Mer, 10 Nov 2010
A metà ottobre, organizzato dall’Ufficio Europeo del Soto Zen, si è svolto alla Gendronnière, un castello tra i boschi presso Blois, il seminario dedicato alle prospettive dello zen -in particolare il Soto Zen- in Europa. È la prima volta che ciò accade: i seminari del Soto Zen sino ad ora erano stati dedicati allo studio dei riti e delle cerimonie canoniche, in particolare le ordinazioni di vario livello. Da questo punto di vista, quindi, vi è certamente uno sviluppo, una
differenza marcata con il passato. Le relazioni seminariali sono state tenute da Pierre Dōkan Crepon (1° da sin. nella foto), francese, responsabile del tempio Kokaiji a Vannes e proprietario direttore della casa editrice Editions Sully. Da Fausto Taiten Guareschi (4° dall’alto), italiano, rsponsabile del monastero Fudenji. Da Eric Rommeluère (2° da sin.), francese, per lungo tempo responsabile di un centro zen a Parigi, ora in una fase di riflessione. Da Isshō Fujita (1° a dx), già monaco residente di Antaiji, poi responsabile del Valley Zendo in Massachussets, attualmente responsabile del Soto Zen International Center di San Francisco. Da Carl Bielefeld, professore di buddismo dell’Estremo Oriente (in particolare Dōgen, di cui è uno specialista) presso l’Università di Stanford e responsabile del Soto Zen Text Project. La cosa, difficile da concepire e ancor più da organizzare soprattutto per la deriva creatasi in anni di consuetudini e per l’impossibilità di far parlare tutti creando perciò disparità e mugugni, fu mirabilmente organizzata da Jisō Forzani (al centro, in piedi), direttore dell’Ufficio Europeo; ecco il suo discorso introduttivo. Dell’evento vi offriamo alcune valutazioni dopo un sunto, in francese, delle 5 relazioni, un’analisi approfondita -vera e propria controrelazione- in spagnolo, e qui a seguire la mia breve opinione sull’insieme.
A poco a poco si chiariscono le aspettative secondo le quali ognuno vorrebbe che…
il buddismo zen si sviluppasse in Europa. Da un lato l’esigenza di sicurezza spinge affinché l’Istituzione tutto abbracci e contenga. Dall’altro, la manifestazione normalmente anarchica dell’uomo dello spirito.
Storicamente lo zen nasce e si rigenera come espressione di libertà, priva di contenitore regolato. Non è obbligatorio che si riconosca per sempre neppure nel buddismo. Per ora è così, domani chissà.
Vi è molto da imparare e nulla da insegnare, l’Istituzione può sussistere sensatamente purché non valichi questo limite. Se tenta di superarlo, allora deve rinunciare all’appellativo di “buddista” e ancor più a quello di “zen”, affinché i nomi mantengano un legame con le cose. Se invece pretenderà di possedere lo stampo delle inesistenti chiavi del senso mantenendo un nome -a quel punto- falso, sarà abbandonata; inutile carcassa che trascina i suoi anni blandita dagli inconsapevoli.
352 Commenti a “Il futuro dello zen”
Se volete, lasciate un commento.
Devi essere autenticato per inviare un commento.
13 Novembre 2010 alle 12:39 am
leggo maleissimo francese e spagnolo, quindi può essermi sfuggito il riferimento.
Cosa intendi con Istituzione?
13 Novembre 2010 alle 5:47 pm
Più o meno questo:
“L’istituzione è una forma di aggregazione sociale, organizzazione, meccanismo, struttura sociale, che governa il comportamento di due o più individui, ed è caratterizzata da modelli di comportamento che, grazie al processo di ripetizione, tipizzazione ed oggettivazione, si sono cristallizzati in ruoli all’interno della società. L’istituzione è qualcosa di più generale di un ente, è un comportamento oggettivato. L’oggettivazione può avvenire tramite due tipologie di strutture:
* le strutture visibili (organizzazioni pubbliche e private oppure gruppi primari come la famiglia)
* le strutture simboliche (i contenuti culturali condivisi come l’inno nazionale, i rituali come i riti religiosi ed il linguaggio come la lingua italiana).”
… e molto altro, per questo ho usato la lettera maiuscola. L’istituzione che ospita i tuoi commenti ringrazia, mio tramite, per la tua partecipazione.
13 Novembre 2010 alle 7:48 pm
Mi chiedono le relazioni in italiano. Le lingue ammesse al seminario erano inglese francese e giapponese… Niente italiano purtroppo.
13 Novembre 2010 alle 9:32 pm
già, perché in italiano chi non avrebbe compreso e apprezzato frasi del tipo…
“L’istituzione è una forma di aggregazione sociale, organizzazione, meccanismo, struttura sociale, che governa il comportamento di due o più individui, ed è caratterizzata da modelli di comportamento che, grazie al processo di ripetizione, tipizzazione ed oggettivazione, si sono cristallizzati in ruoli all’interno della società. L’istituzione è qualcosa di più generale di un ente, è un comportamento oggettivato”…..
13 Novembre 2010 alle 11:50 pm
Il dibattito è quasi sempre un modo per arricchire il proprio essere, quindi, comunque, l’occasione era ottima, così come il tema della medesima.
Ognuno ha parlato presentando la propria posizione attuale, questo si deduce.
Forse, il tema voleva essere più terra terra, che non significa meno importante…tutt’altro, mentre i relatori hanno indicato la loro posizione personale senza allargarsi troppo e senza entrare nel “terra terra”, come probabilmente avrebbe voluto il tema dell’incontro.
Sugli interventi, apprezzo particolarmente quello di Fujita e Guareschi (per Fausto, si deve praticare per 300 anni, tre secoli, alla giapponese, poi, eventualmente fare degli aggiustamenti), per il resto, è evidente che la dominante QUI E ORA E’ DIVERSO PER OGNUNO, domina e continuerà a segnare i prossimi decenni e in questo caso, il QUI ED ORA, ha una valenza non positivissima, vale a dire che ognuno resta sulle proprie posizioni che riproducono il proprio grado di esperienza…
Comunque, ottima occasione e grazie per averlo postato.
14 Novembre 2010 alle 2:37 am
Per mym e le “considerazioni”,
l'”Istituzione” Zen, ha un compito primario e ineludibile, proteggere e tramandare lo zazen (praticandolo ovviamente).
Poi, quasi tutti sanno che l’insegnamento è lo zazen, il resto sono dettagli, contingenze, decorazioni, coproduzione…
Poi, trovo delle tautologie in quello che dici, il buddismo è lo zen, ergo come può lo zen liberarsi del buddismo?
Oppure, il buddismo è il Dharma (ordine dell’universo), come si può andare “oltre” ciò?
Intendendo per Dharma la realtà proprio tale e quale essa è, vale a dire illuminata, è evidente che in quel processo delle cose tutte le categorie cadono e resta solo, appunto, la realtà così come è.
Non si può “ingabbiare” lo zazen. Quindi ovunque si pratichi regolarmente zazen non potranno mai sorgere quelle istituzioni tanto temute.
Il problema è un altro, come proteggere lo zazen? In che modo oggi? Qui sta la sfida.
E le risposte attengono alle sensibilità ed esperienze personali come gli interventi dei vari relatori dimostrano.
Lo Zen senza buddismo è una utopia perchè il buddismo è l’universo stesso, il Dharma eterno.
14 Novembre 2010 alle 11:31 am
(@ dhr 4) Perché, come definizione non ti ficca?
14 Novembre 2010 alle 11:34 am
Ciao Nello, proprio perché non si può ingabbiare lo zazen l’Istituzione non c’entra nulla. Nè nel proteggere né nel tramandare. Quanto poi al praticarlo… mai vista un’istituzione “fare” zazen?
Se il buddismo fosse lo zen uno dei due sarebbe di troppo.
14 Novembre 2010 alle 11:38 am
Per me..
Che cosa voleva testimoniare il buddha?
Quel senso è ancora presente nella pratica oggi?
Quale senso per l’uomo oggi: “pour quoi faire”?
SE quel senso si manifesta principalmente come testimonianza, se la radice si esprime attraverso i frutti, quali frutti si sono realizzati oggi?
Le istituzioni oggi, sono mezzo o fine?
I suoi rappresentanti sono testimoni dell’ottuplice sentiero, facilitatori di liberazione, manifestazione delle-nelle “tre menti”?
Se si allora è bene conservare
Se no allora..come diceva Ippocrate: “primo non nuocere”
14 Novembre 2010 alle 11:42 am
“Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
Bella domanda.
Qualcuno si vuole avventurare?
14 Novembre 2010 alle 11:47 am
Dimenticavo: segnalo -perché l’ho postato in un secondo tempo- che è disponibile il Discorso introduttivo al seminario, di Jiso Forzani. In italiano, selbstverständlich.
14 Novembre 2010 alle 11:47 am
@mym 7
Di per sé la definizione può andare, ma l’arte di sbrodolare paroloni & definizionissime la lascerei ad altri…
14 Novembre 2010 alle 11:49 am
Ben volentieri.
Tu come avresti risposto?
14 Novembre 2010 alle 11:50 am
Non avrei risposto.
Il Silenzio fa molto togo.
😛
14 Novembre 2010 alle 11:59 am
‘azz, touché!
Ma solo perché non so che cosa vuol dire “togo” altrimenti due pagg di definizione non te le toglieva nessuno… 😉
14 Novembre 2010 alle 12:17 pm
A me la definizione di istituzione piace – si potrebbero intendere gli uomini come ‘istituzioni’ della natura – però in Italia c’è questa bolla dell’ eterno-ritorno-dell’uguale – con licenza parlando un gioco per bambini scemi – da più o meno una decina d’anni..e la chiamano “grande politica”! Aver fornito degli “argomenti ideologici (?!)” non mi attribuisce certo una responsabilità oggettiva per il disastro in corso. Occorre un presupposto fondamentale per prendere sul serio un 23enne: essere fondamentalmente malati! Ecco, l’ho detta…che cosa si testimonia? Ci penso..
Si stima che i templi buddisti giapponesi scenderanno da 76mila a 6mila nei prossimi 50anni.
Il presente è sempre più oscuro.
14 Novembre 2010 alle 12:27 pm
“Si stima che i templi buddisti giapponesi scenderanno da 76mila a 6mila nei prossimi 50anni”, vero, i giapponesi si sono rotti gli zebedei di fare ciccìcoccò al tempio buddista e non pagano più ricche parcelle agli officianti. Il fatto è che, ancora, non hanno un sostituto altrettanto… soddisfacente? Soporifero? Funzionante?
Chissà in quanti si saranno mai chiesti: “Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
14 Novembre 2010 alle 12:28 pm
Buddha si sottrasse sempre da disquisizioni astratte che gli parvero inutili e formulò la parabola dell’uomo ferito da una freccia che non se la lascia estrarre prima di sapere quali siano la casta, il nome, i genitori e il paese del feritore. Comportarsi in tal modo, disse il Buddha, è correre il rischio di morire; io insegno ad estrarre la freccia.
# 16 Accidenti! : essere essenzialmente malati! Insomma la sostanza è quella…
14 Novembre 2010 alle 1:11 pm
Sempre coraggioso Hmsx, grazie.
14 Novembre 2010 alle 1:44 pm
Non so. Per rimanere “terra-terra” m’avventuro…Buddha testimonia la via che conduce a se stessi e, invero, dentro la propria grandezza dove per grandezza intendo il legame con le anime individuali, collegate – connesse – in modo indissolubile anche se separate fisicamente nello spazio, e qualunque sia la distanza che li divide o ovunque siano nell’Universo. Ciò è più evidente quando le stesse compartecipano consapevolmente alla evoluzione dello Spirito “condividendosi” e contribuendo alla generazione di una Realtà fatta di Gioia autentica.
14 Novembre 2010 alle 4:29 pm
Ho deciso di farmi lapidare (o impallinare, dipende dalla vs cattiveria).
Mi vien da dire che il Buddha ha testimoniato in primo luogo il qui ed ora: ed un modo per realizzarlo.
Anche se è vero che il qui ed ora è diverso per ognuno, questa rimane una affermazione monca se non si aggiunge anche che è uguale per tutti. Ovviamente dipende dal motivo per cui si fa quella affermazione in quel dato contesto.
14 Novembre 2010 alle 4:30 pm
La defecazione o la respirazione sono, è vero, diversi per tutti: non sto a descrivere le varietà possibili di questi atti fisiologici, non qui almeno. Tuttavia è anche vero che possiedono un quid, un minimo denominare comune, che rende l’esperienza la stessa per tutti. Tanto che, se dico defecare, tutti ‘sanno’ di cosa sto parlando, anche se riconoscono una gamma di modalità e sfumature diverse a seconda dei casi. In questo senso, defecare è universale, è uguale per tutti.
Idem per ‘adesso’ o ‘qui ed ora’ che dir si voglia. Un momento di presenza mentale, se e quando capita, si caratterizza a mio avviso in modo inequivocabile. L’intensità di questa presenza può essere forse funzione del soggetto, del suo addestramento specifico: non in quanto questione di abilità, ma in quanto funzione della sua disponibilità a ricevere (ovvero a farsi da parte). E le circostanze la colorano, la caratterizzano: il rumore delle auto piuttosto che il canto degli uccellini. Un muro bianco davanti al naso o la propiocettività corporea di base. Queste circostanze-differenze la diversificano, la rendono diversa per ciascuno. Ma resta pur sempre quella roba lì, il presente che realizza il presente nel presente.
Proprio perché nella sostanza è uguale per tutti, sono migliaia di anni che ce la meniamo e ci confrontiamo. Amiamo per lo più distinguerci e misurarci, e questo è uno dei motivi per cui, invece di fare del qui ed ora il nostro baricentro, ne parliamo mettendone in evidenza le differenze qualitative.
14 Novembre 2010 alle 4:48 pm
In definitiva ogni cosa e ogni essere sono in qualche modo, seppur razionalmente inspiegabile, collegati con tutto ciò che esiste; interagendo condizionano in varia misura, con la loro essenza e il loro comportamento, il tutto. L’esperienza di interazione avvenuta nel passato tra due Anime, infatti, crea tra le stesse una forma di “collegamento attivo” in tempo reale che si mantiene nel tempo e dipende dalla velocità con la quale le informazioni (pure) vengono trasmesse al sistema – un insieme di individui. La velocità di un sistema tende ad essere quella del suo individuo più lento in misura tanto maggiore quanto più in quel sistema vige un pincipio d’uguaglianza. L’uguaglianza è contronatura, ma è un fatto oggettivo, ‘convenzionale’, – qui e ora, valido per tutti.
14 Novembre 2010 alle 4:57 pm
Se il santo uditore conosce il contatto e l’origine del contatto, conosce l’annientamento del contatto, egli ha pertanto la retta cognizione del contatto. Ma che è il contatto che è l’origine del contatto, che è l’annientamento del contatto, che è la via, che mena all’annientamento del contatto? Esistono sei specie di contatti: visivo, uditivo, olfattivo, gustativo, tattile e il contatto di pensiero. L’origine della sestupla sede determina l’origine del contatto, l’annientamento della sestupla sede determina l’annientamento del contatto. Ma questa è la via: il santo sentiero ottopartito.
14 Novembre 2010 alle 5:18 pm
Ennò, citare i sutta (mahasatipattana direi di primo acchitto) non vale. Passi per la freccia, la zattera, la pianticella di riso, il serpente (velenoso, mi raccomando) afferrato dalla parte sbagliata, l’elefante e i non vedenti… Quì ciascuno con parole sue, altrimenti è come la raccolta delle figurine.
14 Novembre 2010 alle 5:55 pm
Ok: tutti i valori con cui fino ad ora abbiamo tentato in primo luogo di rendere per noi stimabile il mondo e con cui poi, proprio per questo, l’abbiamo “svalutato”, essendosi rivelati inapplicabili – tutti questi valori, riguardati da un punto di vista psicologico, sono risultati di determinate prospettive dell’utilità per la conservazione e l’accrescimento di forme umane di dominio: e soltanto falsamente “proiettati” nell’essenza delle cose. Fa ancora sempre parte della INGENUITA’ IPERBOLICA dell’uomo “porre” se sesso come senso e misura di tutte le cose…(il maiuscolo non è gridato: sarebbe corsivo – Come si fa il corsivo? – Senza gridare non mi riesce di fare il corsaro!)
14 Novembre 2010 alle 6:00 pm
Il corsivo? < em >testo< / em > togliendo tutti gli spazi
14 Novembre 2010 alle 7:53 pm
I post della Stella (ed i relativi commenti) oltre che in Italia, sono seguiti in Francia, in Spagna e (qualche volta) in Giappone e in America. A proposito dei commenti, mi manda una bella immagine un amico spagnolo: «La partida de ajedrez que suele celebrarse en la página de la Stella tras cada post…(La partita di scacchi che suole celebrarsi sulla pagina della Stella dopo ogni post…)». A chi tocca muovere? 🙂
14 Novembre 2010 alle 8:06 pm
scacchio!
14 Novembre 2010 alle 8:34 pm
Macchio!
14 Novembre 2010 alle 8:55 pm
Mach..Match!
E se testimoniasse l’ “Amore” come comunione d’intendi, vale a dire una interazione costruttiva a distanza di tutto con tutto; lo “spirito” posto come essenza del mondo; la logicità come essenziale; gli individui come ‘idee’ ?
PS: in Belize fanno esperimenti: harmony VS the end?
14 Novembre 2010 alle 9:12 pm
In Belize:
http://www.repubblica.it/ambiente/2010/11/14/foto/barriera_corallina_clima_cambiamento-9094136/1/?ref=HRESS-2
14 Novembre 2010 alle 9:20 pm
Intendo per comunione d’intendi: Zaag! comunione l’intenti.
S’intende che non m’intendo col mio pc?
(non mi riesce di corsivare le parole)
15 Novembre 2010 alle 12:34 am
Per Nello 6 (mi connetto solo ora, oggi)
No, l’istituzione non ha come “compito primario e ineludibile, proteggere e tramandare lo zazen (praticandolo ovviamente)”. Lo dico in veste di uomo dell’istituzione. Guai se così fosse. L’istituzione non ha giurisdizione alcuna sullo zazen, né, ovviamente, lo pratica. Lo zazen non è pratica “istituzionalizzabile”, quale che sia l’accezione di istituzione che si vuole accreditare. Lo zazen è “pratica” non istituzionale perché è “pratica” personale, e una singola persona non è un’istituzione, se non forse in termini giuridici che qui non sono pertinenti, o nel delirio egocentrico di chi allo specchio dichiara “l’institution c’est moi!”. Inoltre lo zazen si protegge e tramanda da solo: semmai protegge (e provoca, disarma, sconcerta, sostiene, rimprovera, sollecita, turba, mortifica, vivifica…) chi ci si siede dentro. E si tramanda nel riconoscimento, a sua volta personale, del suo valore intrinseco. L’istituzione che si ispira allo zen, piccola o grande che sia, si limita (dovrebbe) a fornire alcuni strumenti utili (ma non indispensabili), secondo i tempi e le circostanze, a coloro che li chiedono per facilitare il prosieguo del loro impegno nel fare zazen, e a scoraggiare (senza considerarsi depositaria della verità) i tentativi dei suoi membri di appropriarsi, a qualunque titolo, dell’amministrazione esclusiva dello zazen.
