Mer, 14 Dic 2022
Buongiorno,
è quasi Natale e la Stella (non la cometa … 🙂 ha una novità da comunicarvi.
Anni addietro su questo sito pubblicammo un articolo presentato come Un chiarimento storico sullo zen giapponese; allora mi si rimproverò che, però, di zen parlava proprio pochino. Inutile fu far notare che parlare dello Zen è impresa perlomeno azzardata … Insomma, passato il tempo, lo ripresi, l’ampliai con nuovi studi e note e proposi a Jiso Forzani di comporre una nuova parte in cui si parlasse solo dello zen giapponese.
Ed ecco ora il nuovo libro edito dalla Stella (di cui qui trovate l’indice): nella prima parte si mostra come, nella storia, si siano formate le religioni in Giappone. Nella seconda vi è un’accurata ricostruzione del come e del perché quella “cosa” giunta in Occidente dal Giappone circa 100 anni or sono e che ci fu presentata come Zen, il non plus ultra della libertà e della flessibilità, continua ad essere fissata in una forma statica, incapace -per la sua fissità- di inculturarsi, ovvero di vestirsi delle culture che ora la ospitano. Jiso ed io siamo un pezzettino di questa storia, per cui qua e là emergono opinioni personali ma, è il nostro auspicio, sempre ancorate ad una visuale il più possibile neutra e documentata.
Anche questa volta, la pubblicazione è stata possibile grazie al lavoro del team della Stella che ha trasformato in un libro impaginato e corretto i nostri scritti.
Il testo, come sempre, non è in vendita ma, con il vostro aiuto, vorremmo recuperare quanto speso per la stampa così da poter fornire, in futuro, lo stesso servizio.
Se desiderate riceverlo, gratuitamente o a fronte di una piccola donazione, scrivete a servizio@lastelladelmattino.org chiedendo istruzioni. Le spedizioni dovrebbero iniziare attorno al 15 dicembre: potreste persino riceverlo per Natale!
Ora sono disponibili, for free, le versioni digitali in italiano, inglese e spagnolo.
47 Commenti a “La Stella di Natale”
Se volete, lasciate un commento.
Devi essere autenticato per inviare un commento.
14 Dicembre 2022 alle 7:07 pm
Grazie tante per questo contributo! 😎😇
14 Dicembre 2022 alle 7:48 pm
Ciao Carlos, bentornato. Era tanto che volevamo scrivere dello zen da questo punto di vista, ma ci sono voluti 35 anni prima che fossimo davvero in grado di farlo. Quando le cose vengono vissute intensamente, con partecipazione, lasciar svanire tutti gli elementi reattivi richiede tempo.
15 Dicembre 2022 alle 3:32 pm
Grazie e auguri per questa nuova publicazione. Anche da la Spagna, dove c’è già una squadra, un gruppeto pronto per la traduzione (mi dispiace, ma team non ne abbiamo).
Ma! Dove ci sono gli italiani? Scomparsi? A fare shopping per natale?
15 Dicembre 2022 alle 3:50 pm
@ Ciao Roberto,
grazie per l’intenzione.
Qui siamo, almeno noi del “team”.
Shopping? Che robe è? o intendevi dire “acquisti”? 🤗
15 Dicembre 2022 alle 5:39 pm
@3 Ciao Roberto, da quando avete perso con il Giappone e pure con il Marocco avete poco da fare da quelle parti eh? 😛
È vero, potevo evitare di usare la parola “team”, abbi pazienza: semel in anno* …
*una volta tanto
17 Dicembre 2022 alle 10:03 am
Ringrazio qui Paolo D. (di cui non ho l’indirizzo) per la generosa donazione motivata con “scarico libri”.
17 Dicembre 2022 alle 1:55 pm
“…ma ci sono voluti 35 anni prima che fossimo davvero in grado di farlo. Quando le cose vengono vissute intensamente, con partecipazione, lasciar svanire tutti gli elementi reattivi richiede tempo.”
