Dom, 27 Nov 2011
È tornato! L’unico, vero, inimitabile Buddazot. L’unico fumetto del web certificato come buddista. Perché? Aaaah, cari miei: perché Buddazot è tutto tutto niente niente.
Ed ecco a voi il Buddazot n° 18, il dhamma della pazienza (paziente fermezza?) senza il buonismo italico 🙂
Grazie Doc!
86 Commenti a “Santa pazienza”
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27 Novembre 2011 alle 7:12 pm
evviva Doc! bentornato sui nostri schermi, e alla grande!
[a proposito di Perugia & santa pazienza: l’altro giorno l’abbiamo persa con “chi sai tu” per “quel famoso motivo”. come conclusione ci sarebbe stata benissimo la frase del fratonzolo nel tuo fumetto 😀 ]
27 Novembre 2011 alle 7:22 pm
Comunque, il fraticello non aprì. E neppure si conturbò. Anzi, gongolò. Non c’è nulla di male nel gongolare. Ma gongolò.
Se ci fosse Dario direbbe che qui, però, si instaurò una relazione soggetto (fraticello) oggetto (Francesco) senza relazione profonda. Al punto che l’unica relazione è costituita dalla voglia di rivalsa, da cui letizia.
Oppure…
27 Novembre 2011 alle 8:23 pm
..con “chi sai tu” per “quel famoso motivo”.
?!?
Non tirarmi in mezzo alle tue beghe, caro dhr . Nego tutto: non c’ero, e se c’ero dormivo.
27 Novembre 2011 alle 9:10 pm
massì, Doc, i bellimbusti che dovevano contattarti per quella conferenza su Hesse e buddhismo in Occidente.
che peraltro sarebbe stata l’unica cosa a interessarmi del programma 🙁
27 Novembre 2011 alle 9:21 pm
Qui l’unica relazione profonda mi sembra essere quella dei conigli, esseri peraltro noti per la loro propensione alle relazioni
27 Novembre 2011 alle 9:39 pm
Ah già.. (dhr 4)
avrebbe dovuto essere la settimana scorsa.
Santa letizia!
27 Novembre 2011 alle 11:43 pm
però, mym 2, se chiamiamo letizia anche la soddisfazione che deriva dalla rivalsa, il quadro si fa sempre più nebuloso.
Pur mantenendo il termine letizia con la minuscola, onde evitare fra-in-bunga-menti – la letizia di cui andava in cerca Francesco dovrebbe essere qualcosa di non-sostenuto.
Sennò qui è tutto un magna magna…
28 Novembre 2011 alle 12:38 pm
Epperò, non puoi togliere la mano dopo aver lanciato il sasso: è il frate portinaio che chiama letizia la sua soddisfazione. La differenza, come dici, non è nel nome. Piuttosto direi che è in che cosa sta maneggiando l’uno e che cosa invece non maneggia l’altro. Oppure, tornando alla tua formulazione, su che cosa poggia la letizia dell’uno e su che cosa non poggia quella dell’altro.
Qui però rischiamo di trovarci a chiedere: che cosa aveva da essere lieto Francesco?
28 Novembre 2011 alle 1:02 pm
Francesco era lieto del fatto di non avere bisogno di motivi per essere lieto.
28 Novembre 2011 alle 1:16 pm
Credo che avesse da essere contento dell’opportunità di praticare la pazienza, la creatività di come svoltare quella nottata fredda e sofferente, di esperire l’aspetto imponderabile del non essere riconosciuto, ospitato.
Saluti a tutti.
28 Novembre 2011 alle 5:28 pm
9@: in quel caso poggerebbe, come direbbero Doc e il Diamante.
10@: idem (ciao AHR), in più farebbe una bella figura di tontolone, tipo il tale che cade da cavallo e dice al barelliere che lo porta in ospedale “tanto volevo scendere…”.
No, questa volta Bz è particolarmente sottile; come dicevo: tutto tutto niente niente.
28 Novembre 2011 alle 5:41 pm
Infatti Francesco non dice mica di essere il lieto perfetto. Dice: “se una notte…. e io non avessi alcuna reazione di scoramento o di sca…mento … allora quella sarebbe…”. Sarà anche poverello ma non è mica scemo da dire “io sono lieto”. Ergo, so cos’è la letizia, ma proprio perché lo so non è roba mia. Auguri!
28 Novembre 2011 alle 8:31 pm
mym 8
Il frate portinaio chiama letizia ciò che tu chiami sua soddisfazione, probabilmente deducendo tale sfumatura di significato dal sorriso del frate e forse dal tono di alcuni suoi pensieri. E’ una lettura.
Se però dico: la letizia del frate non è stata scalfita dall’aver svolto un compito in un certo senso sgradevole – cioè redarguire Francesco – nell’esercizio del suo ruolo di portinaio, questa è un’altra lettura.
Può trattarsi di due soddisfazioni, come può trattarsi di due letizie: nel caso, come suggerisce il Saggio qui sopra, se non era roba loro, allora presumibilmente era vera letizia. Poi, il teatrino è un’altra storia.
