Sab, 15 Dic 2007
Insolitamente per queste pagine, pubblichiamo una richiesta di dialogo da parte di un praticante di zazen. Spesso abbiamo sentito dire che è “proprio ciò che manca” al nostro sito. Ci pareva insulso inventarci interventi fittizi: ora che l’intervento c’è ve lo proponiamo. Chissà se l’argomento smuoverà l’inveterata ritrosia ad intervenire dei nostri lettori?
Mi chiamo River, ho 50 anni, mi sono avvicinato allo Zazen
circa due anni fa guidato da M.Y.M., vorrei raccontarvi la mia esperienza.
Inizio col dirvi che non sono un praticante diligente, frequento senza costanza, le mie gambe sono sempre mal incrociate e tengo spesso gli occhi chiusi…
In definitiva quando faccio ZZ io non riesco mai a sganciarmi dal turbinio di pensieri che affollano la mente, anzi la posizione e il silenzio li amplificano ulteriormente.
Al termine degli incontri nemmeno posso dire di sentirmi più rilassato, come potrebbe accadere a chi fa semplicemente footing ad esempio.
Unico risultato tangibile è un dolore, neanche lieve, alle articolazioni inferiori e alla schiena.
Se poi devo parlare con spietata franchezza dei motivi che mi hanno fatto avvicinare allo ZZ mi vengono in mente solo problematiche interiori, un bisogno di pace mentale e paura dell’età che avanza.
Pertanto, alla base, niente frasi altisonanti del tipo:
“Ricerca della componente metafisica …..” , “Un crescente bisogno di spiritualità, che col tempo è giunto a maturazione …”
Il mio in definitiva è un bilancio fallimentare, certo per colpa mia, vi scrivo solo per sapere se sono l’unico in queste condizioni.
Io penso che “volendo” si possa credere fermamente in qualsiasi cosa, senz’altro io so che se voglio posso riuscire a convincermi di sentirmi meglio facendo ZZ, ma credo che poi tutti “nel bisogno“ siamo in grado di farlo.
A voi dubbi e sentimenti fallimentari vi hanno mai sfiorato la mente?
Se è accaduto, come li avete estirpati, intestardendovi sempre più nello spaccarvi schiena e gambe ?
River
16 Commenti a “Lo zazen di “casa nostra””
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15 Dicembre 2007 alle 4:21 pm
Mi siedo nello zazen da alcuni anni, quasi cinque. Ne capisco ancora poco ma ho cominciato da poco a “vedere” e vivere i buchi che ci sono nei pensieri o tra i pensieri. Secondo me cambia tutto, prima è un’altra cosa. E senza migliorare la posizione si riesce a poco. Scusa ma è tutto quello che ti posso dire.
Et
16 Dicembre 2007 alle 1:43 am
Intanto hai visualizzato ‘il turbinio di pensieri che affollano la mente’, che mi pare il primo e indispensabile passo. Il resto verrà da sé, senza fretta. O quantomeno, questa è la speranza di ogni praticante che diviene gradualmente fede.
Scusa se mi permetto di dire la mia; non è perché io pensi di sapere qualcosa che tu già non sappia, ma perché accomunato a te dall’età, da un corpo irrigidito dagli anni e da una certa affinità emotiva; almeno, così mi è parso.
Stati d’animo come quelli che tu esprimi non sono una rarità: in un certo senso paiono connaturati alla ricerca; il dubbio è il sale, è carburante. Non si tratta di estirparlo, a mio avviso, ma di farlo ardere senza bruciarsi.
Come fare?
Non so, ma ti dico le mie riflessioni.
Il shanga. Per molti anni, se non fossi stato trainato da un’onda di amici, avrei mollato o sarei andato fuori di senno. E anche oggi la mia pratica sarebbe ben misera, senza gli ‘altri’.
Per quelli come me ,e forse come te, cavalli indolenti, una seduta di zz ogni tanto non è sufficiente ad ‘entrare’ nello spirito della pratica. Sarebbe utile concedersi un periodo di ‘vacanza dal mondo,’ in ambiente protetto, ove poter apprendere nelle migliori condizioni possibili. Sì…ci saranno pure anche i cavalli che partono al galoppo al solo veder l’ombra della frusta…ma questo lo sanno solo loro. E …dove andranno mai?