35 anni! Sembra tutta una vita, e allo stesso tempo, appena un soffio come diceva il poeta. Comunque, se siamo in cucina, bisogna cucinare.
Grazie ancora! In qualche modo, sembra come se il libro arrivasse appena fra i miei mani. 😎😇
17 Dicembre 2022 alle 1:59 pm
“@3 Ciao Roberto, da quando avete perso con il Giappone e pure con il Marocco avete poco da fare da quelle parti eh? 😛”
Bisogna esserci per poter perdere! 😜
17 Dicembre 2022 alle 4:55 pm
@8: Aaaah birbante! Roberto aveva mandato giù in silenzio, tu pungi … 😞
Ciao
mym
19 Dicembre 2022 alle 7:40 am
@8: Eppoi, soprattutto, bisogna esserci per poter vincere 🇦🇷 😎
19 Dicembre 2022 alle 10:33 pm
Buonasera, grazie per questa nuova pubblicazione.
Non ricordavo che “Anni addietro su questo sito pubblicammo un articolo presentato come Un chiarimento storico sullo zen giapponese”, o meglio: non ricordavo della ricchezza dei 127 commenti, che ho riletto con piacere.
20 Dicembre 2022 alle 7:48 am
Mi diceva il signor Treccani che la prossima enciclopedia pensava di scriverla usando solo quello che non sai …
Ma poi ha pensato che, tanto, non sarebbe importato nulla (quasi) a nessuno 😇
PS: i consigli non ascoltati a volte brillano per l’efficacia che avrebbero, invece, avuto.
20 Dicembre 2022 alle 3:33 pm
@10: Complimenti! 👏🏻👏🏻👏🏻
22 Dicembre 2022 alle 12:21 pm
Sono arrivati puntuali prima di Natale! Giusto in tempo per un paio di regali, oltre alla copia per me.
I libri della Stella occupano sempre un posto speciale nella mia ‘biblioteca’ e nel mio cuore.
Buone feste a tutti!
22 Dicembre 2022 alle 12:35 pm
Grazie Marta,
Buon tutto anche a te
22 Dicembre 2022 alle 9:57 pm
Solo grazie per questo nuovo vostro lavoro
23 Dicembre 2022 alle 7:41 am
Prego Max, tienti pronto che fra un po’ toccherà a te: largo ai giovani si diceva una volta … 😏
24 Dicembre 2022 alle 2:16 pm
Buongiorno, ho finito di leggere il libro e mi permetto una breve considerazione relativa alla seconda parte.
Pur tenendo presente ciò che il titolo stesso del libro indicava come contenuto e cioè l’evoluzione delle religioni e dello Zen in Giappone e non nel resto del mondo, mi rende quantomeno perplessa ciò che verso la fine viene indicata, sia pure in modo non esplicito, come la realtà dello Zen in Occidente. Sembra che esistano quasi esclusivamente realtà che scimmiottano lo Zen giapponese.
Non credo sia così e mi è spiaciuto avvertire, anche se spero di essermi sbagliata, una sorta di presa d’atto di un fallimento per quanto riguarda lo Zen in Occidente.
Sperando di non aver urtato la sensibilità di nessuno, auguri buone giornate a tutti voi.
24 Dicembre 2022 alle 4:50 pm
Ciao Marta,
Non ti preoccupare: se hai urtato la sensibilità di qualcuno, eeeeh si vede che ‘sta sensibilità stava proprio in mezzo ai piedi … 🙂
Il tuo punto di vista è interessante perché a me questo aspetto non è balenato per nulla. Ci farò attenzione nel rileggerlo, visto che lo sto traducendo in inglese per gli amici.
Certamente la luce è accesa più sul “nonostante” che sul “grazie a”, ma l’obiettivo era illuminare un angolo rimasto oscuro che rischia(va?) di intrappolare persone in una gabbia etnica.
