prevenzione, non correre dietro ai buoi in fuga, gridando contemporaneamente “stiamo a casa” e “ricominciamo a correre”.
Maggio 14th, 2020 at 12:53 pm
@27 e 28 di jeans (che saluto caldamente)
Il tema della voluta “scarsità” dei mezzi di prevenzione è da sempre connesso a quello del controllo in generale, sui corpi innanzi tutto, e quindi su tutto il resto.
Sarebbe interessante aprire un capitoletto sulle conseguenze della situazione di emergenza sui diritti alla manifestazione del pensiero, ma siamo forse troppo fuori tema; su questo cammino “di cresta” la pratica, lo studio e l’etica davvero devono essere sostenute da tanta radicata fede/fiducia.
Maggio 14th, 2020 at 12:55 pm
Ops… jf è sfuggito come jeans…. scusatemi… uno zot involontario
Maggio 14th, 2020 at 2:53 pm
I like jeans 😄
A proposito di giorgio @29 (ciao!), una storia di vita da covid: un giovane romano di spirito ribelle, nipote di un’amica, un paio di settimane fa si aggira un pomeriggio verso le 18 per Roma e viene fermato da due vigilesse di pattuglia: inizia a discutere sulle norme restrittive, dice un paio di parole di troppo, gli animi si scaldano ma le mani restano basse, le vigilesse chiamano rinforzi: per farla breve, arrivano altre quattro pattuglie, vigili, polizia e carabinieri e in otto con tre diverse divise lo pestano a sangue lì sul posto, naso rotto e contusioni varie, lo portano in commissariato, gli sequestrano il telefono, lui chiede di essere portato in ospedale, chiamano un’ambulanza e passa la notte in pronto soccorso, e chiama l’avvocato. Il caso vuole che un passante curioso abbia filmato il tutto col telefonino e si faccia vivo e gli faccia avere il video, dandogli una prova mica male. Cose sempre successe, si dirà, e ahimé è vero: ma lo stato di emergenza è un bell’incentivo alle intemperanze delle “forze dell’ordine”.
Maggio 14th, 2020 at 6:01 pm
Approfitto e resto in tema @27 (interiorizzazione).
Parlando di modalità di esercizio del diritto di manifestare anche in luogo pubblico in un futuro (ma direi quasi in un passato prossimo), ho raccolto questa osservazione da parte di un “manifestante” intervistato al proposito: “Fortunatamente è andato tutto bene perché sono state rispettate tutte le norme di sicurezza sanitaria”; (in concreto: lunga fila di singoli a 2 metri di distanza).
Personalmente lo trovo assai significativo, soprattutto perché coglie di sorpresa anche molta teoria e prassi della non violenza (intesa anche come praticabile risposta non violenta a un atto violento di “messa in sicurezza”).
La bilancia va su e giù, ma Simone Weil proprio per questo invita, se non erro, a tener fisso il chiodo.
In ogni caso siamo fortunati a poterne parlare amichevolmente.
Maggio 14th, 2020 at 6:19 pm
Ciao Jf 27-28
Hai ragione. Non servono complotti, ci impicchiamo benissimo da soli. E non da oggi.
Mi fanno sorridere quelli che temono il Grande Fratello a causa della pandemia: dove erano fino a ieri? non si erano accorti di niente?! Troppo impegnati a ingozzarsi di web, telefonini, social, app, nella zuccheriera della alta tecnologia…? E ‘adesso’ temono di essere tracciati!?…
Idem per il disastro della sanità: dove eravamo tutti?!
Sì, certi argomenti ci portano troppo lontano, nel cuore delle nostre contraddizioni. Diritto alla vita, diritto alla salute, longevità e pancia piena; esplosione demografica; risorse insufficienti, disastri ecologici, calamità naturali; soldi; interdipendenza degli esseri e delle cose….
Maggio 14th, 2020 at 6:21 pm
Quanto all’altro tema, non sono certo un filosofo, ma di questi tempi in cui tutti si atteggiano a Nobel della epidemiologia e della prevenzione, mi permetto di insistere in un campo che non è il mio: suggerisco di non abdicare al proprio spirito critico, nè leggendo i ‘grandi’ della critica filosofica, né ascoltando i notiziari, né spulciando nella controinformazione sui media.
D’altro canto la ‘critica della critica critica’ di Marx-Engels – che non ho letto – sarà stata pure tautologia, ma non sembra sia stato propriamente inutile, visto il seguito.
La lettura critica consente un superamento, un avanzamento del punto di vista. E d’altro canto, il suo contrario, ahimè, è proprio quel bovino adagiarsi in qualche zuccheriera che altrove e per altri versi andiamo criticando.
(Per critica, o spirito critico, intendo più o meno la Facoltà intellettuale che rende capaci di esaminare e valutare gli uomini nel loro operato e il risultato o i risultati della loro attività per scegliere, selezionare, distinguere ecc… Treccani)
Maggio 15th, 2020 at 10:57 am
Ho letto tutti gli interventi e li trovo tutti interessanti per varie motivazioni.
Non entro su quel piano perché le urgenze in corso,richiedono altro, per mia semplice opinione, quindi mi appoggio alla eccellente Sarà CUNIAL che coraggiosamente ha detto in parlamento quello che ogni persona minimamente lucida dovrebbe avere capito e organizzarsi per contrastare una agenda sicuramente demoniaca.
https://m.youtube.com/watch?v=mZ32rLrL2ag&feature=share
Spero che il link sua corretto, e comunque lo trovate facilmente Sarà Cunial, quando le donne,che generano la vita, la vedono in pericolo, non le ferma nessuno. Con tutto il cuore con questa signora♥️
Maggio 15th, 2020 at 11:00 am
Il video di Sarà Cunial ha la conclusione perfetta assieme a tutto il resto.
Maggio 15th, 2020 at 1:37 pm
Buongiorno Nello,
ho visto il video, sono affermazioni forti senza secondo me abbastanza dati a supporto. Peró, mi lascio il beneficio del dubbio.
Cosa che mi pare tu non faccia, dicendo “ogni persona minmamente lucida etc…”. Della serie: “o la pensi come me o sei un coglione”
Questo non é un blog politico, in cui si cerca di schiacciare il pensiero altrui con il proprio. Qui, imho, o si cerca di stare leggeri sui pensieri o ci si astiene dall’esplicitarli
Maggio 15th, 2020 at 2:27 pm
fago @37,
ma dove vivi?
Dicendomi che questo”non è un blog politico”
dai per certo che non lo abbia capito quindi sarei uno che non capisce.
Esprimi la tua opinione e lascia stare il personale.
Le cose in oggetto nel video sono sotto gli occhi quasi di tutti, quindi è abbastanza lecito dire che “ogni persona minimamente lucida” quindi presente a questo momento drammatico.
Tu sei liberissimo di cercare per conto tuo i dati che ritieni a supporto di quello che è in corso, poi, se vuoi, ce li proponi e valutiamo.
Tutto è politico, tutto è spirituale,tutto coinvolge tutti. E questa non è una mia opinione ma la realtà.
Per me, non ti è chiaro cosa sia realmente in atto, stai pure al riparo dei tuoi concetti, possibilmente senza criticare chi vede altro da te.
Maggio 15th, 2020 at 2:30 pm
Qui fago, non ci sono persone disposte a farsi schiacciare dal pensiero altrui, e ancora non ti è chiaro dove ti trovi e pensi di saperlo.
Non è così.
Qui sono tutti maggiorenni e molto presto supervaccinati
Maggio 15th, 2020 at 2:59 pm
Dove vivo? In provincia di Bologna, al momento
Sì, do per certo che tu non lo abbia capito visti i toni che usi
Non ho toccato nulla di personale
Sotto gli occhi c’è quello che uno ci mette
Grazie per avermi dato il permesso di cercare i dati per conto mio
“Questa è la realtà” è una frase allucinante
Al riparo dei concetti ci sta chi li tratta come roba solida a.k.a. chi dice “questa è la realtà”
Non ho mai detto che qui ci sono persone disposte a farsi schiacciare dal pensiero altrui, ho detto che non è luogo per farlo, indipendentemente dalla tenuta degli altri
Per me la questione si chiude qui,
saluti
Maggio 15th, 2020 at 6:39 pm
fago@40
Non sono io che produco l’evidenza, o “questa è la realtà”, ma è l’evidenza che manifesta se stessa.
Contestare l’evidenza con una personale evidenza è un altro piano. Io con l’evidenza che manifesta se stessa c’entro poco…
Non è difficile c’è la puoi fare.
Buona fortuna
Maggio 15th, 2020 at 8:04 pm
Salve a tutti. Interessante dibattito al quale mi permetto sommessamente di aggiungere che sono convinto che tutte le posizioni scientifiche, da quella neuroscientifica a quella storica, da quella economica a quella della psicologia evolutiva, sorgono in risposta ad un continuo quanto necessario dibattito sulla qualità che ogni percorso educativo deve possedere in relazione ai soggetti e i contesti che quel processo coinvolge.
In sostanza ogni sapere rivendica una sua epistemologia e una sua autonomia in conseguenza di una inquietudine metodologica. E questo ci riporta inevitabilmente al fatto che il “qui ed ora” è proprio una messa in scena personale, figuriamoci l’evidenza che manifesta se stessa. Per il resto anche io ho trovato interessanti gran parte dei commenti, in particolare @fago37. E lo intendo in un senso che va proprio nella direzione di un dialogo interculturale. A tale proposito voglio citare il mitico condottiero cartaginese Annibale, quando nel 218 a.C., prima di attraversare le Alpi per dirigersi su Roma, pare abbia pronunciato questa frase: “Noi troveremo una strada, oppure ne apriremo una”.
Maggio 16th, 2020 at 5:44 am
AdO @42
Quello che dici rispetto a quanto in oggetto c’entra zero, e sullo zero che dici si può solo dire che è zero.
Senza fraintendere il tuo zero con un altro zero di ben altro portata
Maggio 16th, 2020 at 6:43 am
Peri pochi scettici questo è un video dal Quebec,Canada, documentatissimo su quello che è in corso e sui motivi che lo determinano, è un po’lungo ma vale assolutamente il tempo perché ne va della nostra vita, della nostra libertà e anche della nostra salute.
Buona visione.
https://m.youtube.com/watch?feature=share&v=xFQt_5hz0w4
Maggio 16th, 2020 at 6:56 am
Nello @43
Si, concordo, ma ha iniziato lei però. Anche esprimendo punti di vista che rimandano sempre a qualcos’altro che, pare, nessuno capisca, a detta sua, tant’è che continua a dare degli zeri o del “dai che ce la puoi fare”.
Al di là delle personali opinioni politiche sull’attuale momento storico, trovo inutile e noioso lo stile di chi in un dibattito addita sempre colpevoli situati in luoghi altri, utilizzando tecniche di leadership emotiva che largheggiano nell’uso di plurali avocando a sé punti di vista di una non meglio precisata entità sovrana, di cui questi oratori se ne arrogano la rappresentanza. Immagino che molti avvertano, in certe fasi della vita personale e sociale un diffuso disagio difronte a cambiamenti epocali che generano emozioni contrastanti e di difficile codifica; con un po’ di calma secondo me, e lasciando cadere il primo pensiero che balza nella mente, si può riflettere, fare considerazioni PROPORRE soluzioni. Sto invocare la chiamata alle armi continua, alla sollevazione popolare, nel novanta per cento dei casi espressione di una incapacità di immaginare un futuro. Incapacità del tutto umana e comprensibile. Per cui sono consapevole che ogni volta che apro bocca sono gettato nel samsara, motivo per cui cerco (maldestramente, e me ne scuso) di valutare bene se e cosa dire. Liberare tutti gli esseri dalla sofferenza (che pare essere l’obiettivo di molti) penso voglia tra l’altro dire: liberare gli altri dalla nostra ingombrante e incombente presenza carica di rifiuti tossici mentali. Partendo da qui dove sono. Penso che ognuno di noi capisca quando e se fare o dire qualcosa, a ben vedere, senza che alcuno stia lì a dire agli altri tutti i giorni cosa si DOVREBBE fare e lui per primo spesso non fa. Quel che deve accadere accade e non è fatalismo per chi pratica la Via del Buddha. Saluti sinceri.
Maggio 16th, 2020 at 7:06 am
Un’ultima cosa, e mi silenzio. Il bio-etnocentrismo spopolante ai nostri giorni lo trovo proprio un prodotto culturale per bimbetti viziati.
Maggio 16th, 2020 at 9:10 am
Ciao AdO, ben detto @45. Siamo in mezzo a un cambiamento epocale, e questo procura disagio personale e collettivo. Chi come me ha formato il suo reticolo cognitivo e culturale e trascorso la maggior parte della sua vita adulta nel secolo scorso ha difficoltà, ermeneutiche, psicologiche ed emotive, differenti da affrontare rispetto a chi è radicato nel “nuovo millennio” e che in esso trascorrerà la maggior parte o la totalità della sua vita. Guardare al passato è utile e financo necessario, credo, se è un lavoro in funzione del presente e del futuro, assai problematico. Quello di cui non sento il bisogno e che anzi trovo di ostacolo, oltreché ineducato e diseducativo, sono le affermazioni apodittiche di verità, condite da anatemi. Buon davanti a tutti.
Maggio 16th, 2020 at 9:47 am
AdO@45
Quello che dice è condivisibile.
Maggio 16th, 2020 at 9:55 am
jf@47
…”Quello di cui non sento il bisogno e che anzi trovo di ostacolo, oltreché ineducativo e diseducativo, sono le affermazioni apodittiche di verità, condite di anatemi.” ??
Buon presente a tutti.
Si deve fare attenzione a non scambiare la cronaca con “affermazioni apodittiche di verità” come nel caso @47.
Su “ineducativo e diseducativo” si potrebbe parlare a lungo.
L’importante è non fuorviare e non fuorviare i dall’oggetto soggetto in itinere
Maggio 16th, 2020 at 9:57 am
…e non fuorviarsi..
Per sopra@49
Maggio 16th, 2020 at 10:04 am
jf@47
Il “futuro” di cui parli c’entra nulla con il futuro.
Per mia opinione
Maggio 16th, 2020 at 10:29 am
Nello@51
Cosa c’entra con il futuro per tua opinione?
Maggio 16th, 2020 at 10:41 am
Nello@49
La cronaca è una visione parziale della realtà, influenzata dal portato emotivo e metacognitivo del soggetto che la vorrebbe narrare, pertanto a seconda della risonanza che produce in chi l’ascolta/legge può assumere rappresentazioni di vario genere. La valutazione di quelle narrazioni è personale e riferibile ad una matrice di significati personali che possono essere più o meno condivisi (cultura con la c minuscola in questo caso). Decido di raccontare qualcosa che ha senso per me o che intendo utilizzare per generare inferenze nei destinatari. Importante la cronaca nel samsara, ma trattasi di fuffa quando metto la mente seduta sullo zafu. Il dialogo secondo me rimane strumento fondamentale nella convivenza, per questo le forme in cui si esercita dovrebbero per mia opinione essere soppesate molto attentamente. Nel samsara il pensiero va esplicitato in forma chiara e semplice altrimenti è un parlare oscuro che cela un pensare oscuro. Pace e bene.
Maggio 16th, 2020 at 1:07 pm
AdO,
La avevo già perdonata in @45…
ora, in @52 e @53 lei si èallargato troppo…
Se dovessi entrare nel merito seriamente in @45, @52 e @53, diventerei molto ma molto pesante e non avrebbe molto senso ai fini del discorso con il quale sono entrato.
Lei dice, ” quando metto la mente sullo zafu” e parla di fuffa senza rendersi conto che lei ne è una rappresentazione molto precisa.
Ma vede, qui si prova a parlare di altro, qualcosa che lei alchimisticamente trasforma in altro.
Se le interessa l’argomento per l’argomento, se ne può parlare, di lei di me di altri, chissenefrega??
Maggio 16th, 2020 at 1:56 pm
Nello@54
Condivido quasi tutto, in particolare il discorso sulla fuffa, non me ne sento offeso, era/è proprio quello cui alludevo. Non concordo invece sul perdono: non ho nulla da farmi perdonare, non ha nulla da farsi perdonare. Ho cercato di rimanere nel merito di quello che affermava in 49 circa il rilievo fatto a jf sulla realtà, esprimendo la mia opinione in proposito. In 52, non avendo capito cosa intende per futuro, ho fatto una domanda.
Maggio 17th, 2020 at 10:19 am
Io ho dei pregiudizi, li coltivo, mi fido di loro. Per esempio, ho il pregiudizio che se un filosofo aderisce al nazismo è un cattivo filosofo e non merita soverchia attenzione. Cosa sei filosofo a fare se non ti accorgi che Hitler è un volgarissimo criminale? È il caso di Heidegger. Anche su Agamben ho dei pregiudizi al punto da sposare le parole di doc @ 19 e 21.
Ho dei pregiudizi su byoblu, alias Claudio Messora, uno dei principali complottisti italiani, fonte dei video postati da Nello e mym (tu quoque!). In una riga: la libertà si esercita nel recinto stabilito dalla costituzione, che può allargarsi o ridursi a seconda delle situazioni. L’art 16 recita: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.” Ora, cosa replicare alle questioni sollevate dagli schienadrittisti del diritto costituzionale che vanno dal rilievo che lo stato di emergenza su cui si basa il decreto governativo non è contemplato dal nostro ordinamento (min. 9 ca.) al pericolo di finire vaccinati contro la nostra volontà dallo Stato oppressore (mi. 30 ca.)?
COMPLIMENTI PER IL TEMPISMO!
Maggio 17th, 2020 at 10:22 am
Uno dei miei sport preferiti è sparare sulla croce rossa, ma oggi tenterò una difesa dello Stato azzardando una analogia col cristianesimo.
Sappiamo che il comandamento evangelico di amare il prossimo tuo come te stesso è impossibile. Eppure Gesù si è fatto massacrare per questo comandamento – che senso ha? Il senso è quello di prenderlo come una finzione che può guidare il nostro comportamento. È chiaro che, per esempio, mai potrei “amare Nello (v. commento fantasma 56′) come me stesso”, e tuttavia, seguendo il Vangelo, il comandamento potrebbe tradursi in un “vabbè, gli rivolgo la parola”.
Lo stesso discorso vale per lo Stato. I principi costituzionali sono finzioni, cioè degli obiettivi impossibili che guidano il comportamento del legislatore, ma così come è impossibile amare un estraneo come sé stessi, così è impossibile ritenere che lo Stato possa rimuovere per davvero “gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”. A prendere per veri certi ideali si finisce male. Il fanatismo che è stato montato sull’ideale di uguaglianza ad esempio si è tradotto in irreparabili eccessi ed errori, come l’erosione di qualunque idea di autorità. Il nostro Governo ne è una dimostrazione plastica. Per me è già un mezzo miracolo che lo Stato mi garantisca la possibilità di poter scendere in strada senza prendermi una coltellata. Anche se è vero che meritiamo dei governanti migliori.
Ma siamo rivoluzionari da tastiera o buddisti? Ecco, la seconda. In questi tempi estremi trovo rifugio nello Zen radicale di Jōshū (Ubaldini editore). Sono giorni che mi interrogo su questo kōan: «Qualcuno chiese: ‘Quando ci si trova di fronte al disastro, come evitarlo?’ Joshu disse: ‘Eccolo!’».
Maggio 17th, 2020 at 3:12 pm
Anch’io mi fido dei miei pregiudizi (come potrei fare altrimenti?) alcuni me li tengo stretti e li coltivo (come quello su Heidegger di HMSX @56 e per gli stessi motivi), altri li metto al vaglio e ne verifico la pertinenza quando ne ho l’occasione. Siccome ho un pregiudizio nei confronti dei kōan (anzi più precisamente nei confronti della possibilità di tradurre un kōan dal cinese in qualunque altra lingua) questa è l’occasione per metterlo al vaglio con me stesso. Allora, questa situazione attuale mi sembra un grande kōan, dovunque mi giro trovo contraddizioni, certe cose che penso paiono rendermi vicini figuri da cui mi so e mi tengo sideralmente lontano (prossimo che non posso né ho voglia di amare), sono in disaccordo con persone che stimo, riconosco la liceità e l’utilità di misure sanitarie che ritengo deleterie su un altro piano, e via dicendo. Insomma, davvero un disastro!
Maggio 18th, 2020 at 7:34 am
Travisazione del termine “amore”, quello travisato qui non c’entra nulla.
Per mia opinione.
Non è chiaro il significato del termine, e non è un particolare da poco in ambito buddista.
Risolvo il Joan in questi termini:
Questo governo,per quello che ha fatto e che fa alla vita di sessanta milioni di persone,
Va assolutamente disintegrato.
Maggio 18th, 2020 at 7:35 am
…@59…risolvo il Koan…
Maggio 18th, 2020 at 12:34 pm
‘Risolvo il koan’
🤣🤣🤣
Maggio 18th, 2020 at 2:06 pm
Uno stereotipo non risolve nulla
Maggio 18th, 2020 at 4:05 pm
Esattamente
Maggio 18th, 2020 at 8:10 pm
Mi piace la tua risposta, tuttavia,
Ci sono dei momenti in cui si deve proprio esseere ” esattamente” quello che è necessario essere, nello stereotipo e oltre lo stereotipo.
Sinceramente,negli interventi che si succedono rilevo una scarsa, quando non assente, consapevolezza degli aspetti Paramartha Satya e Samvrti Satya, non dico Yushin o Jiso che sicuramente conoscono questo aspetto del procedere buddista, negli altri interventi non trovo rispondenza della conoscenza di questo punto della dottrina che ha un suo significato e valore.
Maggio 19th, 2020 at 9:14 am
Buongiorno,
a mio modesto parere, direi che il superamento di “due e non-due” è questione centrale nel mahāyāna, un motore potente e una dichiarazione di intenti che, come dicevo in un precedente commento, credo si discosti decisamente da quello che oggi potremmo definire bio-etnocentrismo. Ma in questo apprendimento in itinere, senza il quale il buddismo è lettera morta, la messa a punto di quel motore la fanno karuṇā e ahimsā, insieme ovviamente a zazen e una bella dose di fede che sostiene tutto l’ambaradan. Ma chissà, magari è meglio che mi dia al cattolicesimo.
Maggio 19th, 2020 at 6:47 pm
Quindi,
disintegrare questo governo,
significa stare dentro l’ordinario,lo stereotipo,e produrre le condizioni per il suo superamento, evolutivo o involutivo, dipende da noi.
Noi e loro, non siamo la stessa cosa.
C’è una totale frattura tra amministrati e amministratori e gli interessi degli uni e degli altri non convergono.
Quindi,
è necessario ricomporre questa frattura.
Ci troviamo in un regime di polizia assolutamente immotivato e persecutorio.
Quello che si sta subendo qui da parte del governo,non avviene in nessuna altra parte che non sia una dittatura.
Nessuno porta mascherine per legge.
Nessuno viene sanzionato per muoversi.
Nessuno deve autocertificarsi per vivere.
A nessuno è impedito di frequentare palestre, spiagge, ristoranti,bar.
Nessuno porta più la mascherina a Wuhan…
Non esistono giustificazioni per le azioni compiute da questo governo.
Tralasciamo poi l’imposizione di protocolli di cura che si sono rivelati esiziali per i malcapitati e il divieto governativo di eseguire autopsie che avrebbero permesso di capire meglio la situazione e applicare la giusta terapia.
Sapevano già da inizio gennaio dell’arrivo della pandemia, si sono approntati strutture e cure per loro e hanno minimizzato e lasciato cadere le richieste di quegli amministratori che chiedevano rigore e controlli.
Si potrebbe continuare per ore…
Maggio 19th, 2020 at 6:54 pm
No Nello, per favore, non continuare per ore.
Giugno 7th, 2020 at 4:26 pm
Per gli ecumenici e i dialoganti, un preciso e puntuale intervento del cardinale monsignor Carlo Maria Viganò, buona lettura
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/chiesa-cattolica/8947-l-appello-di-mons-c-m-vigano
Giugno 8th, 2020 at 6:53 pm
Il venerabile Jōchō Yamamoto, autore di Hagakure, diceva che criticare gli altri è estremamente difficile. È certamente vero. Le unanime critiche rivolte a Nello, per esempio, hanno sortito come effetto il commento 68. Ed egli potrebbe continuare per ore (per giorni, per mesi, per anni…).
Non me la sento di lavarmene le mani. Tenterò quell’atto di carità – così la definisce Yamamoto – che è la critica, usando il tatto che si conviene a una persona tanto ruvida come Nello.
1) Mio zio di Genova è morto a 76 anni di covid-19 dopo 20 giorni di agonia. Questo è un fatto. Volevo bene a mio zio e volevo che non morisse. Forse l’amore è questo: volere che l’“altro” non muoia (cfr. @59).
