Sab, 21 Apr 2012
In quel di Pesaro si è svolto l’incontro annunciato nel post precedente. Bravi tutti, molto interessanti 4
interventi: naturalmente quello di Jiso Forzani, ma anche quelli dei proff. Luigi Alfieri, Cristiano Bellei e della professoressa Antonella Fucecchi sono stati piacevoli e di alto livello. L’Università per la Pace, ente organizzatore, ha in programma altri incontri che non mancheremo di segnalarvi.
Vi offriamo ora il testo dell’intervento di Jiso Forzani: Le radici e le fronde: un’ipotesi buddista per un ruolo non conflittuale delle religioni nell’edificazione di un’Europa di tutti, 5 cartelle in pdf.
80 Commenti a “Stormir di europee fronde”
Se volete, lasciate un commento.
Devi essere autenticato per inviare un commento.
21 Aprile 2012 alle 10:39 pm
Bravo Jiso, una magnifica rappresent-azione
🙂
Solo qualche parola su una delle frasi conclusive:
>Questo, credo, potrebbe essere il ruolo delle religioni al giorno d’oggi: portare in evidenza che partecipiamo tutti della medesima condizione umana… (ma…)
Torna in mente un’osservazione fatta da Panikkar. Parafrasando: fino a qualche decennio fa, cristianesimo e buddismo avevano una “antropologia di partenza” di tipo perlomeno simile. Adesso che il cristianesimo si è dato come “mission” quella di mangiare la pizza in allegria tutti insieme, suonare la chitarra e celebrare la bellezza della vita, dell’amicizia, ecc., al buddismo resta poco di che dialogare… Ma [aggiunta] questa situazione non durerà all’infinito: la condizione umana è bravissima a farsi sentire anche dai più sordi.
Viceversa, leggendo una selezione dalle Mille e una notte, colpisce come queste “favole” terminino con “vissero felici e contenti”, sì, ma solo “finché non giunse la morte che tutto distrugge”. Probabilmente anche i musulmani oggi dovrebbero darsi una calmatina e recuperare le loro radici antropologiche.
23 Aprile 2012 alle 1:52 pm
Bell’intervento, grazie a JF. Purtroppo quanto sta accadendo da un anno a questa parte sembra indicare che il sogno europeo è ancora soltanto tale. Non penso che esista una volontà esterna alla Comunità Europea che voglia farla esplodere, secondo me il fatto è che appena il tempo è cambiato e si è levato il vento lo spazio comune sotto le fronde si è dileguato. Stiamo pagando proprio il fatto di non aver saputo individuare nulla di più profondo dell’economia su cui costruire un edificio comunitario.
Gli Stati Uniti o la Cina sono molto meno in balia della speculazione perchè hanno una vera politica unitaria ed in definitiva sono delle nazioni, mentre la UE non lo è. Delle radici comuni secondo me servono, anche se sono d’accordo che questo non è un compito della religione, ma della politica.
24 Aprile 2012 alle 11:21 am
Da testimone e complice (e non da studioso del fenomeno) penso che le radici comuni dell’Europa siano varie, vive ed evolventi, dall’invenzione della democrazia ateniese a quel vasto movimento che va sotto il nome di umanesimo (per nominare solo due filoni tuttora vivi e vegeti, con i contributi delle culture di popoli eterogenei, dai latini ai germani, dagli ebrei agli arabi, dagli slavi ai normanni… Espressione di pluralismo (come oggi usa dire) che Stati Uniti e Cina neanche in sogno possono immaginare, perché sono in fondo culture monolitiche (una lingua, una bandiera, un’identità egemone) in cui le differenze concorrono, nel pentolone, a fare il minestrone di un’unica ricetta. Il ricatto dell’economia capitalista attuale, che con una mano impone il rigore (rigor mortis) e con l’altra pratica il più sfrenato liberismo libertino, è il veleno con cui si cerca di inaridire quelle radici, rigogliose ma delicatissime. La religione non c’entra direttamente con tutto questo, ma viviamo pur sempre in questo mondo, anche religiosamente parlando, e dunque è anche affar nostro. Non vorrei morire americano o cinese.
24 Aprile 2012 alle 8:19 pm
Neanch’io vorrei morire Cinese o Americano (tra parentesi, secondo me, anche se non sembra la nostra mentalità e la nostra cultura sono effettivamente molto lontane da quella nordamericana). Il problema è che il sentimento di appartenza ad una comunità unica viene meno quando si tratta di pagare il conto. Gli italiani dicono di non voler fare la fine dei Greci, i tedeschi non vogliono pagare il conto del debito pubblico italiano o spagnolo ecc. Questo testimonia chiaramente che manca la percezione di far parte di una sola comunità, nella quale le responsabilità vanno condivise. E questo con buone ragioni: la politica Europea si fa in effetti all’Eliseo e a Berlino, non certo a Strasburgo o Bruxelle. Le prossime elezioni presidenziali francesi contano molto di più per la futura politica europea delle elezioni europee stesse (tra l’altro Marine le Penn al 18 % dei consensi qualcosa secondo me dice).
Io riassumerei così la questione: è bello, giusto, positivo che le radici siano diversificate e che (forse) non ci sia un minimo comun denominatore; però per potertelo permettere devi creare un senso di compartecipazione a garanterire al massimo la rappresentatività. Devi insomma avere un sistema politico che funzioni, in cui la gente si riconosca e che possa percepire davvero come espressione di una comunità.
Siamo così succubi dell’economia e delle sue “leggi” perchè manca un disegno politico complessivo che possa riassumere in se l’economia stessa. La logica del rigore a tutti i costi secondo me denuncia proprio la mancanza di un vero progetto comune.
