Sab, 25 Mar 2017
Il 29 marzo, presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova, vi sarà la terza e ultima giornata dedicata al tema Nascere e morire: il mistero della vita.
In quell’occasione il professor Benedict Kanakappally, teologo indiano, terrà una lezione su vita e morte nella traduzione induista. A seguire sarà il turno di parlare, ahinoi, de La questione del nascere e morire dal punto di vista Zen.
A volte ci si chiede perché si accetti di porsi in tali situazioni. La vanità, certamente. In questo caso ha giocato il fatto che il punto di vista Zen su quella tal questione m’interessa proprio e ho voluto dedicarvi tempo per riflettere e vedere che cosa sarei riuscito a tirarne fuori. Non tanto dallo Zen ma da me stesso. Ed ora è quel tempo, e occorre andare.
Comunque, per non sprecare l’occasione, ho approfittato per mettere nero su bianco le ragioni i tempi e i modi che hanno portato alla nascita dello Zen. Un inedito.
Per non rovinare la sorpresa ai padovani, metterò on line il testo al mio ritorno. Lo aggiungerò qui, sotto al PS.
⭕
PS: il titolo del post, “Padovani gran dottori”, è il secondo verso di una filastrocca con cui i veneti, pare da secoli, descrivono se stessi
🐓
Come promesso, ecco il testo del seminario del 29 marzo presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova
Il nascere il morire e lo zen
👯
23 Commenti a “Padovani gran dottori…”
Se volete, lasciate un commento.
Devi essere autenticato per inviare un commento.
25 Marzo 2017 alle 10:10 am
Grande interesse!!!
Non vedo l’ora di leggerlo.
25 Marzo 2017 alle 10:43 am
Questa volta tenterò un esperimento: il testo sarà interamente mimato.
25 Marzo 2017 alle 11:47 am
Sarà senz’altro più divertente!
Linkami il video.
25 Marzo 2017 alle 11:50 am
Sì, certo, te lo linko. Ma intendo esibirmi al buio.
25 Marzo 2017 alle 12:21 pm
Allora lo guarderò ad occhi chiusi.
Credo che sarà bellissimo!
25 Marzo 2017 alle 3:47 pm
Peccato, ci sarà un siparietto con le subrettine …
25 Marzo 2017 alle 6:20 pm
Aspetta, la so, la so!
E la vita la vita
e la vita l’è bela l’è bela
basta avere l’ombrela l’ombrela
che ti para la testa
che ti para la testa.
Riguardo alla morte, vabbeh oh, mo’ devo spiegare tutto io?
Al mio indirizzo che hai, puoi mandare le soubrette anche senza il video ^__^
25 Marzo 2017 alle 6:25 pm
il ne pense qu’à ça… 😛
Temevo che parlando di subrettine “qualcuno” si sarebbe svegliato…
Cereia, monsù!
26 Marzo 2017 alle 11:44 am
OT:
El grupo de zazen de la Cañada ha tradotto La Piccola Guida al Buddismo Zen in spagnolo, in formato pdf ed epub. Grazie, gran bel lavoro.
26 Marzo 2017 alle 8:16 pm
¡Qué buena noticia!, habrá que leerlo.
30 Marzo 2017 alle 10:09 pm
Lei non mi conosce, ma la ringrazio molto perché questo sito è fantastico, uno dei migliori in materia di buddhismo e di zen che abbia mai visitato. I suoi testi, che alcuni ho pure acquistato, danno ottimi spunti e approfondimenti per un principiante come me, nonché una visione disincantata di ciò che è il buddhismo. I miei vivi complimenti e apprezzamenti.
31 Marzo 2017 alle 7:54 am
Hola, caro sconosciuto Antonino
Grazie per i complimenti al sito. Anche se … più che uno dei migliori eravamo certi fosse di gran lunga il migliore 😎 😳
31 Marzo 2017 alle 2:40 pm
Ahahah. Beh, volevo dirlo ma avevo paura di sembrare un moccioso adulatore, ho preferito essere più sobrio..😂
31 Marzo 2017 alle 3:29 pm
Ah!
Il fatto è che … è l’unico sito del genere (almeno per ciò che mi consta) per cui essere i migliori non è molto difficile 😉
Volendo cavillare siamo anche i peggiori.