Giugno 8th, 2020 at 6:55 pm
2) Siccome mi ripugna il nichilismo, respingo l’idea che legittimerebbe qualsiasi opinione in quanto espressione di un punto di vista. Poiché i fatti esistono, non tutte le opinioni possono essere accettate. Credo nella verità e nella sua unicità. Una posizione scomoda, ma è la mia. Faccio un esempio. Quale che sia il piano della immaginazione di Nello nel quale l’intervento dell’on. Sara Cunial sarebbe “eccellente” (v. @35), quel piano non è il piano della realtà. Nel piano della realtà, per trovare un intervento eccellente di un parlamentare, bisogna andare in Portogallo e ascoltare il discorso che Rui Rio, leader dell’opposizione, ha rivolto al Governo durante la fase acuta della pandemia. In altri termini, che Rui Rio sia un exemplum e Sara Cunial una “poveretta” non è un punto di vista. E non è neanche un punto di vista che la lettera del cardinale Viganò sia miserrima, così come non è un punto di vista che il racconto acchiappa-click dei gravi fatti che stanno sconvolgendo il mondo sia demenziale.
Cito il filosofo Pascal Engel, per illuminarmi d’autorevolezza riflessa e anche per non prendermi la responsabilità di dirlo io: «La produzione di stronzate, che era endemica nella stampa, è diventata pandemica sui media, su internet e sui social network, che la diffondono in dose tale che è diventata una forza politica. Fa parte di quella che è stata chiamata l’ era della post-verità, che sarebbe meglio chiamare l’ era delle stronzate».
3) Il venerabile Yamamoto raccomandava, oltre al tatto nella critica al prossimo, anche il silenzio (mi raccomando) e l’umiltà, specie dopo i trent’anni.
Torno ai miei studi su Hieronymus Bosch. Non riesco a capire se nel dipinto “L’Estrazione della pietra della follia” sia più pazzo il chirurgo o il paziente. Credo il chirurgo.
Giugno 10th, 2020 at 5:29 pm
Non so se Nello @ 68 scherzava quando ci ha proposto il “preciso e puntuale intervento del cardinale monsignor Carlo Maria Viganò (di cui è firmatario il prof.Francesco Lamendola dell’Accademia Adriatica di Filosofia Nuova Italia)”. Però ne è uscito qualche cosa di interessante: guardate il sito di questa Accademia Adriatica, è una cosa talmente fuori … da ogni logica o razionalità da sembrare impossibile.
Xsmx @69: penso che la tua definizione di amore, per quanto comprensibile, sia un poco viziata dall’egoismo. Volere che l’altro non muoia, sic et sempliciter, significa ‘non voler perdere’ quella persona, ovvero ‘volerla ancora’. Indipendentemente dal suo bene. Io mi fermerei un poco prima: essere disponibile, sia che muoia sia che non muoia, secondo il suo bene. E questo, il suo bene, ha da essere secondo il suo discernimento, non il nostro. Al che ‘ci sta’ anche il morire.
Xsmx @70: non conoscevo quel quadro di Bosch. È molto complesso. Non da ultimo il fatto che il chirurgo (al cospetto di un monaco e di una suora con un libro sulla testa) dalla testa del ‘paziente’ estragga un fiorellino. Chi è più pazzo? Certo Bosch, seppure in tutt’altro senso.
Giugno 11th, 2020 at 5:14 pm
Più che l’accademia adriatica di filosofia,il tema era l’intervento del Cardinal Viganò, cui seguono una lunga lista di firmatari.
Che poi, l’accademia sia fuori da ogni logica e razionalità,se per logica e razionalità si intende qualcosa di contrario a quanto propone, vuol dire che la stessa logica e razionalità sono completamente perdute e non ve ne è in nessun ambito.
Viva il Cardinal Viganò
Poi parliamo di logica e razionalità…
Giugno 11th, 2020 at 5:37 pm
@ 72 Uuuuh, non ci addentriamo in discussioni sulla natura di logica e razionalità, per favore. Ho usato quei termini solo perché affermare che gli articoli dell’Accademia (tra i quali compare anche l’accorato appello del Cardinal Viganò) mi sembrano “fuori come poggioli” mi era parsa un’espressione troppo forte per questo morigerato blog …
Giugno 12th, 2020 at 11:09 am
Non sono del tutto convinto che «Forse l’amore è questo: volere che l’“altro” non muoia» (HMSX @69) sia una «definizione di amore, per quanto comprensibile, un poco viziata dall’egoismo» perché «Volere che l’altro non muoia, sic et sempliciter, significa ‘non voler perdere’ quella persona, ovvero ‘volerla ancora’» (mym @71). Non necessariamente. Si può volere che l’altro non muoia non per continuare ad averlo/la, si può volerlo anche per “dopo la propria morte”. Si può cioè volere l’impossibile (in questo caso una doppia impossibilità) e forse questo è una forma di amore.
Giugno 12th, 2020 at 2:10 pm
Molto profondo il commento di mym @71. Mi viene in mente Schopenhauer: «questo è il saṃsāra e tutto quanto in esso lo proclama; ma più di tutto, il mondo umano, nel quale, dal punto di vista morale, predominano in modo spaventoso la cattiveria e la bassezza e, dal punto di vista di vista intellettuale, l’inettitudine e la stoltezza. Tuttavia in esso, sebbene molto sporadicamente, ma pur sempre sorprendendoci ogni volta, si hanno manifestazioni di rettitudine, di bontà, anzi di nobiltà d’animo, così come pure di grande intelligenza, di pensiero, anzi di genialità. Queste non scompaiono mai del tutto: le vediamo scintillare avanti a noi come punti splendenti che spiccano dalla grande massa oscura.
Dobbiamo prenderle come pegno che in questo saṃsāra è insito un principio di bene e di redenzione, che può riuscire ad affermarsi compiendo e liberando tutto.»
Registro che ne il sito della Stella c’è una eccezionale concentrazione di questi punti splendenti descritti da Schopenhauer. Ci tengo a smorzare gli entusiasmi: bisogna ammettere che gli indubbi meriti degli astanti brillano così tanto perché gran parte dell’internet sta diventando una cloaca. Un amico descrive così l’angoscia di questi tempi: «È come vivere negli anni di piombo, ma con il ritardo mentale al posto delle armi.»
@Jf «Ma l’amore che cos’è? Bravo chi lo sa capire», diceva una canzoncina della mia infanzia.
Giugno 12th, 2020 at 2:12 pm
> Più che l’accademia adriatica di filosofia, il tema era l’intervento del Cardinal Viganò…
Il tema vero sarebbero le deliziose vignette di BuddaZot, tuttavia tale tema è stato presto soppiantato da un altro tema, che non è né è l’accademia adriatica di filosofia, né l’intervento di Viganò (uno condannato a restituire al fratello disabile quasi 2 milioni di euro che gli aveva rubato), bensì il Frequentatore tipo di tale sito, il quale, convintosi del ruolo manipolatorio dei media mainstream, comincia ad apprendere la logica da un professore di filosofia che in tutta serietà sostiene che il buon Dio avrebbe mandato sulla terra tre figure luminose – Trump, Putin e Viganò – per condurre l’umanità fuori dalle tenebre, e finisce, il Frequentatore, egli stesso manipolato, spammando, con la protervia di un asino, colossali scemenze sul sito della Stella, come fosse un troll qualunque di Salvini.
Non dico che ci siano gli estremi di un TSO, ma un coppino il prof. di filosofia se lo meriterebbe. Anche perché, dopo i trent’anni, certe tare non sono più operabili.
Dunque, ricapitolando, se capisco bene, il Frequentatore prende lezioni di logica da Lamedola, lezioni di morale da Viganò, lezioni di politica dalla Cunial.
«I have no kind of investigative mind. Zero. It took me six days and 23 minutes to figure it out»: dica la verità, conte Mascetti, è lei?
Giugno 12th, 2020 at 2:30 pm
Hmsx, lei è già stato ripetutamente invitato a stare sul pezzo evitando giudizi su chiunque proponga il pezzo.
Le rispondo, spero, una volta per tutte.
Lei non si occupi del sottoscritto in nessuna forma.
Lei, per me, è un idiota assoluto,
quindi,quello che dice, su qualsivoglia argomento, per me, vale zero.
Se poi, il suo argomento, divento io, le devo rigorosamente ridire che lei è un idiota similbuddhista assoluto.
Capisce??
Ho detto e ripetuto fuori dai cocombres. Scemo.
Giugno 12th, 2020 at 2:35 pm
I massoni hanno come riferimento Lucifero, quindi, mym e jf, se date corda a Lucifero si va dritti all’inferno.
Giugno 12th, 2020 at 2:53 pm
Dai, no, Lucifero, no.
https://www.ilfoglio.it/il-bi-e-il-ba/2020/06/12/news/da-oggi-i-fanatici-trumpisti-hanno-anche-un-pastore-in-vaticano-320865/
NB. Lo capisce anche un osservatore distratto che hai una malattia invalidante.
Giugno 12th, 2020 at 4:37 pm
Lasciamo Lucifero alle sue funzioni, non sono affar nostro.
A ogni buon conto, per quanto mi riguarda ritiro la corda. Mi pare sia stato detto fin troppo, per questo giro. E invito ad astenersi sempre dai commenti offensivi personali.
Giugno 13th, 2020 at 3:05 pm
Tat Tvam Asi. Il signor “ogni persona minimamente lucida etc” (v.@35), nonché risolutore di kōan per autocertificazione (v. @59), frigna per il ricorso all’argomento ad hominem. Uno stratagemma scorretto, lo ammetto, che però si rivela utile quando si vuole sbrigare velocemente una disputa. Nei tribunali, l’ammissibilità di una testimonianza è subordinata alla capacità di intendere e volere del teste. Se si dimostra che la facoltà di giudizio del teste è compromessa, la testimonianza è inattendibile.
La mancanza di giudizio è la definizione precisa di stupidità, stimare come eccelse cose dappoco il suo corollario.
Mi scuso preventivamente col benevolo lettore per dover argomentare l’ovvio.
Giugno 13th, 2020 at 3:06 pm
Riassunto delle puntate precedenti.
Le vignette di BuddaZot hanno la qualità della leggerezza. Se qualcuno mi chiedesse “cos’è la grazia?”, direi “guardati le vignette di BZ”. Cioè, il tema sarebbe: le vignette di Bz, impressioni, sensazioni e stati d’animo.
Ovviamente i pedanti non piacciono a nessuno e l’off-topi ‘ci sta’ (considerato anche quello che stiamo passando). Fino a quando le parole sagge di jf @14, 47 etc, quelle sbigottite di Fago @ 37, 40, quelle equilibrate di AdO @ 42, 53 etc, quelle sardoniche di doc @59 hanno formato un sol coro di “Nello, ma che stai a di’?” Risposta: “Bill Gates ordisce per metterci i microchip sotto pelle” (più o meno è questo il repertorio).
Di fronte a un tale “pezzo”, la cosa più illogica da fare è replicare in modo puntuale. Non resta che il ricorso all’ironia per provare la ragionevolezza dell’uomo nonostante tutto.
Anche perché un “buddista-tutto-di-un-pezzo”, e forse a causa di questo, che si mette a fare sfoggio di alterigia @41 e altre viziosità spirituali, fa ridere (fa ridere?).
Essendo un buddhista “eterodosso” – ammesso che questa formula abbia senso – miro alla santità e resto fedele al retto agire, retto sentire. Mi auguro che prima o poi (meglio poi) Nello si degni di darci una spiegazione argomentata e non imbonirci col gioco di prestigio del “metti il piano, togli il piano, contropiano”, un evergreen del suo repertorio, che mi fa sempre scompisciare, ma che non è un argomentazione.
Anche perché il passaggio da “buddista-tutto-di-un-pezzo” e feroce anticristiano, a soldato dell’esercito della luce di Viganò, è un numero di alta magia.
Ps: sto talmente sul pezzo da sentire il profumo del fiorellino che ti è spuntato in testa.
Giugno 13th, 2020 at 3:06 pm
@jf, 80.
Le offese personali sono sempre deplorevoli. Purtroppo in quest’epoca di suscettibilità diffusa sono diventate il modo abituale di relazionarsi, specie sui social, e divampano persino quando si fa dell’ironia bonaria. Sarà che invece di frequentare i corsi accelerati di saṃvṛti-satya e paramārtha-satya me ne stavo a disegnare il sorriso del Buddha.
Giugno 13th, 2020 at 7:47 pm
Giugno 13th, 2020 at 7:49 pm
Tanto per sorridere un po’ dei nostri meccanismi.
Giugno 15th, 2020 at 6:11 pm
Ciao Doc,
Non vedo che cosa c’entri ma è una scena veramente notevole, da molti punti di vista. Mi è sempre piaciuta molto.
Giugno 16th, 2020 at 6:02 pm
In quella scenetta personalmente ci ho visto due meccanismi ‘mentali’, di funzionamento, che mi pare intervengano nella dinamica di questi blog.
Il vezzo di ‘titillare’ la reattività dell’altro – si potrebbe dire provocazione, ma è troppo forte come termine, in questo frangente – mirata a fargli esprimere una risposta viscerale, non filtrata da opportunità, correttezza o calcolo.
Mazza la vecchia…. per capirci
Il gioco mentale di: rispondo/non rispondo; lascio cadere/ma no, glielo dico; ci sono cascato/ è giusto non lasciar perdere … fino a …Col Flit! (o il silenzio)
A volte tacere è buona cosa, a volte lo è rispondere. Se parlassimo solo di concetti, avulsi dalla nostra reattività e dalle nostre dinamiche mentali – cosa peraltro impossibile – sarebbe molto meno interessante e istruttivo.
imho
Giugno 16th, 2020 at 6:12 pm
Grazie Doc, concordo.
In effetti, solo da questo punto di vista veh!, la pagina dei commenti è … una rete per tonni 😇
Giugno 16th, 2020 at 7:18 pm
Scusa doc @87,
che senso avrebbe ribadire che quando è giorno è proprio giorno e lo è per tutti e su tutti come affermi nel tuo post??
Ritieni che sia sufficiente dire che è giorno per fare luce sul giorno?
O semplicemente ti interessa ratificare i meccanismi della norma?
Pensi che la norma non possa connettersi con altre norme e quindi operare una ipotesi di trasformazione?
Quali sarebbero, secondo te, i prerequisiti perché questa dinamica possa prodursi e coprodurre?
Così tanto per una cronaca di diversa prospettiva.
Giugno 17th, 2020 at 12:26 am
Ciao Nello.
Non mi pare, pur rileggendo, di trovare corrispondenza tra quanto ho scritto e i presupposti delle tue interrogazioni (… per tutti e su tutti; ratificare; norme..).
Giugno 17th, 2020 at 12:27 am
Mi proponi di approfondire la questione secondo parametri che forse a te sembrano ovvi (operare una ipotesi di trasformazione; connettersi con altre norme; questa dinamica possa prodursi e coprodurre…) ma che dovresti secondo me quantomeno definire/contestualizzare meglio.
Però ho la sensazione che tu abbia già parecchie idee in proposito: potresti esporle.
Giugno 17th, 2020 at 12:27 am
Non so che altro dirti. Sinceramente, con tutta la mia buona volontà, non capisco. Limite mio sicuramente. Ma per continuare eventualmente questa conversazione dovresti proprio rendermi intellegibili – magari semplificando e decodificando il linguaggio – le tue domande. E magari farmi prima sapere se hai capito e se condividi o no, e perché, quanto ho scritto a Mym.
Giugno 17th, 2020 at 5:37 am
Doc tu dici “il vezzo di titillare la reattività dell’altro…” questa per esempio, è una ipotesi di “norma”, mi sembra che nessuno qui, a parte soggetti completamente digiuni di educazione non solo buddista, sia motivato da quel tipo di intenzione che per me si circoscrive ai soggetti medesimi e quindi non si può estendere alla “dinamica di questi blog” come dici.
In genere, quello che anima il dibattito sono argomenti condivisi per ognuno dal proprio piano di comprensione dell’oggetto dibattuto, fattore che esclude il soggetto intetagente o proponente l’oggetto di relazione.
Con il mio intervento, per cercare di avere chiarimenti sul tuo, intendevo ribadire la necessità di confrontarsi sui temi e correggere eventuali deviazioni dai temi attraverso i temi stessi, quindi non rilevando le particolarità di chi espone.
Per esempio, se per caso ci fossero le condizioni per un dibattito sulla Scuola di Kyoto, o Heidegger, o il filosofo fiorentino che era ministro dell’istruzione durante il ventennio e ucciso a fine conflitto, tutti ritenuti filonazisti, sarebbe abbastanza limitativo liquidarli perché politicamente inaccettabili.
Spero di avere chiarito, almeno in parte. Ciao
Giugno 17th, 2020 at 6:11 pm
Ciao Nello, grazie delle delucidazioni.
Provando a conoscerci.
Di solito sono interessato molto più alle persone ed ai movimenti mentali delle stesse (io in primis) che non agli argomenti, ai temi ed ai dibattiti, che spesso e volentieri ruotano intorno a concetti, idee, costruzioni mentali spesso viziati da ideologie.
Sarà indole, sarà la storia personale di ciascuno: poco cambia.
Quando alla mia porta suonano un venditore di aspirapolveri o venditori della bibbia di Geova, io sono più interessato alle motivazioni che li hanno portati lì, alle dinamiche e strategie che mettono in atto per ottenere il loro scopo, al loro linguaggio mimico e posturale che non all’aspirapolvere o alla Bibbia, dei quali mi importa nulla (a meno che mi serva un aspirapolvere, ovviamente).
Restando in metafora. Le bocce sono gli argomenti, i temi, gli oggetti del dibattito. Il campo e la partita, il dibattito. I soggetti interagenti, i giocatori. Ecco, di solito questi ultimi sono la cosa cui dedico la mia attenzione.
Ovviamente non si tratta di aut-aut. Nessuna preclusione alle idee, ai dibattiti ecc.; ma se li fanno altri preferisco.
Giugno 17th, 2020 at 6:13 pm
Voglio ben sperare che nessuno qui sia motivato dall’intenzione di titillare i nervi di qualcun altro, per il puro gusto di farlo; sarebbe veramente squallido.
Però la mente funziona come funziona, e certi atteggiamenti e comportamenti – ed anche vezzi – sfuggono talora alla nostra volontà ed al nostro controllo. E spesso sfuggono anche alla nostra introspezione, alla nostra auto diagnosi. Per cui possiamo avere comportamenti non in linea con le nostre intenzioni senza neppure rendercene conto o comunque senza essere in grado di passare oltre, o quantomeno di controllarli. Direi che è esperienza comune nella vita quotidiana. Il buddismo non ci fa diversi.
Inoltre a volte, più o meno consciamente, il nostro pilota automatico interiore ritiene che il fine giustifichi i mezzi. Per cui bastonare qualcuno o titillarne la suscettibilità può essere considerata cosa buona e santa. E’ è interessante, per me, osservare i processi mentali che sostengono certe autogiustificazioni. Spesso si tratta di stereotipi culturali e comportamentali di gruppo. Ma naturalmente non si può generalizzare.
Mi fermo qui; spero di averti mostrato qualcosa del mio volto e spero che ciò serva a nutrire ulteriore rispetto reciproco.
Giugno 17th, 2020 at 6:13 pm
Questo blog a volte mi sembra una sorta di ‘mondo’ zen permanente virtuale; è un gioco dove – per quanto mi riguarda – più che quel che uno dice, conta il perché lo dice, come lo dice. Come reagisce alle parole altrui. Come ne esce. Dove spesso ‘vincere è illusione, perdere è illuminazione’. Ma probabilmente mi sto allargando troppo… chiedo clemenza.
Giugno 17th, 2020 at 7:17 pm
Buongiorno e grazie per la bella recensione, che condivido, con una osservazione personale.
Vero, la “pellicola” non “veicola” un messaggio direttamente buddista.
Tuttavia – ciò che ancor più mi ha coinvolto, soprattutto nel finale – è che un “me da salvare” si svela (proprio dopo la definitiva chiarezza di visione: luce accecante) definitiva illusione, che lo vogliamo o no, nonostante – o forse proprio per – l’ostinazione dell’aggrapparci (il tatto, appunto).
Il “senso perfetto” (il tatto, simbolo esplicito dell’amore, con un retrogusto un po’ ambiguo) è però anch’esso destinato a sparire; quindi non è proprio perfetto.
Quello perfetto (potremmo tradurre, anche in una tradizione teistica: “proprio così come è giunto alla fine”) è il senso che viene dopo, che accade (che “succede” appunto) con l’ultima totalmente oscura inquadratura, al cessare del sonoro, la pellicola buia nella sala buia (vuota?).
“Nera luce” diremmo parafrasando un anonimo del XII secolo.
Ciò di cui nella nostra più modesta esperienza – ammettiamolo – abbiamo magari avuto paura sin da bambini e che ci ha pur sempre attirato in sala.
Grazie ancora,
Giorgio
Giugno 17th, 2020 at 7:57 pm
Grazie Giorgio,
Nera luce: interessante, non conoscevo questa espressione.
Niente paura, però: scompare anche il ‘nero’. O ‘buio’ che sia.
Giugno 17th, 2020 at 9:07 pm
Una doppia citazione, di cui assolvo il debito.
Luigi Lombardi Vallauri, Nera Luce – Saggio su cattolicesimo e apofatismo, Firenze, Le Lettere, 2001.
Mio prof. di filosofia del diritto in Università Cattolica, prima della espulsione…,
Il libro dei ventiquattro filosofi, Milano, Adelphi, 1999, proposizione XXI: “Dio è la tenebra che rimane nell’anima dopo ogni luce”.
Grazie alla Stella,
Giorgio
Giugno 18th, 2020 at 8:42 am
Che bel personaggio il prof. Vallauri.
Grazie.
Giugno 18th, 2020 at 9:56 am
Salve Giorgio, grazie per gli spunti offerti.
Non conoscevo il prof. Vallauri, ho letto quanto si dice in Wikipedia e, sì, dal ’36 ad oggi ne ha viste e fatte di cose.
Giugno 18th, 2020 at 11:09 am
Per quanto riguarda @1, una precisazione per scusarmi di eventuali equivoci.
È chiaro che il regista e il produttore non sono tenuti a veicolare alcunché di “buddista” (che sarebbe pure una fantasia equivoca), sapendo essi, meglio di me, come investire il loro tempo e denaro. Il mio commento al film è più una forma personale di dissenso al modo di offrire il proprio sguardo da larga parte del mondo cinematografaro, a cui mi viene di reagire con un: “Che mm’hê purtata a fá ‘ncoppo Pusilleco, si nun mme vuó’ cchiù bene?” (cit. da L’Addio di Libero Bovio); ossia: perché fare sfoggio di attori belli e rinomati, di temi stuzzichevoli per l’animo anelante (e dunque già sofferente in un frivolo compiacimento di sé stesso) se poi non sei intenzionato ad osare qualcosa di più che il confortevole?
Il sensazionale non è necessariamente pensiero divergente, creatività.
Il quesito di M. Piccoli vale anche per la critica: a che serve? Si potrebbe proporre la visione di un film presentandolo, e non commentare offrendo già una lettura. Oppure tentare una riflessione che condivisa con le altrui ci consenta di costruire, modificare, inventare significati e generare nuovi “grilli” per la testa, ché senza di loro non c’è neanche la possibilità di andare nella direzione. Quella lì.
Giugno 18th, 2020 at 12:38 pm
Eeeeh, uuuuh, mah …
Spero che tra voi vi capiate, forse sarà perché sto invecchiando, ma a volte mi manca proprio … la direzione.
Giugno 18th, 2020 at 6:52 pm
Circa la direzione, qui ci vuole una citazione da (o di) Vallauri:
“Beato chi segue un sentiero che nasce dal passo”.
Luglio 4th, 2020 at 12:49 pm
Conoscete qualcuno disposto a fare zazen davanti ad una porta d’ingresso? Meglio la finestra….. labirinto incluso!
Luglio 5th, 2020 at 7:47 am
Buongiorno Angela,
a scelta:
1) sono porte d’uscita, si entra dalla finestra
2) Bz è single, vive in un monolocale, e nel suo mondo non ci sono i testimoni di Geova
3) anche io mentre disegnavo ho pensato: ma questo è scemo, con tutto lo spazio che ha proprio qui si deve mettere!?
4) porta d’ingresso o finestra , labirinto incluso c’è sempre un gran/troppo via vai
Luglio 5th, 2020 at 5:10 pm
È talmente vero che ‘vincere è illusione, perdere illuminazione’ che l’Hagakure (si capisce che è il mio libro preferito?) ne è il compendio. Jōchō Yamamoto, infatti, per una serie di assurde ragioni, si trova nell’impossibilità di commettere il seppuku (il suicidio per disperazione è una ignominia) e decide di prendere i voti buddisti lasciandoci in eredità un capolavoro.
Sono molto d’accordo anche con il resto dei commenti, in particolare con @95, però per ragioni opposte, nel senso che proprio il buddismo ci fa – o dovrebbe farci – diversi.