15 Novembre 2010 alle 11:01 am
@ dhr 4: vedi perché la definizione di istituzione ha da essere lunga… nelle istituzioni tutto è lungo lungo lungo.
Eppoi per sedersi dentro allo zazen dovrebbe essercene (almeno) uno.
Nello, il lanciafiamme!
15 Novembre 2010 alle 11:25 am
Scusate ma l’attacco di cretinite-analfabetismo che mi ha colpito da un po’ di giorni non mi lascia dormire: AMORE = COMUNIONE D’INTENTI.
L’essere umano è un “sistema biologico inerziale” che funziona ad Amore tendente ad evolvere attraverso la condivisione, l’espressione in comunione d’intenti di sé con se stesso, l’altro e la Realtà.
(chiudo in attesa di una testimonianza autorevole che riveli l’arcano)
15 Novembre 2010 alle 12:22 pm
Caro Hmsx, sempre più coraggioso. Per di più l’umano come motore che funziona ad amore non è niente male. Per ciò che riguarda la testimonianza autorevole temo che non ci resti che attendere un intervento dell’ISTITUZIONE.
Così prendiamo meglio la mira.
15 Novembre 2010 alle 12:37 pm
mym 37 – C’è la descrizione della forma dello zazen, conformandosi alla quale una persona si siede dando forma viva allo zazen: questo intendevo dire con “ci si siede dentro (jf 34). La tuta di amianto è sempre a portata.
15 Novembre 2010 alle 12:53 pm
A be’, richiamo i veltri, allora.
15 Novembre 2010 alle 4:41 pm
Per mym 8,
per me il senso di “istituzione” è equivalente a “sangha”, un gruppo di persone che vive lo zazen, questo è il mio modo di intendere questo termine. Poi, sono anche convinto che serva un riferimento qualificato e autentico, non credo sia sufficiente la buona volontà per intraprendere la pratica dello zazen, è importante ma non basta. Questo per la mia modesta esperienza.
Ancora, per ME, il buddhismo è lo Zen.
Liberissimo di fare tutti gli equilibrismi che ti pare. Ciao.
15 Novembre 2010 alle 4:59 pm
Per jf 34,
permane lo stesso fraintendimento di cui sopra, è probabile che non abbia capito bene l’accezione che si riferiva al termine “istituzione”.
Ripeto, per me, una istituzione zen, non può che essere un sangha, non la riesco a concepire in altro modo, quindi se si parla di istituzione, per me è paradigma di comunità di soggetti che praticano zazen insieme (che non significa necessariamente nello stesso luogo fisico).
Per il resto sono d’accordo, fatto salvo che comunque i Tre Tesori sono Dharma, Buddha, Sangha.
E Sangha, non corrisponde a un individuo, su un piano dialettico.
Poi, certo, su un altro piano dialettico si può dire che Sangha è l’universo stesso che così conferma l’uno seduto in zazen come chiusura del cerchio. Perchè uno solo canonicamente e su un piano, non è un sangha.
Gli “amministratori esclusivi” hanno sempre una durata limitata di tempo…
15 Novembre 2010 alle 5:26 pm
Caro Nello (40), che cosa qui (e nella lingua italiana) si intenda con “Istituzione” (o “istituzione”) è stato abbastanza spiegato. Se poi vuoi trasformare in istituzioni anche le sanghe i gruppetti o gli isolati… vedi tu. Spero che ti abbiano autorizzato a parlare per loro. A me sembra una porcheria ma, si sa, il QUI E ORA è diverso per ciascuno, perciò potrebbe essere pure peggio, di una porcheria.
I buddismi sono tanti, come si diceva una volta: milioni di milioni; di grazia, quale sarebbe per te (PER TE?) quello che è (anche? Solo?) zen?
15 Novembre 2010 alle 5:47 pm
zen? zero.
(della serie: ditelo con un fiore)
15 Novembre 2010 alle 5:53 pm
Carciofo?
15 Novembre 2010 alle 6:06 pm
Per Nello 41: Un linguaggio è fatto per esprimersi con l’intento di comunicare. Se qualcuno usa una parola in un’accezione che gli attribuisce solo lui, tutto quello che resta condivisibile della comunicazione è il coro dei PER ME. Istituzione non è equivalente a sangha, ci sono parole diverse proprio per dire cose diverse. Se dici che un’istituzione zen non può essere che un sangha, o istituzionalizzi ogni sangha, operazione arbitraria e, per me, per nulla zen, o neghi che possa esistere un’istituzione zen, asserzione interessante e magari condivisibile, ma che secondo il tuo sillogismo nega anche la sangha.
15 Novembre 2010 alle 7:59 pm
Non con l’ostilità ha termine l’ostilità. Ho cambiato le batterie agli occhi bionici…Probabilmente Nello – inteso come identità sociale: favorisca i documenti: polizia karmica – ne fa una questione di natura, di biologia: una poetica lotta tra elementi chimici.
Tuttavia tra i piani dialettici c’è quello giuridico che gli appiccica un bell’io fino alla fine dei suoi giorni e l’inchioda ad una società operosa, opulenta e vanitosa. Qui e ora, etc…
La domanda è (forse) come si fabbrica una nuova specie, una generazione di donne e di uomini con istituzioni incapaci di rappresentarla e progettarla?
Penso all’imperante esigenza della giustizia e la mente vola alle odierne costituzioni sudamericane che riconoscono la Terra come soggetto di diritto.
(Ma quale superiore civiltà giuridica occidentale basata sul latrocinio!)
15 Novembre 2010 alle 8:01 pm
Dopo aver contemplato la natura nella sua alta e piena maestà lo sguardo ritorna ai bassi oggetti che ci circondano; se la vista si ferma lì l’immaginazione va oltre: si stancherà prima essa di immaginare che la natura di fornirle oggetti. Infine non generiamo che degli atomi rispetto alla realtà delle cose. E’ una sfera infinita il cui centro è dappertutto, la circonferenza in nessun luogo…qual è la misura dell’uomo? Come sognare un mondo il cui enigma possa risolversi in chiarezza e positività?
16 Novembre 2010 alle 10:05 am
L’uomo è misura di tutte le cose…di cui non conosce la misura! La misura della forza del cosmo è determinata, non è “infinita”: il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza è certamente immane e in sostanza “non misurabile”; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. Il senso del divenire è compiuto/adempiuto in ogni attimo.
Tagliare col passato, per sempre e continuativamente, vuol dire rompere il circolo perpetuo che vizia il destino dell’uomo; rompere il cerchio dell'”eterno ritorno” significa aprirsi la via ad un nuovo tempo rettilineo, proiettato verso l’infinito e infinitamente diverso da sé, in costante cambiamento. —
16 Novembre 2010 alle 10:07 am
Questa capacità di superare, oltre che i piccoli e i grandi valori posti, anche se stessi, ossia la potenza di annullarsi come soggetto è [-]; non è un super-soggetto, piuttosto una condizione in cui il soggetto si dà come campo di forze in divenire, come spazio d’ascolto polifonico: una modalità del pensare di un’epoca post-metafisica.
Tutti i sapienti hanno negato nel loro tempo il valore della cultura e dell’organizzazione statale,
Platone, Buddha…
16 Novembre 2010 alle 9:19 pm
Leggendo il post e i vari interventi, mi è venuto questo pensiero riguardo alla “forma” dello zen..
La conoscenza di quella realtà forse per voi è scontata e quindi potete anche criticarla ( nel senso positivo e costruttivo del termine )ma per me… è estranea, non avendo vissuto in luoghi che, nei vari modi, erano deputati all’insegnamento’..
Pazienza si potrebbe dire, non è necessario e neanche possibile che tutti facciano quel percorso..
Ok, ma allora che “vestito” mi devo mettere? A me non sembra di avere un vestito…
Si può stare senza vestito? Mi sembra che possa stare senza, solo chi prima l’ ha indossato e poi se lo è tolto ….
16 Novembre 2010 alle 9:35 pm
Hmsx, decidi UNA identità e scrivi UN post per volta, sotto quel nome!
17 Novembre 2010 alle 12:25 am
Una sola?! MAI!!!
Il nero, il rosso e il bianco mi donano, tuttavia i costumi tradizionali mi sembrano più belli. Ma v’è differenza tra bellezza e comodità. Il giapponese è un popolo piuttosto sensibile alla comodità. Non ha esitato ad abbandonare il kimono – “scomodo” – per un senso di venerazione verso l’occidente.
Secondo le norme dell’etichetta non siamo “eleganti” in kimono, e ne scaturisce naturalmente una sorta di doppia vita — il kimono diviene il privilegio di gente sazia di indossare abiti occidentali, una sorta di lussuosa seconda auto. La gioia di indossarlo nasce, come la bellezza, dalla costrizione; l’imposizione di indossarlo in particolari cerimonie. L’abitudine di indossare il kimono gli conferisce ordine e autorità, cioè disciplina, distinzione, obbligo sociale e persino eticità.
17 Novembre 2010 alle 1:11 am
@42) In rappresentanza dell’ISTITUZIONE: la DISQUOTEQUE!!!(autorizzato da sanghe e gruppetti di isolati) ^^
Oggi la personalità se la può permettere, se la può concedere solo una piccola elite: il cantante, l’attrice, eccetera, eccetera…
E l’antidoto che abbiamo – al futuro anonimo – è durare!
La sconfitta è ‘quasi’ storica, ma dirtelo non potrò mai.
I cantanti dalla radio cantano, ogni anno foglie morte cadono, i calendari cambiano… e, per un errore cosmico, l’universo è inutile!
– – –
17 Novembre 2010 alle 1:23 am
Ciao Marta 50. Bella domanda.
Nudità è cambiare il vestito prima che il vestito cambi te… alla Brachetti.
Quando è nudo, non si vede mai.
Che c’entrino bellezza e comodità, lo sa solo Hmsx
17 Novembre 2010 alle 1:57 am
Amici miei, oggi bisogna strisciare a quattro zampe in questo “Stato” e ragliare come un asino; bisogna far sapere a questa epidemia che si è un asino – unico espediente per mantenersi incontaminato in questa pazzia.
Hai capito how dismantle an atomic bomb degli u2? Io no, ma non mi è piaciuto. Bono, salvando il mondo, è diventato miliardario – vorrebbe far diventare vecchi gli specchi -, e senza sputtanarsi! Però l’Irlanda rischia il crack finanziario.
Per la serie il futuro dello zen..e dell’Europa?
(Il busillis si trova proprio in diebus illis)
17 Novembre 2010 alle 11:11 am
Ciao Marta, per fortuna ci sei tu a riportare i fringuelli a terra. Il post, il seminario sono proprio a proposito della tua domanda. Le mie considerazioni, secondo la metafora da te scelta, tra le altre cose vogliono dire: non può (non deve) essere un’istituzione a scegliermi il vestito, se ci prova non sono io ad essere malvestito è l’istituzione ad essere fuori. L’idea forza dello zen è “senza vestito” (quella che io chiamo anarchia) ma “senza vestito” è già un vestito. Per questo siamo tutti nella stessa … zattera. Grazie.
17 Novembre 2010 alle 11:31 am
Oggi è di nuovo, trentasei anni dopo, giornata di lutto nazionale: al processo per la strage di Brescia, tutti assolti. Non è giornata nera perché hanno assolto “quelli lì” ma perché un’altra strage passa impunita nel paese del diritto. Chi non sente un dolore personale, interiore per questo è già un po’ a quattro zampe. E gli asini ragliano sempre più forte nel Paese dei balocchi: non ci si sgomenta e preoccupa perché la ‘ndrangheta conquista il Nord, ma per il modo in cui qualcuno lo denuncia. Nel Paese della moda anche la nudità è un vestito. Che c’entra questo con lo zen? C’entra eccome: questa terra è la mia terra, la pura terra. Chi la contamina avvelena anche me, se mi contamino avveleno anche lei. E anche l’antidoto può diventare un veleno…
17 Novembre 2010 alle 11:50 am
Ciao Nudelook, bentornato. Cammini su fili sottili ‘stamane… Se mai c’era una buona occasione in cui prender nota e tacere, il Maroni l’ha sprecata alla grande. Ha preferito sentirsi leghista invece che ministro di tutti. Uno scempio.
Brescia arriva sino a noi attraverso alle bombe a Falcone e Borsellino.
17 Novembre 2010 alle 11:55 am
Provo a rispondere a dhr.
Quando la cultura raggiunge un grado estremo di maturazione si apprezza l’artificiosità della bellezza femminile. Gli accessori della moda, infatti, appaiono come una forma del tutto grottesca se paragonati alla naturalezza di un corpo nudo. Tuttavia in Europa il corpo umano è concepito come qualcosa che trascende il fisico. Per Platone siamo attratti dalla bellezza fisica e, attraverso di essa, percepiamo il fascino ben più nobile dell’Idea. Insomma non si può accedere all’essenza dell’Idea senza varcare la porta della bellezza fisica. Il Buddhismo, invece, disprezza il corpo; non contempla alcun senso di venerazione per esso. La bellezza è soprattutto spirituale: l’atmosfera, il fascino, il portamento…
PS: questo post non è una bacheca personale! Smetto?
17 Novembre 2010 alle 11:59 am
Be’, se scrivi cose come “Il Buddhismo, invece, disprezza il corpo” forse una piccola pausa…
17 Novembre 2010 alle 12:02 pm
Non avevo visualizzato gli ultimi due commenti: uno scempio.
17 Novembre 2010 alle 12:04 pm
n 60: nel senso che rifiuta il mondo fenomenico.
17 Novembre 2010 alle 12:27 pm
Prima che ti impallini qualcun altro lo faccio io: «Il Nirvana è in nulla differente dal samsara. I confini del Nirvana sono i confini del samsara. Tra i due non c’è la minima differenza.» Non solo, ma rifiutare qualchecosa, fosse pure il mondofenomenico, è il modo migliore per restarci appiccicati.
17 Novembre 2010 alle 12:47 pm
Grazie. Più che tradurre l’enigma del mondo in preciso enigma neikosofico – un odio speculare all’amore che corrisponde alla fede più ferma – non so e non posso fare; ma sarebbe sbagliato interpretare questa esperienza in senso generalmente negativo. Perché quando si cantano i limiti della conoscenza l’uomo è sanamente rinviato a se stesso, al suo coraggio. Tuttavia non c’è garanzia che la Volontà – di vita o di potenza – esaurisca l’essere; al contrario, è solo una base empirica. Una “x” come ultima rilevazione (non rivelazione) dell’essere, e lo è in maniera netta perché è soprattutto anti-metafisica, cioè fisica: è descrizione ultima dei fenomeni, non spiegazione.
Canto e mi prendo una luuunga pausa. ☺
17 Novembre 2010 alle 12:49 pm
Bella la faccina ☺ non la conoscevo.
17 Novembre 2010 alle 2:23 pm
Non solo, (mym 58) anche come leghista l’ineffabile Maroni avrebbe potuto (dovuto) prender nota, tacere e verificare d’urgenza. Un doppio scempio. Ma si sa, ci sono i cani guida e i cani che abbaiano ai pompieri che vengono a spegnere l’incendio nella casa dei loro padroni.
18 Novembre 2010 alle 10:36 pm
Per mym 42,
Qui, ci troviamo in un “ambito Buddista”, quindi, anche il linguaggio che vi si usa dovrebbe essere funzionale a rappresentare quanto si intende per buddhista. Questo a dire che per me, il significato del termine “istituzione” in questo contesto ha una valenza specifica al medesimo e sullo stesso calibrata.
Certo, per me.
Le “istituzioni”, le fanno le persone e se le persone sono autentiche, anche le istituzioni che animano lo sono.
Su cosa si intenda per sangha (canonicamente), l’ho già dichiarato, visto che qui non mi è sembrato fosse molto chiaro.
A proposito di questo tema dell'”istituzione” e le dinamiche psichiche che produce, mi sembra ci siano delle preclusioni e fraintendimenti abbastanza ingenui. Mi sembra che per fuggire da un’illusione si finisca in un’altra illusione.
Il buddhismo è UNO.
Per me.
18 Novembre 2010 alle 10:56 pm
Per jf 45,
Ripeto, non intendo “istituzionalizzare” nulla.
Trovandomi in un “ambito Buddista”, se provo a immaginare una “istituzione” che da esso possa originarsi, mi viene in mente uno zendo, un dojo, un luogo di pratica. Siccome ho contribuito, molti anni fa, alla istituzione di un “centro” di pratica, posso dire che per la legge italiana, se un certo numero di persone si riuniscono in un dato luogo, devono assumere una veste giuridica. Quindi costituirsi in “istituzione” associazione, ecc…
Quindi, l'”istituzionalizzazione di un sangha”, in Italia, è obbligatoria per legge. Questo su un piano dialettico.
Sul piano invece che intendi tu, ripeto, mi sembre che si voglia rifuggire da un’illusione con un’altra illusione.
Per esempio e per mia arbitrarissima e soggettivissima fantasia:
-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.
-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta.
19 Novembre 2010 alle 9:38 am
Scopro ora che il dojo che frequento è fuori legge, da quarant’anni…
Se ne sentono davvero delle belle!
19 Novembre 2010 alle 10:32 am
Ciao Nello, se organizziamo il campionato per arrampicatori sugli specchi non ci partecipo: con te non c’è partita. “per la legge italiana, se un certo numero di persone si riuniscono in un dato luogo, devono assumere una veste giuridica. Quindi costituirsi in “istituzione” associazione, ecc…” W lo zen illegale! Oltre a quello legale, of course. Se il buddismo è UNO, per te, lo è anche per me, per tizio eccaio: milioni di milioni, come detto. Ma -ammesso e non concesso- che tu sia tale per cui il tuo uno sia un tutto (il Berlusca dello zen?), ce ne vuoi far un po’ partecipi che siam tutti qui che non vediam l’ora? Illegale, naturalmente, quella legale è solo istituzionale… 🙂
19 Novembre 2010 alle 11:19 am
Per Nello 68:
Ci hai enunciato a suo tempo una deontologia del blog: è troppo chiedere che almeno tu ti ci attenga? Essa consta di cinque articoli i cui tre centrali recitano: “2. La discussione/dibattito, avviene per mezzo di argomenti. 3. E’ bene non scambiare/confondere gli argomenti con le persone che li propongono o sostengono, qua sopra, essi (gli argomenti), hanno una vita loro. 4. Eventuali rilievi personali, potranno avvenire solo ed esclusivamente attraverso gli argomenti e MAI supponendo, ipotizzando, criticando, offendendo la persona che interagisce con essi”.
