Gio, 15 Ott 2015
Negli anni e nei mesi trascorsi, abbiamo pubblicato numerosi interventi e contributi di “area buddista” in materia di dialogo interreligioso. Oltre alle due occasioni che ci ha offerto Camaldoli e poi Bose, ci sono state quella di Milano, di Lodi e più recentemente quella di Carrara. Ogni
anno, all’Università di Urbino, nell’ambito di una laurea magistrale, si svolge un corso dedicato al dialogo religioso. A parte i numerosi testi a proposito del dialogo che negli anni abbiamo segnalato e commentato e la recente pubblicazione del libro Incontrarsi al cuore abbiamo sempre espresso punti di vista nati da quella sensibilità religiosa che definiamo ‘buddista’.
Questa volta invece pubblichiamo un testo, 6 cartelle, sul tema del dialogo interreligioso che non nasce in ambiente buddista ma cristiano. Il testo, nato nel 2014 come messaggio finale del convegno organizzato da Les Voies de l’Orient e tenutosi alla Maison du Chant d’Oiseau (Bruxelles) dal 29 maggio al 1 giugno 2014, appare come scritto a più mani, si sente chiara la tensione spirituale di chi vive la religione come profonda esperienza nel quotidiano e la preoccupazione del teologo che vuole mantenere almeno la lettera, all’interno dei confini stabiliti dall’ortodossia. Questo crea alcune contraddizioni che non vengono composte o nascoste, sono offerte al lettore come componenti della varietà e ricchezza del mondo cristiano.
Lo potete scaricare qui così com’è, oppure qui con aggiunte, in blu, alcune mie note a commento.
PS: Per chi non l’avesse notato, in fondo alla pagina delle Tesi on line vi è una nuova pubblicazione dedicata al sincretismo religioso ed in particolare al nazionalismo religioso giapponese
PPS: Nella pagina di Chitarra acustica un nuovo video con la nuova musica dell’amico Butchlazy
118 Commenti a “L’altro volto del dialogo”
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30 Ottobre 2015 alle 12:37 pm
Ho letto il testo conclusivo, condivido le tue note. Ribadisco, sono una ventina d’anni che si leggono le stesse cose, cambiano poche sfumature…ed è anche naturale che sia così.
Io proporrei una formula diversa:
– una volta ci si incontra e ci si relaziona e confronta su un aspetto buddhista, tipo: ku soku ze shiki shiki soku ze ku…; oppure il cuore del Genjokoan;
– un’altra volta ci si confronta su un aspetto cristiano a loro scelta.
In questo modo si entrerebbe nel vivo, nello storico, nell’antropologico, nella santità come intesa ambo le parti, ecc…
Così come è ora, il “dialogo” mi sembra a un punto morto, posto che ne abbia mai avuto uno vivo…
30 Ottobre 2015 alle 12:41 pm
Trovo strano che nell’elenco degli ospiti che hanno partecipato a questi incontri non ci sia mai stato Abe Masao che è un titano sia del dialogo, sia come filosofo.
1 Novembre 2015 alle 7:57 pm
Ciao Nello, bentornato.
Abe Masao sarebbe da studiare sia da parte buddista che da parte cristiana.
Il dialogo in effetti non serve a nulla. La sua funzione principale è nullificare i danni causati dall’assenza di dialogo.
10 Novembre 2015 alle 5:23 pm
Alcuni giorni or sono se n’è andato per sempre Stefano. Pochi giorni prima gli avevamo chiesto -e subito ci aveva mandato- l’originale di una sua traduzione di un inedito di Uchiyama, Per te che ancora non sei contento del tuo zazen, che abbiamo pubblicato su questa pagina.
Era una persona “per conto suo”, un artista della non appartenenza.
10 Novembre 2015 alle 11:36 pm
Un gran vuoto ed una grande tristezza, benché la sua amicizia rimane in noi per sempre. Ricordo sempre come, nel mio primo ritiro in Rovofiorito, Stefano Zezza fu l’unico che stette vicino a me durante tutti gli zazen, spesso soli i due, eravamo molto pochi e l’altro Stefano (Piselli) doveva uscire a volte a cucinare. Tuttavia Stefano stette lì, al mio fianco, tutto il tempo. Condividendo spesso il dolore, prima di molti kinhin tanti a lui come a me ci costava metterci in piede, con le gambe addormentate e doloranti, ma condividendo anche l’allegria, il silenzio, l’autunno e la fiducia in zazen. Quello segnò un prima ed un dopo per me e Stefano Zezza è e sarà sempre una parte importante di quello felice e luminoso sveglio.
14 Novembre 2015 alle 5:42 am
Non dirò che Nello è miope perché… la cecità è assai diffusa. Dunque il dialogo è (È?) il “punto morto”.
Per esempio, sappiamo che il Vaticano è il luogo più corrotto del mondo dai tempi di Lutero: altro che “sono una ventina d’anni che si leggono le stesse cose”(!)
È vero che i cristiani danno molta importanza alla disponibilità al dialogo come un atteggiamento di sincera e grande apertura… a patto di far prevalere la fede con la scusa che la ragione ha dei limiti.
Il dialogo lo si fa (lo si dovrebbe fare) per la verità e non per aver ragione. Se si vuole avere ragione bisogna prima aver fatto coincidere la propria ragione con la verità. Cioè la pretesa di aver ragione contro qualcuno, per essere valida, deve significare una difesa oggettiva della verità.
L’essenza del dramma moderno è il processo di sostituzione del cristianesimo con un’altra altra religione. Questo processo implica e dimostra che i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa, che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo.
Il processo è inarrestabile. Genera incredulità, ma quella incredulità che, oggettivamente, libera il campo per far posto a una nuova fede e religione.
14 Novembre 2015 alle 5:43 am
Dopo Nietzsche, la religione laica trova espressione in Bertrand Russell, specie in Dio e la religione. Un altro convinto seguace della religione laica è Benedetto Croce.
“I continuatori del cristianesimo furono dunque, nonostante talune parvenze anticristiane, gli uomini dell’umanesimo e del Rinascimento.(…) I continuatori del cristianesimo sono stati gli uomini della Riforma, i fondatori della scienza, gli illuministi, eccetera, cioè tutti quelli che, da una altro punto di vista… sono stati gli avversari del cristianesimo e in particolare della Chiesa cattolica”
(Benedetto Croce, Discorso di varia filosofia, Bibliopolis, 2012).
14 Novembre 2015 alle 5:44 am
PS.
Sulla religione laica come continuazione, trasformazione e accrescimento del cristianesimo cfr Benedetto Croce, L’Anticristo che è in noi (Quaderni della critica, luglio 1947, n 8).
PPS.
Caro mym, se vedi dhr, dagli due sberle. Vorrei dire a dhr, come amico e come artista, che se gli stolti commentatori gli ispirano calembour facili e idioti, ad altri amici e artisti ispirano cose così https://www.youtube.com/watch?v=8I_Z_7evqQg
(detto tra parentesi)
14 Novembre 2015 alle 5:44 am
Un abbraccio alla Stella e agli amici di Parigi.
Mi viene da dire anche…
Povero Belgio.
14 Novembre 2015 alle 10:32 am
Ciao Hmsx, bentornato.
Se nella tua cavalcata beffarda “contro” l’umanità tu riuscissi a non essere personale, ci guadagneresti in eleganza, se vale. Anche a me piace sfrucugliare le persone ma devo, purtroppo, riconoscere che farlo in pubblico ha un che di esibizionista, ai limiti del pornografico.
Far coincidere verità e ragione… Vaste programme! per citare De Gaulle. Però, nominalmente, è ciò che propone (proponeva?) Ratzinger nel Discorso di Ratisbona.
Non ho capito il riferimento a Dhr, ha pubblicato qualche cosa che ti disturba?
E cosa c’entra il Belgio?
14 Novembre 2015 alle 11:31 am
Povero Belgio. Uno degli ultimi scritti di Baudelaire. Una satira sulla stupidità, idiozia, pigrizia e la volgarità morale-artistica di una intera nazione: il Belgio.
Le Maison du Chant d’Oiseau è a Bruxelles.
“Stolti
commentatori prendono
a fucilate
perNietzsche.”
dhr, 9 ottobre 2015.
Ecco, non è bello. Ci sono rimasto male.
14 Novembre 2015 alle 11:41 am
Essantapolenta, neanche Dogen era più criptico.
Grazie.
Però la battuta “sulla caccia” non è malaccio.
Forse un filino “highbrown”, per citare la Woolf…
15 Novembre 2015 alle 8:52 am
Se 7-8 persone riescono a fare praticamente indisturbate un massacro tale, quando ci si metteranno in 50-100 o più saremo in un guaio inimmaginabile.
La totale ignoranza occidentale (per alcuni versi: mondiale) delle conseguenze estese del proprio agire sta distruggendo il mondo, sia tramite l’alterazione del clima e dell’ambiente sia tramite la nullificazione della convivenza pacifica tra diversi.