24 Dicembre 2022 alle 5:51 pm
Ciao mym, certo, nulla da eccepire sull’aspetto storico e di informazione.
Grazie per la risposta.
24 Dicembre 2022 alle 6:45 pm
Buongiorno Marta, grazie per la tua considerazione.
Scusa il ritardo con cui ti rispondo, dovuto a un problema tecnico.
Nel frattempo ho riletto il testo, e la seconda parte in particolare tenendo presente il tuo appunto.
L’impressione di un lettore attento (il maschile è generico…) è preziosa per chi ha scritto, perché osserva da punto di vista a lui precluso. Come dichiarato all’inizio, il testo è concepito proprio per mettere in luce e in guardia dal fenomeno della giapponesizzazione dello Zen, ossia dell’operazione intenzionale e surrettizia di presentare lo Zen come “prodotto” giapponese, che solo come tale può essere appreso, assimilato e riprodotto. Mi par di poter dire che in molti, qui da noi, almeno all’inizio, ci siamo cascati. Dello stato attuale dello Zen in Occidente, anzi in Europa, si parla però solo di riflesso: ritrovo degli accenni a pag.66, a pag.88, a pag.99 e nella pagina finale. E in particolare viene additata quella parte dello Zen europeo che si è accodata e accomodata ai dettami (estetici, etici, amministrativi) dell’istituzione clericale Sōtō-shū giapponese. Non mi è proprio venuto in mente di voler dare un quadro complessivo dello Zen in Occidente, un panorama che sfugge alla capacità comprensiva della mia vista. Né di suggerire “una presa d’atto di un fallimento per quanto riguarda lo Zen in Occidente”; anche perché penso che del fallimento o del successo dello Zen in Occidente se ne occuperà, forse, chi troverà un senso nel farlo fra un paio di secoli almeno.
Se ti va di indicare con maggior precisione quali pagine o passaggi hanno mosso l’impressione che comunichi, ci daresti un ulteriore contributo a rivedere e riconsiderare. Grazie
Tanti auguri di giornate serene.
25 Dicembre 2022 alle 5:51 pm
Buonasera Jf, ho riletto con attenzione il testo anche alla luce della tua risposta. Complessivamente il taglio dato al testo che considera solo lo Zen che si appoggia alla Soto Shu dà un’immagine che sembra limitare l’orizzonte dello Zen in Occidente a questo solo aspetto.
Pag 49 si parla di Zen in Giappone e di riflesso in Europa.
Pag 51 si parla dello Zen Soto come il più diffuso in Europa e negli Stati Uniti, quindi dalle pagine 89 e 93 dove è più forte la critica allo Zen di oggi si ricava l’idea che anche fuori dal Giappone questo sia ciò che succede. Cioè che la maggioranza dello Zen che viene praticato in Occidente sia una brutta copia dello Zen praticato in Giappone.
La minoranza a cui si fa cenno nella conclusione sembra talmente esigua da lasciare poche speranze ad un futuro per lo Zen.
Naturalmente queste sono considerazione personali che nascono probabilmente dall’amore che provo per lo Zen che, immeritamente, ho avuto la fortuna di incontrare e di praticare e che, nonostante abbia mantenuto alcune forme dello zen giapponese, non ha niente a che fare (per fortuna) con la giapponesità che ho trovato scritta in questo testo.
Ringrazio dell’attenzione.
Un caro saluto
26 Dicembre 2022 alle 5:21 pm
Buonasera Marta, grazie a te. Se, leggendo la parte del libro da me scritta, hai ricevuto l’impressione che descrivi, vuol dire che quell’impressione ha nel mio scritto la sua origine, e ne prendo atto.
