Sab, 23 Mar 2013
Il 17 gennaio di quest’anno è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale l’intesa o concordato tra l’UBI e lo stato italiano. Nel 1929 furono stipulati i Patti Lateranensi all’interno dei quali era contenuto il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose tra chiesa cattolica e stato italiano. Fu così che quando venne redatta la
Costituzione repubblicana, l’art. 8 divenne: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze“. Ovvero, poiché vi era già un’intesa con la chiesa cattolica, per evitare discriminazioni si riconobbe facoltà alle altre religioni di fare altrettanto. Si diede per scontato che anche “le confessioni religiose diverse dalla cattolica” avessero una chiesa completamente identificata con la religione, in grado cioè di arrogarsi il diritto di stipulare l’intesa con lo stato a nome di tutti coloro che si sentono parte di quella religione. Nel 1985, fu fondata l’Unione Buddista Italiana il cui statuto indica (art. 4) tra gli scopi, oltre alla diffusione del buddismo, quello di “riunire ed assistere i diversi gruppi buddhisti italiani”. Su questa base l’UBI dopo lunga trattativa ha stipulato con lo stato italiano un’intesa/concordato a nome di tutti i buddisti italiani. Proprio come se fosse l’organo rappresentativo, o la chiesa, anche di quei buddisti (tra gli altri: la Stella del Mattino) che non riconoscono l’UBI come loro rappresentante. L’intesa con l’UBI sostituisce anche le leggi del 1929 e 1930 sui “culti ammessi” ed inoltre permette agli iscritti all’UBI di ricevere il cosiddetto otto per mille.
Sul tappeto vi sono alcuni temi sensibili. Il più evidente dei quali è il fatto che i diritti che lo Stato riconosce sono volti all’UBI ed ai suoi aderenti come se fossero “tutti i buddisti”, lasciando gli altri senza diritto o tutela (cfr. Art. 3.1 e 3.2, art. 4.1 e 4.2, art. 5.1, 5.3 e 5.5, ecc.). In particolare invito a considerare il senso dell’art. 12.1, 12.2 e 12.5. e (incredibile!) art. 14.3 e 14.4.
Jiso Forzani ha scritto una lettera aperta ai membri del Consiglio dell’UBI, lettera che condivido e che sottopongo alla vostra attenzione.
Care amiche, cari amici,
Mi rallegro insieme a voi per la conclusione positiva del lungo e complesso iter che ha finalmente condotto alla ratifica dell’Intesa con lo Stato italiano. E’ una novità importante
per il nostro Paese, un passo avanti nel processo lento e faticoso verso un’Italia capace di riconoscersi per quello che è, una nazione multietnica e plurireligiosa in un contesto europeo. E’ un’importante novità anche per la nostra altalenante evoluzione culturale, per compiere un altro passo fuori da una concezione solo monoteista della religione e da un secolare protettorato confessionale vaticano. E’ una notizia importante per i buddisti italiani, che si vedono riconosciuti dallo Stato come portatori di diritti e doveri già attribuiti a fedeli e praticanti di altre religioni diffusamente presenti in Italia e già da tempo titolari di quelle prerogative che la Costituzione italiana tutela e garantisce.
Dipende ora da noi buddisti italiani far sì che l’importante novità diventi anche una buona novità. Questo storico evento impone una profonda riflessione comune, alla quale vorrei poter dare il mio contributo come cittadino italiano, come buddista e come referente istituzionale in Europa di una tradizione buddista, il Soto Zen, presente sul territorio nazionale attraverso numerosi centri, luoghi di culto, templi, comunità e singoli individui, che operano utilizzando questa denominazione.
Il buddismo può essere solo una confessione religiosa ufficialmente riconosciuta fra le altre presenti in Italia, o può rappresentare anche un modo differente di intendere l’appartenenza religiosa. Può essere solo un’altra istituzione religiosa fra le altre a godere di certi diritti e di certi privilegi ormai garantiti dalla legge o può anche utilizzare il riconoscimento ufficiale e legale come strumento di testimonianza religiosa e di cittadinanza. Può cercare di replicare in Italia forme di gestione del potere ereditate da sperimentate ma obsolete tradizioni orientali, o può aprirsi a forme di partecipazione al passo con l’evoluzione dei tempi e delle sensibilità umane e culturali. Credo sia bene ricordarci l’un l’altro che il nostro futuro dipende non poco dalle scelte che facciamo oggi: questa è una semplice constatazione che appare ancor più evidente in momenti di cambiamento di paradigma come quello che stiamo vivendo.
Per questa comune riflessione mi rivolgo ora a voi, in quanto l’UBI è attualmente l’unico interlocutore buddista riconosciuto ufficialmente dallo Stato Italiano. Questo ruolo si riveste d’ora in poi di nuove responsabilità, non solo nei confronti dei vostri associati, ma più in generale nei confronti di tutti i buddisti italiani.
Credo ci siano alcuni adempimenti concreti che la nuova situazione impone, sui quali è bene prendere decisioni il più possibile ponderate e condivise. Uno di questi riguarda senz’altro i parametri del riconoscimento come ministri di culto buddista. L’UBI è e sarà titolare e garante di fronte allo Stato dell’elenco dei ministri di culto ufficialmente riconosciuti. Propongo a questo proposito le seguenti riflessioni preliminari:
1.
La figura di ministro di culto, prevista dall’Intesa fra Stato italiano e UBI, è di problematica definizione e identificazione nel panorama delle tradizioni buddiste originarie. Il buddismo è dottrinalmente e istituzionalmente un fenomeno assai variegato e non facilmente definibile, di modo che risulta praticamente impossibile stabilire un unico criterio di riconoscimento della figura del ministro di culto, valida per tutte le tradizioni, scuole e lignaggi. In questo quadro è inevitabile che ogni tradizione si faccia garante dei propri criteri e che tali criteri vengano riconosciuti come vincolanti dall’organo preposto all’asseverazione dei ministri di culto di fronte allo Stato. Nel caso della tradizione buddista Soto Zen esistono attualmente criteri univoci e chiaramente stabiliti per poter essere riconosciuti come ministri di culto e poter dunque pubblicamente usare tale titolo.
Ritengo dunque imprescindibile che l’UBI riconosca come validi tali criteri, richiedendo a chiunque intenda valersi del titolo di ministro di culto Soto Zen italiano di adeguarsi ai criteri previsti dalla tradizione di appartenenza e riconoscendo all’istituzione che la rappresenta il diritto esclusivo di certificare l’idoneità della persona richiedente.
2.
La possibilità d’iscrizione nell’elenco dei ministri di culto di cui l’UBI si fa garante non può essere limitata ai soli membri dell’UBI ma deve prevedere la presenza di soggetti che, pur non essendo formalmente membri dell’UBI, sono da essa riconosciuti come ministri di culto in base ai criteri stabiliti e accettati. Vi sono numerosi casi in Italia di persone che sono riconosciute come “ministri di culto” dalla tradizione e dall’istituzione buddista cui appartengono, pur non essendo membri dell’UBI: perlomeno, ciò accade nell’ambito della tradizione buddista Soto Zen. La non appartenenza di queste persone all’UBI può essere dovuta a circostanze oggettive, come il caso di cittadini italiani che operano all’estero o sono affiliati a istituzioni Soto Zen non italiane pur operando in Italia, o può essere dovuta a scelta personale. In ogni caso l’attuale statuto dell’UBI impedisce l’affiliazione a titolo personale, il che escluderebbe le persone che non fanno parte di un centro membro dell’UBI. Non entro nel merito delle scelte statutarie dell’Unione Buddhista Italiana, ma penso che si debba cercare e trovare il sistema tecnicamente legale per far sì che i ministri di culto italiani riconosciuti dalle varie tradizioni siano asseverati nei confronti dello Stato indipendentemente dalla loro affiliazione all’UBI.
È altrettanto importante che l’UBI, nell’assumersi la responsabilità di unico referente istituzionale buddista riconosciuto dallo Stato italiano, si faccia carico della tutela, di fronte allo Stato medesimo, anche dei diritti dei buddisti non formalmente a essa aderenti, garantendo a tutti -indipendentemente dalla loro iscrizione o meno all’UBI- pari trattamento civile, politico, economico.
3.
Dalla definizione dei criteri di riconoscimento dei ministri di culto dipende l’immagine che il buddismo darà di sé come movimento religioso e la funzione che potrà svolgere nella società italiana. E’ evidente, ma non superfluo rammentare, in occasioni come questa, che tali criteri devono essere rigorosamente improntati allo spirito del Dharma per favorire l’apprendimento, la pratica, la testimonianza della Via e scoraggiare ogni velleità di potere personale, vanità e profitto. Ben presente deve essere il rischio che il riconoscimento come ministro di culto possa diventare un certificato da incorniciare e appendere alla parete della propria sala di meditazione. L’attribuzione di ministro di culto non deve essere inteso come titolo da esibire e di cui fregiarsi, ma come denominazione di un servizio da rendere con senso di responsabilità e coscienza dei propri limiti. E’ nel contempo indispensabile specificare, proprio al fine di rendere tale servizio nel modo più efficace e trasparente possibile, che il titolo di “ministro di culto” ha valenza esclusivamente amministrativa e non corrisponde in nessun caso alla legittimazione dell’utilizzo di termini quali “maestro”, “maestro di dharma” ecc. che non sono di quel titolo né sinonimi né equivalenti. Tale perlomeno è la realtà dei fatti nell’ambito del buddismo Soto Zen, come ben sanno i suoi membri europei.
4.
Non è estranea a queste considerazioni la problematica connessa allo spinoso problema dell’utilizzo del cosiddetto otto per mille. In tempi non sospetti, come usa dire, in cui l’Intesa appariva un irraggiungibile miraggio, ho avuto modo di sostenere pubblicamente, anche in uno scambio di opinioni ospitato dalla rivista che allora si chiamava Paramita, oggi Dharma, le ragioni di chi riteneva opportuno rinunciare all’otto per mille o, in subordine, destinarlo per statuto a finalità benefiche, del tutto estranee al sostegno del culto buddista e di qualsiasi altra attività confessionale. Le ragioni di questo punto di vista si sono ulteriormente chiarite e rafforzate nel tempo trascorso, per cui oggi le posso tornare a sostenere con coerenza. Non mi pare negabile che, qualora il gettito dell’otto per mille dovesse essere diviso fra i centri affiliati all’UBI o destinato al finanziamento di iniziative rispondenti all’interesse di questo o quel gruppo, questa scelta sarebbe foriera di tentazioni, atmosfere e conflitti da cui uno spirito religioso dovrebbe mantenersi accuratamente estraneo. La storia insegna, e la cronaca impressionante di questi giorni lo conferma, che il denaro dello Stato ha sempre mortificato lo spirito religioso delle Chiese. Semmai, è questa un’occasione unica per mostrare, al di là di ogni speculazione teorica, che i problemi di carattere religioso richiedono un approccio differente da quello con cui si trattano i problemi di Cesare, come direbbero i fratelli cristiani. E proprio da una delle confessioni cristiane riconosciute dallo Stato italiano, quella Valdese, viene – a mio giudizio – l’esempio migliore di come utilizzare l’otto per mille. Imparare dal buon esempio di chi è più anziano è prassi consolidata dell’atteggiamento buddista. Il buddismo è l’ultima arrivata fra le religioni con cui lo Stato italiano ha stipulato l’Intesa, e dunque seguire il buon esempio religioso di chi ha più esperienza è del tutto coerente con lo stile buddista e in sintonia con lo spirito di dialogo religioso di cui l’Intesa stessa è segno. Colgo pertanto come segnale positivo l’invito rivolto a un autorevole rappresentante della Chiesa Evangelica Valdese a partecipare all’incontro del prossimo 9 marzo a Pomaia in cui anche questo tema sarà trattato.
C’è in merito un’ulteriore considerazione che ritengo necessario sottoporre alla vostra attenzione. I cittadini italiani che decideranno di destinare l’otto per mille delle loro imposte “ai buddisti” lo faranno nella grande maggioranza dei casi per devolvere il loro sostegno economico non a una particolare organizzazione e ai suoi membri ma, appunto, ai buddisti nel loro complesso. Pertanto la destinazione di quel gettito, soprattutto nel caso in cui prevalga la tentazione di utilizzarlo per le attività dei singoli centri buddisti italiani, dovrà essere stabilita in base a considerazioni che vadano anche al di là dell’appartenenza o meno all’UBI, proprio per non tradire la buona fede dei donatori. Così come non può essere l’UBI a rilasciare la patente di buddista o di ministro di culto non può essere l’appartenenza all’Unione una discriminante per l’utilizzo di risorse che i cittadini italiani mettono a disposizione dei buddisti nel loro insieme, seppure tramite la rappresentanza dell’UBI.
Nell’attesa di poter sviluppare insieme l’analisi di questi e consimili temi, vi ringrazio per la pazienza e l’attenzione dell’ascolto e auguro a noi tutti sereno, illuminato e proficuo lavoro.
(Direttore Ufficio Europeo del Buddhismo Soto Zen)
319 Commenti a “Una difficile intesa”
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25 Marzo 2013 alle 8:25 am
>Il buddismo può essere solo una confessione religiosa ufficialmente riconosciuta fra le altre presenti in Italia, o può rappresentare anche un modo differente di intendere l’appartenenza religiosa.
Ecco, appunto. Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato.
25 Marzo 2013 alle 9:28 am
“Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato!”… risalì sul suo cavallo bianco (un non-cavallo!) si avvolse sdegnosamente nel suo mantello azzurro e, cloppiti cloppiti cloppiti, scomparve nel tramonto…
Ora, i fratellini dell’UBI, oltre al ritenere che esistano “Maestri (maiuscolo!) buddhisti qualificati e riconosciuti” stanno compiendo -imho- un grave errore. E dalle decisioni che prenderanno a breve, rischiano di compierne anche di più gravi. Farei, faremmo un errore simile se non dicessimo: “Hey you, out there in the cold. Getting lonely, getting old. Can you feel me?”.
Cloppiti cloppiti cloppiti…
25 Marzo 2013 alle 11:04 am
Un paio di considerazioni mi sembrano opportune per inquadrare la lettera che accompagna il post. Siamo nell’ambito della politica religiosa. Fermo restando che in Italia c’è piena libertà di espressione religiosa individuale e collettiva, e dunque non è certo obbligatorio far parte dell’Unione Buddhista Italiana per “praticare” il buddismo anche in forme comunitarie, mi sembra innegabile che l’Intesa sancisce, più o meno surrettiziamente, che l’UBI rappresenta presso lo Stato la confessione religiosa buddista in toto (vedi il preambolo dell’Intesa con citazione del “famigerato” art.8 della Costituzione). Questo cortocircuito (l’UBI rappresenta solo i suoi iscritti ma nel sentire comune e di fatto d’ora in poi rappresenterà ufficialmente “i buddisti italiani”) ampiamente previsto non è mai stato preso in considerazione ed è foriero di guai a cascata. Va anche tenuto conto che l’UBI (con i centri iscritti) rappresenta invece una parte ampiamente minoritaria del fenomeno buddista italiano: e in democrazia la quantità non è un optional. Non vi era alcuna necessità, in effetti, di costituire l’UBI, soprattutto impedendo per statuto l’adesione individuale: il buddismo non è una religione di gruppi. E’ stata fondata solo in prospettiva dell’Intesa. Non c’è nessun bisogno di concludere intese religiose con lo Stato, un’anomalia italiana, anzi, una battaglia seria di politica religiosa sarebbe quella per l’abolizione delle Intese, a partire dal Concordato e per l’approvazione di una legge per la libertà religiosa indiscriminata (tanti anni fa Bassanini presentò un buon disegno di legge che non fu mai discusso neppure in commissione parlamentare, che io sappia). Fatta l’Intesa (a proposito, perché escludere la possibilità dell’insegnamento nelle scuole, forse per non avere grane insormontabili sul fronte cattolico?) non c’era nessun bisogno di stabilire che l’uso dell’otto per mille può essere anche di natura cultuale confessionale. L’otto per mille non è una donazione, è denaro pubblico, è una parte delle tasse già pagate dai cittadini, non un di più volontario: si tratta di finanziamento pubblico alle confessioni religiose, ben più scandaloso, a parer mio, del tanto demonizzato finanziamento pubblico ai partiti. I Valdesi, luminoso esempio di sapienza nella politica religiosa, non toccano un euro dell’otto per mille, lo devolvono tutto a opere assistenziali e sociali non valdesi. Chi devolverà quella parte delle sue tasse ai buddisti lo farà pensando appunto di darla ai buddisti, non a una cerchia elitaria di centri denominata UBI.
Sono state fatte scelte improvvide e discriminatorie, che rischiano di coinvolgere tutti i buddisti italiani. Da queste preoccupazioni nasce la lettera di cui sopra. Tanto altro ci sarebbe da dire, mi fermo qui scusandomi della lunghezza.
25 Marzo 2013 alle 12:20 pm
Aggiungo solo una glossa imprescindibile, in linea con @ mym 2. Si deve per forza partire dal dato di realtà: l’UBI esiste, ha stipulato un’Intesa con lo Stato, ha deciso di usare l’otto per mille per finanziare il culto. Che possiamo fare noi buddisti italiani “indipendenti” perché non si proceda in una direzione foriera di guai, dispute e danni all’immagine di tutto il buddismo italiano, come a me pare evidente si stia facendo più o meno consapevolmente, e per far sì che i buddisti dell’UBI si rendano conto dell’enorme responsabilità che si sono assunti e la gestiscano in maniera meno improvvisata e più partecipata?
25 Marzo 2013 alle 12:30 pm
Come scrissi in tempi (quasi) non sospetti, in materia occorrerebbe de-legiferare. Se l’UBI decidesse di dedicarsi alla eliminazione di tutti i concordati e alla riduzione dell’art. 8 della costituzione al suo primo comma, mi iscriverei all’UBI!
Se l’arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescoviscostanti… 😯
@ 4: amo le glosse imprescindibili… 😛
25 Marzo 2013 alle 12:50 pm
avete ragionissima. il mio non era un invito al menefreghismo o all’indifferentismo ma il gusto di infrangere una ‘convenzione’… ora che c’è! ora che l’UBI (ubi sunt? ubi consistam?) ha fatto la sua brava puttanata, ci sarà ancora più gusto a dire e fare il contrario di quanto previsto dalle “chiese” istituzionali e stipendiate.
non mi è però chiara la faccenda dei Valdesi. anzitutto hanno ospedali con grossi problemi economici, quindi immagino che utilizzino l’ottomila per ripianare qualche debito, e in materia di sanità Dio sa se ce n’è bisogno. ma poi, se proprio quei soldi NON li vogliono, allora perché si sono fatti inserire sul 730 / modello unico?
25 Marzo 2013 alle 1:01 pm
La storia dell’art.8 è interessante. Alla formula iniziale “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, sacrosanta, verrebbe da dire, e sufficiente, l’onorevole Terracini, comunista doc, propose di aggiungere un paragrafo che togliesse alla Chiesa Cattolica il monopolio del rapporto privilegiato con lo Stato. Il giovane Aldo Moro era contrario, ma poi si convinse e dal loro confronto scaturì l’articolo come lo leggiamo ora (così almeno ho sentito raccontare di recente da un esperto in materia). Un accordo fra due uomini di chiesa, insomma, un uomo di legge cattolico e un uomo di partito della chiesa di fronte, come Sciascia chiamava il PCI, che danno per scontato che le “confessioni religiose” debbano avere “statuti” e “rappresentanze”. Possibile che la libertà sia concepibile solo se vigilata?
25 Marzo 2013 alle 1:05 pm
@ 6: I valdesi… mah, in realtà ne so poco se non che stan su sulle montagne. Jf dice che sono fulgidi esempi da seguire. Ma, si sa, il ragazzo è un entusiasta… 😕
25 Marzo 2013 alle 1:08 pm
ho trascorso l’infanzia tra i valdesi, ma alla fine mi pare, oggi come oggi, si siano messi a contrabbandare per vangelo il banale “politically correct”.
a ‘sto punto, se c’è da scegliere tra gli eretici di montagna (che la teologia ci guadagna) sono più luminosi i catari(frangenti).
25 Marzo 2013 alle 1:17 pm
Ciao dhr 6, l’ho chiesto di recente a un valdese di chiara fama. In un primo tempo avevano rifiutato tout-court l’otto per mille, per statuto. Poi si sono resi conto che i famosi resti, cioè l’otto per mille non destinato o restituito allo Stato (l’otto per mille viene comunque stornato a tutti), viene utilizzato per finanziare le missioni di pace, la ristrutturazione di chiese cattoliche, persino l’acquisto di armi. Hanno allora riscritto lo statuto, inserendo l’otto per mille a finalità benefiche non di culto e hanno rinegoziato l’Intesa in modo da decidere loro che farne. Ecco perché trovi il sul 730, come fra due anni (tempi tecnici) ci troverai l’UBI. Così almeno mi hanno spiegato. Quanto agli ospedali non so, ma insomma, anche se li usassero per un ospedale non mi sembra paragonabile a dividersi la torta fra i vari gruppi dell’UBI, come pare si intenda fare. Inoltre dall’anno fiscale prossimo i Valdesi concentreranno tutto il ricavato in un’unica iniziativa benefica, per non disperdere il denaro in mille rivoli. Qui comunque trovi lumi http://www.chiesavaldese.org/pages/finanze/otto_mille.php
25 Marzo 2013 alle 1:28 pm
Va bene, va bene, ho capito l’antifona @8 e @9: in effetti scorrendo la lunga lista di finanziamenti dei Valdesi utilizzando l’otto per mille si scopre che di sponsorizzazioni pro domo loro ce n’è a bizzeffe… Non c’è più religione :-[
25 Marzo 2013 alle 1:58 pm
già! e pensare che UBI Wan Kenobi sembrava tanto una persona seria… non ci sono più gli uomini di una volta (presumibilmente perché sono morti)
25 Marzo 2013 alle 6:05 pm
Ubi maior..
@11 …”restano solo i riti e le celebrazioni” (a memoria, mi si perdoni l’approssimazione)
25 Marzo 2013 alle 7:34 pm
Eppoi, come dice un membro femminile della -diciamo- comunità estesa: “Ma tu guarda questi! Almeno spartissero…” 😛
26 Marzo 2013 alle 10:23 am
Perdonate l’ignoranza abissare in materia, ma che cos’è esattamente che fanno i ministri di culto Zen? Delle specie di messe buddiste?
E’ curioso che ci siano dei “Maestri” in una religione il cui fondatore pare consigliasse di essere luce per se stessi, e di verificare direttamente ogni cosa. Più paritario di così…
26 Marzo 2013 alle 10:39 am
>ma che cos’è esattamente che fanno i ministri di culto Zen?
i funerali. (come espresso dal detto: “i giapponesi nascono shintoisti, si sposano come i cristiani, e muoiono buddhisti)
si sono anche presi l’unico mestiere dagli introiti sicuri.
26 Marzo 2013 alle 10:54 am
Ah per cui se dovessi tirare le cuoia posso farmi fare il funerale buddista? Me lo fareste aggratis nell’eventualità :)?
26 Marzo 2013 alle 11:21 am
non te lo “faremmo” perché – appunto – siamo contrari alla visione ritualista della religione.
negazione per negazione, “noi” NON ti facciamo il funerale, in compenso tu PUOI pagarlo.
in alternativa, versa l’8 per mille all’UBI e avrai un posto nel paradiso musulmano con le urì. che bella cosa il dialogo interreligioso.
26 Marzo 2013 alle 11:34 am
Più che un’intesa pare un contratto, del resto siamo nel paese degli insegnanti di religione nominati dalla curia. Forse che sia una questione di obiettivi? … chi pensa al sostegno economico delle iniziative (o al gettito, chessò), chi all’occasione di una testimonianza. A monte c’è anche una buona dose di confusione sui buddhismi: è difficile “trovare”. Leggendo (e ascoltando anche Maestri Di Culto) qua e là pare che ci siano “Maestri Qualificati e Certificati Punto”, che ci sia realmente un massaggio che diventa “una pratica che coniuga i principi dello Zen (armonia, rispetto, purezza realizzazione) con la psicologia moderna”, ecc ecc. Si rischia di avallare un po’ tutto quanto per timore di “sparire”? So che voi che siete “dentro la macchina” fate e avete fatto di tutto per farvi ascoltare, ma non c’è sordo peggiore…
26 Marzo 2013 alle 11:42 am
@ 13: benvenuta Vali. Puoi essere più chiara o… è un messaggio in codice per jf? 😕
26 Marzo 2013 alle 11:51 am
@ 15: aa ancora non sai che cosa fanno i ministri di culto zen? Ossegnu! Fanno i Maestri Certificati e Qualificati.
Vulgo: chiacchiere e distintivo.
Però, prima di fare gli sbruffoni, qualcuno pensa si possa far di meglio?
@ 19: ciao max. Delizioso il tuo refuso “un massaggio che diventa una pratica che coniuga i principi dello Zen (…) con la psicologia moderna”. I ministri di culto che fanno i massaggiatori o, Gesù!, le massaggiatrici :P.
Insomma: preti e puttane allo stesso tempo.
L’ho detto che ti dovrebbero fare papa atte! 😉
26 Marzo 2013 alle 11:58 am
@ 18: “noi NON ti facciamo il funerale, in compenso tu PUOI pagarlo. In alternativa, versa l’8 per mille all’UBI e avrai un posto nel paradiso musulmano con le urì” quando si dice la sintesi essenziale… 😛
26 Marzo 2013 alle 12:14 pm
Ciao Vali: se @13 era un messaggio in codice per me, come ipotizza mym 20, beh, me lo son perso, pardon, l’incedere dell’età non fa prigionieri… ho pensato ai versi di una canzone, ma non la so (Vasco?).