Chi pensa ancora che il dialogo sia inutile o, addirittura, controproducente non si rende conto di che cosa stia succedendo.
15 Novembre 2015 alle 11:17 am
Concordo in pieno con mym@13. Il dialogo è essenziale perché è l’unica metodologia (se davvero di dialogo si tratta) che ha come presupposto il riconoscere l’altro, chiunque sia, come alter ego. L’unica speranza, se ancora sussiste, è che Parigi, che oggi siamo noi, veda Beirut, Damasco, Baghdad, Kabul, Gaza… l’elenco è smisurato, come allo specchio, e pure, terribile a dirsi, in proporzioni ridotte. Per portare la ragione a coincidere con la verità bisogna non ignorare che la verità è plurale e le ragioni riottose a ridursi a una sola. La fede nel dialogo calmiera quella di considerarsi i soli detentori dell’unicità di verità e ragione.
15 Novembre 2015 alle 8:42 pm
Non so che tipo di effetti reali possa avere firmare una petizione on line. Tuttavia, al di là dei risultati concreti che possa eventualmente avere, vi invito a firmare questa petizione. Quando la stupidità supera una certa soglia diviene un crimine estremamente pericoloso.
Penso che in questo caso firmare sia parte di un impegno, seppure tramite una forma di censura, verso la pace e la libertà.
15 Novembre 2015 alle 9:36 pm
Ho già firmato, e mi ha un po’ tremato il dito del click. Firmare senza esitazioni una petizione che invita di fatto a inibire una libertà di stampa è per me il segno che una duplice soglia di barbarie, fatta di idozia e ferocia, è stata varcata: tornare indietro sarà assai difficile.
19 Novembre 2015 alle 12:04 pm
Padre Ernesto Balducci nel suo bel testo: “Il sogno di una cosa”, Fiesole, Edizioni Cultura della Pace, 1993,pp. 15-16, affermava:
“La civiltà occidentale ha prodotto l’annientamento o l’omologazione delle forme di vita e delle espressioni culturali diverse in nome di un ‘progresso’ acritico, che si presentava con tale sfacciata sicurezza del successo della civiltà del consumo, dell’industrializzazione, dell’individualismo sfrenato e portato alle sue estreme conseguenze, della sopraffazione, producendo un modello di vita non sostenibile: «Nessun cambiamento è da ritenersi positivo se obbedisce soltanto a ragioni economiche e tecnologiche, senza introdursi, con rispetto, nella struttura antropologica che un gruppo umano ha ereditato da secoli».”
Il testo è bellissimo e lo consiglio caldamente.
Qui, si tratta di “macrodialogo”, e bisogna capire bene tutti gli attori della situazione attuale, vale a dire quelli manifesti (le braccia), e quelli occulti da ambo le sponde…che si fregano le mani…
E’ evidente che se l’occidente spinge la pornografia nel mondo…il mondo cambia e non tutti sono disposti a questo tipo di cambiamento che distrugge quanto non è funzionale ai suoi scopi.
IL discorso è complesso e comunque emerge in tutta la sua drammaticità l’assenza di reale democrazia nel mondo dove i potentati di ogni sponda giocano con la vita di milioni di persone.
Qundo mai è stato chiesto agli italiani (ma anche ai francesi, spagnoli, inglesi,ecc..) se sono d’accordo alla diffusione della pornografia, dell’affidamento di bambini a coppie dello stesso sesso, della liberalizzazione delle droghe, della costruzione di luoghi di culto (in particolare quelli islamici che sono anche luoghi del loro “diritto legale”)?
La Francia ha fatto ENORMI errori sia in politica estera che interna, devono gli altri popoli europei pagarne le spese??
Gli USA, sono il più grande pericolo per l’umanità, per la democrazia (perchè non sono un paese democratico) e la loro politica estera è mortale per il resto del mondo.
Perchè, la maggior parte delle persone non ha chiaro il quadro complessivo?
Perchè, l’islam possa accettare una ipotesi ermeneutica sulla loro testamentaria, passeranno secoli. Sarebbe stato molto meglio per tutti se fossero rimasti a casa loro senza intrusioni di chicchessia (leggi USA). Nel passare di questi secoli, certo, il dialogo può avere una funzione ma è soprattutto sul macrodialogo che bisogna operare facendo in modo che il proprio paese non accetti le logiche dei potentati mondiali (leggi USA e leggi affaire libico per esempio). Ed è possibilissimo.
19 Novembre 2015 alle 12:14 pm
Dice Padre Balducci:
“Le mie radici profonde sono rimaste in quell’isola sommersa in cui presi a elaborare, attingendo alla terra dei padri, la trama simbolica del mio sogno, prima di fare i primi passi nella storia. Anche quando ho messo piede nei palazzi, fosse il Quirinale o il Vaticano, o mi sono seduto in cattedre o tribune prestigiose, mi sono sempre sentito guardato, mentre mi intrattenevo con la gente del potere o della cultura dominante, con un occhio segreto che mi teneva sotto controllo impedendomi di civilizzarmi fino in fondo. E bene hanno fatto gli uomini del potere a non fidarsi di me, che sono sempre stato un cospiratore, ostinatamente fedele a un sogno impossibile.”
19 Novembre 2015 alle 12:23 pm
E ancora il Balducci:
“La stanza in cui dormivo da piccolo aveva una finestra che dava su un dirupo (la casa è ancora lì, appollaiata sulle mura medievali) oltre il quale si alzava una breve cornice di poggi. Ai lati del dirupo, la lunga sagoms di un antico convento di Clarisse. Di notte, a più riprese, la campanella chiamava le monache a “mattinar lo sposo”. Di tanto in tanto, mi capitava di scendere dal letto, al suono della campanella, per osservare nel buio accendersi una dopo l’altra le minuscole finestre delle celle e poi spegnersi. Ora mi spiego il fascino di quello spettacolo notturno, che mi godevo da solo, quasi furtivamente. Era come se mi affacciassi all’altro versante della vita, dove il tempo ha ritmi diversi dal nostro; è un tempo inutile, è il tempo dell’Essere, il tempo che gira su se stesso, col passo di danza, e non si cura del nostro, che è il tempo dell’esistere. Potrei dire che io, da quella finestra, non mi sono mai mosso”.
(Il cerchio che si chiude)
19 Novembre 2015 alle 12:30 pm
Sempre Balducci:
Calendimaggio! Ho aperto stamattina
la mia finestra che piangeva ancora
in cielo qualche stella e già la brina
rosea tremava al soffio dell’aurora.
e d’improvviso nella nuda stanza
la gioia irruppe dal nascente mese,
un alito di fiori, una fragranza
tenue di viti e acre di maggese;
una fragranza c’ho sentito altrove
quando col babbo ne’ miei dì più belli,
scendevo alla mia vigna tra le nuove
siepi fiorite e garrule d’uccelli.
…
Ah, dimmi, babbo, dimmi il pero ha messo?
Il pero?…quello dietro la capanna?
Il pero, babbo, che piantai io stesso!
Era un virgulto avvinto ad una canna.
Io lo piantai. E tu (come se fosse
ora, ricordo) tu dicevi: “Questo,
figlio, è di razza. Fa le pere grosse
così. Ma buone! E che colore! E presto,
Presto, ma forse non così ch’io possa
vederle. Ma tu sì. Tu le vedrai
quando la vigna (e ti tremò commossa
la voce) un giorno a lavorar verrai”.
Ed io ridevo…Che la stessa estate
t’avrei lasciato lo sapeva Iddio,
ma che le viti non le avrei potate
oh, questo, babbo, lo sapevo anch’io!
Sì, lo sentivo: non sarei restato
nella tua vigna. Ormai te lo confesso.
Perdonami. Che vuoi, non c’ero nato…
Ma dimmi, babbo, dimmi, il pero ha messo?
19 Novembre 2015 alle 12:33 pm
e ancora…
“… Se noi lasciamo che il futuro venga da sé, come sempre è venuto, e non ci riconosciamo altri doveri che quelli che avevano i nostri padri, nessun futuro ci sarà concesso. Il nostro segreto patto con la morte, a dispetto delle nostre liturgie civili e religiose, avrà il suo svolgimento definitivo. Se invece noi decidiamo, spogliandoci di ogni costume di violenza, anche di quello divenuto struttura della mente, di morire al nostro passato e di andarci incontro l’un l’altro con le mani colme delle diverse eredità, per stringere tra noi un patto che bandisca ogni arma e stabilisca i modi della comunione creaturale, allora capiremo il senso del frammento che ora ci chiude nei suoi confini. E’ questa la mia professione di fede, sotto le forme della speranza. Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo”.
19 Novembre 2015 alle 12:55 pm
Ciao Nello, grazie.
Non conoscevo padre Balducci, grazie per la segnalazione. Bella l’immagine delle luci delle celle che si accendono mentre le Clarisse si levano e poi si spengono quando escono dalla cella. Più sdolcinata (abbi pazienza ma così la percepisco) la storia del pero e del babbo morto.
