Lun, 21 Ott 2013
Nelle commemorazioni dei defunti praticate in Giappone ad opera delle varie congregazioni buddiste, vi è una ricorrenza particolarmente importante: il sankaiki, 三回忌 (letteralmente: la terza spiacevole volta).
Però siccome i giapponesi contano come già i romani all’epoca loro, ovvero considerano uno lo zero, il sankaiki -per loro- cade alla fine del secondo anno: la prima spiacevole volta è alla defunzione -quella che per noi è lo zero- la seconda al compimento del primo anno e la terza alla fine del secondo anno; che però -occorre riconoscere- è anche l’inizio del terzo, ammesso che c’entri qualcosa.
Insomma, oggi è il sankaiki di Daido se lo contiamo a modo nostro, non lo è contando alla giapponese.
Com’è come non è, son passati tre anni.
127 Commenti a “Il sankaiki?”
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22 Ottobre 2013 alle 10:41 am
E insomma, si contano gli anni anche quando hanno smesso di cumularsi. Trovo giusto: la memoria, anche dello “spiacevole”, dimensiona il presente, ri-presentando il passato come tempo attuale. L’oblio è l’anticamera della ripetizione degli errori. Grazie dell’occasione di un vivo ricordo.
A margine, mi pare che il modo di contare partendo da uno, non sia poi così peregrino: lo zero non è un’entità divisibile e dunque come si passerebbe dall’anno zero all’uno? Di questo c’è un eco anche nel nostro modo di contare: parliamo infatti di “compleanno”, anno compiuto, rivelando che contiamo ciò che è finito, non quello che è in corso.
22 Ottobre 2013 alle 4:47 pm
Mi consenta, reverendo, ma per “passare” da zero a uno si potrebbe aggiungere uno a zero, se non ci cascasse dentro. Più difficile troverei invece contare lo zero, che come quantità contabile mi difficolta un po’.
Per cui: vero, persino i giapponesi hanno una ratio, contano direttamente l’uno, lasciando perdere le quisquilie, lo zero ecc.
23 Ottobre 2013 alle 12:26 pm
Mi unisco al ricordo di Daido che non ho mai incontrato personalmente ma che anche solo dalla sua immagine sprigiona simpatia e semplicità, due qualità sempre apprezzabili.
Nello
Citare il “punto zero” di Deshimaru…sarebbe come accendere una miccia e la accendo.
23 Ottobre 2013 alle 12:30 pm
Miccia per miccia ne accendo una anch’io: Deshimaru -mi assicurano- più che dal punto zero era attratto dal punto gi. 😛
A meno che non si parli del Punto Zero del grande Kowalski…
23 Ottobre 2013 alle 7:41 pm
Nella matematica moderna, cioè, a partire da Cantor, Frege, etc. in realtà il problema dello zero, dell’uno, ecc. non esiste, perché tutto è in ultima istanza zero.
Zero è l’ordinale col quale designiamo arbitrariamente l’insieme vuoto, 0 = {}, cioè quell’insieme che non contiene nessun elemento. L’ 1 sarà quell’insieme che contiene unicamente l’insieme anteriore, 1={0} oppure {{}}, 2 quello che contiene i due anteriori, 2={0,1} oppure {{}, {{}}, etc.
Gli infiniti numeri, pertanto, non sono in essenza niente di distinto da zero, da niente. Come la vita stessa… eppur si muove.
23 Ottobre 2013 alle 8:05 pm
Questo è parlar chiaro!
Però, non per dire, ma la vita l’ho mai vista muovere, io.
Cioè, per dire: non l’ho mai vista proprio.
24 Ottobre 2013 alle 10:29 am
Eppur si muore… come direbbe il Daido se dicesse, chissà…
Punto zero, zero e punto… W Kowalsky e l’immenso Super Soul!
24 Ottobre 2013 alle 11:41 am
Sulla tragica america ha detto molto bene il grande Terzani.
Poi, c’è la trasfigurazione del senso…e questa può essere ovunque.
Boycott america.
24 Ottobre 2013 alle 11:52 am
Vero. La tragica America ci traccia il futuro verso il disastro certo. Corredato di lustrini e fumo negli occhi.
Nel caso di Kowalski -da parte mia- non c’era trasfigurazione, solo un poco di (sciocca) nostalgia per quando il “tanto peggio tanto meglio” aveva la capacità di entusiasmarci.
Fai bene a farci tottò, ci potrebbe cascare qualcun altro.
24 Ottobre 2013 alle 12:30 pm
Il percorso per il disastro non c’è più bisogno di farcelo indicare dall’America, si snoda ormai fra colli romani e nebbie brianzole con la nostra correità. Senza neppure i lustrini e un po’ di fumo…
Kowalsky faceva senz’altro parte del gioco, ma almeno ci si incazzava, la musica era buona e un po’ di entusiasmo (pur se negativo) circolava: c’è illusione e illusione, non farei di ogni erba un fascio. Difficile entusiasmarsi oggi che impera il “tanto peggio ancora peggio”.
Comunque quel buco lì ormai è chiuso e nessuno ci può cascare più: ben altre voragini sembrano alle viste.
24 Ottobre 2013 alle 1:07 pm
L’America continua ad essere avanti col programma, per es. in molti casi già non inquinano più (aria acqua ecc), si dedicano ad altro, ai droni per es. Una direzione ideale diventa una direzione morale.
Sono contento se il buco del nichilismo è chiuso, ma -almeno dalle statistiche- i suicidi dei ragazzi compresi tra il 18 e i 25 anni sono triplicati negli ultimi 10 anni.
Per dirla tutta Kowalski era pure un tossico e l’unico amico con cui scambia due parole (quello con cui fa la scommessa di farcela in 24 ore) era uno spacciatore…
PS: Terzani, buonanima, nel ritratto che ne fanno i vivi (da vivo non lo conobbi) non lo sopporto.
24 Ottobre 2013 alle 3:28 pm
Una curiosità: c’è un legame particolare tra quanto scritto nel post e il terzo quadro del bue?
24 Ottobre 2013 alle 4:16 pm
Bel colpo Marta. Così dovrebbero essere i commenti. Altro che quei piantagrane…
Ci sono due punti di contatto: è il terzo quadro (di 10) ovvero il numero 3, cioè 三 in sinogiapponese, per cui richiama il 三, primo segno del sankaiki. Poi …
Insomma il bue che sfugge l’ho voluto usare un po’ come la metafora della vita: andata quando uno pensa di aver appena cominciato.
24 Ottobre 2013 alle 11:02 pm
Grazie
25 Ottobre 2013 alle 3:44 pm
Continuo a pensare che non sia il caso di fare d’ogni erba un fascio: se quegli spioni degli americani in molti casi non inquinano più è una cosa positiva che andrebbe presa ad esempio, il che non scalfisce minimamente la condanna per l’uso dei droni che invece non va certo presa a modello.
Non ho mai inteso dire che il buco del nichilismo si sia chiuso, mi riferivo al tipo alla Kowalsky, che non mi pare più un modello per i giovani “nichilisti” odierni. Mi interesserebbe avere più lumi sulle statistiche dei suicidi giovanili, a che paese si riferiscono quelle disastrose citate in @11? Da una ricerca su internet (con i limiti di questo tipo di ricerche) tutte le fonti mi danno una lenta ma costante diminuzione dei suicidi giovanili in Italia dagli anni ’90 a oggi.
Lasciamo pure Kowalsky al suo misero destino e al meritato oblio: però, per essere un tossico con un solo amico (e per di più spacciatore) non era poi così male 🙂
27 Ottobre 2013 alle 7:43 pm
Sì, non fare d’ogni erba un fascio è un buon modo. Per questo se mi fanno notare che “strizzare l’occhio” a Kowalski (come ho fatto) non è cosa buona su un blog di pubblica lettura lo riconosco. Per di più spostando il discorso dal “punto zero” di Deshimaru (che suppongo intendesse con ciò il “non pensiero” o simili) ad un film su un tossico suicida. Per quanto simpatico e accompagnato da buona musica.
L’America, purtroppo, continua ad essere data per scontata come esempio positivo da molte persone in Italia e fuori, non ostante Abu Graib, Guantanamo, la condanna a decine di anni di carcere a un soldatino che ha rivelato stragi di civili per le quali nessuno, poi, è stato punito, la caccia spietata a Snowden (addirittura bloccando un aereo presidenziale che si temeva lo avesse a bordo…) come se il criminale fosse lui. Ma soprattutto per la proposta di uno stile di vita di cui Bush e Berlusconi sono i campioni.
Le statistiche dei suicidi giovanili le avevo consultate lo scorso anno, riguardavano l’Europa nel suo complesso. Quando ritrovo il dato lo pubblico.
28 Ottobre 2013 alle 8:09 am
Ho compreso, apprezzo il rigore. E’ quel che ci aspetta da chi regola un blog come questo (che poi è unico…). Come affezionato habitué mi allineo, convinto peraltro che anche agli altri aficionados e lettori non faccia difetto il sense of humor (anche se un po’ dark), inseparabile strumento dell’intelligenza che dimostra chi frequenta questo sito, nel farlo.