26 Aprile 2012 alle 6:49 pm
Io provo a buttar là un altra riflessione, che mi sembra inevitabile leggendo quanto scrive jf. Mi sembra ovvio che “il vasto movimento dell’umanesimo” di cui parla, e che, sono d’accordo’ è alla base dell’identità europea, ha radici non solo nella democrazia ateniese, ma anche nel cristianesimo. Mai il mondo greco ha pensato l’uguaglianza tra tutti gli uomini (e di tutte le donne!) indipendentemente dalle provenienza, dalle etnie, dal ceto. Mai ha pensato il futuro con l’apertura e le aspettative dell’ebraismo e del cristianesimo. Ora è chiaro che non tutti gli umanesimi sono cristianesimo, ma tutti hanno un debito ed un legame più o meno diretto con il messaggio cristiano. Inoltre, secondo me il cristianesimo si spinge più in la ed è più radicale, perchè afferma che la massima espressione dell’umano (non il superamento o la dissoluzione dell’umano), è anche la massima espressione del divino. E’ questo, IMHO, il punto interessante da affrontare, e anche quello più difficile, sia per chi non si richiama direttamente a Cristo e ha altri riferimenti, ma vuole mantenere la propria cultura senza “orientalizzarsi”, sia per chi vuole vivere un cristianesimo aperto e dialogante, che non sia una semplice riproposizione del passato.
26 Aprile 2012 alle 6:58 pm
A proposito di Europa, consiglio vivamente di guardare la puntata di Report del 22 aprile, nella parte in cui si parla di economia. Da un lato è disperante dall’altro, invece, una speranza c’è. E non solo metafisica.
27 Aprile 2012 alle 2:09 pm
Non convengo con aa 5. Intanto non ho detto che l’umanesimo ha radici nella democrazia ateniese, ho parlato di radici diverse (di cui Atene e umanesimo sono due esempi) multiformi e in evoluzione (è chiaro che la democrazia inventata dagli aristocratici greci, con un uomo libero ogni dieci schiavi, ha poi evoluto in tutt’altro). Ma soprattutto terrei la religione fuori dal discorso dell’Europa e delle radici. Se la religione entra in campo come uno dei fattori costitutivi alla stregua delle ideologie e degli istituti (la democrazia è un istituto, una forma di gestione della cosa pubblica) combina solo guai. E comunque per pretendere di farlo dovrebbe accettare gli standard al proprio interno. Il cristianesimo cattolico non è democratico: lo dimostra il fatto che nega il sacerdozio alle donne, che è più o meno equivalente a negare il voto alle donne in un regime politico.
28 Aprile 2012 alle 12:38 am
ma..non son cieco, non son orbo…abbiamo un vero ritratto del Forzani, anzichè una semplice foto!
28 Aprile 2012 alle 7:05 am
Jiso, l’unica cosa democratica sono le prime due Nobili Verità. già a partire dalla terza, il discorso cambia.
su donne e sacerdozio… perché sarebbe un diritto e un privilegio quello di diventare “corree”?
28 Aprile 2012 alle 11:56 am
già, doc 8 (ciao!) ho notato anch’io e non son per niente sicuro che porti bene… comunque non è autorizzato 🙂
a voler essere rigorosi, caro dhr 9, anche la seconda NV potrebbe essere già tendenziosa: la prima basta e avanza.
Il voto, in regime democratico, non è diritto e privilegio, è conditio sine qua non: prendendo per buona la similitudine, l’amministrazione eucaristica è conditio sine qua non della condivisione comunitaria cristiana, almeno nell’accezione teologica cattolica. O no?
28 Aprile 2012 alle 3:21 pm
sì, ma basta lasciarla perdere, anziché procrastinarla e accrescere l’organico.
28 Aprile 2012 alle 4:18 pm
Le vecchie abitudini son dure a morire…
28 Aprile 2012 alle 5:15 pm
… il che viola il secondo principio della termodinamica nonché la prima NV
… o ragassi, o forse ci stiamo sbagliando? 😉
9 Maggio 2012 alle 12:22 pm
L’intervento mi è piaciuto, tuttavia, avrei speso qualche parola sullo zazen.
9 Maggio 2012 alle 10:14 pm
Ciao Nello (14) – mi sono posto la questione se parlare dello zazen oppure no e infine, tenuto conto del pubblico cui il discorso era rivolto, in maggioranza mediatori culturali professionisti, e del fatto, più personale, che parlare dello zazen senza possibile esito pratico contestuale mi riesce attualmente ostico, ho preferito sottacere. Una scelta certo discutibile ma intenzionale.
13 Maggio 2012 alle 9:26 pm
@ jf 7: Non penso si possa negare che tra le radici della cultura europea quella cristiana rivesta un ruolo di enorme rilievo; direi almeno di pari importanza rispetto all’apporto greco-romano. Secondo me negarlo è ideologico.
La struttura della Chiesa Cattolica non è solo antidemocratica: è antievangelica, è vistosamente contraria all’insegnamento di Gesù. E’ certamente contradditorio pretendere libertà, equità e giustizia dall’esterno e non applicarlo al proprio interno. Il rilievo che fai jf, è una critica -più che giusta- della Chiesa, non del cristianesimo. Proprio questo secondo me è il punto: la Chiesa tradisce se stessa e Cristo quando anzichè essere d’aiuto all’uomo, anzichè tendere al suo pieno sviluppo, lo limita. E tutti, cristiani e non, capiscono e percepiscono immediatamente che ciò è una contraddizione.
14 Maggio 2012 alle 7:38 am
>anzichè tendere al suo pieno sviluppo
commovente. e quale sarebbe lo “sviluppo” dell’uomo?
14 Maggio 2012 alle 10:21 am
Temo che, secondo la teologia cristiana, parlare di sviluppo dell’uomo sia ai limiti dell’eresia. È a immagine e somiglianza di Dio, se si sviluppasse di più … guarderebbe il Creatore dall’alto.
In ambito buddista (if any) lo sviluppo dell’uomo ha ancor meno senso.
Tuttavia occorre riconoscere che gli uomini nascono, si sviluppano (in tutti i sensi) e muoiono. Che sia quello lo sviluppo dell’uomo? Anche la muffa segue lo stesso trend.