I temi posti da Nello sono così assurdi che un uomo rispettabile li ha liquidati così “fuori come poggioli”. La sentenza di mym @73 fa Cassazione. Questione chiusa. Ciò significa che il dibattito investe chi lo propone? Conoscendo la suscettibilità del soggetto direi “qui casca l’asino”. Proprio perché ‘il buddismo ci fa diversi’, sappiamo quanta importanza hanno i ‘fattori mentali’ nell’insegnamento dell’Abhidhamma, che qui traduciamo in modo lasco con “psicologia buddista”. Buddha aveva capito che la radice dell’ignoranza, dell’errore, della sofferenza etc sta nel funzionamento della mente, anticipando di molti secoli ciò che scriverà Nietzsche nell’aforisma 23 di “Al di là del bene e del male”, dove auspica che la psicologia diventi la regina delle scienze «giacché la psicologia è la via… che porta ai problemi fondamentali.»
Per fare un esempio, le ragioni per cui un cattolico non viene persuaso dalle evidenze mediche sull’impossibilità della resurrezione della carne allignano nella psiche, non nella logica. Dunque la psicologia come via breve per la confutazione delle religioni, almeno di quelle monoteistiche.
Niente di personale, puro esercizio spirituale.
Oppure, se c’è qualcosa di personale, specie nel “vezzo di titillare la reattività dell’altro”, non sta nello squallore o nella maleducazione, ma nel… “‘mazza la vecchia!”, cioè nell’irresistibile birichinata di smascherare la religiosità – le convinzioni – dell’altro. (Cosa sei buddista zen a fare se perdi le staffe per un nonnulla?) Un po’ come quando si saggia la religiosità dei cattolici della domenica che in nome dell’amore di Dio sono pronti a bruciare streghe e eretici.
(Sono sicuro che ciò non sfuggirà al piano della comprensione di Nello attento com’è a dare patenti di buddità a destra e manca).
Luglio 6th, 2020 at 11:14 am
Grazie Fago, la trovata delle “porte diverse” è geniale per esprimere quello che volevi dire.
Io ho provato ad andare in vacanza in camper senza “cuscino” dopo 10 giorni ero l’incredibile Hulk. Così ne ho comprato uno piccolissimo da tenere sotto il lavandino del bagno…..
ogni tanto qualcuno bussa alla porta del bagno chiedendo: “ne hai per molto” io penso “ no, giusto il tempo di mandarmi a …..quel paese”😜
Luglio 6th, 2020 at 1:34 pm
Zazen s(hulk)amper…
Oggi ho preso troppo sole in testa. Mi sa anche ieri
Luglio 6th, 2020 at 6:20 pm
[img]https://i.pinimg.com/originals/df/b0/6a/dfb06a6aac6ae54af51169421aafbb1c.jpg[/img]
Luglio 6th, 2020 at 6:23 pm
Ciao Roberto, grazie, ma, o sono poco informatizzato o il tuo commento ha qualche cosa che non va.
Puoi ripetere por favor?
Luglio 6th, 2020 at 8:12 pm
Ciao Mauricio. Era solo un disegno, un saluto ad Angela e Fago, o semplicemente un segno di vita; poi ho visto che questo codice html non funzionava in chat, ma non sapevo come cancellarlo. Il disegno è questo.
Luglio 7th, 2020 at 7:41 am
Grazie Roberto, mi pare azzeccato.
Il disegno è ‘tuo’?
Luglio 7th, 2020 at 11:56 am
Ciao hsmx, un po’ lunghetto, stavolta. Ma il tuo argomentare è gradevole, nella sua lentezza si segue volentieri. Si capisce che mi piace come scrivi?
C’è un punto che mi ha titillato più di altri: l’uso del termine psicologia riferito a Buddha, come risulta nel parallelo con Nietzsche. Dire ‘verità’ rischia di titillare i relativisti; direi che si tratta di osservazione della realtà, ripetuta sino alla certezza.
I veri buddisti perdono le staffe per un nonnulla. È ‘il dopo’ la parte che li fa veri buddisti.
Luglio 7th, 2020 at 2:56 pm
Grazie Roberto, il disegno sembra proprio il mio autoritratto!
Luglio 7th, 2020 at 7:12 pm
Ciao Roberto, grazie
Stavo giusto pensando in questi giorni a delle opzioni per sostituire l’immagine del Buddha o di Manjuśrī con qualcosa di esteticamente meno esotico…
Ma forse c’è ancora tempo
Luglio 11th, 2020 at 7:38 pm
Esteticamente meno esotico
diventa indissolubilmente esotico
Luglio 12th, 2020 at 9:34 am
Buongiorno Nello,
mi spiace ma non capisco…
Luglio 13th, 2020 at 4:39 am
Buddha e Manjusri non hanno niente di esotico.
Buddha e Manjusri non sono indiani.
Buddha e Manjusri non hanno mai insegnato nulla
Luglio 13th, 2020 at 4:41 am
fago @12 per evitare qualcosa, spesso,se ne produce un’altra con uguali e a volte peggiori caratteristiche oppure con uguali condizioni
Luglio 13th, 2020 at 7:58 am
@14: concordo, infatti s’ha da andar cauti
@13: pare quasi un koan…potresti scriverne una raccolta personale magari: “I koanelli”, intendendo “-nelli” come genitivo sg. di un tema in -us oppure come un vezzeggiativo…a scelta
Luglio 13th, 2020 at 10:57 pm
Mi attribuisci qualcosa che non è mio…
Però, trovandoci in temi leggeri…voglio ricordare un detto di Joshu:
Joshu chiese a un monaco: ” Daruma è nel tempio? “.
Il monaco disse: ” Sì “.
Joshu disse: ” Allora va’ a chiamarlo. Digli di lavarmi i piedi “.
Non sono io, fago, è Joshu
Luglio 14th, 2020 at 6:54 am
Ahhh mannaggiammè che non me n’ero accorto…
Se ti capita allora magari è il caso di andare a chiamare anche lui, così mi taglia le unghie 🙃
Luglio 14th, 2020 at 2:24 pm
Perché dici ” anche” lui…chi altri?
Luglio 14th, 2020 at 6:37 pm
Non c’era anche il buon Daruma già lì pronto col catino?
Luglio 15th, 2020 at 4:17 am
Appunto, lui.
Oltre a lui chi indichi
con ” anche”.
Lui era inteso.
Anche, indica qualcuno oltre a lui
Luglio 15th, 2020 at 9:13 am
Joshuuuuuuuuuuuuu
Luglio 15th, 2020 at 8:42 pm
Joshu è il comandante non il garzone,
lui al massimo ti taglia il dito…
(il taglio del dito è una citazione di un classico zen, un onkadori )
Luglio 15th, 2020 at 11:24 pm
“… chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti…”
Se il comandante Joshu si mette a tagliare dita, toccherà segargli la testa…rispettosamente parlando
Luglio 17th, 2020 at 1:44 pm
Bene, ho letto tutta l’intervista e tutta la risposta.
Sottoscrivo completamente quanto educatamente precisato da Yushin.
Vivere è abbastanza difficile di suo, meglio limitare le proprie critiche, qualora si ritenesse di registrarle, a se stessi.
Questo è l’insegnamento, ricco, che ne ricevo.
Grazie a Yushin per la puntualità, generosità e compassione, senza sconti, mostrata.
Nel Dharma
Luglio 17th, 2020 at 3:20 pm
Come dialogato con Mym in altra sede, pur non essendo parte della cronaca (peraltro alquanto grigia, purtroppo), condivido pienamente la sofferenza che si aggiunge al percorso personale autentico di Yushin e Jiso.
Sinceramente,
Giorgio
Luglio 20th, 2020 at 6:41 pm
1@:ciao, Nello. Il fatto che tu abbia letto entrambe ti fa entrare in una sparuta élite: sono due pizze che -non fosse per lavoro- mai e poi mai mi sarei sorbito … 🙂
Luglio 21st, 2020 at 1:07 am
3@, è stato divertente,come guardarsi allo specchio.
Luglio 21st, 2020 at 6:25 am
Buongiorno Giorgio,
le separate sedi le lascerei, in questa, alle vicende della loro separatezza.
Quanto alla sofferenza, della cui (con)divisibilità dubito trattandosi di personale sentire, non è qui in gioco: proprio per spostare il discorso dal piano personale incresciosamente frequentato dagli autori dell’intervista, Yushin e chi ha voluto collaborare con lui all’estensione della “risposta” si è accollato l’onere di scrivere le opportune considerazioni.
Luglio 21st, 2020 at 9:19 am
Buongiorno,
il file italiano non è scaricabile.
Grazie
Luglio 21st, 2020 at 9:43 am
Grazie a lei.
Provi ora per piacere
Luglio 21st, 2020 at 11:08 am
@5 jm – Certamente, chiedo scusa. Res inter alios.
Luglio 29th, 2020 at 9:48 am
Buongiorno,
Contemporaneamente all’uscita del nuovo libro della Stella, è uscito anche il nuovo libro di fra’ Matteo, monaco di Bose e amico di lunga data. Un libro sul silenzio monastico buddista. Ossimoro impegnativo, affrontato da fra’ Matteo con il consueto rigore, attenzione e competenza.
Ne trovate qui la copertina.
Agosto 1st, 2020 at 6:27 pm
Non è la lentezza, specie in questi tempi concitati, una follia?
Ebbene, questa follia venne a me e io le offro ospitalità finché vuole!
Parlare di verità è pericoloso. Sia perché la ricerca della verità è un mestiere pericoloso, sia perché chi crede di possederla finisce per imporla agli altri. Tuttavia l’urto tra la razionalità, intesa come un appello a un tipo di verità impersonale e universale che solo rende possibile la cooperazione tra gli uomini, e l’irrazionalità, rappresentata dalle passioni private, pare inevitabile.
La verità è una proprietà di ciò che si afferma o si nega. Non esiste una Verità come ente a sé, una verità ontologica; esistono solo proposizioni vere, quando quello che affermano corrisponde ai fatti, alle cose, alla realtà, quando cioè non sono false. (L’adaequatio rei et intellectus è un punto di arrivo, un atto creativo; non il fondamento del rispecchiamento passivo delle cose come vuole la scolastica.)
Dunque la verità non è una cosa a sé stante, ma è sempre idealmente in coppia con la falsità, e vale in alternativa con questa.
Agosto 1st, 2020 at 6:28 pm
C’è un’eccezione: quando si dice che Dio è la verità, come dicono i cristiani, o che l’Idea o l’Assoluto sono la verità, come dice Hegel, o che l’Essere è la verità come dice Heidegger. Nel caso dei cristiani si può capirlo dato che Gesù disse «Io sono la verità». Però alla domanda «Che cos’è la verità?», Gesù rispose a Ponzio Pilato che lui era venuto per testimoniarla. Ossia per testimoniare che era il figlio del padre dei cieli e che la vita andava vissuta secondo la sua predicazione, rendendo automaticamente false tutte le altre concezioni. Però anche qui siamo sempre alla verità come proprietà di ciò che è vero, alla verità di ciò che si predica e non alla verità ontologica. Nel caso di quest’ultima, quando si dice che Dio o l’Essere o l’Idea sono la verità, si vuole solo esaltare l’importanza del concetto. Dunque la verità non c’entra, o se c’entra, è sempre la verità come contrario della falsità.
Nella sfera intraumana la verità ha soprattutto un senso dialettico, e opponendosi alla falsità, può essere oggettiva e definitiva, come quando affermiamo che la Terra gira intorno al Sole.
Ma la verità ha anche un senso “mistico”, trascendentale. E nella sfera extraumana i fatti sono sempre e solo interpretazioni. Per fare un esempio: «Dio è morto» è una interpretazione; «Emanuele Severino è morto» è un fatto, che è una cosa diversa da una interpretazione.
Agosto 1st, 2020 at 6:29 pm
La questione della psicologia è strettamente connessa con il limite del metodo scientifico e con il concetto di verità unica. Passaggi duri e controversi che bisogna articolare bene per non essere fraintesi. La vera sfida però non sta nella stringatezza dell’esposizione – poche cartelle – quanto nella traduzione in formule buddiste. Roba da “scomunica”. Mi sento quasi come quel maleducato di Mizoguchi, il protagonista del romanzo “Il padiglione d’oro”, che voleva farsi monaco zen solo per bruciare il tempio.
Un saggio di quello che provo a dire ce lo offre Nietzsche in Genealogia della morale, “il primo libro sulla psicologia del prete”, secondo le parole dello stesso autore. Nietzsche smaschera i motivi, consci e inconsci, che stanno alla base dell’agire pretesco, e mostra come dietro le pretese della fede, si celino bisogni fisiologici. Attraverso la psicologizzazione del cristianesimo – una cosa inedita – egli diede ad esso, con un’efficacia di gran lunga superiore alla opposizione esercitata sul piano delle idee dagli illuministi, il colpo di grazia.
Un accorgimento che, con le dovuti cautele, può applicarsi a fedi e ideali di ogni genere. E se è vero che non tutto può essere psicologizzato, è anche vero che alcune psicologie sono universali (non nel senso che valgono per tutti, ma nel senso che rappresentano tutti coloro che per inclinazione e sensibilità non si accontentano di verità grossolane e mirano a un ideale di miglioramento).
Agosto 4th, 2020 at 8:41 am
Un amico, che non vuol essere nominato se non con la sigla, mi scrive: “Tra le tante cose, la più eloquente per me e per noi è l’appartenenza quale principio di verifica della qualità di una guida spirituale: se una guida non vive la vita della comunità, ma soltanto la organizza (anche benissimo), la predica (con toni anche altisonanti), la disciplina (anche con ferrea austerità), questo significa in sostanza che egli la usa per i suoi fini. Il frutto di quel seme non sarà allora la resurrezione ma la morte eterna, la fine e non un nuovo, sempre necessario, inizio. MNZ”.
Agosto 4th, 2020 at 9:05 am
Ciao Hmsx, bentornato.
Sei ‘in ferie’? Il tuo argomentare, questa volta, appare più … ozioso del solito.
Va bene la lentezza. Ma la velocità offre un tipo di cura (per pochi, lo ammetto) che mantiene liberi.
Sono molto d’accordo su “Dunque la verità non è una cosa a sé stante, ma è sempre idealmente in coppia con la falsità, e vale in alternativa con questa”. Sembra … la verità.
La psicologia è un buon metodo, se peschi a strascico, nel mondo di giusto e sbagliato, buono e cattivo ecc. Non offre la possibilità oltre sé stessa, l’uscir dal fango e dall’acqua, tipo il fior di loto.
Agosto 4th, 2020 at 5:15 pm
Vacanza? Magari. Sto lavorando come un ciuccio. Concentrazione richiesta alta, al punto che mi sono proibito l’internet. Infatti ho appreso delle novità della Stella giovedì e usato il weekend per mettermi in pari, solo dopo aver commentato. Ne avrò per altri due mesi, come minimo. Significa che sono a corto di quella mostruosa energia richiesta per l’assemblage, come dicono i francesi. Anche perché questa combinazione, per poter essere sottile e efficace, deve essere fatta d’impeto, cioè coperta e travolta dalla ispirazione.
«Se ci fossero tanti Gange quanti granelli d’arena ci sono nel Gange e poi tanti Gange quanti granelli d’arena nei nuovi Gange, il numero dei granelli d’arena sarebbe inferiore al numero delle cose che il Buddha ignora.»
Nāgārjuna
Agosto 4th, 2020 at 5:16 pm
La trasformazione della filosofia in psicologia è la conseguenza dello scepsi assoluta di Nietzsche secondo il quale la realtà è una X inconoscibile, per cui lo studio dell’uomo sulla realtà si sostituisce con lo studio dell’uomo sull’uomo. La verità è ridotta a mera convenzionalità. Gli uomini si accordano tra loro su certe cose importanti per la vita.
Una posizione simile al buddismo Mahayana. Secondo Paul Deussen, il buddismo Mahayana usa e abusa della logica per demolirla, – come fa Nietzsche aggiungo io – per cui «il Mahayana si distingue per il suo idealismo assoluto».
Paul Deussen fu uno degli amici più cari di Nietzsche fin dai tempi del ginnasio. Quando divampò il culto del filosofo di Röcken, pubblicò Ricordo di Nietzsche, dove, tra le altre cose, gli mosse alcune critiche. Per esempio, confutò in poche e semplici frasi la teoria dell’eterno ritorno del divenire. Fu uno stimato orientalista. La sua lettura del buddismo è fortemente influenzata da quella di Schopenhauer.
Agosto 4th, 2020 at 5:17 pm
A proposito del buddismo, Deussen scrisse: «Penetrare intellettualmente la dottrina del Buddha non è importante: essenziale è l’illuminazione interiore».
Il buddismo è una disciplina con uno scopo eminentemente pratico: liberarci dalla sofferenza.
(v. La parabola della freccia avvelenata).
Ammesso che il satori si intrecci con la metafisica, ciò accade perché la speculazione astratta è il mio talento particolare. Se una cuoca, per dire, trovasse noiosissima la filosofia, ciò non le impedirebbe di raggiungere l’illuminazione. Conta la meditazione, che ci prepara a quel lampo improvviso che è il satori. Una sensazione di intensa felicità dove intuiamo in modo istantaneo che la nostra vita passata è assorbita dal Tutto, che la pace e il conforto costituiscono una ricompensa immediata. Per conseguenza gli atti più comuni vengono compiuti con spirito religioso elevando la nostra vita.
Ma ho finito lo spazio; – e i vari impedimenti mi suggeriscono di pazientare, di far crescere questa verità che non compare tra quelle innumerevoli insegnate dai Buddha. Allora, parafrasando, «taccio… e speriamo di non morire!» Confido nel karma.
Agosto 4th, 2020 at 6:29 pm
Se ti fossi fermato a “Conta la meditazione” ti avrei approvato in pieno, con ammirazione.
Da quel “conta” in poi … son le solite storie.
Agosto 5th, 2020 at 9:24 pm
Ho intenzionalmente banalizzato la descrizione del satori. Quello che viene dopo il “conta” ha come interlocutore ideale l’ex abate Muhō Noelke, la cui testimonianza è la solita storia del “Non predestinato alla conoscenza”, secondo l’aforisma 25 della Gaia scienza, ovvero di un “bambino di ferro”. Espressione, quest’ultima, appresa da una amica è che a suo dire veniva usata nel buddismo antico per indicare le menti troppo bisognose e dunque impossibili da salvare.
Mentre, per definizione, una storia che non è stata ancora raccontata, non può dirsi solita.
Agosto 6th, 2020 at 7:24 am
Si legge a p. 111 «(…) il tema [del karman] non ha mai avuto presa tra i praticanti (…) [perché] non ha particolare importanza (…)».
Quella inconcepibile struttura che è il karma è per alcuni uno dei punti deboli del buddismo. Radhakrishnan definisce il karma come la legge della conservazione dell’energia morale. Possiamo considerare il karma un’interpretazione etica della legge di causalità, dove tutte le cose sono conseguenza degli atti umani, compresa la geografia che è una proiezione dell’etica.
Quell’ateo impenitente di Schopenhauer ne «Sulla dottrina dell’indistruttibilità del nostro vero essere ad opera della morte» (Parerga e paralipomena), ci mette in guardia dalla superstizione di credere che la vita termini con la morte. L’anima muore, il karma passa di trasmigazione in trasmigazione.
Un film ricco di spunti è Mr. Nobody del 2009 di Jaco Van Dormael. Film belga ad alto budget con protagonista Jared Leto e mai distribuito in Italia.
Agosto 6th, 2020 at 7:26 am
Ovviamente ciascuno vedrà quello che può, cioè quello che sa. Io ho visto che nell’eterno ritorno del divenire le cose non ritornano identiche a sé stesse, ma si configurano secondo l’economia karmica. Che, decontestualizzando p. 115 e dando alle parole un senso letterale, quando moriamo «noi non scompariamo nel nulla. Nel fondo senza fondo, nell’abisso vuoto della non manifestazione, non c’è l’annullamento totale». Che, come insegna il Buddha, la distruzione del corpo col quale avvertiamo la coscienza non la estingue. Che se l’uomo muore col desiderio della vita nel cuore, torna a incarnarsi. Che la ferma volontà di non reincarnarsi è l’ideale del Buddha. Che i bodhisattva ritardano tale processo in un mondo sognato per divenire Buddha dopo innumerevoli incarnazioni. Che conoscere significa «ricordare», nel senso dell’anamnesi platonica.
Come spiegare il Pratyekabuddha, altrimenti? È come «un rinoceronte solitario nella foresta», il Pratyekabuddha; segue la via sostenuto dalla «fede senza contenuto» di cui a p. 87, attendendo di dare voce al suo sogno straordinario. Una fede che è un modo della razionalità, che chiude simbolicamente – cioè arbitrariamente – quello che è rimasto aperto per il pensiero.
Suggestione? Può darsi. Illusione? No. L’uomo non vive incapsulato dentro sé stesso. C’è un ponte che collega i mondi. E se è abbastanza incredibile che i più bravi a usare la logica siano quelli che più sbrigativamente se ne disfano, io non sono poi così superbo da volgerle le spalle.
Agosto 6th, 2020 at 8:04 am
Dovresti fare l’avvocato 😛
L’espressione ‘bambino di ferro’ non è male, non la conoscevo.
Nel buddismo un po’ meno antico ho sentito usare il termine ‘pollastrone’…
Agosto 6th, 2020 at 8:15 am
2@, direi che sono genericamente d’accordo. Purché si abbia la stessa accortezza nei confronti della superstizione di credere che la vita continui dopo la morte.
Agosto 6th, 2020 at 9:06 am
Comunque, nessuno ha ancora trovato IL refuso.
Agosto 6th, 2020 at 11:38 am
IL refuso non l’ho trovato, ma ho trovato tante cose belle.
Il libro mantiene le promesse della presentazione, ovvero dà tutte le informazioni essenziali per apprendere correttamente la pratica dello zazen. Mym “gigioneggia” sul karman, ma forse solo perché la tradizione esoterica del Buddha è riservata agli adhimukti (i bodhisattva risoluti). (O forse perché sarà il tema di una nuova pubblicazione?, magari su Vasubandhu?) Ciò tuttavia è inessenziale allo scopo che qui interessa: liberarci – *praticamente* – dalla sofferenza.
In particolare ho molto apprezzato la battuta di spirito finale a p. 123. (non so se mi spiego :-))
Agosto 6th, 2020 at 11:52 am
Sul ‘gigioneggia’ è la seconda che hai detto: Vasubandhu scosterà la tenda dell’avidya e … tatàn!
Ammetto che la battuta che citi (la riporto per quei molti che non hanno intenzione di sorbirsi il libretto): «Se questo vero nascere o vero vivere sia la “vita eterna”, io non sono in grado di dirlo. Ma, se ci incontreremo nuovamente tra qualche millennio, forse potrò essere un poco più preciso» potrebbe far pensare che io inclini verso la teoria eternalista. Ma, si sa, per un istante si può pensare qualsiasi cosa 😉
Agosto 6th, 2020 at 1:19 pm
Completamente condivisibile l’assunto di fondo di MNZ @9
Agosto 6th, 2020 at 3:50 pm
Quella frase, o il concetto che esprime, dovrebbe essere appesa davanti a tutti i dojo, monasteri ecc., in Europa ed altrove.
Un giorno parleremo anche dell’andar per ogni dove per ‘tenere i sesshin’.
Agosto 8th, 2020 at 1:21 am
Il testo mi è piaciuto molto, mi sento toccato nello spirito e finanche commosso.
Leggendo si apre un mondo che era intravisto ritrova conferma.
Il cuore si sente sollecitato al suo compito, al suo esito sempre dinamico nella sua autopoiesi e purezza. Tutti concetti che non vogliono fissare nulla ma solo provare a delineare il senso del vivere.
Ho usato nei miei studi il termine, shusho ichinyo reso quale, pratica e realizzazione, tradotto nel testo quale, pratica e verifica.
Comparate le due rese ho scoperto con piacere il limite della mia che trovo statica, acquisitiva, ipostatica, mentre quella del testo è viva, dinamica, libera da stratificazioni.
Anche il termine Hishiryo del Fukanzazengi, reso nel testo con Impensato, lo trovo migliore di Nonpensiero…e ci sono tantissimi altri spunti.
Quindi, grazie per i tantissimi stimoli che il testo induce, veramente riccone comprensibile.
Un glossario sarebbe stato utile, pensateci per la prossima edizione.
Questi i refusi trovati:
P.47 ” Queste e ciò che si…” penso che avrebbe dovuto essere è, quale verbo essere e non e, congiunzione.
P.70, nota 52, ” nove per nEve”, c’è neve, al posto di nove.
P.105 ” Nei luoghi…vi e una sala…” manca l’accento sulla e.
ありがとう ござい ました
Agosto 9th, 2020 at 3:42 pm
E’ un libro che fa pensare (scherzo). Scrivo solo per ringraziare un po’ tutti, è un gran libro. Non mi ritrovo molto nell’ultimo capitolo, ci lavorerò. Mi ha ricordato emotivamente “Living And Dying In Zazen: Five Zen Masters Of Modern Japan” https://www.goodreads.com/book/show/395207.Living_And_Dying_In_Zazen.
Agosto 9th, 2020 at 7:18 pm
Grazie per questo libro.
“Raccogli un poco d’acqua e avrai la luna tra le tue mani”
@mym5
p.47: “pratica al di lA dell’illuminazione”
p.98: “un profondo inchino a mani giunte nella direzione opposta LA muro”
p.105: “In questo luogo E severamente proibito parlare”
Agosto 10th, 2020 at 6:16 pm
Ciao Nello @8: grazie per le tue parole di apprezzamento. Le lanciamo in aria in modo che ricadano ovunque.