Si rischia di avallare un po’ tutto quanto per timore di “sparire”? Per aver timore di sparire, caro Massimo @19, bisogna essere convinti di esserci in un modo soggetto a sparire: direi che si avvalla di tutto proprio per convincersi (e convincere) di esserci.
Io quello del massaggio non l’avevo mica preso per un refuso: ci sono anche i Maestri Massaggiatori in the Wonderland of Zen.
26 Marzo 2013 alle 12:33 pm
Azz il Maestro Zen che ha paura di sparire…fantastico…mi suona un pò come il pesce che ha paura di nuotare.
Se qualcuno mi insegna lo Zen io in cambio gli insegno come si fa a far contrarre il muscolo cardiaco. Sono esperto. Lo faccio da una vita.
26 Marzo 2013 alle 12:34 pm
Io preferirei la Maestre Massaggiatrici….de gustibus 🙂
26 Marzo 2013 alle 12:46 pm
@ 25: con te aa si va sul sicuro: il cosiddetto pensiero unico …
@ 23-24: il GMZ (grande maestro zen) è come il gatto del Cheshire: scompare lasciando un sorriso.
Mai visto uno.
26 Marzo 2013 alle 1:08 pm
Eh vabbhè si fa per ridere…
Il GMZ è come il Tao, se lo vedi, non è lui
Siddharta Gautama non era il Buddha :[
26 Marzo 2013 alle 1:09 pm
Come si fa a fare la faccina con l’espressione “tosta”? Segreti dei maestri…
26 Marzo 2013 alle 1:50 pm
Aaah! Ancora? Una volta per tutte: le faccine chi non le sa “fare” (tze!) le può copiare qui
26 Marzo 2013 alle 2:39 pm
@21 e @23 non è un refuso ma un articolo del Messaggero, mi son tenuto sul vago per non fare i cognomi … non so se si puote liberamente sul webbe … 🙂
@23 Però allora sembra proprio che a “centri” e “modo di” c’è proprio tanta contraddizione, non solo confusione. C’è chi sa e fa (e si titola del diploma di buddhista). A questo punto è strano voler rifare chiesa e preti cambiando solo la veste. Forse anche per quello si attira anche molta gente che si vuol fermare ad una specie di disciplina newage.
p.s. viva *quel* “pensiero unico”!
26 Marzo 2013 alle 3:28 pm
@ 30:viva quel pensiero unico…. high five! 😈
26 Marzo 2013 alle 3:29 pm
Quanto al resto (i centri ecc) non c’ho capito un h…
26 Marzo 2013 alle 4:09 pm
Questi dell’UBI sembrano proprio degli ingenui, a volerne pensare bene. La questione è seria e delicata. Mi pare di capire che il più eminente traduttore italiano del sanscrito, già docente della cattedra di storia delle religioni all’Università di Urbino etc, già ordinato monaco zen al monastero di Antai-ji, non abbia voce in capitolo nel dettare i criteri minimi per “il riconoscimento giuridico nell’ordinamento italiano della figura di Monaco zen abilitato all’esercizio e all’insegnamento ufficiale dei buddismi”.
Si capisce che la credibilità e la competenza di un uomo sono iscritte nella sua storia, anche se poi si accumulato titoli e attestati. A pensare male questi dell’UBI sembrano voler recitare la farsa pretesca in abiti zen. Una strategia fallimentare come ci insegnano i nostri fratelli cattolici.
Questi dell’UBI vogliono forse misconoscere il ruolo storico di divulgazione dei buddismi che la Stella del Mattino ha avuto in Europa in generale, e in Italia in particolare?
26 Marzo 2013 alle 4:10 pm
Hey you, you, che fai parte dell’UBI beccati ‘sta sentenza:
“La storia ci insegna che gli uomini e i governi non hanno imparato nulla da essa”. – Georg Wilhelm Friedrich Hegel
…
Hey you, you, che pensate che quelli dell’UBI siano ridicoli e grotteschi: affilate i coltelli.
Il punto è tutto politico; però si finge di ignorare che non si può parlare di politica senza usare formule religiose. Soprattutto: per usare formule religiose di spiritualità zen quali certificati servono? Quelli accreditati dall’UBI senza il beneplacido della Stella del Mattino?
PS: quando si immischiano gli avvocati non è mai un buon segno.
26 Marzo 2013 alle 4:24 pm
@ 33: potremmo fare coppia e andare sulle piazze, tu fai il venghino venghino! Ed io il resto: faccio il giro col cappello 😎
26 Marzo 2013 alle 4:29 pm
@ 34: senza il beneplacito della Stellaaaa!?!?
Com’era…? Ah, sì: Che se lo tengano, il ‘loro’ concordato!
Cloppiti cloppiti cloppiti…
Sipario.
26 Marzo 2013 alle 4:34 pm
@ 33: occhio, l’UBI non è (solo) una roba zen. È come … come la mamma di tutti i buddisti, ecco.
Naturalmente il padre… s’è visto una volta e ciau.
26 Marzo 2013 alle 4:43 pm
Nel frattempo jf vince un altro refolo: p. 95, secondo capoverso. Si porta così alla pari con ahr: due refoli di primavera a testa.
26 Marzo 2013 alle 5:34 pm
>È come … come la mamma di tutti i buddisti, ecco.
UBIquitas
26 Marzo 2013 alle 7:35 pm
Veramente il mio primo refolo era doppio (vedi l’altro post 169) però quello di pag.74 era davvero difficile e preferisco pareggiare, duqnue propongo doppio refolo anche ad ahr e tre e tre. Bisognerebbe intanto avvisar primavera, che vanno in giro refoli senza di lei: finché sta “avvolta dalla nebbia e dal freddo tra i rami del susino” neppure il susino la riconosce.
26 Marzo 2013 alle 8:01 pm
@ 38
L’art 8, comma I, Cost è una norma di rottura nei confronti del passato, in quanto fa fede dell’avvenuto superamento del confessionismo di stampo ottocentesco, sostituito da una concezione del fenomeno religioso costituzionalmente rilevante COME TALE, senza che si possano più discriminare gradi diversi di libertà delle istituzioni di culto (Cfr. Sent n 195 del 1993 della Suprema Corte).
I singoli vantano nei confronti dello Stato la pretesa a professare (vale a dire a porre in atto manifestazioni esteriori del proprio pensiero sul destino trascendentale dell’uomo) qualunque fede religiosa con il limite della “decenza”, che è uno dei tanti «concetti indeterminati» posti dal Legislatore la cui portata varia a seconda del tempo e dello spazio.
A chi spetta stabilire che un rito, nella fattispecie buddista, è indecente? Ai buddisti dal diplomificio facile? L’ordinazione monacale, che è premio di una vita, te lo rilasciano con un corso sprint di 12 mesi alla modica cifra di 2 lire?
26 Marzo 2013 alle 8:44 pm
@ 40: grazie per la precisazione. Facciamo tre spifferi a testa e non ne parliamo più?
@ 41: mi consenta, “L’ordinazione monacale, che è premio di una vita” non è. Laddove la si celebra come l’ingresso in ditta funeralesca è cosa che si da ai bambini o agli adolescenti figli del parroco. Altrimenti è possibile, dopo più o meno lungo noviziato, non come “premio” ma come ingresso a pieno titolo nella comunità. Il premio di una vita è spesso associato (nello zen) al cosiddetto shihō, o trasmissione del dharma, un complesso rito di origini confuciane al quale si attribuisce il potere di trasmettere da maestro a discepolo la cosiddetta “vera mente”. Prima in Giappone poi in Europa, è stato associato a questo rito il senso di riconoscimento dell’avvenuta illuminazione, la patente insomma. Inutile dire che con il buddismo le connessioni di tali pratiche sono molto molto labili. Mentre invece, a livello clericale (meglio di me potrebbe dirlo jf) è considerato un passo indispensabile per la … carriera di monaco zen in Europa e di parroco in Giappone. Così va il mondo.
L’art 8, comma I, Cost sarebbe stato già più che sufficiente, se non ci fosse stato il concordato con la chiesa cattolica. I problemi nascono da questo.
26 Marzo 2013 alle 9:00 pm
@ 42: mi consenta, il precetto dell’art. 8, comma I, può essere compreso nelle sue armoniche interazioni con gli artt. 3,19 e soprattutto 2 della Cost, solo se si considera che i Patti Lateranensi sono stati stipulati nel 1929, cioè durante il Regime fascista con il solo intento, non taciuto, di operare una chiara distinzione, per non dire discriminazione, tra il confessionismo cattolico e il confessionismo di ogni altra natura. Insomma, si è passati da “tolleranza” dello Statuto Albertino a “ammissione” con la legge n 1159 del 24 giugno 1929. L’ “uguale libertà” delle Religioni si ha con il ripudio del regime fascista e l’affermazione dell’ideologia democratica e pluralista. Solo in questa visione generale può essere compresa la rilevanza costituzionale del pluralismo religioso e segnalare che il Concordato firmato dall’UBI presenta a parere dello scrivente diversi profili di incostituzionalità in molti dei suoi articoli, in particolare in quelli eccepiti da mym (nella sostanza). Ad es., la richiesta di un’autorizzazione governativa per la apertura di templi ed oratori, ovvero l’obbligo che le riunioni di acattolici siano presiedute da un ministro di culto approvato dal Governo è questione già dibattuta e cassata (su tutte cfr. sentt n 45 del 1957 e n 59 del 1958, S.C.)
Ad essere controverso è invece l’ultimo comma dell’art 8, in particolare è molto discussa la natura giuridica di siffatte «intese». Alcuni ritengono trattasi di convenzioni di diritto interno per motivazioni storiche (la peculiare tradizione nel nostro Paese della Chiesa cattolica); altri le ritengono un fenomeno istituzionale-normativo «originario» e non «derivato» (dallo Stato). Quest’ultima interpretazione valorizza la portata normativa (ed innovativa) del primo comma dell’art 8, alla luce del quale reinterpreta i commi successivi. Le due interpretazioni convergono nel fare carico al Parlamento dell’obbligo di rispettare le intese. Il punto è: chi sono tali rappresentanti che sottoscrivono l’intesa?
26 Marzo 2013 alle 9:04 pm
Molto interessante. Grazie.
Chissà se all’UBI ci hanno mai pensato?
26 Marzo 2013 alle 10:50 pm
@ 43: ah ma allora sei un leguleio, ecco perchè fai le filippiche 🙂 Ogni volta che sento parlare voi altri sulle questioni medico-legali provo dei forti istinti omicidi. Comunque mi sembri bravo assai, la prossima volta che mi fan causa ti faccio un fischio….
MA qualcuno sa cosa ci fanno effettivamente coi quattrini all’UBI? Se gli mando una mail dicendo che sò buddista mi danno una fetta del malloppo :)?
26 Marzo 2013 alle 11:24 pm
Di fronte alla ratifica dell’intesa vedo allontanarsi due eventi a mio parere auspicabili: la completa affermazione in Italia dello stato laico, ovvero rigorosamente neutrale in materia religiosa; la diffusione di un modo diverso di vivere la religione, anche grazie al contributo del buddhismo.Temo il proliferare di ministri di culto “certificati” dall’UBI (art.7), indicati in “appositi elenchi tenuti dell’UBI” (art.4). UBI come erogatrice di “patenti” di legittimità?
27 Marzo 2013 alle 8:16 am
>Se gli mando una mail dicendo che sò buddista mi danno una fetta del malloppo?
no, te la chiedono.
27 Marzo 2013 alle 10:45 am
E perchè invece non me li danno? Non dovrebbero mica sostenere la diffusione del buddismo? Io sono un pezzettino di buddismo dopotutto….non si vorrà mica separare la pratica dai praticanti, ma dico! :). Chi è che gli ha conferito l’autorità di stabilire a chi vadano i danè e a chi no? Io dico che me li devon dare, cheddiavolo. Oppure che mi dimostrino che ne fanno un uso migliore di quello che ne farei io: comprare i giocattoli per mia figlia, delle scarpe per mia moglie, un libro (buddista!) per me….
Se invece le usano per opere di carità domando: che bisogno c’è di un altro ente che raccolga fondi per beneficenza? Se mi va i soldi li do ad emergency, o li mando ad Angal o alla mia amica infermiera in Perù, almento so come li usano….
27 Marzo 2013 alle 1:52 pm
Saluti a tutti,
leggo con interesse i vostri commenti intelligenti e competenti ma di tanto in tanto mi pare qualcuno si lasci un pò andare.
Insomma, non è proprio che l’U.B.I. sia il nemico pronto a papparsi i nostri soldi. Secondo me chi la dirige non ha idea neanche di come spenderli e questo assieme a tutta un’altra serie di “indecisioni” denota l’immaturità del movimento.
Bene ha fatto il Rev.Forzani a sollevare apertamente queste questioni su cui, mi pare, in tutti i centri italiani (U.B.I. e non) si stà discutendo (era questo lo scopo, no?).
@47: ho sentito dire (fonti autorevoli) che se i soldi non vengono presi (Intesa senza 8 p.m.) verrebberò riutilizzati dallo stato per le proprie esigenze comprese quelle belliche, ecco perchè ai valdesi è parsa cosa buona prenderli e gestirli da se.
Almeno a me l’hanno raccontata così e mi sa che sarà la versione ufficiale. Poi io sono un pò boccalone.
27 Marzo 2013 alle 3:13 pm
@ 46: benvenuta Rossella. Lo stato laico? In Italia? No, non penso sia possibile. Dove altro mai un (ex) comunista, presidente del consiglio incaricato, nelle consultazioni sente il parere del presidente della conf. episcopale?
O aboliamo i titoli o ci teniamo gli elenchi, poi chi li conserva è secondario.
@ 49: benvenuto ADM. Verissimo, qualcuno (e lo tengo d’occhio!) si sta lasciando andare… Temo che nei centri (l’UBI come luogo non esiste) la discussione sia molto … prosaica. Concordo: il Rev. Forzani ha fatto proprio bene a sollevare queste pesanti questioni.
27 Marzo 2013 alle 4:54 pm
Mi scuso per averla buttata troppo sul faceto. Riformulo più sobriamente la questione. Come si fa a decide cosa è meritevole di ricevere un finanziamento (in base a quali criteri) e chi è deputato- o competente – a farlo? E’ ovvio che quanto ho scritto in 48 era provocatorio, ma voleva sollecitare la discussione in merito a come dovesse intendersi una “promozione della diffusione del buddismo”. Insomma se do un contributo vorrei sapere come viene speso, senno me lo tengo. Non volevo offendere chi dedica tempo ed energie alla cosa.
Ricordo di aver discusso di questo anni fa con Pierinux; eravamo d’accordo che uno non sa a chi dare il 4 per mille perchè sembra che nessuno se lo meriti, mentre l’8 per mille non sai a chi darlo perchè ce ne sono troppi.
27 Marzo 2013 alle 5:23 pm
@ 51: a chi rivolgi (e perché ti ci rivolgi) la domanda “Come si fa a decide cosa è meritevole di ricevere un finanziamento (in base a quali criteri) e chi è deputato- o competente – a farlo?”?
Tra l’altro occorre chiarire una montagna di cose prima di fare una domanda del genere, per es.: fatto da chi il finanziamento? Perché? Di che entità? Cosa intendi per meritevole? ecc. ecc.
Se però non sai a chi o dove mandare i tuoi quattrini: a disposizione.
27 Marzo 2013 alle 6:45 pm
@20 @23
grazie per il benvenuto, sono presente quanto eterea da tempo; così eterea che il login non mi viene riconosciuto..
andate veloci come treni, scusate il ritardo.
il succitato citato è irreperibile, niente giochi in codice per jf, mi riferivo piuttosto al mappō, la terza era del buddhismo, l’ultimo periodo del dharma, lungo declino, tempo ce n’è..
grazieciao
27 Marzo 2013 alle 7:09 pm
@ 53: Ammapalo! Pure er mappo, mo’.
Grazie per il chiarimento, non ci sarei (saremmo?) mai arrivati… 😕
27 Marzo 2013 alle 7:12 pm
Buongiorno adm49. Ringrazio per l’apprezzamento, in cambio una preghiera: ci sono situazioni (soprattutto limitate, per fortuna, alla redazione dell’indirizzo postale, a qualche etichetta o a improvvide presentazioni assembleari) in cui mi tocca ingollare nolente quel Rev. davanti al cognome che mi contraddistingue. Ma discutendo fra amici e conoscenti, o anche fra sconosciuti e con eventuali nemici, per cortesia lasciamo perdere. Di venerabile, reverendo et similia nel buddismo c’è solo il dharma. Non fatemi vergognare, basto già a me stesso. Ricordo che una volta, tanti tanti anni fa, proposi a una riunione dell’UBI cui mi invitarono, di abolire siffatti prefissi: un successone :-/
Ciao Vali, accidenti, il mappō… e io avevo pensato a Vasco Rossi, se lo sa si offende! “La terza era del buddhismo”: e la seconda di chi era? 🙂
27 Marzo 2013 alle 8:11 pm
@45 Grazie per la stima aa, nel caso che…devo prima controllare l’agenda: sono impegnato fino al 2017! Che vita frenetica quella degli avvocati; ma torniamo al tema.
Nella situazione attuale del nostro Paese, non vi è dubbio che il buddismo (più una filosofia che una religione) ha un grosso seguito, sebbene la stragrande maggioranza degli italiani ne abbia una conoscenza approssimativa; comunque in termini relativi [il buddismo] è tra le confessioni religiose più praticate. Negare questa realtà o ritenerla trascurabile, finirebbe con il condurre a soluzioni che altererebbero la realtà obiettiva e contrasterebbero con lo stesso disegno generale della Carta Costituzionale.
In questo senso la Suprema Corte vigila affinché le disposizioni legislative siano coerenti ai principi della libertà religiosa e della parità di trattamento delle confessioni religiose, e affinché ognuno possa pensare e dire ciò che vuole in materia religiosa.
L’ordinamento giuridico favorisce la discussione su temi religiosi, sia a livello scientifico o divulgativo, sia con critica e confutazione, pure se vivacemente polemica, anche con l’espressione di radicale dissenso
…
Piace segnalare, ad. es., che la depenalizzazione del reato di “bestemmia” è avvenuta nel 1997 (!) anche grazie all’influsso in Italia [sulla sensibilità del Legislatore], dello zen “a modo mio”, che poi è il solo modo, ed è quello dalla parte della Stella (i ‘buddismi’ sono comunque le declinazioni di un unico fenomeno religioso che non ammette interpretazioni arbitrarie – buddismo non liturgie!)
27 Marzo 2013 alle 8:13 pm
Infine va ricordato che gli sgravi fiscali previsti per una associazione o istituzione a fine di culto hanno lo scopo di garantire soprattutto enti e istituzioni non cattoliche per bilanciare e precludere privilegi odiosi, posto in particolare il regime giuridico goduto da enti religiosi cattolici in base ai Patti lateranensi, anche se oggi più attenuato. Tali enti acattolici rientrano nel novero dei «gruppi di pressione» la cui attività sfugge ad ogni disciplina formale sebbene siano meritevoli di attenzione per il nostro ordinamento giuridico in quanto espressione di elaborazione di dati della realtà sociale secondo una visione non unilaterale e non circoscritta a determinati interessi corporativi. Sono le c.d. «società intermedie» ove l’uomo svolge la sua personalità e realizza la «partecipazione democratica».
…
Non so se quelli dell’UBI ci abbiano pensato, più che altro mi chiederei “chi sono i loro referenti politici”? Fino a che punto il «politico» può prevalere sulla comunità buddista in senso largo, compresa la comunità della Stella del Mattino? È il politico a prevalere, o la comunità?
La questione è da anni dibattuta e controversa, anche perché si rischia di occuparsi “di qualcosa di teologico, di molto vicino alla famosa questione del sesso degli angeli”. (Cfr. Temistocle Martines, Diritto Costituzionale, Giuffré 2004, pag. 197).
Al di là delle mode e delle occasioni contingenti, occorre “tornare alla Costituzione” per darle concreta e puntuale attuazione affinché da una società disgregata (e, per ciò stesso, non pluralista) si passi ad un razionale ed armonico assetto di poteri centrali e comunitari che consentano il pieno dispiegarsi della democrazia.
27 Marzo 2013 alle 8:58 pm
Wow…adesso capisco perchè quando parli di buddismo end co la fai lunga ed è difficile seguirti…è un fatto di deformazione professionale…comunque mi convinco sempre di più, trovami un buco in agenda.
Ma perchè dici che il buddismo è una delle religioni più praticate in termini relativi? Non mi risulta…
27 Marzo 2013 alle 11:07 pm
Intendo in Italia, dove il cristianesimo è egemone nelle sue varie declinazioni: cattolicesimo, Testimoni di Geova, Valdesi, etc.
28 Marzo 2013 alle 10:13 am
@ 57: dai Hsmx, smettila con i copincolla. Se metti tra virgolette una frase di cui dai conto dell’origine e poi anche il resto è quasi tutto incollato (pgg. 199 e 200 dello stesso testo) pare che quello che hai copincollato sia opera tua. Leggerlo sapendo che è opera tua (pensata e scritta apposta per l’occasione contingente) o che è copiata da un testo non è la stessa cosa. Nel @ 56 non ci hai messo nemmeno le virgolette (da Lezioni di diritto ecclesiastico)
28 Marzo 2013 alle 10:38 am
Ma cosa c’entra!, smettila tu, abbiamo capito, sai guglare, ma non è questo ciò rileva: ho fatto uno studio da un minuto per permettere di inquadrare giuridicamente la faccenda al pubblico ed è opera mia (l’ho copiincollatoio). E poi non citavo Lezioni di diritto ecclesiastico ma Istituzioni di diritto pubblico. Piuttosto:
> @ 46: benvenuta Rossella. Lo stato laico? In Italia? No, non penso sia possibile. Dove altro mai un (ex) comunista, presidente del consiglio incaricato, nelle consultazioni sente il parere del presidente della conf. episcopale?
In una Repubblica democratita e laica dove la religione cattolica è stata religione di stato fino al 1984!
Anch’io Temo il proliferare di ministri di culto “certificati” dall’UBI (art.7), indicati in “appositi elenchi tenuti dell’UBI” (art.4), specie se dalla rappresentanza dell’UBI si escludono delle vere autorità in materie tipo mym &co (poco ferrato in diritto)
28 Marzo 2013 alle 10:43 am
[mi consenta] Insomma, l’uomo non è soltanto un animale sociale, politico e comunitario, una animale dotato di ragione, linguaggio e capacità di calcolo sociale di armoniose proporzioni del corpo atletico e della polis ben governata, ma è anche la trasposizione concettuale del Buon Legislatore, e cioè di colui che sa praticamente (donde praxis, termine poi confluito in Max, inteso come legislatore ideale di una società comunista del futuro) garantire alla comunità stessa quei dati che la natura umana ha in potenza (e cioè dynamei on), ma che devono però anche essere messi in pratica, e cioè in atto (energheia).
PS: se ti diverti tanto cercati questa triplice citazione – sono tre gli autori – io non te la dico, non rivelo mai le mie fonti. tié 8)
28 Marzo 2013 alle 11:16 am
@ 62 è da Costanzo Preve, “Lettera sull’Umanesimo”, Petite Plaisance 2012, p. 52.
Sinceramente, ovvero non devo fare neppure la fatica di inventarne una, mi sono un po’… seccato (indovina cosa). So, sapevo, chi sono rossella @ 46 e adm @ 49 (ricordi il post scriptum relativo al fatto che il plurinick è vietato?) ed anche prima di loro alcuni “altri”.
Se, tu, almeno non fossi prepotente…
Vediamo se qualcuno parla a tuo favore.
28 Marzo 2013 alle 11:44 am
HMSX, secondo me dovresti smetterla con internet. Ecco, non sono fatti miei, però…non è che ti manca un pò di contatto umano “reale”? Magari chessò una pacca sulla spalla, una birra in compagnia, una partita a Monopoli…
28 Marzo 2013 alle 11:56 am
aa sei un brav’uomo, che -naturalmente a fin di bene- strofina cartavetro su un brufolino.
28 Marzo 2013 alle 12:22 pm
Ah tu invece c’hai la pazienza di Giobbe, non so come tu faccia.
Ier sera passeggiavo per Lecco son passato di fronte all’UBI- Credito Bergamasco e Valtellinese…credo che stia per Unione Banche Italiane…pensa se si confondono al Ministero…
28 Marzo 2013 alle 12:47 pm
>Ier sera passeggiavo per Lecco son passato di fronte all’UBI- Credito Bergamasco e Valtellinese… pensa se si confondono al Ministero…
questa è deliziosa!
28 Marzo 2013 alle 1:28 pm
Part 1: Uhè Ambreus sa voren cusè dì Buddisti? Dac un oech te che ta parlet Milanes…per mì in rop da terunì. Sà l’è cus’è ul Dharma?
Part 2: Miiii c’hanno accreditato 1 milione di euro dalla Valtellina!!!! Potenza del Dharma, sia ringraziato il Buddha Avolokitesvara!!!! Possiamo aprire una padoga in Val Brembana!!!
28 Marzo 2013 alle 1:37 pm
@63
Sinceramente non ricordo il post, ma il plurinick era divertente (mi consentiva maggiore libertà d’espressione)
aa ha parlato a mio favore, però mi difendo da solo.