14 Maggio 2012 alle 10:59 am
A mio parere c’è una certa confusione (vedi @aa16) fra cultura cristiana (che riveste “un ruolo di enorme rilievo tra le radici della cultura europea”), religione cristiana, spirito evangelico, chiesa cattolica… Parlare di cultura cristiana vuole dire che un’istanza religiosa, che il messaggio evangelico esprime in termini cristiani, ha preso forme culturali prodotto dell’humus in cui quel messaggio si impianta, e che a loro volta producono cultura. Se si rivendica, legittimamente, al cristianesimo questo ruolo in Europa, non si dovrebbe, ritengo, poi contestualmente separare il cristianesimo dalle istituzioni che ha prodotto: non viene mica dalla luna la chiesa cattolica, è fuor di ogni dubbio un prodotto cristiano! “Dai frutti li riconoscerete” è oltrettutto una massima evangelica. Per questo non conviene a nessuno rivendicare alla religione radici e frutti: si finisce intrappolati nell’infelice alternativa fra stucchevoli mea culpa e capziosi distinguo.
14 Maggio 2012 alle 11:26 am
Il discorso dei frutti va esattamente ribaltato. Se i frutti della chiesa non sono conformi al Vangelo, la Chiesa deve essere riformata. Il criterio determinante per un cristiano non è la chiesa, è Cristo stesso: è pienamente legittimo, anzi doveroso in certe circostanze, prendere le distanze dalla chiesa in quanto istituzione e richiamarsi ai valori del Vangelo.
Gesù non ha separato la causa dell’uomo dalla causa di Dio, li ha anzi strettamente legati. La volontà di Dio, per il Vangelo, è il bene dell’uomo: perciò non c’è culto verso Dio senza servizio per l’uomo. Quindi insisto, richiamarsi ai valori dell’umanesimo rimanda necessariamente ad un confronto con il Vangelo.
14 Maggio 2012 alle 12:07 pm
Meno male che la posizione ideologica era la mia! (aa16)
Chi stabilisce (aa20) se i frutti della Chiesa sono conformi al Vangelo visto che la Chiesa è lì per asseverare la conformità al Vangelo? E se lo stabilisce la coscienza di ciascuno, come vorrebbe certa neoteologia, le fondamenta della costruzione ecclesiale cristiana scricchiolano: san Paolo ha passato la vita a dire a tutti cosa e come bisognava credere. Penso ci guadagneremmo tutti smettendo di pontificare (Gesù ha fatto questo, non ha fatto quello… La volontà di Dio è così e cosà…) e di stabilire necessità inderogabili.
14 Maggio 2012 alle 12:45 pm
Mi sembra a volte di avere a che fare con una banda di gente dell’Opus Dei. E’ una costante: prima ci si lamenta che insomma, il cristianesimo è diventato una roba da comitiva estiva, tutti a mangiare la pizza ecc., ma se appena appena uno dice la sua, da cristiano: zak! eccolo richiamato a rientrare nei ranghi, ad adeguarsi al Santo Padre e al Catechismo. Non sono io a confondere cultura cristiana, religione e cristiana e chiesa Cattolica.
La chiesa NON è il Vaticano, la Chiesa è l’assemblea di TUTTI i credenti, di tutte le confessioni cristiane. Per tutte le chiese della riforma, la sola autorità è la Scrittura, ed è instaurando un rapporto diretto e personale con essa che si entra nella fede. Paolo ha passato la vita ad insegnare a CHI bisognava credere, e non era certo lui stesso. Anzi tutto il suo sforzo teologico è volto a garantire la massima libertà nel professare il cristianesimo (ovviamente secondo i parametri del suo tempo).
14 Maggio 2012 alle 12:48 pm
>La volontà di Dio, per il Vangelo, è il bene dell’uomo
no, la salvezza — che è “il bene dell’uomo” ma non in senso umanistico.
e concordo con MYM 18 e JF 21.
14 Maggio 2012 alle 1:23 pm
Secondo me è ideologico negare che vi siano delle radici cristiane nella cultura europea (cosa che per altro non mi pare tu faccia jf), altrettanto ideologico è volerle assolutizzare, negando che esistano altre radici (religiose e non).
14 Maggio 2012 alle 1:30 pm
@ 23: secondo me la salvezza è di più (non di meno) dell’emancipazione dell’uomo. La prima implica la seconda (è necessaria la libertà dell’uomo per la sua salvezza), ma la supera, va oltre. Soprattutto non è pensabile, cristianamente, che la salvezza vada in direzione diversa o addirittura opposta rispetto alla libertà dell’uomo. Non sono per niente d’accordo che lo sviluppo umano si situi al limite dell’eresia, affatto. Cosa significa eretico? Rispetto a che?
14 Maggio 2012 alle 1:40 pm
@ 23: quello che introduci è la questione della quale volevo parlare (se interessa), richiamando al legame tra cristianesimo ed umanesimo (il che mi sembra rilevante parlando di identità europea), non di ecclesiologia.
14 Maggio 2012 alle 3:55 pm
Il discorso sul “pieno sviluppo dell’uomo” tende all’eresia perché o l’uomo è già l’Uomo, come mi pare la teologia cristiana asserisca (o scopra) oppure è una muffa tra le altre e il suo possibile sviluppo è solo quantitativo (mangiate bevete e moltiplicatevi mi pare rappresenti bene la cosa). Comunque è tutto il discorso su cristianesimo/ chiesa/ radici/ volontà di Dio ecc. ecc. che non mi acchiappa. Mi ricorda le discussioni riguardo a se nella VERA ricetta del pesto alla genovese sia compreso o no l’aglio, il pecorino o i pinoli…
14 Maggio 2012 alle 5:16 pm
>la salvezza è di più (non di meno) dell’emancipazione dell’uomo. La prima implica la seconda (è necessaria la libertà dell’uomo per la sua salvezza), ma la supera, va oltre
faccio un’obiezione irrefutabile: “parole”.
qui si parla di libertà come se fosse il pecorino nel pesto alla genovese.
14 Maggio 2012 alle 5:18 pm
@mym 27
sfumando, la teologia cristiana direbbe che l’uomo, o meglio il cristiano è “già” figlio di Dio, ma “non ancora” come sarà quando sarà.
ma è il regno dei cieli, o paese mio che stai sulla collina?
in ogni caso, MI faccio la stessa obiezione: parole!
14 Maggio 2012 alle 6:24 pm
Aaah evvero, il “non ancora”, era un po’ che non lo sentivo e me l’ero scordato. Con pardòn.
Il pecorino? “non ancora”.