Ti sei aggiudicato il premio per il primo che troverà il refuso, in questo caso ‘i refusi’.
Al più presto ti arriverà la copia dedicata ed emendata.
Agosto 10th, 2020 at 6:51 pm
Ciao Max @9: naaaa! Il libro di Braverman è fatto per far vedere come erano bravi quei cinque, per di più amici suoi (o quasi) … Un’americanata, insomma.
Qui c’è di più. Mooolto di più.
Appena mi ricordo che cosa c’è di più: zacchete, te lo dico! 😳
Agosto 10th, 2020 at 6:55 pm
Grazie per i refusi AdO @10, purtroppo Nello ti ha battuto sul tempo. Domani faremo un piccola e toccante cerimonia e gli consegneremo il premio …
La luna tra le mani?
Spero te le sia lavate, prima … 🙂
Agosto 11th, 2020 at 2:30 pm
@12 wazzamerica orrait? orrait! me l’aspettavo, difatti ho scritto “ricorda emotivamente” 🙂 … A proposito di ricordi e di emozioni, correggendo i refusi leggo che non si parla dove si pratica. Cambiando quindi scena e senza alcun riferimento a quel che è scritto nel libro, la frase mi ha ricordato quando con Daido (e poi con Seishin) si cenava dove si praticava (motivi di spazio e di tempo, non c’era agio di farlo prima/altrove). Sono stato fortunato. Ancora grazie, mi dileguo
Agosto 11th, 2020 at 3:13 pm
Nel momento in cui ci mangi, quello non è il luogo in cui pratichi …
Agosto 11th, 2020 at 5:04 pm
si certo. ho accostato le due cose ma senza volere sottendere qualcosa. Mi sono espresso male.
Agosto 13th, 2020 at 4:29 pm
Oggi il libro è finalmente arrivato in Spagna… dopo dieci giorni di attesa impaziente. Deve aver attraversato da una sponda all’altra sponda in una zattera fatta di rami e foglie e mossa con i piedi e le mani. 🤗🙏
Agosto 13th, 2020 at 5:07 pm
Ciao Roberto, in effetti da un po’ di tempo l’uso della zattera spinta con mani e piedi si è molto diffuso. Ma è difficile trovarne una libera perché nessuno, neanche dopo che è arrivato, la vuole più lasciare.
Io in garage ne ho quattro …
Agosto 21st, 2020 at 9:49 am
Buongiorno a tutti.
Ho letto con attenzione il testo ‘La pratica dello zazen’ apprezzandone la chiarezza e alcuni aspetti sempre da approfondire. Approfitto di alcune perplessità che mi sono sorte leggendo le pagine 100-101 dove si parla della postura dello zazen. La prima riflessione che mi è apparsa nella mente è stata: “Se questa è, come sembra dal dire, l’unica postura (loto o mezzo loto) che consente di fare zazen, allora lo zazen è interdetto al 99 per cento della popolazione occidentale.” Ricordo che nell’opuscolo ‘Sedere in pace’ sempre edito dalla Comunità della Stella del mattino non è esattamente così.
Do per saputo, dato il pubblico a cui mi rivolgo, che c’è sempre un ‘tendere’ alla postura corretta, questo, però secondo me, non dovrebbe passare attraverso dolori lancinanti. Frequento il Centro di Vicenza ormai da 10 anni e anche da parte dei giovani,(sulla trentina) risulta impossibile (cioè la gamba non va proprio su) anche mettersi in quarto di loto. Con dedizione e tempo qualcuno riesce ma cosa dovrei dire a chi, pur dedicandosi sinceramente alla pratica sia al dojo che a casa, non può fare altro che praticare sinceramente sedendosi sul panchetto?
Un saluto con riconoscenza per ciò che mettete a disposizione di quanti cercano di seguire la Via.
PS Refusi: pag 43 terz’ultima riga (accento)
pag 47 ultimo capoverso (accenti)
Agosto 23rd, 2020 at 9:26 am
Ciao Marta. La questione che poni non è semplice, anzi, è proprio una “grande questione”. Le risposte di Paolo Sacchi in Sedersi in pace mi paiono spendibili.
Mishima fu un campione di kendō e lo zen un tema ricorrente nelle sue opere. Scrive in Sole e Acciaio: «Grazie all’acciaio [dei bilancieri] appresi molte verità sui muscoli. Era quella la conoscenza più spontanea, che né i libri né l’esperienza del mondo potrebbero assolutamente donare. I muscoli, oltre ad essere una forma, erano anche una forza, e la responsabilità della sua direzione era infinitesimamente suddivisa tra tutti i fasci di muscoli, proprio come una luce creata nella carne.»
Un corpo che esegue perfettamente la posizione del loto emana una luce che un corpo sgraziatamente seduto non emana. Ma è davvero così? Non lo so. Ne Il padiglione d’oro, il personaggio che per la sua bellezza attira l’invidia del protagonista aspirante monaco è uno storpio, dunque uno impossibilitato a sedersi nella posizione del loto.
Agosto 23rd, 2020 at 9:26 am
Yokoyama Sodō accenna in Accanto alla vecchia pietra (La pratica dello zazen, p. 73.) alla relazione tra buddismo e kendō e forse ci fornisce una chiave per risolvere la questione. Quello che conta, dice, è «Non risparmiarsi alcuno sforzo». Certo che un trentenne che non ha elasticità alle gambe, non dico di mandarlo alla scuola militare, ma dei seri esercizi di stretching, propedeutici alla postura, glieli prescriverei (almeno 6 settimane, e se è il caso, aiutandosi anche con delle corde). Indovino l’obiezione: «Seee, figurati!, etc». Eppure a p. 76 è scritto che «Nel buddismo lo “sforzo” non è limitato a questa vita. Comprende la risoluzione a praticare per innumerevoli nascite e morti, per l’eternità.» Dunque, che dire ai praticanti? Dipende da caso a caso. Se hai davanti uno di quei rari esseri che usano la religione come strumento di autodisciplina e elevazione, allora va bene la durezza. Tali soggetti si motivano meglio tanto più la pratica è odiosa. E se hai di fronte una persona ordinaria, che usa la religione per abbellire la propria miserevole esistenza? In questo caso vanno bene le risposte di Paolo Sacchi al paragrafo 9.
Ma sono forse un maestro zen? Se si escludono alcune sfrenate fantasie dove tiranneggio un manipolo di esaltati, direi proprio di no.
Agosto 23rd, 2020 at 9:52 am
Buongiorno Marta,
mi permetto di intervenire perchè faccio parte dei “giovani a cui risulta impossibile”.
Secondo me parlare di “unica postura che consente etc…” è eccessivo. È
indubbiamente la migliore, quella che facilita il risvegliarsi, e questo è facilmente verificabile empiricamente.
Oltretutto da un certo punto di vista (al netto di anche molto “chiuse” che scaricano la torsione sulle ginocchia e ciao ciao menischi) è la più sicura. Nella posizione birmana o in quelle “intermedie” le ginocchia sono molto distanti fra loro e questo comporta una posizione del femore relativamente all’acetabolo molto poco simpatica che a lungo (o medio) andare causa/puó causare problemi (tipo appunto la sindrome femoro-acetabulare). Il panchetto non è male secondo me, peró non è facile trovare un buon allineamento con la schiena a meno che non sia uno di quei panchetti “dondolanti”. E comunque l’hara è meno aperto rispetto alla postura a gambe incrociate. La sedia è la posizione peggiore perchè per mantenere un po’ di retroflessione del bacino bisogna sedersi “più in alto delle ginocchia”, quindi “in pendenza”. Il che, non essendoci poi le ginocchia sul pavimento a frenare, causa l’attivazione dei quadricipiti e comporta comunque una posizione instabile per la schiena che va “sostenuta di più” (e che si irrigidisce, duole etc..). Tralasciando il mal di chiappe allucinante che viene dopo un paio di periodi visto che “si scivola comunque”…
Anche io penso che il “tendere a” non dovrebbe passare attraverso dolori lancinanti. È un approccio che puó funzionare per qualcuno ma puó essere estremamente traumatico per altri, risultando poi controproducente. È un “tendere a” che va fatto con delicatezza e con discernimento. E con costanza.
Personalmente penso che il fatto di praticare sul panchetto o sulla sedia abbia dei risvolti interessanti. In un certo senso sono situazioni svantaggiose, in un altro senso no. Rendono più difficile la pratica del “lasciare andare”, ma allo stesso tempo evitano prese di posizione troppo rigide tipo “lo zazen è per forza così o cosà”.
Il gioco sta nel non cadere nè nel “li mortacci sta vita infame che non mi posso sedere nel loto e non riuscirò mai a praticare il Vero
Zazen”, nè nel “Faccio cose vedo gente, siamo tutti illuminati a prescindere e il panchetto è uguale allo zafu”
Agosto 23rd, 2020 at 10:01 am
@3 HMSX
Se con “chi usa la religione come strumento di autodisciplina e di elevazione” fai quel giochetto lì, secondo me lo spingi ancora di più dove non dovrebbe andare…
Agosto 23rd, 2020 at 11:06 am
Ciao Marta, bentornata, grazie per la segnalazione dei refusi.
Molto chiaro quello che dici. Tuttavia, a mio parere, dai per scontate alcune cose che non è detto debbano necessariamente essere nel modo in cui dici. Ti hanno già risposto egregiamente sia Hmsx e Fago, ma siccome le pagine 100 e 101 sono uscite dalla mia … tastiera non mi sottraggo e ti dico la mia. Sono un esperto di dolori alle gambe. Per sedermi, per 40-50 minuti, nel mezzo loto senza patire le pene dell’inferno, ho impiegato decenni. Il fatto è che la situazione delle gambe di noi occidentali non è un dono del cielo, non è una condizione ‘naturale’. Ce la siamo procurata noi, smettendo di sederci a livello pavimento, ovvero con l’uso delle sedie e dei loro equivalenti. La nostra rigidità, in primo luogo quella delle anche, è causata da un nostro comportamento contrario o disarmonico con la posizione dello zazen. Se vogliamo recuperare l’elasticità delle gambe necessaria allo zazen, una capacità già nostra dalla nascita, occorre seguire il percorso inverso, ciascuno secondo le proprie condizioni, con tutte le difficoltà del caso. Ci sono dei video tutorial, tipo questo e questo, i cui esercizi seguiti giornalmente, con costanza, conducono (quasi) chiunque almeno al mezzo loto. Il “quasi” sta per chi ha, o ha avuto, patologie o traumi invalidanti. Ma anche in questo caso, con la costanza e la dedizione si ottengono risultati apprezzabili. Conosco una persona, anziana, che lo scorso novembre ha subito un’operazione di protesi completa al ginocchio: significa ritrovarsi con una gamba dritta e rigida come un bastone che duole terribilmente al minimo tentativo di piegarla. I primi mesi si esercitava per un’ora e mezza al giorno, ora ha ridotto a trenta minuti. In nove mesi ha ripristinato la possibilità di sedersi nel mezzo loto, sia a destra che a sinistra, seppure per periodi non lunghi. Dai suoi racconti so che non è stata una passeggiata. Se i giovani di cui parli, durante gli ultimi anni, avessero trascorso, ogni giorno, almeno un’ora a eseguire gli esercizi necessari, sono sicuro che non avrebbero i problemi di cui parli o li avrebbero in misura trascurabile.
È difficile? Certo. Nessuno ha mai detto che sarebbe stata una cosa facile. Anzi. Per imparare a fare davvero zazen, spesso occorrono decenni trascorsi seduti davanti al muro. Perché non dovrebbe essere che occorra un tempo analogo per far assumere al nostro corpo la forma dello zazen?
Agosto 23rd, 2020 at 12:29 pm
Caro fago, @6 non ho mai spinto nessuno a fare alcunché.
La mia testimonianza è questa. Dai venti ai trent’anni ho praticato molto sport. Sia per potenziare i muscoli, sia per allungarli, perché ero rigido come un tronco. Il mio scopo era sedermi nella posizione del loto, e ci sono riuscito. Dopo mesi e col beneficio della giovinezza. Di compagni non ne ho mai trovati. Anche perché la concezione del culturismo in Mishima è l’antitesi di quello che si respira comunemente nelle palestre: chi mai avrei potuto spingere? Ciò vuol dire che una volta divenuto capace di sedermi nella posizione del loto ho ricevuto l’illuminazione? No. L’illuminazione, nel senso più ampio possibile, è accaduta. All’improvviso e nel modo più imprevedibile. E continua ad accadere perché non si dà una illuminazione che sia definitiva. Anzi, la ‘visione profonda’, diciamo, può anche decadere, o degenerare. Una mente vigile come la mia, registra anche questi eventi, come conseguenza di un certo lassismo nella pratica (leggi: mancanza d’impegno). Mentre l’esercizio della virtù, non so se alimenti la visione, ma di certo rende ricettivi. Se non suonasse empio, direi che “misteriose sono le vie del Buddha”. Un vero enigma.
Agosto 23rd, 2020 at 2:11 pm
Capito, grazie
Ma con “strumento di elevazione” intendi tipo quando uno dice a un pensiero “e levati dal ca…” 😉
Daje si scherza, un saluto
Agosto 23rd, 2020 at 4:51 pm
Io, fin dal primo giorno della mia vita che mi sono seduto in zazen, potevo già farlo nella posizione di il loto intero, anche prima di sedermi in zazen potevo già sedermi così, da sempre; è una grazia che la natura mi ha concesso, sebbene sembra strano in Occidente. Ma questo non credo che necessariamente rende il mio zazen migliore o peggiore di altri. Tuttavia, quando ho dovuto spiegare agli altri come sedersi in zazen, anche se ho iniziato a mostrarlo con questa postura, se non sono riusciti, cosa che spesso accade, non ho insistito; gli ho semplicemente detto che si tratta di una postura con molti vantaggi avalatte dalla tradizione, ma che l’importante è sedersi il meglio possibile, con la schiena diritta ma non rigida, e anche che, se volevano, potevo dare loro degli esercizi che facilitassero una progressione verso la postura a gambe incrociate (questo ultimo, per quanto ho visto, con risultati non troppo buoni, perché credo che nessuno abbia fatto questi esercizi).
Ma, seguendo la legge dell’inesorabile impermanenza di tutte le cose, da qualche mese il ginocchio sinistro mi fa un po’ male, solo un po’, sebbene non tanto da non potermi sedere con le gambe incrociate. Comunque, vedendo che la cosa non si fissava da sola, decisi di cominciare a sedermi a mezzo loto, invece che a mezzo loto, con la gamba sinistra sempre sotto, in modo che il ginocchio sinistro fosse più riposato; cosa che avevo già fatto in precedenza, quando ho dedicato qualche giorni alla pratica intensiva dello zazen, dove alternavo il loto con il mezzo loto, alternando in quest’ultimo la gamba che rimaneva sopra.
All’ultimo di questi ritiri, circa un mese fa, (gia, da prima, tutto il tempo in mezzo loto, con il piede sinistro sotto, senza alternare) dopo tre giorni di seduta, con i dolori del ginochio più o meno come al solito, cioè perfettamente sopportabili, ho notato però durante un riposo che il ginocchio sinistro si era gonfiato notevolmente. Un po’ sorpreso dalla novità del peggioramento, ho deciso che forse era il momento di lasciarlo riposare pienamente, e ho cominciato a sedermi su una sedia. Una bella novità per me! Secondo me, ha stato una fortuna che questo sia successo in un ritiro, perché avevo ancora davanti a me un giorno e mezzo e molte sedute, e questo mi ha permesso di studiare attentamente diversi modi di sedermi sulla sedia, e alla fine ho concluso che la posizione che sembrava funzionare meglio per me era quella di mettere uno zafu sulla sedia, che è il modo in cui mi siedo ancora oggi, perché ancora non ho un panchetto con cui sperimentare.
Dopo anni seduti in pieno loto, senza problemi, penso che questo cambiamento, invece di essere un passo indietro, sia stata una buona lezione, prima di tutto per il mio orgoglio narcisistico, ed anche per assaporare un po’ meglio l’impermanenza, che è un alimento che a partire da una certa età comincia ad essere frequente nei nostri pasti, e forse anche per evitare fantasie fuori luogo negli altri solo per avere un’innata flessibilità. Devo dire che non ho osservato una grande differenza tra il mio zazen attuale, su una sedia con uno zafu sopra, e quando mi sono seduto in pieno loto (forse perché il mio zazen era pessimo prima, o forse perché non era affatto tanto pessimo); quindi penso che la differenza con uno zazen buono o cattivo non dovrebbe essere in questa cuestione, per quanto sacrosanta sia per la tradizione.
Secondo me l’abbandono dello spirito, chez Dogen, consiste nel non lasciarsi trascinare dai pensieri quando appaiono, neanche dal sonno, svegliandosi e tornando mille volte a zazen ogni volta che ciò accade. E che l’abbandono del corpo sia quello di rimanere immobile in una postura che renda possibile e favorisca il risveglio di cui ho appena parlato. Quindi la postura del corpo deve essere quella che favorisce questa immobilità risvegliata, qualunque essa sia, momento a momento e per lungo tempo. Semplicemente.
Si dice spesso, ad esempio in questa sede, che quando non possiamo sederci sul kekafuza, dobbiamo comunque “tendere” ad esso. Ma mi chiedo: cosa significa questo “tendere”? Che quando mi siedo in una postura che non è un kekafuza perfetto penserò al kekafusa, sognandolo? o che penserò durante lo zaazen che dovrei fare un tale e tale esercizio in modo che nel tempo X posso sedermi in un modo diverso da quello che sto seduto ora? No! Mi siedi come mi siedi, questo è il mio sedersi adesso, la realtà che sto vivendo ora e nessun’altra (solo ideale, pensata), ed è a quella seduta, qui e ora, che devo ritornare ogni volta che me ne vado con i miei pensieri, il meglio che puoi.
Non so se alla fine sarò in grado di sedermi di nuovo sul loto completo o no, o, se non ci riuscirò, ovvero se dovrò indagare sulla posizione su un panchetto, ma in ogni caso ciò a cui devo prestare attenzione ora è il modo in cui mi trovo seduto ora; non se ci sarà un modo migliore di sedersi, in futuro, o come mi sono seduto in passato, neanche come si hanno seduto i antenatti. Forse, tenendo conto del fatto che oggi la maggior parte delle persone in Occidente non è in grado di sedersi nel loto, e sembra che anche in Giappone questo stia cominciando ad essere comune, questa situazione dovrebbe cominciare a normalizzarsi, senza milanconia. Nello Theravada sembra, per quello che dicono, che sia già così.
Agosto 23rd, 2020 at 8:58 pm
Grazie per gli interventi e per i tutorial.
Agosto 24th, 2020 at 9:17 am
Ciao Marta, fa piacere risentirti, le firme femminili sono rare come la neve d’agosto da queste parti; anche se personalmente sono portato a pensare che esista un solo genere che, chissà, forse ci accomuna, quello umano, all’interno del quale ognuno è temporaneamente un esemplare unico, quindi ognuno fa genere a sé. Ma sto già divagando.
Alla domanda che poni sono state date risposte articolate e pertinenti, se non esauriscono la questione è perché non è questa la funzione delle buone risposte.
Ferme restando le considerazioni elaborate da quelle risposte, vorrei spostare l’attenzione, ampliando accenni già presenti negli altri post, sull’altra parte della posizione zazen, che è definita “la parte non fisica del nostro essere” alla fine di pag.101 del libro in lettura. A seguire leggo: “Il modo corretto di fare zazen è non occuparsi dei pensieri che sorgono, rimanere tranquillamente seduti, mantenendo la posizione. Facile a dire, ma molto difficile da realizzare…”: mi fermo, mentre invito a rileggere ancora il seguito fino in fondo.
Agosto 24th, 2020 at 9:17 am
Tu scrivi (@1): “Se questa è, come sembra dal dire, l’unica postura (loto o mezzo loto) che consente di fare zazen, allora lo zazen è interdetto al 99 per cento della popolazione occidentale.” Parafrasandoti, una riflessione che a me viene alla mente è: “Se questa è l’unica postura – non occuparsi dei pensieri che sorgono, rimanere tranquillamente seduti, mantenendo la posizione che qui è, anche, la posizione “mentale” di non occuparsi dei pensieri che sorgono – allora zazen è interdetto al 100% della popolazione mondiale, di ieri, oggi e domani”. Il rovescio dell’universalità. Dividendo ciò che non va separato, se la posizione fisica zazen è difficile, la posizione mentale zazen è impossibile. Come faccio a non occuparmi dei pensieri che sorgono, se per farlo devo scorgerli sorti o sorgenti, dunque me ne sto in qualche modo occupando? Eppure, di questo si tratta.
Tutti o quasi lamentano la posizione fisica, e si comprende, fa male di un dolore riconoscibile: ma se la prendiamo dal punto di vista della difficoltà, beh allora la posizione mentale è molto, ma molto più dura, mette di fronte al dolore di una perdita a confronto della quale un po’ o tanto male alle gambe è poca cosa. Dico questo perché non vorrei che, focalizzandosi sul problema postura fisica, si sottovalutasse l’impegno estremo che richiede la (non) posizione mentale. Ci vuole niente che si passino anni seduti (nel loto intero o mezzo, in una delle varie alternative a terra, su un panchetto, su una sedia…) a vagare più o meno inconsapevolmente nei pensieri, o a pensare di non star pensando…
Agosto 24th, 2020 at 9:17 am
Zazen è una forma del “taci e muori” altrove evocato. É il sacrificio di ciò che più amo, le facoltà del mio intelletto, del mio sentimento, della mia volontà. Ivi compreso il “buon senso”. Non sono previsti patteggiamenti e sconti di pena. Fukanzazengi di Dogen (pag. 16-19 del libro) è una specie di carta costituzionale del popolo zazen. Le carte costituzionali vanno studiate, spiegate, commentate (è quel che vien fatto nel libro) e si possono anche criticare e modificare, ma mai per adattarle alle proprie personali confacenti misure: altrimenti non sarebbero per tutti (fukan). Essendo per tutti, sono anche per nessuno in particolare. La forma (gi) fisica di zazen, doviziosamente spiegata, è forse la sola forma buddista visibile rimasta intatta nei secoli e nei territori, fino a qui oggi. Non è mai stata congeniale a nessuno, e qualora lo fosse, questo è solo una difficoltà in più. Ci andrei piano a introdurre modifiche generalizzate e a consigliarle agli amici. Siamo al tempo della wellness, della fitness, della mindfulness… ma qui nisciuno è ness. La postura è quella, fisica e mentale. Non riuscire a “tenere” né l’una né l’altra, che sono la stessa, è normale. La pratica è tendere verso, sedendoci dentro. Questo è l’impegno di tutti, per ciascuno diverso. I buoni consigli su come fare son già stati dati.
Agosto 24th, 2020 at 8:28 pm
Buongiorno Jiso, concordo pienamente con quanto hai scritto e quindi niente ho da aggiungere se non che sempre si deve ritornare su questa Grande e forse unica Questione. Pure, come conclusione della domanda da cui sono partita, vorrei, sperando di non essere considerata una sentimentale o una presuntuosa, condividere alcuni aspetti della mia pratica. Uchiyama Roshi (pur non avendolo conosciuto) è stato per me il maestro grazie al quale (attraverso anche l’impegno della Stella del mattino) ho conosciuto e amato la pratica dello zazen. Nell’ultimo discorso, quando ha lasciato Antaji, le sue ultime parole sono state di speranza che i suoi discepoli contribuissero a far vivere dei luoghi in cui le persone di buona volontà potessero praticare lo zazen, così lui avrebbe potuto sorridere.
Questo è il voto che ho sentito mio e a cui cerco di dare vita impegnandomi nel luogo in cui mi trovo a praticare. Cosa c’entra questo con la mia riflessione iniziale? Due sono le risposte che mi sento di dare. Anzi in realtà si riducono ad una sola. Cioè all’evitare di dare giudizi sulla pratica di chi si siede, di chi continua a venire al dojo (ma poi chissà se un seme si è depositato anche in chi è venuto solo una volta?) a sedersi e tendere alla postura del corpo e della mente magari usando anche la sedia (una sciatica mica è semplice da gestire per esempio) e magari lo zazen che manifesta è (si può dire?) migliore del mio che mi siedo sul cuscino a gambe incrociate.
Un saluto rinnovando la mia gratitudine per ciò che trasmettete.
Ottobre 11th, 2020 at 6:01 pm
Buonasera a tutti, vi seguo da parecchi anni e ho letto con particolare attenzione l’intervista sopra riportata. Ormai da tempo, considero personalmente le sfumature caratteriali di ogni singolo Maestro(che ho incontrato) come delle peculiarità proprie di quell’individuo nello specifico,per cui sposo appieno il concetto espresso da pag.6 fino a pag.8 “Consideriamo quest’ultima frase…/…o in quel modo di fare, in questo o in quello stile di vita”.