28 Novembre 2011 alle 8:53 pm
Sulla nave “tutto è possibile” posso imbarcarmi, certo. Però la partenza a due corni (il Dhammapada e l’apologo della perfetta letizia) lastrica una strada che conduce ad un senso, un significato. Se poi mi dici che non si può sapere il vero perché il frate dica “questa sì è vera letizia” ci posso anche stare. Ma, visto che apprezzi il Saggio, a quel punto me ne corre e lo dico con le parole del diamante: la vera letizia come non vera letizia è stata insegnata. Ovvero nel momento in cui il frate la riconosce come tale l’ha già persa. Ergo una non è vera letizia.
29 Novembre 2011 alle 12:24 am
Dunque, cfr il saggio 12@, Franci non era fesso e tutto si giocherebbe su quel ‘se’.
Interessante.
Però non usa poi il condizionale, stando al testo (Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima). Espone un fatto, quello di non essersi turbato.
E’ anche vero però che non dice ‘io sono lieto’, ma dice ‘qui è la vera letizia’.
Anche qui, espone un fatto.
Potrebbe essere interessante indagare sul rapporto di causa effetto tra questi due fatti.
Comunque, se si fosse turbato, dove andava a finire la vera letizia?
29 Novembre 2011 alle 1:04 am
Ma se non si fosse (è) turbato, a che pro’ chiamarla vera letizia? La cigliegina, qui, guasta (guasterebbe) la torta. Dunque si torna al diamante (che come non diamante…)
29 Novembre 2011 alle 8:57 am
JF, il re degli assist:
“Non letizia, non letizia — per questo la si chiama letizia.”
29 Novembre 2011 alle 11:19 am
Se vogliamo sgattare tra le parole per vedere quella, quelle che determinano, direi che nel verso del Dhammapada l’espressione forte è “senza” e nella storia francescana è “se […] non”.
Perciò (@15) “se si fosse turbato, dove andava a finire la vera letizia?”: come non c’è prima (di turbarsi), non c’è neppure dopo.
29 Novembre 2011 alle 12:46 pm
Complimenti al Doc per il ritorno in grande stile!
Come sempre la striscia è divertente e suscita interrogativi e riflessioni…ecco la mia: non è forse vero che nella vita, spesso i ruoli si invertono, il giorno prima (o l’ora prima, il minuto prima), siamo il povero cristo fuori al gelo, quello dopo siamo il portinaio che se la gode al calduccio delle disgrazie altrui. Spesso patiamo le conseguenze del nostro stesso agire, ci ritorna quello che abbiamo seminato.
Secondo me l’importante, più che non incazzarsi li per li, è essere capaci di aprire la porta quando tocca a noi aprirla, anche se quello che bussa ci sta sulle scatole; in tal modo la catena si spezza. Che questo avvenga perchè siamo stati capaci di perdonare, o meglio ancora perchè siamo così in pace con noi stessi da essere rimasti lieti e sereni quando stavamo fuori non cambia molto. Quello che è fondamentale è cogliere il nesso e la continuità tra le due parti in gioco
29 Novembre 2011 alle 4:27 pm
Ciao Angelo.
Ritornando al fumetto cambia un po’ il tema.
Tu dici ‘… è essere capaci di aprire la porta quando tocca a noi aprirla..’
Ma, dico io, anche di ‘essere capaci di non aprirla quando tocca a noi non aprirla’.
Molte volte è più facile fare i buoni (tu dici ad es perdonare) che interpretare il proprio ruolo o compito con fermezza.
«Respingete tutto ciò che l’egoismo fa sembrare buono e che nuoce alle creature. Al contrario, fate ciò che sembra peccato ma è di profitto alle creature, perché è opera religiosa»
La letizia mi pare un po’ lo sfondo, lo schermo su cui si proietta il teatrino della vita.
29 Novembre 2011 alle 4:49 pm
Ciao Doc, anzitutto spero che tu ci abbia ripreso gusto e che tu continui a deliziarci con le tue strisce.
Nel caso che hai “illustrato” non mi sembra che il rifiuto ad aprire abbia tanto a che fare con l’interpretare il proprio ruolo, o con l’essere di profitto per le creature, quanto con un astio personale.
A meno che non mi sfugga qualcosa di importante, non vedo per quale motivo connesso al senso del dovere il portinaio non dovrebbe aprire. Il poveretto rischia di morire assiderato, cosa ci può essere di più importante od urgente di dargli un ricovero, che sia Francesco o chiunque altro a bussare?
29 Novembre 2011 alle 5:34 pm
E così il brutto anatroccolo ancora una volta scacciato dai suoi compagni rimase solo, nel freddo scuro dell’inverno nordico, mentre da lontano si udivano le allegre voci dei suoi ex-compagni di gioco. Quando, all’improvviso, delle ampie ali bianche luccicarono nel grigio della sera incipiente e dei bellissimi, grandi uccelli bianchi si posarono sull’acqua accanto a lui. Nessuno di loro lo cacciò, anzi, lo trattarono come uno di loro. Il brutto anatroccolo era stupito da questa familiarità ma, d’un tratto, riflessa nell’acqua vide la sua immagine: era come loro, un cigno. Fu in quel momento che il cacciator fischiando, lieto, prese la mira
29 Novembre 2011 alle 7:30 pm
Beh, sì, Angelo 21, ho l’impressione che ti sfugga qualcosa di importante. Il motivo per cui il portinaio non deve aprire è che, proprio non aprendo, permette a Francesco di fare il salto dal mondo del relativo basato sulla comparazione (freddo/caldo, buono/cattivo, generoso/gretto…) all’incondizionato, che è il senso della storiella. Se gli avesse aperto, di che staremmo qui a parlare? La storia si regge proprio su questo, e proprio per questo diventa esemplare. Certo, la stoica fermezza del portinaio non è la causa della letizia, perché siffatta letizia è necessariamente incausata, ne è però l’occasione. Dunque in questo caso il portinaio fa più il suo dovere non aprendo che aprendo, perché, per restare alla recente terminologia, fa l’assist. Quel “se” iniziale si regge sul tetragono rifiuto del portinaio che dà occasione al “non” reagire di Francesco, spostando il piano della realtà.