Dunque, cosa c’entra la bibliografia? Se dovessi citarti, ad es, tutte le sentenze e massime che ho consultato non basterebbero 666 battute! Come si fa?
Prepotente ammè? Ti perdono solo perché la tua è deformazione professionale. Corregger tesi di studenti che vogliono fregarti deve essere un incubo. Io non sono uno studente, e se posto qualcosa non lo faccio per l’applauso del pubblico – che non paga – ma per dare un contributo COMPETENTE ( che significa sapere dove andare a prendere le “citazioni”) alla discussione. [Eppoi alcune intelligenze non vanno collettivizzate]
E no, caro aa, gli esseri umani mi fanno abbastanza schifo. Mi fanno perdere la flemma.
28 Marzo 2013 alle 1:51 pm
@mym63 Vediamo se qualcuno parla a tuo favore.
Son fra quelli che apprezzano i commenti di hmsx perché mi danno spunti anche quando non li comprendo appieno.Non mi riguardano le eventuali motivazioni personali che lo spingono a tanta facondia. Da questo presupposto mi permetto di invitarlo a maggiore sobrietà. Un blog, per come lo capisco, è una forma di dialogo, non dovrebbe essere monopolizzato da un solo utente. E l’uso di plurinick (questa non la sapevo, carina!) è senz’altro scorretto, denota una volontà di tirare surrettiziamente le fila usurpando in parte il ruolo dell’amministratore. Se tu riducessi il numero e il ritmo dei tuoi interventi, usando più tempo e cura a ridire con parole tue invece che copiaincollare (esimendoti così anche dal dovere di dichiarare l’origine delle citazioni testuali) ne guadagneremmo tutti e circolerebbero più opinioni, imho.
28 Marzo 2013 alle 2:12 pm
Concordo col reverendissimo. Però, per parlar forbito, se copi dei testi faccendoli passare per tuoi pigli per il c**o chi legge. Almeno le “virgolette”…
28 Marzo 2013 alle 2:12 pm
@mym63: veramente sai chi sono? Mica sono così famoso! Avevo un altro nick? Proprio non me ne ricordo!
Grazie per il precedente benvenuto.
@jf55: va bene. Di solito non ti chiamo Rev. quando ti scrivo altrove e ignoravo l’etichetta del blog. Ma mi sembra coerente con le tue posizioni. Basta che qualche altro prete qui non pretenda altri “trattamenti” sennò non ci capisco più nulla.
Questa cosa poi rimanda al Dramma dei maestri e dei riconoscimenti, alle intese, agli ori e agli allori.
Proprio tu jf, altrove mi scrivevi che dobbiamo fare attenzione a non far pensare che facciamo la conventicola, la parrocchietta dei “buoni” e dei puri.
Però qui mi pare si abbia tutti la stessa posizione critica su questi temi, pur se con diverse sfumature; allora, mi domando, come ne usciamo?
@aa51: certo che la tua era una provocazione, e pure gradevole. Per me il problema non si pone, i mie soldi non li dò a nessuno se non c’è chiarezza e se non mi convince l’uso che ne verrà fatto.
Il problema però sono quelle migliaia di illusi che, plaudono all’Intesa dichiarando che finalmente daranno i loro denari al Buddhismo. Mamma mia!
28 Marzo 2013 alle 4:30 pm
@adm72 Non vedo il nesso. Una cosa è ritenersi gli unici (insieme ai propri amici) che capiscono come stanno le cose e si comportano di conseguenza mentre tutti gli altri sono o in mala fede o cretini, altra cosa è riconoscere quando gli altri (fossero anche tutti gli altri) stanno commettendo errori, si incaponiscono a continuare a farne e dirlo a voce alta se necessario. Nella storia dello Zen giapponese, si è dato il caso che un solo monaco (uno!) si sia opposto all’appoggio spirituale e materiale fornito da tutti gli altri (tutti, a migliaia! compresi tanti Maestri Famosi anche qui da noi) all’espansionismo imperialista militare che ha fatto milioni di morti in Asia: lo hanno impiccato, per decenni non si poteva neppure nominarlo, salvo riabilitarlo due anni fa. Non c’è bisogno di ritenersi impeccabili per far notare agli altri quando sbagliano.
28 Marzo 2013 alle 6:01 pm
@ 72: caro (speriamo…) adm, fu un errore. Ti chiedo scusa. Ti ho preso per un multinick. Ma ho qualche scusante: qui c’è UN UTENTE ISCRITTO, e non faccio nomi, che oltre a praticare a cascata il copincolla, evabbe’, per occupare più spazio usa vari pseudonimi su questo blog. E siccome il tuo post è arrivato in contemporanea con uno postato da uno dei nick di QUELL’UTENTE … incautamente ho fatto 2+2=3.
Il fatto che su questo blog “si abbia tutti la stessa posizione critica su questi temi” è per me un problema. È uno dei motivi che mi hanno impedito di bannare (sino ad ora) quel certo utente: qualche volta esprime un’opinione controcorrente, e senza copincollare.
Insomma, qui se vuoi un’opposizione te la devi curare 😛
A dire il vero c’era un’altra voce del dissenso, ma è sparita: Nelloooo! Dove sei?
28 Marzo 2013 alle 6:27 pm
@mym74: pace fatta.
@jf73: certo, sono d’accordo, lo sai. Non mi sono spiegato bene, non volevo venire qui a muovere critiche ma a suggerire che forse, dopo averne parlato, bisognerebbe agire per contrastare gli altri che stanno commettendo errori.
Elaborare strategie, fornire alternative.
28 Marzo 2013 alle 6:34 pm
@ 75: “bisognerebbe agire per contrastare gli altri che stanno commettendo errori. Elaborare strategie, fornire alternative”: socc…! (come dicono a Bulàgna).
Si potrebbe tagliargli le gomme della macchina… 😎
28 Marzo 2013 alle 7:02 pm
E’ che per andare controcorrente nella Stella bisogna essere molto mainstream. Io ci ho provato a far la voce fuori dal coro ma dopo un pò mi sentivo falso.
Insomma se uno bazzica regolarmente un posto, vuol dir che ci si trova bene, o almeno benino….
28 Marzo 2013 alle 7:09 pm
@ 77: “Io ci ho provato a far la voce fuori dal coro ma dopo un pò mi sentivo falso”: be’, almeno ci senti bene 😀
“E’ che per andare controcorrente nella Stella bisogna essere molto mainstream”: insomma bisogna andar contromano rispetto a quelli che vanno contromano.
Juanìn pet pet sigàla al fasìa l’aviatùr.
An mancansa d’la bensinna al pisava ‘ntel mutùr.
mds.
28 Marzo 2013 alle 7:32 pm
oh basta con le scemenze in sanscrito, finalmente un po’ di sana saggezza celtica!
28 Marzo 2013 alle 8:53 pm
@ 75: adm, non ti pare che tutto questo ovvero il post, la lettera di Jiso, i commenti… non sia già quello chiedi?
Non vi è solo un indicare quelli che, pare proprio, sono errori e pericoli futuri. Vi sono indicazioni, suggerimenti, speranze.
Come mai nessuno dell’UBI o che simpatizza per l’intesa, invece, non è ancora intervenuto?
Questo blog ha più di 100 ingressi singoli (magari solo per un momento) al giorno. 263 (totali) solo da FB. Possibile che nessuno di coloro che sono direttamente coinvolti con l’intesa l’abbia visto?
Temo che il problema sia un altro.
Spero proprio che qualcuno mi dia torto.
28 Marzo 2013 alle 9:42 pm
Grazie jf, adesso capisco. Prima di prendermi una lunga pausa – non è che non abbia niente da fare e sia uno scioperato – volevo precisare che l’Intesa, nella sua ratio, è tanto bene, specie oggi che il cristianesimo è precipitato in una crisi epocale. Potrebbe, ad es., favorire e promuovere la figura di religiosi-non-confessori, magari coniugati, e dare nuova linfa al messaggio autentico del Vangelo (portare conforto agli ultimi della terra).
Sul perché in Europa non si possa avere una “spiritualità” diversa da quella cristiana è una di quelle questioni che rientrano nel novero del “sesso degli angeli” e che mi pregio di aver risolto. Ma non vorrei annoiare il pubblico con 3-4 fulgidi commenti dalla sintesi perfetta e taccio. 🙂
Secondo me molto dipende dal ruolo che avrà la Stella nelle persone di jf e mym. La questione, infatti, è stata ben inquadrata da Rossella @46: non è l’opportunità dell’Intesa a essere messa in discussione (ci mancherebbe altro!), ma il ruolo che sarà riconosciuto, o misconosciuto, in questo progetto di rinnovamento ai nostri amici.
Carissimi, in uno Paese in cui il cattolicesimo è stata religione di Stato fino all’altro ieri, il genere di buddismo che avete/abbiamo (?) in mente è troppo futuristico. L’Intesa è un passaggio necessario della storia, insidioso perché può generare cattive ambizioni personali, il c.d. “carrierismo”, cancro del Vaticano e foriero di disastri.
29 Marzo 2013 alle 11:02 am
Caro mym @80, ho personalmente postato il link di questa pagina su due dei gruppi “buddhisti” di Facebook più numerosi (il maggiore 2492 iscritti).
In questi gruppi sono, tra l’altro, iscritti alcuni dei “notabili” del buddhismo italiano.
Solo in uno dei gruppi si è acceso uno scambio brevissimo fra due o tre persone.
Se ci mettiamo la mezza dozzina di intervenuti qui siamo ancora bassini per fare “quello che chiedo”.
Ma che chiedo? Mi riallaccio anche a quanto scrive HMSX @81.
Con li non sono proprio d’accordo. Non conosco direttamente mym, ma sò chi è e apprezzo quanto scrive. Conosco un pochino jf per il quale provo una considerevole stima.
Nonostante questo non vorrei che lui avesse un qualche “ruolo” in questo papocchio.
Intendiamoci jf, per il ruolo istituzionale che ricopre ma soprattutto per le sue qualità. è altamente stimato dall’establishment del “buddhismo ufficiale”.
Gli basterebbe dire una parola e credo con facilità entrerebbe in qualsiasi commissione o divverrebbe facilmente membro del C.D. U.B.I. (questo quasi lo tollererei per vedere si ci caccia fiuori da questa situazione).
Quello che invece io chiedo non è ne la mera contestazone ne tanto meno l’utilizzo del prestigio personale ma l’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno di “non stare al gioco” e magari, come ho accennato altrove a jf la determinazione attraverso un manifesto, una dichiarazione d voler agire distintamente da queste modalità.
Per intenderci e essere chiaro sulla mia posizione, benchè io sia un religioso di un centro aderente all’U.B.I, dico la mia sull’intesa.
Le intese sono leggi che ci omologano al Vaticano che ha il concordato. Sono leggi che forniscono alcuni cittadini di diritti lasciando comunque altri senza. Le realtà troppo piccole o disorganizzate non riusciranno ad averli questi diritti se non si farà una legge sulle libertà religiose che azzeri i privilegi di taluni a vantaggio di tutti.
Le differenze fra le realtà dentro l’U.B.I. e quelle fuori, rischiano di acuirsi, creando un Buddismo di serie A e uno di serie B, già ora molta gente si avvicina ai centri sincerandosi della sua affiliazione all’U.B.I. o meno.
Poi gli altri rischi, il potere, i soldi (tanti, troppi, immotivati), la politica e i politicanti.
29 Marzo 2013 alle 11:27 am
Dai, jf, eddì ‘sta parola…! 🙂
@ 82: “l’establishment del buddhismo ufficiale” capperi, ma allora non so nulla. I nomi adm, per piacere, i nomi.
@ 81: ciao hmsx, questa cosa qui del “portare conforto agli ultimi” da un bushi come te non me l’aspettavo.
Il messaggio autentico del Vangelo è ben difficile da spiattellare.
29 Marzo 2013 alle 11:41 am
@83: Eeeh, i nomi. I nomi si fanno nelle sedi idonee non certo su un forum pieno di anonimi.
M’hai preso proprio per un ingenuo?
Basti pensare che il nostro stimato amico và all’Assemblea U.B.I. si siede e parla autorevolmente senza che nessuno glielo impedisca. Mica è da tutti.
Poi magari non lo ascoltano ma questo è un’altro discorso!
29 Marzo 2013 alle 11:44 am
@ 82: adm, sei molto ottimista, imho. In questo caso un intervento che nasca da uno spirito religioso può solo indicare quelli che sembrano essere errori ed evidenziare quelli che paiono essere pericoli. Ovvero rivolgersi alla parte spirituale, fuori dai giochi mondani, degli uomini e delle donne che sono direttamente coinvolti nel caso. Quando e se ci sarà spazio per una proposta concreta si potranno valutare proposte e iniziative. Come dici, occorre una legge sulla libertà religiosa che preveda l’abolizione delle intese compreso il finanziamento dello stato alle religioni “riconosciute”.
Per esempio si potrebbe usare il primo otto per mille per stipendiare uno stuolo di avvocati (che ne dici hmsx?) e di lobbisti che lavori a quello scopo. Un 8X1000 usato per la sua abolizione.
29 Marzo 2013 alle 11:48 am
@ 84: aaaah! Parlavi di LUI, del reverendo!!! Qui si spara sul quartier generale, vai che ti seguo.
Dai, gli altri chi sono?
29 Marzo 2013 alle 12:06 pm
L’Intesa è esplicitamente stipulata in attuazione del terzo comma dell’art.8 della Costituzione che recita: “I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze” (quel “loro” fa riferimento al comma 2, ovvero “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”). Se l’italiano e la logica hanno senso, l’UBI ha stipulato l’Intesa come “rappresentante” di una “confessione religiosa diversa dalla cattolica”, che si suppone sia il buddismo. All’UBI aderiscono attualmente 44 centri (di cui quasi due terzi “tibetani”), alcuni dei quali molto piccoli. Comunque, dato che per aderire all’UBI bisogna presentare uno statuto, dunque essere costituiti in associazione o fondazione, ciò significa che i membri dell’UBI sono i membri iscritti delle singole associazioni che ne fanno parte. Calcolando per sropositato eccesso cento membri iscritti per ogni centro, si arriva a 4.400 buddisti, che in un ulteriore eccesso di zelo arrotondo a 5.000. Wikipedia stima i buddisti in Italia a 160.000, arrotondiamo per difetto a 100.000. L’UBI, che ha il monopolio assoluto della rappresentanza del buddismo nei confronti dello Stato italiano, rappresenta dunque un buddista italiano su venti.
Questo problema discriminatorio dovrebbe essere sentito come la questione primaria da risolvere, preliminare alla analisi di qualunque altro problema tecnico, economico, burocratico. Eppure non solo non se ne sante mai parlare, ma non si riesce neppure a intavolare una conversazione in proposito con nessun responsabile né dell’UBI né dei singoli centri afferenti.
29 Marzo 2013 alle 12:11 pm
“Eppure non solo non se ne sente mai parlare, ma non si riesce neppure a intavolare una conversazione in proposito con nessun responsabile né dell’UBI né dei singoli centri afferenti”.
Chissà perché…
Offro tre refoli di primavera (con ‘sti chiari di luna non è poco…) a chi sa spiegare perché.
29 Marzo 2013 alle 12:18 pm
@ 87: senza voler contraddire l’establishment, non si sa mai…, secondo me il problema primario è che quel meccanismo che prevede le intese è errato e, in nuce, già discriminatorio. Il problema secondario sta nel perché coloro che decidono le sorti dell’UBI abbiano lottato tanti anni per avere l’intesa. La scarsa rappresentatività di chi ha stipulato l’intesa è la dimostrazione e il risultato dei due problemi che ne stanno a monte.
29 Marzo 2013 alle 12:38 pm
Belìn, fijeux!
Sono venticinque anni che mym e il sottoscritto, tanto per fare due nomi, in tutte le sedi, ripetiamo cose tutto sommato ovvie, nello spirito che mym 85 descrive. Ma a parte generiche attestazioni di stima, non è mai stato possibile intavolare un confronto serio. La strategia dell’UBI in questi anni pare essere stata solo quella di far girare le ruote del carro, senza curarsi minimamente della direzione da prendere. Con effetti a volte paradossali. Un piccolo esempio: art. 5 dell’Intesa, “Assistenza spirituale”: il comma 1 e il comma 3 dicono chiaramente che all’assistenza spirituale durante il servizio militare, in ospedale, in casa di cura o di risposo, in carcere hanno diritto “gli appartenenti agli organismi rappresentati dall’UBI”, non i buddisti. Prima di ammalarmi, di finire all’ospizio, di compiere un reato da galera, devo iscrivermi a un centro UBI per avvalermi di un diritto costituzionale? E’ stato ampiamente discusso e ridiscusso almeno fra tutti i membri dei centri affiliati all’UBI il testo dell’Intesa? E’ stato passato al vaglio fine, come testo di politica religiosa, come espressione del dharma, o si è solo pensato a mettere in saccoccia un risultato come che sia? Dove sono i cantori del buddismo impegnato socialmente in questo frangente così profondamente sociale? Se non è impegno sociale questo, di che parlano?
29 Marzo 2013 alle 12:45 pm
Capperi! Qui il quartier generale picchia duro.
Di che parlano?
Qualche volta “li” ho sentiti.
Da paura.
Volendo, tra “gli zen”, si può fare un tour…: ce ne sono elencati per parecchie pagine.
C’è anche chi ha organizzato una raccolta firme per sollecitare l’intesa.
29 Marzo 2013 alle 1:15 pm
@90:”o si è solo pensato a mettere in saccoccia un risultato come che sia?”
Eh già!
Comunque, se si pensa all’U.B.I. come a un coacervo di profittatori si è fuori strada.
L’U.B.I. è fatta dai centri che ne fanno parte e dagli aderenti agli stessi. Personalmente mi viene in mente più qualcosa come “dilettanti allo sbaraglio”. Ma magari mi sbaglio.
Il peccato originale lo abbiamo anche noi, una comunità nata con finalità politiche.
Dell’assemblea U.B.I. in cui è stata presentata le lettera del post, l’unica relazione in rete è la seguente. Gustatevela.
http://sangha.posterous.com/assemblea-ubi-del-9-1032013
29 Marzo 2013 alle 1:22 pm
Ringrazio per il benvenuto, sono un po’ frastornata… sarei una “plurinick”!? ma cos’è?
Frequento poco i blog e non pensavo di dovermi presentare, anche se vi leggo da tempo non sono mai intervenuta perché spesso trovo riflessioni che condivido e che avrei fatto anch’io, forse sarebbe meglio frequentare blog dove gli interventi siano meno in linea con il mio pensiero, in quel caso potrei dare (forse) contributi più significativi rischiando magari di essere insultata, ma per le buone cause bisogna rischiare! Questa volta a proposito dell’intesa mi sono unita al coro, l’argomento mi interessa particolarmente, e in uno slancio di entusiasmo…ho voluto partecipare al dialogo senza la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Anche se sono stata tacciata di incompetenza nel campo del diritto continuo ad auspicare che l’Italia possa un giorno diventare uno stato laico, d’altra parte se lo fosse già non potrei auspicarlo.
29 Marzo 2013 alle 1:53 pm
Dio bonino il buddismo ufficiale…i maestri certificati…..si sta andando ammale. Dove andranno a finire, alla tassa sul Samadhi ed all’Enlightment Card, coi punti fragola modello Esselunga? Raggiungi i 10.000 punti ed avrai in premio il Samiaksambhodi ed una pentola antiaderente!
What a shame…torno al dolcetto Dogliani, alle partite a pallavolo con mia figlia ed allo Zazen fuorilegge. Tra un pò ci vorrà l’autorizzazione e l’apposito modulo anche per defecare, scusare la finezza
29 Marzo 2013 alle 2:01 pm
@ 92: adm, come cerchiobottista hai un futuro… 😛
La relazione sull’assemblea di cui al tuo link è un pezzo da incorniciare, grazie. C’è tutto quel che serve sapere sull’UBI, le sue finalità, la sua cultura, la sua sensibilità, la sua capacità di recepire discorsi diversi, il suo interesse per i temi più profondi…
Pure l’ex deputato radicale, bell’esemplare: competente, informato…: “ha sottolineato il grande valore, anche simbolico, di quest’intesa, a cui si spera possa seguire una più generale “legge sulla libertà religiosa” che andrebbe così a regolare specificatamente tutte le realtà religiose oggi non riconosciute (o perché l’intesa non c’è, o perché non vi hanno potuto aderire) e che, di fatto, sono per lo Stato una semplice, qualsiasi associazione”, proprio quello che ci manca: una legge che irreggimenti tutti, anche quelli che non son riusciti a ingabbiare sino ad ora.
29 Marzo 2013 alle 2:05 pm
@94: no no, non puoi fare zazen se non c’hai un maestro certificato MdC e giocare a pallavolo se non sei affiliato alla federazione. Il dolcetto va bene, è a norma.
Mi riconsolo pensando che è tutta una pantomima, ma bisogna farci da conto.
Zazen vive e lotta con noi!
29 Marzo 2013 alle 3:04 pm
@95: mym, accetto volentieri, ma preferirei cerchiobuddhista.
Anni or sono, non ricordo con precisione chi, mi pare Andreotti, partecipò ad una assemblea relativa allo sport nazionale. Nel suo discorso disse qualcosa che suonava più o meno così: “Lo Stato non si è occupato abbastanza di voi” poi aggiunse “direi per fortuna”.
Poi lo stato cominciò e l’utopia del dilettantismo sportivo divenne sempre più solo nominale.
Avverrà così anche per le religioni? Penso proprio di si. Nesuno zazen se non in terra consacrata e dopo aver pagato la giusta tassa.
Questo avverrà comunque solo finchè le religioni cercheranno di essere accreditate dallo Stato.
Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore.
29 Marzo 2013 alle 4:20 pm
@ 97: “Questo avverrà comunque solo finché le religioni cercheranno di essere accreditate dallo Stato. Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore”: sono d’accordo un bel po’ un bel po’! Ritiro senz’altro il cerchiobottista e volentieri ti vedo come cerchiobuddista. In fatto di religioni le leggi servono, a far sì che ogni religione possa svilupparsi in pace.
Poi ci sono altre leggi, ma valgono per tutti, che stabiliscono che cosa è vietato e che cosa no.
29 Marzo 2013 alle 5:28 pm
@ 96: “maestro certificato MdC”, questo mi manca (si fa per dire…), che cos’è? 🙁
29 Marzo 2013 alle 6:20 pm
La relazione dell’assemblea UBI cui ho partecipato come ospite praticamente autoinvitato (@92) è davvero esemplare. Se persino chi fa parte dell’UBI parla dell’UBI medesima come fossero “loro” e non “noi”, una sorta di controparte da sfruttare per gli interessi della propria bottega e da ignorare quando gli interessi non collimano, e non un terreno di incontro, che unione del piffero è? Inoltre il resoconto è faziosamente tendenzioso, sembra che il relatore abbia udito solo quel che voleva sentire e riferito solo quel che voleva qualcuno (il Maestro?) sentisse. Non ho preso appunti, ma ricordo bene che Mariangela Falà ha insistito sulla responsabilità nuova che compete all’UBI con l’Intesa, anche verso i buddisti non membri dell’UBI, il valdese Naso ha spiegato accuratamente i motivi religiosi per cui i valdesi non usano i soldi dell’otto per mille per il culto, io non ho mai parlato a nome di una fortunatamente inesistente Organizzazione Soto europea ma a titolo personale e come rappresentante dell’istituzione Soto Zen cui fanno riferimento tutti i preti Soto Zen italiani per fregiarsi dei documenti di legittimità che esibiscono. Ho parlato per alcuni minuti, invitando a far tesoro dell’occasione per ripensare la questione dalla base, ad assumersi la responsabilità di rappresentati unici del buddismo di fronte allo Stato, pur essendo in realtà rappresentanti di una minoranza, a cogliere l’occasione per “fare qualcosa di buddista”, ho invitato tutti a lavorare insieme al fine di rendere il buddismo italiano sia sempre meno clericale e sempre più laico. Il radicale mi è parso di quelli che non fanno rimpiangere che non vi siano più rappresentanti di quel peraltro nobile e glorioso partito in questo parlamento. La lettera che si trova all’inizio di questo bolg è stata poi distribuita ai presenti. Concordo in pieno con @98
29 Marzo 2013 alle 7:09 pm
Politica e Religione (messe assieme) sono la fine della ricerca interiore…consiglio la visione del film “la Vendetta dei Sith” di G.Lucas, molto pertinente al tema in discussione. I Jedi vanno a catafascio non tanto perchè Il Signore Oscuro li frega, ma perchè sono intrallazzati fino al collo con la politica.
29 Marzo 2013 alle 7:11 pm
Yoda è un maneggione democristiano. Infatti se ci fate caso somiglia ad Andreotti,
29 Marzo 2013 alle 8:34 pm
Ecco, lungi da me l’intenzione di censura. Mi basta il desiderio. Però, quando si scrivono cose … goliardiche? un commento per volta penso sia abbasta.
29 Marzo 2013 alle 11:55 pm
Veramente era semiserio, comunue Ok
30 Marzo 2013 alle 12:06 am
Non è che sottovaluti l’importanza del tema in discussione, tutt’altro, ma mi pare si sia as un punto morto. Sulla diagnosi mi sembra ci sia un accordo generale, mentre quanto al che fare, sembra di capire che non si possa far nulla. Per cui o si piange oppure,,,
30 Marzo 2013 alle 1:42 pm
Ho una domanda per jf o per chi abbia voglia di rispondere a ragion veduta: come è regolato negli altri paesi occidentali, come ad es. la Francia, il rapporto stato-religioni?