Bene. Mi e’ stato pero’ rivolto un quesito a cui sinceramente non so rispondere e come sempre i quesiti hanno la fantastica capacità di mandarmi in crisi dando io a me stesso la possibilità di non rispondermi, di temporeggiare.
E se un Maestro fosse un assassino o un pedofilo davvero verrebbe seguito solo perchè un ottimo insegnante della Via?
Gassho
Lorenzo Kaimon
Ottobre 14th, 2020 at 7:50 am
Benvenuto Lorenzo,
La tua domanda ha un bug, ovvero da per scontato che ‘assassino’ e ‘pedofilo’ possano convivere con ‘zazen’. Quindi, sottintende: se un bravo maestro ogni tanto ammazza un po’ di gente o stupra qualche bambino è pur sempre un bravo maestro.
Ora, per quanto siano labili i confini delle definizioni (non chiunque ammazzi è un assassino, in non tutte le culture il rapporto con minori è pedofilia, ecc.), la carriera di assassino/pedofilo e quella del bravo zazenista divergono proprio alla base. Perché?
Non dovrebbe essere difficile rispondere a chi ha incontrato vari Maestri … 😔
Ottobre 21st, 2020 at 4:52 pm
Siccome tutto tace riguardo alla domanda che avevo posto a chiusura del commento precedente, aggiungo qualche parola riguardo alla storia dei maestri assassini, o pedofili.
Da un punto di vista, che potremmo definire ‘classico’ -qualora nello zen vi fosse qualche cosa che si può definire tale- la parte più interessante non è nella domanda di Lorenzo, ma viene prima. Non credo che Lorenzo, o chi gli pose il quesito, abbia mai visto dei ‘Maestri zen’ (supposti o autoproposti tali) che, contemporaneamente, percorressero la carriera dell’assassino o del pedofilo (né mai se ne vedranno, salvo lo spazio da lasciare all’imponderabile più improbabile). La domanda verte quindi, almeno per ciò che ci è dato sapere, su qualche cosa che, allo stato, non esiste.
Allora, perché sollevare tanta polvere?
Ovvero: come mai ci pare normale discutere di cose inesistenti con serietà, come fossero argomenti dirimenti?
Ottobre 21st, 2020 at 5:31 pm
Buon pomeriggio e chiedo scusa se non ho potuto rispondere prima. Il mio lavoro mi porta a stare parecchi giorni fuori e in zone dove a volte non è possibile avere una connessione stabile o garantita dato che in mezzo al mare, per giorni è un po’ difficile. Non volevo sollevare polvere, offendere qualcuno e nemmeno creare problemi o dare fastidio. Chi mi ha posto il quesito è un mio collega di lavoro e nulla sa dello Zen come sicuramente nulla ne so io. Sicuramente mi sono spiegato male e mai ho detto di aver conosciuto Maestri pedofili o assassini e mai ho affermato di condividerne nulla. Mi dispiace tantissimo essere stato frainteso e aver “nutrito” un’idea di un mio silenzio volontario.
Mi riferivo a questo passaggio nella lettera da voi pubblicata:
“La domanda (per noi) è sempre la stessa: trasmettono vero zazen oppure no? Se, dopo un’analisi rigorosa e spietata, senza alcun tipo di ‘sconto’, la risposta è affermativa, andare a frugare nella loro vita privata è un’operazione sordida. Non solo non serve a nulla, ma rischia di mettere in cattiva luce (quindi con una caduta di fiducia) una persona importantissima, fondamentale per la nostra e l’altrui vita”
Comunque forse ha ragione lei, sollevare polvere e discutere di cose inutili non serve a nulla.
Gassho
Lorenzo
Ottobre 21st, 2020 at 5:43 pm
Secondo me lei non è stato frainteso.
Né ha offeso qualcuno, né ha creato problemi e neppure ha dato fastidio. Né, credo, nessuno ha mai pensato che lei conosca o frequenti maestri/Maestri pedofili o assassini.
Si tranquillizzi.
Poi, se vuole, rilegga quello che ho scritto.
Ottobre 21st, 2020 at 6:01 pm
Farò tesoro e la ringrazio dei consigli. Buona serata
Ottobre 29th, 2020 at 3:13 pm
Camminando
tra il rumore e la fretta
cambio passo
(cambia il passo).
Foglie gialle
cielo blu.
Ottobre 29th, 2020 at 5:51 pm
Grazie Doc
Ottobre 30th, 2020 at 11:26 am
Geniale l’idea di lasciare la botola aperta: il bue c’è ma non si vede.
Ottobre 30th, 2020 at 7:43 pm
Mi sa che di geniale c’è solo la tua interpretazione, io manco ci avevo pensato al vedo-non-vedo…
Ottobre 30th, 2020 at 7:52 pm
Grazie Doc. Mi chiedevo (se è lecito): come mai hai deciso di tenere sia “cambio passo” che “cambia il passo”?
Ottobre 31st, 2020 at 10:39 am
Ciao Fago
Quelle rarissime volte che il passo cambia ‘a mia insaputa’ il fenomeno è decisamente più interessante rispetto a quando cambio passo in conseguenza di un atto della volontà razionale.
In ogni caso le foglie sono gialle e il cielo blu.
E’ importante ogni tanto ricordarci anche della bellezza… grazie
Novembre 1st, 2020 at 6:11 pm
Got it, graz
Novembre 10th, 2020 at 7:44 pm
Senza alcun riferimento a fatti accaduti e a persone reali, vi voglio raccontare una storiella.
Una volta un tale chiese a Meister Eckhart: “Il mondo e l’universo ci sono da tanto tempo, ma l’eternità è molto molto più lunga. Quindi, c’è stato un periodo di tempo lunghissimo, forse migliaia e migliaia di secoli, durante i quali Dio era solo, non aveva l’uomo e il mondo e l’universo intero di cui occuparsi. Cosa faceva Dio in quel frattempo, come occupava il tempo di tutti quei secoli?”. Eckhart rispose: “Tagliava rami di salice, li intrecciava e ne faceva robuste verghe”. Al ché quel tale chiese stupito: “E che cosa se ne faceva di tutte quelle verghe?”. “Le usava per frustare tutti quelli che facevano domande di tal fatta”, rispose Eckhart.
Temo che chiedere, in quella sede, dove il Padreterno trovasse i salici in assenza di un universo, ci esporrebbe al sibilare di quelle tal verghe…
Alla Stella siamo più ‘alla mano’, cerchiamo di rispondere a tutte le domande.
Novembre 22nd, 2020 at 12:37 pm
OT
L’eterna dinamica tra consapevoli e inconsapevoli è inesauribile.
L’inconsapevole è manipolabile.
Qui, l’unica vera emergenza in atto è democratica.
Plaudo il coraggio di Padre Livio di Radio Maria, Monsignor Carlo Maria Viganò, Padre Alessandro Minutella, il Prof.Padre Antonio Livi.
Speriamo di tornare a riveder le stelle…ma non sarà gratis…
Novembre 22nd, 2020 at 5:12 pm
Ciao Nello, bentornato.
Citando quei nomi rischi di scatenare una guerra …
Ognuno è ciascheduno e un pensiero vale l’altro, sino a che non diventa azione. Il problema è che molti, pur avendo fuffa nella testa, passano all’azione in men che non si dica.
Molti di quelli che hai citato (senz’altro i primi due) possono far circolare le loro idee a largo raggio. E fin qui va bene. Ma, nel largo raggio, qualcuno che, anche in grazia di quelle idee, combina un guaio, prima o poi salta fuori.
Ho letto l’ultima lettera di Viganò e le dichiarazioni di p. Livio. È raro leggere qualche cosa di più apodittico, se non nelle dichiarazioni tipo “ho vinto io perché hanno barato!” di The Donald. Non basta essere convinti di una cosa perché sia, o diventi, vera.
Novembre 22nd, 2020 at 5:27 pm
Ciao mym, ti vedo ottimista…io sto cercando di trasferirmi a Taiwan, uno dei pochi paesi che non sono nell’oms. Se conosci qualche centro buddista che mi possa ospitare a un prezzo ragionevole…
Novembre 22nd, 2020 at 5:32 pm
Ottimista? No, anzi, penso stia andando tutto a remengo come sempre, forse un filo più veloce di sempre.
La qual cosa però non mi fa perdere il buon umore, almeno per ora.
Taiwan è carissima, mi dicono. Purtroppo in loco non conosco nessuno …
Mandaci una cartolina! 🙂
Dicembre 6th, 2020 at 6:54 pm
Grazie per l’inaspettata e generosa strenna natalizia. In questo piovigginoso fine settimana stavo giusto rileggendo la prima edizione; meglio, continuo il viaggio e scendo alla prossima. Saluti a tutti.
Dicembre 6th, 2020 at 7:01 pm
Kapperi, queste son notizie … 😛
Dicembre 20th, 2020 at 10:59 am
Apprezzo.
L’operazione mostra che il vino, se buono, invecchiando può migliorare (almeno lui…) e che, come si dice, polendo e ripolendo il mattone ci si riflette dentro, lo specchio essendo il gesto reiterato e costante. Ho gustato rilevanti particolari, come la “trappola fondamentale” (pag.53 quarta riga del pdf) per “l’ingiustizia fondamentale” (pag.61 quarta riga del vecchio cartaceo), svelamenti di maliziosi trompe-l’oeil, come la nota 41 aggiunta al decesso del cammello a pag.57 (pdf), aggiustamenti della mira e del tiro, su tutti la frase finale. E poi, tutto d’un fiato, l’intero capitolo 7, in precedenza assente. Grazie
Dicembre 20th, 2020 at 11:19 am
Grazie, troppo buono.
Naturalmente ci siamo anche divertiti, sia la prima che la seconda volta …
Gennaio 1st, 2021 at 10:41 am
Ciao Fago, grazie.
Lo zazen a distanza… dallo zafu… non l’avevo ancora sentita detta così, niente male: non c’è rischio di annoiarsi! Buon anno.
Gennaio 1st, 2021 at 11:23 am
Buon anno a tutti.
(Non è un ‘paese’ per giovani…. ci vorrebbe una ZUMBA! … 😜)
Gennaio 1st, 2021 at 11:26 am
Ciao Doc, grazie altrettanto
Sì, gliel’avevo detto, meglio una cosa tipo la Zumba, Iannaci è roba da vecchietti … 😇
Gennaio 1st, 2021 at 1:16 pm
Buona anno a tutti, e un grazie speciale a Buddazot libera forma tra orologi grondanti tempo e ordini spaziali mutevoli.
Gennaio 1st, 2021 at 5:17 pm
Ciao AdO
Orologi grondanti e ordini spaziali…
Mi sa che tu vedi troppi film 😛
Gennaio 1st, 2021 at 5:21 pm
Giorgio e Izumi ci mandano i loro auguri con una poesia di Ryōkan e una domanda:
ひさかたの
雲居を渡る
雁がねも
羽白妙に
雪や降るらむ
hisakata no
kumoi wo wataru
karigane mo
hane shirotae ni
yuki ya fururamu
Nella vastità
del cielo nuvoloso
trasvolano le oche.
Sulle ali imbiancate
lì nevica la neve
Domanda: che cosa vedono nel cielo gli occhi del poeta? ali bianche nella neve bianca tra nuvole bianche? e quindi che cosa, se non il bianco del vasto cielo?
Giorgio e Izumi
Gennaio 2nd, 2021 at 12:44 am
Grazie e buon anno a tutti: che sia un anno con più Zumba e meno pan bagnato
Gennaio 2nd, 2021 at 7:45 am
Questi creativi …. Aaaah questi creativi … 🤔
Gennaio 6th, 2021 at 8:05 am
OT: È uscito il nuovo libretto della collana i Semi, edito da Mille Gru e curato da Patrizia Gioia, un’amica della Stella: Sette Mappe per Nuovi Sentieri. Un omaggio a Raimon Panikkar, distribuito in 100 copie numerate.
Gennaio 20th, 2021 at 10:47 am
Buongiorno riprendo la poesia di Ryokan, poeta che amo per il suo modo di incarnare la Via. L’immagine che descrive è tutt’uno con il suo occhio/cuore.
Nulla di più di un cielo nuvoloso attraversato dalle ali bianche che per un attimo gli richiamano la neve.
Gennaio 20th, 2021 at 11:27 am
Ciao Marta, bentornata.
Grazie per aver riportato l’attenzione su un’immagine poetica.
Certe immagini, anche se evocano il freddo e il bianco silenzio gelido della neve … riscaldano.
Buon proseguimento
Gennaio 20th, 2021 at 11:51 am
Grazie Mym e buon proseguimento anche a tutti voi. È un periodo strano questo e non tanto e non solo per i problemi da tutti conosciuti ma per una sorta di rannicchiamento in se stessi. Dovrebbe essere una condizione favorevole per una pratica più assidua, per approfondire lo studio, invece mette a nudo (parlo forse solo per me) la difficoltà di praticare e basta. Di praticare con ogni cosa. Mi sono perfino ammalata di stress da Codiv. Dicono almeno. Vabbe praticherò anche lo stress da Covid. A volte mi è successo di pensare che lo zazen mettesse a riparo da alcune difficoltà. Antica e spinosa questione. Forse vorrei anche scegliere da quali vorrei star lontana! Povera me!
Ciao a tutti
Gennaio 20th, 2021 at 12:34 pm
Cara Marta, se lo zazen mettesse al riparo da qualche cosa di questo mondo, una volta sparsa la voce, ci sarebbe la ressa … Come tutti vivo il momento: vedo in me lo stress o l’attrito che si crea tra le limitazioni di legge e le libertà personali, tra il pericolo del male e il desiderio della vita ‘come era prima’.
È un momento in cui fermarsi. In questo ci sono analogie con la pratica buddista. Secondo me si può tentare di approfittarne per essere meno distratti. Spegnere il cell, fare un pensierino sulla morte, il tempo che vola via, al fatto che seppure le relazioni siano vita, c’è una vita che non vive di relazioni. Insomma, badare a quelle ‘difficoltà’ che svaniscono, vivendo nella pratica.
Gennaio 20th, 2021 at 1:22 pm
Grazie mym.
Febbraio 22nd, 2021 at 11:14 am
Comunicazione di servizio: l’IBAN della Stella è cambiato. Il nuovo IBAN, al quale indirizzare le vostre copiose donazioni, è:
IT74 I032 5003 0000 1000 0111 794
Marzo 28th, 2021 at 11:28 pm
Grazie, ricambio l’augurio a tutti gli avventori e ringrazio Buddazot per i pregevoli arredi interni.
Marzo 29th, 2021 at 8:05 am
Grazie Federico, inverno tostarello, eh!
Belli gli alberi blu… benedetta prima vera!
C’è anche
Marzo 29th, 2021 at 8:10 am
Mi è partito il dito, sarà la stagione…
Dicevo: c’è anche quel tipo lì, di bodhisattva, se ne incontrano ovunque. Tradotto dal ligure si chiama: Se proprio cerchi me mi trovi, e faremo il possibile: ma non c’è da fare granché…
Buone cose a tutti
Marzo 29th, 2021 at 12:32 pm
Ciao AdO, se vuoi ti invio il dépliant dei prodotti: per tutto il mese prossimo la consegna è gratuita e riceverai in omaggio…no, niente omaggio
Marzo 29th, 2021 at 12:34 pm
Buondì jf, benedetta primavera sì…tra un po’ mi toccava bruciare i copertoni della macchina nella stufa
Aprile 1st, 2021 at 10:10 am
Non è per dire -per carità- ma questa cosa di “nel mio mondo non c’è nulla che non sia me” mica mi convince. Al netto delle negazioni, diventa: “nel mio mondo tutto è me”. Chissà che cosa vuol dire. Mi sovvien che in un vecchio sutta, l’Alagaddūpamasutta, o Discorso dell’esempio del serpente, troviamo: «Una persona ordinaria, o monaci, che non ha ricevuto gli insegnamenti […] concepisce la forma materiale nel modo seguente: “Questa è mia, questa sono io, questa è il mio sé”. […] così la sensazione: “Questa è mia, questa sono io, questa è il mio sé”. Così vede la percezione: “Questa è mia, questa sono io, questa è il mio sé”. Così vede le formazioni: “Queste sono mie, queste sono io, queste sono il mio sé”. Essa vede nel modo seguente ciò che è visto, udito, toccato, conosciuto, incontrato, cercato e mentalmente considerato: “Questo è mio, questo sono io, questo è il mio sé”. E anche il seguente punto di vista: “Questo è il sé. Questo è il mondo; […]”, anche questo punto di vista egli considera così: “Questo è mio, questo sono io, questo è il mio sé”. O monaci, un nobile discepolo, che ha ricevuto gli insegnamenti […] percepisce la forma materiale nel modo seguente: “Questa non è mia, questa non sono io, questa non è il mio sé”. Così egli vede la sensazione: “Questa non è mia, questa non sono io, questa non è il mio sé”. Così intende la percezione: “Questa non è mia, questa non sono io, questa non è il mio sé”. Così vede le formazioni: “Queste non sono mie, queste non sono io, queste non sono il mio sé”. Egli concepisce nel modo seguente ciò che è visto, udito, toccato, conosciuto, incontrato, cercato e mentalmente considerato: “Questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé”. E anche il seguente punto di vista: “Questo è il sé. Questo è il mondo […]”, anche questo egli considera così: “Questo non è mio, questo non sono io, questo non è il mio sé”. Poiché egli intende così queste cose, non è agitato da ciò che non esiste». Chissà che cosa vuol dire.
Aprile 2nd, 2021 at 3:07 pm
Mi trovo nella classica “lose-lose situation”, come faccio sbaglio.
Agitato da impegni urgentissimi e imminenti che sono solo miei, cioè che occupano molto spazio all’interno del mio ‘io’, rispondendo sottrarrei loro del tempo prezioso, cioè il mio tempo, mentre non rispondendo avvalorerei la tesi di cui @6, vale a dire la negazione dell’esistenza dei “mattoni” dell’universo, ossia di cose che sono semplicemente formazioni e relazioni temporanee, transitorie e interdipendenti, dove l’esistenza dell’uomo è come “un fiume di montagna che scorre via veloce portando tutto con sé. Non c’è sostanza immutabile, non c’è nulla dietro le cose che possa definirsi un sé permanente, che possa chiamarsi io”. (Rahula Walpola, L’insegnamento del Buddha).
Decido di sbagliare e affermo: sarvam asti, tutto esiste.
(Alludo alla scuola Sarvāstivāda, o Vaibhāṣika, una scuola buddista sorta intorno al 245 a.C. che avallava una teoria realista della conoscenza sostenendo l’esistenza di oggetti esterni reali conosciuti direttamente e contro le cui tesi Vasubandhu redasse il Vijñaptimatrasiddh e …continuate su wikipedia ché non voglio fingere di sapere cose che non so.)
Aprile 2nd, 2021 at 3:08 pm
Ci ripenso. Siccome “non si può sfuggire alla vita”, come un vecchio Buddha disdegno le speculazioni sulle prime e ultime cose e torno a occuparmi delle cose prossime. Anche perché avevamo già accennato a questo tema https://www.lastelladelmattino.org/11989 (commenti 9 e ss).
Un contributo recente allo studio di questo problema l’offre l’agile libretto di Mario De Carlo, Realtà, Bollati Boringhieri, 2020, che inizia con questa citazione di John Heil:
“Gli scritti antirealisti soverchiano per numero e densità una produzione realista stabile ma relativamente modesta […]. (Solo) l’Australia, isolata ed evolutivamente marginale, è rimasta una roccaforte di realisti e marsupiali”, e dove non si fa alcun cenno alla scuola Vaibhāṣika.
Aprile 2nd, 2021 at 3:09 pm
Uno spunto. In termini generalissimi la questione riguarda il rapporto tra Oriente e Occidente. Da un lato abbiamo la fede nella negazione della volontà di vivere come via per il Nirvana, dall’altro la fede nella volontà di potenza dell’individuo, seppur combinazione provvisoria di forze, che può imprimere il marchio della sua personalità sulla storia intesa come un sostrato continuo e organico dell’esperienza. Entrambe le civiltà ambiscono alla libertà: l’una mediante “l’estinzione della sete”, l’altra mediante l’esaltazione della passione giacché “la passione è migliore dello stoicismo” (Nietzsche, La Gaia scienza, aforisma 99, I seguaci di Schopenhauer).
Forse (forse) la soluzione sta in una gradazione tra questi estremi.
Aprile 2nd, 2021 at 5:36 pm
Ciao Hmsx, bentornato.
Sarvam asti è buona cosa: sino a che siamo nel mondo non c’è alternativa. Ma la gradazione no, quella non sarebbe andata giù né a Nietzsche né a Vasubandhu; (non starai invecchiando, alle volte?). Su “la fede nella negazione della volontà di vivere” ci andrei piano: così siamo a un passettino dal nichilismo più terra terra. Nel B., si sa, le negazioni abbondano ma viaggiano di conserva alle affermazioni. Se nessuno afferma, il buon buddista non nega, magari sbadiglia, ma non nega. L’estinzione della sete, poi, non estingue la sete: come disse un vecchio buddha “non si può sfuggire alla vita”; per questo esiste il B. altrimenti sarebbe totalmente inutile. Se non ricadessimo continuamente nella palta, che ce ne faremmo della Vijñaptimatrasiddhi? Basterebbe una bella estinzione e, alé, tutti nel nirvana. Eppoi: la “lose-lose situation” è praticamente la norma quando si vuol dire quel che non si può dire. Ma il gioco sta proprio nel provarci, come ha fatto Bz.
Ma come hai fatto a ricordarti di quel tread di 3 anni (esatti!) or sono? 😲
Aprile 2nd, 2021 at 7:56 pm
Che io stia invecchiando è fuori di dubbio. Pensa che ho raggiunto la stessa età che aveva Nietzsche quando impazzì. Ma differenza di lui non rischio l’impazzimento perché troppo occupato ad affrontare quel tipo di noia assoluta che sprigiona il diritto.
È probabile che dice Nietzsche avrebbe dissentito considerando il soggetto solo come «un fatto grammaticale» che esiste perché siamo abituati a pensare le cose in termini di soggetto, oggetto e predicato e in ciò collimando col pensiero di Vasubandhu. Eppure le cose si capiscono meglio per contrasto. Come può comprendersi il cristianesimo se non si rapporta col paganesimo? E cosa si capirebbe di Vasubandhu senza la scuola Vaibhāṣika di cui so così poco?
Aprile 2nd, 2021 at 7:57 pm
Quel tread lì è marchiato a fuoco nella mia memoria perché la questione mi ossessiona. Sembra un problema di lana caprina, ma dal corretto punto di vista realista sorgono domande di grande rilevanza, non solo filosofiche.
Per esempio, andando sul concreto, le rivendicazioni di quella non trascurabile umanità fatta di trumpiani, putiniani, cardinalviganiani etc si fondano su una interpretazione falsa della realtà. Anzi, direi che affondano proprio nel pensiero magico, dove la realtà non esiste ed è sostituita da un’immagine paranoica del mondo governato da assurde teorie cospirazioniste.
Se si abolisce il senso della realtà oggettiva si rischia che l’opinione di uno dei picchiatelli di cui sopra finisca per avere lo stesso peso – mi sento male a pensarci – dell’opinione del sottoscritto, per dire. Una cosa inaccettabile.
Aprile 3rd, 2021 at 8:34 am
Epperò, di Vasubandhu ne sai appacchi (presto saprete TUTTO di e su Vasubandhu …). In effetti lui dice addirittura che non solo siamo “abituati” al binomio soggetto-oggetto (benedetto dal predicato) ma, dice, se usiamo il pensiero non abbiamo altro modo di intendere la realtà (se non dividendola tra soggetto e oggetto). Per cui …
Lui, Vasubandhu, pare “simpatizzasse” per i Vaibhāṣika, prima che Asanga, spalleggiato da Maitreya, gli dicesse “maddai …!”. Comunque, poi, mantenne sia la concezione di istantaneità (tutto appare scompare di continuo in tempi infinitesimali) sia quella della necessità di una rilevazione non ingannevole della realtà (in questo è vicino al Nyāya darsana, seppure con conclusioni diverse). A questo proposito è gagliardo l’esempio della corda arrotolata “vista” come serpente. V. dice che il serpente è irreale, pura immaginazione, mentre corda e immaginazione (quella che ‘crea’ il serpente), in “questo mondo” esistono. La parte più interessante di V., secondo me, è quello che non dice: che cosa ci sia “lì fuori” e se ci sia qualche cosa. Per la cronaca: neppure si mette a negare, di suo, simili azzardi del pensiero. Qui “di suo” sta per “in assenza di affermazioni altrui”.
Il suo contributo personale al “pensiero (si fa per dire) buddista”, è la teoria del terzo punto di vista: se dalla realtà di “1 questo mondo” togliamo “2 tutto ciò che (ne) pensiamo” ecco “3 la realtà”. Nāgārjuna, più sparagnino, si era fermato a due.
Il “senso della realtà oggettiva” dici? Mmmh. Prova a dipingere la primavera.