Nei giorni scorsi, in relazione ai morti di Parigi, alcune persone mi hanno chiesto “che cosa possiamo fare?”, “qual è l’indicazione del buddismo per affrontare una realtà come questa?”. Temo che in sottofondo ci sia anche un’altra domanda: “che cosa possiamo fare affinché non accada anche a noi?”. Un altro elemento che colgo in quelle domande è “visto che si tratta di una situazione eccezionale, qual è la risposta eccezionale che, da buddisti, possiamo dare?”. Con ogni probabilità è tardi per far qualcosa affinché non accada anche “a noi”. La civiltà che in parte abbiamo contribuito a mantenere produce mostri. Massacrando mezzo mondo per avere e accrescere ciò che abbiamo, prima o poi qualcuno massacrerà noi. È matematico.
Riguardo al secondo punto, ovvero al che fare in una situazione eccezionale, penso che se qualcuno vive da buddista fa già il massimo, nell’eccezionale norma del non ferire ma favorire la vita. La vita di tutti. Assumendosi delle responsabilità, ovvero accollandosi i rischi delle scelte.
Cercare soluzioni eccezionali è un modo per sfuggire al normale. Perché sappiamo che il nostro normale non funziona, alla luce dell’insegnamento. Una giornata è fatta da 1440 minuti, quanti tra questi siamo in grado di salvare?
Tornando al micro e al macro dialogo: se in una città, in un Paese vige la sharya, non è un problema militare. È prima di tutto un fatto religioso e poi politico. Certo, per un discorso di “ermeneutica sulla testamentaria” islamica ci vorranno anni, forse secoli. Ma sino a che la nostra risposta sono le bombe …
Solo da un amico si accettano le critiche.
Solo da un amico che accetta le critiche si accettano le critiche.
19 Novembre 2015 alle 12:59 pm
E poi, non vivremo mai in questo mondo come fosse un paradiso. Perché non lo è. Anzi.
È il mondo della sofferenza, della sopportazione, dell’io speriamo che me la cavo.
Se non fosse così il buddismo non ci sarebbe
19 Novembre 2015 alle 8:47 pm
A proposito di “cosa possiamo fare” in relazione alle morti di Parigi:
su proposta di Joshin Bachoux diverse persone si piazzeranno sullo zafu tra le 20 e le 21 di stasera 19 novembre per…per quello che ognuno vorrà.
Scusate lo scarso preavviso
19 Novembre 2015 alle 8:52 pm
Ciao Fago.
Prego.
Però se è un avviso, un invito, sarebbe bene dire dove e come arrivarci.
Sempre che ci si possa arrivare.
19 Novembre 2015 alle 8:58 pm
Ognuno a casetta sua!
19 Novembre 2015 alle 9:01 pm
Ma… allora… la sangha… la santa comunità dove andrà a finire?
Capito, capito.
Ciao
y
19 Novembre 2015 alle 9:52 pm
Ecco, non vorrei fare quello che trova sempre da ridire (anche perché non ho bisogno di farlo).
Fare zz è fare zz per cui -soprattutto per iniziare- un motivo vale l’altro.
Però questa cosa qui ha una vago retrogusto di cattolico.
Ottimo retrogusto, per carità.
Ma preferisco senza.
19 Novembre 2015 alle 11:08 pm
Io sento invece un retogusto new-age, le vibrazioni positive, siam tutti collegati e compagnia bella. Ho pensato, nei giorni tragici di Parigi, che se fossi stato ancora a vivere lì forse sarei andato a sedermi un po’ davanti al Bataclan o in un altro dei luoghi, così come mi era piaciuto vedere una ragazza seduta a gambe incrociate e occhi chiusi in place de la République fra i molti che portavano fiori. Ma son cose personali, credo. “Aux zafu, camarades!” è incomparabilmente meglio di “Aux armes, citoyens!” della Marseillaise, però…
20 Novembre 2015 alle 1:20 am
Parlando alla tv di Stato tedesca Deutsche Welle, il capo spirituale tibetano ha sottolineato: “La gente vuole condurre una vita pacifica. I terroristi sono miopi, e questa è una delle cause di attentati suicidi. Non possiamo risolvere questo problema solo con la preghiera. Io sono un buddista e credo nella preghiera”, ha aggiunto. “Ma gli esseri umani hanno creato questo problema, e ora stiamo chiedendo a Dio di risolverlo. E’ illogico. Dio avrebbe detto di risolvercelo da soli, perché siamo noi ad averlo creato”
Così la soluzione secondo il Dalai Lama è “un approccio sistematico per promuovere valori umanistici, di unità e di armonia. Se iniziamo a farlo ora, c’è la speranza che questo secolo sarà diverso dal precedente. E’ nell’interesse di tutti. Quindi dobbiamo lavorare per la pace delle nostre famiglie e della società, e non ci aspettiamo l’aiuto di Dio, di Budda o dei governi”.
Così il Dalai Lama
20 Novembre 2015 alle 8:50 am
Ciao Doc,
Avevo notato la frase del Dalai, però ero rimasto interdetto di fronte ad alcune contraddizioni (che mi riprometto di tentar di chiarire la prima volta che ho occasione di parlare con un buddista vajrayana). Il Dalai Lama dice di “credere nella preghiera” poi però non spiega perché o che cosa vuol dire ma critica chi (crede nella preghiera e quindi) prega Dio di risolvere i problemi, se sono creati da noi stessi. Infine interpreta quello che potrebbe essere il pensiero di Dio. Il tutto, specialmente se servito in salsa buddista, necessita di qualche spiegazione.
20 Novembre 2015 alle 8:58 am
Ciao Jf, sì lo so che voi “ragazzi del ’68” amate queste cose tra il new age e le good vibrations e vi sareste seduti in Place de la Republique, magari canticchiando hare hare… 😛
Niente di male per carità.
Però, come penso dovrebbe fare (può essere che l’abbia fatto ma non sono informato) la reverenda Joshin Bachoux, dovreste spiegare perché agitarsi tanto per star seduti.
20 Novembre 2015 alle 9:17 am
Buongiorno Doc,
ho quanche dubbio che la gente voglia condurre una vita pacifica: se davvero così fosse non ci sarebbero più guerre da un bel po’. La gente concepisce una vita pacifica come farsi i cavoli propri, il più delle volta a spese altrui, a cominciare dai famigliari e dai più prossimi. Vivere una vita pacifica è una faticaccia, che comporta rinunce e sacrifici che “la gente” non ha, di solito, alcuna voglia di fare.
20 Novembre 2015 alle 9:24 am
Concordo con quanto detto @28,29.
Però secondo me bisogna contestualizzare. In questo caso si tratta (anche) di incanalare reazioni emotive piuttosto intense in modo che evaporino senza creare troppo casino.
Inoltre, supponendo che in un determinato momento io abbia bisogno di un “perchè” per sedermi (che ok, non è il top, ma “l’è quel che l’è”), mi posso anche raccontare di farlo per i canguri delle steppe libanesi tanto sulla “porta” sta scritto “io non posso entrare” quindi, come già detto in @28, cambia poco.
Secondo me finchè si parla dell’accendino e non del fuoco non è necessario essere così… taleb(uddh)ani. Rimane in ogni caso una “cosa personale”, imho. Poi se si sta parlando di ascoltare Enya mentre si è seduti e/o di farsi un video da caricare su youtube per far vedere come mi adopero per l’ammmore nel mondo ok per il bazooka
20 Novembre 2015 alle 9:28 am
Ciao mym,
come si evince (@29) parlo a titolo strettamente personale, non invito nessuno a far niente, e critico affettuosamente le atmosfere emotive che mi addebiti. Mi sono limitato a dire che, forse, se vivessi ancora a Parigi sarei andato un giorno a sedermi lì invece che al dojo o nella stanza accanto (per potersi sedere bisogna sempre andarci). Perché?. Perché ogni tanto non è male sedersi all’aperto, e forse anche mostrare per un momento una posizione immobile e pacifica a fronte di chi si agita al punto da sparare, uccidere, farsi saltare in aria e compagnia bella. Una forma di dialogo?
20 Novembre 2015 alle 9:33 am
Ciao Fago @34, tutti in piedi prestìn ‘sti buddisti. O ancora in piedi?
Chiaro. Due punti -imho- slittano. Per incanalare le reazioni emotive meglio non usare la forma dello zz. Anche l’ipotesi della “sapiente regia” del bodhisattva che sfrutta persino l’occasione parigina per “far sedere” le persone non mi convince.
Lo zazen è sempre una “cosa” personale. Ma quando se ne parla, si annunciano sedute in “occasione di” o in “relazione a” c’è una componente pubblica.
Ogni volta che lo zz viene presentato al/in pubblico va (man)tenuto pulito.
20 Novembre 2015 alle 9:42 am
Jf 35@.
