Lun, 22 Ott 2007
Pubblichiamo una lettera inizialmente concepita per non essere diffusa fuori dagli ambienti istituzionali del Soto Zen. Dopo approfondita ponderazione abbiamo invece deciso di renderla pubblica. Pensiamo che alcuni aspetti del suo contenuto possano essere di chiarimento per coloro che hanno rapporti con lo Zen in quanto istituzione o abbiano, a vario titolo, interesse ai meccanismi in base ai quali si preparano e si certificano i monaci zen nella scuola Soto
Ufficio Europeo del Soto Zen,
Parigi.
Come gentilmente richiesto nella lettera d’invito all’inaugurazione del corso, Vi trasmettiamo le nostre considerazioni a proposito dei tempi e dei modi con cui si sta procedendo all’organizzazione del primo corso (ango) europeo per il clero previsto alla Gendronnière da settembre a dicembre 2007.
Proponiamo il nostro punto di vista sia riguardo ad alcuni aspetti rilevanti del presente sia sulle future possibili prospettive nelle relazioni istituzionali tra l’Ufficio Centrale del Soto Zen giapponese ed il Buddismo Zen europeo.
1. Osservando i preparativi ed i programmi relativi al primo ango europeo, pensiamo che la strategia con la quale si sta muovendo la Direzione Centrale del Soto Shu conduca a trapiantare in Europa, con minime variazioni, il sistema giapponese di formazione del clero, ovvero l’istruzione che i religiosi giapponesi ricevono nei senmon sodo (monasteri per la formazione del clero).
Se le cose stanno nel modo da noi paventato, riteniamo sia un errore da un punto di vista religioso, culturale e storico insieme. Non intendiamo mettere qui in discussione il sistema di preparazione del clero del Soto Zen in Giappone, tuttavia è evidente che il metodo giapponese di educare il clero ha come obiettivo quello di condurre i monaci giapponesi a seguire la tradizione culturale e religiosa del loro Paese, che non in tutti i suoi aspetti è necessariamente una tradizione legata al Buddismo Zen.
L’Europa è un mondo totalmente diverso. Lo possiamo dire sulla base della nostra esperienza di monaci zen europei che hanno vissuto e seguito l’educazione per il clero Soto Zen giapponese, in Giappone, nei monasteri scuola, i già citati senmon sodo, seguendo completamente l’iter e le regole della scuola giapponese.
Affinché si possa genuinamente sviluppare lo Zen in Europa dobbiamo creare l’atmosfera per lasciar nascere a poco a poco una nuova sensibilità, un nuovo linguaggio, un nuovo sistema educativo.
Dobbiamo dare spazio al fiorire di una esperienza, a una possibilità dello zen che interagisca sulla base della cultura europea; se invece importeremo un sistema clericale istituzionale dal Giappone andremo nella direzione opposta.
Non abbiamo bisogno di una vecchia chiesa giapponese in Europa, dove già ci sono molte, forse troppe chiese: abbiamo bisogno di uno spirito nuovo per rinnovare questo mondo vecchio e malato, all’Est come all’Ovest.
Così non abbiamo bisogno del precisissimo sistema giapponese di calcolare il rango dei religiosi, del sistema giapponese di determinare le carriere religiose né del sistema di certificazione dello status del clero secondo criteri nipponici.
Tra Giappone ed Europa non c’è la stessa relazione che -nel Medio Evo- vi fu tra Cina e Giappone perciò l’Ufficio Centrale della Scuola Soto di Tokyo non può considerare quell’antica relazione come lo standard per gestire la situazione attuale. Temiamo che questo non sia sufficientemente chiaro sia da parte giapponese sia da parte europea.
Sono stati necessari parecchi secoli per poter giungere all’attuale forma organizzativa della Scuola Soto in Giappone e per formarla nella realtà culturale e sociale del Giappone: anche noi avremo bisogno di molto tempo perché vi sia qui in Europa un genuino sistema educativo per i monaci plasmato nell’argilla spirituale europea.
Pensiamo che la Direzione Centrale di Tokyo e l’Ufficio Europeo del Soto Zen abbiano troppa fretta riguardo a questo punto così delicato e che la maggior parte delle decisioni siano prese soprattutto da un punto di vista giapponese e su considerazioni della stessa provenienza. Una volta che si sarà imboccata una certa direzione sarà molto difficile, o addirittura impossibile, modificare quella direzione e le scelte che essa implica.
2. Come è noto, sono necessari molti anni -meglio: tutta la vita- per educarsi ad una vita che si conformi allo zen; questo deve accadere all’interno dell’atmosfera religiosa, culturale, psicologica corrispondente alla natura delle persone di quel particolare Paese. La storia del buddismo ce lo insegna chiaramente. Nessuno può pensare che sia possibile educare un monaco zen, in Europa, grazie a qualche periodo di tre mesi trascorso in un centro di pratica organizzato in stile giapponese.
