Dom, 4 Giu 2006
* Amnesty International lancia una campagna internazionale per la liberazione dei “cyber dissidenti”
02-06-2006 – Fonte: Repubblica.it
L’organizzazione per i diritti umani: “Basta controllare la rete” E lancia una campagna per la liberazione dei ‘cyber dissidenti’ esortando le aziende tecnologiche a “non collaborare” coi censori
La repressione non si addice al web. Nonostante le chat room monitorate, i blog cancellati, i siti oscurati, i motori di ricerca ‘ristretti’. E un numero sempre più alto di persone imprigionate per aver manifestato un pensiero o condiviso informazioni. Ai governi non vanno giù le potenzialità della rete, e internet è diventata il nuovo terreno di battaglia per la difesa dei diritti umani. Tanto che Amnesty International ha scelto di scendere in campo, lanciando una campagna dal titolo eloquente: “Irrepressible”, ossia “impossibile da controllare”.
Eppure, in paesi come Cina e Tunisia, Iran e Pakistan, la censura on line è ormai una pratica abituale dei governi, e la carcerazione dei cosiddetti “dissidenti” è all’ordine del giorno. Complici alcune grandi compagnie dell’IT e diversi internet provider, la repressione diventa diffusa, facilmente attuabile: la stessa Amnesty ha denunciato casi di censura in tutto il mondo, Israele, Vietnam e Maldive compresi.
Ma il web è di tutti e il problema della censura, odiosa minaccia alla libertà mai passata di moda, riguarda tutti gli utenti, nessuno escluso. Al popolo di internet Amnesty, nel 45esimo anniversario dalla nascita, insieme al quotidiano inglese The Observer, chiede di firmare un appello perché i governi smettano di praticare la censura, ed esorta le aziende tecnologiche a “non collaborare”.
Nell’appello, firmato già da circa 10mila persone, si chiede inoltre la liberazione dei “cyber dissidenti”, in galera per aver espresso le loro opinioni online. L’elenco è lungo: da Shi Tao, giornalista cinese, in prigione per aver inviato una e-mail scomoda dal suo account su Yahoo, a Hao Wu, regista e blogger cinese, a Ren Zhiyuan, insegnante, condannato a 10 anni di reclusione dal governo di Pechino per aver parlato di democrazia sul suo diario on line.
Non bastano, è evidente, le proteste locali, i movimenti di resistenza spontanea che coinvolgono trasversalmente il web. Secondo l’organizzazione, gli internet caffè continuano a chiudere, i computer ad essere sequestrati, e proseguono i controlli su blog e chat.
“Internet è uno strumento di libertà politica, non di repressione” recita l’appello. “Le persone hanno il diritto di cercare e ricevere informazioni e di esprimere le proprie convinzioni pacifiche online senza paura né interferenze indesiderate”. Una sorta di dichiarazione di indipendenza, che è l’essenza stessa della rete: le adesioni crescono al ritmo di 70 al minuto.
Un apposito sito e una petizione web è allora l’arma migliore per ricordare che la censura su internet va combattuta. Da tutti: “Chiediamo ai governi di fermare la restrizione ingiustificata della libertà di espressione e alle aziende di smettere di aiutarli a farlo”, ha detto Kate Allen, direttore per la Gran Bretagna di Amnesty International. “Non si può censurare la voce della gente: viene cancellato un diritto fondamentale”.
/Di Federica Forte/
Info: www.irrepressible.info
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