L’America è nata in punta di schioppo, un tragico parto. E continua su quella strada, se è vero, come è vero, che da quelle parti si valuta la libertà (anche) dal numero di proiettili che uno ha in canna. Vedo in Reagan (e nella spaventosa Tatcher) i vessilliferi in tempi recenti di un modello di vita che mortifica quel poco di buono che c’è nel genere umano e valorizza il nulla: quelli sì che sono sul serio nichilisti. Dovrebbero processarli per crimini contro l’umanità. In confronto il piccolo Kowalsky, oltre che personaggio di fantasia, è uno squinternato autolesionista.
28 Ottobre 2013 alle 5:57 pm
@ 5: carina l’insiemistica. Facciamo però un giochino (credo risalga a Russel): chiamiamo tipo 1 gli insiemi che contengono se stessi come elemento (es. l’insieme di tutti i gruppi, che è anche lui un gruppo), e tipo due quelli invece che non contengono se stessi come elemento (es. insieme di tutte le scarpe: non è una scarpa). Ora chiediamoci: l’insieme di tutti gli insiemi tipo 2 a che gruppo appartiene? 1 o 2? 😛
Si è vecchia, ma c’ha il suo perchè IMHO
28 Ottobre 2013 alle 5:59 pm
@ 3 anche a me la foto fa la stessa impressione…sembra la foto di uno che vorresti averci per vicino di casa
28 Ottobre 2013 alle 6:14 pm
Il Daido per vicino di casa?
T’è andata bene 😛
29 Ottobre 2013 alle 10:48 am
Bhè ho detto “sembra”…
@17: l’America è una follia JF. Conosco dei colleghi che hanno trascorso qualche anno in California e a Chicago (quindi in teoria in zone “civilizzate”) e mi raccontano cose allucinanti. Tipo che i messicani che attraversano la frontiera per farsi curare a San Diego (non hanno altra scelta porelli), vengono trattati come cavie umane…”ah lascia perdere di informarlo quello degli effetti collaterali della sperimentazione, tanto è un messicano”. Oppure che se esci tardi dal Mc Donald ti accompagnano alla macchina armati perchè se sbagli strada finisci male…non puoi portare una bottiglia di alcoolici in vista in macchina, pena manganellate dalla polizia ed arresto, ma ti è consentito portare un fucile!!!
Sono moooooolto più avanzati gli indiani (quelli del subcontinente asiatico intendo), il dramma è che anche loro pensano di dover imitare il modello US per essere moderni. Sono disposti a barattare la Gita per i fast food, la macchina privata (ma che sia “di marca”!), gli shopping malls e i Pizza Huts. Per quanto ho potuto vedere in India qualche anno fa, le elites indiane cercano di assomigliare agli yankees…neocolonianismo post modrno? Neanche perchè non è nemmeno più l’occidente il colonizzatore, ma uno sottospecie di scoria degradata del capitalismo, che non sa manco più cosa fa e perchè 🙁
30 Ottobre 2013 alle 5:53 pm
Il punto zero si riferiva al mezzo, tra il + e il -, quindi è paradigma di madhyamika, Nagarjuna, Dogen e tutta una lunga filogenesi che lo ha elaborato, proposto e riproposto in questi ultimi due millenni circa fino ai “buddhisti critici”…
Bello l’intervento di aa 21, molto terzaniano. L’immagine pubblica è un prodotto, ma lui era proprio lui, vale a dire un tipo veramente gagliardo.
30 Ottobre 2013 alle 6:13 pm
Bè, ha fatto innamorare tutta l’Europa del Dharma…e alla sua già venerabile età e in quel tempo non era una passeggiata…
30 Ottobre 2013 alle 6:18 pm
Vero, vero.
Purtroppo molti, forse troppi, hanno pensato (e alcuni ancora lo pensano) che quel dharma fosse il dharma.
Di lì ne sono nati parecchi problemi, per quegli stessi e per chi li ha seguiti.
30 Ottobre 2013 alle 5:57 pm
Non conoscevo l’interesse di Deshimaru per il punto gi (@4). Quell’uomo si rivela sempre più strabiliante…
30 Ottobre 2013 alle 6:03 pm
Se dico che Deshimaru è stato il berlusca dello zen temo che qualcuno si inalberi.
Perciò: come non detto.
30 Ottobre 2013 alle 10:03 pm
@ 22: Sì, Terzani aveva viaggiato ovunque ed era un uomo molto intelligente. Per quanto riguarda la ‘merica, ricordo lunghe ed estenuanti conversazioni con dei californiani, neanche troppo repubblicans, a riguardo della copertura sanitaria universale. Erano fermamente convinti che fosse un provvedimento “unfair” perchè, sostenevano, se sei povero e non ti puoi pagare la polizza sanitaria, è colpa tua. Per loro era immorale che la collettività si facesse carico delle cure mediche, perchè la cosa avrebbe incentivato il lassismo e punito i “virtuosi”…roba da laissez faire degli whigs inglesi del ‘700, ma per loro era chiaro, solare, che fose giusto quel modo di organizzare la società. Nessun argomento “umanitario” valeva a smuoverli: se sei un povero cristo è perchè sei un “loser” uno che non se lo merita di essere aiutato. Ci sfido che sian tutti sull’orlo del tracollo mentale, e che ci sia gente che ordina il fucile via web e va a sparare nei cinema!
Purtroppo anche noi italiani, non solo gli indiani, stiamo andando lungo quella china…
4 Novembre 2013 alle 11:23 am
Bè, il Dharma è il Dharma al di là di Deshimaru e di chiunque…
Quando si inizia qualcosa è impossibile non sbagliare.
Sono convinto che nemmeno Shunryu Suzuki abbia indovinato tutto…vedi Baker…il suo successore.
I “problemi” vanno anche bene, l’importante è risolverli, mentre perseverare nell’errore…è un altro piano dialettico e sottilmente, impercettebilmente, velatamente…ma pur sempre egoico. Cosa lo cura? Cosa lo risolve? Qual’è il contesto ideale per la risoluzione?
4 Novembre 2013 alle 11:26 am
Poi, mym 26, potresti enunciarne alcuni dei problemi derivati da una errata interpretazione del Dharma, sia da parte di Deshimaru, sia da parte dei successori?
Scateniamo questa “battaglia del Dharma”.
4 Novembre 2013 alle 11:32 am
a.a.27, mi piace come scrivi. Terzani Anam, alla fine era completamente libero. Lo ringrazio per la sua testimonianza ovunque sia.
E’ tutto il mondo che si sta omogeneizzando, resiste solo l’islam con radicale e non condivisibile violenza.
4 Novembre 2013 alle 12:39 pm
@28: no, il dharma non è il dharma “al di là di”, quelle son proprio le fantasie che spargeva il buon Deshimaru. Sono d’accordo che sia (quasi) impossibile non sbagliare. Però un conto è un errore un conto è un grave errore. Se un mercante di carbone, o di tofu, si presenta per ciò che non è, per es. un chirurgo, e pretende di saper compiere operazioni sui cervelli non compie un errore, compie un grave errore, si può dire un crimine.
Suzuki non ha indovinato tutto, e pazienza, si è però lasciato divinizzare e questo è un grave errore. Errori come questo alla lunga finiscono per distruggere anche ciò che non era errato. Mischiare l’io con il dharma inquina e non si può più parlare di dharma: una goccia di gasolio in un bicchiere di latte e … non si può più parlare di latte. Proprio perché non esiste un “dharma al di là di”, che non sarebbe inquinabile.
4 Novembre 2013 alle 12:47 pm
@29: nooo, niente battaglie. Sono fuori allenamento: è dall’epoca di Arjuna che non combatto… 😉
4 Novembre 2013 alle 7:49 pm
@31 giusta la tua osservazione, tuttavia io ho scritto Dharma (maiuscolo) da intendersi come ordine dell’universo, ordine delle cose. Che mi rendo conto puo’ prestarsi a fraintendimenti e hai fatto bene a correggere il tiro. Tuttavia, esisteva il Dharma prima di Shakyamuni? Certo che esisteva.
4 Novembre 2013 alle 9:17 pm
Né prima né dopo, né con la maiuscola né senza.
Eternalismo e nichilismo non son cose buddiste.
Per cui si parla di buddha-dharma.
Dell’altro, quello con la maiuscola, il Buddha non ha mai parlato.
7 Novembre 2013 alle 12:06 pm
Però fermarsi qui non abbasta.
Prendiamo, per esempio, l’espressione buddha-dharma e notiamo due cose: in primis non è “il dharma (o Dharma che scriver si voglia)” ma un certo dharma. A rigor di termini si potrebbe perciò dire “relativo”. Tuttavia non è il dharma del signor Siddhartha, altrimenti sarebbe una sua invenzione, un’idea, un marchingegno studiato da una persona.
Per questo, in secundis, è detto dharma di buddha, ovvero del risvegliato che sei anche tu sono anch’io, la parte universale della vita. Perciò, potrebbe pensare qualcuno, allora precede me te Siddhartha, quindi quello non è “un” dharma, ma “il” dharma, cioè il Dharma.
Meglio non pensare certe cose. Poi si finisce per credere che esista il Dharma e ci si mette al servizio di un marpione a cui, dice, quel dharma è stato trasmesso da un Maestro per cui se fai il bravo un giorno te lo passa a te così ce lo avrai anche tu.
