Gio, 9 Lug 2020
Nella primavera-estate del 2019, sul sito del monastero giapponese Antaiji, è comparsa un’intervista, molto articolata, rilasciata dall’ex abate Muhō Noelke, nella quale Muhō ripercorre, a modo suo, tutta la storia del monastero. In modo del tutto inaspettato, in questo scritto, Muhō parla di tutte le persone che hanno avuto un ruolo significativo nella vita quasi secolare di quel luogo, anche di quelle che non ha conosciuto direttamente o che ha frequentato solo saltuariamente.
Non mi trovo d’accordo con la ricostruzione storica di Muhō, né nei contenuti né in quelle che paiono essere le sue intenzioni. Ritengo che in questo testo vi siano affermazioni che fanno apparire persone e fatti diversi dalla realtà che fu, altre non veritiere, altre ancora errate e, nel complesso, potenzialmente dannose per molte persone, Muhō per primo.
Per questo ho scritto una serie di considerazioni, che trovate qui in fondo assieme alla traduzione in inglese e a quella in francese, rivolte a tutti ma soprattutto alle persone che seguono la via dello zen.
Sia l’intervista a Muhō, sia le mie considerazioni sembrano riguardare fatti e persone lontane, vicende che non toccano la nostra vita. Io penso che non sia così, per questo ho voluto dare alle mie parole l’apertura più ampia possibile, toccando argomenti, anche delicati, di cui, di solito, non c’è occasione di parlare. È molto difficile imparare a fare davvero zazen e, senza una guida, è quasi impossibile. Invece è del tutto impossibile, senza una guida, dar vita a quel sogno che chiamiamo zen, accogliendovi altri. Questi sono alcuni degli argomenti che vengono accennati nelle considerazioni. L’intervista tocca -male, a mio parere- questi ambiti, ed è, quindi, un buon canovaccio. Porsi di propria iniziativa a parlare di queste cose, così, senza un motivo, sarebbe del tutto insensato. Da questo punto di vista, dovremmo ringraziare Muhō per l’occasione. Ambedue i testi sono abbastanza lunghi (11 cartelle il mio, 27 quello di Muhō), per cui occorre tempo e pazienza per affrontarli.
La foto che vedete in questa pagina, scattata nel novembre del 1980, si riferisce all’hōssenshiki (una sorta di seconda ordinazione, in cui si ‘dimostra’ di saper padroneggiare il dharma) di Shinyū. Non vi compaiono quattro dei monaci residenti più anziani, parte attiva della comunità di quegli anni: due erano in cucina, uno nel sōdō (monastero di formazione clericale) ed uno … scattava la foto.
Some thoughts about Antaiji ex abbot Muhō Noelke’s interview
Quelques réflexions sur l'entretien avec Muhō Noelke
18 Commenti a “Considerazioni su un’intervista”
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17 Luglio 2020 alle 1:44 pm
Bene, ho letto tutta l’intervista e tutta la risposta.
Sottoscrivo completamente quanto educatamente precisato da Yushin.
Vivere è abbastanza difficile di suo, meglio limitare le proprie critiche, qualora si ritenesse di registrarle, a se stessi.
Questo è l’insegnamento, ricco, che ne ricevo.
Grazie a Yushin per la puntualità, generosità e compassione, senza sconti, mostrata.
Nel Dharma
17 Luglio 2020 alle 3:20 pm
Come dialogato con Mym in altra sede, pur non essendo parte della cronaca (peraltro alquanto grigia, purtroppo), condivido pienamente la sofferenza che si aggiunge al percorso personale autentico di Yushin e Jiso.
Sinceramente,
Giorgio
20 Luglio 2020 alle 6:41 pm
1@:ciao, Nello. Il fatto che tu abbia letto entrambe ti fa entrare in una sparuta élite: sono due pizze che -non fosse per lavoro- mai e poi mai mi sarei sorbito … 🙂
21 Luglio 2020 alle 1:07 am
3@, è stato divertente,come guardarsi allo specchio.