Certo, tutto legittimo, come girare per le strade canticchiando hare hare.
Ogni tanto è bene sedersi all’aperto? Forse, bene per ché e per chi? E poi chissà perché però proprio lì. Quel giorno.
Come forma di dialogo, invece, la cosa potrebbe essere interessante. Ma andrebbe sviluppata. Per es. correre ogni volta che c’è una bomba a sedersi, lì, tra i pezzi di cadavere. Il simbolo del Buddha che pacifica i cuori.
Chissà.
Preferisco “hare hare…”
20 Novembre 2015 alle 10:17 am
Penso che non sia male (che è leggermente diverso da dire che è bene, che suona come un invito) ogni tanto sedersi all’aperto, perchè soffitto sopra e muro davanti non diventino la conditio sine que non; per chi? Per me. Inoltre i testi antichi a volte lo consigliano (sedersi sotto un albero ecc.).
Perché proprio lì, quel giorno? Suppongo il pensiero (che di questo si tratta) mi sia venuto per un motivo personale: l’ultimo periodo in cui ho vissuto a Parigi abitavo a poche centinaia di metri dal Bataclan, e una delle vie possibili per andare a piedi al lavoro mi ci portava davanti: invece di sedermi sulla panchina di un parchetto, avrei potuto sedermi lì. Perché no?
20 Novembre 2015 alle 10:36 am
Sì, certo. Perché no. Come mille altre cose, compreso “hare hare…”. Anche quello non è male.
Pensavo si “parlasse di zz”.
I testi antichi (li abbiamo scritti noi, comunque, i testi antichi) consigliano di sedersi sotto a un albero. Meglio chiedersi perché, altrimenti si rischia di credere che consiglino genericamente di sedersi “all’aperto”, magari in mezzo al traffico.
Sempre quei testi, consigliano anche il muro davanti, che senza il soffitto sopra non è facile da trovare.
Ma tutto ciò con Parigi, le bombe, il Bataclan c’entra solo per il fatto che ci hai abitato vicino.
Doloroso, impressionante, emotivo, lancinante. Ti sono vicino. È spiaciuto, spiace molto anche a me.
20 Novembre 2015 alle 11:10 am
Ti ringrazio per la vicinanza, ma ormai sono lontano da lì. Non per pignoleria, ma se rileggi il @29 mi pare chiaro fosse scritto come critica bonaria all’invito di cui Fago si è fatto latore, comunicando in aggiunta un pensiero circa una mia ipotetica azione in quella circostanza. Dunque, quanto di più aleatorio. Ma prendiamo l’ipotesi per buona: e parliamo di zz, lasciando hare hare a chi lo fa credendoci. Perché una seduta individuale in quel luogo non potrebbe essere pulita? Capisco perchè potrebbe non esserlo, il rischio è molto forte, ma perché non potrebbe esserlo? Era quel che mi chiedevo ventilando quell’ipotesi e che ora ti chiedo, vista la discussione che ne è sorta.
20 Novembre 2015 alle 11:14 am
Ricordo occasioni in cui lo zazen veniva ‘dedicato’: a una persona malata o defunta, ma anche a cose più generiche come la pace ecc.
L’esternazione del D. Lama – con tutte le ambiguità che mym 31 ha sottolineato – mi è parsa interessante data la fonte.
In che accezione poi il nostro usi termine ‘preghiera’, se in questo termine generico includa anche scinè, beh.. bisognerebbe chiedeglielo .
Per inciso, un altro articolo che non trovo più, riferiva una lista delle religioni più ‘minacciate’ dall’Isis: al primo posto c’era il buddismo (i cui seguaci in oriente pare si dedichino a riti antropofagi….!)
20 Novembre 2015 alle 11:35 am
Ciao Doc @41, forse è bene che chiarisci che cosa intendi con scinè. Questa cosa degli antropofagi è curiosa. Non la sapevo, da parte dell’Isis. Tenderei a escludere. Anche Marco Polo diceva che dalle parti di Kanbalù (Pechino) c’erano gli antropofagi. Tra l’altro kanbalù è la base etima da cui nacque il termine cannibale.
Jf@40: sì il rischio è molto forte. Però se anche tu leggi bene, vedrai, in primis, che ti prendevo in giro. Con tanto di linguaccia. In secundis che non ho mai detto che una seduta in quel luogo in quell’occasione debba essere sempre non pulita.
Mi vien voglia di pensarlo, però, a fronte di tante insistenze.
Certo se ci tieni, puoi sederti pure lì.
C’è da chiedersi, umanamente e buddisticamente: ma chittelofaffà?
C’è un nostro amico comune, lo sai, che vive in mezzo all’Oceano Pacifico e quando organizza i sesshin in Polonia dice che lo fa perché è come fare zz a casa sua…
Ce n’è di strani al mondo.
Hare hare, hare rama, hare rama…
20 Novembre 2015 alle 11:50 am
A me pare che la religione più minacciata dall’Isis sia l’islam, sia perchè ammazzano soprattutto musulmani, sia perché non fanno fare bella figura all’islam nel suo complesso, come per evidente.
Mym@42 Chimmelofaffa’? Nessuno, e oltretutto non l’ho fatto. Però il caso del nostro amico comune, che lo fa, è comunque diverso: un conto è fare quattro passi per andarsi a sedere da soli in un luogo anomalo, senza raccontarlo in giro né prima né dopo, un conto è organizzare sesshin a diecimila chilometri di distanza, prendere l’aereo per andarci e poi dire che equivale a farselo a casa propria. Govinda jae jae gopala.
20 Novembre 2015 alle 11:56 am
Aaaa, era un caso teorico. Nel caso che… Che ci sarebbe di male.
Il caso, comunque, mi pare identico. È solo differente nelle proporzioni, non nella sostanza. Sono ambedue figli della fantasia.
20 Novembre 2015 alle 12:06 pm
mym 42
Scinè è la forma equivalente a zazen in ambito tibetano (il mio riferimento mnemonico è N. Chogyam; Tecniche di meditazione tibetana, Ubaldini, Roma 1989)
20 Novembre 2015 alle 12:12 pm
Ma guarda. Sciné in giapponese vuol dire “crepa!”. Era un’espressione cara a Sawaki a chi gli chiedeva che fare: damatte sciné! Crepa in silenzio.
Conoscevo il termine tibetano dzogchen, ma non scinè.
Grazie.
Però se il Dalai avesse inteso quello avrebbe usato meditazione o simili invece di “preghiera”. Forse.
21 Novembre 2015 alle 1:55 pm
C’è una frase che da qualche giorno viene ripetuta, prima in Francia ed ora anche in Italia. Dove, mi pare, il primo a pronunciarla è stato il presidente della repubblica. Una cosa che, una volta, dicevano solo gli americani: “non ci faranno rinunciare al nostro stile di vita. Non gli daremo la soddisfazione di cambiare il nostro stile di vita”. Questa frase, questo slogan totalitario, è accompagnato da un altro, altrettanto cretino: “dobbiamo difendere il nostro sistema di valori. Continueremo a vivere secondo il nostro sistema di valori”.
Lo stile di vita di chi? Di un disoccupato di Foggia? Della Santanché? Delle olgettine? Di un cardinale? Di un contadino veneto? E poi, quali valori? L’unico che si è sbilanciato è, di nuovo, il nostro Presidente, ha parlato del “nostro umanesimo”. Nostro di chi?
Siccome il Papa l’altro giorno ha detto “maledetti coloro che operano per la guerra e le armi”, subito la ministra della difesa, signora Mogherini, si è affrettata a dichiarare: “Vendiamo armi in Medio Oriente nel rispetto della legge” non accorgendosi della doppia idiozia di quel che dice A) vendiamo armi e per di più a contendenti che guerreggiano B) lo facciamo secondo la legge, ovvero viviamo in una nazione in cui ciò si può fare legalmente. Fosse almeno illegale…
Questi sono i nostri valori, questo il nostro stile di vita. Non vedo perché non dovremmo affrettarci a cambiarli.
Chissà che le bombe, i terroristi non portino ad una riflessione.
21 Novembre 2015 alle 5:58 pm
Ciao mym
Il coraggio di una riflessione è il coraggio di chi è disponibile a ‘vedere’ modificarsi o addirittura ribaltarsi il proprio sapere (prevalentemente evenemenziale; bella questa parola. Eh!) e la propria opinione/analisi al riguardo. E non vi si oppone.
21 Novembre 2015 alle 5:59 pm
Grosso modo gli eventi mi sembrano così riassumibili:
I vincitori della prima guerra mondiale (Francia, Inghilterra, Russia in primis), per timore che l’impero Ottomano potesse ricostituire un pericolo, lo hanno frazionato in staterelli disegnati sulla carta: divide et impera è un ‘diritto’ (sic!) che i vincitori sempre esercitano.
Per bilanciare le influenze delle zone di confine hanno creato eserciti irregolari (Afganistan docet) e dittature (vedi Saddam and company).