Ma quel giorno non può arrivare perché quella cosa da avere non esiste. Esiste solo il gioco di potere che si perpetua nel desiderio, con… chiacchiere distintivo e privilegi.
Machevvelodicoaffà….
7 Novembre 2013 alle 12:09 pm
Dovendomi adattare al tuo registro linguistico dovrei dire (assieme a una lunga tradizione prima: “Buddha non è mai nato e non ha mai insegnato nulla”.
Potrei anche dire che non esistono “cose buddhiste”.
E potrei aggiungere che il “buddha-dharma” è proprio il Dharma eterno (che non ha nulla a che vedere con il termine “eternalismo” e tanto meno con il termine “nichilismo”.
una piccola nota lessicale (ma non solo), la lineetta per separare due termini è stata abolita dai linguisti quindi si dovrebbe scrivere “buddhadharma”. (Cà Foscari docet).
7 Novembre 2013 alle 12:14 pm
Con tutto rispetto per i linguisti, soprattutto quelli della benemerita Ca’ Foscari, l’efficacia del linguaggio (quando scrivo buddha-dharma dico una cosa quando scrivo buddhadharma posso dirne un’altra) per me viene prima.
Quanto alle cose che potresti dire: vai tranquillo, se ne sentono di tutti i colori… 😉
PS: il Buddha (maiuscolo) mai nato che non ha mai insegnato nulla non s’è mai visto (nel senso che non c’è mai stato). È della “banda” del Dharma e delle altre pie fantasie.
7 Novembre 2013 alle 12:22 pm
Mi hai anticipato di qualche secondo…simpatico, in effetti il mio @36 è per il tuo @34.
Riguardo il termine Dharma (accademicamente e convenzionalmente parlando) si riferisce a un ambito, a una dimensione delle cose, mentre il termine dharma indica proprio i fenomeni in sè (i dharma).
Il timore del “marpione” non dovrebbe contaminare la realtà delle cose…vale a dire che la cerimonia di trasmissione della “verità” del Dharma è un preciso rituale che continua ad avere un suo significato che non può ricondursi al “marpione” di turno o supposto tale.
Purtroppo, quello che descrivi tu è piuttosto diffuso…come tante altre problematiche. Tuttavia, il Dharma, quindi Sunyata…
7 Novembre 2013 alle 12:30 pm
Siamo nell’era della velocità…
Più o meno so che cosa indicano dharma e Dharma convenzionalmente. Ma proprio perché la cerimonia della trasmissione della “verità” del Dharma è solo un preciso rituale (confuciano per di più), produce i marpioni e i loro giochetti. Meglio non dare neanche l’impressione di credere a certe cose. Per cui “dharma” o “Dharma”, e senza badare alla convenzione.
Se qualcuno, poi, visto che non uso la convenzione non capisce e gentilmente mi interroga: rispiego.
PS: da qualche parte mi pare di aver letto: meglio non attaccarsi alla lettera ed alle parole… 😕
7 Novembre 2013 alle 12:31 pm
Capisco la tua simpatia per i “buddhisti critici”, che esprimono una critica appunto rispettabile e con la quale confrontarsi, ma non credo esista una “banda del Dharma”…
E ti regalo delle semplici parole del vecchio e criticatissimo e osannatissimo Deshimaru:
“Indossare la veste di Buddha è essere umile e praticare con assiduità; sedersi sul seggio di Buddha è vedere tutti i fenomeni come non sostanzialmente esistenti e non avere attaccamenti; entrare nella dimora di Buddha è condividere la sua grande compassione che abbraccia ogni cosa e provare simpatia e comprensione nei confronti di tutto e di tutti.”
Kaisan Mokudo Deshimaru Taisen e qualcuno ha aggiunto Dai Osho.
7 Novembre 2013 alle 12:36 pm
I buddisti o son critici o non sono. Amen.
Chissà a chi si rivolgeva il Taisen con quella frase.
Dire o scrivere delle belle frasi è mooolto facile. Mettere in pratica, anche un poco, è mooolto difficile.
PS: la “banda del Dharma” esiste ed è ampiamente maggioritaria.
7 Novembre 2013 alle 12:38 pm
Il vecchietto ne era ben consapevole.
7 Novembre 2013 alle 12:41 pm
Non basta.
Se ci provi e non ci riesci fatti da parte. O si rischia di essere l’uomo con il piffero che conduce i seguaci nel burrone.
7 Novembre 2013 alle 12:42 pm
E bisognerebbe chiarire cosa significa e quali comportamenti assume il “critico”…
7 Novembre 2013 alle 12:49 pm
(ho spostato il 44 di un posto).
A parole è facile: assume il comportamento di chi prova e riprova nella/con la propria vita e non si fa abbindolare dai vecchietti, dalle belle parole, dai cerimoniali, dai titoli ecc. Così, dopo un 30-40 anni, se ha lavorato con costanza e passione, ha scelto bene gli amici, ha capito bene bene che zz non è un’esibizione ma è come respirare, ci sono dei casi in cui comincia a sbagliare un po’ dimeno. Ma son casi rari.
7 Novembre 2013 alle 1:40 pm
Perdinci!!
Chi è che “sceglie bene gli amici?”
La “cerimonia” iniziale del vecchietto era il silenzio…troppo rumore?
E nel 1982…si è “fatto da parte”…il dopo è opera sua? Ha responsabilità sul dopo?
Sarebbe come dire che Padre Pio è responsabile per la pedofilia e tutto il resto…
Sarebbe come dire che Shunryu Suzuki è responsabile di Richard Zentatsu Baker e delle sue avventure…
Torniamo sempre all’inizio, è giusta l’esperienza della Stella con il Mazzocchi?
7 Novembre 2013 alle 2:15 pm
Ossegnucau…
-Sceglie bene gli amici chi si associa con chi pratica senza avere, volere, cercare ottenimenti personali.
-Il silenzio di per sé non vuol dire nulla. Il rumore… peggio
-Nel 1982 non si è fatto da parte, è morto. Se fosse stato in salute, secondo me, non si sarebbe fatto da parte neppure con le cannonate.
-Non so se padre Pio fosse (pure) pedofilo. Di molte cose è certamente responsabile. Direi che, però, il discorso esula un bel po’.
-Penso che, poiché lo ha scelto (ed educato!) lui , Suzuki sia responsabile del destino complessivo di Baker, non dei singoli casi.
-Non so a quale inizio ti riferisca: non mi pare che ne abbiamo mai trattato. Tuttavia (e poi magari ci dici tu sul giusto e lo sbagliato della tua esperienza iniziale), ti dico: sì, è giusta. Prescindere dal cristianesimo (i.e.: dai cristiani) nel praticare il buddismo in Italia è (quasi) come per un pesce voler prescindere dall’acqua.
Se vuoi partecipare e migliorare la realtà della stella: prego.
Certo, prima dovresti superare qualche esamuccio… 😛
7 Novembre 2013 alle 10:05 pm
a MYM
Si può dire che il personalismo è un “peccato mortale” soprattutto nel buddismo(come mettere una bomba sotto le fondamenta di una casa)?
Si può dire che la parola sia un mezzo per indicare il modo del procedere “rettamente”, ma che nasconda anche il pericolo, la tentazione ,l’inganno della reificazione (phallacy of misplaced concreteness)?
Se si:
Nel primo caso ancora non comprendo perché proprio nel buddismo(almeno in occidente)sia così frequente il machismo spirituale e il culto della persona.
Nel secondo caso, questo continua ad interrogarmi sulla “conciliazione” del fondamento di senso nel (inevitabile, almeno per me)dialogo religioso (intendo il rapporto con chi concepisce il Verbo come inizio e destino di/del tutto).
8 Novembre 2013 alle 10:53 am
Ciao Dario.
Be’, il termine peccato mi conturba un po’ però il concetto è quello. Stessa cosa nel cristianesimo, comunque, quando Gesù dice “non si possono seguire due padroni”.
Machismo e culto della persona nel buddismo (soprattutto zen, ma non solo) sono in gran parte contingenti: la cultura buddista giapponese, specie nell’area compresa tra il prof. Suzuki T.D. e Sawaki ha un fondo di machismo spesso e consistente. Trasferito facilmente in Occidente (soprattutto in Europa via Deshimaru, mentre in USA dopo le follie della beat generation lo zen si è diffuso maggiormente in persone di cultura liberal) caratterizza questa fase storica. Il culto della persona idem, favorito dalla mitizzazione occidentale di personaggi quali gli ormai imprescindibili Deshimaru e Suzuki S., recepito poi da molti dei loro discepoli come parte consistente del bottino ottenibile grazie alla “trasmissione”.
Il dialogo religioso, nella norma ma non nella totalità per fortuna, tra buddisti e cristiani è caratterizzato da una superficialità tale che molte contraddizioni non hanno alcun modo di esprimersi.
Come ho detto altre volte: sino a che non ci sarà almeno un cristiano che pur rimanendo tale penetri a fondo nello zazen… parlare di dialogo è più una speranza che una realtà.
8 Novembre 2013 alle 11:28 am
Zonta alla prima risposta.