Se il sistema educativo giapponese per il clero è efficiente e adatto al Giappone, questo lo si deve al fatto che è immerso completamente all’interno della società e dello spirito giapponese.
Abbiamo molte cose da imparare dalla tradizione zen giapponese ma non il nuovo sistema educativo che si deve formare sulla base dell’incontro tra lo spirito dello Zen e la cultura europea e non sulla base dell’incontro tra la cultura giapponese e lo spirito religioso europeo. Questo sarebbe un terribile errore.
Per imparare come gestire i riti e le cerimonie, parte importante di una tradizione, non abbiamo bisogno di specifici corsi monastici, è sufficiente continuare ad organizzare seminari di due/tre giorni, come l’Ufficio Europeo del Soto Zen ha egregiamente fatto sino ad ora. I monaci ed i praticanti zen ricevono già un’educazione nelle loro comunità, templi, sale di pratica. Il modo di portare a compimento questo tipo di educazione non è nel trascorrere qualche mese in un centro di pratica di stile giapponese situato in Europa invece che in Giappone: molto presto la motivazione a partecipare a queste esperienze educative sarà condizionata dal desiderio di ricevere qualche tipo di certificazione o qualifica. Nessun tipo di certificazione, non importa quanto alto sia il suo livello, ha mai contribuito ad educare qualcuno, specialmente in campo religioso. Se volete aiutarci, per cortesia, prima considerate che cosa già da 30-40 anni stiamo facendo sul piano dello zazen e prendete la direzione di favorire in Europa la nuova vita di un’antica religione universale, lasciando da parte gli interessi limitati e particolari di una chiesa nazionale.
3. È nostra forte impressione che tutte le decisioni importanti a proposito dell’Europa siano prese dall’Ufficio Centrale del Soto Zen, in Giappone, avendo presente la situazione e gli interessi dell’istituzione clericale giapponese e non la realtà europea e i suoi bisogni.
Pensiamo che il clero europeo del Soto Zen e l’istituzione del Soto Zen Shu giapponese condividano le stesse responsabilità nell’insufficienza di sforzi per una vera cooperazione: le istituzioni clericali giapponesi continuano a guardare dalla prospettiva di un’istituzione nazionale mentre i religiosi dello zen europeo non pongono con sufficiente chiarezza le loro istanze e sembrano accontentarsi di ricevere qualche documento che certifichi il loro status.
Speriamo, per quanto possibile in una lettera, di aver esposto con sufficiente chiarezza il nostro punto di vista e che comprendiate perché non abbiamo inteso cooperare alla realizzazione dell’ango organizzato alla Gendronnière.
Abbiamo voluto esplicitare queste considerazioni perché rispettiamo il lavoro di tutti coloro che vi sono coinvolti, anche se non ne condividiamo la forma e le finalità e riconosciamo gli sforzi e i sacrifici personali di coloro che tentano di sviluppare corrette relazioni tra l’antica tradizione zen giapponese e la nuova realtà zen europea.
Cordialmente
Massimo Daido Strumia, Giuseppe Jiso Forzani, Mauricio Yushin Marassi
Un Commento a “Uno sguardo dal ponte”
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13 Gennaio 2008 alle 6:53 pm
[…] Da settembre a dicembre del 2007, il Soto Zen Shumucho, braccio amministrativo di quella piramide di potere, ha organizzato in Francia la prima ango europea, pare proprio con l’intento di riprodurre in Europa lo stesso meccanismo all’interno del quale lo zen giapponese è una holding di amministrazione del lutto, le cui filiali sono i singoli templi. Quando l’ango europea era ancora in preparazione, Jiso Forzani, Daido Strumia ed io avevamo inviato una lettera all’Ufficio europeo del Soto Zen, in cui sconsigliavamo di procedere in quella direzione. Ora, ad ango conclusa, pubblichiamo l’intervento di Jiso Forzani alla riunione di chiusura. Riunione nella quale vi è stato chi, come Pierre Dokan Crepon, dendo kyoshi (un rango tra quelli ora detti, appositamente studiato per gli occidentali) direttore del centro zen di Vannes, auspica una continuazione delle ango per contrastare “l’anarchia spontaneista” che a suo dire dilagherebbe tra i praticanti zen. Vi sono stati altri, come Jean Pierre Taiun Faure, dendo kyoshi, direttore del tempio Kanshoji a Limoges, che auspicano senz’altro che le prossime ango “rilascino attestati ai partecipanti in modo da certificarne la maestria”. Se quello che sta accadendo proseguirà nella medesima direzione, avremo un Soto Zen europeo di rito confuciano giapponese. Il buddismo occorrerà cercarlo altrove. […]