21 Luglio 2020 alle 6:25 am
Buongiorno Giorgio,
le separate sedi le lascerei, in questa, alle vicende della loro separatezza.
Quanto alla sofferenza, della cui (con)divisibilità dubito trattandosi di personale sentire, non è qui in gioco: proprio per spostare il discorso dal piano personale incresciosamente frequentato dagli autori dell’intervista, Yushin e chi ha voluto collaborare con lui all’estensione della “risposta” si è accollato l’onere di scrivere le opportune considerazioni.
21 Luglio 2020 alle 9:19 am
Buongiorno,
il file italiano non è scaricabile.
Grazie
21 Luglio 2020 alle 9:43 am
Grazie a lei.
Provi ora per piacere
21 Luglio 2020 alle 11:08 am
@5 jm – Certamente, chiedo scusa. Res inter alios.
4 Agosto 2020 alle 8:41 am
Un amico, che non vuol essere nominato se non con la sigla, mi scrive: “Tra le tante cose, la più eloquente per me e per noi è l’appartenenza quale principio di verifica della qualità di una guida spirituale: se una guida non vive la vita della comunità, ma soltanto la organizza (anche benissimo), la predica (con toni anche altisonanti), la disciplina (anche con ferrea austerità), questo significa in sostanza che egli la usa per i suoi fini. Il frutto di quel seme non sarà allora la resurrezione ma la morte eterna, la fine e non un nuovo, sempre necessario, inizio. MNZ”.
6 Agosto 2020 alle 1:19 pm
Completamente condivisibile l’assunto di fondo di MNZ @9
6 Agosto 2020 alle 3:50 pm
Quella frase, o il concetto che esprime, dovrebbe essere appesa davanti a tutti i dojo, monasteri ecc., in Europa ed altrove.
Un giorno parleremo anche dell’andar per ogni dove per ‘tenere i sesshin’.
11 Ottobre 2020 alle 6:01 pm
Buonasera a tutti, vi seguo da parecchi anni e ho letto con particolare attenzione l’intervista sopra riportata. Ormai da tempo, considero personalmente le sfumature caratteriali di ogni singolo Maestro(che ho incontrato) come delle peculiarità proprie di quell’individuo nello specifico,per cui sposo appieno il concetto espresso da pag.6 fino a pag.8 “Consideriamo quest’ultima frase…/…o in quel modo di fare, in questo o in quello stile di vita”.
Bene. Mi e’ stato pero’ rivolto un quesito a cui sinceramente non so rispondere e come sempre i quesiti hanno la fantastica capacità di mandarmi in crisi dando io a me stesso la possibilità di non rispondermi, di temporeggiare.
E se un Maestro fosse un assassino o un pedofilo davvero verrebbe seguito solo perchè un ottimo insegnante della Via?
Gassho
Lorenzo Kaimon
14 Ottobre 2020 alle 7:50 am
Benvenuto Lorenzo,
La tua domanda ha un bug, ovvero da per scontato che ‘assassino’ e ‘pedofilo’ possano convivere con ‘zazen’. Quindi, sottintende: se un bravo maestro ogni tanto ammazza un po’ di gente o stupra qualche bambino è pur sempre un bravo maestro.
Ora, per quanto siano labili i confini delle definizioni (non chiunque ammazzi è un assassino, in non tutte le culture il rapporto con minori è pedofilia, ecc.), la carriera di assassino/pedofilo e quella del bravo zazenista divergono proprio alla base. Perché?
Non dovrebbe essere difficile rispondere a chi ha incontrato vari Maestri … 😔
21 Ottobre 2020 alle 4:52 pm
Siccome tutto tace riguardo alla domanda che avevo posto a chiusura del commento precedente, aggiungo qualche parola riguardo alla storia dei maestri assassini, o pedofili.