Come rimedio al personalismo, nella tradizione viene proposta l’imitazione virtuosa. Ovvero: sino a che non sai dove andare a parare, stai compresso e defilato, se proprio ti occorre uscire allo scoperto imita fonti sicure (la regola, una persona ecc.) almeno non farai guai grossi. Questa soluzione ha però due limiti: il primo è quello di rischiare di trasmettere il messaggio che si fa così perché è così che si fa. Basta fare un giro tra i “centri zen” italiani e si vede che il “si fa così perché è così che si fa” affianca allegramente il personalismo.
Il secondo limite, invece, è più serio: l’imitazione, ancorché virtuosa, “a un certo punto” è da abbandonare, bisogna lanciarsi nel mare degli errori. Con l’obiettivo di, e cito Dogen così il vecio sarà contento 😉 , porre il piede esattamente nell’impronta di chi ci ha preceduto. Ovvero far sì che l’agire sia personale e impersonale/universale contemporaneamente. Come detto: lì si sbaglia quasi sempre. Ma non c’è altra strada.
8 Novembre 2013 alle 1:58 pm
Avete tirato fuori molti punti interessanti IMHO.
Come disse il Grande Vecchio: si possono fare solo due errori nella ricerca della verità: il primo è non andare fino in fondo, il secondo è non iniziare (vado a memoria, forse è dai discorsi di media lunghezza?). Certe frasi che la tradizione attribuisce al Buddha hanno secondo me una caratteristica, sono “olografiche”, cioè pur considerando un aspetto particolare, riescono ad “includere” la totalità dell’insegnamento.
A me sembra che il dharma (minuscolo) sia contemporanamente una guida (nel senso di “mappa” per orientarsi su un terreno molto difficile- la vita) ed una manuale di istruzioni (indicazioni su cosa fare per trasformare se stessi lungo una certa direttiva). “Ciò” che viene descritto/spiegato fa tutt’uno con l’effetto che l’insegnamento concretamente produce.
Il problema della “trasmissione” dei “maestri ecc”, è a mio (del tutto inesperto) parere la sacralizzazione-ritualizzazione di un processo del tutto naturale, comune a tutte le forme di apprendimento. Se voglio imaparare a mettere i punti, guardo uno che lo sa fare, poi magari gli chiedo se per favore mi guarda mentre lo faccio io ecc. Solo che a differenza di altre forme di trasmissione del “sapere” DEVE essere del tutto gratuito- non si possono servire due padroni…perciò credo sia meglio che non ci siano “professionisti” del settore…
8 Novembre 2013 alle 2:13 pm
Il merito è di Nello e Dario, abili maieuti.
La ricerca della verità non è parte del programma, comunque. Ammesso e non concesso ci fosse una verità e per di più trovabile, poi che ci si fa? Nel buddismo la verità è già trovata, si tratta “solo” di mettere in pratica.
Io penso che i professionisti, come nel tuo mestiere, servano e parecchio. Purché, come dici, siano disposti alla piena gratuità: questo è l’aspetto che distingue un professionista da un dilettante.
8 Novembre 2013 alle 3:46 pm
Nota però come, secondo me significativamente, si dica che il secondo errore è non iniziare. Il che sarebbe illogico, se non ci si riferisse ad un processo ciclico, ovvero chiuso in se stesso, o continuamente reiterato. Dal che si desumerebbe che la “verità” alla quale ci si riferisce non possa essere “verificata” una volta per tutte, ma piuttosto che vada realizzata esistenzialmente (essendo il processo conchiusa, non ha un “esterno” rispetto al quale confrontarla). Io penso che si parli della verità della possibilità di estinzione del dolore (“vera” nel senso di sperimentabile)
Certamente, anche per fare il medico è indispensabile che lo si faccia gratuitamente (ossia senza un guadagno DIRETTO). Senno alla fine finisce che fai altro…
8 Novembre 2013 alle 4:51 pm
Se è come dici, allora le verità son 4, non una. Facevi un altro discorso: se tiri la tela perché ci stia tutto…
Riguardo al “gratuitamente” non sai di che cosa si stia parlando, sino a che non hai definitivamente rinunciato a tutto lo stipendio mantenendo tutto il lavoro.
Mi fai venire in mente la quinta verità…
8 Novembre 2013 alle 5:41 pm
Il dharma come termine buddista (ergo il buddha-dharma, come opportunamente rilevato) non è (aa @51) una guida/mappa per orientarsi nella vita né men che meno un manuale di istruzioni, escogitato e sintetizzato dal signor Buddha. Il dharma è la madre dei buddha, non viceversa. Buddha è chi si uniforma, conforma… al dharma, scomparendoci dentro in modo che il dharma compaia nel mondo. Per questo ogni personalismo è incompatibile, è out.
Emblematica mi pare la nota di Nello @25 a proposito di Deshimaru: “ha fatto innamorare tutta l’Europa del Dharma”. Si può dire. Ma proprio questo fatto dovrebbe indurre a qualche diffidenza, sia per l’innamoramento (sentimento volubile e aleatorio quanto altri mai) sia per l’estensione del campo di azione che implica superficialità (“l’estensione è misura della profondità” per restare a Dogen). Mi pare più pertinente dire che ha fatto innamorare di sé tutta l’Europa (parlando per iperboli), surrettiziamente imponendo l’equazione: le Dharma c’est moi, per dirla alla francese. Capovolgendo “chi vede il dharma vede Buddha” in “chi vede me vede il Dharma”: la madre di ogni vulnus.
8 Novembre 2013 alle 5:59 pm
Mah il discorso era relativo agli “errori” e secondo me la frase ciata dice che l’unico errore è quello di non persistere incessantemente, o di tendere, in una certa direzione. Che cos’è la quinta…che non di solo pane vive l’uomo?!?!?!
@55: ma questo dharma al quale ci si conforma non è il comportamento stesso di chi ad esso si conforma? Mi sembra una questione del tipo “vien prima l’uovo o la gallina…”
Parlo da ignorante in materia: non sarà che tutta la questione su Dashimaru ecc. sia un pò stata superata dai tempi? Io non sapevo nemmeno chi fosse prima di sentirlo nominare su questi schermi….
8 Novembre 2013 alle 6:41 pm
Ti vedo, caro aa, un po’ sbrigativo nell’interloquire. Che c’entrano, evocate qui, uova e galline? Chi ha parlato di prima e di dopo? Se “questo dharma al quale ci si conforma [fosse] il comportamento stesso di chi ad esso si conforma” saremmo nell’autoreferenzialità assoluta. Proprio quello che la questione Deshimaru richiama. Che resta di cogente attualità, anche nel caso dell’oblio del suo nome e del suo passaggio, non tanto come fenomeno storico, ma come atteggiamento personale emblematico.
8 Novembre 2013 alle 7:11 pm
@ 56: visto che me lo chiedi non mi posso esimere: la quinta (o sesta o settima fa listess) verità dice che se qualcuno ha toppato e sguiscia di qua e di là per non riconoscerlo rischia (rischia!) di far la figura del patacca.
_/_
8 Novembre 2013 alle 7:47 pm
@ 57: Attenzione, io dico che non vedo distinzione tra l’insegnamento del dharma ed il comportamento CHE AD ESSO SI CONFORMA (scusate il mauiscolo, non so come fare il corsivo), il che non è affatto equivalente a tutto il comportamento di una data persona. Non credo che nessuno possa proporsi come “modello del dharma”, sia perchè sarebbe accollarsi un peso insostenibile, sia perchè vorrebbe dire trasformarsi in una specie di caricatura vivente.
@ 58: non ho capito esattamente dove ho perchè avrei “toppato” secondo te. Che la “ricerca della verità” non vada intesa come ricerca puramente intellettuale (filosofica o scientifica per esempio), io credo che sia ovvio- dato il contesto- e del resto mi sembra chiaro anche da quanto ho scritto successivamente, nel secondo capoverso.
8 Novembre 2013 alle 9:25 pm
Mi pare chiaro.
8 Novembre 2013 alle 9:50 pm
@ 59 ma allora dove è che secondo te il ragionamento non fila?
@ 57: il riferimento all’uovo e alla gallina non voleva tanto riferirsi alla questione della successione temporale, ma al fatto che non si da uno senza l’altro
9 Novembre 2013 alle 1:12 am
Ah forse è per via dell’identificazione della verità con la seconda nobile verità…in tal caso penso tu abbia ragione, li c’è uno scarto del filo del ragionamento.
Forse la “ricerca della verità” va meglio intesa come costante atteggiamento critico ed antidogmatico- anche se non su di un piano meramente intellettuale- come perenne verifica individuale ed esistenziale?
9 Novembre 2013 alle 11:37 am
@jf 55: la frase [Il dharma è la madre dei buddha, non viceversa. Buddha è chi si uniforma, conforma… al dharma, scomparendoci dentro in modo che il dharma compaia nel mondo] è molto bella.
Non mi è chiaro però di chi o di che cosa parli.
Secondo me è bene non lasciare dubbi o fantasie, per via dei mosconi. Anche perché a volte i mosconi siamo noi.
@aa 18, 19, 21, 27, 51, 56, 59, 61, 62: non è detto che ciò che ti viene in mente leggendo quel che si scrive qui valga la pena di essere scritto, comunicato. Anzi.
