Si alzò allora da dove era seduto, ringraziò il grande albero che lo aveva protetto con le sue fronde, e si mise in cammino. Giunto nei pressi della città di Benares incontrò alcuni asceti in compagnia dei quali era già stato nella foresta, e a loro tenne il suo primo sermone, che è anche il primo insegnamento del buddismo. Parlò prima di tutto della via di mezzo e poi delle quattro sante verità: la verità della sofferenza, che è il fatto che qualunque forma di vita contiene sofferenza; la verità dell’origine della sofferenza, che è il fatto chiaro che ogni tipo di dolore che incontriamo nella vita ha, alle spalle, una causa che lo origina; la verità dell’estinzione della sofferenza, che è la testimonianza che, siccome c’è una causa che origina la sofferenza, dissolvendo la causa vi è la fine della sofferenza; infine la verità della via, del cammino, del modo che conduce e mantiene nella dissoluzione della sofferenza, il modo di vivere che va verso la fine di ogni dolore.
In altre parole Buddha insegnò che non si può evitare la sofferenza nella vita, ma proprio l’esperienza della sofferenza ci conduce a porre la domanda che ci spinge a cercare quale è il modo giusto di vivere la vita, il modo che porta alla fine della sofferenza. Questo modo giusto di vivere la vita, o via di mezzo, il Buddha tentò di rappresentarlo elencando otto aspetti a cui bisogna fare attenzione: spiegò che c’è un modo corretto nel vedere le cose; un modo corretto nel decidere; un modo corretto nel parlare; un modo corretto nell’agire; un modo corretto nel procurarsi i mezzi per vivere; un modo corretto nell’impegnarsi nel fare le cose; un modo corretto nel concentrarsi; un modo corretto nel meditare. Insomma, c’è un modo giusto nell’accostarsi ad ogni cosa che la nostra vita ci fa incontrare, e la continua ricerca e l’applicazione del giusto modo sono la via che bisogna seguire: è la vita che si avvia a liberarsi dalla sofferenza. E c’è anche un modo per ogni età: c’è un modo per i bambini piccoli piccoli, che ancora non sono in grado di badare a se stessi, vivono istintivamente e vengono accuditi dai grandi; c’è un modo per i ragazzini delle elementari, che già cominciano a farsi delle domande e a cavarsela da soli ma, beati loro, non hanno ancora i problemi dei grandi; c’è un modo per i ragazzi, gli adolescenti che stanno scoprendo il mondo ed ancora non hanno una forma conclusa. C’è un modo per gli adulti, un modo per gli anziani e un modo per i vecchietti. Quindi non bisogna fare confusione: i bambini, i ragazzi, devono sapere le cose che servono loro a vivere nel modo giusto da bambini, da ragazzi, e non è necessario raccontare loro cose troppo difficili che non possono capire perché non fanno ancora parte del loro tempo. Per cui, se non avete capito qualcosa della storia del Buddha, non importa. Dopo aver conosciuto la sofferenza, se un giorno vi porrete seriamente il problema di come vivere la vostra vita, invece di solamente reagire agli stimoli, biologicamente, secondo mi piace/non mi piace, allora comprenderete per conto vostro, con l’esperienza diretta, che esiste un ambito più alto rispetto alla vita indirizzata da desiderio e ripulsa, e vi apparirà chiaro che cosa in realtà significhi “via di mezzo” e perché proprio questa sia la via maestra di chi procede realizzando il “senza casa”.
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