Mar, 8 Feb 2011
Una delle caratteristiche delle varie scuole, tendenze o tradizioni buddiste è quella di essere autoreferenti. Ovvero di studiare testi, frequentare persone, utilizzare ragionamenti, scambiarsi notizie dello stesso ambito. Appartenenti alla stessa scuola o tradizione. Vi sono, anche, buoni motivi per fare ciò. Il buddismo è un mare molto vasto, lo si naviga con diversi tipi di vascello, l’importante è diventare un buon
vascello, se tentassimo di provare tutti i modi finiremmo per non viverne nessuno. Il seguire una scuola, una tradizione, comporta anche seguire un sistema integrato, articolato in molti fattori, comportamentali, meditativi, sapienziali, mischiare o incrociare diversi sistemi può portare ad inefficacia e confusione. D’altro canto il continuo riferirsi a situazioni di “casa nostra” a volte provoca il comportamento abitudinale, lo stereotipo, la ripetitività dove solo la creaività sarebbe lo spirito autenticamente religioso, buddista. Inoltre diventare seguaci di una setta, del suo linguaggio e dei suoi riti non è certamente l’insegnamento del Buddha. Vi propongo la lettura di un testo, ben scritto, equilibrato.
Ricordo, perché penso faccia sempre bene ripensarci, che lo zazen che si pratica nella scuola zen ha come caratteristica quella di star “solamente, semplicemente seduti”
11 Commenti a “Vite nella foresta”
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9 Febbraio 2011 alle 10:02 am
It’s a tough job being a rhino.
9 Febbraio 2011 alle 12:03 pm
Ya! You ‘re right, man. But: do you see a better chance?
9 Febbraio 2011 alle 1:19 pm
No, nor any greater fun 😀
10 Febbraio 2011 alle 5:09 pm
… beh?? mi sento Forest Gump…
13 Febbraio 2011 alle 7:48 am
Mi è piaciuto molto.
Ricevo il notiziario dello Amaravati da una ventina d’anni quindi conosco un pò il loro modo di vivere il Dharma. Niente da dire, é una gran bella tradizione. Certamente l’Abhidharma é centrale, tuttavia non li contamina nel loro incedere sulla Via.
13 Febbraio 2011 alle 11:32 am
Grazie Nello, commentavo con un amico, zenista di lungo corso, che il buddismo theravada in silenzio e discrezione ha coltivato l’orto in Occidente, lo zen (un po’ tutto il mahayana) molta fuffa e poche radici.
14 Febbraio 2011 alle 5:54 pm
Ma…, non conosco molto i vari ambienti buddisti, quindi non so chi abbia messo maggiormente radici: non mi sembra comunque un aspetto molto importante …
e, probabilmente sbaglierò,ma non mi sembra particolarmente rilevante, per lo zen, la quantità di ‘ortaggi coltivati’ ..
Forse la cosa è un po’ contradditoria ma pur essendo un aspetto molto importante la trasmissione del ‘messaggio’del Buddha, nel contempo non credo che ci si debba preoccupare della ‘ricaduta’..
Almeno così a me sembra…
18 Febbraio 2011 alle 10:27 pm
Per marta,
dove hai visto la preoccupazione? Puoi indicarla?
E, se ci fosse, perchè ci sarebbe?
20 Febbraio 2011 alle 4:20 pm
Bè, direi che la rilevazione di una differenza fra due ‘cose’ , in questo caso le due tradizioni, può dare l’ impressione che esista una ‘carenza’ nell’ aspetto considerato e , di solito, questo porta alla ricerca di strategie per….
( Naturalmente non è detto che la mia interpretazione sia, in questa circostanza, adeguata…)
Comunque, al di là del caso specifico, una certa dose di preoccupazione la ravviserei nel ‘come’ lo zen sta mettendo radici qui dalle nostre parti…
Molte parole (e anche alcuni atteggiamenti) sono entrati nel linguaggio comune, e sinceramente non so valutare se questo sia un aspetto positivo ( potrebbe esserlo almeno come approccio iniziale? ), ma sicuramente si può rilevare un po’ (?) di confusione…
Talvolta mi sembra che ci sia il rischio che la pratica del buddismo-zen non sia vissuta all’ interno della dimensione religiosa –spirituale, ma ( come forse è diventato in molti casi lo yoga ) un esercizio rivolto unicamente al benessere fisico e quindi da prendere o lasciare a seconda dei risultati immediati conseguiti ( quasi con modalità consumistica )…
24 Febbraio 2011 alle 5:12 am
Mi é piaciuta la tua risposta al di là dei contenuti, è il piano che mi piace.
Poi, nello zen, anche lavarsi i denti è nella “dimensione religiosa-spirituale”. Tutto vi é compreso.
E, é impossibile usarlo, “consumarlo”.
Ciao.
24 Febbraio 2011 alle 11:11 am
Ossantapolenta! Se il Nello mi diventa buonista è … come il sale che non sala…
Oh! Scherzo, eh, parlo per celia… Rinfodera la draghinassa 🙂