Ci sono decine (solo ieri circa 200) che entrano, leggono e tacciono.
Poi, a volte, dopo averci pensato bene, decidono di intervenire. Più spesso: no.
9 Novembre 2013 alle 2:27 pm
A me viene il sospetto che molti non intervengano per paura. I post che citi riguardano 3 argomenti differenti; a quanto pare almeno uno dei lettori del thread li ha trovati di interesse.
Per quanto riguarda 51 e successivi, io trovo che la risposta di jf sia molto interessante, per cui non mi sembra di aver trascinato la discussione su un binario morto.
9 Novembre 2013 alle 5:38 pm
Su questo penso tu abbia ragione: molti non intervengono per paura, o per timore.
Perché si rendono conto, per tanto o per poco.
Chi, a quel punto del discorso, esordisce con: “Avete tirato fuori molti punti interessanti IMHO” (@51) secondo me non si rende proprio conto.
Quanto ai binari morti: mai citati.
Anche se, visti certi treni (thread?)… 😛
10 Novembre 2013 alle 5:01 pm
Ho fatto una pausa, mi girava un po’ la testa ma qui sono. Dal fondo: il timore (soprattutto di dire sciocchezze) mi sembra un sentimento sano. Non per niente si elogia il silenzio, nel buddismo e non solo, che però non è, ahimé, solo tacere.
Di belle frasi (@mym 63 per il mio 55) è lastricato l’inferno: bisognerebbe resistere alla tentazione di sfornarne: chiedo scusa. Provo a spiegare cosa volevo dire con la frase in questione, nel contesto del discorso in corso. Il dharma non è un parto di Buddha, come la montagna non è fabbricata da chi la scala o il mare da chi ci nuota. E’ la fede nel dharma, la fede che il dharma è reale, che risveglia e rinnova la mia decisione di verificare che è vero, seguendo l’insegnamento di Buddha che ha enunciato la realtà del dharma. Applicare quotidianamente quell’insegnamento non è un’abilità personale da sbandierare, a più a che vedere con l’anonima continuità.
10 Novembre 2013 alle 6:42 pm
Succede.
Anche “anonima continuità” è bella. Ma non è come l’altra. Questa funge.
Sopra, però, c’è rimasto un piccolo gap.
Ci provo.
La montagna, il mare son lì, si vedono. Il dharma se lo si vede, o lo si mostra, è fuffa.
Per questo non è da sbandierare, e l’anonima continuità non è diversa dalla gratuità.
10 Novembre 2013 alle 10:16 pm
Sì, mi son chiesto se fosse il caso di mettere in guardia dalle metafore, portatrici di gap, proprio mentre ne proponevo ben due. Poi mi son detto che qualcuno avrebbe fatto notare che allora potevo lasciar perdere di usare metafore. Così le ho lasciate sperando che dessero comunque un’indicazione e che qualcuno ne rilevasse l’inadeguatezza. Grazie.
11 Novembre 2013 alle 10:55 am
@47
– Se per fare qualcosa cerchi di scegliere degli “amici” perfetti…aspetti tutta la vita. Ci si può “perfezionare” strada facendo…
– Il silenzio di per sè, è una buona base di partenza (Antaiji e Sawaki docet.
– Nel 1982 si è fatto da parte perchè la “nostra” vita, non è, ed è, in contemporanea la nostra vita. Non ci appartiene e viene da lontano…
– Su P. Pio c’è una travisazione in quanto io non ho detto che fosse “qualcosa”, ma semplicemente che non può essere ritenuto responsabile, o se lo fosse, lo sarebbe nè più nè meno come chiunque altro degli errori della Chiesa, noi inclusi.
– Se S. Suzuki, avesse aspettato per “scegliere” gli “amici” giusti secondo il criterio da te espresso per vivere il Dharma in California, probabilmente sarebbe rimasto solo. (E tu potresti dire: “meglio soli che…”).
– L'”inizio” sta a significare che con le parole si può andare avanti all’infinito e si possono “tirare” quasi in ogni direzione, come adesso sto facendo.
– Per me, io ho incontrato un uomo del Dharma con certe caratteristiche, per alcuni vanno “bene”, per altri no, io sono tra questi altri, tuttavia, il limite più grande che ho incontrato è l’affermazione del “monologo”, e io preferisco il dialogo. Oltre a ciò, non sopporto censura dell'”errore”, considero l'”errore” un carburante molto importante per la risoluzione dell’ego, quindi sono per illuminarlo fino a farlo esplodere e si spera dissolvere.
– Seguendo il tuo assunto, quello che questa è una terra “cristiana”, ogni luogo ne è intriso, quindi anche le sezioni comuniste, i bordelli, le prostitute, le cosche, ecc. quindi si può condividere l’esperienza del Dharma con tutti, oppure si devono “scegliere gli amici”?
Questo per dire che non mi sono mai posto il problema di trovare uno specifico interlocutore che rispondesse al termine “pesce-acqua-cristianesimo” in quanto sono ben consapevole che sia ovunque nel bene e nel male. Ergo, la Stella e Mazzocchi??
11 Novembre 2013 alle 11:09 am
@55 Per questo ho detto, relativamente al buddhadharma (meglio togliere la lineetta così risulta più chiaro anche graficamente il senso del termine, spezzandolo si potrebbe dare adito a una sorta di dualismo che di fatto non dovrebbe esistere), che “Buddha non è mai nato e non ha mai insegnato nulla”, poi, certo si può entrare in ambito Dharmakaya, Nirmanakaya, Sambhogakaya…
Relativamente a Deshimaru e al fatto che abbia “fatto innamorare…” si può dire che siamo fatti anche di carne…e anche tra uomo e donna ad una prima fase di infatuazione-innamoramento, segue poi la reale sostanza della relazione alla fine di quella fase. Quindi, è possibile che il compito di Deshimaru fosse quello che è stato, aveva senso in quel contesto (per questo è necessaria una ermeneutica al riguardo), mentre oggi? Oggi.
A parte queste “sfumature”, condivido le tue osservazioni.
11 Novembre 2013 alle 11:31 am
Ciao Ne’, hai un’energia invidiabile.
Rispondo alla prima (in @69) e all’ultima (in @70). Il resto lo posso lasciare con le sfumature?
-Mai parlato di scegliere amici “perfetti”.
[…]
-Il “compito di Deshimaru”, inteso in quei termini è un’altra fantasia… alla Deshimaru.
11 Novembre 2013 alle 12:59 pm
Torniamo all’infinito gioco-giogo delle parole…
chi è che sceglie? (giusti, buoni, perfetti…sono sfumature).
Deshimaru. Qua. Trovami il senso. Cosa è venuto a fare? Perchè è venuto? Chi glielo ha chiesto? Perchè glielo ha chiesto? Si è incartato? Era nessuno? Era puro ego sottilissimo? Era un sognatore idealista? Gli è sfuggita la situaziuone di mano? Ne era consapevole? Sì, no, forse…? Se sì, ci giocava? Pensava di volgere e trasformare qualcosa in positivo sopravalutandosi? Era un pazzerellone? Era un giocatore de’azzardo?
Potremmo andare avanti all’infinito, resterà un patriarca e con il suo retaggio dovremo confrontarci e probabilmente scontrarci.
11 Novembre 2013 alle 1:05 pm
Deshimaru parlava all’Europa e al Mondo…balbettava? Titubava? Stravedeva?Forse.
Senza di lui cosa avremmo? Il Dharma perfetto?
11 Novembre 2013 alle 1:25 pm
Interessante. Grazie.
Sì, resterà un patriarca, per un po’ almeno, perché a molti fa comodo così. In effetti Huineng è “rimasto” patriarca anche se (dicono gli storici) nella vicenda non contò quasi nulla ma al suo sponsor faceva gioco che l’imperatore lo riconoscesse come tale. E l’imperatore, alla fine, sfinito dalle insistenze (e solleticato dai vantaggi fatti balenare) lo riconobbe.
Non so senza di lui che cosa avremmo, è il campo dei se… Io sono nato da un ramo di un albero che all’inizio era nel suo giardino, e conosco solo Taino come nato fuori da quel cultivar. Si può dire sia che fece un lavoro enorme, sia che la sua attività sia stata enormemente invasiva.
Sul che cosa sia venuto a fare e perché ho ascoltato testimonianze dirette attendibili, almeno per me. Se ci fosse un vero discepolo di quel grandissimo marpione che prendesse sul serio il suo ruolo e scrivesse la storia più completa possibile, Deshimaru ne uscirebbe male rispetto al mito, ma comunque come un gigante.
11 Novembre 2013 alle 8:16 pm
Ancora due parole su “con il suo retaggio dovremo confrontarci e probabilmente scontrarci.” (@72)
Come dicevo, nacqui da un albero a sua volta già innaffiato da Deshimaru, anche se solo per qualche tempo. Di questo conservo gratitudine. Un altro punto, diciamo di confronto, e certamente di sollievo, è dovuto alla presenza sul territorio italiano/europeo di molti luoghi, solitamente detti “centri”, di rito deshimariano. Questo per me, per noi, è un benefit: non ci cerca quasi nessuno. Perché è chiaro da subito che non offriamo alcuna consolazione, alcun supporto estetico o formale alla pratica e neppure conventicole in cui fare gruppo e trovare identità. Per cui, siccome molti sono attratti dall’esotismo e dalle forme orientali, dalla possibilità dell’appartenenza, oltre che dalla speranza di scalare la piramide e sedersi il più in alto possibile: ci lasciano in pace.