30 Marzo 2013 alle 7:52 pm
Certo, anche io concordo con mym @98. Aggiungerei che le leggi devono servire “solo” a far sì che ogni religione possa svilupparsi in pace.
@99:MdC=Ministro di Culto
@100:jf, chiaramente ciascuno interpreta le cose secondo il proprio punto di vista. Lo “scollamento” fra l’U.B.I. e i suoi membri credo sia dovuto alla scarsa partecipazione dell’organizzazione (leggi C.D.) a eventi organizzati dai proprio associati. Una dinamica analoga al classico serpente che si morde la coda.
Leggo volentieri le considerazini che riporti del Vice Presidente Maria Angela Falà che, come dici tu “ha insistito sulla responsabilità nuova che compete all’UBI con l’Intesa, anche verso i buddisti non membri dell’UBI.”.
Questo stride però con quanto riportato nella relazione che cito @92 in cui è scritto: “Chi rappresenta l’UBI: per noi rappresenta solo gli aderenti; non si è deciso ma la maggioranza è di questo avviso”.
Che impressione hai avuto tu jf riguardo a questo tema? C’è stata una votazione? Dichiarazioni a parte le due citate?
30 Marzo 2013 alle 8:13 pm
Buona Pasqua, non ostante tutto.
Fosse il mondo la consolazione del vivere
non vi potrebbero essere auguri.
Ma: non di solo pane…
Per questo è possibile, scambiarsi gli auguri,
pur nel mondo. mym
30 Marzo 2013 alle 8:40 pm
E’ un bel pensiero, grazie Mym. Buona pasqua
30 Marzo 2013 alle 8:47 pm
Grazie adm 107: ministro di culto, accipicchia!
31 Marzo 2013 alle 10:25 am
@ 105: “quanto al che fare, sembra di capire che non si possa far nulla” forse ti è sfuggito che si è già fatto tutto. O quantomeno la base.
Al punto che si può, addirittura, tirar le fila di una conclusione: a seconda di qual è il loro intimo interesse, di che cosa cercano e di che cosa vogliono, coloro che si avvicineranno (e che si sono avvicinati) al buddismo potranno scegliere.
Una cosa non è un’altra.
31 Marzo 2013 alle 4:44 pm
Ciao, doc @106. La questione è complessa, e varia da Stato a Stato: si va dal riconoscimento di una religione di Stato (ormai un’eccezione in Europa – vedi Inghilterra e Grecia) all’affermazione costituzionale della separazione totale far Stato e religioni (Francia). In Francia il principio di laicità vige dal 1905 (legge di abrogazione del concordato del 1801) tranne che nella regione Alsazia-Mosella dove invece è in vigore un concordato con la Chiesa cattolica. Lo Stato francese riconosce costituzionalmente egual diritto di espressione e manifestazione del culto a qualunque forma religiosa ma almeno in teoria non ne privilegia nessuna. Le cosiddette singole confessioni si organizzano come meglio credono e possono accreditare singoli ministri di culto che possono accedere a un servizio pensionistico (pagando i previsti contributi, il che ha aperto un dibattito perché spesso non ne vale la pena in un Paese dove il welfare state è efficiente per cui conviene la pensione sociale) svolgere funzioni di culto, visitare malati e carcerati ecc… Le pratiche per il riconoscimento da parte dello Stato (per esempio dell’UBF – Union Bouddhiste Française) equivalgono più o meno a quelle per il riconoscimento della personalità giuridica per enti morali senza fini di lucro, in vigore anche in Italia. Non esiste niente di simile all’otto per mille. In quasi tutti gli altri paesi europei vigono forme “concordatarie”. Bisogna tener conto che in genere i cosiddetti concordati sono stati strumenti legali per superare la situazione di religione di Stato (cattolica, luterana, riformata a vari titoli, ortodossa) che vigeva in tutti gli Stati Nazionali europei. Una curiosità: oggigiorno, nel mondo, quanto a religioni di Stato, dopo l’islam che guida con gran distacco la classifica, la religione di Stato più diffusa è il buddismo (Bhoutan, Myan mar, Cambogia, Sri Lanka, Thailandia, Tibet – in esilio – Kalmucchia) che batte nettamente per quantità cattolicesimo, ortodossia e chiese riformate varie.
31 Marzo 2013 alle 4:56 pm
adm @107 L’impressione che ho avuto è di un gruppo di persone prive non dico di una visione comune, ma persino della volontà di provare a iniziare a discutere della possibilità dell’elaborazione di un pensiero comune. Ognuno pensa al proprio recinto, in un parossismo di quella che Panikkar chiama “microdossia”. Non so se ci sono state votazioni perché la mia presenza è stata appena tollerata e mi hanno fatto molto chiaramente capire che non potevo partecipare alla discussione del direttori dei Centri né assistere alle votazioni: cosicché fatto il mio discorsetto (e ho dovuto praticamente imporlo) e lasciata la lettera da mettere agli atti e far circolare, me ne sono andato senza rimpianti né rimorsi.
Sottoscrivo @ mym 111: il fattibile è stato fatto, chi vuole informarsi ha strumenti, chi vuole operare scelte ha una vasta gamma.
31 Marzo 2013 alle 5:39 pm
Ciao jf, benturnat. Penso che la frammentazione che hai percepito sia nella ratio stessa di un’unione che non s’aveva da fare. Come hai detto altrove, il buddismo è e resta un fatto individuale, personale.
Però per motivi ormai noti e spesso non di carattere religioso, si sono formate conventicole e gruppi chiusi. Che, per potersi unire ad altri o anche solo per avere un pensiero comune, dovrebbero rinunciare al “pensiero unico” che li fa esistere. Ovvero autodistruggersi o tornare all’origine de uno=uno, come s’usa dire ora. L’unico motivo che hanno (avevano) di stare assieme in quella forma detta UBI, imho, è che l’unione fa la forza, la forza per trattare con lo stato. Ora la trattativa è terminata. La forza -e quindi l’unione- non servono più. Ciononostante sono obbligati a stare assieme, altrimenti va tutto in malora.
Classico pasticcio all’italiana.
31 Marzo 2013 alle 7:35 pm
Ciao jf, grazie della panoramica.
In ambito ‘buddista’, in Francia, ci sono altre associazioni riconosciute oltre alla UBF?
31 Marzo 2013 alle 7:53 pm
@111 Una cosa non è un’altra
Concordo, ma per indicarle si usa lo stesso termine (buddismo) così come ci si riferisce ad una comune tradizione, e questo produce fraintendimenti e difficoltà di comunicazione. Mi viene in mente la distinzione che fa Bergson tra religione statica legata alle istituzioni, a credenze stabili con le quali proteggersi dalle paure e fornire speranze consolatorie; e religione dinamica – dei mistici – propensa alla valorizzazione della creatività personale, questa seconda tipologia di esperienza religiosa mi sembra che sia non solo rara ma anche non riconosciuta come tale, spesso dequalificata come arbitrio personale.
31 Marzo 2013 alle 7:57 pm
@ 116: quindi “a seconda di qual è il loro intimo interesse, di che cosa cercano e di che cosa vogliono, coloro che si avvicineranno (e che si sono avvicinati) al buddismo potranno scegliere (cfr. 111)”.
Perché una cosa non è un’altra.
Anche quando si usa lo stesso termine.
31 Marzo 2013 alle 8:02 pm
@ 111: non mi è sfuggito, infatti a mio parere le due cose veramente necessarie sono la possibilità di accedere liberamente alle informazioni e di condividere le esperienze, e per entrambe il sito della Stella è più che sufficente. Mi fa specie però che un gruppetto di persone che arriva si e non al 3 % del totale chiede di rappresentare tutta una religione presso lo stato e gli venga riconosciuto.
31 Marzo 2013 alle 8:46 pm
Se non ci fosse stata un’esperienza come quella della Stella, non mi sarebbe stato possibile iniziare seriamente (vabbhè diciamo con un minimo di serietà) la pratica. Da una parte non sopporto l’autoritarismo, anche in forma mascherata o “microdossica”, dall’altra degli strumenti di lavoro ed una possibilità di confronto sono pur necessari.
1 Aprile 2013 alle 9:21 am
@ 119: la stella non esiste. Ma è bene non si sappia in giro.
Altrimenti ci fanno sparire.
E pazienza.
1 Aprile 2013 alle 10:44 am
@120: o almeno non esiste solo la stella, ma questo è bene che si sappia in giro.
Buona pasquetta a tutti.
1 Aprile 2013 alle 10:57 am
@ 121. Questa volta dissento vigorosamente: la stella non esiste per davvero. E questo, buono o cattivo che sia, non è imitabile. Soprattutto da chi, magari onorevolmente, esiste.
Quando dico “è bene non si sappia in giro” intendo: se chi è abituato all’esistenza dei cosiddetti “Centri” (una volta qualcuno mi chiese: ma tu non apri centri? Risposi: piuttosto mi faccio male alle parti basse. Non capì) si rende conto di ciò, magari finisce per ignorarci (i.e.: ci fa scomparire). E, a volte, questo è un peccato, un’occasione persa che -forse- non si ripresenterà più.
Passano balestrucci, già da una settimana, ma niente rondini
1 Aprile 2013 alle 11:16 am
Un giorno qualcuno mi spiegherà a cosa servono i “centri”. Personalmente, ho avuto occasione di fare Zz in compagnia, e non ho trovato differenza alcuna rispetto a farlo “de per mì”. Inoltre secondo me è necessario, oltre che-francamente-piacevole, che la pratica sia un’abitudine quotidiana che si consolida, ed andare tutti giorni in un “centro” mi sembra molto poco pratico.
Certo, conoscere personalmente vis-a-vis, un’altro praticante, magari esperto, ha il suo perchè. Per me è stato molto bello scoprire com’era di persona il Rev. Lup. Mannar. Forzani, data la sua non esibizione di non contrassegni, la simpatia, l’umanità, la cultura, lo humor ecc ecc…
Propongo Jf come non direttore supremo di tutti i non centri 😉
1 Aprile 2013 alle 11:34 am
aa sei ‘na mosca. E pazienza.
Il fatto è che non… ci prendi. Quel che fai, così, è già fare conventicola, fare i centri.
Noi che…
Lui, dei nostri, che…
Io, che conosco/frequento LUI, mica come voi…
ecc.ecc.
Siamo tutti, te compreso, direttori supremi.
E peui, lassa sté col povr’òm…!
1 Aprile 2013 alle 11:43 am
Ma sì uno=uno d’accordo. Mica l’ho detto io che Zazen vive e lotta con NOI…noi chi? gli altri chessono, in loro non ci lotta?
Se parlo encomiasticamente della Stella, è soprattutto per l’uso secondo me intelligente del web, che secondo me rende superflue molte altre cose
1 Aprile 2013 alle 11:53 am
@ 125. Massì, una bella chiamata di correo ogni tanto ci può stare… 😛
L’avevo lasciata passare in @ 96. Avevo il dubbio fosse lo scherzoso riecheggiare di un vecchio slogan. Ma non si sa mai: meglio sparargli, poi… Dio riconoscerà i suoi, se vuole.
L’uso intelligente del veb, quello sì che è da rimarcare 😛 😛 😛
1 Aprile 2013 alle 12:01 pm
A me invece mi aveva fatto pensare a “Che la Forza sia con te giovane Skywalker”; è per quello che poi m’ero lanciato sull’ardito richiamo a Star Wars, che non voleva essere una goliardata…ciascuno ha i miti che si merita I guess…
1 Aprile 2013 alle 12:14 pm
Ma sete carini.
aa @125: Se io dico “Zazen vive e lotta con noi” vengo preso sul serio. Boh?
E le vostre posizioni sulla Stella che esiste e non esiste che sfociano nella conventicola io però ve le passo per buone.
Sulla questione centri da @122 fino @125.
Io dissento del dissentire. A parte che ognuno fà quel che gli pare, se vuole andare/fare un centro è libero di farselo senza che ci sia moralismo anarcoide a sfotterlo. Mi sembrerebbe un atteggiamento un pò presuntuoso ma concordo con mym @124.
Poi c’è da dire che non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda (si può dire?).
Imho uno dei problemi del buddhismo italiano è proprio la deriva “saccentella”, ciascuno nei propri centri o non centri (e via tutte le possibilità immaginabili) si crede il detentore del Vero Dharma, del vero Zen. Lascia passare questo messaggio ai frequentatori, agli amici e non scende a confrontarsi all’esterno per paura che le proprie tesi possano essere confutate.
Come risultato abbiamo microidentità elitarie che non dialogano (e questo sarebbe già il meno) ma che confliggono quando si incontrano.
Insomma, lo Zen in occidente è arrivato per centri, comunità e associazioni (cfr.Wikipedia “La Stella del Mattino”) e non si può non tenerne conto.
Guardate che di “stellini” ne ho incontrati negli anni e mi pare tutti belli orgogliosi della loro identita “vacua identità”ergo…
Altrove, mi si chiedevano i nomi. Ora io chiedo, le alternative?
1 Aprile 2013 alle 12:27 pm
Certe proposte @aa123 le fai a tua zia. A scanso di equivoci.
Il buddismo è roba per solitari, si può anche trovarsi insieme, ma solitari si resta anche in compagnia. Fra solitari non ci sono gerarchie, primazie, direttori e diretti: tutti diversamente uguali. I cosiddetti centri sono costituzionalmente centri per cuori solitari, ovvero per persone che si sentono sole e in qualche modo vogliono smettere di sentirsi sole, non fosse che per convincersi l’un l’altro che si sta facedno la cosa giusta, procedendo in sulla via ecc… Quello che nasce come uno strumento diviene immediatamente un fine. Prova a dire a una persona che ti racconta le pene di “tenere un centro” (ce n’è a bizzeffe) “bene, chiudilo”: ti guarda come se bestemmiassi, come fossi il diavolo.
@doc 115 Sì, ci sono, conosco per esempio un associazione molto grande, con tempio, centro culturale, biblioteca ecc… che si chiama Tenrikyo, affiliata all’omonima organizzazione buddista giapponese, riconosciuta come associazione francese e non aderente all’UBF. Inoltre ci sono associazioni membri dell’UBF che sono anche riconosciute in proprio. Non credo che essere membro dell’UBF sia privilegi speciali. l’ufficio europeo cui afferisco è organizzato come associazione francese senza fini di lucro (non ha personalità giuridica) è membro dell’UBF ma devo dire che frequentiamo poco: ci mandano un sacco di resoconti, verbali di assemblee, inviti a iniziative, ma non ci siamo mai fatti vedere: i giapponesi non sono minimamente interessati, e io… 🙂
1 Aprile 2013 alle 12:34 pm
@ 128 capperi che filippica. Peperoncino a colazione? 🙂
Però alcune cose è ben chiarirle.
-“E le vostre posizioni sulla Stella che esiste e non esiste che sfociano nella conventicola io però ve le passo per buone” se così fosse -e mi piacerebbe capire che cosa fai passare- faresti male, imho.
-Se “ognuno fà quel che gli pare” be’ checc’è di male se qualcuno sfotte ‘nu poco?
-È già la seconda volta che esprimi il concetto “Poi c’è da dire che non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda” ammesso che sia come dici 😀 dove mai qualcuno ha detto/espresso una cosa simile su questo blog? Se me lo indichi gli facciamo tottò.
-“Guardate che di “stellini” ne ho incontrati negli anni e mi pare tutti belli orgogliosi della loro identita “vacua identità”ergo…” temo si tratti di … come si dice quando uno le spara grosse? Forse si trattava di sedicenti stellini. Non scherzo, lo ribadisco perché pare necessario: non esiste la stella né tantomeno gli stellini. I nomi, mannaggia, i nomi! 😡
– Alternative a cosa? Alla non stella o ai centri?
– Evito di commentare “e non scende a confrontarsi all’esterno per paura che le proprie tesi possano essere confutate” perché mi pare nei fatti che non riguardi questo blog. O no? Conosci qualche Centro dove i … referenti (giusto il tempo necessario di scrivere queste righe poi: puf!) si mettono in gioco così?
Finalmente qualcuno che dissente.
Se … insisti ti passiamo un vitalizio 😛
PS: è vero, la stella esiste come associazione (cfr. wiki). Ci sono molte ragioni per cui è stata fatta questa scelta. In assenza di queste ragioni (legali, amministrative, tecniche) non ci sarebbe associazione. Hai mai incontrato qualcuno che facesse parte (ovvero: fosse un associato) della associazione “Stella del Mattino, comunità buddista zen italiana”, a parte i fondatori? Più numerosi i dissociati.
Occorre farsene una ragione: la stella non esiste.
1 Aprile 2013 alle 12:54 pm
@ 129: scherzavo, scherzavo, non t’inkakkiare…vade retro Satana, ho capito, ma non è il caso
Io non ho mai detto che chi va ad un centro è un mentecatto, ci mancherebbe, ho detto che difficilmente ci si può andare tutti i giorni, per cui alla fine non mi sembrano così fondamentali.
1 Aprile 2013 alle 12:55 pm
@ 130: però insisto scusa: il sito web serve. Niente sito web (o similari, s’intende) niente opzione B
1 Aprile 2013 alle 4:27 pm
@ 132: aa bisogna sempre spiegarti tutto… L’opzione B, in realtà è l’opzione C, infatti il sito veb è uno schermo, serve di copertura alla vera opzione. Nota solo agli stellini, per diventare i quali occorre far parte dell’associazione, in modo da essere, poi, accettati nella stella. Come ci si associa all’associazione? Per una volta ti dirò la verità (non dovrebbe farmi male…): non lo so.
1 Aprile 2013 alle 8:40 pm
ola! ma non vi fermate neanche a Pasqua?? noi abbiamo visitato il Centro di Roma (il centro storico, non quello buddista! vero è che in mezzo c’è un immenso Foro vuoto, quindi un po’ buddista lo è).
a margine della discussione, a mo’ di sintesi, viene bene citare la frase ‘storica’ pronunciata dalla moglièra in Via dei Fori imperiali: “Non ho visto l’uomo invisibile…”
1 Aprile 2013 alle 9:51 pm
@130 ma no, non dissento (niente vitalizio perciò), anzi da ora anche io non faccio parte della Stella. C’è da pagare una quota o basta la fedeltà alla linea?
Buonanotte a tutti.
2 Aprile 2013 alle 8:58 am
@ 134: ciao dhr, buone vacanze, a te e signora.
@ 135: adm sei un’anguilla… 🙂 Però una cosetta, almeno, potresti dirla: quando riaffermi che “non è che tutto quello che accade fuori dalla Stella o dalla non-stella sia merda” lo dici per… dovere di parte 😀 o hai qualche esempio, una persona un Centro per cui si possa, baldanzosamente, affermare quanto sopra?
In questo blog (anche se a volte non sembra) cerchiamo di parlare seriamente, così finché è possibile ascoltiamo seriamente.
2 Aprile 2013 alle 9:03 am
@ 135: pagare la quota facilita SEMPRE le cose… 😎
2 Aprile 2013 alle 10:16 am
Io la butto là (tanto una più una meno): non è che il modello più funzionale in circolazione in Italia è quello della meditazione vipassana – tradizione Theravada? Non lo conosco direttamente ma mi sembrano “avanti” come approccio. C’è sempre da imparare dagli anziani…
2 Aprile 2013 alle 10:31 am
@ 138: aa sei la disperazione degli stellati.
Funzionale a cosa?
2 Aprile 2013 alle 10:46 am
E’ un esempio di diffusione in occidente senza bisogno di centri, non “cultuale”, nel quale la figura del “maestro” esiste ma, mi pare, non nel senso di “direttore o guida spirituale”
Funzionale alle necessità dello stile di vita occidentale. Discutibile in se stesso ma di fatto imprescindibile.
2 Aprile 2013 alle 10:55 am
@ 140: sì, lo so è tutta brava gente. Per favore, prima leggi questa poi ne riparliamo.
2 Aprile 2013 alle 10:57 am
Funzionale anche a rendere disponibile il succo senza doverci aggiungere l’inessenziale. Che mi sembra il centro della questione IMHO
2 Aprile 2013 alle 10:57 am
Grazie
2 Aprile 2013 alle 10:59 am
142 @: linguaggio intenzionale all’anno zero. Come entrare in bagno col trattore.
2 Aprile 2013 alle 11:04 am
@aa140: di imprescindibile… ci sono solo le glosse di jf
adieu
2 Aprile 2013 alle 11:19 am
Linguaggio intenzionale involontario….come l’uomo invisibile che non sa di esserlo
2 Aprile 2013 alle 11:27 am
@ 146: diobonino aa, ci sarebbe una cosa risolutiva per uno come te. Mai sentito parlare del pentolone pieno d’acqua sino all’orlo?
2 Aprile 2013 alle 11:37 am
@136: MYM, Prego “anguilla cerchiobuddhista”, così la mia identità “stellina” và definendosi. Come nome da Giovane Marmotta mi piace pure, posso cambiare il nick?
Il punto è che cerco di mitigare alcuni post magari un po’ aspri, poi, difficilmente troverai che mi trincero su qualche posizione. Anzi, sono incline, quando si parla seriamente, a cambiare idea.
Detto questo, per risponderti @130, certo “merda” l’ho usato io; mi rendo conto, un po’ forte, ma rileggendo i commenti e pure facendo un giro sul blog, qua e là qualche posizione virtuosa scappa, e a volte si esplicita nella contestazione e disapprovazione delle altre modalità. Magari è una mia idea, ma pure rileggendo, non cambia. Se vuoi parliamone.
Comunque no, nessun dovere di parte e neppure baldanza nell’affermare che esistono realtà “virtuose” che rigettano le gerarchie stantie, se ne fregano della politica e non coltivano attaccamento per soldi e onori.
La statistica verosimile accennata da jf ci dice che esiste una maggioranza buddista “sommersa” di cui non si parla mai.
Inutile fare nomi, che a volte manco esistono, per la gioia di qualcuno, ma ecco cosa mi è capitato fra i piedi in tempi recenti:
-Gruppi di giovani e studenti che praticano regolarmente assieme senza qualsivoglia gerarchia, nome o associazione, in un paio di casi affittano casolari per fare ritiri più volte all’anno, in un caso il locale in campagna è messo a disposizione gratuitamente da uno dei praticanti e viene usato a turno per ritiri individuali (cfr. @138).
-Studenti o monaci (de noantri) Zen che si emancipano dai padri padroni e dai modelli neo-confuciani proponendo la pratica e lo studio dello Zen a un livello “orizzontale” con liturgie ridotte al minimo e poco o niente nippo-esotismo.
-Derivazioni di scuole orientali o americane che già da tempo hanno abbandonato o accantonato le forme autoritarie precedenti e che svolgono un’intensa attività sociale.
Una piccola nota. Dagli U.S.A. ci arrivano cronache di scandali in relazione a centri buddisti e insegnanti; è pur vero che lo scandalo fa più notizia della banale normalità e in America esiste un gran numero di realtà oneste che hanno superato da tempo i difetti di cui stiamo trattando. Esistono tanto per fare un esempio, realtà come la First Zen Institute of America rette unicamente da “studenti senior” che gestiscono uno dei centri più vecchi d’America e periodicamente invitano insegnanti dal Giappone senza che essi si possano “accasare”.
Certo per questi esempi citati esistono altrettante realtà che hanno deviato parecchio o che hanno riprodotto surrettiziamente modelli che, riproposti in Occidente non possono che apparire palesemente grotteschi.
Ciò non toglie che ci sia qualcuno che “ci prova”.
2 Aprile 2013 alle 11:39 am
Quale pentolone, quello della serie televisiva “Kung-Fu”?
2 Aprile 2013 alle 11:52 am
@ 148: ah, uh, certo: qualcuno checceprova cestassempre… Ma l’UBI con tutto ciò checciazzecca? Esiste o no il fulgido esempio che la riscatti dalla tua coprolalica excusatio?
2 Aprile 2013 alle 12:09 pm
@150: Che c’entra l’U.B.I.?
Qui stiamo diffusamente parlando del buddhismo italiano (e d’Occidente) e l’U.B.I. e l’Intesa centrano nella misura in cui i buddhisti italiani (fra i quali quelli citati da me) si aspetteranno qualcosa dall’U.B.I. (e viceversa).
A meno che non ci sia una alternativa.
Non fare il furbo mym, non mi porterai a dire che io sono meglio di te.
Qual’è il tuo nock da stellina?
2 Aprile 2013 alle 12:27 pm
Non ci fossi tu, vali @145, a capirmi e a ingentilire questa rozza compagnia… come l’angelica lady che sfiorando di quando in quando con l’eterea veste la gravosa pietra del tempo, ne svela l’inconsistente natura – basta aver pazienza 🙂
2 Aprile 2013 alle 12:43 pm
@ 151: “Qui stiamo diffusamente parlando del buddhismo italiano (e d’Occidente) e l’U.B.I. e l’Intesa centrano nella misura in cui i buddhisti italiani (fra i quali quelli citati da me) si aspetteranno qualcosa dall’U.B.I. (e viceversa)” non è così: il post è sull’intesa il resto (della frase) è tutta farina del tuo sacco. Come pure è farina del tuo sacco la frase di excusatio riguardo all’UBI, e non riguardo agli americani o dei buddisti d’occidente “che si aspettano qualcosa dall’UBI”. Chissà che cosa si possono aspettare.