14 Maggio 2012 alle 8:44 pm
@ 28: no, non sono d’accordo. Gente come Romero ha concretamente dimostrato che non è così, rifiutando di dare della salvezza un’accezione puramente astratta, ultramondana. Quello è un esempio concreto di cristianesimo vissuto coerentemente come un servizio per l’uomo. In generale tutta la teologia della liberazione dell’America Latina (Camara, Gutierrez ecc.) porta il discorso evangelico su di un piano molto concreto.
Parlando di sviluppo umano intendevo sviluppo storico, ossia molto semplicemente giustizia sociale, cultura, cure mediche, pace tra gli uomini ecc. ecc.
14 Maggio 2012 alle 10:03 pm
>rifiutando di dare della salvezza un’accezione puramente astratta, ultramondana
e chi ha detto questo? anche perché “oltre il mondo” non c’è niente.
se poi viceversa l’altro mondo capitasse esistere, sarebbe molto più “solido e reale” di questo, come molte religioni insegnano.
>Parlando di sviluppo umano intendevo (…) giustizia sociale, cultura, cure mediche, pace tra gli uomini ecc. ecc.
e dillo subito, che stavi scherzando!
15 Maggio 2012 alle 1:11 pm
Ma sai a me quelle cose sembrano più importanti, anche su di un piano religioso, di una qualche astratta “elevazione” dell’uomo. Dal momento poi che il termine era in risposta al deficit di democrazia nella chiesa, il senso mi pareva chiaro.
La salvezza dell’uomo in senso biblico coinvolge tutta la vita umana ed è solo dandone un’interpretazione di tipo riduttivo che entra in conflitto con il bene dell’uomo in senso umanistico.
15 Maggio 2012 alle 4:30 pm
Però, sommessamente: le discussioni tipo ricette del pesto, se ci vada o no l’aglio e quanto e quando ecc…, per farlo buono, non son forse le sole che valga la pena fare? Di che discutere, sennò?
15 Maggio 2012 alle 4:44 pm
Verissimo. Ma profondamente sbagliato. Confucio direbbe (lo so perché abbiamo fatto il militare assieme) che son discussioni accettabili solo se poi il pesto lo si fa davvero, e buono. O quantomeno si tenta sempre di migliorarlo. Ora “La salvezza dell’uomo in senso biblico coinvolge tutta la vita umana ed è solo dandone un’interpretazione di tipo riduttivo che entra in conflitto con il bene dell’uomo in senso umanistico”, sempre secondo Confucio, è da considerarsi ridondante. Niente pesto.
16 Maggio 2012 alle 2:49 pm
Non credo che, finchè si parla di valori (che sono secondo me i veri ingredienti della ricetta) le religioni entrino in conflitto. E’ quando ai valori si sostituisce l’apparato, la struttura, il “gruppo” di appartenenza che questo avviene. Di qui 20, 22 ecc.
16 Maggio 2012 alle 4:22 pm
>Non credo che, finchè si parla di valori, le religioni entrino in conflitto
certo che no, se si decide in partenza quali siano i valori, e si stabilisce che “quanto c’è di valido” nelle religioni coincide guardacaso con quegli stessi valori.
>E’ quando ai valori si sostituisce l’apparato, la struttura
… dove l’espressione “si sostituisce” implica già una presa di posizione. Q.E.D.
17 Maggio 2012 alle 9:17 am
Distinguere i valori di riferimento (per esempio i valori evangelici), dai gruppi che ad essi dovrebbero inspirarsi (per esempio la chiesa) è fondamentale. E’ dalla mancanza di distinzione tra i due piani che traggono origine l’integralismo e l’intolleranza oltre che la mancanza di capacità critica ed il conformismo.
17 Maggio 2012 alle 10:26 am
@aa 38
tutte prese di posizione aprioristiche. rispettabilissime, ma impossibili da giustificare in sede storica; solo basate sul sentimento personale.
accusare di integralismo chi la pensa diversamente è un atteggiamento integralista per eccellenza.
17 Maggio 2012 alle 11:13 am
Non ho accusato nessuno di integralismo, ma evidenziato come secondo me esso si genera(il che è diverso).
20 Maggio 2012 alle 8:29 am
Cristianesimo: religione che, per evitare che il cielo ci fulmini, celebra la messa a terra.
20 Maggio 2012 alle 11:24 am
Molto giusto. Il neutro a terra può salvar la vita, lo sanno tutti i popoli che da sempre badano prima di tutto a placare il loro dio. Vedi noi quanto ci diam da fare per il Suo Grande Emissario: lo Spread.
20 Maggio 2012 alle 7:53 pm
i meglio sono i buddisti, che usano tutto quel ben di dio di energia per produrre illuminazione 😉
attaccando i fili illegalmente, chiaro.
29 Maggio 2012 alle 5:07 pm
Il fragore del tuono sconnette
Le pietre. Il rumore è sentenza.
Oh cielo desolato da tanta
Distruzione. Oh cielo disperato.
Oh cielo reietto rigettato. (cit.)
29 Maggio 2012 alle 5:10 pm
Breaking news!
Mi ricollego al commento 1.
Bravo Jiso!, e una parola sulla frase conclusiva.
L’alta marea della neikosofia è rifluita, e con essa il fenomeno dell’odium dei nella fase più acuta. Siamo agli albori di una epoca post cristiana.
La Chiesa è il Vaticano, e le dobbiamo gratitudine perché senza di essa a stento saremmo venuti a sapere di una piccola setta ebraica il cui maestro morì sulla croce. Tuttavia è vero che la Chiesa, pur richiamandosi sempre al nome di Cristo, ha abbandonato il Gesù dei Vangeli per immettersi nel potere temporale; e ciò perché solo con la presa del potere temporale è stato possibile cristianizzare l’Occidente. Oggi, però, il peso politico della chiesa – a parte in quella regione periferica che è l’Italia – è pressoché nullo e, di conseguenza, la sua missione originaria si è esaurita. La Chiesa non crea più, non muove la storia, amministra e conserva.