29 Novembre 2011 alle 9:27 pm
… alias, jf, la famosa tesi per cui il VERO redentore fu Giuda.
29 Novembre 2011 alle 10:27 pm
No non mi sfugge la questione ma il fratonzolo non sembra mosso da nobili intenti o da amore nei confronti di Francesco, ma da un banale desiderio di vendetta. Tanto è vero che non è minimamente preoccupato dei rischi del suo gesto, anzi se la gode alla grande. Stando così le cose (avendo cioè in odio chi bussa) avrebbe compiuto un gesto dimostrativo dell’incondizionato aprendo il portone, non tenendolo chiuso.
MA anche se le sue motivazioni fossero state quelle di far compiere a Francesco il grande salto, il suo gesto sarebbe comunque inutile. Se Francesco non è santo rimedierà solo una polmonite o anche peggio, se lo è non c’è alcun bisogno di fare nessuna prova. Se la letizia è incondizionata e non causata non ha senso creare delle occasioni. Non è meglio compiere il semplice, spontaneo gesto di umana compassione di aprire ed accogliere il bisognoso? Forse proprio quello sarebbe la semplice espressione di un cuore lieto. Anche quello sarebbe un assist.
30 Novembre 2011 alle 12:05 am
Due domande metafisiche a cui non c’è risposta, nonostante i nobili tentativi di sant’Anselmo di Canterbury nonché di san Francesco:
Cur Deus homo?
Cur riculum vitae?
30 Novembre 2011 alle 1:28 am
Angelo 25@- Fin che poniamo l’accento sui personaggi, cercando di classificarli a nostro arbitrio in buoni e cattivi, perdiamo di vista la vera letizia.
30 Novembre 2011 alle 5:00 am
Fico il commento 22.
Secondo me la striscia di Bz descrive in modo esemplare il lato folle del cristianesimo.
Da una parte il portinaio trova soddisfazione nel rispetto dogmatico della regola anche quando la sua applicazione è disumana (filisteismo); dall’altro Francesco gioisce della disgrazia, della privazione, etc. perché il dolore eleverebbe spiritualmente rendendoci simili a Gesù Cristo – il sofferente per eccellenza (santità).
Il comportamento dei personaggi è assurdo in entrambi i casi.
PS: quale sarebbe la famosa tesi per cui il VERO redentore fu Giuda???
30 Novembre 2011 alle 8:16 am
bentornato, Hmsx.
dicevo “famosa” in senso colloquiale, anche se è una posizione estrema e minoritaria. non ricordo chi l’abbia enunciata, però si basava sul fatto che – se Gesù DOVEVA morire in croce per redimere l’umanità – allora il merito spetta a Giuda.
30 Novembre 2011 alle 10:36 am
@ Doc 27: capisco, ma il punto di 19 non riguardava tanto il ruolo dei personaggi, ma il fatto che forse è un errore pensarli al plurale, come due entità ben distinte
@28 ovviamente il cristianesimo non è il filisteismo. Gesù si è battuto contro il legalismo dogmatico e disumanizzante fino a pagare con la vita. Nè è vero che Cristo è santo in quanto sofferente. Se si leggono i Vangeli con attenzione e senza pregiudizi non emerge alcuna estetica del dolore. Gesù prega Dio di allontanare il calice e suda sangue per la paura; non cerca il martirio ma non può evitarlo senza abbandonare e sconfessare la sua causa.
30 Novembre 2011 alle 11:01 am
>il legalismo dogmatico e disumanizzante
massì, un po’ di antisemitismo sta sempre bene, in nome dell’Amore universale
30 Novembre 2011 alle 11:19 am
Io non ho certo detto che il legalismo è sinonimo di ebraismo, men che meno fatto affermazioni di stampo razziale. Il messaggio cristiano nasce in seno all’ebraismo ed in continuità con esso. Il dogmatismo religioso è una degenerazione tanto dell’ebraismo quanto del cristianesimo
30 Novembre 2011 alle 11:40 am
In ogni caso, nel caso in quanto ho scritto qualcuno possa riscontrare degli accenti critici nei confronti dell’ebraismo, me ne scuso, non era assolutamente questa la mia intenzione. Nutro una grande ammirazione per l’ebraismo, che non considero affatto un antesignano od una forma incompleta del cristianesimo, ma una religione a se stante, degna del massimo rispetto.
30 Novembre 2011 alle 11:48 am
> ovviamente il cristianesimo non è il filisteismo.