Mi pare che sostenendo, pur con la premessa che trattasi di arbitraria e soggettiva fantasia, che “-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta” contravvenga a tutti e tre. Questi non sono argomenti(2), sono appunto elucubrazioni sulle persone che espongono i loro punti di vista, che accosti e paragoni personalizzando persino lo zen, e una delle quali, per giunta, non ha mai qui proferito alcunché (3), nella fattispecie tu supponi e ipotizzi(4). Ciononostante, rispondo. Sull’istituzione zen non ho nulla da aggiungere: sono un esperto mondiale in materia e quanto avevo da dire sulla base della mia pluriforme e annosa esperienza l’ho detto. Quanto al rifuggire o al sostituire un’illusione con un’altra, ti dico che, sul piano delle argomentazioni, non vedo che altro si possa fare. Ma c’è l’illusione di non illudersi, e il sapere che ci si sta comunque illudendo: e qui il peso delle illusioni varia e diventa significativo. Il vasto cielo non ostacola le bianche nuvole, ma convincersi che il cielo sia davvero blu, o davvero nuvoloso, rischia di essere un grosso problema. Dello zen di Jiso non resterà nulla per il solo fatto che non esiste: di Jiso non c’è proprio niente (figurati poi lo zen!), quello che mi passa per la testa e per le mani e quel che restituisco, non è roba mia. Me ne faccio responsabile, ma non proprietario. Apprezzo, lo dico senza alcuna ironia, che tu ci comunichi le tue fantasie: un mondo senza fantasie è una noia mortale. Ma attribuirmi, in quei termini, una volontà e voluttà annichilente, più che una fantasia mi sembra un giudizio tombale: hai detto troppo per cavartela concludendo con un “nulla da dire”.
Chiedo venia all’amministratore per il dilungo.
19 Novembre 2010 alle 11:56 am
Proporrei a MYM l’inserimento nella deontologia del blog la ricerca socratica non della verità ma del “buon senso”:
“..ciascuno pensa di esserne così ben provvisto che anche coloro che di tutte le altre cose non si contentano mai, di questa sono soliti non volerne di più di quanta ne anno” (Cartesio)
19 Novembre 2010 alle 12:47 pm
No! Il buonsenso no. Altrimenti chiudiamo. E poi senza sparar due ca..volate dove andremmo a finire. Non prendiamo troppo sul serio gli argomenti. Si rischia di prender sul serio anche noi stessi. Nello… è out è eretico è un poggiolo è un surfer della logica. Non lo trovate “molto zen”? Oltre ad aver ragione (sempre! altrimenti… chettelodicoaffà?) se si riesce anche ad essere un poco divertenti la giornata è più moscatella, no?
19 Novembre 2010 alle 12:52 pm
APPROVO, mym!
però ammetto che non leggo gli interventi di Nello perché li trovo troppo lunghi. molto coerente anche questa affermazione…
19 Novembre 2010 alle 12:55 pm
Sì, vero, gliel’ho detto un sacco di volte, più stringato, veloce, altrimenti il qui e ora mi diventà là un momento fa e mi si scuoce la pasta…
19 Novembre 2010 alle 1:03 pm
Per Nello #68
Hai detto:
-dello zen di Jiso non resterà nulla, e per Jiso questo è perfetto. Nulla da dire.
-dello zen di Taiten resterà Fudenji?? Ai posteri la risposta.
Ma cosa c’entrano i mattoni con lo zen ?
E’ il cuore che rimane e da quel che ho visto di quello a Fudenji ce n’è davvero pochino.
Tu sei un perfetto rappresentante di quella fauna, cosa vuoi che rimanga ?
Rancore, invidia, gelosia…
Non è Buddhismo men che meno Zen.
19 Novembre 2010 alle 1:35 pm
“È il cuore che rimane…” oibò, siamo ai materassi, alle frattaglie…
“Rancore invidia e gelosia” sono in linea con la tradizione (Tradizione?): «2-La famiglia del Tathāgata è la famiglia dell’accumulazione delle cose peribili, la famiglia dell’ignoranza e della sete d’esistenza, la famiglia dell’amore, dell’odio e dell’errore, […] la famiglia delle sessantadue specie di false opinioni, di tutte le passioni […] colui che si basa sui condizionati, le passioni, e non ha ancora veduto le sante verità, questi è in grado di produrre il supremo e perfetto risveglio. Figlio di famiglia, i fiori della ninfea, del loto, del nenufaro, del loto bianco e del giglio di acqua non nascono nella giungla ma nel fango e nei banchi di sabbia. Parimenti, o figlio di famiglia, i dharma di Buddha non nascono negli esseri predestinati all’incondizionato, ma negli esseri mescolati al fango e ai banchi di sabbia delle passioni. Nello [è un omonimo, n.d.r.] spazio i semi non crescono, messi in terra crescono. Parimenti negli esseri predestinati all’incondizionato i dharma di Buddha non crescono […] 4-Bisogna in verità essere colpevoli dei cinque peccati a retribuzione immediata per poter produrre il pensiero del risveglio e illuminarsi nei dharma di Buddha» Vimalakīrtinirdeśa Sūtra, 7.
19 Novembre 2010 alle 2:38 pm
Dal Diamante non nasce niente, dal Vimala nascono i fior… Oddio cos’ho detto, rinascerò mille volte come fiore in una miniera di diamanti! “C’è un fiore di campo ch’è nato in miniera/ a nulla le nere mani valsero a salvar…”
19 Novembre 2010 alle 5:21 pm
D’ora in poi per entrare in questa ISTITUZIONE si farà l’esame del dna karmico: e con i 5 peccati a retribuzione immediata, come sei messo, eh?
19 Novembre 2010 alle 5:36 pm
Io di peccati mortali ne ho 7, essendo di provenienza cattolica. I 2 punti in più mi danno diritto a un servizio da tè in regalo, come all’ipermercato?
19 Novembre 2010 alle 5:41 pm
Un servizio da mè? No, oggi non me la sento, scusa, prova con coso, lì…
Comunque un aiutino ve lo voglio dare: i merli cantano una canzone di myna
19 Novembre 2010 alle 5:44 pm
non per gufare, ma il merlo era sull’ALTRO thread…
19 Novembre 2010 alle 5:47 pm
Ma i merli non erano nell’altro blog? Cantano una canzone di myna… allora è roba italiana… andava per la maggiore… e chi si ricorda… “Porci con le ali?” (anche se non credo di averlo mai letto…) Coi 5 a trazione anteriore sto messo maluccio, ma un po’ son pentito…
19 Novembre 2010 alle 6:08 pm
Vabbe’, tanto siam sempre qui (e ora?). Insomma, tanto per parlare di peccatucci c’entra la mescalina. Se mi sente Nello m’impala…
19 Novembre 2010 alle 6:18 pm
Cavoli, Castaneda!? Il vecchio don Juan? No, quello era peyote, non mescalina, e poi erano corvi, non merli… Un tizio prende la mescalina e sente dei merli che cantano una canzone di myna che fa “qui e ora, qui e ora”… il campo si restringe, ma la faccenda si allarga…
19 Novembre 2010 alle 6:21 pm
Manca solo un particolare ed un nome. Sai era un luogo molto isolato…
19 Novembre 2010 alle 6:34 pm
Ho la cifra esatta: si trattava di 400 mg, prelevati dal mescalito, alias peyote. Lo dicono i libri, mica io, ambasciator…
E ci son di mezzo anche i Doors…
19 Novembre 2010 alle 7:30 pm
Carlos Castaneda – Viaggio a Ixtlan
19 Novembre 2010 alle 7:41 pm
Hai vinto hai vinto, pappapero.
No, non ti preoccupare, Castaneda è già stato escluso. Possibile che nessuno leggesse (ai tempi gggiusti, dico) Huxley? Ma che di zen siete?
19 Novembre 2010 alle 7:48 pm
Zen? O cavolo…
19 Novembre 2010 alle 7:52 pm
O cavolo ammerenda, mammà, nun me piace
19 Novembre 2010 alle 8:53 pm
Se questo è un covo di intellettuali frikkettoni dimm… … potevate dirlo subito!
Ma se la mucca fa Muuu, perchè il merlo non fa Meee?
19 Novembre 2010 alle 9:26 pm
QUESTE sono citazioni, doc!!
vaivaivaiiiiiii !!
19 Novembre 2010 alle 9:39 pm
Si vince una serata in mia compagnia!
19 Novembre 2010 alle 10:23 pm
Per mym 70,
non ci sono né specchi e tantomeno arrampicatori dei medesimi.
Il buddhismo è UNO a prescindere da me e chiunque altro.
La LEGGE che IMPONE la regolamentazione giuridica di persone che si riuniscono in un dato luogo, è stata emessa da questo stato italiano, che a me non è mai piaciuto, tuttavia, è uno stato fallito, illiberale, inefficiente, mafioso, artificiale, ecc.. La legge, penso risalga ai tempi del terrorismo di dx, di sx, di stato. Quindi rivolgiti alle istituzioni per cancellarla, se decidi di fregartene, liberissimo, tutta la mia simpatia.
Tutto il buddhismo è riassunto in zazen. Quando dico che il buddhismo è UNO, per ME, non significa che ci sia un MIO buddhismo, significa che ho riconosciuto di cosa si sta parlando.
Tu, mym, sei abbastanza simpatico, ma hai un limite poco simpatico che è quello di sottovalutare la consapevolezza altrui. STARE. Ovvero, per ME, non ha nulla a che vedere con io.
19 Novembre 2010 alle 10:46 pm
Urca, urca (mym 87&89) Le porte (The Doors) della percezione… come ho fatto a non arrivarci? Mi ha depistato myna e il fatto che non l’ho mai letto… devo ammettere. Però di soglie ne ho varcate… Il premio non lo merito e anche fosse ci rinuncio volentieri.
19 Novembre 2010 alle 11:08 pm
Per jf 71,
certo che voleva essere una provocazione, quindi una argomentazione estrema.
Questo per ribadire che “questi sono argomenti” (2). E bisogna intendersi cosa significhi, “dello zen di Jiso non resterà nulla”, che certo può anche essere semplificabile con il “rendere l’acqua al fiume” dopo aver bevuto (mi sembra Sansuikyo), tuttavia, Eiheiji è proprio là da otto secoli a spiegare quello che esiste da sempre.
Quindi, sto parlando dello zen che si manifesta ANCHE attraverso le persone e quindi è persona. Per semplificare dirò: Sawaki roshi ha combattuto in armi, Uchiyama no. Deshimaru insegnava con il kyosaku, Shunryu Suzuki con il sorriso, Sekito era silente, Lin chi amava il dibattito…
L’insegnamento è uno, ma avviene attraverso diverse personalità. E questo volevo dire citando personalmente te e Taiten, quindi, la mia “personalizzazione” argomentativa voleva essere paradigmatica di due modi molto diversi di intendere lo zen, o la Via, come preferisci. Quindi, le “persone” erano traslate come argomenti (3), e lo stesso per (4), in quanto le “supposizioni, ipotesi, critiche,…” che ho estremisticamente usato quali “mezzo abile” (upaya), superano, vanno oltre le persone per proiettarsi nell’ipotetico e immaginifico futuro dello zen e non delle persone citate. Quindi, l’argomento è lo zen al di là del personale che ti piace rilevare. Contento te…
Certo, resta tutto da stabilire cosa si intenda per zen.
Dici: “Me ne faccio responsabile, ma non proprietario.” è già una personalizzazione.
In conclusione, mi scuso per l’esempio forzato e interpretato come nichilistico, non era quella l’intenzione.
Sulle parole si può giocare all’infinito, con le proprie e con quelle altrui.
19 Novembre 2010 alle 11:19 pm
Per nekosan 76,
te l’ho detto che non ci sei mai stato a Fudenji, pensarlo in termini di “mattoni” non rappresenta nemmeno l’asilo del buddhadharma.
Sei veramente infantile nel pensiero e offensivo.
Un tempio zen, non è una zona franca dalle brutture, tutt’altro. E il buddhismo è l’infinito universo, per questo ti dico che hai una visione “ristretta” di buddhismo.
Perchè lo restringi alla TUA personale, concettuale, maleducata, visione soggettiva.
20 Novembre 2010 alle 12:03 am
Nello, un vero eroe dei tempi antichi. Uno contro tutti, non molla mai. Ma anche gli altri non scherzano.
Scusate; non era questo il blog del ‘lasciar cadere’? forse ho sabagliato porta.
(il primo che me la gira in dottrina … gli faccio il mal-occhio)
20 Novembre 2010 alle 12:14 am
ehi, doc, abbiamo appena scoperto che Berlusconi e Fini sono buddisti! i metodi sono inconfondibili!
20 Novembre 2010 alle 12:16 am
Ah, eravamo in TV!
Allora sorrido!
20 Novembre 2010 alle 9:22 am
Caro, si fa per dire, Nello #98
Io a Fudenji ci sono stata davvero e ben dentro… te invece da turista delle liturgie e prediche domenicali, ecco perchè ne hai questa visione idilliaca.
Direi che sei tu che non hai mai visto Fudenji e forse hai fatto anche bene.
20 Novembre 2010 alle 11:56 am
Nudelook 96: i collegamenti son quelli. Myna c’entra perché i “merli” del testo sono merli indiani che Huxley chiama mynah mentre, pare, sia più esatto myna.
Ciao Nello, sempre in gamba, eh! Grazie per la tua verve anticonformista (conformismo all’interno di questo blog intendo) altrimenti qui era una noia…
Nekosan fai miao! una volta, dai. Mo’ssecapito: sei stato a lungo a Fudenji, non t’è piaciuto ti scotta un po’ e Nello ti mischia le carte del giudizio.
PS per il dotto pubblico: nekosan in jpn vuol dire signor gatto.
Intellettuali frikkettoni? Magari!
20 Novembre 2010 alle 1:12 pm
>Io a Fudenji ci sono stata davvero
un momento, c’è un errore di battitura, o nekosan è una donna?
vabbeh che in questo sito, ehm ehm, i confini sono spesso abbastanza fluidi
😀
20 Novembre 2010 alle 1:43 pm
Dhr, sei proprio una gran burlona! 😛
20 Novembre 2010 alle 5:41 pm
Abbiamo la foto! Li hanno fotografati (agenzia Macchina del Fango), abbiamo la foto semi-ufficiale del seminario, ecco a voi.
Chissà qual è Nello…
20 Novembre 2010 alle 6:36 pm
dev’essere il tipaccio a destra (rispetto a noi) di JF
20 Novembre 2010 alle 6:39 pm
Noooo, quella è Isabela… 😎
20 Novembre 2010 alle 8:24 pm
Se prendete in giro Isabela chiamo Milady..
Non può essere Isabela, che credete? Nello è un tipo sveglio, non ci casca. Egli non accetta niente per vero che non passi attraverso la coscienza. La sua coscienza lascia passare solo ciò che appaga, la sua luce è lo scintillio di un pezzo di vetro colorato.
La ‘certezza’ soggettiva è la regressione barbarica all’istinto, a cui tappa la bocca.
Ma all’istinto obbedisce la neikosofia che studia l’uomo astraendolo dall’universo.
20 Novembre 2010 alle 8:28 pm
Per la terribile semplicità delle idee che la tradizione filosofica ci impone, più che fare direi che il compito dell’ora è disfare. Buddhismo e cristianità sono RELIGIONI FINALI: al di là della cultura, della filosofia, dell’arte, dello stato – ma quale immaginifico futuro dello zen!
E’ contrario allo spirito del buddhismo ritenerci degli esseri vaganti nel fatale fluire dei mondi (samsara). “Il nostro Sé immortale” è tutto tranne un’ “individualità che sopravvive”. La dimora dello zen non è il tal de tali, ma il prodigo Sé che si ricorda di se stesso e che, dopo essere stato molteplice, è nuovamente unico e inscrutabile, Deus absconditus.
La realizzazione del nirvana è il “Volo del Solitario verso il Solitario”.
20 Novembre 2010 alle 9:08 pm
………… a patto che il Solitario sia Napoleone.
20 Novembre 2010 alle 10:31 pm
Per nekosan 102,
non vorrei insistere troppo…ma mi tiri in modo pesante.
La mia frequentazione di Fudenji si è interrotta nel 1993.
Non sono mai stato un frequentatore domenicale (anche se non ci vedo nulla di male ad esserlo).
Ho conosciuto persone che erano là da anni e non avevano ancora capito quasi nulla del loro stare lì, tuttavia, continuavano nel loro impegno a provare a realizzare la loro natura originale.
Riguardo te, ribadisco NON CI SEI MAI STATO, perchè Fudenji non è un luogo, non come lo intendi tu con le tue categorie inadeguate, insufficienti, magari oneste ma non all’altezza della situazione.
Il “cuore” buddhista, non ha pressochè relazione con quello che comunemente si intende per cuore.
Ti ga capìo vecio?
Con un insegnante con certe caratteristiche, di solito, restano studenti con altrettante caratteristiche.
Taiten, non era il tuo. Fine.
Altri, hanno realizzato la loro vita.
Come vedi…qui ed ora….
Ciao.
20 Novembre 2010 alle 10:41 pm
Isabela 110, apprezzo lo sforzo. Mi fa un pò male la cabeza ma noto un certo miglioramento e…che dire? Sempre caro mi fu quest’ermo colle…
21 Novembre 2010 alle 7:51 am
Relativamente alle affermazioni di doc 21 e 22 mi sento di dire questo:
“Qui e ora” è esaustivo in sé, contiene già tutto e non necessita di ulteriori disquisizioni per tentare di definire l’infinito, non puoi stabilire cosa sia perchè lo restringi e non è il caso.
Tuttavia, questo “qui e ora” o kyoryaku, esprime i tre tempi in quello che giustamente Abe Masao definisce “transpresente”, a dimostrazione della dinamica totale che il concetto contiene e produce. Transpresente quale punto di intersezione del tempo relativo, od orizzontale, e tempo assoluto o verticale.
Kyoriaku è il punto di intersezione di queste dimensioni e scansioni del tempo, che è essere ovviamente.
21 Novembre 2010 alle 11:06 am
“Kyoriaku è il punto di intersezione di queste dimensioni e scansioni del tempo, che è essere ovviamente”, ciao Nello, oggi facciamo strame anche di Nagarjuna, eh? Sei una potenza!
Ciao Isa (110), bellina questa cosa del “progigo sé” anche se un po’ teista (alla Abe Masao per intenderci), mi piace molto, invece, “si ricorda” per “si risveglia”. Buona cosmologia mahayana.