C’è una “scuola” che sostiene che la realtà oggettiva è quella dove le “cose” sono in grado di avere “effetti efficaci”, ma, sentendone parlare, V. è già lì che scuote il capino …
Aprile 3rd, 2021 at 11:09 am
Il “senso della realtà oggettiva” – sarebbe meno fuorviante “sesto senso”? Comunque il sentore di un mondo oggettivo esterno (forse più mondi oggettivi) a cui l’immaginazione prova faticosamente a prendere le misure. Chissà.
Le anticipazioni su Vasubandhu sono succulente. Direi “non vedo l’ora”, ma siccome sono buddista, attendo pazientemente.
Aprile 3rd, 2021 at 11:39 am
A proposito del “pensiero magico, dove la realtà non esiste ed è sostituita da un’immagine paranoica del mondo” di cui parla HMSX@12 consiglio, a chi già non conoscesse, la lettura de “Cultura di destra” di Furio Jesi, libro a parer mio non ignorabile, il cui titolo, nella sua chirurgica precisione, dischiude su un fenomeno molto più vasto, profondo e ahimé famigliare di quello che potrebbe sembrare.
Agosto 4th, 2021 at 6:23 pm
Chi fa il farmaco sperimentale genico, non è un vaccino e chiamarlo così è una truffa che costa e costerà la salute e la vita a molte persone, vivrà da malato perenne e da perenne farmacodipendente, ed è molto verosimile stando a emintenti studiosi che il suo tempo si concluderà a causa di questo farmaco. Tutto quanto gira attorno a questo farmaco è prodotto da Mara, dal diavolo, dal demonio e il demonio ama l’inferno e per quello lavora.
Questo dramma si può anche prendere ironicamente e filosoficamente ma, se non si conosce il demonio non si può cogliere il problema nella sua sostanza.
E…la dittatura avanza…sottile…infernale
Non lo farò mai. Mi tengo la filogenesi che ho ereditato dall’infinito.
Agosto 4th, 2021 at 10:29 pm
«Se con mente inquinata (paduttha) una persona parla e agisce, la sofferenza la segue, come la ruota del carro l’orma di chi lo traina».
Satana è solo un simbolo. Ma cosa simboleggia? «Satana simboleggia la forza vitale che si concilia con la spiritualità, che è amore, poesia, lavoro, scienza, spontaneità, progresso, e, insomma, l’umanità che di continuo si sorpassa e cresce su sé stessa; il bene concepito nella sua interezza, pienezza, concretezza e storicità. Come potrebbe Satana “tentare” e “sedurre” l’uomo se non gli offrisse qualche bene, la parvenze di un vero e schietto bene?».
Benedetto Croce, nota critica alla Apologia del diavolo di Giovanni B. Erhard.
Seguono due osservazioni sul discorso dei novax.
Agosto 4th, 2021 at 10:30 pm
Tempo fa digitando su Google “perché i novax non si lasciano persuadere dalla logica?” mi sono imbattuto in uno studio condotto da alcuni psichiatri su un nutrito gruppo di novax. Le conclusioni sono le seguenti: a) i novax sono impermeabili alle argomentazioni logiche o polemiche, che anzi rafforzano le loro convinzioni deliranti; b) il metodo adottato dagli psichiatri per scardinare le loro convinzioni è la “reductio ab absurdum”. Tali soggetti divenivano consapevoli delle loro assurdità attraverso degli esercizi ad hoc. Una cosa del tipo: “Il candidato spieghi come il fantasma formaggino, manomettendo il mercato libero, sia divenuto il monopolista dei latticini”.
Agosto 4th, 2021 at 10:31 pm
La sentenza n.12478/16 della Cassazione penale è un piccolo trattato di logica. Tale sentenza condannò a due anni il portavoce della Protezione civile De Bernardinis per aver dato delle assicurazioni disastrose in occasione del terremoto dell’Aquila che fece 309 vittime e distrusse il centro storico della città. La giurisprudenza ha riconosciuto che delle diagnosi esperte infondatamente rassicuranti possono contribuire attivamente a condurre degli esiti catastrofici. Il giudice ha stabilito un nesso di causalità tra l’evento dannoso e la falsa rappresentazione mentale indotta dal messaggio fuorviante che ha diminuito la percezione del rischio e perciò ha aumentato l’esposizione al pericolo della popolazione. È stata così introdotta la categoria del “rassicurazionismo”: una segnalazione immotivata di tranquillità opposto all’allarmismo (un semaforo spento è un mancato allarme, un semaforo che segna verde invece di rosso è la rassicurazione disastrosa).
Agosto 4th, 2021 at 10:31 pm
Penso che questa sentenza, che è avanguardia pura, possa – anzi, debba – per analogia applicarsi ai novax. Le diagnosi rassicuranti pseudo-scientifiche che sono inficiate dalla realtà hanno l’effetto di amplificare il contagio. Bisogna capire che rassicurare a vanvera in modo dogmatico non è solo scientificamente infondato, ma diventa pericoloso e rimanda a dei risvolti giuridici e penali in quanto vi è anche un reato di procurata pandemia, oltre quello di procurato allarme. Dal punto di vista della produzione di significati collettivi, chi sottostima la portata della pandemia produce un effetto da untore, cioè amplifica la trasmissione del contagio. Se qualcuno di totalmente inattrezzato, facendo affidamento sulle parole irresponsabili di N****, tenesse un comportamento imprudente e morisse di covid, secondo me sarebbe giusto che N**** finisse in galera. Bisogna capire che esiste anche un contagio delle idee e una ecologia delle cattive rappresentazioni. Se diciamo che non c’è pericolo, tutto questo avrà delle conseguenze se invece il pericolo c’è.
Agosto 5th, 2021 at 1:24 am
Questo soggetto psichiatrico è stato ripetutamente invitato a non occuparsi del sottoscritto, può , perché glielo consentite, disquisire sugli argomenti senza citare l’argomentatore. Invito a rimuovere l’ultimo post di questo provocatore e infiltrato che induce alla pornografia ideologica ed è immondizia allo stato puro.
Agosto 5th, 2021 at 7:52 am
Ciao Nello,
Grazie per il consiglio, che accolgo in parte: ho tolto il tuo nome (lasciando l’iniziale) dal post.
Quando alle argomentazioni, noto che nei post precedenti si sviluppa un tema. Nel tuo ultimo ci si limita ad insulti
Agosto 5th, 2021 at 8:09 am
Ciao HMSX,
Stai bene, mi pare.
È vero: ridurre vax e no vax – come pare fare il post – a un semplice dilemma (mi metto la maglietta azzurra o quella beige …?) visto le implicazioni che esponi: non è bene.
Però, più è importante è il tema (è questo lo è parecchio) più si è portati a pensare (ecco l’inizio dell’inguacchio) che i buddisti/il buddismo (o il cristianesimo, l’islàm ecc.) abbia una risposta a quel tema. Ovviamente (anche) quel pensiero è aria fritta.
Per scegliere le scarpe è bene consultarsi con un calzolaio. Per una questione di crepe nel muro con un muratore. Per ciò che riguarda la sofferenza esistenziale c’è la proposta buddista.
Per i vaccini tendo ad ascoltare chimici, virologi ecc. senza farne una fede. Soprattutto cerco di osservare la realtà: dall’ingresso dei vaccini sulla scena, il numero dei morti e degli intubati per covid è sceso enormemente. Questo è molto importante.
Può essere che un domani le conseguenze dell’assunzione di questi intrugli siano gravi, forse. Allo stato, invece, è certo che salvano vite, molte.
Agosto 5th, 2021 at 8:53 am
Mym @7 tutti i 4 post di quel soggetto psichiatrico sono un insulto totale all’intelligenza,al blog, alle persone che lo frequentano e finanche a quslsiasi ipotesi di dialogo buddisticamente inteso.Quel soggetto, lo butterei fuori zenisticamente in un nanosecondo.
Il fatto che tu non abbia rimosso il post, assolutamente falso e offensivo nei miei confronti, lo considero un addio al sottoscritto e nemmeno troppo elegante e formale. Sono anni che lo psichiatrico si produce in attacchi personali assolutamente psichiatrici e andrebbe invitato a rivolgere le sue attenzioni in quel senso, appunto psichiatrico.
Le stellette dopo la mia inziale puoi toglierle, perché le ritengo offensive più del nome.
Liberarsi di me è facilissimo e per me di voi, pensavo foste altro e mi sbagliavo.
Augurissimi di buon proseguimento e addio
Agosto 5th, 2021 at 8:56 am
Da questo momento non risponderò più quindi è inutile qualsiasi interlocuzione, buon viaggio
Agosto 5th, 2021 at 9:04 am
«Mi ha insultato, mi ha aggredito, mi ha ingannato, mi ha derubato.» Se coltivi questi pensieri vivi immerso nell’odio.
Ciao mym, sto abbastanza bene. Le tue parole sono sacrosante. Tuttavia bisogna registrare che sono proprio quelli che si autocertificano esperti in “cose spirituali” ad essere afflitti dal cosiddetto “effetto Dunning-Kruger”.
Una distorsione cognitiva assai invalidante.*
Aggiungerei che la pretesa che io debba chiedere il permesso per scrivere di o su qualcuno è assurda e infantile, ma ciò rientra nel profilo, così come rientrano nel profilo gli scatti d’ira e gli insulti.
*Melania Rizzoli spiega in questo articolo cos’è l’effetto Dunning-Kruger.
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/rsquo-ignoranza-nbsp-piu-contagiosa-virus-ndash-257005.htm
Agosto 5th, 2021 at 4:52 pm
Ciao Nello (@ 9,10)
Ogni voce che educatamente qui si esprime è benvenuta. Se, quando avrai recuperato serenità, vorrai tornare: siamo qui.
HMSX: l’effetto Dunning-Kruger non mi è per nulla chiaro. Mi pare una … supercazzola.
Chi si autocertifica come esperto in “cose spirituali” o ha un grande senso dell’umorismo (i.e. sa che le spara grosse) o è fuori come un poggiolo.
Comunque, se anche tu eviti di sfrucugliare: il pianeta gira su ruote oliate.
Agosto 26th, 2021 at 7:53 am
Una delle cose interessanti di questo lavoro è che la sovranità viene presentata, accuratamente, come qualche cosa di molto reale e, contemporaneamente, inesistente o inafferrabile.
Da cui l’ombra del titolo.
Un punto di vista molto profondo e sottile.
Agosto 26th, 2021 at 10:22 am
Capisco che ogni occasione è buona per strumentalizzare il pensiero altrui a proprio vantaggio, purtroppo questa è pratica diffusa, ma certe posizioni fanno pensare che non si tratti solo di strumentalizzazioni, ma di ignoranza vera e propria.
Settembre 2nd, 2021 at 8:03 am
L’effetto Dunning-Kruger si può riassumere così: gli stupidi (che sono sostanzialmente degli incompetenti) non solo non si rendono conto di essere stupidi, ma tendono a sovrastimare significativamente le proprie capacità percependosi superiori agli altri; gli intelligenti invece spesso si sottostimano, proiettando sugli altri le proprie capacità.
Un intelligente, per esempio, ingaggia quotidianamente la propria battaglia contro il dubbio, approfondisce, si fa delle domande.
Cose del tipo: «Che rapporto c’è tra la scuola Mahāyāna e la scuola Vaibhāṣika?»; oppure «Se il Nirvana non fosse reale, che senso avrebbe?». E cercherebbe un saggio cui rivolgere tali domande.
Uno stupido no, uno stupido è solo un povero arrogante.
Settembre 2nd, 2021 at 8:04 am
Tornando al tema, scrive Nāgārjuna ne La preziosa Ghirlanda «L’abbondante sofferenza deriva dal danneggiare». Uno dei precetti più importanti del buddismo è l’astenersi dai comportamenti che possano far male agli altri. Chi non si vaccina e diffonde notizie false, secondo me, si pone fuori dalla proposta buddista perché viola questo elementare precetto. Mette in pericolo chi non può vaccinarsi, per esempio; oppure sottrae al reparto di terapia intensiva il posto che spetterebbe a un malato di cancro (dò per scontato che finire in terapia intensiva sia il destino di chi non si vaccina, specie con l’arrivo dell’autunno).
Ad ogni modo, è di qualche giorno fa la notizia che un uomo di Cremona, per aver scritto sul suo profilo Facebook frasi dello stesso tenore del commento 1, rischia il rinvio a giudizio con l’accusa di «istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, in vigore a tutela della salute pubblica nel periodo di emergenza pandemica da Covid-19».
Settembre 14th, 2021 at 5:51 pm
Grazie!
Ho firmato anch’io.
Settembre 15th, 2021 at 10:44 am
Bene.
Temo che alle 500mila firme non ci arriveranno/remo perché c’è un boicottaggio pressoché totale (solo il Corriere della Sera ne ha parlato brevemente), ma non è un buon motivo per chiamarsi fuori.
Settembre 23rd, 2021 at 9:35 am
Ciao a tutti. Vietare la caccia mi trova d’accordo, ma va normato il contenimento degli animali selvatici(caprioli, cinghiali, ecc.) sennò è un casino.
Settembre 23rd, 2021 at 3:49 pm
Ciao Max.
Potrebbe essere un problema. Tieni conto, però, che il proliferare dei cinghiali è conseguenza dell’importazione di varietà alloctone, con prole numerosa e della “pastura” (infatti è proibita e si è passibili di arresto), ovvero la nutrizione estiva da parte dei cacciatori per abituarli a frequentare, numerosi, una certa zona. I caprioli fanno poco danno, basta una rete da poco più di un metro … Incrementare la presenza dei lupi risolverebbe quasi del tutto il problema, anche se ne creerebbe altri: la pretesa della pastorizia senza recinti antilupo è pressoché generale. Alle culture, i danni maggiori (quasi ovunque) li fanno gli istrici giganti, che con la caccia non hanno a che fare.
Settembre 24th, 2021 at 8:55 am
A detta dei viticoltori qui i danni li fanno caprioli in primis. Credo che dipenda da dove si risiede. Secondo me la soluzione va studiata.
Settembre 26th, 2021 at 6:01 pm
Ciao Max, se la soluzione è studiata dai viticoltori, o da chi comunque ha costruito interessi diretti o indiretti su quel ‘produrre’, l’alleanza con i cacciatori è una soluzione molto economica per proteggere i guadagni e soddisfare gli acquirenti/consumatori. Ma dobbiamo essere coscienti che confermiamo di fatto un ordine che risponde esclusivamente al capriccio dell’uomo e delle sue fantasie.
Settembre 27th, 2021 at 9:03 am
Ciao AdO, daccordissimo. Non è “studiata”, però in sostanza è l’unica praticabile perchè mancano le risorse. Bisogna cambiare, facciamolo. Dovremmo lavorare sia sul piano personale (firma, stile di vita) sia – in tempi più lunghi – comunitario (banalmente in cabina elettorale smettiamo di scegliere i soliti ignobili del meno peggio). La tempistica delreferendum è stata scelta male, prima bisognava informare, così nasce senza troppe speranze e temo sia fatica buttata. Vediamo comunque che salta fuori.
Ottobre 5th, 2021 at 7:44 pm
OT:
A saperlo prima che raggiungeva queste quotazioni ne mettevo una decina di copie sotto al materasso … :-)))
Novembre 10th, 2021 at 9:04 am
Nei primi anni settanta, in Italia, Taino era quasi mitico. Prima che la comunità di Viganego fosse fondata, ben prima che ci recassimo in Giappone (nel 1978) “i Rinzai di Scaramuccia” erano ben noti ai pochi che si sedevano in zazen. Lo incontrai anni dopo, nei primi anni novanta, diritto, asciutto, ci raccontò che al mattino, lui e i suoi discepoli si lavavano nell’acqua gelata del cortile e poi si arrampicavano sui muri del monastero … Da rabbrividire al solo pensiero.
Addio Mario.
Novembre 11th, 2021 at 3:34 pm
Grazie Taino 🙏
Novembre 14th, 2021 at 5:14 pm
E’ un periodo un po’ amaro, o forse sono solo gli occhiali. Qualcuno dice che tutto è sempre al meglio di quanto può.
Grazie Taino.
Novembre 15th, 2021 at 4:48 pm
Sì, se ne vanno sempre i migliori
Per questo siamo ancora qua … 🤔
Dicembre 21st, 2021 at 10:39 am
Buongiorno a tutti. Due parole su questo libro che raccoglie le vignette di Budddhazot. Molte di queste mi hanno accompagnato nel cammino di praticante e ancora adesso, spesso mi fanno da specchio nelle situazioni che incontro.
Potrei citarle quasi a memoria e sono contenta di vederle raggruppate in un unico libro, in quanto, sottotraccia, si può leggerne la trama del vivere la Via.
Un grazie a Doc e a tutti voi.
Auguri per questo Natale e per il nuovo anno.
Dicembre 21st, 2021 at 11:04 am
Ciao Marta,
Grazie per le tue parole.
C’è Doc che gongola di qua e di là …
Non dimenticare Fago, però: da due anni è lui il “papà” di Bz … 🙂
Dicembre 21st, 2021 at 11:40 am
Certamente! Ha risvegliato Buddhazot che ormai ‘rappacificato’ con il mondo, era caduto in un sonno, oserei dire, letargico! 😉
Dicembre 21st, 2021 at 6:09 pm
Bellissima copertina. Auguri al neonato 😉 reparto, a chi collabora al progetto, e a tutta la Stella! Buddazot è un modo originale di riflettere (o anche no, la magia dei fumetti è questa) sulla pratica di ognuno senza rischiare prendersi troppo sul serio.
Febbraio 3rd, 2022 at 7:51 am
Ecco, non è che ci aspettassimo un’ovazione di fronte a questo regalo (350 pagine, mica ba …mbole). Dopotutto ci abbiamo lavorato solo in 4 e per poco più di un anno. Insomma: non è stata una cosa difficile. Però, o non c’è più nessuno che segue le notizie del sito, a parte i 4 di cui sopra, oppure le convergenze stellari hanno fatto sì che il buddismo, inteso come racconto, cultura, narrazione, ricerca, sia proprio passato di moda. Comunque, non ci arrendiamo: non sarà l’ultimo libro aggratis che vi propiniamo!
Febbraio 4th, 2022 at 8:02 pm
Saranno seduti in silenzio, non disturbiamoli.
Grazie a voi quattro per il lavoro (4, che invidia!) .
👏👏👏 (eccoci l’ovazione).
Questa riscrittura l’ho aspettata per molto tempo. Certo, con un po’ di paura per il lavoro che mi aspetta per far parlare il testo anche in spagnolo. Ma sará bello.
Febbraio 5th, 2022 at 7:50 am
Ciao Roby, ben tornato,
Quando anche questo testo sarà hispanohablante el Papa Francisco también puede leerlo… 🙊
Grazie per l’ovazione, ci voleva.
Per la precisione ci abbiamo lavorato in 5, non in 4, ma il contributo di Giacomo Benedetti, per la parte che riguarda il Tibet, è arrivato proprio alla fine e non abbiamo fatto a tempo a inserire i crediti anche per lui. Lo facciamo qui.
Il commento iniziale l’ho messo per lo stupore che mi ha suscitato vedere che, nei primi due giorni, il testo è stato scaricato quasi 100 volte (92 per la precisione) e nessuno di coloro che l’hanno fatto è “passato di qui” per postare un saluto.
Febbraio 5th, 2022 at 9:45 pm
Grazie a tutti e 5 per il tempo e le risorse regalate! Saranno le convergenze stellari, o un caso, sarà che con gli anni noi si diventa più rinc…hiusi ciascuno nelle proprie menate, e si perde la semplicità di ringraziare e passare per un saluto, chi lo sa! Confido che Buddazot (e l’ospedale) abbiano un buon successo!
Febbraio 6th, 2022 at 9:06 am
Caro Doc, caro Fago,
ho assaporato il volume che raccoglie quindici anni di BuddaZot e dal piacere della lettura e della vista me ne deriva un’impressione che mi va di brevemente raccontare.
Ci sono due mondi e due tempi, due geografie dello spazio e dello spirito, che si accostano e si incontrano nel libro, senza sovrapporsi e senza soluzione di continuità: il mondo zen del secondo Novecento, tramonto di un secolo crudo e impervio e alba per noi di un’esperienza del corpo e dello spirito che non termina (“il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”) e il mondo giovane del buddismo del nuovo secolo, che assume pian piano forma e colore propri, inconfondibili. La Torino di mansarda e spinello, cittadina, cameratesca e cinica, e l’Appennino di bosco e cielo, agreste, solitario e introspettivo. Forse siamo in pochi a poter gustare appieno la differenza e la continuità che le vostre tavole illustrano, ma quando mai questo ha costituito un problema, forse è persino un marchio di qualità.
Grazie dunque, che zot vi assista e Buddha vi accompagni.
Febbraio 6th, 2022 at 9:36 am
Ciao Max,
Grazie per aver accolto il nostro “grido di dolore”.
Le risorse le abbiamo regalate anche a noi stessi: rivedere il tutto è stato un po’ come rivedere sé stessi in relazione a tutti quegli argomenti. Un lavoro interessante.
Febbraio 6th, 2022 at 10:10 am
Grazie Gf della foto d’insieme.
Entrando più nel dettaglio, nel come le due epoche si manifestino, si palesino, una delle cose che, secondo me, si possono notare è che nel Bz novecentesco la “telecamera” è quasi sempre fuori, rappresenta un mondo in cui c’è anche Bz ma i contorni, le relazioni, i personaggi, le dinamiche tra di loro e con la società, hanno uno spazio fisico e presente nel disegno. Anche i personaggi secondari pensano e parlano. Quindi vedono Bz da fuori, offrendone la loro visione. Nel Bz millennial la telecamera apparentemente è fuori, altrimenti non potrebbe mostrare Bz, benché di spalle, ma la resa della scena è tutta dentro a Bz, parla e pensa solo lui, il fuori, compresi gli altri, è “solo” parte del suo mondo. Certo, ci sono altre caratteristiche, come l’assenza del volto di Bz per esempio, ma -mi pare- quella è la cifra che distingue la scenografia del nuovo corso.
Febbraio 10th, 2022 at 7:30 pm
Grazie a tutti.Già in possesso dei due volumi in cartaceo,sono felice per questo nuova versione corretta e aggiornata.
Febbraio 11th, 2022 at 7:48 am
Ciao Sandro,
Grazie del pensiero. Ag-giornare il buddismo è un lavoro giornaliero. Quello di ieri non serve più a nulla, quello di domani: men che meno … 😉
Febbraio 16th, 2022 at 3:41 pm
Grazie tante per questo aggiornamento! 🙂
A godere -imparare e leggere- assieme con il volume due in cartaceo.
Saluti,
Carlos
Febbraio 24th, 2022 at 8:12 am
Ciao Carlos, grazie.
La nuova edizione digitale del volume II (La Cina) è in lavorazione: speriamo di vederlo finito entro l’anno prossimo
PS: non avevo visto il tuo commento, scusa: essendo il primo che tu posti ho dovuto approvarlo prima che comparisse. Ora puoi postare liberamente
Febbraio 24th, 2022 at 4:50 pm
In questo giorno tristissimo, almeno c’è un buona notizia. Grazie 🙏
Febbraio 24th, 2022 at 4:56 pm
Ciao Roberto.
Sì, è proprio un giorno terribile.
Se, almeno nelle menti di chi detiene il potere, ci fosse un minimo di coscienza di ciò che insegna Vasubandhu, la guerra non esisterebbe più.
Temo però che detengano il potere proprio perché non hanno un minimo di coscienza di quell’insegnamento.
Febbraio 24th, 2022 at 6:01 pm
Grazie per l’impegno e il lavoro.
Il conflitto che si è appena acceso dimostra quanto non sia cambiato niente, altre parole ed altri volti, ma è la storia di sempre.
Febbraio 24th, 2022 at 6:07 pm
Ciao Max, grazie
Sono cose da età della pietra, solo che al posto delle clave hanno le bombe atomiche …
Febbraio 24th, 2022 at 6:50 pm
Una perla nella notte, brilla di sua sponte, forse non illumina le menti obnubilate dei potenti, soggiogati dal delirio della forza, ma se non ci fosse la tragedia sarebbe senza rimedio né speranza. Grazie!
Febbraio 24th, 2022 at 6:55 pm
Grazie a te Jf,
La delicatezza del poeta vola più in alto dei jet pieni di bombe …
Febbraio 24th, 2022 at 8:37 pm
C’è da dire che dei tanti conflitti accesi da sempre, questo ci sembra più vivido solo perchè lo sentiamo più vicino, non perchè lo sia davvero necessariamente. Siamo p.e. la stessa europa che ignora la sofferenza di (poche, e questo è un’aggravante) migliaia di profughi ai suoi confini. Sarebbe ora che tutti cercassimo la luce di perle così, e che – visto che si parla di poesia – quel “popolo cojone risparmiato dal cannone” volesse imparare qualcosa dalla storia, finalmente.
Febbraio 24th, 2022 at 9:18 pm
Grazie tante, davvero arricchente.
Ho divorato questo libro
Febbraio 25th, 2022 at 7:42 am
Grazie Andrea, benvenuto.