Non meno importante credo sia il rapporto privilegiato con qualcuno che identifichiamo come nostra guida, l’amico spirituale – o il ‘maestro’ come molti amano definire un po’ enfaticamente questo tipo di relazione – colui cioè che ha superato l’esame del nostro spirito critico e della nostra diffidenza, e ci ‘garantisce’ di non operare per secondi fini.
‘Intestardirsi’ è un termine assolutamente eloquente: ricordo ancora di quando fui rimproverato di mettere nella pratica un sforzo intenso ma ‘ottuso’. Non ho più scordato quell’aggettivo: ottuso. Cioè intestardirsi. Tuttavia, senza intestardirsi un po’, non si va da nessuna parte. Cerchiamo di essere testardi, ma non ottusi.
L’età: conta anche quella. Penso che più si va avanti con gli anni, più sia dura iniziare. Un proverbio dice; chi non ha testa abbia gambe. Noi non più giovani dovremmo ribaltarlo: chi non ha gambe, abbia testa.
Cosa significa aver testa? Penso debba significare innanzi tutto sforzarsi di ‘pacificare’ la nostra vita, in modo da non coltivare troppo il senso di colpa e di rivalsa (rancore, emotività, passione…): così potremmo, come effetto collaterale, arrivare allo zendo con l’animo il più possibile sereno e sgombro dai pesi della quotidianità o della nostra ‘storia’ personale. E poi, non aspettarsi nulla di particolare – un riscontro, un risultato – dallo zazen. L’ordinarietà è la dimensione di Buddha. Qualunque ‘di più’ ci rappresentiamo, causa inevitabilmente, prima o poi, frustrazione e disagio. E aggrava le nostre difficoltà. Proviamo a riconsiderare lo stato di Buddha come ordinario, ed invece il nostro disagio, la nostra sofferenza come straordinari. Come ci siamo finiti, in questa situazione?
Infine lo zazen. Se non lo si pratica con una certa diligenza, si perde del tempo. Certo, ognuno ha il suo metro di ‘diligente’: ma quando mettiamo zazen al primo posto dei nostri valori, la nostra disposizione diviene più diligente. Senz’altro.
17 Dicembre 2007 alle 7:47 am
Anch’io ultimamente non riesco a praticare senza il dolore alle ginocchia e la necessità di sciogliere la pozizione spesso e vivo nel completo sconforto e la voglia di alzarmi e andarmene definitivamente e abbandonare tutto, sorge in me l’abbattimento e sto lì abbattuto e cerco di lasciar scorrere, con i pensieri di ogni genere, ultimamente con un senso di solitudine abissale. Effettivamente non so come fare e cosa fare, non saprei aggiungere altro.
Un saluto
18 Dicembre 2007 alle 1:24 am
Caro River,
la tua franchezza è stimolante e di questo ti ringrazio. Francamente non vedo niente di particolarmente eccezionale nel resoconto della tua esperienza: mi pare generalmente condivisa dai più, con modalità e tempi differenziati secondo i caratteri e le circostanze: il senso di fallimento non è certo un problema, si tratta di renderlo anche salutare anziché semplicemente frustrante. Col passare degli anni comincio a pensare che lo zazen sia in gran parte quello che sembra: una posizione del corpo a volte molto scomoda, più per alcuni che per altri per motivi anatomici, a volte assai confortevole (ebbene sì, succede anche questo) a cui comunque è estremamente difficile adeguare la posizione dello spirito, mente, cuore, psiche e via dicendo. Due anni di pratica discontinua, come tu la definisci, ritengo siano pochi per tirare bilanci, ma forse possono bastare per capire se ti va di continuare oppure no, quali che siano le motivazioni occasionali. Non saprei che ricette in cui credere consigliarti, ma forse, dato che esordisci dicendo di “esserti avvicinato allo zazen”, puoi anche verosimilmente dire che lo zazen si è avvicinato a te: chissà che se lo ascolti con più attenzione, con un po’ più di costanza e con gli occhi aperti non abbia cose più interessanti da dirti. Prova a considerare il fatto di poterti sedere in zazen, con la compagnia di altri amici e la guida di una persona come MYM, come una fortuna, e non come una frustrazione, anche se non sapresti dire neppure a te stesso perché mai dovrebbe essere una fortuna: non ti costa niente e chissà che non ti aiuti a vedere anche altre prospettive. Un caro saluto e tanti auguri. Giuseppe
18 Dicembre 2007 alle 8:51 pm
Voglio rispondere ai quattro commenti ricevuti .