Riguardo a chi sia meglio (o al dire chi sia meglio) tra te e me lascio a te la scelta, essendo, di nuovo, farina del tuo sacco.
Assumersi la responsabilità di quello che si scrive/dice … chissà, magari è proprio questo che si aspettano i “buddisti occidentali”.
Ooooh!
Cloppiti cloppiti cloppiti…
2 Aprile 2013 alle 12:54 pm
@153:
Il post è sull’intesa, i commenti no!
Pure se fosse, non mi pare d’essere così O.T., questo genere di richiami all’ordine smorza qualunque dialettica.
Ma se credi sia giusto così taccio.
Riguardo a chi sia meglio, la faccina e le allusioni su “dovere di parte” e “baldanza” @136 la dicono lunga sull’origine della farina del mio sacco.
Ebbene si, l’ho rubata dal tuo.
2 Aprile 2013 alle 2:40 pm
@ 123 Ciao aa, in ritardo, ma volevo riprendere il fatto che fare zz in compagnia o da soli sia equivalente. Non dico che una cosa sia migliore o peggiore dell’ altra ma sicuramente non è la ‘stessa cosa’.
Quando si è in compagnia la campana non suona quando vuoi tu e ciò non è affatto indifferente. Magari scopri anche che la postura che ritenevi essere il tuo massimo possibile può essere un po’ ‘migliorata’. Se frequenti un dojo con regolarità hai la possibilità di confrontarti con la normale vita di chi segue questa strada… e altro..
Le due modalità ( da soli e in compagnia ) non credo siano alternative una all’ altra, anzi credo si sostengano a vicenda…
Poi è chiaro che ognuno fa ciò che può o che crede sia migliore per lui, però la differenza ( nel bene e nel male )credo proprio che ci sia.. ciao
2 Aprile 2013 alle 3:13 pm
Una cosa da rimarcare, voi che lavorate sul pezzo, sarebbe che l’Ubi deve trovare il modo di non certificare, non deve farsi garante di un certa esperienza religiosa. Forse come presupposto a tutto ci si dovrebbe mettere daccordo su quale (non so come dirla diversamente) forma di “fare” si vuole sostenere economicamente nel buddismo, … liturgia o impegno sociale, o in che proporzioni entrambi? Sarebbe molto più semplice all’atto pratico se si rinunciasse alla parte destinata alla liturgia. Restando in casa “soto”, voi che c’eravate all’assemblea @92, la posizione di jf e dell’abate di Fudenji non sottintendono due percorsi diversi se non divergenti? Almeno dal resoconto si potrebbe immaginare una cosa simile …
2 Aprile 2013 alle 3:58 pm
Buogiorno Massimo @156, mi sa che alla fatidica assemblea ero presente solo io fra i dotti interloquenti di questo post, dunque tocca a me risponderti. “La posizione di jf e dell’abate di Fudenji non sottintendono due percorsi diversi se non divergenti?” E’ molto più semplice: sottintendono e presuppongono due posizioni che non hanno niente in comune perché guardano e vedono cose del tutto differenti. L’abate di Fudenji ha un’intenzione chiara e un progetto strutturato, ovvero mira alla costituzione di un clero buddista (zen) a struttura gerarchica, detentore di un potere liturgico-sacramentale, che si fonderebbe su una “teologia cultuale buddista” (ri)costruita ad hoc: questo disegno è evidente ed esplicito e solo gli ingenui o i pigri possono imputargli fumosità e cripticità nell’enunciarlo. Io non ho alcun disegno, intenzione, progetto: mi sono limitato nell’occasione ad augurare al buddismo italiano del futuro una robusta dose di laicità che lo vaccini dalla deriva clericale che constato ovunque in Europa anche grazie al lavoro che svolgo attualmente. E’ stato questo richiamo alla laicità a stimolare la critica del rev. Guareschi, che si è detto in radicale dissenso e ha definito la laicità una forma di dittatura.
2 Aprile 2013 alle 4:04 pm
@ 154, ciao adm: ti abbraccerei, era dai tempi di Nello che non “avevamo” uno come te (ça va sans dire è un “come te” pleonastico: siamo tutti diversi…) nel blog. La linearità dei tuoi argomenti, oserei dire l’onestà intellettuale dei tuoi ragionamenti, mi hanno basìto. Però, da qualche parte, mi è rimasto un paio di dubbi a prop del tuo @ 151: ‘sti buddisti italiani, che cosa aspetteranno dall’UBI? E, ancor più: che cosa mai potrà aspettarsi l’UBI dai buddisti italiani? Almeno come pretesa/intenzione, non sono la stessa cosa?
L’intreccio s’infittisce…
2 Aprile 2013 alle 4:20 pm
@ 155: ciao Marta. Sono d’accordo, sedersi da soli o in compagnia non è la stessa cosa. Il @ 123 di aa era eccentrico, paradossale. Il ragazzo è fatto così… Penso che il problema sia da sempre parte delle preoccupazioni dei praticanti se nel più antico (o uno dei più antichi) sutta, il Suttanipata, troviamo (riassumo): associarsi a buoni amici che pratichino con diligenza e ci stimolino con l’esempio è la cosa migliore. In assenza di quel tipo di buoni amici: meglio soli.
Quando mi siedo da solo non uso la campana: lo zazen termina quando suona la sveglia, ma si può fare anche aspettando che si spenga l’incenso.
Una cosa vorrei puntualizzare: troppo spesso le persone che frequentano un dojo, un centro dove si siedono una due volte a settimana, lo fanno un poco (un poco!) come andare alla messa della domenica: il resto della settimana pratica cristiana nisba. Invece, salva la funzione del sedersi in compagnia, occorre sedersi (anche da soli) tutti gli altri giorni. Altrimenti è proprio come andare alla messa della domenica lasciando al nisba gli altri giorni.
2 Aprile 2013 alle 4:21 pm
Beh stando alla visione del Gaureschi (è parente?) è ovvio cosa bisogna finanziare: tutta quella roba ha bisogno di danè, per fare i templi e dar da mangiare al clero zen e famiglia. L’opzione B di quattrini ne abbisogna molto meno, se non quasi zero.
Però l’opzione B non è quella della vipassana/theravada…lavoro interessante la tesi, il problema mi pare è che in quella forma lì mancano slancio etico e tensione mistica, e che forse si sottovaluta la portata di dhukka riducendola “solo” a disagio psicologico. Il rischio è di diventare roba da centro benessere e palestra, come lo atha yoga
Una religione senza culto ma che sia ancora religione, senza struttura, organigramma e gerarchie, senza clero ne testi sacri, ma che non si riduca a mera tecnica e non si mercifichi (mistificandosi). E’ uno stretto pertugio…
2 Aprile 2013 alle 4:26 pm
@ 160: “Però l’opzione B non è quella della vipassana/theravada” aa per favore parla di ciò che conosci. Prima di usare ancora il termine Theravada, per piacere, passa una settimanella qui.
2 Aprile 2013 alle 6:30 pm
@157 Grazie, jf! … forse a questo punto l’intesa può essere solo un contratto, perchè assolve alla funzione di erogare denaro ad un clero, o meglio alla parte identificata dall’ubi come tale. Rileggendo @87 e @90 … riguardo la funzione dell’Ubi, la migliore definizione di quest’ultima credo sia il nodo cruciale. Sono convinto sia dura venirne a capo, forse impossibile, visto che non ascoltano voci “esterne” … le mie sono solo opinioni chiaro…
Si dovrebbe poi trovare un modo alternativo per farsi trovare da chi cerca, a me personalmente piacerebbe molto che tutte le posizioni avessero visibilità. Credo che ci siano persone che non si sentano libere in certi tipi di impostazione; avessi dovuto “subire” una “gerarchia clericale” non sarei qui a romper le OO, almeno credo. Non ho molta esperienza, ma – se posso dire – forse ogni “maestro” ha il suo “pubblico”. Poi si cambia.
2 Aprile 2013 alle 6:44 pm
Ciao marta @155, a parer mio far zazen da solo/sola e far zazen in compagnia non sono la stessa cosa ma non per i motivi che dici tu. Non c’entra niente la campana, io pure da solo uso una sveglia e dunque il tempo è stabilito dal tempo stabilito, non dal mio capriccio. Il controllo “esterno” della posizione seduta alla lunga è una “laccia” (ergo, una fregatura) si può essere seduti come statue impeccabili e dormire come ghiri o pensare ai cavoli propri tutto il tempo. Lo scambio di vedute, di opinioni, di amichevoli conversari con le persone con cui ci si siede in compagnia possono essere ottime cose, ma non hanno direttamente a che fare con lo zazen. Zazen è una pratica solitaria, che si può fare da soli, che si può fare sedendosi insieme ad altri. La differenza, se devo esprimerla, è che nello zazen “in compagnia” c’è, oltre allo zazen di ciascun singolo, anche lo zazen dell’insieme. Ma non so esattamente cosa voglia dire.
2 Aprile 2013 alle 6:47 pm
@ 162, è importante che ci siano vari tipi di minestra. Altrimenti non esiste scelta.
Chi cerca trova, non temere.
Non solo: è il cercare che genera il percorso per cui se … non si mettono gli annunci sul giornale è anche meglio.
E non si tratta di enduro o prove mistiche.
2 Aprile 2013 alle 7:03 pm
Si hai ragione io mi riferisco a questo “…Il secondo tipo di approccio occidentale alla samatha-vipassana è quello secolare, che segue la via della ricerca scientifica e della rielaborazione psicologica della pratica a scopi curativi. In entrambi i casi, il razionalismo dell’atteggiamento scientifico trova corrispondenze nei caratteri antidogmatici,
esperienziali e diretti all’osservazione della mente” che conosco anche se non dettagliatamente, perchè so come viene inserito nei modelli di Beck e Guidano della piscoterapia cognitiva. Ma è giusto non chiamarla Theravada.
Sono un pò eccentrico ma non fino al punto della piena sanità mentale.
2 Aprile 2013 alle 7:44 pm
“..E’ stato questo richiamo alla laicità a stimolare la critica del rev. Guareschi, che si è detto in radicale dissenso e ha definito la laicità una forma di dittatura.”. Si potrebbe sorridere del novello Bertone, io non ci riesco: la “banalità del male” supporta il fanatismo che tanta sofferenza ha portato nella storia.
2 Aprile 2013 alle 7:45 pm
@ 165: m’hai fatto prendere uno spavento… qui bisogna essere “non-qualcosa” magari pure “anti” se si vuole essere “in”.
Finché piace il gioco.
2 Aprile 2013 alle 7:50 pm
@ 166, ciao Dario, bentornato. Però, c’è una logica. Se tu immagini una sorta di potere clericale assoluto è evidente che un’apertura “alla pari” ai laici è una tale cessione di autorità da essere percepita come dittatura.
2 Aprile 2013 alle 8:09 pm
@ 168: E’ esattamente per la stessa ragione che il papato considera il “laicismo” una dittatura, teme di perdere il potere. Ma che senso a sostituire er Cupolone con la Grande Padoga? A quel punto lì conviene restar cattolici e far la fila al confessionale.
Sarà perchè sto sempre in mezzo a psicologi e pichiatri, pazienti stressati, sarà perchè ho fatto pure io la psi modello cognitivista, ma io son convinto che il pericolo maggiore per il buddismo west-side non sia tanto quello dell’autoritarismo ecclesiale, ma quello di essere “risucchiato” dall’ambito psicoterapico-sanitario, una Chiesa in vero assai più potente. Il che dipende a mio avviso da una sottovalutazione del problema di dukkha (anche una persona del tutto sana di cozza ce l’ha, anzi forse lo avverte più chiaramente come tale- non che ciò mi riguardi of course).
2 Aprile 2013 alle 8:10 pm
a senz’hacca che vergogna
2 Aprile 2013 alle 8:59 pm
Ritengo appunto che il “potere clericale assoluto” sia il problema,la logica perversa, non tanto(al momento)per la società (il buddismo in Italia non mi pare abbia potere a sufficienza)quanto per le persone che entrano nel “meccanismo”.
Il problema relativo a tali “maestri” mi pare “grave” soprattutto in quanto buddisti: potere, clericale e assoluto non mi sembrano parole espressive di “buone intenzioni”, anzi tutt’altro. Mi paiono la malattia..
2 Aprile 2013 alle 11:12 pm
Non capisco in che senso la laicità possa essere una forma di dittatura (cfr.@157).La mancanza di un clero depositario del sapere e di conseguenza del potere non dovrebbe portare all’opposto della dittatura? Democrazia forse?
Dittatura e democrazia sono termini del linguaggio politico che fanno riferimento a modi di organizzare il potere, usarli in questo ambito contiene l’ammissione implicita che l’ esperienza religiosa abbia a che fare con la gestione del potere, come si vede in tanti Centri dove ci si occupa più della pratica degli altri che della propria.
3 Aprile 2013 alle 9:04 am
@ 169: traaanquil, il buddismo non corre pericoli.
@ 171: questo è uno dei problemi nei quali un intervento legislativo potrebbe -se fatto senza mire di interferenza indebita- avere senso. Per es. in Francia vi è un elenco nel quale vengono listate quelle organizzazioni (denominate “sette”, con forte senso negativo) all’interno delle quali si siano sviluppati episodi (certificati tramite denuncia, processo, condanna) di malversazioni, maltrattamenti, violenza, circonvenzioni ecc. L’appartenenza a tale elenco non è “per sempre”: dopo un tot di anni senza aver originato problemi si può chiedere di essere depennati. L’appartenenza a tale elenco implica l’esclusione da varie facilitazioni normative e amministrative. Inoltre, essendo consultabile, permette ai cittadini di avere un warning.
In ogni caso il problema non si può eliminare, già ne parlammo: per alcuni l’adesione ad un gruppo o a un Centro (non sai quanto non mi piaccia questo nome…) è il tentativo di soluzione di un problema pre-buddista, a volte la soluzione di quel problema passa anche attraverso la dipendenza e la sottomissione.
3 Aprile 2013 alle 9:50 am
Infatti infatti, il problema non è certificare i centri o i maestri ma far si che se ci sono abusi emergano e siano noti. Ma non mi sembra un lavoro da UBI o similari ma da magistratura.
Volevo lanciare l’idea dei non centri dove ci si raduna per non fare zazen (unica condizione per il tesseramento: non fare zazen solo all’interno del centro certificato ed abilitato, dove uno va il meno possibile), ma poi l’ho accantonata, troppo paradossale…
3 Aprile 2013 alle 10:01 am
@158: mym, che fai mi lusinghi?
Ti rispondo:
>‘sti buddisti italiani, che cosa aspetteranno dall’UBI?
-essere rappresentati e tutelati.
>E, ancor più: che cosa mai potrà aspettarsi l’UBI dai buddisti italiani?
-i soldini dell’otto per mille.
@165: aa, a me era chiaro quello che intendevi e uno dei frutti di questo tipo di approccio e anche quello che citavo @148.
Su laicità & potere clericale.
Il potere clericale nel buddismo si è retto per secoli sulla presunzione del Sangha religioso di essere depositario di un sapere che oggi è accessibile ai più.
Soprattutto in Occidente questa storiella andava bene fino a una ventina di anni fa, quando per conoscere qualcosa bisognava aspettare le agognate fotocopie del libro spedite dall’amico torinese che era stato a Londra e se l’era comprato. Ora non è più così.
Non regge più manco il fascino dell’esotico se uno vuole il nobile Okesa viola, se lo compra a pochi euro sul noto sito d’aste on line e dintorni. Tempo fa mi pare ci vendessero pure le satira dell’Onorato dal Mondo. 😯
Ognuno può farsi il suo corredino, scaricarsi un Sutra e farsi la sua scuola buddhista.
E a volte già accade.
Il punto quindi, non credo sia abbattere il potere clericale, che tanto verrà giù da solo, quanto fornire modelli diversi; ovvero, laddove oltre la forma c’è anche un po’ di sostanza (mica tanta eh), i religiosi dovrebbero farsi due calcoli e rimettersi in gioco prima di essere travolti dalla storia.
Problemi dei preti comunque come dice mym @173 l buddismo non corre pericoli.
3 Aprile 2013 alle 10:09 am
@ 175: ho sistemato la faccina: occorre lo spazio dopo il punto altrimenti non appare.
Finalmente andiamo d’accordo, come due piselli in un baccello… 😀
3 Aprile 2013 alle 1:20 pm
Un saluto a tutti. Dopo aver letto jf @87 ho cercato nel web una conferma del numero approssimativo dei buddhisti italiani, ma non sono riuscito a farmene un’idea precisa. Le cifre discordano parecchio. Ad esempio, alla voce di Wikipedia su “Buddhismo in Italia” troviamo scritto che il buddhismo italiano conterebbe “secondo i dati Cesnur pubblicati nel 2002 circa 74.000 credenti”. E poiché “secondo i dati forniti dalla Caritas” nel 2004 circa 50.000 immigrati erano di fede buddhista, si aggiunge che “questi dati potrebbero essere ampiamente sottostimati”. Inoltre la stessa voce ci informa subito dopo che l’U.B.I. “dichiara di raccogliere circa 70.000 membri (dei quali 50.000 cittadini italiani)” – una cifra ben diversa dai 5.000 membri calcolati da jf @87 -, mentre la Soka Gakkai “dichiara di raccogliere circa 33.000 aderenti”. Ora, non conosco su quali basi l’U.B.I. possa fare una simile dichiarazione (Wikipedia trae questi dati dal volume di Lionel Obadia, “Il buddhismo in Occidente”, Mulino, Bologna 2009, che non possiedo), ma trovo difficile fare statistiche con dei numeri così discordanti. So che in aprile è prevista l’uscita della nuova edizione aggiornata dell'”Enciclopedia delle religioni in Italia” curata dal Cesnur. Forse lì potremo trovare dati più attendibili.
3 Aprile 2013 alle 3:02 pm
Ciao Vice! se vai sul sito http://www.buddhismo.it/centri.asp leggi che l’Ubi conta “44 tra Centri e Fondazioni”, per cui 44*100 indica approssimativamente quanti tra i buddhisti frequentano centri che “condividono gli scopi statutari dell’UBI” (e che versano la quota d’iscrizione). Salvo miei errori ed omissioni.
3 Aprile 2013 alle 3:03 pm
Eh si, i numeri sono importanti. Un altro dato che a me è saltato all’occhio è che al’assemblea in questione “i centri rappresentati erano circa 30 su 44” (cfr relazione @92) quindi ne mancava ben oltre il 25%!!!
Tra l’altro, voci di corridoio (da confermare certo) e l’esperienza personale pregressa, mi fanno sospettare che alcuni centri potesserò essere presenti per delega, il che ridurrebbe ancor di più il numero di partecipanti a quella che doveva essere una delle assemblee più importanti per la storia di quest’ente.
Anche questi numeri dovrebbero farci riflettere, tra l’altro io questa della delega non l’ho ben capita.
L’U.B.I. è una federazione di Centri, e dai numeri che essa indica, sembra anche abbastanza consistente. Possibile che una quarantina di centri, con circa 70.000 iscritti totali, riescano ad esprimere solo poco meno di tre dozzine fra deleghe e delegati?
3 Aprile 2013 alle 3:13 pm
@159 163 Sono d’accordo con quanto dite.
Però cominciare a praticare lo zazen da soli ( come mi era sembrato di capire dall’intervento di aa )e continuare a farlo sempre e solo da soli( l’ho fatto anch’io per un tot di tempo), a mio parere, contiene alcuni rischi…
Diversa è la scelta di ‘continuare’ la pratica da soli dopo alcuni periodi di pratica insieme ad altri.
Certamente, campana o sveglia è la stessa cosa per chi ha ormai la consuetudine di ‘sedersi’. Ma, parlando in prima persona, quando comincio a sentire qualche ‘dolorino’ o quando mi sembra che nell’ ambito familiare ci sia bisogno della mia presenza, faccio ben fatica a ‘restare’ finchè suona la sveglia.
Come anche mi sembra piuttosto difficile riuscire a fare due sedute di zazen di 40 minuti a casa, per tutta una serie di ovvi motivi.
Parlo naturalmente di praticanti alle prime armi che trovano magari difficile il solo giustificare con i propri familiari il ‘senso’ di questa pratica ‘poco produttiva’.
Trovarsi a praticare con altre persone ( non parlo di centri organizzati con maestri certificati o quant’altro) consente di avere quel minimo di tranquillità ambientale in modo da dedicare quello spazio-tempo solo allo zazen.
Questo credo sia importante, fermo restando il discorso della pratica ‘per tutto il resto del tempo’della settimana.
3 Aprile 2013 alle 3:47 pm
@179 adm, ma 70000/40 fa 1750 iscritti a centro. Di media. Secondo me non può essere. L’Ubi – in quanto associazione, non per quello a cui si ispira – non credo che *numericamente* rappresenti molto “i buddhisti” ( e comunque ne esclude almeno un paio, insomma 🙂 ) . boh. Può essere che contino gli immigrati delle comunità asiatiche che li sostengono (i quali forse dell’Ubi sanno poco). Penso ad esempio al Santacittarama.
3 Aprile 2013 alle 4:13 pm
@181: dubito che i devoti del Santacittarama & analoghi (vedi neoentrati cinesi) siano regolarmente associati ai Centri, li frequentano come potremmo fare io e te (quei due no 😉 ).
Che fanno, se m’affaccio mi contano? E come fanno? Boh?
Le cifrone grosse sono sul sito U.B.I. però a dire il vero la formula è elegante ma può ingenerare confusione. Effettivamente non c’è scritto che nei Centri ci sono 50000 o 70000 praticanti, questa è una stima dei buddhisti italiani, che però finora non mi pare siano rappresentati dall’ente e allora perchè sono citati nella pagina che racconta l’ente? Ariboh?
Come se io dicessi che a volte pratico Zazen con dei buddhisti italiani che si stima siano 50000. Forte no?
http://www.buddhismo.it/ente.htm
3 Aprile 2013 alle 4:42 pm
@ 177: ciao Vice, bentornato. “ho cercato nel web una conferma del numero approssimativo dei buddhisti italiani, ma non sono riuscito a farmene un’idea precisa”: penso che sia un’ottima cosa (l’indeterminatezza del numero dei buddisti) addirittura un’indice di salute della “cosa”. E contemporaneamente il segno che nessun potere (clericale, politico ecc.) ha realmente potuto irreggimentare il fenomeno. Nelle scienze tradizionali (cfr. Guenon) contare il gregge, la popolazione è un forte atto di dominio, da un lato. Dall’altro essere contato è essere simbolicamente ucciso (cfr. Canetti, Guenon et alia). Comunque, a parte ciò, che può essere tranquillamente posto da parte, siccome non mi piacerebbe essere “contato” come buddista, tendo a pensare (mi auguro?) che sia così anche per altri.
Per questo penso sia bene lasciar perdere certi calcoli.
3 Aprile 2013 alle 4:51 pm
@ 180, un senso forte del “sedersi assieme” è quello di trainarsi l’un l’altro nei momenti di stanca e di poter usare un posto più adatto e più neutro della propria casa.
Continuare a star seduti quando ci si è accorti che il bimbo s’è svegliato, s’è alzato ed è entrato in cucina dove potrebbe tirarsi addosso la pentola dell’acqua per la pasta è un atto criminale. D’altro canto seguendo quella logica saremmo sempre lì ad alzarci per controllare. In casa è molto importante la scelta del momento. Per esempio, con flessibilità, quando il marito/moglie esce con il cane e il frugoletto, qualunque ora sia può essere il momento adatto per tirar fuori il cuscino… 😉
Praticare assiduamente zz a casa propria senza incrinare l’armonia famigliare è così difficile da essere un’ottima meta.
3 Aprile 2013 alle 6:16 pm
Nel ribadire che il discorso relativo a UBI, Intesa, conta dei “buddisti” et similia ha carattere di analisi politico-sociologica di un “fenomeno religioso” e non è un indice dello stato di salute religiosa del buddismo, come rileva mym @ 183, rispondo a Vice @177 per una precisazione. Ho scritto (@87) “All’UBI aderiscono attualmente 44 centri […] dato che per aderire all’UBI bisogna presentare uno statuto, dunque essere costituiti in associazione o fondazione, ciò significa che i membri dell’UBI sono i membri iscritti delle singole associazioni che ne fanno parte”. In Italia queste associazioni senza fine di lucro hanno per legge nell’assemblea generale il loro organo decisionale, AG che deve sempre per legge riunirsi almeno una volta l’anno con la presenza di almeno la metà più uno dei soci e deliberare a maggioranza assoluta. Trovo difficile credere che ogni associazione abbia una media di 1750 soci regolarmente iscritti e deliberanti. E’ ben possibile che centinaia di persone frequentino annualmente luoghi di pratica di grande capienza, ma queste frequentazioni più o meno occasionali non possono essere considerate membership del “Centro” iscritto all’UBI. Non ce ne frega niente del numero dei buddisti, ma a chi invece importa (UBI & C) è opportuno consigliare di non millantare e di non fare il gioco delle tre carte. Con pardon :-))
3 Aprile 2013 alle 7:55 pm
@ 184 probabilmente non sento così la necessità di un centro perchè m’imbosco in ospedale (pratica diffusissima). Facessi chessò l’impiegato avrei i miei bei problemi. Inoltre probabilmente avere a disposizione un luogo dove poter praticare con altri aiuta a persistere non solo nelle fasi di stanca, ma anche in quelle di difficoltà e dolore personali.
