Generali


Nella tradizione buddista, in Cina e poi in Giappone per cui a seguire l’Occidente orecchiante al Sol Levante, s’usa dire che “ogni giorno è un buon giorno”. Di vaga ispirazione daoista, la frase è, a volte, usata come saggio insegnamento da ammansire a chi enumera le sue difficoltà nel vivere da parte di chi -invece- vuol così mostrare di aver trasformato “le difficoltà in opportunità”. Come

s’usa dire oggi nel mondo degli squali di finanza. Il fatto è che il dito in questo caso -se è un dito buddista- non mostra certo come incassare anche quando tutti perdono. Ma come star bene anche stando male. Insomma, non è vero che “ogni giorno è un buon giorno”, piuttosto ogni giorno è un mare di guai: anche quando pare non succeda nulla “quel giorno” ci avvicina di 86400 secondi alla morte. Se questo non è chiaro rischiamo di augustiarci perché, NON OSTANTE la nostra splendida pratica la vita pare sempre più difficile. Ogni giorno è un giorno speciale, praticamente unico. Ma è così sempre, per cui: nulla di speciale.
*Per “l’immagine zen” ringraziamo http://www.manifatturadisigna-shop.it/

O(n)dina di maggio

Amico mio
nascere a maggio
non chiede forse
maggiore coraggio
di quanto serve
a venire al mondo
ognaltro mese del girotondo.
Dove piuttosto il faut du courage
è nel diuturno vivre comme un sage,
è nel procedere appresso alla via…
Que no te falta la valentia
la mano aperta e la mente salda
è una fiducia che il tempo rinsalda.
Per cui non resta all’amico un po’ antico,
nel genetliaco lento ed aprico,
che formulare l’augurio sincero
di vento terso, costante, leggero
piena la vela, placida l’onda
con la salute che sovrabbonda.
JF

Verso la fine di marzo vi fu, ad Urbino, una tavola rotonda dal titolo: Etiche della terra: l’educazione ambientale in una prospettiva interculturale organizzata dagli studenti dell’associazione Openhouse di Urbino e dall’associazione Time for Peace and Development di Pesaro, con il contributo della Provincia di Pesaro e Urbino e dell’ATS IV.

Vi parteciparono tre relatori: Salvatore Frigerio, monaco camaldolese, Mouelhi Mohsen, rappresentate sufi e Paolo Sacchi, della Stella del Mattino. Su queste pagine annunciammo l’evento con un post. Alla kermesse parteciparono un centinaio di studenti dell’università e della scuole superiori. Ora sono disponibili le relazioni scritte dei tre oratori. Ve le offriamo in pdf:

Mouelhi Mohsen: Dio è Bellezza ed Egli ama ciò che è bello

Paolo Sacchi: La chiara visione della realtà

Salvatore Frigerio: Il giardino consegnato

Dopo la pausa invernale a poco a poco viene alla luce il tempo passato, sottoforma del ricordo dei libri letti nella quiete dell’inverno. Ora, tra i tanti fiori umidi di questa lunga primavera anche le recensioni fioriscono.
Questa volta DHR ci invita a rileggere un teologo

laico, quasi spiandone gli ultimi istanti di vita prima del supplizio: Tommaso Moro. Raro caso in cui qualcuno è venerato come santo sia dalla chiesa cattolica sia da quella anglicana. Rispetto alle sue capacità di teologo o alle vette di santità, Thomas More è forse più famoso per aver introdotto nel linguaggio mondiale il termine utopia con cui battezzò un’immaginaria isola dotata di una società ideale, che descrisse nella sua opera più famosa, L’Utopia appunto, pubblicata nel 1516.
Thomas More, Gesù al Getsemani, Ed. Paoline, 2011.
PS: a mia parziale discolpa, il titolo del post è quello indicato da DHR, 😉

Il nostro recensore ufficiale (nel senso che le recensioni le fa lui quando il libro l’ha letto lui… ) ci presenta una scheda su un libro che è un ossimoro: parla del silenzio. Insomma, la recensione parla di un libro che parla del silenzio e io qui parlo di una recensione…

Questo caso mi ricorda la storia dei tre eremiti votati al silenzio. Quando gli eremiti erano ancora due arrivò il terzo che dopo qualche anno chiese: “Da quanto tempo siete qui?”. Passati alcuni anni uno dei due rispose: “Son qui da dieci anni”. Al che il terzo sbottò: “Se avessi saputo che qui c’era tutto ‘sto baccano non ci sarei venuto!”.
Il recensore, vulgo JJ, con il suo stile tranquillo ci accompagna a visitare il testo, senza disturbare.
Sabino Chiala, Silenzi. Ombre e luci del tacere,Qiqajon, Bose 2011.

