Dom, 14 Feb 2010
Giovedì 18 febbraio 2010, alle ore 18, presso la sede dell’Unione Culturale “Franco Antonicelli”, via Cesare Battisti 4, Torino,
Giuseppe Jisō Forzani
(Direttore dell’Ufficio Europeo del buddismo Soto Zen)
terrà la conferenza sul tema
La pratica Zen tra laicità e religione
(Direttore dell’Ufficio Europeo del buddismo Soto Zen)
terrà la conferenza sul tema
La pratica Zen tra laicità e religione
Presiede:
Paolo Sacchi, del Soto Zen Dojo di Torino
Introduce:
Tullio Monti, Coordinatore della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni
La conferenza è organizzata da Soto Zen Dojo di Torino, in collaborazione con la Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni.
14 Commenti a “Lo zen è una religione?”
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14 Febbraio 2010 alle 3:54 pm
Non è che ‘sti signori della Laicità usano il buddismo per tirare acqua al proprio mulino? Che poi è l’atteggiamento “uguale e inverso” a quello di coloro che strumentalizzano la religione per i propri scopi.
Ho comunque la fondata speranza che Jiso e Doc non dimentichino a casa i guantoni da boxe.
14 Febbraio 2010 alle 5:27 pm
Può essere, in ogni caso si darà una mano al mulino ospitante, se poi, a cose fatte, il mulino cigolerà da tutte le parti… be’, non tutti son mugnai.
15 Febbraio 2010 alle 12:27 pm
Approfitto dell’occasione per posizionarmi rispetto alla nota di dr e nel contempo rispondere a Renata che in pantomima2, blog al quale non partecipo, chiede chiarimenti sul senso dei titoli e delle cariche esibite da chi si dice cercatore sulla via dello zen. Nel preparare la traccia per la prossima conferenza di Torino mi mantengo in una posizione che potrei riassumere con “né laicità né religione” proprio per non fornire alibi agli opposti estremismi basati su una separazione secondo me fittizia degli ambiti. Ma lasciamo un po’ di suspense ai dodici astanti prevedibili alla conferenza medesima. Per quanto riguarda titoli e cariche, il problema è dell’uso che se ne fa (se ne cerca di fare) non del loro valore intrinseco che è appunto nullo. Io posso accettare un ruolo che mi viene proposto (è stato il mio caso particolare) o perché le circostanze me lo impongono, o perché valuto che c’è la possibilità di svolgerlo come una forma del mio essere un cercatore sulla via dello zen, o per un insieme di entrambe le cose. Altra cose è cercare il titolo o la cariche pensando che sia essa a valorizzare la mia pratica o a nobilitare la mia umana condizione. Sarà poi la vita vissuta a mostrare la linearità del mio comportamento pubblico da tutti giudicabile. Quanto all’esibire, nel momento in cui mi espongo a parlare in una conferenza (cosa in sé certo criticabile) ritengo utile abbinare al nome della persona ai più sconosciuta la specifica del lavoro che attualmente svolge, nel mio caso quello di direttore ecc… Aggiungo che le considerazioni personali di mym sono, mutatis mutandis, valide anche nel mio caso.
16 Febbraio 2010 alle 6:45 pm
A proposito di laicità, mi è capitato oggi di “dover” scrivere la seguente email:
Gent. sig.ra [XXX]
sono un collaboratore e correttore di bozze del [settimanale cattolico su cui Lei scrive]. Ho appena avuto sotto gli occhi il suo articolo relativo ai dati Istat, dove mi ha particolarmente colpito il senso di orrore e di allarme che trasuda nei confronti del matrimonio “solo” civile.
Personalmente sono sposato “solo” in Comune. Ma molti mesi fa, durante le polemiche contro Pacs, Dico ecc., lo slogan che i buoni cattolici sbandieravano non era del tipo: “Le coppie sposate civilmente sono nostre alleate”?
Trovo un po’ pesante da sopportare questo atteggiamento “cristiano” che “usa” le persone quando “servono”, e le disprezza quando non servono più. Lo so, la cosa “più accettabile” sarebbe fare la messinscena ipocrita del rito in chiesa, con i fiori e tutto quanto, come fanno in molti.
Lo dico in questo momento a lei, ma vari giornalisti del [medesimo settimanale] manifestano lo stesso tipo di posizione.
Cordiali saluti.
16 Febbraio 2010 alle 6:51 pm
Sei sposato? Aaaah, eccolo lì il divorzista impenitente… Perché? L’altro dì incontro un mio collega, due figli piccoli, parlando scopro che non è sposato con la donna con cui si accompagna. Stupito, gli chiedo perché e mi risponde: “Perché sono contro il divorzio. E siccome il matrimonio è la prima causa di divorzio nel mondo…”.