Si sono messi a trafficare armi e petrolio con tutti (pecunia non olet!).
Nel frattempo hanno incentivato uno stile di vita evidentemente non rispettoso degli equilibri eco-socio-etno-politici.
D’altro canto il loro modello di vita (produzione di ricchezza + scienza e tecnica), a fronte di innumerevoli morti nei conflitti armati, ha permesso di sconfiggere in buona parte del mondo fame, malattie, miseria, ignoranza bruta e isolamento.
21 Novembre 2015 alle 5:59 pm
Una riflessione sarebbe d’obbilgo, da parte di tutti i soggetti. Anche la chiesa ha avuto nei secoli le sue belle mani in pasta.
Purtroppo sappiamo che quando parlano i fucili…. non è il momento migliore per una riflessione serena. E’ come voler contare le mucche dopo aver lasciato la stalla aperta: tocca prima correre a riprenderle.
E una riflessione non serena rischia di partorire mostri peggiori, come la storia dimostra.
21 Novembre 2015 alle 6:09 pm
Sì, capisco, il bambino, l’acqua sporca ecc.
La mia visuale è, vuole essere, di tipo religioso, quindi sconfina nel filosofico sin quasi al politico.
A mio parere c’è un’intera filosofia di vita da rivedere perché è inficiata, dall’interno, da motivazioni e risultati aberranti. Per esempio: il mantra della crescita. Quasi tutti vedono nella crescita, ovvero nel continuo incremento dei consumi, il toccasana per ogni economia, per ogni crisi. È follia pura. Basta pensare che quando l’inflazione è bassa, ovvero il prezzo dei beni aumenta lentamente, invece di gioire lo consideriamo un male. Perché frena la crescita. Ripeto: è follia.
Poi c’è collegato quello che hai detto tu, la distruzione delle foreste, l’inquinamento di luoghi che erano puliti per estrarre senza cautele petrolio, oro, uranio ecc. ecc. ecc. Tutto concesso per il dio crescita.
Ed è solo un esempio tra i tanti.
21 Novembre 2015 alle 6:36 pm
Secondo me una diversa filosofia dovrebbe basarsi su due riflessioni.
-Che cosa ci stiamo a fare qui
-Come funziona questo mondo
Ma fermarsi per esaminare questi due problemi base intralcia la crescita. Ovvero l’arricchimento smisurato di alcuni e la miseria sempre più nera per molti.
Perciò difficilmente verranno mai presi seriamente in considerazione al punto da costituire un punto di partenza per organizzare la vita.
Per quel che ha potuto, ci ha provato José Mujika
21 Novembre 2015 alle 7:09 pm
@ 47 Errata corrige: là dove si legge “signora Mogherini” doveva essere “signora Pinotti”.
21 Novembre 2015 alle 7:17 pm
Quando l’evidente follia, di cui in mym@51, coincide con la ratio su cui quasi tutti concordano (e soprattutto quelli che hanno il potere nel mondo) diventa altamente improbabile mutare orientamento, prima che succeda il patatrack. Ma anche il patatrack non basta, in sé e per sé: l’impero sovietico pareva monolitico, ed è venuto giù in breve tempo. Poi però non è che il dopo sia granché meglio, se non perché lì non ci sono più i gulag (che non è poco per chi ci stava). Qui si tratta di cambiare radicalmente e collettivamente mentalità, abitudini di vita, aspettative: non s’è mai vista una cosa del genere, neppure dopo le guerre distruttrici. Anche per questo è inutile farle. A volte ho l’impressione che anche Bergoglio ci provi. Comunque finirà per farsi ammazzare. Certo che l’ipocrisia di questi tromboni con le bandiere alle spalle è insopportabile e va denunciata.
21 Novembre 2015 alle 7:20 pm
-Che cosa ci stiamo a fare qui
-Come funziona questo mondo
Non so tu, ma io alla mia vetusta età non ho ancora ‘risolto’ quei due problemi. Certamente non sul piano socio-economico. Ipotizzo che si possano dare parecchie ‘soluzioni’ equipollenti.
Al massimo posso ragionare su
-Che cosa ci sto a fare qui
-Come funziona questo mondo per me (sempre ammesso che mi trovi da qualche parte).
21 Novembre 2015 alle 7:22 pm
E, perdona, ma una ‘visuale … di tipo religioso, che sconfina nel filosofico sin quasi al politico’….
faccio fatica anche solo a leggere…
21 Novembre 2015 alle 7:27 pm
Penso proprio che le cose cambieranno, non siamo che all’inizio temo, grazie all’insicurezza, sconcerto e paura portate dalle bombe.
Bisogna vedere come. Temo che la forza delle idee e dell’esempio oggi non sia così rilevante. Ma è tutto ciò che si può provare a fare.
21 Novembre 2015 alle 7:30 pm
Doc @ 55: Un ottimo inizio direi. Se il tuo ragionare è abbastanza radicale il plurale potrà essere legittimo.
Il fatto che tu non l’abbia risolti è un altro bene.
Il punto è partire da lì.
Poiché al primo non c’è risposta, o almeno non c’è una risposta se non personale, potrebbe essere che nel frattempo, per poter continuare a pensarci tutti assieme ci si potrebbe accordare sul fatto che per poter continuare la riflessione occorra poter vivere, tutti, almeno con il minimo vitale.
Al che il secondo punto potrebbe essere meno ostico: qui funziona che tu, per poter accumulare indefinitamente secondo la crescita, mi uccidi, o mi fai morire. E questo non va bene.
21 Novembre 2015 alle 7:35 pm
@ 56: in “questi discorsi” distinguere tra filosofia e religione non ha molto senso. Il politico salta fuori quando dal ragionamento passi al “allora come famo?”
21 Novembre 2015 alle 7:43 pm
@ 54: spero proprio che Bergoglio abbia una visuale d’insieme. Con il tipo di diffusione e credito che hanno le sue parole, un indirizzo da parte sua potrebbe essere molto importante. Almeno per rendere meno caldo l’inferno.
Speriamo che se la cavi.
21 Novembre 2015 alle 7:50 pm
C’era una sottile ironia nel 55, così sottile che era trasparente…
Come pensi di fare in modo che ci si pensi ‘tutti assieme’? o anche uno per volta, ma tutti (o anche solo tanti)?
Secondo me dai troppe cose per scontate:
– che alla ggente interessi pensare a quesiti cui ‘non c’è risposta’
– che per fare questo si sia tutti d’accordo che vivere tutti col minimo vitale….
– che la risposta che dai al secondo quesito sia universale
21 Novembre 2015 alle 7:56 pm
Anzi, forse c’è un modo per far sì che tutti pensino anche contemporaneamente: internet!
Ah…già…dimenticavo
è proprio il frutto di quel meccanismo tecnico attraverso il quale si uccide per accumulare indefinitamente.
21 Novembre 2015 alle 7:59 pm
Come ho premesso, pur sconfinando “nel politico” guardo le cose dal punto di vista religioso.
Del come fare si occupi chi fa quel lavoro.
Io dico che continuare a perorare la causa della crescita è una truffa, una porcheria, un’ipocrisia, un male. E posso spiegare perché. Posso proporre anche su che basi sarebbe bene che ciascuno riflettesse sulla vita nel mondo per elaborare un’altra filosofia.
Non di più.
21 Novembre 2015 alle 8:13 pm
Capisco.E per fortuna non sei solo a perorare quella tesi.
Anche a me, se posso, piace guardare le cose dal punto di vista della purezza comunque intesa, e parlarne.
Del lavoro sporco, del come fare, preferisco se ne occupino altri. (Lo ammetto, amo riservarmi il piacere di criticare )
21 Novembre 2015 alle 8:14 pm
Non si può trovare un sinonimo a ‘religioso’?
21 Novembre 2015 alle 8:25 pm
Ci sono parole che non ho mai molto apprezzato, ma che ultimamente mi accorgo che iniziano a darmi proprio sui nervi. Relgione/religioso: spirito/spirituale; amore; coscienza … e via discorrendo.
Capisco che nel linguaggio corrente siano comode: ma se si capisse ogni tanto di cosa si parla non sarebbe male.
21 Novembre 2015 alle 8:30 pm
Beh, bomba ha in effetti un significato più univoco. Posso anche capire le personali idiosincrasie, ma a che serve un sinonimo se pensi che non si capisca di cosa si parla? Si continuerebbe a non capire con un’altra dicitura.
21 Novembre 2015 alle 8:31 pm
Non vedo perché occuparsi di politica sia di per se un lavoro sporco.
Denunciare lo status quo vivendoci dentro ha vari deficit in fatto di purezza.
Riguardo al linguaggio, lo so che le parole abusate perdono senso. Se hai da proporre alternative: ben vengano.
