Mar, 23 Apr 2019
Sabato 4 maggio, alle ore 16, a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana, presentazione del libro “Buddhismo” – volume V dell’Opera Omnia di Raimon Panikkar, edita dalla Jaca Book a cura di Milena Carrara Pavan. Il volume è diviso in due parti: la prima consta di tre articoli: “Vuoto e pienezza nelle tradizioni buddhista, hindū e cristiana”, una comparazione semantica di tre termini, śūnya – pūrṇa – plērōma, specifici delle nominate tradizioni, evidenziando la relazione fra i concetti di vuoto e di pieno; “Il destino della civiltà tecnologica”, un abbozzo degli esiti della presente civiltà, già adombrati da un’antica leggenda buddista indiana pressoché inedita; “Il sorriso del Buddha”, una disamina della potenzialità espressiva del silenzio, illuminato dal sorriso di fronte al quesito dell’incomunicabilità. La seconda parte riproduce interamente il testo “Il silenzio di Buddha – un a-teismo religioso” già pubblicato come libro autonomo, che può essere considerato la summa del buddismo di Panikkar. A differenza del cristianesimo, della spiritualità hindū e della tradizione filosofica occidentale, materiali in diversa misura costitutivi della formazione originaria dell’Autore, il buddismo è un incontro della maturità, scevro da retaggi identitari e di appartenenza. Panikkar può così andare liberamente in cerca di quel che gli manca, perché non trovato altrove, e di cui riconosce l’utilità per comporre e consolidare la propria visione integrale (cosmoteandrica) dell’Uomo. Trae dal vasto deposito testuale del buddismo indiano alcuni basilari strumenti ermeneutici, privi di quei connotati folkloristici, latori di contenuti culturali indigeni, da cui il buddismo orientale è spesso gravato, e ci restituisce un’esposizione chiara e lineare di quello che lui ha trovato. Il risultato è un libro rigoroso e personale, aderente ai testi antichi doviziosamente e accuratamente citati per l’esposizione dei principali concetti del buddismo indiano e coerente, nella sua specificità, con l’interminata e pluralista ricerca spirituale dell’Autore.
Qui trovate la locandina di presentazione.
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Per chi non ha avuto la possibilità di presenziare all’evento ed ascoltare con le proprie orecchie, pubblichiamo qui l’intervento di Jiso Forzani.
7 Commenti a “Il buddismo di Raimon Panikkar”
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31 Maggio 2019 alle 5:20 am
Ho letto il commento di Jiso e mi è piaciuto molto. Non conosco l’opera di Panikkar ma attraverso il commento ci si introduce appropriatamente, ho questa sensazione.
Questo direi così a caldo, non credete che nel buddismo si debba considerare il Dharma un equivalente del divino come inteso antropocentricamente nel cristianesimo?
Io apprezzo molto i lavori di Masao Abe e in particolare “A Study of Dogen…”, dove statuisce con argomenti precisi e condivisibili che nel cristianesimo Dio è inteso antropologico mentre nel buddismo è cosmologico.
Cosmologico, per me è il buddhadharma o Dharma.
Certo il tema è complesso e le sei pagine di Jiso sono molto interessanti e ci faccio una ulteriore riflessione.
31 Maggio 2019 alle 7:12 am
Buongiorno Nello, ben tornato.
Ovviamente lascio il campo a Jiso che, oltretutto, di Dogen e Panikkar è attento studioso.
31 Maggio 2019 alle 12:25 pm
Buongiorno Nello,
non conosco il testo di Masao Abe di cui parli, dunque non posso esprimermi in proposito.
Per quanto riguarda Panikkar, e in particolare il libro sul buddismo di cui stiamo parlando, penso vadano tenute presenti due considerazioni: la prima è che l’approccio di Panikkar al buddismo è dichiaratamente strumentale: il buddismo gli serve per dare una connotazione non (mono)teistica alla sua visione cosmoteandrica, ossia trinitaria della realtà come composta da aspetto cosmico, aspetto divino, aspetto umano: con questo presupposto di partenza Panikkar cerca nei testi buddisti quello che vuole trovare. Come ben sai, i testi si possono leggere in molti modi, e se si è abili gli si può far dire quello che vorremmo dicessero.