Ma ancora non sappiamo se lo zen sia una religione.
16 Febbraio 2010 alle 7:09 pm
Se la religione è “quella roba là, cfr n. 4″ opterei per lasciar perdere.
16 Febbraio 2010 alle 10:15 pm
Per correttezza, ecco la risposta ricevuta a proposito del matrimonio civile.
Con un divertente rebus: a scrivere l’articolo non era una certa M.M., ma “un” certo M.M., che a sua volta scriveva su richiesta di un altro M.M.
Comunque, il testo qui sotto è opera di un prete, peraltro tipo in gamba e simpatico:
>Ciao D.,
l’articolo che tu citi non è opera mia, bensì di un
collaboratore della nostra redazione diocesana che con me
condivide le iniziali. Dopo la tua mail l’ho riletto
attentamente e ti dirò che non vi ho notato
l’”orrore” e l’”allarme” che vi hai notato tu.
C’è forse un punto esclamativo, a poter dare questa
impressione, ma esso è dovuto unicamente allo stupore per
un dato (quello relativo al comune di Sangiustino) che non
può non colpire chi conosce bene la nostra realtà
locale. Ma esso non significa assolutamente giudizio, mi
sento di assicurarlo perché conosco molto bene l’autore
dell’articolo, persona assolutamente equilibrata e aliena
dai giudizi verso chicchessia. Tra l’altro è
testimonianza di questo il fatto che lo stesso autore
affermi che le motivazioni per la scelta del matrimonio
civile possono essere le più disparate.
Detto questo, posso dirti che personalmente mi guardo bene
dal giudicare chi sceglie il matrimonio civile, scelta che
reputo anzi a volte encomiabile e segno di quella coerenza
che a troppo spesso manca in chi sceglie il matrimonio
religioso esclusivamente per ragioni “di facciata”.
Un caro saluto
19 Febbraio 2010 alle 4:34 pm
A me sembra che di definizioni di “religione” ce ne siano almeno un miliardo, così come di “laicità” (ben diversa ad es. quella di Odifreddi rispetto a quella di Pera). E’ quindi necessaria la chiarificazione di quale “gioco linguistico” si stia praticando. Il mio prevede che mi definisca del tutto laico e che la laicità dello stato sia una delle garazie della coesistenza pacifica delle varie fedi religiose al suo interno.
19 Febbraio 2010 alle 7:12 pm
Sì, in via di massima, concordo. Il gioco era … la classica pietra nello stagno. Perché del miliardo di definizioni per pigrizia e indottrinamento per lo più se ne usa una sola. Rifletterci un momento non può fare che bene.
20 Febbraio 2010 alle 12:06 pm
@JF
No,no e 3 volte no!Il titolo serve per individuare il responsabile silicet il ‘colpevole’ che risponde alla legge per le malefatte commesse nell’esercizio della sua funzione (in teoria). In pratica lo ‘stipendio’ valorizza la via perché annulla le contraddizioni e fonda il rapporto con il mondo sulla disperazione pura. Criticabile lo spreco di risorse per conferenze da 12 astanti:la rete ha un maggiore bacino di utenza.A che serve il pathos se la stanza è vuota?
20 Febbraio 2010 alle 12:07 pm
@ Dr
I matrimoni sono in crisi perché la famiglia fondata sull’amore è una novità degli ultimi 50 anni.In mancanza di educazione sentimentale unire per sempre due analfabeti emotivi è sadico.Forse che la chiesa va in visibilio per le opposizioni tragiche dei sessi? Chi conosce il matrimonio sa che non c’è opposizione tra castità e sensualità.PS.Mi sembra di stare alla RAI..e nn mi piace la crudeltà che riservate al vostro pubblico più giovane;il divorzista che in me pensa già alla barca..
20 Febbraio 2010 alle 12:39 pm
“In mancanza di educazione sentimentale unire per sempre due analfabeti emotivi è sadico”, aggiungerei: criminale. Mi sfugge il nesso con la barca, e pazienza. Più mi interessa capire dov’è la crudeltà verso i giovini. Se anche volessi incrementare non saprei dove aumentare la pressione…
6 Settembre 2010 alle 4:11 pm
Come pensate dovrebbe esprimersi una corretta unione sentimentale?
P.S.
Scusate il ritardo ma l’argomento tra i miei giovini coetanei (40enni) è scottante.
Ciao
14 Settembre 2010 alle 10:59 am
Ciao AHR, domanda da un milione di dollari. Butto lì un po di attributi: compatibilità (fisica, emotiva, culturale, spirituale), orizzonte comune, intesa sul dare più di ciò che si riceve, e tanta tanta tanta pazienza.