14 Maggio 2017 alle 10:38 am
Quando si allestisce un varietà, più delle subrettine, contano il regista e la musica: – ma “io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera!”, come cantano i Baustelle ne “Il Vangelo di Giovanni” (2017).
Anche perché tre elementi fondamentali dell’orchestra, diciamo pure imprenscindibili, sono morti: Prince, George Michael, David Bowie.
(per un riassunto definitivo cfr. Bowie “I built a wall of sound to separate us… Hey boy welcome to reality!” [2003] e “Where are we now?” [2013]).
…
Si tratta ovviamente di “personaggi concettuali” nel senso deleuziano, e sarebbe troppo dispersivo, troppo digressivo… insomma, troppo off-topic!, spiegare tutti i paralogismi e le antinomie di cui si è fatta carico la mia povera ragione nell’arco di un decennio; di certo, in questo “mondo musicale” fatto di concetti cantati, non c’è possibilità di evidenza giacché questa è relativa soltanto alla realtà e ai fatti…
14 Maggio 2017 alle 10:39 am
Ciao Hmsx, ben tornato. Sei il Barnum della mente, qualche volta. Si fatica a seguirti, al punto che è difficile capire quanto tu sia OT. Ma ti si legge con piacere.
14 Maggio 2017 alle 10:40 am
Qualche anno fa è uscita per Bur una raccolta di massime di Goethe intitolata “Gli errori rendono amabili”. La massima 575 secondo me è in perfetto stile Zen:
“Il massimo sarebbe di comprendere che tutti gli elementi di fatto sono già teoria. L’azzurro del cielo ci rivela la legge fondamentale del cromatismo. Soprattutto non si stia a cercare dietro ai fenomeni: essi stessi sono la dottrina.”
Caro mym, sulla possibilità di rincontrarci fra qualche millennio vorrei che non ti facessi troppe illusioni e ti ammonisco con le parole di quel “realista-uomo-dei-fatti” che è Schopenhauer:
«Nonostante il tempo, la morte e la putrefazione, saremo ancora tutti quanti insieme!»
Nel Capitolo 42 de Il mondo come volontà e rappresentazione, Della morte e del suo rapporto con l’indistruttibilità del nostro essere in sé, di cui la frase sopra, Schopenhauer riporta un passo della Doctrine of buddhism di Upham, p. 110:
«Nell’inferno la sorte più dura è quella degli empi chiamati Deitty: questi sono coloro che, rigettando la testimonianza di Buddha, aderiscono alla dottrina eretica secondo cui tutti gli esseri viventi hanno avuto cominciamento e avranno fine nella morte.»
Sicché dubiti della parola del Buddha, eh? Eh? 🙂
14 Maggio 2017 alle 11:07 am
Sugli incontri ravvicinati di tipo millenario mi son tutelato, con un “se”. Pur nella scetticità mai porre limiti a madama provvidenza. Anche perché incontri bis di quel tipo presuppongono un “nel frattempo” che non mi andrebbe proprio di gestire.
Riguardo al dubitare della parola del Boss: è il modo migliore per non dubitarne.
Prima che lo dica qualcun altro: il finale della concione sull’inversione, passaggio o Pasqua buddista è un poco gigione.
14 Maggio 2017 alle 4:39 pm
Be’, anch’io qualche volta fatico a seguirmi; più spesso, invece, sento la mancanza di un interlocutore: ci son cose che non so a chi dire.
Come quando, ad esempio, nel 2002, fece irruzione nella mia vita il Tragico. Ma non nelle forme della musica dionisiaca, come profetizzato da Nietzsche, bensì attraverso la musica rock.
Gli eventi che seguirono all’irruzione del tragico sono così mirabolanti che i tentativi di farne una cronaca obiettiva producono come effetto logico quello dell’incredulità. Tuttavia è possibile tracciare una linea di demarcazione tra il prima e il dopo attraverso la discografia che convenzionalmente faccio coincidere con l’albun Heathen di Bowie del 2002.
Se Heathen, il prima, rappresenta in pieno lo spirito del tempo in cui ero immerso, un clima di neopaganesimo ultra moderno, cioè maturo, privo delle ingenuità del paganesimo classico, a cui ero giunto in totale autonomia – presumo al pari di Bowie, e che egli, od ogni modo, formalizzò con mia somma sorpresa e un pizzico di compiacenza – il dopo, Reality, è la cristallizzazione di una visione che da allora è rimasta nitida e non è mutata, e dalla quale, attraverso percorsi tortuosi e misteriosi, si giunge ad una frammentarietà dispersiva e disgregante fino all’evanescenza.