La seconda considerazione è che il buddismo che Panikkar studia e presenta è del tutto buddismo indiano, senza alcun riferimento a quello sino-giapponese. Nel buddismo indiano, per quel che mi consta, il divino sono i riferimenti ai deva, e null’altro. Cosmologie, cosmogonie, cosmovisioni sono assenti. Non così nel buddismo sino-giapponese, e forse è questo che rende possibile ad Abe riferimenti cosmologici parlando di Dogen: anche se parlare di “divino” mi sembra problematico pure in questo caso.
31 Maggio 2019 alle 5:54 pm
Errata corrige.
Nel precdente @3 mi sono lasciato andare ad affermare che nel buddismo indiano “cosmologie, cosmogonie, cosmovisioni, sono assenti”. Affermazione a dir poco inesatta, di cui mi scuso. E’ noto anche a me, infatti, che in vari sutra indiani buddisti vi sono rutilanti descrizioni di mondi e piani di esistenze non terrestri: basta consultare la pagina “cosmologia buddista” di Wikipedia per rendersene conto. Con quell’impropria affermazione intendevo dire che la cosmologia buddista è metaforica, ossia descrive stati della mente o meglio variazioni della coscienza, e non è la descrizione di mondi e universi come sono concepiti dalla cosmologia scientifica: così almeno io comprendo. Per questo ritengo superfluo, se non potenzialemnte fuorviante, tirare in ballo il cosmo in un discorso relativo al dharma.
4 Giugno 2019 alle 11:01 am
Grazie Jiso per le precisazioni.
Il senso di “cosmologico” come inteso e indicato negli scritti di Abe non è propriamente come nelle descrizioni canoniche.
Tuttavia, su queste argomentazioni mi sento di indicare almeno questi tre saggi di Masao Abe:
– A Study of Dogen – His Philosophy and Religion;
– Zen and Western Thought;
– Zen and Comparative Studies.
Masao Abe is Emeritus Professor of Nara University of Education, Nara, Japan. A graduate of Kyoto University in Japan, he studied an practised Buddhism, especially Zen, with Shin’ichi Hisamatsu while also studying Western philosophy and Christian theology. He has been Visiting Professor of Buddhism and Japanese Philosophy at the University of Chicago, Princeton University, Claremont Graduate School, Purdue University and other universities and institutes.
Abe è stato molto attivo nel dialogo religioso e filosofico…non so se rientri nella vostra top ten ma è sicuramente un serio punto di riferimento in ambito religioso, filosofico, e Dogen in particolare.
5 Giugno 2019 alle 4:46 pm
Grazie a te, Nello, per le indicazioni bibliografiche.
Conosco il professor Abe più che altro come autore, insieme a Norman Waddel, di buone traduzioni di alcuni fascicoli dello Shōbōgenzō e di altri brevi testi di Dōgen. Ho letto in parte il lungo e articolato “A study of Dōgen” (reperibile gratuitamente in rete) che tu segnali e un altro suo breve saggio “God, Emptiness and the True Self” segnalatomi da Mym. I limiti della mia indagine mi sconsigliano dall’azzardare valutazioni sui meriti dei saggi di Abe. Due cose mi sento di dire, di ordine metodologico, perché riguardano i miei gusti: la prima è che il genere letterario di cui Abe è autorevole esponente, che definisco narrazione comparativa religioso-filosofica, mi è poco congeniale, essendo per sua natura farcito di argomentazioni apodittiche e tautologiche, cioè di ragionamenti e punti di vista personali asseriti come verità generali e assiomatiche. La seconda, collegata, è che la comparazione per sistemi (cristianesimo vs buddismo, Spinoza vs Dōgen) obbliga a un riduzionismo che produce bocconi comunque troppo grossi e approssimativi. Penso ci siano innumerevoli cristiani che non riconoscerebbero come tale il cristianesimo descritto da Abe (e reciprocamente forse anche buddisti…) e per trattare, con la stessa cognizione e profondità con cui Abe maneggia lo Shōbōgenzō di Dōgen (sulla base cioè di una conoscenza raffinata della lingua sinogiapponese e della sottesa cultura) l’Etica di Spinoza ci vorrebbe perlomeno la stessa maestria nel frequentarne il latino e la soggiacente cultura letteraria, filosofica e religiosa: l’impresa di una vita, se basta.
5 Giugno 2019 alle 11:52 pm
Grazie, tutto molto chiaro.
Penso che anche lui si rendesse conto delle sintesi operate e tuttavia, tenendo ben ferme le tue precisazioni, resta uno studioso profondo e nella sua relazione di una vita con il cristianesimo, forse, il più concreto.
Grazie ancora per le sottolineature molto interessanti e ineludibili.