3 Aprile 2013 alle 8:01 pm
Un dei criteri che -mi dicono- è stato proposto per suddividere gli ipotetici milioni di euri che dovrebbero arrivare dall’otto per mille, è distribuirli ai Centri in base al numero degli associati.
E non dico altro.
3 Aprile 2013 alle 8:57 pm
E’ un criterio che tende ad incentivare i “falsi tesseramenti”. Chiunque potrebbe dire che ha un centro nel garage sottocasa, far associare amici, parenti e conoscenti vari e chieder quattrini allo stato.
3 Aprile 2013 alle 9:05 pm
Pensate che bello se invece l’otto per mille dei buddisti fosse devoluto interamente per una causa benefica, cheesò acquisto di farmaci contro l’AIDS in paesi poveri. Non sarebbe un’alta dimostrazione di religiosità? Si potrebbe fare una petizione on-line da inviare all’UBI. Se si arriva a 200.000 firme poi li voglio vedere. Pierinux sei all’ascolto?
3 Aprile 2013 alle 11:20 pm
mym @183: Grazie. Sì, hai perfettamente ragione ma io prosaicamente volavo molto più basso, su un piano politico-sociologico che è quello relativo all’Intesa, all’U.B.I. ecc., come precisato da jf in uno dei primi commenti (@3) e ribadito in uno degli ultimi (@185). E su questo piano i numeri purtroppo contano, se non altro perché “in democrazia la quantità non è un optional” (@3). Dire che i buddhisti in Italia sono 70.000 è diverso dal dire che sono 160.000, così come dire che l’U.B.I. ne raccoglie 5.000 è diverso dal dire che ne raccoglie 70.000.
Nel frattempo, però, leggendo gli articoli dell’Intesa fra U.B.I. e Stato italiano mi è venuta un’altra considerazione. In nessuna parte del documento mi sembra sia scritto che l’U.B.I. rappresenti tutti i buddhisti italiani, né che sia l’unica Intesa che gli appartenenti italiani al buddhismo possano stipulare con lo Stato. Tanto è vero che la Soka Gakkai ha avviato già da tempo il procedimento per stabilire una propria Intesa. Dunque come esistono Intese fra le varie confessioni cristiane, così è possibile che in futuro potranno esistere varie Intese con differenti comunità buddhiste. Sempre che – e io sono fra quelli che lo auspicano – lo Stato italiano non decida di abolire Patti Lateranensi e Intese.
4 Aprile 2013 alle 10:54 am
@ 190, concordo sul fatto che quando si tratta di rappresentanza e -sullo sfondo- di quattrini, i numeri contano, sono dalle parti della sostanza.
La seconda parte del tuo post apre a molto interessanti considerazioni. Compresa quella per la quale nell’intesa vi sia una sorta di implicito riconoscimento dell’equazione UBI=buddisti tout court. Questo è riscontrabile, imho, in alcuni articoli: il comma 3 dell’Art. 4. (Assistenza spirituale), il comma 1 dell’Art. 11 (Modalita’ per il riconoscimento), il comma 2 dell’Art. 14 (Mutamenti degli enti religiosi) ecc.
Tuttavia penso che in punta di diritto quello che dici sia corretto: è possibile concordare con lo stato un numero indefinito di intese da parte dei buddhisti italiani. Se la cosa fosse accettata dallo stato e si trovasse un congruo numero di organizzazioni buddiste disposte a tanto, tutto ciò potrebbe far scoppiare contraddizioni tali da costringere la mano pubblica a modificare/abolire le intese. Basti pensare al fatto che i termini buddhista/buddista/ministro di culto buddista non potrebbero più essere appannaggio esclusivo di alcuna intesa particolare, creando contraddizioni e incomprensioni a non finire…
Potremmo fondare la VUBI, vera unione buddista (come avvenne in Giappone nel XIII secolo con la Jodo shinshu), a cui potrebbe rispondere una SVUBI, super vera… 😯
4 Aprile 2013 alle 11:10 am
Si, fino all’Unione Buddista Minimalista (1=1), in cui ognuno rappresenta se stesso presso lo Stato, è ministro di culto e ha il suo centro autocertificato che si tiene l’8 per mille. Oppure si da ciascuno l’8 per mille e poi si distribuisce in parti uguali la somma, più fiscalmente democratico. Io lo dicevo già in @ 48, ma non mi capite 🙁
4 Aprile 2013 alle 11:12 am
In un certo senso anche il singolo individuo è un’unione….
4 Aprile 2013 alle 11:23 am
A volte vorrei uno scacciamosche digitale…
Il PC con l’hossu 😛 😛 😛
4 Aprile 2013 alle 11:35 am
Tud!
4 Aprile 2013 alle 11:48 am
Vero, la seconda parte di Vice @190 apre a interessanti considerazioni.
La prima è che l’U.B.I. c’ha messo venti anni per fare l’intesa e una eventuale altra organizzazione, questa volta osteggiata anche da buddhisti “concorrenti” ce ne metterà quaranta.
Non è facile ottenere le Intese (giusto) come non è facile entrare nell’U.B.I. (giusto?).
Ma qualsiasi azione imho dovrebbe andare contro qualsivoglia discriminazione e divisione.
Io propongo la F.A.U.B.I.S.I.. 😛
Federazione degli Amici dell’Unione Buddhista Italiana Senza Intesa.
Posa l’hossu mym 😉
4 Aprile 2013 alle 12:25 pm
@ 191: c’è una grande differenza tra le diverse confessioni cristiane e le diverse comunità buddiste, perchè il buddismo-a differenza del cristianesimo-non è una religione corporativa e la grazia (la salvezza) non viene dall’esterno, quindi non dev’essere “dispensata” e neppure “si trasmette”, piuttosto penso si possa dire che la si scopre. Perciò, secondo me, non stiamo parlando solo di una questione amministrativa o politica. La parte finanziabile IMHO è il contenitore esterno, il veicolo, e più soldi ci metti più rendi difficile scartare il pacchetto.
Giuro non ho altro da aggiungere, questa è la mia sintesi della questione, quindi basta legnate….
4 Aprile 2013 alle 12:51 pm
Posa (molla?) l’hossu non è male … 🙂
4 Aprile 2013 alle 3:08 pm
@ 196: “l’U.B.I. c’ha messo venti anni per fare l’intesa e una eventuale altra organizzazione, questa volta osteggiata anche da buddhisti “concorrenti”…: ma perché mai altri buddisti in cerca di un’intesa con lo stato dovrebbero essere osteggiati da buddisti che quell’intesa già ce l’hanno? 😕
4 Aprile 2013 alle 9:04 pm
pensierino n. 200: non a caso Intesa è una Banca
5 Aprile 2013 alle 10:40 am
A prop di intese, non bancarie, sul sito dell’Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose vi è una messe di notizie notevole, tra l’altro anche su tutti i concordati stipulati dalla chiesa cattolica con i vari Paesi europei e non (ben 48), ed una analisi giuridica dell’intesa stato/UBI dove sono in evidenza le marcate differenze tra il testo proposto dall’UBI e quello poi approvato dal governo italiano. In questo caso la mano pubblica, imho, è stata certamente migliorativa.
5 Aprile 2013 alle 12:15 pm
Interessante. Chissà perchè non è previsto lo stanziamento di fondi per chi traduce, commenta e rende disponibili i Sutra o i capolavori del Mahayana? Quello lì secondo me, se fatto bene, è sostenere la diffusione del buddismo. Siccome uno non ci fa gran soldi ed è un lavoro che richiede un’alta specializzazione, sarebbe giusto un sostegno economico IMHO
5 Aprile 2013 alle 12:27 pm
condivido al 100% quanto afferma aa202
5 Aprile 2013 alle 12:54 pm
Nel lavoro di traduzione e commento dei classici, salvo eccezioni, non c’è guadagno, ed è giusto così. Basterebbe garantire la sopravvivenza a chi vi si dedica.
Potrebbe essere interessante avere fondi per l’editoria di tali lavori, per finanziare corsi universitari o master nei quali si studi il buddismo, centri di ricerca (una traduzione complessa non nasce dal lavoro di un singolo, a parte eccezioni). Nei corsi che ho tenuto all’Uniurb ogni anno c’era almeno uno studente in grado di far faville se si fosse dedicato alla ricerca ed all’approfondimento. A parte pochi casi, mi son dovuto limitare alle pacche sulle spalle…
Non si vive di solo pane ma senza pane non si vive.
5 Aprile 2013 alle 3:17 pm
Lo Stato, si sa, ritiene che con la cultura non si mangi (parole del 3monti), magari l’UBI è più illuminata…
5 Aprile 2013 alle 3:34 pm
Comunque maneggiare e distribuire soldi pubblici quando c’è di mezzo la religione (anche se nel suo aspetto culturale) è molto difficile se non pericoloso. Non dovrebbero farlo mai, dico mai, preti monaci o assimilabili.
Un buddista zen ricco è possibile, ma solo per confermare la regola.
5 Aprile 2013 alle 3:48 pm
Per questo suggerivo che il modo migliore di gestire l’otto per mille sarebbe devolverlo a terzi, per scopi umanitari. Se ci fosse la garanzia che l’UBI (o chiunque altro) fa questo, gli darei il mio pezzetto.
Per quanto riguarda la cultura sottolineerei il valore generale che essa ricopre per un paese; tutti gli italiani sono più ricchi se possono leggersi lo Zhuang-zi, mica solo i taoisti. Per ciò un investimento di soldi pubblici in questo settore sarebbe secondo me tollerabile.
6 Aprile 2013 alle 11:32 am
Condivido completamente quanto esposto nella lettera da Jiso Forzani.
Bisogna aspirare continuamente a una rettitudine ben espressa con chiarezza in particolari enunciati del Genjokoan che avrei inserito nello statuto UB(I). Secondo me sarebbe stato sufficiente, a indicare le molteplici tradizioni, il termine “Unione Buddhista”. L’accezione “italiana” ha un portato controverso che si presta a molte distorsioni potenzialmente fuorvianti e non si può partire con premesse del genere…
Ovviamente, tutti i termini presentano qualche pericolo…potendo scegliere, sarebbe bene utilizzare quelli meno pesanti come portato.
Un gassho a Jiso per la misura e la chiarezza.
Nello
6 Aprile 2013 alle 11:49 am
@ 208: ciao Nello, bentornato. Quasi non mento se dico che mi sei mancato? 😕
Se hai tempo, svp, accenni a che parti del Genjo avresti inserito nello statuto UB(I)?
7 Aprile 2013 alle 2:40 am
Premesso che l’analisi giuridica di Silvia Angeletti è acuta ma non esaustiva, in punta di diritto la questione investe i rapporti tra l’UBI e le comunità buddiste che da essa non si sentono rappresentate. Solo in questo senso esistono motivi per impugnare l’Intesa. Per usare una formula del Legislatore “queste sono beghe tra buddisti!”. Ciò che rileva per la scienza del diritto è il riconoscimento giuridico nella Repubblica Italiana di una comunità religiosa non appartenente al ceppo giudaico-cristiano. Un fatto inedito nella storia del rapporto della religione con lo Stato.(*)
Ho sviluppato alcune osservazioni leggendo Wittgenstein, Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa, Adelphi, Milano 1967, pag 11ss, dove si afferma:
– l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale;
– un certo caratteristico uso errato della nostra lingua percorre TUTTE le espressioni religiose.
Sperando di fare cosa gradita le espongo.
(Ciao Nello, ti rendo edotto che ho confutato in modo definitivo Severino; però lui è “professore di filosofia” e a me non mi danno una lira. Ebbene sì, anche l’etnologia giuridica e l’antropologia giuridica – eccellenze italiane – sono roba da “pacche sulle spalle”, o da avvocati sfaccendati).
(*) Temistocle Martinez è il padre dei costituzionalisti italiani, e “Diritto costituzionale” è un testo universitario per matricole.
7 Aprile 2013 alle 2:43 am
«Ogni saggezza è stata pensata e bisogna solo pensarla di nuovo» – Goethe
Occorre ripensare il “paradosso”, ovvero il valore etico attribuito ad una esperienza particolare, che è poi l’esperienza per eccellenza, senza armeggiare con l’idea di “miracolo”. (Contra Wittgenstein, ibidem, p 16ss)
È vero che l’uomo è inadatto a esprimere il trascendente perché è inadatto a pensarlo. Assumendo un punto di vista pragmatico mi pare evidente che il sapere complesso del buddismo può essere trasmesso solo istituzionalizzandolo e promuovendo la figura del “buddista -impiegato” anche alla luce della posizione espressa più volte da mym. Il buddismo è per sua natura essoterico, fatto di metodo e di ragione e non di sentimento e misticismo.
L’uomo contemporaneo non va tanto per il sottile quando si tratta di raggiungere la “pace dell’anima” e servire l’istanza mondana, ovvero la “produttività”,la sua piccola felicità. Del “messaggio autentico” del Buddha sono rimaste – forse – solo le nuvole e le rughe del volto.
Oggi risulta velleitario pensare di praticare il buddismo “gratuitamente” passando dal lavoro al non-lavoro, fra produzione di reddito e analisi tecnica rivolte alle forme della conoscenza. Ecco l’abisso della praxis: “Che ne è del maestro zen se compare la sua figura professionale? È una forma di estinzione?” La mia analisi è che i sentimenti religiosi di massa sono messi in relazione con rapporti di forza sempre più sbilanciati a favore del capitale (rapporti di forza spinti al limite del dominio)
7 Aprile 2013 alle 2:51 am
“Se assumo l’impossibilità materiale di soggettivarmi come maestro zen attraverso le modalità finora praticate, e contemporaneamente sottopongo tale impossibilità allo sguardo del pensiero critico, quali trasformazioni si stanno determinando, che tipo di soggetto sto diventando? Come dovrò vivere questa condizione che presenta come conto lo sconcerto del paradosso? Si esplicita una epoché radicale del soggetto che obbliga ad un ripensamento ipercritico dei bisogni di riconoscimento e identificazioni individuali lungo la linea orizzontale dell’intersoggettività” (…) (senza fonte)
“La Stella del Mattino è considerata una delle esperienze più importanti in Italia per il dialogo tra cristiani e buddhisti . Ed è stato uno dei pochi centri monastici interreligiosi nel mondo” [fonte wikipedia]
L’UBI avrebbe tutto l’interesse a cercare il dialogo con la comunità della Stella del Mattino, ciò darebbe maggior lustro all’Intesa, imho. (cfr. Silvia Angeletti L’Intesa tra lo Stato italiano e l’Unione Buddisti Italiani, p 2, n 1)
7 Aprile 2013 alle 10:09 am
Nello non accettare provocazioni (cfr. @ 210), svp.
@ 210, ciao hmsx. “l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale”, concordo. L’interessante è spiegare (indagare?) il senso che ha qui “soprannaturale”.
@ 211, 1) “«Ogni saggezza è stata pensata e bisogna solo pensarla di nuovo»” per questo è stato coniato il termine prajnaparamita, per indicare “l’altra”. 2) “Assumendo un punto di vista pragmatico mi pare evidente che il sapere complesso del buddismo può essere trasmesso solo istituzionalizzandolo e promuovendo la figura del “buddista -impiegato” anche alla luce della posizione espressa più volte da mym”: se riesci a esprimere il concetto opposto (cfr. qui, a fondo pagina) forse posso provare ad essere d’accordo. 3) “Che ne è del maestro zen se compare la sua figura professionale? È una forma di estinzione?” sì, ammesso che si possa estinguere una chimera. 4) “La mia analisi è che i sentimenti religiosi di massa sono messi in relazione con rapporti di forza sempre più sbilanciati a favore del capitale (rapporti di forza spinti al limite del dominio)” mah, forse, in quale contesto?
@ 212: 1) “Se assumo l’impossibilità materiale […] la linea orizzontale dell’intersoggettività” preso da Come produrre aria fritta? 🙂 2) il punto 1 a p. 2 dell’Angeletti è incongruo con l’argomento “lustro all’intesa and the likes”. Penso comunque che se quelle fossero le premesse per un dialogo sull’intesa sarebbe difficile trovare interlocutori “targati” Stella.
7 Aprile 2013 alle 11:32 am
“Il buddismo è per sua natura essoterico, fatto di metodo e di ragione e non di sentimento e misticismo”. Domanda:la fede nella libertà che sembra realizzarsi proprio come libertà nella fede non indica forse il confine, quella porta senza porta che mostra il limite di ogni s-piegabilità dell’esperienza nelle categorie della ragione?
“Del “messaggio autentico” del Buddha sono rimaste – forse – solo le nuvole e le rughe del volto”. Riflessione: anche il buddismo sembra fare i conti (come ogni religione)con il suo messaggio “autentico” http://leviedellasia.corriere.it/2013/04/01/se-anche-i-buddhisti-sono-cattivi/
7 Aprile 2013 alle 11:51 am
@ 214, ciao Dario, interessante l’articolo. Un dato che in esso manca è che tutti i Paesi (con l’eccezione dell’India) in cui il buddismo è (o è stato) maggioritario o ampiamente presente sono Paesi in cui il sistema politico volge all’autoritario, per usare una metafora.
7 Aprile 2013 alle 12:09 pm
@215MYM Infatti, anche questa questione da tempo mi fa riflettere: La democrazia è la migliore (o il male minore)forma di convivenza (tendenza al bene)che finora l’uomo ha costruito?
Se la mente-le menti sono (anche)ciò che pensano di essere come mai la democrazia si è sviluppata in prevalenza in occidente?
Quale contributo ha dato il buddismo al senso collettivo in quelle aree geografiche?
7 Aprile 2013 alle 4:30 pm
@ mym, 213
“l’etica, se è qualcosa, è soprannaturale” è per me una affermazione priva di senso. Wittgenstein argomenta ricorrendo al valore etico o assoluto, intendendolo come meraviglia e altre amenità. Il c.d. “soprannaturale”,cioè l’etica, è invece qualcosa di eminentemente naturale, anzi utilitario, – anche se a volte è utilitario per la specie non per l’individuo.
La modernità ci ha trasformato in eremiti di massa. L’internet è diventato il luogo romantico del tempo e dell’attesa. La “solidarietà biologica” resta problematica sullo sfondo perché implica una solidarietà attiva, non spirituale: è una etica che “non fa miracoli”!
In mancanza di stoccatine a Severino posso dirla così:
Come si spiega che al divenire “grande” dell’intelletto si è accoppiata una così violenta omologazione del pensiero critico? La via della liberazione è di certo una palingenesi da realizzare, non in una sola occasione, né in un’ora, ma in migliaia di occasioni, gradualmente; – una più potente dell’altra e attraverso i secoli.
La verticalità dell’ askesis è di ordine teoretico e promette in cambio il dono della verità: il buddismo correlato con gli altri. “L’essere umano è un sistema biologico inerziale che funziona ad Amore tendente ad evolvere attraverso la condivisione, l’espressione in comunione d’intenti di sé con se stesso, l’altro e la Realtà.( cfr. homosexual, 15 novembre 2010 alle 11:25 am, commento 36). È vero che lo zazen è pratica individuale, ma gli uomini hanno bisogno di conoscenza condivisa e liturgie: a che serve un buddismo irrelato?
7 Aprile 2013 alle 4:33 pm
@ dario, 214
Elaboro le parole di Nietzsche di Al di là del bene e del male.
“Piuttosto dobbiamo chiarire a noi stessi da dove provenga quella fatale importanza attribuita alla storia dei sentimenti etici e religiosi giacché, sotto l’influsso di questi sentimenti, gli spinosissimi problemi della realtà sono divenuti così rilevanti e terribili. Sin dall’antichità si è fantasticato con temerarietà là dove nulla si poteva stabilire, e ora, riguardo alle cose ultime della religione, c’è bisogno non del sapere contro la fede, bensì dell’indifferenza verso la fede e il preteso sapere in quei in campi!
Permanga questa indeterminatezza su tutto ciò che è indagabile e accessibile alla ragione, si ridiventi BUONI VICINI DELLE COSE PROSSIME senza distogliere da esse lo sguardo”.
Per come la vedo io una “istitituzione buddista” è una specie di grande ospedale per poveri. Il discorso pubblico intorno alla religione può avere solo la funzione di palliativo psicologico.
Le religioni positive nascono con l’unico scopo di consolarci della fragilità dell’anima e a renderci saldi nelle nostre decisioni; chimeriche sono le pretese di eternità e i superstiziosi rimedi che promettono immortalità.
7 Aprile 2013 alle 4:50 pm
@216
Secondo me la migliore forma di governo è l’aristocrazia o la teocrazia illuminata, che funzionano solo per piccole comunità umane. Nella società di massa non ci resta che la democrazia.
> come mai la democrazia si è sviluppata in prevalenza in occidente?
L’incantesimo livellatore dell’uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale.
7 Aprile 2013 alle 6:04 pm
@ 217-8-9, se tu ne… sparassi una alla volta si potrebbe giocare, interloquire? Comunque: esiste etica in assenza di norma, indicazione, legge o enunciato pensabile. In questo senso è soprannaturale. Saltando alla fine di 219: “uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale” pare un buon motivo ma a meno di non considerare Occidente anche l’India, la cosa non regge. Buddismo e Jainismo -pur senza chiamare Dio nella partita- ben prima e ben meglio…
@ 216: L’influenza cinese, di cultura per nulla interessata ad un’uguaglianza orizzontale, ha lavorato molto, da molto e diffuso il suo verbo. Il caso della ierocrazia tibetana (di modello mongolo) per es. è semplicemente il sistema cinese applicato al rovescio: il potere religioso che assorbe il politico. In Occidente -generalmente parlando- il B. si è diffuso maggiormente in ambienti liberal per cui non solo ha (spesso) questo volto ma dimostra di non avere inclinazioni (politiche) di base.
7 Aprile 2013 alle 6:48 pm
> ma a meno di non considerare Occidente anche l’India,
Giammai!
Nell’antico diritto indiano gli uomini non erano uguali davanti alla legge! Vigeva il principio di diseguaglianza.
Esclusa l’India, l’analogia con tra democrazia orientale e occidentale finisce con l’esperimento del Giappone; dove però la yakuza è legalmente riconosciuta nel ordinamento giuridico. (32 morti in dieci anni. Quando si dice la non violenza…)
A meno di non considerare yakuza anche la mafia italiana, l’idea regge eccome. Ad es., l’influenza cinese ha prodotto una intesa tra la malavita organizzata del dragone e la yakuza. Una pace armata, senza vittime, proprio per il riconoscimento un’uguaglianza orizzontale, ovvero il controllo del territorio.
7 Aprile 2013 alle 6:59 pm
Non vale buttare la palla in tribuna…
Comunque se è la diseguaglianza tra uomo e donna ciò che determina la non democrazia, a parte il presente (e basterebbe), almeno considera che, qui, le donne hanno l’anima (e diritto di voto) dall’altro ieri…
7 Aprile 2013 alle 6:59 pm
@219 Aristocrazia o teocrazia: de gustibus..personalmente sono per il male minore http://temi.repubblica.it/micromega-online/lumilta-della-democrazia-intervista-a-nadia-urbinati/
“L’incantesimo livellatore dell’uguaglianza davanti a Dio e alla Legge è invenzione occidentale”: meno male che qualcosa di buono lo ha fatto anche l’occidente:-)
@MYM Quello che mi chiedevo (esprimendomi male) è se, forse, anche “l’etica anonima” (cito “la via libera”) mostra il suo limite nel “politico”. Almeno questo è il mio dubbio.
7 Aprile 2013 alle 7:58 pm
@ 223: che la democrazia sia allo stato la forma di governo migliore penso sia indubitabile. Questo non significa sia perfetta.
L’espressione “etica anonima”, penso coniata dal mio pard Gennaro, indica una forma di assenza di discriminazione che non dovrebbe collidere con la democrazia. Intendendo con quest’ultima una forma di governo nel quale l’avvicendamento è possibile senza spargimento di sangue grazie ad un giudizio maggioritario.
Invece, una forma mentis nel quale la modifica del sociale è meno importante della rivoluzione interiore può favorire (o non contrastare) la presa e la conservazione del potere da parte di forze antidemocratiche. Ma è un derivato improprio del buddismo, seppure reale.
8 Aprile 2013 alle 4:06 pm
Novità! Ho appena ricevuto, con preghiera di massima diffusione, il testo che segue con le posizione del Monastero Santacittarama di tradizione Theravada. Spero possa essere utile alla discussione.
Considerazioni su alcuni temi che appaiono controversi o non ancora sufficientemente definiti.
PREMESSA…
Qui è possibile scaricare il pdf con il testo integrale, dal titolo
Santacittarama e l’8×1000
8 Aprile 2013 alle 6:25 pm
Grazie adm, certamente utile e importante. Ho linkato il commento a un pdf con il testo completo: all’interno di un commento era troppo lungo da gestire.
8 Aprile 2013 alle 6:50 pm
Intanto sono arrivate anche in Italia le sacre reliquie del Buddha e di vari maestri: “Un evento straordinario e imperdibile che fa tappa a Milano, un’occasione unica per entrare in contatto con la spiritualità ed il fascino di una delle principali religioni d’Oriente”. Se accostate al corpo posso provocare guarigioni. Non so, però, se possono avere effetti collaterali.
8 Aprile 2013 alle 7:01 pm
@ 225. A proposito del documento di Santacittarama: ad una letta veloce, a parte due punti 1)l’indelicato accenno alla simonia delle “ricche Chiese Evangeliste” e 2)una presunta “esigenza di creare una sede adeguata per l’UBI, con le infrastrutture minime necessarie per il suo corretto funzionamento -uffici, segreteria, materiali informativi, una biblioteca-, trasformandola in un moderno ed efficiente centro di informazioni inter-buddhiste” (cosa a cui, penso, dovrebbero provvedere gli iscritti), mi pare che molto del documento sia condivisibile. Interessante il richiamo all’incombere della Guardia di Finanza.
