Da alcuni anni Jf svolge il ruolo di Sokan, ovvero Direttore dell’ufficio europeo del Soto shu, delegazione off shore del braccio amministrativo del buddismo Soto zen giapponese. In quell’alto soglio ha la possibilità, spesso il dovere, di osservare da vicino come nei vari “centri” zen europei venga coniugata la pratica religiosa col denaro.
Dopo l’ennesima esperienza, senza citare alcun luogo particolare, ci ha inviato l’articolo che segue, diretto a tutti i luoghi dove si pratica lo zazen. Ma potrebbe altrettanto riguardare tutti i luoghi di pratica, indipendentemente dalla religione di appartenenza.
In una recente occasione, ho avuto modo di discorrere del tema dei costi di partecipazione ai ritiri spirituali zen (sesshin) e più in genere alle attività dei vari centri di pratica zen esistenti ormai un po’ ovunque in Europa. Ne ho ricavato alcuni spunti per una riflessione che desidero partecipare pubblicamente, perché credo si tratti di un argomento d’importanza cruciale. Nel discorrere, è emersa una questione così posta: ci sono persone che, pur non essendo in particolari ristrettezze economiche, e che non badano a spese se si tratta di acquistare l’ultimo smartphone in commercio, si sentono in dovere di risparmiare sulle spese di partecipazione alla pratica spirituale, per una sorta d’ideologia pauperistica. L’argomento mi ha dato da pensare, e quanto segue è il prodotto della mia riflessione.