Comincio col ringraziarvi per la gentilezza con cui avete accolto il mio intervento , sinceramente mi aspettavo qualche frase del tipo :
“Di che ti lamenti , te l’ha ordinato il medico di fare zz ? …”
Invece arrivate voi , con consigli da amico .
Ringrazio ET , in poche righe mi suggerisce che “qualcosa” inizia a vedere e vivere , grazie ad una pratica composta ( cura nella posizione ) e costante .
Grazie a “Doc” e Giuseppe che mi danno buoni consigli e incoraggiamenti senza usare argomentazioni o linguaggi troppo accademici .
Ultimo ( ma non per ordine di importanza ) un grazie a Roccia che è nelle mie condizioni ( e per questo lo sento particolarmente vicino ) .
Non sa darmi suggerimenti e mi offre quel che può , la sua solidarietà .
Vorrei poter contraccambiare , davvero , ma io non possiedo proprio nulla .
Grazie tante , spero di non perdervi , fatevi risentire
Ciao
18 Dicembre 2007 alle 11:17 pm
Questa sera a “Katori” il maestro ha citato che bisogna essere sempre all’altezza delle situazioni anche nella sconfitta. Chi mette il cuore penso lo sia sempre. grazie a te River.
Ciao
19 Dicembre 2007 alle 5:44 pm
Anch’io vorrei ringraziare River, per aver aperto questo interessante dialogo e per avermi dato di conseguenza l’opportunità di riflettere su alcune importanti questioni .
A risentirci presto
doc
19 Dicembre 2007 alle 7:14 pm
Però. Non l’avrei mai detto che si sarebbero accumulati 7 commenti sette. Voglia di partecipazione? Mostrarsi in pubblico? Solidarietà? Argomento stimolante? Anch’io anch’io? Chissà.
Certo a casa nostra “da sempre” si fa zazen. Non c’è dubbio che siamo tutti (noi, quelli che fanno zazen) partecipi della stessa storia ma sul filo di questa storia siamo saliti in momenti diversi. Anche per questo il panorama che ciascuno di noi vede ora è diverso da quello visto dagli altri. Confrontare, palesare i panorami su internet (non dimentichiamo dove siamo), davanti a tutti, può avere senso? Non dico di no.
Grazie
mym
21 Dicembre 2007 alle 11:06 pm
Approfitto dell’occasione che ci viene offerta… per questa volta, poi non saprei. Lo faccio con solidarietà nei confronti di River, che ringrazio ed al quale dico di trovarmi anche io in una situazione simile alla sua. Scoprii lo ZZ nei primi mesi del 2004 (mi sembra!)per reazione ad una esperienza spirituale che stavo vivendo da anni e che mi era diventata sempre più asfissiante. Semplicemente iniziai a starmene quieto da seduto su di un cuscino, davanti ad un muro, come poi questa “cosa strana” si chiamasse lo seppi mesi dopo, dopo aver letto uno dei testi scritti da MYM. Da allora nella pratica dello ZZ ho incontrato tutta la mia incostanza e molti dolori, alle gambe, alle anche, alla schiena… Non ho consigli o ricette da dare, non mi sembra nemmeno che ne esistano, ognuno eventualmente ha le prorie motivazioni e risposte da trovare e sentieri da percorrere. Dallo ZZ fino ad oggi ho imparato semplicemente a riconoscere che la mia testa era intasata da una moltitudine, un turbinio di pensieri e che questi sono un qualcosa che possono condizionarmi molto, pur non essendo tangibili e presenti soltanto nella mia mente…
23 Dicembre 2007 alle 10:27 am
Caro Max è un piacere leggere la tua mail sintetica, sincera ed eloquente, anche a te va il mio ringraziamento e colgo l’occasione per salutare Doc, Et, Giuseppe e Roccia.