È un testo “filante” che si legge bene perché nasce “parlato”. Attualmente (anche “prima”?) l’attenzione degli studenti è concessa a un argomento il tempo di una frase o poco più, a meno che il discorso non fili e li trasporti cullandoli sino alla fine dell’ora … 😉
Febbraio 25th, 2022 at 7:46 am
Sì Max, nel mondo è proprio così: impariamo tutti dagli errori, teniamo in debito conto la storia, tendiamo tutti al bene …
Insomma: “Tutti al mare, tutti al mareeee, a mostrar le chi***e chiareeee!”
:-/
Febbraio 25th, 2022 at 5:29 pm
<<…seguendo la critica di Vasubandhu, occorre riconoscere che aggiungere, attribuire etichette o definizioni è alimentare quel processo di “costruzione dell’irreale” che costruisce e perpetua la situazione di vita detta ‘samsara’….>> (Dalla premessa pag. 36)
Con simili premesse – che assumo per promesse – che dire?! 400 pagine non sono tante, non sono poche..
Complimenti agli autori ed a tutti coloro che hanno collaborato alla magnifica edizione. Grazie di cuore.
Febbraio 25th, 2022 at 7:38 pm
Ciao Doc, grazie, da parte di tutti.
Questa volta ci abbiamo lavorato in sette. Due, Alessandro ed Eleonora, non sono stati citati nei crediti all’interno del libro. Li ringrazio qui pubblicamente: è un piacere lavorare con loro, e con tutti loro.
Febbraio 27th, 2022 at 12:07 am
Grazie tante per questo contributo!
Saluti,
Carlos
Febbraio 27th, 2022 at 7:32 am
Grazie a te Carlos
Ciao
mym
Marzo 3rd, 2022 at 3:12 pm
Prova empirica dell’opera precisa, curata e meticolosa della Stella: la pagina 9 ha una riga di testo e il resto sono note 😉 Sicurmente un testo da leggere e rileggere con calma.
Marzo 3rd, 2022 at 3:12 pm
19, sorry
Marzo 3rd, 2022 at 4:31 pm
Sì, penso che il testo di una riga vada letto e riletto con calma, il resto … 😀
Mi scuso per la lunghezza del libro. Però, per chi ama le cose sbrigative, c’è il piano B: in fondo ci sono i testi nudi e crudi, in 40 pp si può sbrigare tutta la faccenda.
Marzo 3rd, 2022 at 6:27 pm
almeno secondo me, non ti devi scusare, chi vi legge non si aspetta di meno e non cerca sempre cose veloci…
Marzo 3rd, 2022 at 6:30 pm
Grazie Max, apprezzo.
Aprile 7th, 2022 at 4:47 pm
@mym, 2
«Temo però che detengano il potere proprio perché non hanno un minimo di coscienza di quell’insegnamento».
E se fosse vero il contrario? E se detenessero il potere proprio perché hanno di quell’insegnamento un minimo di coscienza? Intendo quel minimo che consente loro di svalutare la realtà per manipolarla secondo i loro scopi. Se infatti tutto è vuoto, la realtà non è che mera rappresentazione mentale, niente è vero e tutto è permesso.
Il massacro di Bucha è stato commesso dai russi, oppure è l’ennesima provocazione dei globalisti? Vale tutto.
La dottrina di Vasubandhu è una dottrina pericolosa.
«La vacuità, male intesa, manda in rovina l’uomo di corto vedere, così come il serpente male afferrato o una formula magica male applicata».
Aprile 7th, 2022 at 4:47 pm
Non posso non dirmi impressionato dalla lettura di Vasubandhu, sebbene, come mym ammette altrove, «non tutti i fenomeni sono perfettamente leggibili con i suoi schemi».
È vero che non rientra nel suo piano di lavoro dirci «come-stanno-le-cose», che le sue spiegazioni sono funzionali a condurci e mantenerci sulla via, ma questa via va percorsa con estrema attenzione perché lambisce il nichilismo ed è facile farsi traviare. Il nichilismo, com’è noto, constatando che la corrispondenza tra l’idea e l’ideato, tra il pensiero e la cosa, non c’è mai, finisce per negare la conoscenza tout court condannandoci a quell’osceno mercato delle opinioni di cui facciamo quotidianamente esperienza. Eppure «La realtà assoluta non può essere insegnata senza prima appoggiarsi sull’ordine pratico delle cose: senza intendere la realtà assoluta, il nirvana non può essere raggiunto».
Aprile 7th, 2022 at 4:48 pm
L’ordine pratico delle cose, cioè il mondo fenomenico, è sì apparenza e illusione, ma anche l’unico strumento che consente di attingere la vera realtà, «realtà che solo i santi possono sperimentare, nel silenzio del cuore».
In altri termini, il dualismo è in sé un problema, eppure per noi il dualismo è obbligatorio per orientarci nel mondo, perché finché viviamo, viviamo in tensione tra bene e male, buono e cattivo, bello e brutto, vero e falso ecc. Portato alle estreme conseguenze, il pensiero duale mette capo a risultati non si sa se o quanto corrispondenti alla realtà autentica, ontologica, ma che comunque danno senso, stabilità, equilibrio, misura al nostro procedere.
Tutte considerazioni che tradiscono l’avvertenza di mym. Durante la lettura sempre la mia mente tornava alle cosiddette «10 tavole del bue». Chi ambisce alla liberazione da duḥkha? Chi funge da ponte tra samsara e nirvana, tra manifesto e non-manifesto?
«Nel non-pensiero c’è ‘chi?’ e ‘chi?’ mi accoglie e custodisce».
Insomma, mi pare evidente che abbia trovato la lettura del libro entusiasmante.
Aprile 7th, 2022 at 5:01 pm
Ciao Hmsx, ben tornato.
@HMSX18
La possibilità che sia il contrario (ovvero che: in questo e altri casi si possa trattare del contrario) è reale. A mio parere proprio una consapevolezza parziale (e quindi distorta) del significato di vuoto è alla base del successo, per esempio, di Berlusconi, molto amico di Putin, nei tempi che furono.
Parlo di visuale distorta perché in quel modo (quello di chi fa la guerra o conquista il potere per mero calcolo personale) manca della comprensione di (cito a memoria): non è completamente pieno, non è completamente vuoto.
Ancor più concordo sul fatto che “La dottrina di Vasubandhu è una dottrina pericolosa”: mi è stato chiesto di tenere un seminario all’università basato su quel libro, mi sono rifiutato proprio perché temo davvero sia pericolosa se presa nel modo errato, anche per chi l’afferra nel modo errato.
Aprile 7th, 2022 at 5:14 pm
@HMSX19-20.
Dissento solo su una “cosa” in @20: a mio parere non è che “il dualismo sia in sé un problema”, è l’uso che se ne fa che fa nascere il problema oppure no.
OT: non hai trovato nemmeno un refuso questa volta? Sulle bozze ci ha lavorato una squadra da paura 😎
Maggio 19th, 2022 at 7:49 pm
Per gli amanti del genere: a p. 97 c’è un refuso.
Nel frattempo un amico, praticante di lungo corso, ci ha inviato una sorta di recensione, molto favorevole, che voglio condividere con voi:
“… un lavoro che ho trovato interessante, completo, chiarificatore e fonte di riflessioni inaspettate.
Non è un giudizio, ovviamente, ma solo la constatazione, l’osservazione, delle onde che questo sasso ha prodotto nello stagno che sono solito usare come specchio.
I quattro anni che sono stati necessari a voi per produrre questo lavoro saranno per me multipli per poterlo avvicinare in maniera almeno sufficiente. Non è un libro per tutti. Al contempo sono certo che “chi cerca trova” e, nel tempo, altri lo potranno incontrare ed apprezzare.”
Maggio 25th, 2022 at 12:18 pm
Il Vasubandhu, ancora sto leggendolo.
Ma in questo Mahayana I, c’è un rifiuto che il mio orgoglio patrio non mi permete tacere. A p.34 si dice che Pannikar sia un autor indiano. Suo padre sì, ma Pannikar è spagnolo, nato in Barcelona nel 1918, da madre catalana. Non sarà fino al 1954 che “scoprirà” l’India.
Maggio 25th, 2022 at 12:34 pm
Ciao Roberto,
Grazie, hai ragione. Panikkar era spagnolo, non indiano. Correggiamo subito e sostituiamo il file. Con un po’ di cattiveria si potrebbe dire che si era “mascherato” così bene (spesso si vestiva come Gandhi …) che per chi lo ha conosciuto quando era già anziano era facile “prenderlo” per indiano.
Maggio 31st, 2022 at 6:28 pm
Jiso ha trovato un altro refuso: p. 61, prima riga della citazione.
Giugno 16th, 2022 at 7:44 am
Buongiorno.
Trovati altri 2 refusi: a p. 169, penultima, c’è una “e” di troppo. A p. 183, sesta, il punto e virgola stroppia. Con questi siamo a 5.
Giugno 16th, 2022 at 5:42 pm
Ciao, ho trovato altri tre rifiuti nel Mahayana I.
– Pag. 247, terzo par.
[…] lo scorrere dei pensieri elaborati dalla sesta, kliṣṭamanas.
Sarebbe la “settima”
– Pag. 276, secondo par.
Si dice di nuovo che lo spagnolo Pannikkar sarebbe “indiano”
– Pag 325, secondo par.
“Fu l’inizio della sovrapposizione, proseguita sino ad oggi, tra potere religioso e potere politico in Tibet.”
“sino ad oggi”, penso non sia corretto siccome nel 2011 il Dalai Lama si è dimesso del suo potere politico in favore di un successore eletto democraticamente dal Parlamento, essendo eletto primo ministro del governo tibetano in esilio Lobsang Sanjay, un laico tibetano fino a quel momento avvocato e accademico di Harvard.
Giugno 16th, 2022 at 6:14 pm
Grazie Roberto, bel lavoro. L’ultimo punto è particolarmente importante.
Appena possibile correggo.
Attenzione però, perché non si tratta di “rifiuti” ma di refusi. Un “rifiuto” en italiano es una basura o un desecho o un rechazo.
El “refuso” es un error.
Giugno 17th, 2022 at 4:11 pm
evindenziamo un refuso solo per cadere in un altro refuso 🤦♂️🙏
Giugno 22nd, 2022 at 5:41 pm
:-)))
Giugno 30th, 2022 at 9:59 am
Bravi tutti! Ogni tanto una notizia in controtendenza migliora l’umore, grazie.
Giugno 30th, 2022 at 5:59 pm
Finalmente una buona notizia.
Agosto 23rd, 2022 at 11:10 am
Ho avuto il piacere di conoscere Faggianini Michele e di godere della sua amicizia per molti anni.
Avevamo in comune 2 grandi passioni: la musica e i libri di fantascienza. Negli anni 70 abbiamo sentito grandi concerti rock e, nel 71 siamo andati assieme a Palermo per il festival musicale Palermo Pop.
Purtroppo come spesso accade ci siamo persi di vista. Lui era partito per l’Afghanistan ed io – più prosaicamente – ho iniziato un lavoro che mi occupava molto.
Ho cercato di contattarlo più volte ma era sparito. Aveva cambiato abitazione e numero di telefono.
Credo di averlo intravisto nei primi anni 90 nel salone di una banca in piazza San Carlo. Purtroppo ero in compagnia di clienti e quando mi sono liberato lui non c’era più.
Mi spiace molto avere appreso solo ora del suo decesso.
Era una persona di un’intelligenza superiore.
Ciao Michele, dovunque tu sia.
F.
Agosto 23rd, 2022 at 6:32 pm
Buonasera F, benvenuto
Sono lieto che qualcuno ricordi Michele. È scomparso da 5 anni (molti di più contando quelli in cui si è isolato dal mondo) ma ancora mi torna in mente. Anche stamane.
Chissà, forse, in quegli anni ci siamo incrociati, a Torino e dintorni.
Un saluto
mym
Settembre 24th, 2022 at 11:16 am
Buongiorno! Desidero inviare una mail al prof. Marassi per una ricerca sul Buddhismo. Mi occupo del Buddhismo coreano e del Buddhismo in generale. Se potessi avere un contatta diretto, sarei contento.
Questo il mio riferimento: http://www.mariobombelli.eu
Ringrazio per l’attenzione
Ottobre 19th, 2022 at 8:58 pm
Se aspiriamo all’estinzione…… perchè finanziare un centro di neonatologia?
Ottobre 20th, 2022 at 7:48 am
Ah birichina!
Se non nascessero bambini chi si potrebbe estinguere? 😇
Ottobre 20th, 2022 at 9:32 am
Eh già. Per poter aspirare bisogna almeno respirare…
Bel lavoro!
Ottobre 20th, 2022 at 7:33 pm
Una volta nati possono anche decidere di estinguersi, ma sarà una loro scelta 🙂
Ottobre 20th, 2022 at 7:56 pm
L’uscita di Angela è interessante perché gioca con la sovrapposizione tra estinzione ed estinzione.
Ottobre 20th, 2022 at 8:03 pm
L’ho capita adesso… non sono così “tecnico”. Dovrei studiare di più. Grazie!
Ottobre 21st, 2022 at 6:52 am
Grazie a te per la tua cura, per il post e per l’esistenza stessa di questo sito web
Dicembre 14th, 2022 at 7:07 pm
Grazie tante per questo contributo! 😎😇
Dicembre 14th, 2022 at 7:48 pm
Ciao Carlos, bentornato. Era tanto che volevamo scrivere dello zen da questo punto di vista, ma ci sono voluti 35 anni prima che fossimo davvero in grado di farlo. Quando le cose vengono vissute intensamente, con partecipazione, lasciar svanire tutti gli elementi reattivi richiede tempo.
Dicembre 15th, 2022 at 3:32 pm
Grazie e auguri per questa nuova publicazione. Anche da la Spagna, dove c’è già una squadra, un gruppeto pronto per la traduzione (mi dispiace, ma team non ne abbiamo).
Ma! Dove ci sono gli italiani? Scomparsi? A fare shopping per natale?
Dicembre 15th, 2022 at 3:50 pm
@ Ciao Roberto,
grazie per l’intenzione.
Qui siamo, almeno noi del “team”.
Shopping? Che robe è? o intendevi dire “acquisti”? 🤗
Dicembre 15th, 2022 at 5:39 pm
@3 Ciao Roberto, da quando avete perso con il Giappone e pure con il Marocco avete poco da fare da quelle parti eh? 😛
È vero, potevo evitare di usare la parola “team”, abbi pazienza: semel in anno* …
*una volta tanto
Dicembre 17th, 2022 at 10:03 am
Ringrazio qui Paolo D. (di cui non ho l’indirizzo) per la generosa donazione motivata con “scarico libri”.
Dicembre 17th, 2022 at 1:55 pm
“…ma ci sono voluti 35 anni prima che fossimo davvero in grado di farlo. Quando le cose vengono vissute intensamente, con partecipazione, lasciar svanire tutti gli elementi reattivi richiede tempo.”
35 anni! Sembra tutta una vita, e allo stesso tempo, appena un soffio come diceva il poeta. Comunque, se siamo in cucina, bisogna cucinare.
Grazie ancora! In qualche modo, sembra come se il libro arrivasse appena fra i miei mani. 😎😇
Dicembre 17th, 2022 at 1:59 pm
“@3 Ciao Roberto, da quando avete perso con il Giappone e pure con il Marocco avete poco da fare da quelle parti eh? 😛”
Bisogna esserci per poter perdere! 😜
Dicembre 17th, 2022 at 4:55 pm
@8: Aaaah birbante! Roberto aveva mandato giù in silenzio, tu pungi … 😞
Ciao
mym
Dicembre 19th, 2022 at 7:40 am
@8: Eppoi, soprattutto, bisogna esserci per poter vincere 🇦🇷 😎
Dicembre 19th, 2022 at 10:33 pm
Buonasera, grazie per questa nuova pubblicazione.
Non ricordavo che “Anni addietro su questo sito pubblicammo un articolo presentato come Un chiarimento storico sullo zen giapponese”, o meglio: non ricordavo della ricchezza dei 127 commenti, che ho riletto con piacere.
Dicembre 20th, 2022 at 7:48 am
Mi diceva il signor Treccani che la prossima enciclopedia pensava di scriverla usando solo quello che non sai …
Ma poi ha pensato che, tanto, non sarebbe importato nulla (quasi) a nessuno 😇
PS: i consigli non ascoltati a volte brillano per l’efficacia che avrebbero, invece, avuto.
Dicembre 20th, 2022 at 3:33 pm
@10: Complimenti! 👏🏻👏🏻👏🏻
Dicembre 22nd, 2022 at 12:21 pm
Sono arrivati puntuali prima di Natale! Giusto in tempo per un paio di regali, oltre alla copia per me.
I libri della Stella occupano sempre un posto speciale nella mia ‘biblioteca’ e nel mio cuore.
Buone feste a tutti!
Dicembre 22nd, 2022 at 12:35 pm
Grazie Marta,
Buon tutto anche a te
Dicembre 22nd, 2022 at 9:57 pm
Solo grazie per questo nuovo vostro lavoro
Dicembre 23rd, 2022 at 7:41 am
Prego Max, tienti pronto che fra un po’ toccherà a te: largo ai giovani si diceva una volta … 😏
Dicembre 24th, 2022 at 2:16 pm
Buongiorno, ho finito di leggere il libro e mi permetto una breve considerazione relativa alla seconda parte.
Pur tenendo presente ciò che il titolo stesso del libro indicava come contenuto e cioè l’evoluzione delle religioni e dello Zen in Giappone e non nel resto del mondo, mi rende quantomeno perplessa ciò che verso la fine viene indicata, sia pure in modo non esplicito, come la realtà dello Zen in Occidente. Sembra che esistano quasi esclusivamente realtà che scimmiottano lo Zen giapponese.
Non credo sia così e mi è spiaciuto avvertire, anche se spero di essermi sbagliata, una sorta di presa d’atto di un fallimento per quanto riguarda lo Zen in Occidente.
Sperando di non aver urtato la sensibilità di nessuno, auguri buone giornate a tutti voi.
Dicembre 24th, 2022 at 4:50 pm
Ciao Marta,
Non ti preoccupare: se hai urtato la sensibilità di qualcuno, eeeeh si vede che ‘sta sensibilità stava proprio in mezzo ai piedi … 🙂
Il tuo punto di vista è interessante perché a me questo aspetto non è balenato per nulla. Ci farò attenzione nel rileggerlo, visto che lo sto traducendo in inglese per gli amici.
Certamente la luce è accesa più sul “nonostante” che sul “grazie a”, ma l’obiettivo era illuminare un angolo rimasto oscuro che rischia(va?) di intrappolare persone in una gabbia etnica.
Dicembre 24th, 2022 at 5:51 pm
Ciao mym, certo, nulla da eccepire sull’aspetto storico e di informazione.
Grazie per la risposta.
Dicembre 24th, 2022 at 6:45 pm
Buongiorno Marta, grazie per la tua considerazione.
Scusa il ritardo con cui ti rispondo, dovuto a un problema tecnico.
Nel frattempo ho riletto il testo, e la seconda parte in particolare tenendo presente il tuo appunto.
L’impressione di un lettore attento (il maschile è generico…) è preziosa per chi ha scritto, perché osserva da punto di vista a lui precluso. Come dichiarato all’inizio, il testo è concepito proprio per mettere in luce e in guardia dal fenomeno della giapponesizzazione dello Zen, ossia dell’operazione intenzionale e surrettizia di presentare lo Zen come “prodotto” giapponese, che solo come tale può essere appreso, assimilato e riprodotto. Mi par di poter dire che in molti, qui da noi, almeno all’inizio, ci siamo cascati. Dello stato attuale dello Zen in Occidente, anzi in Europa, si parla però solo di riflesso: ritrovo degli accenni a pag.66, a pag.88, a pag.99 e nella pagina finale. E in particolare viene additata quella parte dello Zen europeo che si è accodata e accomodata ai dettami (estetici, etici, amministrativi) dell’istituzione clericale Sōtō-shū giapponese. Non mi è proprio venuto in mente di voler dare un quadro complessivo dello Zen in Occidente, un panorama che sfugge alla capacità comprensiva della mia vista. Né di suggerire “una presa d’atto di un fallimento per quanto riguarda lo Zen in Occidente”; anche perché penso che del fallimento o del successo dello Zen in Occidente se ne occuperà, forse, chi troverà un senso nel farlo fra un paio di secoli almeno.
Se ti va di indicare con maggior precisione quali pagine o passaggi hanno mosso l’impressione che comunichi, ci daresti un ulteriore contributo a rivedere e riconsiderare. Grazie
Tanti auguri di giornate serene.
Dicembre 25th, 2022 at 5:51 pm
Buonasera Jf, ho riletto con attenzione il testo anche alla luce della tua risposta. Complessivamente il taglio dato al testo che considera solo lo Zen che si appoggia alla Soto Shu dà un’immagine che sembra limitare l’orizzonte dello Zen in Occidente a questo solo aspetto.
Pag 49 si parla di Zen in Giappone e di riflesso in Europa.
Pag 51 si parla dello Zen Soto come il più diffuso in Europa e negli Stati Uniti, quindi dalle pagine 89 e 93 dove è più forte la critica allo Zen di oggi si ricava l’idea che anche fuori dal Giappone questo sia ciò che succede. Cioè che la maggioranza dello Zen che viene praticato in Occidente sia una brutta copia dello Zen praticato in Giappone.
La minoranza a cui si fa cenno nella conclusione sembra talmente esigua da lasciare poche speranze ad un futuro per lo Zen.
Naturalmente queste sono considerazione personali che nascono probabilmente dall’amore che provo per lo Zen che, immeritamente, ho avuto la fortuna di incontrare e di praticare e che, nonostante abbia mantenuto alcune forme dello zen giapponese, non ha niente a che fare (per fortuna) con la giapponesità che ho trovato scritta in questo testo.
Ringrazio dell’attenzione.
Un caro saluto
Dicembre 26th, 2022 at 5:21 pm
Buonasera Marta, grazie a te. Se, leggendo la parte del libro da me scritta, hai ricevuto l’impressione che descrivi, vuol dire che quell’impressione ha nel mio scritto la sua origine, e ne prendo atto.
Dunque faccio mia la tua impressione sintetizzata nella frase “si ricava l’idea […] che la maggioranza dello Zen che viene praticato in Occidente sia una brutta copia dello Zen praticato in Giappone”. Sì, è una questione di input. Lo Zen in Occidente nasce come copia dello Zen praticato in Giappone: e l’input non si cancella e continua a causare effetti anche se non se ne ha coscienza. Per dirti fino a che punto la cosa mi riguarda personalmente, più di venti anni dopo il ritorno dal Giappone, dove avevo appreso e imparato lo Zen giapponese più spogliato di giapponesità settaria che si potesse praticare laggiù, quell’input iniziale è riemerso al punto che la comunità di cui ero il responsabile, a Galgagnano, andava pian piano assumendo alcuni dei caratteri che nello scritto evidenzio e critico e l’ho chiusa solo perché ho dato ascolto ai rilievi che mi venivano dalle persone di cui mi fido e mi sono reso conto che quella deriva era senza altra via d’uscita. L’input iniziale non si cancella, ma si può riconoscere. Il mio scritto intende riconoscere e mostrare gli elementi costitutivi di quell’impronta che abbiamo tutti assorbito. Credo che la maggioranza delle persone che praticano sinceramente zazen in Occidente lo stiano facendo in buona fede. A maggior ragione quindi, posso, e credo di dovere, dare un contributo per mettere in guardia dagli effetti, spesso sottili e collaterali, di quell’impronta iniziale, così caratterizzata com’è dal formalismo comportamentale e dall’uniformità di pensiero. Per mettere in guardia da un pericolo bisogna indicarlo con chiarezza, altrimenti non lo si prende sul serio o si pensa che la cosa non ci riguardi.
Dove invece non ti seguo è quando scrivi che “La minoranza a cui si fa cenno nella conclusione sembra talmente esigua da lasciare poche speranze ad un futuro per lo Zen”. Premesso che non mi sfiora l’idea di essere il testimone di uno “zen come dovrebbe essere” in confronto allo zen “brutta copia dello Zen praticato in Giappone”, chi si sente minoranza non ha motivo di pensare che questo lasci poche speranze per il futuro. I cristiani sono stati minoranza perseguitata a morte per almeno tre secoli fino alla cosiddetta donazione di Costantino, e i veri guai del cristianesimo sono iniziati da quando hanno cominciato a essere e soprattutto a sentirsi maggioranza. Nell’ottica religiosa, non ha senso né andar fieri né preoccuparsi di essere minoranza o maggioranza: la speranza va riposta altrove.
Dicembre 26th, 2022 at 9:11 pm
Grazie per la dettagliata risposta. Sì, sono d’accordo che non ha senso parlare di minoranza o maggioranza religiosa.
Per quanto riguarda il tuo argomentare sulla questione giapponesità, non posso che fidarmi data la tua esperienza in merito pur non essendomi molto chiaro quali sono gli effetti che definisci sottili e collaterali (forse l’uniformità di pensiero?) nel mantenere alcune forme che hanno accompagnato lo zazen che ci è arrivato dal Giappone.
Forse dipende anche da come vengono vissute all’interno della propria realtà.