Essendo un documento redatto da un soggetto aderente all’UBI, che quindi ha condiviso la volontà di giungere all’intesa (e quindi della richiesta dell’8×1000), non ci si poteva attendere che negasse l’utilità complessiva dell’intesa chiedendone l’abolizione.
9 Aprile 2013 alle 2:50 am
Comunque mi sbaglio o in molti punti è in accordo con la lettera aperta di jf? Può essere in fonso che ci sia il presupposto per qualcosa, no? Se non sono casi isolati
9 Aprile 2013 alle 8:27 am
Chissà quante mandibole del Buddha ce stanno in giro per il mondo…
Il documento del Santacittarama individua due aree principali: cultura e media da un lato e opere di utilità sociale dall’altro. Sul primo fronte, a mio parere quello che propongono è molto simile al sito veb della Stella: consiglio di chiedere il 50% del malloppo. Sul secondo versante, la cosa più semplice, da vari punti di vista, non sarebbe “girare” direttamente i soldi a qualche organizzazione no profit, chiedendo solo di poterne verificare l’impiego? Sarebbe il modo migliore per far sì che la “mano destra non sappia ciò che fa la sinistra” ecc.
9 Aprile 2013 alle 8:28 am
Ma non si dice Evangeliche? Mai sentito il termine Evangelista, tranne che per Giovanni..
9 Aprile 2013 alle 9:30 am
La Costituzione italiana, a differenza di quella francese, non definisce espressamente “laica” la Repubblica democratica. La laicità effettiva si avrà solo dopo gli anni ’70 a seguito dei mutamenti sociali (leggi sul divorzio e sull’aborto), e con la “simbolica” esplicita abrogazione dell’art. 1 del Trattato che regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa (i famigerati patti lateranensi dove all’art. 1 si sanciva la religione cattolica come religione di Stato).
La laicità dello Stato italiano, così come la si intende oggi, è conquista recente e fu formulata solo nel 1989 con sentenza n203 da parte della Suprema Corte, dove, tra le altre cose, si ammette che lo Stato possa intervenire finanziariamente a favore delle confessioni religiose diverse da quella cattolica al fine di dare attuazione al principio di uguaglianza: tra i singoli, tra le confessioni, tra gli enti (artt. 3,8,20 Cost).- 142
La laicità del giudice delle leggi è però diversa dalla laicità tradizionale di stampo liberale. Inoltre la locuzione “confessione religiosa” non ha alcuna traduzione giuridica e fu usata per sostituire il termine “Chiesa”, per cui l’interprete, più di ieri, devi misurarsi con un problema di non facile soluzione, oltre che con l’imponderabilità dell’elemento sociologo.
(da Commentario alla Costituzione, vol I, Utet 2006)
9 Aprile 2013 alle 9:36 am
La ricerca di una definizione di “religione” pone oggi problemi per il proliferare di nuovi “movimenti religiosi” (tipo Scientology) e per la progressiva perdita di connotati del religioso della società.
Per lo Stato italiano è religioso “ciò che si definisce da sé”, anche se sono stati posti dei limiti onde evitare irragionevoli e incontrollate autoqualificazioni delle associazioni, che, tuttavia, sul piano della dottrina del diritto, restano “criteri inafferrabili”.
In conclusione, la stipula dell’Intesa da parte delll’UBI costituisce l’esercizio di un diritto costituzionale e dà titolo a partecipare alla distribuzione degli interventi di finanziamento pubblico. Il problema riguarda l’assenza di un diritto-dovere all’Intesa, nonché la ”legittima rappresentanza” dell’UBI.
Il conflitto di rappresentanza si dovrebbe risolvere in seno alla confessione, non spetta allo Stato scegliersi la rappresentanza, né, tuttavia, lo Stato può stipulare più intese tra i buddisti così come è stato fatto con le altre confessioni religiose di matrice cristiana, anche se, testuale, “non si capisce perché” (la questione investe, ad es, anche la comunità mussulmana che non riesce a darsi un unica rappresentanza). Ciò lascia molto spazio all’arbitrio ed è causa di una libertà diseguale delle confessioni religiose. (ibidem)
Condivido in buona parte il documento del monastero di Santacittarama e credo che la Comunità della Stella del Mattino, per la sua storia, potrebbe dare dei contributi seri di indirizzo e programma circa, ad. es., l’attività editoriale: libri, pubblicazioni, etc. (La Stella in questo senso è una vera miniera). Ho il dubbio che sia un “dovere”, più del cittadino che del buddista, quello di cercare un dialogo con l’UBI (ferme le riserve circa ’utilità complessiva dell’intesa).
9 Aprile 2013 alle 11:20 am
@ 234: perché lo stato non “può stipulare più intese tra (con?) i buddisti”?
9 Aprile 2013 alle 12:24 pm
@225
‘Conclusioni:
…gestione del “bene comune buddhista”… Dovremo porre all’ordine del giorno – … – la definizione di questa Intesa che tutti considerano
un’opportunità …’
Dopo il linguaggio intenzionale, il linguaggio demagogico?!
9 Aprile 2013 alle 1:42 pm
Refuso: “confessione religiosa” non ha alcuna TRADIZIONE giuridica (in luogo di traduzione).
> perché lo stato non “può stipulare più intese tra (con?) i buddisti”?
“non si capisce perché” è la risposta lapidaria del curatore de il Commentario alla Costituzione, vol I, Utet 2006, dopo complesso e articolato ragionamento.
> Dopo il linguaggio intenzionale, il linguaggio demagogico?!
Forse, oppure c’è sempre la neosofistica.
La gestione del “bene comune buddhista”, inteso come il patrimonio di conoscenza e tradizione, che non va mummificato ma messo al servizio della società italiana al fine di evolverla in senso religioso facendo del buddismo, ad es., una semiotica del cristianesimo (ma le possibilità sono infinite).
9 Aprile 2013 alle 1:51 pm
@ 235: ciao, doc. Sì, va letto con attenzione quel documento. Per esempio all’inizio: “La destinazione del 8/1000 dell’IRPEF dei cittadini, alla comunità dei buddhisti italiani, sarà resa possibile a partire dall’anno prossimo (2014). Per sollecitare questa scelta, con gli argomenti giusti…” in primis l’UBI non è la comunità dei b. italiani, saltare così il problema della effettiva rappresentatività … manda cattivo odore. E poi la perla delle perle: “sollecitare questa scelta (ovvero la destinazione del’8×1000), con gli argomenti giusti”: una simile premessa rischia di inficiare tutto quel che viene dopo che appare essere un modo di … batter cassa con gli argomenti “gggiusti”.
Il discorso viene eticamente rovesciato: non più cercar di fare le cose bene per il bene in sé ma il bene al servizio della questua.
Siamo lontani dalla misura e dalla chiarezza del Nostro… (cfr. 208) 😎
9 Aprile 2013 alle 2:00 pm
@ 236, cambio la domanda: chi (o dove si) asserisce che “lo stato non può stipulare più intese con i buddisti?”
9 Aprile 2013 alle 2:18 pm
Una frase del documento (225) ritengo pienamente condivisibile:
‘Inoltre abbiamo la convinzione che il contributo proveniente dalla società italiana, a essa debba essere restituito, sotto forma di utilità pratica per i più svantaggiati’
Però avrei messo un punto dopo ‘restituito’, ed avrei cancellato il seguito.
9 Aprile 2013 alle 3:14 pm
Capisco, a ‘sto punto pare inevitabile. Però se il contributo invece di farlo provenire glielo si lasciasse direttamente (alla società italiana) si eviterebbero tutti ‘sti problemi.
Certo però che, in quel caso, non ci sarebbero piccioli da spartire.
9 Aprile 2013 alle 4:40 pm
Il problema dell’otto per mille potrebbe essere un falso problema. Va solo verificato se Intesa vuol dire necessariamente (ergo, per legge) obbligatorietà dell’accesso al finanziamento pubblico tramite la famosa finestrella sula dichiarazione dei redditi, modello Unico. Se tale obbligo non sussiste, basta una piccola modifica allo statuto dell’Ubi, un comma per dire che mai si accetterà qualsivoglia forma di finanziamento pubblico, una conseguente modifica all’Intesa e il problema non c’è più. Si tratta solo di dedicare un po’ di tempo e di denaro alle incombenze pratiche, ma il tutto sarebbe fattibile in pochi mesi. Se ci possono essere dubbi sull’opportunità di abolire ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti politici (e personalmente qualche dubbio ce l’ho) non vedo come si possa dubitare della necessità di evitare ogni forma di finanziamento pubblico alle “confessioni religiose”, specie nel caso del buddismo che ha nel proprio dna lo spirito della questua, ovvero della “non garanzia” e dell’imprevedibilità dei contributi per il sostentamento dei religiosi.
9 Aprile 2013 alle 4:59 pm
Temo che non sia una questione di obbligatorietà ma di volontà. Ovvero: se l’intesa non avesse previsto l’8×1000 forse che tanto tempo ed energie sarebbero state spese a quello scopo?
Una volta de 8xmillizzata, visto che l’UBI ha rinunciato all’insegnamento nelle scuole, resta pochino: giusto i ministri di culto che vengano (vadano?) in carcere ad assistere i plotoni di buddisti carcerati.
9 Aprile 2013 alle 5:49 pm
E’ sintomatico che l’UBI abbia rinunciato motu proprio a tutto ciò che poteva creare disturbo al potere consolidato della Chiesa Cattolica, in primis l’insegnamento del buddismo nelle scuole in alternativa a quello della religione cattolica e la celebrazione dei matrimoni con valore civile. Se da un lato il “matrimonio buddista” è un non sense, è pur vero che nei cosiddetti Paesi buddisti si celebrano a iosa matrimoni buddisti e la rivendicazione di celebrare matrimoni buddisti con valore civile come quelli cattolici, valdesi, ebraici… avrebbe potuto creare un bello sconquasso: perché non sostenere che se si dà un matrimonio buddista esso non prevede necessariamente l’eterogeneità sessuale dei partners, e dunque sotto a chi tocca, creando un interessante precedente normativo (matrimoni omosessuali celebrati con rito buddista e con valore civile in base all’Intesa?) Ma non turbare lo status quo (ovvero quanto di meno buddista ci sia) sembra essere una delle maggiori preoccupazioni della dirigenza UBI: i piccioli che saranno destinati ai buddisti non vanno a scapito della fetta di torta degli altri, ma solo dello Stato: e dunque, a tavola!
9 Aprile 2013 alle 6:37 pm
Da quello che si dice qui, sembrerebbe che la nomina a mdc automaticamente permetta di celebrare matrimoni con efficacia civile, sbaglio?
Qui sembra che confermi. Ora la legge che prevedeva il riconoscimento del mdc dal ministero della giustizia (o dell’interno, come si dice al link precedente più attendibile) è superata dall’intesa.
Trovato, nel diritto di famiglia, qui, in fondo a p.11 (p.5 del pdf.): “Per coloro (mdc) che hanno stipulato intese il riconoscimento è previsto a condizione che l’atto sia trascritto nei registri civili, previa pubblicazione”.
9 Aprile 2013 alle 7:33 pm
@ 238
cfr Casuscelli, “Le proposte d’ Intesa e l’ordinamento giuridico italiano”, p. 99-102, dove l’autore discute le tre diverse bozze d’Intesa con U.C.O.M., CO.RE.IS e A.M.I., associazioni a vario titolo rappresentanti della comunità islamica-mussulmana. A parere dell’autore nulla osta alla stipula di più intese se non vi è conflitto tra le rappresentanze che aspirano a rappresentare la medesima confessione [eppure il Parlamento tergiversa]
cit. in Commentario alla Costituzione, UTET 2006, pag. 207.
9 Aprile 2013 alle 7:46 pm
@ 245. Grazie. Mi par di capire che è “il parlamento” che non ha ancora accettato l’idea che possano esservi più intese per la stessa fede religiosa. Interessante anche la pre-condizione affinché -secondo l’autore- vi possano essere intese plurime: “se non vi è conflitto tra le rappresentanze che aspirano a rappresentare la medesima confessione”. D’altro canto se non vi fosse, in vario senso, conflitto non si vede perché le intese dovrebbero essere plurime. Pare il famoso “comma 22”.
9 Aprile 2013 alle 8:22 pm
Ho evocato la questione del matrimonio perché durante la riunione del 9 aprile cui ho partecipato l’attuale presidente dell’UBI a domanda in merito da parte del rappresentante valdese ha risposto che l’UBI ha esplicitamente rinunciato a che i “suoi” MdC si avvalgano della facoltà di celebrare matrimoni con valore civile. Al che il valdese ha commentato “vi siete tolti una bella grana” in quanto pare che anche un piccolo errore nella trascrizione degli atti (assai complessa, a quanto pare) possa comportare una procedura di infrazione che può condurre alla sospensione immediata e sine die dell’Intesa.
10 Aprile 2013 alle 4:10 pm
@ 247. Grazie jf, un doverosa precisazione. Ora, posto che l’attuale presidente dell’UBI abbia parlato con cognizione di causa, sarebbe interessante sapere come, con chi (e perché) l’UBI possa aver rinunciato alla possibilità che i “suoi” mdc possano celebrare matrimoni con valore civile, visto che sull’intesa nulla si dice a proposito.
Era una notte buia e tempestosa…
10 Aprile 2013 alle 4:12 pm
Buongiorno a tutti. Sono nuovo ed ho cercato di leggere (spero bene) tutti i 250 interventi. Per dire la mia, spero in modo non ridondante, la criticità dell’Intesa Stato-UBI sta nel fatto di avallare le norme concordatarie tra lo Stato e La Città del Vaticano. Norme, per alcuni, al limite della costituzionalità, come ad esempio il meccanismo dell’8xmille. In altre parole: per acquisire alcuni diritti l’UBI potrebbe aver trascinato i buddhisti, o l’accezione che essi acquisiranno, in un “minestrone” molto torbido.
Qui potete scaricare il pdf L8xmille: la storia, il meccanismo, i conti allegato al commento. Nel quale si trova, tra l’altro: “…la Chiesa Cattolica ha investito 9 milioni di euro solo per comunicare ai suoi credenti di averne donato un terzo (3 milioni) alle vittime dello tsunami”.
10 Aprile 2013 alle 4:24 pm
Ciao pablitostanco, benvenuto. Grazie per il materiale. Su un punto solamente ho dei dubbi, ovvero sulla reale completa attuazione da parte dei Valdesi (cfr. anche @ 11) del loro intento di bandiera: “destinare l’intero importo esclusivamente in beneficenza, ricerca, in progetti nei Paesi in via di sviluppo, progetti assistenziali in Italia […]. In totale ha restituito alla comunità tutto l’importo ricevuto senza trattenere nulla.”. In ogni caso, però, anche se lo avessero realizzato solo in parte è sempre santa follia rispetto a come usano quei quattrini i cattolici.
10 Aprile 2013 alle 7:04 pm
E’ vero @mym248, sarebbe interessante, anche perché tale scelta confligge con la “normale” interpretazione secondo la quale un mdc è de facto depositario del diritto di celebrare matrimoni religiosi che hanno pure valore civile. Posso solo confermare l’affermazione del presidente pro tempore dell’UBI, alla quale hanno corrisposto da parte di tutta la dirigenza schierata ampi annuenti cenni… d’intesa 🙂
Quanto alla de-ottopermillizzazione, quel che fa notare pablitostanco@249 (grazie) coincide con quanto sosteneva il rappresentante valdese, dicendo che loro hanno deciso di avvalersi del diritto di fruire dell’otto per mille una volta compreso che rinunciando favorivano le casse della CC e/o dubbie imprese belliche dello Stato. Sono peraltro i valdesi stessi a lasciare qualche dubbio sul fatto che davvero tutto il ricavato vada a scopi completamente estranei al culto confessionale, come si evince da http://www.chiesavaldese.org/pages/finanze/otto_mille.php
11 Aprile 2013 alle 11:06 am
grazie dell’accoglienza. personalemtne ammiro i valdesi, anche nella loro reale attività di disponibilità e dialogo interreligiosi. però, il dubbio che sorge è che non è sufficiente essere i “primi della classe” nelle opere caritatevoli se i proventi finanziari con cui si realizzano sono al limite della costituzionalità. ribadisco il concetto che firmare un’intesa significa, de facto, avallare le norme concordatarie: laicamente parlando rimango perplesso.
11 Aprile 2013 alle 11:20 am
@ 252: concordo. Sino ad ora -in questo post- il punto di vista laico non ha avuto molto spazio, se non tecnico (giuridico, economico). Le norme concordatarie attuali nascono per garantire alla chiesa cattolica la posizione di privilegio che aveva prima: l’8xmille maggioritario al posto dello stipendio statale ai preti. Sempre con i soldi dei contribuenti. Si può concorrere per le briciole oppure per cercare di conquistare il posto dei cattolici, in ogni caso all’interno di una logica che continua a far pagare chiese e preti ai contribuenti.
11 Aprile 2013 alle 12:51 pm
@ 252 e 253: conconcordo. Per portare a termine la trattativa dell’Intesa servono lobby parlamentari, cordate trasversali, illuminati pareri di professionisti, costituzionalisti, esperti tecnico-legali, profusione di denaro ed energie: si fosse usato tutto ciò per farsi paladini, come religiosi, dell’approvazione di una legge sulla libertà religiosa col solo limite della non violazione delle leggi sull’ordine pubblico, per sostituire la famigerata legge sui “culti ammessi” del 1929, vanificando il non meno famigerato sistema delle intese, che è discriminatorio e irreligioso prima ancora che di dubbia costituzionalità, quella sarebbe stata una battaglia che valeva la pena combattere. Non meno di quindici anni fa lo proposi nelle sedi adatte, senza ottenere alcun tipo di ascolto. Ma non per questo la posizione muta.
11 Aprile 2013 alle 3:23 pm
@ 253 e 254: quoto totalmente. Oltre all’8xmille, altri meccanismi sono l’esenzione dell’IMU sugli immobili di culto, il finanziamento pubblico alla scuola privata (ovviamente cattolica), ecc.
Probabilmente tutti diritti che saranno acquisiti anche dalle istituzioni afferenti all’UBI, ma con la conseguenti ed inevitabili critiche (legittime) di quella componente laica che vorrebbe vedere l’attività dello stato separata ed indipendnete da qualsiasi infiltrazione etica.
11 Aprile 2013 alle 7:49 pm
Le infiltrazioni etiche nello stato … ci vorrebbero eccome 🙂 anche se non nel senso che, mi pare, gli dai tu ovvero quello dello stato etico.
C’è un altro blog dove c’è stato un accenno di dibattito su UBI/intesa…
12 Aprile 2013 alle 1:04 pm
@256: hai interpretato benissimo (e io sono stato generico)l’etica, soprrattutto se oggettiva, razionale, non emotiva e, mettiamoci pure, normativa sta alla base di un moderno Stato laico e democratico. Lo Stato etico è ben altra cosa… ma siamo nella filosofia pura… campo minato nel quale non vorrei entrare.
14 Aprile 2013 alle 8:14 am
oh toh, rileggendo “La Volontà nella Natura” di Schopenhauer mi sono imbattuto in questa frase: ” … il Buddhismo si mantiene per forza propria, senza alcuna protezione da parte dello Stato, circostanza che dice molte cose a suo vantaggio …”
14 Aprile 2013 alle 11:36 am
Non so da dove Schopenhauer abbia evinto tale convinzione, purtroppo non è così e non è andata così un po’ dappertutto.
Penso che la frase dovrebbe essere: … le religioni si mantengono per forza propria ecc.
Il fatto è che i piccioli e far la vita del michelasso piacciono un po’ a tutti, buddisti e non.
14 Aprile 2013 alle 11:50 am
>Non so da dove Schopenhauer abbia evinto tale convinzione
da saggistica ottocentesca relativa alla situazione in Cina.
in ogni caso, il “pezzo forte” in quelle pagine di Schopenhauer è la giusta previsione dello shock culturale che si sarebbe percepito in Occidente dalla notizia che esisteva un intero mondo “non teista” né interessato a diventarlo. cfr poi le considerazioni di Panikkar sul tema.
14 Aprile 2013 alle 2:47 pm
Temo che l’ottimo Scopenhauer abbia preso una bella cantonata. Se vi fu, da tempi antichissimi, un’area geografico-politica in cui il buddismo dipese totalmente a livello economico e amministrativo dallo Stato, quello proprio la Cina fu. I preti buddisti, C’han compresi, erano funzionari statali, la cui nomina e registrazione dipendeva dallo Stato locale. Ne fece esperienza Dogen che ebbe grosse difficoltà a ottenere il permesso di scendere a terra dalla nave giapponese che lo aveva condotto in Cina perché gli standard della sua ordinazione monastica non corrispondevano a quelli richiesti dal governo cinese. Uno dei problemi è che il buddismo che è stato presentato fin dall’Ottocento agli occidentali (da altri occidentali) aveva ben poco a che fare col buddismo come era effettivamente nei Paesi in cui sussisteva come fenomeno religioso. Si disse e si dice che quello popolare e locale non era “vero buddismo” mentre quello vero era rivelato dai pionieri occidentali ottocenteschi. E’ una tesi non del tutto peregrina, con il vizio di forma che i criteri per stabilire la “purezza” erano di marca occidentale e che comunque non si teneva conto della realtà dei fatti. La stessa manfrina si è ripetuta nella seconda metà del Novecento con lo Zen, con la differenza che in questo caso i cosiddetti pionieri furono asiatici fortemente influenzati dal pensiero occidentale, che ignorarono la penosa condizione dello Zen giapponese e presentarono come reale, vivo e vegeto uno Zen (e un C’han) che non esisteva da (quasi) nessuna parte.
14 Aprile 2013 alle 3:21 pm
>il buddismo che è stato presentato fin dall’Ottocento agli occidentali (da altri occidentali) aveva ben poco a che fare col buddismo come era effettivamente
ah ma sicuramente. però trovavo gustoso l’ideale da lui proposto, peraltro in parallelo con la sua polemica più generale contro la teologia cristiana insegnata (stipendiata) alle università, che influenzava anche i corsi di filosofia (“catechismo mascherato”).
14 Aprile 2013 alle 4:55 pm
Ma lo sanno tutti dove si fa il Ch’an perfetto: a Shamballa no? Il paradiso è sempre da qualche altra parte, meglio se inaccessibile.
Riprendendo un’immagine proposta da Mym, io penso che la rivoluzione interiore non possa non coniugarsi a quella sociale. Questo mondo è fondato sulla forza, sull’accrescimento senza fine, sullo sballo sfrenato, l’edonismo vuoto, il consumo delle risorse planetarie…è l’opposto del Buddhadharma! Io penso che debba essere per prima cosa estinto dentro se stessi e poi confutato nella società.
14 Aprile 2013 alle 4:59 pm
Ossia: rivoluzione interiore come inizio della rivoluzione sociale, rivoluzione sociale come premessa per una rivoluzione interiore.
14 Aprile 2013 alle 5:49 pm
E una domanda: invece che chiedersi cosa il buddismo (i buddisti) possano attendersi o chiedere allo Stato, non sarebbe meglio chiedersi cosa possono dare (riprendendo il JFK)? Non solo come singoli ma anche eventualmente come gruppo? Forse su questo piano ha un senso contarsi e muoversi insieme.
Scusate gli interventi multipli.
14 Aprile 2013 alle 6:11 pm
Questi giovani, sempre pronti a salir sulle barricate…
La rivoluzione interiore non esclude la rivoluzione sociale.
Il “caso” dei buddisti tibetani che si autoimmolano, quello dei monaci birmani che sono sfilati per le strade al posto dei laici, pagandone le conseguenze.
Non c’è rapporto tra la rivoluzione interiore e la rivoluzione sociale.
Si dice che il Buddha decise di tornare al luogo in cui era nato per rivedere la sua famiglia. Arrivò sul passo montano che sovrastava il regno di suo padre e vide un esercito che stava per assalire e distruggere la sua gente. Non ostante la grande pena voltò i suoi passi e tornò dai suoi discepoli.
Se non avesse scelto quella strada oggi… niente zazen.
14 Aprile 2013 alle 6:24 pm
No, le barricate non servono. C’è un chiaro rapporto, IMHO, tra la rivoluzione interiore e quella sociale; è questione di raggiungere una sufficente massa critica. Separe il sociale dall’interiore secondo me è stato il limite del buddismo asiatico. Perchè dovremmo fare lo stesso- con tutto il rispetto per la storia?
14 Aprile 2013 alle 6:31 pm
Il rapporto c’è perché non c’è opposizione, contraddizione, non perché sono collegate dal ragionamento.
Se cambio “io” cambia tutto il mondo.
Se il mio mondo non cambia… è perché non c’è rivoluzione interiore.
14 Aprile 2013 alle 7:06 pm
Se non sei più dominato dal desiderio diventi un elemento sovversivo, perchè ti poni al di fuori della logica del mondo. Se un numero sufficente di persone lo fa può essere l’inizio di un modo diverso di vivere i rapporti sociali e quindi di un mondo nuovo condiviso. Più naturale, più umano, non distorto. Mettere in discussione i presupposti su cui si basa il sistema: non vengono percepiti e sono dati per scontati. Questo è possibile e non è poco.