Più che per i vari Voltaire, Schopenhauer, Nietzsche,etc. la morte di Dio – non in senso storico o metafisico – è accaduta per mano della civiltà di massa. Dio, infatti, non può esistere senza la riflessione e il pensiero e la forma di agnosticismo che caratterizza i nostri giorni uccide Dio rubando il tempo all’uomo, fuorviandolo con dei problemi fasulli. Dio può considerarsi come una sorta di controllo morale ormai scaduto e vaste masse della popolazione possono vivere come se non fosse mai esistito. Di più. A parte le assurdità sulla resurrezione, sull’al-di-là o sulla trinità, anche il sublime “amore-per-il-prossimo” è in realtà impossibile. Perché amare un estraneo? Il mio amore è qualcosa che per me è importante, non posso gettarlo via così, senza pensarci. Se devo amare qualcuno, questo qualcuno in qualche modo se lo deve meritare. E se questo estraneo non sa attirarmi con nessun merito personale, con nessun significato acquisito nella mia vita emotiva, amarlo è profondamente ingiusto, giacché il mio amore è stimato dai miei cari come un segno di predilezione, farei loro torto se mettessi l’estraneo al pari con loro. Figurarsi, poi, se si possono amare i nemici….
al buddismo resta poco di che dialogare…Qui ci sono solo macerie! E, in termini di ‘marketing spirituale’, un immenso vuoto da riempire: ma il “vuoto” non esiste! (AH!)
29 Maggio 2012 alle 5:13 pm
PS:’gnente, sono diventato un’educanda. Un paio di Lucky strike e un dito di rum… e boom! Ho perso il mio metabolismo da ggiovine. Oddio la vecchiaia che incalza!, oddio marcisce anche il pensiero!, oddio la inattuale prolissità!
29 Maggio 2012 alle 5:29 pm
Fino a un certo punto mi dicevo “ma perché l’Indiano in un elenco di mali così breve ci ha messo la vecchiaia: chessaramai, quando è ora è ora” poi sono invecchiato e bang! Satanasso di un indiano…! Ciao HMSX. Purtroppo, a parte pochissime (meno ancora, guarda) frange sfilacciate il buddismo in occidente è già in macerie quanto i cugini di là dal Tevere. Il dialogo si potrebbe incentrare sui reciproci imperdonabili errori. Come ha detto Jiso recentemente alla vista (proprio de visu) di tanto sfascio: “Siamo dinosauri”. Ora che i cinesi conquisteranno il mondo, in men che non si dica il “problema Dio” evaporerà, come nebbia al sole. Da loro (e quindi un domani da noi) non c’è.
29 Maggio 2012 alle 7:04 pm
Ma che mi dici mai, caro mym…Oh poveri noi!
Certo che quel satanasso di un indiano ne sapeva di cose…Sulla senilità un libro eccellente è “Trattato dell’età. Una lezione di metafisica” di M.S., Adelphi, 1999. Il tema non è sviluppato in modo consolatorio o elegiaco, ma con spregiudicata seduzione fino a demolire la moderna idolatria verso la giovinezza. L’autore, come al solito, mente come un calzolaio, però lo fa bene. Credo dipenda dal fatto di essere nativo di Lentini, la città di Gorgia, e, dunque, fortemente influenzato dalla sofistica.
Il “problema Dio” è, per me, ineludibile, in molti sensi. In primis, non ce la faccio proprio a vivere da borghese; lontano dai libri di teologia e filosofia sono quasi diventato estraneo a me stesso; in secundis, Dio è “eterno”, e dunque la sua morte non esiste. Cioè si può – e si deve – tradurre il “problema di Dio” in termini nuovi.
Preso atto che non è più sostenibile l’idea di un fondamento assoluto e trascendente che provenga dall’alto e dall’esterno, sto ‘lavorando’ all’ipotesi di un fondamento relativo e problematico che provenga dall’interno della specie, come forza di gravità interiore e stratificata, e che impedisca di cadere nel vuoto morale e nell’irrazionale ri-legittimando conoscenza e morale (la c.d. solidarietà biologica).
Problema: l’uomo è un animale sociale inviso alla società.
Svolgimento. Ma che ne so!
29 Maggio 2012 alle 10:35 pm
>Il mio amore è qualcosa che per me è importante, non posso gettarlo via così, senza pensarci
Sarà poco cristiano – e tutto sommato, poco zen – ma è un punto su cui vale la pena riflettere. Il buonismo è sempre stato il mantello perfetto dell’ipocrisia. Cfr. rivelazioni fatte dal “corvo”. E a proposito…
quanto alla frase “Siamo dinosauri”… magari! ma non meritiamo tanto. Temo che Jiso sia fermo alle raffigurazioni paleontologiche della sua fanciullezza, svariati kalpa fa 🙂 In ogni caso, i dinosauri esistono ANCORA, solo che li chiamiamo Uccelli; sono dappertutto e bellissimi.
30 Maggio 2012 alle 12:37 am
In effetti è poco cristiano – e tutto sommato, poco zen – ma è una rivendicazione di una istanza mondana insopprimibile e fatalmente destinata a prevalere.
L’ipocrisia che si preferisce negare, la parte di verità che sta dietro al “maestoso comandamento” del Vangelo, è che l’uomo non è un essere mite, bisognoso d’amore,etc., ma può annoverare nel suo corredo anche una potente aggressività e sfogarla sul prossimo, sfruttando le sue capacità di lavoro senza compensarlo, usarlo sessualmente contro il suo consenso, umiliarlo, torturarlo e ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha il coraggio di contestare questa affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?
30 Maggio 2012 alle 12:46 am
Ci si sente smarriti in una direzione spirituale che è contraria alle proprie doti; si è combattuti eroicamente contro i flutti e i venti, e in fondo, contro se stessi: si è stanchi, si ansima; ciò che si è compiuto non ha dato nessuna vera gloria, si crede di averci rimesso troppo; anzi si dispera della propria fecondità e del proprio avvenire: ma guardiamoci indietro! Si ritiene la realtà brutta? Ma la conoscenza anche della realtà più brutta è bella nella grande totalità del reale la cui scoperta ha sempre portato felicità; e se spesso abbiamo sentito che la natura è troppo bella per noi, poveri mortali, avvolte, in tutte umiltà, ho l’impressione che anche l’uomo è troppo bello per l’uomo che contempla!
