Il 17 gennaio di quest’anno è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale l’intesa o concordato tra l’UBI e lo stato italiano. Nel 1929 furono stipulati i Patti Lateranensi all’interno dei quali era contenuto il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose tra chiesa cattolica e stato italiano. Fu così che quando venne redatta la
Costituzione repubblicana, l’art. 8 divenne: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze“. Ovvero, poiché vi era già un’intesa con la chiesa cattolica, per evitare discriminazioni si riconobbe facoltà alle altre religioni di fare altrettanto. Si diede per scontato che anche “le confessioni religiose diverse dalla cattolica” avessero una chiesa completamente identificata con la religione, in grado cioè di arrogarsi il diritto di stipulare l’intesa con lo stato a nome di tutti coloro che si sentono parte di quella religione. Nel 1985, fu fondata l’Unione Buddista Italiana il cui statuto indica (art. 4) tra gli scopi, oltre alla diffusione del buddismo, quello di “riunire ed assistere i diversi gruppi buddhisti italiani”. Su questa base l’UBI dopo lunga trattativa ha stipulato con lo stato italiano un’intesa/concordato a nome di tutti i buddisti italiani. Proprio come se fosse l’organo rappresentativo, o la chiesa, anche di quei buddisti (tra gli altri: la Stella del Mattino) che non riconoscono l’UBI come loro rappresentante. L’intesa con l’UBI sostituisce anche le leggi del 1929 e 1930 sui “culti ammessi” ed inoltre permette agli iscritti all’UBI di ricevere il cosiddetto otto per mille.
Sul tappeto vi sono alcuni temi sensibili. Il più evidente dei quali è il fatto che i diritti che lo Stato riconosce sono volti all’UBI ed ai suoi aderenti come se fossero “tutti i buddisti”, lasciando gli altri senza diritto o tutela (cfr. Art. 3.1 e 3.2, art. 4.1 e 4.2, art. 5.1, 5.3 e 5.5, ecc.). In particolare invito a considerare il senso dell’art. 12.1, 12.2 e 12.5. e (incredibile!) art. 14.3 e 14.4.
Jiso Forzani ha scritto una lettera aperta ai membri del Consiglio dell’UBI, lettera che condivido e che sottopongo alla vostra attenzione.
Care amiche, cari amici,
Mi rallegro insieme a voi per la conclusione positiva del lungo e complesso iter che ha finalmente condotto alla ratifica dell’Intesa con lo Stato italiano. E’ una novità importante