12 Novembre 2013 alle 8:18 am
Sul non intervenire: gli argomenti (il buddhadharma, la verità, gli amici) sono veramente molto impegnativi, intimoriscono è dir poco.
Sullo zen proposto con “forme esotiche”, con cariche e trasmissioni: trovo che quel tipo di proposta scacci alcuni problemi attraverso la creazione di altri e diversi problemi. Per cui si ha l’impressione di risolvere, invece si cambia solo carrozza. Ho visto che col passaggio da un insegnante ad un altro il pubblico cambia quasi tutto ma in ogni caso ci sono spettatori paganti. Per cui, ognuno vedendo le cose a modo proprio, la storia va bene così per molti. Per quel che mi riguarda occorre allenare lo sguardo, abituarsi al fatto che tutto avvenga sotto lo stesso cielo e ricercando nello stesso buddhadharma. Non ho la vostra esperienza e i vostri anni (decenni) di pratica.
12 Novembre 2013 alle 11:18 am
Ciao Max, bentornato.
Il problema della carrozza, come lo definisci, è centrale. Pensare che la scuola zen nacque proprio per non imbrogliare le carte, per far vivere quello che, nei circoli d’alto bordo della Romagna, è chiamato “budìsmo sensa pugnètte”.
Mi chiarisci, per favore, quali sono i problemi scacciati dalle “forme esotiche con cariche e trasmissioni”?
Sino a che è possibile non … sprecherei il titolo di insegnante. Nel buddismo c’è un solo Shakespeare, gli altri sono solo interpreti più o meno bravi.
Oddio la metafora! 😕
12 Novembre 2013 alle 4:56 pm
Volevo dire “scacciati con altri problemi”, ma non “superati”. Cioè pesantezza sostituita con altra pesantezza, non c’è più la fatica di prima ma si fa fatica nella stessa quantità (forse è peggio, se ci si illude di “aver ragione”). Anche se magari per qualcuno funziona, non dico di no. Non si svela nulla, si cambia modo di velarsi, ci si inquadra in una o più definizioni/vite al fine liberarsi da altre che ci fan soffrire, e si soffre ancora e ancora… “Liberi da” non funziona mai, funziona “liberi nel”, sbaglio? Sul titolo di insegnante, hai ragione, ma qualcuno ci tiene!
12 Novembre 2013 alle 6:01 pm
Abbe’, se ci tiene: come non detto… 😉
In effetti, in questo mondo, liberi da non è possibile, è antitetico con “esser vivi”.
“Liberi nel” pare interessante, ma è roba che scotta!
13 Novembre 2013 alle 10:09 am
“liberi nel” non è certo farina del mio sacco… posso ringraziare?
13 Novembre 2013 alle 11:59 am
OT: l’8 novembre si è “tenuta” l’assemblea UBI per discutere di ottopermille e ministridiculto. Pare, ma pare proprio, abbiano deciso di vendere un negozio di proprietà dell’UBI e con l’incasso (200 mila euri) finanziare la campagna pubblicitaria per incassare più pilla, perché i centri (eccoli qua!) son poveri.
Invece di esserne contenti..
A breve, appena ho qualche dato certo: pubblico.
13 Novembre 2013 alle 9:33 pm
Non si è intervenuto prima perché – PERCHÈ – non si capisce dove inizia il topic e finisce l’ OT!
Dalla commemorazione di un simpatico iracondo si è passati agli USA : dove la J.P. Morgan è stata condannata a risarcire gli ‘mmericani di $ 13 mld (scrivo miliardi), e i ‘capoccia’ finiranno il galera per il resto dei loro giorni; anche se hanno più di settant’anni – (così, per dire, mi serviva una toppa ) – passando per la matematica !!!
Non sarà perché la matematica è solo oggetto di calcolo e non di fede?
PS: scusa, mym, ma perché con questi dell’UBI non ti incazzi? Sono dei minchioni. “Non si vive di solo dharma”; – ma anche di artha e di kama.
PSS: Ma lo sai che il mio pusher m’ ha spiegato il Fondamento? Da non credere.
13 Novembre 2013 alle 9:35 pm
Dicevamo: «Sono convinto che non sia necessaria l’affermazione di una divinità trascendentale personale per una produzione etica» (M.Y. Marassi, Etica buddista, in La via libera, Stella del Mattino,Città di Castello, 2013, p.91)
«Il Fondamento tipo come il finale di un film di Tarantino: “Oggi è la giornata perfetta per smembrare persone col coltello» .
PS: se incontri di nuovo il telologo poliglotta dell’Università di Algeri e dottorando alla Sorbona, salutamelo! – Io gli menerebbi -; a puro scopo terapeutico, giusto per fargli adorare il Fondamento. #Trivarga – वेद Veda.
13 Novembre 2013 alle 10:54 pm
erràta còrrige.
(…) il *teologo* poliglotta dell’Università di Algeri e dottorando alla Sorbona etc. – Io gli menerebbi -; a puro scopo *pedagogico*, giusto per fargli adorare il Fondamento. #Trivarga – वेद Veda.
14 Novembre 2013 alle 11:28 am
Ciao Hmsx, ben turnàt.
Noooo il Fondamento nooo, così siamo d’accapo! Finiamo definitivamente in mano ai pusher, quelli che “se mi dai l’8×1000 ti tratto bene, mi ti dò il Fondamento, quello gggiusto”…
Su topic e OT hai ragione da stravendere. Uno straccio di motivo ce l’avrei… Ho inteso questo post come le 4 chiacchiere che si fanno tra amici ricordando il defunto, che si parla di tutto meno che di lui.
Adirarmi con quelli dell’UBI? Ma no, sono una garanzia: finché ci sono loro persino noi sembriamo splendidi 😉
Il teologo poliglotta (pure svizzero tedesco!) èttosto, praticamente non mi lasciò parlare, ad ogni mio intervento mi interrompeva chiedendo: “Su che basi dice ciò? Qual è il suo Fondamento?” Un incubo!
Per quanto riguarda il trivarga consiglio di andarci pianino comunque. Anche se: non di sola moksha…
14 Novembre 2013 alle 5:42 pm
PS: @83
Il Daidone non era iracondo. Aveva un treno di difetti, da scriverci libri, ma iracondo no.
14 Novembre 2013 alle 9:08 pm
Il teologo poliglotta svizzero-tedesco praticamente non ti lasciò parlare?
A maggior ragione!, una testata nel terzo occhio poco prima di una risata isterica.
Il Fondamento è ciò che dà ragione di una preferenza, di una scelta, della realizzazione di un’alternativa piuttosto che di un un’altra. Secondo alcuni filosofi, tipo Émile Durkheim, la morale esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini; di conseguenza è il ‘Fondamento’ delle scienze o teorie corrispondenti nell’evidenze di certi fatti. Gli scolastici, infatti, ammettono l’esistenza di una logica spontanea (logica naturalis) distinta dalla logica formale (logica docens).
Di questi minchioni travestiti detesto la maniera che hanno di guardare al cielo.
PS:non ho mai conosciuto il Compianto, ma voi voi, mi siete simpatici.
PSS: Io sono iracondo; e non mi sembra di avere un difetto.
15 Novembre 2013 alle 12:09 pm
Unione buddhista, già era tanto…ITALIANA è un vulnus, con sede a roma poi!?! Una follia.
Sciogliamola subito e rifondiamola senza il termine “italiana” (che non c’entra nulla) e cambiamole sede, roma porta una super sfortuna o sfiga che dir si voglia.
15 Novembre 2013 alle 12:24 pm
Be’, una volta sciolta (con l’acido :D?) si potrebbe approfittarne per fare una cosa buddista: fargli “ciao ciao” con la mano mentre scorre via nel lavandino 😎
È uno scherzo, veh!
L’Unione è utilissima, o almeno potrebbe esserlo. Ovvero, meglio ancora: avrebbe potuto esserlo.
15 Novembre 2013 alle 5:31 pm
@87.
Il Fondamento inteso come “morale che esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini” sembra un parto del pensiero bolscevico. Meglio non fidarsi né della ragione (come direbbi il teologo svizzero: non ci ha il fondamento…) né tantomeno dei gusti.
Facile essersi simpatici senza frequentazione, così anche il Berlusca pare un amicone…
L’iracondia è un difetto perché rende infelici.
15 Novembre 2013 alle 10:05 pm
@90.
>Il Fondamento inteso come “morale che esiste di per se stessa nella ragione e nel gusto degli uomini” sembra un parto del pensiero bolscevico.
Esatto.
Meglio fidarsi della ragione, come direbbe il *teologo maledetto*: ci ha il fondamento, ovvero l’amore. Però l’amore non muove niente.
Facile essersi simpatici senza frequentazione, il difficile è farlo dal vivo, e Belusconi a me non fa ridere. Ad ogni modo, l’iracondia non è un difetto giustappunto perché rende infelici.