In ultimo vorrei aggiungere che mi rendo conto dei motivi tecnici per cui non è possibile creare un vero e proprio “blog-Zen”.
Noi non siamo un gruppo appassionato di gastronomia, dove potersi scambiare ricette in continuazione o indicazioni sull’ultima trattoria visitata.
Pertanto credo che questo scambio di opinioni sia stata una piacevole e proficua avventura, finita presto, come spesso accade per le cose belle.
……… però mi dispiace.
river
22 Febbraio 2008 alle 11:44 pm
Ho cominciato a praticare meditazione zen nell’1982 , a casa di un liutaio , discepolo di Guareschi.Ricordo parecchie persone sedute su coperte arrotolate sotto i violini appesi come panni ad asciugare . Poi è nato il dojo a Verona in via Filippini, a venti anni si hanno grandi entusiasmi e grandi delusioni .Seshin a Verona ,a Fidenza . Periodi di grande pratica si sono alternati a periodi di nulla . Poi c’è stato l’incontro con il Cristianesimo , la fede Cattolica . Ma sempre praticando zazzen . La nascita della comunità La croce ed il nulla dove ho soggiornato per un po’ di tempo. Il mio ritorno alla vita normale , fidanzamento , matrimonio ,lavoro , passaggio alla fede riformata . Ho comunque continuato a praticare meditazione . E dopo l’11 sttembre si è sviluppata in me la sfiducia nell’ idea di Dio . Dio non migliora il mondo. Forse lo peggiora : guerre di religione ,scontri culturali. Meglio il nulla,meglio il buddismo , niente Dio : Cercare solo di superare la sofferenza , propria e del Mondo . Sono giunto a considerarmi ateo , il cerchio si è chiuso,ma comunque sempre zazzen davanti al muro, bianco . La pratica più dura per me è stata da solo, in un eremo camaldolese , un giorno completamente solo. NOn c’era nulla a cui attaccarsi , la stanza spoglia , nessuno con cui condividere nemmeno lo sguardo.Il mal di gambe , il mal di schiena , in fondo la nostra esistenza è già così dura , la nostra solitudine così grande , perchè torturarsi ancora di più con i sensi di colpa .Negli anni il mio cammino religioso non è andato molto avanti . Non ho incontrato il maestro , non sono diventato monaco ,non ho raggiunto l’illuminazione ,non ho trovato la grande fede con la F . In fondo un vero fallimento , ma continuo comunque a praticare , Il mattino quando non sono troppo stanco , o la sera . Il mio zafu ha più di venti anni , ed è logoro e lucido , un po’ come me ,più vecchio ma forse un po’più consapevole . In fondo zazzen non è un gioco , esattamente come la vita ma come essa estremamente prezioso . Va curato e nutrito come la pupilla dei propri occhi.
23 Febbraio 2008 alle 1:40 am
Un vero ‘sangha virtuale’ pare prendere forma in questa pagina.
Parafrasando mym, non dico che abbia senso. Ma perchè no? nel nostro piccolo si fa girare un po’ anche noi la ruota del dharma. Sperimentale.
Ai tempi del Budda non c’era internet?
Un grazie ed un saluto a tutti
23 Febbraio 2008 alle 11:46 am
Caro Fradamiano, se dici “Non ho incontrato il maestro, non sono diventato monaco, non ho raggiunto l’illuminazione, non ho trovato la grande fede con la F” mi pare che il tuo cammino non sia andato indietro. Se parli di fallimento allora forse ne parli sul piano mondano. Dove ruggine e tignola fanno il loro lavoro.
Se il tuo zafu è così mal ridotto, poveretto: sarebbe ora di rinnovarlo…
Ciao
mym
23 Febbraio 2008 alle 4:34 pm
Ho imparato a cucirmeli da solo, adesso incomincio a farne uno per mio figlio, ma permettimi di essere anche un po’ affezionato al mio vecchio . un po di attaccamento ci vuole.
21 Dicembre 2011 alle 1:24 am
c’e un luogo a verona dove si pratica zazen?
21 Dicembre 2011 alle 12:41 pm
Buongiorno, vedo se c’è un luogo, un gruppo, una persona che mi sento di consigliarle e le scrivo
mym