Dopo lunga gestazione è nato. Grazie alla Fondazione ARBOR in qualità di levatrice ed alle attente cure della Marietti, è giunta in libreria la traduzione commentata del Sutra del diamante. Oltre ad essere la prima traduzione italiana realizzata direttamente dal sanscrito accompagnata da un dettagliato commento, questa edizione comprende un saggio

filosofico che esplora il filo linguistico della mistica occidentale a partire dalle sue origini, sino a realizzare un parallelo riguardo alla funzionalità espressiva dell’anima orientale e dell’anima occidentale della mistica.
La Stella del Mattino ha dato un contributo affinché la pubblicazione fosse possibile, per questo dispone di un certo numero di copie grazie alle quali potrebbe rientrare, almeno in parte, di quel contributo.
Se desiderate una o più copie del Diamante e volete aiutare ad esaurire quelle in possesso della Stella, potete scrivere a Paolo Sacchi all’indirizzo sacchidoc45chiocciolalibero.it e riceverete le istruzioni per far sì che il libro sia comodamente recapitato a casa vostra.

Il sutra del diamante, la cerca del paradiso, a c. di Mauricio Y. Marassi, con un saggio filosofico di Gennaro Iorio, Marietti, Genova-Milano 2011.
Pagg. 245, € 26.

Ebbene sì, ancora lei, la madre di tutte le regole, l’appiglio di ogni censore, il martello di ogni moralista. Questa volta però dal vivo, con persone presenti che ci mettono cuore, voce e reputazione. Mica poco. Per la Stella sarà presente il Doc in persona, chissà se darà qualche anticipazione sul futuro di Buddazot…

E poi Salvatore Frigerio, monaco camaldolese e Mouelhi Mohsen, rappresentate sufi. Tutti attorno a una tavola rotonda, seguendo il titolo: Etiche della terra: l’educazione ambientale in una prospettiva interculturale
In occasione dell’Anno Internazionale delle foreste, organizzano gli studenti dell’associazione Openhouse di Urbino e l’associazione Time for Peace and Development di Pesaro, con il contributo della Provincia di Pesaro e Urbino e dell’ATS IV.
Bravi ragazzi, sale della terra.

Mercoledì 23 Marzo, ore 10.00, Sala Raffaello, Urbino

Una delle caratteristiche delle varie scuole, tendenze o tradizioni buddiste è quella di essere autoreferenti. Ovvero di studiare testi, frequentare persone, utilizzare ragionamenti, scambiarsi notizie dello stesso ambito. Appartenenti alla stessa scuola o tradizione. Vi sono, anche, buoni motivi per fare ciò. Il buddismo è un mare molto vasto, lo si naviga con diversi tipi di vascello, l’importante è diventare un buon

vascello, se tentassimo di provare tutti i modi finiremmo per non viverne nessuno. Il seguire una scuola, una tradizione, comporta anche seguire un sistema integrato, articolato in molti fattori, comportamentali, meditativi, sapienziali, mischiare o incrociare diversi sistemi può portare ad inefficacia e confusione. D’altro canto il continuo riferirsi a situazioni di “casa nostra” a volte provoca il comportamento abitudinale, lo stereotipo, la ripetitività dove solo la creaività sarebbe lo spirito autenticamente religioso, buddista. Inoltre diventare seguaci di una setta, del suo linguaggio e dei suoi riti non è certamente l’insegnamento del Buddha. Vi propongo la lettura di un testo, ben scritto, equilibrato.

Ricordo, perché penso faccia sempre bene ripensarci, che lo zazen che si pratica nella scuola zen ha come caratteristica quella di star “solamente, semplicemente seduti”

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