Da un punto di vista, che potremmo definire ‘classico’ -qualora nello zen vi fosse qualche cosa che si può definire tale- la parte più interessante non è nella domanda di Lorenzo, ma viene prima. Non credo che Lorenzo, o chi gli pose il quesito, abbia mai visto dei ‘Maestri zen’ (supposti o autoproposti tali) che, contemporaneamente, percorressero la carriera dell’assassino o del pedofilo (né mai se ne vedranno, salvo lo spazio da lasciare all’imponderabile più improbabile). La domanda verte quindi, almeno per ciò che ci è dato sapere, su qualche cosa che, allo stato, non esiste.
Allora, perché sollevare tanta polvere?
Ovvero: come mai ci pare normale discutere di cose inesistenti con serietà, come fossero argomenti dirimenti?
21 Ottobre 2020 alle 5:31 pm
Buon pomeriggio e chiedo scusa se non ho potuto rispondere prima. Il mio lavoro mi porta a stare parecchi giorni fuori e in zone dove a volte non è possibile avere una connessione stabile o garantita dato che in mezzo al mare, per giorni è un po’ difficile. Non volevo sollevare polvere, offendere qualcuno e nemmeno creare problemi o dare fastidio. Chi mi ha posto il quesito è un mio collega di lavoro e nulla sa dello Zen come sicuramente nulla ne so io. Sicuramente mi sono spiegato male e mai ho detto di aver conosciuto Maestri pedofili o assassini e mai ho affermato di condividerne nulla. Mi dispiace tantissimo essere stato frainteso e aver “nutrito” un’idea di un mio silenzio volontario.
Mi riferivo a questo passaggio nella lettera da voi pubblicata:
“La domanda (per noi) è sempre la stessa: trasmettono vero zazen oppure no? Se, dopo un’analisi rigorosa e spietata, senza alcun tipo di ‘sconto’, la risposta è affermativa, andare a frugare nella loro vita privata è un’operazione sordida. Non solo non serve a nulla, ma rischia di mettere in cattiva luce (quindi con una caduta di fiducia) una persona importantissima, fondamentale per la nostra e l’altrui vita”
Comunque forse ha ragione lei, sollevare polvere e discutere di cose inutili non serve a nulla.
Gassho
Lorenzo
21 Ottobre 2020 alle 5:43 pm
Secondo me lei non è stato frainteso.
Né ha offeso qualcuno, né ha creato problemi e neppure ha dato fastidio. Né, credo, nessuno ha mai pensato che lei conosca o frequenti maestri/Maestri pedofili o assassini.
Si tranquillizzi.
Poi, se vuole, rilegga quello che ho scritto.
21 Ottobre 2020 alle 6:01 pm
Farò tesoro e la ringrazio dei consigli. Buona serata
10 Novembre 2020 alle 7:44 pm
Senza alcun riferimento a fatti accaduti e a persone reali, vi voglio raccontare una storiella.
Una volta un tale chiese a Meister Eckhart: “Il mondo e l’universo ci sono da tanto tempo, ma l’eternità è molto molto più lunga. Quindi, c’è stato un periodo di tempo lunghissimo, forse migliaia e migliaia di secoli, durante i quali Dio era solo, non aveva l’uomo e il mondo e l’universo intero di cui occuparsi. Cosa faceva Dio in quel frattempo, come occupava il tempo di tutti quei secoli?”. Eckhart rispose: “Tagliava rami di salice, li intrecciava e ne faceva robuste verghe”. Al ché quel tale chiese stupito: “E che cosa se ne faceva di tutte quelle verghe?”. “Le usava per frustare tutti quelli che facevano domande di tal fatta”, rispose Eckhart.
Temo che chiedere, in quella sede, dove il Padreterno trovasse i salici in assenza di un universo, ci esporrebbe al sibilare di quelle tal verghe…
Alla Stella siamo più ‘alla mano’, cerchiamo di rispondere a tutte le domande.