16 Novembre 2013 alle 5:13 pm
Daido l’ho conosciuto pochissimo.
E’ un peccato che non vi cerchi quasi nessuno, certe cose si rischia di non poterle più respirare, se “lo zen” viene indicato – senza fare nomi – “solo” nell'”altrove del tempo”. Che per carità va anche benissimo, ci mancherebbe. Però uno potrebbe pensare che sia proprio quello, e basta …
16 Novembre 2013 alle 5:37 pm
È un peccato? In che senso? Ma nooo.
Sin che uno pensa questo o quello a prop. del buddismo: ben gli sta.
Cioè: ognuno trova ciò che cerca. Se non ci cercano è perché non cercano noi. Ergo: tutto è al suo posto.
Daido certe cose le aveva capite e bene. Se la giocava da ggiusto, stando nel formaggio.
@91. Iracondia e dintorni: per quello dicevo che è meglio non fidarsi dei gusti… 🙂
17 Novembre 2013 alle 8:27 pm
@93. Iracondia e dintorni: per quello dicevo che è meglio non fidarsi dei gusti…
Quando l’ira è perfetta, la distruzione è totale.
Ma lo sai che una volta (20 ottobre) ho mandato facebook in crash col last seen?
Fioretto: Raccomandiamo a S. Giuseppe, patrono dei moribondi, chi oggi è in fin di vita. – E prendetevi il farmaco con dentro il rosario. Mi raccomando. (Due millenni di marketing. Mica pugnette).
Giaculatoria: Confido in te Signore e nell’immenso tuo amore.
Preghiera: O Dio onnipotente ed eterno, Signore dei vivi etc. concedi la pace a tutti i nostri fratelli defunti; – anche se respirano ancora.
Amen.
PS: ché io ti darei pure retta, ma certe cose le trovo disgustose.
9 Dicembre 2013 alle 12:15 pm
Qui c’è il film sulla vita di Dogen con i sottotitoli in italiano. Le immagini sono molto belle e solo la scena dello shiho con il suo maestro vale tutto il film.
10 Dicembre 2013 alle 12:59 am
Il film … bello … però non so dare un parere: è l’unico che ho potuto vedere su Dogen … non so se rispecchia molto la sua vita o dà un po’ troppo enfasi alla poetica della sua vita incredibile e piena. Magari è un po’ troppo “spot pubblicitario” insomma. Certo è meglio di un qualsiasi “lo zen e l’aspirapolvere” http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=lqyww71PAGY … però non “credo” ai film.
10 Dicembre 2013 alle 11:31 am
@95: Ciao Ne’, grazie per la segnalazione. Quando uscì non diedi la notizia perché è un filino di maniera, ma non è malaccio. A che minuto è lo shiho? Così lo guardo tipo…. Blob 😛
@96: Ciao Max, un po’ sciapa la storia del video con l’aspirapolvere, ma al dojo di Melbourne si danno parecchio da fare con i video
A me piace molto questo
10 Dicembre 2013 alle 11:37 am
Un film è un film, con l’eroe e la ragazza, come dio comanda. Quello di Dogen -secondo Keizan- non sta male, ma il film di “lo zen e l’aspirapolvore” è della cosa migliore che ho visto ultimamente, coi suoi momenti di tensione drammatica tra il cane e l’iRobot, credo che anche io mi comprerò un IRobot.
La cosa unica che non mi è piaciuto è che sia la donna la responsabile di collocare gli zafutoni, tutto molto moderno ma ritorniamo alle solite.
10 Dicembre 2013 alle 11:42 am
Ciao Roby, bentornato. Da noi si usano poco i video zen, on line ce n’è una mucchia da tutto il mondo. Un po’ sul serio un po’ per scherzo, una volta pubblicai questo.
Invece questo lo abbiamo fatto noi una quindicina di anni fa.
10 Dicembre 2013 alle 6:51 pm
Lo zen e l’arte dell’aspirapolvere, con tanto di rigraziamenti alla fine, a me non era piaciuto per niente. mi dà la stessa sensazione di un film di fantascienza visto dopo aver letto il libro che ne ha ispirato la sceneggiatura. Di cose buone ce ne sono, ma sono pochine, si perde quasi sempre il senso dell’originale.
I video della stella me li ero persi. Rimedio!
11 Dicembre 2013 alle 6:13 pm
@97 la scena dello shiho è tra i 22-26 minuti, ma il film è fatto bene e tocca i tasti giusti per una vasta platea in cui tutti possano riconoscersi.
“Amongst the White clouds” è un documentario molto bello, materialmente “poveri” non mancano di nulla.
Quello australiano è troppo elementare, troppo esplicito su un punto ormai di dominio pubblico, in sostanza: inutile.
12 Dicembre 2013 alle 11:19 am
@98 RobertoP,
la figura femminile del film è un paradigma del femminile tout court. E’ la Donna che biologicamente risponde a una natura che la “imprigiona” nella libido e per quanto piacevole possa essere la “prigione”, sempre prigione resta, inoltre, il tempo stabilisce l’estinzione progressiva e naturale anche della libido…Quindi, resta l’interrogativo di fondo che Masao Abe nell’ottimo testo “Zen and Modern World” sintetizza nel “Why”, perchè siamo qui?
Quindi, la “bella ragazza” del film non è da intendersi come una figura stereotipata di consumo, tutt’altro, vuole a mio parere rappresentare l’ipotesi di realizzazione buddhista, vale a dire porsi nel mondo da una originale posizione umana che può sintetizzarsi nel termine mujo (impermanenza).
Certo, il film va visto per intero perchè non è ingenuo, nè di maniera, parla con un linguaggio visivo originale, e raggiunge lo scopo che si prefigge ovvero toccare lo spirito (sesshin).
12 Dicembre 2013 alle 12:24 pm
Tutti dovrebbero svegliarsi e capire bene l’uso della donna che fa il sistema di potere globalista.
12 Dicembre 2013 alle 6:25 pm
Né ingenuo né di maniera? Ognuno è ciascheduno, perciò: perché no?
Però l’astronave a forma di fior di loto al momento del satori di Dogen, è una roba a cui neppure il Bertolucci de Il Piccolo Buddha (forse il peggior film mai fatto “sul” buddismo) era arrivato.
È una sciocchezza, grossa, perché fanno sul serio, non c’è traccia di ironia. Con “l’astronave” hanno davvero inteso rappresentare quella cosa lì.
A scopare il mare tutta la vita, li manderei.
13 Dicembre 2013 alle 1:23 am
Oh!, la famosa scena del cosiddetto satori di Dogen. Il Denkoroku, il testo del traditore Keyzan che ha ispirato quella scena, fa ancora molti danni… come si dice nel mio paese, da quelle piogge vengono questi fanghi.
Tuttavia è possibile che senza Keizan, Dogen non sarebbe arrivato fino a noi, paradossi perversi della storia umana.
13 Dicembre 2013 alle 10:18 am
@102, Nello. Non sono sicuro che la libido rappresenti una prigione. Eros e Thanatos, la pulsione di vita e la pulsione di morte, attraversano sincronica e diacrónicamente all’individuo umano, andando oltre quello che l’io ed il superio sono capaci di maneggiare e controllare, credo che sia in queste due ultime istanze dove si stanziano i muri di qualunque prigione; Eros e Thanatos trascenderebbero quelli muri. Inoltre, per caso non sono queste due pulsioni i componenti basilari di qualunque religione?.
D’altra parte, posti a raccomandare film buddisti per questa fine settimana, a me mi è piaciuto molto “Come come come upward” http://www.movie22.net/2013/02/watch-online-come-come-come-upward-1989_182.html; senza idealizzazioni, senza santi, adatta per praticanti deboli e picoli come me, (che non significa che è adatto per i minori).
13 Dicembre 2013 alle 11:59 am
Keizan è acqua passata. Il film e il satori in stile new age possono creare problemi imitativi, e perciò sterili, oggi.
Il link che hai postato per il film coreano è… una sola, per questo non l’ho corretto: così cliccandolo non succede nulla.
Il film non lo conosco. So solo che è una tragica storia di monache buddiste violentate ma indomite.
13 Dicembre 2013 alle 1:36 pm
Scusi, non so molto bene come mettere un link nel sito della stella (credeva che con ), ma penso che se si copia l’indirizzo e si incolla nel browser se funziona: http://www.movie22.net/2013/02/watch-online-come-come-come-upward-1989_182.html
Inoltre, non sono sicuro che “tragica” e “violentate” sono la qualificazione valida, mi dà l’impressione che essi sono “nostri” qualificazioni, ma che uno spettatore coreano vede le stesse cose di un altro modo: le cose sono così, senza giudizi morali, o in qualsiasi caso con giudizi distinti ai nostri (questa è una costante nei film coreani che ho potuto vedere). In realtà la “maestra” delle novizie che li invia alla grotta dove sono “violentate” non sembra che il regista voglia presentarla come una “cattiva maestra”.
C’è un libro sull’etica buddista chiamato “La Via Libera” (non so se tu lo sai, ma oltre che in spagnolo penso che c’è una versione in italiano), un po’ oscuro ed astratto, ma che dobiamo rileggere più e più volte.