30 Maggio 2012 alle 12:57 am
PS: in effetti ‘mentire come un calzolaio’ è una frase talmente anacronistica che mi darebbe titolo ad essere nominato, se non re, almeno baronetto degli inattuali.
I dinosauri esistono ancora e cantano ‘liberi come gli uccelli’. 🙂
30 Maggio 2012 alle 12:04 pm
I comandamenti sono tali perché impossibili. Se già fossero nell’ordine delle cose non servirebbero. Devo perché non posso. I calzolai sono mentitori quanto i medici, gli idraulici o le badanti, ma meno dei preti. Trattare del “problema di Dio” implica la menzogna (chi ne sa qualche cosa?), cucire una tomaia no. Il problema di dio lo abbiamo succhiato con il latte della mamma, ma ci si può svezzare. Non è né indispensabile né “nato con me”. Molto affascinante.
30 Maggio 2012 alle 6:00 pm
Svezzarsi, specie a una certa età, non è facile. Inoltre, come sa ogni disintossicomane, si tende a sostituire una droga con un’altra, non di rado più infida e sottile. Un mezzo (mezzuccio, forse, ma le tecniche disintossicanti spesso lo sono) può essere un ragionamento del tipo seguente. Dio non può essere un problema, se no che Dio è? A rigore, il “problema di Dio” non può averlo che Dio. Se ce l’ho io è un problema mio, non di Dio: lasciamo dunque a Dio quel che è di Dio. Il problema, dunque e semmai, non è come io vedo (concepisco, immagino, intuisco… in positivo o in negativo) Dio, ma come Dio vede me, come son io visto da Dio. Per quel che mi riguarda, il problema di Dio sono io. Ergo si torna qui. Domanda: come sono io visto da Dio? Risposta: e che ne so? non son mica Dio. Qualunque risposta è fallace, ma non necessariamente la domanda: basta non accontentarsi di nessuna risposta. E’ un trompe l’oeil pure questo, ma conviene pur impiegare il tempo senza imborghesire, come ben dice hmsx, e una “teologia umanistica” dovrebbe essere meno perniciosa di una “teologia teistica”: pur che si rispetti il gioco delle parti.
Ci sono, dhr, e affollano i cleri, dinosauri che non si son fatti uccelli: semplicemente non accorgono di essere estinti.
30 Maggio 2012 alle 7:57 pm
Quando si tira in ballo la parola “dio” la questione si fa sempre perniciosa, anche se convengo con jf che dio non può essere un problema.
Secondo me la definizione migliore la data Giulio Cesare Vanini. Di poco posteriore a Bruno, e con lui affratellato nel martirio (disse al boia che lo portò al patibolo previo strappo della lingua: “ Andiamo a morire allegramente da filosofo”).
[Digressione. È incredibile come taluni problemi di pensiero siano stati genialmente risolti da autori del passato, ignorati o dimenticati, e riproposti stancamente da scribacchini, anche famosi, in dibattiti sterili e inutili. Vabbe’, che te lo dico a fare…]
“Dio è di se stesso principio e fine; manchevole di ciascuno dei due, non bisognoso né dell’uno né dell’altro, ed è padre insieme di entrambi. Esiste sempre, ma è senza tempo, perché per lui né scorre il passato né sopraggiunge il futuro. Regna ovunque ma è senza luogo, è immobile ma senza quiete, infaticabile senza muoversi. Tutto fuori di tutto; è in tutte le cose ma non vi è compreso; è fuori di esse ma non ne è escluso. Regge l’universo dall’interno, dall’esterno lo ha creato. Buono pur essendo privo di qualità, grande pur essendo privo di quantità. Totalità senza parti, immutabile, produce nelle altre cose mutamento. Il suo volere è potere e la volontà gli è necessaria. È semplice, e nulla è in Lui i potenza, ma tutto in atto, anzi Egli stesso è puro, primo, medio ed ultimo atto. Infine è tutto su tutto, fuori di tutto, in tutto, oltre tutto, prima di tutto e tutto dopo tutto”.
Su questa astrazione è incardinato il pensiero occidentale la cui funzione sarebbe quella di condurci al vero, al bello etc. Ora, se “muore dio” con che cosa lo sostituiamo? Essere, Principio, Ragione, Persona, Valore, Provvidenza? Sono tutte categorie elaborate dalla mente umana che hanno un carattere antropomorfico sottile e insidioso, e che, alla lunga, sfociano nell’irrazionalismo se private di un contenitore, giustappunto Dio – quell’astrazione che fa saltare tutti i parametri umani – che si può concepire come ciò che contiene l’universo (o gli universi).
Il problema, come si vede dall’andazzo generale della società, è nostro ché avremmo tanto bisogno di una guida e di una direzione ‘razionale’.
PS: non mi faccio illusioni, i cinesi ci spazzeranno via, ma io le armi non le depongo e morirò allegramente da teologo (eretico).
30 Maggio 2012 alle 8:24 pm
Una direzione da seguire, ovviamente, e “..nulla è in Lui IN potenza, ma tutto in atto, etc.”
31 Maggio 2012 alle 7:06 pm
Si batte la fiacca, eh?
Orsù, vecchi cuori, tornate a ruggire! Finalmente, finalmente il vento soffia nella nostra vela e ci sospinge nelle nostre acque. Che felicità! Ora che sappiamo cosa siamo e cosa vogliamo procediamo nel nostro cammino certi che la giustizia sopraggiungerà.
Ammirate il firmamento, siamo sospesi nel vuoto; e, in effetti, la vita non ha nessuna base o confine esterno, ha appoggi se non dall’interno. Quale potenza, forza, delicatezza, complessità!
Il mondo in cui viviamo è ormai sdivinizzato, immorale, “inumano”– fin troppo a lungo ce lo siamo spiegato in maniera falsa e menzoniera, secondo i desideri e i voleri della nostra venerazione, ossia secondo un bisogno. Giacché l’uomo è un animale venerante! Ma è anche un animale diffidente, e che il mondo non abbia il valore che credevamo è all’incirca la cosa più sicura che abbiamo imparato; nondimeno ci guardiamo dal dire che esso ha meno valore.