Se per cristianesimo intendiamo la confessione religiosa professata dal Vaticano (cos’altro dovrebbe intendersi?), allora somiglia molto al filisteismo. Esempi: ama il prossimo tuo tranne i gay – a meno che siano casti – o i divorziati – a meno che siano miliardari etc.
> Se si leggono i Vangeli (…) non emerge alcuna estetica del dolore.
Dunque la passione di Cristo, cioè il supplizio e la crocifissione, sarebbe una estetica della gioia?
> non cerca il martirio ma non può evitarlo senza abbandonare e sconfessare la sua causa.
E’ vero. La sua causa, il suo insegnamento,è quello di non adirarsi, di non andare in collera qualunque cosa succeda, anche se ti massacrano perché lì è la ‘vera’ letizia, la beatitudine e il regno dei cieli.
Ecco, contesto che quella sia la vera letizia.
Grazie dhr.
Borges ne ‘le tre versioni di Giuda’ avanza la tesi di cui al commento 24.
30 Novembre 2011 alle 11:57 am
>ama il prossimo tuo tranne i divorziati – a meno che siano miliardari
sciapò! tuscé! o come piffero si scrive (l’unica parola francese che so scrivere è Carla)
e grazie a te della citazione da Borges.
30 Novembre 2011 alle 12:26 pm
Che il cristianesimo sia la confessione religiosa professata dal Vaticano, perdonami ma è un’assurdità che non mi pare nemmeno il caso di commentare.
Quello che tu citi come la causa cristiana è anche la causa del Buddha. Non si è mai visto l’odio porre fine all’odio o la violenza porre fine alla violenza. Il non odio, l’assenza di odio, possono porre fine all’odio e la non violenza alla violenza. Non è proprio letterale perchè non ho una gran memoria, ma il senso è quello.
30 Novembre 2011 alle 12:33 pm
Ciao HMSX, bentornato.
Mi assento un attimo e guarda che … pianerottolo.
Sciò, sciò!
PS: certo che il “vaticano” con il cristianesimo non c’entra, però, insomma a parte che vogliono entrarci, vicario di Cristo e compagnia bella abitano lì.
Magari è solo un caso 😛
30 Novembre 2011 alle 12:47 pm
Mi pare che il discorso tenda un po’ a deviare. Per tornare allo specifico, forse val la pena di ricordare che Francesco (verso cui provo un’istintiva simpatia e sincero rispetto) era colui che si faceva camminare sulla faccia e sul collo dai suoi confratelli per debellare l’orgoglio e le tentazioni (verificare nei Fioretti). E il racconto “autentico” della parabola della vera letizia si conclude con un’esaltazione della croce di Cristo. Mi pare innegabile che nel cristianesimo, anche quello evangelico, ci sia la valorizzazione del martirio e del supplizio, il che prevede necessariamente il ruolo di un aguzzino, sia esso Giuda o il portinaio. Basta questo a mettere in dubbio che lì risieda la vera letizia.
30 Novembre 2011 alle 1:26 pm
Il cristianesimo è una realtà quanto mai varia ed articolata, e non giuducherei il valore di una confessione dal numero. Inoltre lo stesso cattolicesimo non è affatto un blocco uniforme ed indifferenziato. Vi sono molti cattolici che la pensano come Hmsx su omosessuali, divorziati ecc
C’è nel cristianesimo evangelico un esaltazione del martirio e del supplizio? A me viene in mente soprattutto l’ultima beatitudine. Però bisogna tenere presente che i perseguitati non vengono detti beati in quanto tali, ma perchè lo sono a causa della giustizia. Questo è il punto fondamentale. Nella narrazione della passione non mi sembra vi siano accenti masochistici. E’ nella tradizione successiva che si è dato grande risalto alla passione ed alla croce, trascurando (almeno mi pare) che il punto focale non è quello, ma la resurrezione.
30 Novembre 2011 alle 2:44 pm
Nel vangelo di Giovanni (12,20 e segg.) è detto chiaramente che la morte in croce equivale alla gloria del Figlio dell’uomo e del nome del Padre. Nelle lettere di Paolo ricorre il concetto che la croce di Cristo è il solo vanto del fedele (per es. Galati 6,14). Insomma, si può negare che la croce è divenuta il simbolo del cristianesimo, perlomeno di quello cattolico? E che sia uno strumento di tortura e morte? Oggi non si usa più la croce come strumento per la pena di morte, ma che diremmo se qualcuno eleggesse un cappio a simbolo della propria fede?
30 Novembre 2011 alle 3:29 pm
> Che il cristianesimo sia la confessione religiosa professata dal Vaticano, perdonami ma è un’assurdità che non mi pare nemmeno il caso di commentare.
Ti prego commenta.
In “Che cos’ è il cristianesimo” di don umberto bindi si dice: “Il Cristianesimo è un incontro personale, vero, con Cristo Gesù vivo.” però “Non è lasciato spazio alla pretesa che un rapporto diretto con il Cristo sostituisca o consenta di ignorare la mediazione della Chiesa, comunità di credenti che lo annunciano, lo testimoniano e ne trasmettono l’ insegnamento”.
Un protestante direbbe la stessa cosa pro domo sua e così via.. e il cristianesimo è sempre una cosa che non si capisce ma risponde a tutto ed è buono per tutto.