21 Novembre 2010 alle 11:26 am
Per Nello 97
Giocare con le parole può essere una nobile attività, oltre che un sano passatempo, e del resto non vedo qui che altro si possa fare. La questione che io rilevo, a parte una tua tendenza a pontificare (ma forse è il tuo modo di giocare qui e ora) è un retrogusto di enfasi nominalistica: Lin chi, Sekito, Sawaki, Uchiyama, Suzuki, Deshimaru, Taiten, Jiso (si parva licet…) Credo sia proprio di questo museo delle cere che lo zen nostrano dovrebbe liberarsi. “We dont need another ero” era una bella canzone di qualche anno fa. La giaculatoria dei nomi, oltre a essere un falso storico, ha perso anche efficacia mitologica – forse la novità che lo zen attende è la forza catartica dell’innominato, inteso proprio in senso letterale, uno zen senza nomi propri. Questo ci libererebbe almeno dalle angustie dell’appartenenza così ben sintetizzate da Paolo di Tarso (1Cor 1,10 e segg). Quanto agli otto secoli di Eiheiji, mi dicono poco o niente. Del Tempio di Gerusalemme non resta pietra, ma lo spirito che voleva rappresentare continua libero a soffiare. Mi chiedo invece, da ex convittore, cosa resti ad Eiheiji dello spirito che animava chi l’ha fondato.
21 Novembre 2010 alle 11:33 am
Uela! Oggi abbiamo i “grossi calibri”, ciao jf. Tu dici di aggiungere anche Paolo di T. all’elenco, vabbe’. In tre passaggi (fatti bene però!) qualcuno arriva sino a Paperino?
Ma il tempio di Gerusalemme noddai, se lo spirito che continua a soffiare è lo stesso di una volta allora non era libero già prima.
21 Novembre 2010 alle 11:36 am
Errata corrige al 116
“We dont need another ero” sta ovviamente per “We dont need another hero” non è, cioè, la sazia affermazione del tossico cui non serve al momento un’altra pera, ma la presa di coscienza dell’uomo (la donna in questo caso, era Tina Turner) che esce dal cono d’ombra dei monumenti equestri.
21 Novembre 2010 alle 11:38 am
>“We dont need another ero”
http://lists.richmond.edu/pipermail/milton-l/2010-November/012391.html
21 Novembre 2010 alle 11:39 am
>In tre passaggi (fatti bene però!) qualcuno arriva sino a Paperino?
San Paolo –> la Chiesa con le sue ricchezze –> zio Paperone –> Paperino
21 Novembre 2010 alle 11:42 am
D’accordo (120). Un po’ amara però. Nessuno offre di più?
Grazie per la citazione di Milton. Pozzi di scienza pozzi di scienza sono detti dal Beato…
21 Novembre 2010 alle 11:43 am
106: della serie: Ma ti basta di chiudere gli occhi… Se questi sono i capobanda, non c’è troppo da preoccuparsi. Duran minga, non duran, non posson durar…
21 Novembre 2010 alle 11:50 am
114)A-ah. Per me non capisce. (48)La misura della forza del cosmo è determinata, non è “infinita”: è arrivato il tempo di “circoscrivere” questo infinito alla misura del sistema solare (109). Che me ne faccio dell’infinito? Gas esilarante, marijuana..io prendo le mosse dallo smisurato e non dall’infinito perché straripo di essere; perché ontologicamente inteso “io sono” significa che solo io devo essere e che gli altri esistono ma non devono essere.
Perché essere e non, invece, valere?
21 Novembre 2010 alle 11:52 am
Già, praticare l’individuazione riuscita e inutile vale. Volere eternamente me stessa davanti ad un infinito che non mi vuole eternamente vale. Non ripagare male un maestro restando per sempre una discepola vale. Allora quanto valgo? ^^
Uffa! Detesto i ‘miglioratori dell’umanità’…
113) Che dire? A volte dove non si può parlare è meglio tacere.
21 Novembre 2010 alle 12:02 pm
No no (106), quelli non sono i capobanda, sono labbanda: se la cantano e se la suonano.
21 Novembre 2010 alle 12:18 pm
Beh! (125) meglio ancora…
21 Novembre 2010 alle 12:43 pm
Il bello (si fa per dire) è che non ostante sia evidente che i capibanda sono una banda di scapà de ca’, c’è ancora parecchia gente, lì pronta, ad ossequiare, omaggiare. A “lucidargli lo scettro” come tanto tempo fa diceva (si può nominare perché era già in elenco, eh?) Uchiyama.
PS: non vorrei mi fraintendeste, con scapà de ca’ nella zona tra Chitral e Mazar I Sharif si intende pravarjya, shukke, colui che ha lasciato la casa.
21 Novembre 2010 alle 1:02 pm
Ciao Nello 114. Vedo miglioramenti, ma non riesci ancora ad uscire da una arida iconografia scolastica, come mi pare rilevi anche Jf.
Se qui fossimo a scuola, forse saresti il primo della classe. Sei rispettoso delle ‘autorità’ (fin troppo, ma sono cose tue). Studi ed esponi concetti con proprietà ed ortodossia. Esibisci padronanza, sicurezza e cultura. Ma non riesci a cogliere l’importanza del fatto che ‘dipende dal motivo per cui si fa quella affermazione in quel dato contesto’. Qui sta il cuore. Senza cuore qualunque ragione resta lettera morta e sterile.
21 Novembre 2010 alle 1:04 pm
Si può dire tutto e il contrario di tutto. Ma PERCHE’ lo si dice?!
21 Novembre 2010 alle 1:38 pm
Chitral, Mazar I Sharif (127)… Che posti, che culti, che cultivar! Uhhh, il migliore dei migliori! Tornare allo spirito delle origini… Chissà, “Un bel dì vedremo…”
21 Novembre 2010 alle 1:46 pm
128-129..Qui sta il cuore. Senza cuore qualunque ragione resta lettera morta e sterile.
Ma perchè lo si dice?
Grazie..con-cordo:sembra che ogni espressione linguistica (e non)esprima un intenzione.
Il problema è il rapporto con questa intenzione costitutiva del nostro esistere.
Mi sembra che l’ideogramma sesshin possa esprimere un “buon rapporto” con questa inesauribile manifestazione di senso, con il “cuore”.
La parola agli esperti..
21 Novembre 2010 alle 2:44 pm
(130) Zì zì, lo spirito delle origini… I miti fondanti, la leggenda del cinese blu… Quando shunya aveva il doppio zero e lo zen ancora il doppio zen: lo zenzen damé…
Già, Doc e Dario, perché lo si dice?
21 Novembre 2010 alle 7:38 pm
C’è chi dice “no”!
C’è chi dice “teatro”!
21 Novembre 2010 alle 7:45 pm
Crescenza o… stracchino?
21 Novembre 2010 alle 8:52 pm
Perché con le parole si può imbrogliare all’infinito; perché non c’è bisogno di teologie per soccorrere qualcuno in pericolo. Non c’è bisogno di ermeneutica in volo per capire che salvare è un po’ salvarsi o un po’ meno perdersi.
22 Novembre 2010 alle 9:18 am
Nello #112
Fidati, sei stato, anche di recente un ‘sano’ frequentatore domenicale, non te ne vergognare.
Mai visto qualcuno che ha ‘realizzato la propria vita’ in quel ‘non luogo’ ho solo visto gente che l’ha gettata via.
Tu ti sei salvato perchè non l’hai frequentato nè il boss di lì è stato mai il tuo insegnante altrimenti avresti ben altra visione…
Ti ga capiò Vecio?
22 Novembre 2010 alle 11:25 am
Salve N. e N., non me ne vogliate ma forse dovreste incontrarvi e parlarne serenamente, magari proprio a F. con F.T.G…. altrimenti se continuiamo così mi sa che siamo off topic con tutto ciò che è.
Un caro saluto.
22 Novembre 2010 alle 11:36 am
Sì, AHR 137, così è. E off topic è già un’espressione molto gentile. Qui non c’è un vero e proprio topic, o se c’è… Però i ciccìcoccò li risolverei altrove.
HMSX (135) sei davvero on topic, sondare bene quella cosa lì che “che salvare è un po’ salvarsi o un po’ meno perdersi” penso sia buon buddismo, per citare il Nostro: è quasi zen! Tra le cose da capire bene, tra l’altro, c’è che questo comporta un mare di conti da pagare (in silenzio e sino all’ultimo centesimo) e non giustifica alcun atteggiamento da maestrino.
22 Novembre 2010 alle 11:43 am
132..perchè lo facciamo?
Mi appare complesso: ogni perchè si radica nel contingente, anche se posto in astratto; difficile svincolare la domanda dall’interrogante.
Mi pare che, “religiosamente” parlando, tutto passi per la porta della fede.. e del suo “oggetto”
22 Novembre 2010 alle 1:00 pm
“difficile svincolare la domanda dall’interrogante”, appunto. Cfr. 131: perché lo si dice?
22 Novembre 2010 alle 7:17 pm
A Doc 129
Forse lo si dice per evitare di prendersi troppo sul serio. Di credere veramente a quello che pensiamo e di diventare un tutt’uno con i nostri convincimenti e i nostri ruoli.
Forse…
ciao
22 Novembre 2010 alle 7:33 pm
138) Quando si gioca a fare i buoni…divento cattivissimo! E’ abbastanza zen questa: il migliore aiuto che si puo’ dare è affrancarsi dal bisogno, cioè sbrogliarsela da soli?
In fin dei conti l’umanità non è salvabile, un uomo solo, forse, ogni tanto si salva.
L’ozio zen ha presentato il conto: sono indietro col lavoro – ahiahiahi – più che agire mi sono agitato!
22 Novembre 2010 alle 7:35 pm
139) Con-cordo. Forse perché alcune parole si accendono di più significati e ognuno ha i propri circuiti –i miei non sono proprio ortodossi, anzi abbastanza disperati: distruggere il tempio visibile – il Finito che né libera né conclude – e uccidere il Buddha incontrato ovvero spalancare la porta all’amore infinito affinché non resti chiuso in una tana sacra e vada dove va il vento e la giovinezza.
(Però il mondo è così privo d’amore…)
22 Novembre 2010 alle 7:41 pm
Hmsx 142: IMHO sbrogliarsela da soli (o almeno provarci sino all’estremo dell’umano) è molto molto comme il faut. Punto di partenza indispensabile.
Viva il vento e la giovinezza, bombardare le tane sacre!
22 Novembre 2010 alle 7:57 pm
Nessuno scruterà il mio fondo e la mia volontà ultima: mi invento il lungo silenzio luminoso: non cederò all’aggressività e alla chiacchiera dove la parola si fa rumore. ^^
W M!
(forse perché siamo i custodi dell’irraccontabile)
25 Novembre 2010 alle 12:37 pm
Mente zen…
Ricevo da un amico, che ha iniziato la pratica zen in tempi relativamente recenti, una lettera di commento su questo blog della quale riporto nel riquadro successivo alcune parti.
25 Novembre 2010 alle 12:37 pm
…. ho appena finito di leggere, per la verità in modo molto rapido, i commenti all’ultimo articolo sul sito della Stella (quello sul seminario di Parigi per intenderci). Molti riferimenti mi sfuggono anche perchè mi manca la base culturale per cogliere i “sottintesi” che si intuiscono tra le righe e che danno un pò la sensazione di “origliare” una conversazione tra membri di una cricca molto selezionata. Ma a parte questo aspetto, di per se più che comprensibile, mi colpisce e mi lascia un pò interdetto la grande sicurezza in se stessi ed in merito alla propria esperienza della Via che alcuni dei partecipanti sembrano avere. Qualcuno poi sembra prendersi veramente molto, ma molto sul serio….non so, non voglio giudicare nessuno, ma è un atteggiamento che sinceramente mi suscita una certa diffidenza.
…
Non vorrei scivolare nel banale, ma penso che quando qualcuno ha la sensazione di “aver capito tutto”, farebbe bene a rimettersi seriamente in discussione e a ricercare un nuovo punto di partenza. Comunque probabilmente nessuno è davvero immune dal rischio di montarsi la testa ……
25 Novembre 2010 alle 12:51 pm
La cricca! La casta! Lo sapevo che qualcuno se ne sarebbe accorto, azzerare tutto, stringere i bulloni, tropire i gorghiglioni. Bene. Se quel tuo amico lo inviti a partecipare “a la orgìa de lo zen” (definizione di un lettore spagnolo sui commenti qui sparpagliati) in un paio di settimane sarà tale e quale a noi, compromesso, contaminato, contagiato. Poi scriverà un altro che dirà che siamo una cricca…
Però, non ho capito perché se “qualcuno ha una sensazione (questa, quella, è lo stesso) dovrebbe rimettersi seriamente in discussione”. Autocritica vetero comunista? Autoflagellazione di sagrestia?
Dai vieni a giocare… 😛
25 Novembre 2010 alle 1:02 pm
una cricca?! oddio, avevo sperato in una crucca
http://www.wallpaperbase.com/wallpapers/celebs/claudiaschiffer/claudia_schiffer_2.jpg
25 Novembre 2010 alle 1:46 pm
Socc… ragazzi, questo è un blog buddista, religioso, pruriginoso. Una cricca di montati. La gnocca ha da restare fuori!
Mah, forse, speriamo che no.
25 Novembre 2010 alle 1:53 pm
@ dhr 149:
questo definitivamente mi conferma che ho puntato sul cavallo giusto. sei invitato a Roma, ho gente da presentarti, pochi, anzi uno forse, ma credo si possa passare una buona serata e magari ne tiriamo fuori un cortometraggio. coinvolgiamo anche mym nella trasferta, che mi farebbe piacere rivedere, sempre che non prenda questo invito per una richiesta di amicizia 🙂
25 Novembre 2010 alle 2:42 pm
Caro AHR, ti ringrazio.
il Palio era quello di Alba (Cn), immagino.
per la verità, ci si conosce solo per sigla, ahr ahr ahr!, e mi sfuggono i riferimenti all’ambiente che citi (mi sfuggisse solo quello, nella vita…). se però c’è un progetto che coinvolge mym, sempre pronto.
25 Novembre 2010 alle 2:48 pm
No no no! Non c’è nessun progetto che coinvolge mym
25 Novembre 2010 alle 3:00 pm
L’ascoltatore fine e libero da pregiudizi dovrebbe sorvolare sulle parole forbite e seducenti, e pensare che in un dibattito tutto ciò che fa teatro e spettacolo è pastura di fuchi sofisticheggianti.
Dove STAREbbe la logica di un’ape che usa il pungiglione contro una rosa?Avrebbe più senso succhiare il miele.
Sarà pure un limite, ma sotto il profilo della chiarezza e della distinzione una visione totale di un personaggio (i cui aspetti dovrebbero essere anche simultanei) non è possibile neppure a Dio; forse è possibile a un pensiero che si da come semiotica corrispondente alla compensazione di potenza degli affetti.
Certo, questa è dinamite – maneggiare con cautela.
25 Novembre 2010 alle 3:05 pm
Lo scetticismo è l’espressione più spirituale di una certa multiforme condizione fisiologica, debolezza di nervi o cagionevolezza; essa insorge quando più generazioni si scontrano in maniera decisiva e improvvisa. Nella nuova generazione tutto è inquietudine, fastidio, dubbio, tentativo: ciò ammala la Volontà. L’Europa è il teatro di un insensato, improvviso esperimento radicale di scontro tra generazioni, una specie di paralisi della volontà: tutto ciò che si mette in vetrina come “oggettività”, “scientificità”, ”conoscenza pura, scevra di volontà” è solo scetticismo agghindato – di questa diagnosi della malattia europea mi faccio garante io.Il tempo della piccola politica è passato: già il nuovo secolo porta la lotta per la COSTRIZIONE alla grande politica.
25 Novembre 2010 alle 5:52 pm
(@ 154)…fuchi sofisticheggianti, bello, mi iscrivo. Meglio de l’orgìa de lo zen…
Pensi come un dio, Isabella.
25 Novembre 2010 alle 10:35 pm
Per nekosan 136,
come ho avuto modo di affermare in un altro thread relativo alla “vergogna”, è una sensazione che non provo e MAI mi sognerei di rinnegare o occultare quello che ho fatto. Forse le persone che frequenti TU hanno caratteristiche del genere che non mi riguardano.
Relativamente al resto, ribadisco, esprimi una posizione legittima, ancorchè maleducata e irrispettosa della vita altrui, tuttavia, il tipo di mentalità che evidenzi, relativamente al tema in oggetto, è COMPLETAMENTE INADEGUATA.
Con questo CHIUDO l’argomento e non intendo tornarci.
25 Novembre 2010 alle 10:47 pm
Per AHR 137,
caro AHR, io sono N. l’altro è n. Non è la stessa cosa. E l’argomento sostenuto da n., presentando lacune sostanziali, non poteva essere lasciato così come lui lo ha posto, da qui, il mio tentativo equilibratore senza optare per.
La “comprensione” di quella realtà, come posta da n. non può essere dialetticamente accettata se non all’asilo.
Tutto qui.
Del tuo fastidio, relativamente all’argomentazione…che dire? “Chi ha paura non vada alla guerra”.
26 Novembre 2010 alle 12:22 am
Visto che la querelle continua imperterrita, adesso dirò la cosa più orrenda, lancerò la maledizione più spaventosa… e mannaggia a questo sito che non consente di inserire testi in spoiler… pronuncerò la formula di esecrazione più raccapricciante che mai sia stata concepita sul pianeta Terra!
[pausa]
YAAAAAAAWN !
26 Novembre 2010 alle 7:14 am
Majakovskij era meglio.
Quel fregnone di Marinetti, no.
26 Novembre 2010 alle 7:26 am
Sawaki Kodo diceva: “Sono contento di avere sprecato la mia vita in zazen”, ed era il maestro del maestro del maestro…
e ha fatto la guerra…
e spernacchiava un sacco di gente…
“guardali come corrono veloci con le loro macchine lussuose per non andare in nessun posto”.
un vero buddha.
26 Novembre 2010 alle 7:29 am
Isabela…santa subito.
26 Novembre 2010 alle 11:31 am
Sawaki era un fregone: non ha mai avuto una vita da sprecare. Praticamente non è mai stato in monastero, era sempre in giro. Ha accettato che Uchiyama ordinasse Deshimaru senza che avessero vissuto assieme un solo giorno. Esaltava il militarismo e la violenza “giusta”. Come buddha era una ciofeca.
26 Novembre 2010 alle 1:25 pm
Mym, porcaccia miseria! lasciaci qualche idolo. Fa freddo, da soli.
