Dom, 28 Feb 2010
Grande è l’essere
che non si ferma su questa sponda
né sull’altra
né su sponda alcuna.
Un essere così non è legato da nulla.
Che tipo di persona possiamo considerare grande? Nella nostra società,
dove si può trovare l’eccellenza? È una domanda importante perché
quello che qui cerchiamo è la qualità o la persona da emulare nella
ricerca della realizzazione. Il Buddha dice che un grande essere non
si attacca a una posizione fissa; è un essere libero da qualsiasi
attaccamento; un essere non ostacolato dall’aggrapparsi ai beni
materiali come pure alle idee. Un tale essere non è irresponsabile
nelle sue azioni. È più corretto dire che è pienamente responsabile.
Una persona che non si attacca può vedere con chiarezza, sentire con
accuratezza e rispondere sinceramente. Tutto cambia. Attaccarsi a
opinioni rigide e ai possessi materiali porta solo stress. Nella
confusione, lottiamo per aggrapparci ancora di più, sperando che ci
sia d’aiuto. Quello che veramente aiuta è imparare il giusto modo di
lasciar andare.
Con Metta
Bhikkhu Munindo
(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)
26 Commenti a “Non due e zero”
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28 Febbraio 2010 alle 1:59 pm
Grande è l’essere
che non si ferma su questa sponda
né sull’altra
né su sponda alcuna.
“Più lieve legno [ = barca] convien che ti porti.”
28 Febbraio 2010 alle 3:43 pm
Prego, guarda attentamente
colma d’esperienza
pregna di concetti
me ne ritorno nell’Uno
No, niente musica please.
Mi riapproprio dei rumori
e delle discrepanze
Il che significa
che la poesia non vale niente.
Ma questo disvalore,
la sua sostanza inferiore,
mi si impone furiosamente.
28 Febbraio 2010 alle 3:44 pm
Compassione chiami poesia?
Chinarmi su te, accarezzarti
chiami poesia?
Ogni ‘ahimè’ chiami poesia?
Lasciarti il veleno nel sangue,
non l’anima che langue.
Il gioco delle spade:
uno dei due cade.
Chi ne è capace
è capace di poetisier.
Di fare a pezzi,
di fare a versi il Tutto.
Questo è tutto.
28 Febbraio 2010 alle 7:46 pm
Rispondo fin dove arriva la mia comprensione, sperando di non andare fuori tema, anzi è bene adeguarsi, su internet si dice off topic. E’ proprio questo il punto, saper riconoscere la persona da “enulare”. Presuppone sicuramente l’aver fatto prima un percorso personale.
Quando il direttore fa una riunione per farsi spiegare come mai c’è un ritardo nell’avanzamento dei lavori, il direttore deve essere almeno “infarinato” sull’argomento, così che possa discernere tra collaboratori validi e quelli che lo prendono in giro. E accogliere i validi (a meno che non voglia perdere il posto).
In quest’ottica, credo che la persona da emulare non sia necessariamente chi ne sa più di te, perchè la vita è la mia, qualsiasi persona/maestro ne saprà molto meno di me della mia vita. Il maestro o la persona da emulare non dormono con me e non vanno al lavoro al posto mio, e nemmeno praticano al posto mio. Quindi più che emulare le persone, devo accogliere i “collaboratori” validi che mi indichino la via da emulare, quella si.
Poi…se dovevo rispondere anche io con la poesiuola, allora non ho capito nulla 🙂
28 Febbraio 2010 alle 9:03 pm
Ciao ryokan, ben venuto. Una cosa non capisco: perché parli di emulare? Qui non trovo alcuna indicazione in questo senso.
Le poesiole sono facoltative. Per ora 🙂
In effetti c’è il termine emulare (lìpperlì non ci avevo fatto neppure caso) riferito prima a qualità e poi a persona. Ma non è quello il punto. Il discorso è utile sino a che sono io il protagonista, che cerca di capire che cosa significa grande persona e come si fa per esserlo. Emulare (che non è imitare) significa imparare per conto mio. Occorre imparare a fare una certa cosa e continuare per sempre. Da sé, per sé, in sé.
1 Marzo 2010 alle 3:37 am
Assodato che i maestri di compiutezza sono cattivi maestri e gli insegnanti si prendono poco sul serio per deformazione professionale: voi non siete i miei maestri (lo hai detto tuuu!) e quindi vi perseguito. Io i maestri ce li ho e mi aspettano. Cmq il tema c’è solo che non si vede(^_^). Abracadabra: le profondità d’azzurro del mio cielo senza nuvole, la più perfetta immagine dell’infinito, il simbolo più patetico della vita e della gloria nella vita.. Insomma mi diverto a mostrare a testa alta il tocco eccentrico di una vita normale! Gesù.. Isabela ha di nuovo i brividi – ma questo è off topic.
1 Marzo 2010 alle 3:40 am
Già..Chissà come e perchè un mondo che avrebbe potuto essere è stato ucciso dal fracasso inutile, dall’angoscia stupida della c.d. società dell’immagine, dalla trivialità e dalla mediocrità di tutto ciò che è falsamente importante, falsamente intelligente, falsamente seducente.
C’mon babies, fast forward, you are an Army of Beauty fighting aganist the machines.
Il Padrone ha ballato, ma la pioggia non è caduta. I calanchi sono sempre aridi e i giovani duri e puri.
1 Marzo 2010 alle 11:14 am
Ciao Homosex/Isabelita, apprezzo ma non approvo. Quetate sino al prossimo post, svp.