Possibile che Gesù Cristo bisogna accettarlo in modo acritico? Non sarebbe preferibile salvare quello che funziona e liberarsi di ciò che è assurdo, obsoleto, superato (tipo la resurrezione dal regno dei morti)?
Anche a me Francesco sta simpatico e credo che rimanere lieti nelle avversità sia l’atteggiamento vincente – passando, però, per l’empietismo, cioè arricchendo il rapporto con Dio delle dinamiche dell’odio, del disprezzo etc.
(a me gli entusiasti felici che benedicono pure le disgrazie fanno un po’ paura; a volte provo autentica letizia nel bestemmiare Dio – specie nelle avversità)
quoto jf.
30 Novembre 2011 alle 3:38 pm
“Che cos’ è il cristianesimo” di don umberto bindi (???)
volevo dire Umberto Neri.
30 Novembre 2011 alle 4:43 pm
Umberto dalle binde nere… ?
😮
30 Novembre 2011 alle 4:49 pm
@41: “…Possibile che Gesù Cristo bisogna accettarlo in modo acritico? Non sarebbe preferibile salvare quello che funziona e liberarsi di ciò che è assurdo, obsoleto, superato (tipo la resurrezione dal regno dei morti..” Certo che sarebbe preferibile e naturalmente no, non bisogna accettarlo in modo acritico o attraverso il filtro di qualcun’altro. Capisco che nel cattolicesimo quest’ultima è stata la strategia consolidata: non leggete la Bibbia e non rompete che tanto noi vi assolviamo. MA è ora di finirla con tutto ciò. Perchè devi permettere ad un altro di dirti cosa è il cristianesimo? Così accetti le regole del gioco degli altri, anche se poi è per chiamartene fuori.
@Jf 40: no, quello che dici non si può negare. Per questo ti dicevo che bisognerebbe passare da quel tipo di immaginario, di iconografia e di teologia ad un’altro in cui invece si valorizzi la resurrezione come vittoria sulla morte. In effetti nella più antica simbologia cristiana la croce non compare (per esempio, spero di non ricordare male, nelle catacombe di Siracusa), sono molto più presenti altri simboli, come il pesce. L’annuncio cristiano (il Vangelo), va tutto interpretato nella luce della resurrezione (questo secondo me è anche il senso della frase di Paolo, considerando l’insieme dei suoi scritti), che si lega alla speranza ed all’attesa, non al lutto o al martirio
30 Novembre 2011 alle 5:15 pm
“si valorizzi la resurrezione come vittoria sulla morte” @angelo 44: il punto è proprio qui, in questa strana idea di “vittoria sulla morte”. Si concepisce una (sperata) vittoria sulla morte perché si concepisce la morte come una sconfitta. Di che? Di chi? Invece di imparare a far pace con la propria inevitabile morte, la si vuole sconfiggere. E così facendo la si deve esaltare, perché se non si muore non si può risorgere, in un cortocircuito logico ed esistenziale che venti secoli di teologia non sembrano essere stati in grado di risolvere.
30 Novembre 2011 alle 5:51 pm
Mamma mia come correte.
Che io ricordi, il simbolismo della croce va ben oltre il cristianesimo: ma è nel cristianesimo che viene associato a quei significati (croce come supplizio e vittoria sulla morte della carne)un po’ necrofili; che poi sono rimasti quelli prevalenti. Sul perchè di questa operazione, ognuno la pensa come gli pare o come gli conviene.
Il giovane Guenon dedicò al simbolismo della croce un interessante trattato.
30 Novembre 2011 alle 6:02 pm
Sì, sì, anche il simbolismo della svastika va ben oltre il nazismo: ma una volta fatta la frittata non c’è miracolo che possa rimettere l’uovo nel guscio (rotto).
30 Novembre 2011 alle 6:16 pm
oooohhhh! alleluia!
sottoscrivo ogni frase, ogni parola, ogni sillaba, ogni lettera, ogni segno diacritico (ah no, non ha scritto in sanscrito, peccato, ormai è pane quotidiano) di JF 45.
30 Novembre 2011 alle 6:45 pm
Anch’io.
Invece su jf 47: ho delle riserve. E’ vero che la frittata è fatta, sul piano socio-politico-religioso e – spero – prettamente occidentale.
Ma anche qui, sul piano individuale del cercatore, l’uovo è libero di tornare nel guscio.
30 Novembre 2011 alle 7:30 pm
Il processo morte/resurrezione va secondo me inteso non in senso temporale ma spirituale. Quando Paolo dice che l’uomo vecchio deve morire perchè l’uomo nuovo possa risorgere si riferisce ad un processo che deve avvenire oggi, anzi adesso, ed in ogni momento.
Nel Vangelo si dice “sono venuto perchè voi aveste la Vita e l’aveste in abbondanza”. Cioè perchè conosciate la pienezza della vita oggi, in questo istante; ed è nello sperimentare questa pienezza che la vita non ha fine. Fare i conti e fare la pace con la propria mortalità può avvenire in molti modi. Forse ognuno ha il suo. Una possibilità è percepire che essa si situa in un ordine più grande, dal quale essa trae significato e su cui si sostiene.
Sul “dopo la morte” ne so quanto chiunque altro, cioè nulla.