21 Novembre 2015 alle 8:47 pm
Ciao jf
immagino che la tua premessa non sia una frecciatina, sai che non la merito. Tuttavia sì, bomba ha un significato più chiaro perchè è ciò che sta succedendo. Quello che si può chiamare un ‘fatto’. (non nel senso di aggettivo… Non mi vengono le faccine, oggi).
mym68. Qualche alternativa magari ce l’avrei. Un po’ scomoda magari, tipo giri di parole o comunque qualche parola di chiarimento sull’uso che di volta in volta si fa di certi termini ‘caldi’, se proprio non è possibile non usarli.
Gli esempi di dialogo ‘religioso’ che ci hai mostrato forse si sarebbero potuti giovare molto di una ricerca di chiarezza di questo tipo.
21 Novembre 2015 alle 8:48 pm
mym
la politica ‘è’ un lavoro sporco.
21 Novembre 2015 alle 8:50 pm
Chiedo scusa, poi smetto.
Proprio nel dialogo propendo a pensare che nell’ambiguità terminologica spesso e volentieri si trovino ragione e scopo del proprio operare.
21 Novembre 2015 alle 8:55 pm
@ 69: penso tu abbia ragione. Un po’ è abitudine, un po’ è pigrizia, un po’ è la difficoltà di farsi capire rinnovando il linguaggio, però bisognerebbe provare a spiegarsi per esteso, con parole proprie e nuove e non riassumendo in una parola stereotipata.
Questo porterebbe anche a parlare di meno.
@70: sei un patacca!
21 Novembre 2015 alle 9:56 pm
Ti chiedo scusa, doc @69, sì, la mia premessa era una frecciatina, perché il discorso del “lavoro sporco” può condurre alle bombe – anche se personalmente le abborriamo e le consideriamo controproducenti. Se si divide purezza e lavoro sporco, e se qualcuno deve proprio farlo, per permettere a me la purezza, quest’ultima è già andata a farsi benedire: tanto vale allora che il lavoro sporco lo faccia io.
Quanto al linguaggio da rinnovare, in linea di principio hai ragione: però a spiegare ogni volta cosa si vuol dire con certi termini, si rischia di diventare pedanti. Comunque sono a disposizione per un rinnovamento del lessico. Mannaggia,ci ho messo anni a riabituarmi alla parola religione senza orticaria!
21 Novembre 2015 alle 10:35 pm
Era quello che intendevo, jf.
Credo che l’ironia e il paradosso rendano più efficace la comunicazione, a rischio di veder travisato il pensiero. E’ un rischio (+ o -) calcolato ma non bisognerebbe abusarne: si rischia di trovarsi nella rete un pesce di passaggio.
Pardon.
21 Novembre 2015 alle 11:20 pm
L’esca era buona e il pesce ha i riflessi rallentati. Sarà la religione… Ciao.
14 Dicembre 2015 alle 11:20 am
Siamo fermi…immoti, auguri a tutti per tutto.
14 Dicembre 2015 alle 11:35 am
Grazie Ne’, altrettanto a te.
Qui stamo immoti allavorà…
Ciao
mym
16 Dicembre 2015 alle 7:10 pm
@jf, 14
> Per portare la ragione a coincidere con la verità bisogna non ignorare che la verità è plurale e le ragioni riottose a ridursi a una sola.
Tutto giusto, però, non è mai stato documentato dalla medicina il caso di un uomo che fosse morto e poi risorto, al punto che lo si può escludere. Come è possibile che nel giorno del giudizio tutti gli individui che hanno abitato la Terra dalla notte dei tempi potranno risorgere dalla morte? Secondariamente, il Sole è una stella destinata a collassare diventando un buco nero e attirando a sé i pianeti, cancellando ogni forma di vita sulla Terra. Come fa la verità rivelata ad essere eterna se la sua durata è condizionata dalla morte termica del Sole?
Cioè, alcuni versetti della Bibbia e del Corano sono talmente inverosimili da esser in aperta contraddizione con tutto ciò che abbiamo faticosamente appreso sulla realtà del mondo. Non si può credere a ciò che si vuole: l’ignoranza è ignoranza.
Uno può pure credere che il Sole non imploderà, così come i contemporanei di Galileo credevano che la Terra fosse ferma, ma così come è vero che la Terra gira (“Eppur si muove”) è vero anche che il Sole collasserà,nonostante riti e preghiere.
16 Dicembre 2015 alle 7:11 pm
@mym, 10
Dicevamo…
L’essenza del dramma moderno è il processo di sostituzione del cristianesimo con un’altra altra religione. Questo processo implica e dimostra che i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo. Tutti hanno come défì, come centro motore, lo scetticismo (con conseguente ricorso a Dio). Scetticismo che si afferma serenamente solo nel neikosofo. Negli altri invece, preoccupati – in assenza e nell’incapacità di una nuova religione – di conservare quella cristiana dandola per scontata come unica e insostituibile, dà luogo a un drammatico dissidio, che li porta a tentare di conservarla in forme moderne, cioè a conservare, al di fuori della dottrina e della teologia, i valori schiettamente religiosi. Ma più propriamente bisogna dire, esso rivela solo la prima grande realizzazione alla religione: l’uomo ha un solo problema, vivere in Dio o fuori di Dio.
16 Dicembre 2015 alle 7:15 pm
Siccome non ci sono più i saṅgha di una volta ché dhr non ci fa più amici, mi sono messo a trollare un sito di sunniti ortodossi, ma mi hanno bannato.
Report
Orientalisti e loro polemiche
sakun*/utente (bannato)
(*) Sakun è un mussulmano eterodosso. Mussulmano a causa degli insegnamenti appresi nell’infanzia. Eterodosso perché l’approccio al Corano non è in linea con la tradizione facendo egli ampio uso del taʾwīl (interpretazione allegorica) e del fitrah (sentimento naturale di giusto o sbagliato).
16 Dicembre 2015 alle 7:18 pm
Satira politica.
Banksy ritrae Steve Jobs, il genio persiano fiorito negli states degli anni ’70, il profeta del futuro, il capitalista, ricchissimo… alla stregua di un mortale terrorista islamico. Ovviamente vandalizzando un muro.
La furia inconoclasta dei vecchi imam, così come l’ isterismo intorno alla musica, è sbagliata per ragioni scientifiche. Antropologiche.
Prendiamo come esempio la canzone “Nessuno” dei Baustelle del 2013.
Recito:
“Non credo alla Bibbia, mi chiedo perché
Dovrei consultarla, offende gli dèi
Non prego la Chiesa il fetore che fa
Non credo nel Cielo e nemmeno all’Inferno
E non so distinguere il bene dal mare
Non credo al mercato, produce demenza
Così com’è falsa la beneficenza
Diffido del saggio e di quello che sa”
Ascoltando “I Mistici dell’Occidente” (2010) ho imparato a leggere il Corano e a comprendere la lingua italiana; – la lingua parlata nella nazione che mi ha dato i natali. Un beneficio (maslaha : مصلحة, ).
Per l’Islam la musica è peccato. Ascoltare, produrre o cantare musica moderna per profitto è proibito. La musica proveniente da apparecchi elettronici, come radio o smartphone, stigmatizzata.
La musica è male*? (*Iblīs : إبليس)
Il male può essere assenza di bene, o invece l’effetto di una forza positiva scatenata, di una forza «diabolica». Ma in quest’ultimo caso non bisogna pensare al diavolo, bensì all’eccesso con cui uomini e cose reagiscono ad atti o fatti provocatori. Raramente l’uomo risponde con misura a uno stimolo. Già per il fatto che la sua natura e per definizione passionale, fatta cioè di cariche affettive, il suo agire eccede normalmente lo stimolo. Quando il processo di stimolo-reazione eccedente è negativo, si ha la “cattiveria”; quando è positivo, la “bontà”.
Islam danzante e ridente
contrā
Islam mortuario e nereggiante.
lā ilāha illā Allāh
16 Dicembre 2015 alle 7:28 pm
Ciao Hmsx, bentornato.
Impegnativo. Dove lo trovo il tempo per risponderti? Magari mi banno da me…
Una cosa sola, almeno per ora (@ 79): “l’uomo ha un solo problema, vivere in Dio o fuori di Dio”.
Grazie, preferisco di no. Ma… come se avessi accettato.
16 Dicembre 2015 alle 8:38 pm
Comincio dalla fine @ 81. Ovvero dalla suggestiva definizione che dai di “bontà” e “cattiveria”.
Questo si picca di essere un blog buddista, roba fine. Per cui non possiamo prescindere dallo zazen. È vero che “Quando il processo di stimolo-reazione eccedente è negativo, si ha la cattiveria; quando è positivo, la bontà”. Ma siamo dalle parti di un mondo senza Buddha, prima che il principino disastrasse la sua famiglia per andare a “fare l’asceta”. Poi, non è più stato così.
Dallo stimolo la reazione. Poi la scena sfuma. Lascia spazio alla libertà di scegliere. La realtà di buono e cattivo, essendo sfumato tutto, non riguarda più. Ciò che rimane è essere dharma. Corpo di dharma.
Sequitur
PS: molto bello quel murale di Banski, non solo in senso estetico.