Grazie per il tempo dedicatomi.
Un saluto e un augurio per il nuovo anno.
Dicembre 27th, 2022 at 6:30 pm
Beh, se fosse molto chiaro quali sono gli effetti sottili e collaterali insiti nel culto della forma unica, nel sillogismo “è così perché così deve essere” che lo zen giapponese rivendica come suo portato, sarebbero a tutti evidenti e facili da esaminare. Intendiamoci, anche quella è una forma di apprendimento, suppongo che le regole monastiche cristiane enuncino asserzioni simili, e anche gli eserciti e ogni organizzazione totale. Ma trattandosi di buddismo, penso sia necessario sapere che quel sillogismo non poggia su niente, lo si può accettare per libera adesione ma non deve essere imposto né affermato come la voce definitiva della verità.
Auguri a te Marta, e, se posso permettermi, non ti preoccupare: non è pensando alle persone che fanno zazen come penso lo faccia tu che ho scritto quelle pagine. Buon anno che viene
Dicembre 27th, 2022 at 6:55 pm
Adesso, però, non è per dire, ma, volendo dire: qui ‘sti effetti sottili e collaterali li vorremmo vedere, magari un pochettino: tirar la pietra e levar la mano … 😕
Dicembre 28th, 2022 at 1:25 pm
@24 e @26 Uno degli effetti più pervasivi, secondo me, è quella che chiamo logica del luogo e del gruppo, due caposaldi dell’esperienza esistenziale dei giapponesi. Zazen ci è stato da loro trasmesso come una pratica che si svolge in un luogo fisico deputato (dojo, monastero, tempio, centro…) e in gruppo. Per i primi trentacinque anni di pratica, mi sono seduto in zazen quasi esclusivamente in luoghi dedicati e in compagnia. Il fatto che zazen sia una pratica solitaria, anche quando ci si siede insieme ad altri, e che potenzialmente si può fare ovunque, non viene di solito esplicitato con la, a parer mio, dovuta chiarezza. Non metto in questione l’importanza di riunirsi per praticare in luoghi non abititi ad altre funzioni. E’ lì che ha inizio la pratica per la maggior parte delle persone. Ma non è la conditio sine qua non, come troppo spesso vien fatto pensare. La logica del luogo e del gruppo non è solo e sempre un sostegno alla pratica individuale personale, può indurre a deresponsabilizzarla, a creare uno spirito di conventicola e può facilitare i giochi di potere.
Dicembre 28th, 2022 at 3:32 pm
Grazie per la risposta. Da parte mia ricordo l’ultimo punto indicato da Kosho Uchiyama nella sua lettera d’addio.
‘Nell’intento che ci siano luoghi di pratica senza disturbi per praticanti sinceri, dovete collaborare gli uni con gli altri.’
E l’ultimo appello che da sempre è risuonato nel mio cuore.
‘Vi prego fatemi felice all’ombra dei fiori. Ve lo chiedo con tutto il cuore!’
Dicembre 28th, 2022 at 4:56 pm
@ 27 Sì, dopo aver demolito, a torto o a ragione, tutta la tradizione giapponese, quindi Dogen, Sawaki, Uchiyama e … altri, adesso se la prende anche con i luoghi di pratica e il praticare assieme.
Neanche avesse imparato a fare zz da solo o su una spiaggia, in mezzo ai bagnanti …
E che cosa propone al posto di tante macerie? Un po’ di filosofia … 😤
Da soli la vita di zz è dura, durissima.
Dicembre 28th, 2022 at 5:41 pm
🤗
Dicembre 28th, 2022 at 5:43 pm
Già, non c’è altro modo, che piaccia o no.
Dicembre 29th, 2022 at 12:27 pm
Salve. Ma poi è proprio così determinante? Guardando la cosa dal punto di vista di un badilante come me: la difficoltà è nell’evitare di inventarsi e portarsi dietro roba inutile. E’ complesso praticare al di fuori di una comunità che per un certo tempo persegue una ricerca spirituale in modo comune: per un laico lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali. Non c’è poi solo la grana dell’autoreferenzialità poi, si mette in mezzo chi si inventa il “buddhismo contemporaneo”.
Il “Formalismo comportamentale”, “uniformità di pensiero”, “conventicola” sono un po’ presenti dovunque, mica solo nei gruppi di meditazione, e la referenza verso qualcuno è un po’ la regola ovunque. Se qualcuno si difende dietro alle parole “la veste marrone” e se le comunità vengono su così anche perchè a noi laici sembriamo cercare proprio quel tipo di rassicurante “centro di gravità”, poco importa se i preti se ne approfittano. Anche questa pare sia un’invenzione, molto vecchia.
Imho occorre trovare un modo costruttivo di rispettare i (per esempio) 35anni di zz e riconoscere quanto una esperienza di quel genere possa arrichire e facilitare la ricerca di “noi laici” che ne sappiamo niente. Ma c’è chi indica un certo percorso e modo, chi un altro con tappe ben precise, ed entrambi lo chiamano allo stesso modo.
Proprio per questo – secondo me – non è solo questo il discorso da portare avanti, al limite è un punto di partenza. Non mi pare che a molti importi il solo definirsi in questo o quel modo, in questo o guel gruppo, discepolo di questo o quel prete, anche se spesso ci viene indotta quasi come una necessità. Almeno credo, poi non so.
Dicembre 29th, 2022 at 12:36 pm
Ciao Max,
“lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali”, proprio così. Il punto in gioco in tutto il discorso, però, non è l’oggi ma il domani. Fra non molto, senza porre limiti alla provvidenza, questa generazione del dharma sarà sparita. Alla prossima, ai neofiti “lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali” pensi che basti? C’è il caso che restiate solo tu e tuo cugino (if any) …
Dicembre 29th, 2022 at 2:07 pm
… mio cuggino c’ha già le storie sue e poi è impegnato al calcetto…
Scherzi a parte.
No, non non basta, come fa? Come potrebbe mai. Se “resto solo io” è come se restasse nessuno temo.
Il domani… chissà chi, mai presumere che “muore il padre, muore il figlio”.
Però neanche prima di voi non “era restato nessuno”
Non basta di sicuro. Cosa può bastare?
Non è che uno si può inventare diverso di quel che è, sennò sarebbe il papa vestito di bianco a prendersi applausi quando augura buon appetito.
Però a darsi responsabilità e cariche onorifiche, tra laici e preti, lasciamo fare i cattolici.
Per quel che ci è capitato, per come siamo, siamo ciascuno al meglio possibile. Anche se “non basta”.
Sarebbe importante per un pirla come me sapere che fare, ma non è dato, perchè è sempre diverso da quel che uno si impegna a fare. Sempre = “forse”, per carità, mica sono un prete 😉
Si fa (e accade) quel che può.
Però lasciando da parte le str…upidaggini, che si fa? lasciamo spazio al catechismo buddhista, ai matrimoni, al manager zen course (magari in un centro affiliato UBI), che loro c’hanno il pedigrì? Il discorso della “veste marrone”, quasi che un pezzo di stoffa potesse sugellare qualcosa, è una obiezione mossa da “chi sai tu”, “quando ti puoi immaginare”. Può essere che nel contesto fosse pure pertinente, ci mancherebbe, però qualsiasi azione si giustifica in sè e non perchè chi la fa si (in)veste strano. Se quello che conta sono gli anni e il rito e non l’imparare, è quel solito vecchio trucco. Cosa molto diversa dai 35 anni (and counting) di zz.
Quando diventa “imperdonabile” dividere un sangha? Quando ognuno sceglie di seguire una propria decisione/inclinazione/comprensione o quando si sceglie di aderire ad una decisione dell’insegnante?
Non risolvere e confidare un certo tipo di dubbi mi sembra sempre più il mio modo, ma so che non è di aiuto. Ho un caratteraccio e con l’età peggioro, anche se le travi nel miei occhi si fanno sempre più imgombranti.
Dicembre 29th, 2022 at 5:13 pm
Concordo, la situazione è proprio come la descrivi buwana: lì i coccodrilli, qua niente, là il caos. Però praticare è (anche) restituire. Altrimenti è una rapina.
Su una cosa non concordo, però: è responsabilità di tutti (tutti quelli che si siedono), nessuno può dire non tocca a me o non son capace: è parte della pratica fare il possibile per trasmettere, nessuno si può esentare. Per tanto o per poco.
Dicembre 29th, 2022 at 9:10 pm
però la risposta era a “basta?” e non voleva essere “non tocca a me”, nè “non sono capace”. Credo invece che almeno “quello che posso non basta” si possa dire, e poi facendo la parte del “brusacrist” mi tocca atteggiarmi un po’ 😉
Dicembre 30th, 2022 at 8:21 am
Sì, concordo di nuovo: la posizione “quello che posso non basta” penso sia la migliore se, come dici, non è una scusa per sfilarsi.
Dicembre 30th, 2022 at 9:21 am
“Quello che posso non basta” lo squaderno così: siccome la baracca non dipende da niente, quindi neppure da un mio potere, posso sempre fare (in senso lato) di più o di meno, quantitativamente, di meglio o di peggio, qualitativamente, per il dopo di me, di noi. Se non mi accoccolo nel “non posso” né mi eccito col “non basta”,forse da questa in-soddisfazione congenita possono nascere delle buone non-idee. Tanto per continuare a fare un po’ di filosofia mattutina 😅
Dicembre 30th, 2022 at 10:41 am
Ossegnucau …
Ci mancava proprio il filosofo che squaderna … 🙄
Dicembre 31st, 2022 at 7:55 am
@37 al netto che è difficile capirsi (che cosa significa per me mostrare?) e farsi capire (come riesco a mostrare?) diventa impossibile giudicare quanto di quel che si fa è una bugia o una ritirata (doppio senso). Forse poi dipende anche un filo dalle domande che vengono rivolte. Ma non lo so.
@38 mica ho capito 🙂
Dicembre 31st, 2022 at 8:01 am
Se ti ritrai un altro po’… rompi il dietro del guscio … 😜
Dicembre 31st, 2022 at 9:44 am
@40 su @38 Decritto. Stiamo parlando (@33,34,35…) di trasmettere, dunque del dopo di noi. Venerati maestri ci dicono che il mio mondo nasce e muore con me, gli stessi che ci invitano a creare armoniosi duraturi luoghi di pratica. Dunque, tralasciando qui il grado o stato di realtà o illusorietà del mondo dopo di me, ci si chiede, come Ilic Ulianov: “che fare?”. Ci siamo occupati nel libretto di cosa (come) non fare, almeno in parte. Sul fare sono meno praparato. Quello che posso non basta è un buon punto di partenza, però “trasmettere” non dipende dal mio o altrui “potere”. Zazen è dismissione del potere. Credo che le idee sul che fare possano originarsi dal prendere sul serio l’impasse descritto in @35, dalla cura per il mondo dopo di me (un sogno), e dal vigilare per riconoscere e cogliere le occasioni che le circostanza offrono. Ho detto qualcosa? 🤔
Dicembre 31st, 2022 at 4:42 pm
Finalmente, oggi, ho ricevuto il libro. Credo che le poste italiane li spediscano in Spagna con una barchetta a remi, forse per una questione di ecologia… questo per aggiungere qualcosa sul problema della trasmissione. Ma comunque alla fine arriva, è bravo il barcaiolo .
Grazie e auguri per il nuovo anno che inizierà fra poco.
Dicembre 31st, 2022 at 5:01 pm
Ciao Roberto, bene che sia arrivato, il tempo di consegna con posta priority international era di 5 gg al massimo ma a Natale e Ferragosto in Italia il tempo ha un’altra andatura …
Il problema di cui si tratta riguarda anche la Spagna: ci sei dentro sino al collo
Buona fine e buon inizio
Gennaio 1st, 2023 at 7:31 am
Sì, buon anno a tutti.
Che possiate stare bene ed essere liberi da ogni sofferenza.
Ma qui sono fiorite le ginestre e i merli sono in amore, prima o poi succederà qualcosa, temo.
O è già successa e quelli sono gli effetti visibili? 🫤
Gennaio 1st, 2023 at 7:57 am
Un piccolo capolavoro! Grazie, Fago.
Buon anno a tutti.
Con pazienza e coraggio…
Gennaio 1st, 2023 at 12:49 pm
Grazie!
Buon anno a tutti
Gennaio 1st, 2023 at 1:09 pm
Grazie Fago. Anche qui è una bella giornata di primavera e le tartarughe sono in amore, non dormono. Comunque buon anno e che la pace sia in tutti… anche per le tartarughe
Gennaio 2nd, 2023 at 2:52 pm
Buon anno! … qui piove 😉
Gennaio 2nd, 2023 at 2:54 pm
@41 un guscio bello grosso.
@42 grazie!
rinnovo i ringraziamenti a tutti e attendo la prossima uscita
Gennaio 3rd, 2023 at 6:25 pm
Grazie, Fago!
Buon anno a tutti!
Gennaio 5th, 2023 at 5:57 pm
Già con il livro tra i miei mani, pressoché con il dito nella prima pagina…
Grazie tante! _/\_ 😎😇
P.S: Nel mio comodino ancora si sente l’eco degli ultime pagine di “Il Buddhismo Mahayana II: […] La Cina”. Per quando una parte tre? 😏😎
Gennaio 5th, 2023 at 6:06 pm
La parte tre è quella che hai nelle mani.
Dopo di quella c’è … l’Oceano Pacifico
Gennaio 18th, 2023 at 4:15 pm
🙏
Gennaio 18th, 2023 at 6:52 pm
Un uomo che non ha mai fatto parlare di sé.
Un esempio senza pari di come si possa vivere a quel livello senza né chiacchiere né distintivo.
L’ultima volta che lo vedemmo fu al funerale di Watanabe roshi, officiò lui, ricordando che quando Watanabe arrivò ad Antaiji, nel 1962, era poco più di un ragazzino. L’anno prima di quel nostro ultimo incontro Honda roshi era diventato il priore di Myokoji.
Febbraio 9th, 2023 at 2:54 pm
Grazie
Febbraio 9th, 2023 at 5:12 pm
Prego
Aprile 2nd, 2023 at 12:59 pm
[…] Traduzione dal sito de “La Stella del Mattino” https://www.lastelladelmattino.org/la-pratica-dello-zazen/fukanzazengi […]
Aprile 20th, 2023 at 7:35 pm
Grazie AdO per aver pubblicato il nuovo film, Buddhismo. La legge del silenzio. Vorrei far notare che i genitori che hanno lasciato figli di 4-5 anni in quel luogo, senza nemmeno avvertirli o prepararli causando loro uno shock da abbandono terribile, sono da condannare anche più di chi poi ha commesso abusi su quei bambini o adolescenti, già trattati come cose dai loro genitori.
Un altro punto che vorrei rilevare è che non penso che il Dalai Lama (o un altro leader religioso) una volta che qualcuno riferisca di possibili abusi in un certo luogo abbia il dovere di intervenire per reprimere quei comportamenti. Certo, ogni volta che se ne presenti l’occasione, la condanna dei comportamenti violenti, pedofili o di plagio deve essere sempre chiara, ma l’intervento nei confronti di chi si rende responsabile di certi abusi dovrebbe avvenire da parte della magistratura e delle cosiddette “forze dell’ordine”.
Aprile 21st, 2023 at 9:15 pm
@mym 4
Bene, grazie, girerò i tuoi ringraziamenti all’amico che mi ha segnalato questo reportage.
Concordo con te, in particolare con il primo rilievo, quello a proposito del comportamento disfunzionale di madri e padri che hanno ritenuto di poter delegare ad altri il proprio compito genitoriale, nonché la propria capacità di ragionare.
Parafrasando un ben noto passo del Vangelo, mi viene di osservare che se è vero che l’uomo (religioso) non ha dove posare il capo, quel che sta nel capo lo dovrebbe, però, usare tanto e bene, se vuole tenersi al riparo dal procurare ad altri e a sé tanta inutile sofferenza. Ma del resto come si diceva tempo addietro: “beàti monòkuli in tèrra čekòrum”.
Novembre 29th, 2023 at 6:22 pm
Scopro solo ora l’origine di questa bella e moderna traduzione che il mio maestro di meditazione mi aveva già fatto avere qualche anno fa …
Grazie AA !
Gennaio 2nd, 2024 at 10:42 am
BZ sempre speciale. Un piacere leggere gli auguri, che ricambio! Confesso di essere stato un po’ preoccupato dal lungo silenzio. Non è vero imho che i buddismi sono esenti, anche se certo ci si prova ciascun per sè. Un saluto nebbioso a tutti.
P.S. Il detto “magna e tasi” lo sapevo solo veneto, e con l’estensione ” e scroca n’ocio”, in una storia inadatta al senso proposto nella scena 😉
Gennaio 2nd, 2024 at 11:05 am
Buongiorno Max,
Grazie
Sì, i buddisti non sono esenti da nulla. Sono i testi che lo sono, o almeno dovrebbero esserlo.
Di “scroca n’ocio” non è chiaro il senso; questa volta nemmeno dr. Google è d’aiuto per chiarire … 🤔
Gennaio 2nd, 2024 at 2:12 pm
“chiudi un occhio”. E’ una storiella di quelle dialettali cmq, niente di che, fuori luogo e svilirebbe la stupenda storia. In realtà non mi permettevo di dire di buddisti, ma dei buddismi. Coltivare religioni e culti fa danni.
Gennaio 11th, 2024 at 5:11 pm
Visto che stare zitti non è incompatibile con il dire qualcosa, anche se in ritardo: Buon anno a tutti.
Gennaio 11th, 2024 at 5:20 pm
Ciao Roberto,
Grazie, buon anno anche a te.
In principio era il silenzio …
Poi qualcuno cominciò ad annoiarsi e patapìn e patapàn ora è un chiacchiericcio continuo.
Fare zz è tornare al principio. Anche un miliardo di miliardi di volte, se occorre.
Gennaio 27th, 2024 at 2:37 pm
Ancora a gennaio…
Buon anno a tutti!!!
Molto divertente il fumeto 🙂
Gennaio 27th, 2024 at 3:47 pm
Ciao Carlos,
Buon anno anche a te
Sì, è ancora gennaio ma mi hanno detto che quest’anno da gennaio si salta subito a marzo
Poi, più avanti, recuperiamo 😇
Gennaio 27th, 2024 at 4:18 pm
😂😂😂
Gennaio 31st, 2024 at 7:49 pm
Grazie per il vostro prezioso lavoro.
Gennaio 31st, 2024 at 7:53 pm
Ciao Sandro. Grazie.
Prezioso … insomma, si riesce appena appena a tirare avanti … 😉
Maggio 4th, 2024 at 11:55 pm
In mezzo a questo bello silencio, infranto leggeramente quasi solo da cualque corteo funebre, l’apparizione di questo libro è una deliziosa sorpresa, per quelli di noi che siamo ancora vivi. Il dono di ancora una nuova primavera. Grazie.
Maggio 5th, 2024 at 10:18 pm
Veramente una deliziosa sorpresa primaverale…
Grazie tante!!!
Maggio 7th, 2024 at 6:38 pm
Caro Roberto, grazie per il tuo apprezzamento. Sapessi che deliziosa sorpresa è l’apparizione di questo libro per quelli che vivi non lo sono più … 😇
Maggio 7th, 2024 at 6:39 pm
Ciao Carlos, come va a Madrid? I merenghe e Carletto vanno sempre forte?
Maggio 9th, 2024 at 6:53 pm
Ciao Yushin!
Tutto a posto, grazie!
” I merenghe e Carletto vanno sempre forte?”
Sembra così, ma bisogna completare il compito…fino alla fine!
Un caro saluto
P.S: Anche i rossoblu spuntano la testa fra “i grandi” quest’anno!
Maggio 9th, 2024 at 6:58 pm
I rossoblù (del Barça) tra i grandi ci sono sempre stati!!! 🙂
Ciao
mym
Maggio 9th, 2024 at 11:16 pm
Quei rossoblù del nord della Spagna -la gent blaugrana -, non sembrano talmente grande dall’arrivo del furbo Xavi.
Invece, quei della Dotta, con il amico Tiago, mettono un sorriso nel cuore de tutti quanti vogliamo bene la cità del Reno. 🙂
Saluti
Dicembre 1st, 2024 at 1:43 pm
Grazie assai per le pubblicazioni diffuse, sia quelle in spagnolo che quella in giapponese, ed anche per il ricordo della sciagura di Valencia, che purtroppo non sarà l’ultima.È un peccato che il giapponese sia una lingua che molti di noi non comprendiamo; tuttavia, dalle poche parole tradotte in italiano della pubblicazione giapponese, si intuisce che possa essere un testo molto interessante. Anche grazie allo scambio di lettere pubblicato qui, https://www.lastelladelmattino.org/12060, dove abbiamo già potuto saperne qualcosa di Higashikage Daichi. Forse qualcuno tra i molti dotti seguaci della Stella, vorrà prendersi la briga di renderlo disponibile agli altri.
Dicembre 1st, 2024 at 3:44 pm
Ciao Roberto,
Speriamo che i molti dotti seguaci ti ascoltino e … si diano una mossa 😇
Dicembre 1st, 2024 at 6:17 pm
In questo post, nella traduzione italiana dell’Introduzione al libro trovate un omissis: […]. D’accordo con Higashikage roshi, abbiamo eliso la frase 宇宙と続きの自己の現成なのです, “manifestazione completa del sé in fieri come continuazione dell’universo”, altrimenti presente nella versione giapponese. Questo tipo di concezione, o intuizione?, è alla base del dialogo interreligioso tra cristianesimo e buddismo zen ma appartiene “solo” al buddismo giapponese (1). Nel buddismo delle origini il fondamento filosofico, ovvero manifestato in parole, è anattā–anātman-nonsé. Ogni inculturazione del buddismo ha il diritto dovere di trovare la propria originalità all’interno della cultura nella quale si sta sviluppando. Per cui quella frase, fortemente in sintonia con l’antica spiritualità giapponese, è legittima e produttiva (pur nella sua relatività) nell’area culturale giapponese ma deve -secondo noi- essere dismessa in Occidente, in Italia, per poter qui ripartire da anātman: nessun sé; affermazione base che ha la sua ragion d’essere contrapposta alla sua controparte positiva, ovvero all’affermazione di un sé stabile, imperituro o addirittura universale. Questo apparire di un’affermazione solo in relazione al suo opposto determina in modo qualificante il buddismo. Ecco perché abbiamo eliminato quella frase: anātman!
(1)È stato Sawaki roshi il primo a formulare questa frase nel tentativo di rendere in un linguaggio moderno la frase di Dogen 尽十方界真実人体, letteralmente “la verità/realtà del corpo umano in tutte e dieci le direzioni”, che compare in quattro diverse sezioni dello Shobogenzo: Shinjingakudo, Sangaiyuishin, Shohojisso e Henzan.
Dicembre 5th, 2024 at 8:07 pm
grazie
Dicembre 6th, 2024 at 7:23 am
Prego
Dicembre 6th, 2024 at 9:08 am
Higashikage roshi mi ha chiesto di pubblicare una nuova versione dell’introduzione al suo libro, in modo che si capisca chiaramente che non aveva alcuna intenzione di chiamare in causa il concetto di atman. Eccola:
禅と言うと、坐禅して悟りを開く、坐禅は無念無想だ。と思っている人が多いと思います。しかし、道元禅師の禅はそうではなく、修行が悟り、宇宙と続きの私の現成なのです。(宇宙と続きの私というのは、あらゆる生き物を生かすのと同じ働きによって生かされている私、という意味です。)
本文中に何回も「宇宙と続きの自己」という言葉が出てきますが、それは、「あらゆる生き物を生かすのと同じ働きによって生かされている私」という意味です。また、生きている限り、思いは浮かんでは消え、浮かんでは消えていきます。坐禅中、考えようと思っていなくても、自然に思いは浮かんできますが、無理に消そうとせず、坐禅に任せて行けばよいのです。この修行が悟り、禅は無念無想ではない、ということを現蔵はじめ歴代の祖師がたの言葉を引いて、それを証明しています。
東影大地
In italiano:
Molti pensano che, quando parlo di Zen, io intenda dire che si diventa illuminati sedendo in zazen e che lo zazen è un processo senza pensieri e senza associazioni mentali. Tuttavia, lo Zen di Dogen zenji non è così, piuttosto la pratica è illuminazione, l’attualizzazione del me connesso all’universo. L’espressione “io come continuazione dell’universo” compare molte volte nel testo e significa “io che sono animato dalla stessa attività che anima tutti gli esseri viventi”. Inoltre, finché siamo vivi, i pensieri vanno e vengono, entrano ed escono dalla nostra mente. Durante lo zazen, i pensieri si affacciano naturalmente alla mente anche quando non li si pensa intenzionalmente, ma non si deve cercare di eliminarli per forza, bensì procedere lasciando fare allo zazen.
Questa pratica è il satori, lo Zen non è uno stato di assenza di pensieri e di associazioni mentali; questo lo troviamo detto nello Shobogenzo di Dogen e in gli altri maestri del passato. Le parole di Dogen e di altri patriarchi del passato sono citate nel mio libro per sostenere le mie affermazioni.
Higashikage Daichi