26 Novembre 2010 alle 1:31 pm
Per Mym #163
Chissà se proprio perchè si è ben guardato dallo ‘stare’ in monastero ha salvato il ‘proprio’ zen da quella deriva che tu stesso hai spesso denunciato (mi sembra).
Sul fatto che esaltasse il militarismo ne son state dette di cotte e di crude estrapolando frasi da contesti di tutt’altro genere.
Non credo che volesse essere appellato come un Buddha.
Da quel che ho letto su di lui e su quel che insegnava mi è sembrato un uomo che è vissuto con estrema coerenza e semplicità.
Secondo me rimane ancora un fulgido esempio.
26 Novembre 2010 alle 1:33 pm
Mettetevi il cappotto!
26 Novembre 2010 alle 2:27 pm
idola? fori !!
26 Novembre 2010 alle 2:28 pm
Ma se non me lo dice il maestro, o il maestro del maestro…non so se posso…nè che cappotto mettermi!
26 Novembre 2010 alle 3:41 pm
I soli non hanno freddo, se no che soli sono? Una frase come quella di Sawaki è una boutade pour épater les bourgeois, come dicono en France, una vanteria da miles gloriosus (visto che di milizia si parla). Sawaki si era costruito un ruolo da “personaggio zen” dando a molti imbonitori il pretesto per usarlo come alibi delle loro chiacchiere: dovrebbe vergognarsi!
26 Novembre 2010 alle 4:49 pm
Vergognarsi il Sawaki? Mai!
Per vergognarsi occorre un briciolo di … come si chiama? Quella cosa che hanno quelli che si rendono conto di fare errori, anche gravi, e si accorgono che oramai non resta che la vergogna. Mica tanto, una frazioncella di secondo che poi è un altro tempo.
26 Novembre 2010 alle 4:55 pm
Isabela presa sul fatto. Mi scrive un amico: “¿Son todos los participantes catedráticos de filosofía, filología antigua, o cosas así?, ¡qué lío (pasticcio, imbroglio)! Pero he visto que me citabas… (la orgía) y te daré una pista para el ajedrez sobre el “fuchi sofisticheggianti” de Isabela. No se le ha ocurrido a ella, es de Plutarco de Queronea. Lo he encontrando intentado averiguar qué quiere decir “sofisticheggianti”, no he podido encontrar el significado de esta palabra, pero he encontrado esto: sono solo pastura di fuchi sofisticheggianti.
26 Novembre 2010 alle 5:25 pm
(@165) Non scrivo quel che penso dei fulgidi esempi perché (come direbbe dhr) siamo in fascia pro tetta. Però però: ‘nto c..o! ai fulgidi esempi! Ha!
Occome mi piace fare il sawaki…. 😛
26 Novembre 2010 alle 5:54 pm
ehiiiiii mi devi il “copirài”! però, come indica il verbo, è un’azione futura, quindi c’è tempo.
26 Novembre 2010 alle 6:29 pm
171 Isabela, come i suoi compagni Hmsx e Mara, amano usare espressioni altrui a più non posso. Non è una novità.
26 Novembre 2010 alle 7:01 pm
Hai qualche esempio?
26 Novembre 2010 alle 10:16 pm
Per mym 163,
mi sembrava che si fosse su un registro surrealista e tu me lo confermi in pieno.
Una “lettura” come questa di Sawaki Kodo Dai Osho si allinea con quella di Daizen Victoria e compagnia cantante. Questo per dire che quello che dici tu, per me non vale e posso produrre molte argomentazioni a sostegno della “grandezza” di Sawaki Dai Osho che valgono quanto le tue.
Vedi, ognuno è libero di coltivare le utopie che preferisce, l’importante è che non si convinca e pretenda di convincere gli altri che le sue utopie sono quelle giuste, ovvero che l’unico zen lo ha riconosciuto solo lui e pochi intimi.
Per questo è molto importante masticare e digerire bene che qui e ora è, e sarà sempre diverso per ognuno.
26 Novembre 2010 alle 10:24 pm
Per jf 169,
senza offesa eh! Ma penso che Sawaki di fronte ad affermazioni come le tue avrebbe scoregiato e sorriso perchè fondamentalmente era un buddha.
E i buddha non si vergognano.
26 Novembre 2010 alle 10:33 pm
Ogni tanto è bello gettare l’esca ed è pieno di pesci…”ed è impossibile sfuggire le reti del destino quando sei un pesce nel mare d’estate.” (non mi ricordo dove l’ho letto).
Deshimaru diceva: “Se non li guardi si rattristano. Se li guardi si preoccupano”,
era un grande buddha.
26 Novembre 2010 alle 10:36 pm
Per doc,
nella Via dello Zen, non ci sono balie.
26 Novembre 2010 alle 11:56 pm
Mym 175. Di preciso uno solo.
Per il resto non ho preso i doverosi appunti lungo il percorso.
Nello 179:
– che ora è?
– vado a rane!
27 Novembre 2010 alle 12:22 am
Condivido Nello 178.
Coraggio.
(Ops, scusa…non ti identificavi mica col pescatore’?!)
27 Novembre 2010 alle 10:09 am
Scusa Mym ma Uchiyama Roshi (con cui tu in qualche modo mi sembra abbia avuto a che fare) se non erro, è stato discepolo di Sawaki Roshi e lo ha accompagnato fino alla fine era dunque un poveraccio plagiato dalla personalità di Sawaki oppure ha riconosciuto in lui un maestro ?
27 Novembre 2010 alle 10:10 am
Ci sono pesci che nuotano tranquilli, indifferenti alle maglie idolatre o iconoclaste delle reti.
27 Novembre 2010 alle 10:11 am
Naturalmente la domanda di cui sopra è rivolta anche a Jf.
Mi sembra che anche lui abbia avuto qualcosina a che fare con Uchiyama.
27 Novembre 2010 alle 11:15 am
@ 182. Il poveraccio era Sawaki, che però anche per questo ha fatto tutto il lavoro sporco, facendo diventare Antaiji quello che è stato. Uchiyama era un signore. Quando c’è plagio non c’è maestria. (Anche) per questo Deshimaru, come maestro, è irrilevante. Augh!
27 Novembre 2010 alle 12:26 pm
“Che cosa voleva testimoniare il Buddha?”
27 Novembre 2010 alle 12:27 pm
Voleva, voleva, si fa presto a dire voleva…
27 Novembre 2010 alle 12:42 pm
Voleva testimoniare la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. Nobilmente. Quattro volte.
(Alla fine, risultò che il colpevole era il maggiordomo.)
27 Novembre 2010 alle 1:11 pm
@ 185
Appunto, visto che, come mi dici e pensavo, Uchiyama era un signore e maestro e non un plagiato,quindi Sawaki non un plagiatore, perchè è stato così tanto tempo vicino a Sawaki se era solo un poveraccio ?
Poi ti pregherei, di non lanciare il sasso e nascondere la mano, raccontaci quel che sai sul lavoro sporco fatto da Sawaki così che anche noi possiamo avere qualche elemento di giudizio in più.
Non ho particolare simpatia per Deshimaru ma mi sembra che tutto si possa dire meno che sia stato irrilevante.
Perchè ce l’avete così tanto con Sawaki e Deshimaru ?
27 Novembre 2010 alle 1:35 pm
Nekosan nekosan, rileggi e medita. Mai detto che Uchiyama fosse “un maestro”, anche perché quella roba lì non esiste. Mai detto che Sawaki non lo fosse anche perché lo siamo un po’ tutti. Mai detto che Deshimaru fosse irrilevante. Star vicino a un poveraccio, questo dovresti fare, a lungo. Fare il lavoro sporco è anche interloquire su un blog.
27 Novembre 2010 alle 1:49 pm
Va bene, ho capito.
E’ facile dire tutto ed il contrario di tutto.
D’altronde siamo zen 🙂
Comunque in italiano:
‘per questo Deshimaru, come maestro, è irrilevante’
questa frase significa che c’è un possibile maestro e che, per te, è irrilevante.
Vicino ai poveracci ci sono stato ed anche a lungo. Interloquire su un blog non è un lavoro, tantomeno sporco.
Alla fine mi sta diventando simpatico Nello che almeno nella sua prosopopea afferma nettamente e non ritrae la mano quando vede le brutte.
27 Novembre 2010 alle 3:19 pm
@174) a parte che l’espressione “pastura di fuchi sofisticheggianti” fu già di Platone (da qualche parte nel libro VIII della Repubblica) si sa che l’originalità consiste nel dire cose vecchie come se non fossero mai state dette? cioè nel rappresentarle con novità?
(a scanso di equivoci questa è di Foscolo).
Me ne torno al lungo silenzio luminoso.
PS: sul qui e ora ho tante di quelle riserve che le procrastino al prossimo post. Tanto si finisce per usare sempre le solite formulette dogmatiche…
27 Novembre 2010 alle 3:48 pm
Ciao Nekosan, non credo sia questione di non voler rivelare, mi viene piuttosto di considerare le parole di mym o jf come una altolà all’uso strumentale di nomi d’altri, vite d’altri etc.. tu che ne pensi?
27 Novembre 2010 alle 3:57 pm
ancora a Nekosan:
cioè è anche la risposta al mio stesso post 186 (che voleva solo riportare l’argomento a quello che mi sembrava fosse lo spunto interessante da discutere), come dire che forse dovrei meditare sulla mia testimonianza e sul perché: sgomberare il campo da ogni pregiudizio e comprendere che ‘la natura autentica di ieri è andata con ieri’ [citaz.] 🙂
27 Novembre 2010 alle 4:54 pm
a AHR (sarà Adolf Hitler redivivo? ) 🙂
Non mi sembra che proprio mym o jf non facciano un uso strumentale di nomi e vite d’altri…
è proprio questo che, magari malamente, cercavo di sottolineare.
Tu cosa e come testimoni ?
27 Novembre 2010 alle 7:45 pm
(@191) A volte -ci si prova- si parla con finezza e attenzione. “Come maestro” non implica necessariamente “che c’è un possibile maestro”, richiama, piuttosto, “anche perché lo siamo un po’ tutti”, quindi persino Deshimaru :-). Fare certe precisazioni (oltre a tutto il resto, ovvero seguire centinaia di commenti ad ogni post, curare contenuti e grafica) a volte per me è un lavoro. Lavoro sporco è un modo di dire, come poveraccio (suppongo: l’hai introdotto tu…), senza implicazioni positive o negative. A me Nello, come d’altronde lo sei tu Deshimaru Uchiyama ecc., era già simpatico prima.
Mettere la mano togliere la mano non è solo soddisfare la logica di chi ascolta. Forse chi ascolta (o legge) dovrebbe provare a capire prima di giungere a conclusioni. Forse. Ma questa è un’altra storia.
27 Novembre 2010 alle 8:21 pm
Ciao Nello (177), anche a me piace giocare con i soldatini, ogni tanto, fargli fare i sorrisini e le scoreggine (a proposito, certo saprai che il nostro amico Sawaki diceva che non si può scambiare con un altro neppure una scoreggia – sbagliato, tu mi mandi la sua!). Meno mi diverto coi santini sugli altarini, ben più perniciosi. Grande buddha, piccolo buddha, tutti buddha, nessun buddha… sarà… Per me una porcheria è una porcheria, chiunque la faccia, a cominciare da me. Andare a combattere con un esercito invasore (magari addirittura in nome del dharma!) e sbudellare i nemici è una porcheria. Mettersi nella posizione di farsi idolatrare come grande maestro zen è una porcheria. Riconoscere le porcherie perpetrate dagli avi aiuta a ripulire la memoria dalle scorie e a ridurre i rischi di imitazione del peggio. Mi pare lampante.
27 Novembre 2010 alle 8:23 pm
@196) Penso che tante volte chi ha occhio per la grandezza del passato diventi cieco per quella del presente. E’ la solita vecchia storia degli amici. Salvo rare eccezioni, che ci sono e luminosissime, non ammettono che uno di loro spicchi il volo della grandezza, o anche solo che spicchi. Spesso non ammettono neanche singole buone qualità, ad altri evidentissime. Ma anche quando ammettono, quando capiscono “tutto”, non sospettano neanche lontanamente che si possa trattare di grandezza e non di semplici pregi. Forse. Ma questa è solo la mia testimonianza.
27 Novembre 2010 alle 8:36 pm
A proposito di grandezza: oggi sono stato qui, peccato non avervi incontrato
27 Novembre 2010 alle 8:45 pm
Sarebbe utile, per chi non lo avesse ancora fatto, leggere la voce Sawaki su Wikipedia, a parte la citazione finale 🙂 mi pare equilibrata.
27 Novembre 2010 alle 9:18 pm
Ciao nekosan (184 e 189 e 195) Che ne sai tu, che ne so io, del rapporto fra Uchiyama e Sawaki? Si parla per sentito dire, per suggestioni, per proiezioni mentali. E’ proprio questo che mi pare strano. In Europa, in certi ambienti zen, dove nessuno lo ha mai conosciuto manco di striscio, basta dire Sawaki per vedere facce compunte e ispirate. Da che? Da chi? Forse da gente che ci avrebbe passato metà della vita vicino? O da persone cui piace sciacquarsi la bocca con parole altrui? Non ce l’ho con nessuno, così come non metto nessuno sul piedistallo. E non faccio uso strumentale né del nome né della vita di nessun altro per il semplice motivo che non ho secondi fini. Rivolgiti a chi ha costruito il mito di Sawaki per alimentare il proprio alla sua ombra, a chi ha usato e usa ancora il suo nome come marchio di qualità: il mercato dell’usato.
27 Novembre 2010 alle 10:26 pm
Per jf 197 e 201,
condivido ambedue gli scritti.
Tuttavia, la vita di una persona, non è mai riconducibile solo ed esclusivamente a lui medesimo, è più complessa. Questo, ovviamente non esclude la sua responsabilità rispetto a quanto vissuto.
Penso che Sawaki non ti avrebbe indirizzato nulla di personale, era sicuramente su un piano diverso.
28 Novembre 2010 alle 12:31 am
E’ normale che un buddhista giapponese nato nel XIX secolo si comportasse come Sawaki rōshi, ovvero in modo, antidemocratico, repressivo e maschilista: la Via del Samurai è la morte (Hagakure). Con questa formula si esprimono in utopia i concetti di felicità e libertà di un Paese Ideale, di un sogno: Il Giappone Imperiale. L’intensità della rappresentazione dipende dal periodo bellico: la costante minaccia di morte rende assoluti i rapporti, specie se si è giovani. Per questo la guerra è bella, come metafora.
Non ha alcun senso imitarlo qui in Occidente al fine di “sembrare zen”. A-ah!
28 Novembre 2010 alle 12:50 am
..E’ normale che un buddhista giapponese..
o è frutto di uno stereotipo o di un pregiudizio.. oppure è vero.
Se fosse vero sarebbe espressione di un grave difetto-vizio strutturale dello zen.
Non comprendo il legame di questi comportamenti con il buddhismo ( e con i suoi “auspicati” frutti)e sopratutto mi sorprende che oggi ci sia ancora chi difende questo “culturismo spirituale”: cosa centra tutto questo con la fragilità e la radicale ambiguità dell’esistenza?
28 Novembre 2010 alle 7:15 am
Le persone, restano persone. Questo indipendentemente dallo zen. Dogen diceva che resta sempre una coda da qualche parte. Ovvero, la perfezione non è umana, la si persegue ma non la si raggiunge mai.
Inoltre, qua, quasi nessuno porge l’altra guancia, assumendosi tutto il karma che il fenomeno produce. Vale a dire che se attaccato mi difendo, e questa difesa può essere radicale.
Per me, Sawaki resta un grandissimo esempio di buddhista e TUTTA la sua vita lo testimonia.
28 Novembre 2010 alle 11:12 am
Per me
Dogen:”..la natura autentica non diventa il bastone del tuo viaggio prima che tu diventi la natura autentica, dopo che tu lo diventi diventa il bastone del tuo viaggio”.
Sawaki (del quale ho solo letto) va “ringraziato” come anello di una catena, ma non si possono nasconderne le violenze sotto dei concetti. Astrattamente si può sostenere di tutto, ma la sofferenza è un’esperienza concreta, è l’esperienza concreta di chi la subisce e non si può non vedere la “cecità” di chi la esercita o addirittura giustificarla in nome di un’ideologia: non mi sembrano “frutti”
28 Novembre 2010 alle 11:35 am
Ciao jf (201), com’è Parigi d’autunno? A mordu ‘ioche? Mercato dell’usato mercato dell’usato…
Ciao Nello (202), nooo se mi diventi moderato mi tocca attizzare Nekosan… 😉
Dario (204), il “culturismo spirituale” è (speriamo: era) un vezzo di quella cultura che qui si direbbe nazifascista. Qui noi abbiamo quello di sparare centinaia di cavolate su ogni argomento. I cinesi di tanto tempo fa e (risperiamo) gli italiani del futuro leggendoci penserebbero/penseranno a qualche “grave difetto-vizio strutturale dello zen”.
28 Novembre 2010 alle 12:06 pm
Hmsx (203), se continui a scopiazzare, anche se dai migliori libri 😎 , qui qualcuno ti fa tottò!
28 Novembre 2010 alle 12:37 pm
Paris in autunno è bella e impossibile… Vizio strutturale, vizio strutturale: qualcuno scriveva “consapevole profanazione”. Ma niente alibi…
HMSX (203)”è normale che un buddhista giapponese…” semmai, direi, è “normale” che un giapponese…, cassando il buddhista: normale, visto il tasso di conformismo di quel paese, ieri e oggi. Contro il quale conformismo di gruppo, peraltro, in anni successivi Sawaki, evidentemente ravveduto (vergognato? pentito?) ha tuonato, inascoltato in questo, da molti suoi epigoni nostrani.
28 Novembre 2010 alle 1:35 pm
Aaaah questa la pubblico. Un amico che (peccato!) non vuol comparire, mi scrive “Haddavenì Sawaki!”.
In effetti, tra le altre cose non trascurabili, se vigesse il “sistema sawaki” sarebbe un delirio. Per dire, mi piacerebbe tanto vedere qualcuno dei suoi ammiratori immersi (ma sul serio, non “che tanto me ne vado quando voglio”) in una realtà alla Sawaki…
28 Novembre 2010 alle 5:11 pm
Oohhh…bene.
Abbiamo finalmente sepolto anche Deshimaru, Sawaki (riposino in pace, con tanti ringraziamenti) e tutto l’ambaradan dei machi e dei samurai.
E adesso?
28 Novembre 2010 alle 7:16 pm
E adesso si ricomincia: in Europa non si può prescindere da Sawaki e Deshimaru. Per esempio, parlando per una volta di me medesimo, il primo link allo zazen mi venne da chi lo aveva ricevuto da Deshimaru…
29 Novembre 2010 alle 1:51 am
abbiamo già ringraziato.