Dunque faccio mia la tua impressione sintetizzata nella frase “si ricava l’idea […] che la maggioranza dello Zen che viene praticato in Occidente sia una brutta copia dello Zen praticato in Giappone”. Sì, è una questione di input. Lo Zen in Occidente nasce come copia dello Zen praticato in Giappone: e l’input non si cancella e continua a causare effetti anche se non se ne ha coscienza. Per dirti fino a che punto la cosa mi riguarda personalmente, più di venti anni dopo il ritorno dal Giappone, dove avevo appreso e imparato lo Zen giapponese più spogliato di giapponesità settaria che si potesse praticare laggiù, quell’input iniziale è riemerso al punto che la comunità di cui ero il responsabile, a Galgagnano, andava pian piano assumendo alcuni dei caratteri che nello scritto evidenzio e critico e l’ho chiusa solo perché ho dato ascolto ai rilievi che mi venivano dalle persone di cui mi fido e mi sono reso conto che quella deriva era senza altra via d’uscita. L’input iniziale non si cancella, ma si può riconoscere. Il mio scritto intende riconoscere e mostrare gli elementi costitutivi di quell’impronta che abbiamo tutti assorbito. Credo che la maggioranza delle persone che praticano sinceramente zazen in Occidente lo stiano facendo in buona fede. A maggior ragione quindi, posso, e credo di dovere, dare un contributo per mettere in guardia dagli effetti, spesso sottili e collaterali, di quell’impronta iniziale, così caratterizzata com’è dal formalismo comportamentale e dall’uniformità di pensiero. Per mettere in guardia da un pericolo bisogna indicarlo con chiarezza, altrimenti non lo si prende sul serio o si pensa che la cosa non ci riguardi.
Dove invece non ti seguo è quando scrivi che “La minoranza a cui si fa cenno nella conclusione sembra talmente esigua da lasciare poche speranze ad un futuro per lo Zen”. Premesso che non mi sfiora l’idea di essere il testimone di uno “zen come dovrebbe essere” in confronto allo zen “brutta copia dello Zen praticato in Giappone”, chi si sente minoranza non ha motivo di pensare che questo lasci poche speranze per il futuro. I cristiani sono stati minoranza perseguitata a morte per almeno tre secoli fino alla cosiddetta donazione di Costantino, e i veri guai del cristianesimo sono iniziati da quando hanno cominciato a essere e soprattutto a sentirsi maggioranza. Nell’ottica religiosa, non ha senso né andar fieri né preoccuparsi di essere minoranza o maggioranza: la speranza va riposta altrove.
26 Dicembre 2022 alle 9:11 pm
Grazie per la dettagliata risposta. Sì, sono d’accordo che non ha senso parlare di minoranza o maggioranza religiosa.
Per quanto riguarda il tuo argomentare sulla questione giapponesità, non posso che fidarmi data la tua esperienza in merito pur non essendomi molto chiaro quali sono gli effetti che definisci sottili e collaterali (forse l’uniformità di pensiero?) nel mantenere alcune forme che hanno accompagnato lo zazen che ci è arrivato dal Giappone.
Forse dipende anche da come vengono vissute all’interno della propria realtà.
Grazie per il tempo dedicatomi.
Un saluto e un augurio per il nuovo anno.
27 Dicembre 2022 alle 6:30 pm
Beh, se fosse molto chiaro quali sono gli effetti sottili e collaterali insiti nel culto della forma unica, nel sillogismo “è così perché così deve essere” che lo zen giapponese rivendica come suo portato, sarebbero a tutti evidenti e facili da esaminare. Intendiamoci, anche quella è una forma di apprendimento, suppongo che le regole monastiche cristiane enuncino asserzioni simili, e anche gli eserciti e ogni organizzazione totale. Ma trattandosi di buddismo, penso sia necessario sapere che quel sillogismo non poggia su niente, lo si può accettare per libera adesione ma non deve essere imposto né affermato come la voce definitiva della verità.