30 Novembre 2011 alle 8:01 pm
C’è un vizietto cristiano che va segnalato. Non è corretto giocare su due piani: da una parte c’è il fatto storico, carisma non negoziabile del cristianesimo, Palestina, anno tale, mese tale, giorno tale croce/morte/risurrezione di un Tale in carne ed ossa, prima e dopo, pena il vanificarsi della fede (Paolo: se Cristo non è risorto la nostra fede è vana) – altro che “non va inteso in senso temporale”! prova a togliere la storia a un cristiano, è come cercare di togliere l’osso a un mastino napoletano; dall’altro, carta vince carta perde, quando gli chiedi conto, paf! diventa bel bella una questione spirituale “un processo che deve avvenire oggi, anzi adesso, ed in ogni momento”. Così siamo capaci tutti, ma il salto di piano quando il terreno si fa scivoloso è “unfair” come dicono gli anglosassoni.
Comunque non si tratta di “fare i conti e fare la pace con la propria mortalità”: io non sono un mortale, sono un vivente. Si tratta di lasciare in pace la morte, visto che nessuno ne sa nulla, tranne che quando viene è venuta.
30 Novembre 2011 alle 8:23 pm
Jiso, ma che te sei magnato stamattina a colazione: pane e sfera di cristallo? il fatto che i cristiani, spec. cattolici, giochino sempre simultaneamente su 2 tavoli era una cosa che volevo gridare da quel dì, ma… beh, ormai l’hai fatto tu 😉
30 Novembre 2011 alle 8:30 pm
Perchè sarebbero due piani distinti? Tutto quello che avviene, avviene nel tempo e nella storia. E’ il cristianesimo che gioca su due piani intrecciati oppure è il mondo ad avere questa caratteristica? Se tu elimini la storia e la storicità decurti la realtà, idem se elimini il non temporale perchè sono inscindibili.
Se tu intendi lo storico come il documentabile, il dimostrabile in senso storiografico, allora sì quello è un tipo di argomentazione da abbandonare. Oltretutto è diventata insostenibile.
Non vedo molto la differenza tra il fare i conti con la propria mortalità di cui parlavo io e la “propria inevitabile morte”, di cui parlavi tu, la consapevolezza della mortalità è appunto sapere che la morte è inevitabile
30 Novembre 2011 alle 9:10 pm
Comunque non ne posso più di fare il “defensor fidei”…io non volevo!!! Ho iniziato con un post che più buddista non si poteva, sull’unità fondamentale tra Francesco e il portinaio, nel segno della non dualità, della continuità darmica, del fatto che uno si ribecca gli effetti delle sue azioni…:(
30 Novembre 2011 alle 9:48 pm
‘…toh, un anatroccolo!’, disse il cacciatore.
30 Novembre 2011 alle 10:20 pm
Eh no, mon cher @53 (ne so due io di parole francesi) non sarà evocando un terzo piano che non è né uno né l’altro né tutti e due ma anche sì, tutti e due inscindibili, che esci dal vicolo cieco in cui ti sei cacciato: la moglie del cacciatore sta già scaldando il forno e arrostendo le patate. Io non elimino un bel niente, non c’è nulla da eliminare. Riferisco solo quel che ho sentito e letto fin dall’infanzia: pane, vino, carne, sangue, croce, sepolcro vuoto, resurrezione della carne, il risorto che mangia pesce, il dito nelle piaghe, Dio in persona… tutte cose assai concrete e localizzate geograficamente e temporalmente: e se gli dici che è simbolo e metafora, che con la storia e la geografia non c’entra nulla, ti guardano come pensando “poverino, non ha il dono gratuito della fede, ma non importa, Gesù è morto e risorto anche per lui”. Però se chiedi, “ma tu, tu davanti a me, credi davvero che quel Signore là, in quel posto lì, è morto, e poi è risorto, e poi (mah? è rimorto? è asceso chissà dove?)” non ce n’è uno, ma dico uno, che risponda “sì” o “no” (e il di più sappiamo da dove viene) ma si invoca il mistero, e si cambia piano, oh! se si cambia piano. Non sto ridicolizzando niente e nessuno, sia ben chiaro, anzi: mi chiedo solo come possa la fede basarsi su un presupposto del genere.
C’è differenza eccome (se le parole hanno un senso) fra fare i conti con la propria mortalità e far la pace con la propria morte inevitabile: nel primo caso bisogna considerarsi mortali e cercare una via d’uscita, nel secondo non c’è neppure bisogno di aspettare.
30 Novembre 2011 alle 10:43 pm
|non sarà evocando un terzo piano che non è né uno né l’altro né tutti e due
anche se ci sono Grossi Nomi che lo hanno fatto, beninteso 😀
30 Novembre 2011 alle 10:54 pm
Come no, quelli del terzo piano, il famoso P3…
1 Dicembre 2011 alle 10:20 am
@ 55: non sono io che me le cerco, il fatto è che vedo continuamente riproporre delle immagini stereotipate del Cristianesimo, trite e ritrite. E’ un pò come se io parlassi del buddismo dicendo che è una religione della fuga dal mondo, di gente insensibile che se ne frega degli altri e non prova emozioni ecc.