13 Dicembre 2013 alle 1:44 pm
Scusi nuovamente, credo che ora sì va direttamente. Certo?
13 Dicembre 2013 alle 2:37 pm
Non ho visto il film.
Senza giudizi morali. Però uno stupro fa più male tra le virgolette. Magari mi sbaglio, la prossima volta provo a “soffire”.
13 Dicembre 2013 alle 3:07 pm
Può che mi sia espresso male, o insufficientemente, in qualsiasi caso lo sguardo è molto distinto al nostro; e non suolo nei film coreani di tematica buddista.
Per esempio, nel caso del documentale “Amongst White Clouds”, l’unico difetto che lo trovo è che il direttore sia americano… non per caso “Documentale” è anche un genere di finzione.
Inoltre, la prima nobile verità è: “Tutto è sofferenza”, e credo che qui tutto voglia dire tutto.
Ma afortundamente né il Buddismo finisce nella prima nobile verità, né le altre tre significano l’annullamento di questa prima, che persiste intatta fino al fine.
13 Dicembre 2013 alle 5:23 pm
Sì ora il link è giusto, prima depistava.
Ho definito tragica la storia perché le tragedie umane, qui da noi, le definiamo così. Idem per “violentate”: costringere a far sesso sotto costrizione violenta vien detto violentare.
Non so come si dica in coreano…
14 Dicembre 2013 alle 11:11 am
@104, un loto non è un’astronave…è un simbolo così come l’infinito a cui ritorna e da cui proviene.
Poteva essere fatta meglio ma non pregiudica il valore del film che è rivolto al grande pubblico e deve toccare certi tasti…
Per esempio, Ken Russell nel film biografico sul musicista Gustav Mahler (La perdizione, 1974), per rappresentare visivamente l’ispirazione musicale del Mahler lo situa in un giardino al pianoforte e da lì l’immagine si eleva, si eleva, si eleva fino a guardare il pianeta Terra dallo spazio infinito in un crescendo musicale mahleriano che precisa ulteriormente il senso del creare artistico.
Credo che quella scena del loto sia rivolta ai lettori di manga, ai giovani e giovanissimi, e sempre con i giovani (bambini) si chiude il film, ed è un gran bel finale in tutti i sensi.
Penso che la preoccupazione di fondo degli autori o committenti il film sia proprio quello delle giovani generazioni imprigionate da media di ogni tipo. Sostanzialmente gli si propone una visione del mondo e quindi di sè che affonda nella saggezza e compassione. Non è poco e non è facile comunicare con tutte le età in modo trasversale oggi.
14 Dicembre 2013 alle 11:23 am
@111: riguardo a “tutto è sofferenza” andrei con i piedi di piombo. Questa affermazione non compare, da sola, in nessun insegnamento del Buddha, è sempre accompagnata da una spiegazione. In breve: nascita, malattia, vecchiaia, morte, impossibilità di avere, impossibilità di rifiutare, effetti dell’impermanenza (soprattutto perdita di persone e cose), attaccamento ai 5 skandha=mal di vivere.
Nel caso si voglia riassumere quanto sopra con “tutto è sofferenza” bisognerebbe quantomeno riflettere sul senso di quel “tutto”. E provare a darne conto.
14 Dicembre 2013 alle 11:23 am
@106, RobertoP, riguardo lo Zen Deshimaru diceva che “è la ‘religione’ prima della religione” e per me è così. Poi Levi-Strauss direbbe c’è “Natura-Cultura”…
Sulla donna, c’è il frammento di intervento al @103, che sviluppato sinteticamente significa che oltre alla componente biologica (riproduttiva, ecc….), questo sistema di potere per continuare ad affermare il suo status, tra le altre cose (leggi droghe di ogni tipo), fruga continuamente fra le gambe delle donne portando all’esasperazione una natura già connotata naturalmente in quel senso. Vale a dire che stravolge la natura, soprattutto femminile, per affermare la sua perversa visione della vita e del mondo (o mercato per lorsignori).
14 Dicembre 2013 alle 11:27 am
@113: son d’accordo con te Nello, il film può andar bene in senso popolare, o come film per bambini/ragazzi.
Con Dogen e il suo insegnamento (if any) …
14 Dicembre 2013 alle 11:36 am
@115: riguardo a “religione prima della religione” c’è una lunga fila prima (durante, dopo) Deshimaru, qui cito solo Panikkar e Mazzocchi. Ma quell’espressione, se legata allo zen (“lo zen è…”) è una sola, una patacca. Sposta solo dialetticamente l’errore di voler definire (in questo caso: far finta di definire per far intendere che si sappia cos’è) lo zen in un fantasioso “prima”. Tra l’altro in questo mondo di sogno detto “prima” c’è una certa folla, visto che vorrebbero collocarvisi cristiani, buddisti, induisti e -mi pare- anche muslim.
Anche questo è uno dei lasciti della cultura detta New Age.
14 Dicembre 2013 alle 11:55 am
@ 117, mym, sono d’accordo. “Prima” resta un concetto, io l’ho attribuito a Deshimaru e sono convinto che lui sapesse molto bene a cosa voleva riferirsi. Panikkar e Mazzocchi, con tutto il rispetto, non lo so.
Deshimaru è morto nel 1982 e il fenomeno “new age” non c’era ancora così come postosi successivamente.
14 Dicembre 2013 alle 12:29 pm
Il fatto è che (non so se Deshimaru intendesse anche lui la stessa cosa) quelli che ho sentito usare o ripetere l’espressione “la religione tal de tali è la religione prima delle religioni” intendevano “la MIA religione è quella vera”.
Sul nome New Age hai ragione, è stato usato dopo Deshimaru. Le idee, le tendenze che poi sono state raggruppate sotto a quel nome sono nate molto prima.
14 Dicembre 2013 alle 5:44 pm
mi piacerebbe fare un commento intelligente, ma – ahimè – il mio ruolo prettamente tecnico mi richiede semplicemente di mettere un commento per vedere se le notifiche via mail arrivano… continuate, continuate, fate come se non ci fossi.
14 Dicembre 2013 alle 5:48 pm
Come tutti i Pierini… lestamente impertinente.
Sì, le notifiche arrivano.
Grazie.
14 Dicembre 2013 alle 6:12 pm
@114 Se posso domando: sofferenza e dukkha son la stessa cosa? La memoria adesso fa cilecca e non ricordo le esatte parole: credo di aver sentito che dukkha sia l’attrito che la ruota della vita ha sul mozzo (noi) compiendo la nostra funzione (esistere) … mi era piaciuta come metafora perchè ci prende bene.
14 Dicembre 2013 alle 6:20 pm
Gesù Giuseppe Maria… Se mi ti presenti all’esame in queste condizioni … ci rivedremo alla stagiòn dell’uva!
La sofferenza non esiste, dhuhka è un ricciolo di nebbia. Basta realizzarlo pienamente e il gioco è fatto. Insomma, siamo buddisti perbacco! 😯
15 Dicembre 2013 alle 11:19 am
Eh … che il gatto mi ha mangiato gli appunti e non ho potuto studiare, prof! 🙂 Sicuramente ricordo male, ma la frase me la ricordo da un buddista. Riflettendoci sopra mi pare che eliminare l’attrito è lasciar andare, e mi pare pertinente con lo zazen. Sul basta realizzare il ricciolo di nebbia, tu riesci a dirlo dopo 40+ anni di zazen (e comunque grazie di cuore mym), per me dirlo invece è un po’ ripetere a pappagallo cose lette o buoni propositi, e non abitudine acquisita. Ci va costanza e pazienza, no?
15 Dicembre 2013 alle 11:55 am
Certo, costanza e pazienza, sostenuti da un poco di fede.
In un certo senso son qui (anche) per questo, non posso far nulla, se non dire: un po’ più avanti la strada continua, val la pena, mantiene le promesse.
La frase: cfr. L.V.L, 35 ss.
15 Dicembre 2013 alle 3:09 pm
morire/ dormire./ oppure rassegnarsi/ e farci un post
Forse sono venuto a capo del fondamento senza derive bolsceviche, con una argomentazione valida e ragionata. Il sacerdote-teologo-poliglotta-etc. ha torto marcio (cfr. Etica buddista, in La via libera, p.91). Te lo volevo dire.
Un film sullo zen che mi è piaciuto è Ghost Dog di Jim Jarmusch 1999. (L’ho visto una sola volta al cinema e me lo ricordo a memoria)
Un film coreano notevole è Pietà di Kim Ki-duk (2012). Il regista sviluppa in maniera geniale il rapporto tra la Pietà e il risentimento.
PS: facci un post!, siamo a natale.
PSS: hanno dato del bolscevico a papa Francesco. Non si è offeso.
15 Dicembre 2013 alle 5:24 pm
Ciao Hmsx. Bene per il fondamento senza derive bolsceviche. Non che pensi male dei bolscevichi.
Ghost Dog me lo ricordo, abbiamo gusti differenti in fatto di film.
Pietà non lo conosco, ma di Kim Ki Duk diffido, sin dalla Samaritana e anche prima
Papa Francesco lo ascolto con interesse. Lo aspetto al varco: se e come incontrerà José Mujica (detto Pepe), il presidente dell’Uruguay.
A Natale un post? Chissà…