Parliamo oggi di due libri particolari: uno è un libro parlato, un audio libro, l’altro, invece, è di carta. Questo, uscito nel marzo del 2018 edito da Servitium, s’intitola L’altra riva, ed è scritto da Henri Le Saux. Iniziamo parlando proprio di quest’ultimo. È inusuale, su queste pagine, recensire in home un libro che non sia della ‘casa’ almeno nella redazione. Se questa volta facciamo un’eccezione è perché vi abbiamo trovato qualche cosa e vorremmo condividerlo. Il titolo è ambizioso: questa riva è la nostra, nel samsara quotidiano, che tutti -ognuno a suo modo- conosciamo. L’altra raramente è argomento di conversazione, per limiti oggettivi: si trova in un’area, per così dire, inaccessibile alle parole, vissuta -o solo sbirciata- più o meno di frequente, da chi si arrabatta tra l’inizio di uno zazen e la fine di un altro. Frate Henry ci prova e riesce a trasmettere
la sua voglia di paradiso ma, parlandone, usa quasi solo le parole della tradizione delle Upanishad o dei Veda; poco o quasi nulla ci dice del suo nirvana. L’ideale è bello, entusiasma, ma chi pratica vorrebbe anche ascoltare qualche cosa di più … casalingo, se mi concedete il termine.
La vita di Henri Le Saux (1910-1973) è un interessante e profondo esempio di dialogo tra le religioni: monaco benedettino, sacerdote, nel 1948 dalla Francia si trasferisce in India dove entra in contatto con la mistica hindù e, dopo una lunga riflessione interiore, senza rinunciare alla fede cristiana diviene un sannyāsī, “colui che rinuncia”, con il nome di swāmī Abhishiktānanda e si ritira, sino alla fine della sua vita, in un eremo presso le sorgenti del Gange. Il libro non è scevro da difetti (quale libro lo è?) e l’assenza di bibliografia crea non pochi problemi nell’identificare i testi abbreviati in nota, ma al suo interno cristianesimo e induismo o, più correttamente: il vangelo di Gesù e il sanātana dharma, trovano un’accoglienza non solo equilibrata ma così partecipata e profonda che viene quasi da rimpiangere che tra i cristiani nessuno, sino ad ora, abbia saputo vivere e soprattutto dire il buddismo in una maniera altrettanto competente e profonda. A p. 57, citato da le Upanishad, troviamo: “attraverso se stesso, in se stesso, raggiunge se stesso”, che ricorda molto da vicino il detto attribuito a Kodo Sawaki roshi: “il me, in me, fa me”, o: “me, da per me, fa me”.
Ed eccoci all’audio libro: anche questa è una novità per la Stella. S’intitola Il cercatore della Via, discorso d’addio ad Antaiji ed è una nuova versione, tradotta direttamente dal giapponese, dell’ultimo sermone tenuto da Kosho Uchiyama roshi (1912-1998) ad Antaiji nel febbraio del 1975.
Su progetto iniziale di Paolo, vi hanno lavorato Jiso -per la traduzione dal giapponese e la voce narrante- e Carlo che ha curato la registrazione e tutta la parte tecnica. Lo trovate in fondo a questa pagina, con tutte le indicazioni sul testo -già noto ai lettori del blog della Stella- e sulla sua genesi.