Auguri a te Marta, e, se posso permettermi, non ti preoccupare: non è pensando alle persone che fanno zazen come penso lo faccia tu che ho scritto quelle pagine. Buon anno che viene
27 Dicembre 2022 alle 6:55 pm
Adesso, però, non è per dire, ma, volendo dire: qui ‘sti effetti sottili e collaterali li vorremmo vedere, magari un pochettino: tirar la pietra e levar la mano … 😕
28 Dicembre 2022 alle 1:25 pm
@24 e @26 Uno degli effetti più pervasivi, secondo me, è quella che chiamo logica del luogo e del gruppo, due caposaldi dell’esperienza esistenziale dei giapponesi. Zazen ci è stato da loro trasmesso come una pratica che si svolge in un luogo fisico deputato (dojo, monastero, tempio, centro…) e in gruppo. Per i primi trentacinque anni di pratica, mi sono seduto in zazen quasi esclusivamente in luoghi dedicati e in compagnia. Il fatto che zazen sia una pratica solitaria, anche quando ci si siede insieme ad altri, e che potenzialmente si può fare ovunque, non viene di solito esplicitato con la, a parer mio, dovuta chiarezza. Non metto in questione l’importanza di riunirsi per praticare in luoghi non abititi ad altre funzioni. E’ lì che ha inizio la pratica per la maggior parte delle persone. Ma non è la conditio sine qua non, come troppo spesso vien fatto pensare. La logica del luogo e del gruppo non è solo e sempre un sostegno alla pratica individuale personale, può indurre a deresponsabilizzarla, a creare uno spirito di conventicola e può facilitare i giochi di potere.
28 Dicembre 2022 alle 3:32 pm
Grazie per la risposta. Da parte mia ricordo l’ultimo punto indicato da Kosho Uchiyama nella sua lettera d’addio.
‘Nell’intento che ci siano luoghi di pratica senza disturbi per praticanti sinceri, dovete collaborare gli uni con gli altri.’
E l’ultimo appello che da sempre è risuonato nel mio cuore.
‘Vi prego fatemi felice all’ombra dei fiori. Ve lo chiedo con tutto il cuore!’
28 Dicembre 2022 alle 4:56 pm
@ 27 Sì, dopo aver demolito, a torto o a ragione, tutta la tradizione giapponese, quindi Dogen, Sawaki, Uchiyama e … altri, adesso se la prende anche con i luoghi di pratica e il praticare assieme.
Neanche avesse imparato a fare zz da solo o su una spiaggia, in mezzo ai bagnanti …
E che cosa propone al posto di tante macerie? Un po’ di filosofia … 😤
Da soli la vita di zz è dura, durissima.
28 Dicembre 2022 alle 5:41 pm
🤗
28 Dicembre 2022 alle 5:43 pm
Già, non c’è altro modo, che piaccia o no.
29 Dicembre 2022 alle 12:27 pm
Salve. Ma poi è proprio così determinante? Guardando la cosa dal punto di vista di un badilante come me: la difficoltà è nell’evitare di inventarsi e portarsi dietro roba inutile. E’ complesso praticare al di fuori di una comunità che per un certo tempo persegue una ricerca spirituale in modo comune: per un laico lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali. Non c’è poi solo la grana dell’autoreferenzialità poi, si mette in mezzo chi si inventa il “buddhismo contemporaneo”.
Il “Formalismo comportamentale”, “uniformità di pensiero”, “conventicola” sono un po’ presenti dovunque, mica solo nei gruppi di meditazione, e la referenza verso qualcuno è un po’ la regola ovunque. Se qualcuno si difende dietro alle parole “la veste marrone” e se le comunità vengono su così anche perchè a noi laici sembriamo cercare proprio quel tipo di rassicurante “centro di gravità”, poco importa se i preti se ne approfittano. Anche questa pare sia un’invenzione, molto vecchia.
Imho occorre trovare un modo costruttivo di rispettare i (per esempio) 35anni di zz e riconoscere quanto una esperienza di quel genere possa arrichire e facilitare la ricerca di “noi laici” che ne sappiamo niente. Ma c’è chi indica un certo percorso e modo, chi un altro con tappe ben precise, ed entrambi lo chiamano allo stesso modo.
