Mer, 7 Nov 2007
L
a pagina Approfondimenti della Bibliografia commentata si arricchisce di una nuova scheda, sempre per mano di GI, un testo che avrebbe potuto figurare tra i libri del Dialogo inter-religioso se l’accenno che vi si dedica allo zen -ed allo yoga- lasciasse qualche spazio al dialogo.
* Carlo Maria Martini, Non sprecate parole. Esercizi spirituali con il Padre nostro, Ed. Portalupi, 2005, P. 184, € 18.
Si può insegnare una preghiera?
Vorrei iniziare con questa domanda la scheda al libro del cardinal Martini.
Il titolo del testo è particolarmente interessante: non sprecate parole.
Una preghiera, come ogni altra pratica religiosa, se diventa un feticcio, una ripetizione meccanica senza alcun pathos delle parole che qualcun altro ci ha insegnato, perde di senso e diventa un’altra cosa.
Questo punto è centrale nel testo ed attorno al senso profondo del pregare esso si sviluppa.
Il testo non è voluminoso e lo stile è piacevole: essendo una trascrizione di esercizi spirituali tenuti dal cardinale.
La preghiera non è una tecnica psicologica per sentirsi meglio, infatti, troviamo nel testo:
“Tutti noi, come il discepolo innominato, abbiamo detto tante volte: «Signore, insegnaci a pregare!». Che cosa chiedevamo?
– Penso che molta gente, quando pone tale domanda, non di rado desidera anzitutto raggiungere quella unità interiore, quel raccoglimento, quel possesso di se, quella gioia di tenersi bene in mano che è caratteristica di una preghiera profonda. Si tratta di atteggiamenti positivi e utili, ma siamo ancora nell’ambito di una preghiera psicologica, tesa a ottenere alcuni benefici: imparare a essere calmo, tranquillo, raccolto, pacificato, coordinato, senza una sarabanda di pensieri che mi frulla per la testa. Di fatto coloro che si dedicano alle pratiche yoga o zen imparano simili cose: il raccoglimento, il dimenticare tutto, l’astrarsi dal mondo esteriore, il concentrarsi su un unico punto, magari sul nulla, l’eliminare ogni pensiero per vivere nella calma più assoluta.
Forse noi pure abbiamo bisogno di tali atteggiamenti per pregare bene. Ci vuole un minimo di concentrazione e unità, proprio perché la preghiera è anche salute psicologica.
– Noi vogliamo tuttavia chiedere a Gesù di insegnarci a pregare nello Spirito, soprattutto di insegnarci la disposizione interiore e quali siano le richieste da presentare.
Spesso quando inizio la preghiera apro il testo della lettera ai Romani, là dove si dice che nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare (cf. 8,26a) e dico: Signore, vedi che non so pregare. Però tu hai promesso lo Spirito in aiuto alla mia debolezza e lo Spirito intercede per me «con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (8,26b-27). Noi vogliamo tuttavia chiedere a Gesù di insegnarci a pregare nello Spirito, soprattutto di insegnarci la disposizione interiore e quali siano le richieste da presentare.
Quindi per me, per noi imparare a pregare vuol dire imparare ad affidarci allo Spirito che ci muove a recitare il Padre Nostro, fino a raggiungere quel bellissimo stato d’animo su cui ho meditato molte volte, in tanti momenti della mia vita: «Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10,19-20)”.
Il passo che abbiamo riportato ci dà la possibilità di vedere un punto essenziale del libro: l’atteggiamento di umiltà senza il quale, per il Cardinale, non è possibile alcuna preghiera.
Dobbiamo osservare il riferimento superficiale allo Yoga e allo Zen. Non vedo l’esigenza di accennare a delle pratiche religiose in modo così incompleto e superficiale.
Il Padre Nostro è analizzato in modo analitico e queste riflessioni sono molto interessanti. Segnalo in particolare il commento al versetto: ma liberaci dal male. Si affronta il tema della libertà e del Male.
L’autore utilizza molto come testo di riferimento Gli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, il manuale spirituale scritto dal fondatore dell’ordine dei Gesuiti nel XVI sec.
Il Cardinale condivide il parere di chi vede nella preghiera del Padre Nostro la sintesi dei Vangeli. Personalmente mi sentirei di aggiungere: che essendo sintesi dei Vangeli è sintesi del Cristianesimo in toto.
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