Lun, 11 Nov 2019
BZ di novembre?! Cari voi, è l’abbondanza, la merica, il tripudio: un altro Bz a così poca distanza dal precedente. E poi le novità: il logo che di volta in volta cambia, si evolve, il rampicante (il cui fiore è il cosmo) che parte dalla fine e arriva all’inizio (della pagina) … Non dico che tutto ciò faccia addirittura dimenticare il vecchio Bz, per carità: quello è imperituro!, però, il nuovo che avanza … non avanza per niente, anzi, ne vorremmo ancora.
Approfitto dell’occasione per informarvi di qualche novità :
-Annuntio vobis che, nella consueta pagina, trovate un nuovo e-book: Il Buddha dei bambini. Un libretto tratto da uno scritto di Jiso di molto tempo fa, impaginato e impreziosito dalle abili mani di Maurizio, new entry nella redazione della Stella.
Un tentativo di comunicare un poco di visuale buddista ai più piccoli.
-La pagina della Stella sui Testi Buddisti, in assoluto una delle migliori pagine del web per la ricerca di testi in lingua originale o in traduzione, si è arricchita di una nuova pagina sul Lankavatarasutra con testi in inglese, cinese, giapponese, coreano e sanscrito. Questa pagina è il compendio di circa 20 anni di studio sull’argomento da parte del redattore, Carlo.
-L’anno scorso è stato pubblicato sul web un articolo che distingue in modo chiaro tra psicoterapia e zazen; nel caso specifico: tra la mindfullness praticata come terapia e samatha vipassana. La differenza è esposta chiaramente.
Purtroppo il linguaggio dell’articolo è fortemente orientato verso il riconoscimento dell’esistenza di un ‘sé personale’, core self nell’articolo, senza specificare che quel termine non indica nulla di definito o esistente, se non l’idea che quel core self esista.
-Dhr, alias ‘Il Tassista Marino’, amico ed eclettico collaboratore della Stella, ha pubblicato la nuova edizione del suo Dante Fantasy: “Una nuova edizione del saggio sugli “inattesi” lati fantasy della Divina Commedia”.
8 Commenti a “BZ di Novembre”
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24 Novembre 2019 alle 6:47 pm
Buonasera,
ho letto con interesse l’articolo linkato che “distingue(…)psicoterapia e zazen”
Ho chiesto un parere ad un’amica che siede in zazen da circa 25 anni e che da altrettanti lavora come psicanalista.
Di seguito la sua risposta:
Not very interesting article. Mindfulness meditation is not zazen. Author seems to be writing from perspective of Theravada Buddhism. All he’s saying is: therapy and meditation have frequently been confused and remain confused in the minds of many. So what. Moreover, the article isn’t written (in contrast to say Dogen’s writing) with the mind of the meditator. So the author himself falls prey to the “triumph of the therapeutic” in even making the comparison. A sixth grader could have written it.
25 Novembre 2019 alle 4:11 pm
Ciao Fago, grazie.
Sì, penso che quanto scritto dalla tua amica sia legittimo. Secondo me, però, occorrerebbe tener conto delle motivazioni dell’articolo che appaiono chiare dal titolo: ti rivolgi allo zz quando sarebbe meglio tu seguissi una terapia? Siccome è un errore comune, o quantomeno non inusuale, sia confondere mindfulness con lo zazen (una mia studentessa ha redatto una tesi interessante sull’argomento) sia rivolgersi allo zz invece che a un terapeuta (a me capita almeno un paio di volte all’anno di venir interpellato in quel ruolo), allora distinguere le due cose nella loro ‘sostanza’ penso sia utile. Riguardo al fatto che l’articolo non sia scritto con la mente di chi pratica lo zz, temo che la medesima critica si potrebbe legittimamente rivolgere alla signora psicanalista.
27 Novembre 2019 alle 9:08 am
Buongiorno,
In questa pagina abbiamo pubblicato un nuovo testo, inedito, di Uchiyama Kosho roshi, specificamente sulla pratica dello zazen, dal titolo Uno zazen che non porta a nulla.
27 Novembre 2019 alle 6:37 pm
Buonasera,
Sarò off line per qualche tempo.
A presto
mym
1 Dicembre 2019 alle 3:07 pm
Mi chiedo se il nembutsu, del qui parla Uchiyama en il testo, possa funzionare allo stesso modo per un occidentale, senza il retroterra culturale di un giapponese. Qualche volta, alla ricerca di una sorta di preghiera per quando non si è seduti in zazen, ho provato qualcosa di simile, con la versione “namu zazen butsu”, ma l’ho lasciato immediatamente. Il valore e il senso immediato e intuitivo che zazen ha per me non è stato riprodotto in questo modo. Zazen è una proposta universale, ma non mi è chiaro nel caso del nembutsu.
9 Dicembre 2019 alle 12:11 am
C’è stato un problema all’interno della gestione del sito. Purtroppo alcuni caratteri del commento di Doc sono risultati ‘potenzialmente pericolosi’ e Il Sistema ha cancellato il commento.
Ci scusiamo con Doc e con i lettori.
Se Doc avesse voglia, potrebbe riscrivere qualche riga sull’argomento. mym
10 Gennaio 2020 alle 5:37 pm
Bentornato Mym,
la tecnologia fa, la tecnologia disfa…
Mi pareva che la questione del ‘nembutsu’ meritasse un approfondimento (non se ne è mai parlato su queste pagine, a mia memoria) . Volevo stimolare questo approfondimento.
Il senso che io personalmente ricavo dalla lettura del testo di Uchiyama è che la recitazione del nembutsu sia da intendersi come un modo per lasciar cadere i pensieri; un supporto, un mezzo, come seguire il respiro o altri ‘stratagemmi’. Quel che conta è che il flusso dei pensieri si interrompa: e poi… si ricomincia…
Il titolo del testo è “uno zazen che non porta a nulla” , per cui … anche .. un nembutsu che non porta nulla. (infatti Uchiyama rōshi rispondeva qui agli studenti che dicevano di praticare zazen perche volevano fare esperienza dell’illuminazione improvvisa).
Siamo lontani quindi dalla preghiera – così come noi di matrice cristiana intendiamo questa parola – o dall’uso di mantra – così come ad esempio intende Conze nel suo commento al Sutra del Cuore.
26 Gennaio 2020 alle 9:18 am
Grazie Doc.
Penso che l’espressione ‘un nenbutsu che non porta a nulla’ sintetizzi bene tutto il discorso. Se i mantra (o altri strumenti tantrici) vengono usati per ottenere, è un deragliamento, un’uscita dal seminato. L’interruzione del flusso, ovvero la morte, ogni volta che risorge, è il passo normale dello zazen.