Proprio per questo – secondo me – non è solo questo il discorso da portare avanti, al limite è un punto di partenza. Non mi pare che a molti importi il solo definirsi in questo o quel modo, in questo o guel gruppo, discepolo di questo o quel prete, anche se spesso ci viene indotta quasi come una necessità. Almeno credo, poi non so.
29 Dicembre 2022 alle 12:36 pm
Ciao Max,
“lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali”, proprio così. Il punto in gioco in tutto il discorso, però, non è l’oggi ma il domani. Fra non molto, senza porre limiti alla provvidenza, questa generazione del dharma sarà sparita. Alla prossima, ai neofiti “lo zz è uno spazio/tempo ritagliato nel limite delle proprie possibilità materiali, e intellettuali” pensi che basti? C’è il caso che restiate solo tu e tuo cugino (if any) …
29 Dicembre 2022 alle 2:07 pm
… mio cuggino c’ha già le storie sue e poi è impegnato al calcetto…
Scherzi a parte.
No, non non basta, come fa? Come potrebbe mai. Se “resto solo io” è come se restasse nessuno temo.
Il domani… chissà chi, mai presumere che “muore il padre, muore il figlio”.
Però neanche prima di voi non “era restato nessuno”
Non basta di sicuro. Cosa può bastare?
Non è che uno si può inventare diverso di quel che è, sennò sarebbe il papa vestito di bianco a prendersi applausi quando augura buon appetito.
Però a darsi responsabilità e cariche onorifiche, tra laici e preti, lasciamo fare i cattolici.
Per quel che ci è capitato, per come siamo, siamo ciascuno al meglio possibile. Anche se “non basta”.
Sarebbe importante per un pirla come me sapere che fare, ma non è dato, perchè è sempre diverso da quel che uno si impegna a fare. Sempre = “forse”, per carità, mica sono un prete 😉
Si fa (e accade) quel che può.
Però lasciando da parte le str…upidaggini, che si fa? lasciamo spazio al catechismo buddhista, ai matrimoni, al manager zen course (magari in un centro affiliato UBI), che loro c’hanno il pedigrì? Il discorso della “veste marrone”, quasi che un pezzo di stoffa potesse sugellare qualcosa, è una obiezione mossa da “chi sai tu”, “quando ti puoi immaginare”. Può essere che nel contesto fosse pure pertinente, ci mancherebbe, però qualsiasi azione si giustifica in sè e non perchè chi la fa si (in)veste strano. Se quello che conta sono gli anni e il rito e non l’imparare, è quel solito vecchio trucco. Cosa molto diversa dai 35 anni (and counting) di zz.
Quando diventa “imperdonabile” dividere un sangha? Quando ognuno sceglie di seguire una propria decisione/inclinazione/comprensione o quando si sceglie di aderire ad una decisione dell’insegnante?
Non risolvere e confidare un certo tipo di dubbi mi sembra sempre più il mio modo, ma so che non è di aiuto. Ho un caratteraccio e con l’età peggioro, anche se le travi nel miei occhi si fanno sempre più imgombranti.
29 Dicembre 2022 alle 5:13 pm
Concordo, la situazione è proprio come la descrivi buwana: lì i coccodrilli, qua niente, là il caos. Però praticare è (anche) restituire. Altrimenti è una rapina.
Su una cosa non concordo, però: è responsabilità di tutti (tutti quelli che si siedono), nessuno può dire non tocca a me o non son capace: è parte della pratica fare il possibile per trasmettere, nessuno si può esentare. Per tanto o per poco.
29 Dicembre 2022 alle 9:10 pm
però la risposta era a “basta?” e non voleva essere “non tocca a me”, nè “non sono capace”. Credo invece che almeno “quello che posso non basta” si possa dire, e poi facendo la parte del “brusacrist” mi tocca atteggiarmi un po’ 😉
30 Dicembre 2022 alle 8:21 am
Sì, concordo di nuovo: la posizione “quello che posso non basta” penso sia la migliore se, come dici, non è una scusa per sfilarsi.
