Capitolo 4
L’ingiustizia buddista

Libertà nell’impossibile
Pur in una situazione estremamente limitata quale è quella di un biliardo, solo un grande campione è in grado di annunciare, prima, in modo attendibile e con buona approssimazione la posizione che assumeranno tutte le biglie dopo che avrà compiuto il suo tiro. Ma nessuno sa, prima, come si comporterà la biglia che ci cade di mano o che lanciamo in modo maldestro.
A posteriori, invece il fatto che il nostro tempo/vita sia composto dagli effetti di cause ora passate è facilmente verificabile, come pure è chiaro che queste cause, direttamente o indirettamente, sono state attivate da me: se sono qui seduto, così vestito, a quest’ora, in questo luogo, alla mia età, con questi oggetti, in compagnia di queste persone … ecco, tutte queste cose sono percorribili a ritroso nel tempo e sarà possibile (se la memoria ci aiuta) vedere la causa da noi attivata o che avremo contribuito ad attivare e poi quella prima e quella prima ancora e ancora, che hanno fatto sì che nella tasca destra io abbia una castagna d’India e che il tavolo sul quale sto scrivendo “in realtà” sia parte di un’antica macchina per cucire.
Guardando invece dalla parte opposta, ossia verso il futuro, la biglia che mi cade di mano potrebbe saltellare sul pavimento sino a che qualcuno la raccolga esaurendo così la vita/effetti della mia sbadataggine oppure, cadendo dalla mano alla sponda del biliardo potrebbe rimbalzare con un’angolatura tale da farla uscire dalla finestra e precipitare dritta dritta su … Sudando freddo ci affacciamo temendo il peggio ma sino a che non vediamo il foro sul parabrezza della nostra auto parcheggiata proprio lì sotto, non sappiamo se ci siamo trasformati in un assassino o se la biglia si sia fermata sulla fioriera appesa al davanzale. Se nel contemplare il parabrezza sfondato penseremo che è quello che ci siamo meritati per la nostra sbadataggine, forse ci sentiremo meglio, ma … sarebbe un pensiero totalmente arbitrario. Le biglie da biliardo, di solito, non contengono un sensore che le porta a muoversi in modo punitivo per chi le lascia cadere. Altrettanto arbitrario sarà attribuire alla sfortuna, al fato, al destino o alla Divina Provvidenza i danni provocati dalla biglia alla nostra auto nuova perché è evidente che siamo i principali responsabili del danno: non è il destino che fa volare biglie da bigliardo dalla finestra, occorre la nostra indispensabile, fattiva collaborazione. Tutto sommato, comunque, ci è andata bene: potremmo essere in prigione dopo un doloroso processo per omicidio più o meno volontario, visto che il giudice non ha creduto alla casualità del fatto che abbiamo fatto volare una biglia dalla finestra proprio mentre passava quel nostro vicino di casa, proprietario del simpatico cagnone che ci tien svegli la notte e, sempre per caso, l’abbiamo centrato in pieno. Se la buona mira del caso non è una prova facilmente accettata dai tribunali degli uomini questo non dipende solo dal bieco scetticismo di chi, facendo il giudice, svolge un lavoro in cui se ne sentono di tutti i colori: se la biglia è partita dalla mia mano, tutta o parte della responsabilità dei danni causati ricade su quel “me” che così ha mosso la mano.
Ed è esattamente a questo punto che il buddismo propone il salto di discontinuità che apre le porte alla libertà da duḥkha…

6 Responses to “L’ingiustizia buddista”

  1. kengaku Says:

    Si potrebbe dire che se non ti regalavano un biliardo con tanto di palle, non saresti in questo casino.. Ma dal momento che venire al mondo non dipende solo da noi, e’ inevitabile che giocando con le palle prima o poi queste fanno guai!
    A mio parere, prima di leggere la soluzione del problema che mi giungerà col libro, questo impeachment riguarda solo la nostra coscienza e gli inevitabili sensi di colpa ( i parassiti e che nessuno ironizzi). Tornare indietro non si può. Nascosto dietro quel ue’. ue’ tanto amato dai genitori del neonato, che porta con se aspettative e speranze, si cela un terribile incubo: “da grande non farà mica il monaco zen?”
    Come riportato nella Baghavat Gita “l’uomo ha diritto alla azione e non ai frutti che da essa derivano!” Ma anche Cristo e non solo il Buddha ne hanno rivelato l’uscita. Non sono le azioni che corrompono, sono i semi che da esse germogliano. C’è da dire che sfuggendo le palle dalle mani, se si restasse immobili forse, il danno sarebbe contenuto….il fatto e’ che nel tentativo di non creare danno e nella speranza di riprenderle al volo, queste rifuggono (altrimenti che palle sarebbero) e balzo dopo balzo con noi che gli corriamo appresso, ecco che rompono il vetro, cadono dalla finestra ecc ecc Che sciagura il movimento!!!! Ma ecco che la parabola dei talenti ci viene in aiuto….
    Grazie ☺