29 Novembre 2010 alle 11:23 am
Sì, i sentimenti personali sono importanti, certo. Oltretutto una sistematina al karma fa vivere più lisci. Molti ancora non sanno neppure chi erano quei due giapponesi del millennio scorso. E va bene. Parlandone in pubblico, però, val la pena rigirarli ben bene: i giudizi son poco zen, se sono affrettati (o disinformati, che ne è un caso particolare) sono anche sciocchi. Penso sia utile, per chi non l’abbia fatto, consultare la voce Deshimaru su Wikipedia, certamente ancora perfettibile ma sufficientemente completa.
29 Novembre 2010 alle 1:27 pm
Grazie delle spiegazioni ma, mi chiedo, perchè se chi ‘imita’ i Deshimaru e Sawaki sta facendo una porcheria e diffondendo una visione ‘insana’ dello zen (come posso pensare anch’io) non si organizza un confronto pubblico in cui si sbugiarda chi va sbugiardato ponendolo di fronte alla realtà storica e dottrinale?
Perchè quando invece vi incontrate per convegni o altro invece ‘cinquettate’ tra di voi come membri dello stesso clan (chiesa soto shu)pur sapendo che qualcuno andrebbe sbugiardato ?
29 Novembre 2010 alle 2:17 pm
Perché “teniamo famiglia” 😛
Il fatto è che chi si pone nel ruolo dello sbugiardatore… è fuori, anche di testa non solo dal buddismo. Dove -grazie a dio- non ci sono papi, inquisizioni, tribunali ecclesiastici ecc. Il tempo è generoso, ciò che ha poca radice si dissolve da sé (come il resto). Nel frattempo però qualcuno potrebbe cadere in reti poco… amorevoli ed allora si scrivono blog ecc.
Però (nekosan sei una disperazione…) il problema non è chi non bisogna imitare, è che non bisogna imitare e basta. A parte per una cosa, ma lì ognuno è ciascheduno. Semmai (poi basta, eh!) se si pongono idoli così massicci (come Sawaki e Deshimaru, comunque da tenere ben distinti, in ogni senso) è più facile dimenticarsi che lo zen imitato è morto. Per cui… vai nekosan, solo tu puoi sapere come si fa.
29 Novembre 2010 alle 2:29 pm
Mym 216
Sul fatto che nel buddismo non ci siano papi, inquisizioni, tribunali… ci sarebbe da dire forse siamo all’avanguardia anche in questo.
Non penso che si possa aiutare molto attraverso un blog.
Secondo me quando c’è un pericolo va gridato assumendosi le proprie responsabilità non bisbigliato in un blog.
29 Novembre 2010 alle 5:01 pm
Non vedo pericoli. Quando ne ho visti per qualcuno ho avvisato, anche di recente, esponendomi. Ma converrai che non serve a molto, chissà quante volte le persone più disparate ti avranno detto…
Spesso le persone vedono solo quello che vogliono vedere e sono poco inclini ad ascoltare chi mostra la cosa nuda e cruda, noiosissima di solito. Pensa a quanti attacchi anche su questo piccolo blog. Servono poco gesti eclatanti, o blog. È molto più importante essere qui, nel caso qualcuno bussasse. Poi, a ciascuno la sua vocazione e il suo mestiere. E se non dovesse bussare nessuno? La festa continua
29 Novembre 2010 alle 5:51 pm
Anche se mym ti ha risposto esaurientemente, caro nekosan, un pensiero lo aggiungo visto che mi hai chiamato in causa in precedenza. Mi sembra che tu coltivi un’idea tipo “noi che siamo i buoni sbugiardiamo i cattivi” “facciamo bene quel che altri fanno male”. Non mi pare una grande idea. Non si tratta di fare i maestri buoni, a fronte di cattivi maestri: si tratta di non fare i maestri, tout court. Non si tratta di imitare i fulgidi esempi e scansare i pessimi: si tratta di non imitare, tout court. Se mi posso permettere un po’ di paternalismo dandoti un consiglio, in religione, non ti devi fidare di nessuno, né buoni né cattivi: abbi fiducia in te, solo da lì può nascere la tua fiducia in un’altra persona: che così non ti deluderà mai, perché l’origine della tua fiducia è in te, non nell’altro.
Quanto al fatto di far parte della combriccola sotozen, ebbene sì, ne faccio al momento parte. Non sono un gran cinguettatore (poco intonato) ho educati rapporti con tutti e con ciascuno, quali che siano la reciproche opinioni. Un rapporto educato, per me, implica il fatto di dire alle persone, siano chi sono, quello che penso, specie se me lo chiedono: e così faccio, con tutti.
29 Novembre 2010 alle 7:56 pm
Però, come nipote di Sawaki almeno una scoreggina potevi farla, altrimenti mica ti prendono sul serio, mica. 😉
29 Novembre 2010 alle 10:01 pm
se poi pensiamo che c’è gente che lo zen lo ha sentito nominare per la prima volta da mym… brrrrrrrrrrrr!
scoregge come nel finale del “Decameron” di Pasolini!
29 Novembre 2010 alle 10:35 pm
Pronipote…. pppprrrrrrr…ffofff!
29 Novembre 2010 alle 11:06 pm
@221 e 222:
Perchèrealizzare un’opera, quando è così bello sognarla soltanto? (citandoparafrasando P.P.P.)
29 Novembre 2010 alle 11:15 pm
non so se a questo punto è un buon contributo o è off, ad ogni modo: http://www.youtube.com/watch?v=fkZyUbJRQGw&NR=1
30 Novembre 2010 alle 8:49 am
Adesso basta con lo scrivere, e andare off topic (retta concentrazione) ! Evidentemente pochi di voi hanno portato pentole piene d’acqua su e giù per le scale 🙂
La somma di tutti i post fa almeno tre/quattro ore mancate di zazen di quello fatto bene. Al lavoro, su !
30 Novembre 2010 alle 9:01 am
‘Vualà’ il pranzo è servito!
Forse molti le hanno portate le pentole e mo’ nu’ le vonno più porta’ e s’atteggiano a conversatori fini. O no, poco importa. 😉
30 Novembre 2010 alle 9:03 am
C’è un luogo sul sito dove si possono fare proposte per iniziative dannate e mondane?
30 Novembre 2010 alle 9:15 am
“un luogo sul sito” ? Un sito (web) non ha un luogo ! Semmai “una sezione del sito”
30 Novembre 2010 alle 9:54 am
hmm… ryokàn… in certe regioni italiane suonerebbe come una bestemmia…
30 Novembre 2010 alle 11:17 am
Ragaaazzi, su, il mondo ci vede…
Se non ha di meglio da fare.
30 Novembre 2010 alle 11:43 am
Dico la mia sull’argomento, in assoluta trasparenza e ignoranza. E’ parzialmente vero che non bisogna imitare. In realtà quello da imitare è il Buddha, e come lo si imita ? Niente di più semplice, ce lo ha detto lui: ci si siede con un cuscino sotto il c..o ! Tutto li, non ha risposto neppure al mega domandone “esiste Dio” ?
Poi, ce lo hanno ripetuto e scritto fino alla nausea, che bisognerebbe proprio crederci (è fede): ci vengono domande ? Risponderà lo zazen per noi (siate luce per voi stessi)…o almeno lo farà (di nuovo…è fede).
Paradossalmente, nemmeno tanto, la cosa che mi ricordo di Calgagnano non è (solo) lo zazen, ma l’essere stato due giorni a ripulire un ripostiglio, aver spostato legna, aver usato la zappa e…essere stato cazziato per non aver bevuto il caffellatte offerto alla mattina.
Possiamo chiamare questo “vero zen” ? Custodia autentica da proteggere ? Io credo proprio di si, e senza vergognarsi.
Ed oltretutto, non capisco, è sicuramente più facile proteggere lo zazen, piuttosto che scervellarsi a come integrare scacciamosche, paramenti, ideogrammi ecc con la cultura attuale.
Se volete lo faccio io, però non ho il certificato (shiho) , l’autocertificazione va bene lo stesso ? 🙂
30 Novembre 2010 alle 11:51 am
Qualcuno si è svegliato chiacchierino ‘stamattina. Ciao Ryokan, benvenuto. Le cazziate sul caffelatte sono lo scacciamosche dei poveri…
No, l’autocertificazione non fa, prima bisogna mostrare il certificabile, poi versare una GROSSA somma, poi… 😛
30 Novembre 2010 alle 12:52 pm
per JF 219
Grazie Jf e grazie Mym per le vostre risposte.
Jf,io non coltivo l’idea di chi siano i buoni e chi i cattivi, nè che noi facciamo bene e altri male, ma per esperienza di prima mano ho visto e provato la sofferenza generata da un certo modo di proporre e imporre una certa visione dello Zen.
Spesso operata nei confronti di persone deboli, fragili, che ne escono distrutte.
Ho pensato che non basti allontanarsi da tali situazioni e ‘mettersi in salvo’ ma che dovremmo fare qualcosa in più per evitare che accada ad altri.
Per questo mi sono infervorato e mi scuso.
Mi dite che non esiste un maestro…
ma perchè allora riconosciamo una linea di Patriarchi alla cui vita ed esempio dobbiamo rifarci ?
Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro ?
Grazie
30 Novembre 2010 alle 1:01 pm
Che senso abbia la linea di patriarchi lo spiega, brevemente, Doc nella relazione che presento in home. Se vuoi la storia completa vedi questo da p.337 in poi.
Per quello che riguarda “il maestro” Dogen parla soprattutto della sua ricerca. Non bisogna scoraggiarsi, assolutamente.
30 Novembre 2010 alle 1:02 pm
“Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro ?”
Infatti, ben detto ! E qui non ci sono pentole, serve una risposta chiara dai big boss !!
30 Novembre 2010 alle 1:12 pm
Mym dove trovo la relazione di doc ?
non sono riuscito a trovarla.
Grazie
30 Novembre 2010 alle 1:41 pm
È quella che salta fuori cliccando sul titolo Pratica buddista e sue ricadute sul tessuto sociale.
I big boss (235) son tutti ai Caraibi. Ma han lasciato detto che se l’indicazione è cercare bisogna cercare, non aspettarsi che qualcuno ti dica: eccolo lì. Il senso è cercare. Almeno una quindicina d’anni, per cominciare, poi si comprende meglio il fatto che cercare è senza fine. Se nel frattempo si fa zz tutti i giorni, be’, i big boss possono rimanersene ai Caraibi.
30 Novembre 2010 alle 1:48 pm
Nekosan 233: “ho visto e provato la sofferenza generata da un certo modo di proporre e imporre una certa visione dello Zen. Spesso operata nei confronti di persone deboli, fragili, che ne escono distrutte. Ho pensato che non basti allontanarsi da tali situazioni e ‘mettersi in salvo’ ma che dovremmo fare qualcosa in più per evitare che accada ad altri.” Diceva il grande Barnum (direttore e inventore del circo omonimo): “Nessuno ha mai fatto bancarotta puntando sulla credulità e sulla stupidità del pubblico”. Temo che la struttura della realtà sia così, in modo pressoché inemendabile. D’altronde, un detto contadino dice: “quando la pera è pronta cade anche senza vento”.
30 Novembre 2010 alle 2:20 pm
Oggi mi piacete tutti. Vi quoto.
Lieto di sentire mym 234, 237 e 238 in particolare. Adesso sereno e pacioccone so che devo fare. Grosso modo. La pace sia con noi.
P.S.:
@228 ryokan (e segg.): ‘da paura!’ 🙂
1 Dicembre 2010 alle 11:52 am
Ciao nekosan 233
Perchè Dogen ed altri, insistono dunque tanto sul fondamentale ruolo che ha avuto nella loro vita la loro relazione con il maestro?
Quella tua frase preferisco leggerla con l’accento su ‘relazione’ anzichè su ‘maestro’.
Quando c’è il ‘discepolo’ allora c’è anche il ‘maestro’.
Il gioco dei ruoli è fondamento. Il ‘ruolo’ invece è prigione e, in definitiva, falsità.
Dogen è stato un grande discepolo.
1 Dicembre 2010 alle 1:57 pm
Ciao Doc,
sto leggendo la tua relazione, complimenti.
E’ chiaro che il rapporto ed i ruoli nascono solo nella relazione…
Non può esistere un maestro qualificato tale da chicchessia.
Questo l’ho ben chiaro ma quel che ancora mi resta difficile da capire è se è possibile percorrere il ‘Cammino’ senza riferirsi ad un maestro e ad una comunità.
Basta davvero solo sedere in Zazen ?
1 Dicembre 2010 alle 2:02 pm
Forse conviene invertire: provare a “fare” zazen per un bel po’, regolari e massicci, poi provare a chiedere in giro se c’è qualcun altro che ha la nostra esperienza, se quello che accade è quello che accade agli altri, confrontarsi, pur sapendo che -in qualche misura- per ciascuno è diverso.
1 Dicembre 2010 alle 2:12 pm
Sì Mym,
ma poi quando ci si ritrova ci si deve pur dare una forma non fosse altro per organizzare lo spazio che ospita il sedere assieme e nel confrontarsi avere un riferimento perchè se è vero che -in qualche misura- per ciascuno è diverso, ci sarà pure un riferimento comune che può essere il Buddha…
o no ?
1 Dicembre 2010 alle 2:14 pm
Che intendi poi con Zazen regolari e massicci ?
Io ne ho fatto un bel pò e per un bel pò e ho visto fare (e fatto) ‘prestazioni straordinarie’di Zazen ma i risultati, ora posso dire senza ombra di dubbio, se guardo poi le stesse persone sono, in termini di umanità sconfortanti.
Va bene lo Zazen regolare e massiccio ma chi garantisce che si stia facendo davvero Zazen ?
1 Dicembre 2010 alle 2:20 pm
nekosan, ho l’impressione che stiano arrivando delle pentole anche per te !
1 Dicembre 2010 alle 2:35 pm
ryokan 245
cioè ?
1 Dicembre 2010 alle 2:49 pm
l’ultima volta che ho fatto la stessa domanda a mym, mi sono ritrovato a portare un pentolone ricolmo d’acqua su e giù per le scale del condominio dove abito.
1 Dicembre 2010 alle 4:01 pm
E i condomini che dicevano? Conoscevano mym?
1 Dicembre 2010 alle 4:46 pm
@243:
Ciao Nekosan, scusa mi viene da sorridere perché questa espressione “ci si deve pur dare una forma non fosse altro per organizzare lo spazio che ospita il sedere assieme” è una preoccupazione che ho sentito spesso tra le persone che… be’ insomma ma perché sta fissa? Com’è nella nostra vita di tutti i giorni? Non ti organizzi a casa per chi cucina e per chi fa la spesa? O al lavoro non è lo stesso? Voglio dire che centra col stabilire la gerarchia ? Alcune persone le eleggi nel tuo intimo come punti di riferimento ma sempre uomini sono. Ora me ne guarderei bene di accollare loro ‘sta storia del maestro.
Quando ho imparato alcuni gesti di lavoro ad esempio, l’ho fatto meglio quando ho osservato con attenzione chi evidentemente aveva più esperienza di me ed è una questione pratica il fatto che non l’ho fermato dicendogli ‘adesso ti ho scelto come rif. e bla bla bla’, insomma cerco di non rompere le scatole altrimenti quello appena mi vede si nasconde. Inoltre per quanto possa aver osservato nulla s’è messo in moto fino a che non ho provato da me a ripetere quei gesti, comprendendo magari che dovevo adattarli al mio corpo. Magari li ho migliorati. Non so se mi sono spiegato. Nel caso perdonate il lungometraggio.
1 Dicembre 2010 alle 4:46 pm
mah, ti dirò…ero talmente perfetto nella pratica di risalita e discesa (con pentola), che i condomini dicevano “per noi non c’è niente da vedere, ne da udire…ecc”
1 Dicembre 2010 alle 4:54 pm
In effetti la prova della pentola è risolutiva. Nel fare zazen non si può sbagliare, basta non fare altro. È altrove che è più facile sbagliare. In primis il posto più a portata di mano per fare zz è casa propria, non c’è nulla di particolare da organizzare, a parte la propria vita, gli orari, i rapporti con i famigliari coabitanti, le priorità della giornata, le scelte concrete di vita. Ma quelle, si sa, per noi zen son bazzecole. Parecchio più complesso è organizzare lo zazen in un luogo apposito. Infatti è da fare solo se a casa propria non si riesce/non si può. Gli errori si fanno quando costruiamo fantasie, per esempio che siccome il riferimento è il buddha (prendere voce apposita in qualsiasi libro e studiare prima di parlarne ancora) allora ci vuole un maestro, alias un pollastrone che mostra “come si fa” ovvero come fa lui ovvero come non devi fare tu perché non sei lui. Gli errori si fanno quando si pensa che le persone, facendo zazen, migliorino, diventino umanamente migliori, più affabili, gentili o intelligenti o buone ecc. Che cosa c’entra tutto ciò con lo zazen? C’entra solo perché uniamo lo zazen e l’uomo ideale nella nostra fantasia. L’uomo ideale è quel fesso che siamo, non c’è scampo; almeno badiamo a sollevare poca polvere.
1 Dicembre 2010 alle 4:58 pm
AHR 248: coi condomini ho un accordo di massima, guardano scuotono la testa “eccone un altro” dicono. Tu dove hai detto che abiti? 😛
1 Dicembre 2010 alle 5:02 pm
@244:
“Va bene lo Zazen regolare e massiccio ma chi garantisce che si stia facendo davvero Zazen ?”
Immagino che questa la si possa risolvere innanzi tutto domandandosi perché abbiamo ‘deciso’ di fare ‘sto zazen (l’ultima volta che me lo hanno chiesto sono caduto dalla sedia dov’ero seduto, mym ne sa q.cosa) e poi sulla sincerità della risposta che ci si dà, e qui sei solo. Il conto lo paghi cmq te, sia che fai zazen sia che te ne stai zitto e bòno sul cuscino senza fare zazen.
Infine: questa domanda la coniugherei sempre al singolare prima persona.
1 Dicembre 2010 alle 5:06 pm
E la domanda rimane aperta! No answer
1 Dicembre 2010 alle 5:08 pm
@252 (così rispondo anche a dhr in un preced. post):
Roma Borgata Montespaccato… una piccola Paris
ne trovate traccia con banali ricerche Google cronaca
😉
1 Dicembre 2010 alle 5:10 pm
In effetti la prima persona singolare è indispensabile in certe domande. E mi ricollego anche al 238: ma quando sono andato in quel posto dove poi hanno trattato così male me e gli altri sventurati, che cosa cercavo? Non cercavo proprio quello che offrivano lì? E se così non fosse (raro, molto raro), se quello che cercavo non c’era, perché non ho girato i tacchi andando scassare il gorghiglione a qualcun altro? Rispondere ad alta voce, così per vedere l’effetto che fa.