30 Dicembre 2022 alle 9:21 am
“Quello che posso non basta” lo squaderno così: siccome la baracca non dipende da niente, quindi neppure da un mio potere, posso sempre fare (in senso lato) di più o di meno, quantitativamente, di meglio o di peggio, qualitativamente, per il dopo di me, di noi. Se non mi accoccolo nel “non posso” né mi eccito col “non basta”,forse da questa in-soddisfazione congenita possono nascere delle buone non-idee. Tanto per continuare a fare un po’ di filosofia mattutina 😅
30 Dicembre 2022 alle 10:41 am
Ossegnucau …
Ci mancava proprio il filosofo che squaderna … 🙄
31 Dicembre 2022 alle 7:55 am
@37 al netto che è difficile capirsi (che cosa significa per me mostrare?) e farsi capire (come riesco a mostrare?) diventa impossibile giudicare quanto di quel che si fa è una bugia o una ritirata (doppio senso). Forse poi dipende anche un filo dalle domande che vengono rivolte. Ma non lo so.
@38 mica ho capito 🙂
31 Dicembre 2022 alle 8:01 am
Se ti ritrai un altro po’… rompi il dietro del guscio … 😜
31 Dicembre 2022 alle 9:44 am
@40 su @38 Decritto. Stiamo parlando (@33,34,35…) di trasmettere, dunque del dopo di noi. Venerati maestri ci dicono che il mio mondo nasce e muore con me, gli stessi che ci invitano a creare armoniosi duraturi luoghi di pratica. Dunque, tralasciando qui il grado o stato di realtà o illusorietà del mondo dopo di me, ci si chiede, come Ilic Ulianov: “che fare?”. Ci siamo occupati nel libretto di cosa (come) non fare, almeno in parte. Sul fare sono meno praparato. Quello che posso non basta è un buon punto di partenza, però “trasmettere” non dipende dal mio o altrui “potere”. Zazen è dismissione del potere. Credo che le idee sul che fare possano originarsi dal prendere sul serio l’impasse descritto in @35, dalla cura per il mondo dopo di me (un sogno), e dal vigilare per riconoscere e cogliere le occasioni che le circostanza offrono. Ho detto qualcosa? 🤔
31 Dicembre 2022 alle 4:42 pm
Finalmente, oggi, ho ricevuto il libro. Credo che le poste italiane li spediscano in Spagna con una barchetta a remi, forse per una questione di ecologia… questo per aggiungere qualcosa sul problema della trasmissione. Ma comunque alla fine arriva, è bravo il barcaiolo .
Grazie e auguri per il nuovo anno che inizierà fra poco.
31 Dicembre 2022 alle 5:01 pm
Ciao Roberto, bene che sia arrivato, il tempo di consegna con posta priority international era di 5 gg al massimo ma a Natale e Ferragosto in Italia il tempo ha un’altra andatura …
Il problema di cui si tratta riguarda anche la Spagna: ci sei dentro sino al collo
Buona fine e buon inizio
2 Gennaio 2023 alle 2:54 pm
@41 un guscio bello grosso.
@42 grazie!
rinnovo i ringraziamenti a tutti e attendo la prossima uscita
5 Gennaio 2023 alle 5:57 pm
Già con il livro tra i miei mani, pressoché con il dito nella prima pagina…
Grazie tante! _/\_ 😎😇
P.S: Nel mio comodino ancora si sente l’eco degli ultime pagine di “Il Buddhismo Mahayana II: […] La Cina”. Per quando una parte tre? 😏😎
5 Gennaio 2023 alle 6:06 pm
La parte tre è quella che hai nelle mani.
Dopo di quella c’è … l’Oceano Pacifico