Anche rispetto a jf 56 che posso dirti? Quella è l’immagine del cristianesimo che hai conosciuto tu, non è la mia. Poi se vogliamo proseguire sulla linea per la quale tu sai meglio di me che cos’è il cristianesimo, va bene. Io avevo capito che bisognava arrivare ad un’immagine dell’altro in cui lui si potesse riconoscere e non costruirne una a nostro uso e consumo. Forse avevo capito male. E’ facile far notare che ad esempio Tosolini va in casa d’altri a dettar legge, più difficile e non fare lo stesso a rovescio.
Tornando al punto di partenza, allo scandalo della croce che è un vanto per i cristiani, è proprio così, è la realtà. Sta a significare una cosa molto semplice: il Signore ha sostenuto la causa dei deboli e degli ultimi, non quella del potere. Quando sono venuti a fargli la pelle ha avuto paura, ma non è scappato. Neppure ha versato altre sangue oltre al suo. L’hanno ucciso, ma non azzittito e la sua causa gli è sopravvisata perchè ha rifiutato la violenza. E infatti a 20 secoli di distanza siam qua ancora a parlarne.
1 Dicembre 2011 alle 11:54 am
Caro Angelo, non propongo “immagini stereotipate del Cristianesimo, trite e ritrite”, mi limito a ripetere cose lette con i miei occhi nei testi sacri, cose sentite con la mie orecchie la domenica in tante messe, anche dalla bocca di sacerdoti che stimo e so essere persone religiose. Il paragone con Tosolini è inconsistente: io sono nato cattolico, sono stato educato da cattolico, ho creduto e praticato da cattolico in età giovanile, ho respirato cattolicesimo da sempre, ho vissuto in età adulta con un prete cattolico per dieci anni, ho con il cristianesimo un rapporto intenso, personale, continuo, so di che parlo: Tosolini parla del buddismo per sentito dire, non per diretta esperienza. Non costruisco nessuna immagine del cristianesimo a mio “uso e consumo” perché non considero il cristianesimo un prodotto da usare e consumare e non ho un fine recondito da perseguire: constato e basta. Le tue parole del resto mi confermano: il Signore è qualcuno che ha fatto questo e quest’altro, la pensava così e cosà, aveva questa e quell’intenzione. Tutto questo lo evinci, credo, dal Vangelo, prendi ciò che ti ispira, scarti ciò che non ti piace. Niente di male, per carità, è legittimo. Ma non puoi risentirti se qualcuno dalla stessa fonte prende dell’altro, altrettanto legittimamente.
Una cortesia, però, ho da chiedertela: smettetela con questa storia degli “ultimi”. Ultimi de che? Io se fossi uno che voi chiamate “ultimo” mi offenderei parecchio. O sono quelli che saranno i primi, girata la clessidra….?
1 Dicembre 2011 alle 1:24 pm
Bella e interessante e avvincente riflessione. Allora a questo punto spero mi sia permesso chiedervi quale sia la fede per un cristiano e quale per un buddista? Si ha fede perché si ha la prova di qualcosa o la fede riposa su una domanda che rimane aperta e che non riceverà risposta? Perdonate la sufficienza dei miei termini. Saludos desde Roma.
1 Dicembre 2011 alle 1:57 pm
l’unica fede che ho, come buddista, è quella nuziale. all’interno è incisa la parola “Micetta”.
1 Dicembre 2011 alle 2:01 pm
Ciao AHR, dovresti fare il kamikaze, di professione. Visto che, a tempo perso (si fa per dire) già lo fai… 😉
1 Dicembre 2011 alle 2:31 pm
“C’hai la domanda aperta” sussurrò Fede a Fido guardandolo a bass’occhi…
1 Dicembre 2011 alle 3:22 pm
@60 Sì capisco. Il fatto è che, a quanto pare, l’unico che cerca di darti una risposta, partendo da un punto di vista cristiano, al momento sono io, non un altro. Ti prego di credermi e di non considerarmi un “finto Francescano”, se ti dico che il mio maggiore problema nel risponderti è che non credo di essere un interlocutore adeguato.
Posso dirti che io ho incontrato delle persone, non religiosi ma laici, che non corrispondeno assolutamente al tipo di descrizione che tu fai, ma che vivono il cristianesimo in una dimensione di libertà, letizia e gioia. E’ per rendere giustizia a questo che mi sento in dovere di risponderti.
Non soffermarti sulla questione degli ultimi su quello che ti scrivo, ma sul fatto che la croce non è una forma di martirio autoimposto, un atto masochistico, ma una conseguenza inevitabile di una scelta coerente.
Chissà come sarebbero andate le cose se qualcuno avesse detto al Buddha ai tempi suoi: senti smettila di rompere, stai dando fastidio, metti in crisi il sistema delle caste, stai zitto oppure la pagherai cara…
1 Dicembre 2011 alle 3:50 pm
Ci siamo impapocchiati, tanto per cambiare.
Siamo di nuovo a cristo vs buddha. Cosa di nessun interesse, per quanto mi riguarda.
A me interessa l’uomo.
(Ah, bravo! e cosa intendi per uomo?!, e parapì e parapà…)
AHR 61 – Quanto alla parola ‘fede’ ripropongo quanto ho già avuto modo di esprimere in altre occasioni. La fede nel buddismo è metodo, modo di procedere: se fai questo divieni questo, direbbe Dogen.
la fede nel cristianesimo è credenza, adesione incondizionatra ad una visione escatologica.
