Mer, 25 Mag 2016
I
l 23 giugno saranno deposte nel cimitero di Antaiji le ceneri di Koho Watanabe roshi, deceduto sabato 7 maggio, all’età di 74 anni.
Non abbiamo dato notizia della sua morte quando avremmo voluto, ovvero subito, perché per sua volontà così doveva essere.
Un uomo grande e difficile, che ha dedicato la vita, senza riserve, a offrire lo zazen al mondo. Nella tradizione di altri uomini grandi e difficili che sono riusciti nel condurre la loro vita prescindendo dalla loro forza e dalla loro debolezza, con la sua vicenda esistenziale ha saputo indicare con purezza il significato concreto del Grande Voto.
Voi che leggete e noi che scriviamo dobbiamo a lui questo incontro, le sue premesse, le sue conseguenze.
Sua fu l’intuizione di abbandonare il vecchio Antaiji che, quasi assorbito dalla periferia di Kyoto, avrebbe potuto continuare a costituire un facile centro di attrazione per tanti cercatori Occidentali di passaggio in quella città. Scegliere una località tra i monti, abbandonata dai precedenti abitanti per l’isolamento e l’estrema asperità del clima, fu un azzardo sostenuto dalla fede e dalle energie giovanili di un gruppo di monaci formatisi assieme a lui grazie alla guida del suo predecessore, Uchiyama roshi. La difficoltà rappresentata dal luogo, assieme all’obbligatoria promessa di non lasciare il monastero prima di dieci anni, fecero sì che l’Antaiji inventato, voluto da Watanabe divenisse per poco più di un decennio, dal 1976 al 1987, la casa di una trentina di persone la forza della cui motivazione era in grado di superare gli ostacoli più ardui.
Oggi, fra quei monti Antaiji esiste ancora, più o meno vi si fanno le stesse cose che si facevano trentanni prima, ma la continuità si è interrotta: dopo Watanabe, i due abati succeduti alla guida del monastero, Shinyu Miyaura prima e attualmente Muho Nolke, non ostante il loro grande sforzo (che a Miyaura è costato letteralmente la vita) di mantenere aperto un luogo così difficile, continuando a offrirvi la possibilità di dedicarsi completamente al lavoro, allo studio e allo zazen, non sono riusciti a mantenere aperto e vivo il rapporto con Watanabe.
Nel 1987, lasciato il Giappone, Watanabe venne in Italia, vi si trattenne cinque anni aiutando a mettere le basi di un possibile nuovo corso del buddismo. Un corso che si possa fraternamente intersecare con la nostra cultura, a base cristiana: un nuovo capitolo dell’inculturazione del risveglio.
Errata corrige:
Avendo ricevuto segnalazione che due frasi a proposito di Shinyu Miyaura e Muho Nolke, succeduti a Watanabe come abati di Antaiji, contenevano una critica implicita al loro operato, abbiamo eliminato quelle due frasi. Ci scusiamo con chi ha così interpretato il nostro scrivere.
*Non confinati da una morale codificata, vivere il grande prodursi del presente senza affidarsi a regole prestabilite: questa possiamo chiamarla audacia di vivere” Watanabe Koho
Vour trouvez ici la version française
Here you will find the English version
5 Commenti a “L’audacia di vivere*: in morte di Koho Watanabe”
Se volete, lasciate un commento.
Devi essere autenticato per inviare un commento.
25 Maggio 2016 alle 5:34 pm
_/\_
Mentre rivedeva la traduzione al castigliano del Bendowa di Dogen, realizzata per la Stella e prologata per Koho Watanabe, ho visto questa notizia. Io non ho conosciuto a Koho, ma sì le sue tracce. Che cosa posso fare ma che ringraziare.
26 Maggio 2016 alle 1:16 pm
Una storia che valeva la pena leggere.
Ribloggata su Google+ e Tumblr:
https://plus.google.com/u/0/collection/Qd41c
http://dariorivarossailtassista.tumblr.com/post/144951664050/laudacia-di-vivere-in-morte-di-koho-watanabe
13 Giugno 2016 alle 11:33 pm
Condoglianze alla famiglia e ai discepoli.
Non ho avuto il piacere di incontrarlo direttamente ma attraverso voi sì.
Si percepisce la freschezza, la limpidezza, il cuore della persona
14 Giugno 2016 alle 8:30 am
Grazie
27 Giugno 2016 alle 8:04 am
Quello che, in questa occasione, doveva essere fatto è stato fatto. Presto e bene, a mio parere.