1 Dicembre 2010 alle 8:09 pm
Capisco che il singolo fa quello che può, ma, a proposito del circo Barnum,
se è vero che c’è chi cerca senza mettere in discussione le sue illusioni sull’oggetto della ricerca, o non è in grado di vederne le eventuali deviazioni, è altrettanto vero, credo, che le istituzioni dovrebbero, in nome della fede che si propongono di testimoniare, favorire una buona pratica e proteggere i “creduloni” dai “cialtroni”.
Credo ci sia un grado di responsabilità di una struttura che si propone come riferimento: se così non è il rischio è quello di procurare sofferenza invece che liberazione.
Vedi chiesa Cattolica e questione abusi..
1 Dicembre 2010 alle 8:44 pm
Sono d’accordo. In ogni caso, però, è sempre il singolo che deve rispondere, dar conto delle sue omissioni, sia che rappresenti le (o faccia parte delle) istituzioni, sia che si consideri “un cane sciolto”. Lo slogan (inventato in USA per altri motivi) “chi vede qualchecosa dica qualchecosa” mi convince.
Altro problema è, però, mettere in piedi inquisizioni, tribunali o sbugiardatori di ruolo. Testimonianza è la parola.
Infine: le istituzioni buddiste dovrebbero essere enti amministrativi, non avere alcuna funzione guida, di testimonianza o di indirizzo. Cfr. Considerazioni sul seminario presso la Gendronniére del 16-17 ottobre 2010 proprio in questo post.
1 Dicembre 2010 alle 10:45 pm
bla, bla, bla…senza Antaiji e quanto ha concorso a produrlo, nessun bla,bla,bla.
il wikipedia di Deshimaru é ridicolo! buono per menti ristrette.
1 Dicembre 2010 alle 10:50 pm
Se si dice che Dogen è stato un grande discepolo, bisogna anche aggiungere che é stato un grande maestro.
Senza uno non può esserci l’altro.
1 Dicembre 2010 alle 10:53 pm
Certo, poi, bisogna avere ben chiaro cosa significa “maestro” e quale sia la sua funzione.
Poi, bisogna avere ben chiaro, o provare a chiarirsi, cosa significa buddhismo (proprio nel senso di ‘ismo’).
2 Dicembre 2010 alle 1:06 am
Per me l’Hagakure è il libro dei libri: banalizzarlo nel nazifascismo-culturismo spirituale è miopia. La figura del maestro, del discepolo e dell’imitazione è ineludibile, essenziale.
L’imitazione della forma, cioè della figura del ‘maestro ideale’, è la misura del torace che si acquisisce con l’esercizio, la costanza e la disciplina. Non c’è nulla di edonistico. Lo scopo è la bellezza dell’azione di un corpo perfetto: compiuto in ogni attimo (vitalismo, non naturalismo selvaggio).
L’aria è tangibile come l’acqua. L’Hagakure non si legge, si “incarna” fino a che si innesca in modo incontrollabile. Lo zen è l’inizio necessario.
Nell’iconografia giapponese la morte è associata alla primavera: il suicidio del samurai è la massima affermazione di vita.
2 Dicembre 2010 alle 1:08 am
Testimonianza è la parola, non si aiuta nessuno se si tiene nascosta la verità. Ritengo che l’organizzazione gerarchica e militare sia perfetta: gli ordini non si discutono. Troppe volte la massa ha “democraticamente” salvato Barabba per mandare a morte Gesù..Mi dichiaro cattolico nella misura in cui si avalla e legittima l’Inquisizione –certo, in un senso diverso rispetto a quella medioevale. Ad esempio il primo che manderei al rogo sarebbe proprio l’uomo vestito di bianco…Acquistare uno stato di discepolanza equivale ad abbracciare uno stato “militare”, e le istituzioni buddhiste non hanno i mezzi per fare la guerra alla guerra, cioè a tutti i valori. Allora trovo splendido il gesto di Monicelli: voltare le spalle alla propria epoca e abbracciare la bellezza. Non è depressione: è affermazione di sé, di un’etica della libertà.
2 Dicembre 2010 alle 1:56 am
260
Caro Nello, se Doghen avrà gradito il tuo inchino più di quanto non abbia gradito il mio, sarò felice per te!
2 Dicembre 2010 alle 2:06 am
@259 e 261:
Salve Nello, potresti chiarire ?
Chiedo scusa ma non comprendo proprio il senso.
Forse in questo blog sono peggio di un ripetente incallito.
2 Dicembre 2010 alle 3:56 am
264. Mah! Qui Dogen c’entra poco.
2 Dicembre 2010 alle 4:07 am
Per 265.
Per quanto riguarda 259 mi sembra abbastanza chiaro, vale a dire che, nella Tradizione Zen, il Buddha, si è trasmesso in un certo modo, fino ad ora. Questo non esclude nuove modalità che, tuttavia, non sono alternative alle tradizionali, sono altre modalità e basta. Non ci sono due verità. Quindi, oggi, il blablabla, può prodursi grazie alla Tradizione, comunque. Poi, ci sono gli inguaribili…
2 Dicembre 2010 alle 4:11 am
Gli inguaribili…sono quelli che potrebbero dire che un tal Siddharta Gotama era uno che ha abbandonato moglie e figlio…
2 Dicembre 2010 alle 4:12 am
o che lo Zen non è buddhismo…
2 Dicembre 2010 alle 4:16 am
perchè loro lo vogliono in sanscrito…e non in sino-giapponese…magari in tibetano…ma assolutamente non in giapponese…qualcuno per semplificare o genuinizzare finisce con il complicare o vanificare…
2 Dicembre 2010 alle 9:15 am
Ciao Adolf Hitler Redivivo 🙂 249
Quando mai ho parlato di gerarchia ???
tu dici:
‘Com’è nella nostra vita di tutti i giorni? Non ti organizzi a casa per chi cucina e per chi fa la spesa? O al lavoro non è lo stesso?’
Se fosse così semplice non ci troveremmo nelle condizioni in cui ci troviamo, sopecie in Italia…
2 Dicembre 2010 alle 9:27 am
Per Mym 251
dici: ‘Nel fare zazen non si può sbagliare, basta non fare altro.’
Ma chi dice che si sta facendo Zazen?
Ci vorrà pure un minimo di indicazioni oppure basta quel che troviamo su internet ??
dici: ‘In primis il posto più a portata di mano per fare zz è casa propria, non c’è nulla di particolare da organizzare, a parte la propria vita, gli orari, i rapporti con i famigliari coabitanti, le priorità della giornata, le scelte concrete di vita. Ma quelle, si sa, per noi zen son bazzecole. Parecchio più complesso è organizzare lo zazen in un luogo apposito. Infatti è da fare solo se a casa propria non si riesce/non si può.’
Dunque mi sembra di capire che l’aspetto comunitario della pratica non sia affatto necessario.
E pensare che io ero convinto che il Sangha equivalesse a Buddha e Dharma.
Ovvero che lo Zazen fai da te permettesse un modo più comodo per continuare a ‘darsi ragione’e che una Comunità (certo si deve trattare di una compagnia di veri amici)garantisse, con tutti i rischi che ne derivano, che questo non possa non avvenire.
Dici: ‘Gli errori si fanno quando costruiamo fantasie, per esempio che siccome il riferimento è il buddha (prendere voce apposita in qualsiasi libro e studiare prima di parlarne ancora) allora ci vuole un maestro, alias un pollastrone che mostra “come si fa” ovvero come fa lui ovvero come non devi fare tu perché non sei lui.’
Ci siamo, ma questo non è un buon maestro e se invece si incontra un buon maestro ?
O facciamo fuori il maestro tout curt ?
dici: ‘Gli errori si fanno quando si pensa che le persone, facendo zazen, migliorino, diventino umanamente migliori, più affabili, gentili o intelligenti o buone ecc. Che cosa c’entra tutto ciò con lo zazen?’
Allora, se non sbaglio il Buddha diceva che facciamo Zazen per liberarci dalla sofferenza… allora dovremmo almeno poter vedere che una persona che pratica ZZ troverà un minimo di qiete, almeno con sé stesso e questo si percepisce anche da fuori. Non si tratta di diventare più che umani ma se non porta a questo non credo sia lo ZZ del Buddha.
Anche Cristo diceva ‘li riconoscerete dai frutti’ e mi sembra il minimo indispensabile che da una pratica che coinvolge pienamente il corpo e la mente ne derivi una vera e propria metamorfosi altrimenti, secondo me, la pratica non è corretta.
Altrimenti nel dire: ‘in fondo va bene un pò tutto’ si da adito, con atteggiamento molto new age, ad ogni genere di accomodamento…
E’ vero fessi siamo e fessi rimarremo ma che almeno lo ZZ ci permetta di capirlo e di accettarlo serenamente.
2 Dicembre 2010 alle 11:30 am
Amen
2 Dicembre 2010 alle 11:37 am
Caro Nello,
a volte forse è necessario spiegare proprio tutti i passaggi. Faccio uno sforzo e ci provo. Scusate se sforo le 500 battute.
Dire che Doghen è stato un grande discepolo, è il massimo dei complimenti
1) perchè rende pienamente giustizia al suo essere un grande maestro in virtù proprio del suo essere stato capace di essere un grande, umile discepolo. Causa ed effetto sono qui pienamente giunti alla catarsi.
2) perchè diventa una indicazione. Ripetere, come le oche del campidoglio, che tizio e caio sono grandi esseri, che dobbiamo onorarli, omaggiarli e rispettarli ecc, alla lunga diventa una indicazione retorica e sterile, buona forse a creare degli ottusi devoti e poco più. (Peraltro è scritto ovunque e lo sanno tutti, almeno qui dove si studia Dogen e l’evoluzione del suo insegnamento.)
3) Mettere invece in risalto il processo che porta a diventare maestri attraverso la pratica di essere ‘buoni’ discepoli, è una indicazione dinamica che persone come te dovrebbero poter capire ed apprezzare.
4) perché denota l’intenzione di comunicare qualche cosa a favore di qualcun altro, ribaltando uno stereotipo e quindi favorendo, ad una coscienza eventualmente ancorata ad una visione agiografica standard, l’ampliare il proprio punto di vista.
Quando parliamo, a volte è anche interessante il contenuto, l’argomentazione. Ma sempre è importante il ‘perché’ parliamo, l’intenzione. Il contesto.
Chi si accontenta dell’argomento…avrà solo quello. Per fare un passo oltre il palo, bisogna smetterla di difendere … Ma cosa difendi, tu?
2 Dicembre 2010 alle 1:03 pm
L’unico maestro necessario, è quello che ti corregge la postura, ti dice come respirare. Quello che ti invita a “star seduto così”, con abiti comodi, con una tuta da ginnastica senza scritte o colori sgargianti, solo per non distrarre gli altri.
Su questo non possono esserci dubbi, talmente è semplice la questione.
Alla luce di questo…perchè sono necessari i centri di pratica (Sangha ?). Perchè farlo in casa è troppo difficile, oltre ad avere mille scuse per non farlo e smettere del tutto, si rischia di vederci spuntare una gobba con l’andare del tempo. Ed inoltre porto un esempio personale. Praticare con altri, soprattutto all’inizio, mi ha invogliato di più, facendomi evitare mille milioni di distrazioni e consentendomi di portare a termine le sessioni.
Non voglio maestri, voglio centri di praticaaaa !!!
Il punto non è additare chi insegna un “falso zen”, ma proteggere quello vero, come faceva Doghen mi pare. Che poi lo “zen vero” è tutto li…nello star seduti, lo sa anche mio nipotino fra un po’.
Poi…la pratica non ci fa ne migliori ne peggiori. Qualche conseguenza sicuramente la porta, io ad esempio riesco a scrivere al PC con la sola forza del pensiero come sto facendo adesso, ma il fine ultimo è un altro, rimuovere la sofferenza, non cambiare noi stessi.
2 Dicembre 2010 alle 1:47 pm
L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re. Non c’è qualcuno che ti può dare, dove ci sei tu ci sei solo tu, datti fare, o riprendi la pentola.
2 Dicembre 2010 alle 2:09 pm
Ma perchè non si organizza un pubblico convegno per confrontarsi e discutere sugli argomenti di cui stiamo discutendo e che sono così importanti ?
Visto che ci sono in Italia tendenze diametralmente opposte: Guareschi e fudenji, dove il maestro è ruolo fondamentale e senza quello non esiste zen e il maestro è sempre lui e solo lui e guai se qualcuno esprima una sua personale interpretazione, guai se lo zazen divenisse pratica solitaria non collegata alla sesshin o comunque ad una presenza stabile e continua a fudenji e al legame col maestro… dall’altra ci sono mym, jf, e altri che invece affermano l’esatto contrario.
Non si tratta di fare processi o stabilire chi ha ragione e chi torto ma si tratterebbe di un sano e prezioso confronto, come si faceva una volta tra veri ricercatori nel Buddhismo antico.
E chi non accetta il confronto o non ha davvero a cuore il bene dello zen o non ha forti argomenti alla base delle sue opinioni.
Uscendo così dalle mura dei monasteri e dalle pagine dei blog…
Che ne dite ?
2 Dicembre 2010 alle 4:02 pm
Perchè no…però se poi si mette male, Guareschi conosce le arti marziali, noi no.
2 Dicembre 2010 alle 4:10 pm
Ciao Ryokan
275. “Che poi lo “zen vero” è tutto li…nello star seduti”
Non so, ci andrei cauto.
Nella relazione alla consulta avevo scritto:
“…. zen, quella particolare forma del buddismo giapponese che fa dello zazen e della messa in atto delle istruzioni su come percorrere concretamente questa via di salvezza, il cardine, il fulcro della ricerca ed esperienza buddista.”
Poi, considerando il contesto in cui mi sarei trovato a parlare e temendo che la parola ‘istruzioni’ fosse interpretata in modo letterale, ho deciso di tagliare le parole”…e della messa in atto delle istruzioni su come percorrere concretamente questa via”.
Però, tra di noi….
Le ‘istruzioni (al di fuori della dottrina)’ passano attraverso una relazione. A mio parere non è cosa da sottovalutare.
2 Dicembre 2010 alle 4:18 pm
Ciao Nekosan.
277
Qualcuno un giorno spero mi spiegherà questa ossessione per Guareschi e fudenji.
A qualcuno piace caldo… ma chissenefrega!
Se facciamo un album di figurine, penso che ognuno di noi abbia i suoi bei santini da appiccicarci su. Lo zen ‘Panini’.
Ma non litighiamo sulla foto che deve essere messa in copertina, per favore.
Comunque se organizzi un bel convegno…con rinfresco, mi raccomando!
2 Dicembre 2010 alle 5:11 pm
M’è andata bene, non avendo “davvero a cuore il bene dello zen” e neppure “forti argomenti alla base delle mie opinioni” ho praticamente la dispensa papale.
Però, ammesso e non concesso che si facesse un convegno su temi così importanti (!), e poniamo che alla fine -magari a maggioranza- prevalesse la linea che si fa come dico io o niente, nekosan, cosa sceglieresti? A Samye tra coloro del partito dei perdenti in parecchi praticarono l’autocastrazione.
La prima cosa che stabilirei è che sesshin è sostantivo maschile. Solo chi dice IL sesshin è dalla parte giusta dello zen. I parvenu si vedono subito, tze!
2 Dicembre 2010 alle 5:28 pm
“A Samye tra coloro del partito dei perdenti in parecchi praticarono l’autocastrazione”
Arunda Disse: – “Ci scometto le palle che passerà la nostra linea…”
Aranda Rispose: – “Ehm…hanno appena vinto loro…”
e per oggi mi fermo qui…giuro 🙂
2 Dicembre 2010 alle 5:33 pm
Il bello è che Arunda solo DOPO si accorse che Aranda scherzava…
2 Dicembre 2010 alle 5:39 pm
Caro nekosan 277, ti dico tre cose:
1. un cibo che resta sullo stomaco, che torna sempre su, per buono che sia al sapore e attraente alla vista, non e’un cibo nutriente, che invece si digerisce in fretta, non lascia tracce e quasi neppure ti ricordi che lo hai mangiato. Tu hai qualcosa sullo stomaco, prendi del bicarbonato. Tanto.
2. in tempi andati e gia’ sospetti (i tempi lo sono un po` tutti) ebbi la bella idea di proporre periodici incontri fra “rinomati” testimoni dello zen italiano (i nomi che citi c`erano tutti): ci vedemmo cinque o sei volte e poi la cosa fini` nel nulla senza lasciare tracce, con soddisfazione di tutti (per la fine, intendo). Dalle mie parti si dice: emu za deitu – abbiamo gia` dato. Pero` se organizzi, tienimi informato, prima o dopo.
3. io non affermo l`esatto contrario di nessun altro, per il semplice fatto che non sostengo una tesi – nella mia pur limitata esperienza, mi sono seduto in zazen in compagnia, da solo, in monastero, in citta`, in campagna, in montagna, al mare… e la sola cosa che posso dire e` che, a parte il fatto che il sedere sul cuscino sempre il mio era (se mi si concede il brevetto sul mio culo) per il resto la sola cosa sempre interessante e` stata e continua a essere chiedermi perche` ho fatto quel che ho fatto e faccio quel che faccio. La risposta non e`, come negarlo?, sempre chiara ed esauriente, ma la domanda e` sempre interessante. La consiglio a tutti. Ciao
3 Dicembre 2010 alle 12:30 pm
Ciao Doc #280
Non si tratta di ossessione ma stiamo parlando di esperienze reali, vissute, altrimenti di cosa parliamo?
Per Mym #281
Non mi pare che in giapponese ci sia il maschile ed il femminile nè gli articoli…
Per Jf #284
Certo che ho qualcosa sullo stomaco e di pesantissimo e continuo a vedere gente che si avvelena con cibo avariato. Pensavo che fosse mio dovere tentare almeno di metterli in guardia…
Mi sembra che il confronto, anche dialettico, sia sempre stato una componente della ricerca nello Zen, quindi la mia idea di un incontro in cui, abbandonando l’eccessiva diplomazia si parli sinceramente delle sorti dello Zen e dei suoi praticanti in Italia, non mi sembra così scandalosa.
Grazie a tutti
3 Dicembre 2010 alle 12:59 pm
Ciao nekosan, mi sa che ci conosciamo.. comunque: credo che se tanto per incominciare ognuno facesse la sua parte cercando di stare buono e calmo e non essere di ostruzione al fluire delle cose, sarebbe già gran cosa. Non intendo esaltare la codardia ma succede che spesso per impedire qualcosa ci si sbraccia senza attenzione e si finisce col fare danni peggiori.
E poi siamo sicuri che gli altri vogliono essere salvati ? e da cosa poi? Sei sicuro che le loro vite sarebbero migliori ?