14 Aprile 2013 alle 7:48 pm
Capisco. Se ciascuno è “buono” la bontà trionfa.
O quella massa critica non si è mai raggiunta oppure anche se raggiunta non funge. Non essere dominato dal desiderio non porta al pensiero unico, ad un’onda politica che spazza via il sistema basato sui desideri. Il non afferrare non porta ad aggregarsi per lottare per la giustizia. L’agone politico è fatto di convinzioni mentali, a proposito di soluzioni, è un altro ambito.
La politica guidata dalla religione non può che essere assolutista, meno democratica e liberale del sistema che vorrebbe cambiare.
Prova a mettere 5 buddisti assieme per decidere qualche cosa di politico. Senza il “caro leader” nella maggio parte dei casi non si arriva a nulla.
Politica+religione=dittatura
14 Aprile 2013 alle 7:57 pm
Più che di aggregarsi per lottare per la giustizia, la questione secondo me è che il non afferrare è già di per se un’opzione dal significato politico nel senso più profondo, ossia attiente allo stile di vita, ai consumi, alle scelte economiche. Se la regola è afferra più che puoi, contraddirla e dimostrarne l’inconsistenza ha un profondo significato politico- e pedagogico. Io non penso tanto ad una rappresentanza politica, ma a delle scelte individuali e collettive dai risvolti politici.
15 Aprile 2013 alle 11:05 am
E poi: l’ideale del bodhisattva, per cui la distinzione tra “io” e “mio” e “altro da me” viene a cadere, si potrebbe agevolmente tradurre in una vita sociale e collettiva ben diversa da quella attuale.
Religione + società civile impegnata e consapevole= democrazia “spirituale”
15 Aprile 2013 alle 11:13 am
demo-crazy-a
15 Aprile 2013 alle 11:15 am
@ 271-2: Fai un minestrone tale che è quasi impossibile risponderti. Il non afferrare può o non può avere un risvolto materiale, non siamo nel daoismo anarchico di Zhuangzi dove a parte mangiare e andare in bagno il resto è ridondante. Non esiste una vita “alla buddista” e perciò non c’è una politica buddista.
Sull’ideale del bodhisattva penso che tu lo immagini come una sorte di kolkoz spirituale e materiale.
Trattare te come fossi me non implica alcuna politica, per di più su dieci che trattano te come fossero “loro” con ogni probabilità ci sarebbero scelte opposte, completamente contraddittorie nei fatti.
Anche le comunità “religiose” che hanno tentato di realizzare in un ambito chiuso il paradiso in terra hanno avuto bisogno di leader assoluti. E sono fallite nel disastro.
15 Aprile 2013 alle 11:53 am
Non esite alcuna politica buddista? E chi lo dice? E’ qui che non sono d’accordo. Di certo esistono un’infinità di politiche chiaramente contrarie all’insegnamento buddista. Mercificazione degli esseri umani, speculazione finanziaria, devastazione ambientale, militarismo come modalità di risoluzione dei conflitti….
Trattare te come se fossi me implica eccome una linea politica: io non ci andrei in catena di montaggio senza diritti ne malattia in condizioni di assoluta precarietà. Considerare il mondo come me stesso implica assolutamente una linea politica: rispetto degli ecosistemi.
Nessun ambito chiuso, nessun kolkotz: principi non negoziabili
15 Aprile 2013 alle 12:10 pm
Appunto: principi non negoziabili, poi “Dio lo vuole” ecc. ecc.
Il fatto che tu non andresti ecc. ecc. per me può non significare nulla.
Il fatto è che per politica buddista, intendi “il modo giusto”, ovvero come pensi tu che dovrebbe essere.
15 Aprile 2013 alle 12:32 pm
Quindi a tuo parere, il buddismo non ha alcuna rilevanza per l’etica pubblica e nelle scelte sociali? Un buddista può essere favorevole alla pena di morte, al narcotraffico, all’impiego dei bambini comi guerriglieri?
15 Aprile 2013 alle 1:29 pm
Oppure: perchè hanno sbagliato i monaci Zen a sostenere l’imperialismo Giapponese? Se si fossero semplicemente astenuti dal prendere posizione, standosens belli tranquilli nei monasteri, sarebbe stato sufficiente?
15 Aprile 2013 alle 6:33 pm
@ 277-8: il buddismo in astratto non esiste. Ci sono stati buddisti favorevoli alla pena di morte, in certi casi chissà, magari lo saresti pure tu. Il narcotraffico, i bambini guerrieri, la fame nel mondo ecc. sono gli argomenti che tratta spesso padre Luciano. Penso dovresti sentire lui.
Non c’è giusto/sbagliato, bene/male in assoluto.
Nei casi limite tutto può accadere.
15 Aprile 2013 alle 7:24 pm
… senza contare che le cose belle e buone che abbiamo sono INESTRICABILMENTE collegate a quelle brutte e cattive. è il samsara, bellezza: prendere o lasciare.
15 Aprile 2013 alle 7:35 pm
Vero.
Prendiamo l’intesa, ci sono un sacco di cose bruttine, non dico cattive, poi invece se guardi meglio … 😯
15 Aprile 2013 alle 8:10 pm
Che vuol dire che il buddismo in astratto non esiste? Quindi se per ipotesi c’è un buddista pedofilo significa che per il buddismo la pedofilia è accettabile? I casi limite sono i casi d’ordinaria amministrazione.
Non fate il male, fate il bene: mi sembra un’indicazione molto chiara
@ 280: Secondo me è semplicemente falso. Non c’è una ragione necessaria per cui ci debba essere il male, il bene può esistere anche senza il male. Ne parlò Jf in un post precedente
15 Aprile 2013 alle 8:48 pm
>Non c’è una ragione necessaria per cui ci debba essere il male, il bene può esistere anche senza il male
Vietarlo, non lo vieta nessuno, ma in 8.000 anni di storia umana (fonte statistica: Raimon Panikkar) non è mai successo.
Anzi (fonte: Teilhard de Chardin) in 15 miliardi di anni di esistenza dell’universo.
Anzi (fonte: Buddha) in una serie imprecisata di kalpa.
15 Aprile 2013 alle 10:07 pm
Secondo me è “normale” che un qualsiasi essere umano (buddhista o meno) si debba adoperare per “fare il bene”, qualunque cosa al tempo in cui vive possa voler dire. Sui “malvagi” … mi vengono in mente le parole di Claude Anshin Thomas, “a senso” e per come l’ho capito/mi ricordo dice che un è errore pensare che i carnefici e le vittime siano diversi/peggiori/migliori gli uni dagli altri, non credo proprio intendesse che la vittima se la cerca o che si possa sfuggire alle proprie responsabilità, quanto alla possibilità di superare la sofferenza della violenza inflitta e subita in un modo diverso da vendetta o perdono, finalmente in un modo efficace. Sul fatto che sia desiderabile una politica che si definisca cristiana, o buddhista, o mussulmana nutro molte perplessità.
15 Aprile 2013 alle 10:12 pm
Buona sera a tutti.
L’eccessiva sicurezza di stare dalla parte del Bene ha prodotto le peggiori tragedie della storia… il più “minimalista” non nuocere non è molto ma a ben vedere…non è neanche poco.
16 Aprile 2013 alle 9:14 am
@283: quanto tu dici è irrilevante sul piano etico. Non credo che se tu vedi una persona a terra bisognosa d’aiuto la lasci lì per non turbare l’equilibrio cosmico. Passando al livello sociale, chi vuole preservare lo status quo (generalmente chi ne trae vantaggio) dirà sempre che è la situazione migliore possibile sulla terra.
Sono d’accordo con 284: nell’uomo c’è secondo me una spinta naturale alla cooperazione ed all’aiuto reciproco. Certo, non c’è soltanto quella, c’è anche l’impulso alla competizione ed alla distruzione, ma l’una si può coltivare, la seconda incanalare. PEr quanto riguarda la politica, io non intendo un “partito” di questa o quella religione (penso ne abbiamo avuti tutti abbastanza della DC), intendo dire che la politica è parte integrante dell’etica, e che questa ha evidentemente a che fare con la religione. Perchè distinguere nettamente il privato dal pubblico? Se io sono non violento nella mia quotidianità posso coerentemente sostenere un partito neofascista/squadrista?
16 Aprile 2013 alle 9:31 am
@ 286: la risposta è “sì, certamente”.
Aboliresti la polizia?
Aboliresti i tribunali?
Oppure vuoi qualcuno che si sporchi le mani al tuo posto?
Occorre “capire” l’ambito in cui agisce legittimamente esclusivamente profondamente imperfettamente la parte religiosa/spirituale dell’uomo.
Se quello che dici fosse vero, nell’ipotesi tu fossi ciò che dici di essere, non potresti usare la carta per non distruggere l’Amazzonia e i suoi abitanti, l’auto per non avvelenare il pianeta, la plastica idem, non potresti chiamare la polizia perché non usino violenza a chi sta usando violenza a tua moglie ecc. ecc.
16 Aprile 2013 alle 10:25 am
Per mym #209,
del Genjokoan riferito alla traduzione con testo a fronte di Jiso senz’altro inserirei il passaggio n.4 ma anche il n.11-12-13…
Tante altre indicazioni potrebbero essere desunte da altri testi illuminati.
Io personalmente metterei tutto il Genjokoan e basta, sarebbe piu’ che sufficiente e vincerebbe il confronto eventuale con qualsiasi scritto di qualsiasi tradizione buddhista.
Ma anche il Bendowa il Gakudo yojinshu…
Per HMSX #210,
non sono un esegeta di Severino sono solo un ammiratore e lettore delle sue opere che ritengo uniche nel panorama mondiale. Il termine Prof. per Severino e’ un po’ riduttivo, i suoi allievi e studenti lo chiamano Maestro.
In quanto al “confutarlo” la vedo dura…dovresti interpretarmi, possibilmente in modo sintetico, l’ottimo testo di sole 23 pagine di piccolo formato, pubblicato dall’ottima Mimesis editrice sul ‘bello’ che termina con queste parole attribuite dai testi al Cristo, “Voi siete il bene”.
Se lo decifri bene puoi avere qualche bagliore del pensiero severiniano che in questo caso si avvicina parecchio al buddhismo.
Ciao.
16 Aprile 2013 alle 10:40 am
@ 287: questa non è un’argomentazione Mym. C’è un evidente differenza tra l’uso legittimo della forza da parte della polizia e la violenza utilizzata come strumento di intimidazione politica. Per quanto riguarda la carta, la plastica ecc. quanto tu dici è un’ottima argomentazione A FAVORE della necessità di una politica con dei principi etici. Non è possibile per un singolo vivere senza fare danni ambientali (dovresti cominciare con lo spegnere il PC), mentre sarebbe possibile farlo con delle politiche corrette. Stesso discorso per la forza pubblica: in assenza di tribunali ecc. saresti costretto a difenderti con la violenza per salvare tua moglie e tua figlia; è proprio perchè esiste uno stato di diritto, e si spera una moralità pubblica, che puoi evitarlo.
16 Aprile 2013 alle 11:31 am
@ 289: Quindi, se lo stato di diritto prevedesse tortura, pena di morte ecc. … Dalla porta che aprono espressioni come “uso legittimo della forza” (o “politiche corrette”) ci passa -letteralmente- di tutto.
@ 288: ciao Nello, grazie per la precisazione. Poi vado a ripassare il Genjo. Sostituire il Genjokoan al testo dell’intesa, dici. Sarebbe un bello scherzetto. Senza dolcetto. L’intesa è un’obbrobrio (comunque) perché è, costituisce esattamente quel terreno in cui politica (e quindi interessi terreni, passioni, divisioni, mediazioni, contrasti, furbizie ecc.) e religione si mischiano. Non è emendabile, ergo: Genjokoan e pedalare.
Anni fa, fui molto colpito dall’argomentare di Severino.
Non trovo però la fonte (evangelica? Apocrifa?) della frase “voi siete il bene”.
16 Aprile 2013 alle 3:54 pm
Eh no caro, sei tu che ti ostini a negare un legame tra l’etica e la politica, non io. Secondo il tuo ragionamento sì che lo stato può fare qualunque cosa.
Paragonare i poliziotti ed i tribunali agli squadristi è francamente offensivo per chi svolge il lavoro, utile e per nulla sporco, di magistrato o di poliziotto.
16 Aprile 2013 alle 4:43 pm
@ 291: infatti fai molto male ad adombrare certi paragoni.
Tuttavia se parli di rifiuto della violenza, devi considerare che è violenza sia quella di stato, in guanti bianchi, praticata in modo pulito ed utile da magistrati e polizia sia quella che praticherei, arbitrariamente, brutalmente, ingiustamente su di te, la persona che mi fa utilizzare tanto tempo in una discussione inutile.
Se poi riuscissi a farti agguantare da un paio di poliziotti di quelli “che dico io” ne prenderesti un sacco ma… pulitamente, utilmente.
16 Aprile 2013 alle 7:17 pm
Solo un ultimo OT, non mi sento di resistere, devo ardire a dire 🙂 aspettandomi una bella bastonata sulle gengive … Ahio che botta! 😡 😉
Da sciocco, maleducato, cialtrone e un po’ burino obiettore di coscienza … le frasi “violenza in guanti bianchi”, “aboliamo la polizia allora”, “allora non usiamo carta e computer”, “chi non crede alla violenza come mezzo per risolvere i problemi non deve aiutare la vittima di uno stupro” applicano norme generali a casi particolari che rendono la norma inapplicabile.
Poi diremmo: “visto che non ci posso arrivare, non parto neppure”. Non c’è giusto/sbagliato, bene/male in assoluto, certo, e se prendo un cazzotto sento dolore. … e quindi? Chi lo sa!
Tornando al topic, leggendo jf @261, parte finale, probabilmente l’unico mezzo per testimoniare un qualcosa in linea con quanto proposto riguardo all’intesa sarà il dissociarsene. Si potrebbe fare in modo di perdere quell’aureola luminosa, fosse la volta buona … Sulla rete (non solo sui social network ma anche, ad esempio, qui oppure qui … ma solo come esempio) o c’è chi non si pone il problema o è entusiasta a prescindere. E forse quei “qualcuno” contano come maggioranza. C’è qualche spunto nei post che potreste forse portare sul tavolo della discussione ma “nonviascolterannopunto”. La vedo dura, anche se c’è chi ha capacità e autorevolezza da vendere e spalle molto larghe. Probabilmente il formarsi di clero/fedeli concepiti nella forma che conosciamo (come in veste cattolica, belle chiese, belle cerimonie, aitanti Mdc, devoti fedeli) è inevitabile. Certi modi di cercare rimangono l’eccezione e non la regola. Forse, è chiaro.
16 Aprile 2013 alle 7:44 pm
Sì, è chiaro.
Infatti ciò che era nelle intenzioni e che, mi pare, è poi avvenuto, era elencare una serie di criticità dalla più radicale (rinunciare all’intesa e agire affinché anche le altre scompaiano) a quelle più articolate (almeno si potrebbe far sì che… ecc.).
Il tutto non per una battaglia di tipo politico o comunque di contrapposizione. Non ho, non abbiamo?, nulla da contrapporre.
Però molte cose sono state dette e approfondite. Chi vuole può avere elementi per approfondire per conto suo e formarsi un orientamento non stereotipato.
Poi, si sa, ognuno è ciascheduno.
PS: non ho capito il riferimento a jf @ 261… Forse intendevi @ 251…
17 Aprile 2013 alle 8:45 am
Sì è molto comodo definire inutile una conversazione perchè per te è fastidiosa.
17 Aprile 2013 alle 8:56 am
E comunque, non sei minimamente obbligato ad interloquire, fai come vuoi. Puoi anche scegliere di ignorare delle obiezioni che ti vengono fatte. Sarebbe sufficiente far notare che si va fuori argomento o che quel punto non è rilevante per la discussione per quanto mi riguarda. Certo, se scrivi cose come 287, a mio parere un mix di argomenti del tutto scollegati tra loro e che di fatto non c’entra nulla con quello a cui vorrebbe rispondere, tendenzialmente te lo faccio notare.
17 Aprile 2013 alle 9:25 am
>un mix di argomenti del tutto scollegati tra loro e che di fatto non c’entra nulla
ma era “intenzionale” 😉
17 Aprile 2013 alle 12:05 pm
Il Buddhismo (i Buddhismi?) ha sempre avuto bisogno di evolversi, trasformarsi e adattarsi.
Mi fanno ridere e mi son sempre parsi poco buddhisti i paladini del Vero Zen, i protettori del Puro Dharma e i nostalgici dei bei tempi che furono, quelli che guardano sempre a quello che faceva Shakyamuni 2500 anni or sono nell’Asia più remota.
Se il Buddhismo fosse rimasto quello, oggi sarebbe estinto.
Certo, IMHO per trasformarsi c’è sempre voluo tempo e sono state spese tante parole per confrontarsi. Ma mica è obbligatorio. Qualcuno che lo farà si troverà sempre.
17 Aprile 2013 alle 12:50 pm
@ 298: vero, qualcuno che vuole dedicare tempo ed energie a innovare, invece che a sedersi, comportarsi in modo corretto, studiare e non rompere gli zebedei si trova sempre.
@ 297: vero anche questo. Il collegamento tra un’affermazione e l’altra non è nelle parole.
Un conto è il rapporto tra etica e politica (cfr. 255-6-7): normale e auspicabile in modo palmare. Un conto è il rapporto-commistione tra politica e religione, da evitare come la peste.
@ 296: in @ 274 trovi il necessario. Ma il collegamento tra una frase-affermazione e l’altra no.
17 Aprile 2013 alle 2:02 pm
300, yay!
17 Aprile 2013 alle 5:02 pm
@294 … lo so alle volte non mi capisco nemmeno io da solo. Intendevo riferirmi alla frase ” (i) pionieri furono asiatici fortemente influenzati dal pensiero occidentale, (…) presentarono come reale, vivo e vegeto uno Zen (e un C’han) che non esisteva da (quasi) nessuna parte.”. Molti cercano proprio “la” “religione” che ha bisogno di “più fondi” per sostenersi. Considerano una ricompensa e una fortuna l’edificio ricco dove si celebrano solenni e potenti cerimonie leggendo gli antichi volumi. Ma non è solo un fatto esteriore: puoi trovare chi organizza “celebrazione del Battesimo, Matrimonio e Funerali” e di “formazione dei catechisti” in riferimento allo Zen … e certe cose necessitano di spiccioli.
“Chi vuole può avere elementi per approfondire per conto suo e formarsi un orientamento non stereotipato.” E’ già molto comunque, no?
17 Aprile 2013 alle 5:23 pm
@ 301: a qualcuno non basterà, per qualcun altro sarà di troppo. Insomma: al solito.
In ogni caso, questo è ciò che facciamo qui.
17 Aprile 2013 alle 5:53 pm
Se il buddismo (adm@298) avesse (avuto) sempre bisogno di evolversi, trasformarsi e adattarsi, sarebbe niente più che un qualunque fenomeno del mondo. Questo non è buddhadharma, che non ha bisogno di niente, e proprio per questo è il buddhadharma. Innovarsi, restare fedele all’originale… tutte fantasie per occupare il tempo, per sentirsi parte di qualcosa, utili a qualcosa. Parli del buddismo come fosse un prodotto da rendere bello e buono, da trasformare a misura dei tempi e delle persone, e così ne fai un oggetto di spettacolo e di consumo fra gli altri. Non sei tu (noi) a dover trasformare il buddhadharma, semmai è il caso di mettersi nella posizione di essere (tras)formati dal buddhadharma. Il che implica, in primis, buttare come feccia ogni idea di intervento sul (a favore di, per apportare migliorie al) buddhadharma.
18 Aprile 2013 alle 11:15 am
#303 è ineccepibile e spero che non chiuda l’argomento che è interessante e chiarificatore sul senso delle cose nella loro totalità.
Per mym #290:
Non ho verificato la fonte dell’asserto di Severino che conclude il breve testo “del Bello” (con lezione allegata in CD), ho focalizzato la mia attenzione sull’uso magistrale che ne ha fatto, ovvero citare “il figlio di Dio” per togliere Dio.
18 Aprile 2013 alle 11:58 am
@ 304: pur essendo @ 303 et similia in palese OT, sfrucuglio a mia volta.
@ 303 si basa su quella sorta di idealismo che vede il buddhadharma, lo zen ecc. a prescindere: dal mondo, dai suoi fenomeni…
@ 298, viceversa, considera il buddismo interamente fenomenico e in più sbeffeggia i paladini del vero zen e i protettori del puro dharma.
18 Aprile 2013 alle 12:30 pm
non-buddhadharma, non buddhadharma: per questo si chiama “buddhadharma”
… no?
18 Aprile 2013 alle 12:36 pm
Mah
Parafrasando Dogen: non lo si può trovare da nessuna parte per cui è detto bd.
Però ci andrei piano.
18 Aprile 2013 alle 1:12 pm
>per cui è detto bd
cioè “fumetti” in francese. meglio di così!
18 Aprile 2013 alle 3:48 pm
Citando Uchiyama, buddhadharma come “non guadagnare, non sapere”, “essere liberi da qualsiasi cosa fabbricata dal cervello”, oltre la mente discriminante…
nulla da aggiungere ai fenomeni (la dimensione del sacro)
20 Aprile 2013 alle 11:15 am
mym #305,
tutt’altro, nessun idealismo ma originale concretismo.
Il Risveglio è il Risveglio, non “a prescindere”, ma dentro il prescindere ed ogni cosa da quella dimensione.
E’ molto chiaro il # 303.
20 Aprile 2013 alle 11:21 am
Correzione per mym,
sul breve testo di Severino “Del Bello” Mymesis ed., non c’è il CD, mentre c’è in un’altro testo recentemente pubblicato sempre da Mymesis che è “Pòlemos”, un argomento molto interessante che Severino sta trattando da tempo in modo molto profondo e originale. Da non perdere.
Dogen è e non è del 1200, per questo è eterno.
20 Aprile 2013 alle 5:45 pm
Grazie, Nello.
Dogen è frammentario, al punto da rischiare l’inaffidabilità, in ciò che scrive. Conosci “Dogen, textual and Historical studies” a c. di S. Heine? Non è esculso che tra 50 anni -passata la moda tra gli zen- di Dogen, inteso come opere, si perdano le tracce.
@ 310: non penso che “originale concretismo” sia … meglio di idealismo. Anni fa andava molto il realismo mistico.
Il @ 303 è chiaro e molto pericoloso.
22 Aprile 2013 alle 6:46 pm
@312: ne ho una copia tradotta in italiano
22 Aprile 2013 alle 6:51 pm
Bene. Sei avanti col programma…
Ti riferisci al testo di Kim, suppongo. Quello di Heine difficilmente verrà pubblicato in Italia.
22 Aprile 2013 alle 7:42 pm
Si. Ma uno come me non è mai avanti. Sono perennemente OT. Saluto tutti e vi ringrazio per la gran bella discussione.
22 Aprile 2013 alle 7:46 pm
Eeeeh lo so: non essere avanti, sembrare indietro, così poi saremo i primi, sgomitaqqua sgomitallà… 😉
Ciao AHR, bentornato.
6 Maggio 2013 alle 11:34 am
Eh no jf@303 quello che intendevo l’ha colto meglio mym@305.
Pure se la mia visione non è certo esclusivamente fenomenica, qui si stà parlando di leggi, sviluppi, normative e pensiero, tutte cose assai relative. mettersi a confutare le cose scritte da altri ponendosi in un’altra prospettiva, pure se elegantemente come al tuo solito, non penso sia utile al confronto ma neanche dialetticamente corretto.
Basta rileggersi la tua lettera iniziale per vedere che assieme a istanze ideali, tu proponi questioni molto pratiche afferenti al tuo ufficio, ovvero entri nel merito del fenomeno Intesa rivendicando una azione di conservazione delle prerogative della tua scuola. Questo è molto concreto, molto interventista, conservativo e comprensibile ma, come già ho avuto occasione di dirti, non perciò condivisibile.
Ma se qualcun’altro cerca di abbattere il mito delle chiese, delle istituzioni e dei maestri-mostri a vantaggio di una serena osservazione per vedere la piega che le cose prenderanno adattandovisi e sperimentando non va bene?
8 Maggio 2013 alle 8:00 pm
Ciao adm, bentornato.
jf è momentaneamente of line.
Penso che le chiese ed i maestri mostri continueranno ad esserci.
In ogni caso agire per abbattere crea il problema che si vorrebbe eliminare.
Una ragionevole riduzione del danno che certe istituzioni inevitabilmente creano è, penso, cosa possibile e non negativa.
Nel frattempo sappiamo tutti che cosa fare.
31 Maggio 2014 alle 8:12 am
…e intanto, si delinea la figura…
http://forum3.zenshinji.org/
Tra l’altro: “Durata degli incarichi
Si propone che il Ministro di Culto e l’Assistente spirituale durino in carica almeno un anno, al termine del quale il mandato debba essere necessariamente riconfermato per iscritto e controfirmato dalla Guida Spirituale del Centro.
Si propone che la Guida Spirituale del Centro abbia comunque diritto di revoca insindacabile sia del Ministro di Culto e che dell’Assistente spirituale, al di là del potere di revoca esercitata dall’U.B.I. ( vedi di seguito Codice deontologico e Collegio dei Probi viri).”
Insomma…’sti ministri sarano presi fra due fuochi…il loro Maestro che, come accade spesso in occidente, al primo scazzo li può cacciare e l’U.B.I. che invece potrà cacciarli attraverso i Probi Viri…poraccio!