  2. mym Says:

    Se nel libro speri di trovare “soluzioni del problema” … campa cavallo! 🙂
    Non capisco in che senso richiami la parabola dei talenti. Uno dei capisaldi della giustificazione religiosa al capitalismo ed alla necessità della “crescita”.

  3. kengaku Says:

    Il senso di paura e’ sempre l’origine del problema. Paura di non riuscire,paura di perdere, paura del giudizio e di restare indietro…..
    La paura divide l’uomo in se stesso.
    Rende il terreno fertile alla avidità, alla rabbia, alla invidia.
    È l’insicurezza e’ il perfetto humus per lo sviluppo del germe della paura.
    Sai la storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, la stessa cosa la puoi girare verso “il mondo di Cesare o il mondo di Dio” .
    Che la società Cristiana abbia fatto del capitalismo una giustificazione religiosa, e’ cosa oramai risaputa. È il limite del mondo delle parole e dei concetti…… Se io dico povero, l’altro cosa intende? Dipende dal suo concetto di povertà. Diverso se lo dico al barbone sdraiato sulla panchina, o al finanziere in difficoltà per l’ultima operazione finanziaria riuscita male, o ancora a quel malato in fin di vita nel letto dell’ospedale. Tutto e’ usabile, tutto fraintendibile nel mondo di Cesare, per questo spessissimo le civiltà giungono ad un impasse. Per questa ragione si diventa viandanti in cerca di ciò che non è fraintendibile, incerto, usabile a mio o tuo piacimento…. Quello che definiamo il mondo dello spirito o mondo religioso. Ma ahimè, anche qui hanno messo dei paletti, oggi la scienza sta dimostrando sempre più che siamo macchine chimiche, perfetti meccanismi sofisticati in simbiosi tra loro….. Che ne resterà di questo me tanto amato da me stesso? È allora, che ne farò di quel pugno di talenti che mi sono stati dati ? Non è forse questa parabola la dimostrazione dell’impasse della coscienza umana? Il bandolo della matassa inizia e finisce sempre con capo e coda…. Come vedi e consideri le cose e’ forse questo il libero arbitrio?

  4. mym Says:

    Di libero arbitrio me ne intendo poco, suppongo sia qualche cosa che ha a che vedere con la libertà di determinare il futuro.
    Però riguardo a religione e capitalismo (o più precisamente: legittimità etica dell’accrescimento senza limiti) vedo le cose al contrario. L’uomo, per la dottrina cristiana, è l’amministratore delegato di Dio in terra, il pastore dell’essere per dirla con Heidegger, perciò la parabola dei talenti (il più bravo è quello che fa fruttare la moneta) tradotta in azione non ha limiti etici.

  5. kengaku Says:

    fammi capire, ma è un esclusiva dei popoli occidentali attribuire l’uomo ad amministratore delegato di Dio in terra ? e solo l’uomo o anche la donna ?
    io credo che sia stata l’arroganza umana classica nei popoli conquistatori ad attribuirsi tale diritto che poi venne sostenuto dalle varie Chiese. io, per i miei limiti, non vedo nulla di etico in questa direzione. cos’è etico per l’africano che vive in simbiosi con la sua terra? o per l’eschimese che scandisce il suo tempo tra i ghiacciai? insomma, non è forse che più ci allontaniamo dalla realtà della nostra vita più abbiamo necessità di un etica che ci guidi, ispiri o giustifichi ? so che è il tuo campo, illuminami …..

  6. mym Says:

    Nel mio campo non è prevista l’illuminazione per procura. L’etica, comunemente intesa, è comportamento. Questo è determinato da cultura, religione, pulsioni, istinti ecc. Da un lato è vero che più ci allontaniamo dalla realtà della nostra vita più avremmo bisogno di guide etiche perché da soli non saremmo più in grado di tenere la rotta. Il fatto è che vivere la “vera” realtà della nostra vita, inteso come indicazione, è… un’etica.

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