È come se, tanto per sparare una ipotesi di fantasia, si dovesse raccontare la storia di un ragazzino un po’ stupido, che in un epoca archeologica dell’intenet (quando non c’erano i social), cominciasse ad annotare sulla rete le sue suggestioni sull’11 settembre 2001 e si trovasse intricato nell’escalation che condusse alla guerra in Iraq, vedendo i suoi pezzi ripresi paro paro dai politici coinvolti in quella faccenda, e, in un certo senso, dettandone l’agenda che va dal settembre 2002 al febbraio 2003. Un esemplificazione suggestiva può essere il video “Shoot the dog” di George Michael, dove il ragazzino un po’ stupido è sostituito da un calzino parlante che suggerisce a George W. Bush cosa dire.
George Michael, tra l’altro, è uno dei protagonisti del libro più personale e visionario di Manlio Sgalambro, Anatol, – un perfetto controcanto a Zarathustra – al punto che la copertina del disco del filosofo, “Fans club”, è sovrapponibile a quella di “Older” del cantante inglese, con la differenza che il nero della copertina di Michael è sostituita, nel disco del filosofo, dai colori dello spettro della luce che vanno dal giallo al rosso per giungere al bianco.
Insomma, per “banalizzare”, posso solo dire che “chi ascolta veramente ascolta l’ascolto” (Sgalambro, Contro la musica), e tanto basta, ché su certi OT è meglio tacere.
14 Maggio 2017 alle 4:42 pm
Si capiva che stavi gigioneggiando, infatti ti volevo sfottere un po’. Chiarisco che quando Schopenhauer parla di vita dopo la morte esclude categoricamente la “resurrezione della carne”.
Siccome Schopenhauer era un uomo pragmatico – minacciò di morte il broker finanziario a cui affidò i suoi soldi riuscendo ad ottenere interamente il suo capitale mentre gli altri investitori, per colpa degli azzardi del broker, finirono in bancarotta – mi ha molto stupito il capitolo 42 de Il mondo, soprattutto la sicumera con la quale egli afferma la sua tesi. Ad ogni modo, “se” avesse ragione, nella vita eterna non avremmo spoglie mortali.
14 Maggio 2017 alle 6:38 pm
Avere spoglie mortali nella vita eterna, per quanto scomodissimo, sarebbe stato interessante.
Mi pare che tu, a differenza di altri, trovi abbastanza agevolmente a chi dire.
Questa cosa di “chi ascolta veramente ascolta l’ascolto”, detto in modo brutale, me pare ‘na sôla.
Non per fare dei paragoni, per carità, ma anche Vasubandhu in un paio di occasioni gigioneggia: Tri-svabhava-nirdesa 13, 16 e pure 17.
14 Maggio 2017 alle 8:03 pm
“Contro la musica” è un libro difficile, per musicologi, anche se, a dirla tutta, non è molto rigoroso. Sgalambro riprende i temi che Nietzsche sviluppa in “Nietzsche contra Wagner” (che insieme a Richard Wagner a Bayreuth e Il caso Wagner costituiscono la trilogia su Wagner) e li ribalta a favore del musicista. Ma il discorso non è prettamente musicale. L’annuncio del “trionfo della musica wagnerian” è da intendersi come il trionfo del frastuono dei giorni nostri, dove il tentativo di un nuovo ethos musicale “diventa un appello all’ascolto di se stessi”. Il filo conduttore è la riduzione di problemi metafisici a problemi sociali, e quest’ultimi a problemi musicali, suggerendo un ascolto *contro* la musica, nel senso che, a dispetto di quanto afferma la vulgata per cui attraverso la musica si celebrerebbe l’incontro con il proprio Sé (questa era anche la posizione di Nietzsche), per Sgalambro essa rappresenterebbe lo scontro con il mondo. (Insomma, è un libro pieno di sofisticherie, clownerie e intransigenza).
Simpatico questo Vasubandhu, pare quasi che la clownerie sia un tratto comune a molti saggi.
15 Maggio 2017 alle 8:17 am
Ah, ho capito, grazie. Ascoltare la musica senza la musica è un’altra storia. Interessante.
Senza elogiare la clownerie (non sarebbe serio), un filo di ridicule aiuta a difendersi/ci dal tromboneggiare.