Non mi sento cosi in alto da vedere con tanta chiarezza. Si, potrei affermarlo per me oggi, ma tre anni fa avrei detto cose diverse… e ad ogni modo è da fare attenzione nel gettar via ciò che comunque ti ha nutrito, seppure poco o male, e questo dipende da molte cose.
Immagino che quando ci si rivolge l’invito allo zz massiccio non si alluda a vedere chi riesce a farla più lontano ma, come dire, vedi tu cosa succede intanto non evadendo da sé stessi e poi vediamo cosa succede.
3 Dicembre 2010 alle 1:14 pm
AHR
ci conosiamo ?
non so, sei stato un frequentatore ?
Io passavo di lì fino a circa 1 anno fa e tu ?
3 Dicembre 2010 alle 1:36 pm
Sì, ciccìcoccò, non siete al bar.
Comunque (@ 285) l’idea non è per nulla scandolosa, anzi. Spero che, visto che è un tuo problema, pressante direi, tu l’organizzi presto questo incontro e ne tragga il meglio. Così potrai essere anche tu tra quelli che “hanno fatto qualche cosa” tipo questo oppure questo (art. 2,3,4,5,6), oppure questo (ultimi 4) oppure questo (2,3,4,5,7,8) oppure questo (1,2,3,4,5,6,7) oppure questo (1,2) oppure questo (2,3,4,5)
Capisco che pubblicare un intero libro sull’argomento oltre a una decina di articoli in 6 (sei!) lingue diverse sia poco, ma ora che vai avanti tu potremo finalmente stare tranquilli. I cattivi saranno tacitati, il vero zen splenderà nel cielo ecc. ecc.
3 Dicembre 2010 alle 2:17 pm
Accidenti Mym !
non avevo nozione di tutto ciò.
Ne avrò per qualche anno.
Complimenti e grazie !
3 Dicembre 2010 alle 3:22 pm
@288
chiedo venia ma lo riferivo solo come parte comica ho dimenticato di mettere la faccina che ride. Pardon.
3 Dicembre 2010 alle 4:51 pm
(@ 287) Prego. Se vuoi vedi anche questo
3 Dicembre 2010 alle 5:58 pm
E questo
3 Dicembre 2010 alle 11:02 pm
Per doc 274,
Dogen…è molto vasto…rinchiuderlo entro qualsiasi schematismo è riduttivo, quindi, la mia controaffermazione era per evidenziare il limite della tua. Limite per limite.
Il tuo “elenchos” non basta.
Nessun elenco.
Questo è il passaggio.
Questo “difendo”.
4 Dicembre 2010 alle 6:07 am
Per ryokan 275,
sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
Zazen, non é stare seduti.
4 Dicembre 2010 alle 6:14 am
Tutti i “questo” che puoi elencare…all’infinito, non sostituiranno mai questo:
http://www.seeger-laux.gmxhome.de/zenroku/decoration/Zazen-Anleitung-1.jpg
e quei questo non si esauriranno mai comunque.
4 Dicembre 2010 alle 6:17 am
Questo, é ancora più bella.
http://t0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTvJwIeUuOU34SXoIRN6Vtvqlym4OB69kO8d4u2MXlTiqs1UCCuJA
4 Dicembre 2010 alle 4:27 pm
Pover’uomo, almeno da morto lasciatelo in pace. Se sapesse gli si rivolterebbero le budella …
Anche se, in un certo senso, gli sta bene. Per dire, le mie foto mentre compio un atto più privato dello star sul vater, Nello non le può mettere sul web. Ah!
NB: qui è inutile fare come la volpe (Nello) e l’uva (le mie foto) 😛
PS: a Ne’, quand’è che ci fai vedere quanto sei bravo tu? A criticare, a eccepire, a citare tizio eccaio, a far vedere le foto ggiuste siam bravini in tanti, sai.
4 Dicembre 2010 alle 8:54 pm
ola Mym
guarda che ho trovato…
http://www.lastelladelmattino.org//index.php/altro-materiale/sedersi
Qui scrivi:
Noi, che siamo carenti in intelligenza ed esperienza, possiamo sopperire inizialmente con la fiducia nell’affidabilità delle persone che propongono lo zazen, ma poi sperimentando di persona dobbiamo mettere alla prova questa via, a fronte di ciò che il buddismo dice di essere. Il buddismo si offre come didattica che conduce all’estinzione della sofferenza: senza verificare attentamente se una vita fondata sullo zazen coincida o meno con la realizzazione di questo programma il buddismo e la sua pratica diventano un hobby, un’attività ricreativa.
Allora, dobbiamo o non dobbiamo verificare che chi fa zazen, in primis noi stessi, ma anche chi ci guida ad esso, siano stati ‘condotti all’estizione della sofferenza’?
poi scrivi:
Ed anche nel nostro tempo vi sono persone che seriamente, sinceramente e intensamente hanno praticato e praticano questa via di salvezza. Imparare a “fare” zazen consiste nel collegarsi a queste persone ed imparare passo dopo passo non solo il come durante lo zazen ma anche il funzionamento complessivo della nostra vita in relazione allo zazen.
Nel momento in cui una persona veramente esperta non sia disponibile è preferibile tentare da soli. Pur essendo rischioso nei confronti del nostro tempo, dell’utilizzo della nostra vita.
Boh !
Ma allora ?
Qui affermi che la prima cosa da fare è cercare una guida (imparare a ‘fare’ zazen consiste nel collegarsi a queste persone)…
Invece in questa discussione hai affermato l’esatto contrario.
Nella seconda parte dai dettagliate descrizioni su come si dovrebbe ‘arredare’ la sede della pratica (dojo ?) dando addirittura indicazioni come questa:
…Appena entrati nella sala ci si inchina a mani giunte. Si va al proprio posto, e si lascia il proprio posto, camminando in senso orario lungo i muri. Se la sala è divisa in due, si cammina in senso orario nella metà a destra e in senso antiorario nella metà di sinistra, cosicché i due flussi siano concordi nel lato condiviso. Vige il divieto di sorpasso. Laddove per motivi di spazio o di forma non è possibile uniformarsi alla norma, rispettando i motivi della regola si può fare diversamente. Questo “diversamente”, diventando la norma di quel luogo, va mantenuto.
Arrivati al proprio posto ci si inchina profondamente a mani giunte in direzione del muro davanti al quale vi è un cuscino quadrato sul quale poggeranno le ginocchia e, sopra ad esso, un cuscino tondo sul quale ci siederemo. L’inchino è un atto di ringraziamento e rispetto per quelli che sono alla nostra destra ed alla nostra sinistra. Coloro che, ai lati, fossero già seduti rispondono giungendo le mani…
etc.etc.
Ma come non era da far zazen da soli a casa propria ??
Sarò confusa io.
5 Dicembre 2010 alle 12:01 am
questo è un assist: il prossimo che interviene, fa 300!
DENG DENG SDLEEENG TA-DAOOO TA-DAOOO!! (rumori del flipper)
5 Dicembre 2010 alle 11:48 am
Cara nekosan, non vedo il problema. Mi pare di aver dato buone (utili? Ragionevoli? Fruibili?) indicazioni sia in questo blog che nel link che citi. Se un obeso si lamenta della sua scarsa mobilità in montagna gli consiglio di diminuire il cibo. Se lo fa un digiunatore consiglio il contrario. A mio parere c’è un problema di fondo in quello che dici, dovresti curare un poco l’aspetto intellettuale, per così dire, della faccenda. Dovresti studiare un po’ insomma. Almeno sulle basi dei tre elementi costitutivi della cultura buddista: comportamento, pratica/zazen, comprensione profonda. Il tuffo nello zen, ovvero “zazen è tutto” o “è la fine di tutto” come diceva il buon anima di Sawaki, può non essere adatto a te (viceversa?).
5 Dicembre 2010 alle 4:29 pm
Nello 293
?
Che ora è?
Vado a rane.
(lo so, l’ho già detto…ma a volte repetita iuvant)
5 Dicembre 2010 alle 5:06 pm
Azz! Ce n’è di rane da quelle parti, eh
5 Dicembre 2010 alle 5:37 pm
Mym 300
Va bene allora mi ritiro per qualche anno a studiare, fintanto che non sarò degno di interloquire al vostro livello.
Buon divertimento.
5 Dicembre 2010 alle 5:57 pm
Secondo me faresti la cosa giusta nel ritirarti qualche anno a studiare, poi, dopo qualche anno ancora qualche anno e così via.
Se nel frattempo dici che cosa vuoi, breve e chiaro, chissà, magari si può anche interloquire. Altrimenti lascia perdere, per favore.
Buon studio
5 Dicembre 2010 alle 7:43 pm
nekosan continua a parlare di sé un po’ al maschile un po’ al femminile.
ma chi è: Gandal??
beh… magari!
5 Dicembre 2010 alle 7:47 pm
Gandal? Quello del pollo fritto? A no quello è Giovanni…
5 Dicembre 2010 alle 9:37 pm
ti mancano i fondamentali, mym. i VERI Maestri giapponesi!
http://www.cartonionline.com/gif/CARTOON/robot/goldrake/lady_gandal.jpg
6 Dicembre 2010 alle 11:05 am
Aaaah, è un uomo che in testa ha la… donna? Le donne? C’è mica bisogno di cercarli in Giappone quei “maestri” lì 🙂
6 Dicembre 2010 alle 11:40 am
tuscé (ndidallestelle)
6 Dicembre 2010 alle 11:42 am
Sì, ciccìcoccò 🙂
6 Dicembre 2010 alle 11:44 am
Naaaa, le ripicchettennooo
7 Dicembre 2010 alle 10:38 pm
Per mym 297,
quella foto serve da paradigma per tagliare corto con le parole, per quanto buone, restano sempre solo parole.
La foto serve per rimandare alla sostanza.
Per me, tra le parole e la sostanza, dovrebbe esserci un giusto equilibrio, quando le parole strabordano, è meglio tornare all’essenza.
Tutto qui.
Qua sopra, potrebbe essere molto facile scambiare Tizio per Caio…
PS mi sembra di avere già fatto “vedere” anche troppo…No?!
Gran parte dei miei “discorsi”, qua sopra, sono nella direzione di recidere l’ipotesi di ricondursi al discorso.
Io non devo “mostrare” nulla a nessuno, lo zazen si mostra da sè. Sawaki non esiste.
In questo caso.
7 Dicembre 2010 alle 10:41 pm
Per doc 301,
il mio 293 è decisamente meglio.
Nessun orario,
Nessun andare,
Niente di niente.
7 Dicembre 2010 alle 10:52 pm
“Ogni cosa è perfetta così com’è” (T.D.) che non ha nulla a che vedere con qualsiasi idea di “perfezione” comunemente intesa…e qui, le rane, muoiono tutte. Pufff, dissolte, estinte, tuffantesi.
8 Dicembre 2010 alle 7:05 am
Invito formalmente Isabela a non astrarsi dall’agone, c’è già mym che lo fa.
Ti vorrei presente e carica, tonica, “nel silenzio delle sparatorie”.
8 Dicembre 2010 alle 12:41 pm
‘azzo, quanto gracidano queste non-rane!
8 Dicembre 2010 alle 12:58 pm
Non-rane fritte! Piatto da re
8 Dicembre 2010 alle 2:38 pm
rana roca, c’rpa, sciopa!
8 Dicembre 2010 alle 3:40 pm
Non-rane fritte proprio il giorno del mio non-compleanno! Che straordinaria non-coincidenza! Piatto ricco, mi ci ficco!
8 Dicembre 2010 alle 5:01 pm
“rana roca, c’rpa, sciopa” l’è difìcil monsù, ce lo spiéga? Sciopa non è shopa è s ciopa, l’è véra? Sinonimo di c’rpa. Ma non vado oltre…
8 Dicembre 2010 alle 8:41 pm
Lei è sempre dotterrimo, esimio!
la frase è una filastrocca che mi insegnò mia nonna, non ho mai capito a cosa si riferisse (quindi deve essere una roba importante). in lingua celtica nord-occidentale significa “rana rauca, crepa, scoppia!”
8 Dicembre 2010 alle 9:00 pm
La ringrazio, monsù
8 Dicembre 2010 alle 10:38 pm
Non c’è nessun gracidio.
Se si rileva un gracidio, è solo il proprio.
8 Dicembre 2010 alle 10:40 pm
Bisogna masticare bene perhè Joshu si mise i sandali in testa.
9 Dicembre 2010 alle 10:23 am
Se ci fosse stato un perché non valeva la pena parlarne.
Perché?
9 Dicembre 2010 alle 10:26 am
@319, ciao hatta, ben tornato. Lucidati gli specchi?
Anche dietro?
9 Dicembre 2010 alle 10:32 am
@Nello 294
“sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
Zazen, non é stare seduti.”
Nello, beato te che sei così avanti, per quanto mi riguarda, per il momento sopra lo zafu, ci sono proprio “io”.
9 Dicembre 2010 alle 11:08 am
@326 ciao mym, pare qualcuno abbia detto “nessuno specchio da lucidare”… e subito ci si è riflesso in quel non specchio, il venerabile narciso, e quanti ancora fino ad oggi, dopo di lui… Non-specchio, non-specchio delle mie brame, che è il più non-io del non-reame?
9 Dicembre 2010 alle 10:22 pm
ryokan 327,
Quello che tu collochi “avanti” sei tu.
Io non c’entro. Stai parlando di te. E non sto scherzando, è proprio così.
Quindi, tu, sei l’oggetto di te stesso, del tuo soggetto.
Quando tutto è dissolto…, il tuo soggetto vuole reificarsi come oggetto.
Sotto lo zafu nulla, sopra lo zafu nessuno.
“Se non potete essere felici qui ora, non lo sarete mai”. (T.D.)
9 Dicembre 2010 alle 10:31 pm
hatta 328,
il “non-io” di cui parli tu, non è quello in oggetto…non è quello giusto.
Lo hai visto dove non c’era. E secondo me, questa del vedere a tutti i costi quello che non c’è, è una forma mentis preclusiva che impedisce di vedere quello che in realtà c’è, e non quello che si fabbrica con i propri convincimenti approssimativi.
Tu, potresti solo metterti i sandali in testa…ma non sei su quel piano. Quindi, la forma più sottile di narciso è la tua.
9 Dicembre 2010 alle 10:36 pm
mym 325,
“masticare bene”, non è equivalente a “parlarne”.
10 Dicembre 2010 alle 10:45 am
Nello non ho capito nulla (suona anche bene).
T.D. è turbo diesel ? 🙂
Meno male che c’è lo zazen, altrimenti mi sentirei una cacchetta insieme ai dotti, infatti:
“O zazen ‘o ssaje ched’e?…è una livella.”
Antonio de Curtis – Totò
10 Dicembre 2010 alle 11:12 am
@ 331: già, chissà PERCHÉ ne parli allora…
13 Dicembre 2010 alle 10:07 pm
Io non ho detto nulla.
Masticare non é parlare, significa non aver detto nulla, sono le scarpe di Joshu in testa.
14 Dicembre 2010 alle 3:36 am
nulla aggiungono, nulla tolgono.
14 Dicembre 2010 alle 11:48 am
No, sei fuori tiro. Se dire “sono le scarpe di Joshu in testa” è niente, molto meglio tacere. Se non è niente hai un perché. Altrimenti è puro esercizio dialettico, fuffa.
15 Dicembre 2010 alle 10:10 pm
“fuori tiro” rispetto a che cosa?
“le scarpe di Joshu in testa” non costituiscono alcuna ipostatizzazione, quindi, di fatto, sono niente (nessun ente).
Quello che “sono” le “scarpe di Joshu in testa” è l’inclusione e il superamento dei due piani di realtà.
Tu dovresti chiarire cosa intendi per “niente” e “perchè” del tuo asserto.
Per me la dialettica è uno strumento, tutt’altro che “fuffa”, Dogen docet.
15 Dicembre 2010 alle 10:12 pm
e in genere, quando uno “mastica”, non può “parlare”.
16 Dicembre 2010 alle 11:17 am
338: un po’ pochino come summa però finalmente una cosa sensata.
17 Dicembre 2010 alle 12:46 pm
nessuna summa,
nessun finalmente,
nessuna cosa sensata.
17 Dicembre 2010 alle 1:40 pm
Va bene. Però mi piacerebbe sapere, vedere, chi cucina a casa tua e che cosa mangi…
17 Dicembre 2010 alle 6:59 pm
niente vedere
niente cucina
niente casa
niente mangiare
vedere niente
cucinare niente
casare niente
mangiare niente
17 Dicembre 2010 alle 8:31 pm
Se fai rumore i pesci scappano…
Però ci hai preso in pieno. Panini di pane e volpe a tutto spiano? 😛
26 Dicembre 2010 alle 11:07 pm
Chi sia io non ha nessuna importanza.
E il “perchè” delle scarpe di Joshu in testa, anche spiegato dialetticamente qua sopra, di fatto, realmente, non spiegherebbe nulla.
Se AHR 342, “ci ha preso in pieno”, mym 341 é out. Mettetevi d’accordo.
27 Dicembre 2010 alle 10:27 am
Già fatto: questa volta quello out sei tu, chiunque tu sia o non sia, né sia né non sia ecc…
Però, se preferisci, quello out è mym, visto che per qualcuno -grazie al cielo- “in” o “out” non fa differenza.
Ciao Nello, buone feste fatte.
27 Dicembre 2010 alle 10:18 pm
Il mio “out”, non ha nulla a che vedere con “in”. Non è quello il piano.
E ancora:
Il mio “niente” è “sostanziale”.
Quello elencato da AHR è nichilista.
Non è la stessa cosa.
“Comprendere il dualismo senza vivere dualisticamente.” (T.D.)
Vale a dire: tutti sono buddha.
Non è così facile da masticare.
Buone feste, anche da fare. Ciao.
27 Dicembre 2010 alle 10:57 pm
************* SYSTEM FAILURE *****************
28 Dicembre 2010 alle 12:00 pm
Il mio out, il mio niente…
Auguri
31 Dicembre 2010 alle 10:14 pm
Auguri
1 Gennaio 2011 alle 10:11 pm
Dopo di che,
la attribuzione di una qualsiasi forma di possesso ai termini “il mio out” e “il mio niente”, non coglie il bersaglio.
Per cui, “il mio out” e “il mio niente”, sono un possesso (nel senso di affermazione soggettiva) di chi li interpreta in modo personale e fuorviante.
E questo, è tutt’altro che “arrampicarsi sugli specchi”.
Tutto questo era già contenuto nel post 349, tuttavia, anche il ludico vuole la sua parte.
1 Gennaio 2011 alle 10:12 pm
Come ben sa mym. (conclusione postuma del 350).
2 Gennaio 2011 alle 11:11 am
Viva il glorioso Ordine della Giarrettiera.