16 Dicembre 2015 alle 8:51 pm
Non sarei liquidatorio nei confronti del cristianesimo.
Nel sutra del diamante troviamo:
“Quindi, o Subhuti, l’essere del risveglio, il grande essere libero da tutte le concezioni deve generare pensiero di insuperabile completo perfetto risveglio, non deve generare pensiero dipendente da forme e colori, non deve generare pensiero dipendente da suoni, odori, sapori, sensazioni di tatto o concetti. Non deve generare pensiero dipendente da un dharma né deve generare pensiero dipendente da un non dharma, non deve generare pensiero che dimori in alcunché. […] Perciò il Così Andato ha detto: “Da un essere del risveglio che non abbia legami può essere dato un dono. Non da chi dona legato a forme e colori, a suoni, odori, sapori, sensazioni di tatto o idee”.”
Gesù ha detto (Mt 22,37-40): “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti”.
Difficile sostenere che, tra le due citazioni, non ci sia differenza. Molto più difficile sostenere che, in sostanza, si dicano cose diverse.
17 Dicembre 2015 alle 9:30 am
@ 80. Ho seguito qui il tred del forum dove ti hanno bannato.
Se qui seguissimo gli stessi metodi… avremmo già chiuso.
Se mi permetti una critica: se tu poni il dogma del dubbio contro il dogma della certezza… finisce a mazzate.
17 Dicembre 2015 alle 9:40 am
Una glossa a margine di mym @83.
Famiglia e casa l’han lasciata in tanti
dalla foresta solo lui n’è uscito:
della santa sequenza dei distacchi
forse il secondo è quello più saliente.
17 Dicembre 2015 alle 10:06 am
Ciao jf.
Grazie per la glossa.
Quando hai tempo, ce la spieghi, svp?
17 Dicembre 2015 alle 11:19 am
Eccomi. Nella mia precedente è saltata in fase di invio (non so perché) la citazione del tuo 83: prima che il principino disastrasse la sua famiglia per andare a “fare l’asceta” – che spiegava l’arcano: l’abbandono di casa e famiglia precede sì quello della foresta, che mi pare però più peculiare del percorso di Siddharta (rispetto ai tanti asceti del suo tempo). Ora è più chiaro, spero.
17 Dicembre 2015 alle 12:40 pm
Be… sì… certo.
Cioè: Siddharta oltre che la casa/famiglia ha lasciato pure la foresta. E questo secondo lasciare è stato più importante.
Il fatto che in @83 non si parlasse di foreste ha complicato un po’ le cose.
Grazie.
17 Dicembre 2015 alle 2:57 pm
@mym85:”se tu poni il dogma del dubbio contro il dogma della certezza… finisce a mazzate.”
Charlie Hebdo?
@HMSX78.: “Non si può credere a ciò che si vuole: l’ignoranza è ignoranza”
Secondo me già il solo fatto di credere a qualcosa è “ignoranza”. Non importa cosa sia quel “qualcosa”. Ovvero: quando uno si dimentica che il suo schema di pensiero (indipendentemente dal suo grado di efficacia nel non produrre sofferenza per sè e per gli altri) non è che un utile mezzo di interpretazione, è già “fuori”. Nè più nè meno di quel palo in c..o del blog che parla di “meri sussurri satanici”.
“così come è vero che la Terra gira”
Ad esempio secondo me qua sei mano nella mano col tuo amico Hosh dar Dam.
E’ vero che la terra gira finchè rimaniamo all’interno del nostro modo di interpretare la realtà (utilissimo, per carità). Ma fuori da quello boh, non so. Mi pare solo uno dei tanti punti di vista utlizzabili. Secondo me quello che dicevano i contemporanei di Galileo non era “sbagliato”, solo che ci credevano un po’ troppo.
17 Dicembre 2015 alle 3:52 pm
Però… un dogma è una certezza apodittica per definizione: un eventuale “dogma del dubbio” contraddice se stesso, non vedo come possa sussitere. Il dubbio è un metodo di indagine, la certezza è conclusiva (anche se non necessariamente definitiva, può rinnovarsi) appartengono a due piani differenti. Il problema, forse, se problema c’è, è nel perchè si pone in dubbio, e nel rapporto che si instaura con la certezza (chi rivendica il copyright sulla certezza si rivela alquanto dubbioso della sua evidenza).
17 Dicembre 2015 alle 5:06 pm
Ciao Fago.
In questo caso lascerei da parte Charlie. A meno che non li si voglia far passare per campioni del metodo del dubbio.
Quello che intendevo l’hai colto, portando (molto scomodamente) a esempio quelli che sostenevano (sostengono?) che Galileo aveva (ha) ragione e basta.
La critica che ho portato a Hsmx era fatta pensando al dialogo. Sì che lui ha esordito dicendo che si era “messo a trollare un sito di sunniti ortodossi” per cui apparentemente la sua finalità non era propriamente dialogica, se non in senso provocatorio o semplicemente distruttivo. Però poi non solo si è messo a dialogare ma ha riportato qui le tracce per farcelo vedere (ammirare?). Per cui: come troll un lavoro scarsino perché l’han beccato al quarto quinto commento, come dialogante…
PS: non ho capito che cosa c’entra hosh dar dam, la pratica della respirazione secondo i sufi, se non sbaglio.
17 Dicembre 2015 alle 6:06 pm
Hosh dar Dam è il “nome” della persona con cui HSMX ha avuto quell’amabile e fraterno scambio di opinioni. Non sapevo fosse una pratica sufi. Comunque HMSX, se mi fai uno squillo la prossima volta che trolli un sito ortodosso ci organizziamo per un fuoco incrociato 🙂
17 Dicembre 2015 alle 6:16 pm
Grazie, non mi ero neppure accorto del nome dell’interlocutore.
L’ho come tenuto lontano, rimosso, annullato.
L’ho lasciato nel buio.
17 Dicembre 2015 alle 9:01 pm
“…la prossima volta che trolli un sito ortodosso”: dove pensate di essere e che cosa pensate di fare qui? 😕
17 Dicembre 2015 alle 10:49 pm
Facciamo i Bloodysattva, che mangiano germi di Buddha a colazione col muesli e poi si spaparanzano sul divano raggiungendo vette mistiche mai esplorate prima, grazie alla loro costanza nel coltivare ciò che permette di dare origine ad una C(h)anna bella potente.
Va bene, mi sa che la posso anche smettere
18 Dicembre 2015 alle 9:06 am
Bravo!
18 Dicembre 2015 alle 9:19 am
Fago @90.
Penso che la proibizione del dubbio nell’islàm sia un metodo, forse non raffinatissimo, di eliminare ogni ragionamento, congettura, opinione, credenza personale riguardo alla “cosa”.
In questo caso, essendo l’obiettivo qualche cosa di condivisibile, il discorso può vertere sul metodo.
Forse in quel modo c’è uno spiraglio per il dialogo.
Dopo tutto anche dalle “nostre parti” è detto “vuolsi così Colà ove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”.
18 Dicembre 2015 alle 10:39 am
A proposito di dubbio, inteso come metodo per il dialogo e non come clava per il troll – leggo:hmsx@79 “i popoli non possono vivere senza una copertura religiosa che è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo”. Che la dimensione religiosa sia costitutiva nell’uomo, l’ho spesso sentito dire come fosse un dato di fatto evidente (e.g. R. Panikkar) ma quasi mai argomentare: ne siamo proprio sicuri? A meno di non dare di religione una definizione così ampia da rischiare l’insignificanza, avanzerei un dubbio. Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, ma non tutti accettano di bagnarsi. Zazen è alla portata di chiunque, ma non tutti lo fanno e pur fra coloro che si siedono non tutti lo fanno religiosamente. Preferisco pensare che la dimensione religiosa non sia né costitutiva (mi pare una posizione deterministica) né sovrastrutturale, ma una porta sempre aperta, un passaggio senza sbarra, come usava dire.
18 Dicembre 2015 alle 11:54 am
Tu dici un robo come il tathagatagarbha che se non lo si… vive, se lo si ignora, è come se non ci fosse?
18 Dicembre 2015 alle 12:44 pm
Sì, una cosa del genere. Se non “lo” si vive, dire che c’è (o che non c’è, o che non è una “cosa”) non ha alcun senso. E’ costitutivo sì, se… costituisce.
18 Dicembre 2015 alle 2:03 pm
Però negli aggiornamenti del kernel 3.0 del sistema mahayana -come il file basic detto Discorso di risveglio alla fede secondo il veicolo universale dove, non per dire, è scritto come stanno davvero le cose-, si dice che anche nel caso in cui lo si ignori, non lo si viva, ma si viva a prescindere, quel robo influenza -in bene- la nostra vita.
Saremmo costituiti religiosi a nostra insaputa?
Buddisti a coscrizione obbligatoria?