Non tutte le risposte sono fallaci, anzi. La cesura tra “teologia umanistica” e “teologia teistica” non è sostenibile, sta per un’opposizione nella continuità dell’unica realtà. Solo che questa ci appare in parte accessibile e in parte inaccessibile. La cesura è, invero, una diversità complessa dove ancora non è possibile una soluzione precisa.
31 Maggio 2012 alle 7:10 pm
PS: però, il fatto che non si possono correggere gli errori di ortografia, specie se pacchiani, fa abbastanza girare i pianeti. Sì, lo so, colpa mia.
2 Giugno 2012 alle 8:05 am
Intervengo solo per una comunicazione di servizio. Non ho intenzione di occupare inopinatamente lo spazio, etc.
[tono profetico]
Mi si è fatta luce dentro. Cerco compagni vivi che mi seguano perché vogliono seguire se stessi, e non un gregge da pascolare! Mi aggiro tra gli uomini come un sonnambulo, ovunque scorgo i segni di un gravido futuro che solo io riesco a leggere. Oh, compagni, oppresso dalla necessità, vi imploro! Ecco che arriva, annuncio, l’avvento… della festosa macchinazione comprensiva di tutto il pacchetto. Venghino, siori e siore, si propongono nuovamente nani, ballerine, estasi dionisiache, zarathustrismi misticheggianti e compagnia cantando.
Dice, ma non eri ‘out of game’? E che ne so. Di certo ‘I’m not so vain to think that this song was about me’.
Pasolini diceva “Transuma(na)r e organizzar”, ma lo hanno accoppato, e di poeti al potere non se ne sono visti, e mai se ne vedranno. Allora dico “Naturalizzar e storicizzar”, prestando attenzione a non considerare la natura solo in senso materiale o vitalistico e commettere l’errore di tradurre sistematicamente ciò che è spirituale in ciò che è fisico o fisiologico. Siamo figli di due mondi, quello ideale e quello reale, irrimediabilmente separati, che in Dio – non in noi – non possono che essere uno solo.
Storicizzando la teologia si arriva alla “negazione della teologia dal punto di vista della teologia” (Feuerbach). Si formalizza, cioè, la dissoluzione del cristianesimo come corpo politico, oltre che come religione, ma se ne rivitalizza la profonda istanza antimondana che lo ha ispirato. Si salvano, in valore, i principi etici, ma la sua dottrina, come mitologia per il popolo, viene sconfessata.
PS: cosa rimane del mio impero se non le parole di cui era fatto?
2 Giugno 2012 alle 8:34 am
È così…. bello leggerti che si starebbe lì, sognanti, a lungo…. 😕 🙂
2 Giugno 2012 alle 3:47 pm
È così…mi sento talmente leggero da rivalutare i miei obbrobri lessicali. Ho scoperto che questa tara è in realtà un talento che mi affratella nientemeno che a Cartesio-padre-del-pensiero-moderno. Il libricino “Cartesio e la cannabis”, Frédéric Pagès, il melangolo, 2012, pagg.57 restituisce un ritratto inedito del filosofo: un vero asino. Tra le altre cose, si evidenzia come la distinzione tra res cogitans e res extensa non fosse poi così netta come invece si tramanda.
“Dormo dieci ore per notte senza che nessuno mi disturbi; durante il sonno vago con la mente per boschi, giardini e palazzi meravigliosi, dove posso provare piaceri da favola; e al risveglio confondo i sogni della notte con quelli del giorno”
(Pagine senza metodo, Amsterdam, 17 aprile 1631)
“”Si può facilmente dimostrare che il piacere dell’anima, in cui consiste la felicità, non è disgiunto da quello del corpo (…)”
(Pagine senza metodo, Egmond, 6 ottobre 1645)
PS: sull’ebbrezza dell’ ispirazione non artificiale non ho mai letto nulla, ed è il caso che cominci a lavorarci su.
2 Giugno 2012 alle 3:50 pm
Cosa serve all’uomo la certezza di Descartes? Il “cogito ergo sum” è una via sicura per la filosofia. Ma che significa “sum”? Non significa “vivo”? E allora, se per la filosofia il dubbio è finito, per l’uomo non comincia ora?
2 Giugno 2012 alle 5:43 pm
Direi che Cartesio era molto zen. Diceva che io ci sono se penso. Mica scemo. Altri si son rotti le ali a cercar di dire, invece, chi sono se non penso.
2 Giugno 2012 alle 6:56 pm
ma se ghe penso…
2 Giugno 2012 alle 7:05 pm
SOUNDS GOOD!
Ooo o e ee aaa eee aaaa
Ooo o e ee aaa eee
What’ll I do without you around,
my words wont pun, my pennies won’t pound,
What’ll I say without you to talk to,
no one to serve or volley the ball to,
Oh I don’t know what to do with myself
now that I’m here like a… ‘girl gone wild’!
[c’mon!]
Would you like to try?
Maybe you’ll do fine
Don’t play the stupid game
Cause I’m a different kind of girl
Every record sounds the same
You’ve got to step into my world
Ooo o e ee aaa eee aaaa
Ooo o e ee aaa eee(*)
(‘manifestation oriented style’)
2 Giugno 2012 alle 7:40 pm
Ciao Isabel, non ti avevo notata. Come il Colosseo, capace che ci passi a fianco e…
3 Giugno 2012 alle 1:07 pm
E…’gnente. L’arte è l’espressione estetica della propria interiorità al di là del concetto di bellezza. La visione scaturisce dal contenuto che si ha dentro e si vuole trasferire in immagine, è un genere letterario.
Das inneres auge, un mucchio di cose: accadimenti, fatti, discorsi, rimuginii di teste dementi, come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando o uno sciame di api divoratrici accanite di petali odoranti precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina. Notizie freschissime dagli ultimi duemila anni.
3 Giugno 2012 alle 3:28 pm
Grazie Isabel, ora è tutto più chiaro
4 Giugno 2012 alle 10:26 am
Non avevo dubbi, ma voglio essere sfacciato.