1 Dicembre 2011 alle 3:56 pm
Se poi il cristianesimo è cambiato, dai ’60 in qua, ed è diventato un’altra cosa…qualcuno ci avverta per favore! Magari cambiamogli nome.
Su una cosa secondo me jf ha ragione: la maggior parte di noi parla cristianesimo come lingua madre, quindi difficilmente non sa di cosa parla. Mentre chi parla del buddismo, dalle nostre parti, ….
1 Dicembre 2011 alle 4:48 pm
doc 66 – “Siamo di nuovo a cristo vs buddha. Cosa di nessun interesse, per quanto mi riguarda.” Non potrebbe importarmene meno neppure a me, tanto per chiarire.
“A me interessa l’uomo.” Beh, anche la donna non è da tralasciare…
angelo 65 – Io è con te che sto interloquendo (anche a me interessa l’uomo… oh, non mi fraintendere, veh!) mi auguro, per te, che sia tu quello che vive il cristianesimo con libertà, letizia e gioia (non le frequento, ma mi dicono che Letizia e Gioia non sono niente male…) non nascondere la mano, per cortesia, che altrimenti non riesco a piantare il chiodo…
1 Dicembre 2011 alle 6:35 pm
@ Doc 66: Anticamente il Cristianesimo veniva indicato come la Via (vedi Atti degli Apostoli), cioè un metodo, un percorso da seguire
@ Jf 68 no non nascondo la mano, ma se mi fai presente la tua esperienze religiosa, sia in campo cristiano che buddista, per onestà devo dirti che la mia non è paragonabile. Io non contesto il fatto che il modo in cui attingi dalle fonti non sia corretto o giustificato, dico appunto che non è l’unico possibile.
Quanto all’uomo e alla donna lì ho idea che c’è un punto di convergenza, ma non banalizziamo via 🙂
Io parto per la montagna, andate avanti voi.
1 Dicembre 2011 alle 7:13 pm
I commenti (finora) erano 69: un numero simbolico, che invita alla socializzazione e alla reciprocità.
1 Dicembre 2011 alle 7:38 pm
@ 61 io penso che hai fede quando inizi a dubitare (scusami per il ritardo nella risposta- se è una risposta)
@ 70 interessante riflessione numerologica, tra il tantra ed il Dao, veramente travalica i confini
Adesso parto per davvero
1 Dicembre 2011 alle 9:25 pm
“angelo” di nome e di fatto?
🙂
1 Dicembre 2011 alle 9:54 pm
Va bene. Anzi no. Come mai sono sempre fuori argomento? E perché kamikaze? Si vede tanto? Meglio continuare solo a leggervi. E’ che ogni tanto mi scappa di scrivere ed ecco: la frittata è pronta.
Parto anche io, per la Cina, ma vi leggo, ah! se vi leggo.
1 Dicembre 2011 alle 11:44 pm
Gente che va, gente che viene… (chi becca la citazione, solito ricco premio).
2 Dicembre 2011 alle 10:27 am
Grand Hotel: gente che viene… che va… tutto senza scopo…
Film del 1932 dicono su Wiki
2 Dicembre 2011 alle 11:12 am
già uno che basa la sua conoscenza su Wikipedia, gli farei fare zazen in ginocchio sui ceci.
2 Dicembre 2011 alle 11:37 am
Infatti quello era il premio… ma, AHR, non eri partito per la Cina? Oltre che barare, millanti?
2 Dicembre 2011 alle 11:52 am
@76 Caro dhr 🙂 già lo faccio zazen sui ceci, te lo assicuro. Se un giorno avremo occasione… shhh! Il capo ci ascolta!
Per il resto: il sapere dell’omini procede a macchia di leopardo, ci si urla quel che si scopre strada facendo, dai vari punti in cui ci si trova a sbattere il grugno. Questo il senso dell’epistemologia che mi hanno insegnato al corso di agrariasuburbia. E questo mi pare faccia wiki. Magari alla c. di cane ma dimmi cos’è che tocchi l’uomo e che immediatamente non si trasformi in m.
@77 Perché quando vado in Cina mi ingesso le dita e non scrivo più? Cmq per la precisione parto ‘settesuar’
Arriveduar
2 Dicembre 2011 alle 11:54 am
AHR: almeno comprati un elmetto… 🙂
Buonviaggio! Davvero in Cina? Salutami coso, lì, come si chiama…?
2 Dicembre 2011 alle 11:55 am
C’ho una voglia che me se porta di vedervi, una volta, dico: una volta, tutti intorno al tavolo di casa mia a mangia’ una bella ‘matriciana! Sto parlarsi a mezzo tasti è ganzissimo ma un po’ frustra come una frusta
2 Dicembre 2011 alle 11:56 am
@79: lo farotti
2 Dicembre 2011 alle 11:57 am
@79: conosci anche tu Raniero S.?
2 Dicembre 2011 alle 12:03 pm
None, però da giovane mi sono fatto le canne 😛
2 Dicembre 2011 alle 12:30 pm
a leggere questo scambio di commenti, in Cina hanno tanto riso.
2 Dicembre 2011 alle 12:44 pm
Dal riso amaro al riso amandorla
2 Dicembre 2011 alle 12:53 pm
naaa, battuto sul mio terreno!
questa è tutta da riciclare alla prima occasione.