Oppure il (ri)Costituente, è addirittura Dio? 😯
Magari islamico…
In quel caso Hmsx lo troviamo flambé nei shish kebab… 😛
18 Dicembre 2015 alle 9:10 pm
Grazie del memento. Il robo attiene al piano della certezza (la fede) dove il metodo del dubbio perde i suoi privilegi. Sussiste (per così dire) a prescindere, in quanto non dipende: così non fosse, come potremmo anche solo intuirlo? Il dubbio, invece, esamina il piano del credere, e investiga soprattutto la sua produzione spicciola, la credulità.
Il robo non so che sia, ma non mi fa paura. Temo, invece e assai, i credenti. Specie se credono che il robo sia un dio che, alla fin fine, flamba chi non sta in fila.
19 Dicembre 2015 alle 10:38 am
mym@98:
Ho avuto poche e brevi esperienze di “dialogo con credenti musulmani, ma di spiraglio non ne ho visto manco mezzo. Per il momento mi limiterò a cercare di sopravvivere tra “le suorine che applaudono anche coi piedi”
mym@102:
“dove, non per dire, è scritto come stanno davvero le cose”
Devo confessare che in un primo momento ho avuto un sussulto. Anche in un secondo momento. Nel terzo mi son detto: “Non hai (ancora) letto il testo in questione, meglio magari se sospendi il giudizio”. Nel quarto: “Sei proprio un buddhino”. Nel quinto: “Sarai anche un buddhino..ma il giudizio è ancora in “play” “
19 Dicembre 2015 alle 11:42 am
Fago @104.
Per fortuna qualcuno sussulta.
Terrei il play e lascerei il giudizio. Ci son casi in cui la corte* … non è all’altezza.
*I.e.: noi pollastroni.
Riguardo al dialogo con i muslim, capisco, ci son cose difficili. Non so se ti sei mai seduto davanti a un muro con l’intenzione di lasciar perdere quel buddhino impertinente che ti gira per casa. Mica balle.
Però si fa.
Il dialogo non è per il risultato, è per chi lo fa (cfr. *). Allora c’è risultato.
Con le suorine ho, ancora, un conto aperto. È questione delicata.
19 Dicembre 2015 alle 11:52 am
Jf @103.
Il robo non è di questo mondo, si sa. Per questo non c’è.
Come dici, tutte le volte che c’è arriva qualcuno che pretende di saperne appacchi e qualcun altro finisce flambato. Perché, come pare usasse dire l’accusatore nei processi inquisitori: l’importante non è stabilire se la convenuta è innocente o colpevole, l’importante è bruciare la strega.
Se non c’è, allora niente strega, niente rogo, niente convenuti, niente tribunali, niente inquisizione.
E niente suorine. Ah.
19 Dicembre 2015 alle 2:02 pm
mym@105:
quando mi siedo davanti al muro il buddhino che mi gira in casa si mette a cantare canzoni in dialetto barese suonando le maracas.
E’ un po’ egocentrico, poveretto.
“Il dialogo non è per il risultato, è per chi lo fa (cfr. *). Allora c’è risultato.”
Piccolo cambiamento di prospettiva, thanks
20 Dicembre 2015 alle 5:41 pm
@fago, 90
> Secondo me già il solo fatto di credere a qualcosa è “ignoranza”. Non importa cosa sia quel “qualcosa”.
La fede, cioè “il tener-per-vero degli stati di coscienza”, è una forma diversa di razionalità che permette la risoluzione morale dell’uomo, veicolando verso l’agire. Essa non fa altro che chiudere simbolicamente quello che è rimasto aperto per la ragione: l’oltre sensibile, la parte di questo mondo, di natura, che, per la nostra conformazione limitata, non possiamo conoscere. Il simbolo opera una cesura tra il mondo delle idee e quello fenomenico, e sta propriamente per una opposizione nella continuità, dunque ha carattere arbitrario.
> Ad esempio secondo me qua sei mano nella mano col tuo amico Hosh dar Dam.
Eccolo il nichilista. Siccome niente è vero, tutto è permesso, persino mettere sullo stesso piano una capra come Hosh dar Dam con il sottoscritto. La conoscenza umana ha pieno senso se usata per indagare quella porzione di spazio che ci è concessa abitare: il sistema solare. La rotazione della Terra è un faktum.
> la prossima volta che trolli un sito ortodosso ci organizziamo per un fuoco incrociato
Mi piacerebbe… ma sono troppo occupato a trollare il Vaticano e l’FBI! 🙂
20 Dicembre 2015 alle 5:43 pm
@jf, 99
Ohibò!
La religione è una dimensione costitutiva e ineliminabile dell’uomo perché l’essere umano è mortale. Siccome tutti abbiamo paura di morire, la religione ci aiuta a non averne troppa.
(più o meno Bertand Russell, Essenza della religione, in Dio e la religione, Newton Compton, 2009)
20 Dicembre 2015 alle 5:49 pm
@Hsmx 108: “La fede, cioè “il tener-per-vero degli stati di coscienza”, è una forma diversa di razionalità che permette la risoluzione morale dell’uomo, veicolando verso l’agire. Essa non fa altro che chiudere simbolicamente quello che è rimasto aperto per la ragione: l’oltre sensibile, la parte di questo mondo, di natura, che, per la nostra conformazione limitata, non possiamo conoscere. Il simbolo opera una cesura tra il mondo delle idee e quello fenomenico, e sta propriamente per una opposizione nella continuità, dunque ha carattere arbitrario”
Complimenti.
Forse te l’ho già detto altre volte: saresti un prete con i controcosi.
20 Dicembre 2015 alle 6:11 pm
Prete?
Cardinale. Mi piacciono: il sesso, le auto sportive, i bei vestiti e gli immobili lussuosi. 🙂
20 Dicembre 2015 alle 6:53 pm
Capisco, la parte più dura della faccenda…
22 Dicembre 2015 alle 4:08 pm
@hmsx, 109
Però, fatto salvo il rispetto per il gran vecchio Bertrand, tutti (?) abbiamo paura non della morte ma del pensiero di morire (di paura si muore raramente) e quindi è un dato culturale: ovvero, non una dimensione costitutiva e ineliminabile. Se lo è, lo è al modo in cui lo racconta mym @102, un dato (pre)biologico di cui che si può dire?
Inoltre, che la religione aiuti (serva) a non aver troppa paura di morire pare opinabile, almeno ad ascoltar la voce che proviene dal Getsemani e dal Golgota: e l’uomo non si può dire non fosse religioso.
23 Dicembre 2015 alle 11:58 am
Sempre sia lodato Bertrand Russell per il suo “Perché non sono cristiano”.
Indubbiamente le religioni sono un dato culturale, come attestano templi, chiese, pagode e moschee edificate in tutti i paesi e in tutte le epoche, ma esse hanno anche a che fare con la nostra costituzione psichica. Scrive Freud: “La religione è un’illusione, e deriva la sua forza dal fatto che corrisponde ai nostri desideri istintuali”, “sebbene le illusioni non sono la stessa cosa di un errore, anzi, non sono necessariamente un errore”. La tesi di Freud è che il bisogno religioso non è altro che l’evoluzione del bisogno che il bambino ha della protezione del padre, ossia un sentimento che viene conservato nell’età adulta per l’angoscia che si prova di fronte allo strapotere del fato. L’adulto, a causa della sua impotenza, si ritrova nella stessa condizione del bambino riponendo la sua fede in un essere superiore che lo protegge. La religione diviene una tecnica per lenire la sofferenza del vivere permettendo di risolvere come per incanto gli enigmi dell’esistenza garantendo protezione da parte di un’amorevole Provvidenza, e soprattutto, l’immortalità. [1/2]
23 Dicembre 2015 alle 11:59 am
La fonte della religione sarebbe da rintracciare nel “sehnsucht”. Si tratta in sostanza di un sentimento dell’origine, di cui si può provare una forte nostalgia fatta insieme di senso della mancanza e di desiderio struggente della totalità da cui proveniamo.
L’uomo sente nella sua spiritualità che questa ha una matrice, e chiama questa matrice Dio. Così come è innegabile che l’uomo sia legato internamente all’inconscio, così è innegabile che quell’ente matrice, variamente denominato e qualificato, non sia altro che il resto della natura, tutto quello che è il non-io, per cui la religiosità sarebbe questo legame, secondo l’etimologia della parola “religione”. (cfr Freud, Il disagio della civiltà) [2/2]
Concordo con mym @102, è anche una dato (pre) biologico.
23 Dicembre 2015 alle 12:10 pm
@ Hmsx 115: “Concordo con mym @102, è anche una dato (pre) biologico” cerchiobottismo clericale? 😛
23 Dicembre 2015 alle 12:38 pm
un po’ 🙂
no, non è vero. è che mi sembra una spiegazione plausibile. insomma, dici le stesse cose di Freud senza aver letto Freud. complimenti.
23 Dicembre 2015 alle 12:49 pm
No no no, è Freud che dice le stesse cose… Lui, intelligentemente, mi ha letto 😎