1 Marzo 2010 alle 8:11 pm
Grazie mym per averci ricordato questo: da sé, per sé, in sé. E’ un criterio di vita valido sempre e comunque, anche per i laici come me!
1 Marzo 2010 alle 8:34 pm
A proposito di laici, il noto teologo televisivo Vito Mancuso ha ricevuto da Civiltà Cattolica (organo ufficiale dei gesuiti) un sonoro smataflone con radiazione dal novero dei teologi cattolici per aver scritto “Per una vita autentica è necessario credere in Dio? Sono convinto di no […] Per una vita autentica, la fede in Dio non è necessaria”. Qui c’è l’articolo completo
1 Marzo 2010 alle 9:12 pm
Domanda a Vito Mancuso: “Per una vita autentica, la televisione è necessaria?”
1 Marzo 2010 alle 9:50 pm
Che domande! ovviamente si: pensa come potremmo sopravvivere senza essere informati minuto per minuto, senza attendere il giornale del giorno dopo che dedica 16 pagine ai retroscena del festival di sanremo, sulle ultime sparate di B., i relativi commenti su mediaset, nonchè sulle clamorose dichiarazioni dei grandi giocatori di pallone…
1 Marzo 2010 alle 11:18 pm
Comunisti che passano alla destra, atei che diventano devoti, teologi laici… quando si dice non fermarsi a nessuna sponda! 😉
2 Marzo 2010 alle 12:02 pm
Se anche i laici pretendono di avere una religiosità o, Gesù!, addirittura che si possa vivere “religiosamente” senza aderire ad una religione, be’ questo sarebbe quasi (quasi!) come sostenere che persino gli animali abbiano diritto alla vita. Fra i tanti sproloqui che si sentono in giro, avete mai sentito un prete che -magari durante la predica- dica che la caccia, ovvero ammazzare animali per divertimento, è una barbarie che va contro ogni religione, compresa quella cristiana?
2 Marzo 2010 alle 7:02 pm
Oddìo, non è che i paesi di cultura e spiritualità buddista si siano mai distinti per la proibizione della caccia o per un clero “animalista”. E’ per questo che quando sento il Dalai Lama fare affermazioni del tipo: “In passato in Tibet caccia e pesca erano proibite. Da sempre il buddismo ha rispettato la natura” (in “La compassione universale. Intervista”, Servitium, 2000), mi viene da ridere. E’ un passato del tutto inventato, costruito ad uso degli occidentali.
2 Marzo 2010 alle 7:19 pm
Infatti, i passati inventati vanno bene per trasmettere significati non informazioni storiche. Il dato è che ci sono più cacciatori nella sola Italia che in tutti i Paesi “di cultura e spiritualità buddista”. E proprio in Italia si sentono religiosi (non solo cattolici, non solo cristiani) pontificare su ogni cosa. Prova a contare quante volte fanno un discorso tale per cui anche gli animali, le piante, la terra, il cosmo siano considerati fraternamente, da rispettare in quanto tali. Non per dottrina animalista o ecologista o per qualche calcolo politico. Ma come elemento che deriva naturalmente dalla loro religiosità. Temo che l’ultimo sia stato Francesco. Uccidere per divertimento è un crimine (religioso, civile, estetico…) che non dovrebbe necessitare dimostrazioni.
3 Marzo 2010 alle 1:01 pm
Come non essere perfettamente d’accordo? All’uccidere per divertimento aggiungerei anche l’uccidere per puro profitto economico, ma questo – considerando solo gli animali – porrebbe l’ulteriore problema della crudeltà dell’allevamento o della pesca industrializzati e di tutto un sistema economico che su questi si basa.
L’unico dato confortante è che almeno pare il numero dei cacciatori per svago stia continuando a diminuire, aggirandosi ora attorno alle 700.000 unità. Che questo numero sia maggiore di tutti i cacciatori presenti nei paesi “di cultura e spiritualità buddista” lo ritengo poco probabile, ma in fondo non ha molta importanza. Solo in Tibet la popolazione nomade, notoriamente cacciatrice, si aggira attorno alle 500.000 persone (qui però subentra il fattore sostentamento). In Giappone invece i cacciatori dotati di regolare licenza sono circa 260.000.
11 Marzo 2010 alle 12:51 pm
Tira Arjuna!
11 Marzo 2010 alle 2:05 pm
Tu dici… Tutti?
11 Marzo 2010 alle 6:50 pm
.
11 Marzo 2010 alle 8:56 pm
Riprendi fiato, bevi un bicchier d’acqua ora…
14 Marzo 2010 alle 7:48 pm
Da Arjuna a Nagarjuna… 🙂
15 Marzo 2010 alle 1:03 pm
Se “l’essere non si ferma su questa sponda”, com’è che questo sito ormai resta impantanato per secoli senza nuovi topic?
🙁
17 Marzo 2010 alle 12:43 pm
Non mancano tempo salute e argomenti, ma sono scadenti tutti e tre…
17 Marzo 2010 alle 6:00 pm
Bè, veramente io non sarei d’accordo con questi due ultimi interventi. Ognuno ha il suo punto di vista e la sua esperienza ma per quel che mi riguarda, i post del sito, costituiscono spunto per riflessioni ed approfondimenti sistematci. Non credo sia una cosa da poco perchè permette, a mio parere, di uscire dal proprio “cerchio”, per investigare, assieme ad altri ( intervenendo o meno), il proprio modo di “stare” nella realtà attraverso anche lo studio dei “saggi” del passato e del presente.
Per me almeno è così.
17 Marzo 2010 alle 6:28 pm
Capisco, vedo di provvedere :-[ :-[ :-[