Sono 10, scrivo dieci, anni che mi si spendo come sceneggiatore, regista, attore affinché mi venga riconosciuta la paternità di questa fantasiosa macchinazione di portata mondiale e avviata per generosità ai tempi in cui l’internet quasi non esisteva (non so se mi spiego). Allora era troppo ingenuo per capire. Con lo slancio della gioventù sono andato incontro alle cose più nefaste. Ho ammonito circa le conseguenze che la suddetta infernale macchinazione avrebbe comportato per essere alla fine bollato come un imbecille e un pazzo, [parole che Leibniz usò per Vanini (*)], da parrucconi-vissuti-nell-agio-col-culo-incollato-alla-poltrona totalmente ignari di quanta vita ad alto tasso di disperazione occorra per manomettere, con lacune che mi porto dietro, le complicatissime operazione di ingegneria concettuale messe in atto. Ciò nonostante ho avuto la forza e il coraggio di amarla, la vita, e di farne il mio solo maestro.
Ora, siccome ho sempre saputo come sarebbe andata a finire – il copione l’ho scritto io –, in letizia mi godo lo spettacolo. Ah, perversa felicità nell’assistere alle altrui sventura! Mi piacerebbe parlarne più diffusamente, anche se c’è poco da aggiungere, salvo che “Temo la fama più di quanto non la desideri; sono convinto, infatti, che chi la raggiunge perde libertà e comodità, cose che possiedo completamente e a cui tengo a tal punto che non vi è un monarca tanto ricco da potermele comprare” (Cartesio).
Vadano al diavolo tutti gli spin doctor del mondo!
(*) “Vanini, un filosofo più facile da bruciare che da confutare” (Schopenhauer)
4 Giugno 2012 alle 10:28 am
> Dunque la cura del mondo è cura di me stesso.
Credo che il mondo sia immedicabile, e anch’io non mi sento tanto bene. Ma chi lo dice che uno debba per forza essere “sano”; spesso il nostro destino è fatalmente malsano, e molto di malsano è comunque impastato in ogni vita sana. Che fare? Tutto muta e trascorre. Bisogna operare contro corrente, come se nulla fosse.
Sono un visionario? Può darsi, ma non c’entra con il prevedere il futuro, non vi ha niente a che fare. Riguarda lo scoprire la verità, la tua verità. Tutti i visionari sono dei mistici. Allora qual è la definizione di un mistico? Ovverosia: la mistica che cos’è? È entrare all’interno di sé, è discendere nei propri inferni! Porca miseria! E questa è la cosa più dura del mondo: discendere nei propri inferni, perché in seguito, bisogna risorgere. E questo è un problema!
4 Giugno 2012 alle 11:17 am
Meglio intendersi subito: in primis è proprio perché non siamo e non saremo sani che la cura ha senso. In secundis è nella cura in sé la sanità. La salute non è il risultato del sanare.
La mistica è contigua alla fuffa. Avrei voluto che GI, (per noi: JJ) lo dicesse più esplicitamente ma … teniamo famiglia.
4 Giugno 2012 alle 6:10 pm
Sulla superficialità delle spiegazioni mistiche ne parlammo tempo fa su questo blog ma…repetita iuvant (ommammia gli anni che sono passati)
Sulla cura di noi stessi è perfettamente ‘razionale’ l’equazione con la salute tout court, peccato sia falsa. L’ “anima” segue percorsi del tutto irrazionali rispetto ai parametri clinici della scienza medica; di essa [dell’anima] può darsi solo una interpretazione provvisoria che tenti di armonizzarla col ambiente circostante salvo aggiungere che il migliore dei mondi possibili non necessariamente è un mondo buono e ottimo. (ho inteso, ho inteso, acciderbolina se ho inteso)
4 Giugno 2012 alle 7:03 pm
Sì, per metà (o in tutto?) hai inteso: il migliore dei mondi possibili non necessariamente è un mondo buono e ottimo.
La salute non è né nel com’è il mondo né in come ci si armonizza l’anima (qualsiasi “cosa” s’intenda con “anima”).
4 Giugno 2012 alle 8:23 pm
Ho usato la parola anima nell’accezione di psiche per significare quanto l’ambiente, avvolte, possa contribuire nel condurla alla disperazione. Il tuo discorso non fa una piega. Chiudo.
11 Giugno 2012 alle 11:40 am
Carissimo, l’ego non può risolvere l’ego.
Per quanto alfabetizzato e letterato, non può risolverlo.
Questo lo dico per equilibrare un pò il dibattito che potrebbe prendere una direzione inutile al di là delle citazioni più o meno dotte, a mio avviso.
“Una pratica non fondata su parole o scritti.
Una pratica che non si inchina all’autorità dei testi.
Una pratica che mira direttamente al cuore dell’uomo.”
E di qui si può uscire solo in un modo.
11 Giugno 2012 alle 11:45 am
Ciao Nello, bentornato. Grazie per lo spunto che riporta vita in una serie quasi estinta, oramai.
Però, visto che nelle tue parole qualcosa si vede, mi dedico allo sport preferito: “qui” dove? E poi, perché uscire?
11 Giugno 2012 alle 11:47 am
Com’era grande quell'”analfabeta” di Hui neng…
e simpaticissimo quel “mattacchione” di Chao-chu che si mise i sandali in testa…
e quell’altro che alzava il pollice…
non “dormono sulla collina” ma come dice il grande Severino sono e saranno qui con noi in eterno
11 Giugno 2012 alle 11:53 am
Palla al centro e pedalare…
11 Giugno 2012 alle 11:58 am
Caro mym, come ben sai, non si può uscire nè dalla porta nè dalla finestra…ma nell’unico modo possibile…come insegna la famosa storiella, e il “qui” cui TU fai riferimento, in quel registro linguistico riferito a corrispondente registro linguistico, potrebbe lasciare intravedere qualcosa…tuttavia, l’unico qui praticabile è completamente imprendibile e immisurabile.
Oppure, l’ordinario che riconosce l’ordinario non fugge (esce) dall’ordinario.
11 Giugno 2012 alle 12:02 pm
Esco dalla porta, entro dalla finestra e pure in molti modi. L’ordinario che riconosce l’ordinario è straordinario, per questo non fugge e vive l’ordinario.