L’arte del buddismo (Terza parte)
Così le energie della fede si posero al servizio della volontà di comunicare e furono il motore che, avviatosi, portò l’arte buddista a fungere da strumento non secondario nella diffusione di quella religione in Cina, in Giappone, in Corea, in tutta l’area estremo orientale e nel Sudest Asiatico.
Il sottile rapporto tra fede e ispirazione artistica, tra esperienza religiosa e comunicazione simbolica si approfondì, si chiarificò e divenne più evidente con lo svilupparsi del Mahāyāna (3), il buddismo della Grande Comunione, o Grande Veicolo. Questa forma religiosa, -che potremmo dire universalista per il deciso carattere monista legato all’interdipendenza di tutte le esistenze e di tutti fenomeni, da cui consegue indispensabile benevolenza amichevole e collaborazione sulla via di salvezza affinché questa possa essere reale- genera una particolare forma di letteratura. L’esempio non unico ma più eclatante della quale è il Sutra del Loto, o Saddharmapuņdarīka sūtra (4), composto in sanscrito ibrido a differenza dei componimenti precedenti redatti in pali. La letteratura del mahāyāna è particolare, si distingue subito dalla precedente e non tanto per la nuova lingua ed il nuovo alfabeto in cui è scritta, quanto per la presenza pervasiva di un tipo di linguaggio detto “intenzionale” (5), una presa di distanza dall’oggetto del discorso che permette di esprimere un senso nascosto che non è né nelle parole né nei concetti; come detto nel sutra: un “insegnamento oltre la dottrina e oltre il ragionamento”.
Di fatto è un modo di esprimersi, simile alla parabola, che consiste nello scrivere direttamente nella mente del lettore un senso “altro” rispetto a quello delle parole impiegate. Dico che è simile all’esprimersi per parabole o per metafore perché ricorda, pur nella sua peculiarità, quello che ci accade quando leggiamo “lasciate i morti seppellire i loro morti”. In questo caso è evidente che non si afferma che coloro i quali officiano o partecipano a un funerale siano letteralmente morti, proprio come i medesimi, né che la celebrazione di funerali sia un’attività da evitare o sconsigliare. Piuttosto leggendo quella frase nasce nella mente un contrasto tra chi si converte, si volge alla vita dello spirito, così libera del mondo da non aver “dove posare il capo”, e chi si adagia nella convenzione mondana. Un contrasto espresso dal rappresentare come morta quest’ultima, che è pur vita, seppure secondo il mondo.
Ma non solo questo. La coscienza della potenza artistica al servizio del vero si fa così intensa che si realizza un’altra sovrapposizione, quella tra la forma ed il contenuto. Il ritmo o tempo del raccontare, la dovizia di particolari, le ripetizioni continue, le enumerazioni particolareggiate e minuziose dei presenti o dei partecipanti ad un’assemblea, dei tipi di alberi e cespugli ed erbe bagnate dall’unica acqua da un solo sapore in cui consiste l’insegnamento, tutto ciò costituisce l’argilla di cui questi sutra (6) sono fabbricati. Però se riteniamo tutto questo “forma” e lo mettiamo da parte tentando di enucleare il concetto che si vuole esprimere allora ci accorgiamo che intere parti del sutra scompaiono completamente, si squagliano come neve al sole. Estremizzando un poco si può dire che siccome l’insegnamento del Buddha non consiste in un’idea, in un concetto o una dottrina particolare così è pure per gli scritti che lo esprimono.
Note:
3) Il nuovo buddismo, come è stato anche definito il mahāyāna, prende forma esplicitamente dopo il secondo secolo a.C.
4) Letteralmente : Il sutra del bianco loto della buona legge.
5) In sanscrito saņdhābhāşa.
6) In particolare Il Sutra del Loto e il Sutra di Vimalakirti, o Vimalakīrti nirdeśa sūtra, hanno questa peculiarità.
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